relazione medico legale - responsabilecivile.it · consolidati postumi permanenti o temporanei...
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TRIBUNALE DI
Ricorso ex art. 696-bis c.p.c. promosso da PP, con l’avv. F. C.,
ricorrente,
contro
Azienda per i Servizi Sanitari, resistente, con l’avv. L. L.
R.G. _____/2014. P.I. dott. GS.
CONSULENZA TECNICA MEDICO LEGALE D’UFFICIO
L’ill.mo P.I. nominava CTU il sottoscritto dott. BB, medico legale, per
ottenere un parere tecnico relativo a problematiche sanitarie riguardanti
la vertenza in oggetto. All’Udienza di affidamento dell’incarico, del
13/10/14, si poneva il quesito come da ricorso introduttivo; in particolare
si chiedeva al CTU di accertare:
“se vi è stato nesso di causalità tra le cure sanitarie prestate a P. F. e il
decesso dello stesso, avvenuto in data 06.07.2005, in particolare, se vi è
stata negligenza, imprudenza, imperizia da parte dei sanitari
dell’Azienda ASL, nell’eseguire gli interventi e prestare le cure sanitarie
di cui in narrativa, e a stabilire se al momento della morte si fossero
consolidati postumi permanenti o temporanei sotto il profilo del danno
biologico”.
Fissato l’inizio delle operazioni di consulenza per il 31/10/14, ore 18.30,
presso lo studio dello scrivente, in via CA; nominati CTP per parte
ricorrente il dott. C. GG, per la A. la dott.ssa C. C..
Concessi, a far tempo dall’inizio delle operazioni di consulenza, 40 giorni
per l’invio di una bozza di CTU ai CTP, 15 giorni per le eventuali
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osservazioni e 15 giorni per le repliche.
Seguiva ritardo nel deposito dell’elaborato a causa di notevole
sovraccarico di lavoro giudiziario per lo scrivente CTU.
OPERAZIONI DI CONSULENZA
Premesse
Parte ricorrente nelle memorie prodotte sostanzialmente afferma:
- P. F. era affetto da ipertensione arteriosa, broncopneumopatia cronica
ostruttiva enfisematosa, aortosclerosi, arteriopatia obliterante agli arti
inferiori, gonartrosi;
- in data 11/7/04 veniva accolto presso l’Ortopedia dell’Ospedale di N
per un intervento di artroprotesizzazione al ginocchio destro;
- in data 2/3/05 ancora accolto presso la stessa struttura per una frattura
pertrocanterica del collo femorale destro e rottura della cuffia dei rotatori
alla spalla sinistra, da caduta accidentale in casa; la spalla sinistra era
considerata inoperabile; per il femore destro si procedeva a un
intervento chirurgico di osteosintesi metallica;
- l’intervento causava una perdita di sangue con perdita di emoglobina di
circa 4 grammi;
- in data 4/7/05 altra caduta accidentale e frattura diafisaria del femore
destro; seguiva accesso al pronto soccorso di N e accoglienza presso il
reparto di Ortopedia; esami ematochimici erano nella norma, a parte la
presenza di anemia;
- il 6/7/05, alle ore 12.30, sottoposto a un intervento chirurgico per il
femore di osteosintesi chiusa con chiodo PNF, con descrizione “...priva
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di ogni particolare relativo alla copiosa emorragia intraoperatoria...”; alle
ore 12.44 si dimostrava una emoglobina pari a 7.4 g/dl; richieste quattro
sacche di emazie concentrate; alle ore 13.45 il paziente veniva intubato
e si richiedevano tre sacche di emazie concentrate e due di plasma
fresco per emorragia intraoperatoria ed emoglobina pari a 7; poco dopo
il termine dell’intervento, alle ore 14.45, il quadro si complicava per il
manifestarsi di insufficienza respiratoria e di shock ipovolemico, anche
con arresto cardio-circolatorio; il paziente poteva essere rianimato e alle
15.55, in stato di coma, era trasferito in Rianimazione; infuse due
sacche di emazie concentrate; alle ore 16 interveniva un secondo
arresto cardiorespiratorio; alle ore 16.33 si constatava il decesso dopo
tentativi di rianimazione purtroppo senza esito; dall’autopsia, dell’8/7/05
emergevano una grave coronarosclerosi trivasale e un edema
polmonare;
- parte ricorrente individuava gravi colpe dei curanti da negligenza e
imperizia:
a) per non aver adeguatamente verificato la situazione cardiologica nel
pre-operatorio;
b) per non aver informato adeguatamente il paziente sui rischi e sulle
possibili conseguenze;
c) per non aver adeguatamente compilato la cartella clinica affinchè si
potesse ricostruire il decorso pre e post-operatorio.
La resistente A. in atti sosteneva:
- l’insussistenza di fondati motivi di censura sull’operato dei curanti
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chiamati in causa in relazione alle terapie prestate al paziente;
- le condizioni preoperatorie erano discrete (normale funzione renale ed
epatica e metabolica, e solo una lieve anemia, classe di rischio
operatorio intermedio ASA 2-3, in preoperatorio pressione arteriosa,
frequenza cardiaca e saturazione di ossigeno nella norma, soggetto
neurologicamente orientato);
- non vi erano pertanto controindicazioni all’intervento, che era urgente
per evitare allettamento, dolori intollerabili, piaghe da decubito,
complicanze cardio-polmonari ed elevata mortalità;
- l’emorragia intraoperatoria veniva trattata con plurimi presidi e portava
a una discreta stabilità emodinamica (da una instabilità emodinamica),
che consentiva il risveglio, l’estubazione, la ripresa della coscienza, una
buona ossigenazione e perfusione; si verificavano tuttavia dispnea e
perdita di coscienza, con necessità di assistenza ventilatoria, di
intubazione, di rianimazione cardiopolmonare; alle 15.30, dopo le cure, il
circolo riprendeva, per attività elettrica e polso centrale; si verificava uno
shock emorragico, trattato, ma con esito nel decesso;
- tutte le condotte dei curanti erano idonee e tempestive in ogni fase
dell’iter clinico.
===...===
Le operazioni di consulenza iniziavano alla data stabilita; presente il
dott. GG, CT per parte ricorrente con il quale si discuteva del caso; il
dott. GG confermava sostanzialmente i contenuti dell’Atto di Ricorso e
sosteneva i seguenti aspetti critici del caso:
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- una negligente visita anestesiologica pre-operatoria;
- la non esecuzione di una visita cardiologica in un paziente noto
cardiopatico;
- una preparazione errata del paziente e negligenza per la mancata
preparazione di sacche di sangue compatibili per una trasfusione,
prevedibile per interventi di questo tipo e per pazienti di questo tipo;
- un verosimile errore nell’estrazione del chiodo inserito in occasione del
precedente intervento di 4 mesi prima per la frattura pertrocanterica; da
ciò l’emorragia pre-operatoria da rottura vasale o comunque da altro
evento traumatico legato a manovra incongrua, errore che collega
causalmente il fatto jatrogeno al decesso;
- errata gestione intraoperatoria del paziente che dopo l’emorragia,
avvenuta pochi minuti dopo l’inizio dell’intervento veniva lasciato in sala
operatoria sino alla fine dell’intervento (due ore dopo);
- grave e negligente incompletezza dei referti operatori che impediscono
di conoscere con certezza la causa dell’evento emorragico;
- del pari grave negligenza per incompletezza del referto autoptico privo
delle parti essenziali riferite agli esiti dell’intervento chirurgico;
- radiografie pre e post-operatorie non messe a disposizione
dall’Ospedale, pur dopo una specifica richiesta.
Dalla documentazione sanitaria ritualmente prodotta (si riportano i dati
ritenuti di rilievo ai fini del presente accertamento)
- da cartella clinica relativa alla degenza del Sig. F. P. presso l’Ospedale
di N ( in reparto di Ortopedia dall’11/7 al 20/7/04, in reparto di Medicina
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dal 20/7 al 10/8, in reparto di Riabilitazione dal 10/8 al 15/9/04); dalla
cartella clinica fra l’altro risulta: ricovero motivato da una gonartrosi e
una lussazione del legamento crociato anteriore; dall’anamnesi remota:
intervento per fistola anale nel 1979, gastroresezione per ulcera nel
1980, trauma cranico nel 1987, ernia inguinale operata nel 1998,
ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico da 2 mesi, enfisema
polmonare noto da anni; da 3 anni dolore ingravescente al ginocchio
destro, obbiettivamente instabile; il 12/7 sottoposto a intervento di
artroprotesizzazione al ginocchio destro; l’emocromo pre-operatorio del
18/6 dimostrava globuli rossi a 4.390.000 ed emoglobina a 13.7;
l’emocromo post-operatorio del 13/7 dimostrava globuli rossi a
2.810.000 ed emoglobina a 9.0; il 14/7 emoglobina pari a 7.7; un
emocromo pre-dimissione, del 4/8, dimostrava globuli rossi a 3.700.000
ed emoglobina a 10.7; radiografie al torace dimostravano segni di
broncopatia cronica ed enfisema; una TAC cranica dimostrava
importanti segni di atrofia cerebrale e di sofferenza vascolare cronica,
possibilmente ischemica in evoluzione all’emisfero di destra; una TAC al
torace anche dimostrava placche pleuriche; nel corso della degenza
emotrasfuso il 14/7 con due sacche di emazie concentrate; il 20/7
trasferito al reparto di Medicina per stato confusionale e afasia, da
meningite linfocitaria ad evoluzione benigna; dimesso il 10/8/04 con la
diagnosi di “gonartrosi ds dolorosa, meningite linfocitaria, ipertensione
arteriosa essenziale”; non rientrava a domicilio ma veniva trasferito al
reparto di Riabilitazione; una risonanza cerebrale confermava la
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presenza di discreta ischemia cronica diffusa; un emocromo all’ingresso,
dell’11/8, dimostrava globuli rossi a 3.610.000 ed emoglobina a 11.6; un
emocromo alla dimissione, del 15/9, dimostrava globuli rossi a
3.490.000 ed emoglobina a 11.1; sottoposto a trattamenti riabilitativi;
dimesso il 15/9/04 con la diagnosi di “postumi meningite linfocitaria,
postumi protesizzazione ginocchio dx”;
- da cartella clinica di degenza presso il reparto di Ortopedia
dell’Ospedale di N dal 2/3 al 14/3/05; fra l’altro risulta; accolto per una
frattura pertrocanterica femorale destra; un emocromo all’ingresso, del
2/3, dimostrava globuli rossi a 3.970.000 ed emoglobina a 11.5; in data
2/3, dalle ore 14 alle ore 14.30, sottoposto a intervento chirurgico di
osteosintesi femorale con chiodo PFN stabilizzato con viti prossimali e
distali; un emocromo post-operatorio, del 2/3, , dimostrava globuli rossi a
2.700.000 ed emoglobina a 7.9; emotrasfuso con emazie concentrate
(due sacche) il 2/3 in serata (dalle ore 20 alle ore 23); un emocromo pre-
dimissione, del 10/3, dimostrava globuli rossi a 3.130.000 ed
emoglobina a 9.2; dimesso il 14/3/05 con la diagnosi di “frattura femore
pertrocanterica”; non rientrava a domicilio e, per riabilitazione e
assistenza, veniva trasferito alla RSA SP, di N; sottoposto a
riabilitazione; radiografie al femore destro operato dimostravano
monconi in asse e abbastanza bene affrontati, con parziale
rappresentazione di callo osseo riparativo; dimesso il 9/4/05 con la
diagnosi di “esiti di intervento chirurgico di osteosintesi con chiodo PFN
per frattura pertrocanterica del femore destro, rottura cuffia dei rotatori
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spalla dx inoperabile”;
- da cartella clinica di degenza presso il reparto di Ortopedia
dell’Ospedale di N dal 4/7 al 6/7/05; fra l’altro risulta; accolto per frattura
diafisi femorale destra; riferita, nello stesso giorno del ricovero, una
caduta accidentale con trauma all’arto inferiore destro; obbiettivamente
arto inferiore destro accorciato, abdotto, extraruotato, dolente al terzo
medio di coscia con motilità praeternaturale; sottoposto a trazione
transcheletrica; un ECG del 5/7 dimostrava ritmo sinusale con QRS a
basso voltaggio; un emocromo preoperatorio del 5/7/05 dimostrava
globuli rossi a 3.690.000 (v.n. 4.5-6.2 milioni), emoglobina a 11.0 (v.n.
14-18), ematocrito a 33.0 (42-52); in via preliminare all’intervento
chirurgico nella cartella anestesiologica si indicava un “rischio ASA 2-3”,
l’urgenza del trattamento chirurgico da farsi, il rilievo di una pressione
arteriosa a 140/80 e di una frequenza cardiaca a 92, ritmica; il 6/7
sottoposto a un intervento chirurgico in anestesia generale dalle ore
12.30 alle ore 14.45 (inizio anestesia ore 11.45); si descriveva “frattura
femore diafisi...esiti di recente inchiodamento endomidollare prox.
Intervento: rimozione PFN A 7865, osteosintesi femore chiusa con
chiodo PFN A long 7915. Descrizione intervento: 1° tempo: incisione
sulle precedenti cicatrici e rimozione di chiodo PFN A standard...2°
tempo: sotto controllo scopico si riduce la frattura e si introduce filo
guida attraverso il quale si inserisce chiodo PFN A lon 10 x 125 x 38 mm
bloccato prossimalmente con lama elicoidale da 120 mm e distalmente
con viti da 48 mm e 54 mm in montaggio statico. Lavaggio abbondante,
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completamento dell’emostasi, sutura per piani su drenaggio di recupero,
medicazione, rx di controllo in sala operatoria”; alle ore 12.44
emoglobina pari a 7.4 (v.n. 11.5-17.4), ematocrito pari a 22.4 (v.n. 35-
50); alle ore 15.31 emoglobina pari a 7.9, ematocrito pari a 19.8; dalla
cartella anestesiologica intraoperatoria risulta: inizio anestesia ore 11.45
la somministrazione di 5 sacche di sangue, dalle ore 13.15 alle ore
14.35, pressione arteriosa intorno ai 140 sino alle 12.15, a 80 alle 12.30,
a 100 alle 12.45, a 60 alle 12.55, a 40 alle 13.15 e alle 13.45, a 80 alle
14, a 90 alle 14.15 e 14.30, a 95 alle 14.45 e alle 15.10; si annotava
“...ore 15.15 viene estubato...illeggibile...è sveglio e non sopporta il tubo,
satura...in AA, poi improvvisa dispnea con perdita di coscienza, viene
ventilato in maschera e poi intubato...illeggibile...si inizia MCE, si
somministra 2 fiale Adrenalina in tubo e si continua MCE con
ventilazione con O2...ripresa di circolo ore 15.30...”; in cartella clinica
alle ore 15.55 (dopo l’intervento) nel diario clinico si annotava “...durante
l’intervento perdite importanti (trasfuso con 5 sacche GRC, 1500 ml
Voluven, 4000 ml crist., 600 p.f.c) instabilità emodinamica, Hb fine
procedura 7.9. A fine intervento risvegliato con buona attività
respiratoria, improvvisa perdita di coscienza, bradicardia ed ipotermia >
quindi AC (arresto cardiaco, n.d.r.), MCE (massaggio cardiaco esterno,
n.d.r.) dalle 15.15 alle 15.30 dopo rianimazione (CPR). Trasferito con
attività elettrica e polso centrale. In TI (Terapia Intensiva, n.d.r.): pz
intubato...illeggibile...in coma, midriasi bilat.. Si
collega...illeggibile...polso periferico assente, centrale flebile FC 110. H
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16 bradicardia, > CO2, non polso centrale, in corso Nora, 2 sacche GRC
> nuovo inizio di MCE e RCP (rianimazione cardio polmonare, n.d.r.).
16.33 si sospendono manovre rianimatorie e si constata decesso”; dal
diario infermieristico “...16...8 fl di Adrenalina ev, in infusione
noradrenalina ed adrenalina...”; risulta la richiesta e la somministrazione
delle seguenti sacche di sangue: richieste delle ore 13.03, 13.55, 13.56;
trasfusioni: dalle 13.15 alle 13.30; dalle 13.30 alle 13.45; dalle 13.45 alle
14.05; dalle 14.10 alle 14.35; dalle 14.35 alle 14.45; dalle 15.00 alle
15.30; dalle 15.30 alle 15.45; dalle 16.05 alle 16.30; dalle 16.10 alle
16.30; in cartella clinica riportate visite cardiologiche ospedaliere del
28/12/2000 (“ipertensione arteriosa di ndd di recente riscontro”) e del
29/3/2004 (“ipertensione arteriosa, BPCO, aortosclerosi (possibile SAO)
art. ostruttiva arti inf.”.
La diagnosi clinica di morte prevedeva “enfisema polmonare,
ipertensione arteriosa, recente frattura pertrocanterica, frattura diafisi
femorale dx per caduta accidentale. Operato il 6/7/05. Shock
emorragico. Arresto cardio-respiratorio post-operatorio”.
All’autopsia si rilevava “arteriosclerosi, osteoporosi, pregressa antica
gastroresezione tipo B II, pregressa applicazione di protesi di ginocchio
e di anca dx, severa coronarosclerosi trivascolare, recente frattura del
femore dx (4.7.05) per caduta accidentale a domicilio, piccole emorragie
subpleuriche e modesti ematomi del sottocute e retroperitoneo (regione
sopraclavicolare dx; retroperitoneo dx), fratture costali da massaggio
cardiaco, edema polmonare”.
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Prodotta in atti una lettera del 24/7/14, indirizzata alla Sig.ra P. M dal
dott. P. C, Direttore del Servizio di Radiologia dell’Ospedale di N; si
comunicava che, in relazione a una richiesta di rilascio delle copie degli
esami radiologici eseguiti sul Sig. P. F. nel periodi di ricovero dal 4/7 al
6/7/05, le indagini domandate non risultavano reperibili nè presso
l’archivio della Radiologia, nè presso l’archivio Centrale Regionale….
DISCUSSIONE
Sul caso in esame lo scrivente ritiene di poter svolgere le seguenti
considerazioni.
Causa di morte di F. P.
Il paziente era accolto presso l’Ortopedia dell’Ospedale di N in data
4/7/05, a causa di una frattura della diafisi femorale destra, da caduta
accidentale.
La frattura risultava clinicamente ben chiara, alla luce dell’obbiettività
clinica che dimostrava l’arto inferiore accorciato, abdotto, extraruotato,
dolente al terzo medio e con motilità praeternaturale, in un contesto
appunto tipico per il verificarsi di una rottura diafisaria del femore,
attendibilmente instabile stante la pratermotilità.
Della frattura non abbiamo comunque evidenze radiologiche, per la
mancanza di referti specifici nella cartella clinica e pure per la mancanza
di ‘lastre’ radiologiche (richieste da parte ricorrente all’Ospedale di N, ma
non disponibili, come da lettera prodotta del 24/7/14).
La lesione, per le sue caratteristiche, richiedeva di necessità un
intervento chirurgico di riduzione e osteosintesi metallica, da farsi dopo
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la rimozione di un chiodo endomidollare PFN A 7865 stabilizzato con viti
prossimali e distali, applicato in precedenza il 2/3/05 nello stesso
reparto, per il trattamento di una frattura femorale pertrocanterica.
Quella del 4/7/05 era pertanto una rifrattura dello stesso osso, sia pure
in un punto diverso (nel mese di marzo del 2005 frattura pertrocanterica,
quindi prossimale, nel mese di luglio del 2005 frattura diafisaria).
Da considerare che il paziente presentava in partenza un rischio
operatorio significativo, rappresentato:
- da patologie sistemiche pregresse e note, descritte in cartella clinica e
nelle cartelle cliniche precedenti (ipertensione arteriosa, arteriopatia
ostruttiva arti inferiori, broncopatia cronica ostruttiva, aortosclerosi,
encefalopatia vascolare);
- da patologie cardiache probabili, considerando l’elevata probabilità di
una cardiopatia ischemica, molto frequente nei pazienti con turbe
vascolari encefaliche, arteriopatici agli arti inferiori e pure ipertesi
(l’autopsia confermava poi una coronaropatia grave e pertanto una
cardiopatia ischemica);
- da patologie distrettuali femorali, date dal precedente intervento con
applicazione di mezzi di sintesi per la cura della frattura femorale
pertrocanterica;
- dall’età (73 anni).
La situazione relativa al rischio di partenza era identificata in via
preliminare all’intervento, osservando che l’anestesista classificava una
situazione di “rischio ASA 2-3”.
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Secondo la classificazione internazionale ASA:
- il rischio 2 ricorre nel caso di: malattia sistemica lieve correlata o no
alla ragione dell’intervento chirurgico (ad esempio: bronchite cronica,
obesità moderata, diabete controllato, infarto del miocardio di vecchia
data, ipertensione arteriosa moderata);
- il rischio 3 ricorre nel caso di: malattia sistemica severa ma non
invalidante correlata o no alla ragione dell’intervento chirurgico (ad
esempio: cardiopatia ischemica con angor, diabete insulino-dipendente,
obesità patologica, insufficienza respiratoria moderata).
A parere dello scrivente la classificazione del rischio, pur corretta, si
avvicinava più alla classe 3 che a quella 2, considerando che il paziente
pure presentava un fattore pregresso di rilievo nella sua storia clinica,
dato dal manifestarsi di importanti emorragie chirurgiche avvenute in
occasione di precedenti interventi ortopedici, sempre effettuati presso lo
stesso reparto; infatti:
- il 12/7/04 era stato sottoposto ad artroprotesizzazione del ginocchio
destro, per artrosi; nel post-operatorio si era verificata una importante
anemia, con la perdita di ben 6.0 grammi di emoglobina, passata dal
valore di 13.7 al valore di 7.7; per la cospicua perdita ematica si
rendevano necessarie emotrasfusioni;
- il 2/3/05 era stato sottoposto alla sopra ricordata osteosintesi della
frattura femorale destra pertrocanterica; anche in questa occasione si
era verificata una significativa perdita ematica post-chirurgica, con valori
di emoglobina pre-operatori passati da 11.5 a 7.9 (perdita di 3.6
14
grammi); l’anemia veniva trattata con trasfusioni e si correggeva
gradualmente e parzialmente.
Per un paziente di questo tipo, con la tendenza anamnestica
documentata a presentare anemie in corso di intervento o dopo
l’intervento, era ovviamente necessaria l’applicazione di una particolare
prudenza nel gesto chirurgico, idoneo nel causare anemizzazione
(l’emorragia è una delle complicanze operatorie e/o post-operatorie).
In ogni modo l’intervento era necessario e doveva essere attuato, e le
condizioni preoperatorie, di salute generale e relative ai parametri
cardiovascolari, lo consentivano.
Purtroppo la complicanza emorragica si manifestava, in maniera grave,
anche per l’ultimo l’intervento del 6/7/05.
Dalla cartella clinica apprendiamo infatti, viste le annotazioni dei curanti
e il diario anestesiologico, che un calo sensibile dell’emoglobina (quindi
anemia) rispetto a quello di partenza pre-operatorio del 5/7/05 pari a
11.0, si manifestava alle ore 12.44, solo 14 minuti dopo l’inizio della
procedura chirurgica, cominciata alle ore 12.30 (12.30 inizio intervento,
11.45 inizio anestesia); alle 12.44 il valore dell’emoglobina era pari a
7.4, a rappresentarci una perdita di 3.6 grammi; contestualmente si
abbassava in maniera sensibile la pressione arteriosa.
Si era pertanto trattato di una emorragia cospicua, come definita dagli
stessi curanti, e rapida, visti i tempi di manifestazione descritti.
La perdita ematica veniva trattata con plurime trasfusioni di globuli rossi
concentrati (5 sacche trasfuse nel corso dell’intervento, e altre dopo
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l’intervento), che purtroppo non bastavano a salvare il paziente.
Dopo il completamento della procedura chirurgica (rimozione del chiodo
già in sede e posizionamento di un nuovo chiodo bloccato
prossimalmente e distalmente), dopo le trasfusioni e la
somministrazione di farmaci anti-shock e di espansione del volume
ematico, e dopo un risveglio iniziale del paziente, si manifestava infatti,
in tempi brevi, una perdita di coscienza improvvisa con arresto cardiaco;
le manovre rianimatorie facevano sperare in una timida ripresa, ma alla
fine, alle ore 16.33 si doveva constatare il decesso, correttamente
attribuito dai curanti ospedalieri a uno shock ipovolemico (da emorragia);
tale condizione di shock, pur a fronte di una emoglobina a fine intervento
pari a 7.9 (ore 15.31), bassa ma non critica in via assoluta, era
spiegabile sia dalla rapidità della perdita ematica, sia dalle preesistenti
condizioni di fragilità del soggetto, vasculopatico e cardiopatico.
Al termine di questa prima parte della disamina è infine con certezza
affermabile la sussistenza di nesso causale tra l’intervento chirurgico del
6/7/05 e il decesso, appunto avvenuto a causa di uno shock ipovolemico
post-emorragico, per emorragia intraoperatoria.
Sui profili di responsabilità
Per quanto riguarda questo aspetto allo stato degli atti non è possibile
esprimere un giudizio.
Si premette che l’emorragia operatoria, che avviene nel corso di un
intervento chirurgico, è una complicanza prevedibile che può derivare o
da fatto ineluttabile, o da fatto colposo.
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Per la valutazione medico legale di una eventuale responsabilità, sia in
via generale per interventi di questo tipo, sia in via più specifica, è
indispensabile avere a disposizione una dettagliata descrizione
dell’intervento chirurgico e gli esami radiografici del caso.
Un tanto consente di apprezzare le modalità del gesto chirurgico, che
per la situazione in esame prevedeva prima la rimozione del chiodo e
quindi il posizionamento di un secondo chiodo, secondo specifiche
modalità tecniche.
Per il paziente la descrizione dell’intervento chirurgico è carente, e non
prevede sufficienti particolari descrittivi: si enuncia la prima fase di
rimozione (primo tempo chirurgico), e si enuncia la seconda fase di
posizionamento del chiodo (secondo tempo chirurgico).
Non sono poi disponibili, né in referto, né in visione diretta (cosa che
sarebbe stata altamente auspicabile) le radiografie pur eseguite nel
corso della degenza, sia prima dell’intervento, sia nel corso
dell’intervento, laddove l’esame dei radiogrammi avrebbe consentito la
verifica e la valutazione delle complicanze, anche possibilmente in
rapporto alla loro origine.
Il giudizio sulla responsabilità non può pertanto essere espresso sulla
base degli elementi a disposizione.
Da segnalare inoltre che:
- le varie procedure di trattamento e rianimatorie erano adeguate dopo la
manifestazione della complicanza emorragica, e in effetti, per quanto
risulta, consentivano di evitare un calo ulteriore dell’emoglobina;
17
- il referto autoptico era pure carente, e non aiutava per la disamina, in
quanto non descriveva lo stato della frattura femorale diafisaria e l’esito
del trattamento.
Rispondendo all’ultima parte del quesito (consolidazione di postumi
permanenti o temporanei) si ritiene che la rapidità del decesso, avvenuto
circa due ore dopo il termine della chirurgia non consentiva né il
consolidarsi di postumi permanenti, né la concreta realizzazione di una
temporanea inabilità, laddove il paziente anche nel caso di esito non
letale si sarebbe comunque trovato, subito dopo l’intervento, in uno stato
di temporanea inabilità.
CONCLUDENDO
In risposta ai quesiti formulati è possibile rispondere nel seguente modo:
- sussiste nesso causale fra il trattamento sanitario prestato a P. F. e il
suo decesso;
- per la carenza di elementi documentali necessari ai fini della
valutazione medico legale del caso, nei termini espressi nell’elaborato,
non è possibile esprimersi sui profili di responsabilità;
- la rapidità del decesso non consentiva il consolidarsi né di postumi
permanenti, né di una concreta temporanea inabilità.
9 febbraio 2015
dott. RR
La presente relazione viene inviata ai CTP per le loro eventuali
osservazioni.
===...===
18
Il CTP per la resistente A., dott.ssa CC., comunicava di concordare con
le conclusioni della CTU.
Il CTP per i ricorrenti, dott. GG inviava le osservazioni che si allegano in
forma integrale al presente elaborato, e che di seguito si commentato.
A pagina 1 delle osservazioni il Collega, nei punti a, b, c, d, e, prendeva
sostanzialmente atto delle conclusioni della CTU; aggiungeva che la
cartella clinica non prevede la “dimostrazione dell’avvenuta informazione
al paziente (manca il foglio consenso informato sottoscritto)”.
A tale considerazione si risponde che il documento di consenso
informato, per quanto si legge in cartella, in effetti manca; tale aspetto
non è stato trattato dallo scrivente nella bozza di CTU poichè il quesito
non prevedeva considerazioni sul ‘consenso’.
Le restanti osservazioni esposte a pagina 1 non richiedono risposta in
quanto elencano alcune argomentazioni del CTU.
A pagina 2 delle sue note il CTP, procedendo nelle osservazioni, chiede
al CTU di esprimersi su specifiche circostanze riportate nell’elaborato in
bozza.
Si procede riportando quanto osservato dal CTP punto per punto,
fornendo la relativa risposta:
“1) Se sia diligente la mancanza in cartella di una consulenza
cardiologica completa per un paziente cardiopatico conosciuto e
aortosclerotico come si evince dalle consulenze in cartella delle quali
l’ultima risalente al 29/3/2004 dove è prescritto di effettuare un ECO
prima dell’intervento chirurgico di artroprotesi al ginocchio dx”.
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Risposta del CTU
Nella cartella clinica relativa all’intervento de quo, prodotta in atti, è
contenuto il referto di una visita cardiologica del 29/3/04, riportato a
pagina 10 della bozza, che prescriveva di effettuare un’ecografia
cardiaca prima dell’intervento chirurgico di protesizzazione al ginocchio
destro (intervento eseguito in data 12/7/04).
Prima dell’intervento del 6/7/05 non si procedeva a una visita
cardiologica, ma per tale circostanza non si ravvisa una negligenza in
quanto in ogni modo la situazione di rischio del paziente, peraltro
sottoposto ad elettrocardiogramma pre-operatorio, era correttamente
valutata dall’anestesista, figura professionale che per la stima del rischio
chirurgico ha competenze specifiche analoghe a quelle del cardiologo,
se non superiori; la consulenza cardiologica, ove eseguita unitamente
all’Ecocardigramma, avrebbe poi evidenziato, possibilmente, una
cardiopatia ischemica, patologia che non avrebbe mutato in sostanza
l’indicato profilo di rischio.
“2) Se sia diligente non preparare una scorta di emazie preoperatoria in
un soggetto con anemia preoperatoria (Hb 11), predisposizione a
importante perdita emoglobinica intra e post-operatoria e previsione di
un intervento che prevede un cospicuo sanguinamento. A tale riguardo
si vuol precisare come ci son voluti 30 minuti prima di iniziare una
infusione di emazie post emorragia (tempo prezioso per evitare ischemie
cardiache!)”.
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Risposta del CTU
Nella bozza si è detto che il paziente, come dimostrato dagli interventi
precedenti (protesi di ginocchio, frattura femorale prossimale),
facilmente andava incontro ad anemizzazione nel corso della chirurgia
ortopedica; l’ultimo intervento da farsi prevedeva inoltre, come fatto
normale, una perdita ematica, pur se abitualmente non cospicua; si
trattava però di un paziente in partenza anemico, a specifico e personale
rischio di anemia ‘chirurgica’, ed una perdita ematica importante, come
complicanza, rappresentava una circostanza prevedibile.
Ciò detto vanno ritenute calzanti le osservazioni del CTP; si ritiene infatti
che la disponibilità immediata di sangue da trasfondere (sangue che
poteva essere facilmente e semplicemente preparato prima
dell’intervento, in maniera da avere la sua pronta disponibilità nel corso
dell’intervento e già al suo inizio), avrebbe risparmiato i tempi di richiesta
e di fornitura ai fini della prima infusione; poichè l’emorragia si verificava
nella prima fase dell’intervento e al suo inizio (intervento cominciato alle
ore 12.30, anemia evidente già alle ore 12.44, per emoglobina pari a
7.4; richiesta di sangue alle ore 13.03, prima trasfusione alle ore 13.15),
una preliminare disponibilità della trasfusione, per sangue già in
precedenza preparato, avrebbe consentito di anticipare la trasfusione di
circa mezz’ora; tale anticipazione, rispetto a quanto avvenuto, avrebbe
consentito di ridurre la velocità e l’entità della perdita e le sue negative
conseguenze, con una riduzione delle probabilità (concrete e
significative, pur se non esattamente quantificabili in termini numerici)
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del manifestarsi dello shock e del secondario decesso.
La mancata preparazione di un scorta pre-operatoria di sangue da
trasfondere integrava pertanto una condotta non diligente ed anche
imprudente in rapporto alle note caratteristiche specifiche del paziente.
“3) quale sia la più logica delle cause dell’emorragia intraoperatoria
avvenuta nei primi 10 minuti dell’intervento chirurgico conoscendo due
fatti essenziali:
a) non documentata emorragia pre-operatoria;
b) importante emorragia improvvisa nei primi 10-12 minuti (tanto da
perdere circa 4 gr di Hb al 14mo minuto) proprio quando il chirurgo
effettua una lunga incisione del muscolo e quindi sfila il chiodo
endomidollare: origine vascolare o ossea (da rottura dell’osso
femorale?). L’incipiente emorragia ha più carattere vascolare da lesione
dell’arteria perforante o addirittura della femorale profonda che decorre
medialmente al femore in sede prossimale. Altro fatto che
presuntivamente fa ipotizzare una lesione vascolare è il fatto che l’Hb da
7.4 scende a 7 dopo infusione di 4 sacche di emazie e dopo ulteriori tre
sacche sale solo a 7.9. Il tutto non può che far pensare ad una
prolungata emorragia di origine vascolare.”
Risposta del CTU
E’ vero che una emorragia pre-operatoria non è documentata e pure è
vero, come più volte ripetuto, che l’emorragia era iniziale ed improvvisa;
quella più probabile, come di norma nel caso delle emorragie
chirurgiche, è la genesi vascolare, anche protratta, oltre che inizialmente
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rapida, pure visto il permanere del calo emoglobinico nonostante le
trasfusioni plurime.
“4) Se, indipendentemente da quanto detto al punto precedente, può
escludersi con certezza o comunque con verosimiglianza qualsiasi fatto
medico colposo legato all’evento emorragico sopravvenuto”.
Un fatto medico colposo, per negligenza e imprudenza, è stato sopra
confermato, ed è relativo alla mancata preparazione preventiva di
sacche di sangue da trasfondere, con ritardo di circa mezz’ora per la
prima infusione.
Un giudizio sui restanti aspetti della responsabilità (correttezza del gesto
chirurgico, in particolare) richiede l’esame della documentazione già
definita non disponibile e/o insufficiente, per carenze della cartella
clinica.
“5) Se sia fortuita la incompleta descrizione dei referti operatori e
dell’esame autoptico”.
La incompleta descrizione dei referti operatori e dell’esame autoptico
corrisponde a una negligente insufficiente descrizione di quanto,
secondo una corretta prassi, si doveva descrivere.
“6) Se in considerazione della documentazione depositata in atti sia
escludibile qualsiasi profilo di responsabilità dei sanitari e della struttura
sanitaria”.
Un profilo di responsabilità è stato definito (mancata preparazione
preventiva del sangue da trasfondere); per il resto si ribadisce che
un’affermazione per altri aspetti della responsabilità (non escludibili, nè
Commentato [c1]: Qui il ctu non ha avuto il coraggio di
additare la colpa ai sanitari per semplice deduzione, come se
il referto operatorio fosse l’unico elemento in grado mdi
dimostrare una emorragia vascolare!
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confermabili con certezza) richiede una più ampia ed esaustiva
documentazione medica, non fornita dalla cartella clinica in atti.
Con un tanto si spera di aver risposto in maniera esauriente alle
osservazioni del CT ricorrente.
In conclusione si confermano pertanto le precedenti conclusioni, esposte
a pagina 17 dell’elaborato, che vanno integrate con le ultime
considerazioni ora svolte in risposta alle osservazioni del CTP ricorrente.
11 febbraio 2015
dott. RR
Allegati:
1) osservazioni del CT di parte ricorrente;
2) istanza di liquidazione.