newsletter "in other words" n.13-14
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Newsletter mensile dell'Osservatorio sulle Discriminazioni "Articolo 3" di Mantova, redatta nell'ambito del progetto europeo "In Other WORDSTRANSCRIPT
N E W S L E T T E R M E N S I L E D I A R T I C O L O 3 - O S S E R V A T O R I O S U L L E D I S C R I M I N A Z I O N I
Novembre e Dicembre 2012 nº 13-14
In Other Words NEWS
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di-stinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio-ni personali e sociali.
Costituzione della Re-pubblica Italiana,
Principi Fondamentali, Articolo 3
Indice:
Editoriale 1
A scuola di discriminazione?
2
La paura si impara da bambini
4
Vedi alla voce infanzia 6
“In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice
Editoriale Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a ricordo del giorno in cui, nel 1989, venne approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (entrata in vigore nel settembre dell’anno seguente). E’ dunque per festeggiare tale ricorrenza che questo numero è dedicato all’infanzia. Si tratta di un numero particolare, un numero doppio, con più pagine del solito e un approfondimento finale diverso da quelli che abbiamo pubblicato finora. Maria Bacchi traccia, infatti, una ’storia’ degli argomenti che la stampa ha trattato, in tema di infanzia, nel periodo 2008-2010, così come appaiono dalle nostre newsletter settimanali dei primi tre anni della nostra attività. Il suo approfondimento è, quindi, non solo un lavoro sulla stampa, ma anche su Articolo 3 stesso, una panoramica storica grazie alla quale possiamo guardare in modo più informato al presente, e fare confronti. Possiamo notare miglioramenti nel modo in cui i quotidiani locali trattano oggi il tema dell’infanzia, evitando un linguaggio ‘violento’ e criminalizzante che qualche anno fa era invalso; o rallegrarci leggendo di cittadinanze onorarie ai figli di migranti, che in passato non avremmo trovato; o al contrario constatare come provvedimenti delle Amministrazioni locali che allora ci parevano eccezionali nella loro ingiustizia — come quelli che escludono i minori da servizi essenziali, a causa della morosità dei genitori — siano in realtà divenuti piuttosto comuni. E’ possibile tracciare confronti già a partire da questa stessa newsletter. La narrazione del presente è lasciata a Elena Cesari. A scuola di discriminazione? riflette sulla discriminazione che alcuni bambini subiscono nella scuola. Si tratta in qualche caso di discriminazioni messe in atto dagli insegnanti ai danni di alunni con disabilità; in altri, invece, si tratta di provvedimenti istituzionali (perlopiù riduzioni di fondi, personale e servizi) che, mentre colpiscono tutti gli alunni, vanno ad aggravare ulteriormente situazioni di discriminazione e fragilità sociale, emotiva, economica preesistenti. La paura si impara da bambini, invece, indaga il modo in cui la stampa propaganda un modello di educatore/genitore al quale sarebbero colpevoli di non aderire gli adulti rom e sinti, ‘cattivi genitori’ il cui pessimo esempio non potrà che generare ‘cattivi figli’. E’ così che, mentre gli articoli pullulano di ladri di bambini, magnaccia, tossicodipendenti, maestri di furto o, nel migliore dei casi, padri e madri incapaci e irresponsabili, non rimangono spazio né attenzione per l’infanzia dei piccoli rom e sinti, le prime vittime di provvedimenti volti a punire o redimere i loro genitori.
Elena Borghi
I l progetto mira a formulare una risposta nei confronti della situazione attuale, in cui i media sono spesso veicoli per la diffusione degli stereotipi, e a contribuire al migliora-
mento del messaggio mediatico, in particolare rispetto alla rappresentazione che esso forni-sce delle minoranze etniche e religiose, delle persone con disabilità e degli appartenenti alla comunità Lesbica-Gay-Bisex-Trans.
Capofila del progetto: Provincia di Mantova Partner: Articolo 3, Intercultural Institute of Timisoara (Romania), Eurocircle (Francia), Diputaciòn Provincial de Jaen (Spagna), IEBA (Portogallo), Fundaciòn Almeria Social y Laboral (Spagna), Tallin University (Estonia). Il progetto prevede la creazione di una redazione locale in ogni Paese, dedita al monitorag-gio dei media, ad attività di ricerca e decostruzione degli stereotipi e ad un lavoro di rete con giornalisti e professionisti dei media, scuole e università, organizzazioni della società civile. Per saperne di più: www.inotherwords-project.eu
“In Other Words”: un progetto europeo contro la discriminazione nei media
“Analizzando come i quotidiani descrivono le bambine e i bambini rom è facile accorgersi
che essi sono destinatari di una
disapprovazione e di un disprezzo simili a
quelli destinati ai padri. Una differenza però c'è e non è di poca
importanza. Ai giovani e ai bambini è
riservato oggi un disprezzo che sfuma
in pericolosa indifferenza.”
E. Cesari a p. 4
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In Other Words
In Other Words NEWS
La newsletter si pubblica ogni mese a Mantova (Italia), Jaen (Spagna),
Almeria (Spagna), Mortagua (Portogallo),
Marsiglia (Francia), Timisoara (Romania) e Tallín (Estonia) con il
sostegno della Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea.
L’edizione di Mantova è coordinata da Articolo 3,
Osservatorio sulle discriminazioni
Il progetto
A scuola di discriminazione?
N ella seconda metà del 2012 non sono pochi gli articoli monitorati che raccontano di discriminazioni verso minori o giovanissimi nelle istituzio-
ni scolastiche. All’interno di questo macro insieme di articoli è necessario distin-guere fra le discriminazioni avvenute nel contesto scolastico a opera del persona-le e quelle ‘sistemiche’, cioè a opera del con-testo stesso.
Del primo caso fanno parte tutti quegli arti-
coli che raccontano di bambini emarginati da
insegnanti ed educatori durante l’iter forma-
tivo. Alcuni esempi: “Discriminato dalle mae-
stre”. Il bimbo affetto da una forma di autismo. Il
padre vice-sindaco: “Cambierà scuo-
la” (Provincia, 21/6), Bambina disabile è rifiu-
tata dall’asilo (Provincia, 22/6), Niente maturità, è dislessico. Si presenta da privatista
e passa (Giornale, 29/7). Rientrano invece nel secondo sottoinsieme le discrimi-
nazioni che riguardano l’accesso alla scuola, e che quindi coinvolgono in manie-
ra diretta e indiretta un numero elevato di bambini. Si tratta qui di discrimina-
zioni istituzionali, ovvero di “politiche, norme e prassi amministrative che perpe-
tuano, rinforzano o producono la disuguaglianza e il malessere sociale di mino-
ranze svantaggiate” [1].
Quest’anno la crisi economica e gli ‘ineludibili’ tagli all’offerta formativa e/o al
personale scolastico sono stati utilizzati come alibi, anche dalla stampa, per giu-
stificare o rendere sopportabili all’opinione pubblica vere e proprie discrimina-
zioni. E’ il caso di alcuni servizi chiave, come il trasporto pubblico casa-scuola e
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il servizio mensa rivolti ad alcune fasce deboli della popolazione (come alunni con disabilità, rom e sin-
ti), soppressi o ridotti da alcune municipalità: Niente più scuolabus per i bimbi nomadi (Bresciaoggi, 15/9),
Bimbi nomadi, dopo lo scuolabus via scuola materna e mensa (Bresciaoggi, 18/9), Bambini disabili senza “bus”.
Mancano i fondi, ma è polemica (Corriere Brescia, 12/12).
In generale, dal monitoraggio della stampa emerge un incremento delle
discriminazioni istituzionali nella scuola, che rischiano di sostenere, fo-
mentare od occultare comportamenti individuali discriminatori nelle
classi sia da parte dei docenti, sia fra compagni di classe. La crisi econo-
mica, infatti, sostiene l’idea di scarsità anche dentro la scuola; l’idea, cioè,
che non sia possibile né auspicabile creare un contesto d’apprendimento
aperto e creativo, che accolga tutte le bambine e tutti i bambini portatrici
e portatori di vissuti esperienziali e di istanze spesso in conflitto fra loro.
Corsi di italiano per bambini stranieri. La scuola dice no (Eco di Bergamo,
14/11), Centinaia di bimbi stranieri non trovano posto a scuola (Repubblica Milano, 17/11), Diritto allo stu-
dio: e gli stranieri? (Voce di Mantova, 3/12). Forte è la tentazione da parte di amministratori, insegnanti e
legislatori ad un’omogeneizzazione della scuola e dei percorsi formati-
vi. Il bambino con disabilità o considerato tale [2], l’alunna stranie-
ra appena arrivata in Italia, i bambini rom del vicino insediamento
rallentano e modificano il ‘regolare’ svolgimento dei programmi
ministeriali, obbligano a soluzioni educative nuove e non facili, co-
stringono a rivedere ruoli e priorità, a mettere fra parentesi gli o-
biettivi didattici e a dare più risalto al percorso.
E’ la scommessa che hanno già accettato di cogliere alcune scuole
site in quartieri con un’altissima densità di bambini stranieri. A Milano, la scuola “Lombardo Radice”
di via Paravia e quella del quartiere Rubattino: Scuola multietnica. Ritorna la prima (Corriere Milano,
15/10), Paravia. Stranieri 9 alunni su dieci. La prima canzone è sulla Guinea (Giornale Milano, 13/10), Mila-
no con gli alunni al Quirinale. La scuola-ghetto diventa un modello (Giornale Milano, 25/9); Quelle borse di
studio ai ragazzi Rom (Avvenire, 1/4), Rom a scuola, via Rubattino in un libro (Avvenire Milano Sette, 20/5).
La scuola di via Paravia, in particolare, è stata oggetto di un conflitto (oggi risolto a favore di un prose-
guimento dell’esperienza educativa), che ha visto contrapposti
da una parte gli abitanti del quartiere e il Comune di Milano, e
dall’altra l’Ufficio scolastico Provinciale e una restrittiva inter-
pretazione della legge introdotta dalla ex ministro Gelmini, che
fissava un tetto del 30% per gli studenti stranieri: La scuola ara-
ba a rischio chiusura: “Rovina i ragazzi” (Libero Milano, 15/9/11)
e Troppi stranieri. No alla classe ghetto, nuovo stop alla scuola multiet-
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Accusati nel migliore dei casi di irresponsabilità, di incuria, di malafede, di cattivo esempio; nel peggiore,
di essere dediti ad abbandoni o furti di bambini. In poche parole di essere pessimi genitori ed educatori.
Ecco come la stampa ritrae gli adulti rom e sinti.
Paola Fucilieri su Il Giornale: “Delitto e castigo. Per tre bambini rom di 6, 8 e 10 anni e i loro irresponsa-
bili genitori. Che li hanno tran-
quillamente lasciati ‘giocare’ al
tiro a segno, con lanci di sassi e
tondini di ferro dal guard rail”. A sei anni fanno il tiro a segno sulle auto. Intervento nel campo Rom di via Bisbi-
no (18/5/10). Di una presunta malafede dei genitori dei bambini sinti dei campi di via Orzinuovi e via
Borgosatollo racconta questo articolo pubblicato su La Padania: Zingari con tre vetture intestate, ma portoghe-
si sullo scuolabus (23/9).
In Rom rapisce una bambina e spara all'eroe che la salva (Giornale.it, 30/10), la giornalista approfitta di una
sventata aggressione ai danni di una donna equadoriana per rinverdire l'antico pregiudizio degli zingari
che rubano i bambini. A dispetto del titolo, che sembra esprimere assoluta certezza dei fatti, nessun tenta-
tivo di rapimento è effettivamente avvenuto, non ci sono prove e l'aggressore non è stato fermato.
Eludendo la complessità del rapporto fra i coniugi, il rispetto della privacy, e
tagliando corto sulle motivazioni della madre, Il Giornale confeziona un altro
articolo insieme di distruzione della figura genitoriale materna nel mondo rom
e di messa alla berlina di una donna: “Una ragazza bella e bionda, ma con pro-
blemi così seri da non rappresentare esattamente una madre ideale. Tossicodi-
pendente (ha fatto uso di metadone anche durante la gravidanza), clandestina
e con una ‘passione’ per la vita nomade, Razia non ha mai accettato di vivere
col padre di sua figlia Carlo”: Rom entra al Buzzi e porta via la figlia. La madre,
una giovane clandestina, aveva ‘rapito’ la neonata, forse temendo che le venisse tolta
(Giornale Milano, 4/12).
La paura si impara da bambini. L’etnocentrismo educativo della società gagé riflesso nella stampa
nica (Repubblica Milano, 18/5).
Elena Cesari NOTE:
[1] Clelia Bartoli, Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, Laterza, Roma-Bari, 2012.
[2] La percezione della disabilità a scuola, da parte degli insegnanti, e la sua conseguente certificazione sono argo-
menti molto delicati. Non di rado bambini semplicemente molto vivaci, con difficoltà d’apprendimento causate da
problematiche familiari e/o con abilità scarsamente valorizzate in ambito scolastico, sono vittime di un modo di
fare scuola che ha un’unica velocità. Quella dettata dal voto più alto.
In Other Words
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Bambini ladri e ladri di bambini: un pregiudizio per tutte le età
Sappiamo che, fino agli anni ’60, era prassi consolidata della società maggioritaria nei confronti delle
minoranze rom e sinte separare in modo coatto i figli dai genitori e affidare i primi a istituti o famiglie
adottive. Le ripercussioni traumatiche di questa pratica sui bambini rom e sinti e sulle loro famiglie sono
lontane dall'essere state studiate adeguatamente. Tuttavia, a monte vi era l'idea radicata (che ritroviamo
oggi intatta in molta stampa) dell'incapacità genitoriale di rom e sinti. Troppo spesso il parametro di rife-
rimento per questi (pre)giudizi e per le prassi che ne conseguono non è stato e non è il benessere psicofi-
sico delle bambine e dei bambini rom, né ovviamente quello dei loro genitori, bensì i modelli (e i dogmi)
educativi della cultura maggioritaria. Nessuna sorpresa: analizzando come i quotidiani descrivono le
bambine e i bambini rom, è facile accorgersi che essi sono destinatari di una disapprovazione e di un di-
sprezzo simili a quelli destinati ai padri. Una differenza però c'è e non è di poca importanza. Ai giovani e
ai bambini è riservato oggi un disprezzo che sfuma in pericolosa indifferenza. Preoccupata di demolire il
ruolo genitoriale ed educativo di rom e sinti, certa stampa (e certo discorso istituzionale) non si accorge
della fragile e precaria esistenza materiale e sociale delle bambine e dei bambini rom. Fragilità a cui non
solo non si presta un'attenzione e tutela speciali. Ad esempio, per difendere la decisione di interrompere
il servizio di scuolabus e di mensa per i bambini sinti di Brescia, il vicesindaco Fabio Rolfi argomentava:
“Le famiglie dei campi di via Orzinuovi e di via Borgosa-
tollo, proprio perché uguali a tutte le altre, devono pagare
i servizi se ne vogliono usufruire”. Rom e Sinti: “Pronti a
pagare”. Rolfi a La7: “Basta lassismo” (Bresciaoggi, 26/9).
Rolfi non teneva conto né delle condizioni socioeconomi-
che e di emarginazione sociale delle famiglie, né dei risvol-
ti negativi sulle dinamiche di integrazione scolastica e rela-
zionale dei bambini, né, infine, del grave pericolo per l'in-
columità fisica dei bambini costretti a percorrere a piedi
un tratto di strada a scorrimento veloce: Famiglie Rom mo-
rose niente scuolabus: “Ripristinare il servizio: rischiano la vita” (Giorno Milano, 18/9).
Non è raro addirittura che il/la giornalista esprima tra le righe una sorta di rammarico per la non perse-
guibilità dei rom e sinti minori di quattordici anni. Tentato furto la polizia ferma due bambine nomadi (Voce
di Mantova, 26/10): “Da quanto risulta due sorelle di etnia rom, senza fissa dimora, entrambe meno che
quattordicenni e per tale motivo non perseguibili per legge”. Si delineano qui almeno due punti di svol-
ta. Innanzitutto, si apre una gravissima frattura fra una condizione, quella del minore, tutelata dalla legge
e l'intento della stampa di sminuirne la portata, attribuendo ai bambini rom e sinti responsabilità che
solo gli adulti hanno. Scriveva Paola Fucilieri nel già citato articolo del Giornale del 18/5/2010: “Gesti
che non potevano rimanere impuniti: una tragedia sfiorata per ben due volte nel giro di 24 ore e per col-
pa di questi bambini zingari (e dei loro familiari) [...] non è cosa da poco. Soprattutto se la prima volta la
polizia, trovati i minori responsabili di quel ‘giochetto pericoloso’ (tutti penalmente non imputabili per
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Vedi alla voce ‘Infanzia’. Bambine e bambini sulle Newsletter di Articolo 3 (2008-10)
Infanzia deriva etimologicamente dalla parola lati-
na infans: colui che non è in grado di parlare.
L’idea che il bambino e la bambina non possieda-
no strumenti di parola e di pensiero e quindi non
abbiano cittadinanza e diritto all’ascolto è antica e
radicata, quanto assurda. Mostra una sorta di ti-
more del mondo adulto nei confronti di un’età
difficile da addomesticare, età di transiti e muta-
menti continui del corpo e della mente, un’età
altra che fa inesorabilmente da specchio alle defi-
cienze, ai limiti, alle violenze e alle fragilità del
mondo adulto.
Fin dalla sua nascita, Articolo 3 ha dedicato molto
spazio nelle sue newsletter alle diverse dimensioni
in cui si prospettano i diritti e le discriminazioni
riguardanti i bambini e gli adolescenti. Abbiamo
lavorato non solo per denunciare le molte discri-
minazioni di cui, direttamente o indirettamente,
bambine e bambini sono vittime, spesso da parte
delle stesse istituzioni che dovrebbero tutelarli; ma
anche per riflettere sulla rappresentazione che la
stampa dà dell’infanzia e dell’adolescenza, violan-
do a volte la stessa Carta di Treviso che richiama i
giornalisti a criteri deontologici di protezione dei
minori e della loro immagine. Abbiamo analizzato
le culture che portano a queste violazioni ma an-
che le buone pratiche che qualche volta, qua e là,
emergono. Abbiamo intervistato studiose e studio-
si, responsabili del mondo dell’educazione, ma
anche e soprattutto abbiamo dato voce a ragazze e
ragazzi, italiani e immigrati di prima o seconda
generazione, appartenenti alle minoranze e alla
cultura maggioritaria.
Quella che segue è una panoramica dei temi ap-
parsi sulle NL settimanali di Articolo 3 nei primi
tre anni della sua attività.
la loro giovanissima età) aveva accondisceso, trattando con il vecchio capo dell’insediamento, a un tratta-
mento di favore per i piccoli” (corsivi miei) .
D'altra parte, tutta la comunità rom è immediatamente e direttamente incolpata per le azioni dei bambi-
ni, quasi si trattasse di una sorta di ‘mandante’: “La tecnica adottata è sempre la stessa [...]: se i rom non
rispettano la legge, la polizia non rispetta la loro tranquillità”. Continua la giornalista: “I nove ragazzini
sono figli di un rom molto noto agli investigatori […]. Ebbene, lui e la moglie ieri sono stati portati al
commissariato dove qualcuno li ha redarguiti pesantemente per l’educazione piuttosto originale e deci-
samente discutibile impartita ai figlioletti: c’è infatti il forte sospetto che gli adulti abbiano insegnato ai
bambini a usare le vetture come tiro a segno”.
Elena Cesari
Vignetta di M
arco Biani sulla fam
igerata coperti-na di Panoram
a del 10 luglio 2008, che propone-va un’inchiesta sui “ladri bam
bini” rom, titolan-
do “Nati per rubare ”.
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indirizzata ai loro alunni rom e sinti dalle maestre
di via Pini, a Milano, che per mesi cercarono di
garantirne la frequenza scolastica mentre venivano
sgomberati con le famiglie prima dall’ex edificio
Enel di via Rubattino e poi dalla baraccopoli di
Segrate. “Vi insegneremo mille parole – scrivono
ai loro allievi – centomila parole, perché nessuno
possa più cercare di ammutolire chi, come voi,
non ha voce” (NL n°3, 2010). Sull’accesso
all’istruzione dei bimbi rom e sinti è da leggere
anche il bell’articolo di Eva Rizzin, I sciula i nini
miri, la scuola è anche mia (NL n°8, 2010).
La ‘riforma Gelmini’
Per non dar voce ai bambini, nonostante la pretesa
di fare il contrario, venne alla luce la discutibilissi-
ma proposta leghista, inizialmente inserita nel
progetto Gelmini di riforma della scuola, di istitu-
ire classi-ponte. I bambini stranieri avrebbero do-
vuto esservi ‘parcheggiati’, ben lontani dai coeta-
nei, fino al loro apprendimento della lingua italia-
na: un progetto chiaramente discriminatorio, umi-
liante e inutile dal punto di vista didattico. Su
questo presero la parola in molti sulla nostra
newsletter. In primo luogo quelle ragazze e quei
Il ‘pacchetto sicurezza’
L’editoriale della newsletter n°2 del 2008 titolava
Il nome dei bambini ed era dedicato alle conseguen-
ze per i bambini, soprattutto rom e sinti, del
‘pacchetto sicurezza’ dell’allora ministro
dell’Interno Maroni e alla cultura della paura e
della diffidenza che quella serie di provvedimenti
avrebbe diffuso. Su questo tema interveniva sul n°
3 una studiosa di levatura internazionale, Clotilde
Pontecorvo, che, in Impronte digitali ai bambini sinti
e rom, rievocava l’effetto traumatico dei censimen-
ti, dei controlli e delle discriminazioni che le leggi
razziali volute dal fascismo avevano avuto sulla sua
infanzia di bambina ebrea.
Il ‘pacchetto sicurezza’ diede lo spunto ad azioni
di caccia al clandestino che colpirono i bambini
in vari modi. Uno di questi, illegale e particolar-
mente doloroso, fu l’utilizzo dei bambini per arri-
vare a individuare genitori e parenti non in pos-
sesso del permesso di soggiorno. Una brutta storia
è il titolo dell’editoriale che apriva la newsletter n°
65 del 2009: è la vicenda, portata ad Articolo 3 da
alcune insegnanti coinvolte nella storia, di una
bimba brasiliana di scuola elementare mantovana:
un carabiniere, nonostante l’opposizione delle
insegnanti, aveva cercato di interrogarla sulla pre-
senza a casa sua di uno zio ‘clandestino’. Le mae-
stre si opposero fermamente, nonostante pressio-
ni di vario tipo, a questa operazione. Su questo
argomento e sulla tutela e l’ascolto del minore in
ambito giudiziario, Articolo 3 ricevette consulenze
autorevoli, tra cui quella di Annapaola Specchio,
esperta di diritti dei minori, che comparvero sulla
newsletter n°66, insieme a un ampio repertorio
di fonti curato da Angelica Bertellini.
E’ importante che, quando i bambini non posso-
no prendere parola, siano i loro maestri a farlo
per loro. E’ quanto appare dalla bellissima lettera
Michele Ferri, Il m
ondo è anche di Tobias
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ragazzi che nella scuola italiana furono inseriti
anni prima e che appresero rapidamente la nostra
lingua nell’interazione coi compagni e le inse-
gnanti. Sulla NL n°18 del 2008 compariva
un’intervista a Elvira Mujcic, giunta in Italia nel
’94 come giovanissima profuga dalla Bosnia e ora
tra le maggiori scrittrici slave in lingua italiana.
Sulla NL n°19 un’altra intervista: a farla era Sonia
Chiarello, una studentessa delle superiori che a
quel tempo collaborava col nostro Osservatorio,
che dialogava con la sua coetanea Costanta Ralu-
ca Filip: In tre mesi ho imparato a conversare.
In una prospettiva totalmente diversa da quella
delle classi-ponte si collocava l’iniziativa
dell’Istituto comprensivo di Bozzolo di organizzare
corsi di lingua araba per i bambini, molti, che
questa avevano come lingua madre. Proposta che
suscitò numerose polemiche e che fu oggetto di
due interessanti interventi sulla nostra newsletter:
il primo della dirigente dell’Istituto, Patrizia Ron-
coletta, che sulla NL n°4 del 2008 scriveva: “Ho
motivato il valore dell’identità individuale che, se
ben conosciuta, permette a chiunque di incontra-
re il nuovo e il diverso senza paura, con quella
sana curiosità, con quel giusto interesse che sottin-
tende ogni relazione corretta”. L’articolo di Ron-
coletta era ripreso sulla newsletter n°13 da Clotil-
de Pontecorvo, psicologa della comunicazione, in
Identità plurime. Nel 2009, purtroppo, sembrava
prevalere in alcune realtà lombarde la tendenza
opposta: Corsi di arabo per i bambini. L’assessore nega
le aule (Brescia oggi, 3/10/ 2009).
Ma altri aspetti della ‘riforma Gelmini’ ci indusse-
ro riflessioni più generali: l’intero numero della
NL n°8 del 2008 era dedicato alla scuola. In parti-
colare Non è un paese per bambini, di Antonio Pen-
zo, denunciava i pericoli di degrado
(puntualmente poi verificatosi) legati
all’introduzione del maestro unico che, in nome
di un risparmio di 8 miliardi di euro, prevedeva di
far uscire dalla scuola pubblica 133mila insegnan-
ti. Con conseguenze sull’organizzazione dei tempi
scuola e sui moduli d’insegnamento davvero di-
speranti per i bambini e le loro famiglie.
Sull’argomento ritornava Fernanda Goffetti sulla
newsletter successiva, con A lenzuola spiegate, in
cui raccontava la manifestazione di protesta delle
insegnanti della scuola Pomponazzo, che espone-
vano un lenzuolo con drappi neri e scritte contro
il maestro unico. Il lenzuolo è stato poi inspiega-
bilmente sequestrato dalle forze dell’ordine
(chiamate da chi?) nel corso dell’orario di lezione.
Sempre Fernanda Goffetti discuteva un altro a-
spetto della riforma: l’introduzione del voto in
decimi, vetusto retaggio di una scuola che si spera-
va finita, in cui la valutazione rinunciava a ogni
aspetto formativo in nome di puri criteri sommati-
vi: Io non voglio dare voti ai bambini e alle bambine
(NL n°24, 2009). Sullo stesso numero: Condottieri
e voti in condotta, di Silvana Sgarioto.
Le Amministrazioni locali, intanto…
Classificare, valutare, stabilire standard, separare,
uniformare. Questa scuola che vuole risparmiare e
dare una parvenza d’efficienza non pare proprio
capace di parlare con bambine e bambini, di co-
noscerli e assumersene la responsabilità. Spesso
non sa che accondiscendere alle istituzioni locali
che operano vere e proprie scelte discriminatorie
nei loro confronti.
Accadde a Goito (MN), quando la scuola comuna-
le per l’infanzia ammetteva all’iscrizione i soli
bambini di fede cristiana, o le cui famiglie accet-
tassero le tradizioni cristiane (NL n°3, 2010). E, in
modo ancor più platealmente discriminatorio,
accadde a Montecchio Maggiore (VI), dove il Co-
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mune decise di escludere dalle mense scolastiche i
bambini della scuola, vanamente intitolata ad An-
na Frank, provenienti da famiglie non in grado di
pagare la retta. Bambini e bambine con genitori
‘inadempienti’ si trovarono di punto in bianco
davanti a un panino al prosciutto (alla faccia del
rispetto per le tradizioni alimentari di chi è musul-
mano o ebreo) e a un bicchiere d’acqua, quasi a
volerli persuadere ad andarsene (NL n°8, 2010).
Poco dopo esplose il caso Adro, il paese della pro-
vincia di Brescia amministrato da un fervente sin-
daco leghista che nella scuola, questa volta coeren-
temente intitolata a Gianfranco Miglio, in un tri-
pudio di soli delle Alpi e simboli leghisti, esclude-
va dalla mensa i bambini figli di genitori morosi.
Le polemiche furono vivaci, ne scrivevamo sulla
NL n°12 dello stesso anno: Colpire i bambini per
educare i genitori. Abbiamo ripreso l’argomento in
quella successiva e nella n°15, con contributi di
cittadini adrensi che seguono la nostra attività.
Gli amministratori in questione si rivalevano delle
difficoltà dei genitori escludendo i figli da servizi
che entravano a pieno titolo nelle attività educati-
ve che la scuola dell’obbligo deve offrire; in que-
sto modo si esercita sulle famiglie in difficoltà, in
buona parte straniere, una pressione che indeboli-
sce le risorse emotive e le speranze di adulti e
bambini. E questa linea di tendenza negli anni
non sembra affievolirsi, tanto che la partecipazio-
ne opzionale alla mensa è diventata pratica conso-
lidata.
Le mancate assunzioni di responsabilità del mon-
do adulto
C’è un gruppetto di bulli che in prima media mo-
lesta un compagno fino a indurre i genitori a far-
gli cambiare scuola? Basta sospenderli per quindi-
ci giorni. E la Gazzetta di Mantova titola: Cambia
scuola per i bulli. Studente della Sacchi minacciato da
quattro ragazzi. La prof al bambino di 10 anni: lo fa-
rai anche tu (Gazzetta di Mantova, 10/11/09). La
newsletter n°61 dedicava alla vicenda molto spa-
zio: abbiamo intervistato l’insegnante e il dirigen-
te scolastico, che mostravano consapevolezza della
complessità della situazione.
Ma la proposta più responsabile venne
dall’assessore alle Politiche Sociali della Provincia,
Fausto Banzi, che avrebbe voluto inserire i ragazzi
sospesi in un’attività socialmente utile che sia loro
di aiuto (Lupi e agnelli oltre lo specchio). Un solo
altro segnale di responsabilizzazione del mondo
adulto nei confronti di quel disagio adolescenziale
che si trasforma in bullismo: nel 2008
l’Osservatorio regionale sui minori ha dichiarato
di voler proporre azioni di sensibilizzazione delle
Istituzioni e della società nei confronti del disagio
giovanile (Minori da aiutare, Gazzetta di Mantova,
10/12/08).
Sulla stampa locale sono dilagati titoli allarmistici
o minacciosi, come: Saranno tempi duri per i bulli a
scuola. Previsto un patto tra istituto e genitori che impo-Un caso recente, di cui abbiamo scritto nella NL n. 12 e di
cui tratta anche E. Cesari in questo numero, a p. 3.
L’articolo di Repubblica.it sul caso di Adro, 8/4/10
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ne ai secondi di collaborare con i docenti (Voce di
Mantova, 2/9/08), dove pare che il giornalista
non colga la contraddizione stridente fra parole
come “patto” e “collaborazione” e il verbo
“imporre” che le collega.
Ma della preoccupante violenza del linguaggio
giornalistico in tema di infanzia e adolescenza
abbiamo dovuto rilevare troppi esempi clamorosi.
Un
lin-
guaggio giornalistico violento
Sulla newsletter n°2 del 2008 dovemmo occuparci
di una serie di articoli, davvero incredibili, dedica-
ti dalla Voce di Mantova a un bimbo nordafrica-
no: La piccola peste della scuola elementare Pomponaz-
zo è un nordafricano; Un bimbo terribile colpisce anco-
ra, i compagni terrorizzati lo fuggono, preoccupati gli
insegnanti; Minacce agli insegnanti e violenza in classe:
terrore alle elementari Pomponazzo. Bimbo terribile:
fuggi-fuggi a scuola. Già otto genitori hanno ritirato i
propri figli portandoli in alto istituto. Interrogazione in
comune contro il bambino nordafricano e suo padre
assistito cronico e violento (Voce di Mantova,
9/3/08). Per fortuna, in questo caso, sulla stampa
mantovana comparivano anche lettere di genitori
della scuola e cittadini indignati per le parole del
quotidiano. Che peraltro dava tutte le informazio-
ni necessarie a individuare il giovanissimo bersa-
glio della campagna denigratoria, in spregio alla
normativa che tutela la privacy dei minori. Non
riuscimmo mai a sapere chi, irresponsabilmente,
fece circolare quelle notizie, mentre dalle inse-
gnanti del bambino venivamo informati di un
attento lavoro, e dei buoni risultati che si stavano
ottenendo, per un suo più sereno inserimento
nella scuola.
E, sempre nel 2008, il primo anno della nostra
attività, sulla newsletter n°8 in Piccoli mostri imma-
ginari discutevamo di non notizie che ritraggono
bambini ‘malefici’. La testata è sempre la Voce di
Mantova. Occhiello: Sconcertante episodio di violen-
za domestica in Valletta Valsecchi. Ma la polizia nega.
Titolo: “Non vengo”. Coltello puntato contro la madre.
Sottotitolo: Bambino di dieci anni ferisce il genitore
che vorrebbe portalo all’Isola dei bimbi (Voce di Man-
tova, 23/8/08). Sullo stesso numero, a lato
dell’articolo precedente: Ingoia le pedine di Forza4,
bambino di sette anni in ospedale.
“Crescunt sivae beluae”, diceva un notaio della
Lucchesia nel 1552 a proposito dei bambini dei
suoi villaggi. Ma la belluinità pare in realtà prero-
gativa di alcuni giornalisti che sull’infanzia e sui
suoi dolori fanno squallide e vuote operazioni sen-
sazionalistiche. Quando alla “paura degli iner-
mi” (Curzio Malaparte, a proposito della violenza
dei nazisti nei ghetti ebraici) si unisce il razzismo,
escono operazioni anche peggiori: Arrivano gli zin-
gari. Presi. Rilasciati. E il sottotitolo: I ladri sono mi-
norenni e non ci sono le prove dello scasso. La questura
costretta a liberarli. Non c’è effrazione, non c’è re-
furtiva, non ci sono arnesi da scasso. C’è invece
una signora che, allarmata da alcune scampanella-
te, telefona in questura e dichiara al volonteroso
giornalista della Voce che i due ragazzini che suo-
navano “avevano i tratti somatici degli zinga-
ri” (Voce di Mantova, 3/9/08).
Per fortuna dopo la rovente estate del 2008 non
abbiamo più dovuto segnalare articoli di questa
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natura contro i bambini. Resta l’interrogativo in-
quietante sulla logica giornalistica che li sottende.
Una sorta di patologico “furor
d’abiezione” (sempre Malaparte) di chi
dall’infanzia e dalle sue paure sembra non essere
mai uscito, pur riuscendo a scrivere per un giorna-
le. Minori non accompagnati e profughi
Notizia vera che, invece, ci ha mobilitato è quella
relativa alla presenza e alla successiva scomparsa di
un gruppo di giovanissimi afghani: Salvati nove
profughi ragazzini, e L’odissea dei clandestini. Tutti
espulsi i profughi ragazzini. Sfamati e rivestiti adesso
sono in viaggio (Gazzetta di Mantova, 22/1/09 e
1/2/09). Naturalmente non potevamo non coglie-
re la gravità del fatto: un minore straniero non
accompagnato gode di precise tutele previste dal
diritto internazionale. A maggior ragione se pro-
viene da zone di guerra. Parole come “ragazzino”,
“profugo” ed “espulso” non possono stare insie-
me. Leggerezza dell’autore dell’articolo o assoluta
incompetenza delle forze dell’ordine e delle auto-
rità preposte? Ne parliamo con i responsabili, rice-
vendo risposte preoccupanti. Pare che del gruppo
facessero parte alcuni maggiorenni, ai quali i pic-
coli sono stati affidati prima di essere rimessi in
strada. Ne discutevamo sulla newsletter n°24 del
2009 e convocavamo, con l’aiuto della Caritas, un
incontro sul problema dei minori stranieri non
accompagnati. Parteciparono, con nostra sorpresa,
rappresentanti di Comune, Provincia, Sindacati,
Prefettura, Questura e Carabinieri. Purtroppo, a
quel primo incontro non ne sono seguiti altri. Il
problema nella nostra zona non sembrava quasi
esistere. Un dato certo è che, dove esiste, ha ri-
svolti economici gravosi per le amministrazioni
dei comuni in cui avvengono i fermi. Che, in que-
sto caso, potrebbero essere salvifici.
Lo conferma la storia di Abdul, che intervenne,
ancora minorenne, a un convegno della CGIL
mantovana sulla xenofobia, raccontando la sua
storia di giovanissimo profugo afghano ormai per-
fettamente inserito nella vita della nostra città: Per
fortuna mi hanno preso i carabinieri (Voce di Manto-
va, 1/3/09). Abdul è diventato rapidamente un
collaboratore volontario di Articolo 3, l’abbiamo
intervistato (I Piccoli Maestri. Un dono
dall’Afghanistan, NL n°29, 2009); abbiamo pubbli-
cato a più riprese la sua storia nella sezione I Picco-
li Maestri della nostra newsletter (NL nn°31 e 34,
2009); ha scritto per noi articoli preziosi sulla si-
tuazione dei profughi sull’isola di Lesbo (NL n°
61, 2009) e sui problemi che incontra un giovane
straniero al compimento del diciottesimo anno
(NL nn°6 e 7, 2010).
Quando i minori cessano di essere classificati e
descritti da altri e prendono direttamente la paro-
la possono diventare “piccoli maestri”, anticele-
brativi e antiretorici come i giovani partigiani pro-
tagonisti del libro omonimo di Luigi Meneghello.
Da loro possiamo imparare a conoscere e a proteg-
gere quella parte oscura e altra di noi stessi e della
società che è l’infanzia. Maria Bacchi
Le NL citate sono consultabili nell’archivio di Art3
Immagine dal film Welcome, sulle vicende di un giovanissimo