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LA SOCIETÀ DI PERSONEPROF. GIANCARLO LAURINI

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Università Telematica Pegaso La società di persone

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 NOZIONE E COSTITUZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------- 3

2 AUTONOMIA PATRIMONIALE E RESPONSABILITÀ DEI SOCI ---------------------------------------------- 4

3 AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA ------------------------------------------------------------------------ 6

4 RAPPORTI FRA SOCI E SOCIETÀ -------------------------------------------------------------------------------------- 7

5 LO SCIOGLIMENTO E LA LIQUIDAZIONE ------------------------------------------------------------------------- 8

6 SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE LIMITATAMENTE A UN SOCIO ------------------------- 10

7 LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO ------------------------------------------------------------------------------- 13

7.1. NOZIONE -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------13 7.2. COSTITUZIONE E PUBBLICITÀ -----------------------------------------------------------------------------------------------13 7.3. AUTONOMIA PATRIMONIALE. IL CAPITALE E IL PATRIMONIO ----------------------------------------------------------14 7.4. SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------15

8 LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE ---------------------------------------------------------------------- 17

8.1 LA STRUTTURA: LE DUE CATEGORIE DI SOCI ---------------------------------------------------------------------------------17 8.2 L’AMMINISTRAZIONE E LA RESPONSABILITÀ PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI -------------------------------------------17 8.3 LO SCIOGLIMENTO ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------18

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Nozione e costituzione

La società semplice è il tipo di società che definirei “base”, destinato unicamente

all’esercizio di un attività economiche non-commerciali (si pensi alle attività agricole e dal 1992,

in virtù del d.lgs 27 gennaio 1992, n. 88, anche la revisione contabile delle aziende).

L’art. 2251 c.c. non prevede alcuna forma particolare per la costituzione della società

semplice, in quanto il contratto si perfeziona e la società viene ad esistenza con la connessa

autonomia patrimoniale con il solo accordo dei soci. Gli amministratori della società devono

chiedere, entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell’atto, l’iscrizione nella Sezione speciale del

registro delle imprese e, in caso di contratto verbale, la domanda di iscrizione deve essere

sottoscritta da tutti i soci. In ogni caso, trattandosi di pubblicità dichiarativa, l’esistenza della società

è egualmente opponibile ai terzi anche senza iscrizione.

Da sottolineare che, nella costituzione della società semplice, non solo non è richiesto

alcun requisito formale ma, tranne l’oggetto, nessun altro elemento deve necessariamente essere

indicato, molto essendo rimesso alla disciplina codicistica. E cosi, ad esempio, se non sono indicati

i conferimenti, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali fra loro, quanto è

necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2253 c.c.); se nulla è detto sulla durata, la

società si intenderà costituita a tempo indeterminato e così di seguito. Insomma, una disciplina

pattizia lacunosa o quasi assente è integrata dalla disciplina legale “suppletiva”.

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2 Autonomia patrimoniale e responsabilità dei soci

I creditori sociali, oltre la garanzia del patrimonio sociale, hanno anche la garanzia personale

e solidale dei soci che hanno agito in nome e per conto della società, cui si aggiunge quella degli

altri soci, se un patto espresso non la esclude per alcuni o per tutti i soci non amministratori e sia

portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (art. 2267 c.c.). In questo il regime della società

semplice sostanzialmente differisce da quello della società in nome collettivo, nella quale la

responsabilità solidale e illimitata di tutti i soci per le obbligazioni sociali è un elemento

inderogabile, che può venir meno pattiziamente solo nei rapporti tra i soci e, quindi con effetto

soltanto interno (art. 2291 c.c.).

Al socio illimitatamente responsabile spetta comunque il beneficio della preventiva

escussione del patrimonio sociale, che deve essere richiesto dal socio indicando i beni sociali sui

quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi (art. 2268 c.c.). Ciò a differenza dalla s.n.c nella

quale il beneficio scatta automaticamente (art. 2304 c.c.). Infine, da segnalare che la riforma delle

società di capitali, modificando l’art. 2361 c.c., ha espressamente consentito la partecipazione di

società di capitali alla società semplice.

Il codice, a proposito delle società di persone, non menziona espressamente l’assemblea dei

soci, pur prevedendo per varie decisioni concernenti la vita e l’attività sociale, la volontà unanime

di tutti i soci o della maggioranza, calcolata per quote o per teste. Ne consegue che i soci, alfine di

manifestare la loro volontà, non possono che farlo in assemblea che, analogamente a quanto

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previsto per le società di capitali, va comunque convocata per mettere in condizioni tutti i soci di

parteciparvi e salva la validità dell’assemblea totalitaria.

La legge talvolta esige il consenso unanime dei soci, talaltra ritiene sufficiente il consenso

della maggioranza. Ad es. l’art. 2252 c.c. dispone che “il contratto sociale può essere modificato

soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente”, ma la stessa è stata

derogata dalla riforma del 2003 con gli artt. 2500-ter, 2502, 2506-ter, che prevedono per la

trasformazione, la fusione e la scissione il consenso della maggioranza dei soci, secondo la parte

attribuita a ciascuno negli utili; sistema di calcolo sugli utili adottato per tutte le deliberazioni da

assumersi a maggioranza, con la sola eccezione delle deliberazioni di esclusione di singoli soci, per

le quali i voti sono attribuiti per teste (art. 2287 c.c.).

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3 Amministrazione e rappresentanza

Nella società semplice, come in ogni altra forma di società bisogna tenere ben distinte

l’amministrazione e la rappresentanza sociale, anche se esse possono coesistere in capo alla stessa

persona. Infatti la prima consiste nella gestione dell’impresa (non commerciale) e il titolare di essa

decide gli atti che saranno poi validamente posti in essere dal rappresentante; mentre la seconda si

concreta nel potere di quest’ultimo di spendere il nome della società, acquistando diritti o

assumendo obblighi per la stessa.

L’amministrazione e la rappresentanza della società semplice, se i soci non hanno

diversamente disposto, spettano disgiuntamente a ciascun socio, salvo il diritto di opposizione, che

compete ad ogni socio rispetto alle operazioni che un altro socio voglia compiere. L’opposizione va

manifestata prima che l’operazione sia compiuta e sull’opposizione decidono i soci a maggioranza

(art. 2257 c.c.).

La legge consente, tuttavia, ai fini della sicurezza delle procedure e per sostanziale maggior

garanzia per tutti, che l’amministrazione e la rappresentanza vengano attribuite congiuntamente ad

alcuni soci soltanto, il cui consenso è necessario per il compimento degli affari sociali (art. 2258

c.c.). Spesso, peraltro, nei patti sociali l’amministrazione e la rappresentanza vengono concesse

congiuntamente per gli atti più importanti e disgiuntamente per l’ordinaria amministrazione.

L’amministratore può essere nominato nel contratto sociale o con atto successivo: nel primo

caso egli non può essere revocato se non per giusta causa; nel secondo è invece revocabile secondo

le norme del mandato (art. 2259 c.c.).

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4 Rapporti fra soci e società

I soci non amministratori hanno diritto di aver notizia dello svolgimento degli affari sociali,

di consultare documenti e registri relativi all’amministrazione e di ottenere dagli amministratori il

rendiconto sugli affari sociali giunti a compimento e, nell’ipotesi in cui tale compimento duri oltre

un anno, hanno diritto di avere il rendiconto dell’amministrazione al termine di ogni anno (art. 2261

c.c.).

Qualora dal rendiconto emergano utili, essi vanno distribuiti ai soci in proporzione ai

conferimenti e i soci hanno diritto alla loro immediata corresponsione (a differenza, ad esempio,

dalla s.p.a. nella quale l’assemblea che approva il bilancio può anche deliberare il loro totale o

parziale accantonamento a riserva). Il contratto sociale può però, stabilire una partecipazione non

proporzionale ai conferimenti o comunque diversa da quella alle perdite, col solo limite della nullità

del patto con il quale uno o più soci siano esclusi da ogni partecipazione agli utili e alle perdite (art.

2265 c.c.) (il cosiddetto patto leonino). Il legislatore ha infatti ritenuto fisiologica per tutti i tipi di

società la correlazione rischio potere come garanzia di corretto funzionamento della società.

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5 Lo scioglimento e la liquidazione

L’art. 2273 del codice civile indica le varie cause di scioglimento della società semplice e

precisamente: 1) il decorso del termine di durata; 2) il conseguimento dell’oggetto sociale o la

sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; 3) la volontà di tutti i soci; 4) la mancanza di pluralità

dei soci se nel termine di sei mesi questa non venga ricostituita (nelle società personali non è

possibile l’unipersonalità). A tali cause altre possono essere aggiunte nel contratto sociale.

Verificatasi la causa di scioglimento si apre la fase di liquidazione, nella quale la società

cessa l’attività sociale, ma permane in vita fino a quando gli affari in corso non siano conclusi o

comunque sistemati, non siano stati soddisfatti i creditori e il residuo attivo sia stato ripartito tra i

soci. Alla liquidazione possono procedere i soci di accordo, omettendo il formale procedimento

previsto dalla legge, da ritenersi facoltativo per le società di persone.

Normalmente la liquidazione viene affidata a uno o più liquidatori nominati con il consenso

di tutti i soci e, in mancanza, dal presidente del tribunale (art. 2275 c.c.). Spesso però, nella pratica i

soci procedono d’accordo e direttamente alla liquidazione, omettendo la nomina del liquidatore (a

differenza delle società di capitali nelle quali tale fase “liquidatoria” è obbligatoria). Il legislatore ha

disciplinato la liquidazione con due regole fondamentali in base alle quali i liquidatori, da una

parte hanno il potere di compiere gli atti necessari alla realizzazione dell’attivo (vendita dei beni,

transazioni, realizzazione dei crediti e pagamento dei debiti etc.) e, dall’altra, non possono porre in

essere nuove operazioni, pena la responsabilità personale e solidale nel caso in cui vi

contravvengano (art. 2279 c.c.).

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Inoltre, i liquidatori non possono ripartire fra i soci neanche parzialmente i beni sociali fino

alla completa soddisfazione dei creditori, con la facoltà dei liquidatori di chiedere ai soci, nei limiti

della loro responsabilità, le somme necessarie ad estinguere le passività qualora i fondi disponibili

siano insufficienti a coprirle interamente (art. 2280 c.c.).

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6 Scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio

Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio può avvenire per volontà del

socio mediante il recesso; per volontà della società attraverso l’esclusione o per eventi indipendenti

tanto dalla volontà del socio, quanto da quella della società (morte):

a) il recesso è una dichiarazione di volontà unilaterale del recedente ed ha effetto solo per

l’avvenire (ex nunc). Nella società semplice esso è ammesso con preavviso di tre mesi, quando la

società sia contratta a tempo indeterminato, quando sussista una giusta causa e quando sia contratta

a tempo determinato, nei casi previsti dallo statuto (art. 2285);

b) l’esclusione produce la risoluzione del rapporto sociale nei riguardi del socio escluso non

per sua volontà, ma su decisione della maggioranza dei soci, che possono assumerla nei confronti

del socio interdetto o inabilitato o condannato a pena che importi l’interdizione, anche temporanea ,

dai pubblici uffici, o che sia gravemente inadempiente alle obbligazioni che derivano dalla legge o

dal contratto sociale, (art. 2286-7 c.c.).

La cessazione della qualità di socio può dipendere, infine da eventi indipendenti dalla

volontà del socio e della società, come nel caso di liquidazione della quota su richiesta del creditore

particolare del socio, quando gli altri suoi beni siano insufficienti (art. 2270 e 2288 c.c.) oppure a

seguito della dichiarazione di fallimento del singolo socio (art. 2288 c.c.). In tali casi si parla di

esclusione di diritto:

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a) La morte del socio pone la società difronte alle seguenti alternative: a) sciogliere il

rapporto nei soli confronti degli eredi del socio defunto; b) sciogliere la società; c) continuarla con

gli eredi, ove questi vi acconsentano (art. 2284 c.c.), salvo, in ogni caso, diverso patto sociale.

Il contratto sociale può disciplinare gli effetti della morte del socio in piena autonomia,

prevedendo talvolta la continuazione come obbligatoria sia per la società che per gli eredi del socio

defunto; talvolta lasciando agli eredi la scelta tra la continuazione della società e la liquidazione

della quota, talaltra ancora limitando la possibilità di continuazione a un solo erede o prescrivendo

che tutti gli eredi debbano nei confronti della società essere rappresentati da uno solo di essi, ovvero

stabilire il diritto dei soci superstiti di liquidare la quota agli eredi. Infine, i soci costituenti possono

anche inserire nello statuto una particolare clausola (la cui validità peraltro non è sempre sicura),

che imponga particolari requisiti o caratteristiche all’erede del socio defunto affinché possa entrare

in società in luogo del de cuius.

Non è ammissibile la clausola per la quale gli eredi del socio defunto divengano ipso iure e

automaticamente soci della società, essendo sempre salvo il loro diritto di non entrarvi, pagando il

risarcimento del danno causato col loro inadempimento di una obbligazione facente parte della

massa ereditaria.

L’opponibilità ai terzi – Affinché il verificarsi della causa di scioglimento (che ha efficacia

immediata tra i soci) sia anche opponibile ai terzi, è necessario che sia portata a loro conoscenza

con l’iscrizione nel registro delle imprese o con mezzi idonei. In mancanza i terzi, che senza loro

colpa hanno ignorato la causa di scioglimento, possono far valere i loro diritti sia contro gli eredi

del socio defunto, che contro l’escluso o il receduto (art. 2290 c.c.).

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Al socio uscente o ai suoi eredi spetta una somma di denaro corrispondente al valore della

quota (art. 2289 c.c.)

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7 La società in nome collettivo

7.1. Nozione

Prima e più semplice forma di società “commerciale” che, a differenza della società

semplice può svolgere tanto attività commerciale che “non commerciale” è la s.n.c. caratterizzata,

come la semplice da un particolare rapporto di collaborazione, amicizia o addirittura parentela che

unisce i soci. Ha una struttura simile a quella della società semplice e in virtù di ciò l’art. 2293 c.c.

stabilisce che, quando non vi siano specifiche norme in materia di s.n.c., si applicano quelle dettate

per la società semplice. Si pensi in particolare alle norme sui conferimenti (art. 2252-55 c.c.),

l’amministrazione (art. 2257-2261), la ripartizione degli utili e delle perdite (art. 2262-2263) e lo

scioglimento (art. 2272 c.c.), dettate in materia di società semplice e che si applicano alla società in

nome collettivo.

La ragione sociale, che è la denominazione della società, deve contenere il nome di almeno

uno dei soci, con l’indicazione del rapporto sociale. Tale denominazione può essere mantenuta

anche in caso di morte del socio il cui nome si legge nella ragione sociale.

7.2. Costituzione e pubblicità

L’atto costitutivo, che deve essere redatto per iscritto, deve contenere i nomi dei soci, la

ragione sociale, la durata, la sede e l’oggetto sociale, i conferimenti e la loro valutazione, la quota di

ciascun socio negli utili e nelle perdite (art. 2295 c.c.) ed entro trenta giorni essere depositato per

l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese (art. 2296 c.c.). Nelle more tra la

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sottoscrizione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese, la società esiste come

“irregolare” cui si applica, nei rapporti con i terzi, la disciplina della società semplice, salva la

responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci e la presunzione che ciascun socio agisca in

rappresentanza della società.

Coerentemente, le modifiche dell’atto costitutivo sono inopponibili ai terzi fin quando non

vengano iscritte (il che potrà avvenire soltanto dopo l’iscrizione dell’atto costitutivo, salvo che ne

vengano a conoscenza) (art. 2300 c.c.). In sostanza, la pubblicità nella società in nome collettivo è

in parte “dichiarativa” (la società esiste già prima della iscrizione) e in parte “costitutiva” (in

mancanza la società è disciplinata dalle norme che reggono la società semplice).

7.3. Autonomia patrimoniale. Il capitale e il patrimonio

L’autonomia patrimoniale nella s.n.c. regolare è più marcata che nella società semplice,

in quanto i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai singoli soci se non previa

escussione del patrimonio sociale (art. 2304) e il creditore particolare del socio non può chiedere,

finché dura la società, la liquidazione della sua quota (artt. 2304 e 2305 c.c.).

Questa pur parziale autonomia patrimoniale è inevitabilmente collegata al concetto di

capitale sociale, che rappresenta il valore dell’insieme dei conferimenti effettuati dai soci e che

costituiscono il patrimonio sociale. Il capitale, elemento contabile fisso, certamente corrisponde al

valore del patrimonio all’atto della costituzione, ma successivamente può discostarsene, nella

misura in cui il patrimonio aumenta o si riduce a causa delle vicende che caratterizzano la vita e

l’attività sociale.

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La funzione sopra delineata del capitale come elemento di garanzia per i creditori, è

rinforzata dall’art. 2303 c.c. che vieta la ripartizione di somme tra i soci, se non per utili realmente

conseguiti e dall’art. 2306 c.c., che impedisce l’esecuzione della deliberazione di riduzione del

capitale sociale mediante rimborso ai soci delle quote pagate o liberazione dall’obbligo di ulteriori

versamenti prima che siano trascorsi tre mesi dall’iscrizione nel registro dell’imprese della relativa

delibera, cui i creditori sociali possono entro detto termine fare opposizione. La violazione di queste

norme è sanzionata anche penalmente (artt. 26226, 2629 e 2632 c.c.).

Per quanto concerne la liquidazione della quota del socio debitore, non può essere chiesta

finché dura la società, ma la legge consente che il creditore particolare del socio si opponga alla

proroga della società e, in caso di proroga tacita, può chiederne in qualunque momento la

liquidazione (art. 2307 c.c.).

7.4. Scioglimento e liquidazione

L’art. 2308 c.c. stabilisce che la s.n.c., oltre che per le cause indicate nell’art. 2272 c.c. per le

società semplici, si può estinguere anche per provvedimento delle autorità governative nei casi

stabiliti dalla legge e, salvo che abbia ad oggetto un’attività non commerciale, per la dichiarazione

di fallimento.

Pertanto ed in definitiva, lo scioglimento delle società in nome collettivo è regolato dalle

norme che lo disciplinano per la società semplice, salvo alcune disposizioni integrative, quali l’art.

2309 c.c., che richiede l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle imprese e l’art.

2310 che stabilisce che nella fase di liquidazione della s.n.c. la rappresentanza della società passa

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dagli amministratori ai liquidatori. A questi spetta il compito, una volta conclusa la liquidazione, di

redigere il “bilancio finale”, che non ha bisogno di essere approvato dai soci i quali, qualora non lo

condividano, hanno soltanto la via dell’opposizione giudiziale.

Da notare la differenza rispetto al “bilancio annuale”, che viene redatto dagli

amministratori e approvato dall’assemblea dei soci che, per respingerlo, non ha bisogno di alcun a

azione giudiziaria, ma deve limitarsi a non approvarlo. Decorso il termine per l’opposizione senza

che alcuno dei creditori l’abbia fatta valere, la società deve ritenersi estinta e con l’iscrizione nel

registro delle imprese l’estinzione diviene opponibile ai terzi.

L’art. 2312, comma 2 c.c., prescrive che dalla cancellazione della società i creditori sociali

non soddisfatti possano far valere le loro ragioni nei confronti dei singoli soci e, se il mancato

pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori anche nei loro confronti. Da sottolineare peraltro, che

secondo giurisprudenza ormai consolidata la formalità di cancellazione crea soltanto una

“presunzione di estinzione”, con il diritto dei creditori di agire ancora nei confronti della società e

l’obbligo dei liquidatori di ricostruire il patrimonio sociale già distribuito ai soci e metterlo a

disposizione dei creditori qualora vi siano passività non soddisfatte.

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Università Telematica Pegaso La società di persone

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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8 La società in accomandita semplice

8.1 La struttura: le due categorie di soci

La società in accomandita semplice, partendo dallo schema della s.n.c., è caratterizzata dalla

presenza di due categorie di soci: i soci accomandanti, la cui responsabilità per i debiti sociali è

limitata al conferimento effettuato e i soci accomandatari, che sono invece personalmente e

illimitatamente responsabili, per le obbligazioni sociali qualora il patrimonio non sia sufficiente a

coprire tutta la passività.

La s.a.s. è, quindi un tipo di società di persone che ha in sé il primo esempio di limitazione

della responsabilità per le obbligazioni sociali, se pur non per tutti i soci (i soli accomandanti).

Questa particolarità comporta l’obbligo di indicare nell’atto costitutivo nominativamente sia i soci

accomandatari che gli accomandanti e, in caso di omissione di tale indicazione, gli effetti sono

eguali a quelli della mancata iscrizione della s.n.c., salvo il mantenimento della responsabilità

limitata da parte degli accomandanti (art. 2317 c.c.).

La ragione sociale deve contenere il nome di almeno un socio accomandatario e nessun

accomandante, pena la responsabilità illimitata anche per quest’ultimo (art. 2314 c.c.).

8.2 L’amministrazione e la responsabilità per le obbligazioni sociali

L’amministrazione della società è riservata in via esclusiva agli accomandatari (art.

2318 c.c.), con esclusione sia degli accomandanti, che di terzi estranei. Per la scelta e la nomina

degli accomandatari che devono amministrare e rappresentare la società, qualora l’atto costitutivo

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nulla disponga, occorre il consenso unanime degli accomandatari con l’approvazione dei tanti soci

accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto (art. 2319 c.c.).

L’accomandante può porre in essere atti di amministrazione o di rappresentanza della

società solo se munito di procura speciale per i singoli affari, altrimenti incorre nella sanzione

della responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali (non soltanto

per quelle derivanti dalle operazioni in cui si sia ingerito). Inoltre risponde verso la società dei danni

ad essa arrecati e i soci possono anche escluderlo dalla società (art. 2320 c.c.).

Si afferma cosi in pieno il principio della non ingerenza degli accomandanti nell’attività

sociale, salvo il diritto al controllo attraverso atti di ispezione e di sorveglianza (art. 2320 c.c.),

nonché il diritto alla non restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio redatto

dagli accomandatari e regolarmente approvato (art. 2321 c.c.).

8.3 Lo scioglimento

Quanto alle cause di scioglimento si aggiunge, a tutte quelle previste per le altre società di

persone, il venir meno della pluralità delle categorie di soci se dopo sei mesi non venga ricostituita

e, qualora siano i soci accomandatari a venir meno, l’amministrazione nei sei mesi può essere

affidata dagli accomandanti ad uno di loro che, eccezionalmente conserva il beneficio della

limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali. (art. 2323 c.c.). Trattasi, evidentemente,

di norma ispirata all’esigenza, anche generale, di non paralizzare dalla sera alla mattina l’attività

della società e facilitare il reperimento tra i soci accomandanti, del socio disposto a farsi carico

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dell’amministrazione nell’interesse della società, mettendolo al riparo da quella responsabilità

illimitata che non ha voluto assumere ab origine, optando appunto per la qualifica di accomandante.