obbiettivamente terzo numero

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27 MAGGIO 2010 PALERMO NUMERO 3 IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO PROGETTO GENOARD Il CANNIZZARO RAGGIUNGE BOSTON CERTAMEN LATINUM IL NUOVO ORDINAMENTO SCOLASTICO È stata approvata dal Par- lamento la riforma “Gel- mini” relativa ai nuovi ordinamenti scolastici. Ma si può realmente parlare di novità o si tratta di un progressivo ritorno al passato e di una riduzione ef- fettiva dei servizi per gli studenti? La riforma riguarda tutti i gradi di istruzione ma in particolare ci vogliamo occupare della scuola secondaria di secondo grado il cui ordinamento cambierà già a par- tire dal prossimo anno scolastico. La riforma prevede una diversa suddivisione degli indirizzi scolastici, questi infatti saranno: Classico, Scientifi- co, Linguistico, Scienze umane, Artistico, Musicale e Coreutico. In particolare nello Scientifico ci sarà l’aboli- zione totale delle sperimentazioni (bilinguismo, P.N.I) e la nascita di due differenti sotto-indirizzi: l’ordinario, dove sarà obbligatorio lo studio del latino e quello scientifico-teconologico dove non bisognerà studiarlo. Il principale cambiamento, comunque, sarà dato dalla riduzione delle ore di studio di alcune materie umanistiche con l’aumento di altre ritenute più utili per la formazione dello studente. L’obbiettivo del ministro però pare essere non tanto la qualità dell’istruzione pubblica quanto la maggiore privatizzazione... P er quanto si possa amare la propria città, venire a cono- scenza che in tempi andati era considerata la manifestazione del Paradiso in terra lascia comun- que senza fiato: eppure proprio il Genoard (dall’arabo Jannat al-ard ovvero “ paradiso della terra”) era considerato tale al tempo dei Nor- manni. Scoprire che il luogo in cui noi viviamo ogni giorno destava meraviglia ed ammirazione agli occhi di tutti gli uomini ci dà un profondo senso di orgoglio. Ed è stato proprio questo lo scopo del nostro progetto “Genoard” curato dalle prof.sse Maria Teresa Calcara ed Elena Santomarco del Liceo scientifico S. Cannizzaro di Palermo: risvegliare in noi l’amore per la nostra terra, farci conoscere le meraviglie su cui spesso i nostri occhi si posavano distrattamente. Il castello della Fawara, la Zisa, lo Scibene, la Cuba Sottana e la Cuba Soprana: queste sono le strutture che facevano parte del lussureg- giante giardino che circondava la città di Palermo al tempo dei Nor- manni. Abbiamo cercato di ricostruire mentalmente... C ontinua l'esperienza di scambio culturale con il MIT (Massachusetts In- stitute of Technology) di Boston, all’interno del programma Hi- ghlights for High School. Dopo aver accolto due studenti della fa- mosa Università americana (vedi il servizio sullo scorso numero del nostro giornalino), è il momento per il Liceo Cannizza- ro, scelto insieme a soltanto altre sette scuole italiane, e rappresen- tato dai professori Claudio Leto e Rosalia Garbo, di percorrere le strade... CATERINA CURATOLO III H LORENZO PASSALACQUA IV M LUCA GENCHI II E PAOLO BERTINI II H ETICA IN SCATOLA M enzione al liceo Can- nizzaro nella com- petizione di livello nazionale "Certamen Latinum Syracusanum", che consiste nella traduzione di un brano di latino con riassunto in lingua latina re- lativo al brano stesso. Il nostro liceo, uno dei pochi scientifici premiati, è stato rappresentato da Paolo Bertini (che ha ricevuto la menzione), Federico D'Amico e Federica Piazza, con la supervi- sione della professoressa Alba di Caro. La premiazione è avvenuta il 14 maggio a Siracusa. B rutta, che brutta questa brutta Italia. Che schifo, Lui va con le prostitute, Lui ha il naso rifatto, Lei le tette. “50 euro è troppo, facciamo 30 e sali” “Lo vorrei più alla Johnny Depp” “È un regalo per il mio ragazzo” . E sono dei regali per quest’Italia. Degli splendidi regali che ci fan- no gioire, sempre che la nostra coscienza possa rimanere in si- lenzio. Questa è l’Italia: un giudi- zio. Un giudizio di chi non sa, di chi non fa, di chi non vota, di chi non muore nella crisi, di chi gon- gola di fronte a chi soffre. L’Italia sul divano, che aspetta il panino dalla moglie, l’Italia che tiene in serbo lamentele, ma che sa met- terle da parte ... PAGINA 9 PAGINA 8 PAGINA 2 PAGINA 2

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27 MAGGIO 2010PALERMO NUMERO 3IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZARO

PROGETTO GENOARD

Il CANNIZZARO RAGGIUNGE

BOSTON

CERTAmEN LATINUm

IL NUOVO ORDINAmENTOSCOLASTICO

È stata approvata dal Par-lamento la riforma “Gel-mini” relativa ai nuovi

ordinamenti scolastici. Ma si può realmente parlare di novità o si tratta di un progressivo ritorno al passato e di una riduzione ef-fettiva dei servizi per gli studenti? La riforma riguarda tutti i gradi di istruzione ma in particolare ci vogliamo occupare della scuola secondaria di secondo grado il cui ordinamento cambierà già a par-tire dal prossimo anno scolastico. La riforma prevede una diversa suddivisione degli indirizzi scolastici, questi infatti saranno: Classico, Scientifi-co, Linguistico, Scienze umane, Artistico, Musicale e Coreutico. In particolare nello Scientifico ci sarà l’aboli-zione totale delle sperimentazioni (bilinguismo, P.N.I) e la nascita di due differenti sotto-indirizzi: l’ordinario, dove sarà obbligatorio lo studio del latino e quello scientifico-teconologico dove non bisognerà studiarlo. Il principale cambiamento, comunque, sarà dato dalla riduzione delle ore di studio di alcune materie umanistiche con l’aumento di altre ritenute più utili per la formazione dello studente. L’obbiettivo del ministro però pare essere non tanto la qualità dell’istruzione pubblica quanto la maggiore privatizzazione...

Per quanto si possa amare la propria città, venire a cono-scenza che in tempi andati

era considerata la manifestazione del Paradiso in terra lascia comun-que senza fiato: eppure proprio il Genoard (dall’arabo Jannat al-ard ovvero “ paradiso della terra”) era considerato tale al tempo dei Nor-manni. Scoprire che il luogo in cui noi viviamo ogni giorno destava meraviglia ed ammirazione agli occhi di tutti gli uomini ci dà un profondo senso di orgoglio. Ed è stato proprio questo lo scopo del nostro progetto “Genoard”

curato dalle prof.sse Maria Teresa Calcara ed Elena Santomarco del Liceo scientifico S. Cannizzaro di Palermo: risvegliare in noi l’amore per la nostra terra, farci conoscere le meraviglie su cui spesso i nostri occhi si posavano distrattamente. Il castello della Fawara, la Zisa, lo Scibene, la Cuba Sottana e la Cuba Soprana: queste sono le strutture che facevano parte del lussureg-giante giardino che circondava la città di Palermo al tempo dei Nor-manni.Abbiamo cercato di ricostruire mentalmente...

Continua l'esperienza di scambio culturale con il MIT (Massachusetts In-

stitute of Technology) di Boston, all’interno del programma Hi-ghlights for High School. Dopo aver accolto due studenti della fa-mosa Università americana (vedi il servizio sullo scorso numero del nostro giornalino), è il momento per il Liceo Cannizza-ro, scelto insieme a soltanto altre sette scuole italiane, e rappresen-tato dai professori Claudio Leto e Rosalia Garbo, di percorrere le strade...

CATERINA CURATOLO III HLORENZO PASSALACQUA IV M

LUCA GENCHI II EPAOLO BERTINI II H

ETICA IN SCATOLA

Menzione al liceo Can-nizzaro nella com-petizione di livello

nazionale "Certamen Latinum Syracusanum", che consiste nella traduzione di un brano di latino con riassunto in lingua latina re-lativo al brano stesso. Il nostro liceo, uno dei pochi scientifici premiati, è stato rappresentato da Paolo Bertini (che ha ricevuto la menzione), Federico D'Amico e Federica Piazza, con la supervi-sione della professoressa Alba di Caro. La premiazione è avvenuta il 14 maggio a Siracusa.

Brutta, che brutta questa brutta Italia. Che schifo, Lui va con le prostitute,

Lui ha il naso rifatto, Lei le tette. “50 euro è troppo, facciamo 30 e sali” “Lo vorrei più alla Johnny Depp” “È un regalo per il mio ragazzo” .E sono dei regali per quest’Italia. Degli splendidi regali che ci fan-no gioire, sempre che la nostra coscienza possa rimanere in si-lenzio. Questa è l’Italia: un giudi-zio. Un giudizio di chi non sa, di chi non fa, di chi non vota, di chi non muore nella crisi, di chi gon-gola di fronte a chi soffre. L’Italia sul divano, che aspetta il panino dalla moglie, l’Italia che tiene in serbo lamentele, ma che sa met-terle da parte ... PAGINA 9

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VITA SCOLASTICA2 VITA SCOLASTICA 3

Per quanto si possa amare la propria città, venire a conoscenza che in tempi

andati era considerata la manife-stazione del Paradiso in terra la-scia comunque senza fiato: eppu-re proprio il Genoard (dall’arabo Jannat al-ard ovvero “ paradiso della terra”) era considerato tale al tempo dei Normanni. Scopri-re che il luogo in cui noi viviamo ogni giorno destava meraviglia ed ammirazione agli occhi di tutti gli uomini ci dà un profondo senso di orgoglio. Ed è stato proprio questo lo scopo del nostro pro-getto “Genoard” curato dalle prof.sse Maria Teresa Calcara ed Elena Santomarco del Liceo scientifico S. Cannizzaro di Paler-mo: risvegliare in noi l’amore per la nostra terra, farci conoscere le meraviglie su cui spesso i no-stri occhi si posavano distratta-mente. Il castello della Fawara, la Zisa, lo Scibene, la Cuba Sottana e la Cuba Soprana: queste sono le strutture che facevano parte del lussureggiante giardino che circondava la città di Palermo al tempo dei Normanni.Abbiamo cercato di ricostrui-re mentalmente l’antica dispo-sizione dei sollazzi normanni, anche grazie a documenti scritti e rappresentativi. Alcuni, come ad esempio il palazzo della Zisa, sono stati restaurati, altri, come

lo Scibene, si trovano in stato di totale abbandono. Altri ancora, come la Fawara, sono in corso di restauro. La gente vive al fianco di queste strutture senza conoscer-ne la storia e il valore artistico che esse possiedono, senza poterne cogliere il valore e le suggestio-ni. Questo proprio a causa della mancanza della visione comples-siva del giardino del Genoard: os-servando un monumento isolato è difficile immaginare che esso fa-cesse parte di un unico contesto. Queste strutture, più che per la residenza, erano utilizzate come luoghi di svago e di piacere. I re trovavano sollievo all’afa e alla calura estiva in essi, anche grazie ai bacini d’acqua che li circonda-vano e al sistema di ventilazione che li contraddistingueva. Queste tecniche vennero importate da-gli Arabi, che furono i principali

costruttori e che prestarono le loro maestranze alle costruzioni del periodo Normanno. Questo emerge nelle decorazioni e per-sino nelle iscrizioni in carattere cufico presenti, ad esempio, alla Cuba Sottana.A sottolineare l’importanza del Genoard sono le numerose testi-monianze scritte che ne decanta-vano la stupefacenza. Tra queste troviamo una celebre novella del Boccaccio ambientata alla Cuba Sottana, la sesta della quinta gior-nata, che narra la storia di un amore combattuto che trova un lieto fine grazie alla benevolenza del Re Federico II D’Aragona. Altra testimonianza ci giunge dal triste e struggente canto del poe-ta Abd ar-Rahman che descrive il lago artificiale di Maredolce con queste parole: “Favara dal duplice lago, ogni desiderio in te assom-

mi: vista soave e spettacol mira-bile… Oh splendido lago delle due palme e ostello sovrano cir-condato dal lago. L’acqua limpida delle due sorgenti sembra liquide perle”.Grazie a quest’attività abbiamo potuto scoprire ed apprezzare un lato della città di Palermo a noi prima sconosciuto. Seppur di grande rilevanza storico-culturale, queste strutture non godono della fama che gli spetterebbe. Dovreb-be essere piacere e premura di tutti i Palermitani documentarsi e cominciare ad amare la propria storia, rendersi conto delle me-raviglie della propria terra. Parte culminante del progetto sarà la mostra al Castello della Fawara, realizzata insieme alla delegazione FAI di Palermo, che raccoglierà le foto scattate dagli alunni durante le visite guidate.

PROGETTO GENOARD:SULLE TRACCE DEI NORmANNI

PALERmO-VENRAYOsservazioni sul gemellaggio con l’Olanda

LUCA GENCHI II E FAUSTO CARANO III A

Anche se può risultare difficile ammetterlo, sappiamo tutti che le cose che ci interessano di più di un viaggio non sono i mo-numenti unici al mondo, non le opere d’arte inestimabili, e

neanche i luoghi che hanno fatto da teatro alla storia, ma lo stare con le persone; quella serata che probabilmente continuerai a raccontare per vent’anni, la canzone diventata tormentone del viaggio, il video di un episodio particolarmente divertente che rimarrà per sempre sul tuo desktop potrebbero esserne le prove. Io penso che il gemellaggio Italia – Olanda, al quale sta partecipando un gruppo di ragazzi di 3°A e 3°B, sia servito ai ragazzi olandesi a farsi un’idea degli italiani oltre che dell’Italia, idea che probabilmente sarebbe consistita nell’immagine di un signore baffuto con il cappello da cuoco ed una pizza in mano se avessero fatto un semplice viaggio anziché un gemellaggio, senza considerare il fatto che avrebbero di certo scelto un’altra meta e non la Sicilia. Credo che un gemellaggio sia l’unico modo per due ragazzi di diversa nazionalità di passare tanto rapidamente dalla condizione di perfetti sconosciuti a quella di ottimi amici. E’ un po’ come vivere le varie tappe della nascita di un’amicizia a velocità dieci volte superiore al normale, all’inizio infastidisce, quasi spaventa, l’idea di essere costretti a passare il proprio tempo con una persona di abitudini e costumi diversi, di cui fino a pochi giorni prima si sconosceva l’esistenza. Man mano che il tempo passa però, ci si rende conto di vivere cose che solo ad un gemellaggio possono accadere: si scopre che per comunicare non è af-fatto necessario parlare la stessa lingua (mi riferisco a ragazzi che gesti-colavano scompostamente o usavano schizzi tracciati su un block-notes per chiarire il significato di una frase detta in un inglese non proprio da manuale); una volta mostrato agli olandesi come masticare le acetoselle, li abbiamo osservati disboscare un prato che ne era pieno e riem-pire borse e bocche che non han-no fatto altro che masticare per l’intero giorno; e ancora abbiamo assaggiato cocktail strani, impara-to le regole di giochi di carte olan-desi e ovviamente le immancabili parolacce.Questi ragazzi olandesi non era-no mai stati a Palermo, in molti casi non erano mai stati neanche in Italia, per questo motivo tende-vano a notare le differenze che ci sono con il loro paese, notavano anche cose che un ragazzo che è nato e vissuto a Palermo non ve-drebbe mai, nel bene e male. Per fare degli esempi, tutti hanno

osservato che la città è molto sporca e che in giro ci sono pochissi-me biciclette, ma anche che il tempo qui è fantastico e che la spiaggia di Mondello è bellissima. Non a caso sto ricordandomi solo a questo punto dell’articolo di parlare del valore didattico che certamente ha un gemellaggio, il motivo della mia dimenticanza è che una volta compresa la necessità di parlare un’altra lingua per poter interagire, il parlare in-glese diventa automatico; inevitabilmente si incontrano delle difficoltà ad esprimere i concetti più complessi, ma si è costretti a superarle in un modo o nell’altro, state sicuri che questi concetti non potreste aggirarli, se tornando a casa il vostro partner vi chiedesse perché diavolo non passi nessuno da tre giorni a raccogliere l’immondizia di fronte casa. Tutto ciò costituisce un enorme stimolo a migliorare la propria sciol-tezza nella conversazione e, anche se in misura minore dato che spesso la lingua usata non è esattamente inglese, ad aumentare il proprio lessi-co. Molti, scherzando ma non troppo, hanno detto di trovare strano il non parlare più inglese dopo che gli olandesi se ne sono andati, ormai pensavamo in inglese.In poche parole il gemellaggio è stato l’occasione per noi italiani di con-dividere con un gruppo di ragazzi olandesi la nostra città, le nostre case, le nostre abitudini, il nostro modo di mangiare, di parlare, di pensare, di far ridere, la musica che ascoltiamo e che balliamo, il nostro stile di gioco a calcio. Dal confronto in ognuno di questi campi sono sorte del-le differenze che è stato qualche volta traumatico, qualche volta imba-razzante, qualche volta sbalorditivo, sempre molto divertente scoprire.E così, ora, ognuno dei ragazzi di quel gruppo di 3°A e 3°B ha una trentina di buoni amici che abitano nei dintorni di una piccola cittadina olandese vicino al confine con la Germania, Venray, e tutti maledicono il vulcano Eyjafljallajokull per il fatto che dovrebbero già essere stati là, a provare sulla propria pelle e vedere con i propri occhi tutto ciò che i loro amici olandesi hanno preparato per loro, invece dovranno aspettare maggio.

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VITA SCOLASTICA4 VITA SCOLASTICA 5

La redazione di Obbiettiva-Mente è stata invitata alla proiezione del nuovo film

di Nicolas Vaporidis, “Tutto l’a-more del mondo” ed all’intervista con i giovani attori protagonisti avvenuta al cinema Arlecchino il 24 marzo. All’evento erano presenti circa cento ragazzi frequentanti diver-se scuole superiori di Palermo e i giornalisti del giornale di Sicilia, che hanno dedicato una pagina agli interventi degli alunni. Dopo la visione del film, infatti, si è svolta l’intervista all’attore, non-ché coproduttore, Nicolas Vapo-ridis; al regista Riccardo Grandi e all’attrice principale Ana Caterina Moraiu. Il film racconta di un giovane ragazzo che, per salvare la libreria della madre, ricoper-ta da debiti, decide di accettare l’incarico di fare un viaggio nelle capitali più romantiche d’Europa (Barcellona, Parigi e Amsterdam) per scrivere una guida turistica che abbia come tema centrale l’a-more. Insieme all’intraprendente scrittore partiranno: un giovane fotografo con la sua compagna, seguita dalla migliore amica -una giovane da poco laureata il legge- (Ana Caterina Morariu). Durante tutto il viaggio questi giovani im-pareranno a conoscersi e vivran-no insieme moltissime avventure e disavventure.Dopo la proiezione del film i due protagonisti insieme al regista hanno risposto alle domande dei ragazzi presenti in sala. Prima di rispondere, però, Vaporidis ha spiegato quanto fosse bello, dopo dieci giorni in giro per l’Italia in-vasa dal freddo e dalla pioggia, trovarsi in Sicilia “… con il caldo

e il sole…”.Ogni scuola aveva a disposizione una domanda da porre a uno de-gli intervistati. Alla domanda del Cannizzaro: “Visto che sei anche produttore qual è la storia che sogni di raccontare?”, dopo un attimo di perplessità, Nicolas ha risposto: “Tutte, perché crescendo cambia-no i tuoi gusti, cambiano le sto-rie che vorresti vedere al cinema e quelle che vorresti raccontare. Mi piacerebbe raccontare diversi aspetti della vita. Mi piace parlare di tutto quello che ci rende deboli e quindi uomini.”Molte altre sono state le domande poste a Vaporidis, un po’ meno quelle fatte a Morariu, tra le quali quella del liceo classico Garibal-di: “Che messaggio invieresti ai giovani per spingerli nell’impe-gno politico e sociale?” , a questa domanda la giovane attrice ha ri-sposto: “Per quanto riguarda l’im-pegno politico io sono una frana, quindi non saprei cosa dire. Per l’impegno sociale io non faccio mai niente agli altri che non vorrei fosse fatto a me.”Infine alla domanda del liceo clas-sico Meli: “Quanto pensi sia in

grado, il tuo cinema, di raccontare la contemporaneità e di imporsi come punto di riferimento all’in-terno del variegato panorama ci-nematografico italiano?” il regista ha risposto: “Non spetta a me giudicare. Io posso solo provar-ci”. Dopo questa risposta l’inter-vista si è capovolta, infatti Grandi ha chiesto al pubblico: “Qualcuno di voi sente di aver imparato qual-cosa da questo film?” . A questo punto molti ragazzi sono intervenuti, rispondendo che questo film ha insegnato loro che la vita va vissuta giorno per

giorno, senza perdere tempo e senza programmare nulla. Interessato alle idee del giovane pubblico il regista ha continuato a chiedere opinioni sul suo film, ed è risultato che alcuni ragazzi hanno trovato alcune parti del film troppo lontane dalla realtà, ma nonostante questo, il film è stato gradito dalla maggior parte dei presenti.Alla fine dell’intervista tutte le ragazze e i ragazzi hanno chiesto foto e autografi ai due attor, che senza la minima esitazione hanno accolto le richieste dei loro fan.

Il 16 Aprile 2010 a Palermo presso “Villa Filippina”, la IV N della nostra scuola, in-sieme ad altre classi di altri istituti, ha par-

tecipato ad una conferenza sulla mafia, tenuta da Maria Falcone, sorella del Magistrato ucciso nella strage di Capaci il 23 maggio 1992. In occasione dell’evento si è parlato di legalità e i giovani studenti si sono confrontati con la dura realtà che è la mafia … Sono state ricor-date le vite di Giovanni Falcone e Paolo Bor-sellino, due Giudici, ma soprattutto due uomi-ni, che hanno creduto nei valori fondamentali che stanno alla base del bene della comunità: la libertà e la democrazia, e che sono morti per i propri ideali … per fare il proprio dovere … per una Sicilia migliore! Accanto al dolore della perdita di un fratello, Maria Falcone ha sentito il dolore di “cittadino”, privato di un così grande uomo. La Falcone segue da anni le orme del caro fratello, diffondendo attraverso questi incontri, l’eredità morale che il celebre Magistrato ha lasciato a tutti noi. Il pensiero della prof.ssa Falcone si riallaccia a quello del fratello: ”fare semplicemente il nostro dovere” per fare in modo che tutta questa lotta a Cosa Nostra non risulti vana. Ma a questo punto non può che sorgere una domanda: come si può fare anti-mafia senza far uso della vio-lenza? Si può rispondere alla violenza con la non violenza? Perché non sensibilizzare i ne-gozianti a non pagare il “pizzo” e denunciare quindi le richieste di estorsione, e ricorrere all’intervento delle forze dell’ordine? Le rispo-ste a queste domande sono state trovate nelle parole della sig.ra Falcone. Come il fratello an-che lei è fermamente convinta che, per vincere questa lotta alla mafia, non basta l’azione del magistrato o delle forze dell’ordine, ma è ne-cessario che la società si svegli! Ma questa deve essere una società diversa da quella omertosa di un tempo, una società che faccia la sua par-te, perché un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità. Dunque bisogna reagi-re contro questa sorta di accettazione che la società ha nei confronti di tutto questo stato di cose, perché proprio su questa debolezza si fonda la forza della mafia. G. Falcone lavorava

per il bene della co-munità e questo suo impegno nel sociale lo intendeva sino al sacrifico. Questo a noi non ci viene chie-sto, è però necessario un maggiore attac-camento alla nostra terra. Infatti come disse il Magistrato in una della intervi-ste rilasciate prima del maxi-processo : “le mie idee devono continuare a cam-minare sulle gambe di altri uomini”. Quindi questa acquiescenza va cancellata, bisogna andare avanti e scrivere la nuove pagine della storia di una società in continuo cambiamento, che abbia a cuore il futuro delle nuove generazioni, spesso condi-zionato dall’operato di questa organizzazione criminale che controlla il mercato economico non solo di un paese ma anche a livello inter-nazionale. C’è chi parla di federalismo, di una separazione tra nord e sud. Si parla del Meri-dione come una zona del paese arretrato che ostacola e rallenta i processi economici dell’I-talia. Ma non viene detto di come sia la mafia a reprimere lo sviluppo economico del sud, impedendo nella maggior parte dei casi l’aper-tura sul mercato delle migliori aziende. Infatti se non vi fosse la mafia a dettare autorità, il Meridione andrebbe incontro ad un incremen-to economico pari se non addirittura superiore a quello del Settentrione. Dalla tragica strage di Capaci si sono compiuti i primi passi verso un cambiamento. I primi industriali e impren-ditori hanno deciso di non pagare il pizzo e finalmente la nostra società si sta svegliando! A sostegno di questa lotta contro Cosa Nostra anche la Chiesa si è espressa, rivolgendosi ai mafiosi con queste parole: ”pentitevi o verrete scomunicati”. Spesso associazioni o iniziative volte alla lotta contro la mafia hanno tentato di coinvolgere le istituzioni regionali alla re-alizzazione di eventi commemorativi. Però purtroppo non sempre hanno risposto in ma-niera puntuale ed immediata alla richiesta di

partecipazione. Questo problema è stato sol-levato durante l’incontro di giorno 16 quan-do agli studenti si è presentata l’occasione di domandare direttamente alla prof.ssa Falcone: ”come mai in Francia è stata messa in scena per tre giorni in latino, italiano, francese la cantata in onore dei due Magistrati -Cantate pour la mort de Falcone e Borsellino- ma in Sicilia no? Come si spiega? E per quale motivo la Regione non ha mai risposto alla richiesta di finanziamento proposta dall’autrice?”. A questo proposito la Falcone ha risposto in maniera schietta, sostenendo che dovrebbero rispondere i deputati regionali. Ha aggiunto inoltre che il suo impegno nell’organizza-zione degli eventi è stato massimo, ha infatti coinvolto numerosi artisti italiani che a modo loro contribuiscono, attraverso i loro strumen-ti artistici, ad infondere nell’animo dell’uomo principi di legalità, di moralità e lotta contro la mafia: insomma gli stessi principi di cui era portavoce G. Falcone. Tuttavia la Sig.ra Falco-ne sottolinea che non sempre i suoi sforzi e le sue parole sono arrivate alle orecchie di tutti. Conseguenza di tutto ciò è la dispersione delle notizie di tutti questi eventi commemorativi. L’incontro si è concluso con la lieta novella espressa a viva voce dalla prof.ssa Falcone: ” la mafia è in cattive acque perché sta per essere messa davvero al tappeto!”. Dunque ognuno di noi riveste un ruolo importante all’interno della società, e viene messo di fronte una scel-ta: combattere o arrendersi?

mARIA FALCONE “A TU PER TU” CON CHI E’ NATO

NELL’ANNO DELLE STRAGI

ALESSANDRA LEONE IV N

E tu che scelta farai?

AL CINEmA CON VAPORIDISMARZIA CAMPIONE III F

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VITA SCOLASTICA6 VITA SCOLASTICA 7

Trasferire ai giovani sia la conoscenza, sia il metodo di osserva-zione, ricerca e verifica tipico del lavoro dello scienziato: ecco l’obiettivo dell’iniziativa intrapresa dall’IFOM, centro d’eccel-

lenza nella ricerca oncologica, che ha scelto la nostra città per inaugu-rare il suo laboratorio completamente attrezzato di ben 100 mq. creare una rete di scuole che saranno protagoniste dell’iniziativa. Il nostro Liceo è scuola polo, insieme al Vittorio Emanuele II, sede del labo-ratorio. La scelta è perfettamente coerente con il carattere trasversale e interdisciplinare del progetto che, come afferma il nostro Dirigente scolastico, prof. Leonardo Saguto, “si pone l’ambizioso obiettivo di su-perare uno dei limiti storici della scuola secondaria: la separatezza tra le discipline. Attraverso un approccio laboratoriale materie come chimica, biologia, filosofia diventano il canale per un’educazione alla cittadinan-za che vede gli studenti protagonisti del percorso di ricerca/scoperta i cui risultati diventano patrimonio e risorsa di una comunità che va oltre la scuola. Per il nostro istituto – continua il Preside– la possibilità di collaborare con i soggetti che si occupano di ricerca è un’opportunità rara e noi vogliamo cogliere in pieno l’occasione che ci offre IFOM, mettendoci a disposizione esperienze e professionalità di cui, sono cer-to, i nostri docenti sapranno trarre tutte le opportune sollecitazioni”.Gli istituti coinvolti attivamente nel progetto sono quattro: oltre al Li-ceo Cannizzaro e al classico Vittorio Emanuele II, il Liceo Psico –Pe-dagogico Regina Margherita e l’Istituto Tecnico Vittorio Emanuele III. La calendarizzazione prevede entro il 2012 l’apertura a tutte le scuole del territorio siciliano.L’iniziativa è di rilevante importanza non solo per quegli alunni che hanno intenzione di intraprendere una carriera scientifica: l’idea è quel-

la di trasmettere al cittadino di domani quel senso critico, quello spirito di ricerca e quel bagaglio indispensabile di conoscenze scientifiche che gli permetteranno di capire in modo autonomo e consapevole le que-stioni poste dal progresso della scienza. Per far ciò è indispensabile la collaborazione tra mondo della ricerca e mondo della scuola. Le attività previste da IFOM presso i Poli didattico-scientifici spaziano da un ven-taglio di laboratori tematici alle conferenze sulle frontiere della ricerca scientifica, alle scuole estive di ricerca per docenti e studenti. Una sfida importate da accogliere con entusiasmo.

L’intero progetto del laborato-rio di scrittura creativa è nato

in seguito ad una discussione av-venuta tra la professoressa Fran-cesca Luzzio, nonché scrittrice e poetessa, e lo scrittore Marcello Scurria. Davanti ad un caffè e con poche parole, entrambi animati da spirito d’iniziativa e da notevo-le carisma hanno avuto l’idea di realizzare un laboratorio tramite il quale alunni abbastanza moti-vati avrebbero potuto conoscere il contesto letterario contempo-raneo e soprattutto potenziare le loro competenze linguistiche in modo creativo per poter così produrre testi narrativi e poetici. Il preside, Leonardo Saguto, sag-gio discernitore delle attività cul-turali idonee a qualificare il piano dell’offerta formativa dell’istituto, ha accolto con entusiasmo l’idea e i nostri due scrittori si sono subi-

to attivati per rendere l’idea realtà. Il laboratorio di scrittura si svolge on lezioni settimanali tenute dai suddetti Marcello Scurria e Fran-cesca Luzzio, che si occupano rispettivamente di narrativa e di poetica. Grazie al laboratorio noi ragazzi abbiamo avuto la possibi-lità di partecipare al concorso di poesia “Don Giovanni Colletto” indetto dall istituto d’istruzione secondaria superiore di Corleone, con il quale i concorrenti posso-no vincere sostanziosi premi: 500 euro al primo classificato, 300 con al secondo e 200 al terzo. Hanno accettato la sfida Marta Quaglia-ta, Roberto Benigno, Sara Mini-stero, Stefania Cangemi, Cristina Errera, Gloria Neglia, Caterina Curatolo; i risultati si avranno nel mese di Maggio e noi altro non possiamo fare che incrociare le dita e sperare bene per questi no-stri compagni di scuola, compagni di questo periodo della nostra vita che sicuramente non dimentiche-remo. Grazie al laboratorio, noi

ragazzi partecipanti, non abbia-mo avuto soltanto la possibilità di partecipare a questo concorso, ma anche di conoscere la giornalista Alessandra Ferraro e durante uno degli ultimi incontri la giovane editrice Arianna Attinasi, che ha già pubblicato diversi libri di cui alcuni davvero originali, come, per esempio, “Aladino di tutti i colori”. Ma il vero obiettivo del progetto è fare di noi degli scritto-ri, degli scrittori che pubblicano e la cui produzione letteraria possi-bile da trovare, in un futuro, nelle librerie; infatti proprio per questo, i nostri professori, instancabili, continuano a sollecitarci alla crea-zione di componimenti poetici da raccogliere in un’antologia, sia di contribuire, con la nostra fanta-sia, alla creazione di un racconto, “L’infernale macchina del deside-rio”, opera unica, unica davvero perché scritto a più mani. Qualche tempo fa abbiamo creato, tramite il sito “splinder.com” un blog, “Ora, labora et sparola”, con il

quale pubblicando dei post, scri-viamo e cerchiamo di completare quella che si sta rivelando essere una storia davvero avvincente e piena di colpi di scena, proprio perché sono tante le menti che vi si riflettono ed esplicano la loro capacità creativa. Marcello Scur-ria, recentemente si è rivolto, per la pubblicazione delle antologie, al Sindacato Libero Scrittori Ita-liani. Noi intanto, colti dal furor delle Muse, creiamo versi liberi e canzoni, ampliamo e plasmiamo “L’infernale macchina del deside-rio”, che, crescendo si rivela esse-re un prodotto letterario davvero unico ed importante: in tutto il mondo si possono contare sulle dita di una mano i racconti o i libri venuti fuori dall’estro e dall’inge-gno di più menti, menti che lavo-rando insieme hanno fatto si che questa magia potesse avvenire.

ROSALINA COSTANZA IV G

Giorno 6 Marzo 2010 quattro ragazzi del nostro istituto (in or-dine di scacchiera Giovanni Lo Pinto 2^ H, Anna Amato 4^E,

Andrea Gandolfo 4^I e Giuseppe Biondo 1^C , nella foto) sono riu-sciti a conquistare il terzo posto alla fase provinciale dei GSS (Giochi Sportivi Studenteschi) tenutasi nella scuola media statale “Gregorio Russo”. Dopo due anni di inattività il nostro istituto è tornato a ga-reggiare in una competizione scacchistica. La nostra squadra, capi-tanata dal professore di educazione fisica Nicola Lombardo, ha sa-puto tener testa a squadre del calibro dell’Umberto, del Basile e del Vittorio Emanuele, mancando di solo mezzo punto il pareggio con l’Einstein. Realizzando un punteggio di 6 punti su un totale di 10, ci siamo piazzati al terzo posto, subito dopo l’Einstein, classificatosi primo con 9 punti su 10, e l’Umberto, secondo con 8 punti su 10. A risaltare questo lodevole risultato, la nostra prima scacchiera, Gio-vanni Lo Pinto (foto), ha vinto il premio di miglior prima scacchiera, concludendo il torneo con 5 punti su 5, vincendo anche con le prime

SCACCHI: IL CANNIZZARO CONQUISTA IL TERZO POSTO

POETI E NARRATORI ALLA RIBALTA

scacchiere dell’Umberto (Salvatore Di Misa) e dell’Einstein (Giuseppe Palazzotto). Questo risultato è stato raggiunto grazie al notevole impegno del pro-fessore Nicola Lombardo, che durante il suo primo anno al Cannizzaro ha riportato il nostro liceo ad alti livelli in una competizione scacchistica a livello provinciale. Nonostante i nostri sforzi, non siamo però riusciti a qualificarci per il campionato regionale a Marsala. Abbiamo però intenzione di ripetere questa esperienza l’anno prossimo con più impegno. Da sottolineare inoltre le prestazioni di Giovanni Lo Pinto e Anna Amato che si sono piazzati rispettivamente 2° ex-aequo nel Campiona-to Provinciale U16, e 1^ Femminile nel campionato U20.RISULTATI: CANNIZZARO – VITTORIO EMANUELE 2.5-1.5 UMBERTO – CANNIZZARO 2-2 CANNIZZARO – BASILE 2-2 CANNIZZARO – EINSTEIN 1.5-2.5 CANNIZZARO – FORFAIT 4-0 (è toccato a tutte le squadre).

CANNIZZARO "PALESTRA"PER GLI SCIENZIATI DI DOmANINasce a Palermo il primo polo didattico-scientifico d’Italia

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ATTUALITÀ E CULTURA8 ATTUALITÀ E CULTURA 9

È stata approvata dal Par-lamento la riforma “Gel-mini” relativa ai nuovi

ordinamenti scolastici. Ma si può realmente parlare di novità o si tratta di un progressivo ritorno al passato e di una riduzione ef-fettiva dei servizi per gli studenti? La riforma riguarda tutti i gradi di istruzione ma in particolare ci vogliamo occupare della scuola secondaria di secondo grado il cui ordinamento cambierà già a partire dal prossimo anno scola-stico. La riforma prevede una di-versa suddivisione degli indirizzi scolastici, questi infatti saranno: Classico, Scientifico, Linguistico, Scienze umane, Artistico, Musi-cale e Coreutico. In particolare nello Scientifico ci sarà l’aboli-zione totale delle sperimentazioni (bilinguismo, P.N.I) e la nascita di due differenti sotto-indirizzi: l’or-dinario, dove sarà obbligatorio lo studio del latino e quello scienti-fico-teconologico dove non biso-gnerà studiarlo. Il principale cam-biamento, comunque, sarà dato dalla riduzione delle ore di studio di alcune materie umanistiche con l’aumento di altre ritenute più utili per la formazione dello studente.L’obbiettivo del ministro però pare essere non tanto la qualità dell’istruzione pubblica quanto la maggiore privatizzazione possibi-le dell’istruzione scolastica. Ma a che prezzo? Le risorse dello Stato saranno distribuite per merito e non con l’auspicio di migliorare le condizioni culturali attuali, di conseguenza la scuola diventerà un’azienda della quale potranno usufruire soltanto gli studenti del-le famiglie più abbienti. I muta-

menti sono così radicali che han-no determinato subito il sorgere di un dibattito sulla correttezza o meno di questa riforma ed i prin-cipali protagonisti sono gli stu-denti e lo Stato. Infatti, cambian-do il punto di vista, l’argomento preso in considerazione determi-na valutazioni diverse. Secondo l'opinione degli studenti più gran-di che vivono all’interno del si-stema scolastico da tanto tempo, non si può negare l’inefficienza della riforma in alcuni punti, in paticolare ritengono che sia fon-damentale il conseguimento di una formazione culturale quanto più possibile, ampia e completa, perché la mancanza dell'acqui-sizione di adeguate competenze e conoscenze potrebbe portare progressivamente ad una sorta di “autolesionismo” della democra-zia, infatti la privatizzazione delle scuole incrementerà la diffusione dell’ignoranza con il conseguente peggioramento del livello socio-culturale del paese e l’emergere, a livello direttivo e politico, esclu-sivamente dei più ricchi che, in quanto tali, hanno avuto anche l’i-struzione migliore presso la scuo-le private. Questa riforma inoltre, sostengono i ragazzi, risulta male strutturata perché riduce le ore di latino di inglese e di filosofia. Diminuendo di conseguenza sia il potere formativo che tali di-scipline hanno, sia in generale, la caratterizzazione umanistica che distingue i licei in quanto tali, a prescindere dall’indirizzo che li specifica. Così con la riduzione delle materie oggetto di studio -afferma uno studente del nostro liceo- avremo un avvicinamen-to tra le scuole professionali ed i licei. Il Ministro e il Governo sono convinti di adeguare con tale riforma la scuola italiana agli

standard europei, affermano che le scuola superiore così rinnovata, formerà cittadini più consapevoli e più abili nelle competenze lavo-rative richieste dall’economia glo-balizzata. In effetti l’aspetto più sopravvalutato, come si è già rile-vato, è quello economico, infatti lo Stato,grazie a questa "innova-tio", ridurrà notevolmente i fondi per la scuola. Ma è corretto non investire sul futuro? La scuola ha il compito di formare le nuove generazioni a prescindere dal-le classi sociali di appartenenza, pertanto è su di essa che bisogne-rebbe scommettere e soprattutto adesso, nell’attuale condizione di recessione economica mondia-le. Evidentemente però lo Stato ignora le reali esigenze degli stu-denti che vorrebbero una scuola meglio strutturata e più efficiente; per esempio, nel liceo scientifico, il denaro pubblico dovrebbe esse-re impiegato nel miglioramento di tutti quei laboratori informa-tici, di biologia, di disegno che ormai sono inutilizzati sia causa della mancanza di spazio che di computer di nuova generazione, di microscopi etc… Inoltre, la riduzione dei fondi attribuiti alla scuola porterà ad un notevole peggioramento delle condizio-ni delle aule, che hanno bisogno molto più spesso di manutenzio-ne che di lavagne interattive, o al-tre attrezzature tecnologiche delle quali si potrebbe fare benissimo a meno.

IL NUOVO ORDINAmENTOSCOLASTICO:QUALE SCUOLA DOmANI?

SULLE STRADEDI BOSTON

Continua l'esperienza di scambio culturale con il MIT (Massachusetts In-

stitute of Technology) di Boston, all’interno del programma Hi-ghlights for High School. Dopo aver accolto due studenti della fa-mosa Università americana (vedi il servizio sullo scorso numero del nostro giornalino), è il momento del Liceo Cannizzaro, scelto insieme a soltanto altre sette scuole italiane, e rappresen-tato dai professori Claudio Leto e Rosalia Garbo, di percorrere le strade di Boston per discutere esperienze e progetti sperimentati e da sperimentare. “Il viaggio è durato una settimana: – ha detto la prof.ssa Garbo - i primi due giorni siamo stati al MIT e abbia-mo avuto una informazione inte-rattiva a proposito di un meto-do che riguarda prevalentemente l’insegnamento della matematica e che è fondato sui videogiochi. I professori che studiano strategie didattiche hanno messo a punto dei videogiochi matematici che di fatto hanno la funzione di costru-ire strutture mentali. Per noi pos-sono essere utili, rispetto ai nostri

programmi, in due casi: 1) il re-cupero delle competenze di base al biennio; 2) per quei ragazzi che hanno delle logiche differenti, a partire dai dislessici, ma non sol-tanto. Ci sono delle intelligenze che non hanno capacità di astra-zione immediata, ma che appren-dono mediante altre strategie”. “La cosa più interessante – con-tinua la prof.ssa Garbo - è una me-todologia didattica messa a punto della prof. Peter Dourmashkien, che insegna Fisica per il Biennio del MIT. Il metodo si chiama TEAL e consiste nella scansione delle attività connesse allo svol-gimento del modulo didattico su due settimane. Loro vanno nella direzione cooperative learning, che stimola a lavorare in grup-po, abilità importante nel mondo del lavoro. Noi abbiamo assisti-to ad una lezione del professor Dourmashkien, il quale è un tipo molto “mediatico”; è stato di grande impatto visivo entrare nella sua aula (vedi foto), dove ci sono dei tavoli di lavoro connessi al tavolo centrale, sul quale sono presenti tre monitor direzionabili e una vera e propria consolle, che

comanda una serie di apparati. C’è una lavagna che corre per tut-to il perimetro della classe e de-gli schermi che sono connessi al computer centrale o a quello del professore; c’è con una cinepresa che segue il prof., e che proietta la lezione. Siamo stati insieme ai ra-gazzi a vedere come lui lavorava, abbiamo assistito a una lezione sulle onde elettromagnetiche. E’ stato un evento interessante per noi. E’ un buon metodo per la fi-sica, una sfida se si vuole applicar-lo anche alla matematica. In fatto di tecnica didattica si può pren-dere molto da questa esperienza e non soltanto relativamente alle materie scientifiche. Il mercoledì e il giovedì siamo andati a visitare due High Scho-ol americane, completamente diverse: una di provata tradizio-ne in una zona ricca, l’altra è l’ Everett High School , inaugurata nel 2007, scuole statali, semplice-mente magnifiche. C’è dispiaciuto non vedere applicati qui i metodi presentati al MIT e utilizzati altro-ve. Comunque abbiamo toccato con mano come funziona il liceo americano. Non solo siamo usciti entusiasti, ma anche con tanta vo-glia di sperimentare e di ripensare le metodologie in un modo più confacente al nostro ordinamento scolastico, che è completamente diverso. Sicuramente un’operazio-ne di traslazione con rimodulazio-ne è possibile”.

CATERINA CURATOLO III H

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ATTUALITÀ E CULTURA10 ATTUALITÀ E CULTURA 11

Brutta, che brutta questa brutta Italia. Che schifo, Lui va con le prostitute,

Lui ha il naso rifatto, Lei le tette. “50 euro è troppo, facciamo 30 e sali” “Lo vorrei più alla Johnny Depp” “È un regalo per il mio ragazzo” .E sono dei regali per quest’Italia. Degli splendidi regali che ci fan-no gioire, sempre che la nostra coscienza possa rimanere in silen-zio. Questa è l’Italia: un giudizio. Un giudizio di chi non sa, di chi non fa, di chi non vota, di chi non muore nella crisi, di chi gongola di fronte a chi soffre. L’Italia sul divano, che aspetta il panino dalla moglie, l’Italia che tiene in serbo lamentele, ma che sa metterle da parte per un bel decolleté in tv. L’Italia che no, non è morto nessuno, ma la Yespica ha fatto un nuovo calendario. L’Italia che non fa mai nulla di male, un’Italia santa, angelica, che si acceca in questa apoteotica luce divina, in questa santa illuminazione che ci accompagna sem… quasi sempre. E da qui un interessante spunto colto in occasione di una domanda che tutti avrete sentito: “Perché Uomini e Donne continua a esistere? Saranno 13 anni che lo trasmettono!”. Ora, senza voler of-fendere nessuno, ne approfitto per sfatare il mito dell’italiano medio che guarda la partita. Ebbene, quello è un italiano più coscienzioso di chi guarda il famoso programma della De Filippi. Vi chiederete il perché… bene, qualora non vi foste dati risposta, l’italiano medio ha fisiologicamente bisogno di una puntata di Uomini e Donne più che di un match di Champions League: il suddetto elemento preso in studio dal sottoscritto, trova in quest’attività la soddisfazione totale ai bisogni geneticamente imposti dal DNA italico. I bisogni sono, per dirla tutta, “solo” tre:1) Il poter giudicare la gente, sentenziando condanne che hanno un sapore multinazionalisticamente moralista, un moralismo omologato, di occasione, un moralismo che piace a grandi e bambini, un po’ come una scatola di cereali Nestlè, no?2) Distinguersi: pensare a “loro” che stanno lì come al marcio di questa società (mentre la maturazione massima è impiegare il primo pome-riggio in commoventi prese di coscienza, per sfatare eventuali crisi d’identità e di moralità)3) Avere uno scudo. Posseggo ancora una televisione a tubo catodico; mi ha dato sempre sicurezza quel grosso scatolone, con quel grosso vetro che sai di poter toccare tranquillamente (senza rischiare di “mac-chiarlo” come nei moderni televisori), che ti dà quella sensazione di robustezza: bene, allo stesso modo un plaid, un telecomando, questo vetro tra te e il tronista di turno e i chilometri di distanza ti fanno senti-re al sicuro, certo che nessuno risponderà al tuo giudizio.

E qui si potrebbe anche spiega-re il perché del Grande Fratello, dell’Isola dei Famosi & co. L’Ita-lia è seconda solo all’America per numero di Reality e Talk Show (anche se comunque è chiaro che è piuttosto diverso parlare con David Letterman o Jay Leno per poi ritrovarsi qui Michele Ficuzza e Barbara D’Urso). Il Grande Fra-tello inglese, perso il sapore esibi-zionista e voyeuristico, ha chiuso i battenti, idem per quelli di tanti altri paesi. Ma la nostra è una lot-ta imperterrita, senza tempo, una ricerca incessante del trionfo del “bene”. Lo sviluppo del giudizio critico si basa su questo: egoma-

niaci che cercano popolarità in programmi scadenti. È come portare alla discarica il proprio figlio per fargli capire che deve ordinare la stan-za. È chiaro che una situazione del genere può essere anche tranquilla-mente ignorata: chi collega il destino del proprio paese ai programmi in tv? Avete detto “io”, l’ho sentito. Bene, potreste continuare a farlo, per poi farvi portare un’altra volta fuori strada, un’altra volta lontano dai punti cruciali di uno scandalo, di una crisi, di un nuovo problema. Unitamente al dilagare di una splendida locuzione… pardon, DELLA migliore delle espressioni qualunquiste, ovvero “hanno detto che…”, ho visto gente a cui non importava l’inesperienza del ministro Carfa-gna, ma che sottolineava invece come sia sbagliato che una modella che si è mostrata quasi nuda in dei calendari (che chissà chi compra) potesse ricoprire un’importante carica al governo, gente che si disgustava ed entrava in empatia con la signora Veronica Lario per le gesta ignobili del marito, ignorando con leggerezza il fatto che avere un premier fa-cilmente corruttibile, che sfrutta le risorse economiche dello stato e che sotterri le prove come nemmeno il miglior becchino farebbe sia ben più grave. Giudizio al quale nemmeno il signor Marrazzo si è sottrat-to! Ho sentito più persone che compativano la sua famiglia che gente che lodava il suo “pentimento”, che capiva il perché delle dimissioni. Noi non siamo elettori. Siamo amici. Amici della signora Marrazzo e della signora Lario, dispiaciuti per come i mariti abbiano preso “brutte pieghe”, mettendo da parte il fatto che uno dei due però ignori quanto siano pericolose queste pieghe e non considerando soprattutto chi l’ha capito subito. Giudizio e ingratitudine. Così vive quest’Italia, si nutre di questo. Un governo che porta vicino Palazzo Chigi più paparazzi che giornalisti, un governo che non lascia spazio agli articoli sui giornali, se non a quelli scandalistici. Un governo da Novella 2000, insomma, il governo del 2000. E del 2010, e del 2020, se continuiamo a girarci dall’altra parte quando non siamo in una posizione che ci permetta di poter pontificare senza rischi.Arrivederci, buonanotte e addio, Italia.

ETICA IN SCATOLALORENZO PASSALACQUA IV M MARZIA FERRARA III M

Dal gratta e vinci al poker online, dal Superenalotto alle scommesse; il gioco d’azzardo piace sempre più ai ragazzi. Nel 2009 il 68% degli studenti di scuola superiore ha provato cinque tipologie di gioco, arrivando a spese settimanali di almeno 30 euro. Eppure quello che sembra un hobby innocuo e magari banale, può portare alla dipendenza e rovinare una vita. Facciamo un passo indietro... perché si comincia a giocare? Per vincere e fare il “colpo grosso”, naturalmente. Oppure per pagarsi un weekend fuori città, un bel vestito o un motorino nuovo. C’è chi magari, gioca solo per il piacere di farlo; ma il problema sta nel fatto che poi il gioco si trasforma in un appuntamento fisso senza poter più uscire dal giro. Il passo successivo, infatti, è l’avere una vera e propria indipendenza come quella dall’alcol o dalla droga. I ragazzi sono quelli che dedicano più tempo al gioco, ma anche alle ragazze piace tentare la sorte: non c’è un’età precisa in cui si diventa dipendenti, o gambler, ma c’è chi è più predisposto degli altri. In questi casi il giocatore non riesce più a gestirsi e inizia a fare cose immorali e illegali che prima non avrebbe mai fatto, come rubare soldi a parenti e amici o mentire per farseli dare. Poi giocare è così semplice! Basta una carta ricaricabile, per poter “divertirsi” su internet. Le puntate poi sono moderatissime: cinque o dieci centesimi; ma le cifre tra amici che giocano offline sono certamente più sostanziose: il minimo per un torneo live o un match seat & go, è di 25 euro. Ovviamente la linea di demarcazione tra hobby e dipendenza e il sapersi gestire e dire basta quando si sta per andare oltre. Per il gambler, però, il gioco diventa la sola cosa da fare, ed è vissuto come una giustificazione per guadagnare somme perse. L’ostacolo più difficile per un accanito giocatore d’azzar-do è essere consapevole del proprio problema. Per riuscire a smettere, bisogna parlare con una persona che possa comprendere il problema, meglio un familiare che può stare vicino al “malato” in tutto il periodo di ripresa, che è molto difficile. Uscire dal gioco può essere più complicato che uscire dalla droga: paradossal-mente il rischio percepito da tutti è minore.

Sono molti i comuni italiani in cui il rischio idrogeolo-gico raggiunge livelli ele-

vatissimi. Le regioni Valle d'Ao-sta, Umbria, Marche, Toscana, e soprattutto Calabria e Sicilia, ri-entrano nell'ambito delle emer-genze impellenti poiché più del 98% del territorio di ognuna del-le suddette regioni è in pericolo. Sicilia e Sardegna possiedono invece, i territori in cui la zona abitata ha il maggior rischio di alluvioni o frane, e ciò minaccia anche fortemente i comuni con insediamenti industriali o aree

produttive. Una possibile causa di questa emergenza di cui ci si sta accorgendo solo ora, a causa delle mutate condizioni climati-che, ma che è presente da sem-pre, nasce dall'eccessivo sfrutta-mento di ambienti naturali, quali corsi d'acqua, versanti di colline franose o instabili, e ciò fa sì che tutte le colpe, ancora una volta, ricadano sull'uomo, sulla sua su-perficialità e sugli interessi non sempre legali che inducono a considerare edificabili territo-ri che di fatto non lo sono, per caratteristiche geologiche o per

vicinanza di corsi d'acqua. An-che questa teoria però presenta delle lacune, poiché è impen-sabile che siano solo gli Italiani a essere così irresponsabili da sfruttare tanto eccessivamen-te il territorio sino al punto da favorire catastrofi ambientali. Sono stati proposti inoltre, sva-riati possibili rimedi: ovviamen-te ciascuno di essi comporta un minimo cambiamento nello stile di vita di ognuno, che deve necessariamente cercare di ade-guarsi alle proposte avanzate. Tra i vari suggerimenti emerge

quello di isolare le zone con il più alto rischio, facendo sì che diventino aree protette e isolate; tuttavia questo provvedimento non è sempre attuabile, poiché comporterebbe l'isolamento dal resto del territorio, di centri abi-tati, anche importanti. La soluzione che sembra più ragionevole invece è quella di costruire delle infrastrutture di sostegno per evitare, per quanto possibile, il cedimento del ter-reno.

STOP ALLE FRANE! FRANCESCO BAJARDI

III H

PUNTO LA VITA!

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RECENSIONI12 RECENSIONI 13

Il romanzo "1984" è la rappresentazione di una società distopica, fondata sull’odio di migliaia di uomini. Il protagonista, Winston Smith, è parte di un membro amministrativo, il ministero della ve-

rità e ha il compito di modificare il passato per renderlo funzionale alle mire del governo, perché “chi controlla il passato controlla il futuro”. Dappertutto domina il Grande Fratello, rappresentato da un unico or-ganismo, che comprende l’insieme dei pochi uomini che detengono realmente il potere: il partito. Il contesto storico ci riporta in un 1984 in cui il mondo è suddiviso in tre grandi potenze: Eurasia, Estasia e Oceania, luogo in cui la vicenda è articolata. La guerra è in atto fra queste grandi potenze ormai da moltissimo tempo. Winston svolge una vita sedentaria e monotona: schiavo dell’oppressione, del socing e dell’ignoranza che lo rendono incapace di vedere. Winston si sente aggredito da questa forma d’odio perenne che alberga dentro di lui, e spinto dall’odio stesso scaglia questa forma repressa di rabbia verso il partito e il Grande Fratello. Inizia così il cammino di Winston verso la libertà. Egli è deciso a espellere questa incontrollata voglia d’ira, così la incanala attraverso la sua penna nelle pagine di un diario, inconsapevole di essere costantemente sorvegliato, nonostante si fosse già abbondan-temente nascosto alla visione del teleschermo, il cui funzionamento era essenziale per il partito in quanto controllava costantemente ogni citta-dino in ogni singolo momento. Si interpone a lui la conoscenza di altri membri del partito di differente importanza. In particolare assumono un significato fondamentale, nel corso della vicenda, il membro del par-tito interno, nonché superiore di Winston: O’Brien, il quale era già stato oggetto dei particolari ma significativi sogni del protagonista; e Julia, una ragazza del partito esterno, anch’essa impiegata al miniver, che di-venterà ispiratrice dei sogni di libertà e speranza, nonché compagna di vita di Winston, anche se per quel poco tempo che gli viene concesso. I fondamentali concetti di libertà si riaccendono in Winston quando la relazione con la ragazza, ormai in pieno sviluppo, gli fa comprendere che il vero amore esiste ancora, che però qualsiasi forma di affetto o rappresentazione dell’amore stesso verrà vietata in eterno dal partito, che opprime questi sentimenti con l’odio e la rabbia. Julia sempre più innamorata di Winston si oppone, anche se in segreto, alle crudeltà del partito considerando la relazione segreta come una forma di repressa ribellione, che in qualunque caso funge da sfogo sia per la ragazza che per il protagonista. Winston si sente un uomo nuovo, se pur terroriz-zato al pensiero che tutto quel che lui e Julia hanno costruito un giorno finirà. E’ sicuro che saranno consegnati alla psicopolizia, che li torturerà e poi ucciderà. Il rifugio segreto nel quale si ritrovano diventa più peri-coloso ogni volta che uno dei due muove appena un passo all’interno di quel sudicio, ma confortevole appartamento, in cui basta la presenza dei loro corpi perchè diventi la più lussuosa delle regge. Winston si sente sempre più minacciato dalla presenza della psicopolizia, e al contrario vede sempre più in O’Brien un alleato. Sente che di lui si può fidare, allo stesso modo O’Brien sembra dare evidenti segnali di consenso alle im-

plicite richieste di ”aiuto” di Winston, che si trova in acque sempre più profonde. I giorni passano, ma uno in particolare riaccende la speranza negli occhi di Winston: il giorno in cui O’Brien lo invita a casa sua per “consegnargli la nuova edizione del dizionario di neolingua”. Winston coglie il mascherato messaggio di rivolta trasmessogli da O’Brien. Così la sua reazione è immediata, anche fin troppo: alla prima occasione si precipita imprudentemente a casa di O’Brien in compagnia di Julia. Per Winston era fatta: sapeva di essere riuscito a vincere, finalmente con l’appoggio di O’Brien. Purtroppo le sue aspettative saranno deluse e le conseguenze non saranno inadeguate. Infatti O’Brien finge di essere un membro della “confraternita” (un clan di rivoltosi pronti a tutto per guadagnarsi la libertà) capeggiata da Emmanuel Goldstein, il più

grande sovvertitore nella storia del socing, tradendo perciò Winston e Julia, i quali saranno portati al ministero dell’amore. Winston è consa-pevole di ciò che lo attende, e inizialmente affronta questo sconforto con risolutezza. Ciò che in realtà O’Brien ha in serbo per lui oltrepassa i confini della crudeltà umana, sino a rendere il dolore mentale molto più devastante di quello fisico, che passa in secondo piano. Lo scopo di O’Brien è ben più profondo da intuire, ben più efficace della tortura. Il suo fine crudele, ma secondo la sua opinione salvifico, consiste nell’a-bolire qualsiasi forma di convinzione del giusto e dell’errato dalla sua percezione dell’esistenza. L’annullamento totale di qualsiasi certezza, anche la più elementare, sino a fargli credere che due più due faccia cin-que, solo perché il partito decide così. Egli vuole riuscire a plasmare la mente di Winston così che Winston stesso non esista più, in modo che

la mente e il cuore si svuotino delle loro parti essenziali: la ragione e l’e-mozione. Poiché senza ragione non c’è emozione egli mira alla compo-nente essenziale della ragione: la mente. Svuotata la mente da qualsiasi oggetto di desiderio, e privata dell’ambizione, Winston sarebbe stato un guscio vuoto, da colmare con qualsiasi altra spiegazione plausibile della sua miserabile esistenza. Questo processo di “conversione alla morte” avviene tramite l’annullamento della mente e del corpo, attraverso tre fasi: apprendimento, comprensione e accettazione; che rompono in tanti piccoli brandelli l’esistenza umana. Winston subisce il trattamen-to; dopo atroci e lancinanti torture confessa… confessa tutto, tutto ciò che aveva fatto con Julia. La tradisce, ma già sapeva che l’avrebbe fatto, perché al partito non si sfugge, non si è mai liberi, perché la libertà “è la libertà di dire che due più due fa quattro”.

“Oscar e la dama in rosa" è un racconto lungo in forma epistolare, scritto da Eric-Emmanuel Schmitt. Oscar è un bambino affetto da leuce-mia, vive in un ospedale già da molto tempo e col passare dei giorni si rende conto della gravità della sua malattia.Capisce che ormai i giorni che gli restano non sono molti, però non può parlarne con nessuno. Gli adulti, compresi i suoi genito-ri hanno paura. L'unica persona all'interno dell'ospedale che riesce a comprenderlo e con cui egli si confida è Nonna Rosa, un'anziana signora vestita di rosa che va a trovare Oscar tutti i giorni. Grazie ad un'intesa speciale che nasce tra loro, Nonna Rosa riesce a convince-re Oscar ad instaurare un rapporto epistolare con Dio e per dare un senso alla sua breve vita, gli propone di fare un gioco: vivere dieci anni in un giorno, per dargli l'opportunità di fare esperienze delle varie fasi della vita: infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia.Poco prima di morire Oscar, dopo essersi ri-avvicinato ai suoi genitori, aver sollecitato an-che Nonna Rosa a credere veramente in Dio e dopo aver trascorso felicemente ''tutta'' la sua vita in pochi giorni, lascia un biglietto. ''Solo Dio ha il diritto di svegliarmi.''I temi fondamentali presenti nel racconto sono: la fede, la felicità ed il tempo. Essi sono tutti e tre riconducibili al pensiero agostiniano.

Secondo Sant'Agostino alla felicità si può ar-rivare soltanto tramite la ricerca di Dio, quindi felicità e fede sono strettamente legate ed en-trambe si concepiscono attraverso un itinera-rio della mente che conduce al credo e perciò alla fede. Oscar dapprima infelice, grazie al consiglio di Nonna Rosa, comincia il suo per-corso di ricerca di Dio, all'esistenza del quale non aveva mai creduto, arrivando progressiva-mente ad uno stato di tranquillità psicologica, che esplica sia con se stesso che verso coloro che lo circondano e riuscendo così ad essere,

per la prima volta, veramente felice.Per quanto riguarda il tema del tempo, il pen-siero di Agostino afferma che l'unico tempo reale è il presente, quindi il passato e il futuro sono "un'espansione dell'anima" riconducibili al presente, rispettivamente come memoria e attesa. Tale concezione è presente nel raccon-to in quanto Nonna Rosa spinge Oscar a vive-re la sua vita attimo per attimo, senza pensare alla materialità del futuro.Così il ragazzo apprende mentalmente e con-cretamente in pochi giorni l'intera sua esi-stenza e, come per Agostino, anche per lui il tempo perde consistenza ed acquista valore e durata solo nei limiti in cui l'uomo sa darglieli.L'opera può essere letta e compresa da un pubblico molto vasto, sia per la varietà dei temi presenti e per il modo in cui vengono proposti, sia per le emozioni che è capace di trasmettere, soprattutto perchè permette di conoscere situazioni psicofisiche a noi spesso sconosciute o scarsamente considerate a causa del ritmo frenetico della vita quotidiana che ci impedisce di volgere lo sguardo a chi soffre e ai suoi problemi.

CAROLINA PALIZZOLO III H

ORWELL E LA LEZIONE DI 1984La libertà di dire che due più due fa quattro

OSCAR E LA DAmA IN ROSA

GIACOMO FERRANTELLI I E

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RECENSIONI14 ATTUALITÀ E CULTURA 15

Quando un regista visionario come Tim Burton si imbatte con uno scrittore dotato di altrettanta immaginazione il risultato non può

che essere sorprendente.“Alice in Wonderland” attesissimo film di questa stagione, già di per se molto ricca di buone pellicole, esce nelle sale e ovviamente le riempie. Gli ingredienti ci sono tutti: personaggi vecchi e nuovi, animazione realizzata grazie all’ausilio dei tecnici “live action”, una canzone scritta dall’amata Avril Lavigne ma soprattutto Lei, la bionda e ingenua bam-bina già incontrata nel cartone animato Disney che oggi è cresciuta e si appresta a sfidare la rigida società vittoriana con la forza della sua fervida immaginazione.Prima di addentrarci nel vivo della trama e nella descrizione di due dei personaggi più singolari, Jonny Depp e Helena Bonham Carter, a mio avviso è divertente citare un piccolo aneddoto: una prima candidata per interpretare il ruolo di Alice era stata individuata nella seducente e affatto infantile, Scarlett Johansson. Tim Burton, imprevedibile come da copione (il suo!) sceglie la sconosciuta Mia Wasikowska, ben più adatta a interpretare il personaggio.Contrariamente a quanto concerne la scelta della protagonista, Tim Burton nell’assegnazione dei ruoli del Cappellaio Mat-to e della Regina Rossa “gioca in casa”.Helena Bonham Carter, consorte del regista, dopo aver ve-stito i panni della “sposa cadavere” si veste con quelli del-la “testona rossa” riempiendo il film di gag esilaranti. Ma la regina rossa non potrebbe avere lo stesso appeal sullo spettatore senza la presenza di Jonny Depp il cui ruolo di Cappellaio Matto sembra cucitogli addosso.Ma ora dedico un po’ di spazio alla trama, un mix di elemen-ti presi dai libri di Carrol, “Alice's Adventures in Wonderland” e “Through the Looking-Glass, and What Alice Found There”, e qualche nuova trovata. Alice infatti non ricorda nulla delle trascorse avventure, come durante la sua infanzia cade nel buco inseguendo il coniglio bianco e gli stessi personaggi che la rincontreranno si chiede-ranno se è davvero lei colei che è tornata per difendere il Paese delle Meraviglie dalla tirannia della Regina Rossa e dal mostruoso Ciciaram-pa. In realtà neanche Alice è convita di essere l’eroina tanto attesa. Molti anni sono trascorsi, l’età adulta e tutti i suoi condizio-namenti sociali hanno fatto breccia nella mente di Alice che , solo per poco, si convince che tutto sia un errore. Ma dopo alcune esperienze e importanti incontri, soprattutto quello con il cappellaio e la dolce regina bianca (Anne Hathaway per la cronaca) Alice troverà il coraggio di indossare la lucente armatura, scon-figgere il mostro e portare la pace nel paese delle meraviglie. Finale forse un po’ scontato a maggior ragione per-ché quando Alice ritorna nella sua Londra vittoriana, dove le tovaglie dovevano coprire persino le gambe dei tavoli, diventa una moderna imprenditrice im-barcandosi sulle navi mercantili del padre verso un

vero paese delle meraviglie: il mondo. Quindi se avete voglia di dedi-care circa due ore alla visione di un film leggero che vi faccia un po’ sognare guardate pure Alice in Wonderland, ma sappiate che esistono film migliori!

“Nient’altro che spazzatura”; “pen-so sia soltanto confusione”; ecco due dei tanti pareri sulla musica rock, opinioni at-tribuite a questo particolare genere musi-cale chiaramente dettate dalla conoscen-za molto superficiale di questa musica che in molti ormai credono finita. Non scrivo questo articolo soltanto per fare polemica o per criticare quelli che sono altri gusti musicali delle persone; il mio obbiettivo è semplicemente quello di far conoscere questa musica alle persone che sono solite criticarla a volte senza nemme-no un reale motivo. Dietro questa musica non c’è soltanto un gruppo di “sfasciati” che compone testi senza senso; dietro un album c’è il lavoro di anni spesi a compor-re quella che spesso può definirsi “poesia” non solo per l’importanza di ogni singola nota,ma perché il rock è paragonabile alla poesia o alla letteratura spesso per la pro-fondità dei testi scritti. Rock e letteratura non sono così diversi come tutti credono, infatti studiare e analizzare una poesia è perfettamente paragonabile a leggere il testo di qualunque canzone. Provando a leggere “ the lamia” dei G e n e s i s è possibile scoprire che oltre alla bellezza del testo e del- le rime di cui è composto vi sono anche veri e propri ri-ferimenti alla mitologia, nel testo infatti si ritro-vano creature quali sirene o serpenti dalla testa uma-na. Analizzare una poesia infatti può rivelarsi molto simile al leggere con molta attenzione una canzone. Un testo non può as-solutamente definirsi senza senso se non si conosce bene l’auto-re e il momento par-ticolare in cui viene scritto, come nell’in-tero album “the final cut” dei Pink Floyd l’autore e cantante Roger Waters racconta attraverso la

sua musica psichedelica la sua triste in-fanzia vissuta senza nessun ideale, egli infatti vive la sua intera vita con una ma-

dre che, influenzata negativamente dalla morte del padre,si rivela iper-protettiva nei confronti del figlio. Il disco che ripercor-re scene terribili della Seconda Guerra Mondiale è interamente dedicato al pa-

dre e alla sua tragica morte. Per interpretare un autore bisogna principalmente conoscerlo e capire specialmente quali sono i motivi che lo spingono a scrivere perché in realtà nessu-na canzone nasce per caso e proprio per que-sto motivo non può essere definita semplice “spazzatura” tantomeno il testo può essere ac-cusato di non avere totalmente senso. Il rock non è finito come molti credono, è soltanto cambiata la mentalità dei musicisti; prima si scriveva per raccontare esperienze, si scriveva per protestare contro qualcosa o qualcuno, si scriveva per il puro piacere di farlo, ma ades-so l’unico interesse delle persone è quello di fare soldi e l’unica ragione che spinge la gente a scrivere quella che personalmente non mi sento di definire musica è soltanto quella di diventare commerciali e avere l’appellativo soltanto per qualche mese di “band del mo-mento”. Forse non ci saranno più delle band immortali, non ci sarà mai più la musica di una volta, ma la musica rock non è sol-tanto una chitarra distorta che suona a casac- cio, è per molti uno stile

di vita ed è per altri anche fonte d’istruzione perché

c’è chi impara a scrivere cor-rettamente leggendo qualche

testo musicale e c’è chi è in grado di interpretare meglio le poesie che legge a scuola .

Il rock è questo e molto di più ma è soprattutto pas-sione, come dimostrano gli AC/DC dicendo: “lasciami da solo come un cane con un osso, lasciami da solo come una pietra che è stata

lanciata, lasciami da solo con me stesso: lasciami

suonare il rock”.

IT'S ONLY ROCK'N ROLL, BUT I LOVE IT!ALICE IN WONDERLAND

SARA MINISTERO III H

Claudio La Grassa II N

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PENSIERI E PAROLE16 PENSIERI E PAROLE 17

La pelle vecchia e rugosa, le gambe magre che mi reggono a malapena, gli occhiali grandi e tondi che ormai sembrano un tutt'uno col mio volto, i capelli bianchi, pagliosi e non più folti come quelli di una volta: eccomi qui, il mio nome è Guendalina Caltrenzi.Trascorro le mie giornate da sola, in casa mia. Certo è una bella casa, ma è come se stessi rinchiusa in una gabbia, una gabbia d'oro, ma pur sempre una gabbia. Il mio oggi trascorre come ieri, come l'altro ieri e addirittura come domani, nessuna sorpresa, nessuna novità, nessuna differenza. Sono sola, ci sono solo io, io, che da sempre riesco a soddisfare ogni mio bisogno. Mi volto indietro, verso il mio passato, ma non vedo nulla, non riesco a rammentare le vecchie situazioni, le vecchie esperienze della mia vita... ti starai chiedendo:"Perchè?" Ad essere sincera non lo so neanche io. Sarà l'età... o forse sarà la stanchezza. Non so, sta di fatto che non riesco a ricordare la mia infanzia, il mio passato. Ricordo solo l'odio che provavo nei confronti di mia madre: una donna severa, rigida e fredda. Ricordo con precisione solo queste sue parole:"l'importante è non sfigurare agli occhi degli altri, l'importante è dimostrare a tutti che noi Caltrenzi siamo una famiglia ricca, non te lo dimenticare!"No, non l'ho dimenticato, non ho dimenticato queste parole che si infiltrano in ogni mio pensiero, che mi assalgono durante la notte o in qualunque altro momento delle mie giornate vuote, non ho dimenticato probabilmente l'unica cosa che avrei con piacere voluto dimenticare.Qualche giorno fa... non ricordo di preciso quando, ieri, la scorsa settimana, o forse due settimane fa, ho trovato sotto una libreria antica una matita, vecchia, graffiata, scolorita ed impolverata. La vista di quella semplice matita mi ha fatto venire i brividi, non so il perchè , ma ho provato una sensazione strana, nuova. Da quel giorno sto qui a fissare la matita e a pensare, ma solo ora, solo ora, riaffiorano mille ricordi. Sì, ora sì che ricordo! Ma certo! Come ho fatto a dimenticare tutto così? Ricordo quella matita! Ricordo tutto! Ricordo ancora perfettamente quella mattina.Quella mattina di marzo di settant'anni fa circa.... avevo appena terminato la solita colazione di muffin e marmellata fresca, stavo intrecciando i miei lunghi e lucenti capelli nella solita acconciatura di ogni giorno. Riordinata la cartella e disposti con accuratezza tutti i miei libri nello zaino, mi stavo recando a scuola, nella scuola elementare che si trovava a pochi passi da quella che era casa mia. In quel periodo non riuscivo a relazionarmi con i miei coetanei, tutti mi prendevano in giro perchè venivo da una famiglia, forse, esageratamente ricca, ma soprattutto tutti mi odiavano perchè mia madre era l'insegnante della mia classe e, come se ciò non bastasse, non perdeva mai l'occasione per fare evidenti differenze tra me e gli altri bambini.Quella mattina,stranamente, mia madre ritardava a presentarsi in aula, ed io rimanevo immobile a fissare il vuoto, cercando di immergermi in un mondo tutto mio, per evitare di respirare quell'atmosfera di ostilità nei miei confronti. Cercavo di non incrociare gli sguardi altezzosi degli altri bambini che mi tiravano palline di carta scompigliando i miei lunghi e biondi capelli che fino a qualche momento prima avevo accuratamente raccolto in una treccia alta che mi slanciava il volto. Una ragazzina prese il mio zaino e lo lanciò per terra ridendo; altri frugarono nella mia cartella, strapparono libri e quaderni spezzarono matite e colori. Ed io ferma, immobile, fino a quando vidi gli occhi di mia madre spalancati e pieni di vergogna, pieni di vergogna per avere una figlia che non riusciva a difendersi da un gruppo di marmocchi della quarta elementare. Mi sforzavo di rimanere immobile e di non mostrare alcuna emozione,anche se in realtà il naso pizzicava, tanto era forte lo stimolo di piangere. Lo sghignazzare degli altri bambini era cessato all'istante ed io continuavo a rimanere immobile fissando le costosissime scarpe di mia madre. Vidi i suoi piedi avvicinarsi al mio banco, sentii il rumore fermo e deciso dei suoi altissimi tacchi sovrastare quel silenzio gelido che si era stanziato in aula, sentii tirarmi per l'orecchio. Allora alzai lo sguardo e, involontariamente, scivolò sulle mie guance pallide la prima di quelle infinite lacrime. Mia madre mi trascinò fuori dalla classe ed iniziò a rimproverarmi e a sbattermi quella sua indimenticabile bacchetta sulle mani. Mi continuava a ripetere:"Tu sei una Caltrenzi, una Caltrenzi! Non puoi permetterti di avere questo comportamento se porti questo cognome! Non puoi farmi sfigurare così davanti a tutti!" Non riuscivo a parlare nè a trattenere le lacrime, così chinavo il volto sperando che il tempo volasse...Terminata la tremenda sfuriata, mia madre mi ordinò di recarmi a casa mia senza obiettare, così mi voltai, e, senza aprire bocca, iniziai a correre. Correvo sperando di poter abbandonare tutto e tutti, sperando che magari un giorno avrei potuto vivere una vita senza problemi, una vita da Guendalina e non da Caltrenzi. Arrivata a casa mi rinchiusi nella mia camera che si trovava al secondo piano. Quello era l'unico luogo in cui potevo sfogarmi, fare ciò che mi andava di fare, essere chi volevo essere, una bambina nè sopravvalutata nè sottovalutata. Insomma in quella semplice cameretta rosa confetto non mi importava più di niente e di nessuno: c'ero io, io e solo io! Quello era il mondo mio, mio e solo mio. Il letto a baldacchino era il mio trono e tutto il resto era ai miei ordini... tranne quando mia madre en-trava e spezzava quell'equilibrio che, con difficoltà, ero riuscita a creare. Quel giorno avevo trovato, nascosta sotto la mia libreria, una matita, una matita lilla. Era semplicissima, era l'unico oggetto poco costoso che c'era in quella casa. Così decisi di conservarla, di tenerla sempre con me. La portavo dovunque: a scuola, a casa, al parco, dagli amici di mia madre, era sempre con me, sempre. Adoravo disegnare con quella matita ciò che volevo diventasse realtà. Quella matita era diventato il simbolo della mia libertà... di quella libertà che non avevo. Avevo anche fatto un patto con me stessa, avevo deciso che fino a quando avrei avuto quella matita sarei rimasta in quella casa a subire le regole di mia madre, che come sempre continuava a rendermi la vita impossibile... ma avevo anche deciso che una volta terminata la mina della matita mi sarei ribellata: avrei detto a mia madre tutto ciò che pensavo di lei. I giorni passarono e così le settimane e i mesi. Era già trascorso un anno da quel lontano giorno di marzo in cui avevo trovato la matita lilla...Erano gia' le 8.20 di mattina, ed io ero in ritardo perchè non trovavo il libro di italiano, forse per questo nella fretta dimenticai la matita a casa. A scuola trascorsi l'intera mattina pensando a quella matita, e quando, finalmente, suonò la campanella che indicava il termine dell'ultima delle

cinque ore giornaliere fuggii dall'aula talmente di fretta che evitai le prese in giro dei compagni e i rimproveri di mia madre. Arrivai a casa di corsa e in fretta e furia salii le due rampe di scale che mi separavano dalla mia camera. Passai ore ed ore alla ricerca della matita, ma niente, non c'era più. Trascorsi il pomeriggio sperando di ritrovare quella matita che era ormai diventata indispensabile per me. Rimasi tutta la notte a pensare ed arrivai ad una sola conclusione: la matita era sparita perchè era giunto il momento di dire a mia madre tutto, dirle dell'odio che provavo nei suoi confronti, dirle quanto mi faceva soffrire. E così, il mattino seguente, le lasciai sulla cattedra una lettera nella quale le esprimevo tutti i miei pensieri più profondi e più segreti. Al termine della lettera dicevo addio a mia madre, la salutavo per l'ultima volta, la ringraziavo per l'ultima colazione di muffin e marmellata fresca e l'avvisavo che avrei vissuto il resto della mia vita a Roma, da mio padre che non vedevo da, tanto, troppo tempo.Da quel giorno non ho più visto mia madre. Ed ora eccomi qui, sola. La pelle vecchia e rugosa, le gambe magre che mi reggono a malapena, gli occhiali grandi e tondi che ormai sembrano un tutt'uno col mio volto, i capelli bianchi, pagliosi, e non più folti come una volta... Adesso sono qui a stringere forte tra le mie vecchie mani questa matita il cui colore lilla non si riesce più a distinguere. Chissà come mai è arrivata fino a qui, fino a Roma. Chi ce l'ha portata? Torno ad osservare la libreria sotto la quale ho trovato la matita, mi inchino per guardare meglio e.... sempre sotto la stessa libreria trovo una busta. La data risale a cinquant'anni fa. Il cuore inizia a battere a mille e le mani a tremare, mi prendo di coraggio, la afferro, la apro:"Cara Guendalina,non ho avuto modo di risponderti.Da quella mattina il mio cuore si è spezzato. Ho capito tante cose, ho capito che ho sprecato l'opportunità più bella che la vita mi avesse mai potuto offrire, ho sprecato l'opportunità di amare mia figlia o almeno non sono riuscita a dimo-strarlo come avrei dovuto fare. Adesso ti chiedo infinitamente perdono. Non so quando leggerai questa lettera, non so se ci sarò ancora, ma voglio farti comunque sapere che io ti amo, che io ti ho sempre amata, ma ho sbagliato ed ora non posso pretendere che tu ritorni da me.Nella busta ci sono i tuoi disegni, i tuoi meravigliosi disegni di quando eri bambina.Guendalina, le mie ultime parole.... SCUSA.... spero che un giorno mi perdonerai.La tua mammaRosalia."

Quante volte vi é capitato di vedere una cosa oggettivamente brutta magari anche marcescente che a primo acchito sembra essere un

“rifiuto del mondo”ma che si scopre abbia ispirato qualcuno?Il mito del “malato”, del “brutto”del “marcio”, risale a tempo addietro, ma è certamente trionfato, da Caravaggio in poi, nel ‘900 col Decadentismo. Il termine deriva dalla parola francese décadent, che significa appunto “decadente” fascino che catturava gli scrittori “maledetti”che tende-vano a descrivere, evidenziare , quasi ad elogiare ciò che era strano, inusuale e malaticcio… Dai contemporanei gli artisti decadenti erano visti in maniera strana, talvolta anche associati a drogati,alcolizzati o

addirittura pazzi! Ma col tempo ci siamo ricreduti tanto che,come nel caso di Gabriele D’Annunzio, considerato un uomo di ampie vedute nella sua più grande rac-colta di liriche”L’Alcyone”dove raggiunge la “parola-musica”, strumento che rappresenta sensa-zioni uniche, vissute in un intenso rapporto con la natura morta e putrescente. Nella lirica “Nel-la Belletta” con termini come “persiche mezze”, ”rose passe”, ”miele guasto”, ”fiore lutulento”e “afa dolcigna” il poeta rappresen-

ta alla perfezio-ne l’ossessione che lui ha della morte. Morte che lo ammalia e lo incuriosisce, come ammalia Baudelaire che trova ispirazio-ne dalla carcas-sa d’un animale nella lirica”Una carogna”, come Thomas Mann estasiato dalla putrescente Venezia nel romanzo”Morte a Venezia”. Fascino, morte e malattia sono stati immortalati dal pennello di Franz von Stuck nel “Il Peccato” esposto nella galleria d’arte moderna di Palermo, dove una donna peccatrice avvolta dalle spire di un serpente dà l’impressione di essere avvolta nel mistero, un mistero che da seduzione, dove la trionfante nudità femminile contrasta con la capigliatura scurissima che diventa tutt’uno con la pelle del rettile,facendo rimanere l’osservatore soggiogato dall’intensità dello sguardo delle due creature e dal sorriso diabolico della peccatrice. Dunque essere “decadente” è bello…Il mar-cio è bello, poiché si può trasformare in una forma d’arte!

mARCIO È BELLO!

IL COLORE DEI RICORDIMARTA TERMINI I M

CARLO RUFFINO II E

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SPORT18 GIOCHI 19

Chi segue il calcio con pas-sione conosce con certezza le sue leggende, i miti che

hanno formato la sua storia; uno di essi era senza ombra di dubbio Diego Armando Maradona. Si pensava che nessun altro avrebbe mai potuto emulare la sua carriera calcistica, ma oggi c'è lui: Lionel Andrés Messi, come Maradona, argentino. Messi attualmente ha 22 anni e gio-ca nel famoso Barcelona, squadra di livello mondiale, ed è considerato il più grande calciatore di oggi. Per arrivare a coronare il suo sogno, Messi ha dovuto affrontare grandi difficoltà; all'età di 12 anni gli venne diagnosticata una malattia che blocca l'ormone della crescita, ma era forte, nato con il pallone fra i piedi, velocissimo. Tuttavia restò piccolo, così piccolo da essere costretto ad indossare indumenti da bambino e il calcio non è di certo uno sport per deboli fisicamente. Un giorno l'osservatore del Barcelona venne chiamato dall'allenatore della scuo-la calcio in cui Messi giocava: gli venne detto che lì c’era un giocato-re fortissimo, ma fisicamente piccolo. L'osservatore si mostrò subito

disinteressato perchè affermava che la squadra non cercava più talenti da formare, ma l'allena-tore supplicò così tanto fino a quando convinse l'osservatore a guardare una partita in cui Messi giocava: dopo nemmeno 5 minuti di gioco lo stesso osservatore era in cerca del padre del ragazzo e lo pregava di non farlo vedere a nessun altro osservatore di altre squadre. Il Barcelona si interessò ad Andrés, che subito partì per la Spagna dove fece le prime visite mediche; ma era troppo piccolo, non superava 1 metro e 40 di al-tezza e il Barcelona non poteva prendere un giocatore così. Però poteva fare qualcosa: curare que-

sto suo difetto all'ormone della crescita, ed era una cura molto costosa. La società si trovava davanti a una scelta: curare il ragazzo e investire sul suo talento o rispedirlo in Argentina. E per la fortuna di Messi la società decise di sottoporlo a queste costose cure, una grande gioia perché per lui il calcio significava la salvezza dalla miseria. In quegli anni l'Argentina attraversava una grande crisi e il padre di Messi poteva mantenere a stento i suoi figli, quindi per Messi firmare quel contratto

era una priorità assoluta. Soffriva molto per queste cure, il suo corpo era come se le rifiutasse, ma non poteva mostrarlo ai medici perché avrebbero rinunciato a continuare la cura e lo avrebbero mandato a casa, e questo non poteva permetterselo perché la sua famiglia aveva bisogno di lui per avere una vita migliore e lui lo sapeva. Resistette e ce la fece. Ora Leo Messi ha realizzato il suo desiderio diventando il giocatore più forte al mondo, vivendo una vita che, senza il calcio, sarebbe stata vuota e dimostrando che bisogna avere cuore e passione per realizzare i propri sogni

Orizzontali

1) Materia con il laboratorio 4) Lingua che si studia 9) Anno Domini 11) Arteria principale 13) Articolo determinativo 14) Serpente mitico con sette teste 17) Brescia in auto 18) Paga senza uguali 19) Soste nel percorso 21) Cielo di Londra 23) Così … che termina le preghiere 25) Studia diodi e amplificatori 28) Breve riassunto, compendio 30) Dittongo in duodeno

31) Padiglione, reparto

33) Secondo con i Romani 34) Participio presente plurale del verbo tacciare 35) Punto telegrafico 38) Il fiore dell’arancio 41) In quel luogo 42) La materia con linee e antenne 46) Accumulo di sangue travasato dai tessuti 47) Su alcune targhe nel Molise48) Congiunzione latina 49) Deriva funzioni integrali 52) Risplende nel cielo della California 54) Istituto Tecnico 55) Sono troppe nel Serale 56) Esami dove non si può copiare 57) Nel Serale lo hanno in molti

VERTICALI

1) Un tasto sul computer2) Rialzo, rilievo3) Public Relation4) Vocali in fila5) Fiori bianchi e profumati6) Sono doppie nella colla7) Imponenti, scolpiti8) Porta logica10) Liquore secco12) Squadra a Denver14) Prefisso per sotto15) Non fluidi, folti16) Figlio di Enea18) Fascia che copre il basso ventre19) Iniziali di Tasso20) Sfacciati, provocanti22) Eva, la compagna di Diabolik24) Sacrificato come vittima26) Vocali in verbo27) Esce tutti gli anni agli esami28) Spiega microprocessori e memorie29) Preposizione articolata32) Giuridicamente non storto34) Contenitore per liquidi36) L’incubo scritto per gli studenti37) Fiabesco Pan39) Benvoluto40) Gazzetta Ufficiale43) Altro modo di dire in che modo44) Associazione in breve45) Negazione tedesca50) Simbolo chimico dell’iridio51) Capone, il famoso gangster53) Ultimo Scorso

mESSI:DA BAmBINO A GIGANTEALESSANDRO LO VERDE III E

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REDAZIONE

Redattore:Giulia Catalisano III B

Docente Coordinatore:Prof.ssa Elena Santomarco

Hanno Collaborato:Luca Genchi II ERosalina Costanza IV GGiovanni Lo Pinto II H

Anna Amato IV EAndrea Gandolfo IV IGiuseppe Biondo I CFausto Carano III AMarzia Campione III FLorenzo Passalacqua IV MFrancesco Bajardi III HGiacomo Ferrantelli I ECarolina Palizzolo III HSara Ministero III H

Alessandro Lo Verde III EMarta Termini I MCarlo Ruffino II EClaudio Lo Grasso II N

Impaginazione eGrafica:Ernesto Voltaggio V B