negri, barca o renzi. 30, luglio, 2013
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Negri, Barca o Renzi?
Benecomunismo o
Partito Democratico ?
Benecomunismo, Partito e
Democrazia
30 Luglio 2013 / Roma
Premessa
Raccolgo qui (ed aggiorno ogni tanto) considerazioni, solo in parte
pubblicate altrove, sulla evoluzione in questi anni cruciali del PD. E’
una mia convinzione che con Italia Bene Comune ci si sia allontanati
dal progetto originario non solo per ragioni contingenti, ma per una
sorta di scivolamento un errore nel giudizio sulla fase storica (si
diceva un tempo) , influenzato dal “prisma antiberlusconiano” ma
anche da analisi e proposte forti, ma errate, che alla fine hanno
prevalso. Il gruppo dirigente e buona parte dell’ elettorato hanno
condiviso queste scelte contribuendo a predeterminare un “Frame”
pubblico dello scontro radicale e antagonista, disperato e contrario
alle tradizioni riformiste presenti nel PD rafforzandolo al di là delle
stesse intenzioni.
Queste idee sono rese pubblicamente e aperte a commenti di tutti ..
che sono benvenuti
Crisi e Movimenti antagonisti
Bisogna andare al di là della discussione impaniata tra correnti e
personalismi delle primarie, che ha scosso il Pd. In un paese
mortificato, arrabbiato e stanco l’Opa azzardosa del rottamatore
Renzi ha scosso e continua a scuotere gli animi. La crisi politica non
è solo una crisi di invecchiamento ma di paradigmi. La sinistra
riformista non ne ha ancora uno comune e subisce quello
prevalente nella sinistra radicale o neo radicalismo cosiddetto
anti-politico. La teorizzazione più coerente di questo orizzonte è
quella di Toni Negri. Per i rivoluzionari integrali l’affermazione
delle reti ha portato all’Impero diffuso che sottomette le
moltitudini, includendole anche con la loro resistenza. Si riarticola
così il sistema caratterizzato dalla “repubblica proprietaria” ma si
diffonde la spinta ad accedere ai beni comuni.
Per i riformisti la novità della società a rete può creare invece nuovi
contrappesi ed opportunità, un conflitto tra apertura e chiusura, ma
non sanno come dirli, nè renderli credibili ed efficienti se non
riproponendo vecchie formule.
A tuttora i riformisti ed i liberali non hanno trovato una chiave per
declinare la loro risposta, gli antagonisti si, con ipotesi diverse. Alle
elezioni Municipali seguite ai referendum (acqua nucleare e
giustizia), ed in parte alle recenti elezioni politiche i radicali
antagonisti, sono arrivati più forti. La lunga marcia di Grillo ha fatto
leva su questa interpretazione e le tesi radicali di ogni confessione si
son trovate comode. Non è una vera risposta nè una risposta giusta,
ma è una risposta forte. Sono nate da questa reazione catastrofista
e alternaiva tanto Occupy Wall Street, che i Tea Parties e gli
indignados, persino il caudillismo di Chavez, tanto la primavara
araba che il consenso nazionalista di Putin e poi anche l’avvio dei
partiti identitari in europa. Esiti e propositi radicalmente diversi, ma
vasti, insediati e mobili. E’ questa anche la base del successo di
sentieri diversi come quello dei partiti di Pirati o del Movimento 5
stelle: antagonismo verso l’esistente, descritto in modo univoco per i
suoi fallimenti, e l’evocazione di un futuro minaccioso, la necessità
della indignazione e ricerca di alterità politiche e pratiche. Paura e
ribellione. Frutto di una crisi “incrociata” della rappresentanza e della
“decisione democratica nelle società complesse.
L’origine della crisi, il rinnovarsi ed il diffondersi dei problemi, per i
“radicals” più colti, sta nella proprietà privata che lo Stato deve
assicurare dalla sua nascita. Se lo Stato, la Repubblica (Toni Negri)
“è” la proprietà capitalistica, questa è opposta alla Res Communis.
Ciò è vero, secondo anche dove sembra sciogliersi l’istituzione
tradizionale. Oggi l’ “istituzionale” pubblico si “diffonde” tra i
produttori nella società delle reti. Uomini e donne connessi sono
continuamente attivi e perciò produttivi, schiavizzati dal debito,
flessibili ed emarginati, ma comunicanti, piegati e pure consapevoli.
Questo porta in sè resistenze inesorabilmente diffuse al sistema. alle
isitituzioni, alla Res Pubblica in nome del Comune . 1
La sinistra diversamente statalista
Secondo la parte più tradizionale della sinistra antiliberista, la crisi
dovrebbe invece proprio spingere a far tornare tutto “pubblico” nelle
mani della politicastato attraverso partiti rinnovati, austeri e
benevoli. La “commistione insana” tra partiti e Stato è un difetto
interno emendabile, con una nuova classe politica, più interattiva
grazie alla rete, meglio formata. Una nuova scuolapalestra
(vedremo più avanti) che è il Partito neosocialdemocratico
1 "Comune. Oltre il privato e il pubblico Hardt Michael; Negri ..." 2010. 25 Jun. 2015 <http://www.ibs.it/code/9788817038416/hardtmichael/comuneoltreprivato.html>
immaginato da Fabrizio Barca . Monaci, giudici e carabinieri 2
debbono controllarne la bussola valoriale. Questo Stato deve
stabilire la redistribuzione della ricchezza facendo di più e meglio, ad
esempio “facendo politiche industriali”, gestendo quasitutto, ma
meglio di quanto sia stato finora. Alla guida stanno i sindacati politici
di stato che definiscono scelte e paradigmi sociali ed economici (un
governo che crei posti di lavoro cit. S. Camusso), e negoziano il
reddito indipendentemente dai produttori e dal mondo attraverso il
sistema fiscale. Lì stanno gli eredi dei pretori d’assalto della natura
difesa dalle guardie, i magistrati “annisettanta”, tutori del bene
comune che decidono sulla politica industriale, dicono persino ai
bimbi come “resettare “ le loro relazioni familiari. Preti, femministe di
senonoraquando, nutrizionisti di stato diranno poi come e quanto il
corpo debba comportarsi, esporsi, riprodursi e da quali orifizi e cosa
e quanto ne debba entrare o uscire per tutelare il bene comune.
Altrimenti, si minaccia, sarà la catastrofe.
La sinistra meno romantica, ma più “antagonista” culturalmente, non
ha mai dato questa risposta leninista e statalista ma, allora come
oggi, è in parte (minoritaria) situazionista, in parte anarchica. Evoca
i commons e i commoners (attori diretti della costituzione del potere
dal basso sui beni comunie). Protestatari, anticrescita, legati
inesorabilmente al corpo da liberare e da opporre, al desiderio ed
alla natura, i benecomunisti di oggi rinfrescano la biopolitica per
ragioni fondate. Evocano, predicano, registrano reti e pratiche di
resistenza (anche dure) contro la violenza istituzionale retificata.
2 "Un partito nuovo per un buon governo l'Unità." 2013. 25 Jun. 2015 <http://www.unita.it/polopoly_fs/1.494266.1365756360!/menu/standard/file/135523966FabrizioBarcaUnpartitonuovoperunbuongoverno.pdf>
Convinti che le politiche neoliberiste abbiano creato una
contraddizione insanabile, un fallimento di sistema. Questo tipo di
antagonismo è abbastanza lontano dalle riesumazioni del
comunismo storico, ma vicino al suo antico spirito comunitario. Più
Negri, Piperno, meno Vendola, quasi nulla PDCI o, men che mai,
l’SPD ed Hollande. Tuttavia l’analisi che fanno non è da
sottovalutare, non è lontana dallo “spirito del tempo” e non è
nemmeno senza seguaci. Tutti i movimenti che abbiamo evocato e
persino molti dei risultati elettorali puntano in questa direzione. Tra
l'altro si dicono lontani dalla tecnica della rappresentanza
democratica che delega ai partiti, spesso non votano o votano
contro. L'obiettivo é l'accesso diretto ai beni comuni, non proprietari
che finora avevano definito asservendole le nostre identitá. Anche su
questa crisi di rappresantanza i neoantagonisti sono più forti e il
resto della sinistra s’impalla subendo l’offensiva della vocal
minorities
Il benecomunismo nella Carta di Intenti
Non stupisce allora, ma allarma, trovare nel titolo e nello sviluppo
della Carta di Intenti sottoscritta da Vendola, Bersani e Nencini 3
l’idea del benecomunismo, che è un pò il precipitato politico di
questa elaborazione! Vedere la confluenza tra queste ipotesi è
abbastanza agghiacciante non perché aberranti in sè, ma perché ne
rafforza le ragioni e la forza politica immettendole e santificandole
3 "Carta d'intenti PD Italia Bene Comune Partito Democratico." 2012. 25 Jun. 2015 <http://www.partitodemocratico.it/doc/240668/italiabenecomune.htm>
nel circuito della politica istituzionale.
Ne l’Italia bene comune, accanto ad affermazioni ormai di buon
senso (su immigrazione, i diritti dei gay, il lavoro) l’unità è
nell’antagonismo alle soluzioni liberiste da cui “bisogna uscire”, si
condivide la lotta all’individualismo segnato “tout court” dal marchio
di fabbrica del cadavere di Berlusconi. La carta “condiziona” il merito
al bene comune ed alla solidarietà. La libertà torna ad essere un “di
cui” per evitare sorprese. Persino l’analisi dei benecomunisti più
coerenti vede naturalmente la contraddizione sugli esiti, ma i
firmatari si tengono uniti. Fino a che morte o Berlusconi non li ha
separati
Siamo lontanissimi dalla ispirazione democratica e liberal (più che
socialdemocratica) sia dell’Italia paese Normale che della Bella
politica. Anni luce dalla terza via clintoniana e blairiana. Quando
D’alema ricordava ai partiti dell’internazionale che nessuna della
forze innovative al governo nel mondo si diceva socialista. Quando si
incontrava con Blair e con Clinton
Il tradimento delle destra e dei capitalisti verso i liberal
Questo spirito antiliberale é in parte responsabilità dei liberali e della
destra pseduo liberista: in Italia non hanno mai condotto politiche di
liberalizzazione e le hanno spesso evocate. Così oggi si vedono
rifiutare il budino senza averlo mai fatto assaggiare. Arretrano
perchè non hanno capito il mondo che avevano contribuito a
cambiare.
Il liberismo, dove c’è stato, ha perso in parte per il suo successo. In
veritá la sconfitta é dovuta non ad una coerenza ma ad un
"tradimento" interno. Il cambiamento di paradigma della società della
informazione, la crescita competitiva dell’oriente ha incontrato ahimè
la risposta anticoncorrenziale e conservatrice dei grandi capitalisti
(che Zingales definisce Crony ). Il Big Business, atterrito o 4
presuntuoso, ha catturato e piegato le regole della libera
concorrenza, obbligando lo stato a salvare le banche, trasformandosi
in Capitalismo di Stato, consentendo di violare il mercato e imporsi
ai consumatori e risparmiatori uccidendo il carattere innovativo della
concorrenza e limitando la libertà. (v.Zingales). La forza del
capitalismo può riprendersi attingendo a regole e contrappesi che
diano forza alla società nei confronti di una economia che “cattura” i
regolatori.
La destra che innova (quella Britannica o quella inglese non ha
paura della società) quella che vuol conservare (i teocon americani,
parte dell destra Italiana) spesso si illude, insegue e rinnova
mitologiche identità effimere e rabbiose, oppure conta sull resilienza
delle radici religiose. Too far, too little, too late.
Se allarghiamo lo sguardo, le descrizioni del panorama post crisi dei
benecomunisti radicali di casa nostra, lo diciamo provocatoriamente,
sono talmente drammatiche da ricordare a volte i vanaggiamenti
4 "Crony capitalism Wikipedia, the free encyclopedia." 2011. 25 Jun. 2015 <https://en.wikipedia.org/wiki/Crony_capitalism>
antitecnologici di Ted Kacinszky, (poi evocati nella folle apocalisse 5
razzista di Breivik) . Ricorrono quasi tutti i “Nimby” formats (No tav, 6
No Tap, No gas, No Oil, No wind), fino alla simpatia esplicita verso il
radicalismo religioso anti occidentale. Tutte “resistenze” ai beni
“privati e pubblici” in nome dei beni comuni. Non tutte egualmente
esecrabili, ma tutte nemiche di ogni ipotesi costruttiva e speranzosa
nel progresso. In questo senso la lacrime di cui parla Negri si vedono
molto meglio della risata cui allude nel finale di "Comune" .
La critica ai liberisti accomuna poi tutti i nemici dell’icona Renzi, che
è ormai unica parvenza di liberale di sinistra dopo Blair che sia
ancora all’offensiva. Una critica che somiglia, é vero, alle accuse di
Berlusconi contro i comunisti: un nemico che non esiste più evocato
per auto riconoscersi. Ma è talmente forte, diffusa, radicata nel
senso comune di tutto l’occidente che può vincere perché ha già
vinto in molte occasioni. C’è dunque un problema di credibilità e
sopravvivenza per la idea stessa di libertà individuale, per il mercato
ed il capitalismo atterrata dalla crisi e dalla sua gestione
comunicativa e dunque politica
Non è una caso che, nei discorsi e nel suo ultimo libro, il Sindaco di
Firenze se non insiste la sua opposizione al referendum sull’acqua e
la sua ottima esperienza con Publiacqua, fa diversi esempi di
5 "Theodore Kaczynski Wikipedia." 2011. 25 Jun. 2015 <https://it.wikipedia.org/wiki/Theodore_Kaczynski> 6 "Anders Breivik Wikipedia." 2012. 25 Jun. 2015 <https://it.wikipedia.org/wiki/Anders_Breivik>
privatizzazione delle responsabilità dei cittadini.
Cosa unisce , in questa critica assiomatica, il benecomiunismo di
Vendola, de Magistris e Franco Piperno nello scontro con
l’Istituzione diffusa? Cosa li tiene insieme nel conflitto contro
l’individualismo proprietario? Cosa unisce gli emarginati, gli
indignados, il ceto medio perseguitato dalle tasse, gli insorgenti
singoli e aggregati? E dove mai il riformismo europeo,
moderatamente statalista o liberale può incontrarsi con questa
“opposizione ontologica”? Quando é accaduto? Nella carta
dell’alleanza di sinistra che con Bersani “non ha vinto” le elezioni è
scritto a parole di fuoco:
I referendum del 2011 hanno affermato il principio dell’acqua
come bene non privatizzabile. L’energia, il patrimonio culturale e
del paesaggio, le infrastrutture dello sviluppo sostenibile, la rete
dei servizi di welfare e formazione, sono beni che devono vivere
in un quadro di programmazione, regolazione e controllo sulla
qualità delle prestazioni.
La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un
bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi. I referendum
della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione
fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e
l’assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta.
L’ideaforza è che aria, acqua e via via energia, infrastrutture,
conoscenza, salute e domani la sicurezza etc sono beni comuni che
debbono per ciò essere pubblici, cioè innanzitutto non gestiti da privati,
ma da quel compound di sindacati e burocrati che è la pubblica
amministrazione ed il mondo delle aziende pubbliche
"Con i paraocchi delle ideologie dominanti è difficile vedere il
comune, anche se è ovunque intorno a noi. Al di là della
proprietà, al di là del pensiero unico liberalcapitalista c’è il bene
comune. E’ Toni Negri, in “ComuneOltre il Pubblico e il Privato”
ma nella carta di intenti starebbe benissimo.
Per tutti la colpa è del liberismo, della finanza e del capitale, e ai
tempi del suo governo, di Monti e del suo mondo, come fu di
Berlusconi. In quella Carta, Monti è innominabile, perchè al centro c’è
l’indisponibilità dei beni comuni non privatizzabili. Europa, pareggio di
bilancio, peso del debito, libertà di impresa, liberalizzazioni, attrazione
di investimenti restano sullo sfondo.. sono considerati equivoci da
chiarire e sono evidentemente in contraddizione con questa linea.
Persino la spiegazione Bersaniana della sconfitta indugia sull’aver
pagato la fedeltà a Monti ( cioè al capitalismo europeo)
Tutto nasce da quei referendum. Be water my Friend.
I referendum ed in particolare quello sull’acqua è stato il punto di
svolta unitario dall’antiberlusconismo al benecomunismo. Preparata
, annunciata, strutturata come operazione politica e comunicativa
coerente, di lunga lena quella battaglia si è servita del framework
antiberlusconiano per affermarsi e restare come framework
interpretativo tradizionale. Acqua bene comune, naturale,
indisponibile, ma contesa dalla proprietà come l’aria, il corpo.
Argomenti biopolitici “il corpo umano è fatto sopratutto di acqua” ,
neo statalisti: non può essere guidata dal profitto
La svolta ha unito idealmente, giustizialisti, chiesa dei poveri,
sindacato dei dipendenti pubblici, sinistra radicale ecologisti e
dirigenza del PD in una visone comune. Una missione sentita dalla
maggioranza del popolo. Creata la cornice, il consenso è diventato
uno tsunami. Ai partiti di opposizione interessava poco dell’acqua,
molto la priorità del ventennio: abbattere Berlusconi. E’ stata la fine
del Bersani delle lenzuolate. Lo stesso leader ragionevole che
convinceva i suoi corregionali della giustezza della privatizzazione
della azienda locale di gestione delle acque, si è accodato per
cacciare Berlusconi. Ha votato contro il capitalismo, gli investimenti
ed il mercato per abbattere il Caimano. Un passo indietro rispetto al
Partito Comunista Cinese, rispetto alla Cuba di Fidel dove il “servizio
idrico” è gestito anche da privati. La conversione di Bersani è
avvenuta per ragioni tattiche, ma la tattica può danneggiare e
segnare drammaticamente la strategia e indirizzarla. Nella carta c’è il
contrario di quelle liberalizzazioni. L’acqua ha indicato la via. I
naviganti hanno intenzioni diverse ma seguono la stessa onda.
Be water my friend diceva l’ìimmagine di Bruce Lee in un famoso 7
spot virale, ma lui aveva in mente la duttilità del liquido i referendari
7 "Be Water My Friend Bruce Lee YouTube." 2013. 25 Jun. 2015 <http://www.youtube.com/watch?v=VqHSbMR_udo>
l’incrollabile durezza dello Stato. Il socialismo è l’acqua nelle mani
dello Stato.
Le sofisticate sintesi programmatiche che vengono confezionate dai
residui socialdemocratici europei alla D’Alema sono roba per palati
fini di cui gli indignados possono infischiarsi. Vendola e De
magistris, si muovono da tempo in questa direzione , con costanza e
coerenza. Il sindaco Arancione portato al potere da litigi e primarie
prerottamazione è stato il primo a dare vita al forum dei beni
comuni. Su questa linea, non più partitica ma di movimento diretto
per i beni comuni in politica si ricompattano da Pancho Pardi, a
Rodotà con la iniziativa di una nuova forza politica. Ma ci son anche
gli antagonisti di ogni tipo anarchici compresi. Tra gli architetti
dell’acqua bene comune ci sono da Grillo a tre quarti della Chiesa. I
non violenti, gli arancioni immaginano per i beni comuni soluzioni di
governance più o meno come quelle indicate da Grillo.. o un ritorno
della democrazia di quartiere. In un intervento forte , anche se un
pò fanè, Franco Piperno (ex PotOp) , ha teorizzato anche la gestione
comune della sicurezza su base di quartiere (in verità questo è
qualcosa che già si vede nelle moltitudini di Napoli e si chiama
Camorra nda).
La forza del Benecomunismo e le illusioni dei (vecchi) riformisti
Sfugge ai democratici la forza di queste ipotesi e quanto l'alleanza a
tre lo rinforza. Necessariamente contraria ad una ricerca
esperienzale complessa e pragmatica, come quella che Renzi
propone forzando schemi e luoghi della definizione politica . Per
queste ragioni l'antirenzismo é una forza trascinante che si lega in
modo sbagliato alla disaffezione dalla politica tradizionale, che
vedrà un gran successo delle radicalizzazioni, una astensione alta,
un rischio fortissimo di ingovernabilità .
La linea individuata dalla Carta non è un massimo comun
denominatore per uscire dalla cirsi, ma un minimo comune multiplo
per accedere al potere. Esclude le cose dell’agenda Monti, non
perchè ha una idea migliore, ma perchè esclude il realismo e lo
rinvia nel ghetto emergenziale, non ne parla al popolo (come i
tecnici) e non vuole ascoltarlo, ma illuderlo e accenderlo con un
orizzonte “benaltrista”.
L'unica possibilità alternativa se c'é é proprio il Re Nudo di
Matteo..una controffensiva egualmente radicale e corsara perché
mette in questione la credibilitá dei vecchie dei nuovi profeti.
Acquisisce la voglia generalizzata di liquidare il sistema politico
inefficiente, ma assumendo la responsabilità , non dando la colpa al
nemico.
Per queste ragioni di fondo la rottamazione proposta degli uomini,
dei modi e delle idee è finora l’unica linea di riscatto. Non a caso se i
riformatori radicali hanno delle idee diverse e dallo spirito antiliberale
e credibili queste sono le idee vituperate e negate di Renzi, di
Zingales, di Giannino. Al centro ci sono debito insostenibile e
mancata crescita. Change Wall Street invece di occupy . Senza
affrontare insieme e radicalmente i due aspetti non si va da nessuna
parte. Questo è politica e comunicazione, non tecnica
D’Alema ricorda spesso di essere a capo della Fondazione Europea
dei Partiti Socialisti che, assicura, stanno riformandosi. In questa
esperienza si scontrano idee diverse..Diamo uno sguardo a caso a
come i partiti più dinamici guardano a sè stessi
“Good capitalism rests on two interrelated building blocks:
fairness understood as receiving one’s proportional deserts
for the contribution that has been made; and the
codependence of public and private, individual and society. A
truly competitive market is one where entrepreneurs,
capitalists, businesses and workers win rewards that are
proportional to their contribution – no more, no less” (Hutton).
Rebuilding Britain’s economy around longterm investment, a
more productive workforce and competition on quality goods
and services is a project which fits the austerity of our time.
Sono le idee del Laburismo futuro di Milliband. Forse non basteranno
Ma anche queste hanno qualcuno da rottamare. Non contro la
ricchezza, ma contro la povertá.
Niente che si possa trovare nella carta
Il riflesso condizionato delle Cayman e/o la politica “da
Sindaco”
Il sussulto simbolico contro la finanza, gli hedge funds, l'icona
negativa delle Cayman scagliata contro il giovane finanziere Davide
Serra, un alieno seriamente riformista che scava anche col suo
successo dentro al capitalismo di connivenza, che crede in un
capitalismo far senza piegare le regole, sono la clamorosa
manifestazione di subalternitá al capitalismo clientelare comune a
tutto lo schieramento politico che ha rovinato l’Italia.
Senza un radicalismo del cambiamento possibile il riformismo è
morto. Senza un nuova fiducia affidata e nuovi attori, non resta che
la resistenza "benecomunista” o il rilancio illusorio di un welfare
prosciugato. Negare questa esigenza di radicale rottura, affermare
invece l’esigenza di un cambiamento nella continuità, corrisponde a
tenersi la bandiera rossa dopo Tien An Men. Bersani e D’Alema al di
là del loro contributo, della loro esperienza, si condannano alla
inservibilità se vanno per formule e antichi geroglifici. La
resipiscienza di D’alema è tardiva e tattica. Non é un compito facile
e non é detto che ci si riesca subito. Si deve ripartire dalle persone e
dalla loro vita per riabilitare la politica. Ci vogliono atti, linguaggi e
persone credibili, ci vuole un "sindaco", non solo come leader, un
creatore di comunità e non è un caso che finalmente la risposta
venga dalla storia dei Sindaci. Quanto é stupido banalizzare tutto
col berlusconismo e la "scusa" della cmunicazione . Rieditare gli
slogan contro l'uomo solo al comando. Il mandato a un sindaco
d'Italia sarebbe la vera cura, ma tutti s'affrettano ad escluderla. Per
ora Matteo Renzi é libero, dunque in parte solo, ma suscita simpatie
aggrega intelligenze che si erano allontanate e cerca qui il suo peso.
Non è facile. Davanti a tutti coloro che hanno una visione realistica
c’è una montagna di pregiudizi insormontabile. Eppure quello dei
sindaci è stato per decenni l’unico filo tra politica e persone in questo
deserto. La politica “da Sindaco” è fatta di idee, ma anche di
vicinanza, di capacità di governare la realtà urbana (anche essa
metafora della modernità costruttiva e del cambiamento sostenibile).
Una politica che parli con i suoi elettori costantemente in nome di
una speranza, di una combinazione riformista audace che si
riconnette al presente e dimostri quel che è ancora da dimostrare:
che esiste una via diversa da quella dell’antagonismo consolatorio,
illusorio, distruttivo e catastrofista. Una via che coniughi la bellezza e
la libertà. Senza se e senza ma..quel che c'era nella "premessa" del
Pd.
Come avvenne nel secolo scorso, nell’epopea dei primi sindaci di
sinistra che furono capaci di imporre la chiusura del centro storico al
traffico per poi far si che se ne appropriassero anche i commercianti
ostili. Una politica che ascolta i lavoratori, ma sfida i sindacati in
nome dei cittadini, che sulle pensioni sceglie in nome di quei nonni
che preferiscono il bene dei nipoti. Solo Ilpirata Renzi può far saltare
il tappo e la catena che lega Bersani al fortissimo neoradicalismo di
sinistra. Sbagliano quanti avvertono nella rottamazione un “horror
vacui”. Non importa quanto incerte siano una serie di questioni, ma è
necessario un salto che ci avvicini al mondo con speranza senza
passare dal giogo pauperista, moralista, caudillista, che ci
propongono quelli che si ritrovano con i benecomunisti. Loro
malgrado , ma non a loro insaputa
E Il Partito Secondo Barca?
Visto che si parla di rifissare a sinistra le regole e l'orientamento di
quello che, secondo il neoiscritto Fabrizio Barca e l’ex renziano
Civati è ormai il vecchio PD, provo a fare qualche riflessione sulle
sue 50 pagine dopo averle lette, non studiate. Poichè si è
annunciato di voler fare questo partito rifondato assieme a Sinistra
ecologia e libertà dico subito la mia sull’ipotesi Barca, che per la
verità si è un pò eclissata dopo le improvvide uscite nel pieno della
crisi politica. Mettiamo da parte il peccato di presunzione di iscriversi
ad una Facoltà presentando già la tesi di laurea conclusiva assieme
all' l'aspirazione al Rettorato.. Alla base del documento c’è un
giudizio delle esperienze di governo e delle ragioni della crisi, un
giudizio "asimmetrico" su: le criticità dello “Stato socialdemocratico” e
le aberrazioni dei sostenitori dello “Stato minimo”. Se posso
brutalmente riassumere: la crisi è originata dalle politiche
neoliberiste, cui bisogna contrapporre politiche pubbliche di
programmazione territoriale. La mancanza di un buongoverno
dipende si da una esigenza, non troppo definita, di riforma della
Pubblica Amministrazione ma soprattutto dal rapporto malefico tra
partiti e stato. Per avere politiche pubbliche virtuose occorre una
nuova classe dirigente ed un partito di sinistra, organizzato,
democratico, aperto che sia palestra di decisori pubblici e di
partecipazione. A guidare questa educazione, più ateniese che
spartana, coppie di sentimenti e presupposti “etici” più che
programmatici. Ma parliamo di buon governo e parliamo di persone,
di libertà e responsabilità ,verrebbe da dire e invece no
La motivazioni per militare in un partito si ritrovano in una
dimensione civile per coppie di tensioni egoismospirito pubblico,
indipendenza e imitazione. I valori non includono né la libertà
individuale, nè la felicità, se non “collocati” entro regole di finalità
sociale e sono descritti in un addendum politico quasi tutti a ridosso
dei valori costituzionali che pure finora non hanno esaltato le giovani
generazioni e non consolano più le vecchie.
Il partitopalestra, i militanti e gli iscritti, i funzionari.
Lo sforzo non banale di "circoscrivere" il ruolo delle rete (reazione in
parte condivisibile alle idiozie delle scimmie in pigiama) è furoviante
e minimalista. Così l'improvvido ricorso al termine di catoblepismo 8
per definire e respingere la commistione perversa tra Stato e Partiti.
Indica il dito (una pur drammatica verità) ma non la luna.
Abbondano gli artifici "geometrici" e verbali, (lo Stato Italiano è solo
arcaico? Solo i partiti sono solo statocentrici?) pur di non ammettere
che è l'eccesso inefficiente di stato nella vita delle persone ad avere
rovinato ed imbolsito lo pubblica amministrazione, l’economia, le
persone stesse, la dimensione comunitaria e ad aver incoraggiato
8 "Catoblepismo Wikipedia." 2013. 25 Jun. 2015 <https://it.wikipedia.org/wiki/Catoblepismo>
l'affratellamento perverso con il sistema dei partiti.
Il problema europeo e occidentale dello spostamento delle risorse e
della innovazione ad est mette in difficoltà piuttosto lo Stato che non
il mercato globale. La domanda allora è più radicale: è un problema
alla portata della sola decisione pubblica? La speranza disperata
nelle regole, che da noi sono spesso procedure sovrapposte e
ridondanti, sbocca nell’idea di un nuovo "potere che frena"Catechon 9
il male, (parafrasando Cacciari a sua insaputa). Il Partito come
“potere che educa” ad una nuova vita nelle condizioni possibili,
appare una toppa peggiore del buco. L'idea di un capitalismo cui "si
consente" la libertà di intrapresa entro regole più restrittive sta
favorendo il dilagare del turbo capitalismo controllato dallo stato. La
Cina è la dimostrazione: dall'ipotesi di acquisto di Telecom alle joint
venture sulle risorse africane .
Le domande di pragmatiche Blair sul New Statesman restano
inevase: “Basta riaffermare che siamo dalla parte di chi soffre?”
Basta respingere le politiche di austerità e riunificare tutto questo in
un partito moralmente più saldo? “Basta tornare alla tradizione del
confronto tra destra e sinistra”. O non si tratta di far meglio, di dire
come rispondere per crescere, come far leva sulle libertà dei
cittadini, sulle conoscenze diffuse grazie alla rete, alla tecnologia,
alla conoscenza in forme nuove. Come rafforzare e vivificare le
enormi risorse, il capitale umano e sociale della società a rete.
9 "Catechon Wikipedia." 2011. 25 Jun. 2015 <https://it.wikipedia.org/wiki/Catechon>
Internet (come appare a Fabrizio Barca) non è solo un
importantissimo tool per la trasparenza e la collaborazione, ma gran
parte del nostro ecosistema sociale. I cittadini possono collaborare,
conoscere, competere senza limiti online ma anche offline. Eserciti
di "makers" non aspettano più che sia lo stato o il mercato a decidere
la loro sorte..creano collaborano, vendono acquistano e
distribuiscono senza troppi permessi. Possiamo parlare di egoismo
senza parlare anche dell’altruismo gratutito tra le spinte a produrre,
collaborare, fare?
L’ultimo libro di Chris Anderson “Makers” ipotizza per esempio una
nuova rivoluzione industriale che parte proprio dalle aree degradate
dei vecchi sistemi industriali e lancia la sfida “Laboratori di tutto il
mondo unitevi” I nostri sindacalisti si sono letti il libro The New
Industrial revolution di Peter Marsh ?
Un partito non ha nulla di meglio da fare se non discutere le politiche
pubbliche locali per togliere a questi e dare a quelli che non ce la
fanno (giustamente nda), lasciando però troppo a quelli che non ci
provano? Un partito contemporaneo guarda avanti. Senza cedimenti
modaioli, l'iniziativa politica dei fondatori di Facebook e Linkedin con
la formazioneFWD.us una piattaforma di mobilitazione politicasingle
issued (la riforma delle immigrazione) svolta in collaborazione con
tutte le forze politiche. E’ una modalità politica stimolante. Una
formazione contemporanea deve incoraggiare il nuovo, definire
anche il limite della politica, collaborare con tutti, spingere (e sfidare)
in avanti sia il pubblico che il privato. Non ostacolare, ma favorire il
meglio di ciò che la società produce ed aiutare chi è in difficoltà. Una
società ed un sistema che aiutano ad aiutarsi, con formazione,
semplificazione, ambienti e regole non discriminatorie e leggere. La
lettura che fa Fabrizio Barca della crisi del liberismo, definito
minimalismo, finisce comunque per mettere sempre al centro il ruolo
dell’economia pubblica. In verità la critica “interna”, che Barca cita, di
alcuni economisti liberisti riguarda l’idea di un mercato “unruled” non
regolato mette al centro regole che “garantiscano proprio la
competizione”, non l’intervento dello stato.
Non è minimalismo chiedere ridimensionamento e ridefinizione del
ruolo e delle funzioni dello Stato adatto ad una società intelligente. E’
una grande ambizione di riforma sociale e istituzionale. Un partito
moderno deve prendere atto della necessità oggettiva di ridefinire e
limitare l’invasività dello stato e dei partiti e rivitalizzare la presenza
della società con uno stato amico. Se lo Stato si occupa di quasi
tutto come impedire che i partiti ne siano catturati e a loro volta che
gli interessi catturino partiti e stato? Se le società partecipate dal
dopoguerra dell'IRI ad oggi sono passate da 1000 a 8000. Se ci
sono 25.000 membri di CDA .Se ci sono municipalizzate con più
dipendenti delle nostre Multinazionali (quotate) come l'Enel come
evitare che "il bravo compagno venga segnalato" ? Che il senatore
impeccabile e anticasta faccia una raccomandazione. È colpa loro?
Cerchiamo dei Superman o un sistema diverso?
Poi c'è il tema della libertà di mercato, vera, che le regole debbono
garantire il cui dinamismo è condizione della forza propulsiva del
capitalismo. Ad una mia tweetrichiesta “ma la libertà di mercato è un
valore?” Barca cortesemente risponde “solo con regole molto
restrittive che garantiscano la concorrenza”. O la pensa come
Zingales o quel “solo” denuncia un arriére pensée. Il tema che un
partito dovrebbe sollevare è quello del contributo della società alla
politica e di una riapertura di spazio di comunicazione e potere tra le
due
Insomma non più Big Government (vorrei vedere come se non
ammazzando tutti di tasse nda) nè Big Society, ma Smart Society,
con uno stato smart, capace di spendere meno per fare meglio e
capire dove intervenire e dove lasciar crescere. Di qui anche una
classe dirigente che non sia un nuovo "ceto politico".
In questo quadro ci sta e come quello che Barca chiama
"sperimentalismo democratico,” che per me è anche possibilità per la
politica e l'amministrazione di provare e di sbagliare, sempre
decidendo e accrescendo le libertà dei cittadini, con un
atteggiamento non dirigista, o neoprogrammatore, ma di umiltà,
limite, di apertura e partecipazione verso le reti di esperienze.
Qualche esempio: il piccolo comune del sud da cui spesso scrivo ha
costruito una "Ippovia e pista ciclabile" con i fondi europei. Sarà 10
certamente rintracciabile tra centinaia di migliaia suOpenCoesione , 11
tutti ne sono orgogliosi, ma tutti sanno che per fare la manutenzione
ci devonogià pensare i cittadini. Per farla funzionare ci vorrebbe un
10 "INAUGURAZIONE SENTIERO NATURA ED IPPOVIA ..." 2014. 25 Jun. 2015 <http://www.comune.casalbuono.sa.it/pagina728_inaugurazionesentieronaturaedippovia.html> 11 "OpenCoesione Homepage." 2012. 25 Jun. 2015 <http://www.opencoesione.gov.it/>
sistema turistico e di comunicazioni coerente, a questo più che a
costruire la pista dovrebbe pensare lo Stato. Ma adesso in che modo
lo stato riconoscerà il loro sforzo? Dove si “attaccherà” in uno
scenario di abbandono delle terre questo piccolo progetto? Come si
fa a garantire questo per centinaia di migliaia di progetti ?
Un giovane artista che viene dal mondo della moda, Pep
Marchegiani sta avendo un certo successo riproducendo parte 12
delle sue opere pop con la logica del merchandising su vari supporti.
Non una lira dallo stato e già fattura qualche milione. Se avesse
aspettato il mercato dell'arte ne avrebbero, forse, goduto i frutti
galleristi e nipoti post mortem. A che servono le regole delle strutture
pubbliche dell'arte i "minkiamusei" che espongono chi paga, o chi è
indicato da quegli impresari funebri che sono i galleristi. La start up
di questo artista sta dando lavoro a tanti ex dipendenti di imprese
dell'abbigliamento fallite e lo fa senza soldi pubblici. La ostilità del
sistema, dell'informazione, della fiscalità fa di tutto per ammazzare le
vere start up, o meglio l’economia creative, mentre si fanno mille
convegno per decidere a quali start up deve andare un pugno di
lenticchie.
Che ci facciamo con un Partito nel 2013 ?
Una forza politica, un partito, una pubblica amministrazione come
aiuta? Programmando la nostra creatività? Come riconosce il Fisco il
valore aggiunto del lavoro dei cittadini, come inventa soluzioni
12 "PEP MARCHEGIANI." 2010. 25 Jun. 2015 <http://www.pepmarchegiani.it/>
assieme a loro? E come si limita? Come apprende il che fare?
Come da e conquista fiducia? In una palestra a parte o nella
società?
Un partito che sia vicino a quel che accade nella società non può
ignorare la politica del mondo, nè fare politica senza cogliere la
straordinaria occasione data dalla vita dei cittadini: bastano politiche
di scuola? Si può pensare un partito neo ideologico invece che
postideologico? Sul piano fiscale, industriale etc occorre
raccogliere le idee dei cittadini non solo per dirigerli, ma per scoprire
insieme nuove risposte. Presto dovremo arrivare anche a scelte oggi
non immaginabili per fronteggiare l’emergenza sociale e le vecchie
divisioni ci sembreranno una follia.
D'accordo che un partito abbia forme definite anche se flessibili e
leggere, che debba anche formare alla vita pubblica e alla
partecipazione, ma il momento della decisione è complesso, non
prerogativa esclusiva delle istituzioni. I cittadini apprendono sempre
di più a chiedere la soluzione dei loro problemi dagli altri cittadini
invece che da realtà istituzionalizzate la mobilitazione cognitiva è in
atto ovunque, come negli esempi che ho detto ed ha molteplici
ragioni e fini. Dunque ben venga un sistema partecipato, aperto, con
regole certe, ma che non pretenda di limitare "il meglio" a chi è
titolato a decidere cioè al militante "iscritto" e "palestrato".
Il punto è che non si può guardare ne pensare ad un partito se non si
pensa la società , e dietro ad ogni idea di riforma o rinascita dei
partiti c'è una idea di società , di Stato, di futuro.
Per questo la discrasia tra le proposte politiche di Renzi e le sue
intenzioni sul PD non è casuale e non è risolvibile sul piano
volontaristico
È comprensibile, ma superficiale "spingere" Renzi ad imitare Blair,
senza affrontare il problema del ruolo di un partito nazionale ed
europeo ai tempi della società della informazione. In verità sopratutto
dal libro Oltre la Rottamazione si traggono molte indicazioni.
Innanzitutto l'origine nazionale e l'orizzonte europeo. Il primo è stato
un aspetto che ha caratterizzato i partiti popolari assi prima della
divisione del mondo in sfere ideologiche contrapposte e del
progressivo arricchimento della società civile.I due partiti principali
nacquero dall' humus delle reti si auto assistenza territoriali e a
questo debbono le fortune e persino le lunghissime sopravvivenze
Così rifondare un ruolo nazionale della politica, o come dice Barca di
un buon governo, non può prescindere dallasocietà informazionale 13
, del sistema a rete che informa l'economia e la società. Oggi tutto
avviene sotto il segno della complessità e soprattutto in piena crisi
della rappresentanza, della delega che ha caratterizzato il sistema
italiano dei partiti post fascisti davanti agli enormi cambiamenti
globali degli anni 70 (v.Aldo Schiavone "Non ti delego". La risposta
data in altre realtà si è coagulata attorno a leadership "affini" alla
potenza innovativa delle ristrutturazioni in atto (dalla Thatcher a Blair
13 "Società dell'informazione Wikipedia." 2011. 25 Jun. 2015 <https://it.wikipedia.org/wiki/Societ%C3%A0_dell'informazione>
fino a Sarkozy e Berlusconi). Della globalizzazione, delle reti
multiformi di responsabilità politica. Come si costruisce una entità
politico decisionale collettiva? Il governo della complessità è il rebus
attuale. Cos'è una forza politcia oggi? Orienta? Unisce ? Forma ?
Organizza? e come può darsi l'organizzazione se non a reti, se non
con una logica di adesione alla leadership e non ad una gerarchia.
Non so nemmeno se il termine élites abbia lo,stesso senso.
Chiariamo , per carità, che il leader non è uomo solo al comando, ma
è una distinzione a contrario , timida. Il berlusconismo non s'è
affermato solo per via di Berlusconi , ma per colmare il terrore sacro
che gli Italiani avevano di dare agli uomini delle istituzioni
responsabilità piene, sindrome post fascista , che portò la sinistra a
pensare fascista anche Craxi. Il leader personale esiste in natura e
nel mondo e diventa inevitabile con l'avvento della TV e della politica
spettacolo e post ideologica. Negarlo è come ricostruire in vitro , al
meglio, una società che non c'è più. Per questo chi respinge
sdegnato questa impostazione e invoca la responsabilità collettiva in
alternativa alla leadership, finisce per cadere nella brace del
correntismo personalista che selezione sulla fedeltà . Il leader usa
strumenti democratici e personali per affermare una linea e
rappresenta gli uomini e le donne che la condividono e vogliono
affermarla, le loro azioni e verifiche sono importanti piu delle parole
nella società governata e in quella che si autogoverna. Se invece la
democrazia di partito fa avanzare sulla base non di azioni , ma di
militanza e fedeltà, come ipotizzano turchi e spartani, sarà
correntismo, sguardo introverso, logica del nemico dentro e fuori.
Nell partito colluso con il Big Governament non si può ricostruire solo
con la formazione, l'esercizio, il metodo. Bisogna cedere controllo
alla società e alla pratiche sociali, accogliere i linguaggi e i tempi
dell'impegno contemporaneo, che non è solo militanza, volontariato,
presenza tra le vocal minorities, ma ascolto del sociale, ricerca del
buono diffuso e del meglio esistente. Questo perché conoscenza e
soluzione dei problemi non possono essere affidati tutti alla politica e
allo Stato. I cittadini cercano sempre più soluzioni da altri cittadini,
creano, elaborano, inventano lavori. Un partito che voglia migliorare
il paese deve essere fatto di questa pasta, di questa società attiva,
con due condizioni leggerezza e tempestività
In verità tutti i temi principali sono stati affrontati da Renzi e dai suoi
sia nelle idee presentate alla Leopolda, sia nel corso della agenda
quotidiana: dall’accesso al lavoro, alla legislazione lavorista, alle
priorità di investimento, dal tema delel grandi opere a quello delle
gestione pubblica o privata delle utilities ( l’azienda dei Trasporti di
Firenze, dall’IMU su cui non attacca Berlusconi, al tema della
giustizia e quello della qualità dell’insegnamento. Affermazioni
secche, auto evidenti esemplari che assumo a volte una valenza
tattica, subito smentita e che fa riferimento più alla constituency non
militante che a quella militante. Una impostazione che guadagna
fuori dai recinti, soffre il divario tra sovraesposizione e funzione, ma
“coltiva” più di prima anche in territori ostili ed è ormai libera dalla
accusa dell’intelligenza col nemico senza scendere
nell’antiberlusconismo
Con quale formazione politica si concilia questo? Sono in molti ad
immaginare geometrie (Barca più Renzi, Cuperlo più Barca,
disgiunzione del segretario dalla premiership) che rassicurino più il
ceto politico e molti a anche a temere che il ridimensionamento dei
partiti e del finanziamento. Ecco però che quando veniamoa
contenuti sostanziali torna chiaro che no si può pensare un partito a
prescindere da una idea di società di rappresentanza e di
democrazia: Lo chiarisce molto bene Aldo Schiavone nel libro “non ti
delego” la crisi riguarda la democrazia rappresentativa sempre più
delegata, ormai in crisi per la rivoluzione informazionale e globale, e
il ravvicinamento costante di una esigenza di partecipazione e
decisione popolare. Il compromesso della delega non basta più, non
basta affidare, la mediazione la definizione degli orizzonti del popolo
al rappresentante , ai rappresentanti. Il popolo vuole decidere è o
pensa di essere ( ma non c’è differenza) più informato di muoversi
usando ben più di un telecomando.
Ecco che la forma partito appare una discussione impossibile da fere
senza risolvere il problema dell’assetto costituzionale ed elettorale
Una costituzione nuova e una riforma elettorale sostanziale come il
doppio turno ed il semipresidenzialismo possono spazzare via
questo sistema dei partiti ridimensionando il ruolo dello stato e della
politica nell’economia.
Così si riapre il fronte dei contrappesi, dei conflitti di interesse e può
essere affrontato. Occorre la rimessa in discussione di un intero ceto
pubblico, diventata necessaria anche per ragioni economico sociali e
di salvezza democratica. Anche qui la questione è più radicale in un
mondo di crisi dell’Istituzionale, della rappresentanza tradizionale
una forza politica che voglia riproporsi e governare la complessità
non può essere anarchicotribale, ma neppure
gererchicotradizionale. Le radici sempre invocate e importanti, sono
ormai buon concime organico o sono catene? Leadership, decisione,
autogoverno coerente, Stato strategico e società attiva si tengono
nelle forme, con la creazione di una classe dirigente più diffusa, più
colta e meno elitaria, forgiata nelle scuole ma anche attraverso i
mille modi della educazione informale, la esperienza professionale.
Si può essere in una forza politica, come rete autonoma, come
single issue movement, come realtà territoriale, come persona
semplicemente e rivendicare spazio, ascolto, ma anche usare la
“rete” di un partito per ascoltare, comprendere, registrare le opinioni
e gli interessi diversi e poi scegliere assumendo una responsabilità
non subendo o mediando il consenso dei militanti più attivi.
Da qui da una idea della società che ha delineato , dovrà ripartire
comunque anche Renzi. Se gli verrà consentito.
Il partito gentile
L’obbiettivo della politica dovrebbe essere di consentire la felicità di
tutte le donne e uomini senza pretendere di obbligarli negli stili di
vita, né poter dar loro il benessere per diritto. I rappresentanti
dovrebbero essere gentili, umili, autonomi si, ma soprattutto capaci
di riconoscere la autonomia (più ampia) dei rappresentati. Se la
libertà è un valore fondamentale (e ahimè non siamo tutti d’accordo),
se la delega è una difficile e questionabile modalità democratica cui
si affiancano partecipazioni dirette. Per governare la complessità ci
vuole apertura e gentilezza. Che c’entra la gentilezza con la politica?
La gentilezza in politica è la predisposizione costante alla
conversazione piuttosto che alla persuasione, una comunicazione
bilaterale, un potere basato sul limite e sulla perdita di controllo. Non
basta , secondo me dire open , aggiungerei kind and fair. La scelta di
uno schieramento parte dalla ricerca degli amici piuttosto che dei
nemici, la politica gentile è capacità di dare risposte innovative
piuttosto che reinterpretare vecchie sicurezze. La politica che parte
dalle soluzioni, dalle sperimentazioni, piuttosto che dalle denunce.
Significa educare più che condannare. Un simbolo forte di potere
gentile è oggi la poltrona lasciata vuota da Francesco per togliere
l’equivoco e l’alibi della signoria feudale del potere. Sul piano
mondiale soft power e hard power si combinano non sempre con
successo nello smart power. Gentilezza è il limite del potere: la
politica, la gestione pubblica per essere efficaci devono trovare e
dire il loro limite. Ciò riguarda innanzitutto lo Stato, le sue funzioni, la
sua ipertrofia e arretratezza paralizzante giuridica e funzionale. Non
c’entra solo la spesa pubblica (che non è solo spesa sociale), ma il
fatto evidente che un corpo ipertrofico, poliforme e onnipresente non
può funzionar bene. Lo stesso per le forze politiche: si discute se un
partito debba essere scuolapalestra di funzionari più preparati e
attenti all’interesse pubblico, oppure un sistema lotta innovativa
favore certi interessi e dunque “contro” certi altri.
Tutte e due le ipotesi finiscono per escludere un partito di cittadine e
cittadini con compiti importanti, ma limitati. Chiamo gentilezza
questo limite costruttivo visto che con “leggero, liquido e minimo” non
ci siamo capiti. Non è una questione quantitativa. Uno stato capace
di rispondere a domande concrete, non di comandare o governare
dall’alto, non ha bisogno nemmeno di demagoghi che facciano da
megafono alle vocal minorities, che come è evidente sono tra i
peggiori governanti della complessità. Nemmeno serve una
neoaristocrazia operaia. Occorre raccogliere idee , proposte di
soluzione anche attraverso i partiti e i movimenti politici, capaci di
cogliere e vivere i collegamenti i conflitti (o la collaborazione) tra reti
di interessi e problemi diversi. Insomma una politica gentile che dia
forza e speranza alla capacità delle persone, di risolvere , di
scegliere Interesse generale, interessi nazionali, sono ormai
indefinibili da soli. La politica può aiutarci riconoscere l’importanza e
il limite di ciascuno, e a vedere, semmai qualche vantaggio negli
altri.
Qui da noi la politica è diventata supremazia del pubblico (non del
comune) sul privato, pretesa di rappresentanza del bene comune,
imposizione etica, scontro tribale ed identitario ovunque e soprattutto
sulla rete.
Oggi chi assume incarichi o impegni pubblici, con le migliori
intenzioni, si ritrova subito in trincea. Con una corrente che lo
rassicura, contro un’altra che lo minaccia, con un referente che lo
aiuta contro quello di altri. Se non sa, fatica ad imparare , e subito
s’impanca per la medaglia ricevuta. Prima che umile civil servant, si
sente alabardiere di qualcosa, teme perciò la critica come un
tradimento, l’innovazione come un rischio e finisce in mano ai mille
boiardi senza industria che popolano la Pubblica amministrazione. Il
giovane politico spesso organizza incontri o seminari dove tutti sono
già d’accordo e chi non è d’accordo viene emarginato senza
contraddirlo apertamente. I partiti sono pieni di distributori di pedine.
Funzionari e militanti non sono abituati alla fatica di ascoltare e
proporre, ma solo a schierarsi, combattere, mobilitare. Contro la
camorra, i padroni, l’illegalità e Berlusconi. O per il nuovo in
generale. Sono dalla parte dei più deboli, o dalla parte dei liberi, ma
per fare che? Cosa cambiano nella realtà se non agiscono con le
persone? Perchè non pensare ad un partito che fa l’inventario di
quel che si muove sul territorio ed online, ascolta,raccoglie idee e
soluzioni, ma aiuta gli anziani, i precari e chi è in difficoltà a trovare
soluzioni e non solo a fare battaglia, ma che aiuta anche chi vuole
farcela ad emergere, i genitori ad costruire reti di collaborazione.
Una sorta di Civic Surgery che aiuta a collegarsi, a risolvere, a
valorizzarsi, a fare cultura, anche tra privati. Questo tipo di partito
aperto e propositivo, ambizioso e umile può e deve avere anche un
orizzonte alto europeo, mondiale di giustizia e libertà. Un partito del
fare, che riparte dalle persone aiuterebbe a mostrare meglio l’utilità
e la concretezza di questi valori condivisi. Anche un partito per
informarsi e discutere di politica.
Ad aver compreso la radicalità necessaria presente nella proposta di
Renzi c’è uno schieramento variegato. Prima lo suggerivano e
sostenevano riformisti avanzati e giovani senza pregiudizi. Una
parte dopo la sconfitta delle primarie sperarono in una alternativa
moderata con Scelta Civica , senza trovare la radicalità e
estroversione del “renzisimo”. Oggi un dirigente interno all scelte del
PCI degli anni 70 e 80 , ma anche fondatore del nuovo PD, come
Goffredo Bettini immagina un supporto autonomo, forte, non
superficiale alla ipotesi di Renzi , che indica nel suodocumento. Per
un Campo Democratico
Le idee di Bettini
Finalmente “metto in cartellina” un documento che parla di politica e
prende di petto alcune questioni finora rimosse o smentite. Del
documento presentato da un compagno ed amico della mia generazione
Goffredo Bettini, mi convince soprattutto l’agenda, il duro giudizio di 14
partenza e la centralità della questione democratica, la definizione di un
compito ed una funzione per una forza nazionale, che viene indicata
come un campo democratico. Non ci sono slogan generici contro il
liberismo, anche se manca una analisi piena del perchè assieme a noi
abbia perso l’alleanza sui beni comuni. Ci sono giudizi severi sulle
pratiche e sulle scelte del PD, difetti però non mutuati solo dalla destra
ma anche dal passato delle sinistra e da uno Stato che ha perso di
senso.
La definizione del campo democratico avviene da queste premesse e
dalla constatazione che siamo di fronte alla alternativa tra opportunità di
rinascita e crisi catastrofica. Lo hanno sostenuto ad un certo punto anche
i cosiddetti marxisti ratzingerian i, sbagliando papa e filosofo. Penso al 15
rischio che il “campo” sia disegnato per includere tutti dai moderati alla
sinistra radicale nel comune denominatore della lotta all’egoismo e dei
principi della Costituzione. Forse per dare il senso di un “reset” si omette
di dire quanto e come le scelte operate dal sistema politicocomunicativo
del centro sinistra (diffuso almeno quanto quello berlusconiano) abbiano
14 "Un nuovo campo democratico | Europa Quotidiano." 2013. 25 Jun. 2015 <http://www.europaquotidiano.it/2013/07/09/unnuovocampodemocratico/> 15 "Dedicato ai marxisti ratzingeriani | The Frontpage." 2013. 25 Jun. 2015 <http://www.thefrontpage.it/2013/02/12/dedicatoaimarxistiratzingeriani/>
spinto gli orientamenti popolari anche in direzioni sbagliate e illusorie.
Quanto al passato: non furono solo Berlinguer e Moro a percepire la fine
di un sistema fondato sui partiti continuando a subirlo, ma anche un
partito di sinistra, quello guidato da Craxi, che cercò di volgerlo a suo
favore per riformarlo. Bisognerebbe ripassare alla luce di quella critica
riformista tutti gli anni ‘70 sui temi del lavoro, della scuola e della
giustizia, ma la questione non riguarda il passato quanto il futuro. Bettini
parla giustamente di occasione perduta col crollo dei muri. Oggi non
rischiamo lo stesso se non partiamo da ciò che succede nel mondo
vicino e lontano? Le idee, il programma della carta che costruì qual
campo sono quelle giuste? O Non vanno sottomesse a revisione? Il
programma di Marino è fortemente coerente con quelle idee, nonostante
un certo realsimo.
La fiducia eccessiva riposta nelle rivolte, e nelle primavere nella
“saggezza delle folle” (tipica della rete) sta già lasciando il passo ad un
ripensamento critico sia avverso alle ipotesi catastrofiste, millenariste e
reazionarie, che avverso all’ottimismo superficiale delle rivoluzioni da 16
social media, delle primavere troppo facili, degli entusiasmi per gli
“occupy” di tutte le risme. Anche in rete se ne discute molto. Ma non si
tornerà nei vecchi alvei del regno della politica. Questa visione critica
rende ancora più attuale il tema della democrazia deliberante, ridefinita
come bagno nel popolo, recupero di una esperienza “terragna” e
ricucitura tra popolo e politica partendo dal basso. La direzione suggerita
da Bettini è quella giusta ed inevitabile ma va organizzata in modo da
essere utile e funzionare. E’ la modalità più credibile di recupero e
governo della complessità. A patto che riconosciamo, accanto alla
passione che deve animare chi si impegna, il valore della libertà
16 "The Net Delusion: The Dark Side of Internet Freedom ..." 2012. 25 Jun. 2015 <http://www.amazon.com/TheNetDelusionInternetFreedom/dp/1610391063>
individuale. Che la destra semmai ha tradito e che era anche nostro dagli
albori della società dell’ informazione, del movimento femminile etc. In un
campo democratico la libertà delle persone deve essere centrale.
Dalla moltitudine non si esce solo impegnandosi con gli altri ma anche
per sè, purchè non a qualunque costo. Oggi le nuove tecnologie ci
consentono di non dover affidare il nostro futuro solo allo stato o al
mercato. Il ruolo della politica e quello dello Stato è riconoscere le
diversità dei modi con cui questo può avvenire: imparare, educare e
educarsi, condividere, collaborare e competere. Non vediamo la novità
se non comprendiamo il movimento sociale in atto nell epoca delle reti: le
persone chiedono sempre meno alla istituzioni e sempre più alle altre
persone la soluzione dei loro problemi. E’ una caratteristica della
produzione, del consumo, della comunicazione e della politica. Altrimenti
la subalternità della sinistra alle “vocal minorities” continuerà ad
allontanare persone, popolo e politica.
Oggi ciascuno di noi ha dinnanzi un palinsesto personale estremamente
più ampio e potente Non si rompe la solitudine solo con la politica e
nemmeno si può pensare che la politica stia al di sopra, che abbia un
famoso e famigerato “primato”. Il primato della politica non appartiene ad
un’età dell’oro abbandonata di recente, è una presunzione dannosa da 17
criticare permanentemente, che spiega molti fallimenti.
Un partito più umile e gentile sarà anche più democratico. Chiamare a sè
i cittadini dovrà servire a deliberare, ma anche a contare valorizzando reti
già esistenti, abituando alla fatica e complessità del decidere, a scegliere
idee e talenti, che significa rinunciare al primato della politica e dei fedeli.
Questo vale per tutti, soprattutto per chi pensa ad una rivoluzione come
Renzi e vale anche come autocritica, perchè le diverse esperienze locali
17 "Luca Ricolfi Perché siamo antipatici? La sinistra e il ..." 2005. 25 Jun. 2015 <http://lafrusta.homestead.com/rec_ricolfi.html>
di cui parliamo da Milano, a Napoli, a Torino a Roma, non sono tutte
uguali e “splendide”. Non tutte contano sulla stessa partecipazione nè
(per quelle già avviate) sulla stessa credibilità. Insomma sui contenuti e
le scelte che hanno disanimato alla politica e al decidere, in favore del
protestare e dello spartire, dobbiamo da discutere nel merito.
Nazionalmente e localmente e non tutti e non sempre potranno stare
insieme (come Bettini riconosce ad un certo punto) ma almeno
torneremo ad avere un modo comune per far contare le persone e
risolvere i problemi con loro.
PS. Caro Goffredo, sul tuo Blog , per un documento così importante 18
oltre alla firma si potrebbe optare per una interazione (commenti, etc)
maggiore, anche non deliberante. Non solo promotori e aderenti, anche
partecipanti ?
Massimo Micucci
30 Luglio 2013 / Roma
18 "Goffredo Bettini: Home." 2006. 25 Jun. 2015 <http://www.goffredobettini.it/>