prevenzione incendi

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le ricerche applicate alla salvaguardia della Terra Una sentinella spaziale contro gli incendi di Antonio Lo Campo tratto da "Villaggio globale"n°16/2001 L’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha deciso di tenere sotto osservazione il nostro bel pianeta azzurro, considerando che la Terra è stata un po’ troppo maltrattata ne gli ultimi decenni dai suoi abitanti. E così anche il Vecchio Continente si è attrezzato (come già fece la Nasa), per realizzare un grande satellite, l’Envisat, che dovrà a poco a poco sostituire gli Ers 1 e 2, l’ultimo dei quali ancora operativo. Si tratta di satelliti ambientali, che hanno per obiettivo lo studio della Terra e il controllo dell’ambiente, del clima, della terraferma e degli oceani. Questa volta però, il nuovo satellite europeo cercherà di fare anche da sentinella contro quel colore rosso che spesso appare sulla Terra visto dallo spazio, che è rappresentato dagli incendi riguardanti boschi e foreste. E naturalmente si «occuperà» con attenzione del disastro ambientale della deforestazione in alcuni dei polmoni verdi del pianeta. Il lancio del nuovo satellite europeo da telerilevamento, è previsto per il 1° dicembre 2001 dalla base spaziale di Kourou nella Guyana francese. Envisat (da ENVlronment SATellite), verrà lanciato con un potente vettore Ariane 5: con un peso di 8 tonnellate, questo grosso satellite di telerilevamento europeo sorveglierà la Terra volando su un’orbita a 800 chilometri dal suolo e sorvolando i poli una volta ogni ora e mezzo. Avrà a bordo dieci strumenti che saranno in grado di fornire dati sulla composizione atmosferica, sulla temperatura dei mari, sull’altitudine delle terre emerse e sullo stato dei ghiacci. Tutti dati importanti anche per le previsioni sul clima. Particolare riguardo è riservato alla misura dell’ozono atmosferico e di tutti quei gas in grado di fermare i raggi ultravioletti provenienti dal Sole. Envisat traccerà un vero e proprio ritratto del sistema terrestre in tutta la sua complessità, usando sia strumenti già collaudati sugli Ers 1 e 2, sia strumenti nuovi. L’archivio dei dati così raccolti sarà fondamentale per lo studio dei cambiamenti climatici, per i quali occorre sempre possedere dati che abbraccino lunghi periodi di tempo. Mediante la misurazione dell’eco riflessa da un sistema complesso di radar, denominato Asar, sarà possibile raccogliere informazioni sulle caratteristiche delle onde oceaniche, sul disboscamento, sull’estensione delle aree desertiche e sui terremoti. Con le immagini Asar si può contribuire alla gestione delle catastrofi, grazie ai rilevamenti notturni e diurni, mediante i quali si possono tenere sotto osservazione inondazioni o frane anche a poche ore dall’evento e in luoghi di difficile accesso. L’apporto di Envisat diventa un elemento importante anche in un accordo tra l’Agenzia Spaziale Canadese e l’Esa, che prende il nome di Carta sullo Spazio e le Catastrofi e che consente alle squadre di soccorso nel mondo di utilizzare tempe stivamente i dati satellitari. Molti fattori concorrono a inquinare l’atmosfera e ad alterare gli equilibri climatici del http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/sentinella.htm

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PREVENZIONI INCENDI BOSCHIVI ALCUNI DOCUMENTI

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  • le ricerche applicate alla salvaguardia della TerraUna sentinella spaziale contro gli incendi

    di Antonio Lo Campo tratto da "Villaggio globale"n16/2001

    LAgenzia Spaziale Europea (Esa) ha deciso di tenere sotto osservazione il nostro bel pianeta azzurro, considerando che la Terra stata un po troppo maltrattata ne gli ultimi decenni dai suoi abitanti.E cos anche il Vecchio Continente si attrezzato (come gi fece la Nasa), per realizzare un grande satellite, lEnvisat, che dovr a poco a poco sostituire gli Ers 1 e 2, lultimo dei quali ancora operativo.

    Si tratta di satelliti ambientali, che hanno per obiettivo lo studio della Terra e il controllo dellambiente, del clima, della terraferma e degli oceani. Questa volta per, il nuovo satellite europeo cercher di fare anche da sentinella contro quel colore rosso che spesso appare sulla Terra visto dallo spazio, che rappresentato dagli incendi riguardanti boschi e foreste.

    E naturalmente si occuper con attenzione del disastro ambientale della deforestazione in alcuni dei polmoni verdi del pianeta.Il lancio del nuovo satellite europeo da telerilevamento, previsto per il 1 dicembre 2001 dalla base spaziale di Kourou nella Guyana francese. Envisat (da ENVlronment SATellite), verr lanciato con un potente vettore Ariane 5: con un peso di 8 tonnellate, questo grosso satellite di telerilevamento europeo sorveglier la Terra volando su unorbita a 800 chilometri dal suolo e sorvolando i poli una volta ogni ora e mezzo.

    Avr a bordo dieci strumenti che saranno in grado di fornire dati sulla composizione atmosferica, sulla temperatura dei mari, sullaltitudine delle terre emerse e sullo stato dei ghiacci.Tutti dati importanti anche per le previsioni sul clima.

    Particolare riguardo riservato alla misura dellozono atmosferico e di tutti quei gas in grado di fermare i raggi ultravioletti provenienti dal Sole. Envisat traccer un vero e proprio ritratto del sistema terrestre in tutta la sua complessit, usando sia strumenti gi collaudati sugli Ers 1 e 2, sia strumenti nuovi.Larchivio dei dati cos raccolti sar fondamentale per lo studio dei cambiamenti climatici, per i quali occorre sempre possedere dati che abbraccino lunghi periodi di tempo.

    Mediante la misurazione delleco riflessa da un sistema complesso di radar, denominato Asar, sar possibile raccogliere informazioni sulle caratteristiche delle onde oceaniche, sul disboscamento, sullestensione delle aree desertiche e sui terremoti. Con le immagini Asar si pu contribuire alla gestione delle catastrofi, grazie ai rilevamenti notturni e diurni, mediante i quali si possono tenere sotto osservazione inondazioni o frane anche a poche ore dallevento e in luoghi di difficile accesso.

    Lapporto di Envisat diventa un elemento importante anche in un accordo tra lAgenzia Spaziale Canadese e lEsa, che prende il nome di Carta sullo Spazio e le Catastrofi e che consente alle squadre di soccorso nel mondo di utilizzare tempe stivamente i dati satellitari.

    Molti fattori concorrono a inquinare latmosfera e ad alterare gli equilibri climatici del

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/sentinella.htm

  • pianeta. In primo piano i gas di scarico dei veicoli a motore e delle caldaie del riscaldamento delle nostre case (quanti di noi la fanno controllare regolarmente? Quanti si preoccupano di moderare la temperatura o di installare doppi vetri e altri sistemi di risparmio energetico?).

    Altri spazi di discussione sono stati dedicati alle emissioni marine (anche gli oceani producono gas serra) e alla necessit di coordinare le attivit di tutte le universit e i centri di ricerca dEuropa per unire gli sforzi nel capire a fondo i cambiamenti del clima. Sono stati anche presentati i risultati di alcune ricerche, come il progetto Trees (Tro pical Resouces and Environment Monitoring by Satellite), condotto dal centro di ricerca di Ispra, che ha utilizzato i satelliti, tra i quali gli Ers e Spot4, per tenere sotto controllo le fore ste umide e tropicali, i polmoni della Terra.

    Purtroppo i dati non sono dei pi confortanti.Tra deforestazione selvaggia e avanzamento dei deserti dal 1990 al 1997 sono andati perduti 48 milioni di ettari di foreste umide; ogni anno lequivalente di due volte la superficie del Belgio.Se non si interviene, entro 15 anni la foresta amazzonica potrebbe collassare per scomparire gi nellarco dei successivi tre decenni.

  • AVVISTAMENTO

    Chiamare il Numero telefonico nazionale 1515 (senza prefisso) del CORPO FORESTALE DELLO STATO o gli altri numeri di pronto intervento.

    Seguire le regole suggerite qui di seguito:

    l Se un principio di incendio, tentare di spegnerlo, solo se si certi di una via di fuga, tenendo le spalle al vento e battendo le fiamme con un ramo verde fino a soffocarle;

    l Non sostate nei luoghi sovrastanti l'incendio o in zone verso le quali soffi il vento; l Non attraversate la strada invasa dal fumo o dalle fiamme; l Non parcheggiate lungo le strade. L'incendio non uno spettacolo; l La strada chiusa? Non accodatevi e tornate indietro; l Permettete intervento dei mezzi di soccorso, liberando le strade e non ingrombrandole

    con le proprie autovetture; l Indicate alla squadre antincendio le strade o i sentieri che conoscete; l Mettete a disposizione riserve d'acqua ed altre attrezzature;

    SE SIETE CIRCONDATI DAL FUOCO

    l Cercate una via di fuga sicura: una strada o un corso d'acqua. l Attraversate il fronte del fuoco dove e' meno intenso, per passare dalla parte gi bruciata. l Stendetevi a terra dove non c'e' vegetazione incendiabile. Cospargetevi di acqua o copritevi di terra.

    Preparatevi all'arrivo del fumo respirando con un panno bagnato sulla bocca. l In spiaggia raggruppatevi sull'arenile e immergetevi in acqua . Non tentate di recuperare auto, moto,

    tende o quanto vi avete lasciato dentro. La vita vale pi di uno stereo o di uno zainetto! l Non abbandonate una casa se non siete certi che la via di fuga sia aperta. Segnalate la vostra

    presenza. l Sigillate (con carta adesiva e panni bagnati) porte e finestre. Il fuoco oltrepassera' la casa prima che

    allinterno penetrino il fumo e le fiamme. l Non abbandonate l'automobile. Chiudete i finestrini e il sistema di ventilazione. Segnalate la vostra

    presenza con il clacson e con i fari.

    english version

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/avvist.htm

  • Come agisce la tecnica del "fuoco prescritto"Fuoco contro gli incendi

    di RICARDO VELZ Responsabile Area incendi boschivi - Direzione Generale per la Conservazione della Natura - Ministero dell'Ambiente - Madrid

    Lo spopolamento delle aree rurali negli ultimi decenni un processo incalzante, che favorisce, tra l'altro, l'abbandono della terra e il conseguente ritorno spontaneo della vegetazione naturale.

    Ci produce accumulo di combustibili forestali su grandi estensioni e fa scomparire le soluzioni di continuit (campi coltivati, sentieri, carrarecce ecc.) che potrebbero limitare la propagazione del fuoco, agevolando cos l'insorgenza di incendi devastanti.

    Questi accumuli di vegetazione conservano a lungo elevata combustibilit, poich sono costituiti da vegetazione erbacea o cespugliosa.

    La popolazione rurale che rimane conserva, per, le pratiche tradizionali di uso del fuoco per ripulire i terreni e utilizzare quindi i ricacci di vegetazione per il bestiame. Questa popolazione, generalmente costituita da anziani, difficilmente controllabile da parte dei servizi dell'Amministrazione, per cui di frequente le operazioni di abbruciatura sfuggono al controllo, causando incendi nei periodi di aridit, tanto in inverno quanto in estate.

    A fronte di questa situazione si sta verificando un crescente interesse per la applicazione della tecnica del "fuoco prescritto" come misura di tipo preventivo, con un duplice obiettivo:

    l - ridurre l'accumulo di combustibili forestali e stabilire soluzioni di continuit, che riducano l'intensit del fuoco e ne facilitino l'estinzione;

    l - evitare conflitti con la popolazione rurale, facilitando l'accettazione della proibizione di abbruciatura in epoca di pericolo, in cambio dell'autorizzazione ad eseguirla nel resto dell'anno, beninteso sotto la sorveglianza dei Servizi Forestali.

    Nella tecnica del fuoco prescritto la pianificazione la fase pi importante, poich comprende la fissazione degli obiettivi da raggiungere: prevenzione, selvicoltura, caccia, patrimonio cinegetico, paesaggio ecc.

    La pianificazione comprende una descrizione della zona da sottoporre ad abbruciatura: topografia, modello di combustibile, cio tipo e quantit di combustibili presenti, meteorologia, attivit tradizionali di uso del fuoco della zona. Con questi elementi si stabiliranno le "prescrizioni" che dovranno definire:

    l - le "finestre" meteorologiche (intervalli di precipitazione, umidit relativa, velocit del vento) entro le quali si potr procedere con sicurezza;

    l - la scelta della tecnica di abbruciatura (a fasce, dall'alto verso il basso, controvento o a favore di vento ecc.);

    l - indicazioni sulla ubicazione delle fasce perimetrali di sicurezza e delle misure di protezione (personale di assistenza, attrezzatura, veicoli, ecc.).

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/contro.html

  • Per definire le prescrizioni, le condizioni cio di esecuzione, si rivelano utili i sistemi di previsione del comportamento del fuoco,quali il programma Behave, messo a punto da Rothermel nel 1983.

    Occorre ovviamente validarne le previsioni con studi locali, integrandole con la conoscenza empirica del comportamento del fuoco, data la variabilit dei modelli di combustibile. La realizzazione delle operazioni di abbruciatura richiede la costituzione di una specifica quipe, diretta da un responsabile esperto.

    In Francia quipe di questo tipo si stanno gi costituendo, sotto l'egida dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica(Inra) che ha messo a punto una sorta di "Carta del fuoco prescritto", insieme di norme tecniche a cui tutti devono attenersi.

    Il fuoco prescritto si impiega anche nel Nord del Portogallo e vi sono iniziative in varie regioni della Spagna (Galizia, Castiglia y Len, Catalogna, Andalusia) organizzate dalle Amministrazioni forestali, con la collaborazione dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inia) e delle Associazioni di proprietari forestali per definire le prescrizioni e gli obiettivi.

    Nella fase di pianificazione occorre includere anche la definizione di indicatori di conseguimento degli obiettivi. Per definirli imprescindibile la raccolta di dati in ordine a condizioni meteorologiche, topografia, modello di combustibile, sistema di accensione adottato, modalit di esecuzione dell'abbruciatura, aspetto finale della zona, mezzi di controllo impiegati, incidenti eventualmente verificatisi. L'elaborazione di questi dati deve servire per affinare il processo di formazione degli specialisti nell'uso del fuoco prescritto.

    Tutta l'attivit deve, comunque, svolgersi nell'ambito di limitazioni connesse con la sicurezza, con l'opinione pubblica e conla qualit ambientale. La sicurezza, per esempio, condiziona l'applicazione del fuoco sotto alberatura, limitandolo ai margini delle fasce parafuoco e a piccole parcelle.

    Al contrario, le superfici a macchia possono essere sottoposte ad operazioni di abbruciatura dell'ordine di varie decine di ettari per volta. Anche l'opinione pubblica necessita di corretta informazione.

    Decenni di campagne di propaganda hanno ingenerato nell'ambito urbano l'idea che si debba eliminare ogni forma di fuoco. Non facile, pertanto, convincere l'opinione pubblica che l'Amministrazione forestale abbia deciso di dare fuoco.

    In ambito rurale, invece, la popolazione ne comprende bene l'utilit di un suo uso controllato. Pertanto la "prescrizione" deve essere preceduta da un'azione di concertazione con la popolazione locale, perch partecipi a definirne i contenuti.

    La qualit ambientale, infine, si riferisce alle emissioni di fumo ed all'alterazione del paesaggio, che potrebbero condizionare l'esecuzione delle operazioni di abbruciatura.

    Villaggio Globale edito da "ADDA EDITORE". Copyright 1998-1999 ADDA EDITORE. Tutti i diritti riservati.

  • Il bosco una risorsa da valorizzare

    tratto da Vita in Campagna-Guida illustrata- La coltivazione del bosco, supplemento al n. 4/2001 - autore: Giustino Mezzalira

    Se si chiede all'uomo della strada "qual la coltura pi diffusa in Italia?" la risposta sar probabilmente "il mais!" oppure "il grano!" a seconda che a rispondere sia un cittadino del nord oppure un cittadino del sud.

    Entrambi sbagliano perch, anche se potr sembrare strano, la coltura pi diffusa il bosco, al nord come al sud!

    In Italia sono presenti infatti, secondo i dati ufficiali dell'Inventario forestale nazionale ( 1985), 8.675.000 ettari di bosco mentre nel 2000 gli ettari coltivati a mais sono stati 1.087.405 e quelli coltivati a frumento tenero e a grano duro sono stati 2.317.710.Nonostante le ricorrenti notizie "ferragostane" sugli incendi boschivi facciano presagire una inesorabile erosione del patrimonio forestale nazionale, la superfcie forestale italiana da almeno 50 anni in costante espansione e ormai non lontano il traguardo di un terzo del Paese ricoperto dai boschi.

    Paragonare i boschi alle colture agricole non inesatto perch i boschi italiani sono coltivati da epoche antichissime per ritrarne, analogamente a quanto si fa con i campi, una serie di prodotti "agricoli": legno, frutti, erba, funghi, selvaggina e numerosi altri prodotti.

    Molti boschi sono tali "da sempre", nel senso che la loro superficie non mai stata disboscata per essere coltivata a pascolo, a seminativo, a frutteto o a vigneto. Molti altri invece derivano da rimboschimenti effettuati nell'ultimo secolo o dalla ricolonizzazione spontanea da parte della vegetazione forestale di terreni precedentemente agricoli.

    Tutti portano impressa in modo profondo l'impronta dell'uomo e solo piccoli lembi possono essere definiti come "naturali". Circa il 60% dei boschi italiani propriet privata.

    Secondo i dati dell'ultimo Censimento dell'agricoltura (1990) le aziende che possiedono boschi sono 817.800, con una superficie media di 6,8 ettari per azienda. Ci vuoi dire che in Italia, come in molti Paesi europei, il bosco soprattutto posseduto da una miriade di piccoli proprietari.

    La frammentazione della propriet dei boschi non va considerata come un fattore negativo in s: diviene negativa solo se non compensata da una lato da una diffusa cultura forestale e dall'altro dall'organizzazione di forme cooperative di gestione.

    Nel settore agricolo vi sono comparti fortissimi costituiti da vasti raggruppamenti di piccoli produttori preparati e ben organizzati all'interno di consorzi, cooperative, associazioni di produttori (si pensi solo alle cantine sociali, alle cooperative di frutticoltori o di orticoltori, ecc.).

    Purtroppo nel caso dei boschi in Italia mancano entrambi i fattori che possono compensare la frammentazione della propriet: la cultura forestale dei proprietari generalmente scarsa o nulla;

    mancano quasi del tutto, al contrario di quanto avviene in gran parte degli altri Paesi

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/valoriz.htm

  • europei, strutture cooperative di gestione, quali i Consorzi forestali.

    Non potendo agire sul fronte della cooperazione tra i proprietari, con questa Guida Vita in Campagna vuole dare un contributo alla crescita della conoscenza dei boschi privati, soprattutto delle piccole propriet possedute da migliaia di lettori, mostrando in particolare come si possono coltivare per ritrarne una vasta gamma di prodotti e di servizi.

    II momento per parlare di boschi privati favorevole: in tutte le Regioni italiane infatti sono o stanno per diventare operativi i "Piani di sviluppo rurale" che incentivano i proprietari a prendersi cura dei loro boschi, offrendo sostegni finanziari per le cure colturali, le migliorie, l'acquisto di macchinari e di attrezzature, ecc.

    Un forte impulso alla valorizzazione dei boschi privati viene anche dagli incentivi legati all'utilizzo energetico del legno.

    Per cercare di contrastare l'aumento della concentrazione dei gas che provocano il cos detto "effetto serra" (in particolare il diossido di carbonio), la comunit intemazionale si data degli obiettivi precisi, contenuti nella Convenzione di Kyoto. Il legno rientra tra le fonti energetiche che non provocano l'aumento di gas serra in quanto il biossido di carbonio emesso durante la combustione pareggia quello sottratto all'atmosfera con la fotosintesi clorofilliana.

    Bruciare legno per produrre energia dunque un'azione " neutrale" dal punto di vista delle emissioni di "gas serra" e giustamente oggi essa viene incentivata da un insieme di norme e provvedimenti nazionali e regionali.

    In pratica chi brucia legno per produrre energia termica ed energia elettrica riceve dei contributi giustificati dall'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra. Infine, indipendentemente da valutazioni di carattere economico, prendersi cura dei propri boschi rientra tra le attivit che maggiormente mettono in contatto con l'ambiente e con la natura e che offrono concrete occasioni per migliorare entrambi: curando i boschi infatti si prevengono le frane e gli smottamenti, si riduce il rischio di incendi, si migliora l'habitat di molte specie di animali selvatici, si creano opportunit di svago.

    Chi ha la fortuna di possedere un pezzo di bosco pu in definitiva ricavare dalla sua coltivazione e valorizzazione sia benefici di tipo materiale che soddisfazioni di tipo ricreativo ed estetico; essi saranno tanto maggiori quanto pi l'agire sar guidato dalla conoscenza.

  • SONO FORSE SULLE ALPI I DANNI PEGGIORI

    Di Alberto Cerise, Tratto da OASIS Supplemento al n10 Ottobre 1992 "Il bosco in pericolo" Ispettore Forestale,Dirigente Corpo Forestale Valdostano.

    Indice Articoli

    1. Introduzione 2. Una media di 38 incendi boschivi ogni anno 3. Dalla terra e dallaria gli interventi piu efficaci 4. Una speranza nelle piantine micorrizzate

    Gli incendi alpini determinano spesso conseguenze ancora piu gravi di quelli mediterranei. Soprattutto sotto il profilo ecologico. Con un danno economico gravissimo, se correlato allattuale pressione antropica.

    QUANDO Sl PARLA di incendi boschivi si e portati a pensare ai gravi eventi che ogni estate devastano i boschi e le macchie lungo la penisola italiana. In realta tale visione e limitativa, dato che gli incendi non sono solo una realta estiva e propria di queste regioni. Anche le aree boscate delle Alpi bruciano e cio spesso avviene, quasi paradossalmente, nel periodo invernale-primaverile, quando le temperature sono piuttosto basse, ma vi e disponibilita di combustibile. E una regola generale quella secondo la quale gli incendi piu gravi coincidono con il periodo di riposo vegetativo nella zona che si considera, specie quando lo strato erbaceo e secco, dato che questo e il primo veicolo per la propagazione del fuoco.

    Nelle zone alpine la gravita del fenomeno e differente rispetto a quelle costiere, principalmente a causa della diversita nella vegetazione che brucia e spesso anche per le caratteristiche delle modalita di propagazione. Gli incendi di macchia che si estendono in giornate di forte vento diventano facilmente incontrollabili se non vengono affrontati in un brevissimo lasso di tempo.

    In un recente convegno sul fuoco in ambiente mediterraneo, tenutosi a Nizza, dagli operatori antincendio e emersa piu volte questa necessita, tanto da arrivare ad individuare nella soglia dei 10 minuti il limite massimo utile per affrontare con efficacia

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/alpi.html

  • i focolai propagantisi nella macchia mediterranea. La maggiore violenza di questi incendi e in parte dimostrata dalle superfici medie percorse nelle varie province italiane. Nelle zone costiere dellItalia insulare e peninsulare in media annualmente gli incendi percorrono una superficie di 121.340 ettari, mentre nelle province alpine ne vengono bruciati 14.633 (medie riferite al periodo 1974-1985). Anche se la gravita del fenomeno nel suo complesso e minore dobbiamo constatare che gli incendi alpini determinano in molti casi conseguenze anche piu gravi di quelli mediterranei.

    Daltronde il fuoco ha dimostrato piu di una volta di essere in grado di creare seri problemi alle forze antincendio anche in queste regioni, basti pensare allinverno 1980-1981 quando in poco piu di una decina di giorni vennero percorsi piu di 20 mila ettari nel Piemonte e nella Valle dAosta o al 1990 quando nelle stesse regioni si ebbero piu di 45 mila ettari di territorio bruciati. Queste situazioni "esplosive" sono spesso associate ai gravi e prolungati periodi di siccita ed a forti venti fohnizzati, fenomeni tipici delle vallate alpine.

    Inoltre non bisogna dimenticare il fattore orografico che favorendo il fuoco ostacola non poco le operazioni di estinzione. Per avere un quadro esatto di cio che e il fenomeno degli incendi boschivi sullarco alpino bisognerebbe esaminare nel dettaglio le molte realta presenti in questa catena montuosa. Tuttavia una certa idea si puo gia avere considerando nel dettaglio anche solo una singola regione, come ad esempio la Valle dAosta, che riassume molte peculiarita proprie anche ad altre zone alpine.

    Una media di 38 incendi boschivi ogni anno

    I PRIMI DUE APPROCCI che bisogna fare per inquadrare gli incendi alpini sono relativi al clima ed al tipo di vegetazione, due parametri che caratterizzano gli incendi nella loro quasi totalita. Riguardo al clima ci si puo ricondurre ai tipi caratterizzati da massimi piovosi autunnali e tardo-primaverili, con periodi siccitosi, anche con totale assenza di precipitazioni per varie settimane, durante 1inverno e 1estate.

    Oltre alla distribuzione stagionale delle precipitazioni ne esiste anche una spaziale, che condiziona una notevole quantita di mesoclimi localizzati nellambito di una regione sia pur piccola come la Valle dAosta. Le temperature variano in funzione dellaltitudine, ma in generale si puo affermare che la vallata e caratterizzata da forti escursioni termiche, specie nel periodo invernale; in una buona parte dei casi queste sono riconducibili allinsorgenza del fohn, vento caldo e secco che insorge improvvisamente elevando la temperatura spesso fino a 19C nel giro di alcune ore. Queste caratteristiche condizionano i tipi di vegetazione, tanto che essenze esigenti come il faggio sono ben poco rappresentate nella regione. I tipi di popolamento, se sono abbastanza caratteristici degli orizzonti montani nelle zone periferiche a quantita di precipitazioni media, sono tipicamente submediterranei nella parte centrale della regione. Qui alle tipiche fustaie alpine di abeti, larice, betulla, si sostituiscono le pinete pressoche pure di silvestre o boschi misti di roverella, pini e castagno, questultimo molto diffuso nei comuni di fondovalle.

  • La rusticita di queste specie permette la formazione di boschi anche di discreto portamento persino sugli aridi versanti esposti a Sud, dove in un anno cadono in media solo 500-600 millimetri di acqua. Questi boschi risultano estremamente predisposti allincendio, praticamente in ogni stagione dellanno. La loro estensione in Valle dAosta e comunque limitata a circa 13-14 mila ettari sui circa 92 mila ettari totali boscati. Quindi solo un 14- 15 per cento dei boschi valdostani risulta a rischio elevato, mentre la rimanente parte presenta una pericolosita minore. Considerando che la quasi totalita degli eventi si verifica in questo 14-15 per cento, risulta che la frequenza e ben piu elevata di quello che potrebbe sembrare, dato che in media ogni anno grosso modo si verifica un evento ogni 85 ettari di bosco o ogni 500 ettari di territorio. Le frequenze sotto ai 1500 metri di quota sono particolarmente elevate nei mesi invernali-primaverili, mentre alle quote piu elevate gli incendi si manifestano soprattutto in estate o in autunno.

    In media negli ultimi 9 anni si sono verificati 182 eventi allanno, di cui 38 classificati come incendi boschivi. Le variazioni sono comunque molto ampie oscillando da minimi di 75 eventi a massimi di 372 Nel complesso 1elevato numero di principi dincendio, cioe focolai che sono stati contenuti in un tempo relativamente breve e prima che potessero raggiungere un ettaro di estensione, dimostra il costante impegno degli addetti e che lorganizzazione antincendio e discretamente efficiente.

    Nonostante questo si sono registrate situazioni in cui la struttura antincendio si e trovata in serie difficolta, come nel 1990, quando vennero percorsi ben 1.215 ettari contro una media di 284 ettari allanno. Puo essere interessante ritornare brevemente sulla frequenza dincendio mensile, dato che questa e anche un indice abbastanza significativo delle cause dincendio.

    Contrariamente alle regioni mediterranee, quelle alpine presentano il massimo degli incendi in primavera e precisamente a marzo ed aprile. Non e raro che in questi periodi vi sia una contemporaneita di focolai, che per la Valle dAosta puo arrivare anche a piu di una decina di focolai al giorno. I mesi di dicembre, gennaio e febbraio possono registrare frequenze abbastanza elevate specie durante le giornate ventose. Gli incendi del trimestre invernale tuttavia sono subordinati alla presenza di precipitazioni nevose, dato che la neve al suolo e indubbiamente il sistema preventivo piu efficace. Anche la stagione estiva registra un discreto numero di eventi. Tuttavia le frequenze elevate e gli incendi gravi sono in genere associati a deficit idrici medio-alti.

    Dato che gli incendi si verificano principalmente sotto ai 1500 metri di quota risulta che sono piu colpiti dal fuoco i boschi di roverella, di castagno e di pino, sia silvestre che nero. Non bisogna pero dimenticare gli incendi che si verificano in quota nei lariceti o nelle peccete, che generalmente rimangono radenti ma che possono diventare anche violenti e distruttivi negli anni molto secchi. Frequenti sono gli incendi della vegetazione, definibili come territoriali, che pur non interessando zone boscate le minacciano

  • direttamente e spesso rappresentano la via preferenziale di diffusione del fuoco in queste ultime. Questi incendi devono venire considerati con attenzione dato che impegnano le forze antincendio, sottraendole ad altri interventi. Il numero degli incendi nei terreni incolti diviene sempre piu alto col passare degli anni, dato che il progressivo abbandono della montagna crea una sempre piu elevata superficie di aree agricole abbandonate che lentamente vengono riconquistate dal bosco. Se questo fatto e alla base dellestensione della foresta negli ultimi decenni, e allo stesso tempo un rischio per i boschi gia esistenti dato che gli incolti sono zone dove il carico dincendio e elevato e il fuoco puo propagarsi a velocita elevata. Questi presupposti danno luogo ad una situazione che, pur non comportando degli impegni esorbitanti, impone la disponibilita di una struttura antincendio boschivo che sia in grado di intervenire lungo lintero corso dellanno.

    Inoltre e necessaria unattrezzatura specifica che permetta di intervenire su tutti i focolai. In base ai dettami della legge 47/75 e della legge regionale 85/82 la competenza per 1organizzazione della lotta agli incendi boschivi e del Corpo forestale valdostano, organizzato in un ispettorato centrale, presso cui opera il Nucleo antincendio boschivo del Servizio Forestazione e Risorse naturali, e in 16 stazioni forestali distribuite sul territorio.

    Queste sono attrezzate con piccoli sistemi modulari della capacita di 300-500 litri, atti ad effettuare il primo intervento sui focolai iniziali dincendio. Alle dipendenze della stazione forestale si hanno squadre Aib, composte da 10 a 20 unita, preferenzialmente operai forestali, opportunamente istruiti ed attrezzati.

    Questa struttura periferica effettua il primo attacco al fuoco, indubbiamente il piu importante, dato che e il cardine fondamentale per una efficace lotta antincendio. Quando la gravita della situazione lo impone o in previsione di operazioni di bonifica anche solo mediamente impegnative, il comando di stazione richiede lintervento del personale e dei mezzi del Nucleo antincendio boschivo. Spesso simpone 1uso dellelicottero, che oltre ad essere un ausilio indispensabile a volte si dimostra 1unico utilizzabile con efficacia. Attrezzature di recente acquisizione inoltre permettono di ottimizzarne limpiego, come ad esempio le vasche portatili a capacita variabile (2500 litri) o i sistemi modulari elitrasportati; inoltre sono in via di sperimentazione i serbatoi ventrali.

    Dalla terra e dallaria gli interventi piu efficaci

    NON BISOGNA DIMENTICARE comunque che 1impiego della manodopera terrestre e comunque sempre indispensabile, dato che negli ambienti alpini 1opera finale di bonifica e unoperazione capillare e metodica che puo venire effettuata con efficacia e costi accettabili solo da terra.

    Gli elicotteri che vengono impiegati piu frequentemente sono quelli leggeri, che per la loro versatilita dimpiego possono anche trasportare uomini ed attrezzature sullincendio, oltre ad effettuare i lanci di acqua o miscela ritardante.

    Non bisogna sottovalutare il grande contributo che viene dato dai

  • Vigili del fuoco permanenti e volontari che operano in Valle dAosta e che in quasi tutti gli incendi accorrono specie nella prima fase delle operazioni, cioe quando e necessaria uningente forza durto per contenere le fiamme.

    Lefficienza della fase di estinzione tuttavia e spesso subordinata al lavoro di prevenzione effettuato in precedenza sul territorio. Queste operazioni, previste dal piano antincendi boschivi, vengono effettuate in maniera diversa a seconda del tipo di opera in esame.

    Finora 1attenzione e stata concentrata principalmente sulla viabilita, sulle riserve idriche e sulle cure selvicolturali in bosco. Riguardo allutilita delle piste forestali si e gia detto in precedenza. Queste opere antincendio spesso chiacchierate ed osteggiate erroneamente, risultano uno dei cardini fondamentali della lotta agli incendi boschivi. Altro cardine fondamentale sono le riserve idriche, indispensabili in zone dove le precipitazioni medie annue sono anche inferiori ai 500 millimetri.

    In questo caso tuttavia, oltre alla costruzione ex novo dei serbatoi, si cerca di recuperare vecchie vasche irrigue mediante finanziamenti a privati e di utilizzare mediante particolari tecniche tali riserve anche per uso agricolo. Molta importanza hanno i lavori selvicolturali volti alla diminuzione dei carichi dincendio in bosco, che rappresentano nel contempo un miglioramento produttivo e sanitario del bosco stesso. Sempre nel settore delle misure preventive, un ruolo significativo e svolto dalla previsione del pericolo dincendio, cioe dallinsieme dei metodi manuali o computerizzati che, in base ai parametri meteorologici ed al bilancio idrico, permettono dindividuare i momenti di grave pericolo per le diverse parti del territorio e quindi di intraprendere tutte le misure preventive e repressive atte ad individuare i focolai e ad intervenire su di essi nel piu breve tempo possibile (intensificazione dellavvistamento, aumento del numero di pattuglie in servizio, chiusura di strade, divieto di accensioni, ecc.).

    Un ultimo aspetto che bisogna considerare esaminando gli incendi boschivi sono i danni di diverso tipo che essi causano. Premettendo che i popolamenti che vengono percorsi sullarco alpino e quindi in Valle dAosta, solo in una limitata percentuale di casi sono parzialmente adattati al fuoco, si puo facilmente capire come questi incendi spesso arrechino danni anche degni di rilievo.

    Volendo schematizzare 1argomento si possono individuare due diversi tipi dincendio, in base alla frequenza del passaggio del fuoco nella stessa zona boscata. Si hanno cosi incendi ripetuti, quasi definibili come "cronici", specie alle quote piu basse. Durante questi eventi il fuoco ripercorre il bosco anche ad intervalli inferiori ai 5 anni. In genere le cause sono agricole o pastorali e la ripetitivita negli stessi boschi edovuta alladiacenza con gli appezzamenti coltivati o adibiti a pascolo.

    Anche se i danni da un punto di vista economico sono molto contenuti, data la bassa rendita produttiva di questi boschi, non lo sono altrettanto sotto 1aspetto ecologico. Specie tolleranti il fuoco, come la roverella o altre latifoglie dotate di capacita pollonifera, alla lunga non sono piu in grado di garantire una

  • sufficiente copertura e pertanto il popolamento tende a diventare un coacervo di specie arbustive e di alberi deperienti. Tale situazione, oltre ad impedire ogni miglioramento selvicolturale del popolamento, porta ad una progressiva involuzione floristica e predispone il bosco a venire nuovamente percorso dal fuoco.

    Una speranza nelle piantine micorrizzate

    IN MOLTE DI QUESTE ZONE si notano ormai i segni dei ripetuti passaggi delle fiamme; tipica e la presenza di radi alberi deperienti, alternati a terreni cespugliati spesso idrogeologicamente dissestati. Leffetto sulle popolazioni faunistiche e devastante, tanto che esse ripudiano per lungo tempo questi boschi. Esistono infine gli incendi associati alle situazioni di grave pericolosita dincendio, che percorrono le diverse zone boscate con tempi di ricorrenza molto elevati, non molto diversi da quelli delle foreste nord- americane.

    Le caratteristiche di questi incendi sono diverse, data la differente tipologia del fuoco condizionata dal maggiore carico dincendio che si viene a creare a livello di sottobosco per 1accumulo di necromassa indecomposta. La logica conseguenza di questi incendi molto violenti e la totale distruzione della foresta, in genere di conifere, con la possibilita della rigenerazione a breve termine della vegetazione arborea preesistente praticamente ridotta a zero.

    Gli effetti della rigenerazione naturale in queste zone dipendono molto dal tipo di combustione verificatasi, ma in genere su superfici vaste questa procede lentamente dalle zone periferiche verso quelle centrali, dove le condizioni microclimatiche sono proibitive anche per le specie arboree piu frugali. Tali situazioni sono la regola sui versanti esposti a Sud, mentre su quelli a settentrione la ricostituzione naturale e senza dubbio piu veloce e completa.

    In considerazione del fatto che il ruolo principale dei boschi valdostani e quello protettivo, si impone la necessita di rapidi interventi di ricostituzione, specie nelle zone dove il fuoco ha causato una distruzione totale del soprassuolo. La prima operazione che viene fatta e senza alcun dubbio la pulizia del bosco che consiste principalmente nel taglio e nellesbosco delle piante morte, cio al fine di evitare pericolose espansioni di insetti xilofagi. Successivamente viene intrapreso il lavoro di ricostituzione vero e proprio, che attualmente da migliori risultati rispetto alle tecniche utilizzate nei decenni passati. Luso delle piantine in fitocella ha ridotto le fallanze proprie dei rimboschimenti a livelli piu accettabili.

    I problemi relativi alla ricostituzione del bosco sui versanti piu aridi o nelle zone piu in quota sono notevoli, specie nei suoli superficiali o nei luoghi dove il fuoco ha mostrato tempi di residenza elevati con la totale consunzione della materia organica del suolo. Attualmente sono allo studio esperimenti in collaborazione con lUniversita di Torino per 1utilizzo di piantine micorrizzate, che in linea teorica dovrebbero mostrare una migliore crescita rispetto a quelle non micorrizzate.

    Da quanto esposto risulta quindi che, anche in Valle dAosta, come in molte regioni alpine, gli incendi percorrono i boschi

  • degradandoli ed in alcuni casi distruggendoli. Quindi creando situazioni di potenziale destabilizzazione dei versanti, aggravata dalla fortissima spinta antropica che attualmente si ha non solo su tutto il territorio italiano, ma soprattutto nelle localita turistiche.

  • Come agisce la tecnica del "fuoco prescritto"Fuoco contro gli incendi

    di RICARDO VELZ Responsabile Area incendi boschivi - Direzione Generale per la Conservazione della Natura - Ministero dell'Ambiente - Madrid

    Lo spopolamento delle aree rurali negli ultimi decenni un processo incalzante, che favorisce, tra l'altro, l'abbandono della terra e il conseguente ritorno spontaneo della vegetazione naturale.

    Ci produce accumulo di combustibili forestali su grandi estensioni e fa scomparire le soluzioni di continuit (campi coltivati, sentieri, carrarecce ecc.) che potrebbero limitare la propagazione del fuoco, agevolando cos l'insorgenza di incendi devastanti.

    Questi accumuli di vegetazione conservano a lungo elevata combustibilit, poich sono costituiti da vegetazione erbacea o cespugliosa.

    La popolazione rurale che rimane conserva, per, le pratiche tradizionali di uso del fuoco per ripulire i terreni e utilizzare quindi i ricacci di vegetazione per il bestiame. Questa popolazione, generalmente costituita da anziani, difficilmente controllabile da parte dei servizi dell'Amministrazione, per cui di frequente le operazioni di abbruciatura sfuggono al controllo, causando incendi nei periodi di aridit, tanto in inverno quanto in estate.

    A fronte di questa situazione si sta verificando un crescente interesse per la applicazione della tecnica del "fuoco prescritto" come misura di tipo preventivo, con un duplice obiettivo:

    l - ridurre l'accumulo di combustibili forestali e stabilire soluzioni di continuit, che riducano l'intensit del fuoco e ne facilitino l'estinzione;

    l - evitare conflitti con la popolazione rurale, facilitando l'accettazione della proibizione di abbruciatura in epoca di pericolo, in cambio dell'autorizzazione ad eseguirla nel resto dell'anno, beninteso sotto la sorveglianza dei Servizi Forestali.

    Nella tecnica del fuoco prescritto la pianificazione la fase pi importante, poich comprende la fissazione degli obiettivi da raggiungere: prevenzione, selvicoltura, caccia, patrimonio cinegetico, paesaggio ecc.

    La pianificazione comprende una descrizione della zona da sottoporre ad abbruciatura: topografia, modello di combustibile, cio tipo e quantit di combustibili presenti, meteorologia, attivit tradizionali di uso del fuoco della zona. Con questi elementi si stabiliranno le "prescrizioni" che dovranno definire:

    l - le "finestre" meteorologiche (intervalli di precipitazione, umidit relativa, velocit del vento) entro le quali si potr procedere con sicurezza;

    l - la scelta della tecnica di abbruciatura (a fasce, dall'alto verso il basso, controvento o a favore di vento ecc.);

    l - indicazioni sulla ubicazione delle fasce perimetrali di sicurezza e delle misure di protezione (personale di assistenza, attrezzatura, veicoli, ecc.).

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/contro.html

  • Per definire le prescrizioni, le condizioni cio di esecuzione, si rivelano utili i sistemi di previsione del comportamento del fuoco,quali il programma Behave, messo a punto da Rothermel nel 1983.

    Occorre ovviamente validarne le previsioni con studi locali, integrandole con la conoscenza empirica del comportamento del fuoco, data la variabilit dei modelli di combustibile. La realizzazione delle operazioni di abbruciatura richiede la costituzione di una specifica quipe, diretta da un responsabile esperto.

    In Francia quipe di questo tipo si stanno gi costituendo, sotto l'egida dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica(Inra) che ha messo a punto una sorta di "Carta del fuoco prescritto", insieme di norme tecniche a cui tutti devono attenersi.

    Il fuoco prescritto si impiega anche nel Nord del Portogallo e vi sono iniziative in varie regioni della Spagna (Galizia, Castiglia y Len, Catalogna, Andalusia) organizzate dalle Amministrazioni forestali, con la collaborazione dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inia) e delle Associazioni di proprietari forestali per definire le prescrizioni e gli obiettivi.

    Nella fase di pianificazione occorre includere anche la definizione di indicatori di conseguimento degli obiettivi. Per definirli imprescindibile la raccolta di dati in ordine a condizioni meteorologiche, topografia, modello di combustibile, sistema di accensione adottato, modalit di esecuzione dell'abbruciatura, aspetto finale della zona, mezzi di controllo impiegati, incidenti eventualmente verificatisi. L'elaborazione di questi dati deve servire per affinare il processo di formazione degli specialisti nell'uso del fuoco prescritto.

    Tutta l'attivit deve, comunque, svolgersi nell'ambito di limitazioni connesse con la sicurezza, con l'opinione pubblica e conla qualit ambientale. La sicurezza, per esempio, condiziona l'applicazione del fuoco sotto alberatura, limitandolo ai margini delle fasce parafuoco e a piccole parcelle.

    Al contrario, le superfici a macchia possono essere sottoposte ad operazioni di abbruciatura dell'ordine di varie decine di ettari per volta. Anche l'opinione pubblica necessita di corretta informazione.

    Decenni di campagne di propaganda hanno ingenerato nell'ambito urbano l'idea che si debba eliminare ogni forma di fuoco. Non facile, pertanto, convincere l'opinione pubblica che l'Amministrazione forestale abbia deciso di dare fuoco.

    In ambito rurale, invece, la popolazione ne comprende bene l'utilit di un suo uso controllato. Pertanto la "prescrizione" deve essere preceduta da un'azione di concertazione con la popolazione locale, perch partecipi a definirne i contenuti.

    La qualit ambientale, infine, si riferisce alle emissioni di fumo ed all'alterazione del paesaggio, che potrebbero condizionare l'esecuzione delle operazioni di abbruciatura.

    Villaggio Globale edito da "ADDA EDITORE". Copyright 1998-1999 ADDA EDITORE. Tutti i diritti riservati.

  • UTILITA DELLA VEGETAZIONE FORESTALE CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO

    Tratto da: A. Salsotto M. Dana Dissesti, Torrenti e Boschi Regione Piemonte Assessorato Agricoltura e Foreste - II Edizione 1980

    Una larga massa di dati sperimentali provenienti da ogni parte del mondo dimostra al di la di ogni ragionevole dubbio il ruolo svolto dalla vegetazione forestale nella protezione del suolo dallerosione. Riportiamo due esempi: una ricerca compiuta nel bacino del Mississipi (Stati Uniti dAmerica) ha accertato che la quantita di terra asportata ogni anno dallerosione ammontava a 163 chilogrammi per ettaro di sostanza secca in campi abbandonati, a 114 kg/ha in boschi radi di latifoglie, ed a soli 36 kg/ha in terreni rimboschiti 23-32 anni prima con piantagione di conifere (Pinus taeda). Una stima basata su dati rilevati comparativamente nelle regioni sud-orientali degli Stati Uniti dAmerica ha portato a concludere che uno strato di suolo limo-argilloso dello spessore di 18 centimetri e della pendenza del 10/o viene compleltamente asportato, per erosione, nei seguenti periodi di tempo:

    l foresta naturale di latifoglie 575.000 anni l prateria naturale 82.150 anni l suolo nudo 18 anni

    Sia pure con margini abbastanza ampi di oscillazione nei valori assoluti e relativi, dovuti alla diversita degli ambienti topografici e climatici presi in esame, alle differenti composizioni floristiche dei popolamenti considerati, alle variazioni nelle metodologie dindagine, le osservazioni compiute confermano generalmente che la migliore protezione del suolo e svolta dalla foresta mista disetanea, in buone condizioni vegetative e con densita e struttura normali.

    Assai buona, anche se decisamente inferiore, Iefficacia protettiva della prateria naturale. Leffetto antierosivo decresce rapidamente quando si tratti di boschi e pascoli degradati, talvolta da cause naturali, piu spesso da unutilizzazione silvana e pastorale primitiva e predatoria.

    Lazione antierosiva della foresta non e tanto svolta dallintrico delle radici che imbrigliano e trattengono le particelle del suolo, come comunemente si crede, quanto dallazione combinata di un insieme di altri fattori i cui effetti non sono sempre esattamente separabili.

    E l acqua il principale agente dellerosione. Ed e ancora lacqua il componente fondamentale di ogni organismo vivente ed alla base di ogni attivita biologica.

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/utilit.html

  • La biocenosi foresta ha "interesse" a difendere Iacqua come a proteggere il suolo; e la difende trattenendone la quantita necessaria alle sue funzioni vitali, regolando quindi il deflusso delle eccedenze in modo graduale, onde non si manifestino eccessive asportazioni di materiali dal terreno.

    La protezione diretta si manifesta principalmente nella parte aerea, dove il soprassuolo forestale agisce anzitutto intercettando una frazione delle precipitazioni meteoriche e favorendone il ritorno in atmosfera, sotto forma di vapore, per mezzo della grande superficie evaporante della massa fogliare. Ma, soprattutto, i diversi strati che compongono il bosco (strato arboreo, arbustivo, erbaceo e, talora, muscinale) dissipano gran parte della forza viva delle gocce di pioggia, per cui lurto sul terreno, ulteriormente smorzato dalla lettiera, risulta assai attenuato.

    La forza battente della pioggia e responsabile di una forma di erosione chiamata splash erosion nella letteratura di lingua inglese e da noi definita erosione per saltazione, e che consiste in una mobilizzazione delle particelle terrose con spostamento preferenziale verso valle.

    Lurto sul suolo produce inoltre una compattazione meccanica del terreno ed una migrazione delle particelle piu minute che, se mobilizzate, tendono ad essere trasportate verso le piccole cavita superficiali e ad ostruirle; dalle due cause deriva una minor permeabilta del suolo e quindi aumento del deflusso in superficie.

    Lacqua pervenuta sul terreno e non trattenuta da questo, forma inizialmente una sottile pellicola che scola per gravita lungo le pendici e in particolari condizioni puo dar luogo allerosione laminare (sheet erosion); si concentra poi nelle piccole rugosita, la cui unione forma incisioni sempre piu importanti le quali, a loro volta, si versano nella rete idrografica propriamente detta del bacino.

    II movimento delle acque riunite in insolcazioni produce Ierosione per ruscellamento (rill erosion). Ai movimenti dellacqua sul terreno, la vegetazione e la lettiera oppongono una serie di ostacoli che rallentano la velocita di avanzamento per effetto del ben piu elevato "coefficente di scabrezza" e dellaumento del "contorno bagnato" che si riscontrano rispetto ad una superficie nuda, ed anche per la tortuosita del percorso che lacqua su un terreno densamente popolato di vegetali e costretta a compiere, smorzando ad ogni urto la sua energia di movimento.Risulta inoltre contrastata la tendenza alla concentrazione di masse dacqua nella microrete idrografica.E stato accertato che mediamente la velocita" di scorrimento su un terreno coperto di vegetazione e appena 1/4 di quella che si manifesta allo scoperto.

    Poiche, come tutte le forze di carattere dinamico, lenergia erosiva dellacqua varia secondo il quadrato della velocita, ne deriva che alla diminuzione della velocita ad 1/4 corrisponde una riduzione dellenergia ad 1/16 dintensita. Ancora piusignificativa la diminuzione della capacita di trasporto, che variando con la sesta potenza della velocita, diventa addirittura 4096 volte inferiore.La protezione indiretta e leffetto regimante si manifestano in massimo

  • grado sotto la superficie e sono svolti dal suolo forestale, profondamente diverso per caratteristiche fisiche e biologiche dai suoli soggetti a periodiche lavorazioni ed anche, in minor misura, dai suoli ricoperti da vegetazione erbacea permanente.

    II bosco e il torrente

    Lacqua che sfugge allevaporazione, alladesione superficiale (lacqua di adesione e lacqua che "bagna" le superfici di foglie, rami, pietre ecc.), allaccumulo nelle depressioni del terreno, allinfiltrazione nel suolo, e scorre sul pendio dei versanti, e la principale responsabile non solo dei fenomeni di erosione diffusa, ma anche delle piene dei corsi dacqua.

    I corsi dacqua montani possono classificarsi di norma come torrenti, intendendoli percio caratterizzati da una estrema variabilita del regime idraulico, con deflussi molto modesti o nulli per lunghi periodi (torrente trova radice nel latino torrere = disseccare) e da piene improvvise e rapidamente decrescenti. II torrente tipico e prevalentemente alimentato dalle precipitazioni meteoriche, mentre hanno importanza secondaria le acque sorgive, cosi che la sua portata e strettamente dipendente dalle vicende climatiche del momento: si fa copiosa nei periodi piovosi (e durante la fusione delle nevi), tende ad esaurirsi nei tempi siccitosi.

    Le piene si producono in occasione di piogge intense (1) anche se di durata relativamente breve, per la rapida concentrazione nellalveo di masse dacqua cadute sul bacino.

    Londa di piena, una volta diminuita lintensita della pioggia, decresce velocemente ed il torrente ritorna in breve tempo nelle condizioni di portata che hanno preceduto il fenomeno critico.

    Quando piove con una certa intensita, la portata del torrente va aumentando col successivo arrivo degli apporti dacqua provenienti da zone del bacino sempre piu lontane, fino a quando tutto il bacino contribuisce contemporaneamente al deflusso dellalveo.

    Viene chiamato tempo di corrivazione lintervallo di tempo che intercorre tra Iinizio della pioggia e listante in cui perviene, nella sezione dalveo che consideriamo, la particella dacqua caduta nella localita idraulicamente piu lontana del bacino. A parita dintensita e di altre condizioni, e la precipitazione della durata del tempo di corrivazione a provocare la massima portata nel corso dacqua; se superato il tempo di corrivazione, la pioggia continua a cadere, con la stessa intensita, la portata si mantiene costante sul valore massimo per cominciare a decrescere non appena la pioggia cessa o comunque si riduce dintensita.

    Se per contro la durata della precipitazione e inferiore al tempo di corrivazione, l acqua proveniente dalle zone piu lontane del bacino raggiunge Ialveo quando gia ha avuto inizio la fase decrescente, giacche le aree piu vicine hanno gia cessato di dare il loro contributo. Sono le acque che scorrono sulla superficie dei versanti a provocare le piene, a causa della rapidita della loro concentrazione nelle rete idrografica; la loro velocita di avanzamento sul terreno e variabile ma e pur sempre, nei bacini montani, dellordine di alcuni decimetri al secondo, nei casi piu favorevoli, per raggiungere e superare il metro al secondo in situazioni particolari.

  • Le acque infiltratesi nel suolo, e da questo non trattenute ad aumentare il tenore di umidita, risentono dellattrazione di gravita e percolano verso il basso. Una frazione, se trova condizioni geologiche adatte, penetra in profondita fino a raggiungere le falde idriche, alimentando la circolazione sotterranea.

    Le acque di falda spesso ritornano allesterno sotto forma di sorgenti ed alimentano quindi la circolazione superficiale, ma il loro moto nel sottosuolo e assai lento, dellordine di alcuni metri al giorno, per cui trascorrono settimane o mesi prima che il volume dacqua caduto nel corso di una precipitazione possa defluire (2).

    Di conseguenza il contributo delle acque sotterranee alla portata del torrente e sempre graduale e assolutamente trascurabile la loro partecipazione ai fenomeni di piena.

    La parte residua delle acque di percolazione defluisce obliquamente sopra gli orizzonti relativamente impermeabili, o sulla base minerale del suolo o comunque a breve profondita dalla superficie. Si forma quindi una corrente chiamata deflusso ipodermico che procede verso la base dei versanti con velocita normalmente superiore a quella che anima i moti di filtrazione nelle falde sotterranee, ma di gran lunga piu bassa di quella delle acque scorrenti in superficie.

    Le acque sottosuperficiali arrivano alla rete idrografica gradatamente e con uno sfasamento di ore o giorni rispetto alle acque di ruscellamento, e quindi non contribuiscono alla formazione delle piene prodotte dalla precipitazione che le ha originate.

    In caso di piogge prolungate lapporto ipodermico puo assommarsi al volume dacqua concentrato dal deflusso superficiale di una precipitazione intensa successiva, ma a causa della bassa velocita del suo movimento verso valle, Ieffetto sulle piene e modesto.

    Chiariti a grandi linee i concetti fondamentali necessari alla comprensione del fenomeno, vediamo di riassumere le azioni dirette ed indirette esercitate dal bosco sul regime idrologico dei corsi dacqua montani.

    Si e parlato dellalta porosita e permeabilita dei suoli forestali, favorita e determinata dai processi biochimici svolti dagli organismi vegetali ed animali che compongono lecosistema. Sono stati portati a dimostrazione molti dati sperimentali sulla velocita dinfiltrazione dellacqua, molto alta nei suoli boschivi sia in valore assoluto sia per confronto con altre forme di utilizzazione del terreno. Si e parlato degli impedimenti di vario genere che i popolamenti forestali frappongono allavanzamento delle acque scorrenti in superficie;

    (1) Lintensita di una pioggia e data dal rapporto tra Ialtezza dacqua (di solito espressa in mm) e il tempo nel quale questa e caduta (indicato in minuti, ore, giorni od anni) Lesperienza insegna che l'intensita delle piogge decresce allaumentare della loro durata: un breve scroscio puo raggiungere intensita elevatissime, mentre in una pioggia prolungata nel tempo lintensita e fortemente inferiore.

    (2) Fanno eccezione alcune zone carsiche, dove si formano veri e

  • si e ancora accennato allazione di trattenuta che avviene per adesione sugli organi aerei della vegetazione. Lultimo fattore e spesso sopravvalutato, mentre la quantita di pioggia intercettata dalle chiome e ben poca cosa, potendo approssimativamente aggirarsi intorno a 5 o 6 millimetri; il che puo essere determinante per ridurre allimpotenza una piena con bacini idrografici piccolissimi, messi "in crisi" da brevi temporali violenti, dato il basso tempo di corrivazione (dellordine delle decine di minuti) che li caratterizza, ma rappresenta in genere una

    frazione esigua della precipitazione che puo cadere su di un bacino di media estensione.

    In ogni caso, la capac!ta della trattenuta aerea puo essere stata saturata da piogge immediatamente precedenti a quella che provoca la piena, e che raramente si manifesta isolata, ma e preceduta e seguita da piogge meno intense.

    Del tutto trascurabili, agli effetti delle piene, Ievaporazione e la traspirazione fogliare, il cui ruolo e invece molto importante nei bilanci idrologici annui o stagionali.

    Lapparato aereo della vegetazione svolge la funzione, spesso non adeguatamente valutata, di regimare le intensita variabili delle precipitazioni piovose, riuscendo, con la trattenuta temporanea con lo scorrimento lungo le foglie, i rami, i tronchi, ad impedire il contemporaneo arrivo a terra degli scrosci piu violenti che potrebbero, magari per brevi istanti, superare la capacita di assorbimento del suolo e provocare riunioni di corpi dacqua pericolose perche aprono la via al ruscellamento.

    Sul terreno le piogge sinfiltrano rapidamente attraverso lettiera ed humus fino a saturare la porosita del suolo.

    propri corsi dacqua sotterranei animati da velocita paragonabili a quelle delle acque superficiali

    (3) In boschi inefficienti e degradati e stata misurata una ritenzione di 16 mm ed una de- tenzione di 43 mm, per un totale di soli 59 mm. Secondo il Susmel in un buon terreno forestale di media profondita le quantita dacqua trattenuta corrispondono mediamente a 60-80 mm di altezza di pioggia nei mesopori ed a 200-400 mm nei macropori.

    Una densa copertura forestale protegge il suolo e contribuisce a regimare le acque. La figura mostra le variazioni dellerosione e del deflusso superficiale al variare del grado di copertura

  • Secondo rilevamenti compiuti dallIstituto di Selvicoltura dellUniversita di Padova e riportati dal Benini, in boschi efficienti sono state misurate capacita di trattenuta di 513 mm, dei quali 430 mm nei macropori (acqua di detenzione temporanea) ed 83 mm nei mesopori (acqua di ritenzione) (3)

    Per dare un termine di confronto ricordiamo che la pioggia che cade su Torino nel corso di un anno non raggiunge mediamente Ialtezza di 800 mm.

    II volume delle cavita presenti in un buon terreno forestale e normalmente adeguato a ricevere la gran maggioranza delle quantita di pioggia che possono cadere nel corso di eventi meteorici anche straordinari, e cio comporta una sostanziale riduzione del deflusso superficiale, dal quale derivano le repentine concentrazioni dacqua che danno origine alle piene.

    Le acque che abbiamo chiamato di detenzione temporanea finiscono per ritornare in superficie dopo un percorso piu o meno lungo, attraverso vie sotterranee od ipodermiche, ma gradatamente, favorendo la persistenza di una certa portata nelle rete idrografica, negli intervalli tra gli eventi piovosi.

    In altre parole, il regime dei corsi dacqua nei bacini densamente boscati, con popolamenti in armonia con lambiente, tende a ridurre i caratteri di torrenzialita per assumere caratteristiche meno estreme, con vantaggio per la situazione idrogeologica generale e per le possibilita di utilizza zione delle acque.

    La sottrazione dacqua al deflusso superficiale, conseguenza della permeabilita e della porosita del suolo, indirettamente riduce la velocita del ruscellamento in quanto la velocita diminuisce al diminuire della quantita di liquido in movimento (in termini tecnici, si ha riduzione del raggio idraulico).

    Unulteriore riduzione e prodotta dalla resistenza al moto opposta dalla vegetazione e dalla lettiera (si ha aumento del coefficiente di scabrezza). A minor velocita corrisponde un allungamento del tempo di corrivazione, e viceversa. E stato visto che e la precipitazione della durata del tempo di corrivazione a mettere "in crisi" il bacino idrografico e che le piogge di durata inferiore a questo provocano, a parita dintensita, portate assai

    Velocita Infiltrazione(mm/minuto)

    DeflussoSuperficiale in %della pioggia

    Boschi efficienti 20-5 0-10

    Boschi inefficienti 2-0,5 20-50

    Pascoli 3-1 30-95

    Coltivi non seminati o abbandonati

    1,2-0,1 50-100

  • minori; sappiamo inoltre che lintensita di una pioggia diminuisce con laumento della sua durata. La conseguenza e che in un bacino boscato si riduce statisticamente il numero degli eventi potenzialmente capaci di generare grandi piene

    Abbiamo voluto riportare qualche analisi di dettaglio tentando di collegare gli effetti con le cause pur sapendo che tale modo di procedere obbliga a semplificare, talvolta in modo eccessivo, fenomeni complessi e correlati tra loro. A dimostrazione delinfluenza esercitata dal bosco sul regime dei corsi dacqua, sarebbe stato preferibile poter trascrivere dati statistici di lungo periodo a confronto tra bacini boscati e non boscati, possibilmen di condizioni simili per morfologia, geologia e regime pluviometrico. Purtroppo elementi di giudizio cosi completi non esistono. Le ricerche generalmente confermano l efficacia del bosco quale moderatore delle piene in bacini imbriferi di piccola estensione.

    Scarsi o nulli invece i dati sperimentali riguardanti i grandi bacini, dove si nota un comportamento diverso per lintervento di altri fattori, quali la diribuzione spaziale delle piogge e interferenze di onde di piena degli affluenti.

    Se si ammette un effetto positivo della boscosita nei piccoli bacini, la ragione consiglierebbe di attribuirle una certa efficacia anche alleconomia dei grandi bacini, perche la trattenuta dei volumi dacqua ed il rallentamento dei deflussi sono una realta obiettiva e dimostrata.

    Ma, insegnava il sommo Leonardo, "se ti accade di trattar dellacqua, consulta pria l esperienza poi la ragione". Alla luce di quanto e stato detto, non stupisce se i forestali sono profondamente convinti che la sistemazione idroeologica devessere affrontata principalmente con interventi biologici, i quali, beninteso, non si esauriscono affatto nel rimboschimento, ma comprendono molte delle diverse operazioni selvicolturali senza escludere i miglioramenti agro-pastorali.

    Lefficacia idrogeologica di una foresta e strettamente correlata col suo armonico inserimento nelle condizioni ecologiche locali e varia col variare della sua composizione,struttura e densita, delle forme di governo e trattamento.

    Ecco quindi che anche il rinfoltimento dei boschi radi, il miglioramento dei boschi degradati, le conversioni dei cedui in fustaie, la scelta delle forme di trattamento piu consone con la protezione del suolo e con la rinnovazione e levoluzione della foresta, la lotta contro gli incendi boschivi, lassestamento dei soprassuoli su basi naturalistiche, sono altettante componenti della sistemazione idrogeologica del territorio, non meno importanti del rimboschimento dei terreni nudi.

    Non solo, ma dovendo scegliere tra il miglioramento dei boschi esistenti e limpianto di nuovi soprassuoli, e forse preferibile dedicare ai primi la maggiore attenzione.

    Perche i boschi che gia esistono sono una realta, che con larte e la competenza e la volonta e la disponibilita dei mezzi necessari, si puo rendere sempre piu efficiente, con affetti apprezzabili in tempi relativamente brevi; invece i rimboschimente di terreni spesso gravemente

  • anomali, rappresentano una speranza, talvolta delusa, di ottenere qualche risultato dopo lunghi anni di lavoro, di cure e di spese.

  • PREVENZIONE E CULTURA

    di Roberto PavanComandante Coordinamento Corpo Forestale - Imperia

    Il termine "incendio boschivo" pu indurre in confusione perch pu portare a una doppia interpretazione:

    - quella dei tecnici che si riferiscono al solo fuoco nel bosco;

    - quella dell'uomo della strada che pi semplicemente comprende nell'unico termine di "incendio boschivo" anche l'incendio territoriale cio anche l'incendio di pascolo, di incolto, di ex coltivo, di sterpaglia, di formazione sub forestale.

    Questa confusione non da poco perch si tratta non di una semplice puntualizzazione lessicale, bens di incendi diversi che necessitano di tecniche di approccio e di lotta diverse, che si sviluppano in ambiente completamente diverso, con rischi e pericoli diversi, con mezzi tecnici da impiegare completamente diversi.

    Entrambi i tipi di incendio invece, poich possono rappresentare un vero pericolo sia per la popolazione che per l'ambiente, devono essere spenti al loro primo insorgere e nel pi breve tempo possibile.

    Poich i boschi della Liguria, ma anche tutto il territorio ligure, derivano da secoli di intenso uso e sono in equilibrio precario, molto fragile e ad alto rischio di incendio, necessario che l'opera di avvistamento dei focolai e di inizio delle operazioni di spegnimento siano le pi rapide possibile, nel rispetto di tutti i canoni necessari per garantire la massima sicurezza agli uomini comunque impiegati.

    Questo comporta la necessit di avere dislocata su tutto il territorio ligure, soprattutto nell'interno, una forza di pronto impiego e di sicura affidabilit.

    Considerata l'orografia e la viabilit della montagna ligure impensabile di poter attuare una seria lotta agli incendi boschivi affidandosi solo a pochi grossi nuclei di uomini e mezzi dislocati in centri logistici.

    Questo fondamentalmente per quattro motivi:

    1. Gli uomini devono essere dislocati in prossimit o all'interno delle zone boscate da proteggere proprio perch l'intervento per essere efficace deve essere immediato.

    E' necessaria l'ubicazione strategica degli uomini anche perch la montagna ligure molto fragile e non pu sopportare la rete di larghe strade che dovrebbe essere costruita per consentire l'accesso generalizzato alle autobotti per spegnere il fuoco con l'acqua.

    2. Per arginare il fuoco in ambienti difficili, con vegetazione altamente infiammabile e ventosit diffusa che provoca un rapidissimo sviluppo del fuoco con velocit di

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/cultur.html

  • avanzamento elevata indispensabile che gli spegnitori, personale addestrato e qualificato, conoscano perfettamente il territorio, tutti i sentieri, tutte le vie di scampo come conoscono solo i volontari delle squadre antincendio locali e gli Agenti Forestali. Queste ragioni di sicurezza limitano, ad esempio, l'impiego dell'esercito, che necessariamente pu essere impiegato solo nella bonifica.

    3. In Liguria, proprio per le difficolt ambientali, indispensabile che l'intervento dell'uomo a terra sia pronto e altamente qualificato datosi anche che qualsiasi tipo di aeromobile opera con difficolt, e spesso non risolutivo, a causa dell'orografia accidentata, dei regimi dei venti e delle turbolenze, della miriade di linee elettriche e teleferiche presenti, di abitati o case sparse immerse nei boschi.

    A volte l'intervento aereo, per il sommarsi di tutte queste circostanze e la valutazione ponderata e responsabile che di esse necessario fare, viene impedito o ritardato.

    Ricordiamo che i due Canadair caduti, sono caduti proprio in Liguria.

    Da questo ne segue che la direzione delle operazioni di spegnimento con mezzi aerei deve essere compiuta da personale qualificato e conoscitore dei luoghi fisicamente presente sul posto dell'incendio. Il direttore delle operazioni a volte, purtroppo e suo malgrado, costretto responsabilmente a rinunciare o procrastinare l'uso di queste macchine e procedere allo spegnimento con i mezzi tradizionali terrestri.

    4. Si potrebbe dare credito e legittimazione alla tesi dell'ineluttabilit degli incendi per cui ci devono essere gli uomini pronti a spegnere gli incendi boschivi, quasi in ansiosa attesa che qualcuno li appicchi: un atteggiamento stimolante per gli incendiari.

    1 boschi da soli non bruciano e quella dell'autocombustione una vecchia favola: gli incendi nei boschi ci sono perch qualcuno per qualche motivo doloso o colposo li incendia.

    I boschi per non verranno pi incendiati se verr messa in atto una meticolosa e puntigliosa prevenzione silenziosa e senza clamore.

    La prevenzione degli incendi forestali deve essere compiuta oltre che sul terreno (come anche le leggi prescrivono), anche con una oculata presentazione del fenomeno all'opinione pubblica in modo che si eviti ogni generalizzazione.

    A proposito delle cause di incendio la semplificazione con luoghi comuni dannosa perch attribuendo ad in solo fattore - il dolo - tutte le responsabilit, di fatto, le scarica impotentemente e con rassegnazione sul piromane, un fantomatico non ben identificabile individuo, in questo modo viene "anestetizzata" la coscienza collettiva e la partita chiusa.

    Alcuni luoghi comuni tipici del pressappochismo sugli incendi boschivi:

    1) Gli incendi sono tutti dolosi

    E' vero che c' una modesta componente legata a vere patologie mentali, ma invece molto forte l'incidenza della disattenzione nello svolgimento di attivit lecite quali l'abbruciamento di residui agricoli o l'attivit a fischio o l'incendiariet indotta o congenita di vasti strati di popolazione, quali ad esempio i gitanti o gli agricoltori della domenica o la pastorizia praticata con metodi arcaici.

    2 Contro l'incendi dato che sono i piromani ad incendiare i boschi,non possibile fare nulla

    Invece tutti i cittadini possono contribuire alla prevenzione anche solo avvertendo I centri operativi del Corpo Forestale dello Stato o i Vigili del Fuoco o i Carabinieri quando vedono del fumo sospetto: I servizi sono attivi 24 ore su 24.

  • 3) La causa degli incendi l'abbandono della montagna

    l'esodo delle popolazioni rurali e l'abbandono dei terreni marginali e dei boschi, che si ricoprono naturalmente di vegetazione erbacea e arbustiva sono s cause predisponenti allo sviluppo di incendi, che per insorgono come unica e sola conseguenza di azioni umane, dato che l'autocombustione non possibile e il fulmine ha una modestissima incidenza.

    4)I grandi incendi si verificano perch noi siamo impreparati.

    Non vero, perch incendi gravi si venficano in tutto il mondo, anche in zone con climi meno favorevoli del nostro.

    Circa l'impreparazione o la penuria di mezzi aerei, basti vedere quanto succede nella vicina CostaAzzurra dove ci sono incendi terribili nonostante il grande dispiegamento di uomini e velivoli l disponibili. La realt che in Italia pu bruciare contemporaneamente tutto il territorio montano e collinare da Aosta a Pantelleria e gli aerei antincendio devono intervenire un po'ovunque.

    In Francia le zone fortemente colpite sono la Provenza, la Costa Azzurra e la Corsica, ed quindi logico che le basi aeree siano l ubicate; nonostante ci si verificano incendi disastrosi.

    La causa principale dello svilupparsi di grandi incendi,da noi come in qualunque altro paese del Mediterraneo non l'impreparazione, ma il vento.

    Il vento favorisce il rapido espandersi delle fiamme e impedisce o limita fortemente anche l'azione dei mezzi aerei, oltre che rendere estremamente pericoloso l'intervento degli uomini a terra.

    5) Il fuoco bruciando le specie infestanti fa bene al bosco

    Uno dei luoghi comuni da sfatare anche quello che vuole che il fuoco porti beneficio al bosco. In effetti ci sono ricerche in corso in altri Paesi, specialmente in Nord America, che affermano che il fuoco pu portare benefici come l'aumento della biodiversit, l'agevolazione della germinabilit di alcune specie, l'eleminazione della necromassa combustibile ecc.

    Nel boschi di Imperia, come nel resto della Liguria, il fuoco si presenta talmente frequentemente, talvolta anche pi di una volta all'anno, da portare, al contrario dei modelli americani, ad una diminuzione dei numero delle specie vegetali presenti, fino a giungere al ginestreto che rappresenta uno degli stati di degradazione pi frequenti.

    Per considerare l'importanza del fenomeno doveroso ricordare l'elevato numero di endemismi vegetali ed animali presenti in Liguria che corrono seri pericoli di estinzione a causa degli incendi.

    La prevenzione deve essere la strategia principale per poter quanto meno tenere sotto controllo il fenomeno degli incendi dato per scontato che purtroppo con il fuoco bisogna rassegnarsi a convivere perch l'incidente o il caso fortuito sono sempre possibili.

    Il Corpo Forestale dello Stato, che presente capillarmente sul territorio - purtroppo con pochi uomini - compie istituzionalmente una prevenzione attiva e dissuasiva nello stesso tempo pattugliando in continuazione il territorio e agendo all'occorrenza come forza di polizia o come forza tecnica di spegnimento.

    Prevenzione contro l'azione di malintenzionati compiuta sul terreno anche da

  • tutte le altre Forze di Polizia, da meritorie associazioni di volontariato antincendio, da cittadini sensibili. Ma tutto questo non basta perch non potr mai esserci un numero sufficiente di vedette in grado di fermare un incendiario che vuole fortissimamente raggiungere il suo scopo.

    Tralasciando gli aspetti tecnici della prevenzione (ripristino della vecchia sentieristica, creazione di barriere tagliafuoco e di torrette di avvistamento, decespugliamento obbligatorio delle scarpate stradali o attomo alle abitazioni, gestione di banche dati, di sistemi di monitoraggio, di radio collegamenti, ecc.) o gli aspetti socioeconomici (senescenza e diminuzione delle popolazioni, mercato dei legnami e dei terreni, prezzi di macchiatico ecc.) voglio qui rimarcare che alla prevenzione deve essere data una impostazione culturale, essa deve divenire un patrimonio della coscienza individuale e collettiva.

    L'incendio del bosco deve cessare di essere lo sfogo per frustrazioni, per proteste contro leggi e regolamenti non accettati o arma per vendette, ripicche o ricatti.

    E' ora che cessi l'interesse per il diversivo dell'incendio inteso come spettacolo, dell'eccitazione che provocano l'attivazione dell'apparato antincendio e la spericolatezza dei piloti, dell'interesse per le intercettazioni delle trasmissioni radio tra i Forestali a terra e i Canadair in volo.

    Deve anche cessare l'uso improprio del territorio e del bosco e l'uso tollerato e compreso del fuoco perch visto come necessit; deve finalmente morire la triste e perdente pratica dell'accensione del fuoco "per far pulizia", per distruggere i rovi, i cespugli dei boschi o l'erba secca dei pascoli che viene incendiata perch accusata di essere poco appetita dagli animali domestici e selvatici e di provocare il ruscellamento superficiale delle acque meteoriche. Pratica triste e perdente perch i rovi cresceranno pi rigogliosi di prima, i boschi non si rigenereranno, ed i pascoli continueranno a degradarsi perdendo humus e, finch rimarr un po' di terra, producendo solo quell'erbaccia che, vero, una volta ingiallita e seccata verr rifiutata dagli animali e provocher il ruscellamento

    della pioggia. Ma tant': nessuno vuole pi usare la zappa o la falce e il fiammifero pi comodo, sbrigativo e anonimo.

    E' bene che si sappia che talvolta chi va ha spegnere gli incendi non trova neppure comprensione tra la popolazione e che a volte riceve critiche per l'alto costo degli interventi aerei " per spegnere un po' d'erba, quattro pini e qualche cespuglio".

    Deve aumentare la corretta informazione a tutti I fruitori della montagna e a tutta la popolazione: si deve sapere che l'ambiente naturale non ha una capacit infinita di innovazione delle proprie risorse e che le alluvioni della pianura sono anche conseguenza del degrado della montagna provocato dall'uomo.

    Educazione, quindi, adozione istintiva e non imposta per legge di comportamento non a rischio, comprensione del valore anche immateriale del bosco.

    L'incendio boschivo non deve essere pi una questione da risolversi solo dai temerari della Forestale, dalle squadre dei volontari antincendio, o dal piloti degli aerei: essa deve essere risolta interdisciplinarmente.

    Parlando in varie occasioni con amministratori, con professionisti, con redattori di piani e regolamenti urbanistici, con insegnanti ho notato quanto poco siano conosciuti il problema degli incendi e le misure da adottare per limitame lo sviluppo e diininuime il pericolo.

    Un approccio allo studio delle attivit antincendio, dalla prevenzione allo

  • spegnimento ed al recupero ambientale non deve essere solo teorico e niente pratico o solo pratico e niente teorico: deve essere un lavoro di quipe dove ci sia spazio per il tecnico antincendio, ma anche per il sociologo, per il geologo, per il pianificatore territoriale e vegetazionale, per l'urbanista, per l'insegnante.

    Il ruolo della scuola fondamentale.

    Le persone educate e opportunamente istruite sono rispettose della natura e dell'ambiente che le circonda e sono il primo mattoncino dell'edificio della prevenzione.

    Un approccio culturale deve essere costante e progressivo, modulato sull'et e in grado di suscitare l'interesse di chi riceve l'informazione, dalla scuola matema alla scuola media e cos via, fino al corso professionale serale organizzato dalle Comunit Montane o dalle Organizzazioni di categoria.

    E' un lavoro che richiede tempo, ma alla lunga premiante, perch le nuove generazioni sono gi pi sensibili delle vecchie. La scommessa potrebbe essere questa: vincere il fuoco non con le scuole di guerra ma con le maestre elementari.

  • UNCCD

    MINISTERO DELLAMBIENTE

    La Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccit e/o alla desertificazione

    Il ruolo e le iniziative dellItalia

    a cura di

    Canio Loguercio

    Le linee guida del Piano dazione nazionale per la lotta alla desertificazione sono state predisposte da un gruppo di lavoro costituito nellambito del Comitato nazionale e curate da Maurizio Sciortino dellENEA.

    La cartografia delle aree sensibili alla desertificazione stata redatta da un gruppo di lavoro dei Servizi Tecnici Nazionali e curata da Franco Guiducci del Servizio Idrografico.

    Il sito web del Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione, realizzato in collaborazione con la FAO, :

    www.desertification.it

    LA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER LA LOTTA ALLA SICCIT E ALLA DESERTIFICAZIONE.

    IL RUOLO E LE INIZIATIVE DELLITALIA

    La Conferenza di Rio del 1992 sullo stato di salute dellambiente indic nella lotta alla desertificazione, nella tutela della biodiversit, nella riduzione dei gas serra e nella difesa delle foreste le emergenze per lumanit nel passaggio tra il secondo e il terzo millennio.

    Dal 1992 ad oggi numerosi sono stati gli incontri e le conferenze, ma a parte il protocollo di Kyoto del dicembre 1997 sui cambiamenti climatici le politiche ambientali globali sono sostanzialmente al palo. Anzi le condizioni generali del pianeta e dellumanit sono certamente peggiorate.

    http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/desertif.htm

  • Ventanni fa, quando le Nazioni Unite organizzarono la prima Conferenza internazionale sulla desertificazione a Nairobi, si parlava di 57 milioni di persone che soffrivano degli effetti dellavanzata del deserto. Nel 1984 il loro numero era gi salito a 135 milioni.

    Da un recente rapporto dellUnited Nations Development Programme sullo sviluppo umano emerge che un miliardo e trecento milioni di persone vivono oggi in condizioni di estrema precariet e, di queste, circa 800 milioni sono denutrite.

    Nei Paesi dellAfrica sub-sahariana sono ben 220 milioni le persone che sopravvivono in condizioni di assoluta povert.

    E la scarsa produttivit dei terreni, che una delle cause principali della povert, oggi minaccia pi di cento paesi con pesanti conseguenze sulle condizioni di vita delle popolazioni locali e sullambiente naturale.

    Milioni di persone rischiano di dover emigrare dalle loro terre, non pi in grado di offrire il necessario sostentamento. Stremate dalla mancanza di risorse idriche e dalla povert dei raccolti abbandonano i villaggi del nord-Africa e del Sahel e si riversano in territori pi fertili o verso agglomerati urbani sempre pi saturi, in particolare nelle zone costiere dove si concentrano gran parte delle attivit economiche, da quelle industriali, al turismo, allagricoltura irrigua.

    Circa l87% dellaumento netto di popolazione che si verificher entro il 2005 sar localizzato nei centri urbani e oltre la met della popolazione tender a concentrarsi lungo le coste.

    La spinta alla migrazione ambientale incontenibile. In Africa, solo nel Sahel lavanzata del deserto uccide 200 mila persone lanno. In Senegal, dove nel dicembre 1998 si svolta la seconda Conferenza delle Parti per la lotta alla desertificazione (COP 2), scomparsa una intera etnia. In Mauritania in 23 anni i nomadi sono passati dal 73 al 7 per cento mentre gli abitanti della capitale sono saliti dal 9 al 41 per cento.

    Il flusso migratorio attualmente ancora sufficientemente contenuto entro i confini dellAfrica, ma entro dieci anni si prevede che almeno 70 milioni di profughi ambientali africani premeranno per entrare in Europa attraverso i Paesi europei del Mediterraneo.

    Secondo il Segretariato della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccit e/o la desertificazione, principalmente in Africa (UNCCD), entro dieci anni 67 milioni di disperati del Nord -Africa, e 145 del Sahel, 212 in tutto, si metteranno a marciare per sopravvivere.

    In questo continente 583 milioni di uomini e donne (un decimo della popolazione mondiale) producono meno dell 1 per cento del prodotto interno lordo normale mentre circa il 45 per cento della popolazione vive ancora con meno di un dollaro a testa.

    Ma gi si tratta di fortunati sopravvissuti, perch nove bambini su dieci muoiono prima di aver compiuto il primo anno di vita.

    La desertificazione una delle pi gravi emergenze ambientali e minaccia circa un miliardo di abitanti degli oltre cento paesi a rischio ed un quarto delle terre del pianeta.

    La situazione certamente drammatica in Africa dove il 73% delle terre aride coltivate sono coinvolte dal degrado e dalla desertificazione ma esistono vaste aree inaridite o minacciate anche in Asia, in America Latina, nel Nord del Mediterraneo e quindi anche in Italia.

    In Europa oltre 20 milioni di ettari sono stati degradati a causa degli scarichi industriali e delle piogge acide causate dallinquinamento atmosferico e oltre il 25% delle terre agricole ed il 35% di quelle a pascolo sono a rischio.

    Siccit e desertificazione dipendono certamente dallinstabilit del clima, ma il degrado dei suoli e la perdita di fertilit sono dovuti anche allo sfruttamento intensivo dei terreni e delle risorse idriche, alla deforestazione, a pratiche agro-pastorali improprie e cio alluso non sostenibile delle risorse naturali da parte delluomo.

    I luoghi che ne soffrono coincidono quasi sempre con i paesi pi poveri, con le popolazioni assetate e affamate, con i tanti sud del mondo. Eppure, spesso, allaridit del terreno ha corrisposto nella storia la ricchezza della fantasia, delle tecniche, della cultura, della capacit produttiva delluomo, fattori questi che si rivelano oggi drammaticamente insufficienti a fronte dei mutamenti climatici planetari e delle cattive pratiche di un certo recente sviluppo che accentuano gli effetti devastanti sulla vita e sullambiente.

    Ogni anno vanno perduti 24 miliardi di tonnellate di terra coltivabile laddove, per la sempre pi pressante domanda alimentare, si prevede un incremento di bisogno di terra ad uso produttivo del 27% nel 2015 e del 42% nel 2050.

  • La perdita annuale in termini di reddito totale a causa della desertificazione di 42 miliardi di dollari, dei quali 12 miliardi nei paesi industrializzati e 30 miliardi nei paesi poveri verso i quali sarebbe molto importante assumere decisioni concrete per una riconversione virtuosa del debito in investimenti agricoli e ambientali che consentano un utilizzo sostenibile delle risorse naturali senza compromettere la tenuta ecologica di vastissime aree del pianeta.

    Secondo David Sckler, direttore generale dellIstituto internazionale di gestione dellacqua delle Nazioni Unite, entro i prossimi anni si potranno scatenare conflitti armati per lapprovvigionamento di acqua tra Paesi diversi e persino tra regioni diverse di uno stesso Paese e lItalia non pu non essere chiamata a svolgere un ruolo molto significativo nel Mediterraneo rispetto ai Paesi africani.

    I problemi dordine politico e sociale e le grandi correnti migratorie che interessano anche lItalia sono sempre pi connessi ai gravi squilibri ambientali determinati soprattutto da scarsit di risorse, siccit e desertificazione da un lato e massicce urbanizzazioni dallaltro.

    Secondo Ismail Serageldin, Presidente della Commissione mondiale sullacqua per il XXI secolo, la Banca Mondiale potr mettere a disposizione 30 o 40 miliardi di dollari per progetti contro la siccit rispetto a un fabbisogno stimato di circa 700 miliardi di dollari. evidente che lo scenario non rassicurante, e, proprio per questo, necessario che, nellambito della Convenzione per la lotta alla siccit delle Nazioni Unite, si individuino dei meccanismi che inducano alla messa a punto di protocolli vincolanti.

    A tal fine in Senegal, nel corso dei lavori della COP 2, lItalia ha chiesto ladozione di una sorta di Mandato di Dakar per individuare protocolli specifici che impegnino i Paesi ricchi in azioni mirate verso i Paesi poveri e in via di sviluppo, basate su una rinnovata cooperazione che abbia come cardine lidea di uno sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale sostenibile.

    Al Summit di Rio del 1992, dunque, furono firmate le Convenzioni sui cambiamenti climatici e sulla biodiversit e si avvi il negoziato per la terza Convenzione, sulla lotta alla desertificazione per lappunto, concluso a Parigi nel 1994.

    Come sappiamo, lesistenza di una Convenzione non garantisce quasi nulla, non garantisce cio che i rapporti nazionali e gli impegni sottoscritti siano rispettati nelle forme, nei termini, nella sostanza, n che i trasgressori vengano sanzionati. E, tuttavia, esse inducono una dialettica, impongono una sede di concertazione e di verifica, consentono di chiedere conto a governi e governanti.

    In Italia il Comitato nazionale per la lotta alla siccit e alla desertificazione, istituito dal Presidente del Consiglio nel settembre del 1997, ha fino ad ora sviluppato una intensa attivit finalizzata soprattutto al coinvolgimento attivo delle istituzioni e degli organismi di ricerca allo scopo di intrecciare lazione politica per combattere la siccit e il degrado del suolo e gli aspetti sociali, economici, energetici, ambientali e culturali dellarea del bacino del Mediterraneo.

    Tali questioni sono state discusse ed approfondite in numerose occasioni: nel corso della Conferenza Nazionale su Ambiente ed Energia, nei Seminari internazionali che il Comitato ha promosso a Porto Torres, a Matera e Marrakech, alla Seconda Conferenza delle Parti a Dakar, in incontri e riunioni con esperti nazionali ed internazionali.

    Alcune parziali ma significative risposte sono riscontrabili nellavvio di una nuova strategia della cooperazione, nella promozione di nuove norme sulla difesa del suolo e, per quanto riguarda le regioni italiane interessate, nel recente Decreto Legislativo n.152/99 sulle acque.

    Infatti, le politiche ambientali sono strettamente connesse alle politiche energetiche, industriali, di ricerca scientifica e tecnologica e fanno parte di un sistema complesso le cui varie componenti non possono non essere in un continuo bilanciamento reciproco. I processi di degrado del suolo sono in diretto rapporto con la crisi dell agricoltura tradizionale, labbandono delle aree interne e dei centri storici e sono strettamente connessi ad un modello di sviluppo basato su massicce urbanizzazioni soprattutto dei litorali dispendio energetico e inquinamento ambientale, in evidente contrasto con lo sviluppo di stampo tradizionalmente contrassegnato da basso consumo di risorse.

    Allurbanizzazione di nuove aree corrisponde labbandono dei centri antichi e la scomparsa di presidi territoriali capaci di una corretta gestione dellambiente naturale. Si determina cos un processo di desertificazione fisico e sociale: al degrado del patrimonio storico, architettonico e naturale corrisponde anche il depauperamento delle risorse umane. Occorre pertanto sviluppare la pi ampia collaborazione tra i governi, le istituzioni, gli organismi scientifici, le comunit locali e le organizzazioni non governative per stabilire programmi comuni mirati ad armonizzare le rispettive politiche soprattutto nei seguenti settori:

    gestione delle risorse naturali, del suolo e dellacqua

  • tutela delle coste

    valorizzazione di pratiche agricole e zootecniche compatibili

    turismo sostenibile

    educazione ambientale e al consumo sostenibile

    promozione di innovazioni tecnologiche e sostegno alloccupazione.

    necessario armonizzare strumenti, norme e indicatori per lindividuazione delle aree a rischio nellambito delle linee di assetto del territorio, per la salvaguardia delle coste e delle isole minori, per la tutela degli ecosistemi fragili, la conoscenza e la gestione dei processi relativi ai cambiamenti climatici.

    Nel Mediterraneo effetto serra e effetto desertificazione si identificano. Due effetti in un certo senso speculari, innescati da molteplici cause connesse alla produzione e al consumo di energia nonch allo sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali.

    LItalia e i Paesi Europei del Mediterraneo non sono solo Paesi donatori di aiuti verso i Paesi in via di sviluppo; essi stessi ricadono in un contesto di crisi ambientale con problematiche legate alle variazioni climatiche, con prolungati periodi di siccit, alla presenza di suoli con marcata tendenza allerosione, allalta frequenza di incendi boschivi con distruzione delle risorse forestali, alle condizioni di crisi dellagricoltura tradizionale con il conse