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PIANO INTEGRATO LOCALE degli interventi di PROMOZIONE DELLA SALUTE Anno 2015 ASL DI BRESCIA

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PIANO INTEGRATO LOCALE

degli interventi di PROMOZIONE DELLA

SALUTE

Anno 2015

ASL DI BRESCIA

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INDICE

PREMESSA pag. 02

PIANO AZIENDALE PER LA PROMOZIONE DI CORRETTE ABITUDINI ALIMENTARI E DELL’ATTIVITA’ FISICA pag. 03

La promozione dell’allattamento materno pag. 04

Progetti di alimentazione con gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie pag. 05

Snack consapevoli pag. 07

Capitolati d’appalto: una risorsa per promuovere una sana alimentazione pag. 08

Promozione dell’attività fisica negli alunni delle scuole primarie pag. 09

Promozione dei gruppi di cammino pag. 10

Con meno sale nel pane c’è più gusto e guadagni in salute pag. 12

PIANO AZIENDALE PER LA PREVENZIONE DEL TABAGISMO pag. 13

Grazie non fumo. Utilizzo del minimal advice nella rete dei servizi del Sistema Sanitario Regionale pag. 14

PIANO AZIENDALE PER LA PREVENZIONE DELL’INCIDENTALITÀ pag. 16

La prevenzione degli incidenti domestici nei bambini 0-4 anni pag. 17

La prevenzione degli incidenti domestici negli anziani pag. 18

La prevenzione degli incidenti stradali pag. 19

GLI ALTRI PROGETTI pag. 22

La rete per la prevenzione delle dipendenze pag. 23

Life skills training program pag. 23

Unplugged pag. 24

Spazi di ascolto pag. 25

La rete delle scuole che promuovono salute pag. 27

Salute in comune pag. 27

La rete delle aziende bresciane che promuovono salute pag. 28

Caleidoscopica Adolescenza. Progetto di promozione alla salute affettiva e sessuale negli studenti della scuola secondaria di secondo grado pag. 29

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PREMESSA

Il presente piano, strutturato per promuovere salute e stili di vita sani nella popolazione con interventi per i quali sia dimostrata l’efficacia, contiene azioni che agiscono su molti livelli (conoscenze, competenze, ambiti di vita e politiche) e che costituiscono la continuazione di quanto avviato negli anni precedenti. La programmazione 2015 degli interventi di promozione della salute si basa pertanto sul proseguimento di quanto avviato a livello locale e in coerenza con i macro obiettivi (MO) previsti dal Piano Nazionale della Prevenzione, in particolare: − MO1 - Ridurre il carico prevenibile ed evitabile di morbosità, mortalità e disabilità delle malattie

non trasmissibili; − MO3 - Promuovere il benessere mentale nei bambini, adolescenti e giovani; − MO4 - Prevenire le dipendenze da sostanze e comportamenti; − MO5 - Prevenire gli incidenti stradali e ridurre la gravità dei loro esiti; − MO6 - Prevenire gli incidenti domestici e i loro esiti. La strategia delle azioni contenute è quella di promuovere stili di vita sani affinché il cittadino sia sempre più protagonista e capace di intervenire in modo informato sulla salute propria e collettiva, nel segno dei principi generali promossi dall'OMS, sostenendo il passaggio da una prevenzione basata sui rischi ad una promozione attiva dei "determinanti di salute". Inoltre, nella consapevolezza che comportamenti e stili di vita non sono ascrivibili solo a scelte e responsabilità individuali, ma anche e soprattutto a determinanti ambientali e a condizioni e pratiche sociali, gli interventi previsti considerano l’agire in questi contesti condizione imprescindibile per meglio sostenere l’adozione di comportamenti e stili di vita protettivi per la salute. Il Piano, perciò, contempla progetti volti sia a modificare i comportamenti individuali non salutari sia a creare le condizioni ambientali atte a favorire l’adozione di corretti stili di vita, individua singoli piani aziendali che adottano un approccio per ciclo di vita e setting (scuole, ambienti di lavoro, comunità locali, servizio sanitario), e che prevedono il coinvolgimento (empowerment di comunità) di tutti i livelli interessati, dai responsabili politici alle comunità locali. Per quanto riguarda la struttura del documento, anche questa edizione del Piano Integrato Locale degli interventi di Promozione della Salute mantiene la stessa organizzazione data al Piano negli ultimi anni. È organizzato in 3 Piani Aziendali tematici (La promozione di corrette abitudini alimentari e dell’attività fisica; La prevenzione del tabagismo; La prevenzione dell’incidentalità) e in una sezione che contempla progetti che sviluppano azioni diversificate ma collegate e coerenti con le aree tematiche dei Piani Aziendali. Inoltre, parte integrante del Piano Integrato Locale degli interventi di Promozione della Salute è il Piano Locale Prevenzione Dipendenze (decretato come allegato al PIL 2014 con valenza biennale), le cui azioni vengono sviluppate e consolidate anche nel 2015. Ogni sezione include singoli progetti che si aprono con una breve introduzione che descrive il razionale, cioè la motivazione delle scelte di programmazione contenute nel Piano, le prove di efficacia e le buone pratiche e le azioni programmate per perseguire gli obiettivi individuati.

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PIANO AZIENDALE PER LA PROMOZIONE

DI CORRETTE ABITUDINI

ALIMENTARI E DELL’ATTIVITÀ FISICA

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DIAGNOSI DI CONTESTO I dati relativi ai bilanci di salute del 2013 effettuati dai Pediatri di Libera Scelta su 20.238 bambini al di sotto dei 24 mesi, evidenziano che:

− il 7,9% dei bambini è sottopeso (8,1% nel 2012); − il 77,3% è normopeso; − l’8,9% è sovrappeso (8,8% nel 2012) e il 5,6% è obeso (5,8% nel 2012); − nei bambini stranieri si registra una maggior prevalenza di magrezza (9,6% vs 7,9%).

Come per il 2012, anche nel 2013 sono state raccolte informazioni relative all’allattamento materno per 6.999 bambini dalle quali è emerso che, complessivamente, il 21,6% dei bambini non ha mai assunto latte materno in maniera esclusiva (22.5% nel 2012), percentuale che è significativamente inferiore negli stranieri (13,5% vs 24,1%). Tra italiani e stranieri si nota una significativa differenza nella durata media dell’allattamento materno: nel 30% dei bambini italiani l’allattamento materno esclusivo viene interrotto entro il 3° mese, mentre più del 50% degli stranieri lo continua anche dopo il 6° mese, con una durata media di 7,3 mesi, contro i 6,1 mesi degli italiani. Dal 2009 al 2013 c’è stato un aumento nella percentuale di bambini con allattamento materno esclusivo. Il forte aumento registrato dopo il primo anno d’osservazione può dipendere dal fatto i dati raccolti nel 2009 presentavano alcune incongruenze. Dal 2011 si nota che per gli stranieri non ci sono state variazioni, mentre c’è stato un aumento della percentuale di bambini italiani con allattamento materno esclusivo. Da due anni l’ASL di Brescia ha avviato un processo con l’Ordine dei Farmacisti, Federfarma e le Amministrazioni Comunali finalizzato a creare nelle farmacie e nelle sedi dei comuni spazi dove le donne possano allattare. Alla fine del 2014 l’11% delle Amministrazioni Comunali e il 12.6% delle farmacie hanno creato nelle loro strutture spazi dove le donne possono allattare. I dati di contesto e il processo avviato spingono l’ASL a mantenere l’attenzione sul tema dell’allattamento continuando a promuovere le azioni nel 2015. PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che i bambini vengano allattati esclusivamente al seno per i primi sei mesi di vita e consiglia di proseguire, in associazione con un’adeguata alimentazione complementare, anche fino ai 2 anni e oltre se mamma e bimbo lo desiderano. Tra le buone pratiche promosse dall’Unicef rientrano il sostegno alle madri, la protezione, l’avvio e il mantenimento dell’allattamento al seno e la creazione di ambienti accoglienti per favorirne la pratica. DESTINATARI 1. Donne; 2. Farmacisti; 3. Amministrazioni Comunali. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare la percentuale di bambini che assumono latte materno in maniera esclusiva;

PROMOZIONE DELL’ALLATTAMENTO MATERNO

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2. Creare nelle farmacie e nelle Amministrazioni Comunali ambienti accoglienti per favorire la pratica dell’allattamento al seno.

INDICATORI 1. Percentuale di bambini che assumono latte materno in maniera esclusiva; 2. Percentuale di farmacie e Amministrazioni Comunali che creano ambienti accoglienti per la

pratica dell’allattamento materno RISULTATI ATTESI 1. Almeno l’80% dei bambini assume latte materno in maniera esclusiva; 2. Almeno il 5% delle farmacie e delle Amministrazioni Comunali creano, nelle loro strutture,

ambienti accoglienti per favorire la pratica dell’allattamento al seno. AZIONI 1. Realizzazione di incontri a tema dedicati all’interno dei corsi di accompagnamento alla nascita; 2. Realizzazione, per le donne che non partecipano agli incontri a tema dedicati, di incontri di

gruppo, in gravidanza, dedicati esclusivamente all’allattamento al seno e alla sua gestione; 3. Attività di gruppo nel percorso post nascita; 4. Counselling individuali in gravidanza; 5. Realizzazione di incontri con le farmacie e le Amministrazioni Comunali aderenti finalizzate a

condividere l’importanza di creare, nelle loro strutture, ambienti favorevoli alla pratica dell’allattamento al seno;

6. Creazione, da parte delle farmacie e delle Amministrazioni Comunali aderenti, di ambienti favorevoli alla pratica dell’allattamento al seno;

7. Predisposizione ed affissione di materiale di comunicazione in tutte le strutture coinvolte (consultori, strutture del Sistema Sanitario Regionale, farmacie e Amministrazioni Comunali).

8. Formazione ad un primo ascolto della mamme degli operatori delle farmacie; 9. Elaborazione di un unico protocollo tra servizi territoriali e punti nascita per promuovere,

sostenere e tutelare l’allattamento materno. La promozione di una sana alimentazione a partire dalle fasce di età più giovani trova supporto nei bilanci di salute di 22.451 bambini oltre i 24 mesi d’età pervenuti nel 2013, i quali, in base all’Indice di Massa Corporea, risultano così distribuiti: − il 68,5% dei bambini è normopeso (68,2% nel 2012); − il 12,9% è sovrappeso (12,5% nel 2012) e il 3,9% obeso (4,0% nel 2012); − il 10,9% è sottopeso moderato e un ulteriore 3,8% ha una grado severo di magrezza (11,4% e

3,9% nel 2012); − la proporzione di sovrappeso/obesità è significativamente maggiore nelle femmine (17,4% vs

16,2%). Dal 2009 (primo anno di sperimentazione del monitoraggio) ad oggi è diminuita la proporzione di bambini in eccesso ponderale, probabilmente in seguito ad un cambiamento nella popolazione assistita, più che a una diminuzione dell’indice di obesità nel singolo bambino. Per tale ragione, anche nel 2015 si intende continuare a promuovere progetti finalizzati a prevenire l’obesità e iI sovrappeso negli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.

PROGETTI DI ALIMENTAZIONE CON GLI ALUNNI DELLE SCUOLE DELL’INFANZIA E DELLE SCUOLE PRIMARIE

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PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Le agenzie nazionali e internazionali preposte alla salute sottolineano l’importanza di sviluppare iniziative multisettoriali per promuovere sane abitudini alimentari, prevenendo in tal modo sovrappeso e obesità fin dall’infanzia, attraverso il coinvolgimento dei portatori d’interesse della comunità. Gli interventi di promozione della sana alimentazione devono essere rivolti ai giovani, in quanto infanzia e adolescenza sono le principali età critiche per l’esordio dell’obesità, durante le quali, però, si è maggiormente aperti a nuove esperienze e quindi più predisposti a modificare i propri comportamenti in senso più salutare, favorendo analoghi miglioramenti in seno alle famiglie. Inoltre, eventuali comportamenti virtuosi acquisiti dai piccoli hanno maggiori probabilità di essere mantenuti da adulti. La scuola è l’ambiente ideale per svolgere tali interventi poiché rappresenta il luogo dove è possibile arrivare a tutti i bambini; inoltre, si raggiunge lo stesso livello di informazione e di esperienze indipendentemente dal livello socioculturale delle famiglie. E’ estremamente importante coinvolgere gli insegnanti, le famiglie e gli altri “cittadini competenti”, fin dalla programmazione dei progetti educativi, per facilitare il sostegno e la partecipazione attiva di tutti. Sono, inoltre, necessari interventi multidisciplinari che riguardino i curriculum scolastici, la condivisione di scelte alimentari salutari, l’adeguatezza qualitativa della ristorazione scolastica, la diffusione di merende equilibrate, l’attenzione da porre ai messaggi pubblicitari, la promozione di merende del mattino salutari e la diffusione del consumo di frutta e verdura. DESTINATARI 1. Alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie; 2. Genitori. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare la conoscenza e la disponibilità all’assaggio di frutta e verdura negli alunni delle

scuole dell’infanzia e della scuola primaria; 2. Aumentare nei genitori l'attenzione sull'importanza del consumo quotidiano di frutta e verdura; 3. Promuovere nelle scuole l’adozione di menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di

Brescia.

RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 90% dei bambini dichiara di conoscere la frutta e il 70% la verdura; 2. Incremento del 10% di alunni che sono disponibili all'assaggio di frutta e verdura; 3. Almeno il 50% dei genitori collabora nella realizzazione dei progetti realizzati a scuola e

incrementa le porzioni di frutta e verdura proposte ai propri figli; 4. Tutte le scuole adottano menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di Brescia.

INDICATORI 1. Percentuale di bambini che dichiarano di conoscere frutta e verdura; 2. Percentuale di bambini che si sono dimostrati disponibili all’assaggio; 3. Percentuale di genitori coinvolti che collabora nella realizzazione dei progetti realizzati a scuola

e che incrementa le porzioni di frutta e verdura proposte ai propri figli;. 4. Nr. di scuole che adottano menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di Brescia. AZIONI 1. Realizzazione di percorsi educativi con gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole

primarie secondo il Modello Lombardo delle Scuole che Promuovono Salute; 2. Adozione, da parte delle scuole, di menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di

Brescia.

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DIAGNOSI DI CONTESTO Il consumo di uno spuntino tra i pasti principali si caratterizza come un’abitudine sempre più diffusa, soprattutto per quanto riguarda bambini e ragazzi in età scolastica. Questa consuetudine non è di per sé dannosa, tuttavia, dai dati dell’indagine campionaria nazionale “OKkio alla Salute” del 2012, emerge che il 65% dei bambini consuma, a metà mattina, una merenda eccessivamente abbondante. Anche i dati di contesto locale ricavati dall’indagine campionaria sugli “Stili di vita nell’ASL di Brescia” svolta nel 2012, permettono di capire come la scelta di alimenti salutari, quali frutta e verdura, rappresenti un aspetto critico: infatti il 17,3% dei giovani intervistati ha dichiarato di consumare raramente o mai verdura e il 13,1% di consumare raramente o mai frutta. Nel 2015 si intende dare continuità a quanto avviato negli anni precedenti coinvolgendo non solo le scuole secondarie di secondo grado ma avviando un processo anche con le scuole secondarie di primo grado che hanno al loro interno distributori per alimenti, anche se a disposizioni solo del personale docente e non docente. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE La letteratura raccomanda quali interventi di provata efficacia che mirano alla modifica/influenza dei comportamenti scorretti (scelte alimentari non sane e scarsa attività motoria) alla base del rischio di sovrappeso ed obesità per tutte le fasce d’età, quegli interventi svolti in ambito scolastico che prevedono la modifica/miglioramento della gestione dei pasti/spuntini e che si articolano nella disponibilità di cibi a basso contenuto calorico nella mensa, nei distributori automatici, nei bar interni agli Istituti Scolastici. DESTINATARI 1. Dirigenti scolastici; 2. Studenti. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Condividere con i Dirigenti Scolastici le Indicazioni per la stesura dei capitolati d’appalto per la

distribuzione automatica; 2. Condividere con le Amministrazioni Comunali le Indicazioni per la stesura dei capitolati

d’appalto per la distribuzione automatica 3. Promuovere negli studenti atteggiamenti più consapevoli verso la necessità di compiere

corrette abitudini alimentari nella scelta degli spuntini. RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 10% degli Istituti Scolastici rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione

automatica attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia o modificano alcuni alimenti presenti nei distributori;

2. Almeno il 5% delle Amministrazioni Comunali rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione automatica attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia o modificano alcuni alimenti presenti nei distributori;

3. Almeno il 70% degli studenti coinvolti dichiarerà di aver acquisito una maggiore consapevolezza verso la necessità di compiere corrette abitudini alimentari nella scelta degli spuntini.

SNACK CONSAPEVOLI

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INDICATORI 1. Percentuale di Istituti Scolastici che rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione

automatica attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia o modificano alcuni alimenti presenti nei distributori;

2. Percentuale di Amministrazioni Comunali che rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione automatica attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia o modificano alcuni alimenti presenti nei distributori;

3. Percentuale di studenti coinvolti che al termine dei percorsi educativi dichiarerà di aver acquisito una maggiore consapevolezza verso la necessità di compiere corrette abitudini alimentari nella scelta degli spuntini.

AZIONI 1. Incontri, con i Dirigenti Scolastici e con le Amministrazioni Comunali, di condivisione delle

“Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia;

2. Percorsi educativi con gli studenti. DIAGNOSI DI CONTESTO La scelta di dare continuità a questo progetto nasce, da un lato, dai dati di contesto locale ricavati dai bilanci di salute effettuati nel 2013 dai Pediatri di Libera Scelta dell’ASL di Brescia su 22.451 bambini oltre i 24 mesi d’età, dai quali è emerso che il 12,9% dei bambini è in sovrappeso (12,5% nel 2012) e il 3,9% obeso (4,0% nel 2012) e dall’altro, dalla consapevolezza che i profondi cambiamenti dello stile di vita delle famiglie e dei singoli hanno determinato, per un numero sempre crescente di individui, la necessità di consumare almeno un pasto fuori casa, utilizzando i servizi della ristorazione collettiva e commerciale. In continuità con quanto avviato a partire dal 2011, si intende proseguire nel lavoro volto a sensibilizzare le Amministrazioni Comunali sul valore del capitolato d’appalto invitandole a predisporre capitolati in coerenza con quanto indicato dalle Linee di Indirizzo Nazionali del Ministero della Salute. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE La ristorazione collettiva, in particolare quella scolastica, è stata individuata come strumento prioritario per promuovere salute ed educare ad una corretta alimentazione. Al fine di “facilitare, sin dall’infanzia, l’adozione di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la prevenzione delle patologie cronico-degenerative, di cui l'alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio”, il Ministero della Salute ha emanato nel 2010, le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” che, individuano nel capitolato d’appalto per la ristorazione collettiva, lo strumento per promuovere una sana e corretta alimentazione prevedendo criteri e indicazioni per la sua definizione. Anche il programma “Guadagnare Salute” individua, tra gli ambiti di intervento, la ristorazione collettiva, in particolare quella scolastica, come strumento prioritario per promuovere salute ed educare ad una corretta alimentazione.

CAPITOLATI D’APPALTO: UNA RISORSA PER PROMUOVERE UNA SANA ALIMENTAZIONE

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DESTINATARI Amministrazioni Comunali. OBIETTIVI SPECIFICI Aumentare il numero delle Amministrazioni Comunali che stipulano il proprio capitolato d’appalto attenendosi alle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” emanate dal Ministero della Salute nel 2010. RISULTATI ATTESI Almeno il 10% dei Comuni che stipulano capitolati d’appalto nell’anno 2015 inseriscono indicazioni precise a sostegno di menù corretti. INDICATORI Percentuale di comuni che stipulano capitolati d’appalto nell’anno 2014 attenendosi alle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” emanate dal Ministero della Salute nel 2010 AZIONI 1. Realizzazione di incontri con le Amministrazioni Comunali finalizzate a condividere il

valore del capitolato d’appalto nella promozione di una corretta alimentazione; 2. Espressione di parere da parte dell’ASL sui capitolati d’appalto della ristorazione collettiva. La promozione dell’attività fisica a partire dalle fasce di età più giovani trova supporto nei bilanci di salute di 22.451 bambini oltre i 24 mesi d’età pervenuti nel 2013, i quali, in base all’Indice di Massa Corporea, risultano così distribuiti: − il 68,5% dei bambini è normopeso (68,2% nel 2012); − il 12,9% è sovrappeso (12,5% nel 2012) e il 3,9% obeso (4,0% nel 2012); − il 10,9% è sottopeso moderato e un ulteriore 3,8% ha una grado severo di magrezza (11,4% e

3,9% nel 2012); − la proporzione di sovrappeso/obesità è significativamente maggiore nelle femmine (17,4% vs

16,2%). Dal 2009 (primo anno di sperimentazione del monitoraggio) ad oggi è diminuita la proporzione di bambini in eccesso ponderale, probabilmente in seguito ad un cambiamento nella popolazione assistita, più che a una diminuzione dell’indice di obesità nel singolo bambino. Per tale ragione, anche nel 2015 si intende continuare a promuovere progetti finalizzati a prevenire l’obesità e il sovrappeso negli alunni della scuola primaria. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Secondo la Carta di Toronto per l’attività fisica, tra le raccomandazioni per favorire il movimento tra gli studenti si trovano le politiche dell’istruzione a sostegno della qualità delle lezioni di educazione fisica curriculare, delle modalità attive di trasporto da e per la scuola, dello svolgimento di attività fisica durante la giornata scolastica e di un ambiente scolastico favorevole alla salute che consenta di mantenersi attivi anche durante le lezioni, negli intervalli, nella pausa pranzo e durante il doposcuola. Anche gli insegnanti di educazione fisica rivestono un ruolo molto importante nella promozione dell’attività fisica, in quanto dovrebbero incoraggiare i bambini a essere fisicamente attivi in orario

PROMOZIONE DELL’ATTIVITA’ FISICA NEGLI ALUNNI DELLE SCUOLE PRIMARIE

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sia scolastico sia extrascolastico, indicando loro le strutture esistenti nella comunità e consigliando ai bambini attività fisiche che possono svolgere da soli o con i propri familiari. Per tale ragione è quindi essenziale creare sinergie tra i vari enti (scuola, famiglia, sanità, trasporti, servizi extrascolastici e settore privato). DESTINATARI 1. Alunni delle scuole primarie; 2. Genitori; 3. Dirigenti scolastici. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare negli alunni la “cultura del movimento e dell’attività fisica”; 2. Incrementare nei genitori la “cultura del movimento e dell’attività fisica”; 3. Incrementare la consapevolezza dei dirigenti scolastici in merito all’importanza di promuovere

l’attività fisica negli alunni della scuola primaria.

RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 50% degli alunni coinvolti nel progetto “W la vita attiva” dichiara di aver svolto attività

fisica quotidianamente 2. Almeno il 50% dei genitori coinvolti nel progetto “W la vita attiva” dichiara di aver svolto attività

fisica quotidianamente 3. Attivazione del pedibus.

INDICATORI 1. Nr. di alunni coinvolti nel progetto “W la vita attiva” che, al termine del progetto, dichiarano di

aver svolto attività fisica quotidianamente; 2. Nr. di genitori coinvolti nel progetto “W la vita attiva” che, al termine del progetto, dichiarano di

aver svolto attività fisica quotidianamente; 3. Attivazione di almeno una linea del pedibus. AZIONI 1. Realizzazione del progetto “W la vita attiva” con il coinvolgimento degli alunni e dei loro genitori; 2. Incontri con i Dirigenti scolastici; 3. Incontri con i genitori; 4. Attivazione del pedibus. DIAGNOSI DI CONTESTO I dati nazionali e locali riferiti ai livelli di attività fisica svolti dalla popolazione italiana e bresciana spingono l’ASL a mantenere alta l’attenzione sulle iniziative volte a promuovere l’attivazione di gruppi di cammino sul proprio territorio. Il Rapporto nazionale Passi 2010-2013 evidenzia che il 33% degli intervistati di 18-69 anni può essere classificato come attivo (cioè effettua un lavoro pesante oppure 30 minuti di attività moderata per almeno 5 giorni alla settimana oppure attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni), il 36% come parzialmente attivo (non svolge un lavoro pesante ma fa qualche attività fisica nel tempo libero, senza però raggiungere i livelli raccomandati) e il 31% come sedentario (non fa un lavoro pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero). Per il periodo di rilevazione 2010-2013, la sedentarietà è significativamente più frequente in alcune categorie: nella fascia di età più anziana (50-69 anni, 35%), fra le donne (33%), fra le persone con

PROMOZIONE DEI GRUPPI DI CAMMINO

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molte difficoltà economiche (41%), fra quelle con un titolo di studio basso o assente (41%) e tra gli intervistati con cittadinanza straniera (33%). Tutte queste associazioni, tranne la cittadinanza, sono confermate dall’analisi multivariata, anche se condotta separatamente per genere. Inoltre, non sempre la percezione soggettiva del livello di attività fisica praticata corrisponde a quella effettivamente svolta. Infatti, uno su due degli adulti parzialmente attivi (51%) e un sedentario su cinque (19%) percepiscono il proprio livello di attività fisica come sufficiente. Si registra una percezione del livello di attività fisica praticata più corretta nelle donne che negli uomini: tra le persone che praticano attività fisica parziale, secondo il 54% degli uomini è sufficiente, mentre lo è per il 49% delle donne; tra i sedentari, percepiscono sufficiente l’attività fisica svolta il 18% delle donne contro il 21% degli uomini. Dall’indagine conoscitiva sulle abitudini di vita degli assistiti, condotta dall’ASL di Brescia nel 2012 presso le sedi vaccinali, gli ambulatori certificativi e l’Associazione Bresciana Autoscuole è emerso che proporzione di soggetti che non praticano alcuna attività è del 32,2%. La prevalenza di sedentarietà aumenta all’aumentare dell’età e in tutte le classi d’età prevale la pratica dell’attività sportiva occasionale o regolare, ma non intensa. Anche l’impegno di questi anni e i risultati ottenuti sostengono l’opportunità di continuare nel percorso intrapreso: nel corso del 2014 nell’ASL di Brescia 58 gruppi di cammino hanno svolto regolarmente la loro attività rispetto ai 47 presenti nel 2013. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Nell’ottica promossa dal programma Guadagnare Salute, gli interventi di promozione dell’attività fisica vanno impostati attraverso un percorso intersettoriale, partecipato attivamente dai singoli individui, dalla comunità e dalle Istituzioni. La letteratura scientifica classifica, tra gli interventi raccomandati per incrementare l’attività motoria, la realizzazione di campagne rivolte alla popolazione finalizzate a far comprendere i benefici di salute derivanti dall’attività fisica, le opportunità per contrastare la sedentarietà e la partecipazione a gruppi di cammino. DESTINATARI Popolazione OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare il numero dei gruppi di cammino attivi; 2. Aumentare nella popolazione la consapevolezza dei benefici derivanti dallo svolgere un’attività

fisica regolare. RISULTATI ATTESI 1. Incremento del 10% del numero dei gruppi di cammino rispetto al 2014; 2. Incremento del 20% del numero dei partecipanti ai gruppi di cammino rispetto al 2014. INDICATORI 1. Nr. di gruppi di cammino attivi a fine 2014 2. Nr. di partecipanti ai gruppi di cammino AZIONI 1. Attivazione di collaborazioni con le Amministrazioni Comunali e con le Associazioni del

territorio per l’avvio dei gruppi di cammino; 2. Realizzazione di incontri informativi rivolti alla popolazione nei diversi contesti di vita in

collaborazione con le Amministrazioni Comunali e i partecipanti ai gruppi di cammino già attivi; 3. Realizzazione di incontri di condivisione dell’esperienza maturata dai diversi walking leader; 4. Realizzazione di incontri di formazione per walking leader su temi specifici.

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DIAGNOSI DI CONTESTO Si stima che nei Paesi industrializzati il consumo pro-capite di sale da cucina sia di circa 8-10 grammi al giorno mentre, secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non bisognerebbe consumare quotidianamente più di 5 grammi di sale (circa 2 grammi di sodio). In particolare, tra tutti i prodotti da forno la principale fonte di sale è rappresentata dal pane, nutrimento fondamentale presente nell'alimentazione di adulti e bambini. La percentuale di sale contenuta nella quantità di pane che un cittadino consuma mediamente sembrerebbe poco significativa se paragonata ad altri alimenti che ne sono ben più ricchi, tuttavia il pane è su ogni tavola, e il suo consumo è quotidiano. Da alcuni anni l’ASL di Brescia ha avviato alcune iniziative di comunicazione volte, da un lato, a incrementare il numero di panificatori che producono pane con ridotto contenuto di sale e, dall’altro, a sensibilizzare la popolazione sull’importanza di consumare, e quindi richiedere, pane con meno sale. Al termine del 2014, 108 panificatori hanno cominciato a produrre pane seguendo le indicazioni regionali, rispetto ai 60 del 2013. I risultati positivi ottenuti con queste iniziative spingono l’ASL a riproporre il progetto anche nel 2015. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE La riduzione del sale nell’alimentazione è una delle priorità dell’OMS e dell’Unione Europea, nell’ambito delle strategie di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili e uno degli obiettivi perseguiti del Ministero della Salute e da Regione Lombardia nell’ambito del programma “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari” che mira a facilitare l’assunzione di comportamenti che influiscono positivamente sullo stato di salute della popolazione, agendo sui principali fattori di rischio. DESTINATARI Panificatori OBIETTIVI SPECIFICI Aumentare l’adesione dei panificatori al progetto “Con meno sale nel pane c’è più gusto… e guadagni in salute”; RISULTATI ATTESI Incremento del 20% dei panificatori aderenti al progetto “Con meno sale nel pane c’è più gusto… e guadagni in salute”. INDICATORI Nr. di panificatori aderenti all’iniziativa a fine 2015 AZIONI 1. Realizzazione di iniziative di comunicazione rivolte ai panificatori; 2. Realizzazione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.

“CON MENO SALE NEL PANE C’È PIÙ GUSTO E GUADAGNI IN SALUTE”

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PIANO AZIENDALE PER LA

PREVENZIONE DEL TABAGISMO

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DIAGNOSI DI CONTESTO Nel 2012 l’ASL di Brescia ha effettuato, per la quarta volta, l’indagine sugli stili di vita degli assistiti, rivolta inizialmente solo agli utenti degli ambulatori ASL dedicati alle pratiche di conseguimento/rinnovo della patente di guida e rilascio/rinnovo del porto d’armi e di alcune autoscuole private iscritte all’ABA (Associazione Bresciana Autoscuole) e, dal 2012, estesa anche agli adulti accompagnatori dei bambini che si presentano presso gli ambulatori per le vaccinazioni pediatriche (prevalentemente donne). Facendo riferimento all’insieme dei dati delle quattro analisi, la prevalenza di fumatori è del 21,7%, mentre il 63,9% non fuma e non ha mai fumato. La maggior prevalenza di fumatori si registra nelle fasce d’età più giovani, mentre all’aumentare dell’età aumenta la proporzione di fumatori che hanno smesso di fumare. Nel campione degli ambulatori vaccinali la prevalenza di fumatori è inferiore rispetto a quella della classe d’età d’appartenenza (25-39 anni) così come il numero di sigarette fumate quotidianamente (9,6 vs 10,0). Il 26,3% dei fumatori ha affermato di aver provato a smettere nel corso degli ultimi 12 mesi, senza differenza tra maschi e femmine. Alla domanda “Sarebbe intenzionato a smettere di fumare?”, il 20,7% dei fumatori ha dichiarato “NO”, il 42,2% vorrebbe smettere fin da subito e un ulteriore 37,1% dichiara che è una possibilità futura. All’aumentare dell’età aumenta la proporzione di fumatori che si dichiarano intenzionati a smettere fin da subito, mentre i più giovani la descrivono come un’eventualità possibile, ma futura. Non vi sono differenze significative tra maschi e femmine. Interessante il fatto che la più alta percentuale di fumatori che dichiarano di non aver intenzione di smettere di fumare si registra tra gli utenti degli ambulatori vaccinali, popolazione prevalentemente rappresentata da genitori (soprattutto madri) di bambini piccoli. I risultati positivi ottenuti nel corso degli anni con i diversi progetti orientano l’ASL a continuare il percorso intrapreso anche per l’anno 2014, rafforzando il lavoro di rete con le strutture del Sistema Sanitario Regionale e gli altri soggetti del territorio. PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE Tra le strategie efficaci per promuovere la cessazione dell’abitudine tabagica si annoverano politiche di prezzo e di limitazione d’uso, informazione efficace, campagne di mass media, strategie di disassuefazione, interventi di prevenzione primaria (Manifesto strategia Endgame del tabacco in Italia). Il minimal advice si è dimostrato l’approccio più semplice, meno costoso e più facilmente replicabile in tutti i setting sanitari, anche con modalità “opportunistiche”. Un intervento di soli 5 minuti può portare il tasso di astensione da fumo dal 2-4% (cessazione spontanea) al 6-8% (esito a 1 anno). Ulteriori studi sulla popolazione del Nord Italia, in setting opportunistici, hanno mostrato che quando gli operatori somministrano un minimal advice dopo una breve formazione che tiene conto dell’approccio fondato su strumenti di counseling (colloquio motivazionale) gli esiti sono notevolmente migliori. DESTINATARI 1. Donne che accedono ai consultori familiari per la contraccezione e per l’assistenza in

gravidanza e nel dopo parto; 2. Donne che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del cervico-carcinoma; 3. Donne che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali delle strutture del Sistema

Sanitario Regionale; 4. Uomini e donne che accedono agli ambulatori di igiene; 5. Uomini e donne che accedono alle farmacie.

GRAZIE, NON FUMO PIÙ - UTILIZZO DEL MINIMAL ADVICE NELLA RETE DEI SERVIZI DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE

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OBIETTIVI SPECIFICI 1. Orientare le donne fumatrici che accedono ai consultori familiari per la contraccezione e il

percorso nascita verso la scelta di non fumare; 2. Orientare le donne fumatrici che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del

cervico- carcinoma verso la scelta di non fumare; 3. Orientare tutte le donne fumatrici che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali

delle strutture del Sistema Sanitario Regionale verso la scelta di non fumare 4. Orientare le donne che hanno smesso di fumare durante la gravidanza a mantenere la loro

scelta; 5. Orientare gli uomini e le donne fumatori/fumatrici che accedono agli ambulatori di igiene verso

la scelta di non fumare; 6. Orientare gli uomini e le donne fumatori/fumatrici che accedono alle farmacie verso la scelta di

non fumare. INDICATORI 1. Nr. di donne fumatrici che accedono al consultorio a cui viene somministrato il Minimal advice; 2. Nr. di donne fumatrici a cui è stato somministrato il Minimal advice nel programma di screening

per la prevenzione del cervico-carcinoma; 3. Nr. di donne fumatrici a cui è stato somministrato il Minimal advice nei punti nascita e ngeli

ambulatori divisionali delle Strutture Sanitarie; 4. Percentuale di donne fumatrici che mantengono la loro scelta di non fumare anche dopo la

nascita del bambino; 5. Nr. di uomini e donne fumatori/fumatrici che accedono agli ambulatori di igiene a cui viene

somministrato il Minimal advice; 6. Nr. di uomini e donne fumatori/fumatrici che accedono alle farmacie a cui viene somministrato

il Minimal advice. RISULTATI ATTESI 1. A tutte le donne fumatrici che accedono al consultorio familiare nell’ambito del percorso

nascita e contraccettivo viene somministrato il Minimal Advice; 2. A tutte le donne fumatrici che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del

cervico-carcinoma viene somministrato il Minimal Advice; 3. A tutte le donne fumatrici che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali delle

strutture sanitarie viene somministrato il Minimal Advice; 4. Al primo anno del bambino almeno l’8% di donne che ha sospeso il fumo in gravidanza

mantiene la scelta di non fumare; 5. A tutti gli uomini e le donne fumatori/fumatrici che accedono agli ambulatori di igiene viene

somministrato il Minimal Advice; 6. I farmacisti, in tutte le occasioni ritenute opportune, somministrano il Minimal advice alle

presone che accedono alla farmacia. AZIONI 1. Consolidare l’uso del Minimal Advice nell’ambito del percorso nascita e del percorso

contraccettivo; 2. Consolidare l’uso del Minimal Advice nell’ambito del programma di screening per la

prevenzione del cervico-carcinoma; 3. Consolidare l’uso del Minimal Advice con le donne che accedono ai punti nascita e agli

ambulatori divisionali delle strutture del Sistema Sanitario Regionale; 4. Consolidare l’uso del Minimal Advice negli ambulatori di igiene; 5. Consolidare l’uso del Minimal Advice con gli uomini e le donne che accedono alle farmacie; 6. Avviare campagne di comunicazione efficaci anche con l’utilizzo dei mass media e/o social

media.

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PIANO AZIENDALE PER LA

PREVENZIONE DELL’INCIDENTALITÀ

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DIAGNOSI DI CONTESTO Gli incidenti domestici rappresentano un problema di grande interesse per la sanità pubblica: secondo l’OMS non risparmiano nessuna fascia d’età e sono la prima causa di morte per i bambini. Dall'analisi delle SDO relative all’anno 2013 è emerso che nell’ASL di Brescia: 1. la distribuzione del numero di ricoveri per classe d'età e sesso, evidenzia un picco a 0-4 anni

con una netta prevalenza dei maschi rispetto alle femmine; 2. la diagnosi “Traumatismi ed avvelenamenti” risulta essere la maggior causa di ricovero con una

netta prevalenza rispetto alle altre; 3. le cause più frequenti di ricovero sono da ricondurre alle fratture, alle ferite e alle lesioni del

sistema nervoso centrale; 4. il 29,7% degli incidenti è occorso in bambini di origine straniera; 5. la Direzione Gestionale Distrettuale in cui è verificato il maggior numero di incidenti è la n. 5 con

il 25,9% degli incidenti; 6. la Direzione Gestionale Distrettuale 3 ha i tassi più elevati di tutta l’ASL di Brescia in relazione

al numero di ricoveri per incidente domestico, mentre la DGD 5 ha i tassi più elevati di tutta l’ASL per quanto ne riguarda la durata.

PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE Il Rapporto ISTISAN 10/3 evidenzia che gli interventi per la prevenzione degli incidenti domestici nei bambini sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie: (a) incentivazione di interventi strutturali per la sicurezza delle abitazioni e dotazione di dispositivi idonei ad aumentare il livello di sicurezza; (b) campagne di informazione e di sensibilizzazione alla sicurezza domestica; (c) interventi formativi rivolti ai genitori sulla prevenzione degli incidenti domestici e sulla gestione delle emergenze in seguito ad incidente, ed in particolare, in seguito ad avvelenamento e ustioni. I dati epidemiologici di cui si dispone, dimostrano che gli interventi normativi non sono sufficienti a ridurre l’entità del fenomeno; c’è bisogno di sviluppare strategie complessive, che partono dalla raccolta sistematica e continua delle informazioni e promuovono, nei luoghi maggiormente frequentati dai bambini, misure di sicurezza strutturale e impiantistica, oltre che l’adozione di comportamenti adeguati. DESTINATARI 1. Famiglie; 2. Stranieri; 3. Amministrazioni Comunali; 4. Enti gestori delle scuole dell’infanzia. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Aumentare l'attenzione dei genitori al tema degli incidenti domestici; 2. Aumentare le conoscenze degli stranieri in tema di incidenti; 3. Aumentare l’attenzione delle Amministrazioni Comunali e degli Enti gestori delle scuole

dell’infanzia sull’importanza di promuovere, nei luoghi maggiormente frequentati dai bambini, misure di sicurezza strutturale e impiantistica.

INDICATORI 1. Percentuale di genitori che dichiara di aver aumentato l'attenzione al tema degli incidenti

domestici; 2. Percentuale di stranieri che dimostra una maggior conoscenza sul tema; 3. Percentuale di Amministrazioni Comunali e di Enti gestori delle scuole dell’infanzia che

PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI NEI BAMBINI 0-4 ANNI

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progettano, nei luoghi maggiormente frequentati dai bambini, misure di sicurezza strutturale e impiantistica.

RISULTATI ATTESI 1. Tutti i genitori coinvolti dichiareranno di avere aumentato la loro attenzione rispetto al tema

degli incidenti domestici; 2. Almeno il 50% delle donne raggiunte dimostra maggiori conoscenze sul tema; 3. Almeno il 5% delle Amministrazioni Comunali e degli Enti Gestori delle scuole dell’infanzia

progetteranno, nei luoghi maggiormente frequentati dai bambini, misure di sicurezza strutturale e impiantistica.

AZIONI 1. Realizzazione di incontri informativi rivolti ai genitori nei diversi contesti (sedi ASL, scuole

dell’infanzia, …); 2. Realizzazione di percorsi educativi con gli stranieri sul tema; 3. Realizzazione di incontri con le Amministrazioni Comunali e con gli Enti gestori delle scuole

dell’infanzia. DIAGNOSI DI CONTESTO Dall'analisi delle SDO relative all’anno 2013 è emerso che nell’’ASL di Brescia: 1. la distribuzione del numero di ricoveri per età e sesso, rileva un crescendo da 65 anni in poi

con una netta prevalenza del genere femminile; 2. sia per il genere femminile che per il genere maschile i tassi di ricovero tendono ad aumentare

in corrispondenza al crescere dell’età. 3. la diagnosi “Traumatismi ed avvelenamenti” risulta essere la maggior causa di ricovero con una

netta prevalenza rispetto alle altre; 4. la causa più frequente di ricovero è da ricondurre alle fratture; 5. è la Direzione Gestionale Distrettuale 3 ad avere i tassi più elevati di tutta l’ASL sia

relativamente al numero di ricoveri per incidente domestico sia per la durata degli stessi. PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE La letteratura suggerisce: − realizzazione di interventi basati sulla promozione dell'attività fisica fra gli anziani, soprattutto

interventi di mobilizzazione e di ginnastica dedicata; − rilevazione con visite domiciliari delle caratteristiche strutturali e impiantistiche delle abitazioni,

in associazione a campagne informative e fornitura di dispositivi a basso costo (per esempio spie anti-incendio, strisce antiscivolo, maniglioni);

− realizzazione di interventi educativi coinvolgendo gli anziani, specialmente quelli che vivono soli;

− formazione degli operatori sanitari e sociali, per fornire competenze di base per la realizzazione e la valutazione di interventi di rilevazione della sicurezza dell'ambiente domestico e degli aspetti socioassistenziali.

Nella realizzazione degli interventi si raccomanda il coinvolgimento non solo delle istituzioni sanitarie ma anche dei gruppi di società civile. DESTINATARI 1. Volontari; 2. Popolazione anziana.

PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI NEGLI ANZIANI

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OBIETTIVI SPECIFICI 1. Aumentare le competenze dei volontari nella gestione di interventi informativi e/o educativi con i

propri pari; 2. Aumentare le conoscenze degli anziani e delle loro famiglie sul rischio di incidente domestico e

sui possibili pericoli presenti nelle loro abitazioni; 3. Aumentare l’adesione delle persone anziane ai Gruppi di cammino proposti a livello

territoriale. INDICATORI 1. Percentuale di volontari in grado di gestire interventi informativi e/o educativi con i propri pari; 2. Nr. di anziani e famigliari raggiunti con percorsi informativi/educativi che dichiara di aver

aumentato le proprie conoscenze sul rischio di incidente domestico e sui possibili pericoli presenti nelle loro abitazioni;

3. Nr. di anziani che aderisce ai gruppi di cammino. RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 50% dei volontari formati realizza interventi informativi e/o educativi con i propri pari; 2. Tutti gli anziani e i loro famigliari coinvolti in percorsi informativi/educativi dichiarano di aver

aumentato le proprie conoscenze sul rischio di incidente domestico e sui possibili pericoli presenti nelle loro abitazioni;

3. Almeno il 5% degli anziani coinvolti aderisce ai gruppi di cammino. AZIONI 1. Realizzazione di percorsi formativi con i volontari di associazioni del territorio; 2. Realizzazione di incontri informativi/educativi con anziani e loro famigliari. DIAGNOSI DI CONTESTO Secondo il Rapporto stilato da Istat e ACI (Automobile Club d’Italia), nel 2013, si sono registrati in Italia 181.227 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti (entro il 30° giorno) è stato di 3.385, quello dei feriti 257.421. Complessivamente il 94,5% delle cause di incidente è rappresentato dal comportamento scorretto del conducente e del pedone nella circolazione, mentre solo il 5,5% è imputabile ad altre cause. Le tre principali cause di incidente nell’ambito dei comportamenti errati di guida (che complessivamente costituiscono il 44,5% dei casi) sono rappresentate da: 1. mancato rispetto delle regole di precedenza; 2. guida distratta; 3. velocità troppo elevata. Tra le altre cause più rilevanti si trovano la mancanza della distanza di sicurezza (22.498 casi), la manovra irregolare (16.642 casi) e il comportamento scorretto del pedone (8.041 casi) che rappresentano rispettivamente il 10,0%, il 7,4% e il 3,6% delle cause di incidente. Nello specifico nella provincia di Brescia, nel 2013, si sono verificati 3.401 incidenti stradali con lesioni alle persone che hanno causato 73 morti e 4.725 feriti. La maggior parte degli incidenti è avvenuta su strada urbana (70,6%). I conducenti dei veicoli sono le vittime maggiormente rappresentative sia per quanto riguarda il decesso (76,7%), sia per quanto riguarda il ferimento (70,8%).

PREVENZIONE INCIDENTI STRADALI

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Rispetto al 2012 è diminuito il numero di morti e di feriti (rispettivamente 89 e 4.811), mentre sono aumentati gli incidenti stradali con lesioni alle persone (3.325 nel 2012). PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE Il Piano Mondiale di Prevenzione per la Sicurezza Stradale (PMPSS) – Dieci Anni di Azione per la Sicurezza Stradale 2011-2020, rivolto a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite (ONU) fornisce le Linee guida per le buone pratiche nella lotta contro i principali fattori di rischio di incidente. In particolare i 5 pilastri del documento, che richiedono un approccio multisettoriale e il coinvolgimento di numerose Istituzioni, indicano come strategie di lotta contro i principali fattori di rischio di incidente: 1. gestione della sicurezza stradale attraverso elaborazione di strategie, piani e obiettivi di

sicurezza stradale a livello nazionale, sorretti da attività di raccolta dati e di ricerca, che consentano di studiare le misure più adeguate e di monitorarne l’implementazione e l’efficacia;

2. strade più sicure tramite l’incremento della sicurezza delle reti viarie a tutela di tutti gli utenti della strada, in particolare di quelli più deboli (pedoni, ciclisti e disabili), tramite una più metodica valutazione delle infrastrutture esistenti e una maggiore attenzione alla sicurezza nelle fasi di pianificazione, progettazione, costruzione e gestione;

3. veicoli più sicuri grazie al coinvolgimento dell’industria; 4. promozione di comportamenti più sicuri attraverso programmi per migliorare il comportamento

degli utenti della strada e sollecitare il rispetto delle leggi con nuove azioni formative e nuove campagne di sensibilizzazione rivolte soprattutto a migliorare la conoscenza dei rischi e delle sanzioni delle infrazioni, a massimizzare l’uso delle cinture di sicurezza e dei caschi per i conducenti di motocicli, e a contrastare la guida in stato di ebbrezza e il superamento dei limiti di velocità;

5. risposta post incidente efficace, con il numero unico dell’emergenza, la rapidità del soccorso, la capacità (strutture e competenze) per le emergenze.

DESTINATARI 1. Studenti scuola secondaria di secondo grado; 2. Utenti delle scuole guida. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare le competenze degli studenti peer educator nella gestione di interventi con i

coetanei sul tema sostanze legali e illegali e guida; 2. Aumentare la consapevolezza del rischio collegato alla guida sotto l’effetto di sostanze (alcol e

sostanze illegali). INDICATORI 1. Percentuale di studenti peer educator che dichiara di aver incrementato le proprie competenze

nella gestione di interventi con i coetanei sul tema sostanze legali e illegali e guida; 2. Numero di utenti delle scuole guida che dichiarano di aver acquisito maggiore consapevolezza

del rischio collegato alla guida sotto l’effetto di sostanze (alcol e sostanze illegali). RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 70% degli studenti peer educator dichiara di aver acquisito competenze per la

gestione di interventi con i coetanei sul tema sostanze legali e illegali e guida; 2. Almeno il 70% degli utenti delle scuole guida dichiara di aver acquisito maggiore

consapevolezza del rischio collegato alla guida sotto l’effetto di sostanze (alcol e sostanze illegali).

AZIONI 1. Formazione di gruppi di studenti peer educator all’interno del contesto scolastico; 2. Accompagnamento alla definizione e allo sviluppo di azioni specifiche che i peer educator

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condurranno nei confronti dei coetanei; 3. Incontri con i Responsabili delle scuole guida per il coinvolgimento nella definizione e nello

sviluppo del progetto; 4. Attivazione di percorsi specifici rivolti agli utenti delle scuole guida; 5. Predisposizione, in collaborazione con le scuole guida, di un’unità didattica che gli istruttori di

scuola guida, già formati nell’anno 2014, utilizzeranno nei percorsi teorici con coloro che dovranno acquisire la patente di guida.

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GLI ALTRI PROGETTI

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Il consolidamento della rete passa attraverso lo sviluppo del Piano Locale Prevenzione Dipendenze che, come detto in premessa, è allegato al Piano Integrato Locale degli interventi di Promozione della Salute del 2014 e ha valenza biennale. Le azioni del Piano Locale Prevenzione Dipendenze vengono sviluppate e consolidate anche nel 2015, in particolare, tra i progetti previsti dal presente documento, si evidenziano i progetti “La prevenzione degli incidenti stradali” inserito nel Piano aziendale per la prevenzione dell’incidentalità, “Life Skills Training Program”, Unplugged e Spazi di ascolto. DIAGNOSI DI CONTESTO I dati prodotti dall’indagine HBSC 2009-2010 sul campione lombardo costituito da 3.569 studenti evidenziano, per quanto riguarda l’abitudine al fumo, un incremento al crescere dell’età: dallo 0,9% degli undicenni che dichiara di fumare, si passa all’8,1% dei tredicenni e al 30,6% dei quindicenni. La percentuale che dichiara di fumare una o più sigarette al giorno passa dallo 0,2% degli undicenni al 3,3% dei tredicenni ed al 18,3% dei quindicenni. Per quanto riguarda l’alcol, il 4,4% degli undicenni, il 7,4% dei tredicenni ed il 15,9% dei quindicenni dichiara di essersi ubriacato una volta nella vita. Lo 0,1% degli undicenni depone più di 10 episodi di ubriacatura, la percentuale è dello 0,2% nei tredicenni e del 2,8% dei quindicenni. I maschi sopravanzano le femmine per uso di alcol in tutte le fasce d’età e per i diversi stili di consumo: un dato per tutti è riferito a più di due episodi di ubriacatura nella vita dove si evidenzia che è deposto dall’1% degli undicenni e da nessuna ragazza, dal 4% dei tredicenni nei confronti dell’1% delle coetanee, dal 19% dei quindicenni e dal 13% delle coetanee. Un cenno al consumo di cannabis, indagato solo nella fascia dei quindicenni: nell’11,2% dei ragazzi e nel 5% delle ragazze viene deposto un uso che va dalle 10-40 volte nella vita a più di una volta al giorno. Deve permanere alta l’attenzione quindi, come raccomandato anche dalle “Linee Guida Regionali di prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione preadolescenziale ed adolescenziale” (DGR 6219 del 19.12.2007), alla diffusione di interventi di provata efficacia che si rivolgono alle fasce d’età più basse. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE L’OMS indica lo sviluppo delle competenze di vita tra i principali fattori protettivi nel prevenire comportamenti a rischio. I programmi di life skill sono risultati efficaci nella prevenzione dell’uso/abuso di sostanze in quanto possono svolgere una funzione protettiva incrementando il benessere psicologico, riducendo le aspettative di benefici sociali derivanti dall’uso di sostanze e aumentando la capacità di resistere alla loro offerta. Il life skill training rappresenta uno dei modelli di intervento della prevenzione dell’uso di sostanze che negli ultimi venti anni ha ricevuto il maggior numero di validazioni, con effetti positivi sia a breve sia a lungo termine. I primi dati emersi dalla sperimentazione regionale triennale confermano che il programma Life Skills Training è in grado di evitare/ridurre l’aumento del consumo di sostanze legali e di rafforzare l’atteggiamento negativo nei confronti delle sostanze illegali.

LIFE SKILLS TRAINING PROGRAM

LA RETE PER LA PREVENZIONE DELLE DIPENDENZE

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DESTINATARI 1. Docenti; 2. Preadolescenti. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Aumentare le competenze degli insegnanti nel promuovere salute nel contesto scolastico; 2. Accrescere le life skill degli studenti. INDICATORI 1. Percentuale di insegnanti che dichiarano di aver aumentato le proprie competenze nel

promuovere la salute nel contesto scolastico in particolare in merito all’efficacia nel trattare i temi inerenti la prevenzione dell’uso di sostanze;

2. Percentuale di studenti che dimostra di aver accresciuto abilità personali e abilità sociali utili a gestire situazioni di rischio per l’uso di sostanze.

RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 50% degli insegnanti dichiara di aver aumentato le proprie competenze nel

promuovere la salute nel contesto scolastico in particolare in merito all’efficacia nel trattare i temi inerenti la prevenzione dell’uso di sostanze;

2. Aumento statisticamente significativo delle abilità degli studenti che partecipano al programma in confronto ad un gruppo di controllo.

AZIONI 1. Formazione dei docenti per l’implementazione e lo sviluppo del progetto; 2. Monitoraggio da parte degli operatori ASL dello sviluppo del progetto (incontri periodici

operatori ASL-docenti suddivisi per Istituto e per gruppi di docenti; incontri di programmazione e verifica con Dirigenti scolastici e referente dell’Ufficio Scolastico Territoriale; sessioni di approfondimento tematiche a supporto del lavoro dei docenti);

3. Sviluppo del progetto da parte degli insegnanti con gli studenti; 4. Implementazione di strumenti di verifica dell’impatto e del risultato; 5. Realizzazione di momenti di restituzione della valutazione di impatto e di risultato del progetto. DIAGNOSI DI CONTESTO I dati delle più recenti ricerche mostrano che l'uso e l'abuso di droghe, legali e illegali, interessano direttamente o indirettamente fasce sempre più ampie di popolazione e che si è di molto abbassata l'età del primo consumo. Dai dati HBSC Lombardia 2009-10 emerge come il 30.1% degli undicenni, il 59% dei tredicenni e l'84.6% dei quindicenni ha consumato nella sua vita almeno una sostanza, legale o illegale (tabacco, alcol, cannabis e/o altre droghe). In particolare, i dati della ricerca mostrano che il 2.9% dei tredicenni e il 20.9% dei quindicenni ha fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita. I dati evidenziano un aumento consistente del numero di consumatori tra i 13 e i 15 anni. Infine, la ricerca studio sull’evoluzione dei fenomeni di abuso in Italia (Prevo.Lab) indica una progressiva diffusione del consumo e poli-consumo di sostanze in contesti di normalità e con scarsissima consapevolezza del rischio. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Le ricerche in tema di prevenzione dell’uso di sostanze nell’ambito scolastico hanno messo in evidenza alcune caratteristiche che influenzano i programmi: il Modello dell’influenza sociale, le life skill, il credo normativo, l’uso di metodologie interattive e la continuità nel tempo.

UNPLUGGED

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L’efficacia del programma Unplugged, basato sulle suddette caratteristiche, è stata valutata secondo un disegno rigoroso di valutazione durante la prima fase del progetto europeo EU-Dap condotto tra il 2004 e il 2006. DESTINATARI Studenti del biennio della scuola secondaria di secondo grado OBIETTIVI SPECIFICI 1. Aumentare le conoscenze degli studenti in tema di sostanze legali e illegali; 2. Accrescere le competenze di vita (abilità personali e abilità sociali) degli studenti. INDICATORI 1. Percentuale di studenti che dichiara di aver aumentato le proprie conoscenze in tema di

sostanze legali e illegali; 2. Percentuale di studenti che dichiara di aver implementato le proprie competenze di vita (abilità

personali e abilità sociali). RISULTATI ATTESI 1. Almeno il 70% degli studenti dichiara di aver aumentato le proprie conoscenze in tema di

sostanze legali e illegali; 2. Almeno il 50% degli studenti dichiara di aver implementato le proprie competenze di vita

(abilità personali e abilità sociali).

AZIONI 1. Formazione dei docenti per l’implementazione e lo sviluppo del progetto; 2. Incontri periodici di monitoraggio operatori ASL-docenti suddivisi per Istituto; 3. Sviluppo del progetto da parte degli insegnanti con gli studenti. DIAGNOSI DI CONTESTO L’uso di sostanze di per sé e la relazione con l’incidentalità ad esso correlata, rappresentano la prima causa di morte nei giovani tra i 14 ed i 21 anni (fonte: Dati Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza Consiglio dei Ministri- 2013). Uno studio condotto nel 2010 con la partecipazione di alcune regioni Italiane (Abruzzo, Liguria, Lombardia, Sicilia, Umbria e Veneto) ha valutato, su un campione di 47.821 utenti dei Servizi (di cui l’84,7% maschi ed il 15,3% femmine), i tempi di latenza tra l’età di primo approccio con le sostanze e l’età di accesso ai Servizi. Dallo studio emerge che, per le tre sostanze prese in considerazione (cannabis, eroina e cocaina), esiste un “tempo di latenza” tra primo uso ed accesso ai servizi, inteso come avvio del primo trattamento, compreso tra i 5 ed i 9 anni. Uno studio dell’Osservatorio del Dipartimento Dipendenze dell’ASL di Brescia condotto, con la stessa finalità, sull’utenza in carico ai Servizi specialistici nel 2012, posiziona il “tempo di latenza” sui 15 anni. Dai dati nazionali e locali a cui si è fatto riferimento nonché da ricerche analoghe e più approfondite condotte sia a livello nazionale che internazionale (N.I.D.A.), emerge d’altra parte che esiste, nelle condotte di rapporto con le sostanze e che possono esitare nella dipendenza, una progressione graduale che parte da una situazione di vulnerabilità, passa attraverso l’uso occasionale connotato dalla sperimentazione, e l’uso periodico (sperimentazione intensiva) per arrivare all’uso continuativo che caratterizza la dipendenza.

SPAZI DI ASCOLTO

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La fase della vulnerabilità è tipica di persone che non hanno ancora utilizzato sostanze, compresi alcol, tabacco e farmaci, ma che presentano un rischio specifico di utilizzo superiore alla media, legato alla presenza di fattori individuali e/o ambientali quali, ad esempio, disturbi comportamentali e difficoltà relazionali, insuccessi e difficoltà scolastiche, famiglia che esprime problematicità di vario tipo, povertà di stimoli intellettuali, alta offerta di sostanze, eventi stressanti. In continuità con quanto già avviato, nel 2015 si intende consolidare l’attività. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Dalle documentazioni specifiche di settore, a partire dal livello internazionale con la risoluzione ONU 51/3 del 2008, passando per il livello nazionale (Piano d’Azione Nazionale - Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza del Consiglio dei Ministri per il 2010/20139 arrivando al livello regionale (“Linee Guida Regione Lombardia per la prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione preadolescenziale ed adolescenziale” e “Linee Guida Regione Lombardia per la prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione generale”), emergono fortemente raccomandazioni volte allo sviluppo di programmi e interventi finalizzati a interrompere precocemente la progressione dell’uso di sostanze verso la dipendenza e iniziare trattamenti il prima possibile. In particolare tra le aree di intervento prioritario, viene posta l’attenzione agli approcci di prevenzione selettiva intesi come interventi rivolti a sottogruppi di popolazione in cui il rischio di utilizzo di sostanze e di sviluppo di dipendenza risulta maggiore rispetto alla media in funzione della presenza degli specifici fattori di rischio a cui sin è fatto accenno in precedenza. Il counselling educativo promozionale è individuato come una delle strategie utili in termini di prevenzione selettiva. Gli spazi d’ascolto che utilizzano il counselling educativo promozionale e che vengono strutturati in vari contesti d’intervento, tra cui prioritariamente l’istituzione scolastica, sviluppano azioni rivolte al miglioramento delle capacità di fronteggiare momenti di criticità con interventi mirati a rafforzare le competenze emotive e cognitive. Inoltre, attraverso l’identificazione di un rischio specifico, e dell’eventuale livello di consumo di sostanze, gli spazi di ascolto rappresentano un valido strumento di diagnosi precoce rispetto allo sviluppo di un uso continuativo di sostanze. Lo spazio di ascolto, pur operando con priorità sulla prevenzione ed intercettazione dell’uso di sostanze, intercetta a 360° le problematiche espresse da colui che ne usufruisce ed in caso di espressione di altre situazioni critiche, la presenza di un counsellor adeguatamente formato, promuove, con supporto attivo, il contatto con i diversi servizi specialistici territoriali competenti (es. Dipartimento di Salute Mentale, Consultori Familiari, oltre ovviamente a Ser.T. e SMI). DESTINATARI 1. Adulti 2. Studenti (14/19 anni) OBIETTIVI SPECIFICI Individuare il problema specifico per cui si accede allo spazio di ascolto e gestirlo; INDICATORI Nr. di studenti e di adulti che sono in grado di individuare il problema specifico per cui si sono rivolti allo spazio di ascolto e sanno gestirlo; RISULTATI ATTESI Almeno il 70% delle persone che si rivolgono allo spazio di ascolto sono in grado di individuare il problema specifico e sanno gestirlo. AZIONI 1. Realizzazione di incontri con i docenti e con i referenti degli Istituti scolastici coinvolti; 2. Strutturazione di incontri individuali di counselling presso gli istituti scolastici; 3. Realizzazione di incontri con i genitori a supporto delle attività svolte con gli studenti;

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4. Realizzazione di incontro con gli operatori dei servizi territoriali specialistici. Nel 2014 è proseguita la collaborazione con la scuola capofila e l’Ufficio Scolastico Territoriale per il supporto alla programmazione delle attività della rete locale, in particolare la collaborazione si è concretizzata nello sviluppo di un momento di divulgazione, rivolto a tutte le scuole del territorio, degli interventi in atto secondo criteri di efficacia. È stato inoltre predisposto un “catalogo” delle opportunità di collaborazione ASL – scuole partecipanti alla rete su progettualità specifiche. È stato avviato un processo di diffusione e applicazione alle progettualità sviluppate nei contesti scolastici che non aderiscono ancora alla Rete delle Scuole che promuovono Salute, dei principi fondanti il Modello Lombardo delle Scuole che promuovono Salute. Nel 2015 si intende consolidare quanto avviato proseguendo sia nella collaborazione con il gruppo di coordinamento provinciale e con le scuole aderenti alla rete sia nella diffusione e applicazione dei principi del modello in tutte le realtà scolastiche con le quali si collabora. DIAGNOSI DI CONTESTO Il Sistema Sanitario non può intervenire in modo compiuto su tutti i livelli per offrire una risposta articolata ai numerosi bisogni di salute: è necessario pensare a un sistema che, attraverso l’integrazione degli attori e delle risorse possa consentire di sviluppare una rete di servizi più adeguata a rispondere ai bisogni della popolazione, ormai sempre più complessi. I Comuni possono incidere efficacemente sugli obiettivi di salute: numerose sono le aree nelle quali possono intervenire e le politiche messe in campo dalle Amministrazioni Comunali possono giocare un ruolo delicatissimo sulla tutela e sulla promozione del benessere delle comunità. Le Amministrazioni Comunali svolgono già numerose attività nel campo della promozione della salute attivando iniziative variegate in risposta anche a input che provengono dall’ASL, dalle Aziende Ospedaliere, dagli Enti che lavorano in ambito sanitario, dalle Associazioni del territorio, dalle Cooperative, ecc. È però importante creare una cornice all’interno della quale far rientrare tutte le istanze per evitare dispersione di risorse, sovrapposizioni di iniziative e conflitti nei livelli di informazione. PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE L’orientamento generale per la programmazione degli interventi di promozione della salute è quello di valorizzare il ruolo preminente degli Enti locali, garantendo la partecipazione attiva della comunità ai processi decisionali e riservando ai servizi sanitari le funzioni di proposta, supporto e consulenza tecnica. DESTINATARI Amministrazioni Comunali. OBIETTIVO Costruire una strategia condivisa per la promozione della salute e del benessere dei cittadini.

SALUTE IN COMUNE

LA RETE DELLE SCUOLE CHE PROMUOVONO SALUTE

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INDICATORE Nr. di Amministrazioni Comunali aderenti al progetto che costruiscono il Piano Comunale per la Promozione della Salute. RISULTATO ATTESO Almeno il 10% delle Amministrazioni Comunali costruisce il Piano Comunale per la Promozione della Salute. AZIONI 1. Realizzazione di incontri di supporto alle Amministrazioni Comunali per la costruzione del

Piano Comunale per la Promozione della Salute; 2. Predisposizione, da parte dei Comuni aderenti, del Piano Comunale Per la Promozione della

Salute; 3. Predisposizione del Manuale di Buone Pratiche da mettere a disposizione di tutti i Comuni

aderenti al progetto 4. Realizzazione di un incontro annuale tra ASL e Comuni aderenti per la condivisione del lavoro

svolto e la programmazione futura. DIAGNOSI DI CONTESTO Da diversi anni, grazie anche all’evoluzione della normativa in materia di sicurezza, le aziende si stanno impegnando sempre più nel campo della prevenzione e della protezione dai rischi connessi al lavoro. La protezione dei lavoratori dai rischi di infortuni e malattie professionali è tuttavia solo uno degli strumenti attraverso cui passa la promozione della salute dei lavoratori. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ai rischi occupazionali è attribuibile circa l’1,5% del totale degli anni di vita in buona salute persi (DALYs) nei Paesi ad elevato reddito come l’Italia; mentre altri fattori legati a comportamenti individuali come l’abitudine tabagica, il consumo di alcol, il sovrappeso e l’obesità, la sedentarietà, l’alimentazione, i comportamenti alla guida, sarebbero responsabili di circa il 30% della perdita totale di anni di vita in buona salute. Inoltre, il posto di lavoro è una delle sedi dove è possibile intervenire con successo per promuovere sani stili di vita (Dichiarazione di Lussemburgo, 2007). Il datore di lavoro può svolgere un ruolo attivo nella promozione della salute tra i propri dipendenti attraverso una politica del personale che incorpori attivamente le tematiche della promozione della salute, prevedendo misure rivolte ai singoli e all’ambiente lavorativo. PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE Numerose ricerche compiute negli ultimi anni hanno dimostrato che il luogo di lavoro ha un effetto potente sulla salute dei lavoratori. L’efficacia dei programmi WHP è ampiamente dimostrata dalla letteratura scientifica, gli investimenti in questi programmi conducono a una riduzione delle malattie e dei tassi di mortalità. Anche il rapporto costi-benefici degli investimenti di promozione della salute nei luoghi di lavoro è favorevole: i benefici per i lavoratori e per le aziende sono misurabili e si traducono molto spesso in una riduzione dei rischi occupazionali, in minor assenteismo e malattie, in una maggiore soddisfazione, motivazione e produttività sul lavoro, oltre che in un miglioramento complessivo della loro qualità di vita. DESTINATARI 1. Datori di lavoro; 2. Lavoratori.

LA RETE DELLE AZIENDE CHE PROMUOVONO SALUTE

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OBIETTIVO Incrementare nei lavoratori una maggiore attenzione all’adozione di corretti stili di vita. INDICATORE Nr. di aziende aderenti alla rete che attivano iniziative di promozione alla salute nei confronti dei dipendenti. RISULTATO ATTESO Tutte le aziende coinvolte attivano iniziative di promozione alla salute nei confronti dei dipendenti. AZIONI 1. Realizzazione di incontri con le ditte per la promozione del progetto 2. Realizzazione di incontri con le ditte aderenti alla Rete delle Aziende che Promuovono Salute,

per lo sviluppo del progetto 3. Attivazione di interventi di promozione della salute da parte delle Aziende coinvolte. DIAGNOSI DI CONTESTO Gli studi attualmente disponibili in Italia evidenziano che l’età dichiarata del primo rapporto sessuale completo si attesta, intorno a 14 anni (HBSC-Italia 2010). La letteratura mette in evidenza come quanto più precoce sia l’età in cui è vissuta tale esperienza, soprattutto se non accompagnata dall’utilizzo corretto di metodi contraccettivi efficaci, tanto maggiore risulti il rischio di conseguenze dannose per la salute e, in generale, per l’esistenza futura dei ragazzi che non sono però, a quest’età, sufficientemente ‘attrezzati’ per affrontarle. Di qui la necessità di lavorare, come per gli altri comportamenti a rischio, sulla consapevolezza degli adolescenti nei confronti di un aspetto tanto importante e delicato della loro vita presente e futura, affinché siano in grado di affrontarlo liberi da condizionamenti e pressioni esterne. Oltre a ciò esistono chiari riferimenti in letteratura circa la relazione esistente tra comportamenti a rischio legati alla sfera sessuale in età adolescenziale e lo stato di salute in età adulta (HBSC 2006). Infatti, molti dei modelli di comportamento acquisiti durante l’adolescenza (relazioni di genere, comportamento sessuale, abitudini tabagiche, consumo di alcol e altre droghe e/o farmaci, abitudini alimentari, atteggiamenti verso le situazioni conflittuali e il rischio) dureranno tutta la vita e influenzeranno profondamente la salute e il benessere futuro (Action for Adolescent Health, WHO, 1997). Le più recenti esperienze di attività in favore degli adolescenti realizzate con le scuole e con gli enti del territorio marcano l’esigenza di implementare una progettazione maggiormente condivisa per favorire l'efficacia degli interventi sanitari, sociali ed educativi con un approccio di sviluppo globale, integrato e multidisciplinare. È evidenziato, oltre che in letteratura, anche nella diretta esperienza degli operatori, che a questa età difficilmente i ragazzi si rivolgono direttamente ai servizi consultoriali - così come tradizionalmente organizzati - se non per problemi di una certa gravità. In età adolescenziale l’individuo è esposto ad una vulnerabilità che predispone sia ad adottare comportamenti a rischio per la salute psicofisica (rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, gravidanze precoci, rapporti sessuali precoci al di fuori di relazioni affettive e di parità) che a manifestare difficoltà comunicative con gli adulti. Emerge, anche nel nostro territorio, la necessità di sostenere e tutelare gli adolescenti nella conquista di autonomie costruttive, nell'acquisizione di una corretta percezione del proprio corpo, nel favorire la consapevolezza della

CALEIDOSCOPICA ADOLESCENZA PROGETTO DI PROMOZIONE ALLA SALUTE AFFETTIVA E SESSUALE NEGLI STUDENTI

DELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

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propria personalità, nell'educare a valori quali il rispetto di sé e degli altri. La sempre più diffusa presenza di ragazzi figli di immigrati rende inoltre necessario un approccio che tenga conto delle diverse appartenenze culturali. PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE Dalla ricerca “Risk-behaviour in adolescence: drug-use and sexual activity in Italy and The Netherlands” (Silvia Ciairano, 2004) emergono importanti sollecitazioni per la programmazione degli interventi. In particolare si sottolinea come la promozione della auto-efficacia sia la più potente strategia per l’acquisizione di un comportamento sano e come sia necessario evitare un approccio di tipo terroristico nella strutturazione di interventi che tengono conto degli aspetti affettivi e dei significati del comportamento sessuale in adolescenza, favorendo l’elaborazione di messaggi a diversi livelli (cognitivo, emotivo, socio-relazione) e promuovendo l’integrazione tra sapere dell’esperto e competenze esperienziali, comunicative e relazionali dei destinatari. Una meta-analisi (Kirby, Short, Collins, Rugg 1994) condotta negli USA su sedici ricerche di tipo sperimentale o quasi sperimentale, finalizzati a valutare programmi di educazione sessuale, ha evidenziato che gli interventi efficaci si basano su 1) pochi e specifici obiettivi comportamentali; 2) uso di attività esperienziali e metodi di apprendimento attivo per personalizzare le informazioni (discussioni in piccolo gruppo, circle time, simulate, brainstorming, roleplaying); 3) coinvolgimento dei pari in qualità di educatori per favorire i processi di identificazione; 4) attività che portano a riflettere sulle influenze dei media e dei pari sui comportamenti sessuali; 5) rafforzamento di valori o norme per sviluppare pensieri individuali e di gruppo contro i comportamenti a rischio; 6) attività finalizzate allo sviluppo di abilità comunicative, di negoziazione, di rifiuto. DESTINATARI 1. Insegnanti; 2. Studenti dai 16 ai 19 anni; 3. Studenti dai 14 ai 16 anni. OBIETTIVI SPECIFICI 1. Incrementare le competenze e strumenti a disposizione degli insegnanti per l'utilizzo delle life

skill e per relazionarsi in modo più efficace con i loro studenti per la promozione del benessere;

2. Mettere in grado i peer educator di attivare all'interno delle classi interventi di sensibilizzazione sui temi legati al benessere e alla prevenzione.

3. Far sperimentare agli studenti delle classi prime modalità di scambio e di confronto sui temi del benessere e delle relazioni.

4. Incrementare le informazioni degli studenti di classe seconda in merito a prevenzione alle MTS ed all'educazione affettiva e sessuale.

INDICATORI 1. Nr. di insegnanti che avendo acquisito maggiori competenze e strumenti realizzano con i loro

studenti sessioni per la promozione del benessere e lo sviluppo delle life skill. 2. Nr. di peer educator che attiveranno all'interno delle classi interventi di sensibilizzazione sui

temi legati al benessere e alla prevenzione. 3. N° di studenti di classe prima che dichiarano di aver sperimentato in modo soddisfacente

l'opportunità offerta dai peer di scambio e di confronto costruttivo in classe. 4. N° di studenti di classe seconda che dichiarano di aver acquisito maggiori informazioni in

merito alla prevenzione delle MTS ed all'educazione affettiva e sessuale. RISULTATI ATTESI 1. Tutti gli insegnanti, avendo acquisto maggiori competenze e strumenti, realizzano con i loro

studenti sessioni per la promozione del benessere e lo sviluppo delle life skill. 2. Almeno il 90% dei peer educator formati attiveranno all'interno delle classi interventi di

sensibilizzazione sui temi legati al benessere e alla prevenzione.

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3. Il 90% degli studenti delle classi prime coinvolte dalle azioni peer dichiara di aver sperimentato in modo soddisfacente l'opportunità offerta dai peer di scambio e di confronto costruttivo in classe sul tema dell'educazione sessuale e delle relazioni fra pari

4. Almeno il 90% studenti di classe seconda dichiara di aver acquisito maggiori informazioni in merito a prevenzione alle MTS ed all'educazione affettiva ed sessuale.

AZIONI 1. Realizzazione di incontri rivolti agli insegnanti di rinforzo alla promozione delle life skills e

delle tecniche di conduzione del gruppo classe; 2. Realizzazione di incontri formativi rivolti ai peer educator con metodologie attive in tema di

prevenzione e promozione del benessere (prevenzione alle MTS, educazione affettiva ed emotiva, promozione del benessere a scuola e nelle relazioni);

3. Conduzione, da parte degli insegnanti, di moduli con le classi finalizzati alla promozione delle Life Skill e all'approfondimento dei temi trattati con i peer;

4. Realizzazione di incontri in classe da parte dei peer educator seconde per interventi di informazione e sensibilizzazione sui temi della prevenzione delle MTS, sulla sessualità ed affettività e sul benessere in classe;

5. Utilizzo, da parte del gruppo dei peer, della pagina facebook per scambiarsi informazioni in modo veloce e per condividere l'esperienza anche con gli altri studenti della scuola non direttamente coinvolti nel progetto.