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Eco dei Barnabiti 3/2018 27 che alludeva alla genesi dell’idea cri- stiano-occidentale della libertà, ven- ne mutato in quello attuale: Studio fi- losofico sulla disputa pelagiana, che privilegiava più il contesto storico del- la disputa. L’oscurità rimproverata a quest’ope- ra era dovuta soprattutto all’impiego di categorie filosofiche fenomenolo- gico-esistenziali che allora si stava- no affacciando sulla sce- na teoretica, soprattutto grazie a Martin Heideg- ger, di cui era appena uscito (1927) il capolavo- ro Sein und Zeit (Essere e Tempo). Categorie che riflettevano la crisi onto- logica occidentale deter- minata dall’eclissi di valo- ri dopo lo sconvolgimen- to della Prima Guerra Mondiale, il collasso dei grandi Imperi centrali e la guerra civile europea tra gli opposti totalitari- smi (comunismo a est; na- zismo e fascismo a cen- tro e a sud). Si ritornava a Paolo e al suo interpre- te Agostino per parlare dei problemi che agita- vano la società in quel- la temperie storica. In quegli stessi anni anche Hannah Arendt, sotto la guida di Karl Jaspers, si occupava di Agostino e della concezione agosti- niana dell’amore. IL TESTO DI PAOLO E L’EVOLUZIONE DELL’INTERPRETAZIONE DI AGOSTINO Riporto il testo di Paolo (Rom. 7, 7-25) nella recente traduzione CEI (2008) e una breve storia dell’evolu- zione della sua interpretazione da parte di sant’Agostino (Tagaste, 354- Ippona, 430). [La legge e il peccato] Che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non mediante la Legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: Non deside- rare. Ma, presa l’occasione, il pecca- to scatenò in me, mediante il co- mandamento, ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto. E un tempo io vivevo senza la Legge ma, sopraggiunto il precetto, il peccato ha ripreso vita e io sono morto. Il comandamento, che dove- va servire per la vita, è divenuto per me motivo di morte. Il peccato infat- ti, presa l’occasione, mediante il co- mandamento mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la Legge è santa, e santo, giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene allora è diventato morte per me? No davvero! Ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato risultasse oltre mi- sura peccaminoso per mezzo del co- mandamento. [L’uomo dominato dal peccato] Sappiamo infatti che la Legge è spi- rituale, mentre io sono carnale, ven- duto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che vo- Osservatorio paolino HANS JONAS AGOSTINO E IL PROBLEMA PAOLINO DELLA LIBERTÀ STUDIO FILOSOFICO SULLA DISPUTA PELAGIANA UN CONTRIBUTO FILOSOFICO ALLA GENESI DELL’IDEA CRISTIANO-OCCIDENTALE DELLA LIBERTÀ Il paragrafo che apre questa recen- sione riporta il sottotitolo originale di quest’opera quando apparve la prima volta (1930). In quell’anno l’autore, Hans Jonas (1903-1993), aveva appe- na ventisette anni e si era laureato due anni prima con una tesi sulla gnosi, divenuta col tempo una pie- tra miliare in questo campo di stu- di. Una parte di questa tesi del 1928 fu pubblicata, dopo Agostino e il pro- blema paolino della libertà, nello stes- so anno (1930) con il titolo Il concet- to di gnosi , presso Hubert & Co., Göttingen. Jonas (vedi box) a quell’epoca era un brillante ma ancora sconosciuto allievo di Martin Heidegger e Rudolf Bultmann, docenti a Marburg. Bul- tmann, soprattutto, fu il mentore del giovane Jonas e lo difese strenua- mente quando questa sua prima pubblicazione, che analizzava il te- sto paolino della Lettera ai Romani 7, 7-25, così come Agostino lo aveva in- terpretato prima e dopo la disputa con i pelagiani, fu aspramente criti- cata con termini sprezzanti da alcuni illustri docenti, in particolare dal Professor Hugo Koch di Monaco, per il linguaggio oscuro e incomprensibi- le. Jonas, ebreo convinto, rimase ri- conoscente e in amicizia per tutta la vita con il teologo cristiano Bul- tmann. Quando l’opera fu ripubbli- cata nel 1965, il sottotitolo filosofico,

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Eco dei Barnabiti 3/2018 27

OSSERVATORIO PAOLINO

che alludeva alla genesi dell’idea cri-stiano-occidentale della libertà, ven-ne mutato in quello attuale: Studio fi-losofico sulla disputa pelagiana, cheprivilegiava più il contesto storico del-la disputa.

L’oscurità rimproverata a quest’ope-ra era dovuta soprattutto all’impiegodi categorie filosofiche fenomenolo-gico-esistenziali che allora si stava-no affacciando sulla sce-na teoretica, soprattuttograzie a Martin Heideg-ger, di cui era appenauscito (1927) il capolavo-ro Sein und Zeit (Esseree Tempo). Categorie cheriflettevano la crisi onto-logica occidentale deter-minata dall’eclissi di valo-ri dopo lo sconvolgimen-to della Prima GuerraMondiale, il collasso deigrandi Imperi centrali ela guerra civile europeatra gli opposti totalitari-smi (comunismo a est; na-zismo e fascismo a cen-tro e a sud). Si ritornavaa Paolo e al suo interpre-te Agostino per parlaredei problemi che agita-vano la società in quel-la temperie storica. Inquegli stessi anni ancheHannah Arendt, sotto laguida di Karl Jaspers, sioccupava di Agostino edella concezione agosti-niana dell’amore.

IL TESTO DI PAOLO E L’EVOLUZIONEDELL’INTERPRETAZIONE

DI AGOSTINO

Riporto il testo di Paolo (Rom. 7,7-25) nella recente traduzione CEI(2008) e una breve storia dell’evolu-zione della sua interpretazione daparte di sant’Agostino (Tagaste, 354-Ippona, 430).

[La legge e il peccato]

Che diremo dunque? Che la Leggeè peccato? No, certamente! Però ionon ho conosciuto il peccato se nonmediante la Legge. Infatti non avreiconosciuto la concupiscenza, se laLegge non avesse detto: Non deside-

rare. Ma, presa l’occasione, il pecca-to scatenò in me, mediante il co-mandamento, ogni sorta di desideri.Senza la Legge infatti il peccato èmorto. E un tempo io vivevo senza laLegge ma, sopraggiunto il precetto, ilpeccato ha ripreso vita e io sonomorto. Il comandamento, che dove-va servire per la vita, è divenuto perme motivo di morte. Il peccato infat-

ti, presa l’occasione, mediante il co-mandamento mi ha sedotto e permezzo di esso mi ha dato la morte.Così la Legge è santa, e santo, giustoe buono è il comandamento. Ciòche è bene allora è diventato morteper me? No davvero! Ma il peccato,per rivelarsi peccato, mi ha dato lamorte servendosi di ciò che è bene,perché il peccato risultasse oltre mi-sura peccaminoso per mezzo del co-mandamento.

[L’uomo dominato dal peccato]

Sappiamo infatti che la Legge è spi-rituale, mentre io sono carnale, ven-duto come schiavo del peccato.Non riesco a capire ciò che faccio:infatti io faccio non quello che vo-

Osservatorio paolino

HANS JONAS

AGOSTINO E IL PROBLEMAPAOLINO DELLA LIBERTÀ

STUDIO FILOSOFICOSULLA DISPUTA PELAGIANA

UN CONTRIBUTO FILOSOFICOALLA GENESI DELL’IDEA

CRISTIANO-OCCIDENTALEDELLA LIBERTÀ

Il paragrafo che apre questa recen-sione riporta il sottotitolo originale diquest’opera quando apparve la primavolta (1930). In quell’anno l’autore,Hans Jonas (1903-1993), aveva appe-na ventisette anni e si era laureatodue anni prima con una tesi sullagnosi, divenuta col tempo una pie-tra miliare in questo campo di stu-di. Una parte di questa tesi del 1928fu pubblicata, dopo Agostino e il pro-blema paolino della libertà, nello stes-so anno (1930) con il titolo Il concet-to di gnosi, presso Hubert & Co.,Göttingen.

Jonas (vedi box) a quell’epoca eraun brillante ma ancora sconosciutoallievo di Martin Heidegger e RudolfBultmann, docenti a Marburg. Bul-tmann, soprattutto, fu il mentore delgiovane Jonas e lo difese strenua-mente quando questa sua primapubblicazione, che analizzava il te-sto paolino della Lettera ai Romani 7,7-25, così come Agostino lo aveva in-terpretato prima e dopo la disputacon i pelagiani, fu aspramente criti-cata con termini sprezzanti da alcuniillustri docenti, in particolare dalProfessor Hugo Koch di Monaco, peril linguaggio oscuro e incomprensibi-le. Jonas, ebreo convinto, rimase ri-conoscente e in amicizia per tutta lavita con il teologo cristiano Bul-tmann. Quando l’opera fu ripubbli-cata nel 1965, il sottotitolo filosofico,

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glio, ma quello che detesto. Ora, sefaccio quello che non voglio, ricono-sco che la Legge è buona; quindinon sono più io a farlo, ma il pecca-to che abita in me. Io so infatti chein me, cioè nella mia carne, non abi-ta il bene: in me c’è il desiderio delbene, ma non la capacità di attuar-lo; infatti io non compio il bene chevoglio, ma il male che non voglio.Ora, se faccio quello che non vo-glio, non sono più io a farlo, ma ilpeccato che abita in me. Dunque iotrovo in me questa legge: quandovoglio fare il bene, il male è accantoa me. Infatti nel mio intimo accon-sento alla legge di Dio, ma nelle mie

membra vedo un’altra legge, che com-batte contro la legge della mia ragio-ne e mi rende schiavo della leggedel peccato, che è nelle mie mem-bra. Me infelice! Chi mi libererà daquesto corpo di morte? Siano resegrazie a Dio per mezzo di Gesù Cri-sto nostro Signore! Io dunque, conla mia ragione, servo la legge di Dio,con la mia carne invece la legge delpeccato.

Jonas tratteggia l’evoluzione del-l’interpretazione agostiniana di que-sto passo paolino nel quarto capitolodella sua opera (pp. 57-87). Innanzitutto avverte che si tratta di una parti-colare sezione, davvero enigmatica e

forse fino a oggi non ancora sufficien-temente interpretata, in cui il duroconfronto tra disperazione e grazia èdescritto nella forma di un resocontoin prima persona (p. 57). Andandoalla radice dell’interpretazione, Jonasriassume così il nocciolo della que-stione: La legge dunque deriva real-mente da Dio, riguarda la sua volon-tà e la sua pretesa nei confronti del-l’uomo; quest’ultimo da parte sua laassume e vuole il bene; ma proprioattraverso l’assunzione del comanda-mento, il peccato acquista la sua au-tentica forza e acutezza e l’uomo lasua definitiva condizione indifesa neiconfronti di Dio (p. 59).

Jonas distingue nell’interpretazioneagostiniana di questo passo due fasi:1) quella antecedente la disputa pe-lagiana, chiamata “proto-paolina”;2) e quella anti-pelagiana, chiama-ta “tardo-paolina”. Nella prima fasesant’Agostino attribuisce il passo pao-lino all’homo sub lege. L’uomo è ca-pace di vedere il bene e di deside-rare di farlo, ma soggiace al male.Rispetto al pensiero stoico, il qualeparlava di libertà come “autarchia”(nell’intimo dell’anima, cioè, nessu-no mi può comandare; sono io l’uni-co sovrano), il pensiero cristiano, chederiva dalle radici ebraiche, sa chel’abisso del dissidio e della lacerazio-

ne è dentro l’anima stessa, perchécosì l’hanno sperimentato i progeni-tori. È chiaro infatti che il passopaolino è un midrash, una medita-zione sui capitoli 2-3 della Genesi,dove si parla del peccato originaledi Adamo ed Eva. Paolo conservanell’intimo stesso della volontà ladialettica delle opzioni. Ma quandoalcuni anni dopo Agostino dovràcontrastare la dottrina di Pelagio,che sembrava voler sminuire il ruo-lo della iniziativa divina, interprete-rà questo stesso passo attribuendoloall’homo sub gratia. Senza la graziadi Dio l’uomo è costituzionalmenteincapace di vedere e volere il bene.

La sua libertà nel fare ilbene è sollecitata e aiu-tata dalla grazia divina.La radicalità di questaaffermazione, salva l’uo-mo; ma a quale prezzo?Nel secondo Agostinola dialettica paolina tralegge e grazia viene an-nullata dalla radicalitàdella polemica anti-pe-lagiana. Per Jonas quin-di va rifiutata la stessaalternativa dell’interpre-tazione agostiniana diPaolo. Per Jonas, il pas-so della lettera ai Ro-mani (7, 7-25) non vaattribuito né all’uomosotto la legge, né all’uo-mo sotto la grazia, maad entrambi, in quantolegati da una dialetticainsopprimibile.

Tuttavia, a Jonas nonsfugge che la visione ago-stiniana si impose nellacoscienza cristiana oc-

cidentale. Da allora la dottrina delpeccato originale, del battesimo aibambini come sorgente di salvezza,della radicale malvagità degli uomi-ni, del dissidio interiore, si imposeall’autocoscienza degli occidentalifino all’età dell’illuminismo e oltre.La dottrina del peccato originale edella predestinazione in quanto sonooggetto di discussione tra Agostino ePelagio, evidenziano come a fonda-mento del primo si possa indivi-duare l’esperienza dell’insufficienzaradicale dell’uomo di fronte al co-mandamento di Dio; e, nell’altro, lapercezione della propria inevitabilecondizionatezza. La loro rilevanza

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OSSERVATORIO PAOLINO

Paolo predica nell’Areòpago. Dipinto su tavola (sec. XIV). Luca di Tommè. Siena, Pinacoteca

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esistenziale deriva proprio dall’esse-re inscrivibili all’interno della tem-poralità dell’esserci quali determi-nazioni rispettivamente dell’eternopassato (la corruzione della naturaumana) e dell’eterno futuro (la pre-destinazione).

STORICITÀ E ATTUALITÀDELLA QUESTIONE

Quale peso abbia avuto l’interpre-tazione antipelagiana di Agostino ariguardo di questo passo paolinonon può sfuggirci se ne leggiamo leconseguenze nel pensiero di Lutero.Lutero, monaco agostiniano (nondimentichiamolo!), si attiene all’in-terpretazione dell’ultimo Agostino,quella conseguente alla polemicapelagiana. L’”io” che parla da pro-tagonista in quella pagina è l’iostesso di Paolo, giustificato e rinno-vato mediante il battesimo, ma an-cora schiavo del peccato, abbando-nato alla propria miseria: è l’”io”dell’apostolo che si trova ad esseresimul peccator et justus; peccatorpoiché incapace di fare il bene,benché giustificato da Dio, ma in-sieme iustus, perché è giusto l’uo-mo che è in grado di riconoscere la propria carnalità ed è impotentea far il bene pur sapendo di dover-lo compiere… In tale simmetricacomposizione di peccato e di giu-stizia Lutero vede raffigurato ildramma della propria coscienza: lapropria esistenziale esperienza diuomo che vuole il bene e fa il ma-le; ma prima ancora la coscienza diAgostino e dei santi, per risalire piùsu fino a Paolo (Giancarlo Pani,Paolo, Agostino, Lutero: alle origini delmondo moderno. Rubbettino, 2005,pp. 90-91).

Nel 1506 a Basilea presso JohannAmerbach vide la luce l’Opera om-nia di sant’Agostino. Questa pubbli-cazione influenzò in maniera decisivai Riformatori (Lutero, Zwingli, Me-lantone, Calvino, Bucero). Il proble-ma del “libero arbitrio” e del “servoarbitrio” scatenò una disputa infinitatra cattolici ed evangelici, destinata adurare nei secoli.

Non è un caso che negli anni ’30del Novecento Jonas ne riprendessele fila, ristudiando da un punto di vi-sta filosofico i testi agostiniani e, in

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OSSERVATORIO PAOLINO

HANS JONAS (1903-1993)

Claudio Bonaldi, curatore della traduzione (2007) del testo di Jonasche presentiamo, è anche l’estensore della voce Hans Jonas (cap. 8,pp. 182-199) nel volume Il pensiero ebraico nel Novecento. A cura diAdriano Fabris. (Carocci editore, 2015). Da qui estrapoliamo alcunenotizie sulla vita e sul percorso filosofico dell’autore.Hans Jonas nasce nel 1903 a Mönchengladbach, nel distretto di

Düsseldorf, da una famiglia della borghesia ebraica liberale. Fin dallagiovane età aderisce al movimento sionista di Herzl e Pinsker. A Marburgoperfeziona i suoi studi filosofici, frequentando assiduamente i corsi diHeidegger e conoscendo il teologo Bultmann, di cui rimarrà amico pertutta la vita. I suoi studi sulla Gnosi (Gnosis und spätantiker Geist,1934) diventeranno giustamente famosi. Nel corso del tempo la formamitica della gnosi, nella sua tendenza anti-mondana e profondamentedualista tra uomo e mondo e tra mondo e Dio, verrà da Jonas utilizzataper interpretare in forma demitizzante l’esistenzialismo, come filosofiaanti-mondana e nichilistica: una moderna gnosi, chiusa in sé stessa,incapace di aprirsi al mondo e di rispettarne limiti e valori. Quandoesce in Germania la sua opera sulla Gnosi, Jonas ha già abbandonato laGermania per raggiungere, dopo un breve soggiorno a Londra, la Palestinanel 1935. L’esperienza della guerra, del nazismo e della Shoah, determineranno lo

spostamento di accento da problematiche storico-filosofiche a questioniteoretiche, gettando le basi per l’elaborazione di quella filosofia dellanatura in cui proprio la nozione di “vita”, vista anzitutto nella suadimensione organica, assume una posizione centrale. Jonas emigreràsuccessivamente in Canada e negli Stati Uniti, dove concluderà la suacarriera di filosofo e la sua esistenza. Vengono recuperate da Jonas le radici ebraiche che parlano del rispetto

del cosmo come creatura di Dio e della difesa del vivente, come opera del-le mani di Dio. Temi e radici che costituiranno la sua riflessione matura,quel principio di responsabilità, che sarà il suo capolavoro filosofico(Das Prinzip Verantwortung, 1979). Jonas si rende conto che sta utilizzan-do categorie religiose, proprio mentre vuole difendere “filosoficamente”le sue tesi della responsabilità dell’uomo di fronte al cosmo, per una suaconservazione, e della vita umana e degli esseri esistenti, in un’otticaaperta al futuro e rispettosa dei valori razionali umani. A tal punto chesi chiede “se senza ristabilire la categoria del sacro che fu distrutta nelmodo più radicale dall’illuminismo scientifico possiamo disporre di un’eti-ca che sia in grado di imbrigliare le forze estreme che oggi possediamo”. Questa responsabilità verso la vita e la conservazione del creato non

sarebbe possibile se nell’uomo non ci fosse la libertà di scegliere. Siriannodano quindi in questo filo rosso della “libertà” le meditazioni delgiovane Jonas sul problema della libertà in Agostino. Già in quell’operadegli anni ’30 Jonas tendeva a relativizzare la visione della libertà cosìcome Agostino la configura nella polemica pelagiana, quando sostenevache l’operare il bene dipendesse tutto dalla grazia di Dio e l’uomo fosseintrinsecamente sotto l’influsso del male e del peccato. Jonas sostieneinvece che va recuperata la visione del primo Agostino (e con lui deltesto paolino ai Romani), che vede nell’abisso della decisione insito nelprofondo della coscienza umana, la possibilità di scegliere tra il bene eil male. In questo consiste la libertà come dono di Dio all’uomo: la pos-sibilità di decidere e di decidersi.Perdere di vista questa possibilità vuol dire consegnare l’uomo alle

forze impersonali del destino e del potere tecnologico, che possono por-tare alla distruzione della persona umana e della vita stessa sul pianetaTerra. Hans Jonas muore a New York nel 1993.

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certo senso, collegandoli coi suoi stu-di sulla gnosi. Il rischio dell’interpre-tazione agostiniana del passo paoli-no nel momento della sua polemicaanti-pelagiana, è quello di consegna-re l’uomo alla condizionatezza e pri-varlo delle energie della libertà e del-la decisione per opporsi al male e al-le forze storiche imperanti (Jonasscrive in Germania nel momento incui si sta affermando il nazismo).

Come avverte Angela Michelis nel-la Postfazione al volume che presen-tiamo, La ricerca e la riflessione diHans Jonas, anche quando si occu-pano di temi antichi e tardo-antichi,muovono pur sempre da domande fi-losofiche di genesi contemporanea. Iltema centrale che sta a cuore al filo-sofo è il rapporto Dio-uomo-mondo,sentito come nodo fondamentale einsoluto nelle ansie dell’uomo tardo-moderno. Ciò che gli importa è tro-vare una origine alla deriva nichilisti-ca imperante, e cercare soluzioni piùinclusive ed equilibrate nella relazio-ne delle parti con il tutto. Come s’èdetto, lo studio della gnosi e, primaancora, l’approfondimento del con-cetto di libertà nella teoria agostinia-na elaborata nella polemica anti-pe-lagiana sui testi paolini, sono stati diprimaria rilevanza.

A Marburg, Jonas aveva seguito ilseminario di studi neotestamentaritenuto da Bultmann. Ecco i suoi ricor-di: “Rudolf Bultmann mi dischiuse ilsenso del Nuovo Testamento; quelloche io ne so e come non cristianoforse capisco, a lui risale, benché lamia scelta sia caduta su Paolo rispettoa Giovanni, il suo prediletto” (p. 160).La propensione per Paolo forse di-pendeva dal fatto che in quegli annila critica neotestamentaria sottoli-neava maggiormente nell’Apostolol’eredità ebraica in contrapposizionealle interpretazioni del secolo prece-dente, che vedevano in lui il media-tore tra giudaismo e pensiero greco.Tanto più che in quegli anni Bultmannsi avviava verso un’interpretazione esi-stenziale di Paolo, spinto anche dallecontemporanee analisi di Heidegger,collega a Marburg.

In Augustin und das paulinische Frei -heitsproblem Jonas pone in evidenzal’abissale profondità della questionedella libertà che la prospettiva giu-deo-cristiana porta con sé fin dentrol’interiorità dell’uomo, l’abyssus hu-manae conscientiae.

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OSSERVATORIO PAOLINO

ATTUALITÀ DEL PELAGIANESIMO

Il 22 febbraio 2018, Festa della Cattedra di San Pietro, la Congregazioneper la Dottrina della Fede pubblicava una lettera ai Vescovi della Chiesacattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana, intitolata Placuit Deo(Piacque a Dio…, da Efesini 1,9). La Congregazione osservava che latrasformazione culturale del mondo odierno porta a eclissare Gesù comeunico Salvatore; e, al suo posto, a privilegiare l’individualismo centratosul soggetto autonomo. In altre parole, oggi si è portati a vedere l’uomocome essere la cui realizzazione dipende dalle sue sole forze. Venivaquindi ricordato come spesse volte Papa Francesco nel suo magisteroordinario avesse fatto riferimento a due tendenze che rappresentanodue deviazioni che in taluni aspetti assomigliano a due antiche eresie:il pelagianesimo e lo gnosticismo. Nei nostri tempi prolifera un neo-pelagianesimo per cui l’individuo, radicalmente autonomo, pretende disalvare sé stesso, senza riconoscere che egli dipende, nel più profondodel suo essere, da Dio e dagli altri. La salvezza si affida allora alle forzedel singolo, oppure a delle strutture puramente umane, incapaci di coglie-re la novità dello Spirito di Dio. Un certo neo-gnosticismo, dal cantosuo, presenta una salvezza meramente interiore, rinchiusa nel soggetti-vismo. Essa consiste nell’elevarsi “con l’intelletto al di là della carne diGesù verso i misteri della divinità ignota” (N. 3).Come se non bastasse, un mese dopo, nella Festa di San Giuseppe, il

19 marzo 2018, lo stesso Papa Francesco pubblicava un’EsortazioneApostolica sulla chiamata alla Santità nel mondo contemporaneo, daltitolo Gaudete et Exultate (Rallegratevi ed esultate…, da Matteo 5, 12).In essa, l’intero capitolo secondo è dedicato a Due sottili nemici dellasantità, chiamati nel n. 35 due falsificazioni della santità…lo gnosticismoe il pelagianesimo…Il giudizio del Papa è perentorio: In esse si esprimeun immanentismo antropocentrico travestito da verità cattolica. Vediamoqueste due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare che danno luogo“ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare,si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso allagrazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, néGesù Cristo né gli altri interessano veramente” (N. 35).Rispetto all’impianto teologico del documento della Congregazione per

la Dottrina della Fede, il quale invita a non esprimere generalizzazioniche possono ingenerare confusione (Grande è, infatti, la differenza tra ilcontesto storico odierno secolarizzato e quello dei primi secoli cristiani,in cui queste eresie sono nate, N. 3), l’Esortazione Apostolica di PapaFrancesco è molto meno sfumata e, quasi, veemente.Alcuni hanno voluto leggere, a torto, una polemica tutta interna alla

Chiesa contro quelli che sono critici verso il magistero del Papa.A mio vedere, invece, si tratta di una ricorrente tentazione nella storia

della Chiesa, che si manifesta quando la centralità di Cristo è messa indiscussione e, al suo posto, vengono innalzati i vitelli d’oro del soggetti-vismo e delle nebulose esperienze mistiche.Bene fa il Papa a ricordare che la Santità, a cui noi cristiani siamo

chiamati, ha il volto di Dio che si riflette nei fratelli, in questo riassu-mendo con altre parole il precetto biblico dell’amore di Dio e del pros-simo (N. 61).

Giuseppe Cagnetta

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La prospettiva stoica del -l’”autarchia” viene com-pletamente ribaltata: la li-bertà non è più l’idealeetico e aristocratico diquiete dell’anima che sirealizza nell’indipenden-za e nell’autosufficienza,nell’autarcheia, rispettoagli eventi del mondoesteriore, ma, nell’inquie-tudine dell’anima pecca-trice di fronte a Dio, lapossibilità dell’autonomiadella libertà nell’interiori-tà viene meno a tal pun-to che al confronto l’agi-re mondano appare il re-gno della potenza umana(p. 162).

Jonas, esplicando le po -sizioni di Agostino, la-scia trapelare le propriesimpatie per Pelagio, che– pur in una concezioneproblematica della libertàdella volontà – riservaspazio e maggiore auto-nomia all’iniziativa del-l’uomo, e in tale linea ve-de l’apostolo Paolo comeun punto di riferimento acui riportare le posizioni agostinianepiù estreme sviluppatesi nella disputaanti-pelagiana della Chiesa cattolica.

Jonas non cesserà mai di interrogar-si intorno al mistero più profondodella libertà che concerne appunto larelazione di possibilità edi necessità, anzi, dopole esperienze del nazi-smo, dei campi di stermi-nio e della seconda guer-ra mondiale, la libertàstessa coniugata nell’uo-mo, quale essere viventecapace di auto-riflessio-ne, con la responsabilità,diviene il fulcro di tutto illavoro di ricerca dell’Au-tore (p. 164).

Mi piace concluderecon la riflessione finaledella Michelis: Il percor-so intellettuale di HansJonas si mantiene co-munque sotto il segnodella fiducia, che risorgedalle macerie stesse de-gli eventi come insop-primibile qualità vitale esi radica, tramite la rifles-

sione, nelle capacità umane e nellapositività di essere uomini e donnedialetticamente liberi e responsabi-li, esseri a immagine di Dio (p. 170).

Giuseppe Cagnetta

Abbiamo parlato di:

Hans Jonas, Agostino e il problemapaolino della libertà. Studio filosoficosulla disputa pelagiana (Editrice Morcel-liana, Brescia 2007, pp. 172, € 14,00).

Eco dei Barnabiti 3/2018 31

OSSERVATORIO PAOLINO

Pietro e Paolo. Graffito (sec. IV). Vaticano, Musei Lateranensi

Paolo (part.). Bartolomeo Longo (1450-1523). Milano, Museo Poldi Pezzoli