ricerche e approfondimenti · cale di bruno bettinelli, g. miano, milano, 1995, 2a ed. aggiornata,...

14
12 B runo Bettinelli (Milano 1913-ivi 2004), compì- to gentiluomo milanese – figlio del pittore Mario Bettinelli (1880-1953) e nipote del com- positore e pianista Angelo Bettinelli (1878-1953) – è una delle figure di prima grandezza del se- condo Novecento italiano, sia come composito- re che come didatta. Dedicatosi anche alla cri- tica e alla musicologia, si è formato presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano (sotto la gui- da di Giulio Cesare Paribeni e Renzo Bossi), do- ve ha in seguito ricevuto la cattedra di Com- posizione. Tra i suoi allievi figurano nomi di grande rilievo quali Claudio Abbado, Bruno Canino, Aldo Ceccato, Riccardo Chailly, Azio Corghi, Armando Gentilucci, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, Uto Ughi e, nell’ambito della musica ex- tracolta, la cantautrice Gianna Nannini. Il pre- zioso messaggio che ha infuso come didatta si riflette in toto nel suo stesso cammino di com- positore, improntato al continuo migliorarsi e ri- mettere in discussione i propri risultati e anche le presunte certezze acquisite: “Badate – diceva agli allievi – che di anno in anno si possono cambiare e rivedere mol- te opinioni in fatto di gusto e di valutazione. Ogni dieci anni, poi, considerando in prospettiva il tempo trascorso e le relative esperienze ac- cumulate, si verifica in noi, immancabilmente, una strana e imbarazzante sensazione: una vo- ce interiore, nostro malgrado, sembra sussur- rarci: «...si vede che allora non eri ancora ab- bastanza maturo per capire certe cose...». È co- sì per tutta la vita, perché in realtà non si fi- nisce mai di scoprire, di progredire e di assi- milare il coacervo di problemi inesauribili e complessi che costituiscono l’essenza stessa della musica.” 1 Vincitore di concorsi internazionali di com- posizione, Bettinelli ha ricevuto negli anni Quaranta, tra gli altri, il premio dell’Accademia di Santa Cecilia in Roma (dove è stato poi elet- to Accademico), divenendo in seguito membro dell’Accademia Luigi Cherubini di Firenze. Partito da una giovanile vicinanza a un neo- classicismo molto contrappuntistico (arricchito anche dall’utilizzo di frammenti gregoriani o di forme quali la fuga, l’invenzione e il ricercare) con influenze di Bartók, Hindemith e Stravinskij, il suo percorso si è poi avvicinato all’atonalità, a una dodecafonia non stretta, all’aleatorietà controllata e alle tecniche strumentali non tra- dizionali (multifonici, armonici e altri effetti spe- cifici) per sfociare in un linguaggio cromatico libero e in una ricerca timbrica sempre più pe- culiare. Certamente il ricco universo sonoro che emer- ge dalla musica per chitarra di Bettinelli, fatto di instancabile fantasia ritmica e di attenta ri- cerca intervallare e dinamica, non può essere ri- condotto per un qualche senso di similitudine alle tante pagine genericamente atonali (per dir- la come Schoenberg non avrebbe voluto) che caratterizzano parte della musica del ‘900; tan- tomeno può assimilarsi all’eredità di pagine alea- 1. ELISABETTA GABELLICH (a cura di), Linguaggio musi- cale di Bruno Bettinelli, G. Miano, Milano, 1995, 2a ed. aggiornata, p. 15. ricerche e approfondimenti BRUNO BETTINELLI: UNA MODERNITÀ NON DOGMATICA. di Davide Ficco Prima parte

Upload: phungnhan

Post on 30-Jul-2018

218 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

12

Bruno Bettinelli (Milano 1913-ivi 2004), compì-to gentiluomo milanese – figlio del pittore

Mario Bettinelli (1880-1953) e nipote del com-positore e pianista Angelo Bettinelli (1878-1953)– è una delle figure di prima grandezza del se-condo Novecento italiano, sia come composito-re che come didatta. Dedicatosi anche alla cri-tica e alla musicologia, si è formato presso ilConservatorio “G. Verdi” di Milano (sotto la gui-da di Giulio Cesare Paribeni e Renzo Bossi), do-ve ha in seguito ricevuto la cattedra di Com-posizione. Tra i suoi allievi figurano nomi digrande rilievo quali Claudio Abbado, Bruno Canino,Aldo Ceccato, Riccardo Chailly, Azio Corghi,Armando Gentilucci, Riccardo Muti, MaurizioPollini, Uto Ughi e, nell’ambito della musica ex-tracolta, la cantautrice Gianna Nannini. Il pre-zioso messaggio che ha infuso come didatta siriflette in toto nel suo stesso cammino di com-positore, improntato al continuo migliorarsi e ri-mettere in discussione i propri risultati e anchele presunte certezze acquisite:

“Badate – diceva agli allievi – che di annoin anno si possono cambiare e rivedere mol-te opinioni in fatto di gusto e di valutazione.Ogni dieci anni, poi, considerando in prospettivail tempo trascorso e le relative esperienze ac-cumulate, si verifica in noi, immancabilmente,una strana e imbarazzante sensazione: una vo-ce interiore, nostro malgrado, sembra sussur-rarci: «...si vede che allora non eri ancora ab-bastanza maturo per capire certe cose...». È co-sì per tutta la vita, perché in realtà non si fi-nisce mai di scoprire, di progredire e di assi-milare il coacervo di problemi inesauribili e

complessi che costituiscono l’essenza stessadella musica.”1

Vincitore di concorsi internazionali di com-posizione, Bettinelli ha ricevuto negli anniQuaranta, tra gli altri, il premio dell’Accademiadi Santa Cecilia in Roma (dove è stato poi elet-to Accademico), divenendo in seguito membrodell’Accademia Luigi Cherubini di Firenze.Partito da una giovanile vicinanza a un neo-classicismo molto contrappuntistico (arricchitoanche dall’utilizzo di frammenti gregoriani o diforme quali la fuga, l’invenzione e il ricercare)con influenze di Bartók, Hindemith e Stravinskij,il suo percorso si è poi avvicinato all’atonalità,a una dodecafonia non stretta, all’aleatorietàcontrollata e alle tecniche strumentali non tra-dizionali (multifonici, armonici e altri effetti spe-cifici) per sfociare in un linguaggio cromaticolibero e in una ricerca timbrica sempre più pe-culiare.

Certamente il ricco universo sonoro che emer-ge dalla musica per chitarra di Bettinelli, fattodi instancabile fantasia ritmica e di attenta ri-cerca intervallare e dinamica, non può essere ri-condotto per un qualche senso di similitudinealle tante pagine genericamente atonali (per dir-la come Schoenberg non avrebbe voluto) checaratterizzano parte della musica del ‘900; tan-tomeno può assimilarsi all’eredità di pagine alea-

1. ELISABETTA GABELLICH (a cura di), Linguaggio musi-cale di Bruno Bettinelli, G. Miano, Milano, 1995, 2a ed.aggiornata, p. 15.

ricerche e approfondimenti

BRUNO BETTINELLI: UNA MODERNITÀ NON DOGMATICA.

di Davide Ficco

Prima parte

13

torie o dogmaticamente regolate, filosoficamen-te connotate, del periodo post-weberniano: nel-la musica di Bettinelli si manifestano una vo-lontà precisa di allontanamento – non assoluto– dalle rive tonali e uno stile, sin dalle primeopere, personale e coerente. Il mezzo ricondu-ce prevalentemente alla serialità, sebbene blan-damente condotta, ma ad emergere è un chia-ro gusto per la libera elaborazione melodico-in-tervallare, con una spontanea germinazione del-le idee e una loro continua variazione.

Nato a cavallo tra le prime due fondamentalipersonalità del musica moderna italiana del ‘900,Petrassi e Dallapiccola, e la generazione deglianni Venti (Maderna, Nono, Berio, Donatoni,Clementi, etc.), Bettinelli ha mantenuto una stra-da propria e poco ortodossa, dove la scelta espres-siva risulta preminente nel contesto della ge-stione delle dodici note. L’essenzialità antiretori-ca e la ricerca di una sostanza prettamente stru-mentale (“non melodrammatica”),2 informano tut-ta la sua musica, prosieguo ideale di quella ri-cerca del nuovo e, insieme, della conoscenza-ri-conoscenza nei confronti della musica pre-ro-mantica che era iniziata già con la Generazione

dell’Ottanta in Italia e con Stravinskij, Bartók eHindemith in Europa; esempi ai quali Bettinelliguardò nella sua formazione con vivo interesse,passando per le opportunità offerte dalla dode-cafonia in generale. E l’intero e sostanzioso cor-pus delle opere per chitarra proprio così risul-ta: un lavoro omogeneo di libero utilizzo dei le-gami seriali (come utensile preso e lasciato, nonvincolante) e, soprattutto, del totale cromatico,resi vividi da sapienti elaborazioni delle celluletematiche, da ceselli contrappuntistici e giochiritmici e accentuativi, oltre che da un melodia-re ricercato, in un contesto armonico cangiantee caleidoscopico, non sempre lontano da fuga-ci suggestioni tonali, a volte del tutto negate, al-tre volte amabilmente evocate. Ecco come sin-tetizzava le proprie idee lo stesso Bettinelli:

Fabio Di Gerolamo: Come si pone nei con-fronti della atonalità o della dodecafonia?

B.B.: Sono un po’ anarchico, nel senso chenon amo la serialità, perchè è una palla al pie-de. Devo essere libero di condurre un discorsodove voglio, senza le regole che mi impone laserie. [...]3

Ruggero Chiesa: Riferendosi al procedimentododecafonico, Lei crede che si possa ancora im-piegare?

B.B.: Io penso di sì, per quanto attualmenteesso venga snobbato. Una delle cose più tragi-che del nostro tempo è che da un anno all’al-tro tutto si brucia. [...] Non ci si è ancora fer-mati su un modo di esprimersi veramente sin-cero, quindi non vedo perchè la tecnica dode-cafonica non potrebbe dare buoni risultati, co-sì come quella strutturale o qualsiasi altra. Nonpreoccupiamoci di sapere quale sarà la musicadell’avvenire, se ancora non conosciamo comepotrà essere la sensibilità dei nostri figli e ni-poti.

R.C.: Dopo la lunga esperienza dell’avanguardia,sembra che oggi si stia assistendo a un riflussoverso posizioni meno dogmatiche. Secondo Leic’è del nuovo o si sta ritornando al passato?

italiana del Novecento), da “Sei corde per sei composi-tori: Bettinelli, Castelnuovo Tedesco, Chiereghin, Margola,Mosso e Rosetta”, in “Seicorde”, n. 48, novembre-di-cembre 1994, p. 16

2. http://www.ricordi.it/catalogo/archivio-composito-ri/bruno-bettinelli

3. FABIO DE GIROLAMO, Colloquio con Bruno Bettinelli(estratto dalla tesi di laurea La letteratura chitarristica

Bruno Bettinelli con Riccardo Muti, Teatro alla Scala,Milano, 1972

14

B.B.: Ritornare al passato è semplicementeimpossibile, ma, come dicevo, materiale da sfrut-tare ne abbiamo moltissimo [...] Queste espe-rienze (le sperimentazioni di Cage, n.d.r.) forsehanno avuto un valore di rottura, di polemica,per superare certe posizioni, ma ora, pur senzarivolgersi al passato, penso sia il momento diun equilibrio che contemperi gli eccessi di un’avan-guardia estrema dove si è raggiunto l’assurdo eil cliché. [...] Bisogna tornare su posizioni di ri-cerca autentica, sincera, con se stessi [...] anchese mi si può accusare di un discorso borghese,la via giusta sta nel mezzo.4

Renzo Cresti: Della attuale situazione in cuiversa la composizione, Bettinelli non è contento,perché vede un disorientamento, causato dall’esau-rirsi dello sperimentalismo, un esaurimento peraltro positivo, ma che ha lasciato campo liberoa un certo qualunquismo, ma “ciò che conta” –dice Bettinelli – “è il saper rendersi conto nel do-vuto modo che in musica tutto è permesso, nien-te è permesso. Ai velleitari si addice il silenzio.”5

Nella chitarra, Bettinelli ha trovato alcune ca-ratteristiche sonore alle quali rispondere con unlessico specifico e con un fruttuoso adattamen-to allo strumento, in cui cercare, scavare e gio-care con libertà per esaltarne la consistenza; l’im-presa, avvincente, è stata fino alla fine del XIXsecolo appannaggio esclusivo dei chitarristi (i so-li a scrivere per il proprio strumento), ma nel‘900 sono numerose le prove di quanto l’aper-tura al contributo dei compositori non chitarristifosse gravida di importanti novità. Infatti, men-tre fu da sempre fatto usuale che talune pecu-liari tecniche esecutive si trasformassero in unnuovo mezzo espressivo attraverso le mani de-gli strumentisti, l’inventiva musicale, la padro-nanza di forma e di procedimenti e l’utilizzo ra-gionato (e non gravato dal facile richiamo di au-tomatismi esecutivi) di efficaci tecniche specifi-che hanno permesso ai compositori non chitar-risti di poter dare spesso un contributo origina-

le e dal peso specifico rilevante. A conferma diciò, ad aver reso così originali le opere chitar-ristiche del Nostro sono proprio la chiara e li-bera personalità, e quella padronanza di stili etecniche che ne ha informato la scrittura, in unavolontà di autonomia non troppo incline a pro-poste di rimaneggiamento o adattamento ad idio-mi esecutivi stereotipati o comunque “più chi-tarristici” da parte degli esecutori.

Ruggero Chiesa: Quali sono le caratteristichedella chitarra che Lei preferisce?

B.B.: Direi prima di tutto il colore, poi le ri-sorse tecniche, che non sono poche, e la dut-tilità dinamica, che permette di passare da un’at-mosfera dolcemente cantabile all’aggressività. NegliStudi ho cercato proprio di dimostrare tutti que-sti elementi.

R.C.: Vorrei ora chiederLe se c’è, secondo Lei,uno stile musicale che meglio si adatta alla na-tura della chitarra, oppure se essa sia flessibilead ogni tipo di linguaggio.

B.B.: Penso che non vi sia nessun limite: tut-to dipende dalla capacità del compositore. Circail linguaggio, io dico sempre ai miei allievi checon la grammatica musicale di cui disponiamopossiamo ancora scrivere musica per cento an-ni.” [...]6

Le opere per chitarra sola di Bettinelli, com-poste in un arco di tempo che va dal 1970 al1994, sono uno dei lasciti più importanti traquelli dedicati a questo strumento da composi-tori contemporanei di musica colta. Fondamentalefu la sollecitazione e la fattiva collaborazione diAngelo Gilardino e Ruggero Chiesa, quest’ultimosuo collega e concittadino, che spinsero ilCompositore a concretizzare un interesse versola chitarra che fino a quegli anni era sì statoespresso, ma senza prendere forma. In questitrenta brani troviamo un clima a volte diversorispetto a varie sue pagine extra-chitarristiche,dove l’impiego di altre peculiarità e impasti stru-mentali ha consentito a spesse armonie, clusters,

Contrappunto in “Angeli e Poeti” n. 4, Milano 2000, ov-vero in “Piano time”, n. 97, Roma, Aprile 1991.

6. RUGGERO CHIESA, op. cit., p. 4.

4. RUGGERO CHIESA, Intervista a Bruno Bettinelli, 13-11-1980, “Il Fronimo”, n. 34, gennaio 1981, pp. 3-4.

5. RENZO CRESTI, Bruno Bettinelli, Il Signore del

15

note sospese e tenute (viene in mente l’atmo-sfera del Ricercare per due pianoforti del 1976),grandi dinamiche e ricche sedimentazioni tim-briche (Sinfonie e Concerti per Orchestra / ope-re corali) di veicolare con voce più varia e for-te i contenuti musicali.

B.B.: Ho sempre sentito una grande attrazio-ne per le infinite possibilità timbriche dell’or-chestra e del coro [...] mi ha aiutato la fortunadi sentire dentro di me, senza che nessuno melo abbia mai spiegato, il colore, gli impasti so-nori, il peso, il timbro degli strumenti, le pro-porzioni e gli equilibri nella distribuzione dellevarie sezioni. Da tale sensibilità timbrica derivala mia predilezione per il genere sinfonico e perl’ampiezza del respiro, per l’infinita gamma dicolori che offre la possibilità di concepire allagrande e in piena libertà formale.7

Ma scopriamo che, in qualche misura, l’or-chestra, il pianoforte o il coro trovano nelle pa-gine per chitarra una parziale eco, filtrata, ri-dotta; come se uno spazio ridotto potesse con-tenere il tutto, rimasto autentico – dalla sfuma-tura al gesto di stizza – ma solo un poco piùpiccolo... È pur vero che la speculazione tim-brica dell’autore rende ogni suo pezzo un uni-cum e che le opere di più ampia concezione,soprattutto quelle orchestrali e/o vocali, si nu-trono di una tavolozza timbrica e dinamica chenon può essere trasferita sulla chitarra se non intermini di pura suggestione: ad esempio, la ra-pida decadenza del suono dopo l’attacco, comeè naturale, impone ad ascoltatori ed esecutoriun declinare astratto di quanto sarebbe offertoda strumenti a suono tenuto come archi, a fia-to o dalle voci. Bettinelli, soprattutto nei lavorisolistici, cerca quindi del singolo strumento lanatura profonda, in qualche modo a sè stante,da assecondare ed esaltare, pur nella coerenzadel proprio linguaggio.

B.B. [...] La mia preoccupazione è sempre stataquella di penetrare a fondo lo spirito e non solol’ambito tecnico degli strumenti.”[...]8

Nel contesto delle opere per chitarra ogni ele-mento musicale (in primis la melodia, esplicitao sottesa, frammentata, ritorta o lineare che sia)deve incontrare la condivisione, la partecipe in-terpretazione dell’esecutore che, non ingannatodall’algidità apparente dell’ambientazione e daitoni talvolta spigolosi e inospitali di alcune se-quenze intervallari, deve saperne restituire lapoesia e la vibrazione interna. Questa musica èintrospettiva, estatica, volitiva, esplicita ed ener-gica, pur rimanendo se stessa; la forma è ognivolta costruita a misura del singolo pezzo e at-torno ad essa si inerpicano disegni melodici earmonie in un equilibrio di espressività e com-postezza, irruenza e misura; un contesto sobrio,ma mai privo di emozione.

B.B. La mia musica ha sempre un’articolazio-ne discorsiva. Il pulsare ritmico e la sottile in-quietudine armonica sono i fattori costanti che,da sempre, caratterizzano la mia produzione.Costituiscono un’ossatura che consente di por-tare avanti un discorso coerente, strutturato sul-la base di un continuo variare degli elementiproposti all’inizio e, successivamente, scompo-sti, rielaborati [...] rovesciati, riesposti nelle figu-razioni cellulari più svariate che, derivate dallaspeculazione contrappuntistica dei fiamminghi,costituiscono anche la complessa elaborazionedella tecnica seriale ortodossa. Una tecnica cheio, dopo alcuni esperimenti, ho abbandonato,

Bruno Bettinelli, 20027. RENZO CRESTI, op. cit.8. RUGGERO CHIESA, op. cit., p. 3.

16

perché troppo vincolante. Ho preferito quindiattenermi al solo totale cromatico, più libero ericco di risultati altrettanto coerenti, ma, al tem-po stesso, più spontanei.9

Fabio De Girolamo: Nella Sua musica c’è sem-pre un’alternanza tra momenti in cui il ritmo èmolto libero e altri in cui è ripetitivo e uniforme.

B.B. Sì, ci sono momenti di stasi e di ag-gressività. Dopo momenti poetici, che creanoun’atmosfera tranquilla sognante, improvvisamentearriva la frustata, entra una sezione ritmica e ag-gressiva. Tutto questo, però, lo sento istintiva-mente, non è mai un partito preso.10

E diventano così parte non casuale del di-scorso il silenzio e l’attesa tra un evento sono-ro e l’altro: elementi pregnanti, misteriosi e atti-vi del lessico bettinelliano, soprattutto nelle pa-gine più rarefatte, dove il fluire del discorso sem-bra nascere proprio dal silenzio, che non è piùsolo occasione di riposo, di respiro, ma che pa-re un contenitore “in negativo” dal quale attin-gere suoni, timbri e ritmi. Figure e colori cheemergono dall’ombra come nelle tele delCaravaggio, dove l’assenza di luce imprime allefigure che vi si distagliano un’aura di profondae intensa vividità. Questo geste bettinelliano dilibero recupero nella memoria, dal silenzio all’ar-ticolazione di un discorso musicale, ci piace inqualche misura affiancarlo allo spirito composi-tivo del più giovane Carlo Mosso (1931-1995),altro “signore del contrappunto”, anche senell’altrettanto antiretorico artigianato del Mae-stro franco-piemontese l’essenzialità assume tal-volta misure più asciutte ed estemporanee chein Bettinelli, con proposizioni quasi icastiche:amaro, ironico, distaccato parlare musicale sen-za causa o effetto. In Bettinelli, a parere delloscrivente, non v’è invece traccia di pulsioni ni-chiliste, quanto piuttosto di una narratività dia-logica nel suo costrutto.

Fabio De Girolamo: La fonte di ispirazionedei Suoi pezzi è più di carattere musicale o esi-stenziale?

B.B.: Non voglio fare descrittivismi di sorta.Ho vissuto i momenti più drammatici di questosecolo; queste tensioni si trovano nella mia mu-sica, ma senza precisi programmi. Nella mia mu-sica c’è il senso drammatico e poetico dell’esi-stenza.11

Nell’affrontare questo repertorio l’esecutore èchiamato a integrare sforzi necessari in varie di-rezioni: l’esattezza della lettura (poiché la scrit-tura del Nostro è accurata, senza essere pedan-te, ed è talvolta complessa, specialmente nel ri-spetto della polifonìa e delle accentazioni), laprecisione esecutiva e l’articolazione del discor-so musicale. Le linee melodiche e le armoniechiedono attenzione sul contenuto di ogni in-tervallo che le compone, affinchè lo stesso nonsia banalizzato e ridotto a singola presenza inun insieme di suoni: diversamente, e vale per lagrande parte della musica moderna, non po-trebbe essere in un contesto dove le sequenzeintervallari non rientrano più volutamente neicliché strutturati e pienamente assimilati dellamelodia tradizionale, le distanze interne devonoassumere particolare importanza e ricevere unaancor più attenta considerazione. Nelle sezionidi “sviluppo”, dove trova espressione non solola sapienza contrappuntistica di Bettinelli, ma piùin generale una vasta sedimentazione di spuntimusicali, non devono esser lasciati cadere i nu-merosi riferimenti, sempre variati, al materiale te-matico; e infine la forma, da rilevare ricono-scendo l’importanza delle proporzioni, la se-quenzialità strutturata del discorso musicale e,come si è detto, i ritorni del materiale espostoprecedentemente, quand’anche fossero soli ac-cenni; tutti elementi che rappresentano il mai ca-suale frame su cui ogni pezzo è costruito.

Le indicazioni timbriche, agogiche, dinamichee articolative sono puntuali, ma mai pretestuosee inapplicabili. Una certa libertà è stata lasciataall’esecutore nello Studio n. 7 (Intervalli spezza-ti / Allegro, a piacere), dove è lo stesso Autorea specificare che i “I coloriti sono lasciati allalibera scelta dell’esecutore. (...)” e dove la pre-senza di sette corone offre una ulteriore oppor-tunità di personalizzazione interpretativa: una scel-ta sicuramente pedagogico-esemplificativa, oltreche musicale.

Le opere solistiche per chitarra sono statecomposte nel seguente ordine cronologico:

9. RENZO CRESTI, op. cit.10. FABIO DE GIROLAMO, op. cit.11. Ibidem.

17

Improvvisazione (1970)Cinque Preludi (1971), dedica a Ruggero ChiesaQuattro Pezzi (1972), dedica ad Angelo GilardinoSonata Breve (1976), dedica ad Aldo Minella12 Studi (1977)Come una Cadenza (1983)Notturno (1985), dedica a Guido MargariaMutazioni su Tre Temi Noti (1994)

Ad esse dobbiamo aggiungere: Divertimentoa Due (1982) per duo di chitarre, Musica a due(1982) per flauto e chitarra con dedica al Duo

Montrucchio-Preda, Due Liriche (1977) per vocee chitarra e il Concerto per orchestra d’archi convibrafono (1980), dove il compositore dà unapersonale risposta al problema dell’equilibrio trail solista e l’orchestra.

Ruggero Chiesa: C’è qualcosa che vorrebbeancora scrivere per chitarra, di genere diverso?

B.B.: Non sarei alieno dall’idea di un Concertoper chitarra e archi. Bisogna però pensare chela chitarra è uno strumento delicato [...]. Dovreiquindi comportarmi come ho fatto nel Divertimentoper clavicembalo e orchestra, dove ho agito sul-le alternanze e dove il clavicembalo era impie-gato insieme a pochissimi strumenti, come il vi-brafono e la percussione.1212. RUGGERO CHIESA, op. cit., p. 4.

Lettera di Bruno Bettinelli a Davide Ficco. Purtroppo il compositore non ha potuto vedere la realizza-zione del progetto discografico dedicato alla sue opere per chitarra

18

Con l’Improvvisazione Bettinelli, nel 1970, sipresenta al mondo della chitarra con un model-lo di composizione già ben delineato e che verràpoi ripreso in Come una Cadenza e in Notturno,ad esempio: la concatenazione di episodi, spes-so contrastanti e indicati da cambi di tempo (cfr.Tavola 1 qui sotto), che rappresenta l’architettu-

ra stessa del brano. Ulteriormente colorata da ela-sticità agogiche, la varietà del materiale espostoarricchisce così tanto il discorso, qui sostanzial-mente monodico, da allontanare nell’ascoltatoreeventuali necessità di maggiori sedimentazioni so-nore. Questo tratto, comune a molti altri dei suoibrani chitarristici, appare già chiaro nell’esordio.

1. a)

1. b) 1. c)

1. e)1. d)

Tavola 1. Improvvisazione, ed. Bèrben, 1970. a) Incipit; b) Mosso, p. 1, rigo 6; c) Più mosso e brillante,p. 2, rigo 4; d) Più lento, p. 2, rigo 7; e) Più mosso p. 3, rigo 1 e Calmo, p. 3, rigo 4.

LE OPERE PER CHITARRA SOLA

I Cinque Preludi (1971), nella loro essenzia-le assertività e chiarezza, sono una prima con-ferma della coerenza lessicale del Compositore,il quale, a un anno dall’Improvvisazione, pro-pone un taglio formale differente: cinque breviquadri, diversi tra loro e perfettamente compiu-ti, anziché un solo movimento articolato. Neipreludi è sempre l’eloquio della melodia, ora

cantato e solitario o ritmico e chiassoso, ovve-ro leggero e danzante, a condurre il discorso,incrociando voci e accordi di sostegno. Ognunodei cinque brani ha struttura a sè, resa tale dalcontingente sviluppo del discorso, ed emergono– specie in apertura dei Preludi I e III – ricor-renti giochi che frammentano e ribaltano le li-nee melodiche.

L’inizio del Preludio I come appare nel manoscritto di Bruno Bettinelli con l’aggiunta della diteggiatura di R. Chiesa

19

Quattro Pezzi è il terzo titolo chitarristico diBettinelli, risalente al 1972, e il breve lasso ditempo intercorso dai precedenti lavori sembraparlarci di un momento particolarmente prolifi-

co del compositore, come se un corposo insie-me di idee maturate precedentemente avesse fi-nalmente trovato l’occasione per materializzarsisul pentagramma.

2. a)

2. b) 2. c)

2. d)

2. e)

Tavola 2. Cinque Preludi, ed. Zanibon, 1972. a) Preludio I, Incipit; b) Preludio II, Incipit; c) Preludio III,Incipit; d) Preludio IV, Incipit; e) Preludio V, Incipit.

Tavola 3. Quattro pezzi, ed. Bèrben, 1973. a) I. Introduzione, Incipit; b) II. Toccata, Incipit; c) III.Notturno, Incipit; d) IV. Ritmico, Incipit.

3. d)

3. c)

3. b)

3. a)

20

Effettivamente vi è molta densità di contenutiin questi quattro movimenti, che potremmo qua-lificare come un grande esercizio di conduzionemelodica; in essa si incrociano tuttalpiù scarni dia-loghi contrappuntistici con una seconda linea. Learmonie sono momentanee (cfr. Tav. 4 a, b), avolte accordali, altre volte “melodicizzate” in for-ma di arpeggio (cfr. Tav. 4c). Come nelle pagi-ne più meditative, anche qui il canto si scontra

in fugaci diafonie, intese come “interferenze” (o“dissonanze”, come ebbe a far notare AngeloGilardino)13 e assecondate da una diteggiatura chelascia vibrare una nota sull’altra.

Elemento a parte sono i fantasmatici e lonta-ni rasgueados del Pezzo III e l’asciutto interventodel Pezzo IV (cfr. Tav. 4d, e), che richiamanoalla memoria le sonorità vocianti del Preludio V(cfr. Tav. 4f).

13. ANGELO GILARDINO, Bruno Bettinelli, Cinque Preludi per Chitarra, “Il Fronimo”, n. 4, luglio 1973, p. 28.

4. a)

4. b)

4. c)

Tavola 4. Quattro pezzi, ed. Bèrben, 1973. a) I. bb. 34-39; b) III. bb. 12-18; c) III. bb. 31-32: d) III. b. 28-29; e) IV.b. 20; f) Preludio V, bb. 9-10

4. d)

4. e) 4. f)

21

La Sonata Breve, del 1976, dedicata al chitar-rista milanese Aldo Minella, è un vivo trittico(Tav. 5 a, b, c) dove è particolarmente ampial’escursione linguistica tra gli scorci tonali e imomenti di più libero impiego dei dodici semi-

toni (specificamente nel I e III movimento, mol-to ritmici e spigolosi, a parte la sognante pa-rentesi del tranquillo del tempo finale, cfr. Tav.5d) e in cui spicca l’amabile, eterea, Aria cen-trale (Tav. 5 b).

Tavola 5. Sonata breve, ed. Zanibon, 1977. a) I. incipit; b) II. incipit; c) III. incipit; d) III. bb. 43-52

Sono particolarmente esplicite le riproposi-zioni del tema nei due tempi rapidi (cfr. Tav.6 a, b), a chiusura di un disegno interno tri-partito, dove si può leggere, pensando al clas-sicissimo titolo, un voluto omaggio a strutture

formali tradizionali. Ma anche nell’Aria, in unsol respiro, è stato riservato lo spazio per unrichiamo finale al tema (per aumentazione, nelLento cfr. Tav. 6 c), dopo diversi accenni va-riati allo stesso.

5. a)

5. b)

5. c)

5. d)

6. a) 6. b)

6. c)

Tavola 6. Sonata breve, ed. Zanibon, 1977. Rientri del tema. a) I. bb. 101-105; b) III. bb. 56; c) II. bb. 19-20

22

I Dodici Studi, del 1977, sono la risposta dell’au-tore alle esigenze degli studenti di chitarra, aiquali offrono la possibilità di risolvere proble-mi tecnico-interpretativi utilizzando un lessicomoderno e sofisticato.

Il numero dodici, ricorrente in celebri raccol-te della storia della musica quali, ad esempio,gli studi di Chopin, Liszt e Debussy, e inKreutzer e Thalberg, fino a Kurtág o – più fa-miliarmente per i chitarristi – a Villa-Lobos, nonè collegato in Bettinelli a logiche di ordinamentodegli studi basate sul procedere semitonale del-la scala cromatica (come ad esempio, il succe-dersi delle tonalità dei 24 Preludi e Fughe diciascun volume del Clavicembalo ben Tempe-rato di Bach, o, in ambito non tonale, ai di-versi incipit dei dodici Microludi per quartettod’archi di Kurtág, che – sebbene in parte – ri-calcano le altezze di una scala cromatica ascen-dente). Bettinelli sceglie invece un criterio di-verso e in un certo senso legato allo strumen-to destinatario dei suoi Studi; come ha acuta-mente evidenziato Paola Brino osservando lenote iniziali di ciascun brano:

“più di uno studio esordisce con il Mi [...] equindi l’altezza ritorna ciclicamente ogni quattrostudi. I sei Studi centrali, invece, esordiscono cia-scuno con una delle sei note dell’accordaturadella chitarra, anche se non con il medesimo or-dine. Per finire, le note iniziali dei primi e de-gli ultimi tre Studi sono contenute nell’ambito diun intervallo di due toni interi [...]. Ora, non èdifficile scorgere in tutto questo due tipi di sud-divisione differenti: di quattro in quattro se con-sideriamo la cadenza con cui ritorna l’altezza Mi,di tre in tre [...] se invece consideriamo il rap-porto intervallare tra le note iniziali degli Studi.Dunque Bettinelli, invece di privilegiare una sud-divisione dell’ottava in dodici semitoni uguali [...]ha preferito evidenziare altri tipi di suddivisionepossibili, sempre simmetrici, per terze minori eper terze maggiori, ossia i due intervalli che so-no alla base di tutti gli accordi.”14

14. Paola Brino, Tra spontaneità e rigore. Dodici Studiper chitarra di Bruno Bettinelli, “Il Fronimo”, n. 130,aprile 2005, p. 22.

Inizio dello Studio III come appare nel manoscritto di Bruno Bettinelli con l’aggiunta di diteggiature da R. Chiesa

23

Bettinelli evidenzia il contenuto didattico diogni studio indicandone la caratteristica preva-lente e la correlata finalità pedagogica: i titolimonodico (I), ritmico (II), arpeggi e canto su-periore (III), accordi (IV), registri alternati (V),note ribattute (VI), intervalli spezzati (VII), po-lifonia (VIII), prevalenza di melodia nel basso

(IX) cònnotano i primi nove studi, e la scrittu-ra personale e volutamente non troppo idio-matica spicca ovunque nel materiale utilizzato:ad esempio, nelle note ribattute dello Studio VIche non cedono alle lusinghe del classico tre-molo (pur utilizzato nella prima delle DueLiriche del 1977).

Tavola 7. Dodici Studi, ed. Suvini Zerboni, 1979. Incipit degli Studi I, II, III, IV, V, VII, VIII, IX

7. I 7. II

7. III 7. IV

7. V 7. VII

7. VIII 7. IX

Tavola 8. a) incipit dello Studio VI; b) incipit di Lirica I per soprano e chitarra

8. a)

8. b)

I tre ultimi studi, come Bettinelli stesso se-gnala, possono essere considerati autonomamentea titolo riassuntivo “come i tre tempi di una so-nata”: gli appellativi di mosso, calmo e tempo diPassacaglia riprendono infatti alcuni spunti de-gli studi precedenti, condensandone e sovrap-ponendone idee e contenuti, e lasciando a una

ispirata e architettonicamente densa Passacagliala funzione di congedo. Carlo Mosso chiuderàsimilmente i suoi tre Quaderni per chitarra nel1986, confermando come una parte significativadel pensiero compositivo moderno scelga anco-ra di ancorare lo sviluppo alle strutture più so-lide della tradizione colta occidentale.

24

Tavola 9. a, b, c) Incipit degli Studi X, XI, XII; d) Carlo Mosso, Quaderno III (Passacaglia), incipit.

9. a) 9. b)

9. c) 9. d)

Come una Cadenza, composto nel 1983 epubblicato nell’85, è una tesa ed efficace pagi-na rappresentativa dell’autore, una pseudo-im-provvisazione cadenzale caratterizzata dalla va-rietà di atmosfere, dall’alternanza di sospensioniintrospettive e fluide rincorse, e da un geste in-ventivo in un’unica articolata campata chiusa sulfinire, come un cerchio, da un rapido richiamoall’idea tematica iniziale.

La divisione del discorso appare più sfumata

rispetto all'Improvvisazione, muovendosi attra-verso un’agogica che prepara ai vari cambi diluce: dato un tempo metronomico iniziale (Tav.10a), si incontra un Meno Mosso e poi un Calmo(Tav. 10b); quindi un Allegro a 104 di metro-nomo (Tav. 10c) che – inframezzato da un gra-duale acquietarsi centrale, metronomicamente gui-dato – porterà alla ripresa tematica, con esitiquasi in stretto (Tav. 10d), e al Lento di con-gedo Tav. 10e).

Tavola 10. Come una cadenza, ed. Suvini Zerboni, 1985. a) incipit; b) Meno mosso (p. 2, rigo 11) e Calmo (p. 2rigo 13); c) Allegro (p. 2, rigo 16); d) Tempo I (p. 3, rigo 32); e) Lento finale (p. 3, rigo 34)

10. a) 10. b)

10. c)

10. e)10. d)

Il Notturno (1985), dedicato al chitarrista ales-sandrino Guido Margaria, si porta su di un pia-no decisamente più introspettivo e impegnati-vo all’ascolto, soprattutto dove la melodia in-cede, intensa, da sola. Quest’ultima si svilup-pa, con giusta lentezza, a partire dalla quintacorda (Tav. 11a) e, passando per il sospeso,etereo nucleo del brano (Tav. 11b) si scopre

sollevata di un semitono nella ripresa del te-ma, già smontato e proiettato nell’evaporazio-ne finale (Tav. 11c). Sono frequenti i momen-ti di apertura estatica verso l’acuto: cercati, len-ti, intensi. Il Notturno inizia e finisce sulla no-ta Si: dapprima grave e isolata, e infine acutae immersa in una luminosa triade maggiore (Tav.11d).

25

sciuto, sia l’intervento di un compositore moderno, conil suo specifico linguaggio” [...] “Le Mutazioni sono con-cepite come la presentazione di un linguaggio origina-le attraverso la presenza di un tema noto che, via via,si rimodella in una nuova scrittura”

15. Alfonso Baschiera, revisore del brano che è con-tenuto nell’antologia La chitarra oggi, 19 novembre2010: “quando feci l’antologia mi recai due volte a ca-sa di Bettinelli a Milano; gli proposi di scrivere dei bra-ni semplici, adatti a ragazzi dal 3° al 5° anno di studi,brani dove ci fosse sia la presenza di un tema cono-

Tavola 11. Notturno, ed. Ricordi, 1987. a) incipit; b) bb. 50-54; c) bb. 60-64; d) bb. 80-82 (fine)

11. a)

11. b)

11. c) 11. d)

L’ultima opera per chitarra sola, in ordinecronologico, risale al 1994: le Mutazioni su TreTemi Noti (da Mozart, Chopin e Stravinskij) so-no indubbiamente le pagine più tradizionali diquesto suo repertorio; in esse il compositorepare voler dimostrare quanto, con gesto legge-ro, si possa trattare materiale tematico celeber-rimo senza stravolgerne necessariamente il por-tato, ma, scivolando su di un terreno più mo-

bile e personale, illuminarlo con garbo di lucediversa.15 Proprio questo riuscito sforzo di va-riare un poco la natura di questi tre brani ri-spetto ai precedenti, mantenendo al contempocon quelli una palpabile coerenza di certi pro-cedimenti compositivi, ci ricorda quanto unita-rio sia stato il percorso di Bettinelli in venti-quattro anni di rapporto con la scrittura chitar-ristica.

Tavola 12. Mutazioni su tre temi noti, ed. Suvini Zerboni, 1996. a) I. su “La ci darem la mano” dal Don Giovannidi Mozart; II. su Notturno op. 9 n. 3 di Chopin; c) III: su Piccolo valzer da Petrouschka di Stravinskij

12. a)

12. c)

12. b)