perle di terra

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Programma di iniziativa comunitaria Leader più misura 3 azione 3.3 (commercializzazione valorizzazione e promozione del territtorio e dei suoi prodotti) del c.di p.˚Regione Marche - misura 4 azionee 4.10 (valorizzazione delle produzioni tipiche e della biodiversità) del p.s.l. Flaminia Cesano PERLEdiTerra Biodiversità, prodotti tipici ed enogastronomia delle valli del Cesano e del Metauro G ru p po A zion e L oc ale P.C.I. Leader+ Unione Europea Regione Marche

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La mostra "Perle di terra" è un'azione attuata dal G.A.L. Flaminia Cesano nell’ambito di un più vasto progetto finalizzato a valorizzare la biodiversità, le produzioni tipiche e la cultura enogastronomica nelle vallate del Cesano e del Metauro.

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Page 1: Perle di Terra

Programma di iniziativa comunitaria Leader piùmisura 3 azione 3.3 (commercializzazione valorizzazione e promozione del territtorio e dei suoi prodotti)

del c.di p. Regione Marche - misura 4 azionee 4.10 (valorizzazione delle produzioni tipiche e della biodiversità)del p.s.l. Flaminia Cesano

PERLEdiTerraBiodiversità, prodotti tipici ed enogastronomiadelle valli del Cesano e del Metauro

GruppoAzione Locale

P.C.I. Leader+Unione Europea Regione Marche

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Il progetto "perle di terra" promosso dal GAL "FlaminiaCesano” vuole sia dare un suggello all'attività svoltanella programmazione 2000/2006 in merito allavalorizzazione e promozione delle produzioni tipiche edella cultura gastronomica sia costituire il punto dipartenza per lo sviluppo di nuovi progetti per laprogammazione 2007/20013 che potrà estendersi ancheai nuovi comuni entrati a far parte del GAL.

Dopo lo studio e la pubblicazione del volume “l'aratro,l'aia e l'arola” fortemente voluto e realizzato da questasocietà e che ha ottenuto un grande successo del qualesenza falsa modestia andiamo orgogliosi, un convegnoe una mostra sui nostri prodotti tipici non potevano cheessere la migliore conclusione per promuovere il nostroterritorio, per riscoprire e valorizzare le tipicità e crearela consapevolezza di quanto questo settore possaesprimere in termini di sviluppo economico e diprospettive occupazionali.

L'attività svolta nell'ambito della biodiversità delterritorio ha consentito, tramite un'intensa attività diricerca, il recupero produttivo di numerose specie in via

di estinzione, come la pera angelica, il rafano di Barchi,il rosso Pergola, la cipolla di Suasa, la favetta di FratteRosa. Queste e tante altre sono le colture tradizionalitipiche che vanno protette come prezioso bene comuneculturale, ambientale ed economico.

Pensando alla realizzazione del progetto “Valorizzazionedelle produzioni tipiche e delle biodiversità” eranaturale riferirsi a prodotti preziosi, frutto della naturae dell'uomo, per questo è stato altrettanto naturaledefinire “perle di terra” i risultati che la terra, l'uomo,la sua fatica, la sua intelligenza producono e che, comele perle di mare, risultano preziose e ricercate.

La mostra ed il convegno "perle di terra", che vedonocoinvolte circa 40 aziende agricole ed agroalimentaridel territorio e che vedranno la partecipazione di espertidell'agricoltura e del turismo potranno rappresentareun momento di confronto con una nuova idea e unanuova filosofia che metta la cultura dell'esperienza alcentro del modello di sviluppo per ottenere nuoveimprese, nuovi turismi, nuovi saperi, per la creazione divalore nella nostra comunità locale.

Rodolfo RomagnoliPresidente

Gruppo Azione LocalePERLEdiTerraBiodiversità, prodotti tipici ed enogastronomiadelle valli del Cesano e del Metauro

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Cenni storici e tradizioniLa vallata del Cesano, da sempre per la sua fertilità èstata considerata un orto disteso lungo tutto il territorio,con variegato assortimento agronomico in grado diconnotare con colori diversi anche la sembianza stessadi un paesaggio inconfondibile. L’abilità degli orticoltoriè riuscita in tempi passati e recenti a radicare l’eccellenzadi alcuni prodotti tra cui quella particolare cipolla,coltivata da almeno più di un secolo, che ha identificatogli abitanti dei due borghi produttori, Castelleone diSuasa e San Lorenzo in Campo, come ricorda unatestimone della metà del secolo scorso: “noi in quelperiodo stavamo giù ‘l borghetto e coltivavamo la cipollae l’aglio sulle sponde del Cesano e dall’altra parte c’eranoquelli di Castelleone che facevano la stessa cosa”.I due paesi erano, in questa produzione, letteralmenterivali perché contrapposti nelle sponde dei due differentiterritori provinciali, di Ancona e di Pesaro e Urbino.Una testimonianza ricorda in proposito come in unafamiglia si rivolgeva a San Francesco, patrono diCastelleone, pregandolo di “far piovere sulle cipollenostre e non su quelle di (due famiglie che la coltivavanosulla sponda opposta del fiume) che loro non ne hannobisogno!”; la medesima richiesta era magari formulataa parti invertite dagli stessi dirimpettai “rivali”.Tra le altre memorie raccolte quelle di un’anziana signoradi San Lorenzo in Campo che fin da bambina erabravissima a confezionare le trecce: “La treccia d’aglioè di 50 capi , 25 per parte, si vendevano più cipolle cheaglio. Una volta mi hanno portato con loro alla fiera diFossombrone , una volta a Pesaro e una a Senigallia;quando è morto il por babbo abbiamo durato a piantarele cipolle perché venivano a casa a comprarle quellebelle trecce, io e la pora mamma non avevamo i mezziper portarle a vendere alla fiera”.La conservazione della cipolla sia a San Lorenzo in Campoche a Castelleone di Suasa avveniva con tempi e modisimili ma non uguali: a Castelleone si facevano le“mpingole”(mazzetti di cipolle che venivano appesi aun palo) mentre a San Lorenzo si facevano i “pajari”(lecipolle venivano ammassate tutte insieme).

Intere famiglie erano coinvolte in questo lavoro e tuttiavevano dei compiti diversi da svolgere: le donne eranobrave ad intrecciare le cipolle che poi venivano venduteal mercato dagli uomini; le persone anziane sono solitedire: “de giorno se fattigava per fa le trecce de copillae de notte se viaggiava per gi nte mercati”; spostandosiinfatti con carretti trainati da cavalli era necessariopartire la notte per essere al mattino presto al mercato.

Valorizzazione e consumoLa cipolla di Suasa si caratterizza per tuniche esternerosacee, molto dolci, il colore è vinaccia, la formasemibulbosa di calibro medio-grosso. La varietà prediligeterreni dal medio impasto tendenzialmente sciolti masi adatta anche a quelli argillosi purché freschi, profondi,ricchi di sostanza organica, con buona disponibilità diacqua.La raccolta avviene al momento dell’appassimento dellaparte aerea, a partire dai primi dieci giorni di luglio. Laproduzione media dei bulbi è di circa 30-35 tonnellateper ettaro.È indicata per il consumo fresco vista la sua scarsaconservabilità.Gli impieghi ottimali in tavola ed in cucina sono pertantoda cruda con il pane ed in insalata (perfettol’abbinamento con il tonno) e cotta alla brace, in umidocon patate e peperoni, in teglia, o come ingrediente perzuppe e minestroni, frittate, ricette di baccalà, e lapeculiare “cipollata” con zucchine in padella.Ogni anno l'associazione turistica “ProSuasa” organizzataa Castelleone di Suasa la tradizionale Festa della Cipolla,dove si cerca di diffondere questa specialità localemediante ricette più o meno tradizionali come leclassiche cipolle fritte o in agrodolce e la più stranamarmellata alla cipolla o il liquore alla cipolla.

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CIPOLLA DI SUASA

biodiversità

Page 4: Perle di Terra

Cenni storici e tradizioniFratte Rosa sorge tra le valli del Metauro e del Cesanoa 419 metri sul livello del mare su terreni fortementeargillosi denominati “lubachi”.L’eccessiva presenza di argilla ha favorito la costruzionedi “ case di terra” prima, delle pignatte e cocci poi,pratica artigianale caratteristica ed identitaria del paese,nonché la coltivazione di specie vegetali comedeterminate leguminose che ben si adattavanoall’ambiente.Nel tempo l’interazione tra le piante coltivate ed ilterreno così argilloso ha portato alla selezione di unaqualità di fava molto particolare, sicuramente derivanteda incroci spontanei fra favino e fava. La varietà localeche si è imposta nel tempo si distingueva dalle altre perla particolare dolcezza e tenerezza del grano anche apiena maturazione.Non è un caso che nella preziosissima documentazionestorica rappresentata dal repertorio visivo edall’iconografia delle nature morte del pittoresettecentesco fanese Carlo Magini si ritrovino sia gliinconfondibaili cocci color melanzana di Fratte Rosa siail baccello della fava di queste terre.Era una volta diffuso tra i residenti di Fratte Rosa il dettoche “la fava migliore è quella che viene dai lubachi”,non è una questione campanilistica ma un dato certodovuto alla natura argillosa dei terreni. Sin da tempiremoti, la fava veniva essiccata e quindi macinata,ricavando così una farina che era un surrogato preziosorispetto a quella pregiatissima ed in genere rivendutadel grano, ed a quella più umile del granturco, entratodal pieno Settecento tra le colture cerealicole piùimportanti di questa regione e di questo territorio.La farina di fava costituiva certamente una valida garanziacontro il rischio frequente di maltempo o calamità checausavano carestie e penuria dei raccolti principali digranaglie: tutte le principali pratiche e preparazionialimentari si sono pertanto adattate a questo specialesfarinato di legumi, dalla panificazione alla preparazionedi impasti vari, per minestre quando anche non perepisodici dolci. L’umile cucina tradizionale dei

contadini ed artigiani del borgo ha pertanto codificatonel tempo i “tacconi”, pasta ottenuta miscelando farinadi grano e di fave, con formati diversi.

Valorizzazione e consumoLa varietà predilige terreni argillosi e calcarei, profondie freschi. La concimazione è tipica delle leguminose confosforo e potassio all’impianto. Ideale, se reperibile, laconcimazione organica di fondo. La semina si effettuain ottobre in buche distanti tra loro 70/80 cm utilizzandocirca 200 kg/ha di semente. Le cure colturali riguardanopiù sarchiature seguite da rincalzature e scerbature.La raccolta avviene allo stato fresco per il consumoumano, a partire da maggio inoltrato ed è graduale.La produzione media è di circa 30 quintali per ettaro.Le fave fresche costituiscono una tradizionale merendaper le scampagnate di maggio con il formaggio pecorino.Le fave secche decorticate possono essere preparate inpurea condite con olio di oliva ed erbe aromatiche.Lo stufato di fave piccole si prepara con l'olio, l'aglio edel succo di limone. Tradizionali le fave in porchetta,cioè fresche un po' dure da farsi in umido e le fave inpotacchio, fave alle acciughe e al tonno, più varie erbearomatiche. Le fave lesse si condiscono con olio e aromivari.

Produttori- "I Lubachi" Fratte Rosa - Cell. 338 2329247

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FAVETTA DI FRATTEROSA O “FAVETTA DI LUBACO”

biodiversità

Page 5: Perle di Terra

Cenni storici e tradizioniLa pera angelica di Serrungarina rappresenta una dellepeculiarità più caratteristiche di un virtuale fruttetomarchigiano. Si tratta della pera angelica, frutto davveropregiato dall’area di produzione circoscritta appuntonel cuore della Valle del Metauro, tra le campagne diSerrungarina. È una pera di origine non precisata,inventariata da Gallesio nella sua “Pomona”, repertoriofrutticolo di inizio Ottocento. Risultava ancora moltodiffusa in Italia, soprattutto nel veronese e in Romagna,fino agli anni ’60. Nel comune di Serrungarina e in alcunicomuni limitrofi la coltivazione della pera Angelica èattestata dagli inizi del Novecento e persiste pressoalcuni agricoltori, che conservano esemplari di oltre 70anni.La voce raccolta di una ristoratrice storica del paesericorda e commenta: “Cinquant’anni fa quando io avevosei o sette anni venivano i camion rimorchi da Perugia,scaricavano i gabbiolini di legno e c’era un signore diqui che organizzava il tutto, raccoglievano quintali equintali di pere angeliche e venivano tutte esportate aPerugia, però Paci sapeva quando era il momento diraccoglierle, andava lui direttamente a vederle sul campoe diceva ai contadini quando raccoglierle, quella voltac’era la raccolta abbondante della pera angelica, adessosono rimasti cinque contadini uno più geloso dell’altroc’è competizione e non collaborazione”. Nelle casetradizionalmente le pere venivano conservate nelcosidetto “melaro”, un cesto ricoperto di paglia postotra le fronde degli alberi di gelso, in grado di mantenerea lungo la frutta.

Valorizzazione e consumoDi forma a goccia, appuntita in prossimità del picciolo,dalla buccia ruvida, lucida di colore giallo e rosso, polpachiara, granulosa e umida, dall’intenso sapore dolce,ideale per confetture, marmellate, sciroppi, liquori edistillati.La produzione richiede molteplici cure. Raccolta a fineagosto e nelle prima settimana di Settembre, si presentacome una piccola pera gialla dalla pancia rossa, molto

succosa e granellosa, ottima per antipasti, dolci, piccoledelizie salate da accompagnare agli aperitivi, primi esecondi piatti, presentate proprio in occasione della“festa della pera angelica”, un vero e proprio tripudioper questa prelibatezza che la natura ha dato alle terremarchigiane.Per l’occasione, nel centro storico di Serrungarina (doveè stato anche creato un monumento alla pera angelica,con un frutto dotato di ali in procinto di spiccare il volo),dentro le botteghe e nelle vie paesane vengonoriproposti modi e metodi per la conservazione del fruttoe consigli per la produzione di marmellate, condegustazione di prodotti tipici della zona, gruppi musicalie folcloristici e naturalmente, lei, regina della festa, lapera angelica da assaggiare in tutte le sue possibilicombinazioni.Di recente, anche la pera angelica è stata oggetto delprogetto di rivalutazione delle biodiversità in seguito alquale la coltivazione di questa varietà è molto aumentatatra i produttori della zona.Una parte del prodotto viene venduto fresco (circa il70%) e parte destinato alla produzione di marmellatedolci e salate, pere sciroppate, grappa. I produttori,insieme ai trasformatori e alla pro loco si sono riunitinell’Associazione Pera Angelica di Serrungarina,finalizzata a promuoverne la produzione e la diffusione.Un accordo con l’istituto alberghiero “Santa Marta”Pesaro ha dato la possibilità, agli alunni più brillanti, dielaborare nuove ricette e presentarle con successo allamanifestazione dedicata alla pera angelica che si tienea Serrungarina nel mese di settembre, abbinando cosìle ricette provenienti dalla tradizione paesana alle nuovetendenze culinarie. In armonia con la manifestazionealcuni esercizi pubblici del Comune, per tutto il mese disettembre, prepareranno piatti tipici, cocktail, drink,pasticceria, a base di pera angelica.

Produttori- "La Collina" Serrungarina - Tel. 0721 893001- "SI. GI" sas - Tel. 335 1253830

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PERA ANGELICA DI SERRUNGARINA

biodiversità

Page 6: Perle di Terra

Cenni storici e tradizioniIl rafano è da tempo immemore coltivato nelle campagnedi Barchi, e sono stati anche documentati nel tempoflussi di importazione verso il continente africano, ariprova dell’apprezzamento di questa produzione.Oltre che essere una pianta dalla valenza ornamentalevengono considerati per un'altra loro caratteristicadistintiva, ossia le grosse radici rizomatose chesviluppano sotto terra le piante con almeno 2 anni dietà e che sono molto apprezzate in cucina per il lorocaratteristico sapore piccante. Conoscendolo edinquadrandolo “come ravanello selvatico”, la tradizionebarchiese aveva anche codificato impieghi alimentaridelle parti verdi, in preparazioni e ricette che si stacercando di recuperate da una memoria in gran partedispersa.Fino a circa quindici anni fa, in questo territorio, datala particolare vocazione dei terreni, si producevanopiccoli lotti di sementi pregiate afferenti alle specieRaphanus sativus L. (ravanello coltivato) e Raphanusraphanistrum (ravanello Selvatico); la gente del luogo,come si evince da una recente indagine bibliografica hasempre considerato e utilizzato indistinatamente le duespecie.

Valorizzazione e consumoVista l’ampia diffusione del rafano in questo territorioanche in un passato recente, è emersa l’esigenza direcuperare la varietà originale del seme per ripropornela coltivazione.L’azione di recupero è stata effettuata in un primomomento attraverso ricerche bibliografiche sull’utilizzodel prodotto e sono state individuate tre specie di rafanolocali, coltivate o in crescita spontanea. È stato quindistudiato e caratterizzato il materiale genetico di questetre specie e sono stati messi a disposizione dei coltivatoridei lotti di sementi da utilizzare per le coltivazioni.Non c’è ancora una coltivazione a livello commercialedel prodotto.Pianta erbacea (Raphanus raphanistrum e Raphanussativus) della famiglia delle Crucifere, coltivata nelle

regioni a clima temperato per i tuberi radicalicommestibili. Se ne conoscono molte specie:eramolaccio, ramolaccio nero, ravanello.La radice viene asportata in autunno e si può conservarestratificata nella sabbia per mantenerla fresca o, piùspesso, si grattugia e si conserva in vasetti sotto aceto.Conosciuto anche come Barbaforte, Cren, Rusticano, ilrafano possiede varie qualità salutari. La radice, cottae consumata come verdura, apporta all’organismo unadiscreta quantità di proteine. Inoltre, ha buone qualitàantiscorbutiche. Come depurativo, anticatarrale e percombattere le bronchiti si può utilizzare l’infuso. Il rafanoha poi proprietà diuretiche che lo rendono prezioso neicasi di gotta e può essere usato efficacemente comerevulsivo. Basta far macerare la radice ridotta in poltigliacon della grappa, il composto così ottenuto va strofinatoenergicamente sulla parte malata per sciogliere il dolore.Si consiglia soprattutto negli strappi muscolari e neidolori artritici.La radice solitamente viene grattugiata e preparata invari modi: da sola, conservata sott'olio o aceto (preparatoin questo modo viene detto anche “cren”) o insieme asalse, senapi, mostarde. il rafano viene usato spessonella cucina orientale in versione wasabi, una salsatipica, ideale su carni bianche o verdure al vapore.

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RAFANO DI BARCHI

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Page 7: Perle di Terra

Cenni storici e tradizioniIl nome del vino deriva dalla cittadina le cui colline, dasecoli, ospitano questo vitigno portato dagli Eugubininel 1234 quando la fondarono chiamandola Pergola,dalla presenza di un pergolato di vite addossato adun'antica chiesa del Mille dedicata alla Madonna; latoponomastica ci conferma dunque la vocazione vinicoladella cittadina fin dall’antichità.La zona di produzione del vino Pergola D.O.C. è limitataall'area dell'alta e media Valle del Cesano comprendentei territori amministrativi dei comuni di Pergola, FratteRosa, Frontone, San Lorenzo in Campo e SerraSant'Abbondio.Con un recente decreto ministeriale (11 luglio 2005), ivini Pergola Rosso, Novello e Passito, sono divenuti diorigine controllata, ampliando così l’elenco dei grandivini italiani. Si tratta di un riconoscimento importantedestinato a quel nettare finora conosciuto localmentecon il nome di 'Vernaccia di Pergola', ad indicare laprovenienza da vigneti autoctoni che hanno come basequella particolarissima uva che prende il nome diAleatico.

Valorizzazione e consumoPiù di un decennio fa è iniziato da parte dell’IstitutoSperimentale Viticoltura di Conegliano in collaborazionecon il Comune di Pergola un programma di ricercafinalizzato all’identificazione caratterizzazione evalorizzazione del vitigno denominato in loco “Vernacciadi Pergola”. A seguito dell’attività di valorizzazionepromossa sono aumentate sia le aziende localiproduttrici, sia le coltivazioni e le produzioni che sonostate quadruplicate arrivando a raggiungere circa 30ettari di coltivazione e 2.000 ql di produzione di vino.La "vernaccia di Pergola" è un vino di colore rosso rubino,dal sapore secco, armonico, con notevole presenza diprofumazioni aromatiche; un bicchiere di Pergola Rossoracconta tutti i colori ed i profumi di questa terra: ilrosso rubino tendente al granato è quello che accendei campi d'estate e che ne accompagna il sonno dei boschidurante l'autunno; i profumi richiamano quelli dei frutti

rossi del sottobosco di queste colline.Il gusto è pieno ed armonico ma allo stesso tempocapace di donare al palato sensazioni fresche edaromatiche. Può essere vinificato anche nella tipologiaNovello, dal sapore morbido ed armonico, dal colorerosso rubino vivo con odore floreale tipico, come purein quella di Passito rivelandosi un delizioso vino dameditazione, dal colore rosso rubino tendente al granatocon odore intenso ed etereo, dal sapore dolce, morbidoe vellutato, da accostare a dolci come ciambelloni,biscotteria e crostate.Sprigiona le sue migliori qualità se consumato giovane.L'abbinamento ideale è con i tipici taglieri di salumi eformaggi non troppo stagionati consumati insieme aderbe di campo ripassate in padella con crescia di Pasquae pane cotti nel forno a legna o cresce sfogliate, conarrosti di carni bianche di animali da cortile, coratelladi agnello con aglio fresco e con lumache in porchettadei monti dell'Appennino.Apprezzato anche l’accostamento con zuppe di pesce,in particolar modo con il tipico Brodetto di Pescedell’Adriatico nelle sue molteplici varianti.

Produttori- “Cantina Terra Cruda" Fratte Rosa - Tel. 0721 777412- "La Morciola” San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776180- "Massaioli Michele" Pergola - Cell. 347 1737939- "Villa Ligi" Pergola - Tel. 0721 734351

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PERGOLA ROSSO DOC

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Page 8: Perle di Terra

Cereali e legumiNei secoli preunitari le Marche erano definite “il granaiodello stato pontificio”. Anche queste terre eranocaratterizzate dalla coltura di cereali, un tempo piùnumerosi, oggi invece più tendenzialmente relegati aprodotto di nicchia. Si ricordano l’orzo, il miglio, l’avenae naturalmente i più ampiamente diffusi, il grano e ilmais. Per quanto riguarda i legumi, tipiche del nostroterritorio sono le coltivazioni di ceci, fagioli e lenticchie,a cui si aggiunge quello delle fave, da cui si ricava lafarina per confezionare i celebri “tacconi” di Fratte Rosa.

Il farroSolo di recente, con i nuovi orientamenti della politicaagricola europea, la ricerca di produzioni alternative eun rinnovato interesse alimentare, il farro è tornato dimoda. Oggi è presente una consistente produzione difarro proprio in questo territorio, in particolare a SanLorenzo in Campo, facendo divenire questo cereale nonpiù soltanto di nicchia.

La pastaI contadini marchigiani erano nelle loro case discretiartigiani pastai: nella minestra di verdure sapevanoaggiungere formati piccoli di pasta, come le patacchelle,minuscoli quadretti confezionati con acqua e farina,perfetti nel minestrone ma soprattutto in minestra conle fave; con la farina di fave mescolata a quella di granosi preparano ancor oggi i tacconi, tagliati sia a grossoquadretto che a tagliatella. Nelle rustiche minestresoprattutto invernali erano spesso presenti i frascarelli,minuscoli granelli di acqua e farina che, non sottopostiad adeguata asciugatura, messi a cuocere nella minestrala trasformavano in una sorta di polentina che lardo,pomodoro e pecorino rendevano piacevole al palato.Sempre con farina e acqua si preparavano anche deipiccoli gnocchetti conditi con un sugo a base di lardo,aglio e pomodoro. Nei giorni di festa sulla tavola nonmancavano sontuose paste ripiene o specialità tipo ipassatelli, che proprio pasta non sono ma che questaassai bene sostituiscono nelle minestre a base di brodo

di carne: nelle Valli del Cesano e del Metauro, sipreparano anche con un poco di farina e hanno unparticolare profumo di limone. Spesso poi li troviamocolorati con il verde degli spinaci. Altra celebre pastadella festa erano le lumachelle, piccoli nidi di uova efarina nati, secondo la leggenda, alla corte granducaledei Montefeltro di Urbino, e per questo detti anche“lumachelle della contessa”, che necessitavano di ricchicondimenti a base di carne. Nelle famiglie benestantiper le grandi tavolate delle feste ricorrevano anche ivincisgrassi, chiamati qualche volta “mille foglie”.Questo timballo veniva preparato con un ragù di polloe funghi, ma le varianti in seguito sono state numerose:c’era chi vi aggiungeva i profumati tartufi della zonaoppure il prosciutto.

Il biologicoLe Marche, e per primo il nostro territorio, hannoraggiunto livelli di eccellenza anche grazie al radicarsigià dai primi anni ’70 di alcune aziende e cooperativebiologiche leader nel settore. Queste azienderappresentano senza dubbio la nascita del biologico inItalia. Hanno mediamente un indirizzo produttivocerealico - foraggero - zootecnico. Alla coltivazione deicereali (grano duro, grani antichi o orzo) alternano lacoltivazione di leguminose da foraggio (erba medica,favino o pisello proteico) o leguminose da granella (ceci,fagioli, lenticchie).

Produttori- "Alce Nero a.r.l." Isola del Piano - Tel. 0721 720221- "Guerrieri Dott. Luca" Piagge - Tel. 0721 890152- "I Lubachi" Fratte Rosa - Cell. 338 2329247- "Il Farneto" San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776469- "La Terra e il Cielo” Soc. Agr. Coop - Tel. 0731 981906- "Luzi Gianluigi & Andrea"San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776213- "Monterosso" San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776511- "Valentino prodotti biologici"San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776850

CEREALI E LEGUMI - PASTE

tipicità

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Page 9: Perle di Terra

Una provvista preziosaNell’antica società rurale il formaggio era risorsaimportante nelle dispense contadine. Nata comestratagemma per tesaurizzare il latte prodotto in eccessol’arte casearia forniva provviste appunto conservabilia lungo, alimento semplice ed anche importanteingrediente di cucina. In secoli più recenti, quando lachiesa ammise il consumo anche di latticini durante igiorni cosiddetti “di magro” poteva costituire anche unaprovvista strategica per quando andava osservato ilregime di astinenza dalla carne, ossia in quaresima edin avvento, nei venerdì e nelle vigilie. Nelle memorieraccolte da anziani ricorrono spesso merende e colazionicon pane e formaggio. Nelle case contadine erafrequente autoprodursi anche solo piccole forme dicacio, o altrimenti un quantitativo minimo di formaggiorappresentava una di quelle provviste irrinunciabili daacquistare alle fiere o ai mercati.

Espedienti per la conservazione del formaggioTra gli stratagemmi adoperati per mantenere a lungoin condizioni ottimali il formaggio ottenuto, in generecustodendo le forme in cantina o in ambienti freschi edombreggiati su mensole di legno, ricorre la tecnica dispalmarlo di olio. Nella raccolta di fonti orali si registranopoi altre espedienti come ricoprire i caci con cenere, oanche nel grano (come anche le uova), e avvolti in fogliedi noce, in una soluzione che non è affatto casuale,poiché ha la facoltà di prevenire la flora batterica e ditenere lontani gli insetti dannosi, e che nel tempo sicodifica in una produzione casearia caratteristica.

Produzioni di formaggio tradizionali e odierneI l pecorino (o anche il caprino, riscontratoparticolarmente ad Orciano ) stagionato in foglie di noceo di fico (e tenuto dentro botti), rappresenta una delletipicità di questo territorio, come ad esempio a Orciano,Pergola, Montemaggiore al Metauro, Fossombrone eSerrungarina. La tradizione si è poi nel tempo intrecciatacon sensibilità e sperimentazioni organolettiche egastronomiche più moderne: si confezionano pecorini

al peperoncino, al pepe ed al tartufo. Ad Orciano unproduttore ha poi proposto un formaggio nuovo epeculiare, concepito come un recupero virtualereinterpretato dal passato, secondo la nobile memoriadi un fondamento storico della cultura gastronomicaitaliana: da un documento basilare del tardorinascimento, ossia il monumentale ricettario del cuocopapale Bartolomeo Scappi è stato estrapolato ilriferimento ad un “cascio romagnolo in forma dilimoncello”, ideando così un formaggetto profumatocon la buccia dell’agrume. Nel tempo si è anche avviatauna caseificazione con latte di mucca: attualmentevengono segnalate le produzioni di caciotta vaccina aIsola del Piano, anche aromatizzata al peperoncino aMontemaggiore al Metauro, dove la si confeziona anchecon un peculiare caglio vegetale, preparato conl’infiorescenza del carciofo Cynara scolymus L. (attraversoi pistilli essiccati del fiore macerati in acqua tiepida);ovunque poi si producevano e si producono ancoranaturalmente formaggi con latte misto. Nel territoriodella provincia pesarese un altro riferimento epocale alCinquecento viene per la “casciotta d’Urbino”, formaggioapprezzato anche da Michelangelo Buonarroti, che haottenuto il marchio Dop. Altra produzione tipica localeè la ricotta. Il liquido residuale della preparazione delformaggio rimesso a ribollire nuovamente, era tra glialimenti più apprezzati e frequentemente e variamenteimpiegati in cucina: oltre che essere semplicementeconsumata a crudo con sale e magari pepe, potevaarricchire la frittata, essere impiegata come condimentodella pastasciutta o ripieno per certi formati di pastaall’uovo confezionati per le feste. Poteva diventareanche una merenda dolce mescolandovi zucchero emagari qualche goccia di liquore.

Produttori- “De Pau Luigi” Pergola - Tel. 0721 773071- "Fattoria della Ripa” Orciano - Tel. 0721 977605- "Fattorie Marchigiane"Montemaggiore al Metauro - Tel. 0721 87981- "Sotgia Cadoni" Pergola - Tel. 0721 735789

FORMAGGI

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C’era di sicuro un’aurea cordiale da convento femminilein molti di quei liquori dolci preparati nelle case borghesi,conservati con cura nelle bottiglie smerigliate dellecredenze, e preparate spesso con ricette custoditegelosamente. Vanno ricordati ad esempio i nettarizuccherini su base alcolica narrati e descritti dallastudiosa di Fossombrone Adele Rondini, come il rosolio,il liquore di cedrina, il “latte di vecchia” bianco o scuro(al cioccolato). Un riferimento dichiarato all’esperienzamonastica e poi presente in un prodotto di Serrungarinache cita un passaggio della Divina Commedia dove Dantedecanta la figura di San Pier Damiani e l’eremo diFontavellana: si parla di “cibi di liquor d’ulivi” facendoriferimento all’olio di oliva, condimento di costante“magro” che contraddistingueva la dieta ed il modellodi mensa monastica. Il “Liquor d’ulivi” che ora siconfeziona in particolare a Tavernelle di Serrungarina,dopo accurate ricerche, si ottiene dall’infusione di fogliee corteccia d’ulivo in alcol, con l’aggiunta di zucchero edi soli aromi naturali, attraverso un processo dilavorazione tradizionale che dura alcuni mesi.Un confronto con la cultura monastica è stato utileanche nella recente ideazione del particolare “Amarodi San Lorenzo”, creato per macerazione con 24 tra erbee spezie, tra cui la vugola chiamata anche, appunto,“erba di San Lorenzo”, ed anticamente usato secondosapienza dei frati come vulnerario o liquore daarchibugio, ossia balsamo non da ingestione ma da curadelle ferite. Anche i droghieri e rivenditori di generialimentari hanno sperimentato ricette, come ad esempioquel particolare liquore dolce e profumato che a Pergolaera impiegato da molte famiglie per aromatizzare latradizionale crescia dolce di Pasqua. L’esperienzacontadina ha invece perpetuato preparazioni piùconvenzionali, come le varie grappe e distillati prodotticon l’anice, ed il nocino tradizionalmente preparato coni malli di noci verdi raccolti nella notte di San Giovanniin prossimità del solstizio d’estate. Ma la preparazionecaratteristica in proposito della tradizione rurale diquesto territorio è la visciolata.È una bevanda dolce ed intensamente aromatica che è

riscontrata anche in trattati a stampa e ricettarimanoscritti del Seicento. Si ottiene per macerazione invino con zucchero dei frutti della visciola, sorta diamarena selvatica del genere Prunus cerasus.Conosciuto anche con l’impropria definizione di “vinodi visciole” ha colore rosso intenso e una buonagradazione alcolica (mediamente 14°-15°), dal gustoprevalentemente dolce e pertanto utilizzato come vinoda dessert, consentendo oltre che il consuetoabbinamento con dolci secchi e pasticceria fresca ancheper un possibile felice, e decisamente raro, connubiocon il cioccolato. Il frutto del prugnolo (prunus spinosa)è all’origine di un ulteriore liquore. Le denominazionisono diverse: “Prunus di Valle Rea” o “Lacrima di spinonero”, ma c’è anche chi l’ha denominato “Ratafià diprunus”. Ottenuto per macerazione di queste bacchenel vino, in genere vernaccia rossa di Pergola, conl’aggiunta di zucchero, per far rifermentare il tutto per4-5 mesi, e quindi filtrare, e lasciar riposare peraltri 4-5 mesi trascorsi prima di imbottigliare.

Produttori- "Erboristeria San Lorenzo in Campo"San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776426- "Fiorini Valentino" di Fiorini CarlaBarchi - Tel. 0721 97151- "Gentilini" di Gentilini Cesarino e Daniela"Pergola - Tel. 0721 735802- "Giuliano Berloni” - Serrungarina Tel. 0721 891202- "Guerrieri Dott. Luca" Piagge - Tel. 0721 890152- "I Lubachi" Fratte Rosa - Cell. 338 2329247- "La Collina” Serrungarina - Tel. 0721 893001- "Mariotti Cesare"Montemaggiore al Metauro - Cell. 333 2727594- "Massaioli Michele" Pergola - Cell. 347 1737939- "Rovelli Pietro” Pergola - Tel. 0721 736545- "Speranzini Giampaolo"Isola del Piano - Cell. 338 8611149- "Storoni Giuseppe" Fratte Rosa - Cell. 347 7436813- "Tonelli Corrado" Pergola - Tel. 0721 734105

LIQUORI E DISTILLATI

tipicità

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MieleNelle vallate del Cesano e del Metauro la produzionedel miele si è perpetuata nel tempo con sapienzaartigianale tramandata per generazioni.Il miele marchigiano possiede una qualità elevata,particolarmente per il prodotto proveniente dalle zonedell'alta collina e montane, dove viene ancora praticataun'agricoltura estensiva, dedita alla coltivazione di pianteforaggere quali la sulla, la lupinella e l'erba medica, chesono anche ottime piante nettarifere. Il miele prodottonel nostro territorio è dolce, poco aromatico e di colorechiaro, spesso ricercato anche per ingentilire altre varietàdi miele meno pregiati.Ha colore da extra bianco ad ambra chiaro (secondo laclassificazione impiegata nel commercio internazionale),di odore di debole o di media intensità, vegetale e/ofruttato e/o floreale, e/o vinoso e/o di leguminose e/odi girasole, e/o poco fine. Il sapore è variabile da delicatoa mediamente intenso, vegetale e/o fruttato, e/o dimiele di leguminose e/o di girasole, e/o leggermentearomatico, e/o poco fine (presenza di crucifere e/ocipolla). Oltre al millefiori, nel territorio si produconoanche mieli uniflorali quali: acacia, castagno, girasole,lupinella, melata, le cui caratteristiche chimico-fisiche,organolettiche e microscopiche rispondono ai requisitiprevisti dalla normativa vigente e dalle schede dicaratterizzazione dei mieli uniflorali.

Confetture e MarmellateAccanto all’essiccazione della frutta era espedientericorrente e laborioso quello di cuocerla: i trattati latiniparlano di marmellate fatte con l’impiego di mosto. Delresto bisogna ricordare come il succo d’uva bollito efatto ridurre e concentrare, come nella sapa o nel mostocotto (chiamato in questo territorio “vin cotto”)rappresenta una delle più antiche tipologie di conservadi frutta essa stessa. Non solo costituiva un particolaree goloso condimento per la polenta, ma rappresentavaanche anticamente un ingrediente per le marmellatestesse. Nelle famiglie contadine in effetti le marmellateerano anticamente frutta cotta con l’ausilio di pochissimo

zucchero (risorsa costosa, da comprare e nonautoprodotta), o in alternativa anche miele o sapa.Per le marmellate si prediligevano in genere qualità difrutta zuccherina difficilmente conservabile, come moreo fichi, oppure si perpetuavano soluzioni millenariecome la cotognata. Altre preparazioni utilizzavanoingredienti anche meno nobili come le bucce di melone.La marmellata di visciole è una delle marmellate piùpopolari della zona. La visciola è infatti un frutto moltoantico, di natura spontanea, molto diffuso in tutto ilterritorio. Altra marmellata tipica è quella di bacche dirosa canina. Tutto il nostro territorio è ricco di questebacche che crescono allo stato spontaneo. Il prodottolavorato si presenta come una purea di un rosso vinacciacon riflessi arancioni/dorati; il sapore è moderatamentedolce. Le bacche si raccolgono dopo la prima gelata, silavano e si vuotano della peluria interna e dei semi.Si mettono sotto zucchero o miele e qualche goccia dilimone, lasciando riposare tutta la notte.Il giorno successivo si fa bollire il tutto fino a completaperdita dell’acqua. Una vera e propria rarità, nonchéprelibatezza è rappresentata invece dalla confettura dipera angelica. Questa è prodotta appunto con la peraangelica, frutto coltivato esclusivamente in una ristrettaarea attorno al Comune di Serrungarina.

Produttori- "Fattoria San Michele" di Paola FabbriMondavio - Tel. 0721 979977- "Gentilini" di Gentilini Cesarino e Daniela"Pergola - Cell. 339 2961931- "Guerrieri Dott. Luca" Piagge - Tel. 0721 890152- "I Lubachi" Fratte Rosa - Cell. 338 2329247- "La Collina" Serrungarina - Tel. 0721 893001- "La Mieleria" San Lorenzo in Campo - Cell. 339 1744616- "La riserva del miele" Mondavio - Cell. 333 4133761- "Nicoletti Rodolfo"San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 775297

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MIELE E CONFETTURE

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Un’antica coltura in questo territorioNell’Alto Medioevo in tutta Italia ci fu una fortecontrazione della coltivazione degli uliveti. Per dare unsignificativo recupero ed un nuovo impulso a questaproduzione saranno determinanti i monasteri, che nonsolo necessitavano dell’olio come condimento - baseper una dieta in origine esclusivamente vegetariana,ma impiegavano questa risorsa anche per l’illuminazioneindispensabile negli scriptoria e per l’unzione sacranell’impartire i sacramenti. Non a caso i documentiregistrano un ruolo determinante in questo territoriodei monaci dell’eremo di Fontavellana, parlando didonazioni di terre con olivi ed uliveti nei pressi diMonteporzio, Castelleone di Suasa e Corinaldo.La regione è stata per secoli costellata di frantoi oltreche di mulini ad acqua; e nulla è per secoli cambiato nelsistema di estrazione dell’olio, fino al sopraggiungeredei moderni frantoi meccanici. I più numerosi sitrovavano nella zona di Cartoceto, ma ogni centro necontava più di uno: fino agli anni Settanta dello scorsosecolo, con l’antico sistema dei fiscoli (sorta di cestomorbido con foro centrale che veniva riempito con lapasta di olive schiacciate dalla macina) lavoravano ifrantoi di Serrungarina, Saltara, Montemaggiore alMetauro, Fossombrone, Isola del Piano, Montefelcino,Piagge, Sant’Ippolito, Barchi, Fratte Rosa, San Lorenzoin Campo, Frontone, Serra Sant’Abbondio e numerosialtri. Tra le memorie raccolte a riguardo un signoreanziano di Montemaggiore al Metauro ricorda come inautunno, quando si cominciava la molitura delle olive,ai frantoi si gustava l’olio novello con lo stoccafisso.

Olio Extravergine di Oliva Cartoceto DOPTerra di un olio DOP è Cartoceto, che gli storiciinquadrano come in origine centro abitato fondato daiCartaginesi sopravvissuti alla battaglia sul Metauro (enon a caso i punici assieme ai greci contribuirono a farconoscere ai romani l’ulivicoltura). Un documento delXIII secolo testimonia la più antica produzione oleariadi Cartoceto, che reca anche nella toponomastica traccedi questa coltura (una frazione si chiama Frantoio),

mentre l’amministrazione comunale si è fattaambasciatrice di questa coltura/cultura fondandorecentemente un Museo dell’olio, ed organizzandoormai dal 1977 un’importante mostra mercato, che sisvolge nei due primi week end di novembre. Il Comuneè poi tra i trenta soci fondatori dell'Associazionenazionale Città dell'Olio che dal 1994 ha definito ilproprio ruolo di tutela, di promozione e valorizzazionesia dell'ambiente e della cultura dell'olivo, che dellaqualità, dell'immagine e del piacere dell'olio.La zona di produzione dal comprensorio comunale diCartoceto si estende anche a Saltara, Serrungarina,Mombaroccio e parte del comune di Fano.Nel tempo l’olio extravergine di oliva Cartoceto DOP hadimostrato di possedere tutte le qualità solitamentericonosciute ad un buon extra vergine, il suo saporeinconfondibile rende irresistibilmente appetitosa ancheuna semplice fetta di pane tostato.

Produttori- "Berloni Giuliano” Serrungarina - Tel. 0721 891202- "Bonci Marco e Marcello"Serrungarina - Tel. 0721 898270- "Casa degli Olivi" Isola del Piano - Tel. 0721 720364- "Casa Merlaro" Mondavio - Cell. 333 7141822- "Falcioni Roberto"Orciano di Pesaro - Cell. 338 3017715- Frantoio "Olive Contardi"San Lorenzo in Campo - Cell. 333 3854209- "Giardini Denis" Cartoceto - Tel. 0721 899539- "Guerrieri Dott. Luca" Piagge - Tel. 0721 890152- "I Lubachi" Fratte Rosa - Cell. 338 2329247- "La Collina" Serrungarina - Tel. 0721 893001- "Mariotti Cesare"Montemaggiore al Metauro - Tel. 0721 891370- "Pagliari Giancarlo e Gabriele"Montefelcino - Tel. 0721 729335- "Storoni Giuseppe"Fratte Rosa - Tel. 0721 777198- "Tanfani Nello" Orciano di Pesaro - Cell. 338 3175897

OLIO

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L’inevitabile macellazione del maiale con il primo verofreddo dell’inverno veniva vissuta come momentoluttuoso: una celebrazione quasi rituale, un sacrificioduro e cruento. Dell’animale sgozzato si raccoglieva ilsangue, che veniva cucinato quasi al momento concipolle, o adoperato per la preparazione di dolci oggipressoché scomparsi, come “migliacci” o “sanguinacci”.Dell’animale macellato di fresco si mangiavano anchele interiora, cucinate nella “padellaccia” o comecondimento della polenta, chiamata così “con la robba”.Qualcuno poteva concedersi lo sfizio di mangiare anchequalche taglio nobile cotto al momento sul fuoco, comebraciole o bistecche ma quasi tutti raccoglievano i pezzidestinati a pratiche di conserva grazie all’arte del norcino(“pista” o “salata”).

Conserve suine di casa tra dispensa e cucinaLe salsicce preparate dal norcino o mazzarino venivanoall’inizio cucinate fresche e poi messe via per il restodell’anno, custodite sotto chiave, da qualcuno conservatesott’olio o anche nello strutto in un barattolo di vetro;arricchivano la polenta e le preparazioni di legumi.Nelle cucine più umili e guardinghe si conservava ancheun osso di maiale nei dintorni del camino, comunementechiamato “osso cunditor”, perché condiva ed insaporiva.Riguardo alle cotiche a Isola del Piano si ricorda che “siattaccavano su, e anche se diventavano rance d’estatesi mettevano nel sugo con i fagioli”.Tra le provviste di maiale era poi fondamentale il lardo,la cui durata era pressoché eterna.

Pratiche norcine e prodotti di salumeriaTra le molteplici preparazioni di norcineria esisteva unagerarchia dei prodotti comunemente riconosciuta: unposto di primissimo piano nell’apprezzamento collettivolo avevano i prosciutti, da sempre considerato il tagliopiù pregiato. Oltre ai prosciutti vengono appunto citatii “lombetti” (assimilabile a quel salume suino di solomagro oggi universalmente conosciuto come “lonzino”),ed i “capomazzi”, ancora oggi individuati come tipicitàdi San Lorenzo in Campo (carne del capocollo salata per

quarantotto ore, poi lavata con acqua e vino, ben pepata,condita con aglio, e poi insaccata nel budello di toro).Naturalmente va poi ricordata la lonza, marmorizzatadel rosso del magro e del bianco del grasso, insaccatoaromatizzato e lavorato con cura, considerato per pregiosecondo solo al prosciutto. In tutte le Marche si produceil salame cosiddetto lardellato. Tra gli altri salumicaratteristici del territorio va ricordato il soppressato diPergola, confezionato con carne magra di spalla ed ilventi per cento grasso di maiale, il tutto macinato econdito con sale, pepe macinato ed aglio tritato, perpoi essere insaccato, lasciato una settimana al caldo epoi infine stagionato per tre mesi. Vanno poi ricordatigli strozzafegato, dove al posto della carne magra simette del fegato accuratamente tritato, più pepe delsolito e finocchio selvatico a piacere. Particolaremenzione spetta al salame di "Frattula", dall'anticadenominazione medioevale dell'area posta sulla spondadestra della bassa valle del cesano, in cui, dalla sapienzadei monaci avellaniti antichi proprietari delle terre,nasce la storia dell'omonimo insaccato che si caratterizzaper l'impiego di erbe aromatiche particolari quali timoe serpillo. Tra i salumi, da ricordare sono quelliconfezionati con parti tutt’altro che nobili, come adesempio i cosiddetti “ciambudei”. C’era un utilizzoappropriato anche per alcune parti del cranio del maiale:gli abitanti di Pergola erano chiamati “mangiamusetti”per questa loro predilezione, e nella cittadina come unpo’ in diverse parti di questo territorio viene chiamata“testacotta” quel particolare insaccato chiamato nelresto delle Marche “coppa di testa”, ossia le carniricavate dal capo cucinate a lungo con vari aromi edingredienti nobilitanti.

Produttori- "Bonci Marco e Marcello"Serrungarina - Tel. 0721 898270- Corte marchigiana soc. agr. - Tel. 071 74441- Salumificio "Bartera di Saudelli e Cardinetti s.n.c."Orciano di Pesaro - Tel. 0721 976232

SALUMI

tipicità

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Cenni storiciIl tartufo ha nelle Marche radici storiche antichissime,e per certi particolari territoriali rappresenta un elementopiù che distintivo addirittura identitario.Documenti recano la memoria del banchetto ricco diportate guarnite con tartufo nero, offerto ad Acqualagnaa Lucrezia Borgia nel 1502 durante il viaggio verso Ferraraper raggiungere il terzo marito Alfondo D’Este. Nellamedesima Acqualagna quattro anni dopo è attestatoun altro illustre e sontuoso convito, con piatti al tartufobianco, imbandito per papa Giulio II che si recava inguerra contro Bologna.Dovendo assolutamente ricordare anche nella storiapiù recente la passione risaputa di Mussolini per le uovacon lamelle di tartufo che gustava voracemente nellatrattoria del Furlo, sosta obbligata per i suoi viaggi daRoma verso Nord, si delinea appunto un’ideale via deitartufi che seguendo la direttrice della vallata delMetauro giunge fino a Fossombrone, dove le memoriedella scrittrice Adele Rondini riportano ricette varie, tracui i crostini Candiracci, storico ristorante al Passo delFuelo, o preparati “alla parmigiana” secondo una ricettadello storico di Piobbico Delio Bischi, ed anche il ricordodi quella “vecchietta che scendeva dalla Cesana con duefazzoletti a scacchi bianchi e turchini legati incrociati”con dentro i tartufi.

TipologieDa Serra Sant'Abbondio per giungere a Fossombrone,il tartufo si trova in grandi quantità: in montagna, datala presenza di querce, per quanto riguarda le speciearboree, e di calcare, per quanto riguarda lacomposizione dei terreni, è particolarmente facile trovaretartufi neri; più a valle, sempre grazie a specie arboreequali querce, salici, pioppi ecc, ed i relativi terreni marnosie marnoso-argillosi si trova il tartufo bianco. Le quotepiù favorevoli per lo sviluppo dei tartufi vanno dai 200ai 700 metri sul livello del mare. Per questo la terradell’alta valle del Cesano costituisce un ottimo habitatnaturale dove si possono trovare tutte le varietà ditartufo: il “bianco” (tuber magnatum Pico, il più ricercato)

raccolto da ottobre a dicembre, il “nero pregiato” (tubermelanosporum) da dicembre a febbraio; lo “scorzone”(tuber aestivum).

Impieghi tradizionali e moderniNelle case modeste, contadine o piccolo-borghesi, chiaveva la fortuna di trovare un tartufo lo metteva aconservare nella scatola del riso, aspettando il momentomigliore per consumarlo ed intanto preparando minestree risotti con un aroma inconfondibile e prezioso. Nellanostra regione a codificare impieghi nobili in cucina peril tartufo sono stati, sulla scia dei raffinati modelligastronomici d’Oltralpe, i primi ricettari a stampa, tracui il testo settecentesco di Antonio Nebbia “Il CuocoMaceratese”, di cui è conservata un’edizione originalealla biblioteca Guazzagli Marini di Pergola. Oggi alcuneaziende utilizzano quelli di piccole dimensioni per laproduzione di creme di tartufo, burro e olio al profumodi tartufo, confezioni di tartufi estivi trifolati, crememiste di funghi, olive e tartufi, fondute di formaggi altartufo.

ProduttoriCentro raccolta tartufi "Isidori di Isidori Paolo"Pergola - Tel. 0721 735790

TARTUFO

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Anche nel bel mezzo di vicende che avrebbero segnatoil corso della storia, le qualità tonificanti dei vinimarchigiani non passarono inosservate. Come ricordalo storico Polibio, ai Cartaginesi i vini marchigianipiacquero così tanto che nell’afosa vigilia della battagliadel Metauro (207 a.C.) l’esercito di Asdrubale si preseuna solenne sbornia, che forse provocò la sconfittacartaginese e la salvezza di Roma.Da allora sono cambiate tante cose, anche i vinimarchigiani sono cambiati, o meglio sono evoluti.Oggi la viticoltura è una delle attività di maggior successo,sempre più aziende di piccole e medie dimensioni stannoemergendo nel panorama dei vini più apprezzati dalpubblico. La produzione vinicola registrata nel territoroè varia e ampiamente riconosciuta: si va dal Bianchellodel Metauro, ideale come aperitivo e per accompagnarepietanze a base di pesce, al Vino dei Colli Pesaresi nelleversioni bianco, Trebbiano e Biancame (ancora peraccompagnare il pesce) e nelle tipologie rosso eSangiovese (per le carni), e naturalmente il PergolaRosso Doc.

BIANCHELLO DEL METAURO

Cenni storici e area di diffusioneIl Bianchello del Metauro prende il nome dal vitignoBiancame con cui è prodotto e dal fiume Metauro, lungole cui rive viene coltivato. Si tratta di un vino dalla storiamolto antica : Tacito ritiene addirittura che il Bianchelloabbia avuto un ruolo importante durante l'invasionedei cartaginesi. Secondo lo storico latino, infatti, l'esercitodi Asdrubale venne sconfitto proprio a causa del troppovino bevuto. Per quanto riguarda i nostri giorni, l'iniziodella sua valorizzazione risale al 1969 con l'ingresso trale DOC d'Italia. Nonostante la zona nord della RegioneMarche sia la meno vocata alla produzione di vino intermini di terreno, morfologia e microclima, ciò non haimpedito agli enologi locali di ottenere vini con unapersonalità tutta loro e non copie di altri più conosciuti.Da qualche anno a questa parte il Bianchello del Metauroè riuscito a ricavarsi una fetta di mercato abbastanza

rilevante, che ha permesso alle aziende nuoviinvestimenti ed una conseguente crescita della qualità.

BIANCO E ROSSO DEI COLLI PESARESI SANGIOVESE

Cenni storici e area di diffusioneLa denominazione DOC dei Colli Pesaresi è nata nel 1972grazie all'impegno dei produttori locali, che volevanofortemente dare un'impronta vitivinicola al loroterritorio. Nonostante non si sia in presenza di un vinodal passato molto conosciuto, recentemente si è avutauna valorizzazione grazie soprattutto alla versione rossosangiovese. Relativamente al Rosso dei colli Pesaresi èil caso di sottolineare la singolare disputa avvenuta trapesaresi e romagnoli per fregiare la DOC con il termineSangiovese. Disputa che è stata vinta poi dalla provinciamarchigiana grazie all'istituzione della DOC Colli Pesaresi.La zona di produzione dei Colli Pesaresi comprende unavasta area della provincia di Pesaro.

Produttori- “Cantina Terra Cruda" Fratte Rosa - Cell. 333 4798915- "Fiorini Valentino" di Fiorini CarlaBarchi - Tel. 0721-97151- "Guerrieri Dott. Luca" Piagge - Tel. 0721 890152- "La Collina" Serrungarina - Tel. 0721 893001- "La Morciola” San Lorenzo in Campo - Tel. 0721 776180- "Mariotti Cesare"Montemaggiore al Metauro - Cell. 333 2727594- "Metauro vini"Montemaggiore al Metauro - Tel. 0721 895101- "Pagliari Giancarlo e Gabriele"Montefelcino - Tel. 0721 729335- "Savelli Elio"S. Andrea di Suasa - Mondavio - Tel. 0721 828265- "Speranzini Giampaolo"Isola del Piano - Tel. 0721 729207- "Villa Ligi" Pergola - Tel. 0721 734351

VINI DOC

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INFO:FLAMINIA-CESANO S.r.l.V.le Martiri della Libertà, 3361045 Pergola (PU)Tel. 0721 740574 - Fax 0721 [email protected]

Gruppo Azione Locale

Supervisione e redazione dei contributidi carattere storico di Tommaso Lucchettiin collaborazione con Ecstra.

Gli elenchi dei "produttori" inseriti in questabrochure sone relativi alle sole aziende chehanno aderito al bando per la mostra "perledi terra" del Gal "flaminia Cesano.