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01 2009 architetticatanzaro news RIVISTA QUADRIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI CATANZARO

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OACN_01_2009

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architetticatanzaro

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s RIVISTA QUADRIMESTRALEDELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI,PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORIDELLA PROVINCIA DI CATANZARO

architetticatanzaronews

Rivista quadrimestrale

dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori,

Paesaggisti e Conservatori

della Provincia di Catanzaro

anno I - n. 01

giugno 2009

direttore responsabile

Biagio Cantisani

redazione

Anna Corrado

Domenico Giannini

Giovanni Giannotti

Antonio Lento

Andrea Piroso

Nadia Rocchino

Daniele Vacca

progetto grafico e impaginazione

Guglielmo Sirianni

stampa

Rubbettino - Soveria Mannelli

OAC

Ordine degli Architetti, Pianificatori,

Paesaggisti e Conservatori

della Provincia di Catanzaro

Via Paparo, 13

88100 CATANZARO

segreteria

Sig.ra Angela Calabretta

Sig.ra M. Costantina Talarico

Tel. 0961.741120

Fax 0961.743493

Registrazione al Tribunale di Catanzaro

n°130 del 12/6/2002

www.cz.archiworld.it

[email protected]

in copertina

Maria Rosa Russo, Sistema di paesaggio

la Piana di S. Eufemia, Gizzeria

La rivista viene distribuita gratuitamente

a tutti gli iscritti dell’Ordine della provincia

di Catanzaro, a tutti gli Ordini degl Architetti

di Italia, ai Comuni della provincia di Catanzaro,

agli Enti locali della Regione Calabria.

La partecipazione alla redazione

è aperta a tutti gli iscritti

[email protected]

Consiglio dell’ordine

Biagio Cantisani (Presidente)

Giuseppe Madia (Vice presidente)

Maria Cosco (Segretario)

Antonio Lento (Tesoriere)

Francesco Albanese

Antonio V. D’Amato

Nicola De Luca

Sergio Fabrizi

Giuseppe Macrì

Guido Mignolli

Antonio R. Riverso

012009

[Editoriale] Biagio Cantisani

Mediterraneamente Anna Corrado

Paesaggio in Calabria Giuseppe Bova

Continuità interrotte Daniele Vacca

La sostenibilità mediterranea attraverso l’architettura del paesaggio Stefan Tischer

Da Piazza Matteotti a Piazza Matteotti. Il valore del paesaggio nel nostro tempo Franco Zagari

Immagini di paesaggi Antonio Dattilo

Paesaggi greci Nikos Ktenàs

La bellezza inutile: viaggio nel paesaggio della Calabria Maria Rosa Russo

[concorsibandi]

[concosibandi]

[architetturE]

[cultura e territorio]

[dentro la professione]

[eventi]

[tesi di Laurea]

[arte]

[blow-out]

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[editoriale] Trasmettere l’Architettura

Biagio Cantisani

Non credo si possa ricominciare questa avventura edi-

toriale dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia

di Catanzaro se prima non si rivolge un pensiero a Raf-

faele Sirica. Raffaele, il nostro grande Presidente Na-

zionale e per tanto tempo anche il Presidente di tutte

le Professioni Italiane, ci ha lasciato improvvisamente

lo scorso aprile.

Ho conosciuto Raffaele oltre 10 anni fa, quando an-

cora ero Delegato Inarcassa, e apprezzai subito il

modo di fare di quel Presidente che nella sua napole-

tanità genuina riusciva a metterti subito a proprio agio;

e la nostra amicizia si consolidò appena il mio ruolo di

Presidente dell’Ordine di Catanzaro mi consentì una

maggiore frequentazione. Sono tanti gli aneddoti che

percorrono la mia mente nel ricordo di un Presidente

che amava rimanere in contatto con tutti, ma lascian-

doli nella sfera del personale, mi preme invece ricor-

dare il grande feeling che Raffaele aveva con il nostro

Ordine, un grande rapporto di stima e di riconosci-

mento di impegno e di lavoro, consolidatosi con la pre-

senza di Nino Zizzi nel CNA, un rapporto costante che

lo ha portato molte volte a Catanzaro, che gli ha per-

messo di seguire molto ed apprezzare il nostro lavoro.

Ma al di là di ciò Raffaele Sirica è stato il Presidente

che ha dedicato tanto di sè nel lavoro paziente volto a

migliorare e qualificare la professione dell’architetto.

Grande comunicatore e affabulatore, riusciva a coniu-

gare le sue capacità di politico con la sua grande forza

di volontà di professionista, con il risultato di aver

fatto sì che una riforma moderna della professione

fosse portata al centro del dibattito politico, un dibat-

tito da lui sempre voluto a prescindere dai colori poli-

tici che nel tempo si sono succeduti. L’obiettivo era

sempre lo stesso, la ricerca di un ruolo professionale

per l’architetto, moderno e qualificante nell’esigenza

di perseguire la qualità architettonica in ogni ambito

del processo decisionale e tecnico; la volontà di riunire

quest’ultimo concetto con la volontà di consentire a

tutti, soprattutto ai giovani, la possibilità di parteci-

pare attraverso lo strumento del concorso di architet-

tura. Dopo l’ultimo terremoto in Abruzzo tutti hanno

convenuto sulla validità di un’altra sua intuizione, che

era stata portata avanti con tenacia dal Consiglio Na-

zionale, quella del fascicolo del fabbricato, che costi-

tuiva e costituirebbe un elemento importante di

controllo per le costruzioni.

Ma la visione in avanti più importante di Raffaele è

stata quella per il Congresso Mondiale di Torino del

2008. Un congresso fortemente voluto dal Consiglio

Nazionale che ha visto nel luglio dello scorso quasi

10.000 architetti di tutto il mondo incontrarsi a Torino

nel segno della comunicazione, del comunicare e del

trasmettere l’architettura, partendo da Torino ed

avendo come simbolo la Mole, grande antenna comu-

nicante al mondo il segnale che l’architettura ha il

grande compito di trasformare le città e renderle vivi-

bili attraverso processi di trasformazione sostenibili.

Trasmettere e comunicare l’architettura rimane l’obiet-

tivo che da Torino in poi è diventato il manifesto per gli

architetti e questa rivista si pone proprio in questa ot-

tica, quella di continuare a trasmettere questo mes-

saggio, che possa significare come l’architettura

possa mirare a qualificare e recuperare le periferie tra-

sformandole in città o creare processi condivisi e par-

tecipati capaci di dare risposta alle esigenze di una

qualità insediativa, di ordinato assetto del territorio, di

miglioramento dell’ambiente urbano.

Da tempo il Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pia-

nificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia

di Catanzaro, che mi onoro di presiedere, ha intrapreso

un percorso che intende determinare un ruolo attivo

sul territorio e che ha come obiettivo fondamentale la

partecipazione ad una crescita qualitativa della vita e

stimolo al dibattito inteso alla crescita culturale della

città, e non solo.

Pertanto, con tale consapevolezza di essere attori pro-

tagonisti di un processo culturale di crescita, ogni mo-

mento di dibattito viene colto come significativo ed

importante per quella attitudine alla partecipazione

che tende a contraddistinguere il nostro impegno. E

architetticatanzaro news

questo impegno riparte oggi con questo prodotto edi-

toriale che intende essere un ulteriore elemento di

partecipazione al dibattito in essere. Il layout prevede

che la rivista sia divisa in due parti principali: una de-

dicata ad un tema principale e la seconda ai contributi

del fare architettura sul nostro territorio, l’architettura

degli iscritti e dei giovani iscritti attraverso la sezione

dedicata alle tesi di laurea. Un ulteriore tentativo di

partecipare e comunicare oltre che stimolare un dibat-

tito che in questo momento di crisi e recessione può

diventare un momento fondativi come forma di aggre-

gazione che può consentirci di far comprendere quanto

quel sogno sia nostro sia di Raffele Sirica, di trasfor-

mare le città, non sia solo una utopia di stampo avan-

guardistico, ma possa diventare il simbolo di una

ricostruzione non solo architettonica. Un grande mo-

mento di democrazia urbana.

Grazie Raffaele

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Raffaele Sirica

Presentiamo in questa prima parte della rivista una serie

di articoli che ruotano tutti intorno a un tema, scelto dalla

redazione, a partire da una definizione un po’ lunga,

“paesaggi d’architettura mediterranea”, che si è sostan-

ziata poi in un termine, mediterraneamente, appunto,

che vuole descrivere un modo di essere, di sentire, che

coinvolge più argomenti da diverse angolazioni teoriche,

tutti aventi in comune lo sfondo di un paesaggio che con-

testualizza il nostro essere nel Mediterraneo.

Così, assemblando i vari articoli richiesti alle persone

indivuate vicino al tema, è venuta fuori una rilettura di

questo termine molto variegata e interessante. Medi-

terraneo non può ormai essere un termine univoco, ma

una commistione di termini, un gioco dialettico di dif-

ferenze, inclusioni, influenze, contrapposizioni, contra-

sti . Mediterraneamente è un concetto che influisce

nel nostro modo di interpretare e costruire paesaggi.

Per paesaggi d’architettura mediterranea intendiamo

quei paesaggi costruiti che racchiudono in sé i carat-

teri della contemporaneità e, al tempo stesso, i segni

e le ragioni di appartenenza ad un’area geografica,

quella mediterranea, naturale e storico luogo d’incon-

tro e di fusione di civiltà.

L’architettura del Mediterraneo è l’espressione co-

struttiva di una condizione culturale sovranazionale

segnata da affinità e differenze, da caratteri comuni e

aspetti singolari.

La mediterraneità, più che una prerogativa di un con-

testo fisico/culturale che dall’esterno vincola e guida

la pratica architettonica e urbana, risulta essere una

qualità interna al progetto, ovvero appartiene più pro-

priamente al mondo delle relazioni che si istituiscono

tra l’architettura e il paesaggio, naturale e/o artifi-

ciale, nella quale la prima viene chiamata ad agire.

I contributi presenti in questa sezione (che sicura-

mente non vogliono e non possono essere esaustivi

sull’argomento), rappresentano quindi una riflessione

sul tema del paesaggio calabrese/mediterraneo visto

da angolazioni diverse: partendo da un punto di vista

prettamente istituzionale (G. Bova), si va dal tema del

paesaggio come bene economico/sociale (D. Vacca) a

quello della ricerca di un nuovo paesaggio soprattutto

“culturale” (S. Tischer) a quello della conoscenza degli

strumenti dell’operare (N. Ktènas), dalla disamina del

paesaggio storico alla individuazione dei temi conflit-

tuali della contemporaneità, come il deficit

climatico/energetico/ambientale (F. Zagari); e ancora

da un’analisi attenta ai sistemi morfologici che com-

pongono il paesaggio mediterraneo calabrese alla ri-

cerca di una nuova pianificazione che comprenda dei

“progetti di paesaggi” dando nuove identità ai luoghi

(A. Dattilo), per concludere con una visione poetica

davvero “disarmante” dei luoghi in cui il paesaggio si

sostanzia e si manifesta (M. Russo).

MediterraneamenteAnna Corrado

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Foto di Maria Rosa Russo

Paesaggio in Calabria

Giuseppe BovaPresidente del Consiglio regionale della Calabria

Approfondire i temi legati al paesaggio calabrese si-

gnifica sottolineare una delle più profonde contraddi-

zioni che segnano il territorio in cui viviamo.

La nostra regione dispone di un autentico tesoro, rap-

presentato dalla bellezza e dalla varietà della sua na-

tura. Ottocento chilometri di coste, tre imponenti

complessi montuosi che creano l’appendice meridio-

nale degli Appennini, qualche rara pianura e improv-

visi strapiombi sul mare. Tutto ciò è stato

plasticamente descritto, nel suo Viaggio in Italia ci-

tato in questa rivista, da un grande giornalista e osser-

vatore del nostro Paese negli anni Cinquanta, Guido

Piovene.

Eppure – in ciò si trova la contraddizione – alcune au-

torevoli ricerche, pubblicate proprio in questi giorni,

confermano come la Calabria sia, in assoluto, la terra

degli ecomostri. Milioni di metri cubi di cemento sem-

brano gettati a casaccio; gli scheletri di strutture edi-

lizie destinate ad ospitare private abitazioni, o

faraonici complessi turistici rimasti sulla carta, detur-

pano le zone costiere; opere scriteriate sorgono al-

l’improvviso, come funghi, nel mancato rispetto delle

più elementari regole dell’architettura e del decoro

urbanistico.

Nel corso di questa legislatura, che percorre ormai il

suo ultimo tratto, il Consiglio regionale della Calabria

è intervenuto, con gli strumenti a propria disposizione,

per arginare questa deriva pericolosissima non solo per

quanto attiene agli aspetti estetici, ma soprattutto per

ragioni legate alla sicurezza del territorio e degli edifici.

Si tratta di interventi fondamentali, in una regione ad

altissimo rischio sismico costretta, negli ultimi sei

mesi, a fare i conti anche con drammatiche alluvioni.

Tali eventi catastrofici hanno cagionato troppe morti

innocenti che i calabresi hanno il dovere di non dimen-

ticare. Le scene tragiche del gennaio scorso, dopo la

frana sull’autostrada a Rogliano Gravina, sono ancora

davanti ai nostri occhi.

In tal senso, va ricordato come la Regione Calabria

abbia assunto tra i principi e le finalità del proprio Sta-

tuto “la protezione dell’ambiente, la salvaguardia del-

l’assetto del territorio e la valorizzazione della sua

vocazione”. L’Assemblea legislativa calabrese, che ha

già varato da tempo le linee guida alla legge urbani-

stica, dovrà inoltre procedere al varo del Piano pae-

saggistico regionale, fondamentale strumento di

pianificazione del territorio.

Sarà su queste regole, nel rispetto del Codice dei Beni

Culturali e della Convenzione europea del Paesaggio,

che la Calabria potrà cambiare aspetto. Esalteremo

così la nostra vocazione mediterranea e soprattutto

contribuiremo, tutti assieme, a mettere a punto un

nuovo ed inedito modello di sviluppo urbanistico, in

grado di valorizzare quanto di inimitabile c’è nel no-

stro paesaggio. In questa battaglia di lunga lena, un

ruolo fondamentale sarà proprio quello degli architetti

e degli urbanisti calabresi, che con il loro talento, l’im-

pegno e la passione che li contraddistingue avranno il

compito di disegnare un pezzo importante del futuro

della nostra terra.

Foto di Maria Rosa Russo

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Continuità interrotte

Daniele Vacca

La Calabria sembra essere creata

da un Dio capriccioso che,

dopo aver creato diversi mondi,

si è divertito a mescolarli insieme.

Guido Piovene1

Viaggiare in Calabria, ricordando le parole di Guido

Piovene, significa “compiere un gran numero di andi-

rivieni, come se si seguisse il capriccioso tracciato di

un labirinto. Rotta di quei torrenti in forte pendenza,

non solo è diversa da zona a zona, ma muta con pas-

saggi bruschi, nel paesaggio, nel clima, nella compo-

sizione etnica degli abitanti”. Parole che portano poi

l’autore ad affermare che “ la nostra regione è la più

strana di tutte le regioni”. In effetti l’orografia, le ci-

viltà è il paesaggio sono così variegati nella loro con-

figurazione da assumere connotazioni pittoresche e

poetiche. Oggi la Calabria è segnata da interventi di

trasformazione del paesaggio inconsapevoli. L’abusi-

vismo degli anni sessanta e settanta ha fatto si che la

varietà di configurazioni descritta da Piovene si tra-

sformasse in luogo senza identità specifiche. La terra

di Calabria è una delle terre più ricche di connotazioni

naturali tuttavia dilaniata da una disseminazione sel-

vaggia che ha invaso tanto le coste quanto i paesaggi

interni. Ancora le grandi qualità paesaggistiche e am-

bientali della regione sono in qualche modo poco va-

lorizzate, se non offuscate, dalla carenza di

infrastrutture, spazi per la collettività, attrezzature ri-

cettive. Tutto ciò comporta una condizione di arretra-

tezza nella quale la Calabria ha stagnato per molto

tempo e dalla quale si accinge ultimamente a venir

fuori.

In questo sforzo di superamento delle condizioni di ri-

tardo rispetto allo sviluppo Europeo, è necessario l’ap-

profondimento di tre temi in particolare per puntare

obiettivi di lunga durata attraverso un processo di tra-

sformazione sensibile del paesaggio: la costa, le città

marine e l’entroterra. Questi tre ambiti territoriali con-

sentono di assegnare alla regione quella che Franco

Purini definisce “ una rara potenza espressiva” e che

vanno riportati in un’ottica unitaria capace di restituire

alla Calabria un carattere variegato ma continuo, no

frammentato da brusche interruzioni ambientali.

L’entroterra, per caratteristica e caratteri esprime la

stratificazione dovuta alle evoluzioni storiche delle ci-

viltà che lo hanno insediato. La riqualificazione dei

centri storici, strada già percorsa dalla Regione Cala-

bria che ha finanziato numerosi progetti per la ricon-

versione ed il recupero di molti centri, è un buon inizio

ma sicuramente non ancora sufficiente per risolvere

un problema che caratterizza la maggior parte dei pae-

saggi interni. Bisogna anche lavorare attraverso un

progetto unitario che permetta ai paesi collinari di

uscire dall’isolamento o dallo spopolamento che li ha

caratterizzati in questi anni. Il mare e la collina devono

poter convivere al’interno di un unico sistema territo-

riale che, grazie alla salvaguardia dei beni culturali, di

cui la Calabria è senz’altro ricca, deve essere rilan-

ciato come meta turistica.

La costa, malgrado la sua bellezza, ha già un limite fi-

sico costituito dalla linea ferrata che la divide e la

isola dai centri che rimangono a monte di essa. Que-

sto limite rende impossibile la continuità di attraver-

samento trasversale tale da poter renderlo meno

sconnesso. Ma questo non è l’unico problema, seppur

ormai storico, dovuto al fatto che l’attraversamento

ferrato nasce prima dei centri abitati. Il problema so-

stanziale è dovuto al bizzarro e isolato modo di co-

struire su iniziativa privata. Case Isolate, ecomostri e

non finito caratterizzano e mettono in evidenza la di-

scontinuità, ma anche la scarsa volontà di avvalersi

della vocazione paesaggistica dei luoghi costieri che

necessitano di una trasformazione sostanziale per in-

crementare lo sviluppo economico sull’industria del

turismo. La Calabria gode di un’estensione della linea

di costa che, più che in altre regioni, la dota di una ca-

pacità ricettiva turistica che potrebbe rilanciare econo-

micamente l’intera regione. È necessario focalizzare

l’attenzione sul problema dell’abusivismo, tentando

di riconvertire le aree particolarmente compromesse

e allo stesso tempo facendo lo sforzo di arginare il

architetticatanzaro news

Nasce a Catanzaro (Calabria) nel 1979, si

laurea in architettura all’Università “Medi-

terranea di Reggio Calabria” con 110/110 e

lode. Dal 2005 al 2007 ha collaborato come

assistente ai corsi di Progettazione Archi-

tettonica della Facoltà Architettura di Reg-

gio Calabria. Dal 2003 è presidente

dell’associazione +xm Plusform. Ha organiz-

zato con l’associazione: Il primo premio +xm

plusform: architetture in Calabria (Consiglio

Regionale della Calabria, 2007), Workshop

il territorio oltre lo stretto Barcellona Pozzo

di Gotto 2009, Ha partecipato a numerosi

concorsi 2005 Europan 8. Competition for

ideas. Riga, Latvia. 2006 Crotone il fronte a

mare (Biennale di Venezia – Progetto sele-

zionato). 2009 Concorso per la realizzazione

di un Auditorium a Caulonia, 2009 Europan

10 Dunkerque, Francia. Nelle sue realizza-

zioni: complesso residenziale per sei alloggi

ad Ardore (RC), restauro di una casa colo-

nica a Scarperia (FI), tre ville ad Ardore (RC).

1 Guido Piovene, Viaggio in Italia (Mondadori,

Milano, 1957), Baldini Castoldi Dalai 1999

fenomeno in modo da restituire, anche se appare un

impresa ardua, l’originaria bellezza che questi pae-

saggi mediterranei possedevano.

Bisogna riorganizzarsi e questo dovrebbe partire da un

tavolo di confronto istituito dalla regione come mas-

simo organo preposto alla riforma dell’assetto territo-

riale. Bisogna dotarsi di un osservatorio altamente

qualificato che possa tracciare le linee guida per uno

sviluppo disciplinato non più in isolati ambiti comu-

nali ma attraverso programmi su territori estesi a più

realtà amministrative, tentando di innescare processi

per la trasformazione dell’esistente.

Un’idea di pianificazione che parta dall’analisi e dal-

l’interpretazione dell’esistente per intensificare un po-

sitivo processo di modificazione del territorio di cui la

regione e i calabresi hanno veramente bisogno.

Bisogna fare attenzione a non cadere nell’errore della

salvaguardia esasperata che blocca ogni tentativo di

modificazione dell’esistente. La qualità non si detta

con un imposizione irragionevole di regole che nella

loro genericità non riescono a dare una continuità nel

processo di trasformazione. Molte volte sono regole

che non consentono applicazioni oggettive ma sono

lasciate alla libera interpretazione di soggetti che per

cultura e percorsi individuali assumono posizioni arbi-

trarie sindacando sulla qualità di alcune operazioni ri-

spetto ad altre senza alcuna garanzia che ciò sia un

fatto condiviso dalla collettività. Non necessariamente

i progetti devono ricondursi a stilemi storicizzati per

apparire integrati o adeguati al paesaggio. Tuttavia

ancora oggi nelle zone vincolate si “suggerisce” di

prendere a modello le case rurali, di utilizzare mate-

riali, rivestimenti e quant’altro che sia riconducibile

ad epoche remote, come strumento di garanzia di

basso impatto ambientale. Chiaramente tali “suggeri-

menti” rientrano in un’ottica esclusivamente conserva-

tiva che imbalsama il paesaggio in una condizione

falsificata. Il problema reale non è costruire ma come

costruire. Costruire nel presente perché possa essere

lasciata una traccia della contemporaneità nel futuro.

Quello che oggi è presente domani sarà memoria di

un processo storico avvenuto. Forse oggi la domanda

che dovremmo porci è su come porre fine ad un mo-

mento culturalmente inerte, per avviarsi al passo degli

altri paesi europei in cui l’architettura contemporanea

ha contribuito all’arricchimento ed alla valorizzazione

dei paesaggi. Occorre pensare che i paesaggi possano

essere esaltati anche da nuove costruzioni (infrastrut-

ture, case, attività ricettive) che saggiamente sappiano

interpretare i caratteri del territorio per assegnare loro

un plusvalore estetico e non solo valutabile sul piano

dello sviluppo economico.

Didascalia

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Foto di Daniele Vacca

La sostenibilità mediterraneaattraverso l’architettura del paesaggio

Stefan Tischer

L‘architetto paesaggista

Diversamente da un profondo ancoraggio nella cultura

professionale nei paesi anglosassoni, mitteleuropei,

ma anche sempre di più in Spagna e altri paesi del

mediterraneo, l‘architetto paesaggista in Italia non

possiede ancora lo stesso riconoscimento, l‘autono-

mia professionale, la chiarezza della formazione che

sono invece previsti o resi obbligatori dagli standard

europei ed internazionali.

Benché da un punto di vista pittoresco-culturale o turi-

stico-professionale questo differenziarsi puramente ita-

liano – come il mancato adeguamento alle convenzioni

internazionali per il riconoscimento di una figura pro-

fessionale identificata e ben definita - potrebbero es-

sere interpretati come una “ricchezza culturale“, è

lecito il dubbio sulla legittimità di tale nebulosa “diffa-

mazione” professionale; tanto più che ciò si accompa-

gna – cosa ancora più grave – a un declassamento

dell’“architetto paesaggista“ al “paesaggista“ da parte

degli organismi responsabili per la definizione profes-

sionale; il che comporta un ostacolo per lo sviluppo so-

stenibile delle nostre città.

Si arriva così a escludere e depauperare quella pro-

fessione che esiste unicamente (precipuamente) per

la progettazione degli spazi pubblici dalla propria

“missione”, rischiando di lasciare questi spazi a pro-

fessionisti con altre specifiche caratteristiche: gli ar-

chitetti, i quali - per definizione etimologica e per

esperienza personale di chi scrive - hanno l‘edificio al

centro dei propri interessi; e l‘ingegnere, colui che

pensa allo spazio pubblico e al paesaggio come am-

biente in maniera tecnica.

Qual è l‘idea che la maggior parte degli Italiani ha

dell‘architetto paesaggista? Subito viene in mente o

siamo portati a pensare al giardiniere e all‘arte dei

giardini. Certo, non dobbiamo vergognarci che una

delle più forti motivazioni per la creazione della nostra

professione nella metà dell’ottocento fosse la tradi-

zione del genio orticulturale-paesaggistico, sia in Fran-

cia come in Germania1. Naturalmente, poi, fino ad oggi

la lettura dello spazio come fenomeno del paesaggio,

l‘intervento e la trasformazione spaziale tramite le

strutture vegetali mantengono la stessa importanza

(se non la predominanza) degli altri mezzi di modifica-

zione dello spazio stesso; rimangono insomma il no-

stro credo. Oggi, però, nel momento di una crisi

generale economica che diventa sempre di più un ri-

orientamento culturale, la professione dell’architetto

paesaggista sente la specifica necessità di liberarsi da

certe pratiche del “designer dei giardini“ e del “paesag-

gista decoratore“. Ci riferiamo alle pratiche che hanno

portato, malgrado un certo successo economico-sociale

e una conoscenza vaga ma divulgativa del “paesaggi-

sta“, a quella prassi – forse necessaria ma pericolosa –

volta a una ricerca, protrattasi negli anni, troppo incen-

trata sulle forme come soluzione artistica e molto meno

sulla sostenibilità. Come gli architetti in genere, anche

gli architetti paesaggisti percepiscono dunque una forte

crisi nei confronti del problema del formalismo.

Ovviamente riconosciamo forma e spazio come le ca-

tegorie principali del nostro mestiere. Ma al di là delle

professioni ambientalistiche e ingegneristiche, ci pare

in questa sede indispensabile integrare ai tre “con-

cetti fondamentali“ della sostenibilità (ecologica, so-

ciale ed economica), una quarta categoria: la

sostenibilità culturale.

Giardini e festival: luoghi di sensibilizzazione

Negli ultimi 15 anni in Italia hanno evocato un grande

interesse per l‘architettura del paesaggio i vari Festi-

val del Giardino e Garden Festivals, manifestazioni che

al di là dell‘effetto/aspetto comunicativo hanno dato

vita a luoghi quali opportunità attraverso cui svilup-

architetticatanzaro news

Architetto paesaggista, ha studiato presso

la TU di Munchen e l’ENSP di Versailles.

Dal 1995 al 2000 lavora come architetto

paesaggista e progettista urbano a Monaco

di Baviera e a Berlino. Nel 2002 lascia Ber-

lino per trasferirsi a Montréal, dove dirige

l’École d’Architecture de Paysage. Ha inse-

gnato presso l’École des Beaux Arts di Ber-

lino-Weissensee, l’IUA di Venezia, la Yale

University, l’ENSP de Versailles ed è tra i

fondatori della rivista internazionale Topos

European Landscape Magazine.Ha proget-

tato il recupero del Memorial dell’ex campo

di concentramento femminile a Raven-

sbrück, il campus dell’Università di Wismar,

i nuovi giardini di Villa Rinaldi ad Asolo e i

giardini espositivi a Chaumont sur Loire,

Métis, Padula e Montréal. Nel 2003 ha rice-

vuto dalla Fondazione Forberg-Schneider il

prestigioso “Prix Belmont” per l’architettura

del paesaggio e il progetto urbano. Attual-

mente è professore associato presso la Fa-

coltà di Architettura ad Alghero (Univeristà

di Sassari).

pare nuovi concetti e punti di vista sul paesaggio e

l‘architettura del paesaggio.

Il sistema dei Gartenschau in Germania (IGA - Inter-

nationale Gartenschau, BUGA - Bundesgartenschau,

LAGA - Landesgartenschau) possiede invece già dalla

sua fondazione nel 1951 un aspetto di durabilità

nell‘impostazione: l‘evento effimero del Festival del

Giardino permette a un‘intera città di creare nuovi par-

chi, boulevard, sistemi rappresentativi, ecologici e ri-

creativi di verde. Vi si manifesta pienamente il ruolo

dell’architetto paesaggista come urbanista e protago-

nista principale della progettazione urbana. Visto che

tutti i progetti di sviluppo urbano e infrastrutturale per

una città vengono deliberati e finanziati in maniera

coordinata nell‘anno della “Gartenschau”, la mostra

dei giardini in Germania è diventata nel tempo il prin-

cipale motore e catalizzatore per la trasforma-zione urbana.

In Italia invece i Festival del Giardino sono lughi di sen-

sibilizzazione e di sperimentazione. Sono interventi

che esplorano il limite non chiaramente definito tra

architettura del paesaggio, arte dei giardini e Land Art.

Nel mio giardino alla certosa di San Lorenzo di Padula

(Festival Ortus Artis) ho voluto ricreare attraverso il

mio intervento il senso dell’invasione degli elementi

del territorio antropizzato dall‘uomo, ossia del “pae-

saggio culturale“: la pineta, rappresentata da uno

strato molle di aghi di pino sul suolo; le stecche di ca-

stagno, usate nei campi dai contadini per le varie col-

ture della vite, delle fave, ecc.; la passiflora, che

invadendo il luogo funge da simbolo esotico e sen-

suale del giardino stesso.

Il tema della sostenibilità è presente anche in questo

giardino; si limita però al solo livello astratto-teorico,

che può però servire come elemento di stimolo verso

una riflessione e sensibilizzazione del visitatore nei ri-

guardi della materia.

Tre aspetti dello sviluppo sostenibile nell‘archi-tettura del paesaggio

Talvolta, “agire in maniera sostenibile” su scala a li-

vello territoriale può significare proprio il contrario di

quello cui saremmo portati a pensare. Crediamo che

proteggere i paesaggi culturali sia un contributo alla

sostenibilità del territorio; se però vogliamo prendere

in seria considerazione l‘abbandono totale dell’uso

delle risorse fossili e minerarie, cosi come tutti i re-

stanti derivati del petrolio, dobbiamo cercare risorse

nuove non solo per l‘energia ma anche per i materiali

da costruzione, sostituti per la plastica, come per tutti

i prodotti chimici, farmaceutici, ecc. Nonostante tutta

la speranza riposta nell’impiego delle nuove tecnolo-

gie a energia solare, sarà comunque ovvio che nel

prossimo futuro l‘unico produttore alternativo possi-

bile delle materie primarie sarà l‘agricoltura. Benché,

dopo la crisi dei mercati alimentari e l‘aumento della

produzione di “biodiesel“, l‘abbandono dell‘esclusività

nella produzione di cibo abbia contribuito alla diffa-

mazione della categoria degli agricoltori, è proprio in

questo che a nostro avviso possiamo intravvedere una

seppur modesta anticipazione di tendenza verso un

nuovo necessario completo ri-orientamento nella pia-

nificazione e trattamento dei territori, e di conse-

guenza dei paesaggi.

Credo anche che come architetti paesaggisti do-

vremmo semplicemente meglio considerare il loro ef-

fetto/impatto formale-percettivo, l’impiego strutturale

e la versatilità a livello funzionale per l‘intero territo-

rio agricolo e forestale. La simulazione di un nuovo

paesaggio culturale, completamente artificiale e in-

ventato, ci porta lontano dal concetto di conservazione

dei paesaggi culturali in quanto categoria da proteg-

gere. Questo è il primo aspetto centrale di cui bisogna

tener conto: il concetto dello sviluppo sostenibile, uti-

lizzato seriamente e applicato sul territorio intero, si-

1 FONDAZIONE DELLA PROFESSIONE P.E.

in GERMANIA: 1823 Fondazione della

Gärtnerlehranstalt a Potsdam-Sanssouci

sotto la direzione di Peter Joseph Lenné

come prima istituzione scientifica di es-

clusiva formazione e ricerca per ar-

chitetti paesaggisti su decreto del re

Friedrich Wilhelm III. di Prussia

10 11

gnifica il radicale cambiamento non solo delle nostre

abitudini, ma anche dell’apparire fisico del nostro am-

biente e dei nostri paesaggi.

Un secondo aspetto fondamentale che deve essere

preso in considerazione è l‘applicazione delle nuove

“tecniche urbane“, a esclusiva cura dell‘architetto

paesaggista, che è la figura professionale destinata

da sempre e per eccellenza a tale scopo. La disper-

sione ecologica delle acque piovane2 e l’utilizzo di tetti

e facciate verdi3 sono ormai ritenuti standard del dise-

gno urbano. In qualche paese sono obbligatori per

legge o regolamento municipale; in altri ci si augura

che possa essere solo una questione di tempo perché

lo diventino. Purtroppo si continua in molti ambiti a

volerli considerare quali temi di precipua competenza

dell’ingegnere, del geometra o dell’impresa specializ-

zata - con la stessa ignoranza con la quale il giardino

e il parco venivano considerati temi di competenza

esclusiva dell‘agronomo, del botanico o del giardi-

niere. Farsi ispirare dalle nuove esigenze tecnico-so-

stenibili per trovare nuove soluzioni di design per gli

spazi pubblici, semipubblici e privati è dunque il nuovo

obiettivo da raggiungere.

Nella realizzazione di diversi progetti ho potuto fatti-

vamente sperimentare l’applicazione di queste nuove

tecniche per la sostenibilità urbana. Nel campus della

Città delle Scienze a Berlino-Adlershof, dove avevo già

collaborato al masterplan e in seguito realizzato gli

esterni di qualche edificio, il tema della dispersione

delle acque piovane si può ritrovare espressa in varie

soluzioni: dai prati ribassati, ai diversi tipi di avvalla-

menti, a nuovi modelli di cunette o canali di scolo, ma

anche cisterne e sistemi di raccolta delle acque per

l‘irrigazione delle facciate verdi. Applicando e speri-

mentando tali concetti, inoltre, abbiamo ottenuto che

le facciate verdi stesse si rivelassero molto di più che

semplice decorazione romantica, fungendo da veri e

propri elementi low-tech per una differenziata ge-

stione stagionale della luce solare attraverso i sistemi

di irrigazione e arrampicamento delle piante, scelte in

maniera specifica per soddisfare le esigenze di clima-

tizzazione dell’edificio (Facoltà di Fisica dell’Humboldt-

Universität di Berlino). Per quanto riguarda invece i

tetti verdi, possiamo qui citare l’esempio del padi-

glione dimostrativo per tetti verdi “Les Ailes des Eclu-

ses“ nell’esposizione “Internationale Flora 2006“ a

Montreal, dove l‘obiettivo dell’intero progetto era

quello di convincere un gran numero di pubblico in-

consapevole e molto scettico (per motivi climatici, di

costi, di umidità e problemi costruttivi e di gestione in

generale) dei vantaggi ecologici, economici e di op-

portunità in ambito di accrescimento della qualità

delle condizioni di vita derivanti dall’utilizzo del tetto

piantumato a specie vegetali.

Il progetto urbano paesaggistico come promo-tore del progetto sostenibile

I progetti urbani tradizionalmente gestiti dagli archi-

tetti paesaggisti sono i masterplan a scala urbana. Ab-

biamo già citato alcuni illustri esempi storici, come

quello di Lenné a Berlino, e abbiamo altrove richia-

mato il ruolo dell’architetto paesaggista quale prota-

gonista principale della progettazione urbana; non

voglio approfondire a questo punto i concetti del land-

scape urbanism4, che asseriscono il primato del con-

cetto del paesaggio sopra quello tradizionale

dell‘architettura e del disegno urbano; però vorrei ri-

cordare che attraverso i piani di arredo paesaggi-

stico/urbano per le città esiste ormai già una

tradizione assodata di più di 150 anni attraverso cui

poter rendere le città più sostenibili. Certo, se si pensa

agli albori della professione dell’architetto del pae-

saggio, nonostante la quantità degli alberi nei boule-

vard e parchi del ‘800, si può riconoscere la

preoccupazione effettivamente meno ecologica e piut-

2 Anche in Germania, p.e., la dispersione

delle acque è spesso vietata per legge

federale e regionale. Attraverso però

nuovi regolamenti municipali e tramite

piani regolatori e particolareggiati i citta-

dini vengono liberati da questo divieto, e

nei nuovi piani, spesso pure obbligati ad

re infiltrare le acque piovane nelle falde

acquifere del proprio lotto (p.e. a Berlino

dal 2001a norma di legge su base re-

gionale).

3 La Germania, p.e., richiede espressa-

mente l’utilizzo dei tetti verdi nella legis-

latura dei Länder (stati federali), quindi a

livello regionale; tutti i regolamenti e i

dettagli tecnico-estetici vengono appro-

fonditi su questa base legislativa mentre

nei piani regolatori e piani particolareg-

giati solo a livello municipale. Il

4 Si veda: Waldheim, C.: The Landscape

Urbanism Reader, New York 2006,

Princeton Architectural Press

architetticatanzaro news

tosto sanitario-sociale. Però se si pensa che ben pre-

sto apparvero più elaborate teorie quali quelle delle

green belt e dei sistemi ecologici strutturanti le città,

si può chiaramente affermare che l‘applicazione dei

principi dello sviluppo sostenibile è da decenni il la-

voro quotidiano degli architetti paesaggisti.

Ovviamente il progetto urbano sostenibile non è di

esclusiva pertinenza dell’architetto paesaggista, ma

tocca profondamente anche l’ambito della professio-

nalità dell‘architetto. Ma il processo della progetta-

zione architettonica degli edifici diventa sempre di più

un’evoluzione interdisciplinare e partecipativa, dove

l‘architetto paesaggista è sicuramente solo uno dei

vari esperti e decisori che disturba la nobile sobrietà

del progettista genio nella sua torre d‘avorio. Un edi-

ficio, oltre a essere l‘oggetto del pubblico interesse

nella fase di progettazione, va poi consegnato alla sua

responsabilità pubblica. Solo pochi possono ancora

permettersi - tramite la fama del nome o con una sem-

pre più rara (e alla fine anche obsoleta) protezione del

potere politico e/o economico - di poter trascorrere

tutto il processo di progettazione architettonica senza

confrontarsi con utenti, residenti, interessati, persone

auto-dichiaratisi competenti e altri convinti di aver

voce in capitolo; e ancora bisognerebbe essere inge-

gnere per dichiarare l‘opera in costruzione “dovuta”

(a segreti scientifici, quindi indiscutibili scelte tecni-

che) e non derivante da espressa volontà (dovuta a

scelte progettuali).

Comunque, anche e soprattutto dal dialogo e dalla

partecipazione (ben dosata), possono emergere con-

cetti pertinenti. Un’esperienza particolare fu in tal

senso il Concorso per la Nuova Stazione dell’Alta Ve-

locità di Firenze tenutosi nel 2002, dove collaborai al-

l’interno di un gruppo interdisciplinare guidato dallo

studio Ricci+Spaini architetti, in qualità di architetto

paesaggista. A titolo chiarificatore della nostra filoso-

fia progettuale di allora mi fa piacere in questa sede

richiamare le parole che scrisse per l’occasione Paola

Cannavò5: “Può questo intervento rispondere alle ri-

chieste del committente e allo stesso tempo soddi-

sfare le esigenze dei cittadini? Diventare un‘occasione

concreta di riqualificazione del paesaggio urbano, un

traino per il miglioramento della vita e dello spazio

della città verso obiettivi condivisi di qualità urbana?

Risolvere anziché creare problemi ambientali legati al

miglioramento delle infrastrutture ferroviarie?“. Il no-

stro progetto prevedeva “la realizzazione non di un

nuovo edificio ma di un nuovo parco che esprima la

sostenibilità del cambiamento. Un grande spazio pub-

blico. Un‘architettura costruita nel rispetto dell‘am-

biente... Una nuova ecologia di sistemi fondata sulla

compresenza e sull‘integrazione possibile tra mate-

riali urbani ed elementi naturali. La terra e l‘acqua rea-

lizzano il ciclo ecologico del progetto; ne determinano

la sezione costruttiva, il funzionamento bioclimatico e

strutturale, costituiscono i materiali essenziali e de-

scrivono la figura della nuova stazione”.

Nonostante l’esempio sopracitato di collaborazione -

componente a mio parere essenziale perché si possa

arrivare ad avere progetti di qualità - non dobbiamo

dimenticare che l‘architetto paesaggista apporta co-

munque il proprio autonomo contributo allo sviluppo

sostenibile. Rammentiamo e ribadiamo fortemente la

necessità che in Italia con assoluta urgenza venga rin-

forzata questa figura professionale, sia a livello di for-

mazione accademica, che in particolare a livello di

competenza e di committenza pubblica e privata e so-

prattutto a livello istituzionale e legale; in modo tale

che si possa garantire, chiarire, rinforzare e promuo-

vere il suo necessario e importantissimo ruolo e la fon-

damentale possibilità di un contributo in direzione del

progetto urbano 5 Si veda:Cannavò, P.: A_TRA_VERSO,

Firenze 2004, Mandragora Editore, ISBN

88-7461-057-2, p. 64-71

12 13

Da Piazza Matteotti a Piazza MatteottiIl valore del paesaggio nel nostro tempo

Franco Zagari

Il presidente Biagio Cantisani mi ha invitato a fare una

breve riflessione sul paesaggio. Certo l’attualità dà

molti spunti, il provvedimenti cosiddetti della casa, il ri-

lancio del Ponte, il fatto che Reggio oggi e Messina do-

mani diventino città metropolitane. Ma di tutto ciò

bisognerà parlare in un contraddittorio con adeguato

tempo e adeguato spazio. Vorrei invece cogliere questa

occasione prendendo le mosse proprio da Catanzaro.

E’ per me motivo di particolare piacere di essere ac-

colto nella vostra rivista. Io devo molto a questa città

che mi ha dato preziose occasioni e devo molto ai tanti

architetti che qui ho incontrato, da quando ho comin-

ciato a frequentarla. Il piano regolatore, il San Gio-

vanni, i piani di recupero, Piazza Matteotti sono state

per me esperienze molto importanti. Matteotti, pro-

getto che feci con lo stesso Gabellini e con Enzo Aman-

tea e Antonio Uccello, è un progetto di paesaggio

urbano che riguarda lo spazio pubblico forse più impor-

tante della città. La piazza che ho disegnato nel 1992

fu voluta dall’allora sindaco Marcello Furriolo e da Mi-

chelangelo Frisini, assessore all’urbanistica. Devo al

loro coraggio e alla loro fiducia il sostegno per un’o-

pera che per la prima volta ha dato a quello spazio un

assetto formale unitario, attraverso il ridisegno di tutto

il suolo, l’atto che in ordine di tempo conclude la lenta

formazione di uno spazio avvenuta durante tutto il No-

vecento, in origine la porta di terra di ingresso alla città

storica, un crinale sul quale non a caso si tenevano le

pubbliche esecuzioni. Il nuovo ordine del suolo ha di-

viso la città perché è un’opera forte, il suo disegno in-

novativo e dirompente è stato nelle mie intenzioni una

rottura del grande sonno dell’architettura a Catanzaro

dopo i grandi episodi di Riccardo Morandi e di Saul

Greco. Capisco che ad alcuni, poi molti, possa essere

risultata estranea, se non ostile la mia scrittura, ma

pure è stata una scrittura, che prima semplicemente

non c’era. Devo dire che sono fiero che la sua inaugu-

razione sia stato uno dei consessi cittadini più impor-

tanti della storia della città, che quest’opera sia stata

pubblicata con evidenza in tanti paesi stranieri, che sia

stata accolta come un esempio dalla Treccani, che uno

dei più grandi architetti della nostra epoca, Fumihiko

Maki, la abbia commentata con interesse, in partico-

lare proprio fermandosi sul suo elemento più discusso,

la Scaletta, dicendo che lo slancio della ascensione che

con un apparente paradosso si fissava in un punto, la

visione dall’alto, il carattere fisiognomico che il suo

profilo aveva stabilito nel punto in cui la piazza si apre,

tutto ciò era ben espresso dal termine di hashi, che in

gapponese significa ponte nel doppio e opposto signi-

ficato di passaggio e di limite (Kyoto, colloquio italo-

giapponese sull’architettura, “Casa Italia in Japan”

1993). Caso ha voluto che recentemente io abbia vinto

il concorso per completare e restaurare Matteotti,

un’occasione unica per un autore di poter ritornare sui

suoi passi, poter sedimentare e perfezionare un’idea

che è stata la scena dell’azione di tante persone du-

rante tutti questi anni. Di questa nuova impresa, che

ho condotto con Ferdinando Gabellini e Giovanni La-

ganà, ho ora sviluppato un masterplan, reso pubblico

nella mostra della notte bianca del 20 settembre del-

l’anno scorso. Posso dire che il progetto ci ha preso

come la prima fase come una febbre e ha subito in que-

sto anno e mezzo che è seguita al concorso una serie

di innumerevoli aggiornamenti: di nuovo la città, que-

sta volta sotto la guida del sindaco Rosario Olivo e del-

l’assessore Iaconantonio, ha aperto una appassionata

discussione.

Perché nuovi paesaggi? Oggi, in margine a questa e

altre opere che ho condotto in contesti delicati vorrei

riprendere quanto ho detto al Congresso dell’Uia di To-

rino. Il tema era appunto Transmitting Landscape / Co-

municare paesaggio (30 giugno 2008, Iniziativa del

Dipartimento di Progettazione Architettonica e di Dise-

gno Industriale del Politecnico di Torino) e io mi inter-

rogavo su come e perché si debba solo tutelare il

paesaggio consolidato che noi sentiamo come un no-

stro bene che ci appartiene, ma per farlo sia anche ne-

cessario gestirlo e innovarlo, e poi addirittura, se

necessario, inventarlo.

architetticatanzaro news

Architetto, paesaggista, vive e opera a

Roma. E’ Professore ordinario di “Architet-

tura del paesaggio” presso la Facoltà di Ar-

chitettura dell’Università “Mediterranea” di

Reggio Calabria, Direttore di OASI, Diparti-

mento di progetto per la città il paesaggio e

il territorio, Coordinatore del Dottorato in

“Architettura dei parchi e dei giardini e as-

setto del territorio” delle Università di Reg-

gio Calabria e Napoli Federico II.

Iscritto all’Ordine degli Architetti di Roma

con n. 3023 dal 1973. Dal 1996 al 2004 è

presidente della Sezione di Roma e del

Lazio dell’IN/Arch. Nel 1998 è nominato

Chévalier des Arts et Lettres dal Ministro

della Cultura di Francia.

Dunque ho parlato di nuovi paesaggi. Il terzo millennio

si apre con un fenomeno di urbanesimo di dimensioni

finora sconosciute, in ogni parte del pianeta. E’ lon-

tano il ricordo del confine netto che separava la città

dalla campagna. Anche in Italia le aree urbanizzate si

sono sviluppate senza limiti e spesso saldate fra città

e città, con una successione per lo più incoerente di

spazi semiurbani - semirurali senza interruzione, luo-

ghi, non luoghi, superluoghi che si alternano a spazi in-

definiti, sottoutilizzati o rifiutati, con una logica

accumulatoria, spesso privi di un disegno comprensi-

bile oltre a quello anche esso incerto delle infrastrut-

ture della mobilità. Si pensi a quanto succede fra Ca-

tanzaro e Lamezia, dove è scritto che debba svilup-

parsi una città, senza che fino ad ora un segno, un

parco, un monumento abbiano sentito e anticipato

questa realtà. Di fronte alla velocità delle trasforma-

zioni del territorio, l’uomo contemporaneo cerca di ri-

comporre il senso di fuochi e flussi di questa città

infinita, di ristabilire dei principi di orientamento e di

equilibrio. Il paesaggio del Bel Paese è stato dura-

mente provato ad ogni latitudine, generando movi-

menti di opinione per la sua difesa, ma questa nobile

battaglia non è stata chiaramente messa in relazione

14 15

con il problema più generale del grave deficit della

condizione dell’habitat nel suo complesso. La condi-

zione dell’habitat non è mai stata posta come una

emergenza nazionale. Se lo fosse il ruolo di quella sua

qualità essenziale che è il paesaggio sarebbe subito in

evidenza, e apparirebbe chiaro che vi è una stretta

simbiosi fra la difesa del paesaggio storico e la crea-

zione di nuovi paesaggi, perché gli uni e gli altri sono

vitali per ogni modello di sviluppo che si possa definire

sostenibile. Anelli fra tradizione e evoluzione i pae-

saggi sono eterni e al tempo stesso fragili, apparente-

mente immobili ma in perenne mutamento.

Gli uni e gli altri paesaggi, quelli antichi e quelli inno-

vativi, sono in realtà nuovi paesaggi, perché sono sin-

tesi di valori che sono in perenne divenire. Il

paesaggio, come sempre è anche e soprattutto un

testo politico: la sua ricchezza culturale infatti ha

anche una grande rilevanza sociale e economica,

come direbbe Lucien Kroll, non è innocente: non è

tanto (solo) un’epifania piacevole di genere e di con-

sumo turistico, ma è una qualità dell’habitat indispen-

sabile per il benessere. Da una visione solo percettiva

di bene culturale da salvaguardare si afferma una vi-

sione del paesaggio anche come bene anche econo-

mico, sociale, giuridico, radicato nella consapevolezza

di una comunità che responsabilmente lo difende, ge-

stisce e costantemente lo innova e, di conseguenza, in

ogni momento, lo progetta e riprogetta. Il paesaggio

non è di per sé ne buono ne bello ne giusto, ma è una

forma vitale di teatro della commedia e della tragedia

umana, un principio essenziale che dà respiro e spes-

sore a un’idea dell’abitare, un’idea fondativa che è di

città come di natura, un valore da difendere, da far vi-

vere, incessantemente da rinnovare. Questo è il più

profondo contenuto della Convenzione europea del

paesaggio, una nostra legge sorprendentemente avan-

zata e altrettanto sorprendentemente sottoutilizzata.

Come reazione alla degenerazione dell’habitat molte

opere testimoniano tendenze innovative fra paesag-

gio architettura e urbanistica, sono nuovi paesaggi che

interpretano i temi conflittuali della contemporaneità,

posti dalla società della comunicazione, del deficit cli-

matico, energetico, ambientale. Qui si pone la que-

stione politica di diritti e doveri nei confronti del

paesaggio e la ricerca di nuovi strumenti per eserci-

tarne il governo. La questione, fuori dei nuclei urbani

storici e consolidati, consiste nella necessità di avere

nel continuum urbano-rurale una disponibilità diffusa

di spazi ricchi di significato, con nuove qualità di cen-

tralità, spazi eccellenti da salvaguardare o spazi

straordinari da creare, che abbiano caratteri carisma-

tici che ci rappresentano, forse i monumenti più au-

architetticatanzaro news

tentici della nostra epoca, riferimenti primari in un ha-

bitat che è ormai saturo di segni esausti. “Nuovo pae-

saggio” significa ricercare un valore estetico e un

valore sociale che abbiano attualità per questi scenari

della nostra quotidianità. La dimensione e la velocità

dei fenomeni che influiscono sulle trasformazioni del-

l’habitat sono talmente rilevanti da porre il paesaggio

necessariamente oltre una concezione contemplativa,

in una dimensione propositiva nella quale il rapporto

fra atti di governo e atti di progetto deve concorrere a

creare un nuovo statuto di città democratica, per una

comunità che vede acuire condizioni di grave disagio.

Crescono, purtroppo, in misura inversamente propor-

zionale alla disponibilità delle risorse, l’ingiustizia so-

ciale, la non integrazione, la non sicurezza, la violenza

e l’alienazione, la limitazione della libertà individuale.

Urbanesimo, patrimonio, ambiente, marginalità richie-

dono un grande laboratorio creativo. In primo luogo il

paesaggio dell’alba del terzo millennio è un tema di

forte impegno civile, i suoi obiettivi sono difficili da

perseguire, vanno cercati in trincea.

Bisogna distinguere il paesaggio dall’ambiente, per-

ché sono due valori entrambi da perseguire, entrambi

vitali ma molto diversi, e ugualmente bisogna che il

paesaggio trovi la sua collocazione nelle politiche di

piano senza che la sua essenza si indebolisca in nu-

meri, standard e parametri. La Convenzione europea

del paesaggio, un documento politico che è diventato

legge operante del nostro stato, pone le comunità

come protagoniste dei processi che riguardano il pae-

saggio che viene a godere di uno statuto di applicabile

a tutto il territorio. Questo significa che se una comu-

nità è partecipe e responsabile di un luogo del quale

abbia consapevolezza in quanto paesaggio, ovunque

questo avvenga, è possibile e auspicabile che si at-

tuino delle azioni di tutela, gestione e innovazione per-

ché quel luogo mantenga e sviluppi le sue qualità, e

anzi si rinnovi perché queste qualità possano evolvere

al passo con le necessità che si presentano. Al mo-

mento in Italia vi è una discussione sulle competenze

di governo riguardo al paesaggio, che dovrebbero tro-

vare un equilibrio fra lo Stato e gli enti locali. Quando

parliamo di primato della comunità a chi ci riferiamo?

E’ quando fra spazio e società si stabilisce una sinto-

nia che possiamo veramente parlare di paesaggio.

Una preziosa complicità si stabilisce allora fra chi

abita un paesaggio, chi lo visita e anche cui semplice-

mente sa che esiste ma lo sente ugualmente proprio.

Circoscritta o molto ampia è a seconda dei casi, la co-

munità della mia piazza, del mio paese, della mia na-

zione, del mio pianeta. Il concetto di “Paesaggio” si

afferma come valore positivo quando fra vari elementi

di un contesto cogliamo l’eco di un’aspirazione uto-

pica a vivere bene, dunque a cercare senza fine di cer-

care di perseguire il bello, il buono, il giusto. E’ ancora

l’idea della Polis di Aristotele, che però deve essere

adattata a una civiltà così diversa come la nostra, dove

i caratteri di massa, informazione, comunicazione de-

vono cercare di continuare a prodursi nell’esercizio di

un confronto democratico.

La mia riflessione sui nuovi paesaggi muove fra que-

ste due fasi - che sono pur così diverse fra loro - del

progetto di Piazza Matteotti. Quel che rimane dei pae-

saggi storici acquista un grande valore, analogamente

per quanto è già successo per i nuclei storici delle

città. Il plus valore di questi luoghi è di esprimere dei

caratteri nei quali la gente può riconoscersi, una qua-

lità di centralità altrimenti assente. Questi caratteri

un tempo si producevano spontaneamente, con modi

che ne consentivano la sedimentazione negli usi e nei

costumi, quasi inavvertibili nell’arco di vita di una per-

sona. Oggi dobbiamo invece scavare per evocarli. Es-

sendo il paesaggio in costante evoluzione, costante e

appropriato deve essere il progetto che sovrintende le

trasformazioni. Fra comunità e autore, sia l’opera di

un singolo autore o collettiva, questa dialettica deve

esercitarsi in tutta la sua ricchezza.

16 17

Immagini di paesaggi

Antonio Dattilo

“Il paesaggio è ciò che si vede dopo aver smesso di osservare” Gilles Clement

Prima di raccontare alcune riflessioni sul mio concetto di progetto di paesaggio vorrei cercare di rappresentare

attraverso delle immagini l’aspetto sensibile di alcuni paesaggi che mi hanno accompagnato negli ultimi anni.

Lontano dal voler rendere concetti assoluti mi affido ad interpretazioni di sensazioni personali che traducono le

immagini in pensieri.

Inizio da immagini, di un luogo a cui sono affezionato, familiare, si trova lungo la costa jonica ed è simile a molti

altri e come gli altri porta in sè i caratteri di mediterraneità.

I colori delle varie componenti,la forza di alcuni oggetti che diventano protagonisti dello spazio, il mare mosso,

un faro in lontananza, scogli lucenti al sole, gli schiamazzi delle mie bambine che corrono sulla spiaggia, ren-

dono per me quel luogo unico.

architetticatanzaro news

Laurea in Architettura presso l’Universita’

degli studi di Reggio Calabria nel 1997. Dot-

tore di Ricerca in Architettura dei parchi e

dei giardini e assetto del territorio nel 2002.

Vincitore del XVIII Premio di studi “Domenico

de Caridi”, della borsa di studio del Corso di

Alta Formazione in“ Progettazione del pae-

saggio costiero in ambiente mediterraneo”

oltre che di Concorsi d’Idee e di Progetta-

zione Nazionali e Internazionali.

Nel 1999, partecipa alla creazione della Fi-

liale di Reggio Calabria della Società Coopro-

getti, svolgendo attività professionale ed

indagando il rapporto tra architettura e pae-

saggio fino al 2006.

Professore a contratto dall’a.a. 2001 all’ a.a.

2006 presso il Corso di Laurea in Architettura

dei Giardini e Paesaggistica; Facoltà di Archi-

tettura dell’ Università degli Studi Mediterra-

nea di Reggio Calabria, ha partecipato a

Workshop internazionali di Architettura del

Paesaggio, è stato Visiting Professor e ha

partecipato a Master in Università europee.

Autore di numerose pubblicazioni, dal 2006 è

funzionario del Dipartimento n.8 “Urbanistica

e Governo del Territorio” della Regione Cala-

bria, Settore n. 3 Programmazione e politiche

del territorio e Pianificazione territoriale at-

tualmente è responsabile dell U.O. n. 23 “Qtr

e Paesaggio”.E’ all’interno delle attività per

l’elaborazione del Quadro Territoriale Regio-

nale Paesaggistico e coadiuva il coordina-

mento del Tavolo tecnico Nazionale in

materia di Paesaggio in seno alla Conferenza

stato regioni.

L’anno scorso mi trovavo in Sicilia per lavorare ad un concorso di progettazione per la riqualificazione di un wa-

terfront, durante il sopralluogo la forza delle immagini di quei luoghi è andata oltre l’utilità dell’analisi del con-

testo funzionale al progetto. Ho sentito anche li un senso di familiarità, quasi una reminiscenza platonica,

ritrovando dentro la memoria il piacere di essere parte di quei paesaggi.

La forza del mare d’inverno, la costa che si alza sostenendo una pineta che osserva dall’alto, una striscia di pie-

tra che gioca con le onde e, girato lo sguardo, il disegno del vento sulla sabbia, una barca che riposa all’ombra

di un cespuglio, scogli che sembrano un’opera di land art.

18 19

Pochi giorni fa mi trovavo lungo la ss 106, nel catanzarese. Decido di svoltare invece di proseguire verso casa.

Inizio a percorrere una strada di campagna che attraversava praterie e terreni agricoli, alcuni alberi spogli risal-

tavano duri in contrasto con l’erba mossa dal vento, in lontananza le colline fermavano lo sguardo, ed ecco che

scorgo un luogo surreale, un vecchio cementificio immerso nella vegetazione diventata unico frequentatore di

quegli spazi un tempo in fermento produttivo. Ma non solo la vegetazione ... ecco avanzare stancamente al-

cune mucche bianche, pascolano li intorno e mi riportano ad alcune immagini di copertina di vecchi dischi dei

Pink Floyd, sono loro le protagoniste di quel paesaggio, stanno lì come se ci fossero da sempre, l’architettura

quasi brutalista sembra accoglierle con affetto ed il senso di decadenza diventa più romantico.

Mentre procedevo verso villa san Giovanni lungo la vecchia strada nazionale, un luogo letteralmente mi rapi-

sce facendomi spingere il piede del freno, fermando immediatamente la mia macchina.

Difficile definirlo, ma ci provo, uno spazio quasi domestico, davanti ad una piccola casa dove finisce un tratto

di strada, un marciapiede ed una barca posteggiata come fosse il mezzo di trasporto da utilizzare per spo-

starsi da li, a chiudere la traversa un muretto, e oltre…..il paesaggio dello stretto o almeno uno dei suoi sim-

boli, il pilone siciliano.

Il gioco di scale dimensionali mi turbava, il balcone sopra la barca, la strada che finiva contro il mare, il pilone

che guardava da lontano.

architetticatanzaro news

Didascalia

20 21

Le ultime immagini che mi hanno fatto pensare alla vera identità del termine Paesaggio sono quelle che riguar-

dano i resti di una costruzione che illegalmente si era realizzata poco distante dai luoghi di cui ho raccontato

poco sopra.

La potenza del cemento armato appare in tutta la sua superbia, un enorme complesso composto da piu corpi di

fabbrica invadeva un intero costone.

La sensazione di libertà, unita ad un piacere quasi infantile che ho provato girando lo sguardo di 180 gradi mi

hanno dato la scossa, uno dei tratti di costa piu belli della Regione è poco più giù, scogli quasi scolpiti accol-

gono una microspiaggia e tutto dietro un velo di pini che ne rende la visione ancora piu preziosa. Foto di Antonio Dattilo

Ho voluto rappresentare le immagini attraverso le

parole perché forse parlare di paesaggio significa

dare un valore estetico non soltanto alla natura del

territorio, ma anche a tutto ciò che sul territorio può

essere sentito, incontrato e lasciato dall’individuo

che l’osserva.

E’ centrale quando si affrontano questi temi, indagare

e comprendere l’insieme delle relazioni tra le compo-

nenti, le reciproche interferenze, le diverse scale di-

mensionali e le diverse articolazioni (sistemi

insediativi e infrastrutturali, spazi liberi urbani, reti

ecologiche, discontinuità agricole, beni culturali ed

ambientali).

Ad esempio il paesaggio delle infrastrutture generato

da sistemi di opere che attraversano scompongono o

disegnano alcuni territori ed in alcuni casi diventano

generatori di luoghi.

La strada diventa il veicolo principale attraverso cui

abbiamo esperienza del paesaggio circostante e che

costruisce un proprio paesaggio con regole e caratte-

ristiche singolari diventando infine lo strumento della

sua trasformazione.

Ecco che centri commerciali, aeroporti, attività produt-

tive, discariche, parchi tematici si localizzano puntual-

mente sul territorio come frammenti espulsi dalla città

stessa trovando un riferimento fondamentale per la

loro localizzazione nell’asse della via di comunicazione

e sovrapponendosi al paesaggio esistente.

Questo nuovo paesaggio si forma nell’intersezione tra

lo sviluppo urbano lungo i sistemi della mobilità con un

territorio, come quello della parte costiera del mediter-

raneo, fortemente sedimentato e che tende esso

stesso a diventare frammento.

Il territorio si struttura, nelle sue potenzialità e risorse,

nella sua identità attraverso i paesaggi riconoscibili

che la strada incontra. Lungo le coste in particolare, i

paesaggi si susseguono partendo da caratteristiche di

tipo urbano ed arrivando ad un paesaggio sempre più

naturale.

Il paesaggio più urbano, si contraddistingue per un ca-

rattere quasi surreale dovuto al modo anarchico con

cui si accostano attività, tipologie, colori, insegne, ru-

more, affollamento, dando luogo ad un caotico in-

sieme che nonostante tutto ha un’identità

precisamente riconoscibile.

Complementari al primo ecco due paesaggi premi-

nenti: la campagna tradizionale e la campagna mo-

derna. La campagna tradizionale che ingloba tutti gli

elementi che da sempre hanno segnato e contraddi-

stinto il paesaggio agrario: le tessiture dei campi, i co-

lori legati al susseguirsi delle stagioni, le alberature -

singole o aggregate in filari o in macchie boschive - il

sistema insediativo storico delle masserie, dei borghi

rurali, dei contenitori industriali dismessi.

La campagna moderna ingloba tutti gli elementi legati

al moderno sviluppo del territorio agrario: l’estensione

sempre più ampia delle coltivazioni in serra, il prolife-

rare di tipologie edilizie moderne estranee al conte-

sto rurale, l’incuria che spinge a depositare cumuli di

rifiuti ai margini di alcune strade, l’accostamento di-

sordinato di elementi disparati: reti tecnologiche, ca-

pannoni, serre.

Poi ci sono gli spazi che trovo ben definiti da un con-

cetto di Gilles Clement che a tal proposito scrive“ se

si smette di guardare il paesaggio come l’oggetto di

un’attività umana subito si scopre una quantità di

spazi indecisi, privi di funzione sui quali è difficile po-

sare un nome…Dove i boschi si sfrangiano, lungo le

strade e i fiumi, nei recessi dimenticati dalle coltiva-

zioni, la dove le macchine non passano …” questi

spazi sono dappertutto e li considero molto interes-

santi ai fini della ricerca di tipologie d’intervento so-

stenibili e rispettose della naturalità abbandonata.

Si potrebbe continuare a definire paesaggi a noi fami-

liari, come quelli già descritti, che rappresentino, i mag-

giori caratteri di bellezza, arrivando a definire le cause

del loro degrado caratterizzato da una condizione di

malgoverno di un territorio che si porta dietro i segni di

un’ errata attività di gestione protrattasi troppo a lungo.

architetticatanzaro news

La Convenzione Europea del Paesaggio, che riconosce

la qualità e la diversità dei paesaggi europei, afferma

l’importanza di valorizzare le aspirazioni delle popola-

zioni, di godere di un paesaggio di qualità, evidenzia

che la tutela del paesaggio non è in contrasto con lo

sviluppo economico ma favorisce lo sviluppo sosteni-

bile ed il coinvolgimento sociale, deve trovare applica-

zione (ed in alcuni casi questo è già successo)

nell’opera di amministratori, progettisti, studiosi, cit-

tadini attraverso progetti ed azioni che possano spa-

ziare dalla conservazione della natura, alla

salvaguardia e riqualificazione, sino alla progetta-

zione, costruzione e gestione di paesaggi di qualità,

minimizzando il consumo di suolo e garantendo un

reale bilancio positivo delle risorse naturali; verso lanecessità di considerare il contesto, il paesaggio,

come espressione delle nostre vite e della nostra in-

clinazione al convivere civile, alla ricerca di un senso

estetico troppo spesso dimenticato. Si dovrebbe cioè

intervenire sul Paesaggio calabrese, per usare una me-

tafora, con la stessa consapevolezza con cui un artista

crea la sua opera, con la consapevolezza che il segno

dello strumento utilizzato sarà definitivo ed allo stesso

tempo ricordando che spesso l’opera non aspetta altro

che di lasciarsi scoprire.

“...quando le case erano più belle, anche noi eravamo

più belli…” Pescatore di Isola Capo Rizzuto

Spesso nel governo dei territori l’attenzione maggiore

è stata posta sul controllo tralasciando l’importanza

di una giusta amministrazione, guidati più da esigenze

emergenziali di risoluzione o contenimento dei danni

provocati da usi irrazionali, che da una corretta piani-

ficazione/programmazione/progettazione che consi-

derasse le reali esigenze, le caratteristiche peculiari

ed uniche dei luoghi e le regole da veicolare affinchè

questi potessero difenderle.

Capita cosi di incontrare territori e paesaggi segnati

da danni irreversibili imputabili ad usi sbagliati, oltre

che ad emergenze naturalistiche come calamità natu-

rali e dissesti idrogeologici.

Il nostro territorio ne è una chiara rappresentazione:

frane, alluvioni, ed in tempi non lontani terremoti quasi

dimenticati, a cui si aggiungono le azioni di speculazione

senza scrupoli guidate da modelli di espansione e di cre-

scita sovradimensionati e non coerenti con le reali e spe-

cifiche condizioni del territorio, tutte queste componenti

sono diventate contemporaneamente la causa dei dise-

gni e l’anima dei segni lasciati sui nostri paesaggi.

Nonostante tutto il territorio ha resistito tramutando

alcune volte i segni di aggressione in opportunità di

crescita, di ricerca, di progetto, e facendo diventare

necessaria la concezione di un progetto di territorio

che consideri il paesaggio come componente fonda-

mentale e basilare. con le sue contraddizioni, valoriz-

zando la ricchezza di saperi, di tesori nascosti o poco

accessibili ed inutilizzati, che non aspettano altro che

essere scoperti e integrati.

Solo una forte rivalutazione di questa componente e

uno sforzo consapevole potranno ingenerare una vera

inversione rispetto all’attuale tendenza di uso indiscri-

minato e irrazionale del territorio.

Una strategia possibile per reagire può essere deli-

neata attraverso il restauro e la riqualificazione dei

territori degradati impegnandosi nella costruzione di

progetti di paesaggio che non si limitino alla rimozione

dei fattori di degrado ma che possano recuperare le

identità dei luoghi, reinventandone l’estetica ma ri-

spettandone la poesia.

22 23

Paesaggi greci

Nikos Ktenàs

“Il lavoro dell’architetto non è inventare forme effimere,

ma rilevare le eterne figure della tradizione nella forma

determinata dalla condizione del presente”.

Dimitris Pikionis

Sin dai tempi più remoti l’architettura greca ha definito

la sua etimologia attraverso le suggestioni rivelate dal

paesaggio, in tal modo questa si palesa come la diretta

trascrizione della topografia la quale di conseguenza

sembra geneticamente votata a divenire architettura. A

mio avviso ancora oggi il gesto architettonico al fine di

mantenere una sua peculiarità deve avviare un legame

emotivo con il luogo, ma questa sinergia non deve es-

sere avvisata attraversa la mera imitazione di un para-

digma, piuttosto attraverso un processo di mimesi1

pensato come un “atto creativo” capace di generare una

costruttiva reinterpretazione dell’esistente. Lo strumento

atto al raggiungimento di questo fine è il “progetto” ca-

pace sia di decodificare il luogo attraverso un lento

processo di sintesi, condizione necessaria a completare

la “empatia architettura-luogo”, sia di consegnare una

nuova misura e un significato al paesaggio.

Il progettoLa dialettica “architettura-luogo” deve definirsi attra-

verso operazioni semplici, mai definite a priori perchè

ogni paesaggio ha la sua natura e la sua storia ed è pro-

prio questa singolarità a suggerire attraverso una plura-

lità di emissioni la strategia progettuale da attuare.

Ovviamente sono molti i fattori che entrano in gioco

come l’orientamento, le condizioni climatiche, ma anche

altri termini che più propriamente si riferiscono alla me-

moria: in prima istanza è necessario operare una inda-

gine, un percorso selettivo costruito attraverso la

“capacità di porre domande al luogo”, facoltà che allude

all’abilità di cogliere attraverso uno sguardo curioso le

suggestioni emesse dal paesaggio; in seguito bisogna

fare ordine nella grande quantità di informazioni e di no-

zioni definendo un sistema gerarchico dei termini. Per

attuare una composizione, sia architettonica sia di altro

genere, è necessario infatti possedere una chiarezza e

una semplificazione dei concetti alla quale si può perve-

nire per mezzo di un’operazione di tassonomia delle no-

zioni definendo una classificazione dei principi che ci

permetterà di trascrivere con esattezza l’idea che sta alla

base del proprio progetto. In sintesi: comporre è come

scrivere un testo, poche parole sono necessarie ad espri-

mere un concetto, l’importante è fare in modo che l’eti-

mologia degli elementi sia chiara e non conceda spazio

all’ambiguità e la sintassi, come principio organizzativo

della composizione, sia capace di infondere significati

profondi.

Il territorio calabreseLa Calabria possiede un paesaggio singolare purtroppo

profondamente mortificato non solo dal diffuso feno-

meno dell’abusivismo ma anche da un “sentimento di

inadeguatezza” che soprattutto i giovani nutrono nei con-

fronti di regioni per così dire più “emancipate”. Per ov-

viare a questa condizione l’architetto calabrese non deve

ovviamente cercare di emulare ciò che avviene oltre il

suo territorio, poiché questo modo di agire non apparte-

nendo al DNA della sua terra creerebbe una “architet-

tura aliena”, un “corpo estraneo” che nel caso della

Calabria danneggerebbe un organismo già gravemente

compromesso. L’architetto deve piuttosto guardare la

propria realtà in modo critico poiché sarà questa a con-

segnargli gli strumenti necessari al suo operare. Con

questo non intendo affermare che deve vincolarsi al pas-

sato perché questo può divenire un limite all’azione,

deve piuttosto cercare di comprendere come oggi si sia

giunti a quella specifica morfologia, questo gli permet-

terà di capire la “condizione del presente” e nel con-

tempo proiettarsi nel futuro. Per raggiungere questo

presupposto è necessario però che il passato sia rele-

gato nella memoria mentre il presente nella contempla-

zione, in questo modo saranno le aspettative e le

speranze a definire il futuro, ma per raggiungere questo

obiettivo come si diceva all’inizio è necessario che il

nuovo non cerchi di imitare l’esistente perché significhe-

rebbe rendere il passato presente, condizione che inevi-

tabilmente ci condurrebbe alla “distruzione del

paesaggio”.

architetticatanzaro news

Nasce nel 1960 a Pireo a sud-ovest di

Atene, nel 1977 continua i suoi studi a

New York. Alla fine del 1984 si trasferisce

in Svizzera ed inizia a collaborare presso la

“Ecole Polytechnique Fédérale” di Losanna

nella cattedra di Luigi Snozzi. Nel 1987

apre uno studio a Lugano in Svizzera e a

metà degli anni ’90 torna ad Atene dove

inizia una ricca attività professionale. Dal

2004 al 2007 e Visiting Professor all’Acca-

demia di Mendrisio, Svizzera, dal 2003 è

critico per i diplomi in Progettazione

presso il Politecnico di Atene, e dal 2005

presso l’Ecole Superieure D’Architecture

de Paris Belleville.

Per due volte è stato candidato al premio

Mies van der Rohe e nel 2000 è chiamato

a rappresentare la sua nazione alla VII

Biennale di Architettura di Venezia. Nel

2009 riceve il Premio speciale per l’inte-

grità del suo lavoro dall’Istituto dell’Archi-

tettura Ellenica.

CASA UNIFAMILIARE A SAMOS, MAR EGEO,1994

non ancora ultimata.

Nella prima fase progettuale la mia analisi parte sempre

da due punti di vista differenti: quello vicino del sito e

quello lontano dell’intero territorio. Il sito della piccola

casa nella Isola di Samos si trova in una posizione iso-

lata tra la montagna, il mare e un antico torrente, in un’a-

rea costruita da una serie di terrazzamenti agricoli

sostenuti da file di muri di pietra a secco. La casa si erge

nell’ultima di queste terrazze ricostruita per poter rievo-

care all’interno della composizione lo “spirito del luogo”.

All’ingresso un muro ci nasconde la vista del mare e con-

temporaneamente ci indirizza lo sguardo in lontananza

verso la piccola isola di Foùrni e verso la terrazza dal

quale è possibile accedere all’area principale della casa.

Il corpo di fabbrica principale si adagia sulla terrazza

nella direzione est-ovest aprendo la vista verso l’arcipe-

lago. Il secondo corpo, disposto nella direzione nord-sud,

ospita le camere da letto e sollevato rispetto al terreno

diventa una sorta di ponte che divide lo spazio esterno

in due parti distinte: da un lato il giardino alberato, dal-

l’altro la grande terrazza aperta sul mare.

Quando la tipologia dell’edificio richiede una relazione

diretta con l’esterno costruisco delle condizioni specifi-

che che possono permettere questo dialogo, cerco sem-

pre di comporre degli spazi all’interno delle mie

architetture che inquadrano punti particolari nel territorio

sia esso urbano sia esso naturale. Per la Casa di Samosè l’Egeo ad entrare e a comporre lo spazio del soggiorno

e di conseguenza lo spazio del soggiorno diventa l’Egeo.

Nei miei progetti cerco in ogni modo di creare una rela-

zione metafisica tra il paesaggio interno e il paesaggio

esterno infatti le componenti che disegnano lo spazio in-

terno sono sempre pensate in modo da generare un’alie-

nazione del paesaggio esterno: modificando il cono di

percezione cambia il rapporto tra l’osservatore e il qua-

dro visivo, in prossimità di un affaccio o di un’apertura il

paesaggio è reale, è nella sua scala, si percepisce nella

sua interezza, spostandosi verso l’interno il punto di vista

si allontana e il quadro visivo è circoscritto dagli ele-

menti che costruiscono lo spazio, in questo caso il pae-

saggio è percepito come un quadro astratto privo di

scala.

COMPLESSO ABITATIVO DI TRE UNITÀ A EKALI,ATENE,1998-1999.

Ad Ekali, (1997 - 2004) un quartiere residenziale a nord

di Atene, i tre volumi che identificano le unità abitative

sono orientati perpendicolarmente alla strada carrabile

dalla quale attraverso una serie di spazi di transizione

esterni è possibile accedere alle residenze. I muri di so-

stegno che delimitano il sito sono di sasso ricavato dallo

scavo, mentre i volumi delle case sono in cemento ar-

mato a faccia vista. Anche la scelta di usare il calce-

Foto 1,3 e 5: Casa unifamiliara Samos, Mar Egeo

Foto 2 e 4: Complesso abitativodi tre unità a Ekali, Atene

architetticatanzaro news

1 2

struzzo pensato come sasso artificiale, come per il pro-

getto di Samos, è guidata dalla volontà di costruire una

continuità filologica tra il manufatto architettonico e il

luogo che lo accoglie. Le tre unità residenziali sono di-

rette perpendicolarmente alla strada dalla quale è pos-

sibile accedere attraverso una serie di spazi di

transizione esterni; la giacitura delle case in ogni modo

rispetta la morfologia della collina e l’orientamento delle

case esistenti.

Le tre unità sono disposte a tre quote differenti, tale va-

riazione genera un rapporto diverso tra l’oggetto archi-

tettonico e la topografia del sito, condizione che si

riflette nella composizione nella variazione dello stesso

tema tipologico. Le tre corti, spazi interstiziali tra i com-

patti volumi delle case, sono pensate come la continua-

zione esterna dell’area del soggiorno. L’intero complesso

abitativo è stato progettato come una sola entità attra-

versata da una promenade architecturale che inizia dalla

strada, percorre tutti gli spazi esterni, raggiunge le di-

verse corti per poi terminare all’interno di ciascuna casa.

In tutti i miei progetti cerco sempre di collegare gli spazi

interni ed esterni per mezzo di una promenade che nasce

dall’esterno dentro il paesaggio, attraversa gli spazi in-

terni e poi torna di nuovo al paesaggio. Questo percorso

dà origine ad una complessità dialogica tra i due spazi e

nello stesso tempo genera aspetti sorprendenti sul ter-

ritorio trasformando questo ultimo in una successione di

picture frames in movimento.

Didascalia

26 27

3

4

La bellezza inutile:viaggio nel paesaggio della Calabria

Maria Rosa Russo

Il viaggio

L’idea del viaggio è alla base dell’esperienza di ricerca

condotta nel 2007 sul territorio calabrese, per la defini-

zione di una prima mappatura fotografica dei dieci Si-

stemi di Paesaggio, individuati nella regione. Il Massiccio

dell’Aspromonte, la Piana di Gioia Tauro, le Dorsali delle

Serre, il Monte Poro, la Valle del Crati, la Catena Paolana,

l’Altopiano della Sila, il Marchesato Crotonese, la Piana

di S. Eufemia e la Piana di Sibari, il Massiccio del Pollino

i sistemi individuati che evidenziano la ricchezza delle pe-

culiarità paesaggistiche presenti nella regione. Al loro in-

terno sono individuate una media di nove unità di

paesaggio, ulteriormente oggetto di studio.

Due viaggi paralleli: uno legato allo studio delle carte

geografiche e analitiche, l’altro “reale” compiuto in

macchina e in una minima parte in treno, attraver-

sando concretamente i segni delle carte, in una conti-

nuità di differenze temporali e visive. Un’ occasione

di conoscenza unica e imprevedibile, in cui la facilità

del perdersi nella confusa e discontinua rete stradale

della Calabria si è rivelata la vera risorsa. La scrittura

geografica sembra alla portata di tutti, nulla è rimasto

da scoprire, il fascino delle carte geografiche si è tra-

sferito sui computer, con un unico gesto su Google

Earth, ci spostiamo da New York all’ Islanda, monta-

gne ghiacciai fiumi mari sono quasi tattili. Le tecnolo-

gie digitali hanno reso la geografia fisica cristallina

ed esatta, a ciò si contrappone una incompletezza

nella dimensione quotidiana, politica e sociale.

In questo mondo alla portata di tutti dove sembra im-

possibile essere nuovi esploratori o desiderare terre pro-

messe, questo viaggio in Calabria, un itinerario in quattro

tempi, si svelato una scoperta: mappe geografiche in-

time, a volte effimere, fatte di suoni, odori, consuetudini

di vita, abbandoni e degradi, una natura possente e fra-

gile ad un tempo, hanno definito anche nei luoghi più

consueti un “nuovo mondo”, una risorsa per lo sguardo.

Claudio Magris definisce “il viaggiatore più autentico

il passante con gli occhi e i sensi aperti”, e “il paesag-

gio come passaggio…andatura, come uno stile di

scrittura. Ognuno attraversa un luogo con un suo ritmo”.

Il ritmo è stato quello del tempo presente, cercando di

indagare il paesaggio e l’attitudine ad abitarlo, di ascol-

tarlo e comprenderlo da punti di vista differenti.

La bellezza inutile

Raccontare un paesaggio è forse impossibile, indefini-

bile nella sua interezza. Ma si può raccontare la sinto-

nia che si instaura tra chi lo vive e i frammenti che

rendono visibile questo rapporto. È dello spazio, una

casa, un giardino, un paesaggio, che si alimenta la no-

stra memoria e la nostra identità, è il modo in cui li

percepiamo e li consumiamo che dà la consapevolezza

delle azioni sul territorio.

architetticatanzaro news

Architetto paesaggista e fotografo. Dottore

di ricerca in “Architettura dei Parchi e dei

Giardini e Assetto del Territorio”. Dal 1998

svolge attività di ricerca presso Oasi preci-

sando la fisionomia di una studiosa orien-

tata alla diagnosi e all’interpretazione dei

fattori di salvaguardia, gestione e innova-

zione del paesaggio nello spirito della Con-

venzione Europea. Docente a contratto in

discipline ICAR/15 presso la Mediterranea

(2003-2006) e la Sapienza (2005-2008). Nel

2005 è visiting professor presso il Master

MAPAT (Rabat).

È autore di saggi e pubblicazioni inerenti i

temi del paesaggio tra cui: L’Architettura

del Paesaggio in Brasile dopo Burle Marx,

Brasilia Curitiba Rio de Janeiro Salvador

Sao Paulo, Roma, 2004; Tra N sito, Lo

stretto di Messina: Itinerario tra due coste,

Roma, 2004; MRR con J. Noguè, Entre Pai-

saje, Palabra y Paisaje, Barcellona, 2009;

“L’osservatorio del paesaggio della Catalo-

gna” intervista a J. Nogué, in F. Zagari,

Questo è paesaggio 48 definizioni, Roma,

2006; “The line of desire”, in V. Morabito,

Paesaggio NewYork, Reggio Calabria, 2007;

MRR con Isabella Pezzini “I luoghi di Padre

Pio e l’invenzione del sacro urbano”, in N.

Dusi, G. Marrone (a cura di), Destini del

sacro, Discorso religioso e semiotica della

cultura, Roma, 2008; “Per un atlante foto-

grafico dell’acqua”, in F. Zagari e C. Berto-

relli, Il valore dell’acqua, Treviso, 2009.

“D’altra parte ogni autentico paesaggio non è solo la rappresentazione di un deserto o di una foresta.

Mostra uno stato della mente, orizzonti interiori, ed è l’animo umano il protagonista dei paesaggi...”

Werner Herzog

Il Massiccio dell’Aspromonte, Rocca Forte del GrecoSistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, Saline IonicaSistema di paesaggio le Dorsali delle Serre, Serra San Bruno

29

Sistema di paesaggio la Piana di S. Eufemia, Gizzeria Sistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, San Sperato

Sistema di paesaggio le Dorsali delle Serre, Serra San Bruno

A vederla da lontano, da un treno, seguendo un’auto-

strada, seduti in cima ad una collina o da una spiag-

gia, la bellezza della Calabria è disarmante quanto

usuale. Montagne solide e realmente intoccabili, stra-

piombi di roccia carichi di vegetazione mediterranea

verso un mare cristallino, fiumare pietrificate, sorgenti

inattese, la grandezza degli alberi di ulivo, la profon-

dità di una spiaggia intatta.

È il cambio di scala che stupisce ancor più di questa

bellezza. Una minuta e pulviscolare aggressione di edi-

fici, villette, prime e seconde case tutte illogicamente

aggregate, senza seguire nessun rispetto per vincoli

e leggi paesaggistiche e urbanistiche. Marciapiedi ine-

sistenti, strade senza qualità, sistemi di illuminazioni

sovradimensionati o inesistenti, svincoli e lungomare

clonati e ripetuti all’infinito. Sono per lo più azioni le-

gate non alla necessità, ma al consumo. Consumo dei

luoghi, lesioni che si incastonano nel paesaggio e ne

definiscono l’inutilità della bellezza.

Sintomi di una incapacità e gestire il rapporto con i

luoghi in cui si vive.

La Calabria racchiude in se questo dualismo: una ovvia

bellezza e una imperizia a gestirla, renderla essenzial-

mente viva, parte attiva nelle dinamiche di trasforma-

zioni e di cambiamento.

C’e qualcosa che rimane celata, che si manifesta im-

provvisa a seconda delle stagioni: la luce, quella par-

ticolarmente accecante, che ti costringe a socchiudere

gli occhi e cogliere l’essenziale. Elemento che può sve-

lare, a osservarla con attenzione, quale paesaggio si

è costruito, per sapere sostanzialmente quale paesag-

gio si desidera avere.

Didascalia

architetticatanzaro news

Sistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, Catona

Sistema di paesaggio il Monte Poro, Tropea

30 31

Sistema di paesaggio il Monte Poro, Tropea Sistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, Reggio Calabria,

Sistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, Fiumara Amendolea

Sistema di paesaggio il Massiccio dell’Aspromonte, Saline Ionica

[concorsibandi]a cura di Andrea Piroso

architetticatanzaro news

Primo premio: “Concorso internazionaledi progettazione per Centro culturale conannessa Biblioteca-Mediateca”

CAPOGRUPPO: arch. Pier Alberto Ferrè

(A+C architetti)

PROGETTISTI: arch. Carolina Francesca Rozzoni

(A+C architetti), arch. Angelo Biraghi, ing. An-

drea Castiglioni,

ing. Emilio Panzeri, arch. Linda Bertin

DATI DIMENSIONALI:

Superficie del lotto: 300 mq

Superficie lorda edificata: 865 mq

Superficie lorda di progetto: 865 mq

Altezza massima fuori terra: 11 m

Cubatura: 2890 mc

Numero di piani fuori terra: 3

Costo di costruzione: Euro 825.000,00

L’edificio proposto cerca di risolvere con il suo

disegno morfologico i temi delineati in rap-

porto al tessuto urbano: edificio come “porta”

ovvero come limite fra città e campagna, come

passaggio fra tessuto urbano e natura; edificio

come riconnessione di un “vuoto” urbano in

posizione d’angolo, collocato sul punto di fuga

delle strade...

...Il disegno dell’edificio prende avvio dalla vo-

lontà di conservare, per quanto possibile, la

memoria del luogo, la memoria del palazzo

Turrà ed il suo significato di porta di passag-

gio...

Si sceglie di inserire i volumi del nuovo edificio

in rapporto al contesto cercando di scostarli

lievemente, di separarli per quanto possibile

dalla cortina edilizia: realizzando piccoli vuoti,

un piccolo cortile, un terrazzo...”

(Capogruppo & Progettisti)

1. Modello

2. Planimetria generale

3. Pianta-Prospetto-Sezione

32 33

PontileLamezia Nuove IpotesiMOSTRA - associazione culturale 400KC

Data Evento: dal 29/09/2007 al 10/10/2007

Costruito negli anni Settanta, mai messo in fun-

zione e attualmente in stato di decomposizione,

il pontile ex Sir del Golfo di Lamezia Terme rap-

presenta una delle Cattedrali nel Deserto dive-

nute simbolo di una fallimentare politica di

sviluppo industriale nel Mezzogiorno d’Italia.

Nel tentativo di scuotere questo avvilente stato

di cose l’Associazione 400KC (l’architetto Carlo

Carlei e la giornalista Caterina Misuraca) ha

ideato e realizzato un’interessante provocazione

PontileLamezia Nuove Ipotesi: una mostra di

arte contemporanea per aprire un dibattito cul-

turale su un caso così scottante. Un’emergenza

urbanistica al centro di un evento che ha visto la

partecipazione di artisti e architetti italiani e

stranieri intervenuti con proposte progettuali e

provocazioni interessanti sul recupero o sulle in-

finite potenzialità di lettura di un “oggetto insta-

bile” ormai parte dell’immaginario collettivo di

un intero territorio assuefatto al degrado. Ponti-

leLamezia Nuove Ipotesi è stata una

mostra>evento che a partire dalla presa di co-

scienza di un’emergenza locale ha scritto un’im-

portante pagina nella storia dell’arte

contemporanea: dopo oltre 30 anni di oblio e ab-

bandono il pontile ex Sir è divenuto la soglia per

osservare un mondo creativo in fermento. Il pon-

tile è stata un’occasione importante perché ar-

tisti e architetti scegliessero di mettersi in gioco.

Infatti dall’osservazione del pontile sono nate

occasioni di confronto costruttive. “Non più solo

l’arte per l’arte, ma l’arte per l’umanità”, come

in maniera autorevole sottolineava all’alba del

Novecento Futurista Giuseppe Pellizza Da Vol-

pedo e come oggi una delle voci più illustri del-

l’architettura contemporanea, Fabio Novembre,

ha ribadito in occasione del centenario del Mo-

vimento fondato da Marinetti: «Non vi è este-

tica senza etica. Nessuna opera può

considerarsi neutrale rispetto al contesto su cui

architetticatanzaro news

va a incidere». Forte di questa consapevolezza,

ovvero che arte e architettura insieme possano

avere un ruolo fondamentale nella crescita di un

territorio e che possano essere un’imperdibile

occasione di riscatto e rilancio di ogni realtà so-

ciale, l’Associazione 400KC – con il patrocinio

dell’Ordine degli Architetti Paesaggisti e Piani-

ficatori della Provincia di Catanzaro – ha esteso

un manifesto programmatico ”OggettInstabili”

l’intenzione di un evento che ogni anno prenderà

in esame un caso urbanistico (un oggetto insta-

bile) da “rigenerare con l’arte”. PontileLamezia

NuoveIpotesi rappresenta perciò il primo passo

di questa avventura che attualmente sta evol-

vendosi verso il secondo appuntamento “Moti

Urbani STazionImpossibili” che nello specifico

punta i riflettori sullo stato precario di quattro

stazioni cittadine allargando l’indagine a nuove

forme di mobilità urbana. In linea con queste in-

tenzioni l’allestimento della mostra PontileLa-

mezia NuoveIpotesi ha avuto luogo in un vecchio

padiglione dismesso, fino agli anni Ottanta sede

del Consorzio Agrario, riportato a nuova luce dal-

l’evento. Tra le proposte progettuali arrivate

dagli studi di architettura di tutta Italia in larga

parte è prevalsa l’idea di restituire alla città di

Lamezia Terme una suggestiva passeggiata sul

mare. Una passeggiata lunga 670 metri attual-

mente a rischio di crollo. Tra le soluzioni avveni-

ristiche: una biblioteca sul mare, un Museo delle

Incompiute. E poi idee di porti turistici per esal-

tare la posizione di una costa e di un territorio

ancora selvaggio e poco dotato di infrastrutture

ricettive. Da qualche mese le tavole progettuali

della sezione Architettura di PontileLamezia

NuoveIpotesi sono divenute patrimonio degli uf-

fici dell’Asi – (l’Ente di Sviluppo Industriale di

Lamezia che ha competenza sul pontile) – che

ha scelto di esporre in maniera permanente que-

ste visionarie intuizioni sottolineando l’inten-

zione di sanare quella che ad oggi resta una

grave emergenza ambientale.

34 35

[concorsibandi]

Nuovo impianto di depurazioneper reflui urbaniPROJECT FINANCINGComune di CatanzaroScadenza 21/09/2009La Concessione ha per oggetto la Progettazionedefinitiva, esecutiva, la Realizzazione con con-seguente Gestione economica-funzionale di unnuovo impianto di depurazione per reflui urbania servizio della città, nonché la Progettazioneesecutiva e la Realizzazione di vari collettori fo-gnari, principali e secondari evidenziati nel pro-getto preliminare.Valore stimato (IVA esclusa): Euro 10.869.091,00

Impianto fotovoltaicoAPPALTO INTEGRATOCatanzaro (ARPACAL)Scadenza 20/07/2009Bando di gara con procedura aperta, per l’appaltointegrato della progettazione esecutiva e l’esecu-zione dei lavori di realizzazione dell’impianto foto-voltaico a servizio delle sedi provincialidell’agenzia (Reggio Calabria, Crotone, Vibo Va-lentia) da aggiudicarsi con il criterio dell’offertaeconomicamente piu’ vantaggiosa ai sensi dell’art.55 e 83 del Decreto Legislativo n. 163/06 e s.m.i.,e sue successive modificazioni e integrazioni.L’importo complessivo dell’appalto è pari adEuro 1.693.589,36Categoria prevalente: OG9

Museo delle scienze e tecnichenell’immobile Palazzo De MuroCONCORSO DI DESIGNComune di Rossano (CS)Scadenza 20/07/2009Gli obiettivi e le scelte che l’AmministrazioneComunale si prefigge con il presente bando diconcorso, sono a partire dalla struttura esi-stente. I soggetti partecipanti dovranno, nellemodalità dell’appalto, formulare un progetto dimassima relativo all’organizzazione del museo,con l’integrazione, la realizzazione e l’inseri-mento delle forniture (Diorami, plastici, disegni,pannelli, targhe, attrezzature, elementi di decoroe quanto altro opportuno e necessario ivi com-presi arredi, suppellettili e forniture accessoriequali ad esempio l’illuminazione) ritenute oppor-tune per la migliore riuscita del museo.Ammontare dell’Appalto: Euro 231.820,00

Il concorso di cui al presente bando è aperto atutte le ditte fornitrici di arredi per l’allestimentodi musei,uffici,teatri, ecc... (purchè iscritte allaCCIAA), che potranno partecipare sia in formasingola che in gruppi interdisciplinari.

Centro culturale con annessaBiblioteca MediatecaCONCORSO INTERNAZIONALE DI PROGETTAZIONEComune di Olivadi (CZ)Esito 04/2009Il concorso bandito dal comune di Olivadi, si ar-ticolava mediante una procedura in 2 fasi, laprima aperta e la seconda ad inviti (10 candidati),per l’affidamento dell’incarico di progettazionepreliminare/definitiva/esecutiva dei lavori per lacostruzione di un Centro Culturale con annessaBiblioteca-Mediateca. L’intervento ha lo scopo direalizzare un’opera pubblica significativa dalpunto di vista della qualità architettonica ed ur-bana, che, nella fattispecie, consiste nel recu-pero di un’area del tessuto urbano da adibire acentro culturale, con annessa biblioteca-media-teca, sala convegni ed aule di formazione.

Formazione della Carta dei Luoghi dellaRegione CalabriaAFFIDAMENTO D’INCARICCatanzaroScadenza 05/08/2009L’appalto ha per oggetto la Formazione dellaCarta dei Luoghi della Regione Calabria.L’appalto è articolato in 2 Lotti separati e di-stinti.LOTTO N. 1 - Importo a base d’astaEuro 1.080.000,00LOTTO N. 2 - Importo a base d’astaEuro 1.090.000,00

a cura di Andrea Piroso

architetticatanzaro news

Con l’inaugurazione del primo numero della Rivista quadrimestrale dell’OAC, si da il via a numerose inserzioni socioculturali a sfondo prevalentementearchitettonico e, tra queste, alla presente rubrica.La stessa si articola in due sezioni ben distinte:Bandi: è la parte interessata alla divulgazione di bandi di concorso;Risultati: concerne la pubblicazione di uno o più recenti esiti di gara, coadiuvati da immagini di progetto.Naturalmente, perseguendo il fine della Rivista, sia la prima che la seconda sezione focalizzano il loro interesse nell’ambito della provincia di Catan-zaro e della regione Calabria, andando così a selezionare bandi di concorso a carattere prettamente locale.Scopo del frammento “Concorsi” è, quindi, quello di offrire una succinta panoramica informativa-culturale su questa vastissima tematica internazio-nale, posta come intermediaria per giungere a soddisfare bisogni collettivi; quest’ultimo, compito fondamentale dell’architettura.(Andrea Piroso)

[architetturE]a cura di Antonio Lento e Daniele Vacca

[architetturE]

Nel presentare questo progetto, apriamo una

rubrica tutta incentrata sulla produzione ar-

chitettonica sul nostro territorio e, nello spe-

cifico sulle realizzazioni definite “minori”.

Nei numeri che seguiranno, cercheremo di

spaziare tra architetture pubbliche e private,

tra progetti sul paesaggio e, non da meno,

su progetti di interni.

Il primo intervento che andiamo a trattare

riguarda una piccola “architettura bio-cli-

matica” unifamiliare.

Siamo di fronte alla realizzazione di un’abi-

tazione per una giovane coppia, il progetti-

sta è lo stesso proprietario. Ci troviamo nel

territorio di Lamezia Terme e, nello speci-

fico in quel lembo di congiunzione tra l’ex

Comune di Nicastro e l’ex Comune di Sam-

biase, oggi soggetto a diversi interventi di

trasformazione urbana.

Il progettista, avendo accumulato negli anni

esperienze nel settore della progettazione

bio-climatica, ha deciso di utilizzare come

banco prova, delle sue conoscenze, la pro-

pria casa. Pertanto, tutte le scelte, siano

esse costruttive, funzionali e tecnologiche

sono imperniate sull’assioma “risparmio

energetico”, tema oggi, più che mai attuale.

La struttura compositiva, si presenta molto

semplice, con un unico riferimento “l’orienta-

mento solare”, pertanto quasi totale apertura

verso sud, ed all’opposto chiusura a nord.

architetticatanzaro news

Nè scaturisce un’architettura netta, chiara;

a completamento, sistemi di ombreggiatura

che fungono anche da affacci permeabili al

sistema aria calda/fredda.

La distribuzione è caratterizzata dalla dispo-

sizione degli ambienti principali verso sud,

per favorire un maggiore sfruttamento del-

l’irraggiamento solare e consta di un “muro

d’accumulo” totalmente vetrato.

L’energia termica è immessa nello spazio in-

terno abitato, mediante i moti convettivi

dell’aria calda provenienti dalla facciata ve-

trata, ottenendo così buone condizioni di

comfort ambientale sia nella stagione

fredda sia in quella calda, sia di giorno che

di notte.

In contrapposizione al “muro d’accumulo” è

presente, a nord, un vano scala lineare

avente funzione di “pozzo freddo”, dal quale

si attinge aria pulita, e si immette verso l’e-

sterno l’aria più calda presente nell’interca-

pedine.

Gli spazi interni, risultano fluidi, ben distri-

buiti e dimensionati alle esigenze della

committenza, a completamento un piccolo

giardino tutt’attorno al fabbricato.

L’architettura si presenta, limpida e sicura-

mente “aliena” rispetto alla produzione edi-

lizia attuale, sia sul territorio di

appartenenza sia, senza dubbio, sull’intero

ambito provinciale.

MARIO GENTILE - ARCHITETTONato a Lamezia Terme nel 1970 si laurea in architettura a

Firenze.

Le sue prime esperienze iniziano con lo studio di De martin

specializzato in Bioarchitettura a Brunico BZ, (I° premio

CASA CLIMA A+ 2008 con Casa Flora), attraverso la ricerca

si sistemi e materiali ecologici, prosegue la collaborazione

con lo studio MMA di Mahlknecht & Mutschelechner,

(I° premio CASA CLIMA A+ 2005 con Casa Rubner di Fal-

zes).

Attualmente vive e lavora a Lamezia Terme dove si occupa

di industrial design.

DATI TECNICILUOGO: LAMEZIA TERME

ANNO DI PROGETTO: 2004

ANNO DI COSTRUZIONE 2005

PROGETTO ARCHITETTONICO: Arch. Mario Gentile

PROGETTO STRUTTURALE: Ing. Antonio Greco

Ing. Francesco Stella

PROGETTO TERMOTECNICO: Arch. Mario Gentile

Ing. Francesco Stella

SUPERFICIE TOTALE: 387 mq.

COSTO COSTRUZIONE: Euro 300.000,00

38 39

[culturaeterritorio]Analisi stratigrafiche sugli intonacidi S. Maria della Pietà di Squillace Squillace, borgo medievale che si affaccia sul

golfo omonimo, è uno dei centri della Calabria

più ricchi di testimonianze storiche. Nascosta

tra le modeste case del borgo si trova S. Maria

della Pietà, piccolo edificio medievale che rap-

presenta uno dei pochi esempi di architettura

gotica conservatosi in Calabria nel corso dei se-

coli. L’interno è a pianta quadrangolare al centro

del quale si trova un grosso pilastro, realizzato

con conci squadrati di pietra calcarea, che in-

sieme ai quattro semipilastri e alle colonnine an-

golari in pietra sostiene le volte a crociera,

suddividendo l’interno in quattro campate.

All’esterno la struttura muraria in pietrame irre-

golare è in ampi tratti visibile e in altri ricoperta

da strati di intonaco in fase di distacco con affio-

ranti cocci di terracotta, risalenti alla seconda

metà dell’Ottocento, così come è riportato nella

lapide interna che documenta la conversione in

cappella privata della famiglia Marincola che ne

curò il restauro.

Nell’ambito dell’elaborazione della mia tesi di

laurea1 sono stati condotti studi sulle tipologie

materiche del manufatto quali i materiali lapi-

dei naturali ed artificiali; in particolare sugli in-

tonaci lo studio ha comportato un’accurata fase

di campionamento, effettuata in modo tale da

risultare il meno invasiva possibile, a cui è se-

guita la fase diagnostica vera e propria condotta

nei laboratori del CNR (ICVBC) di Firenze.

Tra le diverse metodologie di indagine che con-

sentono di individuare gli aspetti morfologici di

un materiale, le analisi al microscopio sono ri-

sultate utili sia per la comprensione mineralo-

gica e stratigrafica sia delle tecniche di

preparazione del materiale.

In generale nella pratica costruttiva l’applica-

zione dell’intonaco avveniva mediante tre fasi:

la stesura di uno strato iniziale più ruvido, il co-

siddetto rinzaffo che costituiva l’aggrappante al

supporto murario e al contempo allo strato suc-

cessivo (arriccio) sul quale veniva applicato

quello finale (stabilitura o velo).

La particolarità riscontrata sulla facciata princi-

pale è costituita da una diversa esecuzione che

si discosta dalla tecnica suddetta e che mette

in evidenza la pratica, definita del “civato”, co-

mune non solo a Squillace, ma anche in molte

zone della Calabria. (fig. 1)

Il termine deriva dalla parola dialettale “civare”

che significa imboccare, pertanto questa tecnica

utilizzava gli scarti della produzione ceramista e

consisteva nell’inserimento di cocci in terracotta

(straku,dal greco ostracon) nello strato di into-

naco prima della rifinitura, allo scopo di raffor-

zare gli spessori maggiori di malta nei punti in

cui l’apparecchio murario presentava delle di-

scontinuità.

Inoltre, dalle osservazioni al microscopio ottico

(Cfr. scheda tecnica campione I12) è emerso un

dato singolare relativo alla presenza di grumi di

grassello e resti di cottura del calcare riconduci-

bile al sistema di produzione artigianale della

calce prodotta nelle cosiddette “carcare”.

Nel territorio di Squillace l’abbondanza di calcare

evaporitico ha portato alla costruzione di nume-

rose “carcare” attive sino agli anni Cinquanta del

secolo scorso, dislocate nei punti più vicini alle

cave di estrazione e in generale adagiate sui pen-

dii per facilitare il trasporto del materiale.

È tuttora visibile una fornace dalla forma tronco-

piramidale (fig. 2) che ha rappresentato un’evo-

luzione dei metodi di cottura, migliorando la

produzione grazie ad una minore dispersione di

calore con conseguente aumento di materiale

da cuocere, e che sostituiva i semplici accata-

stamenti di pietra, sistemati in una struttura

quasi seminterrata e alimentata da fascine o

carbone. Nel provino analizzato i frammenti car-

boniosi, rinvenuti nello strato di malta che rico-

pre le costole diagonali delle volte a crociera e

altri elementi strutturali, sono riconducibili molto

probabilmente all’uso del carbone come combu-

stibile. (Cfr. scheda tecnica, campione I16).

Nella fase di indagine preliminare ad un possibile

progetto di restauro si rivela di fondamentale im-

portanza l’analisi del degrado di un materiale

composito come l’intonaco, ma è essenziale la co-

noscenza scientifica attuata sulla base di saggi

che consentano di capire l’esistente, vagliare cri-

ticamente le scelte e prefigurare la soluzione fi-

nale per un buon intervento conservativo.

È questa logica che ha condotto al consegui-

mento degli aspetti morfologici e applicativi del

materiale utilizzato a S. Maria della Pietà. I risul-

tati sino a qui ottenuti, che hanno sicuramente

permesso l’acquisizione di nuove informazioni,

sono da considerarsi un tassello utile a ricom-

porre un quadro generale necessario ad appor-

tare più dati possibili per la comprensione di un

manufatto ancora poco esplorato della cultura

architettonica calabrese.

a cura di Giovanni B. Giannotti

architetticatanzaro news

a lato: (fig. 1): Squillace, chiesa di S. Mariadella Pietà, particolare dell’intonaco “civato”

In alto: (fig. 2): Squillace, località Gizzeni,veduta esterna della “carcara”

1 La tesi è stata discussa presso l’Universitàdegli Studi di Firenze. Santa Maria della PietàSquillace (CZ). Rilievi e ipotesi di restauro, re-latore prof. G. Cruciani Fabozzi, correlatori arch.L. Brilli, F. Fratini (CNR - ICVBC).

Intonaci esterniL’analisi del campione (I3) ha rilevato un unico

strato costituito da un legante aereo relativa-

mente abbondante (rapporto legante/aggregato

1/2) di spessore complessivo intorno ai mm 15.

L’aggregato relativamente ben classato, costituito

da feldspati, miche (biotite), quarzo, frammenti di

roccia metamorfiche (anfiboliti) e magmatiche, con

dimensioni variabili da mm 0,5 a 1,5 e granuli che

presentano una forma da subangolosa a subarro-

tondata, indica la possibile provenienza di origine

torrentizia degli inerti.

L’osservazione della sezione sottile del provino ha

evidenziato due livelli che si distinguono esclusi-

vamente per il legante: quello più superficiale, di

spessore mm 5, in cui è presente una struttura più

compatta (arriccio grossolano A), quello sotto-

stante con spessore di mm 10 a struttura meno

compatta (arriccio grossolano B).

Poiché da quest’ultima osservazione non si evince

una superficie di discontinuità da contatto è plau-

sibile che questa differenziazione sia dovuta al

tipo di lavorazione e non all’applicazione degli

strati in due fasi successive. È probabile che du-

rante la stesura avvenuta in una singola fase

(strato unico) la parte superficiale sia stata mag-

giormente battuta, compattazione che ha interes-

sato meno la parte più profonda a contatto col

supporto murario.

Per convalidare il risultato suddetto si è ritenuto

opportuno estendere l’analisi ad un ulteriore pro-

vino (I12) che ha confermato la composizione le-

gante/aggregato riscontrata nel precedente, così

come la mancata distinzione in livelli; si notano

una minore compattazione del legante in superfi-

cie, presumibilmente dovuta ad una diversa ma-

nodopera o ad una lavorazione dell’intonaco poco

accurata, resti di cottura del calcare (calcite) e

grumi di grassello che rimandano al sistema ma-

nuale di calcinazione e spegnimento della calce.

1-2 Sezione sottile in luce trasmessa (nicol )

3 Sezione sottile in luce non polarizzata (nicol //)

4 Sezione sottile in luce trasmessa (nicol )

5 Ingrandimento

6-7 Sezione sottile in luce trasmessa (nicol )

Intonaci interniIl campione (I2), amalta di calce aerea, si presenta con uno strato disottofondo seguito da un secondo livello e da una fi-nitura con inerti più grossolani (velo), mentre in super-ficie si distinguono due scialbature a latte di calce.Lo strato di sottofondo, con spessore di circa mm8, presenta una malta costituita da un legante re-lativamente abbondante (rapporto legante/aggre-gato da 1/2 a 1/3) di aspetto non omogeneo.Frequenti sono i grumi calcitici riferibili soprattutto a grumi di grassello relativi aporzioni di calce non spenta, presenza significativa di una cattiva preparazione dellegante che rimanda a vecchie tecniche di spegnimento della calce.Il secondo strato, che ha uno spessore di mm 2-3 e si trova in perfetta continuitàcon quello sottostante, si caratterizza per un legante a struttura microsparitica e perl’assenza di grumi, indicativa di un filtraggio più accurato del legante.Il terzo strato, dallo spessore di 0,4 mm, è composto da una finitura con inerti piùgrossolani, simile per composizione al livello sottostante utilizzato per regolariz-zare la superficie.Le due scialbature a latte di calce hanno ciascunauno spessore di mm 0,08 e si differenziano per lastruttura, micritica quella sottostante e microspa-ritica quella soprastante; quest’ultima, inoltre, ri-sulta essere a sua volta frazionata in due livelli. Ledue scialbature si possono ritenere contempora-nee poiché quella sottostante è continua e non mo-stra segni di erosioni, ciò può voler dire che quellasuperficiale sia stata eseguita contestualmente emolto probabilmente la suddivisione di quest’ul-tima ci indica una stesura praticata a più mani.Nel provino di malta (I16), che ricopre i costoloni ealtri elementi, si distingue uno spes-sore complessivo di mm 8 costituito dauno strato di sottofondo a contatto conla pietra calcarea e composto da un le-gante aereo relativamente abbondantein rapporto di 1/1 con l’aggregato(malta grassa). Il secondo livello è ca-ratterizzato esclusivamente da legantefine senza inerti con la presenza diframmenti carboniosi.Al di sopra di questo strato si evidenziauna patina sottilissima ad ossalati,dello spessore mm 0,02-0,03 probabil-mente eseguita con olio di lino o altricomposti organici, servita a conferire lu-cidità alla superficie, sulla quale si è in-tervenuti con una scialbatura a latte dicalce, poiché permangono residui noncontinui in corso di solfatazione.

Malta conlegantea strutturapiù compatta(arricciogrossolano A)

Malta conlegantea strutturapiù compatta(arricciogrossolano A)

Str

ato

mal

ta d

i cal

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erea

Malta conlegantea strutturapiù compatta(arricciogrossolano A)

Malta conlegantea strutturameno compatta(arricciogrossolano B)

Strato disottofondoa maltadi calceaerea

Secondo stratoa maltadi calce aerea

Terzo strato Finitura a maltadi calce aereacon inertipiù grossolani

Scialbaturea latte di calce

Str

ato

mal

ta d

i cal

ce a

erea

Patina adossalati

Scialbaturaa latte di calcein corso di solfatazione

Calce senzainerti caricadi frammenticarboniosi

Strato disottofondoa malta dicalce aerea

Campione I12

Campione I3

Campione I2

Campione I16

3

1 2

6 7

54

40 41

3

[dentrolaprofessione]

La VAS e la leggeMariella Barbale

La Valutazione Ambientale Strategica (VAS), nataconcettualmente alla fine degli anni ’80, è un pro-cesso sistematico di valutazione delle conseguenzeambientali di proposte pianificatorie, finalizzato adassicurare che queste vengano incluse in modocompleto e considerate in modo appropriato, allapari degli elementi economici e sociali all’internodei modelli di “sviluppo sostenibile”, a partire dalleprime fasi del processo decisionale.L’adozione da parte del Parlamento e del Consi-glio dell’UE della direttiva “Concernente la valu-tazione degli effetti di determinati piani eprogrammi sull’ambiente” (n.2001/42/CE del27/06/01, meglio nota come direttiva sulla VAS)individua nella valutazione ambientale un “ ... fon-damentale strumento per l’integrazione di carat-tere ambientale nell’elaborazione e nell’adozionedi piani, in quanto garantisce che gli effetti del-l’attuazione dei piani ... siano presi in considera-zione durante la loro elaborazione e prima dellaloro adozione”.Il 27 giugno 2001 con l’emanazione della suddettadirettiva del Parlamento Europeo e del Consiglioviene inserita nel diritto comunitario la Valuta-zione ambientale strategica (VAS) atta a valutaregli effetti di determinati piani e programmi sul-l’ambiente.L’art. 3 paragrafo 2 della Direttiva 2001/42/CE sta-bilisce che debbano essere sottoposti a VAS i Piani

e i Programmi che presentano effetti significativisull’ambiente e definisce una obbligatorietà dellaprocedura per diversi settori, tra i quali è inclusoquello della pianificazione territoriale, in partico-lare nella direttiva viene previsto che devono es-sere sistematicamente sottoposti a VAS i piani eprogrammi ch peresentino congiuntamente i se-guenti requisiti: siano elaborati nei settori agricolo,forestale, della pesca, energetico, industriale, deitrasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque,delle telecomunicazioni, turistico, della pianifica-zione territoriale o della destinazione dei suoliLa Direttiva 2001/42/CE introduce la procedura diValutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) qualeprocesso finalizzato a garantire l’integrazione dellavariabile ambientale nei processi di pianificazione,attraverso l’interazione tra la pianificazione e lavalutazione durante tutto il processo di imposta-zione e redazione del piano o programma.La procedura di VAS, infatti, prevede che sin dalleprime fasi dell’elaborazione di un Piano o Pro-gramma debbano essere tenuti in considerazionegli effetti che il Piano o Programma stesso, unavolta attuato, può determinare sull’ambiente.L’esigenza di porre il “PIANO/PROGRAMMA” difronte ad una valutazione dei suoi impatti sull’am-biente nasce dalla riduzione delle risorse utili chesi è manifestata a causa dello sviluppo antropicosoprattutto del ventesimo secolo.

Ma la direttiva VAS che demandava agli statimembri il compito di integrare la stessa nelle pro-cedure di elaborazione e approvazione dei piani eprogrammi entro Luglio 2004, in Italia non è statarecepita nei termini per cui lo stato italiano èstato condannato con sentenza dell’8 Novembre2007 n. C- 40/07.Occorre aspettare il Decreto Legislativo 152/2006(Codice dell’ambiente) per avere il recepimentodella direttiva europea, Successivamente all’ap-provazione del D.Lgs 152/2006 è stata emanatauna disposizione correttiva, il D.Lgs n° 4 del16/01/2008, che sostituisce ed integra gli ordina-menti del D.Lgs 152/2006 e del successivo D.Lgs.n° 284 del 08/11/2006 in materia di rifiuti e di va-lutazioni ambientali.

D.Lgs 156/2006 (Codice dell’ambiente)e D.Lgs 4/2008

Il nuovo decreto allarga il campo di applicazioneanche ai piani di qualità dell’aria e ai piani/pro-grammi relativi agli interventi di telefonia mobile,precedentemente esclusi dalla procedura di valu-tazione ambientale strategica.In particolare nell’art 6 del D.lgs n. 4/08 viene pre-

visto che la Vas deve essere effettuata pertutti i piani e i programmi:

a) che sono elaborati per la valutazione e ge-

architetticatanzaro news

Mariella Barbale si laurea in giurisprudenza presso l’Università “la Sapienza” di Roma. Specializzata in diritto ed economia della CEE presso la facoltà di Economia e Commercio di Roma.,

si abilita all’esercizio della professione forense. Ha lavorato con il Consorzio “Catanzaro 2000”, società responsabile del patto territoriale di Catanzaro, come responsabile dell’assistenza

al Comune di Catanzaro dei programmi PRU; PRUSST, URBAN, PSU, PIT; è stata responsabile per “Catanzaro Servizi” del coordinamento delle attività di assistenza tecnica , gestione, ren-

dicontazione e monitoraggio al programma PSU della città di Catanzaro finanziato nell’ambito dell’asse V CITTA’ “POR Calabria 2000/2006”; ancora in corso di svolgimento l’ incarico pro-

fessionale per la redazione della piattaforma preliminare strategica del Piano strategico, del Piano di marketing territoriale e del Piano urbano di mobilità della Città di Catanzaro e della sua

area vasta; attualmente, presso il Dipartimento Urbanistica e Programmazione Territoriale della Regione Calabria, ha un incarico professionale, in qualità di esperto giuridico, per la reda-

zione della normativa connessa alla redazione del Quadro Territoriale Regionale (QTR) della Calabria.

stione della qualità dell’aria ambiente, per isettori agricolo, forestale, della pesca, energe-tico, industriale, dei trasporti, della gestionedei rifiuti e delle acque, delle telecomunica-zioni, turistico, della pianificazione territorialeo della destinazione dei suoli, e che defini-scono il quadro di riferimento per l’approva-zione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione ocomunque la realizzazione dei progetti elencatinegli allegati II, III e IV del presente decreto;

b) per i quali, in considerazione dei possibili im-patti sulle finalità di conservazione dei siti de-signati come zone di protezione speciale perla conservazione degli uccelli selvatici e quelliclassificati come siti di importanza comunita-ria per la protezione degli habitat naturali edella flora e della fauna selvatica, si ritienenecessaria una valutazione d’incidenza aisensi dell’articolo 5 del decreto del Presidentedella Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, esuccessive modificazioni;

c) Per i piani e i programmi di cui al comma 2 chedeterminano l’uso di piccole aree a livello lo-cale e per le modifiche minori dei piani e deiprogrammi di cui al comma 2, la valutazioneambientale e’ necessaria qualora l’autoritàcompetente valuti che possano avere impattisignificativi sull’ambiente.

Vengono ripresi i i principi-chiave enunciati nellaDirettiva comunitaria, viene infatti ribadito che:• la VAS deve essere effettuata durante la fase

preparatoria del piano/programma ed anterior-mente alla sua approvazione in sede legisla-tiva o amministrativa. Per i p/p sottoposti aVAS deve essere redatto, prima ed ai fini del-l’approvazione, un Rapporto Ambientale, checostituisce parte integrante della documenta-zione del p/p proposto o adottato e da appro-varsi (art. 9, comma 1);

• tutti i documenti devono essere resi pubblici: lapartecipazione del pubblico è considerata un re-quisito indispensabile per la procedura di VAS.)

Ma numerose sono le novità previste tra cui:• l’introduzione di una serie di disposizioni mi-

rate ad assicurare la semplificazione dei pro-cedimenti e il coordinamento delle procedureautorizzative in campo ambientale. Ciò nono-stante, rispetto alla precedente normativa, sinota un certo incremento dei tempi per la de-finizione delle varie fasi dei procedimenti;

• l’eliminazione del silenzio-rigetto, per cuiadesso l’amministrazione competente devenecessariamente concludere il procedimentodi VIA o VAS con un provvedimento espressoe motivato;

• la previsione dell’annullabilità, anzichè dellanullità, dei provvedimenti conclusivi di proce-dimenti effettuati senza aver effettuato la pro-cedura di VIA o VAS;

• un piu’ ampio riconoscimento della discrezio-

nalità delle regioni e province autonomenel disciplinare, compatibilmente con le regolegenerali espresse nel codice, ulteriori moda-lità per l’individuazione di piani, programmi eprogetti da sottoporre a VIA o VAS di compe-tenza regionale o anche per la determinazionedi criteri di esclusione dalla VIA per specifichecategorie progettuali; per lo svolgimento delleconsultazioni; per le modalità di partecipa-zione delle regioni confinanti eventualmentecoinvolte dall’attuazione del piano; per l’indi-viduazione dei soggetti competenti in materia

L’entrata in vigore del D.Lgs 4/2008, di modificadella parte II del Codice dell’Ambiente 152/2006,prevista per il 13 Gennaio 2008, stabilisce che:“vengono fatte salve le procedure di VAS e VIAavviate precedentemente all’entrata in vigore deldecreto correttivo le quali pertanto dovranno es-sere concluse ai sensi delle norme vigenti al mo-mento dell’avvio del procedimento”.

Ambito di applicazione del D. Lgs n 4/2008

La valutazione ambientale strategica (VAS) ri-guarda piani e programmi che possono avere unimpatto significativo sull’ambiente e sul patrimo-nio culturale. È preordinata a integrare il procedi-mento di elaborazione, adozione e approvazionedi detti piani e programmi con valutazioni ambien-tali assicurando che siano coerenti e contribui-scano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.Piani e programmi sono tutti gli atti e provvedi-menti di pianificazione/programmazione, nonchèle eventuali loro modifiche, previsti da norme le-gislative o regolamentari o amministrative e la cuiadozione compete ad autorità statali, regionali olocali. Le valutazioni sono definite come ”pro-cessi” che devono essere effettuati prima del-l’approvazione definitiva del piano, programma oprogetto al fine di valutare gli impatti significativiche da essi potrebbero derivare.Tali “processi” si sviluppano in una serie di fasi (ve-rifica di assoggettabilità, consultazioni, redazionedel rapporto o dello studio ambientale istruttoria,decisione, monitoraggio successivo) che devononecessariamente concludersi con un “parere”.I provvedimenti adottati senza la VAS ovvero laVIA se previste come obbligatorie sono annulla-bili per violazione di legge. Per cui il provvedi-mento è provvisoriamente efficace. Ma lo diventadefinitivamente qualora non venga presentato ri-corso, su istanza di parte, entro gli ordinari terminidi decadenza previsti per i ricorsi amministrativi.Non è, invece, soggetto a termini di decadenza ilpotere di autoannullamento di un provvedimentoillegittimo che l’amministrazione può esercitare,ricorrendone i presupposti, purchè entro un “ter-mine ragionevole” (art. 21-nonies L.241/90).

Competenze

La procedura di VAS può essere di competenzastatale o regionale a seconda che l’approvazionedel piano o programma competa nel primo casoad organi dello Stato o, nel secondo, alle Regionie Province autonome o ad altri enti localiIn caso di competenza statale, l’autorità compe-tente, intesa come: “la pubblica amministrazionecui compete l’adozione del provvedimento di ve-rifica di assoggettabilità e l’elaborazione del pa-rere motivato”, è il Ministro dell’ambiente che siesprime di concerto con il Ministro per i beni e leattività culturali. (MIBAC)Il regolamento VIA-VAS adottato dalla regioneCalabria in data 4 Agosto 2008 stabilisce che l’au-torità competente per le procedure di VIA e VASe per il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’autoriz-zazione integrata ambientale è il DipartimentoAmbiente della Regione Calabria.

Come si avvia la Vas

Art 11 D.lgs 4/2008 stabilisce che:La valutazione ambientale strategica e’ avviatadall’autorità procedente contestualmente al pro-cesso di formazione del piano o programma ecomprende:a) lo svolgimento di una verifica di assog-

gettabilità;b) l’elaborazione del rapporto ambientale;c) lo svolgimento di consultazioni;d) la valutazione del rapporto ambientale e

gli esiti delle consultazioni;e) la decisione;f) l’informazione sulla decisione;g) il monitoraggio.

L’autorità competente, al fine di promuovere l’in-tegrazione degli obiettivi di sostenibilità ambien-tale nelle politiche settoriali ed il rispetto degliobiettivi, dei piani e dei programmi ambientali,nazionali ed europei:a) esprime il proprio parere sull’assoggettabilità

delle proposte di piano o di programma allavalutazione ambientale strategica nei casi pre-visti dal comma 3 dell’articolo 6;

b) collabora con l’autorità proponente al fine didefinire le forme ed i soggetti della consulta-zione pubblica, nonche’ l’impostazione ed icontenuti del Rapporto ambientale e le moda-lità di monitoraggio di cui all’articolo 18;

c) esprime, tenendo conto della consultazionepubblica, dei pareri dei soggetti competenti inmateria ambientale, un proprio parere moti-vato sulla proposta di piano e di programma esul rapporto ambientale nonchè sull’adegua-tezza del piano di monitoraggio e con riferi-mento alla sussistenza delle risorsefinanziarie.

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La valutazione

La fase di valutazione e’ effettuata durante la fasepreparatoria del piano o del programma ed ante-riormente alla sua approvazione o all’avvio dellarelativa procedura legislativa. Essa e’ preordinataa garantire che gli impatti significativi sull’am-biente derivanti dall’attuazione di detti piani e pro-grammi siano presi in considerazione durante laloro elaborazione e prima della loro approvazione.

Redazione del Rapporto ambientale (art 13D.Lgs 4/2008)

Sulla base di un rapporto preliminare sui possibiliimpatti ambientali significativi dell’attuazione delpiano o programma, il proponente e/o l’autoritàprocedente entrano in consultazione, sin dai mo-menti preliminari dell’attività di elaborazione dipiani e programmi, con l’autorità competente e glialtri soggetti competenti in materia ambientale, alfine di definire la portata ed il livello di dettagliodelle informazioni da includere nel rapporto am-bientale. Le consultazione, salvo quanto diver-samente concordato, si conclude entronovanta giorni.La legge espressamente prevede che La reda-zione del rapporto ambientale spetta al propo-nente o all’autorità procedente, senza nuovi omaggiori oneri a carico della finanza pubblica.L’allegato VI al decreto riporta le informazionida fornire nel rapporto ambientale.Il comma 5 dell’art 13 del D.lgs 4/2008 stabilisceche: La proposta di piano o di programma e’ co-municata, anche secondo modalità concordate,all’autorità competente. La comunicazione com-prende il rapporto ambientale e una sintesi nontecnica dello stesso. Dalla data pubblicazione del-l’avviso di cui all’articolo 14, comma 1, decorronoi tempi dell’esame istruttorio e della valutazione.La proposta di piano o programma ed il rapportoambientale sono altresì messi a disposizione deisoggetti competenti in materia ambientale e delpubblico interessato affinche’ questi abbiano l’op-portunità di esprimersi.

Contestualmente alla comunicazione di cui all’ar-ticolo 13, comma 5, l’autorità procedente cura lapubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficialedella Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficialedella regione o provincia autonoma interessata.L’avviso deve contenere: • il titolo della proposta di piano o di pro-

gramma;• il proponente, l’autorità procedente;• l’indicazione delle sedi ove può essere

presa visione del piano o programma e del rap-porto ambientale e delle sedi dove si può con-sultare la sintesi non tecnica.

L’autorità competente e l’autorità procedentemettono, altresì, a disposizione del pubblico laproposta di piano o programma ed il rapporto am-bientale mediante il deposito presso i propri ufficie la pubblicazione sul proprio sito web.Entro il termine di sessanta giorni dalla pubbli-cazione dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale, chiun-que può prendere visione della proposta di pianoo programma e del relativo rapporto ambientale epresentare proprie osservazioni, anche fornendonuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

Valutazione del rapporto ambientale e degliesiti i risultati della consultazione (art 14D.Lgs 4/2008)

L’autorità competente, in collaborazione con l’au-torità procedente, svolge le attività tecnico-istrut-torie, acquisisce e valuta tutta la documentazionepresentata, nonchè le osservazioni, obiezioni esuggerimenti inoltrati ai sensi dell’articolo 14 edesprime il proprio parere motivato entro il terminedi novanta giorni a decorrere dalla scadenza ditutti i termini di cui all’articolo 14.L’autorità procedente, in collaborazione con l’au-torità competente, provvede, ove necessario, allarevisione del piano o programma alla luce del pa-rere motivato espresso prima della presentazionedel piano o programma per l’adozione o approva-zione.

Decisione e informazione(art 16/17D.Lgs 4/2008)

Il piano o programma ed il rapporto ambientale,insieme con il parere motivato e la documenta-zione acquisita nell’ambito della consultazione, e’trasmesso all’organo competente all’adozione oapprovazione del piano o programma. La decisione finale e’ pubblicata nella GazzettaUfficiale o nel Bollettino Ufficiale della Regionecon l’indicazione della sede ove si possa prenderevisione del piano o programma adottato e di tuttala documentazione oggetto dell’istruttoria.

Monitoraggio (art 18 D.Lgs 4/2008)

Il monitoraggio assicura il controllo sugli impattisignificativi sull’ambiente derivanti dall’attua-zione dei piani e dei programmi approvati e la ve-rifica del raggiungimento degli obiettivi disostenibilità prefissati, così da individuare tem-pestivamente gli impatti negativi imprevisti e daadottare le opportune misure correttive. Il monito-raggio e’ effettuato avvalendosi del sistema delleAgenzie ambientali.Il piano o programma individua le responsabilitàe la sussistenza delle le risorse necessarie per larealizzazione e gestione del monitoraggio.Si ritiene necessario che nel programma di moni-toraggio ambientale siano individuate le risorse,le responsabilità ed i ruoli e che siano definititempi e modalità per l’attuazione di quanto previ-sto. Nelle attività di monitoraggio ambientale, alfine di evitare duplicazioni, devono essere utiliz-zati in via prioritaria, qualora ritenuti adeguati, imeccanismi di controllo già esistenti nell’ambitodella Pubblica Amministrazione ovvero già predi-sposti per il monitoraggio di altri piani e pro-grammi. Al proposito si richiama la necessità chei dati e le informazioni raccolti ai fini del monito-raggio ambientale siano a loro volta organizzati,gestiti e messi a disposizione in modo da garan-tirne il riutilizzo. È opportuno che degli esiti delmonitoraggio ambientale e delle eventuali misurecorrettive, adottate a seguito della rilevazione di

architetticatanzaro news

effetti negativi imprevisti, sia data adeguatainformazione al pubblico attraverso i siti web del-l’autorità responsabile dell’attuazione del pianoo programma e dell’autorità preposta alla Vas.

La Calabria e la procedura VAS

L’ articolo 34 del Dlgs 152/2006, come novellatonel 2008, ha stabilito che le Regioni dovesseroadeguare il proprio ordinamento alle disposizionidel decreto nazionale entro 12 mesi dalla sua en-trata in vigore. “In caso contrario, si appliche-ranno le medesime norme nazionali e, trascorsotale termine, troveranno diretta applicazione talidisposizioni oltre che quelle regionali vigenti inquanto compatibili”.La scelta del legislatore della novella del 2008,su richiesta della Conferenza Stato-Regioni, èstata quella di non introdurre regole dettagliatesulle procedure di competenza regionale, comeera nella versione originaria del codice dell’am-biente, ma di limitarsi a prevedere principi e cri-teri generali da applicarsi per tutte le procedure,invitando però con solerzia le Regioni ad ade-guarsi agli stessi. Ciò anche alla luce dell’espe-rienza passata in materia di Via ove, nelle moredell’entrata in vigore di una legge nazionale chedesse piena attuazione alla disciplina comunita-ria, le Regioni si sono dotate di proprie norme re-gionali molto più avanzate e complete, creandospesso problematiche pratiche anche legate agliambiti di applicazione della Via.Con un regolamento approvato il 4 agosto 2008dalla Giunta, la Calabria ha adeguato le procedureper la valutazione di impatto ambientale dei pro-getti di ambito regionale, per la valutazione ambien-tale strategica e per il rilascio delle autorizzazioniintegrate ambientali al D.lgs n 4/2008. Il provvedi-mento recepisce in toto le novità introdotte dal cor-rettivo del codice ambiente, e stabilisce che autoritàcompetente per la VAS, VIA, IPPC è il DipartimentoAmbientale della Regione Calabria, viene altresìistituito il Nucleo VAS,VIA, IPPC.

LA LEGGE REGIONALE 19/2002 i nuovi pianiurbanistici e la vas

La Calabria ha avviato negli ultimi anni una nuovastagione programmatoria e pianificatoria ponendouna grande attenzione ai temi dell’Urbanistica edel Governo del Territorio. E’ noto infatti che dallelinee guida in poi la Regione, le province e i co-muni calabresi hanno avviato le procedure neces-sarie alla redazione dei nuovi strumentiurbanistici.Questa attività è stata stimolata fondamental-mente da tutte le innovazioni di contenuto, di me-todo e di processo introdotte per la pianificazioneurbanistica e territoriale della Calabria. Gli enti locali e la regione Calabria hanno dunque

avviato le procedure per riformare gli strumenti dipianificazione urbanistica e territoriale, ed avviareun nuovo modello di governo del territorio, ispi-rato ai principi della coesione sociale e dello svi-luppo sostenibile, della riqualificazione delterritorio e del paesaggio, promuovendo un mi-nore consumo del territorio. Ma accanto alla redazione degli strumenti urbani-stici gli enti si trovano a dover fare i conti con laValutazione ambientale strategica. In questo contesto come è noto la legge urbani-stica regionale della Calabria n. 19 del 2002(Legge per il Governo del Territorio) all’art. 10 sta-bilisce che: La Regione, le Province e i Comuniprovvedono, nell’ambito dei procedimenti di ela-borazione e di approvazione dei propri piani, allavalutazione preventiva della sostenibilità ambien-tale e territoriale degli effetti derivanti dalla loroattuazione, nel rispetto della normativa dell’U-nione Europea e della Repubblica, attraverso leverifiche di coerenza e compatibilità.Al comma 4 dello stesso articolo si legge… Glienti titolari del governo del territorio, preliminar-mente alla adozione degli atti di pianificazionestrutturale danno vita a procedure di verifica dellacoerenza e della compatibilità di tali atti con glistrumenti della pianificazione urbana e territorialee con i piani di settore ove esistenti, ai fini dellavalutazione di sostenibilità. Tale verifica potrà es-sere effettuata, quando necessario, facendo ri-corso alla valutazione ambientale strategica (VAS)ai sensi della direttiva Comuntaria 2001/42/CE.Alla luce di questa normativa sembrerebbe incon-testabile che gli enti titolari del governo del terri-torio, ai fini della pianificazione strutturale,dovrebbero sottoporre i loro piani alla VALSOSTciò non presupponendoe pertanto l’avvio di unapiù complessa e elaborata procedura di VAS.Tanto è vero, che, nelle linee guida licenziate conDelibera di Consiglio Regionale del 10 Novembre2006, n. 106, nella parte seconda riguardante laValutazione Ambientale di sostenibilità espressa-mente si legge:“Allo scopo di armonizzare le diverse norme con-tenute nella disposizione regionale in commento,appare opportuno un intervento chiarificatorevolto a delimitare, da un lato, l’ambito di operati-vità dei primi cinque commi dell’art. 10 della L.R.19/02, riguardanti la verifica di coerenza e compa-tibilità, e, dall’altro lato, il differente ambito dioperatività della regolamentazione riportata neisuccessivi commi 6 e 7 dello stesso articolo, rela-tiva, invece, alla Valutazione Ambientale Strate-gica (VAS). In proposito, onde evitare sovrapposizioni di di-scipline, che sarebbero motivo di confusione in-terpretativa, occorre proporre una letturarazionale e sistematica della disposizione, in forzadella quale è da ritenere che la procedura di va-lutazione ambientale strategica di derivazione co-

munitaria debba essere seguita per l’elaborazionee l’approvazione dei Piani e Programmi non com-presi nel filone di strumentazione ordinaria di cuialla citata legge regionale 19/02 (trasporti,ener-gia, turismi etc.), mentre la procedura di valuta-zione di sostenibilità, scomposta nelle duedescritte verifiche, di coerenza e di compatibilità,potrà essere seguita per l’elaborazione e l’appro-vazione dei piani appartenenti a detto filone (aparte i casi particolari in cui può essere richiestala VAS”.Al riguardo essendo intervenuta una legge Nazio-nale di recepimento della Direttiva Vas, la 152/06novellata con D.Lgs 4/2008 e recepita totalmentedal Regolamneto regione Calabria, n. 3 del 4 Ago-sto 2008, sarebbe auspicale un intervento chiari-ficatore del legislatore regionale che aggiornassela legislazione e al contempo chiarisse dove equando, all’interno ad esempio del procedimentodi approvazione di un piano e programma deveporsi la fase relativa alla VAS; sarebbe altresì au-spicabile che questa cosa avvenisse nel più brevetempo possibile visto che gran parte delle ammi-nistrazioni locali sono alle prese con l’elabora-zione dei piani del governo del territorio chemanderanno in pensione i vecchi prg, addiritturaalcuni comuni sono già in una fase avanzata delprocesso di approvazione del piano al punto darendere impossibile l’avvio della procedura VASAl contempo sarebbe necessario e utile avviareun confronto e una seria riflessione tra la regione,i comuni e le province al fine porre l’attenzionesul tema dell’integrazione fra gli aspetti ambien-tali e di sostenibilità e gli ambiti della pianifica-zione urbanistica in virtù della grande rilevanzache questa integrazione assume per la situazionedi criticità ambientale e limitatezza delle risorseche le nostre città si trovano a fronteggiare. Ciòsicuramente richiederà un processo di rinnova-mento culturale in quanto è incontestabile cheoggi parlare di VAS dei piani urbanistici, di indica-tori, di monitoraggio nel nostro paese rappresentasicuramente una difficoltà che un professionistariscontra nel momento in cui gli viene affidata lavalutazione ambientale strategica di un piano.Ma se può essere già difficoltoso operare unaVAS e il relativo monitoraggio per Province e Co-muni grandi e medi, si può pensare quali difficoltàsi trovino ad affrontare Comuni piccoli, magaricon un ufficio tecnico “tenuto in piedi” da un geo-metra part-time. Ma senza arrivare a questiestremi, qualsiasi ente pubblico che si trova adaffrontare una valutazione ambientale strategica,si trova oggettivamente in difficoltà ad “interioriz-zare” la VAS e, quindi, anche il monitoraggio.L’auspicio è dunque quello che l’attuale panoramanormativo regionale si doti di propri strumenti, re-gole, procedure in grado di sostanziare in manieraconcreta e utile la procedura VAS e la sua appli-cazione alla pianificazione territoria

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[eventi]

XXIII Congresso Mondiale di ArchitetturaUIA Torino 2008

A giugno 2008 Torino, presso il complesso fieri-

stico del Lingotto, ha ospitato il XXIII Congresso

Mondiale di Architettura - UIA Torino 2008, il più

importante consesso internazionale di architetti in

cui sono state declinate, importanti sfide ed esi-

genze dell’architettura.

Il tema infatti è stato “Trasmitting Architecture”,

ovvero tramandare la cultura del passato, vivere

la democrazia del presente e dare speranza per

il futuro.

E’ un dato di fatto che il territorio italiano sia

cambiato moltissimo negli ultimi trent’anni. Si è

costruito molto e non solo nelle città: lo spazio

urbanizzato si è esteso molto ma anche lungo le

coste e sulle colline, compromettendo il paesag-

gio naturale.

Di fronte a queste grandi trasformazioni spesso

i cittadini sono stati impotenti, se non del tutto

disinteressati, pertanto il tema della comunica-

zione, del dialogare con la committenza, dell’a-

vere un rapporto diretto con coloro che

fruiranno degli spazi, è quanto mai importante

se non basilare.

9600 iscritti, una folla di partecipanti inattesa,

una grande arena dove soprattutto si è perce-

pita la voglia di incontrarsi e discutere, un par-

terre di incontri di altissimo livello: Paolo Soleri,

Kengo Kuma, Peter Eisenmann, Massimiliano

Fuksas, Mathias Klotz, Dominique Perrault, Gon-

zales de Leon (medaglia d’oro UIA 2008), Italo

Rota, James Wines, Odile Decq e molti altri,

sono stati i protagonisti di questi quattro giorni

di totale “architettura full immersion”.

L’Ordine degli Architetti di Catanzaro era pre-

sente con una consistente rappresentanza, in

forza anche della presenza del l’Arch. Riverso

tra i candidati al nuovo consiglio dell’UIA, con-

fermato in seguito con la sua elezione.

Un’ulteriore segno della presenza dell’Ordine è

stato quello di allestire in un’ampio spazio,

messo a disposizione dell’organizzazione, uno

stand, che dialogando con gli altri centinaia pre-

senti da tutte le parti del mondo, conferma la

sempre più massiccia voglia di confronto nei ri-

guardi di altre realtà ordinistiche.

La scelta è stata incentrata sulla visualizzazione

di uno slogan “l’architettura di tutti”, pertanto

attraverso la mera esposizione di un congruo nu-

mero di piccoli e grandi progetti e realizzazioni di

architetti del territorio catanzarese, nelle gior-

nate che sono seguite, ha suscitato un discreto

interesse, per lo più da colleghi stranieri, i quali

sono sempre molto attenti all’evoluzione delle

diverse realtà territoriali.

Le giornate si sono per lo più svolte tra gli in-

contri con i nomi già in parte elencati per lo più

su temi inerenti il rapporto con il paesaggio, il

mestiere dell’architetto, l’architettura parteci-

pata, gli agglomerati urbani, il colore in archi-

tettura, la città dei bambini, l’economia

mondiale (con la presenza del Premio Nobel)

ed altri.

Gli eventi si sono per lo più sviluppati in diversi

ambiti del Complesso Lingotto, e nello specifico:

un ambito dedicato alla presentazione delle as-

sociazioni, degli enti pubblici e del CNA con l’al-

lestimento all’interno di spazi atti a presentare

progetti ed iniziative in corso di realizzazione;

altro ambito è stato quello già descritto prece-

dentemente, dedicato esclusivamente all’espo-

sizione di lavori, progetti, realizzazioni e

quant’altro di tutte le realtà ordinistiche ed asso-

ciazionistiche mondiali, pertanto spiccavano inte-

ressanti lavori portati avanti ad esempio dagli

ordini dell’Emilia Romagna, del Lazio, del Veneto,

a cura di Antonio Lento

architetticatanzaro news

della Campania e della Sicilia, per rimanere in

ambito nazionale, ed invece delle associazioni

degli architetti di paesi in via di sviluppo che si

sono presentati con allestimenti molto interes-

santi ed innovativi.

Ne proseguire sull’elencazione degli eventi, la

parte da leone è andata sicuramente al Pala-

vela, che ha rappresentato la base logistica di

tutti i grandi incontri e lectio magistralis svolte

nei giorni, con presenze, senza dover esagerare,

da eventi rock, a conclusione una interessante

mostra su prodotti e prototipi che faceva da val-

vola di sfogo ai momenti di alto affollamento su

altri siti.

Un bilancio assolutamente positivo, una formula

vincente, dove gli architetti, con ottimismo, si

proiettano al prossimo congresso che si svolgerà

nel 2011 a Tokio, con sempre più voglia di fare

e di migliorare

[tesidilaurea]

L’intervento proposto tende a riqualificare il

porto di Catanzaro Lido e lo spazio urbano ad

esso connesso generando un processo econo-

mico ad indirizzo turistico.

Si pensi ai chilometri di costa che caratterizzano

la nostra regione e quindi al grado di appetibilità

che il litorale Ionico può offrire. Il porto assume

una posizione strategica sull’asse economico

Lamezia-Catanzaro, ed ha quindi le potenzialità

per innescare un processo evolutivo unico per la

nostra Regione.

Attualmente il porto è usato come ricovero per

piccole imbarcazioni, è privo di infrastrutture e

versa in condizioni di notevole degrado.

Il progetto, prevede l’allargamento del bacino

con l’inserimento di nuovi attracchi per imbar-

cazioni anche di media stazza, trasformandolo

in un porto di media entità, che proietta la città

verso il mare.

Una forma regolare quadrata, orientata in modo

tale da salvaguardare il problema dell’insabbia-

mento e dell’orientamento rispetto alle correnti

marine. Una stecca intercetta il quadrato, ta-

gliandolo nella sua diagonale, sulla quale si di-

spongono una serie di attività commerciali con

uffici e residenze collocati negli ultimi piani. Una

torre alta circa quaranta metri fa da terminale

alla stecca dove sono disposti gli uffici della

nuova Capitaneria di Porto con relativi spazi Do-

ganali, necessari per un Capoluogo di Provincia.

In questa sezione presenteremo una serie di tesi di laurea di giovani architetti della provincia di Catanzaro laureatisi nel corso degli ultimi anni.

L’obiettivo è quello di dare spazio a tesi che riguardano Catanzaro e la sua provincia, senza però dimenticare coloro che, della provincia, aprono lo

sguardo verso altri orizzonti, altri luoghi di progetto; il tentativo è quello di “comunicare”, al di fuori della cerchia ristretta degli addetti ai lavori, che

esistono una pluralità di interpretazioni architettoniche del mondo contemporaneo molto vivaci e interessanti.

La tesi di laurea offre una pluralità di “visioni” verso il mondo del progetto e anche di “modi” di rappresentazione del progetto, fasi attraverso le quali

ognuno di noi è passato e che conserva nel cuore non potendole sempre utilizzare lavorando in un contesto professionale molto compromesso da vari

fattori, da quello economico a quello culturale.

La tesi di laurea è il momento in cui il percorso teorico si sostanzia in un’idea, nel modo più libero e consapevole, un’idea in cui si crede fortemente che

rappresenta in qualche modo il percorso, l’ esperienza universitaria di ciascuno di noi.

E’ il momento in cui un architetto pone il proprio “sapere” a servizio della comunità, per questo è un momento che meriterebbe di essere sempre più

valorizzato; ancor più l’ideazione progettuale consente infatti di analizzare e valutare le aspirazioni e le esigenze di un territorio, ponendole a confronto

con le risorse che debbono essere mobilitate.

L’auspicio è che le pubblicazioni delle tesi possano trovare sempre più visibilità, anche presso il nostro Ordine, poiché oltre che essere testimonianza

della creatività dei progettisti locali, si possa riuscire a concretizzare il dibattito sul miglioramento delle qualità dei luoghi, stimolando la committenza

pubblica affinché rivesta un ruolo attivo in questo processo di trasformazione che si spera coinvolga prima o poi anche il nostro territorio.

In questo numero presentiamo la tesi di Domenico Giannini, laureatosi a Reggio Calabria nel 2007, relatrice prof. Laura Thermes. La tesi si presenta

molto interessante per il suo rigore compositivo, l’invenzione e assieme la misura, la sua capacità di porsi in rapporto con il contesto, l’intorno fisico,

la scala territoriale

a cura di Anna Corrado

architetticatanzaro news

L’area portuale di Catanzaro LidoDomenico Giannini

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architetticatanzaro news

Lungo la battuta del bacino interno, in prossi-

mità di quello di drenaggio, sarà collocato un

edificio destinato alla manutenzione di imbarca-

zioni con relativa attrezzatura da diporto.

La quota della città trovandosi a circa sette

metri dal livello del mare, sarà risolta attraverso

la progettazione di una risalita costituita da gra-

dinate e rampe, necessarie per il rimessaggio

delle imbarcazioni.

Alle spalle dell’officina, trova posto il centro

commerciale che si articola su tre livelli, si affac-

cia su una piazza pubblica, con sottostante par-

cheggio di auto ed è raggiungibile attraverso

una rampa carrabile.

Il filtro con la città è costituito da due edifici cul-

turali con interposto specchio d’acqua, collocati

in posizione terminale all’esistente lungomare;

all’interno trovano posto centri polifunzionali,

sale conferenze, salette multimediali e un al-

bergo.

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[arte ]È da ormai più di un anno, che il Marca, Museo

delle Arti di Catanzaro, si propone nel panorama

della scena artistica contemporanea italiana e

non, con le sue mostre permanenti e tempora-

nee, insieme ad altri eventi e manifestazioni che

spaziano dalla musica alla poesia, dal cinema al

design.

Aperto nel marzo 2008 nella sede di via Ales-

sandro Turco, in un palazzo di inizio ‘900, acqui-

sito e restaurato dall’Amm.ne Provinciale di

Catanzaro, ospita, nei suoi tre livelli, l’esposi-

zione Permanente della Pinacoteca e Gipsoteca

Provinciale, che ritrovano in questa sede, grazie

a un restauro e una struttura espositiva di ot-

timo livello, una nuova luce e un nuovo fulgore,

con oltre 120 opere tra dipinti e sculture: si va da

Mattia Preti a Salvator Rosa, dai quadri di An-

drea Cefaly ai gessi e i marmi di Francesco Ie-

race, dalle opere di Andrea Sacchi a quelle di

Battistello Caracciolo.

Al piano superiore l’esposizione permanente

delle opere su lamiera di Mimmo Rotella dà fi-

nalmente il giusto rilievo ad un’artista catanza-

rese di fama internazionale, mentre un altro

livello è dedicato alle mostre temporanee: dal 5

aprile fino al 27 settembre è di scena Alex Katz,

uno dei più importanti artisti contemporanei

newyorkesi, precursore della Pop art e presente

con le sue opere nelle maggiori collezioni dei

musei del mondo. Nella mostra, dal titolo “Re-

flections”, l’ottantaduenne Katz propone tele

dalle dimensioni gigantesche in cui enfatizza la

distanza tra sfondo e soggetto, tra soggetto e

spettatore, una serie di lavori inediti sul ritratto

e sui paesaggi, incentrati sui temi dell’intera sua

ricerca, a cavallo tra espressionismo astratto e

pop art.

La presentazione della nuova programmazione

artistica, che comprende tra l’atro Antoni Tàpies

(novembre 2009/marzo 2010) e Alessandro

Mendini ( aprile/ottobre 2010) , è avvenuta nel

marzo scorso a Roma, nella sala del consiglio

nazionale del Ministero dei Beni Culturali, alla

presenza di Francesco Prosperetti, direttore

della Parc, Direzione generale per la qualità e la

tutela del paesaggio, e questo sottolinea la vo-

lontà del direttore artistico Alberto Fiz ma anche

del dirigente del settore cultura dell’Amm.me

Provinciale, architetto Maurizio Rubino, di pro-

porre per il Marca un progetto ambizioso (in un

certo senso dovuto per una città come Catan-

zaro, capoluogo di regione), un progetto in cui il

Museo diventa “centro di propulsione di eventi

culturali, convinti che investire in cultura signi-

fica produrre crescita civile e sociale”, e anche

parte di un “sistema di rete per l’arte contem-

poranea che stimoli la circolarità e la condivi-

sione (…)” (F. Prosperetti,).

Ma ciò che rende particolarmente innovativo e

attuale il museo è uno spazio che sta al livello

inferiore, dal lato opposto all’ingresso princi-

pale, che sta diventando un luogo “plurale”

molto interessante; è il Marca Proiect, dedicato

alla sperimentazione contemporanea, ai giovani

artisti e ai nuovi linguaggi, dalla pittura alla scul-

tura, dalla fotografia alla videoarte, sino alla

musica, poesia e teatro. Non solo esposizioni,

quindi ma anche conferenze, concerti, perfor-

mance e progetti installativi (come quella di Pe-

rino & Vele, due artisti napoletani che lavorano

con la cartapesta e i materiali di riciclo, conclu-

sasi ad aprile), grazie anche alla presenza di un

bookshop cafè, opera dell’artista Claudio Favelli,

aperto anche in orari serali.

Segnaliamo infine che, con inaugurazione il 31

luglio (chiusura 3 novembre), si aprirà una mo-

stra, parallela a quella di Katz, di Dennis Op-

penheim, che contemporaneamente inaugurerà

la quarta edizione di “Intersezioni”, al Parco Ar-

cheologico di Scolacium a Roccelletta.

Dennis Oppenheim è un artista concettuale sta-

tunitense, noto per la sua attività nel campo

della performance della land art e del video già

dagli anni sessanta, avvicinandosi nei suoi ul-

timi lavori alla Body art. . Entrambi gli appunta-

menti sono curati da Alberto Fiz, direttore

artistico del Marca.

Per saperne di più su tutte le iniziative basta col-

legarsi al sito www.museomarca.com

a cura di Anna Corrado

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[blowout]

TU SEI QUELLO CHE NON VUOI,MA NON SAI QUELLO CHE TU SEI

Su “Partita Rimandata-Diario Calabrese”

di Alberto Savinio, Rubbettino Edit., 2008,

Soveria Mannelli

Trascuriamo, spesso, le nostre percezioni, e di-

ventiamo indifferenti all’ambiente circostante

così accade che non riconosciamo nei luoghi, in

cui viviamo, la nostra stessa identità, soppressa

da ciò che avremmo desiderato essere e che non

riscontriamo nel nostro habitat. Più volte ho

chiuso gli occhi di fronte ai numerosi luoghi in

cui la bellezza sembra essere assente. Mi

chiedo se bellezza e carattere debbano per forza

esistere solo in certe zone del mondo dotate di

un destino speciale! Preferisco pensare che sia

solo una personale incompletezza che impedi-

sce di percepire la reale qualità di un luogo,

anche se appare irregolare, provvisorio, ovvio.

Consapevole di tale stato di deriva e disidentità,

osservo questo lembo d’Europa disteso sul Me-

diterraneo, come sopra un vuoto denso di vibra-

zioni, delle quali esso sembra non accorgersi e

nuovamente mi chiedo se si possa davvero rac-

chiudere la qualità estetica di un luogo in una

immagine assoluta (che non sia, come nel

caso specifico, quella di un irritante ma

tanto benefico frutto dalla forma stilizzata,

vagamente cuneiforme, di colore rosso

vivo!?!). Non resta che applicare una discreta

ma radicale sovversione: reinventare la lettura

attraverso forme di percezione espansa che

seguano nuovi e più punti di vista, assemblan-

done le ricadute emotive, fino a destabilizzare

le immagini consolidate. Seguendo le strade in-

dicate dalla cultura, per ritornare ad essere ca-

pace di leggere bellezza nell’incompiuto e nel

transitorio, cioè là dove prima non avevo guar-

dato, scopro il “Diario Calabrese” di Savinio ov-

vero Andrea De Chirico. Pittore, scenografo,

regista, musicista e scrittore, egli riconosce a

tali arti una funzione speculativa con punti di

vista differenti che non convergono in una sin-

tesi unica se non, forse, nell’inconscio. Ricco di

cultura classica da egli mutata nell’assurdosurrealista, rivendica la relatività delle grandi

idee e miti, ciò gli consente di compiere in Cala-

bria un viaggio ispirato ed una trascinante let-

tura estetica dei luoghi. L’occhio dell’artista

diventa uno strumento per rilevare suggestioni

multiple che scombinano le immagini consuete

e rilevano i moti profondi della vita dei luoghi

che va visitando. Savinio annota situazioni as-

surde e contraddittorie insieme alle descrizioni

dei luoghi, sviluppando una lettura multipla ed

incrociata fra le potenzialità inespresse del ter-

ritorio e la sua personale condizione interiore.

Evoca, così, immagini impreviste e suggestioni

capaci di restituire fiducia allo sguardo. Il diario

scorre come la curiosa ricerca di una identità mi-

tologica, racconta l’incontro con un luogo della

memoria, già desiderato e poi compreso. Il ter-

ritorio calabrese accompagna Savinio in un cu-

rioso percorso di ricerca dentro e fuori di se:

come in uno specchio, il riflesso di ogni luogo fa

apparire altro in un processo continuo di ridefi-

nizione del luogo stesso, dall’interno. Savinio

restituisce a questo lembo d’Europa la sua pri-

mordiale autenticità. Oltrepassando i punti de-

boli, sposta l’asse d’interesse sullo spessore

simbolico dei suoi luoghi. Il suo è un percorso di

educazione estetica, capace di renderci davvero

sensibili alle virtù di questo frammento di mondo,

innescando prolifiche suggestioni creative.

a cura di Nadia Rocchino

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...nella competizione tra le nazioni,l’Italia può non avere rivali: dovrà,però, esaltare la sua vocazionevalorizzando un paesaggio ed unpatrimonio storico unico al mondo.Per questa azione siamo convintiche le competenze degli architettisiano indispensabili al paese ...

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