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Ecco come il fumo danneggia il nostro cuore

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Alcuni fattori esterni possono indurre un’alterazione del microbiota intestinale generando una condizione definita “disbiosi”, con conseguenze negative sulla salute del nostro organismo. Tra questi fattori ci sono, ad esempio, il ricorso a terapie antibiotiche, abitudini alimentari scorrette ma anche stili di vita inadeguati o patologie: tali condizioni possono perturbare l’equilibrio microbico intestinale, favorendo l’insorgere di disturbi come intestino irritabile, ipercolesterolemia, diabete e molti altri ancora. Preservare la corretta funzionalità del nostro microbiota è quindi importante per prevenire o trattare disturbi di diversa natura.

Uno dei fattori esterni in grado di alterare il microbiota intestinale è il ricorso prolungato a farmaci usati per curare o prevenire la gastrite. Il loro utilizzo a lungo termine causerebbe un impoverimento nella varietà e nella ricchezza del microbiota intestinale.

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Ecco come il fumo danneggia il nostro cuore

L’OMS mette in evidenza come tra le patologie più importanti correlate al fumo vi siano quelle cardiovascolari. I dati riportano una realtà allarmante da cui emerge come, nonostante la diffusa informazione e le importanti campagne sul tema, la consapevolezza del rischio sia ancora troppo bassa. E non è solo il fumo diretto a incidere negativamente sul cuore: evidenze dimostrano infatti come anche il fumo passivo sia in grado di aumentare del 25-30% il rischio di sviluppare patologie coronariche.

Nicotina: oltre ad essere la principale responsabile della dipendenza, stimola

la contrazione dei vasi sanguigni contribuendo

ad ostacolare il passaggio del sangue e causando quindi un

aumento della pressione arteriosa e della

frequenza cardiaca.

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tabacco se ne generano più di 7000): innescano

uno stato di infiammazione che danneggia le cellule endoteliali che rivestono

le pareti arteriose. Favoriscono la formazione

di placche ateromatose con possibili fenomeni di ischemia e nei casi più

gravi di infarto.

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la disponibilità per il cuore e per gli altri

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Il dolore alla spallaLa “spalla dolorosa” rappresenta uno dei più comuni dolori muscolo scheletrici.Generalmente insorge come conseguenza di un evento traumatico (anche lieve), in seguito a variazioni climatiche, a posture scorrette, a processi degenerativi articolari o a contratture muscolari. In molti casi il dolore può irradiarsi fino al braccio e influire sulla corretta mobilità delle articolazioni coinvolte. Tra le condizioni più frequenti in grado di determinare dolore alla spalla c’è la tendinosi, determinata da piccole e ripetute lesioni a carico dei tendini interessati e che può insorgere a causa di movimenti innaturali o sollecitazioni eccessive. Sia la tendinosi che la tendinite calcifica, caratterizzata invece da depositi di calcio sui tendini della spalla, sono cause frequenti della cosiddetta “lesione alla cuffia dei rotatori”. Un’altra causa comune di dolore è l’artrosi, tipicamente in soggetti di età superiore a 50 anni: con l’aumentare dell’età la cartilagine articolare si usura determinando un progressivo deterioramento e rimodellamento della struttura anatomica, con conseguente dolore e rigidità.

Approccio terapeutico in caso di dolore alla spalla:

escludere eventuali fattori di rischio che inducano ad ipotizzare la presenza di lesioni o traumi gravi;

ricorrere ad un’adeguata analgesia attraverso l’assunzione di antinfiammatori FANS per via orale (in assenza di specifiche controindicazioni). Sono indicati anche i FANS topici che permettono trattamenti più prolungati con un contenimento degli effetti collaterali; l’utilizzo di supporti come tutori o reggibraccio migliora il dolore e la rigidità, così come il ricorso a terapie fisico-riabilitative; quando l’articolazione è molto dolente i movimenti sono controindicati: è consigliato in questo caso un periodo di riposo; se i sintomi persistono, è necessario fare ricorso al medico.

I fumatori sono maggiormente predisposti a

sviluppare artropatia della spalla da lesione della cuffia dei rotatori.


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Piedi secchiI piedi secchi non sono un semplice disagio di tipo estetico, avvertito soprattutto in estate, tempo di sandali e ciabatte da mare, ma è un problema di benessere e salute; questo si manifesta con screpolature, fissurazioni della cute, specie nell’area dei talloni, desquamazione, prurito, addirittura dolore se associato a vesciche, a callosità, a cute ipersensibile e quindi facilmente soggetta a traumi e lesioni.Tra i fattori che causano o aggravano la secchezza dei piedi ci sono:

l’uso di scarpe troppo strette, che non lasciano traspirare il piede; la scelta di scarpe troppo larghe perché i piedi, scivolando all’interno,

producono attrito; la necessità di utilizzare gambaletti o calze ad azione compressiva; un’attività lavorativa che comporti lunghe ore

in posizione eretta; il clima arido; una insufficiente idratazione, cioè bere

troppo poco; l’età; l’uso di particolari farmaci;

determinate malattie; l’utilizzo per l’igiene di acqua troppo calda o

saponi aggressivi.

Dopo il bagno e l’accurata asciugatura dei piedi, può essere utile applicare una crema idratante o nei casi di secchezza più severa

un olio a base di acidi grassi essenziali, vitamina ed estratti vegetali, ad effetto protettivo della cute ed attivo sulla riparazione

dei tessuti.

La congiuntiviteÈ il disturbo all’occhio più frequente. Può avere un’origine batterica, virale o allergica e nella maggior parte dei casi coinvolge entrambi gli occhi. Indipendentemente dalla natura, molti dei sintomi sono comuni:

arrossamento con lacrimazione o secrezione; senso di corpo estraneo (sabbia) nell’occhio; intolleranza alla luce (fotofobia); palpebre gonfie.

Prestare particolare attenzione all’igiene nei bambini e nei neonati perchè spesso tendono a toccarsi il viso con le manine e, se non ben pulite, possono essere fonte di contaminazione batterica nell’occhio.

Pulire frequentemente gli occhi dei più piccoli, se necessario con l’aiuto di una garza sterile o di una salviettina specifica per gli occhi.

Come si riconoscono le varie forme di congiuntivite? Batterica: è caratterizzata da una secrezione densa, di colore giallastro, che “incolla” le ciglia rendendo difficoltosa l’apertura degli occhi al risveglio. È molto contagiosa: si trasmette per

contatto e per condivisione di accessori di uso comune come ad esempio asciugamani o cuscini. Il medico prescriverà un collirio/pomata antibiotica.

Virale: è associata a sintomi influenzali o da raffreddamento. È caratterizzata da secrezioni chiare e acquose. Come la forma batterica, è molto contagiosa. Per migliorare i sintomi si possono applicare sull’occhio compresse fredde e decongestionanti topici.

Allergica: si riconosce per l’intenso prurito, a seguito di una reazione di ipersensibilità innescata dall’esposizione a sostanze irritanti (allergeni). La terapia si basa sull’utilizzo di colliri antiallergici (antistaminici o cortisonici). Spesso i sintomi oculari possono essere accompagnati anche da rinite.

Impariamo a non perdere lo smaltoL’erosione dello smalto è un problema poco noto, ma diffusissimo a ogni età e in media il 40% della popolazione ha segni di usura a questo livello.

Suggerimenti per diminuire l’erosione dello smalto:

ridurre il consumo di cibi e bevande acide. Una dieta ricca di acidi attacca la parte mineralizzata esterna del dente

indebolendola, quasi «sciogliendo» lo smalto: agrumi, pomodori, sottaceti, bibite gassate, riducendo il ph del cavo orale, sono alcuni dei cibi critici. Difendersi è facile ma bisogna pensarci in tempo: dopo aver bevuto qualcosa di «erosivo» è bene aspettare mezz’ora prima di usare lo spazzolino. Per bere senza rischi un centrifugato o un estratto che contenga agrumi, frutta o verdure acide può bastare usare una cannuccia, in modo che il contatto con i denti sia minimo; tenere idratato il cavo orale. Bere molta acqua, idratando la bocca, così come favorire la presenza di saliva nel cavo orale è importante perché, oltre a riportare il pH nella norma, il liquido aiuta anche a lavare via gli acidi stessi. La secchezza orale di contro contribuisce a far salire i livelli di acidità e altera la flora batterica, favorendo oltre alle carie anche la comparsa di irritazioni, stomatiti, afte e infiammazioni gengivali.

Indice di perdita dello smalto possono essere un ingiallimento dei denti, l’ipersensibilità al caldo e al freddo o i margini dentali assottigliati.

Cosa provoca un’usura dentale?

Patologie dell’apparato digerente (reflusso gastro-esofageo) o disturbi alimentari.

Alimentazione con eccesso di cibi e bevande acide.

Secchezza orale.

Bruxismo notturno (sfregamento continuo dei denti) e presenza di piercing all’interno del cavo orale, che rimuovono il rivestimento di smalto per aggressione meccanica diretta.

Spazzolamento troppo energico, spazzolini troppo aggressivi e uso continuo di dentifrici abrasivi, come ad esempio quelli sbiancanti.

Avere uno smalto fragile significa essere esposti a un maggior rischio di carie. Il danno è irreversibile e il ripristino dei denti danneggiati da erosione comporta spesso trattamenti lunghi e complessi, perciò i segnali di un indebolimento devono essere

riconosciuti quanto prima.


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Primo soccorso per piccole feriteLe ferite sono delle lesioni della pelle che compromettono la sua capacità di agire come barriera e di impedire l’entrata di microrganismi in grado di causare infezioni. Le più comuni sono abrasioni, escoriazioni, ferite da taglio o da punta.

Le piccole ferite superficiali possono essere trattate seguendo alcune utili precauzioni:

prima di procedere è fondamentale lavarsi bene le mani e se possibile utilizzare guanti sterili monouso; lavare la ferita con acqua corrente o soluzione fisiologica per rimuovere eventuali residui o corpi estranei; per la disinfezione utilizzare appositi prodotti antisettici (ad esempio contenenti clorexidina, iodio, acqua ossigenata ecc.) in grado di limitare lo sviluppo di microrganismi patogeni; pulire la ferita applicando il prodotto disinfettante con l’aiuto di una garza sterile; una volta disinfettata, a seconda della grandezza e della posizione, coprire l’area trattata con una garza sterile o con un cerotto;

effettuare periodiche medicazioni con una costante rivalutazione dello stato della ferita; evitare l’uso di alcol sulla cute lesa; è sconsigliato l’uso di cotone perché le piccole fibre potrebbero rimanere nella ferita.

È fondamentale in ogni caso non sottovalutare i rischi di una possibile infezione. Nei casi sospetti consultare il medico per

valutare l’eventuale necessità di una profilassi antitetanica (ad esempio nel caso di ferite da ferro arrugginito o infettate con terra). Ricordarsi di effettuare i richiami del vaccino antitetanico anche in età adulta! Se le ferite sono larghe ed estese è necessario recarsi al pronto soccorso perché potrebbero essere necessari punti di sutura o altri tipi di interventi specifici.


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Occhio al pidocchio!Il pidocchio del capo vive sul cuoio cappelluto e ha una vita media di 17-28 giorni. Le femmine fecondate depongono le uova le quali si fissano saldamente alla base del capello grazie a un secreto molto colloso e non solubile in acqua. Questo liquido le cementa alla radice ed è la ragione della loro difficile rimozione. La “ninfa” rappresenta la forma immatura del pidocchio e diventa adulta in 7-13 giorni. L’insetto adulto femmina è più grande del maschio e depone uova fino a 10 volte al giorno, alla temperatura ottimale di 32°C (per questo sono più colpite la zona retro-auricolare e quella dietro la nuca). I pidocchi si nutrono di sangue umano e con il loro morso iniettano un liquido irritante che è responsabile della sensazione di prurito.

Lontano dall’ospite sopravvivono solo 1-2 giorni. La certezza dell’infestazione si ha solo quando si trova il pidocchio vivo, infatti la presenza di lendini non indica di per sé la presenza del pidocchio, né che la lendine sia vitale (le lendini a più di un centimetro dal cuoio cappelluto non sono vitali).

Sfatiamo alcuni miti!

Il pidocchio non è indice di scarsa igiene. Nel caso di infestazione non è necessario tagliare i capelli.

Gli animali domestici non rappresentano una fonte di trasmissione per l’uomo. I prodotti per la pediculosi vanno usati per il trattamento ma non sono in alcun modo preventivi (trattamento solo al momento della diagnosi!).

Vantaggi dell’utilizzo del pettinino:

permette di individuare pidocchi e lendini molto più che non la semplice ispezione; aiuta a differenziare le lendini dalla forfora e a rimuoverle con maggior efficacia: le lendini al contrario della forfora non si staccano dal capello quando lo si fa scorrere tra le dita.

Per pettinare in maniera corretta è necessario porre il pettinino a piatto sul cuoio cappelluto e pettinare i capelli dalla base alla punta, facendola scorrere con decisione. Un pettine normale non basta perché i denti sono troppo distanti per strappare via le uova dal capello.

Se viene individuato un caso di pediculosi è necessario ispezionare per più giorni i capelli di tutti i componenti della famiglia e persistere nei controlli anche durante e dopo gli eventuali trattamenti, a garanzia della completa rimozione dei parassiti. Per

far ciò è buona prassi utilizzare un pettinino a denti stretti (lo spazio tra i denti non deve essere maggiore di 0,2 mm) e possibilmente in metallo (in plastica tendono a deformarsi facilmente).


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Educazione alimentare per una crescita sana

Una dieta sana e bilanciata è fondamentale per una buona qualità della vita, per questo è importante imparare e mettere in pratica fin da bambini le regole del mangiar sano.

Dalla collaborazione tra Scuola e Ministero della Salute è nata, rivolta agli alunni delle scuole primarie, la ricerca “Okkio alla salute” che ha messo in evidenza come il sovrappeso in molti bambini in età scolare sia riconducibile a comportamenti alimentari comuni e non corretti.

Per crescere adulti responsabili, anche dal punto di vista dell’alimentazione, è importantissimo che i genitori seguano essi stessi un buon regime alimentare per essere d’esempio ai propri figli. Non deve essere sottovalutato un eccessivo aumento ponderale del bambino fin dall’infanzia ed è opportuno parlarne per tempo con il pediatra, che durante le visite periodiche è in grado di cogliere i campanelli d’allarme di un eventuale tendenza al sovrappeso.

Una buona e sana colazione, magari fatta assieme, genitori e figli, costituisce un ottimo inizio di giornata.

Frutta e verdura sono essenziali (l’ideale sono 5 porzioni al giorno).

Un’alimentazione equilibrata e bilanciata aiuta a mantenere, oltre al giusto peso, anche la mente più attiva.

Evitare le bevande zuccherate favorendo il consumo di acqua.

Stimolare l’attività fisica e il movimento (almeno 1 ora al giorno), preferibilmente all’aria aperta e anche attraverso il gioco, limitando l’uso di televisione, videogiochi, tablet. Se possibile andare a scuola a piedi o in bicicletta.

A metà mattina basta uno spuntino leggero e nutriente: orientarsi verso il consumo di un frutto o uno yogurt.

La TV nella camera da letto dei bambini è assolutamente sconsigliata!


Fare in modo che il bambino dorma un numero sufficiente di ore (9 ore): i bambini hanno bisogno di orari regolari sia per le ore di sonno che per i pasti.

Controllare periodicamente peso ed altezza dal pediatra: il tessuto adiposo accumulato da bambini non si “smaltisce” con lo sviluppo e non è indice di buona salute come una volta si credeva.

Secondo una mappatura realizzata dal Joint Research Centre della Commissione Europea, Italia e Grecia sono le peggiori in Europa per quanto riguarda l’obesità infantile. Un dato peraltro confermato anche dagli ultimi risultati pubblicati dall’iniziativa

dell’OMS Childhood Obesity Surveillance Initiative, da cui emerge che il nostro Paese è tra le nazioni europee a più alta prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini di 8 e 9 anni.

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Ingestione di pelo nel gatto: come prevenirne i fastidiosi effetti

Una delle principali occupazioni giornaliere del nostro gatto, oltre a mangiare, dormire, stiracchiarsi e fare le fusa, è senza dubbio la toeletta. Infatti è comunemente accettata l’idea che il gatto sia un animale estremamente pulito. Ma la particolare abitudine dei gatti di leccarsi frequentemente il mantello determina una continua ingestione di peli che, accumulandosi nell’apparato digerente, possono causare vomito, tosse secca, stipsi; sintomi che possono preoccuparci se ne ignoriamo la causa. Nel caso fossero provocati dalla presenza dei tricobezoari (dal latino medioevale bezoar = corpo estraneo e trico = pelo, capello) l’utilizzo di un mangime complementare in pasta per gatti, elimina i problemi del pelo ingerito e favorisce la disgregazione e l’eliminazione dei boli di pelo, aiutando a prevenirne la formazione. I prodotti in commercio sono molto graditi dai gatti, grazie alla loro alta appetibilità e in taluni casi sono anche arricchiti con Vitamine.

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