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MENSILE-ANNO 1 -N. 1 -LUGLIO 2011 Il futurismo non fu una vacanza

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Restyling della Rivista Hzine per l' Esame di Grafica Editoriale presso l' A ccademia Belle Arti di Catania. AA 2010-2011

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MENSILE-ANNO 1 -N. 1 -LUGLIO 2011

Il futurismo non fu una vacanza

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Proprio così, muta ma non tace, che si trovasse o meno nei vostri programmi del giorno.Come si cominci a scrivere un editoriale, non ne abbiamo idea, ma paradossalmente iniziare

a scriverne uno è ciò che abbiamo appena fatto, ché spesso le regole esistono solo nelle nostre cervella. Questo non è nemmeno il primo numero di Hzine, ma solo il suo annunciatore. A pensarci bene... quan-to sudore per uno zero stampato in copertina, quale miglior rappresentante del fatidico nulla. Ma a pensar-ci ancora meglio, è davvero poi così orrendo il nulla? Chissà, in questo caro, arrugginito mondo, così pieno e rumoroso, forse non è la peggiore delle cose, l’as-senza. Anche la nostra H nella lingua italiana assomiglia tanto a un’assenza. Così incompresa, nel suo mutismo, spesso minimizzata dalla collettività. Ci siamo allora presi la briga di diventare le sue corde vocali per dar voce a tutto quello che finora le è stato impedito di esprimere. Ricorda un po’ lo stato dell’arte, così mi-sconosciuta, così appartata, come si avesse paura di fare la sua conoscenza. Lucia Grassiccia, Valentina Redi

Eppure non uccide, non ferisce, non il corpo delle per-sone e non con armi fatte di metallo e polvere da sparo. Così veramente bella (accanto a lei, “bello” non è mai banale), così varia, così oscena. Fa male solo a chi non si aspetta di essere attaccato, ma è una fitta che fa presto a diventare riflessione.Hzine è appena nato, sgambetta ancora nella culla. For-se riceverà qualche consenso, ma se sarà bastonato dalle critiche il piacere non potrà che essere maggiore, si sarà quanto meno provocata una reazione, si sarà almeno corrugata qualche fronte che stava stiracchiata a prendere il sole.Quello che davvero ci preme è avvicinare all’arte, ren-dendola una pietanza, sì raffinata, ma accessibile ai più.Ma sia ben chiaro, è prima di tutto per noi che stiamo facendo tutto questo, non siamo apostoli di nessuno, eccetto che di noi stessi.

ED

ITO

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Muta ma non tace

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Redazione:

Valentina RediDirettrice responsabile di produzione.

Lucia GrassicciaDirettrice rersponsabile editor capo

Fabio AmentaResponsabile web

Elisa RacitiRedattore

Umberto Spampinatocoresponsabile di produzione

Progetto grafico di:Jessica Trifilò

Hanno collaborato:

Gabriele Grillo,Ilaria La Magna,Dario Lo Verme,Maurizio Maggi,Simona Marano,Vincenzo

Orsini,Fabrizio Spucches,Rainman.

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SOMMARIO

Raccattati

Intervista

Arte

Futurismo

Fumetto

Tecnologia

Concorsi

Musica

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Libri

Film

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TANGODalla Polonia con furore, latino furore, il regista e video artista Zbig Rybczynski coglie, come dire, la palla al balzo. Nel 1980 un esilarante “Tango” conquista l’Oscar per il miglior corto di animazione. Nel frattempo, da allora ad

oggi, qualcuno ha tentato di pronunciare il nome dell’auto-re.http://www.youtube.com/watch?v=39VxcjLeejA

ANOBII.COMEsibizionismo da social network sì, ma a base di sana cultura. Potrete finalmente mostrare al mondo gli scaffali della vostra libreria, anche se solo virtualmente. Re-censirete, troverete utenti con gusti simili ai vostri e potrete persino catalogare nel dettaglio i vostri volumi.

"URBAN" BAGIn una borsa come questa, tra portafogli e cellulare, non ci si stupirebbe di trovare ruspa e martello pneumatico. Il materiale è quello che sembra, il classico nastro da “lavori in corso”, ma a metterci le mani (e l’estro!) è il designer David Shock.

Molti lo conoscono come anime, ma il fumetto è meno leggero di quello che vi ha fatto credere MTV! Dei 10 volumi, solo il primo è stato anima-to; il resto è una critica oscena sulla società giapponese, repressione ses-suale, l’inutilità della scuola...e molto altro, riservato ad un pubblico senza tabù!

GOLDEN BOY

RA

CC

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AT

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AMAMI SE HAI CORAGGIOFrancese, surreale e magica commedia di Yann Samuell (2003). I giochi proibiti di due bambini, Julien e Sophie, e una scatola porta caramelle per sfidarsi a fare le cose più folli, fino a diven-tare adulti, fino alla perver-sione. “Giochi o non giochi?”

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A 50 anni dalla scomparsa di uno dei punti di riferimento maggiori del rock ‘n’ roll americano ricor-diamo Buddy holly, morto in un in-cidente aereo a soli 22 anni. Lui e la sua band in The Chirping Crickets.

360° PAPERCome può uno scoglio arginare il mare?Beh, se può una bottiglia di carta... Contiene con efficacia qualsiasi liquido ed ha pure un tappo innovativo che fa invidia alla comune cugina in plastica. 100%riciclabile per un usa e getta senza pensieri!

THE CHIRPING CRICKETS

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ABBIAMO ACCHIAPPATO UN TOPOLOS

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Cortocircuito sembra averlo anticipato). Il gran-de e rosso obbiettivo di “Auto” sembra il cugino

di HAL, l’ avvenieristico computer di bordo di 2001: Odissea nello spazio.Solo distratte ispirazioni o veri e propri tributi alla storia della fantascienza? Ci siamo persi qualche altro riferimento?Risposta: Io e Adrew Stanton siamo cre-sciuti con ognuno di questi film. Credo anche che ci siano molti riferimenti da altri film. Siamo tutti amanti dei film di fantascienza, è normale che sia un mix. Jhonny 5... non direi. In molti guardan-do le sue ruote pensano che Wall-E sia

ispirato a lui, ma in realtà non ci siamo rifatti ad al-tro che ad un binocolo e ad una scatola. Come ho detto prima, siamo tutti influenzati da questi film perché fanno parte della nostra infanzia, credo

Volo e camera prenotati...Si parte!Siamo a To-rino per un concentrato di cultura digitale, i quattro giorni più intensi dedicati al mondo del-la computer grafica (View Conference 2008), ed è lì che lo incontriamo, lui, Paul Topolos, uno dei matte painter che ha dato vita a quel mondo perfettamente “imperfetto” in cui vive Wall-E. Ignaro della nostra presenza, lo incrociamo tra le strade di torino, sembra quasi che lo pediniamo. Armati di coraggio e teleca-mera, con le ginocchia ancora tremolan-ti dall’emozione, il giorno dopo siamo lì, seduti insieme a lui, a scambiare quattro chiacchiere.Domanda: Come non notare i riferimenti ai grandi classici. Ilsuo aspetto, la sua dolcezza fanno di Wall-e l’E.T.el nuovo millennio (anche se Johnny5, dal film

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INT

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ISTA

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che ognuno di noi sia condizionato da ciò che ci colpisce da bambini. Ben Burtt, ad esempio, il sound designer di Wall-e, è lo stesso di Star Wars, quindi possiamo dire che c’è anche un po’ di Star Wars in questo film.

D: Gli splendidi titoli di coda sembrano raccontare una rinascita. Geroglifici egizi, arte greco-romana, impressionismo, Van Gogh e in conclusione la computer art. Sembra che adesso tocchi a voi narrare il nostro tempo.

R: Jim Capobianco, che si era occupato in pas-sato dei titoli di coda di Ratatouille, ha fatto uno splendido lavoro. Ho dovuto vedere i titoli di coda due volte per capire che si trattasse del futuro, di come l’uomo può sopravvivere. Credo che sia stato un ottimo modo per mettere in-sieme i problemi dell’umanità, ricordando alle persone la propria storia attraverso l'arte. Sì, mi è piaciuto e penso sia un ottimo lavoro di digital piantino.

D: Un film come questo dimostra come sia possibile trasmettere un messaggio costruttivo e puro strappando una risata senza alcuna volgarità.Qual’è il segreto di questo sognante e raffinato stile Pixar?

R: Il discorso è che Andrew non voleva creare un film partendo da un messaggio fisso. Que-sto perché quando siamo cresciuti noi, erava-mo tartassati da film pieni di messaggi, per la maggior parte politici. Un esempio è Il pianeta delle scimmie, che principalmente ammonisce l’uomo, avvertendolo che di questo passo si arriverà all’autodistruzione. Andrew aveva bi-sogno di avere tutti gli uomini fuori dai piedi per poter avere Wall-E da solo sulla terra, e man mano che faceva il film si rendeva sempre più conto di quanto fosse interessante l’idea di questo robbottino rimasto solo sulla terra ad accumulare in ordine tutta la spazzatura che gli esseri umani avevano creato e lasciato die-tro di sé per non aver riciclato. La terra viene ormai vista come un pianeta- spazzatura. Inol-tre Andrew non voleva fare un film per l’am-biente, ma un film che rilassasse gli spettatori. Mandando così un messaggio indiretto verso ogni persona che vedesse il film ad interpre-tazione aperta. Ad esempio un mio amico mi ha detto che lui ha interpretato il film come un messaggio rivolto ai genitori, di non lasciare i figli pulire il giardino da soli.

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D: Come riuscite a sembrare sempre così divertiti lì negli studios?

R: Credo che la Pixar sia il miglior studio in cui lavorare. Hanno a cuore gli impiegati, le storie sono interessanti, è perfetto insomma. Anche noi abbiamo le nostre giornate no, ma è molto incoraggiante lavorare su film che piacciono al pubblico, piacciono ai bambini, ai genitori, perfino a me.

D: Qual’è il personaggio sul quale è stato più divertente lavorare fino a questo mo-mento?

R: Il mio ruolo riguardava principalmente gli scenari, ma amo Wall-E per la sua semplicità. Sembra quasi che non si renda conto di essere solo fin quando non s’innamora di Eve.

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MU

SIC

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Zach Condon

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Un coro di suoni che vi- bra-no insieme in un’impres-sione di folklore familiare e allo stesso tempo maestoso. La tipica atmosfera colorata che nasconde una profonda

inquietudine, un’ironica tri-stezza.Il secondo Ep: “holland”.

La tastiera prende il sopravven-to, la musica pulsa in dolci beat, la

voce si trascina melodiosamente. For-se la somma delle parti risulta stucchevole.

Certo è però che il cambio di prospettiva si dimostra spiazzante e sorge un confronto con il primo Ep.Si spe-ra, dunque, in una nuova ricerca di folklore musicale che rinnovi lo stile dei Beirut, ma che non lo neghi; in una nuova cartolina firmata Beirut. Elisa Raciti

Beirut. Progetto soli-sta del precoce e po-liedrico ventitreen-ne messicano Zach

Condon. Che il ragazzo abbia viaggiato è ciò che più emerge dai suoi lavori. A 17 anni molla la scuola per l’Europa e la attraversa in lungo e largo. Per capire dovesi sia fermato basta ascoltare i suoi pezzi, è lì che imprime i suoi vagabondaggi. Nei Balcani con “Gulag Orkestar”, a Parigi con “The Flying Club Cup”.Il collettivo Beirut ha pubblicato due Ep che vanno acquistati insieme. Il primo: “The March Of The Zapotec”. Condon è approdato in Messico. E’ supportato dalla Jimenez Band, banda funeraria parroc-chiale. Le sei tracce sono caratterizzate da strumenti a fiato sospiranti che compongonotristi ballate.

Il Nomade il folk e la tastiera

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> www.exactitudes.com

AR

TE

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Succo concentrato al 100% della società: ecco come definire il lavoro di Ari Versluis e Ellie Uyttenbro-

ek. Sembra di sfogliare un catalogo di moda, eppure i soggetti non sono rarefatti ed irraggiungibili modelli dallo sguardo glaciale, ma piccoli modelli in scala di persone che ogni giorno, normalmente, ci vediamo pas-sare davanti e di cui spesso nemmeno ci accorgiamo. Versluis e Uyttenbroek sono due fotografi che la-vorano insieme dal lontano 1994 classificando, ca-talogando, separando, dividendo e sottolineando con estrema intelligenza quanto sottile sia la diffe-renza (come categoria sociale) se rapportata ad un unico fattore antropologicamente imprescindibile: siamo tutti uguali, punk o fighetti, tettone rifatte e lo-lite giapponesi; la differenza viene sottolineata come

presuppostodell’uguaglianza, come parte integrante di essa. Colpisce infatti, come pur raccogliendo per-sonaggi dai più disparati aspetti, ci

si renda conto che quelle differenze sono costruite su una base d’ugua-

glianza; anche tra diversi ci si confonde e sembrano “tutti gli stessi”. Un’opera di classifi-

cazione e catalogazione determinata da status symbol, da look e tendenze rapportate al modo d’essere, divie-ne lo spunto per la comprensione di come la diversità possa costituirsi come principio d’uguaglianza, come valore che sta alla base di ogni rapporto favorendolo e garantendone la costruzione. Siamo tutte scimmie dive-nute intelligenti, dopotutto.

Simona Marano

UGUALI DIVERSI

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Il Futurismo

non fu una vacanza

Niente, ci si potrebbe rispondere domandandosi cosa resta oggi del Futurismo. Gran parte del- le ideologie di Marinetti&Co ai giorni nostri suonerebbero in fondo antiche e anacronistiche: folle pensare a una guerra “per pulire il mondo”. Lasciatecelo augurare, almeno. Sì, insomma, quest’anno il Futurismo compie cent’anni, siamo tutti entusiasti, tutti lo festeggiano, tutti lo lodano e bla e bla. Questo è quanto. No, questo è niente. Visto che in pochi, infine e al solito, conservano quel po’ di curiosità che serve a chiedersi perché. Oltre a lasciarci un’effigie per le attuali monete da venti centesimi, qual-cosa devono aver fatto, questi futuristi, se nel 2009 hanno smosso tanto gli animi degli appassionati d’arte.

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Giusto per cominciare non era il solo pubblico a cui urlavano la loro rivolta. Perché il Futurismo intende-va travolgere, secondo i suoi principi, molte sfere del pensiero umano. Dunque non solo pittura, scultura, ar-chitettura, ma anche letteratura, teatro, musica, cinema, politica, perfino il lessico, in qualche caso. Se oggi gira voce sulla xenofobia o su un vago nazionalismo italiani, facciano riflettere il quisibeve, il pranzoalsole, il peral-zarsi, il traidue, sostituiti ai meglio noti bar, pic-nic, des-sert, sandwich, per portare qualche esempio che oggi procura sorrisi.

Ma forse il legame più profondo fra il 1909 e l’anno che stiamo vivendo è individuabile in un valore in particola-re: la velocità. Questo mito, perché tale si può conside-rare, è per i nostri tempi un elemento imprescindibile. Non si parla d’altro che di velocità: collegamenti ADSL veloci, treni ad alta velocità, auto che scambiano le stra-de per piste da F1... e sbrighiamoci, in ogni occasione, o non riusciremo mai a portare a termine i nostri com-piti. Il mondo non è mai stato tanto veloce quanto lo è adesso, e quanto ancora spera di diventare, ma non accenna a premere sul freno.

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FUTURISMO

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Super. È diventato un punto verso il quale propende-re, super tutto. Non ce ne abbiano Nietzsche, Do-stoevskij e D’Annunzio, che a lungo hanno dibattuto sull’esistenza del libero arbitrio e sui valori dell’indi-vidualismo, ma di superuomini oggi ce ne sbattono in faccia uno al minuto. I luoghi privilegiati: la poltro-na del cinema e quella di casa, dove comodamen-te divoriamo i comics. Basta ricordare, e doverosa-mente, i più celebri supereroi in calzamaglia, come quelli editi dall’americana DC, Superman e Batman. Queste fanzine, tutt’ora in commercio, sono tra lepiù vendute nel mondo. Al battesimo di Superman nessuno si è spremuto le meningi per trovare un nome che designi altro dall’essere, appunto, una cre-atura dalle sembianze umane dotata di sensi che ol-trepassano i limiti della natura. Super forza, super velocità. è in fondo ciò che galleggia nelle speranze dell’uomo odierno, pronto a biasimare ogni suo limite.

Da questi fumetti sono stati prodotti numero-si film, alcuni dei quali molto recenti. Talvolta que-ste pellicole prendono spunto anche da altre ap-partenenti al passato. Qualcuno ricorda il nome della città in cui Clark Kant barra Superman vive e opera?Metropolis. Mica bazzecole.Da essa non si di-versifica troppo Gotham City, città del cugino Batman. Ora, potrebbe essere un caso, ma Metropolis (oltre a intitolare un quadro di George Grosz del 1916) è anch e il titolo di uno dei più grandi film muti mai girati, per mano di un certo Fritz Lang, fra i capostipiti dell’Espres-sionismo tedesco. E a vederlo sembra un concentrato di tutti gli ideali futuristi in movimento: macchine, indu-strie, guerra architetture e ambientazioni più o meno futuribili. Anche se quello di Lang poteva sembrare un monito lanciato ai posterisui rischi di un cieco amore per la meccanizzazione, monito che a quanto pare in pochi hanno raccolto.

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I Queen, però, ne hanno raccolto qualche fotogramma, usato nel montaggio del videoclip di Radio ga ga, se qualcuno deside-rasse un antipasto del film. Restando in ambito più tradizional-mente artistico, sebbene parlando di Futurismo sia indelicato, se non pericoloso, accostare il termine “tradizione” a quello di “arte”, cer- to nel contemporaneo i riferimenti a questa corren-te si inseguono. Lo sguardo potrebbe facilmente cadere su ciò che succedeva negli anni Cinquanta e Sessanta, quando al diffon-dersi della Pop Art corrispondeva la nascita e la maturazione di movimenti altrettanto vali- di come il Minimalismo, l’Optical Art, Fluxus. Nell’organizzazionedi quest’ultimo, l’archi- tetto lettone George Maciunas contemplò parecchio il concetto di indetermina

zione, di caso, esattamente come John Cage, maestro musicista che ispirò il gruppo. E fino ad allora la sola avanguardia (che, oltretutto, fu anche la prima del Novecento) che in ciò li aveva anticipati era stata proprio il Futurismo. Fluxus ne ereditò anche la multimedialità, lo straripamento di ogni forma d’arte in tutte le altre. E bisognereb-be chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie per non trovare alcuna connessione fra l’ intonarumori di Russolo e le performance di Phil Corner, che si esibisce demolendo un pianoforte, in cui il solo suo- no a essere percepito è quello prodotto dal martello e dalle seghe.

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C’è poi l’Arte Cinetica, o Optical, che nutrendo forte interes-se per i meccanismi scientifici da cui scaturisce il movimento, la dinamicità, ha fatto tesoro degli studi portati a termine dai futuristi, altrettanto attenti al modificarsi dei volumi nello spa-zio. La freddezza della pittura si fa più estrema, il sentimento e l’emozione scompaiono per lasciare spazio solo a un gesto pittorico meccanico.Forse è proprio questa stessa freddezza, la tentazione di identificarsi con la moderna città industriale e l’analisi del dialogo delle opere con lo spazio che condiziona il modo di fare arte all’epoca del Minimalismo, che dagli anni Sessanta a tutt’oggi è una delle correnti dominanti, con le sue gigantesche, basilari e asettiche forme geometriche.

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Proprio il sostegno per la modernità, forse, ha preso per mano i futuristi e li ha condotti a impegnarsi anche nella comunicazione grafica e pubblicitaria. Questa richiede tutto ciò che essi propu-gnavano: velocità, sintesi, esibizione, oltre che una reazione da parte del- lo spettatore. Come dimenticare i manifesti creati da Depero per Campari, Strega, Saccardo? Potremmo dire che fu il primo artista che osò parificare il livello tra un quadro e un manifesto pubblicitario, il primo a riconoscere negli industriali i nuovi committenti delle opere, sostituti di signori ed eccle-siastici. Insomma uno dei motivi per cui il Futurismo è anco-ra così sentito è la sua attualità paradossalmente costante, l’averci infilato due dita nelle orbite e aperto meglio gli oc-chi per farci smettere di guardare solo dietro le nostre nuche, quando il presente è altrettanto critico e ben più famelico.

Lucia Grassiccia

FUTURISMO

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FUM

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Che cosa significherà mai quel nome così cacofonico che Deco (Elisabetta Decontar-di) le ha appioppato? La sua traduzione è zitella d’inchio-stro, scarabocchio che si aggi-

ra per le vignette a sciorinare anche la sua sguaiatezza, un for-

mato 4x2 che lascia sorpresi per la sua originalità e il suo ordine. Nul-

la è casuale, ogni dettaglio è minuziosa-mente curato, in uno stile ottocentesco con

un gusto nel riempire di fitti ghirigori, di terminazioni ovoidali i tratti. Pennino ed inchiostro, una scelta che consente l’estemporaneità e la velocità d’esecuzione. Le ispirazioni si rintracciano in superficie: Tim Burton, Roman Dirge, sono evidenti. Che dire di più? Lasciatevi invitare a sbirciare le elucubrazioni di una bambina lin-guacciuta.

L a felicità è un cucciolo caldo”. E chi l’avrebbe mai detto che un afo-risma sì commovente,

partorito dalla genialità indi-scussa di un Charles M. Schulz, potesse essere dissacrato dalla fantasia traboccante di una ribelle della Nona Arte...Inkspinster: battuta mordace, alquanto logorroica ma non di quel tanto cianciare di cui sono pieni molti sottoprodotti in ambito fumettistico. La moccio-sa ha sempre da dire la cosa giusta al momento giusto, con occhietti che guardano il mondo con un pizzico di cinismo e la gratuità di una bambina. Tante cose l’acco-munano ad una piccola della sua età: l’amore per i cuc-cioli, ai quali non risparmia però torture di ogni sorta; l’affetto per un ragazzino, che rifiuta i suoi reiterati cor-teggiamenti.Sembra una cuginetta italiana di Mercoledì o una sorella del depresso Vincent di Burton. Ilaria La Magna

Inkspinster, la promessa...

zitella

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Menomale che c’e

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TEC

NO

LOG

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Se con il solo battito delle ciglia potessimo registra-re ogni nostra esperien-za visiva non dovremmo

preoccuparci di cellulari scarichi, fotocamere smarrite o videoca-mere ingombranti...beh, proprio nell’era in cui possediamo i più svariati mezzi per im-mortalare i nostri momenti, non siamo ancora arrivati a tanto.Non parleremo quindi di sofisticati microchip da impiantare nel nostro nervo ottico, capaci di tra-sformare gli impulsi elettrici in byte da custodire gelo-samente in memorie fisiche incorporate in appendici fisiologiche, ma di un oggetto che memorizza la no-stra esperienza sensoriale quotidiana fornendocene una traccia multimediale. Un guanto multiuso, da non sfruttare in caso di urgenze casalinghe (piatti sporchi inclusi),ma da indossare quando quell’insensata voglia di tecnologia ci prende dal profondo. Proprio quando ci va di premere il tasto rec della nostra vita, che sia cosparsa di moti, suoni, visioni o stati febbrili, poco importa, il guanto è in grado di rilevare movimenti, catturare rumori ed

immagini(girando perfino dei video), misurare gradi centigra-di. Selezionando l’impostazione “Automode”èildispositivo a sce-gliere cosa e come registrare, mentre in “Manual mode” la de-cisione spetta solo alla posizione

delle nostre dita. Tramite connessione WiFi è poi pos-sibile scaricare i dati nel computer, e col software li si può raccogliere ed organizzare in vari modi creando un variegatissimo diario personale da poter condivi-dere in rete, partecipando così ad un processo crea-tivo che sfrutta una nuova forma di comunicazione. è solo un progetto di tesi, a completamento di un per-corso formativo all’ISIA di Roma, che segue la filosofia di Achille Castiglioni secondo cui “non si progettano prodotti bensì com- portamenti” o un prototipo che presto vedremo concretizzarsi nel mercato tecnolo-gico? Valeria Fuso è la neo-designer in questione, che ha scelto di offrire una prospettiva differente da cui guardare il mondo. Simona Matina 25

JikMenomale che c’e

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“Teresa e Lorenzo sono due esseri bestiali e null’altro. In questi due bruti ho voluto seguire, a passo a passo, il sordo travaglio delle passioni, gli impulsi dell’istinto ...”. Il racconto di come l’animo forzatamente addormentato dell’una esplode in tutta la sua selvaggia brutalità alla vista dell’altro. Le estreme conse-guenze delle azioni che si rivolgono loro contro, trasformandoun tentativo di egoista ricerca della felicità in desiderio di an-nullamento. “In Teresa Raquin ho voluto studiare indoli, non ca-ratteri.”. Così scrisse Emile Zola nella prefazione alla seconda edizione del romanzo, difendendosi nei confronti della critica del suo tempo, che considerò l’opera orrida, scandalosa e di scarsa qualità. Visto sotto questa luce è più facile apprezzare Teresa Raquin, che non venne più considerata “pozza di fan-go e di sangue” ma “ammirevole autopsia del rimorso”(De Gouncourt). Da qui in poi Zola verrà ritenuto lo scrittore che analizzò i corpi vivi come “i chirurghi fanno con i cadaveri”. E.R.

Sorprendente! Forse basterebbe questo aggettivo a descrivere quest’opera. Al di là del titolo, molto romantico ed evocativo, sta infatti un romanzo rivoluzionario, unico nel suo genere, che stravolge il concetto classico di libro: protagonista è il lettore, tema principale il piacere di leggere (e scrivere) libri.Esatto, non avete letto male. Il protagonista è proprio il lettore, che comincia a leggere dieci romanzi ma, per una serie di “inci-denti”, non riesce a completarne uno.Quasi non sembra più Calvino, ma realmente dieci mani diffe-renti come differenti sono i temi narrati, che cambiano genere ad una velocità quasi disarmante; unico filo conduttore sonoil lettore e una storia d’amore che emerge tra le burrascose vicende. Con chi?! Ma ovviamente con la lettrice! Il risultato è un’opera moderna che coinvolge in prima persona il fruitore: in quello che l’arte contemporanea cerca ormai di fare da tem-po, Calvino è riuscito egregiamente!

U.S.

Emile Zola Teresa Raquin

Italo Calvino Se una notte d'inverno un viaggiatore

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LIB

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Con il successo di Twilight si è re-innescato il fenomeno del vampirismo: librerie, cineteche, pagine web. . . tutto invaso dai vampiri! Non c’è dubbio che que-sto, ancora oggi brulicante, germinatoio ha dato vita a tante “opere” di dubbio gusto, che malgrado tutto ne alimentano il mercato: forse ricche di fantasia ma non di spessore. La faccenda più strana è che una delle prime opere (seconda solo a Carmilla di Le Fanu), e senz’al-tro più interessante, è stata eclissata: Dracula di Bram Stoker. Libro scritto in maniera quasi scientifica, ricco di descrizioni storiche e geografiche, avvincente malgrado sia passato più di un secolo dalla sua stesura. AncheCoppola ne apprezzò il valore, realizzando la traspo-sizione cinematografica nel ‘92. Un classico da gustare, spesso punto di riferimento per i lavori vampireschi, fino ai più recenti. Capita talvolta, però, che i padri siano migliori dei figli.

U.S

DraculaBrem Stoker

Lo spazio non è mai sembrato così immenso visto da queste pagine. La saga della Fondazione appartiene al padre di tutte le fantascienze, Isaac Asimov, ma para-dossalmente non soddisferà il vostro immaginario e le vostre aspettati- ve, le aggirerà e vi mostrerà la galassia giudicandovi come l’infinitesimale cellula di un organi-smo immenso. Un lungo viaggio, tutt’altro che “alluci-nante”, anzi lucido e freddo, che durerà più di mezzo millennio alla ricerca del senso del brulicare umano.Nonostante Fondazione e Terra sia un libro che “si reg-ge benissimo da solo” dare una sbirciatina ai quattro volumiche lo precedono non sarebbe di cattivo gusto. In que-sto modo i cinque romanzi si assicureranno certamente uno degli scaffali migliori della vostra libreria e segne-ranno la vostra visione delle cose vita natural durante.

E.R.

Isaac AsimovFondazione e Terra

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Ci sono registi e Registi come ci sono film e Film. Kubrick è uno dei registi con tutte le lettere maiuscole, nonché fotografo e sceneggiatore; un maestro che ha lasciato una produzione di bellezza e importanza indubbia, sebbene concisa (13 film più qualche documentario). Di tutti i suoi film però ce n’è uno che è rimasto sempre in penombra, su cui si sono sentiti aneddotidivertenti ma che pochi cinofili hanno visto: Barry Lyndon (1975). Tratto dal romanzo di w. M. Thackeray, vincitore di 4 premi oscar, è puro cinema. Per realizzare questo film, tra lo storico e il drammatico con tratti ironici, si è servito di tutta la sua conoscienza in fatto di cinema. Le riprese sono avvenute esclusivamente con la luce naturale, o comunque di candele oelementi scenici, e ciò implicò la sperimentazione di particolari lenti Zeiss progettate per la NASA e di nuove macchine da presa della Panavision. Forse non esiste una scena al chiaro di luna bella come quella presente in questo film. Da vedere.

U.S.

Titolo: Barry LyndonRegista: KubrickAnno: 1975

Titolo: Pi GrecoRegista: Darren AronofskyAnno: 1998

Un brillante matematico, fermamente convinto che tutta la natura possa essere ricondotta ad un modello logico, cerca uno schema capace di prevedere gli esiti della borsa con ri-gore scienti- fico. Le sue ricerche sono però inter- rotte da incontrollabili emicranie che lo perseguitano dall’età di sei anni, fin- ché un giorno il suo supercomputer va in tilt dopo aver stampato una sequenza casuale. La risposta che Max cerca da una vita è lì, minacciata da una multinazionale e da un gruppo di Ebrei studiosi della Cabala.È questa la trama di Pi Greco, film di Darren Aronofsky del ‘98 girato in un bianco e nero fortemen-te contrastato, a simboleggiare il leitmotiv del film, il contrasto fra ordine e caos. Colpisce l’attenzione ai particolari: il gioco del go con le sue partite imprevedibili, le allucinazioni di Max durante i suoi mal di testa, i primi piani sconvolgenti e un finale problematico e aperto fanno di questa pellicola un capolavoro del cinema indipendente, sicuramente da vedere.

G.G.

FIL

M

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“Li riduciamo in cenere e poi bruciamo la cenere!”. È il motto del corpo dei pompieri di Fahrenheit 451, film girato da François Truffaut nel 1966 e tratto dal roman-zo omonimo (Gli anni della Fenice il titolo italiano) di Ray Bradbury. Non una pellicola eccellente, ma un sicu-ro omaggio dell’autore nei confronti della letteratura, della prosa specialmente, sua predilezione.Nella visione futura di una società sotto costante controllo, in cui le casalinghe anelano e hanno un ruolo nella comme- dia della Grande Famiglia e ciò che sembra un quotidia-no è in realtà solo una serie di immagini, la memoria abbandona le menti umane. “Basta tenerli occupati, è questo l’importante” recita il primo fra i pompieri, i quali piuttosto che di idranti sono armati di lanciafiam-me. Le parole stampate, unico mezzo per trasmettere la conoscenza umana, finiscono per accartocciarsi len-tamente, per sparire dal mondo. Montag, resosi conto di tutto ciò, cerca una soluzione, che troverà nei pazienti uomini-libro. L.G.

Titolo: Fahrenheit 451Regista: François TruffautAnno: 1966

Titolo: PersonaRegista: Ingmar BergmanAnno: 1966

Talvolta apprezzato per i pregi tecnici (notevole la foto-grafia di Sven Nykvist) e per la profondità delle tema-tiche, talaltra accusato di caos narrativo e di un inutile intellettualismo, Persona (1966) resta una delle pellicole più intriganti di Ingmar Bergman e probabilmente la più sperimentale. Il prologo del film non può che confer-mare quanto appena detto: sei minuti di fotogrammi semi-silenziosi e inquietanti (era presente in origine anche l’immagine di un pene in erezione, naturalmente censurata). Un’attrice teatrale durante una rappresen-tazione si chiude improvvisamente in un mutismo che non dipende da un blocco psichico ma solo dalla sua volontà. Le viene affidata un’infermiera, dalla personalità più fragile, che per compensare al silenzio di Elisabeth finisce per raccontarsi completamente. Sebbene molto diverse, tra le due nasce un legame profondo e com-plesso che le porta a una quasi identificazione. Straordi-naria l’interpretazione di Andersson e Liv Ullmann. L.G.

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CELESTE PRIZE 2009Concorso per l’arte contempo-ranea in cui gli artisti decidono chi vince! 40.000 Euro di premi in 5 categorie: Painting, Photo-graphy & Digital Graphics, Instal-lation & Sculpture, Video& Animation, Live Media. Mostra finale e consegna dei premi a Berlino, Germania, fine Settem-bre 2009.

Scadenza: 31.03

SCULTURE PER UN MUSEOL’Associazione culturale Montemaggiore Arte organizza il X° Con-corso Internazionale di scultura “Sculture per un museo” con la fi-nalità di selezionare durante la mostra, una o più opere da installare nel percorso parco del museo di sculture all’aperto localizzato sul Montemaggiore .

Scadenza: 14.04

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TEXTILE DESIGN CONTESTLa terza edizione del Textile Design Contest propone ai suoi partecipanti la progetta-zione e il disegno di un tessu-to che sia in grado di valoriz-zare ed esaltare le peculiarità del filato impiegato; non sola-mente dunque la proposta di un tessuto ma la sintesi di un intero percorso creativo.

Scadenza: 01.04

PREMIO TARGHETTI LIGHT ARTIl tema dell’edizione 2009 del premio indetto dalla Fondazio-ne Targetti è: l’utilizzo della luce artificiale come strumento espressivo e contenuto primario di un’opera d’arte. AI vincito-ri andranno 10.000 €, inoltre avrà la possibilità di collaborare con i tecnici specializzati di Targetti.

Scadenza: 04.04

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