pasqua, ascoltando quello che gesù ci dice e cercando di · mettere in moto in noi e “a tutto...

16
Quaresima 2014

Upload: trinhkhanh

Post on 16-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

32

1

Quare

sima

2014

2

QUARESIMA: un cammino di 40 giorni in cui ci prepariamo alla

Pasqua, ascoltando quello che Gesù ci dice e cercando di

“convertirci”, cioè di cambiare le cose per migliorare la nostra vita.

QUARESIMA: un cammino chi ci conduce alla gioia della

resurrezione!

“Chiamati a diventare pane!”: come cristiani non possiamo limitarci

ad essere seminatori, a far germogliare il grano, l’azione continua

fino a fare il pane per donarlo agli altri.

Non è tutto, dobbiamo diventare pane. Diventare pane significa

mettere in moto in noi e “a tutto campo” (nel mondo) tutto il bene

che abbiamo dentro di noi; significa valorizzare ogni aspetto della

nostra vita nell’umiltà; significa intraprendere la via della carità che si

realizza più che in parole, in gesti concreti, in scelte di vicinanza e

condivisione da compiere anche con fatica e senza fermarci di fronte

alle difficoltà, alle sconfitte, alle cadute.

Quaresima è quindi crescita, fatica, incontro, libertà,

trasformazione

In questa quaresima faremo nostra l’esortazione di Papa Francesco:

”Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per

un mondo migliore. Cari ragazzi, per favore, non “guardate dal

balcone” la vita, mettetevi in essa. Gesù non è rimasto sul balcone, si

è immerso. Non “guardate dal balcone” la vita, immergetevi in essa

come ha fatto Gesù”.

“ E’ risorto ! ” è l’annuncio di gioia della Pasqua.

“Chiamati a diventare pane!” è l’annuncio di gioia che diffonderemo

a Pasqua.

Buon cammino e buona preparazione!

Don Giacomo

31

“Il Signore è risorto”: tutto il messaggio cristiano è

un annuncio di gioia, ma è soprattutto nella

Pasqua che questo annuncio raggiunge la sua

pienezza; non si tratta di qualcosa che dovrà

avvenire, ma di un fatto compiuto.

Dobbiamo accogliere l’annuncio pasquale con

gioia, con apertura del cuore, con semplicità.

Sapere e credere che la vita è più forte della

morte, significa essere certi che ogni gesto di

bene non è mai inutile.

Come le donne sono andate di corsa ad

annunciare ai discepoli la Risurrezione, così

anche noi, con la nostra vita, dobbiamo

testimoniare al mondo che Gesù è Risorto.

Gesù ha vinto la morte, ha compiuto le Scritture,

ha portato agli uomini la salvezza! Il segno del

Natale era una semplice mangiatoia e un fragile

germoglio; oggi siamo invece davanti ad una

tomba vuota e ad una tavola dove Gesù è

diventato Pane di salvezza per noi.

Gesù è risorto! BUONA PASQUA A TUTTI!

Riporto sul cartoncino fucsia questa forma e

scrivo all’interno la parola chiave di questa

settimana che è GIOIA e la porto a Messa.

Utilizzo la stessa forma anche per decorare

la mia tela che mi servirà oggi per partecipa-

re alla grande festa di Gesù Risorto.

Nella tela avvolgo le pagnotte che ho prepa-

rato e le porto in chiesa, dove verranno be-

nedette…..e potrò condividerle con gli altri.

Dal Vangelo secondo Matteo

(28,1-10)

Dopo il sabato, all’alba del pri-

mo giorno della settimana, Ma-

ria di Màgdala e l’altra Maria

andarono a visitare la tomba.

Ed ecco, vi fu un gran terremo-

to. Un angelo del Signore, in-

fatti, sceso dal cielo, si avvici-

nò, rotolò la pietra e si pose a

sedere su di essa. Il suo aspet-

to era come folgore e il suo

vestito bianco come neve. Per lo

spavento che ebbero di lui, le

guardie furono scosse e rima-

sero come morte.

L’angelo disse alle donne: «Voi

non abbiate paura! So che cer-

cate Gesù, il crocifisso. Non è

qui. E risorto, infatti, come

aveva detto; venite, guardate il

luogo dove era stato deposto.

Presto, andate a dire ai suoi

discepoli: “È risorto dai morti,

ed ecco, vi precede in Galilea;

là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho

detto».

Abbandonato in fretta il sepol-

cro con timore e gioia grande,

le donne corsero a dare

l’annuncio ai suoi discepoli.

Ed ecco, Gesù venne loro incon-

tro e disse: «Salute a voi!». Ed

esse si avvicinarono, gli abbrac-

ciarono i piedi e lo adorarono.

Allora Gesù disse loro: «Non

temete; andate ad annunciare

ai miei fratelli che vadano in

Galilea: là mi vedranno».

30

Preghiera di un pezzo di Pane

Sono un pezzo di pane, Signore. All'inizio non ero, insieme a tanti miei fratellini, che

un minuscolo piccolo seme. Una mano amica un giorno d'autunno mi nascose nei

solchi profondi di una terra con ferite fresche di aratro. Trascorsi lunghi mesi nell'o-

scurità e nel silenzio, avvolto da zolle umide e amiche. Poi il miracolo: quella che ero

convinto fosse una tomba, si rivelò essere culla. Divenni prima un germoglio vestito di

un tenero verde.

Che emozione quel giorno che vidi la luce e provai la prima volta il caldo e dolce bacio

del sole. Anche la pioggia mi fu amica e con quanta ansia aspettavo il suo dono che

tu mai mi facesti mancare.

Venne l'estate e mi trovò, vestito di giallo, a danzare felice e cullato dal vento nelle

notti bagnate di luna. Un'avventura stupenda! Il mistero della vita che vince la morte!

Una piccola risurrezione! Nessun sgomento quando mi trovai con i miei fratelli stretto

in un covone, dopo il taglio di una falce affilata. Mi ritrovai subito dopo in un sacco di

farina, bianco come la neve.

Mani esperte e sapienti fecero di noi dei pani,mentre il fuoco già crepitava nel forno.

Eravamo caldi, invitanti, croccanti. La nostra meta era ormai vicina. Si compiva per

noi una lunga e trepida attesa. Finalmente! Su tovaglie candide ogni giorno portiamo

un tocco di festa regalando sorrisi a piccoli e grandi.

Qualcuno lo sa, Signore, e quando mi guarda e mi prende, pensa, non distratto ma

sorpreso e commosso, al piccolo e immenso

mondo che in me è come nascosto e riassunto.

Con me ed in me c'è la terra ed il cielo, c’è l'ac-

qua ed il sole, c’è il fuoco, il sudore della fronte

dell'uomo e, soprattutto, ci sei tu, Signore. Con

la mia presenza vuoi parlarci di tenerezze e

premure infinite. Se io manco, Signore, triste è

il focolare, freddo e vuoto. Senza di me non c’è

gioia in casa. Non spezzato e spartito, trionfa

solitudine e vince egoismo. Condiviso, rinsaldo

amicizia ed affetto tra i commensali. Segno

grande di convivialità, do sapore e gusto allo

spirito e al corpo. E che dire di quella Cena, l'Ul-

tima, quando la mensa su cui mi trovavo diven-

ne altare ed io il suo Corpo, come sarà fino alla

fine dei tempi? Segno di un mistero di Presenza

e di Dono...

IL SIMBOLO DI OGGI:

IL PANE

3

Il nostro compagno di viaggio:

Il seminatore Il seminatore, che ci ha guidato

nel cammino di Avvento verso il

Natale, si mette vicino a noi

come compagno di viaggio

anche per la Quaresima, il

periodo che ci prepara alla

Pasqua.

Il lavoro del seminatore non si

poteva certo bloccare con la

semina e i primi germogli.

È infatti nel cammino della

Quaresima che il seminatore ci

mostra come la sua azione prosegua fino a fare il pane e condividerlo

con gli altri.

In questo cammino impareremo cosa significhi la condivisione fino a

diventare pane per gli altri, così come Gesù che si è donato per la vita

di noi tutti nell’Eucarestia, nell’Ultima Cena.

Come ci ricorda papa Francesco, chi partecipa all’Eucarestia lo fa

“perché si riconosce sempre bisognoso di essere accolto e rigenerato

dalla misericordia di Dio, fatta carne in Gesù Cristo. Se ognuno di noi

non si sente bisognoso della misericordia di Dio, non si sente peccatore,

è meglio che non vada a Messa! Noi andiamo a Messa perché siamo

peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Dio, partecipare alla

redenzione di Gesù, al suo perdono”.

Il sentirci sempre bisognosi del perdono, della misericordia, è uno degli

indizi del nostro vivere l’Eucarestia. Se portiamo nel cuore questo

sentimento, in modo particolare in questo tempo di conversione,

potremo giungere a valorizzare il bene che abbiamo dentro noi

nell’umiltà e a farci pane spezzato per la vita degli altri.

4

LA MATURAZIONE

La parola del seminatore

“Era il tempo a determinare le sorti del rac-

colto; i pericoli erano soprattutto le improvvi-

se gelate autunnali, le nevicate a primavera

inoltrata, le abbondanti piogge o le prolunga-

te siccità estive. Allora si facevano le rogazio-

ni. Ci si trovava alle quattro del mattino, nei

giorni prima dell’ Ascensione e si percorreva-

no le stradine di campagna fermandosi in luoghi prestabiliti, affinché

il sacerdote benedicesse la terra e si cantavano le litanie dei Santi.

Ecco che a stagion buona sotto l’influsso dei raggi la pianta si svilup-

pa fino a maturare all’inizio dell’estate”.

In primavera, allorché le pianticelle cominciavano a crescere, l’uomo

interveniva con la sarchiatura consistente nel rompere la terra induri-

ta con una piccola zappa e

nell’estirpare con le mani le erbe infe-

stanti (cuscuta o attaccamani, viluc-

chio, gettaione, coda cavallina, la

cantarèla). Generalmente per San

Marco si era già formata la spiga.

Il contadino non potendo porre rime-

dio ai capricci del tempo, ricorreva

con fede all’aiuto divino, con pubbli-

che processioni di supplica soprattut-

to per i frutti della terra e il lavoro

dell’uomo.

IL SIMBOLO DI OGGI:

LA ZAPPA

29

Quel pomeriggio preparò la torta e la cioccolata. Quando udì il solito vociare dei

bambini, guardò fuori della finestra. Stavano arrivando, ridendo e chiacchieran-

do come al solito. E come sempre l'ultimo era Carlo. Da solo.

Entrò in casa quasi di corsa e buttò lo zainetto su una sedia. Non aveva niente in

mano e la madre si aspettava che scoppiasse in lacrime. «La mamma ti ha pre-

parato la torta e la cioccolata», disse, con un nodo in gola. Ma lui quasi non sentì

le sue parole. Passò oltre, il volto acceso, dicendo forte: «Neanche uno. Neanche

uno!» .

La madre lo guardò incerta.

E il bambino aggiunse: «Non ne ho dimenticato neanche uno, neanche uno».

«Questa è la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda nessuno di

quelli che mi ha dato» (Giovanni 6,39).

Neanche uno.

Un soldato tornava a casa dalla guerra. Avvicinandosi al suo villaggio, sentiva il

cuore pulsargli in petto come quello di un cerbiatto impaurito: avrebbe rivisto la

sua casa? Avrebbe potuto riabbracciare padre e madre?

La sua casa gli apparve d'improvviso, velata dalle lacrime e dal tempo. E i genito-

ri, seduti sulla soglia uno accanto all'altro, gli parvero come bambini sperduti,

disposti a un'attesa infinita.

Quando si videro, si corsero incontro come fanno le foglie d'autunno, quando un

turbine di vento le avvince in una folle danza. Ed il cielo sopra di loro era di un

indicibile azzurro.

Quando, dopo una pioggia di lacrime e sorrisi, entrarono nel piccolo cortile do-

mestico, il giovane vide con sorpresa che, accanto all'orto, era sorta una piccola

pagoda fatta con minuscoli sassi di fiume.

"L'avete fatta voi?", chiese il soldato ai genitori.

"Sì", risposero i due, arrossendo un poco, "un sasso per ogni giorno della tua as-

senza".

"Ma io", osservò il giovane, "sono stato assente soltanto alcuni anni, e questi

sassi sono migliaia di migliaia".

"Il tempo dell'attesa è come il tempo dell'amore: infinito".

28

"Non aver paura. Rifugiati qui sotto la giacca. La mia paglia è asciutta e calda".

Così il cardellino trovò una casa nel cuore di paglia dello spaventapasseri. Resta-

va il problema del cibo. Era sempre più difficile per il cardellino trovare bacche o

semi. Un giorno in cui tutto rabbrividiva sotto il velo gelido della brina,

lo spaventapasseri disse dolcemente al cardellino.

"Cardellino, mangia i miei denti: sono ottimi granelli di mais".

"Ma tu resterai senza bocca".

"Sembrerò molto più saggio".

Lo spaventapasseri rimase senza bocca, ma era contento che il suo piccolo ami-

co vivesse. E gli sorrideva con gli occhi di noce.

Dopo qualche giorno fu la volta del naso di carota.

"Mangialo. E' ricco di vitamine", diceva lo spaventapasseri al cardellino.

Toccò poi alle noci che servivano da occhi. "Mi basteranno i tuoi racconti", diceva

lui.

Infine lo spaventapasseri offrì al cardellino anche la zucca che gli faceva da te-

sta.

Quando arrivò la primavera, lo spaventapasseri non c'era più. Ma il cardellino

era vivo e spiccò il volo nel cielo azzurro.

"Mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo

spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio cor-

po" (Matteo 26,26).

Gli auguri Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi

Il piccolo Carlo era un bambino timido e tranquillo. Un giorno arrivò a casa e dis-

se a sua madre che avrebbe voluto preparare una cartolina di San Valentino per

tutti i suoi compagni di classe.

La madre istintivamente esclamò: «Ma no! Non è il caso!».

Ogni giorno osservava i bambini quando tornavano a casa a piedi da scuola. Il

suo Carlo arrancava sempre per ultimo. Gli altri ridevano e formavano un'allegra

e rumorosa combriccola. Ma Carlo non faceva mai parte del gruppo. La madre

decise di aiutare il figlio e acquistò cartoncini e pennarelli. Per tre settimane,

sera dopo sera, Carlo illustrò meticolosamente trentacinque cartoline di San Va-

lentino.

Giunse il giorno di San Valentino e Carlo era fuori di sé per l'emozione. Le acca-

tastò con cura, le mise nello zainetto e corse fuori. La madre decise di cucinargli

il suo dolce preferito e farglielo trovare con una tazza di cioccolata calda per

quando sarebbe tornato a casa da scuola. Sapeva che sarebbe rimasto deluso e

forse in questo modo gli avrebbe alleviato il dolore. Avrebbe dato una cartolina a

tutti, ma lui non ne avrebbe ricevuta nemmeno una.

5

Dal Vangelo secondo Matteo (4,1-11)

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

6

Questa prima domenica di Quaresima ci parla delle tentazioni di Gesù nel deserto, dove Lui si ritira in preghiera. Le tentazioni costituiscono uno dei momenti più umilianti della vita di Gesù: il demonio lo prende per la gola convinto di sopraffarlo, ma Lui non cede, dimostra la sua forza. Anche noi dobbiamo dimostrare la nostra forza e la nostra crescita facendo delle scelte. Solo così possiamo resistere alle tentazioni di ogni giorno: il potere, l’essere e l’avere. Se siamo liberi da queste tentazioni, capiamo che non basta il pane, cioè quello che abbiamo, per la nostra felicità e per quella degli altri: tutti noi dobbiamo condividere la nostra vita con gli altri, sostenendoci reciprocamente nelle difficoltà. Gesù mi indica la strada per iniziare il mio percorso di Quaresima, invitandomi a vivere con semplicità e ad evitare le cose inutili.

Riporto sul cartoncino di colore ver-

de questa forma e scrivo all’interno

la parola chiave di questa settimana

che è CRESCITA e la porto a Messa.

Utilizzo la stessa forma anche per

decorare la mia tela che mi servirà il

giorno di Pasqua per partecipare alla

grande festa di Gesù Risorto.

27

Piccole storie per riflettere nel Triduo Pasquale

Lo spaventapasseri Bruno Ferrero, Cerchi nell'acqua

Una volta un cardellino fu ferito a un'ala da un cacciatore. Per qualche tempo riu-

scì a sopravvivere con quello che trovava per terra. Poi, terribile e gelido, arrivò

l'inverno.

Un freddo mattino, cercando qualcosa da mettere nel becco, il cardellino si posò

su uno spaventapasseri. Era uno spaventapasseri molto distinto, grande amico di

gazze, cornacchie e volatili vari.

Aveva il corpo di paglia infagottato in un vecchio abito da cerimonia; la testa era

una grossa zucca arancione; i denti erano fatti con granelli di mais; per naso ave-

va una carota e due noci per occhi.

"Che ti capita, cardellino?", chiese lo spaventapasseri, gentile come sempre.

"Va male. - sospirò il cardellino - Il freddo mi sta uccidendo e non ho un rifugio.

Per non parlare del cibo. Penso che non rivedrò la primavera".

Il triduo Pasquale, cioè i tre giorni più importanti dell’anno liturgico

cristiano, ricordano gli avvenimenti della passione, morte e risurre-

zione di Gesù.

GIOVEDI’ SANTO E’

CONDIVISIONE

DONO VENERDI’ SANTO E’

ATTESA SABATO SANTO E’

26

Riporto sul cartoncino

di colore rosso questa

forma e scr i vo

all’interno la parola

chiave di questa setti-

mana che è ACCO-

GLIENZA e la porto a

Messa.

Utilizzo la stessa for-

ma anche per decorare

la mia tela che mi ser-

virà il giorno di Pasqua

per partecipare alla

grande festa di Gesù

Risorto.

A Messa riceverò il

lievito da usare per

fare il pane per il gior-

no di Pasqua.

7

8

LA MIETITURA

La parola del seminatore:

“Quando le belle spighe dorate coprivano i campi era

il tempo della mietitura. Si cominciava il 26 luglio,

giorno di S. Anna, in anni eccezionali si anticipava ai

primi di luglio. Tutta la famiglia contadina al completo

era in quei giorni di mietitura impegnata sul campo.

La fatica era tanta e nella calura di quelle giornate

estive la sete si faceva sentire. Ogni tanto si rialzava-

no e si tergevano il sudore e la polvere dalla fronte. Allora le giovani ragazze

di casa, le quali avevano il compito di portare da bere ai mietitori, si affretta-

vano con il fiasco del vino o una boccia d’acqua e soddisfacevano la sete di

tutti, mettendo poi il vino all’ombra. Anche i ragazzi si davano da fare con i

piccoli falcini.

La mietitura del grano, nel periodo estivo era tra i lavori agricoli che richiede-

vano grande sacrificio ai contadini sia per l'atto manuale del tagliare le piante

in posizione china sia per il grande caldo che di solito l'accompagnava. Questa

operazione prevedeva il taglio del grano, la sua provvisoria sistemazione nel

campo e infine il trasporto nell'aia. Il lavoro aveva inizio all’alba poiché la ru-

giada manteneva le spighe umide ostacolando la caduta dei grani. Piegato

verso la terra, il contadino afferrava con la

sinistra una manciata di pianticelle di grano e

le tagliava quasi a terra, portandole a sé.

Quando ne aveva una certa quantità le

legava usando come legaccio altre pianti-

celle e così si aveva il covone che veniva

lasciato sul posto. Dieci covoni venivano

poi legati a formare la decima, lasciati

nel campo a seccare, mantenuti in piedi

dalla base allargata a cerchio. Una volta

completamente essiccati si portavano i

covoni nel fienile.

IL SIMBOLO DI OGGI:

IL FALCETTO

25

Dal Vangelo secondo Matteo (21,1-11) Quando furono vicini a Gerusalemme e

giunsero presso Bètfage, verso il mon-

te degli Ulivi, Gesù mandò due disce-

poli, dicendo loro: "Andate nel villaggio

di fronte a voi e subito troverete

un'asina, legata, e con essa un puledro.

Slegateli e conduceteli da me. E se

qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete:

"Il Signore ne ha bisogno, ma li riman-

derà indietro subito". Ora questo av-

venne perché si compisse ciò che era

stato detto per mezzo del profeta:

Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da so-ma.

I discepoli andarono e fecero quello

che aveva ordinato loro Gesù: condus-

sero l'asina e il puledro, misero su di

essi i mantelli ed egli vi si pose a sede-

re. La folla, numerosissima, stese i

propri mantelli sulla strada, mentre

altri tagliavano rami dagli alberi e li

stendevano sulla strada.

La folla che lo precedeva e quella che

lo seguiva, gridava: "Osanna al figlio di

Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!".

Nel Vangelo del giorno della

benedizione delle Palme ci

sono due momenti: il primo, di

festa, è seguito dal secondo

che è il racconto della

Passione.

Gesù vuole fare festa e

manda due discepoli ad

organizzarla.

Entra in Gerusalemme in un

modo inusuale per una

persona importante: seduto

su un’asina. Non entra perciò

in modo trionfale, ma con

l’umiltà dell’amore e del

servizio. Questo è un giorno

grande per l’umanità: si sta

per compiere il mistero della

nostra salvezza. La gente

riconosce Gesù come il

Messia atteso e dimostra

grande accoglienza nei suoi

confronti: lo aspetta agitando

le Palme, stendendo i mantelli

sulla strada, cantando:

”Osanna nel più alto dei

cieli”. Gesù è entrato in

Gerusalemme e oggi vuole

entrare nelle nostre famiglie e

nelle nostre comunità per

farci uscire dalle ingiustizie,

dalle paure, dalle chiusure,

così da vivere la gioia

dell’incontro con il Risorto.

24

LA PANIFICAZIONE

La parola del seminatore:

“Era una festa quando si panificava e a chiunque

varcasse la soglia di casa, mentre si sfornava, il pa-

ne veniva offerto in segno di ospitalità. Rifiutarlo era

una vera offesa, infatti vi era il detto che solo le stre-

ghe rifiutano il pane. Con lo stesso impasto del pane

venivano preparate, alla fine, forme particolari atte-

se con gioia dai bambini: bambole, galletti, cavallini,

fiori…”.

La famiglia si dedicava alla preparazione del pane in primavera e in autunno,

periodi in cui si trovava ad essere meno impegnata nei lavori agricoli. Si cer-

cava sempre di scegliere i giorni in cui la luna era in fase calante, perché il

pane si sarebbe conservato più

a lungo e una volta secco sa-

rebbe risultato friabile. Le fami-

glie che usufruivano di uno

stesso forno si accordavano in

modo da preparare il pane per

tutte nel giro di pochi giorni

continuativi; evitavano sprechi

di legna e sfruttavano l’aiuto

reciproco, mantenendo vivo il

senso della comunità.

I SIMBOLI DI OGGI:

L’IMPASTO E LA MADIA

9

Dal Vangelo secondo Matteo (17,1-9) In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo

fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu

trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue

vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro

Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi

essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per

Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube

luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube

che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio

compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono

presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse:

«Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se

non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a

nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia

risorto dai morti».

10

Nella liturgia di oggi troviamo Gesù che sale sul monte con

alcuni discepoli e lì, lontano da tutti, Dio lo trasfigura e ci indica

la strada della salvezza: ascoltare Gesù!

I due apostoli ascoltano questo messaggio che cambia la loro

vita. Tutti abbiamo bisogno di

“trasfigurarci” alla luce di quel Gesù che chiede di seguirlo. È

necessario credere che accogliere la Parola di Gesù, che ci

ama, significa incontrarlo, decidere di stare con Lui. Questo ci

deve cambiare la vita. Chiede fede e impegno, riflessione e

tanta fatica. Gesù ci fa capire che c’è bisogno della Sua luce

per saper amare e ascoltare.

Se incontriamo veramente Gesù, che trasforma la nostra vita,

siamo nella gioia.

Questa gioia non possiamo tenerla solo per noi, ma dobbiamo

portarla anche agli altri.

Riporto sul cartoncino

di colore giallo questa

forma e scrivo

all’interno la parola

chiave di questa setti-

mana che è FATICA e la

porto a Messa.

Utilizzo la stessa forma

anche per decorare la

mia tela che mi servirà

il giorno di Pasqua per

partecipare alla grande

festa di Gesù Risorto.

23

22

In questa domenica assistiamo alla Risurrezione di Lazzaro,

l’ultimo miracolo, quello che porterà i giudei alla decisione di

uccidere Gesù. Il dono della vita all’amico Lazzaro sta a

significare che la missione di Cristo consiste nel dare la propria

vita al mondo.

Vero uomo come noi, Gesù piange l’amico Lazzaro e lo

richiama dal sepolcro: assistiamo a una trasformazione, al

passaggio dalla morte alla vita.

Quello che avviene sulla tomba di Lazzaro è un segno, è un

miracolo che Gesù continua ad operare anche oggi, anche

per noi, fin dal giorno in cui, nel Battesimo, ci ha chiamati dalla

morte alla vita, dalle tenebre alla luce.

Gesù ridona la vita all’amico Lazzaro: lo fa perché gli vuole

bene e perché i suoi discepoli capiscano il messaggio “Io sono

la vita”. Sì, Gesù è la Vita, la Sua Parola è vita e salvezza.

Riporto sul cartoncino di

colore azzurro questa

f o r m a e s c r i v o

all’interno la parola chia-

ve di questa settimana

che è TRASFORMA-

ZIONE e la porto a

Messa.

Utilizzo la stessa forma

anche per decorare la

mia tela che mi servirà il

giorno di Pasqua per par-

tecipare alla grande fe-

sta di Gesù Risorto.

11

12

LA TREBBIATURA

La parola del seminatore:

”E ora bisognava staccare i chicchi dalla spiga, lo si

faceva nel fienile, si adagiavano i covoni di grano sul

pavimento e con il correggiato si batteva il grano. Oc-

correva una certa forza e i movimenti dovevano esse-

re sincronizzati con quelli dell’intero gruppo di lavoro

per evitare di mettere in pericolo se stessi e gli altri.

L’azione avveniva ritmicamente: una schiera solleva-

va il correggiato e l’altra lo abbassava e sotto i colpi i

chicchi schizzavano fuori dalle spighe. Questo ritmico battere risuonava nel

fienile, nel paese e si udiva anche da lontano. Si terminava la giornata con le

ossa rotte.”

La trebbiatura coinvolgeva non solo la famiglia direttamente interessata, ma

molte altre persone. Erano soprattutto i contadini dei poderi vicini, i quali, nel

sistema del reciproco scambio, facevano

fronte a quella giornata dove si richiedeva-

no un grande numero di braccia. Lo scam-

bio dei contadini era semplicemente

l’aiuto che si davano l’un l’altro: io vengo a

trebbiare da te e tu vieni a trebbiare da

me. Tutti e due risparmiavano e facevano

fede all’impegno che loro spettava nella

consuetudine. Per molti contadini, quindi,

le giornate di trebbiatura si moltiplicavano.

Era una giornata particolare dove regnava

l’armonia, dove i lavoranti intuivano

l’importanza dell’avvenimento e si finiva a

tavola con l’allegria che traboccava.

IL SIMBOLO DI OGGI:

IL CORREGGIATO

21

Dal Vangelo secondo Giovanni (11,3.5.17.32-35.39-45)

Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, colui che tu

ami è malato". Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando

Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepol-

cro.

Maria appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: "Signore, se tu

fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". Gesù allora, quan-

do la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con

lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: "Dove lo

avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". Gesù scoppiò in

pianto.

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al

sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse

Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto:

"Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni". Le disse

Gesù: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?".

Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti

rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre

ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché cre-

dano che tu mi hai mandato".

Detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". Il morto

uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un suda-

rio. Gesù disse loro: "Liberàtelo e lasciàtelo andare". Molti dei Giu-

dei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva com-

piuto, credettero in lui.

20

LA MACINATURA

La parola del seminatore:

“Il mugnaio era difficile confonderlo con altri lavora-

tori perché stando tutto il giorno a contatto con la

farina aveva sempre il viso e le mani ricoperte da

un velo bianco. Il mestiere del mugnaio era traman-

dato di padre in figlio, tutte famiglie dei dintorni gli

affidavano il loro grano e per questo era importante

che fosse onesto e bravo. Il lavoro era duro, spesso

sia di giorno che di notte in un ambiente freddo e umido. Il mulino era un

crocevia di persone, di incontri, di pettegolezzi e spesso il mugnaio

l’orchestratore di tanti discorsi.

Una volta ottenuto il grano pulito lo si portava al mulino per ricavarne farina

per pane e pasta. La macina era un attrezzo particolare e fondamentale. Il

grano veniva schiacciato da due pietre di granito in modo che non si surri-

scaldasse e la farina non subisse alterazioni. Infatti queste pietre avevano

un lento funzionamento che garantiva una

bontà singolare alla farina. Queste pietre

non erano scelte a caso. I mugnai erano

veri e propri artisti del mestiere, erano abili

artigiani che con martelli appositi, periodi-

camente, modificavano e praticavano degli

incavi sulla pietra orizzontale della macina.

Quest’incavi erano praticati al fine di otte-

nere una perfetta funzionalità della macina

e in modo da ottenere un prodotto farinoso

costantemente omogeneo. Il macinato ve-

niva messo nel grande setaccio che divide-

va la farina dalla crusca. Una volta setac-

ciata la farina veniva messa nei sacchi. .

IL SIMBOLO DI OGGI:

LA MACINA

13

Dal Vangelo secondo Giovanni (4,5-15) In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata

Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo

figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato

per il viaggio, sedeva presso il pozzo.

Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad

attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli

erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna

samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere

a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non

hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui

che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti

avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un

secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua

viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci

diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo

sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in

eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente

d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la

donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non

continui a venire qui ad attingere acqua».

14

Oggi Gesù presso il pozzo incontra la donna di Samaria.

Apparentemente è lui il viandante stanco ed assetato che

chiede aiuto e la Samaritana, con generosità, lo aiuta.

Invece questo è un incontro molto più profondo, difficile non

solamente da capire, ma molto più da vivere, da accogliere

per cambiare.

L’iniziativa di Gesù di parlare con la samaritana, chiedendole da

bere, ci fa capire l’importanza di creare relazioni con gli altri,

senza pregiudizi o condizionamenti.

Gesù rivolge la parola a una donna, per di più samaritana:

anche noi dobbiamo aver sete di Lui e lasciare che la Sua

acqua, cioè la Sua vita, disseti ciò che noi siamo. Quest’acqua

che riceviamo deve diventare sorgente per dissetare altri.

Questo ci fa capire che dobbiamo farci poveri nel chiedere e

nel saper ricevere dagli altri, anche da chi pensiamo che non ci

possa dare niente, e anche condividere questi doni.

Riporto sul cartoncino di

colore turchese questa

forma e scrivo all’interno la

parola chiave di questa set-

timana che è INCONTRO e

la porto a Messa.

Utilizzo la stessa forma

anche per decorare la mia

tela che mi servirà il giorno

di Pasqua per partecipare

alla grande festa di Gesù

Risorto.

19

18

Oggi il messaggio di salvezza arriva a noi attraverso il gesto di

Gesù che può aprirci gli occhi, come ha fatto col cieco nato,

ma bisogna che noi siamo ben disposti. A volte rimaniamo

arroccati sulle nostre posizioni, senza mai metterci in discussione;

ci è più comodo rimanere nel mondo che ci siamo costruiti a

nostra misura.

La nostra conversione costa e la luce mette in evidenza tutte le

cose nascoste, che spesso non vogliamo dire a nessuno e che

neppure noi vogliamo vedere. È Gesù che, come al cieco, offre

la vista a tutti, ci dà la possibilità di incontrare Dio e la libertà da

tutto quello che ci ostacola nel vedere e nell’entrare nella luce.

C’è bisogno che ancora oggi il Signore sputi in terra e, togliendo

il fango dai nostri occhi, faccia cadere tutto ciò che ci

impedisce di vederlo.

Riporto sul cartoncino di colore

rosa questa forma e scrivo all’interno

la parola chiave di questa settimana

che è LIBERTA’ e la porto a Messa

Utilizzo la stessa forma anche per

decorare la mia tela che mi servirà il

giorno di Pasqua per partecipare alla

grande festa di Gesù Risorto.

15

16

LA VAGLIATURA

La parola del seminatore:

”Il grano ammucchiato durante la battitura a mano

doveva poi essere pulito, eliminando i sassolini e i

frammenti di paglia e di spiga con i setacci . Venivano

usati prima quelli a trama larga e via via quelli ad

intreccio più fitto. Si crivellava a forza di braccia,

scuotendo l’arnese pieno di cereale”.

Successivamente si separavano i chicchi dal loro involucro, la pula, con la

vagliatura effettuata manualmente con il vaglio. Questa operazione richiedeva

di essere fatta all’aperto in una giornata particolarmente ventosa, in quanto

occorreva afferrare con le due mani il vaglio, appoggiarlo al basso ventre e

sollevarlo rapidamente per

gettare verso l’alto il contenuto e

raccoglierlo durante la caduta,

mentre il vento ne asportava la

pula. Tale modo di vagliare, che

spesso sfruttava la corrente

d’aria creata tra due abitazioni,

r i c h i e d e v a p e r s o n e d i

eccezionale prestanza fisica,

però la fatica era compensata

dalla pulizia quasi totale del

prodotto. Il grano veniva poi

passato, agitandolo avanti e

indietro nei setacci dalla trama

via via più fine.

IL SIMBOLO DI OGGI:

IL VAGLIO

17

Dal Vangelo secondo Giovanni (9,1.6-9.13-17.34-38) In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita;

sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli

occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che

significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora

i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un

mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere

l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno

che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il

giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.

Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato

la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi

sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano:

«Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri

invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo

genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco:

«Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?».

Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei

peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse:

«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore,

perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che

parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi

a lui.