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MARCO CESATI CASSIN NON SIAMO QUI PER CASO

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Le coincidenze, nella loro straordinaria unicità che travolge le leggi fisiche e matematiche, non possono che essere la manifestazione di una volontà superiore.

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Proprietà Letteraria Riservata© 2012 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.

ISBN 978-88-200-5345-115-I-12

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previ-sto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org

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A Giuseppe.A Francesca Cocchi.

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Il Caso è il morbido cuscino di coloro che vorrebbero eliminare dal Cosmo tutto ciò che è divino, significativo e capace di indicare la meta alle creature, per far posto alla vuota favola che l’Universo non ha un senso e si è creato da solo.

Herbert Fritsche

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Nulla accade per caso

Le coincidenze sono i lampioni che si accendono su quel viale alberato, oscuro e ombroso, che è il nostro Destino.

Vi è mai capitato di pensare, senza motivo apparente, a una persona che non vedete e non sentite da anni e poco dopo quella persona ricompare nella vostra vita? Oppure, mentre vi dibattete in una scelta, incerti sulla decisione da prendere, vi capita tra le mani un oggetto che sembra puntare inequi-vocabilmente in una direzione? In quel momento avvertite una sensazione magica, come se foste toccati da qualcosa di potente che sta al di fuori di voi. Un minuto prima eravate immersi nella vita di tutti i giorni, un istante dopo vi ritrovate in una bolla di luce di straordinaria bellezza. Carl Gustav

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Jung definì questi episodi «coincidenze significative»: sono quegli attimi sospesi in cui il caos dell’esistenza si rischiara e l’Universo intero congiura per indicarci la via. A ognuno di noi ne capitano almeno otto al mese, ma spesso siamo troppo distratti o razionali per seguirne i segnali. Preferiamo tornare nel buio e liquidiamo sbrigativamente la magia dicendoci che «è stato un caso». Ma non è così. Ne ho le prove, e ve lo dimostrerò.

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Nel 1829 la goletta Mermaid naufragò a causa di un vio-lento uragano e approdò fortunosamente su una lingua di sabbia. Tutti i marinai e i passeggeri si salvarono. Non avevano molte speranze di essere recuperati, ma erano comunque vivi. Due giorni dopo, un marinaio di vedetta sul tre alberi Swiftsure avvistò i naufraghi. Vennero caricati a bordo, esultanti per il soccorso insperato. Purtroppo, cinque giorni più tardi una corrente fortissima gettò il veliero contro una scogliera. Anche questa volta nessuno morì, ma l’imbarcazione andò perduta. Nel giro di poche ore l’equipaggio del Governor Ready si accorse dell’accaduto

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e invertì la rotta per imbarcare i passeggeri. Dopo sei ore di navigazione, a bordo scoppiò un incendio. Nononostante l’estenuante lotta contro il fuoco, tutti dovettero abbando-nare la nave con le scialuppe di salvataggio. Si trovavano lontani dalla terraferma e le probabilità di farcela, questa volta, erano veramente poche. Tuttavia, di nuovo la fortuna sorrise e la nave da cabotaggio Comet, finita fuori rotta per il maltempo, incrociò i naufraghi delle tre imbarcazioni salvandoli tutti. Quando questi ultimi raccontarono le loro disavventure, l’equipaggio che li aveva raccolti fu scosso dai brividi: che l’oceano stesse reclamando a ogni costo delle vittime?

Quattro giorni dopo il Comet fu investito da un uragano, l’albero maestro si spezzò come un fiammifero e la nave cominciò a imbarcare acqua. Le scialuppe non bastavano e molti rimasero sulla nave che affondava. Per una notte e un giorno intero i naufraghi di ben quattro navi riusci-rono a sopravvivere su scialuppe o zattere improvvisate, scampando alle onde e agli squali, fino a quando vennero ripescati da un quinto vascello, lo Jupiter. Dopo due giorni anche quest’ultimo affondò, incagliandosi su una scogliera. Il piroscafo City of Leeds, che navigava in quel tratto di mare, giunse qualche ora più tardi, in tempo per trarre

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tutti in salvo. Si trattava ormai di un centinaio di persone che, sebbene provate, erano in discrete condizioni di salute.

Il medico di bordo del piroscafo poté quindi dedicarsi a un’anziana signora, Sarah Richley, che era partita per l’Australia con la speranza di ritrovare suo figlio, disperso da più di dieci anni. Durante il viaggio si era ammalata gravemente, al punto che il dottore l’aveva data per spac-ciata. La donna, ormai in delirio, chiedeva disperatamente di rivedere il suo Peter. Per alleviare le ultime ore di vita, il medico decise di cercare a bordo un uomo che somigliasse alla descrizione del figlio e di portarlo al suo capezzale. Lo trovò tra i reduci del Mermaid, la prima nave affondata: un naufrago, abbastanza somigliante, accettò di recitare il ruolo.

Mentre il medico gli spiegava che la donna si chiamava Sarah Richley e proveniva dallo Yorkshire, l’uomo impallidì e balbettò a fatica il suo nome: era Peter Richley. L’anzia-na, dopo aver rivisto il figlio, si ristabilì completamente nonostante fosse stata sul punto di morire.

Questa storia, apparentemente incredibile, è documen-tata e attestata dagli archivi storici navali e dalle testimo-nianze dell’epoca. Ho voluto metterla in apertura del libro perché racchiude due elementi fondamentali e distintivi delle coincidenze. Il primo è evidente a tutti: si tratta di

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eventi eccezionali e imprevedibili che contraddicono la teoria delle probabilità. Il secondo è il motivo stesso che spiega perché possano stravolgere numeri e statistiche: le coincidenze non avvengono mai per caso. Possono ignorare le leggi matematiche perché sono espressione di forze più grandi. Accadono in nome di una ragione profonda e spesso per noi imperscrutabile, che può richiedere mesi, anni, talvolta vite prima di ricomporsi nel senso di un disegno complessivo.

La vicenda di Sarah e Peter Richley è uno dei pochissimi esempi in cui la coincidenza ha svelato subito il proprio scopo: cinque naufragi senza vittime, cinque fortunosi salvataggi sono stati necessari affinché madre e figlio si ritrovassero. Chi ora avrebbe il coraggio di sostenere che si trattò semplicemente di una catena di eventi casuali?

Gli altri passeggeri erano semplici pedine su una scac-chiera leggibile solo a chi aveva impostato il gioco. Non erano i «destinatari» della coincidenza, ma la loro presenza era comunque necessaria perché questa potesse manife-starsi. Ognuno di loro aveva, seppure indirettamente, un ruolo specifico, di cui era del tutto inconsapevole. Pensate solo al medico: se non avesse ascoltato la storia di Sarah, se non si fosse ricordato la descrizione fisica di Peter, se non si fosse commosso, se non avesse cercato di alleviare

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le ultime ore della paziente, lei e il figlio non si sarebbero rivisti.

Lo stesso vale per tutti noi. A ognuno è stato affidato un ruolo e un compito, ma ben pochi hanno maturato la consapevolezza e l’illuminazione per conoscere ciò a cui sono chiamati; la maggior parte delle persone si muove confusamente nella vita, assorbita dal presente, senza sapere dove sta andando. Per questo le coincidenze sono importanti: come lampioni su una strada buia ci indicano la direzione da prendere lungo il percorso della nostra vita. Avvengono nella realtà fisica ma, per un momento, ci mettono in contatto con quella metafisica, per condurci là dove dobbiamo essere: nel posto che ci spetta nel mondo.

Scoprite le coincidenze e fatele vostre

Una volta un giornalista chiese allo scrittore Isaac B. Singer, premio Nobel per la letteratura nel 1978, come potesse lavorare proficuamente in uno studio caotico e disordinato come quello in cui era solito scrivere. Non c’era angolo della stanza che non fosse coperto di libri e fogli. Le pile di volumi fungevano da ripiani su cui lo scrittore appoggiava ogni sorta di oggetti. Singer rispose che, quando

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era a corto di idee, gli bastava chinarsi a raccogliere un testo o un appunto caduto a terra per trovare immediata ispirazione. Un caso? Difficile da credere.

La stessa esperienza continua a ripetersi ed è comune a molti autori, al punto da essere nota come la «coincidenza dello scrittore». Capita quando ci si occupa con grande intensità di un argomento e istintivamente si posa l’occhio su un libro buttato a terra o un foglio piegato che fuori-esce da una copertina. Da quelle righe di testo scaturisce spontaneamente lo spunto che tanto si desiderava. Fu Jung a riconoscervi un significato mistico e ne attribuì la responsabilità all’«Angelo della biblioteca». Non esiste autore al mondo (me compreso) che non gli sia grato e non abbia per lui una reverenza quasi sacra.

Perché si raccoglie quel particolare foglio e non un altro? Non c’è né logica né spiegazione. Molte volte le coincidenze sono così personali e intime che possono essere vissute pienamente solo da chi ne è protagonista. In quel momento particolare abbandoniamo la realtà per entrare in una sorta di film e, come illuminati, agiamo seguendo il nostro intuito.

Lo dimostra anche la vicenda della signora Margaret Muir, protagonista di una storia di altri tempi, così sugge-stiva e romantica che non può lasciare indifferenti. Durante

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la seconda guerra mondiale viveva al Cairo ed era entrata in confidenza con un inserviente, anch’egli provvisoriamente residente nella capitale egiziana. Ne era nato uno di quei rapporti così naturali e autentici che sarebbe bastato un nulla per trasformarlo in amore. Tuttavia erano entrambi sposati e decisero di non potersi spingere oltre. Dopo la guerra si incontrarono ancora un paio di volte per raccon-tarsi le loro vite. L’attrazione era forte come in passato, ma non cedettero al desiderio. Nei quattordici anni successivi gli incontri, già sporadici, si fecero sempre più rari. Un giorno Margaret, improvvisamente, sentì l’impellente desiderio di telefonare al suo caro amico. Non vedendolo da molto tempo, frenò lo slancio pensando che non fosse il caso. Il pensiero di sentirlo tuttavia non l’abbandonava e per distrarsi mise mano a un cruciverba trovato sulle pagine del Daily Express. Una delle prime definizioni aveva come soluzione la parola «ashore» (a riva). Margaret rimase colpita: il suo amico si chiamava Ash. Quella successiva chiedeva di anagrammare la parola appena scritta, basan-dosi sulla definizione «senza voce, sei lettere». Individuò subito la soluzione: «hoarse» (rauco). A quel punto decise di telefonargli. Rispose la segretaria per comunicarle che purtroppo il suo caro amico era morto due anni prima. La donna ne fu terribilmente dispiaciuta, ma rimase ancora

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più sconvolta quando la signorina le spiegò la causa: un cancro alla gola. Prima di morire Ash era diventato rauco e aveva perso completamente la voce. La signora Muir, che si definiva una donna razionale e logica, non seppe mai spiegarsi quell’incredibile serie di coincidenze.

Entrambe le storie sono un esempio della prima sfida che ci pongono le coincidenze: il segreto non è capire, ma sentire! Dovete abbandonare l’approccio razionale e im-parare semplicemente a credere. Non cercate una motiva-zione logica: non la troverete. Raccontate pure quanto vi è accaduto, ma ricordatevi fin da ora che ci saranno sempre persone pronte a smontare la magia.

Gli scettici, gli atei, tutti coloro che hanno paura dell’ignoto insisteranno nel dire che si tratta di un caso o di una suggestione.

Si sbagliano. È pura presunzione pensare che non esi-ste spiegazione solo perché noi non riusciamo a vederla. Nell’attimo magico in cui la coincidenza si verifica, tutto all’improvviso, incluso il pensiero, pare rispondere a un ordine misterioso e andare verso un’unica direzione. Se-guite quel flusso. Fidatevi. Il disegno è troppo grande e meraviglioso per poter essere compreso nella sua interezza.

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