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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale n. 3/4 - 2014 anno XXXX Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC Speciale Europa Europa: la fine di un mito?

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Bollettino ufficiale

dell’UNEBA

Unione Nazionale

Istituzioni e Iniziative

di Assistenza Sociale

n. 3/4 - 2014

anno XXXX

Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post.

70% - C/RM/DBC

SpecialeEuropaEuropa: la fine

di un mito?

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3 Europa tra mito e storia4 Europa: declino o speranza?7 L’Euro: ieri, oggi, domani9 Tre domande di un euroscettico11 “Fabbricare” la pace13 L’Unione Europea (Scheda di sintesi)16 Il diritto d’iniziativa dei cittadini europei19 Un modello di educazione europea21 Programmi di finanziamento UE 2014-202024 Quando l’Italia dava il tempo all’Europa

In copertina:Europa e il toro,raffigurazione su vasogreco (Museo diTarquinia).

In alto: Ratto di Europa, undipinto di Franco Murer.

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Questo numero di Nuova Proposta ha una fisio-nomia diversa, il suo contenuto è infatti pratica-

mente monotematico e lo abbiamo riservatoall’Europa.Alla fine del prossimo maggio quasi 400 milioni dicittadini di 28 Stati europei voteranno per eleggere ilParlamento della loro Unione e a noi sembra utileoffrire ai lettori qualche spunto di riflessione per ap-profondire il tema e così motivare meglio la propriascelta.Siamo in un momento di forte crisi e disorientamen-to che addiri t tura spingono i l dibat t i to finoall’alternativa “Europa si, Europa no”.Gli articoli che seguono vogliono fornire elementi diinformazione e di giudizio da estendere alla valuta-zione di tutte le persone che operano all’interno onell’orbita delle nostre comunità: adulti attoridell’evento elettorale, giovani e ragazzi che stannocostruendo la loro formazione e che possono già es-sere veicoli di argomenti informativi e quindi di co-noscenza e di dibattito.E’ ovvio e pressante l’invito a cogliere tutti i sus-

sidi che la politica e i media forniranno in vistadelle elezioni, le quali -pur se non del tutto al difuori delle logiche del sistema maggioritario, caroal triste “porcellum”, che possono penalizzare lerappresentanze minori - tuttavia si spera aprano al-la possibilità, e quindi alla responsabilità persona-le, di una scelta.In questa occasione, infatti, a decidere non saranno ipotentati finanziari (la troika, il Fondo monetario, lebanche centrali…) ma i cittadini, il cui voto puòaprire il Parlamento europeo a deputati credibili esbarrarne l’accesso a rappresentanti che di onorevolepossiedono l’appellativo ma non la struttura cultura-le ed etica: entrambe necessarie per appartenere a unorgano che ha il potere di assecondare o censurarel’operato della Commissione. Non c’è enfasi né utopia se diciamo che –continuato-ri dell’opera di Alcide De Gasperi e di Altiero Spi-nelli, già protagonisti dell’idea e dei processi diun’Europa Unita- possiamo incidere sul futuro di“colei che ha grandi occhi”, figlia di Fenice “il ros-so” e di Telefassa “dal volto bianco”. GP. M.

Mitica Europa:colei che hagrandi occhi

SOMMARIO

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Il nome che è stato dato all’Europa dagli antichigreci deriverebbe dal vocabolo semitico Ereb che

significa “occidente”, ma altri studiosi segnalano unpoetico appellativo di Zeus-Giove: Ariopè (occhiolungimirante). Nei miti greci troviamo una ninfa ma-rina che si chiama Europa e una principessa feniciadallo stesso nome.

Due miti dai quali ricaviamo le caratteristiche princi-pali del nostro continente. Il primo segnala chel’Europa è i l continente più acquatico del mondoavendo il rapporto di 1 km di costa per 289 kmq diterra e un fitto sistema di fiumi, e questo vuol dire fa-cili comunicazioni via acqua per i contatti fra le di-verse regioni e per gli scambi commerciali e culturalifra i popoli.Il secondo mito può illuminare le origini della cultu-ra europea. Narra di una principessa figlia del re di Ti-ro o di Sidone, chiamata appunto Europa, che, men-tre giocava sulla spiaggia del Mediterraneo insiemealle compagne fu ammirata da Giove. Questi, solitoad infiammarsi d’amore, discese sotto forma di un to-ro bianco, abbagliante nel suo candore, e si stese aipiedi della fanciulla. Era bellissimo, Europa iniziò adaccarezzarlo e, vista la sua docilità, si sedette sullagroppa. Subitaneamente, l’animale fece un balzoverso il mare e si alzò in volo verso nordovest, por-tando la ragazza sull’isola di Creta. Qui si rivelò la vera natura di Zeus che, dopo vari ten-tativi, sedusse la fanciulla. Ne nacquero dei figli, fra iquali Minosse, mitologico re e ispiratore della ci-viltà cretese. Apro una parentesi per dire che le nu-merose avventure amorose attribuite al re degli dèieran o un mo do di n arrare, at t rav ers o i l mi t o ,l’origine divina di energie e di idee che animavano lastoria umana.

Il mito della fanciulla Europa abbagliata dallo splen-dore del dio s i mbo l eg g i a l a nas ci ta del l a c i -v i l tà del no s tro co nti nente grazie al “rapimen-to” di apporti asiatici; infatti storicamente possiamodire che molte idee, invenzioni, conoscenze hannoavuto una provenienza asiatica, sono approdate sullecoste mediterranee e giunte in un’Europa ancora arre-t rat a. Un es emp i o s u t ut t i è l ’i n v en zi o n edell’alfabeto, creato proprio dai Fenici, diffuso dai

Cretesi, perfezionato dai Greci e daiLatini: popoli diversi che capironol’utilità di esprimersi non con gero-glifici e simboli che rappresentanocose o idee ma con le lettere che rive-lano il suono delle parole. Accadde lostesso quando dall’impero persiano

giunsero nell’antica Roma le coltivazioni di nuovifrutti, e nel Medioevo gli Arabi non solo portaronolo zucchero e diffusero gli agrumi ma allargarono gliorizzonti del pensiero con i loro filosofi e sapienti.

Dall’inizio narrato dal mito nacque una civiltà nellaquale i Greci hanno esaltato il pensiero umano, labellezza dell’arte e la democrazia, i Ro mani hannoapportato il concetto di diritto, l’organizzazione sta-tale e una lingua universale, e i l cri s t i anes i mo(nato nel vicino Oriente asiatico) annunciò il valoredi ogni persona nell’amore di Dio.Lo storico Bernard Voyenne pone una domanda e neoffre la risposta: “L’Europa sarebbe soltanto un con-tinente dello spirito? Porsi la questione vuol dire ri-spondervi: l’Europa non è un continente, è un’idea ouna coscienza”. In altre parole, gli europei sono ca-ratterizzati soprattutto da un tipo di cultura, di civiltàe di concezione della persona. Nella confinante Asiaprevalgono le masse, nel nostro continente prevalel’individuo.

Non è inutile, questo excursus storico, anzi si avvici-na alla nostra vita fi no a to ccare l ’attual i tà. Ab-biamo ricevuto dall’Asia l’esempio di grandi figureumane, da Gandhi ai poeti Tagore indiano e KhalilGibran libanese, ai ragazzi Ibnal Kasik e Malala, am-bedue nati nel tormentato Pakistan, il primo uccisoper aver sollevato il problema del lavoro minorile,la seconda ferita per aver difeso il diritto delle ragaz-ze di andare a scuola; citiamo alcune sue parole pro-nunciate all’ONU, a New York: “Un bambino, un in-segnante, un libro, una penna possono cambiare ilmondo”.Finito il tempo in cui l’Europa prima e poi il Norda-merica si consideravano al centro del pianeta, oggiriemerge la centralità dell’Asia.

Da un lato, il mito c’invita a pensare quanto l’Asia in-fluisca sulla vita di tutti: l’Islam bussa alla nostra por-ta, le merci cinesi dilagano in molti settori, i popolimigrano verso occidente, le civiltà s’incontrano, siscontrano e si compenetrano, i nostri soldati si sacri-ficano in Paesi orientali. Dall’altro lato, il nostro mo-dello di democrazia stenta a diffondersi in molti Paesi,né siamo in grado di proporre soluzioni diverse, e sot-to la febbre consumista e materialistica vacillano pro-prio i valori della civiltà europea: volgarità invece dibellezza, massificazione indotta dai media contro ori-ginalità e creatività, disprezzo della legge, antieuro-peismo acchiappascontenti.

Ritorniamo alle nostre radici per ritrovare noi stessi.

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Europa tra mito e storiadi Domenico Volpi

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L’educatore non si lascia condizionare dai fa-cili slogans. Egli cerca sempre di “inter-ro-

garsi” nel senso etimologico del verbo che si-gnifica instaurare una sospensione, immettereuna pausa, fermarsi per comprendere. L’educatorenon si accontenta di trasmettere delle notizie, didare risposte lette sui manuali o su internet. Egliè chiamato a porre e a risolvere i problemi, a sti-molarli con la sua sapienza. Egli incoraggia,sprona, fa riflettere, analizza più che sintetizza-re. In una parola: contribuisce a sviluppare “unatesta ben fatta, piuttosto che una testa piena” se-condo un’espressione di Montaigne. Contro losfascio del facile e pericoloso populismo,l’educatore invita a comprendere razionalmente ea convincere con le idee per sviluppare nei gio-vani la capacità di ragionare e di distinguere,premessa fondamentale dell’onestà verso gli al-tri e se stessi.

Non si può comprendere l’Europa d’oggi senon si conosce la sua storia e i suoi motivi

fondanti. E’ nel legame con il passato che c’è laproiezione verso il futuro, è nella conoscenzadell’origine dell’Unione Europea che si trova ildinamismo per l’oggi, è dalle radici che si assor-be la linfa vitale per l’avvenire. Il ricordo non èun relitto del passato, ma una pienezza del pre-sente.

Gli storici indicano come data di inizio delprocesso di unificazione europea il 9 mag-

gio 1950. La seconda guerra mondiale era termi-nata da cinque anni: le macerie erano ancora fu-manti; la situazione economica al collasso; ibombardamenti avevano reso inutilizzabili stra-de, ponti, ferrovie; nelle famiglie si piangevanoi padri, i fratelli, i figli morti in una guerra fratri-cida.Quel giorno, il Ministro degli esteri franceseRobert Schuman annunciò alla stampa di tuttoil mondo, convocata frettolosamente nellaSala dell’Orologio del Quai d’Orsay, la propo-sta, suggeritagli dal genio di Jean Monnet,d’istituire un organismo sovranazionale ed in-dipendente “per mettere in comune”, fra tutti iPaesi che vi avrebbero aderito, il carbone el’acciaio, allora materie prime per l’industriabellica e di cui i sottosuoli di alcune regionifrancesi e tedesche erano ricche. La lotta per illoro possesso era stata causa della guerra fran-

di Edoardo Zin*

Un noto sociologo italiano ha definito lagioventù d’oggi come “generazione – sen-

za” (senza padri, senza famiglia, senza lavoro,senza futuro...). Concordiamo con chi descrivequesta analisi. Sappiamo anche che i giovanid’oggi non possono coltivare la speranza delfuturo perché hanno perso il senso della realtàin quanto i modelli che la società e la culturad’oggi propongono loro sono fittizi e conduco-no ad un’omologazione dello stile di vita.Non possiamo, al contrario, condividere larassegnazione e il disimpegno di tanti educa-tori (genitori, insegnanti, dirigenti di asso-ciazioni e di movimenti, dirigenti sportivi,animatori di comunità...), i quali, anziché ri-trovare nell’omologazione giovanile motiviper rinnovare la loro passione educativa, siadagiano sul “così – fan – tutti”, “non – c’è –più – niente – da – fare”. Sono, costoro, che,invece di creare dei “sistemi ponti” che porti-no il giovane a comprendere criticamente larealtà e ad interiorizzarla, abdicano al lororuolo e non condividono con lui speranze edattese. Sono “educatori” che non credono piùal loro compito morale e contribuiscono acreare giovani senza desideri. E dove manca ildesiderio manca la speranza, che non può es-sere solo di natura economica, ma anche idea-le. Infatti, il solo sviluppo economico non èil fine della società, ma una conseguenza diuna società coesa in un sistema di valori co-muni e in un’etica che li orienta e li guida.

Oggi si parla spesso d’Europa con uno spregiodell’opera già compiuta. L’euro è diventato la

fonte di tutti i mali: dei prezzi al consumo che au-mentano, della disoccupazione specie giovanile,della povertà che si allarga sempre di più. Il Pattodi Stabilità imposto dall’Europa, con il conse-guente rigore di bilancio, obbliga Stati, Regionie Comuni a non utilizzare risorse che possiedono.Aumentano i localismi, gli egoismi nazionali,spesso la xenofobia. Quanto di vero o di errato cisia in queste affermazioni cercherò di dimostrarlocon le riflessioni che seguono, frutto dellatestimonianza di un modesto protagonistach e h a v i s s ut o da v i ci n o i l p ro ces s od’integrazione europea.

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Europa: declinoo speranza?

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co-prussiana e di due guerre mondiali.Il giorno precedente, Schuman aveva inviatoa Bonn due fidat i ss imi col laboratori perpreavvertire della sua iniziativa il cancellieretedesco Adenauer. Occorreva, prima di dareinizio ad una comunità sovranazionale, spia-nare il terreno ed assicurarsi che il nemico se-colare accettasse la proposta francese. Mainella storia era avvenuto che il vincitore ten-desse la mano al vinto per assicurare una paceduratura. Quel gesto significava la riconcilia-zione tra due Paesi storicamente nemici. Eraun segno di perdono che Schuman derivavadalla sua profonda fede cristiana. Esprimevaanche la volontà di vivere insieme e di asso-ciare a quel progetto altri Paesi che avesserovoluto aderire.

Pace, s o l i dari età, s v i l uppo eco no mi -co , s o v ranazi o nal i tà sono quattro parole-chiave su cui si è stabil i ta la costruzionedell’Europa e su cui iniziò la prima comunitàeuropea: la C.E.C.A. (Comunità Europea delCarbone e dell’Acciaio).All’appello di Schuman aderirono, oltre alcancelliere tedesco Adenauer, l’italiano AlcideDe Gasperi, l’olandese Paul Van Zeeland, ilbelga Henry Spaak e il lussemburghese Jo-seph Belch.

La pace , dunque, era il fine dell’Europaunita. Essa in questi ultimi sessant’anni è

s tata ass icurata al l ’in terno del l ’Unione.L’allargamento verso i Paesi dell’est, un tem-po dominati dalla dittatura sovietica, ha per-messo in quei territori l’ampliamento della de-mocrazia, uno dei pilastri della pace. È accre-sciuta nei cittadini di quei Paesi l’idea che lapace non può essere difesa senza l’unità, purnella pluralità, nella compresenza di diversitàe di elementi comuni.Ma in Europa abbiamo assistito, purtroppo, al-la terribile guerra dei Balcani, nella qualel’Unione Europea (allora Comunità) segnò unodei momenti più intricati della sua pur breve sto-ria, permettendo a truppe di un paese membro,

associate sotto l’egida della NATO e dell’ONU,di tollerare il massacro di Sebrenizka.

La pace è stata ottenuta grazie a real i z-z az i o n i c o n c re t e . I padri fondatori

preferirono concentrarsi sulle cose concretepiuttosto che sui grandi progetti del domanie del dopodomani: è i l cosiddetto metodofunzionalista-pragmatico caro a Jean Mon-net. Con i Trattati di Roma (1957) la Comu-nità diventò “economica” con la progressi-va libera circolazione al suo interno dellemerci, delle persone e dei capitali. Tentò,senza riuscirci, di diventare Comunità “didifesa” (1953/54). Si trasformò a Maastri-cht (dicembre 1991) in “Unione Europea”.Nel frattempo, i Paesi membri da 6 divenne-ro 9, poi 10, quindi 12, successivamente15. Nel 2004 erano 25, nel 2007 divennero27 ed ora sono 28.I Trattati di Roma furono riformati con l’AttoUnico Europeo (1986), con il Trattato di Am-sterdam (1997), di Nizza (2000). Con il Trat-tato di Lisbona (2007) entrò in vigore i lnuovo Trattato di riforma, dopo il fallimentodelle ratifiche del Trattato Costituzionale(2004) da parte dei parlamenti di Francia ePaesi Bassi.

La Comunità dapprima e l’Unione successiva-mente hanno lavorato per contrastare i dise-quilibri tra regioni sviluppate e sottosvilup-pate, hanno combattuto il degrado ambientalee le minacce del clima, hanno aiutato i Paesimembri a dotarsi di politiche per le energierinnovabili. È stata poi enunciata, scritta neiTrattati, e lentamente attuata la sicurezza in-terna soprattutto contro i l terrorismo, unmaggior coordinamento nella politica estera enelle questioni di giustizia.Nel 1951 la competenza della CECA era limi-tata al carbone e all’acciaio; estendendosi poial mercato ha incluso la moneta. È di questiultimi mesi l’avvio dell’Unione bancaria, ilpiù rilevante trasferimento di sovranità dallacreazi o n e del l a mo n et a un i ca. Co nl’instabilità dei mercati, l’ascesa del Conti-nente asiatico e del Brasile e la globalizzazio-ne, l’Europa si è trovata a combattere controle sue scarse competenze e contemporanea-mente l’indebolimento degli Stati membri.

Tutte queste real i zzazi o ni co ncrete hannocreato certamente un eccesso di euro-burocra-zia, di iper-regolamentazione, ma ciò non è daimputare all’Europa, bensì ai governi nazio-nali: un po’ più di sovranità nazionale cedutaall’Unione sarebbe servita a costruire una so-vranità comune più forte perché più coesa.

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Shuman, De Gas p eri ,Adenauer.

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pressappoco con le commissioni presieduteda Jacques Delors e Romano Prodi, in cui glisforzi miravano a istituire una struttura so-vranazionale governata dal principio di sus-sidiarietà e che delegava alle istituzioni co-mun i t ari e al cune competenze nazional i(aspetto federalista).Ques ta fo rma d’Euro pa è co mpi uta s o -l o i n parte; infatti la Commissione euro-p ea i n carn a s ì l ’i n t eres s e co mun edell’Unione, non si sottomette ad alcuna di-rettiva di questo o di quello Stato, esegue leleggi dell’Unione, ma esse sono oggetto dilunghe trattative nel Consiglio Europeo onel Consiglio dei Ministri, do v e g l i Statipi ù fo rti ri es co no ad i mpo rre l a pro -pri a v o l o ntà. In poche parole, sono alcunigoverni nazionali a decidere e a rifiutare le li-mitazioni della loro sovranità. Mancandoun’uni tà po l i ti ca, o g g i l ’Euro pa no ns i s a co s a s i a: una confederazione su mo-dello di quella elvetica? una federazione sumo del l o di quel l a deg l i St at i Un i t i ?un’unione inter-governativa?

Ci sono Paesi che sostengono con coerenzaun rafforzamento dei poteri dell’Unione, al-

tri che contrastano tale rafforzamento, altri an-cora che sono timidi e titubanti.L’Euro pa è i nco mpi uta. La moneta unica,anziché essere strumento di convergenza delleeconomie dei Paesi dell’eurogruppo, ha creatouna situazione di profonda divergenza. Occor-re ri p ren dere i l cammi n o del l e o ri g i n i .L’Europa “ha bisogno di un’anima” – direbbeBergson. Robert Schuman in un discorso pro-nunciato all’Università di San Gallo il 9 feb-braio 1953 disse: “E’ nel bene comune euro-peo [che] si mescolano tutti i beni particolari;si serve ciascuno di essi nella misura in cui siserve l’insieme, e reciprocamente”. La solida-rietà esige da parte degli Stati che sono in unaposizione di maggior forza di rinunciare a par-te delle proprie prerogative per sostenere chiè più svantaggiato.

Un’Unione Europea che trova solo nei mercatiil suo unico collante è destinata a fallire. Latragedia può essere ancora evitata se l’Europasarà capace di ritrovare il vigore morale diSchuman, Adenauer, De Gasperi, Spinelli ,Spaak, Kohl, Delors e altri ancora. Gl i edu-cato ri hanno i l co mpi to di s ti mo l arel a ri fl es s i o ne cri ti ca dei g i o v ani e dipresentare a loro gli ideali europei come unasperanza, una promessa, una responsabilità,una necessità.

*Vice Presidente dell’Istituto Robert Schuman

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Con queste realizzazioni i padri fondatori in-tendevano creare una s o l i dari età di fat-

to . Schuman, De Gasperi e Adenauer, promo-tori del solidarismo cristiano, pensavano adun’Europa senza paure e senza ingiustizie.Nella Comunità desideravano la condivisionedei beni. Col tempo, mentre nelle società eu-ropee subentrò l’idea della felicità che inten-devano far coincidere col consumismo, neigoverni nazionali la solidarietà venne rim-piazzata da uno sfrenato liberismo e da unasmoderata finanza. La solidarietà è “fonda-mento e v ia per la pace”, come afferma PapaFrancesco nel suo messaggio per la Giornatadella Pace di quest’anno.

Il solidarismo europeo si logorò gradualmentequando il primo ministro britannico Tatcher ri-vendicò il principio dell’uguaglianza nel dare enel ricevere dalla Comunità da parte di ogni Sta-to, si bloccò del tutto con la riunificazione tede-sca, la caduta dell’impero sovietico e il conse-guente venir meno dell’agire dell’egemoniaamericana. Alcuni Stati membri, con prepoten-za e ipocrisia, trovarono comodo rivendicare isuccessi come loro meriti e i fallimenti comecolpa dell’Europa. Altri governi accusaronol’Europa di scarsa democrazia e di contribuire aridurre l’identità nazionale. Nacquero i partico-larismi, i localismi (“prima di tutto la nazio-ne!”), l’euroscetticismo (“l’Europa è un crimi-ne”). La disistima verso l’Europa era guidataproprio da quei paesi che, col loro malgovernoe con i loro ritardi nel rispettare i Trattati, ave-vano cont ribui to a rendere incompiutal’Unione. Nel momento in cui occorreva corag-gio per passare dalla fase economica a quellapolitica, alcuni Stati membri si dimostraronotimidi, se non paurosi. La sol idarietà, valoregrande ed esaltante, si fece piccola e timorosaper meschini affari di bottega. L’Europa solida-le restò bloccata alla fase economica.

Nelle intenzioni dei padri fondatori pace,re al i z z az i o n i c o n c re t e , s o l i da-

ri età, si sarebbero raggiunti attraverso la so -vranazional i tà che diveniva bene comune efonte di unione. Questo progetto entrò subitoin crisi. Dapprima fu il generale De Gaulle chevedeva nella comunità solo un’unione vacil-lante di nazioni (“l’Europa delle nazioni”) chelimitava il ruolo delle istituzioni comuni alsemplice coordinamento delle azioni degliStati membri (aspetto confederale).Co l t emp o , s i accen t uò s emp re di p i ùl’aspetto inter-governativo, dove a deciderenon era più un’autorità indipendente e sovra-na come nel caso della CECA. A questo pe-riodo ne subentrò un al t ro , che coincise

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di Carlo Santini *

“Cosa offriamo ai giovani delusi dalleguerre, dai regimi crollati misera-

mente? Quale idea migliore se non il supe-ramento degli interessi nazionali nella fra-ternità dei popoli europei uniti in una solaPatria?” Così si esprimeva nell’immediatodopoguerra, in un’Europa distrutta material-mente e moralmente, Alcide De Gasperi,che guidò l’Italia negli anni della ricostru-zione post-bellica. Con altri grandi statistieuropei, ebbe l’intuizione storica che il fu-turo del Vecchio Continente sarebbe statopacifico e avrebbe garantito ai suoi cittadinibenessere e prosperità solo se fossero statidefinitivamente superati gli egoismi nazio-nali e se fosse stato intrapreso un camminodi unificazione liberamente scelta.

Nel 1957 nasce a Roma la Comunità eco-nomica europea, CEE. Inizia così un lungocammino, seguito dalla firma di altri Tratta-ti, che, con un approccio di graduale avan-zamento, individuano aree crescenti di re-sponsabilità e di rapporti economici, socia-li, istituzionali, politici, che passano dallasovranità nazionale a quella congiunta, so-vranazionale.Gradualmente, i Paesi aderenti all’Unioneeuropea, UE, formano un’area nella quale lefrontiere sono abolite ed è garantita la liberacircolazione di merci, servizi, capitali, per-sone. Il successo del progetto europeo spin-ge numerosi Paesi ad aderirvi. Ed è così cheai sei Paesi fondatori della CEE altri se ne

aggiungono nel corso degli anni, fino ai 28attuali.Il cammino dell’UE è a volte lento, altre èsegnato da battute d’arresto. Non sono man-cate fasi critiche che, lungi dal provocare ar-retramenti, hanno offerto alla classe politicaeuropea più avveduta lo spunto per ripren-dere con maggior vigore il processo di uni-ficazione.

Una di queste crisi investì l’UE nel 1992-93. Essa, particolarmente violenta in Italia,scardinò il sistema che regolava i rapportidi cambio delle monete dei Paesi membri eminacciò di annullare, prima ancora che en-trasse in vigore, un importante Trattato fir-mato a Maastricht, in Olanda, nel febbraio1992, che prevedeva, fra l ’al t ro,l’introduzione della moneta unica europea,l’euro . Ma i Paesi europei, di fronte al ri-schio di vedere vanificato il lavoro di 45 an-ni per l’unificazione europea, serrarono iranghi, ripresero in mano l’iniziativa e av-viarono il progetto di una moneta unica eu-ropea, l’euro, appunto. A giugno 1998 fucostituita la Banca centrale europea, con ilcompito di fare dell’euro una moneta stabi-le, non corrosa dall’inflazione. A gennaio1999 vide la luce l’euro; a gennaio 2002iniziò la sostituzione delle banconote e del-le monete metalliche nazionali con banco-note e monete denominate in euro. In Italia,le lire sono convertite in euro al cambio dilire 1.936,27 per un euro. I Paesi che adot-

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L’EURO: ieri,oggi, domani

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menti che introdussero l’euro, quanto piut-tosto ai Governi, ai Parlamenti che si sonoarenati dopo la nascita dell’euro e non han-no completato il disegno creando un “go-verno” europeo delle economie.

I Paesi dell’area dell’euro sono a un bivio;non possono restare fermi e sperare che iproblemi si risolvano da soli. L’alternativaè fra regredire o consolidare il governodell’euro e, più in generale, della stessaUnione europea.Regredire può voler dire il ritorno di uno opiù Paesi alle monete nazionali o, più pro-babilmente, la scomparsa stessa dell’euro.E’ difficile delineare lo scenario nel qualequesto regresso avverrebbe. La dimensionedelle economie coinvolte, l’ampiezza delleloro relazioni internazionali economiche efinanziarie, le incertezze che l’eventualeprogetto susciterebbe fin dalla sua appari-zione anche solo come ipotesi di studio,fanno temere l’insorgere di aspri conflitti,di forti tensioni, di altrettanto forti specula-zioni. Ne sarebbero travolti, in primo luo-go, i Paesi più fragili. Non è azzardato im-maginare che l’Italia sarebbe fra questi. Neuscirebbe travolto lo storico progetto diunificazione europea, perseguito dalla finedella seconda guerra mondiale.

Il secondo aspetto dell’alternativa è andareavanti. Occorre l’impegno dei Parlamenti,dei Governi, della società civile, di tutti icittadini, per trovare un giusto equilibrio frail risanamento finanziario dei singoli Paesie la ripresa duratura della crescita economicae dell’occupazione. Occorre l ’impegnoperché si al larghi l ’area di sovranitànazionale che viene devoluta a for-me di governo europeo, attraversoprocedure di control l o democrati coche facciano sent ire l ’Europa nonun’astratta e distante costruzione, ma la ca-sa comune dei cittadini europei.

I Governi dei Paesi dell’area dell’euro sonoimpegnati attualmente in iniziative chevanno in questa direzione, sia pure fra esita-zioni e diversità di vedute. Solo quandoavranno progredito si potrà ritenere superatal’attuale fase critica della moneta europea esi prospetterà per l’Europa, in un mondodove si va affermando un nucleo di grandiprotagonisti, un ruolo degno della sua sto-ria, della sua cultura, dei suoi valori, dellasua forza e vitalità economica.

(*) già Funzionario Generaledella Banca d’Italia

tarono l’euro furono inizialmente 11; sonoattualmente 18.

Nella visione dei Paesi che aderisconoall’euro, l’unificazione monetaria rafforzal’Europa come mercato unificato, allargan-do le opportunità di commerciare, di inve-stire, di muoversi per motivi di studio, diturismo, di lavoro. Segna un grande passoavanti verso l’obiettivo finale di Unioneeuropea coesa non solo sotto l’aspetto eco-nomico, ma anche sotto quello socio-poli-tico. Gli Stati membri si impegnano a ge-stire le finanze pubbliche accettando unacomune disciplina e a seguire politiche eco-nomiche tendenti a rafforzare la competiti-vità delle rispettive economie.Storicamente, la moneta è sempre stataespressione di uno Stato nazionale, sovra-no, che è il garante ultimo della sua bontà.Quanto più uno Stato è stabile e forte, sulpiano economico e politico, tanto maggio-re è la fiducia che non solo i suoi cittadinima anche gli stranieri hanno nella monetaemessa da quello Stato.Sotto questo profilo, l’area dell’euro da vitaad un progetto fortemente innovativo: quel-lo di dotare numerosi Paesi di una monetacomune. Il Paese che sceglie l’euro par-tecipa, sotto l’aspetto monetario, aduna Federazione; ma resta uno Statosovrano, sia pure con numerosi limiti,per quanto riguarda, ad esempio, la po-litica fiscale e di bilancio, la giusti -zia, la pol i tica estera e di s icurezza.

Questi peculiari connotati istituzionali hannoindotto, fin dall’inizio, molti commentatori aritenere che l’euro non sarebbe sopravvissutoa lungo; prima o poi sarebbe sopraggiuntauna fase critica che avrebbe fatto saltare il si-stema. Coloro i quali, uomini politici, eco-nomisti, autorità monetarie, avevano proget-tato e realizzato l’euro non erano certamentedegli sprovveduti. Erano ben consapevoli chei dubbi espressi da taluni sulla vitalità dellamoneta unica avevano un fondamento. Maproprio per questo vedevano nell’introduzionedell’euro non un punto di arrivo ma uno dipartenza per ulteriori progressi nel processo diunificazione europea.

La crisi mondiale, iniziata nel 2007 negliS tat i Unit i , ha messo in evidenza,dall’estate 2010, l’incompiutezza del pro-getto europeo, la difficoltà di gestire unamoneta in assenza di un potere politico so-lido. La crisi che stiamo vivendo non è tan-to un atto di accusa ai Governi e ai Parla-

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Il 3 1 di cemb re 1 9 9 8 fu fi s s at o i lv al o re del l ’euro ri s p et t o al l e mo -net e p art eci p ant i . Per l ’It al i a i lcamb i o di co nv ers i o ne fu di l i re1 . 9 3 6 , 2 7 p er un euro . In It al i a, i lmercat o dei b eni e dei s erv i z i s ico mp o rt ò co me s e un euro v al es s e1 . 0 0 0 l i re, det ermi nando , di fat -t o , i l raddo p p i o dei p rez z i . Co memai c i ò fu p o s s i b i l e? E’ anco rap o s s i b i l e una co rrez i o ne? Co meandaro no l e co s e neg l i al t ri Paes idel l ’area del l ’euro ?Ricordo innanzitutto che il tasso di conver-sione in euro di tutte le monete partecipantiavvenne sulla base del valore delle moneteespresso dal mercato in ternazionale deicambi. La legge 17-12-1997, n.433 avevadefinito il principio della “neutralità delpassaggio all’euro” e conferito delega alGoverno perché fosse agevolato il passag-gio dalla lira all’euro, senza ingiustificatiaumenti dei prezzi. Nonostante queste pre-cauzioni e vasti interventi amministrativi alivello centrale e periferico, si registraronocasi di aumento ingiustificato dei prezzi,concentrato nel piccolo commercio, in al-cuni servizi e libere professioni dove era, altempo stesso, meno agevole esercitare unavigilanza e più facile sfruttare una “renditadi posizione” per l’assenza di forme di con-correnza. Giocò forse a sfavore dell’Italia(simili fenomeni si ebbero anche in altriPaesi, ma in misura più attenuata) il minoresenso civico che, come molte indagini so-ciologiche hanno evidenziato, caratterizzastoricamente il nostro Paese nel confrontointernazionale.In ogni caso si rimase ben lontani dal la-mentato raddoppio generalizzato dei prezzi:se s i fosse davvero veri ficato, i l potered’acquisto dei cittadini si sarebbe dimezzatocon disastrose conseguenze economiche esociali, che certamente non si ebbero.Nel primo decennio dell’euro, dal 1999 al2008, l’inflazione media annua nell’areadell’euro fu del 2,1%; in Italia fu solo di pocopiù alta, 2,3% (il che equivale ad un aumentodei prezzi del 25% circa in dieci anni). La va-

riazione media dei prezzi ingloba, spesso,ampie variazioni nei due sensi dei prezzi didiverse categorie di prodotti e di servizi. In-dagini sociologiche e demoscopiche hannodimostrato che in questi casi il cittadino ten-de a estendere a tutti i prezzi gli aumenti cheriguardano solo alcuni beni o servizi, soprat-tutto se di frequente consumo (il pane, unatazzina di caffè…). Analoga estrapolazionenon viene invece effettuata in caso di prezziin flessione. Si ha cioè una differenza, chepuò essere anche rilevante, fra inflazione ef-fettiva e inflazione percepita. Ad esempio,nei primi cinque anni di circolazione dellebanconote in euro, i prezzi dei prodotti te-lefonico-informatici si ridussero in Italia del25% circa; per converso, i prezzi degli alber-ghi e dei ristoranti nonché quelli dei trasportiaumentarono di oltre il 20%.Alcuni commentatori avanzarono dubbi sul-l a b o n t à del l e i n fo rmazi o n i di v ul g at edall’ISTAT, il nostro Istituto di statistica.Si tratta di dubbi che vanno decisamente re-spinti, sulla base dell’indipendenza e del ri-gore scientifico che caratterizzano da sem-pre il lavoro dell’ISTAT, come pure quellodegli altri Istituti europei.A 15 anni di dis tanza dal l ’in t roduzionedell’euro, i prezzi dei beni e dei servizi sonooggi, come di regola, soltanto il frutto dellecomplesse interrelazioni fra domanda e of-ferta, del grado di concorrenza interna e in-ternazionale, degli avanzamenti tecnologi-ci. E saranno questi i fattori che determine-ranno anche il futuro andamento dei prezzidei beni e dei servizi.

E’ v ero che i v i nco l i i mp o s t i ag l iS t a t i de l l ’ Un i o n e e uro p e a dalTrat t at o di M aas t ri c h t ( ad e s . :no n s up erament o del l a s o g l i a del3 % de l rap p o rt o f ra di s av an z op ub b l i co e p ro do t t o i nt erno l o r-do , PIL) s o no una p al l a al p i edep er l e eco no mi e deg l i s t es s i St at i(e qui ndi anche p er l a l o ro p o s s i -b i l i t à di co mb at t ere effi cacemen-t e l ’at t ual e cri s i eco no mi ca) ?Storicamente, l a moneta è sempre s t at a

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Tre domandedi un euroscettico

Le risposte sono del dottor Carlo Santini

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perché esse non emergessero?Quando fu fissata la regola del 3%, si pensòche i Paesi avrebbero dovuto, nel la fasies p an s i v e del l ’eco n o mi a, t en dereall’equilibrio di bilancio, creandosi così unmargine di 3 punti percentuali di PIL per at-t uare i n t erv en t i fi s cal i di s t i mo l odell’economia nelle fasi recessive. In realtàciò non fu fatto quasi da nessun Paese, nem-meno quando le condizioni economiche ge-nerali lo avrebbero consentito. La crisi hacolto i Paesi privi di margini di manovra.Attualmente, i Governi dei Paesi dell’areadell’euro sono impegnati nell’individuareinterventi di stimolo della ripresa economi-ca che non mettano in dubbio la soliditàdelle finanze pubbliche nel medio termine.Occorre pazienza; occorre individuare glispazi per riforme non costose in termini difinanza pubbl ica (l e cos iddet te ri fo rmestrutturali, dalla giustizia agli snellimentidella burocrazia, delle quali tanto si parla).Tutti, ma soprattutto i Paesi che hanno alleloro spalle una storia di carente disciplina,sono impegnati a consolidare la fiducia re-ciproca (non c’è spazio nell’area dell’europer i “free rider”!). Solo a quel punto, lacooperazione intereuropea potrà dispiegarsiappieno e avere successo.

Qual e è un di f e t t o che l ’UE do -v reb b e ri muo v ere da s e s t es s a p erraffo rz are i l p ro p ri o cammi no ?I più avveduti fra gli uomini politici, glieconomisti, i commentatori, hanno avutochiarissimo fin dall’inizio che il passaggioall’euro non doveva essere visto come unpunto di arrivo, bensì di partenza.Proprio per le brevi considerazioni che hosvolto nella precedente risposta, l’Unioneeuro p ea (o meg l i o , i Paes i del l ’areadell’euro) devono procedere sul cammino diforme più stringenti di unione politica por-tando con la opportuna gradualità aree cre-scenti di governo economico sotto la re-sponsabilità congiunta. Gli attuali sviluppiper un’Unione bancaria, che comportano iltrasferimento della vigilanza bancaria dalleautorità nazionali alla Banca centrale euro-pea, vanno in questa direzione. Più com-plessi, più ardui e, quindi, più lenti, ma nonmeno necessari, sono i progressi verso unapiù completa “governance” economica.E’ su questo punto che si gioca i l futurodell’euro e, credo, dello stesso progetto diuna Unione europea, al quale è da ultimo le-gato il ruolo che l’Europa potrà avere in unmondo multipolare, con attori sempre piùnumerosi e importanti.

emessa da Stati sovrani, in grado di gestirlafacendo ricorso a tutti gli strumenti dellapolitica economica. Per sua natura, la mone-ta può essere considerata l’espressione ulti-ma della potenza politica ed economica diuno Stato, nonché della sua disciplina e delsuo equilibrio finanziario interno ed ester-no. Queste condizioni spiegano, ad esem-pio, il ruolo egemone della sterlina britan-nica fino alla prima guerra mondiale e quellodel dollaro americano dopo la seconda guer-ra (ruolo oggi messo da molti in dubbio,proprio a causa dei crescenti squilibri finan-ziari degli Stati Uniti). Al contrario, essespiegano la polverizzazione del valore dellemonete di molti Paesi dell’America latinanegli Anni 80 del 900, o, per restare a Paesia noi più vicini, del dinaro jugoslavo, delrublo russo e della lira turca.L’Europa ha compiuto un’operazione deltutto nuova: si è data una moneta unica purconservando i singoli Paesi la loro sovra-nità nazionale. Lo ha fatto nel quadro dellostorico progetto, iniziato alla fine del se-condo conflitto mondiale, di procedere ver-so una sempre più stretta Unione europea.Fin dall’inizio si è trattato, e si tratta tutto-ra, di trovare un assetto istituzionale capacedi far convivere una sovranità e una politicamonetarie di stampo federale con altre poli-tiche, in primo luogo fiscali e di bilancio,ancora ampiamente di carattere nazionale.I vincoli del Trattato di Maastricht nasco-no per imporre a tut t i i Paes i del l ’areadell’euro un solido equilibrio economico efinanziario, evitando il rischio che qual-che Paese si comporti in modo indiscipli-nato, sicuro di “scaricare” le conseguenzedel suo operato su tutta l’area (è il compor-tamento del “free rider”, di colui cioè cheviaggia “a sbafo” sui mezzi di trasportopubblici, aggravando il costo del servizioa carico dei viaggiatori onesti). In politi-ca e in analisi economica, il conflitto trach i s o s t i en e l a n eces s i t à di v i n co l arel’azione dei Governi con rigide regole dicomportamento e chi propugna invece lapiù ampia discrezionalità è sempre stato,ed è tuttora, molto vivace. Come spessoavviene, la virtù sta nel mezzo. L’enormedeb i t o pubb l i co che so ffoca da t empol’economia italiana non è forse il risultatodi decenni di politiche fiscali e di bilanciocondotte al di fuori di ogni regola di equi-l ibrio e di compatibil i tà economica? Cisono forse delle responsabilità dell’euro?Il recen te dramma greco non nasce an-ch’esso da pol i t iche fiscal i dissennate,con l’aggravante di aver truccato i bilanci

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di G. Paolo Manganozzi

…E LA PACE SIA“Convint i che l ’Europa, ormai unifi -cata dopo esperienze dolorose, inten-de avanzare sul l a v i a del l a ci v i l t à,del progresso e del la prosperi t à peri l bene di tut t i i suoi abi tant i , com-pres i i più debol i e bi sognosi ; chevuol e res t are un cont i nen t e apert oal la cul tura, al sapere e al progressosociale; che desidera approfondire i lcarat t ere dem ocrat i co e t rasparen t edel la vi ta pubbl ica e operare a favoredel la pace, del la giust izia e del la so-l i dari et à nel m ondo…” (Pream bol oal la Parte I del la Cost i tuzione).

“La politica di sicurezza e di difesa co-mune costituisce parte integrante dellapolitica estera e di sicurezza comune.Assicura che l’Unione disponga di unacapacità operativa ricorrendo a mezzicivili e militari. L’Unione può avva-lersi di tali mezzi in missioni al suoesterno per garantire il mantenimentodella pace, la prevenzione dei conflitti

e il rafforzamento della sicurezza inter-nazionale…” (Parte I, art. 1 - 41).

“L’Unione si prefigge di promuovere lapace, i suoi valori e il benessere dei suoipopoli.…Nelle relazioni con il resto del mondol’Unione afferma e promuove i suoi valorie interessi. Contribuisce alla pace, alla si-curezza, allo sviluppo sostenibile della ter-ra, alla solidarietà e al rispetto reciproco trai popoli, al commercio libero ed equo,all’eliminazione della povertà e alla tuteladei diritti umani, in particolare dei diritti delminore, e alla rigorosa osservanza e allosviluppo del diritto internazionale, in parti-colare al rispetto dei principi della Cartadelle Nazioni Unite.” (Parte I, art. 3-4).

“I popoli dell’Europa nel creare tra loroun’unione sempre più stretta hanno deci-so di condividere un futuro di pace fonda-to su valori comuni,” (Pream bolo allaParte II della Costituzione).

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“Fabbricare”la pace

Pzce, Friede, Irini, Paix, Peace,Pokoj, Rauha, Frede: l’Europaha molte parole per dire pace,però la sua Costituzione inclu-de la pace non tra i principifondamentali ma, più sempli-cemente, tra gli obiettivi

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pace interiore, la pace interna di unoStato e la pace internazionale poggianosulla forza degli ideali ma non possonoprescindere dai focolai di disagio, dicontrasto, di miseria che minano questistessi ideali.Tale consapevolezza ci sembra presentenella Costituzione e in altri documentieuropei attraverso una serie di afferma-zioni. Ci riferiamo, per esempio:• alla difesa della dignità umana ricono-

sciuta come presupposto di libertà-giu-stizia-pace nel mondo (Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea);

• agli interventi di politica sociale;• alle politiche di salvaguardia della cir-

colazione e protezione delle personedell’Unione, oppure immigrate, oppurerichiedenti asilo, alla luce del princi-pio di solidarietà e di equa ripartizionedella responsabilità tra gli Stati mem-bri, anche sul piano finanziario;

• ai principi assunti a base della politicacommerciale comune;

• alla previsione di interventi di coopera-zione allo sviluppo, di aiuto umanita-rio, di cooperazione economica-finan-ziaria-tecnica con i Paesi terzi.

HOMO FABERCerto, al di sopra di tutto rimane il ruo-l o det erm i nant e del l e i n t enzi onidell’uomo che, sole, possono dare con-cretezza al colore delle righe scritte e alsuono delle parole. La Costituzione eu-ropea sarà quel l a che i popol idell’Unione e i protagonisti della politi-ca vorranno, dosando gli interessi dei lo-ro Stati. Bisogna sperare nella loro sag-gezza e onestà affinché i 28 modi di direpace restino “uniti nella diversità”.Questa convinzione ci fa riservare le ul-time righe disponibili al ricordo di unuomo ignoto che, deponendo sulla tom-ba di Julius Oppenheimer i fiori di Hiro-shima –fiori raggrinziti, nati a stento sulsuolo riarso dall’esplosione del 6 giugno1945- volle compiere un gesto concretodi pace verso colui che fu tra i creatoridella bomba atomica e che dal peso dellasua invenzione era rimasto sconvolto.“Quel giorno, in un certo senso, gl iscienziati conobbero il peccato” ebbe adire Oppenheimer nel suo ultimo discor-so pubblico (Università di Princeton,giugno 1966) e insistette sui pericoliche poteva correre la pace per i possibilieffett i negativi dell’atomo indotti daicomportamenti umani.

Quelli appena riportati sono i più evi-denti termini (e i “luoghi”) con i qualila parola pace è presente nel Trattatoper l a Cos ti tuzi one europea, fi r-mato a Roma i l 29 o ttobre 2004e rati fi cato dal l ’Ital i a con l a l eg -ge n. 57 del 7 apri l e 2005 .La lettura di tali articoli ci ha lasciatiperò un po’del us i nel senso cheall’interno dei quasi 500 articoli del te-sto avremmo voluto trovare qualcosa inpiù di una ripetuta dichiarazione di prin-cipio che appare, ad esempio, più gene-rica e sommessa di quella presente nellaCostituzione italiana, la quale colloca lapace tra i propri principi fondamentali.Forse anche sulle enunciazioni relative aquesto tema ha influito il peso delle me-diazioni tra visioni più o meno corag-giose di fronte ai vincoli, pur necessari,imposti dalla “politica di sicurezza e didifesa comune”.D’altra parte sul tema della pace contrap-posto a quello della guerra è facile sup-porre che il dibattito preparatorio abbiadovuto scontare opinioni diverse basatesu motivazioni ideali, su tradizioni, supressioni popolari, su tattiche di potere.Resta comunque di non facile accettazio-ne il non vedere esplicitato il valore del-la pace accanto a quello della dignitàumana, della libertà, della democrazia,dell’uguaglianza, dello Stato di diritto,del rispetto dei diritti umani (Parte I,art. 1-2). Si tratta indubbiamente di unascelta, che però da spazio al pensieromaligno di una sorta di declassamento,anche se dalla valutazione complessivadel testo emergono molti elementi chedella pace sono la premessa, anzi la con-dizione.

GLI IDEALI E I CONFLITTI“La pace non si impone, si produce: conpazienza, con disperata speranza, con lafatica della lotta contro la sopraffazione,generalmente resa più dura dalla convin-zione di essere dalla parte del giusto. Lapossibilità di avere ragione non ci liberaperò dall’impegno di accertarne i confi-ni , di l i berarl a dal l im i t e di esserela”nostra” ragione” (Toesca).Ma se è vero che la pace è prima di tut-to atteggiamento dell’anima, disponibi-lità alla comprensione delle ragioni al-trui, al dono e al perdono è anche veroche essa è indotta da scelte e comporta-menti collettivi tesi a eliminare o al-meno ad attenuare i rischi di guerra. La

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Bandiera dell'Unione europea

Status giuridico

Fondazione

Scopo

Sedi istituzionali

Organi istituzionali:Commissione europea

Consiglio dell'Unione europea

Parlamento europeo

Consiglio europeo

Organizzazione internazionale

Dopo la CEE (Comunità Economica Europea) istituita col trat-tato di Roma, 25 marzo 1957, è stata istituita l’UE col trattatodi Maastricht, 7 febbraio 1992.

esercizio di parte della sovranità nazionale degli Stati membri innumerosi campi. I suoi Stati membri hanno creato una serie diistituzioni comuni a cui delegano una parte della loro sovranitàin modo che le decisioni su questioni specifiche di interesse co-mune possano essere prese democraticamente a livello europeo.Nelle materie di competenza esclusiva dell’UE (es. politica com-merciale e monetaria) gli Stati hanno solo l'obbligo di recepirele direttive e dare applicazione ai regolamenti. Nelle materie dicompetenza concorrente con gli Stati membri (es. politica socia-le, ambiente, energia, trasporti, spazi di libertà e giustizia) gliStati membri possono legiferare in tali campi solo in conformitàa quanto deciso dall'UE. In alcune materia ha competenza dicoordinamento e sostegno.

Bruxelles, Lussemburgo, Strasburgo.

rappresenta gli interessi generali dell'UE, è formata da un Com-missario per Stato membro, con sede a Bruxelles. Dura in caricacinque anni, così come il suo Presidente: i componenti sono no-minati dal Consiglio europeo ma devono avere l'approvazionedel Parlamento europeo.

(o "Consiglio dei Ministri"), formato da un rappresentante diciascuno Stato membro a livello ministeriale che si occupa del-la stessa materia a livello statale (ad esempio al Consiglio deiministri convocato per urgenza economica partecipano tutti iministri dell'economia, al Consiglio convocato per problemiambientali partecipano quelli dell'ambiente, ecc.), con sede aBruxelles. La presidenza è assegnata a uno Stato membro e ruo-ta ogni 6 mesi.

composto dai rappresentanti dei cittadini degli Stati membri elettia suffragio universale diretto da tutti i cittadini dell'Unione ognicinque anni, compreso il Presidente che per prassi rimane in cari-ca due anni e mezzo; ai sensi del Trattato ha sede a Strasburgo,città della Francia, ma svolge i suoi lavori anche a Bruxelles (do-ve si trova un altro emiciclo) e a Lussemburgo (sede del segreta-riato). Ogni singolo Stato stabilisce in autonomia le modalità disvolgimento delle elezioni e il metodo di ripartizione dei seggi.

comprende un rappresentante per ogni Stato: il Capo di Stato (se sitratta di repubbliche semipresidenziali o presidenziali), quello di Go-verno (se si tratta di monarchie o repubbliche parlamentari). I Capidi Stato e di Governo sono assistiti dai ministri degli esteri e da unmembro della Commissione, con sede a Bruxelles. Il Presidente,nominato dal Consiglio europeo, dura in carica due anni e mezzo.

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vigila sull'applicazione del diritto comunitario, con sede in Lussem-burgo.

verifica il finanziamento delle attività dell'UE, con sede a Lus-semburgo.

assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione deitrattati istitutivi dell'Unione europea, competente a conoscere in primogrado i ricorsi diretti proposti dalle persone fisiche o giuridiche o degliStati membri contro atti delle istituzioni comunitarie.

- La Banca centrale europea – BCE (che è responsabile della politicamonetaria e della gestione dell'euro;

- Il Mediatore europeo (che tratta le denunce presentate dai cittadinicontro i casi di cattiva amministrazione nell'azione di un'istituzioneo di un organo dell'Unione europea);

- La Banca europea per gli investimenti (che contribuisce al conse-guimento degli obiettivi dell'Unione europea tramite il finanzia-mento di progetti di investimenti);

- Completa il sistema una serie di agenzie e di altri organismi.

José Manuel Durão Barroso (fino al 30 ottobre 2014).

Martin Schulz (fino al maggio 2014).

Herman Van Rompuy (fino al 30 novembre 2014).

Le 25 lingue parlate nei Paesi dell’Unione europea.

28 Paesi membri (al 1° gennaio 2014 sono Austria, Belgio, Bulgaria,Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania,Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, PaesiBassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Roma-nia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria). Perl'ingresso nell'UE occorre l'adeguamento del diritto e delle politicheinterne dello Stato che intende aderire. Negli anni i trattati e la prassihanno tuttavia concesso ad alcuni Stati la possibilità di aderire senzapartecipare ad alcune politiche comuni o a particolari strutture comu-nitarie (es. Regno Unito, Svezia,ecc.). Per l'incorporazione di unoStato terzo all'UE, questo deve rispettare una serie di condizioni eco-nomiche e politiche conosciute come criteri di Copenaghen. Nellospecifico, i Paesi candidati, oltre a dover essere situati geograficamen-te in Europa, debbono presentare istituzioni stabili, adeguata situa-zione economica, capacità di fronteggiare gli obblighi derivantidall’adesione (alcuni Paesi, es. la Norvegia, hanno rifiutato di aderiretramite referendum).

“Unita nella diversità”.

Inno alla gioia di Beethoven.

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9 maggio.

Nobel per la pace 2012.

Corte di giustizia dell'UE

Corte dei conti europea

Tribunale dell'Unione europea

A tali istituzioni si affiancano altri cinque organi importanti

Presidente della Commissione

Presidente del Parlamento

Presidente delConsiglio europeo

Lingua ufficiale

Membri

Motto

Inno

Dominio Internet

Festa dell'Unione

Riconoscimenti

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Superficie

Popolazione

Densità abitanti

Fusi orari

Valute

Unione economica e mone-taria dell'Unione europeainformalmente detta zonaeuro (o, altrettanto frequen-temente, eurozona o euro-landia)

Definizione

Obiettivi

Politiche monetarie dell'eurozona

Armonizzazione delle politi-che economiche e fiscalidell'area euro

Paesi aderenti all’eurozonaAustria, Belgio

CiproEstonia

Finlandia, Francia, GermaniaGrecia

Irlanda, ItaliaLettonia

LussemburgoMalta

Paesi Bassi, PortogalloSlovacchia

SloveniaSpagna

Dei 28 attuali Paesi mem-bri dell'Unione europea, 10utilizzano ancora una valutanazionale diversa dall'euro

4.326.253 km².

503.679.730 cittadini.

116,6 ab./km².

(regioni periferiche: -4 e+4 ore di differenza).

Euro (€) (EUR) in 18 Paesi, alcuni degli Stati membri hannomantenuto la propria moneta nazionale.

è l'insieme degli Stati membri dell'Unione europea che adottanol'euro come valuta ufficiale. Attualmente la zona euro è compo-sta da 18 Stati membri.

è l'unione economica e monetaria dell'Unione europea sancita dalTrattato di Maastricht, che, attraverso tre successive fasi, concluseun lungo processo di diplomazia il cui esito è più notoriamenterappresentato nel conio di una moneta unica europea (euro) in so-stituzione delle rispettive valute dei Paesi membri.

vista la stretta integrazione per quel che riguarda gli scambi inter-nazionali e la facilità nel movimento dei fattori produttivi tra iPaesi europei, si ritenne conveniente creare un'unione monetaria.

regolate esclusivamente dalla Banca centrale europea, con sede aFrancoforte.

è agevolata dalle periodiche riunioni dell'Eurogruppo, organismocomposto dai ministri dell'economia e delle finanze degli Statiaderenti alla valuta comune, che di solito precede di poche ore ivertici dell'Ecofin (ampliati ai delegati di tutti i 28 stati dell'U-nione).

Data di adozione dell’euro1º gennaio 19991º gennaio 20081º gennaio 20111º gennaio 19991º gennaio 20011º gennaio 19991º gennaio 20141º gennaio 19991º gennaio 20081º gennaio 19991º gennaio 20091º gennaio 20071º gennaio 1999

fra questi, solamente la Danimarca e il Regno Unito sono in posses-so di una deroga ai protocolli del Trattato di Maastricht; ad esse nonè legalmente richiesto di unirsi all'euro, a meno che i loro governinon decidano altrimenti. Alcuni Stati (es. Vaticano, Principato diMonaco, San Marino) utilizzano l'euro come moneta ufficiale, no-nostante non siano ufficialmente membri dell'UE e non siano mem-bri formali della Banca centrale europea (BCE).

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sto nuovo strumento figurano inun regolamento dell’UE adottato dal Parla-mento europeo e dal Consiglio dell’Unioneeuropea nel febbraio 2011.

C o s a s i può pro po rre c o nun’iniziativa dei ci ttadini?Un’iniziativa dei cittadini può essere pro-mossa in qualsiasi settore nel qualela Commissione può proporre un at-to legislativo , come ambiente, agricoltu-ra, trasporti o salute pubblica. Si veda loschema di riferimento riportato di seguito.In ogni caso non è possibi le richiedereuna revisione dei trattati europei .

C hi può f ars i pro m o t o re diun’iniziativa dei ci ttadini o sostene-re un’iniziativa dei ci ttadini?Per lanciare un’iniziativa dei cittadinioccorre costituire un comitato dei ci tta-di ni composto da almeno 7 cittadinidell’UE residenti in almeno 7 Stati membridiversi. I membri del comitato devono aver

Cos’è un’iniziativa dei ci ttadini eu-ropei?Un’iniziativa dei cittadini è uno strumentointrodotto dal Trattato di Lisbona ed entratoin vigore ad aprile del 2012. Costituisceun invi to rivolto alla Commissioneeuropea affinché proponga un attolegislativo su questioni per le quali l’UEha la competenza di legiferare.Un’iniziativa deve essere sostenuta da alme-no un mil ione di ci t tadini europei ,di al meno 7 dei 28 S tati membridel l ’UE. Per ciascuno dei 7 Paesi è inoltrerichiesto un numero minimo di firme. Lenorme e le procedure che disciplinano que-

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Il diritto d’iniziativadei cittadini europei

di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

Il diritto d’iniziativa dei cittadini euro-pei (ICE) consente ad almeno un milione dicittadini dell’Unione di prendere diretta-mente parte all’elaborazione delle politi-che UE, invitando la Commissione a pre-sentare una proposta legislativa

Setto re d’atti v i tà Arti co l i del trattato (TFUE - Trattato s ul funzi o namento del l ’Uni o ne euro pea)

Aiuti umanitari articolo 214Ambiente e azione per il clima articoli 191 – 193Cooperazione allo sviluppo articoli 208 – 213Cultura articolo 167Fiscalità articoli 110 – 113Giustizia, libertà e sicurezza articoli 67 – 89Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione articoli 77 – 80Cooperazione giudiziaria articoli 81 – 86Cooperazione di polizia articoli 87 – 89Istruzione, formazione, gioventù e sport articoli 165 – 166Libera circolazione:delle persone articoli 45 – 55dei servizi articoli 56 – 62dei capitali articoli 63 – 66Lotta alle discriminazioni e cittadinanza articoli 18 – 25Lotta antifrode articolo 325Occupazione e affari sociali articoli 145 – 161Politica regionale – coesione economica, sociale e territoriale articoli 174 – 178, articoli 162 – 164Protezione civile articolo 196Protezione dei consumatori articolo 169Salute pubblica articolo 168Sicurezza alimentare articoli 43, 168 – 169Società dell’informazione articoli 179 – 190Trasporti articoli 90 – 100Turismo articolo 195

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raggiunto l’età alla quale i ci ttadini acquisisco-no i l diri tto di voto per le elezioni al Parlamen-to europeo (18 anni in ogni Paese, salvo l’Austria,dove ne bastano 16): non è necessario, quindi, che icittadini siano iscritti nelle liste elettorali, basta cheabbiano raggiunto l’età richiesta. Le iniziative deicittadini non debbono essere gestite da organizzazio-ni, le quali possono, tuttavia, promuoverle o soste-nerle, purché lo facciano in piena trasparenza. Primadi iniziare la raccolta delle dichiarazioni di sostegnoda parte dei cittadini, gli organizzatori sono tenuti aregistrare l’iniziativa proposta. Dopo la confermadella registrazione, gli organizzatori hanno a disposi-zione 1 anno per raccogl iere le dichiarazioni disostegno. È possibile presentare un’iniziativa inconflitto con un’altra iniziativa in corso (o più voltela stessa iniziativa). Non sono previsti finanziamentieuropei per la realizzazione del diritto di iniziativa. Analoghi i requisiti d’età richiesti per sos tenereun’i ni zi ati va. In questo caso i cittadini devonocompilare un apposito modulo di dichiarazionedi sostegno messo a disposizione dagli organizza-tori, su carta oppure online.

Cosa succede quando un’iniziativa dei ci tta-dini raccogl ie un mil ione di firme?La Commissione europea ne esamina attentamente ilcontenuto ed entro 3 mesi dalla data in cui l’ha ri-cevuta:• i rappresentanti della Commissione incontrano

gl i organizzatori per consentire loro di esporrein dettaglio le tematiche sollevate dall’iniziativa;

• gli organizzatori hanno la possibilità di presentarela loro iniziativa in un’audi zi o ne pubbl i -ca presso il Parlamento europeo;

• la Commissione adotta una risposta formale in cuiillustra le eventuali azioni che intende pro-porre a seguito dell’iniziativa dei cittadini e le

sue motivazioni per agire o me-no in tale senso.

La risposta, che prende la forma diuna comunicazione, è adottata dalCollegio dei commissari e pubblicatain tutte le lingue dell’UE. La Com-miss ione non ha l ’obbl igo diproporre un atto legislativo a

seguito di un’iniziativa. Se la Commissione de-cide di presentare una proposta, ha inizio la normaleprocedura legislativa: la proposta viene sottoposta allegislatore (in genere il Parlamento europeo eil Consiglio, oppure in alcuni casi soltanto il Consi-glio) e, se adottata, avrà forza di legge.

Come preparare o sostenere un’iniziativa?Per preparare (o sostenere) un’iniziativa dei cittadiniè opportuno leggere attentamente le informazionifornite sul sito www. ec. europa. eu/ci t i zens-ini -t iat iv e. Si potrà così verificare se la Commissioneha la facoltà di presentare una proposta nel settoreinteressato oppure se è preferibile ricorrere ai metodialternativi per rivolgersi alle istituzioni europee (es.la petizione o il ricorso al Mediatore europeo). Il comitato è considerato l’organizzatore ufficialedell’iniziativa ed è responsabile della gestionedell’intera procedura. Deve designare fra i suoi mem-bri un rappresentante e un supplente incaricatidi parlare e agire a loro nome. Questi fungerannoda referenti e da collegamento tra il comitato e laCommissione europea durante l’intera procedura.Prima di iniziare la raccolta delle dichiarazioni di so-stegno da parte dei cittadini, gli organizzatori sonotenuti a chiedere la registrazione dell’iniziativaproposta sul sito internet sopra indicato.A tal fine, devono fornire le seguenti informa-zioni in una del le l ingue ufficial i del l ’UE:• titolo della proposta d’iniziativa dei cittadini (non

oltre 100 battute);• oggetto dell’iniziativa (non oltre 200 battute);• descrizione degli obiet t ivi del la proposta

d’iniziativa dei cittadini nella quale si chiede allaCommissione di agire in sede legislativa (non ol-tre 500 battute);

• disposizioni dei trattati che gli organizzatori riten-gono pertinenti all’azione proposta;

• generalità dei 7 membri richiesti del comitato deicittadini (nome e cognome, indirizzo postale, citta-dinanza e data di nascita), indicando in modo speci-fico il rappresentante e il supplente, nonché i loroindirizzi di posta elettronica e numeri di telefono;

• documenti che comprovino nome e cognome, in-dirizzo postale, cittadinanza e data di nascita di cia-scuno dei 7 membri del comitato dei cittadini;

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• tut te le font i di sostegno e finanziamentodell’iniziativa proposta (conosciute al momentodella registrazione) il cui importo superi i 500 euroall’anno per sponsor.

Gli organizzatori possono fornire a titolo facoltativo:• l’indirizzo del sito web eventualmente creato per

l’iniziativa proposta;• un al legato con informazioni più ampie

sul l’ogget to, gl i obiet t ivi e i l contestodell’iniziativa proposta;

• la bozza di un atto giuridico.

La Commissione registra l’iniziativa propostaentro 2 mesi dalla domanda a condizione che:• il comitato dei cittadini sia stato costituito e i refe-

renti siano stati designati;• la proposta d’iniziativa non esuli manifestamente

dalla competenza della Commissione di presentareuna proposta di atto giuridico dell’Unione ai finidell’applicazione dei trattati;

• la proposta d’iniziativa non sia presentata in modomanifestamente ingiurioso e non abbia un conte-nuto futile o vessatorio;

• la proposta d’iniziativa non sia manifestamentecontraria ai valori dell’UE, sanciti dall’articolo 2del trattato sull’Unione europea.

Tutte le iniziative registrate vengono pubblicate sulsito internet già menzionato. Registrata l’iniziativa,il rappresentate e il supplente del comitato dei citta-dini avranno accesso sul sito ad un account pro-tetto , dove possono ottenere informazioni sulle va-rie fasi della procedura e gestire tutta la documenta-zione da presentare alla Commissione nel contestodell’iniziativa proposta.Un’iniziativa registrata può essere ritirata dagli orga-nizzatori in qualsiasi momento prima dell’invio delledichiarazioni di sostegno alle autorità nazionali com-petenti per verifica. Il ri ti ro è i rrevers i bi l e.Un’iniziativa ritirata non può essere ripresentata etutte le dichiarazioni di sostegno raccolte diventanoprive di valore.Gli organizzatori che desiderano raccogliere le dichia-razioni di sostegno per via elettronica sono tenutiad attivare un sistema di raccolta online, accessibiledal loro sito, che risponda ai requisiti tecnici e dis i curezza di cui all’art icolo 6, paragrafo 4,del regolamento riguardante l’iniziativa dei cittadini ealle speci fi che tecni che dettagliate previste daun regolamento specifico (regolamento di esecu-

zione UE n. 1179/2011 della Com-missione). Tali requisiti mirano inparticolare a garantire che i dati ven-gano raccolti e archiviati in modo si-curo nel sistema.Una volta che il sistema di raccoltaonline sia stato definito nel pieno ri-spetto delle specifiche tecniche di cui

sopra, gli organizzatori devono chiedere all’autori tànazionale competente dello Stato membro in cuii dati saranno conservati di certi ficare i l s i stema.A tal fine, gl i organizzatori devono fornireall’autorità competente un’adeguata documentazione.La certificazione è obbligatoria ed è un requisi toprel iminare per la raccolta elettronica delle dichia-razioni di sostegno, a prescindere dal software usato.Tuttavia, il processo risulterà più semplice se siadotta il software forni to direttamente dal laCommissione europea.Ultimata la registrazione dell’iniziativa, gli organiz-zatori possono cominciare a raccogliere le dichiara-zioni di sostegno dei ci t tadini . Hanno adisposizione 12 mesi per raccogliere il numero ri-chiesto di dichiarazioni, rispettando la legislazionevigente sulla protezione dei dati personali. Per la rac-colta delle dichiarazioni di sostegno gli organizzatorisono tenuti ad ut i l izzare appo s i t i m o du-l i conformi ai modelli di cui all’allegato III del rego-lamento riguardante l’iniziativa dei cittadini e conte-nenti tutte le informazioni necessarie sull’iniziativaproposta. Le dichiarazioni di sostegno possono esse-re raccolte su carta e/o onl ine. La decisione di registrare o meno una propostad’iniziativa si basa su motivazioni giuridiche e puòpertanto essere impugnata. S e ri fiuta la registra-zione, la Commissione europea informa gl iorganizzatori dei motivi del ri fiuto e di tut-ti i possibi l i mezzi di ricorso giudiziari ed ex-tragiudiziali a loro disposizione. Tra questi figuranola possibilità di adire la Corte di Giustizia dell’UE odi presentare una denuncia al Mediatore europeo (de-nuncia per cattiva amministrazione).

Che differenza c’è tra un’iniziativa dei ci tta-dini e una petizione?Il diritto di presentare una petizione al Parlamento eu-ropeo, che era già sancito dai trattati precedenti, diffe-risce sostanzialmente dal nuovo diritto d’iniziativa deicittadini introdotto dal trattato di Lisbona.Le petizioni possono essere presentate da cittadinidell’Unione e da qualsiasi persona fisica o giuridicache risieda o abbia la sede sociale in uno Stato mem-bro, individualmente o in associazione con altri citta-dini o persone.Le petizioni devono vertere su materie che rientranonel campo di attività dell’Unione e che riguardano di-rettamente chi le presenta (ad esempio, una denuncia)e sono rivolte al Parlamento europeo nella sua vestedi diretto rappresentante dei cittadini a livellodell’Unione.Per le petizioni non è previsto il requisito formale diavere un numero minimo di firmatari o un certo so-stegno in diversi Paesi europei.Viceversa, l’iniziativa dei cittadini consente, se si di-spone di un sostegno sufficiente nell’UE, di chiederedirettamente alla Commissione di presentare nuoveproposte di atti giuridici.

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In Europa, da qualche tempo, si sta ragionandosu percorsi e obiettivi strategici per migliorare

i sistemi d’istruzione e di formazione nei Paesimembri, affinché tutti i cittadini possano esseremessi nelle condizioni di acquisire competenze esviluppare le proprie potenzialità e si arrivi a unsistema scolastico uniforme e di qualità, con ri-svolti positivi non solo sul piano della crescitaculturale ma anche di quella sociale e occupazio-nale.L’OCSE, supportata in Italia dall’ISFOL (Isti-tuto per lo sv iluppo della formazione profes-sionale del lav oratore), ha pubblicato nel2013 uno studio sulla v al utaz i o ne de l l eco mpetenze dal quale risulta, attraverso ap-positi indicatori, che nel nostro paese gliadulti e in particolare i giovani tra i 16 e 24anni, hanno scarse abilità e interessi letterari,comunicativi e matematici rispetto agli altriPaesi dell’UE.

Ma ci sono anche altri elementi da considera-re. Nel nostro Paese, dove l’8,4% degli alunnis o n o di ci t t adi n an za n o n i t al i an a, ènecessario v al o ri zzare l e di v ers i tà cul tu-ral i che da noi sono un fenomeno relativa-mente recente, al contrario di altri paesi comeFrancia, Germania, Belgio, Olanda e Austria. Questo fattore, spesso sottovalutato, indicachiaramente che oggi non si può prescindereda percorsi di educazione alla cittadinanza eall’interculturalità.Significativo anche l’al to l i v el l o di di -s pers i o ne s co l as ti ca: in Italia circa il 18%dei giovani non raggiunge un titolo di studiosuperiore alla scuola media inferiore (con oltre600.000 giovani che fuoriescono dal percorsoeducativo e formativo). E’ improponibile e impensabile una crescitadell’Italia e dell’Europa che non consideri ilrecupero di questi giovani: occorre, quindi, unascuola più inclusiva che sappia contrastare an-che quei fenomeni che spesso sono all’originedell’abbandono degli studi, come le difficoltàpersonali, familiari, sociali ed economiche.

SI PUO’ RIMEDIARE?Per il pl uri l i ng ui s mo e l ’i ntercul tural i tàsi potrebbe pensare a garantire agli studentil’apprendimento di almeno due lingue, oltrealla lingua di scolarizzazione, fino alla con-clusione della scuola secondaria superiore. Sa-rebbe da introdurre anche l’insegnamento dialmeno una disciplina “non linguistica” inl i n g ua s t ran i era, o l t re a s t o ri adell’integrazione europea, educazione civicaeuropea e cittadinanza attiva. Per tenere ade-guatamente conto di questi insegnamenti sipropone l’adozione di un curriculum scolasticoeuropeo, per il cui conseguimento è necessarioaver seguito questi percorsi di studio.Riguardo agli i ns eg nant i , un importantepasso avanti è stato fatto con il processo auto-valutativo introdotto dalla legislazione italia-na in vigore dal 19 Luglio 2013, processo cheogni scuola potrà effettuare anche sulla basedei dati forniti dal Sistema Nazionale di Valu-tazione (SNV).In Italia però manca una disciplina nella pub-blicazione dei risultati delle valutazioni nellescuole.Sarebbe molto utile anche una raccolta siste-matica dei dati sull’impatto sociale e sullecompetenze, anche informali, che possano ri-velare e monitorare il ruolo del sistema diistruzione per lo sviluppo della persona, comecittadino oltre che come lavoratore.Ancora: per gli istituti tecnici e le scuole pro-fessionali, sarebbe utile attivare forme di col-laborazione con le imprese (come ad es. il pro-getto Alleanza europea per l’apprendistato),dando la possibilità agli studenti di stages ne-gli ultimi due anni delle scuole secondarie su-periori, anche in altri Paesi UE durante i perio-di estivi.

Proprio allo scopo di raccogliere tutte questeistanze è stata avviata un’i ni zi ati v a dei ci t-tadi ni euro pei (in forma abbreviata ICE),che ha creato una piattaforma di discussionetra i sogget t i in teressat i , conclusas i conl’elaborazione di l i nee g ui da per pro po rreal l a Co mmi s s i o ne Euro pea un mo del l oeducati v o di qual i tà, pluralistico e orienta-to alla strategia di crescita dell’UE 2020. E ciòproprio in concomitanza con la conclusione

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Un modellodi educazione europea

di Daniela Russo

Un’iniziativa di (tanti) cittadini che chiede allaCommissione europea misure adeguate perfavorire la riforma del sistema educativo

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nostri cugini europei (ad eccezione della Ger-mania). Inoltre un terzo degli studenti italia-ni che attestano l’attività della propria scuo-la in campo di internazionalizzazione dichia-ra che vengono proposte iniziative in cuitecnologia informatica e web sono fonda-mentali.

Per quali motivi però l’altra metà delle scuoleitaliane non riesce o non vuole intraprendereil percorso verso un’apertura della formazio-ne degli studenti oltre i nostri confini nazio-nali? Può trattarsi di mancanza di finanzia-menti, scarso personale o assenza di tempo?In Italia le aspettative degli studenti denota-no ancora fiducia, ma gli stessi studenti ri-tengono che i progetti internazionali sianoancora troppo pochi: lo dice il 68%, controil 49% dei francesi, il 43% degli spagnoli, il39% dei tedeschi e il 29% degli svedesi.Metà delle scuole italiane non attiva iniziati-ve internazionali: forse è anche questo il mo-tivo per cui solo uno studente italiano su tre(32%) è a conoscenza della possibilità di ade-rire a un programma di mobilità individuale.In Italia aderisce nel 95% dei casi per propriainiziativa, negli altri Paesi la partecipazionenasce da iniziative scolastiche.

QUALI STRATEGIE IMMEDIATE?• pro g etti di partenari ato in cui parteci-

pino scuole italiane assieme ad altre scuolestraniere, così da includerli nella program-mazione ordinaria delle scuole stesse e va-lorizzane l’offerta formativa, attraverso loscambio di buone prassi;

• un s o s teg no al l a mo bi l i tà deg l i s tu-dent i e de i do cent i , nell’ottica di unpercorso di formazione continua, che siasoprattutto riconosciuta e garantita da indi-catori di qualità;

• la pro mo zi o ne di pro ces s i di i nte-g razi o ne co n i l terri to ri o , fondamen-tale per il rapporto tra diversi soggetti cheoperano nel medesimo ambito e finalizzataanche al sostegno alle scuole e alle reti discuole operanti autonomamente.

Co mp i t o del l ’Os s erv at o ri o n az i o n al esull’internazionalizzazione delle scuole e lam o b i l i t à s t uden t es ca, at t rav ers o i l s i t owww.scuoleinternazionali.org , è non soloquello di monitorare, ma anche di essere so-stegno informativo e formativo per favorirel’attuazione di questi processi, affinché sem-pre più adolescenti italiani possano sentirsia proprio agio sul palcoscenico internazio-nale, alla stessa stregua dei loro coetanei eu-ropei.

del 2013, Anno europeo dei cittadini.Precisiamo co s ’è un’ICE: dal 1° aprile 2012i cittadini europei dispongono di uno strumen-to del tutto nuovo, istituito dal Trattato UE diLisbona. Un’iniziativa dei cittadini costitui-sce un invito rivolto alla Commissione euro-pea perché proponga un atto legislativo suquestioni per le quali l’UE ha la competenza dilegiferare. Un’ICE deve essere sostenuta da al-meno un milione di cittadini europei maggio-ren n i , di al men o 7 dei 2 8 St at i memb ridell’UE. Per ciascun Paese è previsto un nume-ro minimo di firme (54.000 per l’Italia). LaCommissione avrà tre mesi per esaminarel’istanza e decidere come intervenire.Obiettivo di questa iniziativa specifica, quin-di, che ri g uarda tutte l e s cuo l e pubbl i -che (s tatal i e pari tari e), a parti re dal l as cuo l a pri mari a, è i mpl ementare que-s to mo del l o fi no al l ’ado zi o ne di un di -pl o ma euro peo .L’associazione europea che ha promosso laracco l t a del l e ades i o n i , dan do av v i oall’iniziativa, si chiama MEET (Mov ementtowards a European Education Trust). In Italia,numerosi sono gli enti sostenitori, tra cui as-sociazioni di insegnanti e altre, di cittadini(ad es. Cittadinanzattiva) e genitori (AGE), in-sieme ad altri movimenti europei.

ITALIA IN PANTOFOLEMa la scuola italiana è in grado di stimolare eformare le nuove generazioni con un respiropiù internazionale? Il V Rappo rto de l l ’Os s erv ato ri o na-z i o nal e s ul l ’ i nternaz i o nal i zzaz i o nedel l e s cuo l e e l a mo bi l i tà s tudentes capromosso dalla Fondazione Intercultura edalla Fondazione Telecom Italia, mostra unascuola italiana piuttosto immobile, negli ul-timi 4 anni, su questo percorso.Nonostante ciò conforta il dato che almenola metà delle scuole risulta attiva nel pro-muovere qualche iniziativa in tal senso. I da-ti del 2013 ci dicono che il sistema scolasti-co italiano, con solo il 53% di scuole cheaderisce a progetti internazionali, si trovadistanziato dai sistemi scolastici degli altriPaesi europei, compresi quelli che dovrebbe-ro condividere il nostro attuale difficile mo-mento economico: la Germania è a quota97%, la Spagna a 89%, la Polonia a 88% laFrancia a 81% e al 79% la Svezia, dove la co-noscenza del la l ingua inglese e i v iaggiall’estero sono una realtà radicata da decenni.Fortunatamente emergono anche aspetti po-sitivi: gli istituti italiani che già promuovo-no progetti internazionali sanno coinvolge-re percentualmente più studenti rispetto ai

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Negli ultimi mesi del 2011 la Commissioneeuropea ha presentato le proposte legislative

relative ai nuovi programmi di finanzia-mento UE che saranno operativi per il pe-riodo 2014-2020. Nel settennio 2014-2020sarà prioritario concentrarsi sulla realizzazionedegli obiettivi della strategia Europa 2020,che diviene, secondo la Commissione, il filoconduttore della programmazione UE per iprossimi anni. Pertanto i nuovi programmisaranno orientati a questo obiettivo e maggio-ri risorse saranno assegnate a quei settori cherivestono un ruolo decisivo in tal senso (adesempio istruzione, formazione, ricerca e in-novazione). Nella programmazione rientrano icosiddetti fondi struttural i comunitari(FESR - Fondo Europeo per lo Svi-luppo Regionale e FSE - Fondo So-ciale Europeo) e i l Fondo di Coesio-ne, il cui obiettivo principale è quello dipromuovere la coesione economica, socialee territoriale tra le regioni e gli Stati Mem-bri dell’Unione Europea, concentrando le ri-sorse nelle regioni meno sviluppate.Il FEASR (Fondo Europeo Agricoloper lo svi luppo rurale) finanzia i pro-grammi di sviluppo rurale (PSR regionali enazionali) che rappresentano il secondo pila-stro della Politica Agricola Comune (PAC).Il FEASR punta a migliorare la competiti-vità dei settori agricolo e forestale, a pro-muovere la diversificazione delle attività eco-nomiche nelle aree rurali e a migliorare laqualità della vita nelle zone rurali.Il documento “Metodi e obiettivi per un usoefficace dei fondi comunitari 2014-2020”,elaborato dal Ministero della Coesione Ter-ritoriale introduce molti elementi di novitàrispetto al ciclo 2007-2013, sintetizzabili in7 innovazioni di metodo, 3 opzioni strategi-che ed 11 aree tematiche. Le 11 aree tematiche sono: • rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologi-

co e l’innovazione;• migliorare l’accesso alle tecnologie

dell’informazione e della comunicazione,

in attuazione dell’Agenda digitale;• favorire la competitività dei sistemi produt-

tivi e in particolare delle piccole e medieimprese, del settore agricolo e della pesca;

• promuovere un’economia a basse emissio-ni, in particolare attraverso la diffusione difonti di energia sostenibile;

• sostenere l’adattamento ai cambiamenticlimatici e migliorare la prevenzio-ne/gestione dei rischi ambientali;

• tutelare l’ambiente e valorizzare le risorseculturali e ambientali;

• promuovere la mobilità sostenibile di per-sone e merci;

• sostenere l’occupazione e la mobilità deilavoratori;

• favorire l’inclusione sociale e contrastarela povertà;

• investire nelle competenze, nell‘istruzionee nella formazione;

• rafforzare la capacità istituzionale e ammi-nistrativa.

Di seguito, una sintesi dei programmi UEdi maggiore interesse (suddivisi per settore).

Nel pross imo numero del la rivi s taforniremo indicazioni sui bandi atti -vi e sul le modalità di presentazionedei progetti .

AMBIENTE• P ro g ram m a per l ’ am bi ent e e

l’Azione per i l cl ima (LIFE)Sostiene azioni in campo ambientale e, conil nuovo sottoprogramma “Azione per il cli-ma”, anche interventi riguardanti i cambia-menti climatici.• Meccani s mo del l ’Uni o ne per l a

protezione civi leL‘intento è di migliorare l’efficacia dei siste-mi di prevenzione, preparazione e rispostaalle catastrofi naturali e provocatedall’uomo.

CULTURA – AUDIOVISIVO• Programma “Europa creativa“Programma UE a sostegno dei settori cultu-

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Programmi di finanziamento UE

2014-2020 di Alessio Affanni

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Si prevedono investimenti nelle infrastruttu-re di istruzione e formazione (training), nellanecessità di ridurre le disparità territoriali,nonché il sostegno anche dell’istruzione per-manente per gli adulti (life-long learning). IlFSE è il principale fondo per sostenere in-vestimenti diretti in quest’area.

POLITICA S OCIALE - CITTADI-NANZA EUROPEA• Programma per i l cambiamento e

l’innovazione socialeQuesto strumento costituisce il nuovo pro-gramma UE per i settori dell’occupazione edegli affari sociali. E’ strutturato in tre assi:PROGRESS , per l’occupazione e la solida-rietà sociale; EURES , che costituisce la retedei servizi per l’impiego e la mobilità pro-fessionale; PROGRESS Microcredito, stru-mento per il microcredito. • Programma “L’Europa per i ci ttadi-

ni“Europa per i cittadini ricalca sostanzialmen-te l’omonimo del Programma 2007-2013. Ilsuo obiettivo rimane quello di promuoverela partecipazione civica e contribuire ad ac-crescere la consapevolezza e la conoscenzadell’Unione da parte dei cittadini.Continua pertanto a sostenere partenariatitra città (gemellaggi) e reti transnazionali,iniziative di commemorazione della storiaeuropea, la promozione del dibattito e dellariflessione sulla cittadinanza e i valori euro-pei, nonché il sostegno strutturale ad orga-nizzazioni che promuovono la cittadinanzaeuropea e favoriscono la partecipazione atti-va dei cittadini alla vita sociale e politicadell’UE.

IMPRESE• Programma per l a competi ti v i tà

del l e i mprese e l e pi ccol e-medi eimprese (COSME)

Il programma COSME tende a migliorare lacompetitività delle imprese dell’UE, anchenel settore del turismo e a migliorarel’accesso delle piccole medie imprese (PMI)ai finanziamenti.

RICERCA – INNOVAZIONE• Programma quadro di ricerca e in-

novazione “Orizzonte 2020”Orizzonte 2020 intende rafforzarel’eccellenza dell’UE in campo scientifico,nel settore delle tecnologie abilitanti e indu-striali, con promozione dell’innovazionenelle PMI ad alto potenziale di crescita, so-stenendo anche la ricerca nei seguenti ambi-ti: salute e benessere, sicurezza alimentare,

rali e creativi che introduce anche uno speci-fico strumento finanziario per agevolarel’accesso al credito da parte dei piccoli ope-ratori culturali.

IS TRUZIONE – FORMAZIONE –GIOVANI – SPORT• Programma “Erasmus per tutti“ per

l’istruzione, la formazione, la gio-ventù e lo sport

Erasm us per tutti sostituisce, fonden-doli in un unico programma, i set teprogrammi finora esistenti nei settoridell’istruzione, della formazione e del-la gioventù. Il programma punta a ri-durre i livelli di abbandono scolasticoed allo stesso tempo intende aumentarele percentuali dei giovani studenti checompletano i percorsi di educazionesuperiore. L’accordo raggiunto nei me-si scorsi prevede una dotazione com-plessiva di circa 1 4 , 7 m i l i ardi dieuro per il programma nei prossimisette anni.

Azioni chiave• mobil i tà transnazionale degli studen-

ti, dei giovani, degli insegnanti, e del per-sonale amministrativo;

• cooperazione tra enti di formazione, or-ganizzazioni giovanili per l’innovazione elo scambio di buone prassi;

• Azione Jean Monnet, per la ricerca el’insegnamento sui temi dell’integrazioneeuropea;

• Azione per lo sport, volta a promuo-vere la dimensione europea dello sport, lacooperazione a livello europeo nella lottaal doping, alla violenza nello sport, agliilleciti sportivi, oltre a promuovere losport di base e l’attività fisica.

Il programma intende inoltre migliorare il ivel l i di istruzione, in particolare ridu-cendo il tasso di abbandono scolastico e au-mentando almeno al 40% la quota di perso-ne di 30-34 anni che ha completatol’istruzione universitaria o equivalente.

Azioni chiave• riduzione dell’abbandono scolastico preco-

ce e promozione dell’uguaglianza di ac-cesso all‘istruzione prescolare, primaria esecondaria di buona qualità;

• migliorare la quali tà, l ’efficacia el’apertura dell’istruzione superiore;

• migliorare l’uguaglianza di accesso allaformazione permanente e migliorarel’utilità dei sistemi d’insegnamento e diformazione per il mercato del lavoro.

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agricoltura sostenibile, bio-economia, ener-gia pulita, trasporti intelligenti, ecc.

S ALUTE – TUTELA CONS UMA-TORI• Programma “Salute per la crescita”S alute per la crescita incoraggial’innovazione nel campo sanitario, per favo-rire un’assistenza più sicura, promuovere lasalute e prevenire le malattie. • Programma per la tutela dei consu-

matoriConcentra i propri interventisull’emancipazione dei consumatori ai finidella sicurezza, dell’informazione e della tu-tela dei loro diritti.

DIRITTI E CITTADINANZA• Programma “Diritti e Cittadinanza”Questo programma sostiene azioni orientatea promuovere i diritti derivanti dalla cittadi-nanza europea, il principio di non discrimi-nazione e quello di parità fra donne e uomi-ni, il diritto alla protezione dei dati personalie i diritti del minore.• Fondo Asi lo e MigrazioneIl Fondo A silo e Migrazione si concen-tra sui flussi migratori. Sostiene azio-ni volte ad affrontare tutti gli aspettidella migrazione, compresi l’asilo, lamigrazione legale, l ’integrazione, i lsoggiorno regolare nell’UE, il rimpa-trio degli irregolari, ecc.

COOPERAZIONE ALLO S VILUP-PO• S trumento di co o perazi o ne al l o

svi luppo (DCI II)DCI II è il principale strumento dell’UE peril finanziamento della cooperazione allo svi-luppo, mirato principalmente ad eliminarela povertà nei Paesi in via di svi luppo . • Strumento europeo per la democra-

zia e i diritti umani (EIDHR)Riguarda l’assistenza allo sviluppo e al con-solidamento della democrazia e dello Statodi diritto, alla tutela dei diritti umani e dellelibertà fondamentali nel mondo.

OC C U P A ZION E E S OS TEGN ODELLA MOBILITÀ DEI LAVORA-TORIQuesto obiettivo deve contribuire al rag-giungimento del traguardo EU 2020 di untasso di impiego del 75% tra donne e uomi-ni di 20-64 anni, incrementando la parteci-pazione dei giovani, dei lavoratori anziani edi quelli con bassa qualificazione, miglio-rando l’integrazione dei migranti.

Azioni chiave• accesso all’occupazione per le persone al-

la ricerca di un impiego e le persone inat-tive, comprese le iniziative locali perl’occupazione e il sostegno alla mobilitàprofessionale;

• integrazione sostenibile nel mercato dellavoro dei giovani che non svolgono atti-vità lavorative, non seguono studi né for-mazione;

• autoimpiego, imprenditorialità e creazionedi impresa (supporto, in particolare per di-soccupati, svantaggiati e inattivi);

• uguaglianza tra uomini e donne e concilia-zione tra vita professionale e vita privata

• invecchiamento attivo e in buona salute,con particolare attenzione al prolungamen-to della vita lavorativa;

• facilitare la mobilità occupazionale e geo-grafica e modernizzazione dei servizi perl’impiego;

• creazione di network tra datori di lavoro eistituti scolastici, forte collaborazione traattori sociali.

Tramite il FESR si intende sviluppare incu-batori d’impresa e investimenti per sostene-re l’autoimpiego (nei settori economy, turi-smo sostenibile, salute e servizi sociali).Tramite il FEASR facilitare la diversifica-zione delle imprese agricole e sviluppo dipiccole imprese in aree rurali. Il FSE si focalizzerà invece su non occupa-ti, svantaggiati e persone inattive e sullosviluppo delle competenze.

INCLUS IONE S OCIALE E LOTTAALLA POVERTA’Questo obiett ivo si raccorda conl’indicazione di EU2020 di sollevare almeno20 milioni di persone dal rischio di povertàed esclusione. Azioni chiave• inclusione attiva, modernizzazione dei si-

stemi di protezione sociale; • integrazione delle comunità emarginate

quali i Rom; • lotta contro la discriminazione basata su

sesso, origine razziale o etnica, religioneo le convinzioni personali, la disabilità,l’età o l’orientamento sessuale;

• miglioramento dell’accesso a servizi ac-cessibili, compresi i servizi sociali;

• promozione dell’economia sociale e delleimprese sociali;

• strategie di sviluppo locale realizzate dallacollettività;

• investimenti nelle infrastrutture sanitarie esociali per ridurre diseguaglianze nella sa-lute per gruppi svantaggiati.

SpecialeEuropa

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel febbraio 201424

Quando l’Italia dava il tempo all’Europa

Prima che venissero fissate convenzioni e accordi internazionali ogni Paese aveva un proprio tempo, fonda-to sul moto apparente del sole e quando il sole passava per il meridiano locale era mezzogiorno. Finoall’inizio dell’Ottocento l’unico “tempo” era quello locale, ma con l’aumentare degli scambi e degli spo-stamenti internazionali incominciò a consolidarsi l’idea dell’importanza di individuare un sistema di coor-dinamento dei diversi orari; fra due città poste a centocinquanta chilometri di distanza la differenza di “tem-

po”, per esempio nella misura del mezzogiorno, è di circa otto minuti. Poiché un treno percorreva questa distanzain meno di due ore, quale tempo si sarebbe dovuto usare? Quello della città di partenza o di quella d’arrivo? Eranecessario ripensare il sistema di misurazione dei diversi tempi. L’Inghilterra fu la prima nel 1848 ad adottareun’ora ferroviaria unica valida anche per Scozia e Irlanda e tale ora venne estesa anche alla vita pubblica. Anchein campo internazionale, si ripeteva però il medesimo inconveniente che si era verificato nei rapporti fra le variecittà quando vigevano le ore locali; come queste avevano ceduto il posto alle ore ferroviarie e nazionali, ci sichiedeva se a loro volta non dovessero essere abbandonate per raggiungere un’unificazione mondiale.La soluzione non era banale: dovevano essere sacrificate le ore nazionali e questo poteva creare problemi poli-tici, per cui era necessario arrivare all’unificazione senza grandi riforme radicali, perché la vita era regolata dalsole e non dovevano essere imposte ore troppo diverse da quelle reali. Il metodo dell’ora unica mondiale fracittà troppo distanti fra loro non era quindi possibile. Quirico Filopanti già nel 1859 suggeriva, nel suo libro“Miranda”, una geniale soluzione. Proponeva di dividere la terra per mezzo dei meridiani in 24 zone longitudi-nali, o fusi, che differivano l’uno dall’altro di un’ora, coincidendo nei minuti e nei secondi. L’idea però nonvenne realizzata in quanto non trovò negli Stati nazionali di allora e nelle istituzioni economiche dei sosteni-tori che ne promuovessero l’adozione.In Italia il sistema venne adottato il 10 agosto 1893 con regio decreto (il meridiano che da il tempo al fusonel quale si trova l’Italia passa per l’Etna) e tutti gli orologi della Penisola vennero mandati avanti di dieciminuti; mentre nel 1897 praticamente tutti i Paesi europei avevano adottato il sistema delle zone orarie con lasola eccezione della Francia. Questo Paese, solo con una legge del 1911, adottò il tempo di Greenwich, di-chiarando però che si trattava del tempo di Parigi ritardato di 9 minuti e 21 secondi. Ad ogni modo la primaproposta per l’introduzione dell’ora dell’Europa era stata presentata dal governo italiano nel maggio 1890 ac-cendendo nei due anni successivi un acceso dibattito. La scelta era stata combattuta, in tutti i Paesi, tutti re-frattari a un cambiamento che abbattesse l’idea del campanile.Ancora oggi il fuso orario è oggetto di discussione in Spagna che pur avendo lo stesso meridiano di Londra,ha lo stesso fuso orario di Roma, Parigi e Berlino: questo perché nel 1942 il dittatore Francisco Franco decisedi cambiare il fuso orario per compiacere il collega Adolf Hitler, provocando un grosso cambiamento nella vi-ta sociale degli spagnoli, che andando un’ora avanti rispetto al tempo solare in inverno e due d’estate per l’oralegale, si trovano a pranzare tardi e a dormire verso la mezzanotte. Il fuso orario non è quindi solo questione dimeridiani ma, come al solito, anche di opportunità politica.

S ergio Zanarel la

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