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GRANDE ORIENTE ITALIANO Obbedienza di Piazza del Gesù Rivista di studi massonici e di scienze umanistiche Anno III 1

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GRANDE ORIENTE ITALIANOObbedienza di Piazza del Gesù

Rivista di studi massonici e di scienze umanistiche

Anno III

1

1908 2008

A ... G ... D ... G ... A ... D ... U ...MASSONERIA UNIVERSALE DI RITO SCOZZESE ANTICO ED

ACCETTATO COMUNIONE ITALIANAGRANDE ORIENTE ITALIANO

OBBEDIENZA PIAZZA DEL GESÙ 00166 Roma – Via Umberto Ricci n° 33

Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia - Roma ViaPietro Cossa n.42

20 settembre 2008 - ore 10

PROSPETTIVE ETICHE DELLA MODERNITA’ CULTURE LAICHE A CONFRONTO

Introduce ai lavori il Gran Maestro Dott. Nicola TUCCI Presiede Prof. Giovanbattista Antonio GUERRIERO (docente dieducazione degli adulti - Università della Calabria - UNICAL)Relatori: -Prof.ssa Maria MANTELLO (saggista, vice presidente nazionaledell’Associazione Giordano Bruno);-Prof. Arturo NAPOLETANO (Commissione Cultura dell’ Obbedienza) -Prof. Daniele GARRONE (decano della Facoltà Valdese di Teologia) -Prof Luigi LOMBARDI VALLAURI (docente di Filosofia del dirittoUniversità di Firenze) -Dott.ssa Ornella FALETTI (Grande Oratore Gran Loggia ItalianaScozzese Femminile)-Dott. Antonio MUCCIARDI (Grande Oratore G.O.I. Obbedienza Piazzadel Gesù)

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INDICE

PrefazioneNicola Tucci pag. 5

La Laicità dell’Etica tra Individuo e StatoMaria Mantello pag. 7

Etica tolemaica ed etica copernicanaArturo Napoletano pag. 20

La laicità delle chiese riformate in Italia Daniele Garrone pag. 38

Due argomenti di etica: 1) etica dell’animalità 2) etica dell’economia politicaLuigi Lombardi Vallari pag. 46

Fede cristiana e cultura laica Ornella Faletti pag. 59

L’eredità del Gran Maestro Saverio Fera Antonio Mucciardi pag. 68

Appendice: I Gran Maestri del Grande Oriente ItalianoObb. Piazza del Gesù - dal 1908 ad oggi pag. 83

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Il Gran Maestro dott. Nicola Tucci apre il Convegno

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Prefazione

Nicola Tucci

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Nel presentare questo numero della rivista Doxainteramente dedicato alla pubblicazione degli atti delconvegno sul tema “Prospettive etiche della modernità -Culture laiche a confronto”, tenuto a Roma presso l’aulamagna della Facoltà Valdese di Teologia il 20 settembre2008, in occasione del centenario della nostraObbedienza, desidero ringraziare, nella mia qualità diGran Maestro del Grande Oriente Italiano ObbedienzaPiazza del Gesù, tutti i partecipanti, gli organizzatori ed irelatori che hanno nobilitato la manifestazione con la loropresenza.

Iniziativa voluta e gradita dal Grande Oriente ItalianoObbedienza Piazza del Gesù, che ha voluto fortementequesto confronto poiché il concetto di laicità è per noifondamento di uno Stato di democrazia, garanzia questadi un progresso di civiltà.

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Il motivo della manifestazione è la celebrazione delcentenario della fondazione di Piazza del Gesù, che nel1908, grazie soprattutto alla determinazione e allavolontà di un illustre cittadino della terra calabra, SaverioFera, costituì in momento storico importantissimo per laMassoneria italiana. Saverio Fera fu artefice dello scismaall’interno della Massoneria del Grande Oriente d’Italia dacui poi nacque Piazza del Gesù. Le cause occasionalifurono due: la riforma massonica per l’unificazione del ritoscozzese con quello simbolico e l’insegnamento dellareligione nelle scuole dell’obbligo.

Fera, in contrasto con i dettami del Grande Oriented’Italia, fu artefice di un nuovo movimento che per noi delGrande Oriente Italiano ha rappresentato la matrice dellanostra nascita ed esistenza. Nel pieno e assoluto rispettodella libertà altrui, questo convegno intende sancire unconfronto e un chiarimento democratico di idee, atte allosvolgimento di nuove proposte e nuovi intendimenti, tutticollegati alla presentazione di contributi formativi ecreativi per una generale crescita della nostra società eper un maggiore rispetto tra tutte le famiglie massonicheoperanti sul territorio nazionale ed internazionale.

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Mi auguro che questo messaggio di pace e di confrontolaico e democratico venga recepito da tutti e soprattuttodai fratelli che appartengono ad altre Obbedienze i quali,con la loro presenza al convegno, hanno palesatol’unione ed il reciproco riconoscimento che lega tutti glioperai della Massoneria Universale

La Laicità dell’Etica tra Individuo e Stato

MariaMantello

L’etica è scienza dell’agire umano. Individua ipresupposti formali della scelta e permette di giudicare lafondatezza morale delle azioni. Non è quindi un elenco dinorme date, ma riflessione sulle condizioni, possibilità,modalità, conseguenze di ogni azione per poter sceglierebene.

Ogni azione implica una intenzionalità in vista di unrisultato ipotizzato e la volontà per cercare di conseguirlo.E’ questa volontà che permette il passaggio dal pensieroall’atto. Ma ciò che rende possibile tutto questo è lanostra libertà di scelta. Possiamo dire allora, che l’azione

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è la realizzazione, mediante la volontà, della individualelibertà di scelta. Una libertà, che è indagine razionalesulle possibilità e modalità dello scegliere, e dimensionepratica di ogni scelta. E’ questa libertà che ci fapronunciare ogni volta un sì, o un no. Pertanto, anchenelle condizioni più restrittive, nei casi limite in cui magarinon vorremmo mai trovarci e in cui valgono tutte leattenuanti possibili e immaginabili, comunque scegliamo.La scelta è il nostro peso! La nostra leggerezza. Poichéogni scelta determina risultati, è un atto creativo, con cuistrutturiamo il nostro individuale esser-ci nel mondo. Nellasuccessione delle scelte e nelle loro interrelazioni cicreiamo, ci autodeterminiamo. Diveniamo il particolareindividuo esistente (storico-concreto) che siamo. In unmodo. In un altro. In mille altri ancora. Per l’etica laicaquesta consapevolezza è centrale. Nasciamo per caso.Dobbiamo morire. Tra la casualità della nascita e lacertezza della morte, c’è la gestione della vita: in spazi etempi finiti. E’ questa finitezza che dà valore al mio agire.E’ proprio la mia esistenza “a tempo”, che mi fa assumereconsapevolezza del valore delle mie azioni. Che mi faassumere la responsabilità del mio esser-ci particolare esingolare nel mondo. Dove la mia individualità diventaautodeterminazione, proprio nella responsabilità delle miescelte. I miei comportamenti, però, non determinanosoltanto l’individuo che sono, ma incidono anche suquanto e quanti mi circondano. E non solonell’immediato. Ecco allora che scegliendo ho anche la

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responsabilità per il tipo di società che con le mie azionicontribuisco a creare.

Poiché la responsabilità non è mai comoda, c’è chispera di potersi sottrarre ad essa o di attenuarne il pesoponendosi sotto la cappa consolatoria di modelli già dati.Confida, obbedendo a supposte regole assolute, …eterne… sacre, di potersi salvare dalla fatica di sceglieree dalla responsabilità di quello che fa o che non fa. E’ unaillusione! Costui infatti sceglie e come! Sceglie diadeguarsi ad una precettistica. Ed ha la responsabilità diessere portatore di un pacchetto morale che, blindato inpregiudiziali idee di uomo o di donna, esige conformismomorale per sé e per gli altri. Un sistema di dogmatismomorale, dove ciascuno per poter realizzare se stesso, sidovrebbe prioritariamente conformare ad un modello giàtutto prescritto, descritto e circoscritto dai detentori degliassoluti, che in sempre rinnovate alleanze trono-altare,sguazzano nel potere politico-econonomico chegesticono. Un potere, che senza il controllo sullecoscienze sarebbe impensabile. Ed è per questo chevogliono un mondo dominato dal narcotico del pensierounico e da un’unica morale. Un mondo di cloni! Dovel’individuo, espropriato dei possibili sperimentabiliesistenziali, acquieta se stesso nella consolazioneimmaginifica dell’Assoluto Essere. E dove prevalel’Essere dilegua l’esser-ci, perché la pluralità dei possibili

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dilegua, nell’adesione fideistica ad una “coscienzamorale” supposta.

Tutto il contrario dell’Etica Laica! Dove l’azione non è unassoluto, ma un fatto. E un fatto è descrivibile,analizzabile, verificabile per gli effetti che produce per sée per gli altri. Quando la garanzia dell’agire bene è postainvece in un Assoluto Essere, non solo si eludonoverifiche e dimostrazioni sulla maggiore o minore bontàdell’azione, ma addirittura si evita di porsi la domanda.Perché tutto è differito nella trascendenza. Così, in unatautologia di idee supposte: Dio-Anima-Natura, ogniazione è ingabbiata nel precetto del così e basta, con cuisi dà ordine al Mondo. Tutto questo forse per qualcunopuò essere rassicurante, ma si chiama teocrazia. Ed èl’antico sogno, tanto universale quanto totalitario, di chiancora ai nostri giorni ripropone il disegno agostiniano-tomistico dell’identità tra legge divina e legge umana. Innome di essa, papa Wojtyla affermava: “la legge stabilitadall’uomo, dai Parlamenti, da ogni altra istanza legislativaumana, non può essere in contraddizione con la legge dinatura, cioè in definitiva con l’eterna legge di Dio”(Memoria e identità, 2005). E papa Ratzinger, non è certoda meno quando parla di “norme inderogabili e cogentiche non dipendono dalla volontà del legislatore eneppure dal consenso che gli Stati possono ad esseprestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasilegge umana: come tale non ammettono interventi di

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deroga da parte di nessuno”. (12 febbraio 2007,Convegno sulla legge morale naturale, PontificiaUniversità Lateranense). Un adeguamento ai propriprincipi confessionali ribadito, seppure con un linguaggiopiù edulcorato, nella Francia della liberté-egalité-fraternité, il 12 settembre u.s. all’Eliseo, rivendicando “lafunzione insostituibile della religione… per la formazionedelle coscienze, per la creazione di un consenso moraledi fondo della società”. Il che significa: finanziamenti allaChiesa, leggi cattoliche ed educazione cattolica. Perconculcare gli assoluti morali “non negoziabili”.

Tutto il contrario dell’etica laica, che non può accettaresupposte idee dell’ ”anima”, né padroni dell’ ”anima”. Perl’etica laica non c’è infatti un’idea di individuo a priori, i cuicomportamenti si snoderebbero attraverso disegni dati,ma c’è l’individuo, che scegliendo, vuole essere padronedella sua esistenza. E che quindi giudica la bontà dellanorma per la garanzia che dà a ciascuno diautodeterminarsi nel rispetto delle autodeterminazionialtrui. La laicità, allora non è un sistema di valoricontrapposto ad un altro, ma è la dimensione dellalibertà, ovvero il regno della libertà nella reciprocità dellelibertà. Il confessionalismo morale è il regno tautologicodell’eterno ritorno all’eguale. Essere che tarpa edingabbia ogni esistente, e che nell’eteronomia falsifica estrumentalizza anche ogni relazione intersoggetiva.Ipostatizzando infatti un modello di Io assoluto, non solo

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si chiede a se stessi di conformarvisi, facendo quindi unuso strumentale (eteronomo) di sé, ma si pretende ancheche ogni tu (ogni altro individuo) si conformi all’idea diquell’Io assoluto. Si dice di dialogare, ma si pensa alconversionismo dei tu. Ogni alterità è preventivamenteeliminata, fagocitata, schiacciata in un totalitario Ioassoluto. Al contrario, se si assume come strategia etica ilprincipio laico dell’ermeneutica della verificabilità, è chiaroche ogni segmento della praxis obbliga a continuerivisitazioni nell’io, e alla comunicazione dialogica conciascun altro io. Da un tale esercizio etico tutti avrebberoda guadagnare, proprio per le possibilità di garantirelibertarie prospettive di asimmetriche pluralità. Solo cosìl’egoità si apre infatti alla visione degli esistenti possibili.E’ l’occhio che guarda l’altro occhio di memoria socratica(Platone, Alcibiade I), non per cercare replicanti, ma perrendere realistico nell’empatia umana quelγνϖθι σαυτον (gnòthi sautòn = conosci te stesso) chenon a caso nel mondo greco era anche augurale saluto acercare di conseguire saggezza e felicità, proprio nelsistematico esercizio di dubbio e scelta: radici laiche dellademocrazia. Quelle che ancora oggi garantiscono ciò cheHannah Arendt chiamava: “la realizzazione dellacondizione umana della pluralità, cioè del vivere comedistinto ed unico essere tra uguali” (Vita Activa).

Ma, se l’etica è la particolare τεχνη (téchne) d’indaginecritica e di verifica empirico-razionale su ciò che rende

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un’azione buona nell’immanenza del progettoesistenziale, l’etica, in quanto scienza dello sceglierebene, è necessariamente laica. Lì dove la scelta invece èrisolta nella docilità dell’obbedienza, nell’adeguamento acomportamenti aprioristicamente fissati in eterno, non c’èun enten – eller (aut-aut), ma un pensiero unico ed uncomportamento univoco. Non a caso il religiosissimoKierkegaard affogava la specificità etica dell’autonomiamorale nel paradosso della fede, nell’afasiadell’eteronomia di Abramo.

Sulla differenza tra azione autonoma ed azioneeteronoma si gioca la dicotomia tra laicità econfessionalismo. Per il laico, l’azione non ha la suagiustificazione etica, in un ordine, un’abitudine e neppurein un capriccio. La garanzia della bontà dell’azione, ciòche ne costituisce, potremmo dire l’epistemologia, è ilfatto che l’azione abbia il proprio fine in se stessa. E’questo che fa buona la scelta. Ad esempio: se scelgo diaiutare una persona in difficoltà, la mia azione non puòavere scopo altro, fine altro, al di fuori del fatto cheritengo positivo portare aiuto. Lì ed ora. Del tuttodifferente, se quell’aiuto io lo do in funzione di un premio,o per evitare un castigo. In questo caso il fine è esternoall’azione. E’ infatti il premio che ne riceverò, adeterminare la mia volontà di agire. E se per avere quelpremio dovessi fare l’esatto contrario, lo farei. E’ questo ilregno dell’eteronomia morale, che proprio nell’uso

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strumentale dell’azione, ne vanifica la bontà. Ma nonsolo! Agendo così, uso strumentalmente anche mestesso, assoggettando la mia scelta ad altro/altri. Ad unpotere esterno, la cui assolutizzazione è proporzionalealla povertà, alla riduzione della mia responsabilitàmorale. La fondatezza della scelta, ciò che rende buonala scelta, non può allora risiedere nella obbedienza -adeguamento ad una assoluta e totalitaria autoritàinfallibile ed eterna, dispensatrice di ricompense ecastighi, più o meno reali, più o meno differiti. E’ proprioquesta eteronomia, a giustificare defezione etica e fugadalla responsabilità.

“Non volere sempre per gli altri quello che vorresti per te,potrebbero avere gusti diversi”. Questo aforisma diGeorge Bernard Shaw potrebbe essere una buonabussola di orientamento laico, per garantire la civileconvivenza democratica. Soprattutto quando si è inpresenza di un confessionalismo di ritorno, che suonacostantemente le proprie campane per affermare unaomologazione dell’ethos pubblico e privato a tuttovantaggio della identitaria cittadella della sua fede.Qualora questo confessionalismo avesse la meglio, ilrapporto tra individuo e Stato sarebbe di discriminazionee non di inclusione nella cittadinanza.

Qualche esempio per riflettere insieme. La castità per ilcattolico è sempre viatico di grazia per la conquista del

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cielo, ed il rapporto sessuale è giustificato solo al fine diprocreare (Catechismo, titolo II). Il credente faccia pure.Anzi è proprio la laicità dello Stato a tutelarlo in questo.Ma se per garantire questa direttiva confessionale imedici non prescrivessero più anticoncezionali e ifarmacisti non li vendessero, qualche problema siporrebbe? E ancora, se il catechismo cattolico definiscel’omosessualità oggettivo disordine morale (canone2357), ed invita gli omosessuali a vivere nel “sacrificiodella croce del Signore le difficoltà che possonoincontrare in conseguenza della loro condizione” (canone2358), cosa dovrebbe fare lo Stato? Aiutarli ad espiareescludendoli dall’accesso ai diritti? Oppure, per fare unaltro esempio, visto che secondo il catechismo ognidonna sarebbe strutturata nell’ontologia del modellomariano, dobbiamo tenerci una legge come la 40, eabrogare magari anche la 194? E se il confessionalismodominante diventasse quello di un altro gruppo cheimpone l’escissione ai genitali delle bambine? Fornire unservizio medico che garantisca questa barbarie?

La garanzia democratica, allora, può stare nel declinarela libertà in termini di appartenenza a gruppi chiusi, chevogliono trasformare la democrazia in dittatura della loromaggioranza? O nel declinare la libertà nell’appartenenzacivica? In tal caso, non sarebbe più saggio che lo Stato sipreoccupasse di garantire ogni individuo dalle preteseomologanti dei confessionalismi e dal loro totalitarismo

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delle coscienze? Cosa assai difficile, se si vanno semprepiù infoltendo corti di lobotomia mass-mediatica e coortidi politici in cerca di investitura ecclesiale. E che perquesto si affannano a convincerci che laicità positiva,sana, ecc. significherebbe abbracciare la croce comesalvaguardia identitaria di italianità… di Europa di …Universo.

Ma, come aveva ben capito già Epicuro (che si trovavaa fare i conti con la realtà delle universali monarchieorientali): “La giustizia non è qualcosa che sia di per sestessa: essa è solo nei rapporti reciproci, dovunque equante volte esista un patto di non arrecare e di nonricevere danno” (Massime capitali, XXXIII). E in questosenso, ognuno è salvato dall’ingerenza dell’altro,compresa la pressione del gruppo familiare e sociale. Eda ogni fanatismo morale. Solo così la povera EmanuelaEnglaro potrebbe essere salvata dalla dittatura dei tubiche la tengono nella non-vita che lei non avrebbe maivoluto. E’ nell’etica laica, allora, che lo Stato devegarantire il diritto di libertà di religione e dalla religione. Ildiritto di chi vuole adeguarsi ai precetti della propria fede,ma che non può pretendere di imporli a tutti in nome diuna pregiudiziale identità fra essere umano e credente. Innome di questa identità sono stati compiuti i peggiorimassacri. Ed è inquietante che papa Wojtyla l’abbia inqualche modo rilanciata affermando che “La negazione diDio priva la persona del suo fondamento” (Centesimus

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annus, cap. II). Ed è inquietante che Papa Ratzingeraffermi che “le comunità cristiane diverse dalla cattolicasono carenti e non sono appieno Chiesa” (28 giugno2007). Ed è inquietante che si reintroduca la preghieraconversionista per gli ebrei: “Preghiamo per i Giudei,affinché il Dio e Nostro Signore illumini il loro cuore,affinché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti di gliuomini”. E sono soltanto alcuni esempi!

Attenzione allora che il nemico della laicità, non è chiprofessa una fede, ma chi vuole che la propria fededivenga legge per tutti. "Il fanatico –scrive Amos Oz- è unpunto esclamativo che cammina. Non ha una vita privata.Appare come un'altruista, visto che si interessasoprattutto agli altri. Ma non lo fa per capire l'altro, lo fasolo per costringere l'altro a essere ciò che lui pensa siagiusto essere. Per costui nessuna forma di mediazione èpossibile."

Allora ecco che l’etica laica, che pretende che i valorivengano giudicati al di fuori dall’impenetrabilitàdell’Assoluto Essere, può far paura solo ai dogmatici chenon accettano che i principi morali possano esseresoggetti a variabili, in relazione alle circostanze oggettive,storiche, in cui si pensa ed agisce. Non accettano cheindividui, famiglie, società sono il risultato di complesseinterrelazioni causali, che si connotano, strutturano ecambiano nel tempo. Etica laica allora significa entrare

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nel disincanto che non ci sono valori e leggi eterne, maneppure stereotipie di ruoli, funzionali solo ai padronidell’anima. Illuminismo, Relativismo e secolarizzazione,non sono allora il “demoniaco” da rifuggire, o daaddomesticare in strumentali metabolizzazioni dei dirittidell’uomo in doveri religiosi (come ha chiesto papaRatzinger il 12 settembre 2008 nel suo discorsoall’Eliseo), ma la constatazione che proprio dallaliberazione degli assoluti si può produrre una società piùgiusta. Dove finalmente, potremmo riappropriarci delsignificato più profondo della parola ethos, come “postodel vivere concreto”, per essere creatori di norme chegarantiscano a tutta la comunità migliori possibilità divivere serenamente. La parola comunità, ha al suointerno una preziosissima radice: “munus”, che significadono, ma anche obbligo. E questo dono non è il sacrificiodel proprio sé, ma il dono reciproco nel solidarismo dellelibertà. Nella consapevolezza dell’etica laica che: “nonpossiamo essere costretti da altri a nulla più di ciò a cuipossiamo reciprocamente costringerli” (Kant, Metafisicadei costumi).

Allora, di fronte ai rinnovati sogni teocratici, che voglionoindifferenza di sovranità in un solo territorio: quellostatale, quello della laicità dello Stato, dobbiamo avere ilcoraggio di affermare che la laicità non è solo un metodoprocedurale per dialogare e capire realmente, ma unvalore fondante e irrinunciabile per la società. Perché

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nella libertà e nella reciprocità delle libertà, è il valore disenso della vita. Per ciascuno! E per tutti! Il che significache la Repubblica, come afferma la Costituzione, rimuovadavvero gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppodelle esistenze di ciascuno. E’ un dovere delle istituzionistatali e bisogna pretendere che venga rispettato, marichiede l’impegno di ciascuno a non girarsi dall’altraparte, facendo finta di non vedere quando libertà eduguaglianza vengono tradite nel privato e nel collettivo.Allora, rifondare all’insegna dell’etica laica la relazionecon se stessi, e con gli altri, e tra individui e Stato, èquanto mai urgente per contrastare chi, colproibizionismo della norma ad una dimensione,impedisce di sottrarre all’inferno sulla terra sempre piùspicchi di esistenza: più libera e più giusta.

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Etica tolemaica ed etica copernicana

Arturo Napoletano

-I- Questa giornata mi offre il raro privilegio di prendere laparola nel compimento di un centenario. Cento anni sonoun lungo tratto per la vita di un uomo, non lo sono ancheper quella delle istituzioni, che devono navigare nei tempidella storia. Un centenario, pertanto, se vuole avere un senso ilcelebrarlo, non può che essere un invito a guardarelontano, ben oltre la durata della nostra stessa vita, aprendere coscienza del passato e volgersi allaconsiderazione del futuro. Tuttavia affondare lo sguardonel futuro è, oggi, particolarmente arduo perché nubioscure si addensano all’orizzonte del nostro presente. Vi è una parola che si adatta alla perfezione per definirele caratteristiche del momento nel quale stiamo vivendo:la parola crisi. È in crisi la musica, la letteratura e le artifigurative sono ugualmente in crisi, sono in crisi lereligioni, le istituzioni politiche e giuridiche, è in crisil’assetto economico del mondo ed è in crisi la salute delpianeta. L’intero sistema dei rapporti fra l’umano ed il mondo chelo contiene è in una situazione problematica. In altritermini, sono in crisi le prospettive dell’umanità. È semprepiù difficile proporre obiettivi significanti all’azionedell’uomo nell’orizzonte della modernità. In situazioni di crisi è forte la tentazione di rifugiarsi nelle

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vecchie illusioni, tentando irrealistiche fughe verso ilpassato, ed è ugualmente forte la tentazione di delegarnela soluzione agli uomini del futuro, deponendo il fardellodelle nostre responsabilità. Tuttavia noi non dobbiamorivolgerci ai profeti per sapere come usciremo dalla crisi.Il futuro è una costruzione che si eleva giorno per giornonel presente. Se, infatti, il tempo dell’uomo non è la meraapparenza di un’eternità metafisica e se il cosmo nelquale ci è dato vivere è un cosmo aperto e non unaimmensa macchina, allora noi dobbiamo abituarci aguardare alla tradizionale scansione del tempo inpassato, presente e futuro, come alla triplice distinzioneontologica di orizzonte della necessità, orizzonte dellarealtà e orizzonte della possibilità. Le profezie possiamo lasciarle tranquillamente agliastrologi. Solo in questa cornice si può correttamente ragionare diprospettive etiche della modernità. Il tema può apparireaccademico, biada per filosofi e teologi. È, invece, unproblema ineludibile e sinanche urgente poiché l’eticasembra essere giunta ad un punto morto: l’Occidente, dalpunto di vista delle sue prospettive etiche, è un grancampo di macerie. Muri diroccati ed edifici cadenti pervetustà: questo è il non piacevole spettacolo che simostra a chi si interroga sull’etica nella modernità. In questo poco incoraggiante panorama non ci pare discorgere architetti intenti a progettare nuovi edifici,quanto, piuttosto, operai che s’affaticano a rabberciare

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vecchi muri ed a puntellare ruinanti castelli. Noirinunceremo a tentare restauri e cercheremo, piuttosto, dispostare il punto di fuga della prospettiva: al campo dimacerie cercheremo di sostituire una vasta distesainesplorata. Chi vuole spingersi lontano, infatti, deve imparare asorvolare sui dettagli e scorgere a volo d’aquila vasteregioni. Facendo astrazione dalla visione etica che ebbero iGreci arcaici e pur non nascondendoci che quanto stiamoper affermare conosce più di una eccezione seguardiamo alla figura di singoli pensatori, ci sembra chesi possa con buona generalizzazione definire tutta l’eticadella nostra tradizione occidentale come un’eticatolemaica. Intendiamo definire con questa espressioneuna concezione che struttura i rapporti tra l’uomo ed ilcosmo come una sfera di cui l’uomo è il centro. Sonocomprese in questo orizzonte dell’etica tolemaica anchele varie etiche elaborate nell’ambito delle dottrinereligiose monoteiste, nelle quali il centro ontologicodell’essere, cioè Dio, viene inteso sempre comepreminentemente interessato al mondo umano: a volte èun Dio giurista che si interessa delle nostre infrazioni alsuo codice di leggi, a volte un Dio moralista che si irritaper le nostre marachelle; non è mai un Dio scienziato,meno che mai un Dio artista, come sarebbe più logicoattendersi dal momento che il Dio è sempre concepitocome un creatore.

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Tutto il grandioso mito ebraico-cristiano del Dio diAbramo che guida un popolo eletto per il deserto delSinai e che si incarna e muore per noi diviene assurdo edimplausibile se collocato sullo sfondo dell’universoastronomico quale ci è dischiuso dalla modernaastronomia. Non si vede come uno scrittore, comunque ispirato,avrebbe potuto persuadere gli Ebrei di essere il popoloeletto se costoro avessero avuto a disposizione i modernistrumenti di osservazione astronomica. Se ciò nonappare tanto assurdo, come pure dovrebbe apparire, èperché, come osserva Fr. Nietzsche, tutte le cose chevivono a lungo s’impregnano gradualmente di ragione, alpunto che la loro provenienza dall’irrazionale diventa perciò improbabile (Aurora, I.1). Concetto che lo stesso Nietzsche espresse anche inquesta forma: Un sogno eternamente ripetuto sarebbe sentito egiudicato come realtà (Su verità e menzogna in sensoextramorale, pg. 366).

-II- L’uomo della modernità conosce un solo metodo perdistinguere il sogno dalla veglia: il metodo scientifico. Nonperché egli attribuisca sic et simpliciter ai risultati dellascienza uno statuto definitivo di verità, quanto perché lascienza non solo è il modello di costituzione del sapere,

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ma anche il terreno sul quale noi uomini della modernitàincontriamo di fatto l’essere: ciò che è, per noi, è quantoci viene incontro attraverso la rete dei sistemi costruitidalla scienza e per mezzo degli strumenti che la tecnicaha approntati sulla base della scienza. Il nostro mondo è la natura, ovvero è il mondo dellafisica sub-atomica e dell’astronomia. Non solo ogniporzione dell’esperimentabile deve potersi collocare inquesti due ambiti, ma lo stesso mondo umano devepotersi, direttamente o indirettamente, riferire ad essi. L’uomo moderno ha, in altri termini, delineato unconcetto di ente supremo entro il quale inquadrarequalunque possibile esperienza dell’essere. La natura èquesto supremo Oggetto, trascendente l’umano e da cuiil mondo umano è irradiato. Per l’uomo della modernitànon è reale se non quanto è compreso in questo ambitoontologico. Ora questa operazione di inquadramentoriesce difficile e problematica proprio in riferimentoall’orizzonte etico. Sembrerebbe che l’unico possibilerapporto fra mondo umano e mondo naturale sia unrapporto di contrapposizione. Ciò, dinanzi alla evidentetrascendenza della natura rispetto all’umano, non puòtrovare esito che in un assoluto nichilismo, un nichilismoin cui l’orizzonte dell’umano viene a dissolversinell’oggettività della natura. Tale prospettiva è stata espressa nel modo piùdrammatico in una pagina di Bertrand Russell:Non fu mai costruita una prigione più tetra e stretta della

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cella in cui la fisica del nostro tempo vuol tenerciprigionieri, poiché sempre il prigioniero ha creduto che dilà dalle mura del carcere vi fosse un mondo libero. Ora laprigione è divenuta l’universo intero…Perché vivere in tal mondo? Perché morire?(Autobiografia, II. 279) Questo è il punto di snodo della problematica etica nellamodernità. La natura trascende ogni finalità umana o perlo meno niente ci incoraggia a pensare che l’uomo, e quelsingolo ente che ognuno di noi è, abbia una posizione diprivilegio nell’orizzonte della natura. Non si può sfuggire alla morsa stritolante di questoproblema, per il semplice fatto che noi moderni nonpossiamo in alcun modo pensare di poter evaderedall’universo dell’astronomia copernicana. Dinanzi a taliinquietanti prospettive non è pensabile un ritornoall’antropocentrismo. Con la rivoluzione scientifica è statocompiuto un passo decisivo ed irreversibile. Noi uomini della modernità siamo sempre piùdisincantati per credere alle costruzioni fantasticheelaborate dall’uomo quando si riteneva il centro delmondo, ma, tuttavia, ci sembra ben duro accettare ildestino di essere inghiottiti dall’immenso Leviatano dellanatura. Non pare possa esservi per noi alcuna via dapercorrere. O riusciamo a vincere la sfida di fondareun’etica copernicana oppure la specie homo sapienssapiens deve riconoscere di essere giunta, nella sua

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evoluzione culturale, al punto di annichilamento. La particolare natura della sfida che le prospettivecopernicane pongono alla specie umana è tale che non èpensabile alcuna fuga all’indietro. Da questo punto divista lo stesso atteggiamento religioso deve poterassumere forme totalmente diverse. La prospettiva ebraico-cristiana è la più compromessacon la visione tolemaica. Come potremmo rendereaccettabile ad un alieno proveniente dalla galassia diAndromeda la nostra dottrina dell’Incarnazione e tuttol’intero sistema ebraico-cristiano? Equivarrebbe a tentaredi convincerlo che il centro dell’universo è il pianeta Terrao, al più, la Via Lattea. Anche se riuscissimo con le nostreastronavi a superare la velocità della luce, bendifficilmente potremmo sperare di inviare con successo inostri propagatori della Buona Novella a civiltà alienegerminate su qualche pianeta orbitante intorno a stelle diun’altra Galassia. Il Dio delle religioni monoteiste viene immaginato comeun dio giurista e moralista, perché quando si sonoformate queste religioni l’uomo aveva un’etica ed avevaelaborato codici, ma non ancora aveva dato vita ad unascienza; laddove a noi uomini della modernità non puòche prospettarsi un Dio artefice della legalità naturale, unDio che, però, avendo creato un cosmo in cui è possibileuna sinfonia di Beethoven ed in cui si muove conflessuosa eleganza uno splendido animale come lapantera, è anche un Dio artista. Una misteriosa sorgente

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d’essere, totalmente difforme da noi ed il cui voltodovremmo imparare a discernere nell’immenso arcoevolutivo che dal Big Bang giunge alla nostra EraQuaternaria; uno zampillìo d’essere che si dischiudecontinuamente in un orizzonte aperto di possibilità. Soloriconoscendo ciò e traendone anche tutte leconseguenze sul piano etico, noi potremmo confrontarcicon alieni provenienti da Andromeda. Ciò è cruciale;perché nulla si potrà nel futuro ritenere eticamente validose non potremo proporlo anche ad alieni che condividonocon noi il dono inquietante del pensiero: questa è la sfidache la modernità lancia all’uomo del futuro. O egli sarà ingrado di raccoglierla, oppure l’evoluzione culturale sirinchiuderà su sé stessa e si trasformerà in involuzione.Se non riuscirà a fondare un’etica copernicana, l’uomonon avrà più alcun futuro. La scienza demolirà tutte lesue illusioni antropocentriche e lo lascerà naufragodinanzi al nulla.

-III- Eppure una meditazione più laicamente consapevoledella nostra collocazione nella natura dovrebbe suggerirciun’altra prospettiva. La grandezza dell’orizzonte schiusocidal pensiero scientifico, infatti, è un riflesso dellapeculiarità umana di misurarsi con l’essere. L’uomo –come sottolinea Heidegger - non è solo un ente che sipresenta fra altri enti (…) È peculiare di questo ente che,

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col suo essere e mediante il suo essere, è aperto adesso. La comprensione dell’essere è anche una suadeterminazione d’essere (Essere e tempo, pg. 31). La capacità di elaborare conoscenze, dunque, è unacaratteristica ontologica dell’uomo, una caratteristica chelo determina nella sua struttura d’essere. L’uomo, puressendo una scheggia di un grandioso processoevolutivo, in quanto ente capace di comprensionedell’essere, è pervenuto a collocarsi in una situazione ditrascendenza non solo rispetto alla natura, ma anche neiriguardi di sé stesso. Una tale prospettiva era già stata intravista in questosquarcio dialogico di Platone:---Se a una mente è concessa sublimità di visione volta atutta la durata dei tempi, a tutta la universalità degli enti,puoi tu credere che a questa mente la vita umana potràapparire grande cosa?---Impossibile- rispose lui.---E allora nemmeno la morte apparirà terribile cosa adun uomo siffatto.--Certamente!(Platone, Repubblica, 486a ). Il compito di delineare un’etica della modernità potrebbeessere più agevole di quel che appare, se sapessimoguardare al mondo non con gli occhi miopi della nostrafrivola accidentalità e guardassimo, invece, con l’occhiovitreo di un super-telescopio posto al di fuori della Terra,nella tersa pulizia dello spazio profondo.

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Noi, prima ancora che figli dei nostri genitori, dellanostra cultura e della nostra Terra, siamo i figlidell’universo. Il maestoso roteare degli anelli di Saturno èuno dei tanti spettacoli che ci offre la nostra Patria; lesplendide girandole delle galassie a spirale sono in uncielo nel quale siamo noi stessi. La nostra conoscenza ci transumana, ci libera dall’erroredi chiuderci nell’angusta aiuola della nostra storia diuomini del pianeta Terra. Ad un nostro fratello provenientedalla galassia di Andromeda non avrebbe gran sensoraccontare, a meno di non rischiare di risultare ridicoli, legrandiose imprese di Alessandro; meno ancora glipotremmo narrare di un dio che si è sacrificato per noi.Potremmo discutere di teoremi matematici, della nascitae morte delle stelle e potremmo anche scambiarcimanufatti ad alta tecnologia; potremmo cioè rapportarcigli uni con gli altri solo come enti che si misurano conl’essere. Non ci unirebbero le nostre storie, bensì ciriconosceremmo affratellati dalla comune condizione diabitanti del cosmo. E se nel nostro futuro non ci saràriservato di incontrare altre coscienze aperte sul baratrodel mondo, la nostra solitudine cosmica potrà essere soloconsolata dall’essere pervenuti, finalmente, dopo unalunga storia di erramenti, ad incontrare la verità di noistessi. Nessun gesto di noi figli di Copernico sarà piùsignificante se non sarà compiuto avendo questouniverso come sfondo. L’uomo della modernità sarà unuomo copernicano o non sarà. Egli risponderà a chi gli

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chiederà Perché vivi? come rispose qualche migliaio dianni fa il filosofo Anassagora: Per contemplare il sole, laluna e il cielo (Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, II. 10). Ese qualcuno ci obietterà che in questo modo noitrascuriamo la nostra Patria noi risponderemo ancora conil filosofo Anassagora: Taci. M’importa molto della Patria!E indicò il cielo.

-IV- La scienza può e deve essere veduta anche sottouna prospettiva etica. Vi è una superiore moralità nelprocedere della scienza, ma solo in quanto essa mette adisposizione del pensiero un tempo per la meditazione econsente all’uomo di incontrare l’essere. Non è un compito impossibile per un uomo moderno chesi sarà lasciato alle spalle l’etica tolemaica e si volgeràalla considerazione della grandiosità del macrocosmo edella profondità del microcosmo. Per quest’uomo dellaconoscenza diverrà un imperativo categorico il vivere lapropria esistenza in questo universo non più comecittadino del pianeta Terra, bensì come cittadino delcosmo. Con l’uomo, la vita sul pianeta Terra si è sollevatasino a mirarsi nello specchio del pensiero. Non sappiamose con l’uomo è la natura ad aprire gli occhi su sé stessaoppure è l’uomo ad aver aperto gli occhi sulla natura.Comunque si voglia sciogliere questo dilemma, ilpensiero dell’uomo sulla natura, ovvero il pensiero della

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scienza, è l’evento cruciale che conduce all’esaurimentodi ogni altra prospettiva etica elaborata nelle cultureumane. Occorre costruire una nuova visione dell’essereuomo; una visione che tenga conto del fatto che l’homosapiens sapiens è sfuggito a sé stesso; si è sollevatodalla sua angustia ontologica di animale del pianetaTerra, per divenire un osservatore consapevole dell’interouniverso. Come collocare il mondo umano in questo orizzontedella natura? Come concepire un uomo transumanato,sospeso sull’immensità, in un universo senza centro?Questa operazione non sarà possibile ad un solopensatore, per quanto geniale. Questa svolta è segnatasul sentiero della nostra evoluzione culturale; essa è neldestino della specie homo sapiens sapiens. A noi abitatoridel XXI secolo, ancora lontani dalla terra promessa, èdato solo il compito di marciare innanzi, guardandolontano. La rivoluzione scientifica avanza inesorabilmente.Oramai per la scienza e per ogni uomo di buon sensol’uomo non più tolemaico è divenuto un uomo darwiniano,un uomo, cioè, che ha compreso di essere un momentodi una storia evolutiva planetaria. Non tutte le conseguenze di questa dislocazione sonostate tratte. La specie homo sapiens sapiens si colloca inquesta storia come un evento in certa misura eccentrico ecome elemento di discontinuità. Con la nostra speciel’evoluzione, infatti, ha imboccato il sentiero della

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soggettività individuale, evento cruciale che ha schiusoall’uomo la prospettiva dell’evoluzione culturale. Ora la nostra vicenda evolutiva è ad una nuova svolta.La rivoluzione scientifica sta conducendo questaparticolare forma di soggettività al suo superamento.Questa struttura, evolutasi quando i nostri antenatiancora vivevano nelle savane del pianeta Terra, non puòsorreggersi in un orizzonte più ampio. Tutti gli obiettiviche la nostra soggettività individuale può prospettarsisono vanificati a fronte della trascendenza dell’universoed un’etica senza obiettivi sensati da proporreall’esistenza umana non ha senso: è destinata adimplodere. Ciò è in buona parte già avvenuto. La rivoluzionescientifica ha azzerato tutta la storia etica dell’uomo.L’uomo della modernità, tuttavia, non può rinunciareall’etica, poiché non può rinunciare a darsi degli obiettivi.Ciò impone la ricerca di nuove fondamenta sulle qualierigere l’edificio dell’etica del futuro. L’etica dellamodernità non la si può trovare nel nostro passato; non lasi può dissotterrare in qualche libro più o meno ispirato;non la si può trovare neppure nel nostro presente,caratterizzato da un disperante vuoto di prospettive; essaè nel nostro futuro, è nella capacità della nostra specie disapersi ritagliare un suo angolo nell’universo. L’astronomia tolemaica è un ricordo polveroso custoditodalla storia, ma ancora l’uomo di Tolomeo è lontanodall’essere divenuto l’uomo di Copernico; e non è

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neppure detto che questa sia l’ultima tappa. Vi è anchel’universo sub-atomico da colonizzare col nostro pensieroe potrebbe rivelarsi la necessità che l’uomo di Copernicodebba ancora superarsi nell’uomo di Heisenberg ePlanck. Una lettura distorcente e sostanzialmente reazionaria diquesta situazione porta ad addossare alla prospettivacopernicana un sostanziale a-moralismo. Infatti, dinanziai panorami dischiusi dalla scienza, i tradizionali metri divalutazione si rivelano inadeguati. Che senso può avere ilconcetto di colpa, così come noi lo intendiamo, in unaprospettiva sovra-planetaria? Come ritradurrel’umanesimo in un linguaggio copernicano? Che ne èdella intera storia umana se la si considera dallaprospettiva di un eso-pianeta? E più ancora: come dareun qualunque apprezzabile valore ad un qualunque gestodell’uomo compiuto in un sistema planetario destinato adessere inghiottito dal Sole morente? Che valoredovremmo dare alla nostra stessa felicità individuale? Il fatto che dobbiamo porre questi problemi è l’indizioche siamo ancora ben dentro l’orizzonte tolemaico efatichiamo ad uscirne, nonostante che l’etica tolemaica,comunque la si voglia concretamente strutturare, sia inuna crisi mortale: essa si pone come un’etica pre-scientifica e ciò la condanna al ruolo di sopravvissuta invia di estinzione. Ugualmente non ci pare abbia piùprospettive lo sfrenato attivismo egocentrico checontraddistingue l’uomo della modernità, che impugna la

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tecnologia come una clava per sventrare il mondo esottometterlo ai suoi disegni. Dietro questo predominiodella tecnica si cela un atteggiamento antropocentristache è destinato fatalmente ad acquietarsi a fronte di uncosmo che ci trascende e nel quale nessunamodificazione umana di esso ha senso. Come può unuomo, capace di osservare gli ammassi galattici, proporsidi erigere piramidi in un qualunque angolo dell’universo? L’uomo non è chiamato a dare una mano in nessunaedificazione. Il regno è già stato costruito e noi giàviviamo in esso. Nessun sacrificio e nessun cilicio èrichiesto per questo e nessun Dio distratto si èdimenticato di compiere la creazione, lasciando a noi divivere in un mondo tragicamente incompiuto. Questomondo non è stato costruito per noi e noi non siamo staticostruiti per il mondo. Più semplicemente, noi siamo staticostruiti nel mondo. Il nichilismo che pervade tanta parte della culturacontemporanea è una salutare ed amara medicina chel’uomo moderno deve trangugiare. I tanti integralismi cheancora pullulano nello strano medioevo che stiamovivendo non sono che tentativi maldestri di torcere losguardo dalla visione di un mondo nel quale prima o poi,volenti o nolenti, dovremo abituarci a vivere. Non si tornaindietro: abbiamo gettato uno sguardo oltre la Terra enelle viscere della materia. Nulla più potrà essere comeprima. Già ora il nostro pensiero si è fatto più grande dinoi. Già non è più il pensiero di un mammifero per quanto

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evoluto. Liberato dalle angustie del pianeta Terra, il nostropensiero sta dolorosamente e con fatica superando lafase del mito e delle favole antropocentriche. Noi, però,non ancora riusciamo a dare il giusto senso a questaevoluzione. Guardiamo alle rovine che ci stiamolasciando alle spalle e non allo splendore delleprospettive che ci si stanno schiudendo. L’uomo, padrone della interpretazione del cosmo,detentore, cioè, della scienza, travalica la suasoggettività. Nel suo pensiero non vi è solo posto per ilsuo piccolo destino individuale. Egli è colui checontempla l’elegante armonia geometrica della natura. L’etica della modernità non può proporsi che nella formadi un’etica del superamento definitivo della soggettivitàdell’antropocentrismo. Quando avrà seppellito negli archivi i tanti edifici eticicostruiti nei millenni della sua storia, l’uomo si troveràdinanzi orizzonti smisurati e finalmente potrà udire ladissonanza fra la sua soggettività frivola ed accidentale el’universalità del suo pensiero. Se saprà ricomporrequesta dissonanza in una armoniosa melodia, allora eglisi riconcilierà con quella natura di cui è figlio. Lo spazio dell’umano, allora, non potrà più esserel’angusto spazio mentale di un mammifero che si illude diessere il centro del mondo, sarà lo spazio del pensiero ein questo territorio smisurato l’uomo troverà la suadefinitiva prospettiva etica. Il pensiero, conciliato con l’essere, giungerà alla sua

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patria, quella patria celeste che Anassagora indicava congli occhi rivolti al cielo e che noi siamo ancora lontani dalraggiungere.

-V- Noi siamo uomini scacciati dal passato ed ancoralontani dal futuro. Ci è stato dato vivere un momentocruciale e difficile e non sarebbe saggio nascondersi ipericoli ai quali andiamo incontro. Nelle pieghe del tempofuturo si nascondono molte insidie. Forse ci attende piùun naufragio che il raggiungimento di una meta.Dovremo, forse, fare lunga esperienza del buio prima dire-incontrare l’aurora. Noi, uomini dell’oggi, siamo solo all’inizio del viaggio.Ancora moriremo nelle angustie della nostra piccola vita.Lasceremo, però, in eredità agli uomini che sitransumaneranno nel pensiero il giardino dell’essere, ungiardino in cui non fioriranno rose e non esalerannoprofumi; ma nel quale, sul velluto dei campi di forza,volteggeranno le Galassie a spirale. Questi uomini del post-domani, sollevati dal compitoassurdo di dover modificare il mondo e da quellodisperato di afferrare una labile felicità personale,custodiranno, come il dono più prezioso, il pensierodell’essere e, sospesi al baratro dell’immensità, se nestaranno quieti a mirare la cupola di un cielo non piùalieno e non chiederanno più nulla ai loro déi.

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Fonti delle citazioni

NIETZSCHE, Friedrich, Aurora e Frammenti postumi(1879-1881), traduzione di Ferruccio Masini e MazzinoMontanari. Milano, 1964NIETZSCHE, Friedrich, La filosofia nell’epoca tragica deiGreci e Scritti 1870-1873, traduzione di Giorgio Colli.Milano, 1973HEIDEGGER, Martin, Essere e Tempo, traduzione diPietro Chiodi. Milano, 1970PLATONE, Opere complete, vol. VI, Clitofonte, LaRepubblica, Timeo, Crizia. Bari, 1991RUSSELL, Bertrand, Autobiografia, traduzione di MariaPaola Dettore Ricci. Milano, 1969

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La laicità delle chiese riformate in Italia

Daniele Garrone

Le chiese evangeliche in Italia, dall’Ottocento in qua,propugnano una visione laica dello stato, dell’istruzione edell’etica pubblica. Con questo esse intendono una pienalibertà religiosa, sia come libertà di coscienza, sia comeneutralità religiosa e ideologica della cosa pubblica, ed unregime che non accordi alcun privilegio né eserciti alcunadiscriminazione nei confronti di qualunque idea o pratica,religiosa o atea, esercitata nel rispetto della legge. Inquesto senso, le teorie separatiste di A. Vinet hannosempre goduto di favore tra gli evangelici italiani. La laicità così intesa, ci tornerò alla fine, ha avuto inItalia poco seguito e le idee laiche, sostenute dalRisorgimento, sembrano non aver inciso profondamentenella cultura del nostro paese, pur essendo stateacquisite molte conquiste liberali. E così può oggiavvenire in Italia, ad esempio, che il segretario dellaConferenza episcopale italiana (CEI) Mons. Betori, in unaaudizione alla Commissione affari costituzionali dellaCamera (9 gennaio 2007) - in cui si discuteva unaproposta di legge sulla libertà religiosa mirante tra l’altro asuperare la legge fascista sui culti ammessi che haancora ricadute sulle religioni non tutelate da intese -possa affermare :”… l’eguale libertà di tutte le confessionireligiose di cui all’art. 8 [della Costituzione] non implica

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piena uguaglianza di trattamento ma solo eguaglianza inquelle materie e in quei rapporti suscettibili di incideresulla libertà delle confessioni.” Il seguito del discorsomostra come per la CEI tutte le confessioni siano sìuguali, ma la Chiesa cattolica deve mantenere unostatuto privilegiato. Nessuno nega alla CEI il diritto diesternare le sue posizioni, anche quando rivendicanoprivilegi e consistono in continue pressioni confessionali:il problema è che da parte dei cittadini – e per chi credealla cittadinanza questo è un termine assai impegnativo –e tanto più dei cittadini deputati ci sia così pocasensibilità laica e separatista e pluralista, per cui tuttiascoltano compunti e talora ossequiosi lezioni sulla“corretta” laicità impartite dagli esponenti di unaconfessione privilegiata. Il nostro convinto sostegno alla laicità certamente sibasa sul riconoscimento dei valori liberali della modernità,come una ragionevole soluzione al problema dellaconvivenza tra diversi, secondo me addirittura la piùragionevole trovata nella storia dello homo sapienssapiens. A mio avviso, dobbiamo difendere con forzaquesta idea di laicità contro le calunnie che vengonocontinuamente diffuse ogni giorno, senza che nessuno siopponga: la laicità liberale è presentata come dittaturadel relativismo, come nichilismo, come vittoriadell’ateismo, come forzosa riduzione della religione afatto intimistico, bandito dalla sfera pubblica. Maguardiamo a ciò che avviene negli USA: si tratta

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certamente di un paese separatista, eppure in esso lareligione dei cittadini ha certamente una esposizionepubblica – legata non ad una condizione di privilegioaccordata a qualcuno, ma alla esplicita testimonianza deicittadini e delle comunità religiose tutte uguali – moltosuperiore a quella italiana: basti pensare che oltre il 60%dei cittadini statunitensi frequenta regolarmente un culto,mentre in Italia, la cifra è inferiore al 30%. E in Italia c’è ilcrocifisso in ogni aula di scuola, ci viene spiegato quasiquotidianamente che il cattolicesimo è il fondamento dellanostra cultura nazionale. Dunque, ritengo che lo etsi deusnon daretur sia stato un ragionevolissimo compromesso:sulla scena pubblica, Dio non compare se non attraversole parole e i gesti di quelli che in lui credono e in Europa –a differenza che negli USA – questa pubblicarappresentazione di Dio è stata conflittuale, a volte anchesanguinosa, e intollerante. Si è perciò ragionevolmentedeciso che lo stato moderno non possa e non debbaschierarsi per questa o quella interpretazione di Dio, mane debba prescindere nell’esercizio delle sue funzioni.Ogni religione deve poter essere liberamente esercitata,ma nessuna può essere posta a fondamento della vitapubblica. Voglio però sottolineare un altro aspetto. Come cristianoevangelico, ritengo che la separazione tra stato e chiesae la laicità non sono soltanto un ragionevolecompromesso nell’interesse di tutti, ma che siano in uncerto senso congrue al centro del discorso cristiano, nel

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duplice senso che il cristianesimo – come lo intendiamonoi – produce laicità e che l’assenza di privilegi è lacondizione per una testimonianza cristiana non equivoca,cioè proposta come appello personale e non comepresupposto o tutela o fondamento di una civiltà.Benedetto XVI, nel famoso volume scritto con M. Pera,vede nella maggiore apertura mostrata, rispetto alcattolicesimo, dal protestantesimo nei confrontidell’illuminismo al tempo stesso una forza e unadebolezza. La forza è consistita in un rapporto piùdisteso con la modernità, la debolezza consisterebbe nellegame con la modernità che egli, come è noto,considera finita. Voglio dunque menzionare tre riflessioniteologiche, tipicamente protestanti, che chiariscono il miorapporto con la laicità. - La persona e l’opera di Gesù Cristo, secondo il NuovoTestamento, implicano una religione senza sacerdozio.La lettera agli Ebrei presenta Cristo come unicosacerdote; mai, in tutto il Nuovo Testamento, il termine“sacerdote” è utilizzato per indicare un ministro, innessuno dei diversi modelli di chiesa che hannocaratterizzato il cristianesimo nascente. Tutti i cristiani,sullo stesso piano, sono chiamati “popolo di sacerdoti”,ma mai una casta sacerdotale è distinta dal “popolo” edad esso sovraordinata. Se, dunque, nella chiesa stessatutti sono laici e tutti chiamati a testimoniare dell’unicamediazione sacerdotale di Cristo, se nella chiesa non cipuò essere posto per una “gerarchia” e tutte le decisioni

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sono prese in assemblea (sistema sinodale), tanto più lasocietà è concepita come emancipata da ogni tutelaclericale. In questo senso, avendo declericalizzato ilcristianesimo, la Riforma ha contribuito all’emergere dellalaicità. - Tutte le chiese cristiane riconoscono nella croce diCristo la rivelazione di Dio. Ora non vi è nulla di più“esposto”, alla discussione, al conflitto delleinterpretazioni, nulla di meno “evidente” e dimostrabileche la rivelazione di Dio nell’impotenza del crocifisso.Come riferisce il Nuovo Testamento, davanti alla croce diCristo ci sono sia reazioni di scherno e di rifiuto (Mc15,29), sia la confessione della fede, come quando ilcenturione che vede Gesù agonizzante dice: “Questi èveramente il Figlio di Dio” (Mc 15, 39). Se questo è ilprofilo della manifestazione di Dio, allora la richiesta ditutele particolari, o di riconoscimenti o addirittura diprivilegi per la chiesa che a questo Dio rendetestimonianza appare in aperta contraddizione con ilcentro stesso dell’annuncio cristiano. Se Dio si è espostocosì, come può la chiesa pretendere per sé uno statutodiverso?- Nella comprensione protestante, l’etica appare come lasofferta, umanissima, complicata – e dunque fallibile -risposta responsabile - e dunque personale - allavocazione e non l’assunzione di valori o principi chevarrebbero indipendentemente dall’interpellazione dellafede, la quale si orienta, per le sue scelte, al bisogno del

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prossimo. Le scelte che derivano dalla rispostaresponsabile al comandamento di Dio, in situazione,confidando unicamente nel perdono dei peccati, nonpossono essere trasformate in “valori” vincolanti per tutti,indipendentemente dalla fede, “non negoziabili” perché lisi pretende iscritti nella natura umana e dimostrabili conla ragione. Come insegna la vicenda di Lutero, l’unicomodo corretto di dire “non possumus” è quello dellascelta personale e responsabile, non pretendendo chesia vietato ad altri ciò che io non posso. A mio avviso, dunque, la fine del cosiddetto “regime dicristianità” e anche del predominio sociologico che daval’illusione che possa esistere una “società cristiana” opopoli cristiani o culture cristiane va salutata dai cristianicome la fine di un equivoco, protrattosi troppo a lungo,che noceva alla libertà di tutti e snaturava latestimonianza cristiana. L’Italia è una paese dalla laicità asfittica. In questocontesto, abbiamo di fronte una vera e propria riscossaclericale, che faremo male a minimizzare riducendola acabotaggio politico in una situazione consideratafavorevole all’ottenimento di ciò che non si è finora potutoavere come lo si voleva (finanziamenti pubblici, privilegi,sovra-esposizione mediatica, proposta del cattolicesimoromano come civil religion e fulcro dell’identità nazionale),ma che dobbiamo invece leggere nel suo spessorestrategico di battaglia culturale per ridurre la modernità aduna parentesi di disordine e di sconquasso nella

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millenaria storia della civiltà occidentale e riaffermare informa post-moderna un ruolo egemone non solo dellareligione, ma in particolare della chiesa che si presentacome “esperta di umanità”; come guida per una “correttao sana” laicità; che sa - per tutti – come non rendere“fragili” i diritti umani; che vuole orientare lo statomoderno onde evitargli di collassare perché sprovvistodel fondamento necessario. Ciò che mi preoccupa non èche il papa, il Vaticano e i vertici della Conferenzaepiscopale giochino questa partita, ma l’insipienza dellacultura in Italia, che non ha neppure la percezione delproblema e della portata della strategia in atto. In Italia siparla seriamente di “atei-devoti”, espressione che tradottain inglese o tedesco non viene recepita come ossimoro,ma semplicemente come insensatezza. Nessuno trovastrano in Italia che un sindaco non credente bacil’ampolla di San Gennaro o che un altro si lascirimbrottare dal papa, spiegando poi il giorno dopo che ilpapa va sempre ascoltato con rispetto. In Italia èpossibile che la legittima e civile discussionesull’opportunità di invitare il papa a tenere una lectiomagistralis all’apertura dell’anno accademicodell’università “La Sapienza” di Roma venga presentatadalla maggior parte dei giornali non solo come unrigurgito di intolleranza, ma come una nuova inquisizione.In realtà la mancata visita del papa è stata quello che ingergo calcistico si chiama “cercare il fallo”. Declinandol’invito, ha assunto il ruolo di vittima. Un grande giocatore,

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indubbiamente. Chi ha sollevato dubbi sulla realtà delfallo è passato per un oscurantista. In Italia, né i grandiquotidiani né i dibattiti televisivi sembrano consapevoli delfatto che da secoli, in Europa e nel mondo, ilcristianesimo è plurale e nella cultura non può esseremonopolizzato dalla sola posizione cattolica, al di là delfatto che ortodossi, protestanti ed evangelici sono inItalia una minoranza: il problema è che il mondo interodeclina la religione al plurale. Presentando ufficialmentealla stampa il libro del card. Ratzinger su Gesù, ilVaticano ha invitato un cardinale, un teologo protestantee un filosofo non credente. Una bella lezione culturale adun Italia che pensa ancora che nella cultura ci siano soloil papa e l’anticristo, il cardinale e il libertino.Sebbene fin dagli anni ‘20 del XVI sec. sia risuonato inEuropa l’appello di Lutero su “la libertà del cristiano” e findal 1784 quello kantiano ad uscire “dalla colpevoleminorità”, il cammino che la laicità e il pluralismo devonocompiere in Italia è ancora assai arduo e il climagenerale, segnato in tutte le religioni da fondamentalismie derive identitarie, non aiuta di certo. Non sonoottimista, ma credo cha valga la pena di continuare adimpegnarsi, anche sui fronti dove abbiamo finorasostanzialmente perso.

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Due argomenti di etica: 1) etica dell’animalità, 2) eticadell’economia politica

Luigi Lombardi Valluri

Ogni essere umano consapevole vive lo sgomentoesistenziale e mima la lucidezza logico-analitica. Io quirimuoverò per quanto possibile lo sgomento (che vedocome uno stato al tempo stesso cosciente edelettromagnetico) e farò esercizio artificioso di lucidezzalogico-analitica. Inizio dal thaumázein sull’accadimento in corso: piccolicavolfiori di carne speciale chiamati cervelli, preparati daeoni di travaglio cosmico ignaro, traduconocontinuamente, proprio qui, carne in concetti coscienti.Apparentemente non sono diversi da fegati; comeavviene la traduzione, il mistero continuo e contiguo dellatraduzione di carne cerebrale in concetti nessuno lo sanemmeno immaginare. Vorrei che sentissimo questoincontestabile mistero, questa situazione-astronave: inun’aula di straordinario cattivo gusto, che ruota a 800.000km l’ora su una circonferenza ellittica di una galassia,carne chimica si trasforma in concetti intelligibili. L’etica non può essere che laica per la stessa ragioneper cui la matematica, la fisica, la biologia, l’astronomia,la storia, non possono essere che laiche. Non esiste unamatematica cattolica e una matematica protestante, unafisica ebraica e una fisica islamica. Dove c’è sapere si

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volatilizzano le religioni. Il sillogismo è semplice. O esisteun’etica in qualche modo universale, non relativa, o unatale etica non esiste. Se un’etica universale esiste, nonpuò avere per autore un’autorità. Il principio di autore, ilprincipio di autorità non hanno senso là dove c’ènecessità logica intrinseca. Se esiste un’etica assolutanemmeno Dio, se esiste, può crearla: è increata, come lamatematica. Dio non può creare la matematica, può solosottoscriverla così com’è. Gli piaccia o non gli piaccia. Seinvece un’etica vera, incontestabile, non esiste, allora lamia etica, fosse anche l’etica di un Dio, vale le altre; ioaffermo che il mio fustino lava più bianco del tuo e se tunon sei d’accordo, per spiegarti che sì, che il mio fustinolava più bianco non avendo per me la ragione ho solodue modi: la violenza fino ai roghi o il condizionamento,l’indottrinamento, fino alla passività. Io credo, naturalmente con avvertenze critiche, in uncognitivismo etico. Arrivo persino a essere cognitivistacritico in estetica. Sostengo che si può essereassolutamente certi che Vermeer è un pittore più bravodel “mia zia”. Che cos’è il “mia zia”?. E’ un mio-parente,uomo o donna, che dipinge. Io ho di fatto una zia che hadipinto e so (nel senso più forte della parola “sapere”) cheVermeer è un pittore più bravo di lei. Ma se esistonocertezze estetiche bisogna accedere, sul piano meta-estetico, al cognitivismo estetico (sia pure critico). Lostesso vale ancora di più in etica, dove la verità sembrapiù accessibile che in estetica. Io non sono relativista in

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etica: per esempio sono convinto che molte parti dell’eticacattolica sono “assolutamente” sbagliate. Ma ilcognitivismo si può sostenere in due modi: o sul pianometaetico, cioè di teoria dell’etica (difendendo la tesi chein etica non si danno solo preferenze, si dà realeconoscenza), o esibendo buoni ragionamenti di eticanormativa. Secondo me questo secondo modo è forsepiù probante, certo più produttivo: se si ragiona bene inetica, si prendono i classici due piccioni (quello etico equello metaetico) con un’unica fava. Ho scelto due temi dietica normativa, che tratterò cercando di mantenermisempre immerso nel thaumázein sull’evento in corso,cioè su questa trasformazione di flussi elettromagneticiignari in flussi intellettuali coscienti. Dove stanno ipensieri? Quanto sono grossi, o piccoli? Sono quadrati,triangolari? Hanno una composizione chimica? Hannomassa, energia? Che cos’è (che “cosa” è) unragionamento? Che cos’è il suo essere più (o meno)convincente di un altro?

Il primo tema da trattare è quello del rispetto per glianimali, in particolare per le decine di miliardi di animaliche vengono uccisi dall’animale uomo ogni anno, moltidopo essere stati allevati con metodi schiavistici o dacampo di concentramento nazista dimostrabilmente noncongeniali alla loro indole etologica. Contemplo con occhisbarrati questa immensa schiavizzazione, questoimmenso sterminio che Charles Patterson ha chiamato

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“un’eterna Treblinka”, cioè la riduzione dell’uomo adanimale in Treblinka e la riduzione degli animali a ebrei diTreblinka negli stabilimenti di schiavitù e di macellazione.Qual è l’argomento pro animali? E’ ontologico. Io credoche l’etica abbia una delle sue due radici o delle sue duemammelle nell’ontologia, cioè nel principio agiscitrattando ciascuno per quello che è. Ora, io penso che glianimali, molti animali, siano senzienti, cioè dotati dipercezioni di piacere e dolore e quindi di interessi sentiti.Perché lo penso? Perché sono dotati di un sistemanervoso centrale e di un comportamento di ricerca delpiacere e di fuga dal dolore. Ma se sono senzienti vannotrattati come tali: l’essere si trasforma in dover essere,l’ontologia in deontologia, se solo si accetta che è benenon far soffrire e male far soffrire quando il dolore non ènell’interesse del sofferente. Pio XII, nel suo inesaustoparlare a maestranze varie, disse così ai lavoratori deimattatoi: “Non lasciarsi impressionare dai gemiti dellebestie, più che dai colpi di maglio sui metalli roventi”. Ilgrido dell’animale è come il clangore del metallopercosso. Beh, questo è un errore ontologico econseguentemente etico. Vedete che non sonorelativista. Io sono stato cacciato dall’Università Cattolicadopo ventun anni d’insegnamento in virtù di una tesiabbastanza semplice: ho sostenuto che nei secoli il papaè stato praticamente infallibile nell’errare e quasi semprestraordinariamente tardivo nel correggersi; quasi tutte levolte che c’è stata un’occasione di sbagliare, ebbene egli

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l’ha colta. Ultimamente, per esempio, incredibile, hariabilitato Galileo. Ma Galileo è già ampiamente auto-riabilitato. Ben più difficile sarebbe stato riabilitare ilcardinale Bellarmino; quest’opera titanica il papa ancoranon l’ha intrapresa. Torniamo agli animali e ai metalli:certamente gli animali sono più senzienti dei metalli,d’altra parte il papa non è certamente il solo a mangiarela loro carne, Wojtyla amava le salsicciotte polacche inbase a un’ontologia sbagliata, ma quanti degli astronauticosmici qui presenti sono vegetariani? Mangiano lesalsicce pur sapendo che provengono dai maiali effigiatisulla copertina di questo libro, esseri senzienti vittimedell’eterna Treblinka. Dicevo che gli argomenti principali a favore dellasenzienza sono due, il sistema nervoso centrale e ilcomportamento. Questo deve rendere estremamenterestii nell’infliggere agli animali caccia e pesca,allevamento schiavistico, macellazione, vivisezione. Macosa pensare dello scenario vita degna – morte indolore?Cioè facciamo pascolare le mucche tra i rododendri infiore, gli spariamo una pasticca addormentatrice comeper gli orsi dei parchi nazionali, la mucca si addormentatranquilla e non si risveglierà mai più. Certamente èmeglio ma non toglie tutti i problemi: toglie il dolore maaccresce il danno. Se voi uccidete un’ebrea in casaccaconcentrazionaria a strisce, scheletro vivente dai senipenzolanti ridotti a denutrite cordicelle, voi gestori nazistidi Treblinka commettete quasi un’eutanasia, quasi un atto

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dovuto; ma se uccidete la stessa ebrea quando fiorentenel corpo e fervorosa nella mente sta andando dal suoragazzo o a conquistarsi il premio Nobel voi ladanneggiate gravemente anche se prima avete lagentilezza di spararle una pasticca addormentatrice. Nonsaprà mai di essere stata uccisa, non avrà sofferto, maavrà subito un grave danno. Quindi nello scenario vitadegna – morte indolore non c’è dolore ma c’è moltodanno e quindi anche questo scenario, pur preferibile, èeticamente problematico. Sul piano filosofico-giuridico, credo sia corretto attribuire(o riconoscere) diritti agli animali se si definiscono i diritticome interessi soggettivamente sentiti oggettivamentemeritevoli di tutela. Ma io sto approdando anche a unanimalismo dei diritti umani, a un (per così dire)animalismo umanitario. Noi dobbiamo rispettare e tutelarenon solo gli animali, ma anche i macellatori (i macella-tori) e i vivisettori. Non è “pieno sviluppo della personaumana” ai sensi dell’articolo 3, 2° comma dellaCostituzione, che è il vertice, il principio supersupremodell’ordinamento giuridico italiano (lo Stato esiste per lapersona, e non viceversa), dicevo non è conforme alpieno sviluppo della persona umana uccidere, decapitare,scuoiare tenendo i piedi in stivali immersi in liquame dimerda e sangue, fare a pezzi, corpi di animali.Proteggiamo il boia. Pietà per la vittima, ma anche pietàper il boia, per la persona umana che riceve in sorte – avita – questo mestiere. La mia modesta proposta è una

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legge che istituisca il servizio carnefice (carne-fice, carni-ficio) obbligatorio: tutti quelli che mangiano carne devonoprestare due o tre settimane all’anno di servizio carneficein un mattatoio, perché non è giusto, non è conforme allagiustizia distributiva dividere la società in gaudentispensierati e boia di professione. Questo ragionamento sugli animali si iscrive in unquadro più ampio, nell’orizzonte della nonviolenza,accanto al rifiuto della guerra, della pena di morte, delsacrificio cruento a Dio, della persecuzione religiosa. Lanonviolenza, ahimsā, è apparsa nel fosco ambientestorico umano qualcosa come mezzo millennio prima diCristo. Nel Gesù storico ci sono schegge di ahimsā,“beati i miti”, “porgi l’altra guancia”, “chi di spada ferisce dispada perisce”, accanto a passi di selvaggia violenzaescatologica , “andate maledetti nel fuoco eterno”, e glialtri, circa venti, in Matteo, sul destino infernale dellamaggior parte degli uomini; violenza che, pantografatapoi da sant’Agostino e dalla Chiesa cattolica fino aincludere tra i condannati alla morte eterna tutti i bambininon battezzati o battezzati in Chiese cristiane diversedalla cattolica, è la più spaventosa che a mia conoscenzal’umanità abbia sognato. La nonviolenza è un entrarenella realtà in punta di piedi. Capitini, uno dei primi e deipiù grandi nonviolenti italiani, discepolo di Gandhi,accenna a una nonviolenza anche verso le coseinanimate. Io credo che faccia bene all’evoluzionepsicospirituale contattare i pavimenti in punta di piedi,

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non schiacciarli a colpi di tallone come fa con le terre e leculture straniere il turismo non responsabile; ma se devoessere il meno violento possibile perfino coi pavimenti,figuriamoci con gli animali.Mi raccomando: se siete non animalisti e non vegetariani,pensate alla mia piccola legge sul servizio carneficeobbligatorio.

Il mio secondo punto è una filosofia dell’economiapolitica. Ho portato una relazione tenuta a Cuba che siapre con la domanda: E’ Cuba un relitto di socialismoreale, un’isoletta comunista destinata a essere sommersadallo tsunami del neocapitalismo appena muore Fidel, oinvece – tolta la dittatura – costituisce una specie diprototipo, un modello di sviluppo tra i pochi proponibili(con varianti, naturalmente) a tutta l’umanità e non solo auna minoranza ricca e prepotente? La mia risposta è stata questa: ci sono due categorie dibeni, i beni esclusivi e i beni non esclusivi. I beni esclusivisono essenzialmente tre: la ricchezza, il potere e lanotorietà/visibilità (soprattutto mediatica). Cosa vuol direche sono esclusivi? Vuol dire che il possesso ogodimento di uno di questi beni da parte mia ne esclude ilpossesso o godimento da parte degli altri. Più io occuporicchezza, meno ne resta per gli altri. Più io occupopotere, meno ne resta per gli altri. Homunculus Bandana,l’attuale primo ministro, è per così dire l’ologramma delsuccesso assoluto nella conquista dei tre beni esclusivi,

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la ricchezza, il potere, la notorietà/visibilità. Questosignifica, filosoficamente, che lui è un errore ambulante.Perché? Perché questi tre beni per definizione nonpossono essere posseduti o goduti da tutti in misuraillimitata. O molto per pochi o poco per molti. Quindimoltissimo per pochissimi significa pochissimo permoltissimi. Ma se noi, con abbastanza buone ragioni,crediamo nell’uguaglianza ontologica e quindi nella paridignità di tutti gli uomini, allora dobbiamo anche capireche la ricerca prioritaria di questi tre beni è sbagliata:porta a una disuguaglianza inaccettabile o a unauguaglianza imposta con la forza da una qualchedittatura. La ricerca prioritaria di questi tre beni generauno spazio sociale incompatibile, cioè uno spazio dovese mi allargo io ti riduci tu: lo spazio hobbesianodell’homo homini lupus o almeno lo spazio cartesianodelle res extensae, del “dove tu sei non c’è posto perme”. Per fortuna la filosofia ci insegna che esistono anchebeni non esclusivi. Quali sono? I beni del corpo, i benidella mente e i beni della relazione umana. I beni delcorpo sono la piena salute e tutte le abilità. Se io scoppiodi salute non riduco la tua possibilità di stare bene anzibenissimo. Se io ballo sempre più e sempre meglio, nonper questo tu devi ballare sempre meno e semprepeggio. I beni del corpo sono beni non esclusivi, cheognuno può conquistare in misura illimitata. I beni dellamente sono anch’essi non esclusivi. Se io sono colto, non

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solo non tolgo nulla alla tua cultura ma forse la propizio,la favorisco. Se io sono dotato delle virtù etiche diAristotele, per esempio della giustizia e della prudenza,beh tu puoi senza nulla togliermene essere ancora piùgiusto e prudente di me. Se io sono contemplativo,risvegliato all’essere, capace di avvicinare con spiritopoetico la vita, non tolgo niente a te in queste stessedimensioni. I beni della relazione umana sono addiritturainclusivi: l’amicizia con te non solo non ti esclude, ma tiinclude necessariamente. Ora la tragedia filosofica dell’umanità, tragedia in cui unruolo di protagonista è impersonato da HomunculusBandana, è che essa si precipita in massa verso i beniesclusivi. Colui che cerca prioritariamente i beni esclusiviio lo chiamo individualista possessivo. Stiamo andandoun po’ tutti, europei e americani, indiani e cinesi, versouno “sviluppo della persona” (articolo 3, 2° comma)concepito in termini di individualismo possessivo. Equesto è sbagliato ontologicamente; quindi, nei fatti,illusorio e rovinoso. L’attuale crisi economico-politica haprecisamente questa radice filosofica, che nutre la destrae la sinistra, l’Occidente e gli Orienti, il Nord e i Sud. Ecco perché l’idea di imitare Homunculus Bandana èlogicamente e ontologicamente assurda. Non si puòimitare il perfetto individualista possessivo, si può solospodestarlo, sostituirlo. Più lui ha successo nellaconquista dei tre beni esclusivi, meno possono averne glialtri. E’ veramente strano che i suoi milioni di seguaci non

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se ne accorgano: l’unico modo per imitarlo con altrettantosuccesso è detronizzarlo. (Un mio studente pensa inveceche lo sappiano, ma che si soddisfino sul pianosentimentale: sono gente che vuole stare sulle rive delNilo a vedere il faraone che passa su un battello d’oro). Torniamo alla nostra filosofia dell’economia politica.L’unico avvenire possibile per Cuba e per tutta l’umanitàè una rivoluzionaria mutazione del desiderio, il convintopassaggio dal primato dei beni esclusivi al primato deibeni non esclusivi. Solo una conversione del desiderioche generi una nuova politica del desiderio può rendereeffettiva la politica del diritto già asserita nelle carteinternazionali e costituzionali, cioè la politica fondata sullareligione civile dei diritti umani estesi a tutti gli uomini.Nelle carte tutti gli uomini hanno uguali diritti, ma se idiritti sono quelli dell’individualismo possessivol’universalizzazione effettiva dei diritti significa conflitto eillusione, successo di pochi eletti e frustrazione collettiva,accrescimento illimitato di dolore animale e rischio diesaurimento delle risorse del pianeta. Significa crisi noncongiunturale ma strutturale. Purtroppo una stessa filosofia dell’animalità e unastessa filosofia dell’economia sembra accomunare ladestra e la sinistra. Molto è avvenuto, nei decenni dellaconquista dell’opulenza seguiti alla seconda guerramondiale (alla seconda carneficina-di-Stato mondiale),come se le sinistre, gli araldi dell’uguaglianza, fossero glialtoparlanti, presso le masse, dell’individualismo

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possessivo. L’annuncio non era qualitativo madistributivo: non “altre cose”, ma “le stesse cose a tutti”.Ora è chiaro che per il terzo mondo, per gli animali nonumani, per l’ecologia, il successo di centinaia di milioni diconsumisti individualisti possessivi è peggio del successodi poche centinaia di migliaia di privilegiati. Forsealbeggia la possibilità che frange minoritarie sia delledestre che delle sinistre si uniscano in un progetto (comeio lo chiamo) pleromatico, orientato cioè a una nonillusionistica pienezza dell’essere.

Un’ultima piccola parte di questa, se volete, omelia. Nondi sola etica vive l’uomo, ma anche di mistica. Ho dettoche l’etica, se universale, è necessariamente laica, cosìcome l’unica matematica possibile è laica. A mio giudizioesiste anche una mistica laica. Il pensiero laico sicompiace, e fa bene a compiacersi, della sua superioritàscientifica e filosofica, della sua “ragion pura” teoretica edella sua “ragion pura” etica, l’una e l’altra in continuaricerca e revisione, in continuo progrediente divenire. Mala sola razionalità rischia l’aridità psicospirituale se nonsfocia anche in una mistica. Platone, gli stoici, Epicuro,Lucrezio, Plotino, Spinoza, lo stesso Kant dell’“animopieno di stupore”, e Goethe, Bergson, Russell,Wittgenstein, Musil, Calvino, Capitini, e Proust, Mallarmé,Valéry (associo senza ordine) hanno pagine che indicanonella direzione di quella che io da molti anni chiamo unamistica laica. Siccome manca il tempo per parlarne vi

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sarà distribuito un foglio dove ci sono le mie trasmissionidi RadioTre intitolate “Meditare in Occidente – Corso dimistica laica”. Io prospetto vie meditative diverse: quelleclassiche, miranti alla concentrazione profonda e allavigile consapevolezza, quelle fondate sulla scienza,quelle che muovono dalle emozioni alte accettate.Segnatamente la mistica laica fondata sulla scienza,affacciata a quel “balcone sugli infiniti” che è la scienzamoderna, mi sembra dello stesso livello psicospiritualedelle mistiche dei sopramondi religiosi con il vantaggio ditoccare col piede una terra reale.

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Fede cristiana e cultura laica

Ornella Faletti

Prima di leggere la relazione che ho preparato vorreiringraziare il Grande Oriente Italiano – Obbedienza diPiazza del Gesù - per averci invitate a presenziare aquesto convegno. E lo faccio anche a nome della GranMaestra Elisabetta Fatima Porchia della Gran LoggiaItaliana Scozzese Femminile che non è potutaintervenire e che mio tramite porge a voi tutti i suoisaluti. E’ per me un onore essere qui ed è la prima volta cheusciamo in forma ufficiale in quanto stiamo lavorando inCalabria da diversi anni e pian piano stiamo cercandocome donne di far sentire anche la nostra voce. Non dobbiamo lasciarci guidare dall’intento di erigerci agiudici della storia, ma unicamente da quello dicomprendere meglio gli eventi. Solo ponendoci, senzariserve, in un atteggiamento di purificazione attraverso laverità, possiamo trovare una comune interpretazione delpassato e raggiungere un nuovo punto di partenza per ildialogo di oggi. In questa luce la rottura dell’unità ecclesiale non si puòridurre alla scarsa mancanza di comprensione da partedelle autorità della Chiesa Cattolica. Le religioni, le idee viaggiano. A volte si fermano,assorbono qualcosa di locale e riprendono il viaggio

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vestite a nuovo. Oppure, dopo tanto cammino puòcapitare che si smarriscano, che si stemperino in quelloche le circonda fino a scomparire. Per poi ricomparire inmodo inaspettato, in certi casi, o restarsene mute adaspettare i ricercatori pazienti che vorranno scavare nellastoria. Nei momenti di transizione vengono rimessi indiscussione tutti i valori, a partire dalle istituzioni primarie.E sempre si ripropone la domanda sull’identità dei nuoviprotagonisti, gli uomini del cambiamento: quale cultura lidefinisce, quali idee sono vincenti, quali nuove modescalzano i vecchi costumi? E quanto le tendenzeinnovatrici rimodellano le relazioni sociali? Di solitos’impongono categorie culturali che rimescolanomentalità e modi di pensare, producendo aggregazioniprima impensabili. Le giovani generazioni sono l’avanguardia di questilaboratori di tendenze: cambiano linguaggio, simboli,icone, comunicazione, abitudini, gusti. Comportamenti emodelli di vita che censurano o si scontrano con l’identità,il fondamento della personalità, ciò che dà un volto ed unsignificato all’agire. L’Occidente ha elaborato la convinzione che l’uomo èpersona, indipendentemente dal talento, dalla genialità,dagli averi, dall’essere malfattore o dal possedere unospirito religioso. Ci si può abbrutire fino ad essereindegni, ma niente cancella l’essere persona. Lo si èoriginariamente. La persona è qualità imperitura, volto

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indistruttibile, ineliminabile possibilità di dire io e tu.Chi e che cosa definiscono la persona che può esseremanipolata? che perde il suo passato? che parla senzarelazioni dirette? che scivola silenziosamente in unadisperata solitudine? Non siamo casi della specie umana. Io sono io, unarealtà unica e irripetibile. Non dobbiamo perdere lacoscienza che il senso della nostra esistenza dipende dalcompimento della nostra persona. L’uomo non appartienea se stesso, è definito dal suo mistero e dalla suadomanda di senso che arriva ad interrogarsi su Dio. Unatensione che, se ha trovato compimento nelCristianesimo, è stata presente anche nel mondo greco.Socrate e Platone rappresentano le due figure del lavorodi appropriazione del concetto di Io con tutte leimplicazioni e le verità esistenziali che si possono trarre. All’imperativo dell’oracolo di Delfi “conosci te stesso“ noirispondiamo con un “ritorno a sé” dagli effetti differenti:Socrate indagava per vedere se dentro di lui si trovava unmostro bramoso o un “essere partecipe per natura di unasorte divina“. I padri non hanno mai dubitato dellapossibilità di trovare Dio in un’anima fatta a sua immaginee somiglianza, come ricorda un famoso studio di PierreCourcelle. Ma qualunque sia l’esito di questa conoscenza difficileed indispensabile, si può dire che conoscendo se stessol’uomo trovi qualcosa di stabile, immutabile, definito unavolta per tutte, sia mostro o Dio. L’interiorità infatti che noi

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definiamo anima, è in grado di adeguarsi a ciò cheincontra e conosce. L’anima è in un certo senso tutte lecose. La parola è una realtà vivente, capace di ferire e diguarire, da rispettare e amare e la preghiera è un attod’amore nel suo fondamento, e comincia dove finisce lapoesia. Quando la parola non serve più e occorre un altrolinguaggio. Così affidandoci ad un linguaggio ora densodi simboli e di ammiccamenti teologici ora spoglio e chinosulla quotidianità, viviamo e testimoniamo lecontrapposizioni radicali della vita e della fede. In fondo, il nostro è un pellegrinaggio nel mistero di Dio,dell’uomo, dell’essere e dell’esistere. Un’interrogazionesenza sosta. Un andare verso un oltre e un altro chesempre ci sfuggono e s’accendono di splendore. Un po’ come “la stella della redenzione“ ideata da FranzRosenzweig con l’intento di essere un nuovo metodo dipensiero e disegnata su cartoline spedite al fronte: laporta della verità ha forma di stella, al suo interno unfuoco bianco, un cuore segreto da cui si sprigionano iraggi, che cercano la loro via attraverso la lunga notte deltempo. Due triangoli rappresentano gli antichi enigmidella conoscenza: quello rivolto verso l’alto riassume latriade Dio-mondo-uomo, mentre la figura orientata verso ilbasso è allegoria di creazione-rivelazione-redenzione, seipunte che simboleggiano le coordinate dell’essere e deldivenire. Ma il rapporto tra il calore interno e l’irraggiarsinel vuoto oscuro del cielo esprime anche la parentela tra

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le due religioni. Condividere la speranza… incontrare ogni uomo edonna … In questo siamo chiamati ad approfondire in modoparticolare il senso della condivisione, ponendo al centrol’uomo. La forma più alta della speranza non si declina allaprima persona singolare, io spero, ma alla prima personaplurale, che si riconosce salvata dinnanzi alla personaassoluta, noi speriamo in te. A muoverci è il bisogno e il desiderio di condividere unaricerca unitaria delle forme di vita che oggi possonodeclinare la testimonianza cristiana secondo uno stile divita esemplare, coerente e riconoscibile. E per far questo bisogna maturare “una coscienzasociale” attraverso il vivere la propria fede non in modoesclusivamente intimistico ma essere in cammino con glialtri “pietra viva tra pietre vive” giungendo così alla pienamaturazione della propria “coscienza personale”; pertantoper potere operare come protagonisti per il bene comuneè necessario abbandonare la pratica della “delega” e cioèla tendenza a delegare ad altri cose che sicuramentepotremmo fare in prima persona, preferendo il ruolo diosservatori. Il servizio al bene comune è il compito deifedeli laici che come cittadini dello Stato sono chiamati apartecipare alla vita pubblica. Non possiamo abdicare aquesto impegno, perché la carità deve animare l’interaesistenza dei fedeli laici nell’esercizio responsabile di

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impegni assunti in campo politico e sociale. L’adulto, oggi, come persona, come battezzato, comelaico, è chiamato ad affrontare i caratteri di questa societàche lo coinvolgono esistenzialmente; l’essere adulto vaconsiderato non solo come riferimento anagrafico, macome il raggiungimento di una tappa nel continuo eprogressivo cammino della vita, connotata da una certamaturazione della personalità, da una capacità criticaavvalorata da adeguate conoscenze e dalla concretaesperienza, da un inserimento nella vita di relazione, nelcontesto della società, avviato sulla basedell’impostazione data ad alcune scelte, ad alcuneprospettive fondamentali della vita, quali la famiglia, illavoro, l’impegno civile, sociale, politico. Il comune cammino che si è chiamati a percorrere inquesto nostro tempo va compiuto, perciò, secondo unapluralità di itinerari volti alla medesima meta, ma attenti avalorizzare le diverse possibilità e le varietà che sonoproprie della condizione di adulto. Saper discernere vuol dire innanzitutto saperdistinguere: saper distinguere il bene dal male, sapervalutare, quindi, la bontà o meno della molteplicità deifatti e dei messaggi. E’ uno degli aspetti caratteristici della funzione profeticadel laico maturo quello di saper giudicare secondo lalogica del Vangelo per smascherare il male che si annidanelle varie realtà, ma anche per sapere accogliere congrande amore ogni forma di possibile conversione, come

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ogni sete di autenticità, nostalgia di riconciliazione, ogniseme di verità e di sforzo di seria edificazione sociale. Parlare di convivenza civile vuol dire parlare dipartecipazione sociale, perché la partecipazione sociale èuna delle forme chiave di vivere il civismo. È evidente lanecessità di imparare a dialogare. Vivere con altri che lapensano come noi o in modo differente è qualcosa che siimpara, che richiede un apprendimento, una pratica, eproprio questo spesso si dimentica. Saper ascoltare, sapere dare la parola, saper vincere,saper perdere, saper perdonare, saper rispettare quelliche sono uguali a noi e quelli che uguali non lo sono,oltre che naturalmente rispettare noi stessi, saperaccettare i motivi, le attitudini, gli obiettivi e i sentimentidegli altri, saper condividere mete, sono tutti passi sullavia dell’imparare a convivere, a vivere con gli altri, che èla questione centrale in un’educazione alla vita civica inuna società democratica. Questo panorama mette in evidenza la necessità diadottare un’educazione alla vita civica a tutti i livelli, dellaquale l’educazione alla partecipazione è il nucleocentrale, dato che la democrazia è direttamente legataalla partecipazione. Ci si può chiedere: che cosa significa partecipare? Partecipare, secondo la definizione del dizionario,consiste “nell’aver parte in una cosa o toccargli un po’ diessa”. Etimologicamente ha un riferimento al latinopartecipare: un significato attivo del verbo - “prendere

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parte” - e un significato causativo – “far prendere parte” -che completerebbe l’azione di dare con quella di riceverenella partecipazione. Si deve far notare che la nozione di comune è implicitanei due significati fondamentali della partecipazione: ilrisultato della partecipazione è, in definitiva, “averequalcosa in comune”. Se ciò che chiamiamo comunità sorge dall’unione dicoloro che hanno in comune qualcosa, la partecipazionerisulta essere una dimensione inseparabile dellacomunità; e un mezzo presuppone qualcosa di più cheuna tecnica, presuppone una cultura. Bisogna aiutare a comprendere le ragioni e i principi chesorreggono le pratiche chiamate “ democratiche “, oltreche esercitarsi a praticarle. Se si considerano dellesemplici tecniche e non dei mezzi appropriati perpercorrere il cammino della formazione umana,difficilmente si educherà nella libertà. D’altra parte, ogni sistema di partecipazione,specialmente nella comunità educativa, comportaimplicitamente un certo rischio che bisogna correre: è ilrischio della libertà. La storia ci ha già dimostrato in passato di sapersiprendere una rivincita clamorosa su chi era convinto dipoter cancellare la libertà dalla vita dell’uomo. Oggi piùche mai i diritti devono essere bilanciati con i doveri e leresponsabilità.

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Doveri verso l’umanità, doveri verso il Paese, doveriverso la famiglia, doveri verso se stesso, i quattro doverimazziniani di antica memoria. Il cammino dell’umanità è sempre più in marcia, masarebbe effimero e conformista, frutto di un falsobuonismo, millantare ottimismo di maniera, tuttavia èumano e doveroso porre le nostre speranze in un mondonuovo, perché, per ogni uomo nuovo che nasce, il mondoricomincia da capo.

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L’eredità del Gran Maestro Saverio Fera

Antonio Mucciardi

La prassi massonica affida al Grande Oratore laresponsabilità di garante degli ordinamentidell’Obbedienza e la conclusione di ogni dibattito.Pertanto, anche in questa occasione, per esplicitoincarico del Gran Maestro dott. Nicola Tucci, il miointervento chiude questo Convegno voluto dal GrandeOriente Italiano - Obbedienza di Piazza del Gesù - inoccasione del compimento di un secolo della propriastoria che, tra alterne vicende, ha contribuito alla vita ealla presenza nella società italiana della massoneriauniversale. Questo intervento, quindi, si propone di evidenziarealcuni aspetti dell’opera del Gran Maestro Saverio Fera equalche considerazione sul tema del convegno. Cento anni or sono una drammatica scissione divise indue la massoneria italiana, una frattura che continuaancora ai nostri giorni ma che, almeno nella nostraObbedienza, non è mai stata considerata ostativa allaripresa di un comune cammino nello spirito di fratellanzache accomuna la massoneria universale, di cui necondividiamo gli intramontabili principi universali. A distanza di un secolo, ed in questa occasione, èdoveroso riflettere sulla figura di Saverio Fera e sullemotivazioni che portarono alla scissione della massoneria

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italiana. Riflettere lasciandosi alle spalle interpretazioni che nellamaggior parte dei casi sono state elaborate non a menteserena sia dalla storiografia profana che da quellamassonica. Ora è tempo di una riflessione e di una revisionestoriografica sull’opera di Saverio Fera avulsa da vetustidogmi ideologici, come cittadino, come PastoreEvangelico e come Gran Maestro. Calabrese, nacque a Petrizzi nei pressi di Soverato il 6gennaio 1850, educato in ambiente liberal - democraticosi arruolò con Giuseppe Garibaldi nei Cacciatori delleAlpi, partecipò alla Terza Guerra di Indipendenza, entrònella Chiesa Metodista Wesleyana nel 1872, consacratopastore nel 1877 esercitò il suo ministero a Napoli ed aPalermo, e fu durante il suo soggiorno a Napoli chevenne iniziato in Massoneria di Rito Scozzese Antico edAccettato. Fu insignito della “Medaglia d’Argento di Benemerito allaSalute Pubblica” per l’opera di soccorso attivata aPalermo durante il colera e della “Croce di Cavaliere dellaCorona d’Italia”, fu uomo di carattere intransigente inambito protestante come in quello massonico. Questi aspetti peculiari della sua personalità loportarono ben presto, in ambito evangelico, ad unafrattura con la Chiesa Metodista Wesleyana e nel 1888entrò nella Chiesa Cristiana Libera, ma anche qui ebbedissidi principalmente dovuti alla caparbietà di portare

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avanti il suo programma malgrado le difficoltàeconomiche. Un percorso costellato da fratture e dissidi come l’uscitadi un terzo del corpo pastorale composto di ventottopastori che confluirono nella Chiesa Valdese e, doponove anni, al definitivo scioglimento della denominazionecon il trasferimento dei pastori e dei membri di chiesa inparte nella Chiesa Metodista Wesleyana, in parte nellaChiesa Metodista Episcopale. Indiscutibilmente rappresentò un elemento di spicco nelmondo protestante italiano, espressione di primo pianodi quello evangelismo post unitario che ebbe un ruolo nondi secondaria importanza in massoneria, nelle lotte per lalibertà religiosa e per la più alta espressione della laicitàdell’individuo, come anche per il prosieguo dellapresenza protestante la cui testimonianza è ancorariscontrabile nelle Chiese riformate italiane. Sul piano politico fu fortemente legato a FrancescoCrispi, e pur condividendo gli emergenti ideali socialisti,non ne accettò la prassi politica ed in questo fu profeta eanticipatore di quello spirito di collaborazione, e non discontro duro, che caratterizzava il socialismo agrario eoperaio del tempo. Personalmente provo estremo imbarazzo a leggerepagine elaborate da storici di primissimo livello, in cuil’abbondanza di aggettivazioni negative e polemiche avolte hanno il sopravvento sulla vicenda storica cheandrebbe analizzata sempre in maniera scientifica,

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lasciando ai fatti ed ai documenti l’interpretazione dellevicende. Non è da escludere che la sua intransigenzanell’esecuzione delle proprie determinazioniprogrammatiche sia da comprendere come unatrasposizione nella vita pubblica della obbedienza che lamassoneria richiede verso gli alti dignitari, ed inparticolare verso il Gran Maestro, e che tale prassi abbiacondizionato la sua storia e la sua presenza comepastore protestante nelle responsabilità ricoperte in unaconfessione religiosa. Ed è questo forse l’aspetto che è mancato allastoriografia non massonica nell’analisi dei comportamentie nella politica di Saverio Fera. Una disciplina, quella dell’obbedienza, che può essereletta e interpretata fuori dal contesto massonico comedispotismo, ma che in massoneria rappresenta uno deicardini portanti, la forza della sua organizzazione ed ilsegreto della sua operatività ma mai, dico e sottolineocon forza mai, travalica l’aspetto organizzativo econdiziona la libertà di coscienza. Come vedremo questo fu l’elemento fondamentale dellasua vita, elemento che rende l’insegnamento di SaverioFera vivo ed attuale. E’ tempo ormai che l’opera di Saverio Fera vengaanalizzata sotto altri angoli interpretativi e questoconvegno vuole essere anche uno stimolo alla ricerca intal senso.

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Una ricerca tendente a fare luce e a ridare la giustacollocazione nella storia a Saverio Fera, nella piena ecompleta consapevolezza che la ricerca storica, come lospirito della massoneria e la coscienza di tutti gli uominiliberi e giusti insegna, tende a chiarire, mai a raggiungerela verità, poiché essa non appartiene all’uomo, purrappresentando l’aspirazione ultima dell’umanità, che lavive qui ed ora come anticipazione e progressivaconoscenza tesa al limite del tempo e della storia. Il Fratello Saverio Fera come Gran Maestro, comeprotestante e anticlericale acclarato, si oppose confermezza, fino alla divisione della famiglia massonicaitaliana, a costo di veder avanzare nella vita pubblicaquella educazione cattolica e quella componente clericalecontro cui aveva lottato tutta la vita ma mai, qualunquesia stato il prezzo da pagare sul piano personale, politicoe sociale, il Gran Maestro Saverio Fera ha intesotravalicare la libertà di coscienza e l’assunzionepersonale di responsabilità che rappresenta forsel’aspetto più alto della dignità dell’uomo e che lamassoneria, come anche alcune confessioni religiosehanno posto alla base della loro ragion d’essere, cometestimonia oggi la nostra presenza in uno dei luoghi piùlaicamente sacri della Chiesa Valdese, a cui hopersonalmente dedicato buona parte la mia vita. La scissione di Piazza del Gesù del 1908 è una paginadi storia che deve essere rivitalizzata nel nostro paese

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per i profondi valori morali, civili e laici che essarappresenta. Il motivi della scissione, come si legge in un pamphletedito in sei edizioni dal Grande Oriente ItalianoObbedienza di Piazza del Gesù, fu determinato dalladecisione di imporre ai Fratelli parlamentari un votocontrario all’insegnamento religioso nelle scuole. Talelinea aderiva pienamente alle posizioni liberali edanticlericali di stampo garibaldino, che rappresentava unacomponente significativa della massoneria italiana. IlFratello Saverio Fera, peraltro in quel contesto membrodel parlamento, appoggiato dall’intero Supremo Consiglioe da altri parlamentari massoni si oppose a taleindicazione in ragione del principio fondamentalemassonico della piena libertà di coscienza. La massoneria professa al suo interno e lavora al suoesterno per la proclamazione e l’attuazione di quelprincipio fondamentale che è alla base della libertà edella dignità di ogni essere umano, ovvero che non vi ènessuna motivazione, causa o ragione che possa imporread un uomo o ad una donna di reprimere la propriacoscienza obliterando il senso di responsabilitàpersonale. Una prassi purtroppo quasi totalmente smarrita nellasocietà italiana, in cui i rappresentanti del popoloesprimono il loro voto il più delle volte secondo lesuperiori indicazioni e assistiamo nel contempo allapresenza di una classe intellettuale che attraverso i

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singoli partiti e i mass media è ormai incapace diesprimere un pensiero autonomo o qualsivoglia analisi oprogetto. Analoga peculiarità è riscontrabile nell’impostazioneideologica dei testi scolastici nell’ambitodell’insegnamento umanistico in tutti i gradi di istruzionecome nella ricerca universitaria. Questa mia ultima affermazione è acclarata da unadiretta conoscenza acquisita in un decennio dicollaborazione con gli Istituti Universitari italiani, conquella particolare sensibilità di un appartenente ad unaminoranza religiosa, che sente ed avverte a tutti i livelliuna predominante assenza della conoscenza del diverso,del rispetto verso chi liberamente sceglie le proprieopinioni, anche verso quella cultura atea che oggirappresenta forse la più alta espressione di libertà dipensiero dell’uomo, e lo affermo come uomo di fede,come credente il quel Gesù di Nazareth il cuiinsegnamento è stato troppo stravolto nella storia tantoda essere quasi irriconoscibile nel mondo cristianoattuale. Assistiamo ad un continuo richiamo ad autorità religioseo a modelli politici ed economici di altri paesi, frutto dellaquasi totale assenza di un libero pensiero, quindi laico omeglio libero e cosciente di assumersi la responsabilitàdelle proprie opinioni ed azioni o ancora peggio incapacedi formulare un pensiero autonomo senza esserecondizionato da autorità morali, culturali, politiche o

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religiose. Un andazzo che è frutto della assenza di responsabilitàrisultante dalla cultura della delega e della sudditanzache condiziona l’azione e la formulazione di un pensieroautonomo. Nel combattere questa sotto-cultura Saverio Fera fumaestro indiscusso del suo tempo il cui insegnamentosulla libertà di coscienza e sulla laicità deve essererivitalizzato perché parte del nostro patrimonio culturale,dico nostro, non solo massonico, ma di tutta la societàcivile. La laicità è rispetto delle diversità di pensiero, direligione, di sesso e di cultura. La laicità riconosce il diritto di scegliere liberamente ipropri ideali e riconosce il diritto altrui di essere e pensarein modo diverso. La massoneria ha posto in essere tale impostazione e laconserva al suo interno come uno degli elementifondamentali della sua ragion d’essere, impegnando ognisingolo libero muratore ad essere nella società coerentea tale concezione della vita liberamente scelta, poiché ilfine ultimo dell’azione massonica è, per dirla in manierarituale, scavare profonde prigioni al vizio e templi allavirtù, ovvero impegno personale nella progettazione erealizzazione di una società libera e giusta. Nel nostro paese purtroppo si è smarrito il concetto didiversità e regna una cultura massificata edunidirezionale.

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A titolo di esempio trovo scandaloso che nel contestoculturale e politico dell’Unione Europea e nell’era dellacomunicazione globale i mass media a tutti i livellicontinuano ad usare espressioni come “preteprotestante” o “messa protestante” o che in una antica egloriosa università italiana gli allievi trovano quasipeccaminoso partecipare ad un corso sulla storia dellamassoneria, perché trattasi, a loro dire, di argomentoeretico e satanico. In realtà, attraverso un processo iniziato all’inizio delsecondo millennio la diversità, o meglio la libertà di sceltadelle proprie opinioni o di credo religioso è stato bollatocome eresia, stravolgendo il valore del termine. Il diversoè eretico, non diverso, ma maledetto e portatore di ideepericolose alla morale singola e collettiva. Eppure il termine eresia aveva, ed ha ancora almenoper me, un significato diverso. Eresia infatti è parolagreca che indica l’azione del prendere, dunque la scelta,la preferenza, la consapevole adesione ad una posizione,ad una teoria. Scriveva in tal senso tra il VI e VII secolo ilgrammatico e dottore della Chiesa Isidoro: haeresisgraece, electio latine, ovvero in greco “eresia”, in latino“scelta”. La profonda trasformazione di tale termine portatore dilibertà e di libera scelta di pensiero, si ebbe con il Conciliodi Reims del 1049. Da quel momento un crescenteimpegno coinvolse in maniera esponenziale religiosi e

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prìncipi in un’azione persecutoria finalizzata allasoppressione fisica degli eretici. Catari, Patari, Lollardi, Ussiti, Apostolici, Valdesi, tantiper citarne solo alcuni, hanno scritto con il loro sangue, innome della libertà, pagine immortali, quasi sempresconosciute nella nostra Italia. A queste vittimedell’arroganza e del dispotismo, a questi martiri dellalibertà, noi oggi siamo debitori della nostra libertà dicoscienza e di espressione. Analogamente si operò contro l’alchimia, ovvero controquello approccio di ricerca della natura mistico edempirico su cui si fondarono i presupposti della modernascienza, questa ultima a tutt’oggi non ancora esente davetusti gravami ideologici che dall’esterno tentano dicondizionare il suo inarrestabile cammino. In Italia non siamo tanto in presenza di mancanza dilaicità, purtroppo siamo al cospetto di una dominantecomplessa ignoranza e devianza del concetto delladiversità. L’attuale dialogo tra diversità è un fenomeno puramentedi facciata e nasconde al suo interno una riserva mentaleprofonda, poiché il dialogo con il diverso è concesso, perusare una espressine “canonica”, “per debito di carità” enon per “debito di giustizia”. Resta invece estremamentesaldo all’interno delle diverse culture o religioni laconsapevolezza di essere singolarmente portatori dellaverità. Il dialogo è improntato come un momento diavvicinamento che deve alla fine portare l’altro verso la

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propria componente ritenuta detentrice del vero e delgiusto. Questo fenomeno è riscontrabile in alcune predominanticonfessioni religiose cristiane, come in molti settori diprimo piano del complesso mondo islamico, ma non èavulsa da tale atteggiamento anche la politica, come lacostante e ormai secolare discriminazione culturale edetica della divisione tra sessi e sulla diversità sessuale. Inaltre parole si è in presenza dell’assoluta mancanza direciproco riconoscimento delle diversità e del loro dirittodi esistere. Il punto nodale del dialogo e di una società libera è unostato che sia garante delle diversità, non schierato, mache consenta a tutti di esercitare il proprio pensiero e leproprie convinzioni. Uno stato garante della democrazia edel diritto, ma avulso da qualsivoglia forma dicondizionamento religioso o filosofico. Una Stato chegarantisca, qualunque sia il costo, anche alle minoranzedi poter vivere liberamente e liberamente esprimere leproprie opinioni, e vivere la propria diversità, sempre cheesse non siamo in contrasto con gli ordinamenti stabilitidallo stato stesso. In uno stato democratico di tale impostazione ognisingola componente di pensiero è libera di esprimere alsuo interno e verso l’esterno sul piano dialettico le proprieconvinzioni etiche e dogmatiche, ma non di imporre allostato la sua visione della vita e la sua interpretazioneetica e morale. Lo stato etico è una prerogativa delle

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dittature, la diversità una caratteristica saliente delledemocrazie. E noi oggi ci appelliamo a questo dirittosancito dalla Costituzione Italiana di cui, come cittadini ecome massoni, siamo fedeli osservanti sul piano ideale epragmatico. Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che lamassoneria universale, e la nostra Obbedienza inparticolare, siano portatrici di quello autentico spirito ditolleranza e di laicità che travalica le culture, le lingue, lereligioni, le diversità sociali ed economiche qualunqueesse siano, poiché al suo interno non vi è alcunadiscriminazione o preclusione politica o religiosa, anzi nelrispetto di ogni singolo credo è fatto divieto di trattarequestioni di politica o di religione, fermo restando il dirittodi ogni singolo libero muratore di praticare la propria fedee il proprio credo politico. In massoneria l’elemento unificatore è il GrandeArchitetto dell’Universo che non è una entità sincretisticae teosofica, nè un superdio, ma l’essenza ultimaunificante l’autenticità delle fedi e non delle religioni. Unprincipio di progettualità e di utopia che vede il suo fineultimo nella costruzione di una società di giustizia e dipace. Un principio che unifica l’essenza più altadell’umanità a qualunque fede appartenga, anche atea seportatrice di progettualità, poiché è proprio nellaprogettualità, nell’utopia e nell’incrollabile fede diconcorrere a realizzare una società di giustizia e di paceche si identifica la fede di ogni essere umano degno di

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tale nome. Ma sia ben chiaro, non una entità dogmatica o giuridica,ma etica, un’entità che trova nel rapporto con l’uomodegno di tale nome la sua stessa realizzazione in unabiunivoca corrispondenza, poiché nessun progetto puòessere realizzato senza l’opera degli operai, ed al tempostesso un’officina massonica, come la società, nulla puòrealizzare di superiore senza un progetto unificante chepone i suoi realizzatori sul piano della più assolutauguaglianza e la cui differenziazione è solo edesclusivamente nell’altrui riconoscimento della propriacapacità operativa. Infine vi è un elemento della laicità che deve essereassunto a principio fondamentale e che anche qui, inquesta sede, è stato solamente accennato. Mi riferisco alla nefasta concezione del ruolo delladonna, dell’altra metà dell’umanità, che nei secoli ha piùpagato con il proprio sangue l’ideologia intransigente deiportatori di verità assoluta. La donna è stata usata,esaltata, maledetta e osannata, sempre come oggetto,una rappresentazione di satana, del peccato, a cui eranegato ogni diritto se non quello di essere madre eappagare i desideri inconfessabili del proprio compagno,attraverso impostazioni ideologiche riscontrabili ancoraoggi in alcune confessioni religiose. Purtroppo il rapporto uomo donna resta ancorafortemente disuguale e discriminatorio anche nellesocietà democratiche occidentali e nella nostra in

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particolare. Al di là delle iniziative politiche e legislative, esiste unadiscriminazione imperante tra i due complementaricomponenti dell’uomo, ovvero quella entità composta didue esseri speculari che trova la propria essenza ecompletezza nell’insieme e non nella divisione o peggioancora in un rapporto di subordinazione culturale esociale. Per troppi secoli, se non per troppi millenni, la donna èstata strappata alla sua essenza unificante e portatrice divita nella società per divenire elemento subordinatoall’uomo. Oggi nel nostro Paese, in cui i diritti ed i doveridell’uomo e della donna sono posti in maniera paritariasul piano costituzionale e legislativo, persiste unadittatura culturale nei confronti della donna. Io sogno, e mi piace sognare, una moratoria di almenoun secolo del pensiero maschile, un doveroso silenzioche dia il tempo di stratificare ed affermare nellacoscienza della società una componente culturalefemminile ed il relativo approccio ai grandi temi etici delmondo, come il senso della vita, la pace, ed i pressantiproblemi bioetici che sopravanzano in continuazione. Michiedo se sia giusto, se sia eticamente degno dell’uomo,e come non sentire nel profondo della nostra coscienzanei confronti delle donne un senso di vergogna e diprostrazione per imporre loro una cultura che, nella quasitotalità dei casi, è stata elaborata da pensatori di sessomaschile e come sia frustrante riflettere che imponiamo

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alle donne, all’altra metà di noi stessi, un’etica della vita edella maternità elaborata solo da menti maschili o inisolate aule di ristretti circoli di pensatori, o peggio ancorada uomini di altissima cultura che mai hanno provato, perloro libera scelta, a condividere con l’altra metà dellacreazione un sublime atto d’amore a prescindere dallefinalità dell’atto stesso. Credo ed affermo con convinzione e con fermezza, chenon vi può essere una società laica, libera, giusta e diuguali, se non raggiungiamo su tutti i piani, la completa eperfetta uguaglianza e reciproco riconoscimento delvalore della diversità tra uomo e donna. Concludo constatando che nella nostra Italia siamo unasparuta minoranza ma, riprendendo le pagine finali di unlavoro del prof. Arturo Napoletano, noi oggirappresentiamo il resto fedele che per vie imperscrutabiliricostruirà ciò che è stato solo parzialmente distrutto, quelresto fedele il cui ginocchio non si è piegato dinanzi aBaal e la cui bocca non l’ha baciato. Questo resto fedele lavora silenziosamente a riaprire gliorizzonti del pensiero della libertà e della ricerca dellaverità: a questo resto fedele dovremo se molte aurorepotranno ancora brillare.

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GRAN MAESTRI DI PIAZZA DEL GESU’

1) Saverio FERA26/06/1908 - 29/12/1915 (morte di Fera)

2) Leonardo RICCIARDI30/12/1915 - 11/01/1918

3) William BURGESS12/01/1918 - 21/03/1919

4) Vittorio Raoul PALERMI22/03/1919 - 23/11/1925 (Il L.S.G.C. Metelli emana il decreto discioglimento dell’Obbedienza a seguito della Legge fascista sulleAssociazioni)

5) Carlo DE CANTELLIS(Periodo di attività clandestina)

6) Placido MARTINI4/12/1943 - 24/03/1944 (medaglia d’oro - trucidato alle FosseArdeatine)

7) Carlo DE CANTELLIS24/03/1944 - 21/06/1944

8) Vittorio Raoul PALERMI21/06/1944 - 03/02/1948

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9) Gustavo SCERVINI03/02/1948 - 31/12/1950

10) Attilio PRODAM31/12/1950 - 31/12/1953

11) Vincenzo FRANCIA31/12/1953 - 31/12/1956

12) Ermanno GATTO31/12/1956 - 31/12/1961

13) Tito CECCHERINI31/12/1961 - 31/12/1967

14) Augusto PICARDI31/12/1967 - 31/12/1969

15) Pompeo FALCONE31/12/1969 – 31/12/1970

16) Tito CECCHERINI31/12/1970 - 28/01/1972

17) Augusto PICARDI (reggente)28/01/1972 - 27/05/1972

18) Francesco BELLANTONIO28/05/1972 – 15/06/1973(Il Gran Maestro Bellantonio consegna al Fr...Lino SALVINI il

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Supremo Maglietto dell’Obbedienza)

19) Pietro Maria MUSCOLO(dopo la riunificazione del 25/05/1975) Oriente Eterno 06/09/1994 20) Franco COZZARELLI03/12/1994 - 15/01/2005

21) Nicola TUCCI 15/01/2005 (tutt’oggi in carica)

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