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Istituto Comprensivo Dalmine “Aldo Moro”
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PROGETTO INTERCULTURA
Percorsi didattici di L2 per l’acquisizione dell’ italiano per comunicare e dell’italiano per studiare
Premessa In una società che si accinge a diventare multiculturale un ruolo fondamentale spetta alla scuola,
luogo di formazione ed educazione delle nuove generazioni che vivranno in questa società.
L’acquisizione della lingua è lo strumento fondamentale del processo di comunicazione e
di integrazione, soprattutto nel caso di alunni stranieri che si trovano a confrontarsi con
una realtà scolastica per molti aspetti diversa da quella di origine.
L’inserimento di un alunno straniero in classe richiede pertanto un intervento didattico
immediato di prima alfabetizzazione in lingua italiana che gli consenta di acquisire le
competenza minime per comprendere e farsi capire.
Gli alunni stranieri, nella prima fase di inserimento scolastico, si trovano dunque a doversi
confrontare con diversi usi e registri nella nuova lingua: l’italiano per comunicare e
l’italiano per studiare, attraverso il quale apprendere le altre discipline e riflettere sulla
lingua stessa.
Per poter affrontare tali situazioni scolastiche, è necessario porsi delle priorità didattiche
e attivare delle modalità di lavoro, in grado di facilitare il percorso di apprendimento
linguistico da parte dell’alunno straniero.
È importante pertanto costruire un “contesto facilitante” inteso come insieme di fattori
che contribuiscano a creare un clima di fiducia: fattori interni (motivazione –
gratificazione) ed esterni (spazi di lavoro – materiali scolastici – testi – messaggi in varie
lingue), uso di canali comunicativi diversi: da quello verbale a quello iconico e
multimediale.
L'integrazione di questi alunni è quindi un obiettivo prioritario che comprende tre momenti
fondamentali:
- 1) l'accoglienza;
- 2) l'intervento linguistico;
- 3) una specifica attenzione alla dimensione interculturale all'interno delle varie discipline;
il tutto nella prospettiva di una continuità didattica fra i tre ordini di scuola.
1- ACCOGLIENZA
Per quanto riguarda l’accoglienza è fondamentale che ogni scuola preveda un protocollo di
accoglienza per gli alunni stranieri:
Il Decreto legislativo n.286 del 22.07.1998 - art.48 - e successivamente l’art 45 del DPR 31 agosto
1999, n.394, i cui contenuti sono stati ribaditi e precisati nella C.M n. 24 del 1 marzo 2006 e nella
C.M. n 2 dell’8 gennaio 2010, tutelano il diritto all’istruzione dei minori stranieri presenti sul
territorio nazionale, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro
soggiorno. Tali minori sono soggetti all’obbligo scolastico. Per essi si segue la normale procedura
per l’iscrizione, che può avvenire in qualunque momento dell’anno scolastico.
L’accoglienza rappresenta il contatto iniziale del bambino straniero e della sua famiglia con
l’ambiente scolastico e con le persone in esso presenti: è un momento delicato e che va affrontato
con calma, senza pretendere di risolvere tutti i problemi, ma con la consapevolezza che tutto
quanto si fa serve ai fini della programmazione mirata delle attività scolastiche.
Ha la finalità di:
stranieri;
li nella fase di adattamento al nuovo
ambiente;
dell’accoglienza e dell’educazione interculturale.
Definisce prassi condivise di carattere:
-didattico: accoglienza, proposta di assegnazione alla classe;
2- INTERVENTO LINGUISTICO : I Percorsi di alfabetizzazione
Dopo la delicata fase dell’accoglienza bisogna organizzare l’intervento linguistico,ma prima di
attivare delle modalità di lavoro, è indispensabile prevedere fin dall’inizio dell’anno scolastico,
oltre a percorsi di primo sostegno linguistico da svolgere durante le attività curricolari in classe,
l’organizzazione di laboratori di alfabetizzazione a diversi livelli (prima alfabetizzazione –
intermedio 1 – intermedio 2) in orario extracurricolare o curricolare, in base alle competenze
specifiche e alle situazioni comunicative reali di ciascun alunno straniero.
- LIVELLO PRIMA ALFABETIZZAZIONE
È la fase della “prima emergenza” alla quale è necessario dare risposta in tempi brevi:
un pronto intervento linguistico per soddisfare il bisogno primario di comunicare con
compagni ed insegnanti: è la fase che riguarda l’apprendimento dell’italiano orale, della
lingua da usare nella vita quotidiana per esprimere bisogni e richieste, per capire ordini e
indicazioni.
- LIVELLO INTERMEDIO 1
È la fase dell’apprendimento della lingua orale e scritta non più rivolta alla sola
dimensione della vita quotidiana e delle interazioni di base, ma della lingua per narrare,
esprimere stati d’animo, riferire esperienze personali, raccontare storie, desideri, progetti.
- LIVELLO INTERMEDIO 2
È la fase della lingua dello studio, dell’apprendimento della lingua delle discipline,
dell’italiano come lingua dello sviluppo cognitivo e mezzo di costruzione dei saperi. È il
percorso per la comprensione dei testi di studio, attraverso le fasi successive della:
semplificazione/comprensione/appropriazione/decontestualizzazione.
I percorsi di alfabetizzazione sono strutturati in accordo con gli insegnanti di classe e sono
adattabili “in itinere” in base alle esigenze dei singoli alunni e ai bisogni via via emergenti.
3- DIMENSIONE CULTURALE NELLE DISCIPLINE
Queste esigenze e questi bisogni citati prima oggi più che mai sono strettamente legati all’identità
culturale di ogni singolo individuo,oggi più che mai il ruolo e l’identità dell’insegnante
sperimentatore e innovatore si gioca, tra l’altro sulla capacità di affrontare la questione dei saperi,
che si risolve essenzialmente nell’integrazione delle discipline curricolari per risolvere problemi
culturali; essa costituisce forse l’essenza, o l’aspetto più rilevante della formazione di base.
In qualche modo si tratta di costruire il superamento della contrapposizione tra scuola
dell’esperienza e scuola dei contenuti( scuola centrata sul bambino e scuola centrata sulla cultura)
proprio riprendendo le affermazioni di Dewey, far incontrare l’esperienza conoscitiva con i modi di
“guardare”,per arrivare ai “modelli conoscitivi della cultura”.
Per cui la scuola di tutti non è più solo la scuola dell’alfabeto,ma diventa la scuola della cultura,
dell’identità culturale, che non si ripiega sulla sola trasmissione del sapere ma attiva una continua
costruzione e ricostruzione dei significati, una scuola come luogo di vita centrato sull’incontro con
la cultura, con le culture, tra le culture,luogo in cui gli stessi soggetti sono portatori di cultura e dove
la cultura fa parte della vita della crescita umana
FINALITA’
- Promuovere e realizzare la centralità dell’alunno in modo che sia sempre il vero
protagonista del suo apprendimento
- Promuovere e realizzare la centralità dell’alunno in modo che sia sempre il vero protagonista del
suo apprendimento
- Facilitare l’apprendimento della seconda lingua per comunicare in modo efficace in situazioni e in
contesti quotidiani diversi
- Favorire la socializzazione, la collaborazione, l’aiuto e il rispetto reciproco e quindi la costruzione di
significativi rapporti di conoscenza e amicizia
- Permettere, anche attraverso l’apprendimento della seconda lingua, il raggiungimento del successo
scolastico e della realizzazione del proprio progetto di vita.
METODOLOGIA
Per stimolare la partecipazione e la motivazione degli alunni, è necessario ricorrere a varie
strategie didattiche, adeguate alle diverse situazioni scolastiche: attività ludica ed
operativa, drammatizzazione e giochi di ruolo.
Tale metodologia interattiva permette di:
- Creare un contesto significativo, autentico e motivante per l’alunno
- Coinvolgere più capacità e abilità: capacità cognitive, affettive, linguistico-comunicative
e sensoriali, rendendo l’apprendimento più duraturo
- Sollecitare il processo d’interazione e di socializzazione.
AMBIENTI DI APPRENDIMENTO
Il Laboratorio, dove si svolgono i percorsi di alfabetizzazione, dovrebbe essere uno spazio
funzionante come luogo di accoglienza e di apprendimento, nel quale sono presenti
strumenti didattici di varia tipologia (dal computer, alla LIM, al video registratore,
videocamera …) ma soprattutto un ambiente nel quale sia data agli alunni l’opportunità di
un apprendimento interattivo.
Nel Laboratorio dovrebbero trovare spazio:
- segni delle provenienze e delle identità culturali in modo da limitare gli effetti
negativi di rimozione: planisferi, carte geografiche, immagini, fotografie di luoghi e
città di origine, libri e scritti nelle lingue materne
- tracce dei percorsi e delle storie personali: immagini, raccolta di storie e
autobiografie relative alla vita prima e dopo il viaggio migratorio
- cartelli e scritte di benvenuto in varie lingue
- strumenti didattici: liste bilingui di parole, cartelloni e alfabetieri, vocabolari di base
in lingua italiana illustrati, vocabolari bilingui, giochi linguistici, testi semplificati,
schedari e glossari
- spazi per attività operative (artigianato creativo…), laboratori di lingue, laboratori
multimediali
- ambienti per attività teatrali e di drammatizzazione.
La strutturazione a laboratorio di uno spazio definito indica che la scuola prende
consapevolezza della specificità dei bisogni degli alunni, accogliendoli in un luogo nel
quale possano riconoscersi, in quanto vi lasciano tracce visibili del loro cammino.
Italiano per comunicare e italiano per lo studio
Riprendiamo uno dei punti citati nella premessa, indispensabile all’inserimento e all’integrazione
efficace e funzionale dell’alunno: i percorsi d alfabetizzazione.
“Prima emergenza” L’italiano per comunicare e per riuscire (dall’osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni
stranieri e per l’intercultura , Favaro)
A proposito dei minori, la situazione di non italofonia al momento dell’inserimento riguarda ancora
una parte significativa dei bambini e dei ragazzi di nazionalità non italiana, ma è diventata nel
frattempo minoritaria, dal momento che coloro che entrano nella scuola italiana subito dopo il loro
arrivo dall’estero (i cosiddetti alunni NAI, neoarrivati in Italia) costituiscono oggi una piccola
percentuale del totale degli alunni stranieri e diminuiscono di anno in anno.
Per una parte degli alunni stranieri, l’italiano rappresenta dunque sempre di più una lingua
adottiva piuttosto che una seconda lingua. Tuttavia anche i nati in Italia necessitano di attenzioni
e sollecitazioni didattiche per raggiungere i quattro obiettivi principali dell’italiano di qualità.
E’ dunque il tempo di allargare lo sguardo: da un lato, diffondere e qualificare l’intervento didattico
specifico rivolto agli apprendenti non italofoni e, dall’altro, accompagnare e sostenere lo sviluppo
linguistico degli alunni stranieri nati qui o inseriti da tempo, per consentire loro di narrare,
descrivere, definire, spiegare, riflettere sulla lingua, studiare e argomentare in maniera efficace.
In molti documenti europei (nel Libro Verde “Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi
di istruzione europei”, Commissione delle Comunità Europee 2008; nelle “Raccomandazioni sulla
scolarità dei figli degli immigrati ai Ministri dell’Istruzione Europei, Commissione delle Comunità Europee
2009), l’inserimento dei bambini figli di immigrati nella scuola dell’infanzia è ritenuto una delle priorità
ai fini del processo di positiva integrazione.
E’ importante accompagnare e promuovere il loro sviluppo linguistico fin dalla scuola dell’infanzia,
osservandone il cammino di acquisizione, dando risposta alle criticità, sollecitando la loro presa di
parola. Il tempo dell’infanzia, fra zero e sei anni è infatti cruciale ai fini della competenza linguistica
e comunicativa. A questo proposito, un obiettivo prioritario è quello di promuovere e facilitare in
vario modo la frequenza della scuola dell’infanzia da parte dei figli di immigrati. Per ragioni
soprattutto economiche, una parte consistente e crescente di bambini con background migratorio
figli di immigrati non frequenta la scuola dell’infanzia, oppure lo fa in maniera saltuaria e ridotta. I
programmi educativi rivolti all’infanzia, soprattutto a carattere linguistico, si rivelano cruciali ai fini
del futuro benessere di tutti, dal momento che le disparità osservate fra i più piccoli già a tre anni,
in termini di comprensione e produzione di lessico, sono significative e preoccupanti. Il divario
iniziale si attenua nel corso della scolarità, ma il gap rimane comunque importante e persiste nel
tempo. Un’attenzione privilegiata deve essere inoltre data alla promozione delle pratiche
narrative quotidiane a casa e a scuola, sia in italiano che nelle lingue di origine, ai fini di uno sviluppo
linguistico positivo in situazione bilingue.
Investire sul futuro di tutti significa dunque investire prima di tutto sull’educazione dei bambini, di
tutti i bambini. Fin da piccoli, fin dai primi anni di vita.
Fase dell’apprendimento della lingua orale e scritta
“OGNI BAMBINO E’ SINGOLARE E PLURALE”
Di Graziella Favaro in "A scuola nessuno è straniero" su come creare
una scuola inclusiva.
Lo schema, elaborato da Graziella Favaro è molto puntuale e certamente orientativo per
un'organizzazione della didattica della lingua seconda.
L2 orale
COMUNICARE
Comunicare negli scambi interpersonali di base. Arricchire il lessico, descrivere, narrare, comprendere messaggi e prendere la parola in situazioni comunicative quotidiane e ricorrenti.
L2 scritta
LEGGERE – SCRIVERE
Padroneggiare le tecniche di base della lettura-scrittura (decodifica e trascrizione). Comprendere e produrre testi scritti.
L2 orale e scritta
STUDIARE
Comprendere testi e messaggi orali relativi alle diverse discipline (consegne, spiegazioni, parole chiave, glossari, ecc.). Comprendere testi riferiti allo studio.
L2 orale e scritta
RIFLETTERE SULLA L2
Usare in modo corretto le strutture della lingua. Riflettere sulle strutture (anche usando termini metalinguistici).
L2 orale e scritta
MANTENERE E SVILUPPARE LA L1
Mantenere e sviluppare le competenze nella lingua d’origine e/o di scolarità, orale e scritta.
Le parti che noi approfondiremo sono soprattutto quelle dell’italiano per comunicare e per lo
studio.
ATTIVITA’
Affinchè la scuola diventi veramente inclusiva, deve mettere i pratica ciò che “dice”, infatti ci sono
una serie di attività diversificate a seconda del grado di conoscenza che il bambino ha dell’italiano
e che permettono gradualmente di migliorare il suo apprendimento.
Per alunni che non conoscono nessuna parola o pochissime, e per bambini dell’infanzia/primaria
trovo di particolare efficacia l’utilizzo del TPR, Total Physical Response, ideato da J. Asher in
California, negli anni sessanta.
E’ un metodo per l’insegnamento/apprendimento di una seconda lingua attraverso la risposta fisica
e silenziosa ad una serie di comandi verbali, ossia attraverso l’associazione tra la parola e il
movimento fisico. Favorisce l’apprendimento dell’imput a cui è esposto l’apprendere e non lo
costringe ad accelerare innaturalmente i tempi della produzione linguistica.
TPR. Esempio con uno studente individuale principiante assoluto.
Livello: principiante assoluto Tempo: 5 minuti Obiettivi: acquisire un frasario scelto / mettere a proprio agio lo studente Età: tutte, ma ai bambini piace
TPR = Total Physical Response. In questo metodo prima c’è la fase in cui lo studente ascolta una serie di input, ad esempio apri la porta/chiudi la porta, e li esegue. Solo in ultimo produce lingua. Questo esercizio ispirato al TPR può rivelarsi efficace con studenti principianti – soprattutto in lezioni individuali dove l’attenzione è tutta per lo studente. Il principiante assoluto si sentirà molto a proprio agio perché gli input sono limitati, il modello da seguire chiare i compiti semplici. Credo sia meglio non superare i 10 minuti, per non annoiare o demotivare lo studente.
Tutta l’attività è svolta con molta calma. Se lo studente ha dubbi su cosa fare, dagli tempo di pensare. Non aggiungere altre parole o frasi, se non quelle delle istruzioni. Dimostra approvazione con la
mimica. Ripeti le istruzioni ogni volta che è necessario, chiaramente e sempre con lo stesso tono di voce. La prima volta che presenti un input nuovo puoi agire così:
1. di’ la frase
2. esegui il compito
3. esegui la frase
4. Lo studente esegue il compito
5. Ripeti la frase
6. Lo studente esegue il compito
Se ci troviamo invece di fronte un bambino o bambini che comunque già comprendono alcune
semplici parole in italiano, si può procedere ad utilizzare altre prove linguistiche che permetteranno
all’insegnante di osservare e conoscere meglio il bambino non solo linguisticamente, ma anche
socialmente e al bambino di ampliare gradualmente il suo lessico.
Esempi di prove linguistiche da utilizzare nei momenti di osservazione
1. Che cosa hai fatto ieri? L’intervista autobiografica
Si comincia con una conversazione libera sui giochi preferiti dal bambino, il racconto della sua
giornata/tipo quando è a casa ecc… in modo da metterlo a proprio agio. Si pongono poi domande
su eventi trascorsi in modo da far produrre verbi al passato, del tipo Che cosa hai fatto domenica?
Dove sei andato ieri? Che cosa avete fatto quando siete andati a teatro/al parco…? Per stimolare la
produzione all‟imperfetto, si può portare la conversazione su azioni abituali al passato, chiedendo
ad esempio Che cosa facevi quando eri piccolo? All’asilo nido? E quando eri in Cina dai nonni? Che
cosa facevi l’anno scorso a scuola? Il bambino dovrebbe essere invitato a parlare non solo di sé, ma
anche di amici, fratelli, famigliari, compagni, sollecitandolo così a usare le diverse persone del verbo.
2. Tu descrivi, io indovino. La descrizione di un’immagine
Questa attività si propone di stimolare la produzione di nomi, aggettivi e sintagmi nominali al
maschile/femminile e singolare/plurale e di strutture presentative ed esistenziali, come ad esempio
nel disegno c’è, ci sono… La prova viene proposta come un indovinello: vengono date al bambino
tre carte capovolte che contengono disegni di oggetti diversi per forma, colore, grandezza… e gli si
dice di sceglierne una senza farla vedere all‟intervistatore. Il bambino prende la carta, la osserva e
deve poi descriverla al fine di permettere all‟intervistatore di indovinare di quale immagine si tratta.
L‟adulto lascia parlare liberamente il bambino e, nel caso, lo sollecita con domande quali: E poi che
cosa c’è? Che cosa c’è ancora? Ci solo altre cose? Dove si trovano…? Il bambino parla finché ha
descritto un certo numero di oggetti al singolare e al plurale, maschile e femminile: a questo punto
l‟intervistatore comunica di avere indovinato di quale disegno si tratta.
3. Guarda la storia e raccontami. La narrazione a partire dalle immagini
Questa attività ha lo scopo di sollecitare la produzione di sequenze narrative e descrittive in
presenza dello stimolo visivo. Viene presentata una storia illustrata e la si lascia al bambino per un
po’ di tempo, chiedendogli di sfogliare il libro da solo e di guardarlo con calma. Poi il bambino,
tenendo il libro davanti a sé, racconta la storia all’adulto.
4. Ti ricordi la storia del cartone? La narrazione di una storia
Questa attività ha lo scopo di sollecitare la produzione di una narrazione senza avere sotto gli occhi
lo stimolo visivo. L‟adulto mostra al bambino un breve cartone animato e gli chiede poi di
raccontargli la storia.
Lo sviluppo delle attività dovrebbe essere “a spirale”, ovvero dovrà innestarsi su ciò che è già stato
appreso. In altri termini, le prime parole apprese dai ragazzi (nomi, aggettivi, verbi…) serviranno
poi per agganciarvi nuovi attributi ed espansioni, per costituire un tessuto via via più complesso.
L’ottica è quella di cercare di aggiungere sempre un elemento ignoto ad uno noto per facilitare la
comprensione: es. se il ragazzo conosce già il comando "prendi la penna" si può aggiungere "prendi
la penna rossa" e poi "prendi la penna rossa sul banco" e così via.
Molti sconsigliano di cominciare con le classiche domande "come ti chiami?", "quanti anni hai ?" "da
dove vieni?" perché sono prive di referenti concreti (a meno che non si abbia a disposizione un altro
alunno che possa fare da interprete). Spesso anche la nostra gestualità usata per cercare di rendere
comprensibili queste parole può risultare oscura: es. per dire "io" noi indichiamo il cuore mentre i
cinesi indicano il naso.
L’apprendimento della lingua scritta in una lingua non familiare
Un altro importantissimo traguardo per l’alunno sarà quello di riuscire a scrivere in modo corretto
in lingua italiana. Scrivere in una lingua che non è quella della famiglia richiede ai figli degli
immigrati una fatica aggiuntiva e comporta una “frattura” e un passaggio simbolico, rispetto alla
storia familiare. L’accesso alla lingua scritta implica la “dematernalizzazione” della lingua,
attraverso l’apprendimento delle regole e la distanza che sempre esiste tra parole e significati
nell’atto di scrivere. Per i bambini non italofoni, questo passaggio implica una doppia separazione
e un doppio viaggio: dall’oralità alla scrittura e dal codice familiare alla lingua italiana. L’ingresso
nella scuola primaria rappresenta per molti bambini il primo contatto con una lingua formale e con
il mondo dello scritto in un alfabeto che non è quello della lingua d’origine. Si deve dunque prestare
particolare attenzione al momento di apprendimento della lingua scritta dei bambini figli di
immigrati, preparandolo attraverso la narrazione e accompagnando in maniera efficace gli sforzi e
i tempi, a volte più dilatati, che questa conquista può richiedere.
Insegnare italiano come L2 non è come insegnare una lingua straniera. È qualcosa di diverso: per i
bambini stranieri, infatti, l’italiano non è la lingua degli affetti, della casa e quella con cui hanno
iniziato a comunicare con la mamma, ma non è neppure la lingua straniera appresa attraverso gli
strumenti guidati del libro e delle lezioni. Essi acquisiscono la lingua giocando, camminando per
strada, guardando la televisione, ascoltando le persone che parlano. Si tratta allora di una situazione
di apprendimento mista, che consta cioè tanto di momenti espliciti e intenzionali dedicati al loro
specifico problema linguistico (costituiti da sequenzialità più o meno precise, nonché da
esercitazioni sistematiche con relativa correzione degli errori), tanto di un’acquisizione spontanea.
Il compito dell’insegnante è pertanto quello di guidare l’alunno dal comunicare e basta al
comunicare bene.
Per questo è necessario un lavoro attento sugli obiettivi da prefiggersi.
Forse non sarà possibile fare un vero e proprio curriculo, ma è possibile indicare la meta: l’allievo
deve arrivare a possedere una competenza comunicativa, ciò significa che egli deve/dovrà arrivare
a:
1. saper recepire, produrre, manipolare testi, ovvero padroneggiare le abilità linguistiche;
2. saper agire socialmente con la lingua, ovvero saper usare la lingua come strumento di azione
in un determinato contesto;
3. sapere codici, cioè sapere la lingua e saperla integrare con altri codici disponibili per la
comunicazione.
Fase della lingua per lo studio LABORATORI DI ITALIANO L2 Come viene bene evidenziato nel documento europeo 5/2014 del 2 aprile 2014 del Comitato dei
Ministri ”Raccomandazione sull’importanza delle competenze nella(e) lingua(e) di scolarizzazione
per l’equità e la qualità nell’istruzione e per il successo scolastico”. Imparare la lingua dello studio
richiede tempi lunghi e conquiste cognitive importanti che vanno di pari passo con l’acquisizione
del nuovo codice, non più solo ristretto alla comunicazione “qui e ora”. Richiede inoltre che tutti i
docenti agiscano come facilitatori di apprendimento. Apprendere l’italiano per studiare comporta
passaggi interlinguistici successivi: dall’informale al formale; dai messaggi contestualizzati e
concreti all’astrazione e decontestualizzazione; dalla lingua immediata del “qui e ora” alle
microlingue delle diverse aree disciplinari. Tutti i docenti devono essere consapevoli del fatto che,
nel momento in cui trasmettono i contenuti disciplinari, essi trasmettono anche la microlingua
della loro disciplina. E quindi agiscono, sia come insegnanti della disciplina, sia come docenti di
lingua dello studio coniugando la didattica dell’italiano L2 con la didattica dell’insegnamento
disciplinare.
L’etichetta verbale “lingua per lo studio” sottolinea la necessità – ormai universalmente
riconosciuta dalla letteratura e dalla ricerca in campo glottodidattico – di distinguere tra
l’elaborazione linguistica necessaria nella comunicazione faccia a faccia (“lingua per
comunicare”) e quella richiesta nelle situazioni scolastiche.
Nelle situazioni scolastiche, invece, prevale un tipo di comunicazione decontestualizzata
(scrivere un tema, ascoltare una lezione di scienze, eseguire delle consegne per svolgere un
compito, leggere un testo ecc.) (Favaro: 1999 e Tosi: 1995: §§. 4.3 e 4.4). Se per acquisire la
lingua per comunicare sono sufficienti due, tre anni di esposizione alla lingua seconda, per
apprendere la lingua astratta propria delle discipline e della scuola, sono necessari più anni di
esposizione per ottenere risultati pari a quelli degli allievi madrelingua (Favaro: 1999: 123).
Fondamentale evitare di partire dai programmi scolastici italiani, che possono essere molto
diversi da quelli del paese di provenienza dello studente. Per far emergere quanto è stato
precedentemente acquisito, è dunque indispensabile che gli insegnanti predispongano, tra i loro
strumenti di lavoro, “batterie di prove” collegate ai programmi d’insegnamento del paese di
provenienza solo a questo punto si potrà avere un quadro più chiaro delle conoscenz e
dell’alunno.
PROGETTAZIONE, PERSONALIZZAZIONE E VALUTAZIONE DEL PERCORSO DIDATTICO
In molti casi emergerà la necessità di ricorrere ad una programmazione specifica per gli alunni
stranieri che non sono ancora in grado di seguire la programmazione curricolare prevista per il
resto della classe. Attraverso questi percorsi personalizzati si dovrà cercare di portare l’alunno
a migliorare le sue competenze rispetto all’italiano legato alla vita scolastica per avviarlo e
prepararlo a quello che sarà il passo successivo cioè dello studio.
OBIETTIVO: L’AUTONOMIA NELL’APPRENDIMENTO
Le competenze legate allo studio in italiano richiedono percorsi strutturati e mirati e azioni di
rinforzo e di facilitazione; e l’acquisizione dei mezzi e delle strategie di studio co stituisce una
tappa fondamentale di tale percorso, che ha come meta la padronanza della lingua e dei
contenuti microdisciplinari.
Ed è a tale tappa che in particolare va riconosciuta, a mio parere, all’interno del percorso di studi
la maggiore attenzione da parte dei docenti, non solo per gli studenti stranieri, ma per questi
ultimi a maggior ragione. Senza la maturazione di strategie di studio adeguate alla comprensione
e all’analisi della lingua e dei contenuti microlinguistici da essa veicolati, non vi può essere
progresso verso l’autonomia nell’apprendimento, ultimo obiettivo dell’azione didattica.
Infatti, è proprio attraverso percorsi didattici che hanno come obiettivo l’acquisizione di
strategie metacognitive di autoregolazione, che è possibile soddisfare il bisogno di autonomia e
quello di competenza, due dei tre bisogni che, se soddisfatti, concorrono al benessere
dell’individuo, secondo la teoria dell’autodeterminazione di Deci e Ryan (Deci e Ryan: 1985).
Il comportamento rivolto all’obiettivo richiede dunque, tra l’altro, che l’allievo impari ad
adottare strategie di autoregolazione via via sempre più raffinate e perfezionate, che gli
consentano di valutare e utilizzare al meglio le risorse di cui dispone per raggiungere obiettivi di
padronanza. Il processo di interiorizzazione di regole, procedure e comportamenti - che sta alla
base del processo attraverso cui un comportamento regolato dall’esterno può, via via nel corso
del tempo, divenire sempre più autonomo e autodeterminato - fa sì che vengano esauditi
proprio quei bisogni di cui parlano Deci e Ryan; attraverso le diverse forme di interiorizzazione
di regole, procedure e comportamenti l’uomo si libera infatti dal controllo esterno, divenendo
indipendente nello svolgimento delle sue attività, nonché abile e competente nel gestire compiti
sempre più complessi.
Prima di entrare dunque nel merito della lingua e dei contenuti microdisciplinari, il docente ha
il compito di verificare il livello di padronanza di tali abilità, e di approntare dei percorsi ad hoc
per facilitarne l’apprendimento. Come indicato da G. Favaro (cfr. Grassi, 2003: cap.1), gli
obiettivi della fase “ponte”, hanno a che fare con lo l’acquisizione di tre componenti:
I contenuti del curricolo proprie della classe di inserimento, selezionando per ciascuna
disciplina i concetti chiave, quelli epistemologicamente fondanti, e valorizzando concetti e
saperi già acquisiti in L1, che devono costituire dei punti di ancoraggio per lo sviluppo e
l’ampliamento dei concetti da apprendere.
Le competenze linguistiche in L2 (lessico, strutture, sintassi…), il cu i apprendimento,
cognitivamente impegnativo, va supportato tramite strategie e tecniche didattiche che ne
facilitino la comprensione (uso di supporti non linguistici presenti nel paratesto, ridondanza
delle informazioni, operatività…).
Le strategie di apprendimento, cioè imparare ad imparare.
METODOLOGIE E TECNICHE DIDATTICHE
Da quanto detto, emerge dunque che le tecniche di facilitazione da utilizzare nell’ambito della
didattica della L2 per lo studio richiedono che si intervenga:
1. sulla lingua dei testi disciplinari, tramite tecniche quali la semplificazione, l’integrazione
e la riscrittura;
2. sui contenuti, tramite una loro distillazione;
3. sulla metodologia, prediligendo una didattica cooperativa, esperienziale, ludica che
consenta la creazione di un clima collaborativo, l’esposizione ad input non troppo slegati dal
contesto, l’uso della multimedialità (Mezzadri: 2003: capp.3,4,13,14), anche allo scopo di
abbassare il filtro affettivo e sostenere la motivazione dell’alunno;
oltre ai processi cognitivi che presiedono all’organizzazione dell’informazione, anche la
motivazione e le emozioni sono fattori imprescindibili nei processi di acquisizione. E dunque un
contesto motivante così come la proposta di input comprensibili e adeguati al livello di sviluppo
del discente, sono fattori che favoriscono l’attivazione dei processi mnestici implicati
nell’acquisizione linguistica.
Percorso per la comprensione dei testi di studio
Semplificazione del testo → Comprensione del testo → Appropriazione del testo
Riformulazione e uso della lingua “decontestualizzata” ↵
ATTIVITA’
Per quanto riguarda lo studio guidato si dovrebbe procedere attraverso:
dall'insegnante
e in classe sull'argomento proposto
schematizzazione
ma
delle parole chiave
globale
termini specifici delle varie discipline affrontate
Si propone di seguito una bibliografia dei testi maggiormente consultati
nell’insegnamento dell’italiano per studiare.
AA.VV, Grammatica italiana per stranieri, edizioni Guerra
AA.VV, La lingua pensata, Sansoni per la scuola
AA.VV., Allegro voll. 2-3, edizione Edilingua
Aigotti, Manassero, Poggi, L'italiano per studiare, Torino, Loescher, 2002
Balboni- Voltolina, Geografia italiana per stranieri, Ed. Guerra
Balboni-Santipaolo, Profilo di storia italiana per stranieri, Ed. Guerra, 2003
Barbone, Elementi di scienze della terra, Lucidano
Battaglia, Corno, Grammatica come esercizi, Paravia
Bergamini, Trifone, Moduli di matematica, Zanichelli
VALUTAZIONE
La valutazione degli studenti stranieri, come definiti dall’articolo 2 del decreto del Presidente
della Provincia 27 marzio 2008, n. 8-115/Leg (Regolamento per l’inserimento e l’integrazione
degli studenti stranieri nel sistema scolastico ed educativo provinciale (articolo 75 della legge
provinciale 7 agosto 2006, n. 5) deve tener conto della necessaria coerenza con l’eventuale
percorso didattico personalizzato, previsto dall’articolo 10 del decreto medesimo, e con gli
elementi valutativi acquisiti.”
CONCLUSIONI
La stesura di questo progetto è stata per me motivo di una lunga riflessione su quelli che sono i
fenomeni di abbandono e ritardo scolastico fra gli alunni stranieri e in particolare le difficoltà e il
disagio dei bambini e dei ragazzi appena arrivati, alle prese con una scuola in cui si utilizza una lingua
che non è la loro lingua materna, costituiscono una vera preoccupazione.
A queste difficoltà si aggiungono i problemi dell’essere sospesi tra più mondi e culture, impiegati in
una faticosa costruzione di un’identità plurale, fatta di elementi della cultura d’origine ed elementi
e parti della cultura o delle culture di accoglienza.
Per sostenere i docenti di fronte a queste nuove responsabilità vanno garantite sia adeguate risorse
umane che finanziarie. È necessario prevedere la presenza di nuove figure professionali: facilitatori
linguistici, operatori interculturali, mediatori linguistici e culturali, in grado di accompagnare il
processo di integrazione anche attraverso la mediazione tra famiglia e scuola poiché è emerso, da
varie indagini, che la non padronanza della lingua italiana da parte dei genitori immigrati è un fattore
di difficoltà e di insuccesso scolastico per i loro figli.
Pertanto, obiettivo prioritario dell’educazione interculturale è quello di fornire agli alunni stranieri
strumenti e competenze atte a garantire autonomia nella comunicazione (sviluppo del lessico e della
strumentalità di base), promuovendo contemporaneamente un “dialogo interculturale” che rafforzi
la capacità di convivenza e valorizzi le diverse identità.
Gennaio 2016
Insegnante referente
SANDRA MASTROIANNI