piemonte news aprile 2011

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1 APRILE 2011 PIEMONTE CN/CONV/0969/2010

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PIEMONTE N° APRILE 2011 CN/CONV/0969/2010 Torino Piazza Castello

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1N° APRILE 2011

PIEMONTE

CN/CONV/0969/2010

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Torino Piazza Castello

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Regione PiemonteRiportare l’uomo al centro dell’ambienteSecondo Roberto Ravello, Assessore regionale all’Ambiente, l’Uomo, che è stato causa di molti problemi all’ambiente,può essere allo stesso modo la sua soluzionedi Agnese Mengarelli p. 4

Parchi e Aree ProtetteProteggere l’ambiente, valorizzare il territorioDalla riforma di Legge Regionale sulla gestione dei Parchi e delle Aree Protette, nuova linfa per lo sviluppo socio-economico delle aree montane, con l’obiettivo della sostenibilitàdi Alberto Piastrellini p. 7

Comune di RivaltaLa riscossa sostenibile dei piccoli centri urbaniDagli amministratori locali un approfondimento a più voci sul caso di un Comune-tipo della cintura torinese, fra passato industriale e futuro aperto alla sostenibilitàdi Alberto Piastrellini p. 10

INDICE

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In copertina: Vista della Galleria di Diana nel Palazzo Reale di Venaria, vicino a Torinoretro: Costigliole d’Asti AT)

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REGIONE PIEMONTE

di Agnese Mengarelli

Pedemontium, ai piedi dei monti. É questo il toponimo che dà il nome a una delle regioni più industrializzate di Italia. Circondato su tre lati dalle Alpi Occidentali e dall’Appennino Li-gure, il Piemonte, proprio per le sue caratteristiche orografiche e produt-tive, è anche un territorio che deve affrontare diverse problematiche a livello ambientale.La conoscenza di tali criticità rappre-senta uno strumento essenziale per condurre efficaci politiche ambientali e per orientare gli strumenti di pianifi-cazione territoriale ed urbanistica.Abbiamo incontrato Roberto Ravel-lo, Assessore all’Ambiente, Difesa del suolo, Attività estrattive e Protezione

civile della Regione Piemonte, per approfondire le questioni legate alla qualità dell’aria, del suolo e delle acque di un ter-ritorio che ha risentito fortemente della mano dell’Uomo.

Assessore Ravello, quali sono le problematiche princi-pali che insistono sulla Regione Piemonte e che il suo Assessorato è chiamato ad affrontare?Abbiamo un’ampia serie di problematiche, di pari gravità, sulle quali c’è il medesimo interesse da parte della nostra Amministrazione.Il problema della qualità dell’aria è sicuramente uno dei più sentiti. La situazione di superamento dei limiti stabiliti per il PM10 riguarda non solo il Piemonte ma tutto il bacino padano, a causa dell’alta densità di popolazione, delle attività produttive, del traffico, della consistente necessità di riscal-damento, ma soprattutto delle caratteristiche orografiche e delle condizioni meteo-climatiche sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti.Secondo i dati relativi all’anno 2009, resta critica la situazione per il biossido di azoto, ozono e particolato PM10, seppure per quest’ultimo si è registrato un leggero decremento dei livelli di concentrazione, anche se poco significativo ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa vigente.La situazione, invece, resta stabile per monossido di carbonio, biossido di zolfo, metalli e benzene, i cui livelli di concentrazione si mantengono al di sotto dei limiti previsti dalle normative vigenti (vedi tabella 1).

In che modo la Regione Piemonte e in particolare il suo Assessorato sta affrontando questo problema?

Abbiamo deciso di rendere permanente il Tavolo Regionale per la Qualità dell’Aria, del quale fanno parte, oltre alla Regione Piemonte, le 8 Province ed ARPA Piemonte. Sulla base delle conoscenze attualmente a disposizione di tutti gli organismi che rispondono alla Regione Piemonte, a cominciare dall’ARPA, abbiamo invertito il processo di ado-zione dei provvedimenti, ribaltandolo completamente.Abbiamo assegnato ad Arpa Piemonte il compito di elaborare delle analisi di “scenario”, per immaginare il fenomeno dell’in-quinamento atmosferico come la somma di diversi fattori, e per poter valutare preventivamente in modo scientifico e obiettivo gli effetti dei provvedimenti e le azioni strutturali che si potrebbero adottare per diminuire l’inquinamento atmosferico. Le analisi di “scenario” saranno portate all’attenzione delle Province nelle prossime riunioni del Tavolo Regionale per la Qualità dell’Aria e sulla base degli scenari si deciderà l’even-tuale modalità di adozione dei provvedimenti.La qualità dell’aria è un tema che ci coinvolge particolarmen-te, proprio per motivi morfologici. Le Alpi, oltre ad essere il nostro simbolo e una risorsa economica grazie al turismo, purtroppo rappresentano anche una barriera, in quanto non permettono una sana circolazione dell’aria. La Commissione Europea ha sottoposto la nostra Regione ad un attento esame e a una conseguente procedura di infrazione per la qualità dell’aria e questo rappresenta un fattore di forte preoccupazione perché riscontriamo una certa rigidità nel comprendere da parte dell’UE, che non è solo nostra la colpa se oggi ci sono continui sforamenti in questo territorio.Tra le azioni intraprese in Piemonte ricordo il progetto per il potenziamento della rete di teleriscaldamento; il capoluogo di questa Regione è una delle città più teleriscaldate d’Europa e la percentuale del teleriscaldamento dell’area metropolitana torinese ammonta a 54,5 milioni di metri cubi. Puntiamo al raggiungimento dei 90 milioni di metri cubi, ottenendo un notevole abbattimento di NO

2.

La problematica dell’inquinamento dell’aria, inoltre, è legato alle emissioni produttive e da traffico. La distribuzione delle emissioni industriali, sia di particolato

Secondo Roberto Ravello, Assessore regionale all’Ambiente, l’Uomo, che è statocausa di molti problemi all’ambiente, può essere allo stesso modo la sua soluzione

RIPORTARE L’UOMOAL CENTRO DELL’AMBIENTE

tabella 1

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primario che di ossidi di azoto, è connessa alla localizzazione sul territorio delle grandi attività produttive.Nel territorio piemontese, gli ossidi di azoto (NO

X) sono

collegati alla presenza di cementifici ed alle lavorazioni dei prodotti petroliferi, del vetro e dei laterizi, mentre il partico-lato primario (PM10) può essere collegato alla presenza di industrie per la produzione e lavorazione del poliestere, alle industrie cartarie, del ferro e dell’acciaio.La distribuzione delle emissioni da traffico degli ossidi di azoto (NO

X) coincide con la rete stradale; in particolare, a livello comu-

nale, è il traffico urbano a dare il maggior contributo. Le emissioni di PM10 si concentrano invece nei principali centri abitati, in quan-to legate non solo alle emissioni veicolari, ma anche alle polveri derivanti dall’usura di freni e pneumatici (vedi tabella 2).

Quali strategie intenderà perseguire per dare una rispo-sta positiva alla questione delle polveri sottili?Il 50% delle polveri sottili primarie è prodotto dal fenomeno del risollevamento dal suolo, quindi bisogna intervenire alla fonte, cioè sul suolo, per poter risolvere in maniera concreta la questione e questo dimostra la grande utilità di azioni, come ad esempio il lavaggio e la pulizia delle strade e la rimozione di quanto si è depositato sui sedimi.Un tale provvedimento, non strutturale, può avere effetti riscontrabili e verificabili nell’immediato.Inoltre, al fine di incentivare la mobilità sostenibile, abbiamo aperto un bando per finanziare i Comuni nell’adozione del traf-fico limitato, introducendo un meccanismo, attraverso il quale, ad esempio, nelle ZTL sarà possibile la circolazione di certe tipologie di veicoli, a cominciare dalle auto elettriche. Parados-salmente nelle ZTL della città di Torino non era permessa la circolazione di veicoli elettrici, perché, anche se non producono inquinati, come qualsiasi mezzo su ruota, come ad esempio la bicicletta, solleva quanto si è depositato sul suolo.

Assessore, la Regione Piemonte è una terra ricca di fiu-mi e di laghi. Com’è la qualità delle acque dei bacini idrografici?Nel 2007 il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato

il Piano di Tutela delle Acque, strumento di pianificazione generale elaborato da questo Assessorato contenente gli in-terventi volti a prevenire e ridurre l’inquinamento; migliorare lo stato delle acque e perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenendo la capacità naturale di auto-depurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere Comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Per conoscere lo stato di qualità dell’acqua dei fiumi e dei laghi, dal 2009 è stato avviato un nuovo sistema di moni-toraggio basato su standard europei.Dall’esame dei dati disponibili emergono diverse criticità soprattutto sui laghi della nostra Regione, nei quali non è sempre garantito il ricambio dell’acqua.

Come è stata affrontata questa problematica ?In alcuni casi sono stati attivati dei progetti sperimentali, an-che con il sostegno finanziario del Ministero dell’Ambiente, che hanno dato buoni risultati, in altre situazioni, dove non è stato possibile recuperare le risorse per attivare gli stessi progetti, si stanno utilizzando sempre di più gli strumenti del Contratto di Fiume e del Contratto di Lago, un’attività pluriennale per un impegno finanziario di 400.000 Euro. I Contratti di fiume ed i Contratti di lago costituiscono un nuovo strumento di governance attraverso cui condividere obiettivi di recupero, tutela e sviluppo sostenibile di un ter-ritorio vicino a un lago o a un fiume.Sono stati avviati i primi 4 Contratti Fiume, in via sperimentale, su aree idrografiche aventi particolari criticità ambientali e un Contratto di Lago, relativo al bacino dei Laghi di Avigliana, attraverso il coordinamento della Provincia di Torino e un investimento di 100.000 Euro. Il nostro obiettivo è quello di evitare le contrapposizioni di interessi e di favorire una mediazione e, soprattutto, una condivisione di percorsi di rivalutazione del territorio.è uno strumento degno della filosofia del “bottom up”, che in fondo è un modo con cui gli anglofili definiscono il fe-deralismo.Inoltre, come Regione Piemonte abbiamo prodotto uno sche-ma di Carta Nazionale di Lago e di Fiume, che abbiamo

tabella 2

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sottoposto all’attenzione del Ministero dell’Ambiente, perché riteniamo che questi strumenti possano essere un modello da replicare anche in altre Regioni.

Un’Amministrazione che non pianifica è un’Ammini-strazione che non ha futuro. A che punto è la pianificazione dei percorsi di forma-zione e di educazione ambientale nei confronti dei cittadini e dei ragazzi?L’educazione ambientale è un attività di competenza provin-ciale, dal momento che come Ente Regione trasferiamo alle Province le risorse e gli stanziamenti economici, anche se in questo periodo ci sono parecchie difficoltà.Un giovane studente o uno scolaro è uno strumento ecce-zionale di diffusione di buoni comportamenti e per favorirne l’apprendimento, anche da parte di chi ha abbandonato da tempo i percorsi scolastici. A Torino il Museo Regionale delle Scienze Naturali è una struttura capace di attrarre l’interesse di diverse scuole, anche fuori Regione, spiegan-do ai ragazzi in maniera interattiva tematiche molto spesso spinose, come l’alta velocità, la valorizzazione energetica dei rifiuti, le produzioni di energia da combustibili fossili o dal nucleare.Infine, il Centro di Formazione Ambientale di Pra’ Cati-nat, nel pinerolese, oltre ad essere un punto di riferimento per l’intera vallata, ospita gite scolastiche e offre servizi fina-lizzati all’educazione ambientale. Purtroppo questi strumenti hanno un costo notevole e per chiudere il Bilancio 2011 abbiamo dovuto effettuare dei tagli e delle riduzioni della spesa in generale e di conseguenza anche in questo settore. Siamo riusciti a tutelare e salvaguar-dare, pur con molti sforzi, alcune strutture, come il Centro di Pra’ Catinat, ma inevitabilmente siamo stati costretti a ridurre i trasferimenti alle Province per iniziative finalizzate all’educa-zione ambientale. Purtroppo dobbiamo dare priorità alle cose su cui dobbiamo intervenire con urgenza, come ad esempio la fragilità del suolo piemontese.

A proposito, com’è la situazione del suolo nel territorio piemontese?La situazione è molto critica. Per quanto riguarda la contami-nazione, nei suoli piemontesi i valori di fondo, determinati per i metalli, evidenziano soprattutto la presenza di cromo e nichel di natura litologica o la presenza di rame e piombo di origine antropica.I valori determinati per i contaminanti organici (IPA, PCB e diossine) sono quasi sempre abbondantemente al di sotto dei limiti di legge, anche se aumentano in vicinanza dei grandi centri urbani (vedi tabella 3).

Uno dei fenomeni più preoccupanti, è il consumo di suolo che evidenzia una forte tendenza all’aumento di superfici impermeabilizzate, che interessano ampie porzioni di terreni agricoli. Il consumo del suolo, l’acuirsi di certi fenomeni meteorolo-gici e l’impossibilità di finanziare con continuità interventi di manutenzione del territorio hanno portato a una situazione difficile.

Come è stata affrontata questa problematica?Fortunatamente abbiamo trovato un’attenzione eccezionale da parte del Governo, attraverso un programma di circa 240 interventi per la difesa e la mitigazione del rischio idro-geo-logico e in risposta a problematiche locali, che si riflettono su un bacino decisamente più ampio.Uno dei problemi da risolvere al più presto è sicuramente l’accavallarsi delle competenze tra Regione, Autorità di Bacino e ex Magistrato per il Po. Confesso che talvolta trovo diffi-coltà ad individuare il soggetto titolato ad intervenire o con determinate competenze, creando un certo distacco anche da parte degli amministratori locali.Per la difesa del suolo la pianificazione è fondamentale e come Amministrazione, stiamo cercando di rivedere le nostre norme per coinvolgere, ad esempio, i privati nella pulizia dei fiumi e dei boschi.Ho subito diverse critiche per queste scelte, ma sono contrario a quelle forme di ambientalismo che tiene l’uomo lontano dal nostro mondo. L’ambientalismo deve essere antropocentrico, l’uomo, che è stato la causa di molti mali, può essere allo stesso modo la sua salvezza e senza il suo coinvolgimento sarà difficile che l’ambiente da solo riesca a tutelarsi. Ad esempio, vorremmo provare a diffondere la consapevolezza che per un bosco, restare abbandonato a se stesso senza permettere all’uomo di fare pulizia, non è necessariamente un bene, anzi porta danni per la salute di quel bosco, perché lo soffoca e porta danni al territorio circostante, apportando ulteriore fragilità sul piano della sicurezza del suolo.Il nostro compito è di far capire a tutti i nostri interlocutori, che l’uomo, con le proprie attività e utilizzando delle risorse che l’ambiente mette a sua disposizione, può attivare le risorse economiche per finanziare attività che siano finalizzate alla tutela dell’ambiente. Questa è la strada da percorrere.

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di Alberto Piastrellini

PARCHI E AREE PROTETTE

Per approcciare, dal punto di vista dell’istituzione regionale, le proble-matiche e le prospettive dei Parchi e delle Aree Protette piemontesi, ab-biamo intervistato William Casoni, Assessore Regionale Commercio, Fie-re, Parchi e Aree Protette.

Assessore, qual è lo stato dell’ar-te della Regione Piemonte per quanto concerne la tutela del suo territorio?Posso affermare, con orgoglio, che il Piemonte è più che a buon pun-to per quanto riguarda la tutela del proprio territorio.Il sistema regionale di Parchi e Aree Protette, si presenta molto diffuso e conta oltre 43 siti.Ma al di là dei semplici numeri, quello che più mi preme, come am-ministratore regionale, è far emergere il grande sforzo comune che negli ultimi tempi ci ha visto tutti in prima linea per addivenire ad una riforma legislativa condivisa proprio sulla gestione di questi territori anche in funzione di una maggiore fruibilità da parte dei cittadini.

Quali sono, in questo senso, le problematiche principali che vi siete trovati ad affrontare?Guardi, il primo scoglio da supera-re è rappresentato dalla percezione che i cittadini hanno nei confronti di questi territori tutelati, i quali, nel sentire comune, sono approcciati come una sorta di “musei a cielo aperto”, ovvero, luoghi da vivere con lo stile del “mordi e fuggi” e che, inoltre, non danno sufficientemente luogo a ricadute locali o benefici so-cio-economici per le comunità nelle quali insistono.In questo senso, la riforma di Leg-ge Regionale il cui iter, dopo la discussione quasi conclusa in Com-missione, prevede il dibattito in Aula, ipotizza che molti aspetti di gestione di queste aree cambieranno radicalmente rispetto al passato con un riduzione degli organi di gestio-ne e meno burocrazia, più efficacia e celerità rispetto alle esigenze che vengono manifestate, sia dal punto di vista della conservazione del patri-monio biologico che da quello delle sviluppo sostenibile. Soprattutto, ci saranno indicazioni precise e strumenti per la gestione della pianificazione turistica.Non ha senso, infatti, che esistano Parchi dove non si possono svolgere attività di ricezione ed ospitalità. A fronte, poi, di un accesso turistico sbandierato, non è giustificabile che gli stessi turisti siano costretti a sce-gliere percorsi alternativi per trovare un letto o un ristorante…Ora, uno sviluppo intelligente del sistema Parchi deve prevedere, fatte salve tutte le garanzie a tutela del territorio e del minor impatto an-tropico, la possibilità di costruire strutture ricettive, ovviamente inte-grate con l’architettura e l’ambiente locale e progettate secondo i detta-mi della bioedilizia e del risparmio energetico.

Allo stesso tempo, una gestione ocu-lata e costruttiva dei territori tutelati a Parco deve essere un volano per l’economia locale, contribuendo allo sviluppo e alla diffusione di eccel-lenze agroalimentari tipiche per le quali, la nostra riforma di Legge, pre-vede già la creazione di un marchio del quale potranno fregiarsi le tipi-cità prodotte all’interno dei confini delle aree-parco dando al consuma-tore la garanzia della tracciabilità e dell’origine sana del prodotto.Un altro aspetto di pregio che inten-diamo valorizzare con la riforma di Legge Regionale è la rete dei “Sacri Monti”.Ne abbiamo 7, che già fanno parte del sistema delle Aree Protette e so-no riconosciuti dall’UNESCO insieme agli altri 2 presenti in Lombardia.Quello dei “Sacri Monti” è un aspetto della cultura locale poco conosciuto nel resto d’Italia, eppure, a miglia-ia di chilometri da qui, l’UNESCO ne ha saputo valutare positivamen-te la portata concedendo ai siti il riconoscimento mondiale di valore storico, naturalistico, antropologico e culturale.È nostra intenzione, valorizzare ul-teriormente questi siti, favorendone oltremodo la fruizione turistica e spirituale, magari ponendo una mag-giore attenzione al dialogo con la Chiesa locale sotto la cui giurisdi-zione, comunque ricadono.Sono luoghi splendidi e non sfigu-rerebbero nelle location di prodotti mediali e cinematografici.

Proprio quest’ultima suggestione mi ricorda che la Regione Piemon-te ha una delle Film Commission più attive d’Italia nell’attrarre ci-neasti e produttori ai quali offrire location prestigiose, logistica ed ospitalità a costi vantaggiosi. Si è pensato al fatto che anche la rete dei Parchi e delle Aree Protette

PROTEGGERE L’AMBIENTE,VALORIZZARE IL TERRITORIODalla riforma di Legge Regionale sulla gestione dei Parchi e delle Aree Protette, nuova linfa per lo sviluppo socio-economico delle aree montane, con l’obiettivo della sostenibilità

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può partecipare a questa dinamica di sviluppo socio-economico-cul-turale?Come accennavo poc’anzi sono già pervenute precise richieste da parte di alcune produzioni interessate ad utilizzare i “Sacri Monti” quali loca-tion d’eccezione per alcune fiction.Non solo, anche alcune Società or-ganizzatrici di Eventi e Agenzie di comunicazione si sono dimostrate interessate alla possibilità di usufru-ire di architetture purissime inserite in contesti naturali di eccezionale bellezza.Devo dire, purtroppo, che finora le gerarchie ecclesiastiche locali si sono dimostrate un po’ restie a comprendere queste opportunità, richiamandosi sacralità dei luoghi, comunque vocati al pellegrinaggio e alla meditazione. Nella nostra visione, invece, un po’ di attività economica ben gestita e rispetto-sa della sacralità e delle tradizioni locali, può essere d’aiuto al man-tenimento dell’integrità di luoghi e strutture e, magari contribuire allo sviluppo socio-economico locale.

Il 2010 è stato l’anno mondiale della Biodiversità; quest’anno è consacrato alle Foreste. Sappiamo bene come Parchi e Aree Protet-te siano scrigni di biodiversità e tesori da valorizzare per il futuro del pianeta. Come intende, la Regione Pie-monte, contribuire alla tutela della propria biodiversità?Anche in questo caso abbiamo pun-tato su un approccio leggermente innovativo rispetto a quanto acca-duto in passato.È inutile nascondersi dietro facili demagogie: un bosco, una foresta, vanno gestiti in maniera oculata e tale gestione deve prevedere manu-tenzioni serie e costanti per favorire la salute delle essenze arboree e lo

sviluppo armonico delle stesse. Purtroppo, questo non accade né si può pensare che a tale manuten-zione possano prestare attenzione i soli, pochi guardaparco.Occorre che tutti i proprietari terrieri facciano la loro parte e così gli enti locali, affinché da una mala gestione non sopravvenga il degrado e nei casi più gravi il disastro ecologico, si pensi all’importanza degli sfalci selet-tivi e della pulizia degli alvei fluviali per impedire che le piogge invernali e lo scioglimento delle nevi gonfino i letti dei fiumi, già intasati da tronchi e ramaglie mai eliminati…Per questo stiamo studiando, di concerto con l’Assessore compe-tente alla montagna, alcuni progetti di collaborazione con imprenditori locali per valorizzare le biomasse di risulta dalla pulizia dei boschi e, con-temporaneamente, dare un piccolo contributo all’occupazione locale. In questo modo, si cercherà di pre-servare l’ambiente, creando una piccola filiera economica legata al territorio, anche perché, in assenza di economie locali, l’ambiente è de-stinato a morire.

Nel percorso di audit precedente la stesura del testo prossimamente in discussione in aula consiliare, qual è stato il rapporto con l’as-sociazionismo ambientale?Non nascondo che da parte di chi fa del vetero ambientalismo ci sia stata una sorta di preclusione.Credo che dalla nostra proposta emerga chiaramente la volontà di rispettare il territorio facendo di questo rispetto un’occasione di svi-luppo, come peraltro ci è richiesto da più parti, sia a livello nazionale che sovranazionale.Fino da oggi, per rendere effettivo un Piano d’Area, che costituisce una sorta di Piano Regolatore dei Parchi, occor-revano, mediamente dai 6 ai 7 anni!

Le dico questo perché tale lungag-gine comporta conseguenze spesso gravi per le popolazioni locali.Ricordo il caso di una famiglia che aveva la necessità di costruire un ascensore interno alla propria ca-sa per supportare le esigenze di un congiunto diversamente abile. Ebbe-ne, finché il Piano d’Area non fosse approvato, non poteva essere con-cessa l’autorizzazione ai lavori.Nel frattempo, la famiglia in questione si è trasferita a valle, ab-bandonando i terreni di proprietà ed aumentando il carico antropico di un’area valliva già troppo urba-nizzata.Viceversa, in presenza di nor-me più agili, si potrebbe favorire un’antropizzazione consapevole e rispettosa delle aree montane, da cui deriverebbe una miglior gestione del territorio.Ripeto, non si vuole dare l’avvio ad un arrembaggio edilizio delle mon-tagne e dei Parchi, bensì favorire lo sviluppo di insediamenti ecocom-patibili in grado di stimolare anche l’offerta delle imprese “verdi”.

In un momento in cui l’industria tradizionale non sembra dare più le risposte economiche cui per troppo tempo ci siamo abituati, i Parchi e le Aree Protette, pos-sono diventare un nuovo volano di sviluppo?Di certo non potranno essere la panacea per risolvere la crisi eco-nomica e occupazionale, però un contributo alla risoluzione dei pro-blemi lo possono dare.Intanto, una gestione oculata può essere produttiva ed autofinanzian-te e non dipendere totalmente dagli Enti pubblici.Poi, ripeto, c’è già un forte interesse da parte di varie filiere attratte dalla possibilità di produrre all’interno dei Parchi.

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Faccio ancora l’esempio dei prodotti agroalimentari che, tuttavia, abbiso-gnano di strutture autorizzate.Ci sono possibilità di sviluppo intel-ligente senza sfruttare il territorio e dico questo perché fra le mie dele-

ghe c’è anche quella riguardante il Commercio e le Fiere… dobbiamo assolutamente creare una rete siner-gica fra ambiente, territorio e grande distribuzione commerciale. I consumatori ricercano sempre più

prodotti genuini derivanti da territori tutelati e controllati e, per questo, i Parchi possono essere generatori di eccellenze agroalimentari.

Parco “Laghi di Avigliana”

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COMUNE DI RIVALTA

di Alberto Piastrellini

Dal latino “ripa alta” (“rivàuta” in dialetto piemontese), in riferimento alla posizione sopraelevata rispetto al versante più alto del torrente Sangone, Rivalta di Torino è un Comune della “cinta torinese” che si sviluppa su una superfice di circa 25,25 Km2 ed ospita una popolazione stimata il 19.339 unità (al 30 settembre 2010).Il territorio, posizionato circa 20 Km a Sud-ovest rispetto al centro del capoluogo piemontese, è suddiviso in 4 aree: centro storico e le frazioni Pasta, Gerbole e Tetti Francesi.Il centro storico è caratterizzato dalla presenza del Castello che risale, nelle parti più antiche, all’anno 1.000; mentre, al di fuori della cinta muraria, e fino agli anni ’80, il territorio di competenza del Comune, ha ospitato l’importante stabilimento omonimo della FIAT ed altre realtà industriali.Da tempo l’Amministrazione locale ha intrapreso azioni forti per rimediare a scelte poco lungimiranti del recente passato e per trasformare in opportunità di sviluppo la bonifica e la riqualificazione di aree industriali dismesse.Per saperne di più e meglio conoscere la realtà di un Comune che ha fatto della sostenibilità un percorso condiviso con la cittadinanza, abbiamo incontrato il Sindaco, Amalia Nei-rotti, che ci ha gentilmente accolti, dandoci la possibilità di conoscere meglio l’operato della sua Giunta.

Sindaco, cosa ha significato per un comune come quello di Rivalta, il passaggio da una forte presenza industriale sul territorio, ad una situazione attuale assai mutata dal punto di vista degli investimenti e dell’occupazione?Lei ha centrato il cuore di una ferita profonda apertasi sul territorio del nostro Comune, ma più in generale nel territorio dell’intera Provincia di Torino, perché qui FIAT ha rappresentato per diverse generazioni un’effettiva realtà di ricchezza e posti di lavoro.A Rivalta, lo stabilimento FIAT venne inaugurato nel 1967 e raggiunse negli anni ’70 il picco massimo di lavoratori impiegati: circa 22.000 persone, provenienti da una cintura torinese di circa 15 Km di raggio, a cui si affiancavano ai 42.000 dipendenti di Mirafiori…Numeri impressionanti di cui è rimasto ben poco, se si consi-dera che il recente dibattito sul referendum FIAT ha riguardato solo circa 5.000 lavoratori.

Oggi, nell’area di Rivalta non c’è più la presenza di FIAT ed una parte dell’area occupata dagli ex stabilimenti, dal 2004, vede la presenza di uno stabilimento di AVIO Group, che traslocando dal centro della città di Torino e liberando, quindi, spazi urbani per una riqualificazione importante, ha finito per occupare circa un quinto della “nostra” grande area FIAT.Può, quindi, facilmente intuire quale evoluzione vi sia stata nel nostro territorio in appena quarant’anni!Oltre alle perdite di posti di lavoro verificatasi negli anni per via dell’automazione progredita all’interno delle aziende, va considerato che lo sviluppo di FIAT aveva indotto la crescita a grappolo di molte aziende dell’indotto, le quali, chiuso lo stabilimento di Rivalta, hanno subìto un tracollo che ha inciso progressivamente nella situazione occupazionale locale.

Quali soluzioni avete ipotizzato voi amministratori lo-cali?Tra le soluzioni tampone formulate per colmare il vuoto lasciato da FIAT, c’è stata la trasformazione di alcun ex aree industriali in aree commerciali.Il commercio si proponeva, allora, come la soluzione ideale in grado di riassorbire tutti i lavoratori, di offrire uno scena-rio economico nuovo e comunque inevitabile, specie in un territorio in cui, la nascita di centri commerciali intorno alla città di Torino si rendeva necessaria per via del trasferimen-to di gran parte della popolazione dalla città alla prima o seconda cintura urbana.Prima ho esordito dicendo che FIAT è il centro di una ferita ancora aperta; tant’è che debbo sottolineare come il mio orario di ricevimento del pubblico da circa due anni a questa parte, sia quasi interamente occupato per ascoltare persone che hanno perso il lavoro e che stanno perdendo anche la casa, perché non sono più in grado di pagare il mutuo, senza contare le giovani coppie in gravi difficoltà economiche.

Lei è anche Presidente dell’ANCI Piemonte, immagino che questa situazione sia piuttosto diffusa, o no?Certamente, questo è un problema che condivido con tutti i miei colleghi del territorio. Per la verità, credo che solo i colleghi del cuneese possano ancora contare su una so-stanziale tenuta occupazionale dell’industria, mentre per il resto della nostra Regione la perdita di lavoro rimane un problema grave.Le ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria o fatte in deroga, nel 2010 sono aumentate. Basta questo per rendere l’idea di un Piemonte in sofferenza, che ha necessità di un forte rilancio. Di qui il disperato tentativo di trattenere FIAT a Torino con le sue produzioni per fare in modo che queste diano una boccata di ossigeno, anche a tutto l’indotto.Non nego che la presenza di una grande azienda come FIAT abbia condizionato in maniera molto rilevante le scelte in-dustriali di un lungo periodo. Tuttavia, non avere costruito

Dagli amministratori locali un approfondimento a più voci sul caso di un Comune-tipo della cintura torinese, fra passato industriale e futuro aperto alla sostenibilità

LA RISCOSSA SOSTENIBILEDEI PICCOLI CENTRI URBANI

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a latere di FIAT altri scenari rilevanti di trasformazione ci ha penalizzato. Ci siamo trovati tutti impreparati, senza un “piano B”, che invece probabilmente andava ipotizzato. Probabilmente, il progresso economico entusiasmante legato all’apporto determinante di FIAT, non ci ha fatto intravedere lo scenario quale quello che oggi stiamo vivendo. Però, quella odierna è una situazione grave, che impone la necessità di una “cabina di regia”, o meglio, che i grandi economisti, le più importanti responsabilità politiche, i rappre-sentanti autorevoli dell’economia nazionale ed internazionale ci aiutino a definire insieme al sistema formativo, e a chi è in grado di fare investimenti, insieme ai Comuni e insieme alle Province, gli scenari perseguibili perché il Piemonte cominci a pensare al suo futuro con maggiore respiro. Da Sindaci, abbiamo anche la percezione di ulteriori gravità perché in questo momento gli strumenti posti nelle mani dei Comuni per tamponare la situazione di emergenza sono dav-vero pochi, se consideriamo che il bilancio di spesa corrente di tutti i Comuni tenuti al Patto di Stabilità è essenzialmente quello del 2008. Attualmente, non avendo la possibilità di mettere in atto en-trate straordinarie, non possiamo sostenere adeguatamente problematiche sociali di aumento. Per Rivalta c’è grande preoccupazione rispetto al futuro, sia per quanto riguarda la valorizzazione di un’area industriale che è in stato d’abbondono, sia per quello che concerne il “peso” sociale rappresentato da famiglie che hanno gravi problemi economici e che dovrebbero essere sostenute anche tramite l’aiuto degli enti locali.

Per questa valorizzazione dell’esistente storico che peso ha l’ambiente? A quanto ammontano i danni e come risolverli? Quali soluzioni avete in programma per lo sviluppo del territorio? Per fortuna FIAT oggi non ha lasciato problemi visibili di natura ambientale. Nel caso in cui fosse riutilizzabile l’area ex FIAT, credo siano necessarie solo bonifiche di natura or-dinaria, che comunque sarebbero richieste a qualsiasi altro sito industriale in cui siano stati trattati oli, vernici o materiali di questo tipo.Quindi dal punto di vista del recupero ambientale, l’area costituita da 1 milione 755 mila m2 di territorio rivaltese, rappresenta una grande opportunità di riuso. Poiché questa è un’area industriale che deve essere utilizzata prima di qualsiasi altro intervento, abbiamo bisogno che la Regione stia dalla nostra parte per creare le condizioni di un nuovo importante insediamento.L’handicap principale è costituito dalla distanza dalla tan-genziale. Il sistema della viabilità in questo momento non favorisce il richiamo di aziende che, viceversa, potrebbero essere interessate in presenza di infrastrutture adeguate. Ritornando all’oggetto principale della sua domanda, cioè alla situazione ambientale, c’è una storia importante che riguarda

la presenza sul nostro territorio di due aziende, oggi fallite: OMA e Chimica Industriale, ci hanno lasciato in eredità ben 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi (oli esausti e solventi utilizzati) stoccati all’interno dei rispettivi siti industriali, no-nostante tali aziende abbiano iniziato la loro attività a metà degli anni ’60 come aziende “ecologiche”: OMA si occupava del ritiro di oli esausti, mentre Chimica Industriale si occu-pava del recupero di solventi. Il Sindaco di allora, in assoluta buona fede, ritenne che le morchie, i residuati delle lavorazioni, potessero essere addirit-tura collocate su un terreno di proprietà comunale limitrofo ai siti e confinante con il greto del Torrente Sangone, pensando che questo deposito non avrebbe determinato danni. Io sono diventata Sindaco nel 2002, anche se ho iniziato la mia esperienza amministrativa nel 1985 come consigliere comunale. Quindi dal 1985 fino a che non sono diventata Sindaco ho vissuto come rivaltese i movimenti di protesta dei cittadini contro i fumi e le emissioni di queste due aziende, senza contare le varie battaglie cittadine che riguardavano sostanzialmente la percezione netta che non venissero ri-spettate le prescrizioni ambientali del caso. La situazione, con un po’ di ricambi aziendali è degenerata con il mio predecessore con alcune importanti denunce per le quali venne riconosciuto al Comune nel 2003 il diritto ad un risarcimen-to dell’entità di 19 miliardi, che non sono mai stati incassati!Nei primi anni del mio mandato ho dovuto affrontare una ulteriore criticità: oltre alla percezione che vi fossero quantità ingenti di materiali stoccati, all’interno delle due aziende, ci siamo trovati di fronte alla proposta avanzata dai nuovi proprietari di collocare lì un impianto di incenerimento, con il quale si sarebbero trattati i rifiuti presenti negli impianti e altri rifiuti che si sarebbero raccolti, compensando con questa attività di impresa il carico dei problemi che gravavano sulle due aziende. L’amministrazione comunale si è soffermata a riflettere per diversi mesi su questa ipotesi valutando i vantaggi e gli svan-taggi. La nostra sensazione di fondo, tuttavia, era che quella sorta di “bomba” stesse per esploderci nelle mani, avendo la percezione che i soggetti con cui stavamo trattando non erano poi così affidabili.Così, abbiamo risposto negativamente alla proposta e si sono avviate le pratiche per il fallimento..Il momento più acuto si verificò con uno sversamento pri-ma dell’estate. Tale episodio mi fece focalizzare meglio il problema ponendomi questa domanda: nel caso in cui fos-se scoppiato un incendio quanta popolazione avrei dovuto evacuare?Lo chiesi al Prefetto che mi fu molto vicino in quei mesi, visto che l’ARPA non era in grado di darmi le informazioni giuste in merito.Così, con un’ordinanza urgente, d’accordo con tutta la Giunta, decisi di mettere mano al primo intervento straordinario di svuotamento dei serbatoi, smaltendo 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi.

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Abbiamo effettuato, poi, il censimento di questi due straor-dinari depositi, avviando un lavoro di collaborazione con la Regione, che è stata a fianco del Comune nell’affrontare que-sta emergenza. Tra l’altro, abbiamo avviato una collaborazione con tutte le amministrazioni regionali che si sono succedute nel tempo, di qualunque colore politico fossero.Insomma, la Regione è stata per noi un partner importante. Allo stato attuale, OMA e Chimica Industriale, che hanno svolto per oltre 40 anni un’attività di degrado e illegalità, in quanto ritiravano e stoccavano rifiuti pericolosi senza avviarli ai centri di smaltimento, preoccupandosi solo di fare cassa, sono responsabili di una spesa pubblica dell’ammontare di circa 7 milioni e mezzo di Euro, una spesa pubblica fatta di finanziamenti regionali, di polizze fideiussorie escusse e costi legali per il nostro Comune.Così, un danno ambientale di tale portata ha determinato pure una ingente spesa pubblica. Per questo motivo posso affermare che gli interventi riguardanti OMA e Chimica Indu-striale, hanno costituito la più grande opera pubblica svolta durante gli anni dei miei mandati.

A questo punto si è reso necessario approfondire l’argomento ambientale con l’Assessore all’Ambiente, Sergio Muro.

Assessore, può indicarci qual è oggi la situazione am-bientale dei due siti. Cosa è rimasto lì?Dal punto di vista dei rifiuti sono state smaltite le 9.500 tonnellate di rifiuti pericolosi stoccate nell’uno e nell’altro stabilimento. Resta ancora il grosso problema della discarica di morchie ole-ose situata sulle sponde del Torrente Sangone: una superficie di 10.500 m2 in cui sono stati smaltiti 50.000 m3 di morchie, di cui solo una parte inertizzati con terra, mentre la quantità più pericolosa è stata sversata sul terreno allo stato puro.Inoltre c’è ancora da risolvere, il più ampio problema dell’in-

quinamento ambientale che si sta rilevando attraverso l’analisi di rischio che ha stabilito alcune priorità. Una quantificazione precisa delle spese che dovrà ancora sostenere l’Amministra-zione comunale a tutt’oggi, però, non esiste. Uno dei problemi che l’analisi di rischio ha evidenziato e che intendiamo risolvere, avvalendoci del finanziamento stanzia-to dalla Regione Piemonte (circa un milione di Euro) è la rimozione delle morchie allo stato puro, abbandonate in una buca sul terreno, in quella che era una vecchia cava, usata per stoccare questi rifiuti pericolosi.Si tenga presente che questi materiali hanno un PH intorno a 1, quindi altamente acidi. Con questo milione stanziato dalla Regione e con una quota che sarà stanziata dall’Amministrazione comunale, contiamo di riuscire a completare questo intervento.

Assessore, qual è lo stato di salute del torrente Sangone e qual è la percezione del rischio ambientale da parte degli abitanti?Anche su questo punto si devono elaborare ancora una serie di dati. Per quanto riguarda la percezione del rischio da parte degli abitanti, oggi non sussistono più le segnalazioni che c’erano durante la situazione di emergenza raccontata poc’anzi dal Sindaco, quando effettivamente giornalmente il suo ufficio era tempestato di telefonate per via degli odori dovuti alle lavorazioni, ai travasi e alle perdite di materiali che abbiamo effettivamente constatato entrando negli stabilimenti. Sicuramente oggi permangono situazioni di criticità che ades-so si stanno ancora analizzando.Si sta valutando, inoltre, la presenza di eventuali pennacchi di contaminazione del terreno, soprattutto per quanto riguarda una parte del materiale stoccato nell’ex discarica, dove c’è la possibilità di un contatto tra la falda e il Sangone, a seconda della stagione.Deve essere valutata, inoltre, la probabile estensione dei solventi provenienti dall’attività dello stabilimento di Chimica Industriale, al di fuori dell’area, anche se sembra che questa contaminazione possa aver riguardato parti abbastanza superficiali del terreno, sen-za intaccare la profondità dei pozzi da cui si emunge l’acqua.

Ritornando a lei, Sindaco, qual è, invece, lo stato della qualità dell’aria della zona?Possiamo dire che l’inquinamento atmosferico, non è rilevan-te. L’impatto maggiore sull’ambiente è, infatti, limitato alla compromissione del terreno e della falda. Sostanzialmente la cessazione dell’attività produttiva e quindi lo stop delle emissioni degli inceneritori ha determinato una caduta delle emissioni.Tuttavia, queste due aziende hanno rappresentato una proble-matica ambientale che è ancora lungi dall’essere stata risolta. Ci sono aspetti su cui si sta ancora indagando e che non sono ancora del tutto chiari. Però, noi stiamo pensando al futuro, per questo abbiamo lanciato

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un concorso di idee che punta a riqualificare queste aree, a ricu-cirne le ferite, affinché possano essere restituite alla collettività e rappresentare finalmente un bene, anziché un peso.L’Assessore all’Urbanistica Carla Barovetti, al mio fianco dal 2002 ha seguito il lancio del concorso di idee che riguarda l’area di queste due zone, ma non solo, e saprà illustrarvi tale progetto.

Assessore Barovetti, la pianificazione del territorio è l’input di partenza per qualsiasi intervento di riqualifi-cazione che guardi al lungo periodo. Quali sono i vostri obiettivi per domani?Per quanto riguarda la pianificazione del territorio, il Comune di Rivalta si muove con molta attenzione, sia rispetto alla salvaguardia ambientale che al benessere dei cittadini.Piuttosto che limitarci solo a queste due aree ex industriali, più in generale abbiamo pensato alla salvaguardia di un’area molto più vasta, quella della collina morenica, che è a nord del nostro territorio e che si collega con altri Comuni, co-me Rivoli e Villabasse, tentando di valorizzare tutta la parte boschivo-collinare tramite apposite azioni e interventi di tutela.Abbiamo riservato la stessa attenzione al Parco del Sangone, o meglio, ad una fascia molto estesa intorno al Sangone, sia la sponda destra che la sponda sinistra, che rientrano nel Parco del Po. Su questa area, molto vasta, specie nella parte Nord, abbiamo messo in atto molti interventi di riqualificazione, come la formazione di sentieri, di percorsi ciclabili, la risistemazio-ne delle sponde, oltre che un’analisi puntuale dell’assetto idrogeologico per valutare le possibilità di esondazione del Sangone.Dal punto di vista ambientale, infatti, abbiamo anche il pro-blema rappresentato dal regime torrentizio del Sangone che nelle sue piene coinvolge tanto il territorio quanto il centro abitato di Rivalta. Di qui la nostra attenzione anche verso questo tema con

studi appositi di idrogeologia e di ingegneria ambientale, dal momento che il territorio è caratterizzato da una rete molto ricca di acquiferi secondari secondari. Ma la nostra attenzione ai problemi della parte settentrionale del territorio, dalla collina morenica fino a scendere al Parco del Po e alle aree agricole, è particolarmente vigile.Abbiamo, infatti, avviato un’importante azione di salvaguardia delle aree agricole, intessendo anche rapporti di collabora-zione con i Comuni vicini, in particolare con il Comune di Rivoli con cui condividiamo un grande bacino agricolo che è una sorta di polmone verde di grande valore, sia dal punto di vista ambientale e paesaggistico che economico. Per quanto riguarda, invece, le aree occupata dagli stabilimen-ti OMA e Chimica Industriale, abbiamo avviato un grande lavoro, iniziato nel periodo 2002-2003 e che negli anni ha poi portato al Piano di sicurezza, al Piano di caratterizzazione e oggi all’inizio della bonifica del cosiddetto “laghetto delle morchie”, di cui ha fatto menzione il Sindaco.Abbiamo pensato, che, in collaborazione con il Parco del Po, queste due aree possano rientrare nel sistema delle aree protette, lanciando al riguardo un Concorso di idee per la loro riqualificazione.In realtà, il nostro lavoro è stato più ampio e più complesso.Avendo partecipato anche ai bandi di Corona Verde e avendo ottenuto dei finanziamenti, abbiamo, infatti, avviato interventi di riqualificazione anche sulle sponde del Sangone, nella zo-na ad Est. Così, dopo aver avviato con il Parco del Po questi progetti, attualmente in corso, abbiamo lanciato il Concorso di idee che punta alla riqualificazione delle aree ex OMA e Chimica Industriale per le quali, già il Piano regolatore prevede nuove destinazioni legate al tempo libero e alla ricerca, in un’ottica di salvaguardia e recupero ambientale.In realtà, il Concorso non è limitato a quelle sole aree, ma riguarda la più ampia Area Vasta. Il nostro interesse, infatti, non è quello di risolvere i problemi all’interno dei confini di questi due lotti, ma di capirne le ricadute anche su un’area più vasta di circa 610 ettari che comprende tutto il tratto del torrente Sangone in quella zona e che si estende fino alla collina morenica verso Nord, area già salvaguardata dal Piano d’Area del Parco. In particolare, in quell’area abbiamo acquisito una cascina settecentesca che potrebbe diventare un polo per lo studio dell’ambiente.Da tempo, inoltre, con gli altri Comuni limitrofi condividiamo il progetto della creazione dell’Area protetta della collina morenica, che costituisce un’altra azione su cui stiamo la-vorando. Il Concorso, rivolto a architetti, ingegneri, agronomi, fore-stali, ha portato alla partecipazione di 27 gruppi. La Giuria ha poi selezionato tre primi classificati, i cui progetti sono stati presentati il 25 febbraio, presso la Cascina Le Vallere, sede del Parco. La Mostra di tutti i 27 progetti è stata allestita a Rivalta,

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nella sede del Monastero ed è stata inaugurata lo scorso 26 febbraio alla presenza del Sindaco, della Giunta Comunale e dell’Assessore regionale all’Ambiente, degli esperti, studiosi e rappresentanti del Parco che ha co-finaziato il Concorso, insieme alla Regione. Per avviare questo Concorso ci siamo avvalsi di un finanzia-mento regionale: abbiamo, infatti, partecipato ad un bando regionale della Legge 14 del 2008 che lanciava l’idea dei Concorsi e dei progetti legati all’ambiente.Tale Concorso rappresenta per noi uno strumento importante per andare avanti e guardare al futuro, per poter iniziare a prevedere funzioni e destinazioni di quelle aree.Questo è solo il primo passo. Proseguiremo, poi, con l’in-dividuazione di uno studio di fattibilità che verrà messo a punto per poter poi lanciare bandi pubblici rivolti ad enti e ad operatori privati per la riqualificazione di queste aree, sempre sotto la regia del Parco e della Regione.

Quali tempi si prevedono per la realizzazione di questo progetto?Per quanto riguarda lo studio di fattibilità si prevedono tempi brevi. Per quanto riguarda, invece, le azioni da mettere a pun-to, come ad esempio i bandi per l’intervento degli operatori, non possono essere previsti in tempi brevi anche perché i problemi di queste aree sono molto gravi relativamente alle bonifiche in corso.Le faccio l’esempio di un altro Concorso che abbiamo lancia-to, quello delle cosiddette “Casermette”, un’area di circa 10 ettari, di fianco all’area ex FIAT, che ha portato ottimi risultati in tempi relativamente brevi. Concluso il concorso di idee, abbiamo messo a punto lo studio di fattibilità e ora abbiamo iniziato gli interventi sull’area, avvalendoci di un un altro tipo di finanziamento, i cosiddetti “contratti di quartiere” per l’edilizia residenziale pubblica per opere di urbanizzazione, da cui abbiamo attinto circa 5 milioni di euro.Questa area dovrebbe ricostituire la forma urbana della parte Sud del Comune di Rivalta con le frazioni: Tetti francesi e Gerbole, quartieri che hanno collocazione separata e non integrata. I tempi, su quest’area più semplice da gestire, anche se molto grande, sono tuttavia lunghi.

Per approfondire questi aspetti di carattere urbanistico-resi-denziale, abbiamo sollecitato l’Assessore alle opere pubbliche Michele Colaci Assessore Colaci, quali altre azioni avete in programma per la risoluzione di carichi ambientali già così rile-vanti?Indubbiamente stiamo facendo molti interventi, nonostante i problemi di bilancio che costituiscono un problema comune in tutto il territorio nazionale.Partiamo proprio dalle “Casermette”. Recentemente c’è stata una delibera di Giunta che prevede la

bonifica dall’amianto in quell’area: tutte le lastre di amianto di cui erano provvisti i tetti di quella zona verranno dunque rimosse. In questo caso, per questo intervento abbiamo utilizzato fondi del Comune perché caratteristica di questa Amministrazione, è che investe risorse proprie per risolvere problemi di carattere ambientale. Ne è esempio l’intervento relativo alle “Caser-mette”, dove l’importo dei lavori è di 300.000 euro (solo per la rimozione dell’amianto). Ma non solo. Ci sono poi una serie di interventi che riguardano le scuole. La nostra Amministrazione ha ereditato un patrimonio im-mobiliare scolastico con problematiche di natura ambientale abbastanza gravi, soprattutto per quanto riguarda le coperture degli edifici, che in taluni casi erano in amianto.La scelta di questa Amministrazione è stata quella di eliminare tali coperture sostituendole con pannelli fotovoltaici.La questione ambientale è stata sempre una delle priorità e degli impegni di questa Amministrazione, fin dal 2002, ovvero da quando il Sindaco Neirotti è entrato in carica. Abbiamo sempre cercato di far fronte e di porre rimedi ai problemi ambientali, anche se un po’ per volta, poiché, purtroppo, abbiamo un Piano delle opere pubbliche direttamente di-pendente dagli oneri di urbanizzazione.Sono stati interventi molto importanti, ma altrettanto impor-tanti, sono risultati quelli sugli edifici scolastici che sono stati intrapresi, anche in relazione alla problematica del conteni-mento energetico. Ad esempio, sempre in maniera programmata, ma progressiva, tutti gli interventi sugli edifici vengono fatti con il cappotto isolante. Abbiano quindi adottato una serie di piccoli accorgimenti per “guadagnare” anche un risparmio sotto l’aspetto ener-getico. Per quanto riguarda la mobilità sostenibile, questo è l’unico Comune che conosco che può essere raggiunto attraverso piste ciclabili. Da Sud a Nord c’è un collegamento diretto con piste ciclabili, che attraversa il centro e consente ai cittadini di muoversi in libertà senza usare l’auto.

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Attualmente stiamo completando l’ultimo tratto di questa rete capillare. Credo che alla fine di questo mandato il Sindaco possa dire che effettivamente il territorio è quasi totalmente coperto da piste ciclabili, che i cittadini utilizzano talmente tanto che ciclisti e pedoni riescono anche a litigare tra loro. Questo vuol dire che si tratta di strutture importanti e che soprattutto, vengono utilizzate. Un altro progetto, molto ambizioso, legato al risparmio ener-getico che stiamo portando avanti e che, purtroppo, non riusciremo a finire in questa legislatura, perché le risorse necessarie sono ingenti e le tempistiche molto lunghe è quello della nuova illuminazione pubblica. Grazie all’apporto delle nuove tecnologie stiamo valutando un sistema di illuminazione che porti alla riduzione del consumo di energia nelle ore notturne, dalle 2 di notte in poi. Questo ci consentirebbe di risparmiare due volte: sul costo della bolletta e sull’impianto di tutta l’illuminazione pubblica. È un progetto che riusciremo a realizzare entro un anno nell’inte-ro centro, mentre nella frazione Pasta, avendo delle esternalità negative derivanti da un intervento commerciale, possiamo già disporre delle risorse necessarie per poter illuminare nuova-mente un’intera frazione con impianti completamente nuovi a led che ci consentiranno di avere immediatamente un risparmio del 30-35%. E questa è solo una delle iniziative che la nostra amministrazione sta portando avanti.

Ritornando a lei, Sindaco, oggi è la giornata del giuramento “sostenibile” dei Sindaci al castello di Rivoli in occasione della Giornata dell’iniziativa “M’illumino di meno”, pro-mossa dalla trasmissione di Radio 2, Caterpillar. Lei ci sarà?Questo è anche un grande evento nazionale e siamo molto contenti che avvenga qua vicino.Oggi abbiamo la possibilità con il giuramento di definire questo impegno della sostenibilità ambientale e del risparmio dei consumi, iniziative che cerchiamo di portare avanti nel nostro Comune.Quest’anno cade, inoltre, il 150° anniversario dell’Unità d’Ita-lia, un’Italia così differente, con carichi ambientali così diversi, con tanti problemi ambientali ancora aperti. Penso in primis al rischio idrogeologico che è un problema per tante regioni italiane e che noi abbiamo vissuto par-zialmente per quanto riguarda il Sangone; un’Italia in cui l’inquinamento delle città è un problema talmente rilevante da produrre la sospensione della circolazione delle auto, ma anche un’Italia che dovrebbe usare di più i mezzi di trasporto pubblico invece di incrementare i trasporti privati, viaggiando con un utente per auto. Michele Colaci, Assessore alle Opere Pubbliche ci racconta-va prima delle piste ciclabili, ma non dimentichiamo che al mattino sulle provinciali verso Torino le auto sono in coda almeno mezz’ora e altrettanto il pomeriggio.

Credo che questo sia uno dei temi di grande rilievo per il nostro Paese, perché in realtà il problema del superamento dei limiti di PM

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quindi, a responsabilizzare il territorio sull’impatto che le nostre scelte e le nostre cattive abitudini hanno sull’ambiente e sulla salute è assolutamente prioritario, soprattutto in tempi di ristrettezza economica.Per il rilevante debito pubblico nazionale, i bilanci delle Regioni sono stati tagliati, così come quelli dei Comuni. Non possiamo permetterci con le nostre scelte individuali di comprometter l’ambiente e la salute caricando sulla collettività nazionale i danni provocati da condotte irresponsabili e stili di vita sregolati.Nei giuramenti dovrebbero essere pubblicamente evidenziati tali rischi, perché credo che l’inquinamento ambientale sia una delle emergenze più gravi di oggi, soprattutto per il Nord Italia. Quindi, ben venga “M’illumino di meno”; ben venga la voglia di fare squadra, di fare alleanze in tutta Italia su temi così rilevanti; ben venga, infine, che i Comuni, quest’oggi, si scambino una parola d’ordine su questi temi. Auspico che questa riflessione sulle emergenze ambientali e i carichi sociali ed ambientali delle imprese avvenga non solo in occasione dell’evento radiofonico succitato, ma prosegua nelle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia.E lo stabilimento FIAT di Rivalta ne è un po’ l’emblema. Qui sono arrivate persone da tutta Italia che nei primi tempi vi-vevano in alloggi assolutamente di fortuna. La prima ipotesi del ’67 dei fabbricati della FIAT era, infatti, quella che venis-sero costruite le baracche per i lavoratori all’interno dell’area industriale. Vi fu poi una sommossa dei parroci che allora ritenevano improponibile tale prospettiva. Ma anche lì, negli stabilimenti FIAT di allora si è fatta l’unità d’Italia. Molti lavoratori che sono arrivati all’epoca si stabi-lirono per lo più nella frazione Tetti francesi su cui stiamo facendo investimenti e interventi di riqualificazione.Detta frazione, composta da meridionali, piemontesi, e veneti giunti in Piemonte dopo le alluvioni del Polesine, rappresenta, in questo senso, il simbolo dell’Unità d’Italia, poiché pur nelle diversità di dialetti e di modelli di vita, ha via via assunto un linguaggio unico e valori condivisi.Oggi a diverse generazioni di distanza da allora, quel quartiere avrebbe potuto correre il rischio di diventare come quelli di Torino, limitrofi allo stabilimento di Mirafiori invece di luogo in cui è insediata la miglior scuola secondaria della zona, che attrae studenti anche da fuori del territorio su cui insiste e che può contare su di un gruppo straordinario di docenti. Insegnanti capaci, un po’ di parroci che si sono spesi per la frazione con grande lucidità e un’amministrazione comunale che ha fatto la sua parte, hanno creato le condizioni perché quella di quel quartiere fosse una storia diversa. Ed è lì il posto in cui ci sembra opportuno investire le nostre risorse, perché il quartiere possa ancora migliorare.

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