rivista ordine architetti catanzaro

60
042012 architetticatanzaro news RIVISTA QUADRIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI CATANZARO

Upload: antonio-oliverio

Post on 17-Mar-2016

238 views

Category:

Documents


3 download

DESCRIPTION

Rivista Ordine Architetti Catanzaro

TRANSCRIPT

0420

12

architetticatanzaro

new

s RIVISTA QUADRIMESTRALEDELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI,PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORIDELLA PROVINCIA DI CATANZARO

architetticatanzaronews

Rivista quadrimestraledell’Ordine degli Architetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatoridella Provincia di Catanzaro

anno II - n. 04settembre 2012

direttore responsabileBiagio Cantisani

redazioneAnna CorradoDomenico GianniniSimona De GiuliGiovanni B. GiannottiAntonio LentoAndrea PirosoNadia RocchinoAlessandra SirianniDaniele Vacca

progetto grafico e impaginazioneGuglielmo Sirianni

stampaGrafiche Simone - Catanzaro

OACOrdine degli Architetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatoridella Provincia di Catanzaro

Via Paparo, 1388100 CATANZARO

segreteriaSig.ra Angela CalabrettaSig.ra M. Costantina Talarico

Tel. 0961.741120Fax 0961.743493

registrazione al Tribunale di Catanzaron°130 del 12/6/2002

[email protected]

in copertinaFranco PuriniComplessità semplice,da Bianco e nero - Nove disegni per una cittàGalleria Embrice 16-23.12.2011

La rivista viene distribuita gratuitamentea tutti gli iscritti dell’Ordine della Provinciadi Catanzaro, a tutti gli Ordini degl Architettidi Italia, ai Comuni della Provincia di Catanzaro,agli Enti locali della Regione Calabria.

La partecipazione alla redazioneè aperta a tutti gli [email protected]

Consiglio dell’ordineBiagio Cantisani (Presidente)Sergio Fabrizi (Vice presidente)Giuseppe Moraca (Vice presidente)Antonio Vania D’Amato (Segretario)Antonio Lento (Tesoriere)Maria CoscoSilvia FrustaciMarcello E. GallucciCarla MartireDaniele VaccaCaterina G. Zizzi

042012

[Editoriale] Biagio Cantisani

rigeneramente Anna Corrado

Frammenti sulla postcittà Franco Purini

Eduardo Souto de Moura Simona De Giuli

Intervista a Cannatà & Fernandes OAC

Intervista ABDR OAC

Riqualificare la citta: cinque tabù Luigi Prestinenza Puglisi

Calabria verso territori intelligenti Franco Rossi

Il Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico Saverio Putortì

[eventi]

[news]

[concorsi]

[architetturE]

[cultura e territorio]

[dentro la professione]

[arte]

[tesi di Laurea]

[blow-out]

03

04

06

12

16

20

24

26

30

34

38

40

44

46

48

51

52

55

La Riforma delle Professioni è legge.Quello che i più temevano o che forse spera-vano, soprattutto rispetto alla eliminazione degliOrdini Professionali, non si è verificato, anzi iltutto è passato con il contributo degli Ordini edei Consigli Nazionali che insieme hanno offertouna grande prova di collaborazione e sinergiacon il Governo, che intendeva portare avanti unprocesso di rinnovamento importante.Ora si passa alla fase più tecnica dell’applicazionedella Riforma stessa e di ciò avremo modo di par-larne di qui a poco con gli iscritti per comprenderemeglio come ciò inciderà sulla nostra quotidianità.“...Imperfetto, ma nell’insieme è ragionevole ecoerente con le necessità quotidiane del me-stiere e le direttive comunitarie, equilibrato nelmantenere le peculiari caratteristiche delle pro-fessioni intellettuali, pur facendo i conti con larealtà del mercato globale che caratterizza il no-stro tempo...”In sintesi è questo il giudizio che il ConsiglioNazionale ha dato, rispetto al deliberato recen-temente approvato dal Governo.Personalmente non posso che concordare conquesta considerazione, sia per il Principio sulquale la stessa si fonda, sia per quanto riguardail merito delle ricadute di questa sulla ri-visitatafigura dell’Architetto.Infatti nella Riforma viene salvaguardato il Prin-cipio Costituzionale che prevede che i mestieriche riguardano la sicurezza dei cittadini e la sal-vaguardia dell’ambiente non possono che es-sere esercitati da coloro che hanno seguito unospecifico percorso universitario e sono stati abil-itati con un Esame di Stato, ribadendo altresìche “l’esercizio della professione è libero efondato sull’autonomia e indipendenza digiudizio, intellettuale e tecnico”.La conferma di questi Principi che, per coloro iquali credevano e continuano a credere nella pro-fessione di Architetto, come il sottoscritto, erano

evidenti, ma che non poteva assolutamente es-sere data per scontata, diventa ora il fondamentoetico della professione e del rapporto tra noi Ar-chitetti e i cittadini; un rapporto che negli ultimitempi era sicuramente stato messo in discus-sione secondo opinabili considerazioni.Lo stesso istituto dell’Ordine Professionale neesce ulteriormente rafforzato, confermando per-tanto che il problema era la Professione di Ar-chitetto a essere in discussione, e non la suacapacità rappresentativa, avendogli, la stessaRiforma, affidato il compito di regolamentarla eattuarla, insieme al CNA e sotto il controllo delMinistero della Giustizia.La riorganizzazione dei Consigli di Disciplina,che non possono giustamente coincidere con iConsigli degli Ordini; la regolamentazione deltirocinio e della formazione continua; l’avviareconvenzioni con le assicurazioni; costituire gliAlbi dei tirocinanti e delle Società tra Profes-sionisti, sono tra gli aspetti più innovativi delnuovo “fare professione”; riscrivendo di con-seguenza norme deontologiche che devono nec-essariamente includere gli illeciti previstiriguardo il nuovo rapporto con il cliente, perquanto attiene l’assicurazione professionale, lapubblicità ingannevole o denigratoria, l’uso dis-torto del tirocinio, il mancato svolgimento dellaformazione continua, l’evasione fiscale.In ogni caso questa riforma segna soprattutto unmomento importante e significativo anche perchési concretizza, in maniera palese, l’assunzione diresponsabilità degli iscritti all’ordine rispetto allasocietà, all’ambiente e ai committenti.Una grande occasione, quindi, per ripensare erilanciare il ruolo sociale, culturale ed econom-ico, dell’Architetto, che deve assumere, neces-sariamente, una rinnovata consapevolezzaprofessionale.Ma questa Riforma si inserisce altresì in un rin-novato contesto di attenzione rispetto a quello

che era il destino della professione, alle nuoveeconomie e lo sviluppo del territorio; all’internodi un dibattito in cui la rinnovata figura dell’Ar-chitetto va ad assumere una importanza fonda-mentale e strategica anche rispetto ad un nuovalogica di governare il territorio in cui è rivisto so-prattutto il ruolo della città stessa.Un processo che, ancora più di prima, non puòche vederci attori protagonisti.Con il Piano di Rigenerazione e quello per leCittà, approvato recentemente nel DecretoSviluppo dal Governo, si rileva che nel ri-usareil territorio, contenerne il consumo del suolo,riproporre nuovi criteri di sostenibilità nel-l’edilizia, non solo si consente di dare un nuovosenso al concetto di città e territorio, ma soprat-tutto si rinforza la ri-generata figura dell’Ar-chitetto, che non può rimanere inerte rispetto aciò che la coinvolge in questo duplice ruolo dicittadino e artefice della trasformazione.Il nostro Ordine sta tentando, pur con le difficoltàdel momento, di avviare questo dibattito, e questaavventura editoriale ne è un evidente esempio,proprio per la consapevolezza che per raggiungeregli obiettivi della “rigenerazione urbana” è indis-pensabile una strategia complessiva per la qualeserve un lavoro coordinato capace di rimettere inpiedi processi economici tali da garantirne altret-tanti rispetto alle logiche di riqualificazione. Benvenga quindi una politica nazionale sulla rigener-azione delle città, ma questa non può prescindereda un salto culturale di tutti i protagonisti.Per Architetti, Imprese e Politica necessita per-tanto modificare un tradizionale approccio prog-ettuale e una consueta logica di operare;occorre farsi sicuramente carico rapidamente edin modo complessivo di questa grande riforma.Una rigenerazione che per avviarsi deve neces-sariamente ricreare nuovi territori dell’agire, iquali non possono trovarsi se non in una propriacapacità intellettuale e volontà di partecipazione.

2 3

[editoriale] Verso nuovi territori dell’agire

Biagio Cantisani

architetticatanzaro news

ovvero RIGENERARE CITTÀ: Il tema presentato in questa rivista è illeitmotiv delle politiche urbane italiane e quindi europee degli ultimianni. Il Consiglio Nazionale degli Architetti lo ha affrontato di recente indue convegni1 densi di contenuti e di apporti sinergici da varie catego-rie, svoltosi di recente sia a Roma che a Milano. I temi trattati sono stati vari, dalla sostenibilità legata al consumo dellecittà, alla loro crescita, che porta al consumo di suolo, al concetto dellarigenerazione urbana come ricognizione e ripensamento dei suoi luoghi.Densificare, sostituire, rigenerare, sono argomenti già presenti da temponelle strategie politiche e sociali della “governance” del territorio, ma af-finchè diventino reali strumenti innovativi occorre la buona volontà degliamministratori locali e contemporaneamente una forte pressione dal bassodi movimenti di cittadini e non solo, di intellettuali, di associazioni, per uncorretto progetto dei servizi, dello spazio pubblico, della mobilità.Riqualificare, rigenerare, valorizzare, insieme a termini come recupero edi-lizio, ecosostenibilità, gestione, manutenzione del patrimonio immobiliaree paesaggistico, risparmio energetico, fonti rinnovabili, etc, sono tutti aspettidi uno stesso problema che è quello della crisi dell’idea di città del ‘900, chegià dagli anni ‘80 in poi si è dovuta confrontare con l’inefficacia del governopubblico delle trasformazioni urbane, in un momento invece in cui le teorie(soprattutto in Italia) delineavano efficacemente i tratti di un progetto urbano,il solo capace di costruire relazioni urbane convincenti e durature, dissoltosicome neve al sole in uno scenario che già negli anni ’90 era molto netto, dioggetti di architettura autosufficienti, indipendenti dal contesto, dall’identitàculturale del luogo, e molto spesso anche dalla funzione.Le situazioni spaziali atopiche, oramai tessuto connettivo della città con-temporanea, efficacemente prefigurate e delineate già nei primi anni ’90

da Franco Purini2 , sono state poi il tema (il problema da risolvere) versocui le politiche urbane della comunità europea nel nuovo millennio hannoindirizzato i vari progetti di finanziamento per le città, a partire dai varicontratti di quartiere, i PRU (Piani di Recupero Urbano), i PUC (ProgrammiUrbani Complessi), non ultimi i PISU (Progetti Integrati di Sviluppo Urbano).Ma siamo ancora lontani dalla risoluzione: anche se ormai coscienti deinodi da risolvere (e i risvolti sono poi i temi che affrontiamo con i nostriospiti nella sezione) la prevalenza incontrollata dei sistemi della mobilitàe del trasporto collettivo su una qualsiasi idea di città, il fenomeno di unconsumo del suolo in continuo aumento, crescente distacco tra centro eperiferia, etc, sono situazioni riscontrabili in molteplici livelli in tutte lecittà europee. I vari interventi che seguono sul tema proposto, offrono degli spunti perriflessioni molto interessanti. La realtà urbana è cambiata, l’esperienzadella città avviene e va interpretata e vissuta secondo una cultura socialenuova, diversa, e di questo dobbiamo esserne coscienti, e i cittadini hannola loro parte di responsabilità, in una nuova interazione con l’ambiente econ il contesto (con la propria cultura contemporanea), essi devono cercareuna reversibilità in nuovi scenari, verso uno spazio comune di desideri, didoveri e di diritti.Ma gli strumenti del fare architettura non cambiano, sono quelli, anchese l’intorno è più complesso. L’integrazione delle politiche urbanistiche,economiche e sociali con la riqualificazione dell’esistente e il conteni-mento dell’espansione urbana sono i temi centrali di un dibattito in cui lafigura dell’architetto va ad assumere un ruolo importante, un ruolo che cideve vedere partecipi e protagonisti, per la capacità degli architetti di in-dirizzare e prefigurare i cambiamenti.

1 RI.U.SO, Rigenerazione Urbana Sostenibile, Forum,Roma 3 aprile 2012/ Milano 20-21 aprile 2012,promosso dal CNA con ANCE e Legambiente

2 “Corpi ambientali virtuali” – Franco Purini – in Casabellan°597/598 gennaio/febbraio 1993

4 5

Anna Corrado

rigeneramente

“Vorrei sapere come riesce un medico, un chirurgo, a diventare esperto nel suo campo senza sperimentazione continua. Il caso dell’urbanista o dell’ar-chitetto è identico. Senza la possibilità di sperimentare, di esercitare lavorando per conto delle regioni, dei comuni o degli enti statali, non è possibilefare niente. Anzi, tutto si riduce ad una pura esercitazione verbale”.

Ludovico Quaroni

Frammenti sulla postcittà

Franco Purini

La crisi finanziaria globale innescata dagli Stati Unitinel 2008 sta avendo, tra i suoi esiti negativi , alcunidei quali si sono rilevati devastanti per molti paesi, al-meno un effetto sicuramente positivo. Essa ha infattirivelato l’intrinseca fragilità del modello di evoluzionedella città concepito come la conseguenza diretta diuna crescita economica artificialmente amplificata. Unmodello il quale, esautorando del tutto il progetto ur-bano, ha imposto la colonizzazione della città stessada parte di una imponente fioritura di interventi archi-tettonici in reciproca competizione. Le città si sono tra-sformate così in una gigantesca vetrina dimediabuilding, oggetti di industrial design ingranditiincapaci di costituire un linguaggio comune e di co-struire relazioni urbane convincenti e durature. C’è daaugurarsi che gli effetti della crisi finanziaria sullecittà convinca gli urbanisti e gli architetti a riscoprireil progetto urbano e quello architettonico come spaziineliminabili di conoscenza e di trasformazione delmondo. Spazi i quali possono definirsi solo in quelladimensione collettiva che nel corso della sua storia haconferito alla città la sua necessità e il suo senso. Unadimensione nutrita dalla “distanza critica” di cui parlaVittorio Gregotti, uno sguardo sul mondo che consentedi non cadere in un realismo automatico e ripetitivo,sintomo di un conformismo esteso e radicato.

L’esperienza della città avviene da qualche anno se-condo modalità sempre più molteplici e complesse. Ciòa partire da una convinzione molto diffusa negli ultimidue decenni, riguardante l’idea che gli insediamenti ur-bani siano ormai divenuti altrettante postcittà, ovveroentità fortemente instabili e metamorfiche, molto di-verse dalle città del Novecento. Si tratta di realtà ur-bane le quali, indipendentemente dalle loro dimensionifisiche, sembrano avere subìto una serie di mutazionigenetiche. Il posturbano, nozione molto sfuggente, seb-bene estremamente presente nel dibattito attuale sullacittà, implica infatti sia la ricerca di scenari teorici eoperativi innovativi – si pensi ad esempio alla que-stione della sostenibilità e alla teoria della decrescita

di Serge Latouche – sia la presenza di una condizioneresiduale, frammentaria e casuale, attraversata dallapremonizione di catastrofi imminenti e definitive. Que-sta ambivalenza della idea di postcittà si iscrive in duemodelli interpretativi del fenomeno urbano. Il primo,positivo, si esprime in un certo numero di costruzioniconcettuali e di pratiche progettuali, alcune delle qualivalide, altre,invece, discutibili per più motivi. Costruirenel costruito, anche per evitare il consumo di suolo; in-trodurre corridoi ecologici all’interno di un contesto ur-bano globalmente rinaturalizzato; riproporre le valenzesociali dello spazio pubblico; realizzare edifici dal com-portamento energetico innovativo; recuperare comeelementi fondamentali delle comunità le memorie ur-bane rappresentano alcune delle intenzioni che ani-mano le ricerche progettuali per la postcittà. A questavisione propositiva si contrappone un immaginario chepunta invece alla estesa dissoluzione di ciò che restadel precedente assetto della città, nonché alla radica-lizzazione della contraddizione tra le diverse rappre-sentazioni urbane prodotte da ceti impegnati instrategie di potere tanto accese quanto, in molti casi,indecifrabili nelle loro reali motivazioni.

La “postmetropoli”, come la chiama Vittorio Gregotti,è un insieme caotico di “corpi ambientali” eterogenei,con la prevalenza dei non luoghi rispetto ai luoghi. Uninsieme nel quale lo spazio e il tempo non sono piùentità definite, distinte e messe in relazione dai rap-porti misurabili e riconoscibili. Anzi, per molti versi lospazio e il tempo non esistono più. Il primo si è dis-solto in una congerie di condizioni topologiche inde-terminate e interrotte, legate quasi esclusivamentealle ritualità del consumo; il secondo si è ridotto uni-dimensionalmente a un presente totalizzante che haassorbito e vanificato quelle profondità ideali che sonogenerate dal passato e dal futuro. Tutto risulta attua-lizzato, ma nello stesso tempo reso astratto e lontano.

In sintesi la tendenza a riscoprire un rapporto organicotra la città e la compagine sociale che essa ospita, in

architetticatanzaro news

Franco Purini, (1941) ha studio a Roma, dal1966, con Laura Thermes. E’ professore ordi-nario di Composizione Architettonica e Ur-bana presso la Facoltà di Architettura “ValleGiulia” dell’Università “La Sapienza” diRoma. Ha insegnato a Reggio Calabria,Ascoli, Piceno, Milano, Venezia. Ha pubbli-cato numerosi libri, l’ultimo dei quali è “Lamisura italiana dell’architettura” Editori La-terza, Roma-Bari, 2008.

La logica del tracciato

6 7

ì

una ritrovata concordia con la natura, si iscrive in unasituazione duplice che ha visto affermarsi alcune let-ture critiche particolarmente significative. Le interpre-tazioni urbane di Zygmunt Bauman, sostenute dallametafora della liquidità; le riflessioni di Alain Touraine,con al centro l’ipotesi della fine del sociale; le analisistrutturali di Naomi Klein, irriducibile avversaria dellaglobalizzazione; le letture geopolitiche di Saskia Sas-sen, nemica altrettanto determinata dei processi diglobalizzazione in quanto causa di profonde e cre-scenti diseguaglianze, disegnano un panorama diorientamenti che si pongono in netta controtendenzarispetto alle strategie positive di intervento.

Delineato questo quadro ampio e contraddittorio puòessere utile evidenziare tre delle principali modalitàcon le quali la postcittà viene oggi vissuta. La primaconsiste nell’esperienza della sua struttura fisica, valea dire nell’abitare concretamente gli spazi e gli edificidella città. Spazi ed edifici che danno luogo a tessituredotate di una identità morfologica precisa e nellostesso tempo a insiemi poco coerenti e riconoscibili.Per inciso la conoscenza di questa struttura rientraprioritariamente nell’ambito dell’architetto e dell’ur-banista. Il secondo modello ha origine dalla necessitàper ciascun abitante o frequentatore delle città di di-sporre di mappe mentali capaci di fornire elementi di

orientamento spaziale e di organizzazione tematica.Tali mappe, seppure individuali, si raggruppano in fa-miglie particolari, con il risultato di duplicare la cittàin un’ampia serie di simulacri che acquisiscono un ri-levante valore culturale. La terza modalità si riconoscenello stabilire una analogia operante tra la strutturafisica della città e la rete. La città è interpretata comel’esito del trasferimento nella realtà del cyberspaziocon la conseguente perdita del valore concreto dellacittà a favore di una sua proiezione immateriale sicu-ramente suggestiva ma difficilmente applicabile sulpiano strutturale. Se le prime due modalità sono esi-stite sempre nella lettura della città, anche se hannoassunto nel tempo significati diversi, la terza si confi-gura invece come una novità assoluta, introdotta dallarivoluzione digitale. Da questo punto di vista la po-stcittà è l’ambito di un incessante incrociarsi di flussienergetici e informativi che si dispongono secondogiaciture prospettiche sono non tanto visive quantomentali. Prospettive nelle quali il cyberspazio - l’in-venzione del termine si deve a William Gibson - si ap-propria dell’immagine dello spazio reale conferendoad esso un senso di infinità operante nel momentostesso in cui rende lo stesso spazio reale astratto eallusivo. La virtualità spoglia in questo modo la cittàdel suo corpo fisico trasformandola in una postcittà,un multiverso costantemente cangiante nel quale le

La misura del tessuto Ritmo urbano

architetticatanzaro news

relazioni primarie tra lo spazio e il tempo, trasformatiormai, come si è già detto, in semplici simulacri, ven-gono completamente sovvertite. Spazio e tempo si an-nullano entrambi nell’istantaneità del digitale, chevede lo spazio come semplice intervallo derealizzatotra elementi del calcolo, mentre il tempo si contrae asua volta nell’estremismo asemantico del puro datoinformativo, al quale è sottratta ogni storicità e ognipotenzialità evolutiva, a proposito di questi processic’è da fare un’osservazione di un certo rilievo. Se èvero che la città ospita una serie di flussi materiali eimmateriali i quali si sovrappongono e si incrociano,è anche vero che essa non può essere pensata solocome un grande dispositivo per le comunicazioni, l’am-bito di un complesso di scambi fisici e virtuali che ven-gono interpretati e vissuti come una sorta di “formaevolutiva”, costantemente diversa, quasi un dia-gramma in movimento. La città ospita infatti i flussima non può essere ridotta a puro meccanismo di tra-smissione di questi scambi empatici. Per l’architettoessa è un sistema di spazi e di manufatti i quali espri-mono un insieme di valori, dotati di un certo grado dipermanenza, valori relativi alla sfera architettonica,umanamente significativa, in grado di modificarsi neltempo, secondo un progetto sostenuto da un fortesenso comunitario, che esclude però controversie econtraddizioni.

Nel dibattito architettonico recente ciò che c’è di po-sitivo nel trasferimento della fisicità urbana nel mo-dello virtuale del cyberspazio è connotato conl’aggettivo smart. La postcittà è una smart city. La pa-rola inglese smart può essere tradotta in italiano conil termine intelligente, con un’accentuazione che ri-guarda la scaltrezza, l’astuzia, l’essere pronti e bril-lanti, la velocità di muoversi e di operare. In pocheparole l’intelligenza che ha che fare con la categoriadello smart evoca più Mercurio che Minerva. Si trattacioè di una capacità di pensare e di agire che si situapiù nella sfera delle relazioni relative al commercio eall’intrattenimento che a quella della conoscenza verae proprio. Ciò che è smart è apparentato ad esempioalla teoria di Richard Florida sulla classe creativa, aquella di Thomas L. Friedman sul mondo piatto, alleproposte di Domenico che De Masi ha espresso nelsuo libro La fantasia e la concretezza. Si tratta di teo-rizzazioni le quali, ciascuna a suo modo, pongono l’ac-cento sulle capacità performative dell’individuo intesecome manifestazioni di un’attitudine, in un certo sensodecontestualizzata, all’innovazione. Nelle opere deitre teorici il soggetto creativo appare in un certo sensoinfatti esterno alla società, indipendente da essa. Losmart, fondato su una leggerezza intuitiva, giocosa edeffimera, sta alla dimensione mercantile come l’intel-ligenza costruita su una rigorosa analisi della realtà e

8 9

Il gioco del vuoto L’ordine del disordine

architetticatanzaro news

su innovazioni nutrite di sapere storico e di spirito cri-tico sta alla dimensione di una durata consapevole. Ineffetti la postcittà, ammesso che esista, è prima ditutto uno spazio del conflitto nel quale la moltitudine,indagata da Antonio Negri e Michel Hardt, scopre l’ir-riducibilità dello spazio e del tempo a un progetto ditotale libertà. Solo all’interno di un conflitto culturale,sociale e politico – un conflitto il quale veda in primaistanza che è anche il conflitto tra l’estrema visibilitàmediatica e l’invincibile invisibilità dei processi globali-che veda il confronto tra un nuovo genius loci e l’iper-generalismo dell’attuale condizione globale – possonointravedersi alternative valide all’attuale deriva checostituisce il fondamento stesso della postcittà, ov-vero la scomparsa di un vero progetto urbano a van-taggio della disseminazione nel tessuto di architetturespettacolari senza alcun rapporto l’una con l’altra. Ungenius loci del tutto riformulato alla luce di un ecolo-gismo avanzato, privo di risonanze anticapitaliste e disuggestioni pauperistiche,un ecologismo inteso comeun aspetto distintivo di un neo-umanesimo critico ca-pace di produrre un sistema di differenze alla ricercadi una loro composizione, seppure temporanea e par-ziale. All’individuo creativo che dovrebbe abitare lasmart city deve essere sostituita una creazione collet-tiva, un convergere, animato dalla ragione, verso unospazio comune di desideri, di doveri e di diritti. I pro-blemi principali di questa strategia sono, nell’ordine,come far convivere una riscoperta fisicità urbana conla sostanza atopica e intransitiva della rete; come at-tivare, ricordando la famosa distinzione di Pier PaoloPasolini tra sviluppo e progresso, una dialettica trauna crescita compatibile con le esigenze paesi emer-genti di recuperare in breve tempo lo svantaggio ri-spetto alle economie più avanzate; come conciliare leaspettative individuali con la necessità che esse siiscrivano in orizzonti di scala più ampia.

Tracciato in movomento

Il principio della variazione

10 11

Allineamenti e divergenze

Città delle diagonali

Tre modelli

La città nella città

Intervista a Eduardo Souto de Moura

A cura di Simona de Giuli

SDG Si parla molto della “Scuola di Oporto”, -anche se gli stessi protagonisti ne negano l’esistenza- di un “fil rouge” che accomuna il modo di operaredegli architetti del nord del Portogallo. Fernando Tá-vora sosteneva che questa continuità può essere ri-cercata nel fatto che il portoghese è stato costretto avivere una diaspora, una condizione che ha influenzatola sua cultura, egli infatti affermava: “Tra gli spazi oggiabbandonati della città di Fatehpur Sikri, fondata nel1571, risuona ancora la voce di una donna portoghesedi nome Maria, amante di Akbar, e il ricordo di due ge-suiti portoghesi che in quel luogo seguirono l’impera-tore nel suo tentativo di creare una religioneuniversale, sintesi della religione musulmana, hindue cristiana...”1.

ESdM In passato prima dell’inizio dell’era colonialeesisteva una forte identità artistica, poi il contatto conaltre civiltà ha inevitabilmente influenzato la nostracultura: all’apice dell’era coloniale i portoghesi nelmondo erano circa un milione e nelle nuove terre laproduzione era la sintesi del lavoro di operai locali edi regole portoghesi, il risultato non poteva che essereun “ibrido” tra le due culture. Per esempio: in tuttal’arte sacra portoghese del ‘500 e del ‘600 le donneerano raffigurate con occhi a mandorla e con i trattisomatici delle donne indio. È anche vero che i portoghesi hanno nella loro produ-zione artistica ed architettonica delle caratteristiche co-muni, nessuno tuttavia ha mai definito delle teorie chesostengono questo argomento. Esiste un libro moltobello di un critico americano, George Alexander Kubler,“Arquitetura o Chão”2 che in un certo senso evidenziaqueste peculiarità. “Chão” in portoghese significa terra,“Arquitetura o Chão” è la “Architettura della terra”, perGeorge Kubler l’architettura portoghese appartiene allaterra, la sua morfologia risente della pesantezza dellaforza di gravità ed è per questo che l’architettura porto-ghese privilegia l’orizzontalità. Ci sono anche altre ca-ratteristiche che accomunano la produzione di noiarchitetti come la semplicità e la piccola scala.

SDG Anche nell’approccio con il paesaggio?

ESdM Oggi l’architettura è pensata esclusiva-mente come un oggetto autosufficiente, una unicitàindipendente dal contesto, dalla identità culturale delluogo e talvolta anche dalla funzione; al contrario iocerco di creare una dualismo, mi piace molto infatti ladefinizione di bello come corrispondenza tra due cosediverse. Per me è importante che l’oggetto architetto-nico abbia la giusta corrispondenza con il luogo: ladove c’era un problema, se dopo il mio intervento ilcontesto raggiunge un nuovo equilibrio, allora il luogodiventa bello ed io ho raggiunto il mio obbiettivo. Quando inizio un nuovo progetto vado sempre a fare unsopralluogo: mi guardo intorno con un occhio socchiusoe aspetto... come a sperare di concludere un patto conil diavolo. Questa indagine è molto importante perchénon si può iniziare un nuovo progetto ignorando tuttoquello che è stato realizzato prima di me. Se per esem-pio devo disegnare una sedia, non posso ignorare chequesta è già stata fatta, per il mio progetto devo partireda quello che già esiste, capirne in profondità la sua es-senza e cercare di fare un passo avanti.Un aspetto molto importante per la comprensione di unsito è il suo disegno, poiché questo se ben eseguito è unprocesso di indagine che ti svela il “problema”. Quandoho iniziato a lavorare da Àlvaro Siza Vieira, se avevo undubbio non potevo fare una domanda, non potevo usarele parole, potevo esprimermi solo attraverso il disegno. Percapire in profondità il mio lavoro, qualsiasi esso sia, devousare le regole della mia disciplina, il parlare è concettuale,le parole creano solo una dialettica, il disegno invece sug-gerisce nuovi concetti. Anche all’università di Oporto i do-centi ci imponevano di disegnare il luogo del progettopoiché solo quando lo disegni puoi capirlo in profondità,se però lo disegni male, non capisci niente. Il disegno è unottimo strumento, ma può anche essere pericoloso.

SDG Ma se il progetto si trova a confrontarsicon un contesto poco significativo come ai marginidi una grande metropoli, mi riferisco per esempio al

architetticatanzaro news

Eduardo Elísio Machado Souto de Mouraè nato nel 1952 a Oporto nel nord del Porto-gallo; prima di iniziare gli studi di architetturaalla “Scuola delle belle Arti di Oporto”, l’at-tuale FAUP - Faculdade de Arquitectura daUniversidade do Porto - studia scultura. Di-venta architetto nel 1980 ma già dal 1974 an-cora studente inizia a lavorare nello studio diÀlvaro Siza Viera. Nello stesso anno del di-ploma dopo aver vinto il concorso per la Casadas Artes, un centro culturale nel giardinoneoclassico di Oporto, apre il suo proprio ate-lier. La collaborazione con Àlvaro Siza Viera inrealtà non è mai terminata, infatti ancora re-centemente hanno firmato insiemi importantiprogetti come il padiglione portoghese al-l’Expo di Hannover del 2000 (Germania) e, piùrecentemente, il padiglione estivo nella Ser-pentine Gallery in Hyde Park a Londra.

Souto de Moura nella sua carriera ha proget-tato possiamo dire senza poter essere smentiti,di “tutto”, dalle case di piccole dimensioni,dove ritorna in modo costante il tema del patio,al magnifico Estádio Municipal de Braga(2003), costruito in occasione dei campionatieuropei di calcio, alle stazioni della Metro-politana di Oporto (2004), fino al più recenteMuseo di Paula Rego a Cascais (2009), cit-tadina balneare a 30 chilometri da Lisbona. Dal 1990 è professore alla FAUP ed è statovisiting professor alla Scuola di Architetturadi Ginevra, ETH di Zurigo, alla Università diLosanna e alla Accademia di Architettura diMendrisio (Svizzera), a Paris-Belleville (Fran-cia), alla Havard University (USA). Nel 2011 è stato insignito del prestigioso“Pritzker Architecture Prize”.

1 Fernando Távora (Oporto 1923, Matosinhos2005): “Immigrazioni/emigrazioni. CulturaArchitettonica portoghese nel mondo”, inCasabella n. 700, maggio 2002. pag. 7“Portuguese Plain Architecture; BetweenSpices and Diamonds 1521-1706” Middle-town, CT, [PPA] 1972.

2 “Eduardo Souto de Moura” 21 marzo 2012,Aula Magna, Accademia di Architettura diMendrisio, Università della Svizzera italiana.“Concursos. Rétrospective dédiée à EduardoSouto de Moura”, Arc en rêve, Bourdoux, 10- 24 maggio 2012.

Conjunto La Pallaresa: viviendas, hotel, cine.Santa Coloma de Gramanet, Barcellona (Spagna)Progetto: 2004-2011Progettisti: Eduardo Souto de Moura, Robert Terradas, Esteban TerradasCollaboratori: Federico Acetti, Daniel CastroFotografo: © Pegenaute

architetticatanzaro news

suo intervento al Conjunto La Pallaresa, SantaColoma de Gramanet nella periferia di Barcellona(2004-2011), quali sono i riferimenti che riesce a co-gliere?

EsdM In particolare per Santa Coloma de Gra-manet poiché in questo sito non esisteva una gerar-chia, ne ho creato una attraverso la costruzione di treedifici, questi, che sono tre variazioni di scala dellostesso archetipo, creano un nuovo cuore, un nuovopolo che definisce una frontiera per l’incontrollataespansione della città. Inoltre la nuova centralità è ri-cercata non esclusivamente nella grande scala dei dueedifici più alti ma anche dall’attenta misura degli spazipubblici. In realtà questi spazi sono stati fortemente criticati per-ché considerati troppo “metafisici”: gli alti portici, lescale che servono le piazze poste a quote differenti sonostate definite troppo astratte; in realtà a me piace questacritica perché trovo molto interessanti gli spazi rappre-sentati nei dipinti di Mario Sironi e di Giorgio De Chirico.

SDG In una sua recente conferenza3 mi ha moltocolpito il suo nuovo intervento su quello che è consi-derato il suo primo capolavoro, il mercato del Bairrodi Carandà a Braga (1980-1984), in particolare comele persone a 15 anni dalla dismissione del mercato si

siano riappropriate del sito, come lei stesso ha affer-mato: “(...) come l’architettura (ri)diventa città”.

EsdM Dopo la dismissione dello spazio del mer-cato mi è stato chiesto dalla municipalità di Braga unprogetto di conservazione. Io non sono d’accordo conla “sacralizzazione dell’esistente” perché la storia èesattamente il contrario, la storia dell’architettura èla storia del riutilizzo degli edifici: la città è il collagedi tutte queste stratificazione, Roma è bella per que-sto, per la sovrapposizione del tessuto e dell’imma-gine. Quello che Aldo Rossi ci ha insegnato sulla cittàè ancora di grande attualità. Il mio progetto segue questi principi: gli spazi, le fun-zioni e i percorsi sono ripensati seguendo le tracce “di-segnate” dagli stessi utenti, che indipendente dallostato di degrado del mercato, hanno continuato ad “at-traversare” questo luogo. Mi piace l’idea della “acce-lerazione della storia” e su questo tema sto facendouna esposizione a Bourdeaux4 dove parlo proprio della“decadenza dell’architettura”. È noto che è lo stessoarchitetto a creare la rovina del suo edificio, a me noninteressa la “rovina” per una questione di romantici-smo, mi interessa piuttosto la caducità di un edificioperché questa riesce ad emanare diverse energie. Miinteressa maggiormente l’aspetto della contempla-zione, non l’immagine della rovina.

3 “Eduardo Souto de Moura” 21 marzo 2012,Aula Magna, Accademia di Architettura diMendrisio, Università della Svizzera italiana.

4 “Concursos. Rétrospective dédiée à EduardoSouto de Moura”, Arc en rêve, Bourdeaux,10 - 24 maggio 2012.

Mercato del Bairro di Carandà a Braga (Portogallo)Progetto: 1980-1984Ristrutturazione: 1997-2001Progettisti: Eduardo Souto de MouraFotografo: Luis Ferreira Alves

Intervista a Cannatà & Fernandes

A cura della redazione OAC

OAC Nei vostri lavori si evince come concettiquali qualità della vita, partecipazione, welfareurbano siano elementi portanti del progetto efondamentali per poter mirare a una reale poli-tica di rigenerazione urbana, partendo anche dalconfronto tra aree centrali della città e periferia,in un bilanciamento degli interventi. È questa lastrada per la vera ri-generazione dei luoghi dellacittà contemporanea? E quali sono le difficoltà acui si va incontro?

C&F L’unico strumento che abbiamo come architettiè quello di modificare delle realtà preesistenti ognivolta che l’occasione del progetto e della sua realiz-zazione si presenta. Le condizioni qui ci vengono colloccate di volta in voltastabiliscono i limiti e le possibilità del progetto. Que-ste condizioni mettono alla prova la nostra capacità diinterpretazione di una determinata realtà nella propo-sta di un nuovo “luogo”. E sono queste specificità chedeterminano la costruzione dell’ architettura. Fare architettura é una delle forma di partecipazionenella trasformazione della società all’interno della di-mensione disciplinare del nostro lavoro. Gli ideali dibellezza, funzionalità e durata sono sempre stati allabase dei nostri progetti. Ideali, naturalmente, che deb-bono essere collocati in una dimensione specifica equindi fare i conti con i programmi, le aspirazioni e isogni del committente sia esso pubblico o privato, e,sempre attraverso una valutazione critica sulle conse-guenze delle modificazioni introdotte nell’ambientedal nostro intervento.In termini di politiche urbane siamo convinti che ilproblema non riguardi l’architettura, bensí le modalitàe le forme di gestione della città all’interno di unaidea di società i cui valori della qualità della vita edella partecipazione siano valori condivisi dai rappre-sentanti della collettività ai quali spetta la responsa-bilità di realizzare un mondo migliore. In quantocittadini naturalmente abbiamo la nostra quota partedi responsabilità.

Non dovrebbero esistere differenze qualitative traaree centrali e periferia. Ogni nostro intervento è sem-pre mirato a stabilire con la specificità dei luoghi, conle differenze geografiche, culturali ed economichequelle qualità che permettono costruire degli spazifunzionali al miglioramento delle condizioni dell’abi-tare indipendentemente dalla localizzazione sul terri-torio. Differenze complementari alla costruzione dellacontinuità urbana. I nostri lavori possono esprimere questo tipo di ideesolo quando riusciamo ad avere degli interlocutori in-teressati e disponibili a lavorare in questa direzione.Purtroppo le opere realizzate corrispondono solo a unapicccola parte dei progetti che durante quasi trentaanni abbiamo elaborato.Sicuramente, saper riconoscere gli squilibri, gli spre-chi, le mostruosità che si sono realizzate negli ultimi50 anni costituisce un buon punto di partenza per ri-trovare anche con i nostri strumenti disciplinari delleottime pratiche di ri-generazione urbana. Le difficoltàsono costituite principalmente dallo scollamento esi-stente tra pratica professionale, intesa come praticaartistica, e l’allontanamento dell’architettura nel dise-gno della città contemporanea. Una difficoltà chiara-mente visibile nell’assenza del disegno urbano nellapratica professionale. La limitazione dell’architetturaal disegno dell’oggetto e la crescente specializzazionee autonomia delle discipline intervenienti nelle modi-ficazioni del territorio ostacolano una visione di sintesidelle forme del paesaggio artificiale.

OAC Quali sono gli strumenti attuali a disposi-zione degli architetti per rendere più attrattivi iluoghi reali?

C&F Non ci poniamo la necessita di rendere i luogi piùattrattivi. Tentiamo di costruire ambienti capaci di dareil massimo benessere in termini fisici e psicologici.Crediamo che gli strumenti, relativamente alla nostradisciplina, siano sempre gli stessi: il progetto come ri-sposta ai problemi. Si tratta di recuperare la capacità

architetticatanzaro news

Fátima Fernandes è nata a Bemposta, Mo-gadouro, (Portogallo), nel 1961.1979-1986 Studia presso la”Escola SuperiorArtística” ESAP di Porto, dove si laurea in Ar-chitettura.1984 Tirocinio in Italia, guidato dal prof. Arch.Manuel Mendes.1990-1992 Diventa l’architetto incaricato delDipartimento per il sostegno del Centro Sto-rico di Miranda do Douro.Dal 1996 Docente della Sezione Architettura(Architecture V) alla” Escola Superior Artí-stica” di Porto.

Michele Cannatà è nato a Polistena, (Rc),nel 1952.1971-1977 Studia presso l’Istituto Universi-tario Statale di Architettura di Reggio Cala-bria dove si laurea in Architettura.1978-1982 Lavora al Comune di Polistena, (Rc).1983-1984 Diventa assistente presso la Fa-coltà di Architettura di Reggio Calabria.1993 Ottiene l’equipollenza del suo titolo ac-cademico presso la Facoltà di Architetturadell’Università di Porto (Portogallo).Dal 1997 Docente della Sezione Architettura(Architecture IV) presso la “Escola SuperiorArtística” ESAP di Porto (Portogallo).2009 Dottorato in “Composizione Architetto-nica e Progettazione Urbana “presso l’Univer-sità di Chieti-Pescara.

CANNATA’ & FERNANDES Arquitectos Lda vienestata fondata nel 2000 da Fatima Fernandes e MicheleCannatà; lavorano insieme dal 1984, sviluppando l’at-tività professionale sia in Portogallo che in Italia.Le loro opere e progetti sono stati presentati in diversemostre individuali e collettive, tra cui la Biennale di Ve-nezia nel 1996, e la Triennale di Milano nel 1997.Il loro studio si occupa di progetti di architettura, urba-nistica, design; hanno anche sviluppato un’attività edi-toriale importante attraverso pubblicazione di libri,organizzazione di mostre e seminari internazionali di ar-chitettura; hanno partecipato a numerosi concorsi diprogettazione.Sono stati invitati da università e istituzioni culturali perparlare dei loro progetti e a partecipare come inse-gnanti, a diversi workshop internazionali.I loro lavori sono stati pubblicati in diverse riviste inter-nazionali di architettura; hanno ricevuto inoltre in Por-togallo prestigiosi riconoscimenti e premi.

www. cannatafernandes.com

di elaborazione di proposte progettuali adeguate allerisorse disponibili che sappiano interpretare le qualitàdei luoghi in funzione delle esigenze di un abitare con-sapevole delle vicende collettive. La storia della cittàcon tutti i valori positivi che conosciamo è lo stru-mento migliore che ci permette di incontrare e co-struire, attarverso il progetto di architettura, nuovequalità.

OAC In questo periodo storico difficile, sottol’aspetto economico, come ci si pone a propo-sito del rapporto budget disponibili ed esigenzedella committenza?

C&F Il problema economico è sempre esistito espesso costituisce un alibi delle cattive realizzazioni.Riteniamo che l’economia costituisce una delle tantecondizioni del progetto di architettura e in quanto va-riabile permette fare delle scelte che avranno una na-turale consequenza sul risultato del progetto. Non èpossibile associare le qualità dell’architettura alle di-sponibilità economiche del programma. I nostri pro-getti che hanno avuto dei notevoli e interessantiriconoscimenti nell’ambito disciplinare, sono statiquelli che sono stati realizzati con budget minimi macon grande collaborazione e partecipazione delcliente e dell’impresa costruttrice. Oggi dovremmotentare di trasformare le difficoltà economiche in unaoccasione di riflessione sugli errori commessi in que-sto mezzo secolo passato per operare secondo moda-lità che tengano conto delle reali risorse disponibilie soprattutto realizzare una equa distribuzione dellericchezze.

OAC Sullo sfondo di una crisi che non è piùesclusivamente economica ma anche di rap-porti sociali che si riflettono in una rivisitazioneobbligata del concetto di città, qualè il ruolo chedeve assumere la figura dell’architetto?

C&F Siamo sempre stati convinti che l’architetto do-vrebbe produrre architettura. Pensiamo che sarebbe ilmiglior contributo che un architetto può fornire allasocietà. Purtroppo la formazione degli architetti daparte delle Facoltà di Architettura non corrisponde allenecessità di quella società ideale che il MovimentoModerno attraverso i suoi Maestri aveva annunciatoe prefigurato. Dar continuità a quella cultura identifi-cabile con le ideologie delle avanguardie artistiche,dalla Città Industriale di Tony Garnier alla Città Ra-diosa di le Corbusier, che nelle prime tre decadi delXX secolo hanno fatto intravedere nuovi modelli so-ciali e nuove modelli di città contemporanea, ci sem-bra siano dei concreti riferimenti basilari per una unaricerca sul tema della città attuale.

OAC Come si cattura il senso della contempora-neità?

C&F Osservando la città attale e studiando la storiaurbana nelle sue diverse specificità: culturale, socialee economica. Avendo come riferimenti le realizzazionipiù qualificate, (le piú belle) che sono state realizzatea partire dalla nascita della prima città. E, parafra-sando V. Gregotti, aggiungendo frammenti di veritàalla storia dell’uomo, inventando con gli ingredienticonosciuti e le condizioni date, nuove realtà.

OAC Quali sono le vostre radici concettuali?

C&F Abbiamo avuto una formazione accademica dif-ferente. Uno in Italia e l’altra in Portogallo. Luoghi geo-graficamente molto distanti (Sud d’Italia e Nord delPortogallo) e corrispondenti a momenti storico-politicimolto diversi. In Italia gli anni ’70 corrispondevano ad un periodo dimassificazione dell’insegnamento, e soprattutto nelSud, all’acuirsi dei conflitti sociali, alla degradazionedella pratica dell’architettura e alla distruzione piani-ficata del territorio.In Portogallo, gli anni ’70 corrispondono alla fine diuna dittatura e al tentativo di costruzione di una so-cietà migliore. A Oporto, la presenza di una Scuola diArchitettura caratterizzata da figure di grande valore(Fernando Tavora, Alvaro Siza, Eduardo Souto deMoura, ecc:.), favoriva l’affermazione di una praticaartistica riconosciuta rapidamente in un ambito inter-nazionale. Con questi scenari di fondo, l’incontro si è stabilitosulla necessità di verificare possibili complementarietàcapaci di costruire una base di lavoro comune. Le no-stre differenze sono i valori che ci permettono di incon-trare ogni volta una equilibrata risposta ai problemi checi vengono posti quando facciamo architettura.

Avevamo origini differenti e naturalmente abbiamosempre nei nostri lavori mantenuto forme diverse disentire e forme diverse di espressione. Abbiamo, neltempo, costruito una metodologia di approccio attra-verso una pratica costante di sperimentazione sempreverificata da riferimenti comuni individuati nel corsodella nostra attività di ricerca sempre rivolta alla so-luzione di problemi del progetto.

Abbiamo sempre tentato evitare la banalizzazione for-male e figurativa per seguire un metodo in cui la rela-zione con la morfologia, l’economia, l’uso delmateriale, le relazioni con il paesaggio, il clima, il co-lore, ecc., avessero un significato capace di esprimeree identificare in maniera sintetica le forme dell’archi-tettura.

architetticatanzaro news

18 19

Pur riconoscendo i caratteri di un luogo, abbiamo il no-stro lavoro si è sviluppato attorno al tema della modi-ficazione per costruire quelle nuove realtà cheidentificano lo spazio dell’abitare contemporaneo.L’interpretazione del programma costituisce un mo-mento di risposta funzionale, ma al tempo stesso di-venta risposta alla necessità di sintesi formale alleesigenze di astrazione proprie della materializzazionedell’architettura.La limitazione economica nell’uso dei materiali e delletecniche costruttive, non è stata mai intesa, da noi,come un condizionamento, bensí una necessità di ap-profondimento e valorizzazione delle qualità spazialidell’architettura. La luce, l’ombra, il silenzio, la rela-zione visuale con il paesaggio, la proporzione di unafinestra, il colore, ecc. diventano i materiali più impor-tanti del progetto.

OAC Che ruolo ha l’esperienza emozionale nelvostro progetto?

C&F L’emozione è essenza dell’architettura e inquanto tale non ci stanchiamo di ricercarla e introdurlanei nostri lavori. L’emozione che proviamo durante unavisita ad un edificio di particolare bellezza costituisce

un ulteriore elemento di riflessione nella nostra pra-tica progettuale. L’emozione costruisce, spesso, quelladimensione soggettiva del progetto che giustifica in-consciamente delle invenzioni formali difficilmente di-mostrabili con logica scientifica. L’emozione in quantoesperienza soggettiva costituisce la grande sfida delprogetto sopratutto quando l’obiettivo di ogni lavorosi propone di produrre sensazione di bellezza nei futuriutilizzatori dell’opera.

OAC Ci raccontate brevemente, un sogno proget-tuale che non avete ancora realizzato.

C&F In nostro sogno coincide con quello che conside-riamo l’ideale degli architetti del Movimento Mo-derno: progettare e realizzare una cittàcontemporanea dal cucchiaio alla città. Ci piacerrebberealizzare una città in cui non fosse necessario co-struire la prigione.

OAC Un edificio di assoluta bellezza che, però,non avete progettato voi.

C&F Almeno tre: Il Panteon, La Rotonda e Il Padi-glione di Barcellona.

Intervista ABDR

a cura della redazione OAC

OACZ: Nei vostri lavori si evince come con-cetti quali qualità della vita, partecipazione,welfare urbano siano elementi portanti del pro-getto e fondamentali per poter mirare a unareale politica di rigenerazione urbana, partendoanche dal confronto tra aree centrali della cittàe periferia, in un bilanciamento degli interventi.È questa la strada per la vera ri-generazione deiluoghi della città contemporanea? E quali sonole difficoltà a cui si va incontro?

Michele Beccu I nuovi scenari verso cui la crisi cisospinge ci impongono un uso sempre più accortodelle risorse disponibili. La riqualificazione, i pro-grammi di rigenerazione, il recupero urbano sono pra-tiche urbanistiche e progettuali che hanno al lorocentro l’ottimizzazione delle risorse a noi destinate. Lalunga serie di progetti applicati al recupero urbano, iContratti di Quartiere, compiuti dopo dieci anni di can-tiere e faticosi iter amministrativi, il progetto recen-temente realizzato per il rinnovo dell’Ambito Urbanodi via Giustiniano Imperatore a Roma, sono volti al re-cupero di ambiti degradati delle aree semi-centralidella città, e di questi possiamo fare finalmente un bi-lancio positivo.In quelle esperienze progettuali il ruolo della partecipa-zione è stato centrale, nel bene e nel male: nel benedella costruzione di un dialogo con i cittadini, della ri-cezione della domanda sociale, della precisazione dellarisposta da dare al luogo, ma anche nel male della re-sistenza alla trasformazione, della diffidenza verso ilnuovo, verso il cambiamento di un assetto fisico dei luo-ghi che l’abitudine mentale a viverli consegna alla pa-ralisi. Ma le chances di innovazione non provengonoesclusivamente dai progetti di rigenerazione propria-mente detti. Sovente quelli nati per altre finalità rive-lano inedite qualità, in particolare le occasioniprogettuali dedicate alla mobilità e alla nuova infrastrut-turazione. Da questi provengono inedite risposte circal’innalzamento della qualità della vita, della facilitazionedella mobilità e dello scambio, del piacere della sosta.

Un grande progetto come la stazione Tiburtina di AltaVelocità diventa subito un boulevard urbano: un prete-sto per l’attraversamento del mare del ferro, ma unmodo per riconquistare un pezzo di città dimenticata,il quartiere Pietralata. Così anche le stazioni dellaMetro B1, così fortemente connotate dalla inesorabilitàdello scambio trasportistico, si aprono invece alla cittàcon l’inedita disponibilità della piazza urbana; scen-dendo di una quota rispetto al livello del traffico, delcaos urbano, si ritrovano subito relazioni contestualipiù appropriate con il l’intorno urbano, con i cammina-menti pedonali, con la vita quotidiana della città.

OACZ Quali sono gli strumenti attuali a dispo-sizione degli architetti per rendere più attrattivii luoghi reali?

Filippo Raimondo Il solo, il vero desiderio dell’uomoè quello di non morire. È a partire da questa insensataaspirazione che si spiegano tutte le sue azioni. Ed èsempre nel vano tentativo di garantirsi la sopravvi-venza, che l’individuo (oltre alla principale forma diperpetuarsi che risiede nel procreare) intraprende lepiù disparate e sorprendenti attività: c’è chi in modoencomiabile si dedica alla ricerca scientifica (pen-siamo all’attività dei fisici, dei biologi, dei medici ecc.);c’è chi si ingegna ad accumulare oggetti che ne tra-mandino la figura ai posteri (a questo servono le col-lezioni); c’è chi intesse una fitta rete di amicizie econoscenze, più o meno profonde, e tra loro più omeno integrate (così si sopravvivere nella memoriadegli altri); e, in fine, c’è chi istaura una fortissima etotalizzante relazione con il divino (per il fedele lamorte non è altro che una rinascita). Insomma, il de-siderio dell’immortalità (e in subordine il bisogno diaffermare la propria identità) sono la pulsioni che dasempre spingono l’individuo ad agire e a trasformarel’esistente. In altre parole, e per quel che ci riguarda,è proprio il perdurare di questo genere di impulsi cheporta istituzionalmente l’architetto a realizzare l’”at-traente”, e quindi il “bello”. E ciò spiega anche perché

architetticatanzaro news

Copyright©Studio Maggi/Moreno Maggi

Maria Laura Arlotti, Michele Beccu,Paolo Desideri, Filippo Raimondo, svol-gono attività professionale associata dal 1982.ABDR ha sede in Roma e svolge attività prog-ettuale e di ricerca frequentemente docu-mentata sulle principali pubblicazioni italianee internazionali.Gli associati hanno tenuto conferenze sulla pro-pria attività progettuale su invito di numerosescuole di architettura nazionali ed estere.ABDR ha partecipato alla XVI “Triennale” diMilano del 1995 ed alle selezioni della Bien-nale di Venezia del 1996, del 2004, e del2006. Nel 1997 ha esposto il proprio lavoronella mostra monografica alla galleria AAMdi Milano, nel 2007 nella mostra monograficaall’Academie Royale di Bruxelles a cura del-l’Istituto Italiano di Cultura e nel 2010 nell’-EXPO di Shangai “Alto design, altatecnologia italiane” al World Trade Center.Nel 2003 lo studio ABDR ha vinto il premioEUROSOLAR per l’architettura bioclimatica enel 2010 il premio “2010 Europe e AfricaProperty Awards”.L’attività progettuale dello studio ABDR èprincipalmente svolta nei settori pubblici eprivati delle grandi opere infrastrutturali,degli edifici pubblici museali e culturali e deigrandi complessi immobiliari, progressiva-mente specializzata nella progettazione inte-grata e nel controllo dei rapporti traarchitettura e engineering.Dal 2008 ABDR è iscritta all’OICE.

gli strumenti di cui egli dispone per tessere la tramadel processo creativo, sono sempre gli stessi, e sem-pre lo saranno. Tanto per intenderci, dietro alla ab-norme materialità di un edificio come il Partenone(cosa questa che potrebbe indurre a pensare che nellasola gravità del marmo risieda la sua essenza) c’èanche un’enorme quantità di astrazione che ne con-forma l’essere. E a guardar bene di leggerezza e im-materialità ce n’è di più (e perfino di maggior qualità)in cima all’Acropoli di Atene, di quanto non ce ne sianelle opere di Mies van der Rohe o di Kengo Kuma.Autori che per ragioni diverse vengono consideratimaestri della leggerezza. Non a caso l’architettura,quella buona, è figlia dell’eterno conflitto tra il mate-riale e l’immateriale, tra il leggero e il pesante, tra iltrasparente e l’opaco, tra il luminoso e il buio, tra l’etc.e l’etc. In altre parole è il gioco sapiente delle tantedicotomie che “rendere attrattivi i luoghi”.

OACZ: In questo periodo storico difficile, sottol’aspetto economico, come ci si pone a propo-sito del rapporto budget disponibili ed esigenzedella committenza?Sullo sfondo di una crisi che non è più esclusi-vamente economica ma anche di rapporti so-ciali, qual’è il ruolo che deve assumere la figuradell’architetto?

MB Rispondere a tale quesito significa esporsiall’agguato perenne del luogo comune sulla mancanzadi risorse, sui budget inadeguati, sulla miseria di unacommittenza pubblica che sottostima sistematica-mente il costo delle opere, e non investe sulla qualitàdell’architettura. Detto questo, è vero che la scarsezzadi risorse è uno dei mali che più affligge il mondo dellacostruzione, ma un male ancora peggiore è forse l’in-compiutezza, l’avvio di realizzazioni importanti che nonraggiungono il completamento per la mancanza di esi-gui importi finanziari. Questo accade per numerosi pro-getti; per il Museo Nazionale della Magna Grecia, aReggio Calabria, risulta evidente che l’avvio dell’atti-vità ordinaria del Museo ricreerebbe immediatamentequel circolo virtuoso di entrate quotidiane, attività col-laterali, didattiche, di accoglienza che risarcirebberoimmediatamente l’esborso finanziario, permettendo aquella istituzione di vivere di vita propria...Al contrario, in questa generalizzata carenza di risorse,di cautela amministrativa, quanta generosità, quantainventiva, quanta originalità nell’uso delle tecniche, deimateriali, da parte non solo dei progettisti, ma dei tec-nici, degli ingegneri, dei collaboratori delle imprese,quanta creatività “italiana” nel trovare le soluzioni, nel-l’adattare le tecnologie, nel provvedere alla quotidianacostruzione della qualità dell’architettura! Il Teatrodell’Opera di Firenze, opera peraltro impegnativa per il

20 21

Copyright©Studio Maggi/Moreno Maggi

Copyright©Studio Maggi/Moreno Maggi

suo importo, ha avuto finora un costo parametrico beninferiore al celebrato e coevo Opera House di Oslo,dello studio Snohetta, cui è paragonabile per dotazionie funzionamento. Il compito di noi architetti è quindi quello di controllarequesti processi. Il controllo della qualità dell’architet-tura passa attraverso un attento coordinamento ditutte le dinamiche progettuali, sospese tra progetto,esigenza di stile, soluzione tecnico-specialistica,messa in opera produttiva e cantieristica. Bisognacombattere anche la quotidiana tirannia della tecnica.Il lavoro dell’architetto è un corpo a corpo giornalierocon l’invadenza degli specialismi, delle settorialità noncomunicanti, degli egoismi disciplinari. E’ però motivodi grande soddisfazione, nelle visite di cantiere, veri-ficare la permanenza delle idee di progetto, come que-ste si costruiscono concretamente all’interno dellavarie scelte tecnico-costruttive, paradossalmente raf-forzate ed esaltate da quei processi.

OACZ Come si cattura il senso della contem-poraneità ?

FR A mio avviso quello della contemporaneitàè un falso problema. O meglio, è un problema che semal posto rischia d’essere fuorviante, se non perico-loso. Non c’è niente di peggio, infatti, che mettersi alcosì detto tavolo della progettazione con l’intentoesplicito di realizzare un’opera che sia un esempio dicontemporaneità. Perché ciò, in realtà, vuol dire pen-sare che l’attualità dell’architettura risieda nel suoaderire a un tempo presente e progressivo. E questo,aimè, non può che tradursi in un mero esercizio imita-tivo. Un processo che come orizzonte prossimo haquello offerto dai periodici d’architettura freschi distampa che si possono trovare nell’edicola sotto casa.Così, se si ha la fortuna di imbattersi nell’opera di inun fine esponente della nostra categoria professio-nale, bene!... il prodotto che ne verrà fuori sarà di-screto, non eccelso ma accettabile. Ma se come spessoaccade il pubblicato in questione è un “pupazzaro” o un

“mestierante”, male!... l’esito finale del lavoro saràun disastro. Insomma, non è questa la via che conducealla contemporaneità. Quindi, non volendo portarla perle lunghe, mi limiterò ad elencare una manciata di pre-cetti che, a mio modesto parere, potranno risultareutili per “catturare il senso della contemporaneità”:1 la contemporaneità non è connessa al tempo (le

contingenze temporali hanno valore soltanto perchi si occupa di storia e critica dell’architettura,non per chi progetta)

2 la leggerezza non è sinonimo di contemporaneità(un esempio per tutti: le terme di Vals di PeterZumthor)

3 la contemporaneità non coincide con l’ultima fron-tiera della tecnologia (le architetture di Herzog &de Meuron, o di Manuel e Francisco Aires Mateus,non sono meno contemporanee di quelle di Nor-man Foster o di Renzo Piano)

4 tutte le forme sono contemporanee (in questo imercati di Ostia Antica sono coevi al Kimbell ArtMuseum di Louis Kahn)

5 tutti i materiali sono contemporanei (i mattoni delleterme di Caracalla sono gli stessi adoperati da Ra-fael Moneo nel Museo d’arte romana di Merida)

6 i bisogni forti dell’uomo sono il solo canovacciocon cui la contemporaneità può andare in scena(e siccome le necessità primarie dell’individuosono sempre le stesse, per noi architetti la con-temporaneità è eterna, tende all’infinito)

OACZ Quali sono le vostre radici concettuali?

MB Interrogarsi sulle radici concettuali di un teamcome ABDR significa addentrarsi in un labirinto forseinestricabile. La mescolanza di motivazioni, di sugge-stioni, di necessità contingenti che stanno alla base delnostro lavoro, e che oggi raccoglie riconoscimenti nonunanimi ma significativi, è una sospensione instabile ecangiante in superficie, e questo aspetto determina unacerta varietà di uscite espressive e formali nella nostraproduzione, ma con solidi ancoraggi in profondità. Que-

architetticatanzaro news

sti ancoraggi possono essere rintracciati, con grandeapprossimazione, in una comune militanza nella scuoladi Valle Giulia, in un momento felice, con piccoli e grandimaestri comuni, un apprendistato improntato al rigoretipologico e a una percezione “poetica” della periferiaromana, una pratica progettuale quotidiana segnatadalla ricerca del disegno “d’autore” e per il progetto benfatto, amorevolmente costruito. Una familiarità verso lascuola romana, nella sua multiforme facies culturale,da Piacentini, a Libera, a Nervi.Oggi, una maggiore consapevolezza sulla complessitàdel nostro mestiere, sospeso tra la sempre crescentepervasività della tecnica e delle procedure e l’eternasopravvivenza di una cospicua dose di artigianalità. Alcentro della nostra riflessione la forma architettonica,paradigma della prassi progettuale, tra autonomiaconcettuale e fattore di soluzione delle aporie del pro-getto concreto. In ultimo, ma non meno importante,una vicinanza complice con l’opera di importanti artistiche abita alcuni spazi delle nostre architetture.

FR Quando si parla di radici non si può fare ameno di riferirsi almeno a quattro forme di legacci: igeni che ci portiamo appresso; la terra in cui siamonati; la famiglia in cui siamo cresciuti; la caldera cul-turale in cui ci siamo formati. Tra queste quattro radiciintendo soffermarmi sulla quarta, e non perché la ri-tengo più importante delle altre, al contrario, ma per-ché è quella che come ABDR ci è comune: la ValleGiulia degli anni settanta. In estrema sintesi la radicedi cui parlo affonda nell’esperienza della “scuola ro-mana”, contaminata dalla “cultura mitteleuropea” vei-colata dall’esperienza tutta italiana della “Tendenza”.Insomma, a partire da questa schizofrenica radice cul-turale in cui il disegno era molto se non tutto, il nostroimpegno, al contrario, si è speso nel tentativo di tra-sformare l’architettura immaginata in architettura co-struita, con la fatiche e i rischi e che tutto ciòcomporta. Un processo, quindi, iniziato alla fine deglianni settanta, perseguito con caparbietà e che adesso,anche alla luce dei risultati raggiunti, può sembrareovvio, l’unico possibile, ma che allora, in quel precisomomento culturale, storico e politico, per molti dei no-stri maestri e colleghi, non lo era, non lo era affatto.

OACZ Che ruolo ha l’esperienza emozionalenel vostro progetto?

FR La capacità di far vivere a chi si accosta allanostra architettura una forte esperienza emotiva, ètutto. Se come ho affermato in precedenza il compitodell’architetto è quello di interpretare e dare forma allepulsioni forti che governano l’esistenza umana, ciò vafatto costruendo una sequenza di spazi, un rimando diforme, una successione di colori e un alternarsi di lucie di ombre, che siano in grado di sorprendere, rasse-renare e, nel caso, se questo risultasse funzionale al

dipanarsi del racconto figurativo immaginato, anche in-quietare. In altri termini, come fosse un romanziere, uncompositore musicale, un regista cinematografico, unpoeta, l’architetto è chiamato a costruire un copionepiù o meno complesso, più o meno articolato, ma sem-pre consapevolmente strutturato, in cui le emozionisono messe in ordine e tradotte in forma. Insomma, findall’inizio del suo lavoro il progettista deve conoscerei punti sensibili (fisici e psicologici) dell’essere umanoche egli andrà a sollecitare e su cui la sua costruzionecomunque, che lo voglia o no, agirà.

OACZ Ci raccontate brevemente, un sognoprogettuale che non avete ancora realizzato.

MB Tantissimi, ma in particolare un edificio reli-gioso: la chiesa che progettammo per il Concorso “Prov-vista di nuove Chiese per il Giubileo del 2000”. Siamoparticolarmente legati a quel progetto sia per evidentiragioni culturali e filosofiche, per la felicità della solu-zione architettonica, per la sua organicità. Ma anche per-ché rappresenta, al passaggio di quel decennio, l’ultimoprogetto concepito con le tecniche artigianali della cartalucida, della china, con una ricerca cromatica accuratadelle tavole di concorso, acquerellate e rifinite col Pan-tone. Una uscita espressiva che a lungo abbiamo poi in-seguito e ricercato con le odierne tecnologie digitali.

OACZ Un edificio di assoluta bellezza che,però, non avete progettato voi.

FR Se qualche anno fa mi avessero posto unasimile domanda, probabilmente non avrei risposto. Maadesso, seppur a titolo personale, credo di poter af-fermare che al mondo non c’è nessun “edificio di as-soluta bellezza” che avrei voluto progettare, e ciò perun motivo molto semplice: visto e considerato che l’ar-chitettura che più di ogni altra al mondo viene consi-derata icona della perfezione è il Partenone, e datoche in Kazakhstan abbiamo costruito un pronao otta-stilo di dimensioni gigantesche, con colonne in Perlatodi Sicilia alte più di ventiquattro metri, roba che quellein Pentelico di Ictino sembrano grissini, posso tran-quillamente affermare che da adesso in poi l’unico raf-fronto possibile è con noi stessi. Ovviamente la mia èsoltanto una battuta, perché in ben altro modo va in-quadrata l’esperienza progettuale del Teatro del-l’Opera di Astana. In realtà, e qui torno ad esser serio,se proprio devo citare un’architettura che in questoesatto momento mi affascina, la sceglierei tra le nu-merose costruzioni che sorgono lungo la “Via dellaSeta”. Tanto per intenderci un’opera come il Registandi Samarcanda. Un monumento che, come molti altripresenti in quella straordinaria regione, e come avvieneper ogni architettura che si rispetti, attraversa il tempo,con la stessa pacatezza, dignità ed empatia con cui unacarovana di cammelli percorre il deserto del Gobi.

22 23

Riqualificare le città: cinque tabù

Luigi Prestinenza Puglisi

Se nel prossimo futuro occorrerà evitare di consumarenuovo suolo, destinato a verde o a usi agricoli, va dasé che il tema della riqualificazione acquisterà mag-giore rilevanza. Dal punto di vista economico perchéun numero crescente di risorse sarà utilizzato versotale fine. Dal punto di vista legale perché servirannonorme meno ingessate e più elastiche e tali comunqueda premiare gli atteggiamenti virtuosi. Dal punto divista culturale perché occorrerà mettere in discussioneun rilevante numero di tabù.Di questi vorrei indicarne cinque.Il primo tabù è la separazione tra centro storico e pe-riferia. Questa, se ha permesso di salvaguardare i no-stri quartieri medioevali, rinascimentali e barocchidalla speculazione più selvaggia, oggi si rivela una stu-pidaggine. Da un lato, infatti, abbiamo una città pre-sepe dotata di servizi e gravata da un eccesso ditutela, dall’altro la non città della periferia, dove tutto,o quasi, appare possibile: insomma il salotto buonocon le aree pedonalizzate e la terra di nessuno conmacchine parcheggiate in terza e quarta fila. Riquali-ficare vuol dire invece capire che la città è una e il cen-tro storico non è un luogo perfetto e intangibile, mauna parte dove si può operare con interventi di qualità.E d’altro lato che la periferia può assumere nuova cen-tralità, basta volerlo.Il secondo tabù da sfatare è l’orrore per la nuova co-

struzione bollata come cementificazione. Oggi ambien-talisti, italianostristi, soprintendentisti, ecologisti ur-lano subito al disastro e alla speculazione. Motivo peril quale si chiede sempre di conservare l’esistente ese si fa qualcosa invocare il ripristino allo status quo.Di questo passo l’Italia diventerà un paese mummifi-cato, incapace di crescere. Riqualificare non vuol diremantenere le cubature, la sagoma, i caratteri stilisticio quella strana cosa che tutti evocano ma che nessunosa che cosa sia: il genius loci (non esistono geniettidel luogo ma solo luoghi che hanno o non hanno qua-lità). Riqualificare vuol dire migliorare. E a volte permigliorare non esiste altra strada che ricostruire exnovo, con nuove forme e criteri. Siamo stufi, infatti, direcuperare capannoni o costruzioni da quattro soldisolo perché sono vecchi cinquanta o più anni. Per ilsemplice motivo che gli errori del passato non si redi-mono solo perché col tempo diventano pittoreschi.Il terzo tabù da sfatare sono gli standard urbanistici.Non che non si debba tenere conto dei pesi urbanisticigenerati dalle nostre scelte. Ma feticizzare la normache assegna un tot di metri quadrati ad abitante vuoldire operare contro gli interessi dell’urbanistica. Miraccontava qualche settimana fa un assessore di uncomune che l’amministratore di Ikea gli faceva notareche gli standard richiesti dal piano regolatore per ilnuovo complesso che la sua società voleva costruire

Luigi Prestinenza Puglisi È storico e criticodi architettura. Ha scritto This is Tomorrow,Forme e Ombre,  HyperArchitecture e NewDirections in Contemporary Architecture. E’presidente della Associazione Italiana di Ar-chitettura e Critica (www.architetturaecri-tica.it). Dirige la rivista internazionaleCompasses (www.compasses.ae)  e il blogPresS/Tletter (www.presstletter.com).

architetticatanzaro news

erano esattamente il doppio di quelli da loro general-mente previsti. Adesso non credo che non ci sia unaditta che più al mondo tenga al far parcheggiare co-modamente i propri clienti. Raddoppiare gli spazi ne-cessari non vuol dire solamente far sprecare soldiall’investitore ma consumare stupidamente suolo sullabase di calcoli fatti da chi di reali flussi di automobiliha una conoscenza solo libresca.Il quarto tabù da sfatare è che il verde debba essereper forza al piano terreno. Tetti verdi praticabili e per-sino balconi attrezzati (anche se devo dire che il pro-getto di case verdi che Boeri sta realizzando a Milanomi lascia un po’ perplesso) possono contribuire al be-nessere dei cittadini tanto quanto i tradizionali giardi-netti. Il quinto tabù da sfatare è che tutti gli architetti sianobravi. Non è vero. Alcuni sono proprio dei cani e nonbasta l’iscrizione all’ordine per garantire il pedigree.Che fare, allora, per avere città migliori? Non certo ri-pristinare le commissioni edilizie che servono poco enulla. Bisogna invece puntare sui concorsi di architet-tura. E premiare i privati che se ne avvalgono. Ma, i concorsi sono solo una condizione necessaria,non sufficiente. Perché in un paese incline alla corru-zione come il nostro, possono essere truccati (tutti losappiamo che lo sono). Inoltre i concorsi possono es-sere uno spreco di tempo e di risorse per i progettisti

che, in cambio di una vaga possibilità di ottenere l’in-carico, devono lavorare gratuitamente. In propositodovremo imparare dal sistema francese, dove avven-gono in due fasi: una selezione su curriculum o suun’idea e una seconda con rimborso spese. Inoltredeve essere tassativo che a giudicare siano personefuori dai giochi. Su questo l’Ordine degli architetti po-trebbe fare molto. Sempre che lo voglia fare e che siafuori dai giochi.

24 25

Calabria verso territori intelligenti

Franco Rossi Presidente Sezione INU Calabria

L’intervento qui proposto, facendo una sintesi del di-battito presente all’interno dell’ Istituto Nazinoale diUrbanistica riprendendone temi, documenti, suggeri-menti, intende sottoporre all’attenzione degli studiosi,degli operatori, dei politici alcune riflessioni su dueparticolari aspetti che caratterizzano il momento poli-tico/culturale che sta vivendo la Regione Calabria nelsettore urbanistico: la Legge Urbanistica Regionale edi Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (QTRP).L’Istituto Nazionale di Urbanistica è un “Ente di dirittopubblico, di alta cultura e di coordinamento tecnicogiuridicamente riconosciuto” fondato nel 1930, chepersegue i propri scopi statutari, eminentemente cul-turali e scientifici: la ricerca nei diversi campi di inte-resse dell’urbanistica, l’aggiornamento continuo e ilrinnovamento della cultura e delle tecniche urbanisti-che, la diffusione di una cultura sociale sui temi dellacittà, del territorio, dell’ambiente e dei beni culturali.A questa fondamentale attività culturale svolta del-l’istituto si devono la riforma in senso strutturale delpiano urbanistico (congresso di Bologna del 1995) el’inserimento della tecnica perequativa nella disciplinaurbanistica (convegno di Milano sempre nel 1995).In coerenza con questo mandato culturale, la Se-zione Calabria dell’Istituto ha inteso apportare ilproprio contributo in questa fase di rivisitazione or-ganica della Legge Urbanistica Regionale e di pre-disposizione del QTRP. L’attività della SezioneCalabria dell’INU si è caratterizzata in questi ultimianni per il costante tentativo di accompagnare la

Regione e gli Enti Locali verso la ripresa di una po-litica di governo del territorio a cui sembravano averdefinitivamente rinunciato.L’Assessore all’Urbanistica Pietro Aiello ed il Dirigentegenerale Saverio Putortì hanno avuto la forza e la de-terminazione di avviare una fase di rivisitazione criticae di riproposizione di un impalcato normativo e proce-durale che correva il rischio di affossarsi su se stessose non avesse trovato la forza e l’energia di individuaree superare i punti di debolezza e di inerzia fino ad oggidimostrati. Tale iniziativa va sostenuta ed accompa-gnata con contributi, riflessioni, approfondimenti.La diffusione della Bozza del Documento Preliminaredel QTRP per l’avvio delle procedure di consultazionepubblica rappresenta sicuramente un momento impor-tante per il dibattito in corso al quale non ci si può sot-trarre. La formulazione del QTRP costituisce unadempimento indispensabile affinché la “nuova” sta-gione della pianificazione regionale, avviata ormai nel2002, possa finalmente convergere verso obiettivi co-muni, finalizzando il lavoro svolto in questi anni. L’in-tervento che segue non potrà che assumere la formadi una riflessione di carattere culturale sui contenutidisciplinari del documento in discussione.Un apprezzamento va all’Ordine degli Architetti della Pro-vincia di Catanzaro ed al suo Presidente arch. Biagio Can-tisani per la costante attività nel promuovere dibattiti,temi, iniziative su i temi del governo del territorio e sullaqualità degli interventi, ma anche un sentito ringrazia-mento per aver voluto ospitare questo mio intervento

architetticatanzaro news

La Legge Urbanistica RegionaleLa legge urbanistica regionale della Calabria (n.19/2002), dopo la falsa partenza e i ritardi ini-ziali, ha aperto una nuova stagione di pianifica-zione che sta raggiungendo in questi mesi ilproprio momento culminante. Si tratta, per laprima volta, di un’attività di pianificazione a 360gradi, che vede impegnati contemporaneamenteed in stretta collaborazione tutti i livelli di go-verno del territorio. Il Piano territoriale regionale(QTRP) con valenza paesistica, è arrivato, per laprima volta nella storia regionale, quasi alla con-clusione del suo iter ed è oggi sottoposto a re-visione dalla nuova Giunta Regionale. Lamaggior parte delle Province ha avviato e alcuneanche concluso le attività di redazione del PianoTerritoriale di Coordinamento (e anche in questocaso si tratta di strumenti inediti). Tutti i comunidella Regione sta affrontando la transizioneverso il Piano Strutturale (il che vuol dire ca. 400nuovi strumenti comunali in itinere). La pianifi-cazione è, per la prima volta, al centro dell’inte-resse politico, economico e della collettività cheripone grandi aspettative negli esiti del processoin corso. Questa intensa attività ha consentitoalla Sezione regionale dell’INU di organizzare allafine del 2009 la prima Rassegna Urbanistica Re-gionale che ha rappresentato l’occasione perporre al centro del dibattito regionale alcune que-stioni chiave che sono state oggetto di approfon-dimento nel dibattito in corso ai vari livelliistituzionali, politici, accademici. Tra queste, ap-pare importante l’iniziativa della Regione e del-l’Assessorato Urbanistica Regionale nella attivitàdi revisione e di riproposizione della Legge Urba-nistica Regionale.In termini generali, si intende esprimere preven-tivamente una preoccupazione sull’insieme deiprovvedimenti che sono attualmente in corso diformulazione (non solo le modifiche generali allalegge urbanistica, ma anche la legge sulla rige-nerazione delle periferie ed il disciplinare per gliinterventi di recupero, conservazione e messa insicurezza del patrimonio storico costruito). Taliprovvedimenti si portano dietro il rischio e la ten-tazione di abbandonare l’approccio “strutturale”alla pianificazione comunale. Sembra, infatti, che,nell’attesa (lunga, troppo lunga) della redazionedei piani urbanistici, alcune importanti decisioni(strutturali e strutturanti appunto) potrebbero es-sere prese al di fuori del corpo organico dello stru-mento (ad esempio l’individuazione delle “aree dicrisi” sulle quali programmare le strategie di ri-generazione urbana o la decisione di ridefinire laperimetrazione del Centro Storico Comunale e di

dotarsi di un Piano del Centro storico).Appare, a chi scrive, al contrario affermare la ne-cessità di rinserrare le fila di un corpo normativoche appare sul punto di frammentarsi (più diquanto già non sia) e polverizzarsi in mille e unoprovvedimenti indipendenti uno dall’altro. Que-sto può avvenire solo riaffermando la centralitàdel Piano Strutturale come elemento di riferi-mento per l’intero territorio comunale, al qualevanno ricondotte le scelte di riqualificazione, ri-generazione, valorizzazione delle singole parti.Questo non significa che tutto deve restare fermoin attesa della conclusione del procedimento diredazione del Piano, ma eventuali necessità de-vono essere inglobate all’interno di una cornicedi riferimento condivisa, per non inficiare in par-tenza il senso e la portata del Piano stesso.In particolare in queste brevi note ci si vuole sof-fermare su alcuni punti che potrebbero caratte-rizzarsi vincolanti per il successo della nuovaLegge Urbanistica, in particolare:• I quadri conoscitivi• Il consumo di suolo• La VAS• La perequazioneI quadri conoscitivi. E’ ormai acquisito che il pro-cesso decisionale debba essere basto su QuadriConoscitivi certi, sia nella logica di una progres-siva condivisone da parte delle società locali delconferimento di senso e di valore agli oggettiterritoriali, al paesaggio e all’ambiente, sia peril superamento delle ambigue forme di autore-ferenzialità pseudoscientifica propria delle va-lutazioni strutturate predisposte a monte deiprogetti. Tale necessità, specialmente in un ter-ritorio che ha sempre sofferto della carenza diinformazioni di base, deve essere posta tra lepriorità delle attività di pianificazione in corso.L’occasione del contemporaneo rinnovo di tuttigli strumenti di governo del territorio, è irripeti-bile e non può essere persa. La mancanza di unprotocollo per la costruzione dei quadri conosci-tivi, ai diversi livelli di governo del territorio, chestabilisca tanto le modalità di raccolta delle in-formazioni, quanto quelle per la loro restitu-zione, sembra una falle grave nel sistema dipianificazione in costruzione. La complessità dei fattori antropici e naturaliche concorrono a mutare l’ambiente tuttavia nonconsente una corretta valutazione se non si di-spone di una seria base informativa nonché diidonei strumenti adatti a gestirla. L’aumentoquasi esponenziale dei dati disponibili non co-stituisce, infatti, un reale arricchimento della co-noscenza, della capacità di gestione e di una

fattiva programmazione, se non si disponeanche di opportuni strumenti di sintesi e d’inter-pretazione delle informazioni. In tale prospettivarisulta evidente la necessità di possedere infor-mazioni corrette, aggiornate e dettagliate sullecaratteristiche del territorio al fine di consentirela massima partecipazione delle comunità alledecisioni. La raccolta, l’archiviazione, la diffu-sione di dati e la successiva analisi, interpreta-zione e rappresentazione combinata con letecnologie d’informazione geografica e le tecni-che di partecipazione, sono ausili fondamentalialle decisioni. Spostare l’attenzione dalla sem-plice costruzione di apparati conoscitivi a quellodella decisione partecipata rappresenta unodegli aspetti sui quali vi è ancora molto da lavo-rare. Rimane tuttavia aperta una questione:negli strumenti urbanistici che iniziano a pren-dere forma nella Regione, la conoscenza soprat-tutto in campo ambientale sembra ancoraorientata ad un approccio improntato alla pre-servazione e conservazione della risorsa, mentresolo in alcuni casi si assume come base per po-litiche di valorizzazione. Non sembra ancoracompiuto, pertanto il passaggio da una defini-zione naturalistica d’ambiente ad una defini-zione interattiva, ad una nozione complessa cheracchiude al suo interno una grande gammad’interessi e d’auspicabili soluzioni. Le espe-rienze di pianificazione urbanistica che in Re-gione iniziano a prendere luce sembranopertanto portarsi dietro una sorta di retaggio“culturale” concentrando ancora una volta i pro-pri interessi nei confronti dello spazio antropiz-zato mettendo da parte altre forme diconoscenza dei fenomeni territoriali ed in parti-colare, tra l’altro, le forme di conoscenza delleculture che hanno in comune lo spazio naturale,l’ambiente nella sua complessità, le culturedello spazio aperto o le culture povere qualequella dei pastori e dei contadini. Sembrerebbe prevalere in altri termini un’inter-pretazione ancora “regolativa” dello strumentodi piano che si concentra esclusivamente sui pro-cessi di trasformazione del territorio antropizzato,in quanto strettamente connessi ai meccanismidi formazione della rendita. Peraltro alcune espe-rienze condotte nell’ambito di Piani Strutturali re-datti in forma associata, iniziano a praticarestrade diverse, mettendo il territorio, nella suacomplessità, al centro della costruzione dei qua-dri conoscitivi e delle successive scelte. Inquest’ottica va sostenuto lo sforzo che la Re-gione Calabria (e anche alcune Province) stannomettendo in campo per dotarsi di un Sistema In-

26 27

formativo Territoriale in grado di assicurare una“conoscenza” accurata del territorio. Sarebbe im-portante che tutte le risorse attualmente mobili-tate ai diversi livelli di governo del territorio,interagissero reciprocamente per contribuire alraggiungimento di un risultato comune.Il consumo di suolo. Il tema del consumo disuolo è particolarmente sentito in un territorioche, se ancora non risente di processi di metro-polizzazione spinta (anche in ragione della con-formazione territoriale), ha comunque assistitoalla compromissione di buona parte delle sue ri-sorse ambientali (le coste in primo luogo). La Se-zione regionale dell’INU ha lavorato molto inquesta direzione e recentemente ha elaborato,congiuntamente con lo Slow Food Calabria, undocumento-manifesto per lo stop al consumo disuolo. La collaborazione con lo Slow Food non ècasuale, in quanto si ritiene che l’attività di di-vulgazione e sensibilizzazione sia prioritaria perottenere risultati concreti su questo versante.Non sono infatti tanto i grandi investimenti ov-vero le speculazioni edilizie con finalità pseudo-turistiche a minacciare ulteriormente il territorioregionale, quanto la miriade di micro-azioni quo-tidiane che trasformano quasi impercettibil-mente, ma inesorabilmente il paesaggio.La Legge Urbanistica Regionale assume la limi-tazione del consumo di suolo come principioguida, che viene più volte richiamato all’internodel testo. Tuttavia, al di là dell’incentivo al re-cupero dell’esistente, attraverso il recupero deisottotetti e dei piani seminterrati, mancano in-dicazioni pro-attive e meccanismi concreti di li-mitazione del consumo di suolo. Bisognapassare dalla generica affermazione di principioalla consapevolezza culturale che ogni trasfor-mazione deve essere accompagnata da un serioprocesso di valutazione riguardante la reale ne-cessità di trasformare irreversibilmente un de-terminato suolo. Nel caso in cui si convengadella ragionevolezza della trasformazione, que-sto non deve far dimenticare che essa determinauna sottrazione (quand’anche fosse minima) dispazi e di risorse naturali che gravano sulla bi-lancia ambientale locale. Si devono pertanto in-trodurre una serie di contropartite, a carico deltrasformatore (pubblico o privato che sia), capacidi fornire in altri lotti, ma in un intorno territorialedefinito (tendenzialmente nello stesso ambito)un credito ecologico. Questi meccanismi sonoancora poco praticati nella realtà regionale: il ge-nerico principio di limitazione al consumo disuolo, innesca in via prioritaria tentativi di aggi-ramento del divieto. Al contrario è necessario

consolidare un approccio diverso che vincoli latrasformazione ad una valutazione preventiva deisuoi effetti ed alla successiva compensazione.Tenendo conto che la compensazione non è unapratica generalizzabile e utilizzabile a piacimentoe che ci sono trasformazioni “non compensabili”.La Vas. La procedura di VAS non deve configu-rarsi come l’ennesima autorizzazione o giudizio dicompatibilità ambientale quanto, piuttosto, comeun processo d’analisi e valutazione degli effettiambientali prodotti da un piano, che deve vederepiena collaborazione tra l’autorità preposta allaformazione e approvazione del Piano e quella pre-posta alla valutazione ambientale congiunta-mente con gli altri soggetti competenti in materiaambientale. In coerenza con questo principio, ilprocedimento di VAS non deve essere parallelo oautonomo rispetto alle fasi procedimentali di unPiano, ma pienamente ricompreso e integratonelle ordinarie procedure di formazione e appro-vazione del Piano. Nella prassi regionale, taleobiettivo non sembra ancora pienamente rag-giunto: dall’emanazione del Regolamento regio-nale le applicazioni della VAS in Calabria sonoportate avanti dal settore VAS del DipartimentoPolitiche dell’Ambiente che ha pubblicato unaserie di documenti per facilitarne l’applicazione.La norma tuttavia rimane di difficile integrazionecon le procedure di formazione dei diversi pianie programmi ai quali si applica la VAS richie-dendo indicazioni chiare su come armonizzareprocesso pianificatorio e processo di valutazionee sulle altre questioni poste dalla Direttiva Co-munitaria. Da un lato si rileva l’esigenza di inte-grare la VAS nel processo di pianificazione, sindall’avvio del procedimento di formazione delpiano, in maniera che la considerazione degli ef-fetti ambientali delle scelte pianificatorie as-suma il carattere di supporto alle decisioni;dall’altro si richiede una compatibilità tempo-rale, in assenza della quale, le procedure di va-lutazione rischiano di complicare e allungare adismisura l’iter di approvazione del piano. La di-scrasia nella tempistica rischia inoltre di deter-minare un altro effetto negativo: la Valutazionepotrebbe infatti intervenire su di uno schema dipiano che, nella sua versione finale, potrebbesubire cambiamenti anche sostanziali. L’applica-zione della procedura VAS nella Regione Calabriaè ancora in una fase iniziale ed occorre maturareuna certa esperienza per poter decidere quali mi-sure potrebbero migliorarne l’attuazione e l’effi-cacia. I due dipartimenti regionali deputati alcontrollo delle due procedure (Urbanistica e Am-biente) stanno svolgendo delle prove di dialogo

per superare questa dicotomia. La Sezione regio-nale si sta adoperando per accompagnare e fa-vorire l’incontro tra le due procedure.La perequazione. La verifica dello strumento dellaperequazione urbanistica risulta indispensabilenel caso specifico della Calabria, dove ancorasiamo nella fase di una prima sperimentazione.Si rileva una duplice necessità: una di tipo forma-tivo, in quanto l’applicazione del metodo perequa-tivo richiede una maggiore capacità degli ufficitecnici incaricati della gestione del piano, chesembrano al momento sprovvisti delle necessariecompetenze; una seconda investe esigenza di unmonitoraggio degli esiti, attraverso l’istituzione diuno specifico osservatorio regionale. Da unaprima analisi dei piani in corso di formazione,anche in virtù dell’approccio scarsamente inno-vativo denunciato in precedenza, emerge unaforte incertezza nell’utilizzo delle tecniche pere-quative. Si può affermare che la perequazionerappresenti attualmente, nella prassi regionale,un oggetto “misterioso”, la cui natura deve peròessere rapidamente chiarita, per non inficiare inpartenza i processi pianificatori in corso.

architetticatanzaro news

Il QTRPNello spirito assolutamente propositivoespresso all’inizio di queste note, teso a pro-durre una dialettica costruttiva con l’obiettivo dimigliorare, laddove possibile, l’architettura delDocumento Preliminare del redigendo QTRP, sipropongono alcune osservazioni nel merito deltesto in discussione su alcune questioni ritenutedall’INU fondamentali per la riuscita dell’inizia-tiva quali:• Il tema del paesaggio• I programmi strategici: “i territori sostenibili”• I programmi strategici: “Rischi territoriali”• I progetti territorio-paesaggioIl tema paesaggio. Appare evidente da unaprima lettura della bozza del Documento Preli-minare, l’assoluta centralità che assume il temadel paesaggio nelle politiche territoriali. Talecentralità trova ad esempio conferma nellascelta di trasformare i “Territori Regionali di Svi-luppo” della precedente versione del QTR negli“Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali”. GliAptr “divengono uno strumento essenziale concui dare una visone conoscitiva e strategica allaRegione”; “tra il Quadro Conoscitivo e il Progettosi pongono gli Atlanti degli Aptr che contestua-lizzano gli scenari strategici”. Ulteriore confermadell’attenzione ai valori paesaggistici territorialisi può leggere nell’introduzione delle cosiddette“reti polivalenti” che rappresentano una delleintuizioni più interessanti e potenzialmente in-novatrici presenti nel documento. Si condividein pieno questa impostazione, sia da un puntodi vista metodologico, ritenendo che sia questala corretta tipologia di contenuti e indicazioniche il QTR dovrebbe contenere, sia in termini dicontenuti, in quanto attraverso il paesaggio èpossibile interpretare al meglio il carattere el’identità regionale. Allo stato attuale, perquanto riguarda gli Aptr, è presente solo la parteconoscitiva; manca la parte progettuale che na-turalmente è quella determinante per compren-

dere come questa impostazione metodologicapossa produrre efficaci indirizzi operativi.I programmi strategici: “i territori sostenibili”.La chiarezza di intenti e di disegno strategicoche si legge nella trattazione dei temi che ri-guardano il paesaggio (e che rappresentano lavera architettura fondativa dello strumento) nontrova adeguato contraltare nei programmi stra-tegici che riguardano la città (nelle sue molte-plici forme) che rientrano principalmente sottola denominazione “territori sostenibili”. Non chei principi non siano condivisibili; d’altra partecome si fa a non essere d’accordo con “la cittàsostenibile”, “il miglioramento della qualità am-bientale dei centri urbani”, “la rigenerazione ur-bana”, “la cultura della pianificazione”; ma ilquadro complessivo appare confuso: un insiemedi temi di natura eterogenea (gestionale quandosi parla di “unione dei comuni e miglioramentodei servizi”, giuridico-amministrativo quando siparla di “ambiti speciali o progetti sperimen-tali”, educativo-formativi quando si parla di “cul-tura della pianificazione”, insieme a quelliprettamente urbanistici) messi in fila uno dopol’altro senza una gerarchia precisa. Sembramancare in questo caso un disegno strategicocomplessivo e una politica integrata che dia unarisposta organica alle diverse questioni.I programmi strategici: “Rischi territoriali”. Sor-prende trovare il tema del rischio tra i pro-grammi strategici e tale localizzazione fasorgere immediatamente un dubbio. Tale sceltavuole affermare l’importanza del tema del ri-schio, sottolineando la necessità di un approccioorganico (termine forse più adatto al tema inquestione) che consideri contemporaneamentetutti i fattori di rischio presenti sul territorio e leloro reciproche interazioni? Un’impostazione diquesto tipo sarebbe assolutamente da condivi-dere. Se invece, la volontà dovesse esserequella di considerare il tema del rischio come“uno tra gli altri”, si tratterebbe di una sempli-ficazione pericolosa dalla quale recedere imme-diatamente. L’organizzazione del quadroconoscitivo per la parte rischi territoriale lasciapropendere per questa tesi. Infatti se si legge ilCap.5 “Rischi Territoriali” del Quadro Conosci-tivo e il Cap.2.4 “Rischi Territoriali” della VisioneStrategica si ha chiaramente questa impres-sione. Il Quadro Conoscitivo rappresenta, infatti,una sintesi di conoscenze già note provenientida fonti diverse (elenco alluvioni da pubblica-zioni del CNR_IRPI, mappa delle precipitazionidi fonte ArpaCal, stato di dissesto estratto dalPAI) senza nessun approfondimento originale. Si

tratta di un insieme di analisi teoriche che glioperatori del settore conoscono già ed applicanopoco perché i dati sono obsoleti e non più ri-spondenti all’effettiva realtà dei singoli comuni.Anche per la “ microzonazione sismica”, argo-mento di grande attualità, si riporta un elencodi dati di cose da fare contenute nella legge re-gionale n°35/2009, senza considerare che le ri-sorse messe a disposizione dei comuni per lavalutazione della pericolosità a scala localesono esigue e rendono praticamente impossibilepassare dal “ livello I” al “ livello III” per gli ef-fetti di amplificazione del moto sismico.Altra trascuratezza riguarda i dati aggiornatisulla situazione del rischio sismico, anche permacro-aree, ben sapendo che siamo in una fasedi nuova attività sismica come mostrano i re-centi terremoti, per fortuna di bassa magnitudo,che stanno interessando la Calabria a nord esud. Tutto viene rinviato ad una serie di azionispecifiche per la difesa del suolo elencate a pag.58 del Tomo 2^ / Visioni Strategiche”, sapendoche sarà difficile avere dati aggiornati e recenti,in tempi brevi, senza uno sforzo serio ed impe-gnativo e con risorse destinate a migliorare ilquadro di conoscenze delle effettive condizionidi rischio di quieta regione. Un suggerimento po-trebbe essere quello di recuperare la cartografia1:50.000 della pericolosità di frana contenutanella precedente versione del QTRP, particolar-mente utile in considerazione che in questabozza manca una qualsiasi analisi di pericolo-sità.I progetti territorio-paesaggio. Desta qualcheperplessità la sezione riguardante i cosiddetti“progetti territorio-paesaggio”: non tanto perquanto concerne i progetti in sé (anche se il pro-getto proposto per Reggio Calabria risulta forsetroppo legato alla realizzazione del Ponte sulloStretto ormai praticamente tramontata mentrequello immaginato per Cosenza origina qualchedubbio di fondo), quanto per il fatto che si im-magina possano essere affrontati attraversoconcorsi di idee: “Il QTRP ritiene strategico pro-porre per le cinque provincie, cinque tematicheprogettuali con cui mettere in atto attraverso laforma del concorso di idee la partecipazionedella comunità.” Non è chiaro come il concorsodi idee possa essere un modo attraverso cui met-tere in atto la partecipazione della comunità e rie-sce inoltre difficile immaginare un concorso diidee attraverso il quale fornire un sol colpo sug-gerimenti per la rigenerazione dell’area ex “Per-tusola”, dell’area archeologica di Capo Colonnee del waterfront di Crotone.

28 29

Il Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico

Saverio Putortì Dirigente Generale Assessorato Urbanistica Regione Calabria

Il Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico è ilPiano Urbanistico per il governo del Territorio e delPaesaggio, previsto dal Codice dei Beni Culturali edalla legge urbanistica regionale 19/02, predispostodalla Regione Calabria per tutelare e valorizzare il pro-prio Paesaggio. I principi a cui si ispira Il QTRP sonoquelli della Convenzione Europea del Paesaggio sot-toscritta da 27 Paesi Europei nel 2000 in cui il concettodi “paesaggio” viene inteso come: “una determinataparte di territorio, così come è percepita dalle popo-lazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori na-turali e/o umani e dalle loro interrelazioni.”(articolo 1)Il Piano prevede l’istituzione dei Laboratori di parteci-pazione, in coerenza con i provvedimenti Comunitarie Nazionali, con particolare riferimento alle procedureinerenti la Valutazione Ambientale Strategica. Dall’en-trata in vigore del Piano, tutte le Amministrazioni localidevono adeguare i propri strumenti urbanistici alleprevisioni quadri normativi. La costruzione del QTRP 2012 nasce dall’intento direcepire gli indirizzi politici, strategici della nuova Am-ministrazione Regionale, oltre a recepire i provvedi-menti legislativi/amministrativi vigenti, ovviamente inuna visione caratterizzata dalla programmazione delvertice politico amministrativo attuale, che ha deter-minato l’input verso l’apertura di una nuova fase dielaborazione sia conoscitiva che strategica del QTRP.Il QTRP, nel riconoscere il valore e la competenza delprecedente QTR/P 2009, ha utilizzato un approccio euna visione programmatica multiprocesso, ovvero incontinuo mutamento e trasformazione ove gli stru-menti che ne definiscono il “buon governo” non de-vono considerarsi per questo motivo esaustivi odefinitivi, ma si devono porre al servizio di tali cambi-amenti e diventare in sostanza degli strumenti“aperti”, pronti ad accogliere i processi in atto, intuirlie trasformarli in strategie e progetti per i luoghi. Laprocedura metodologica per la costruzione del QTRPparte dall’obiettivo principale di considerare il governodel territorio e del paesaggio come un unicum, in cuiindividuare e studiare le differenti componenti storico-

culturali, socio-economiche, ambientali, accogliendo ilpresupposto della Convenzione Europea del Paesaggio“di integrare il paesaggio nelle politiche di pianifica-zione e urbanistica” (articolo 5) all’interno del Piano. Unitarietà tra Paesaggio e Territorio Il paesaggio e il territorio sono intesi come elementiinscindibili, anche se non sinonimi, implicando la ne-cessità di mantenerli distinti ma nello stesso tempoponendoli in relazione. Le politiche attinenti ai due as-petti della pianificazione, si presentano con molti tratticomuni, ma la loro convergenza si realizza principal-mente nel fatto che entrambi concorrono al raggiun-gimento di obiettivi sociali di interesse rilevante: laqualità della vita dei cittadini che abitano un determi-nato territorio e lo sviluppo equilibrato e sostenibiledei loro spazi. Stabilire, quindi, delle sinergie tra ledue parti ha significato nel QTRP determinare nuovipunti di vista e nuovi sviluppi rivolti all’impostazionedelle strategie di progetto alla scala regionale. Le pro-poste formulate dalla pianificazione territoriale in-evitabilmente hanno delle ricadute sul paesaggio:trasformandolo e causandone lo sviluppo o il degrado.Il paesaggio implica importanti opportunità diconoscenza, diagnosi, per determinare le caratteris-tiche di un determinato territorio e dei processi che nehanno definito le forme, riguardo soprattutto ai fattorinaturali, storici, e culturali e alle attitudini ad abitarlo,e costituisce una testimonianza attiva per la pianifi-cazione del territorio. Il suo studio contiene unpalinsesto di componenti sulla evoluzione dei luoghi,sulle pratiche reali degli abitanti, quindi sulla coerenzao incoerenza che queste ultime hanno nel territorio. Indefinitiva la considerazione del governo del paesaggionel progetto di pianificazione da una parte favoriscela ricostruzione delle relazioni tradizionalmente es-istenti tra società e territorio dall’altra rafforza il sen-timento di appartenenza e di radicamento, facilitandola conservazione delle singolarità dei luoghi e delle di-versità territoriali in generale. Lettura armonica del territorio e del paesaggio Lo scopo principale del QTRP è, quindi, quello di ar-

architetticatanzaro news

monizzare i momenti di lettura e progettazioneterritoriale e paesaggistica, contribuendo ad unosviluppo equilibrato e pensato a lungo terminee su larga scala. Il paesaggio è inteso in questo contesto secondouna definizione di Eugenio Turri come la “fisionomiadi un paese”: definendo la stretta relazione che viè fra l’agire concreto sullo spazio, anche rispettoalle più minute azioni, e la sua modellazione e lasua configurazione, che si abbraccia con unosguardo. Da ciò il paesaggio esiste in quanto mu-tamento della fisionomia del territorio, in quantotrasformazione continua, per evoluzione naturale eper la continua azione dell’uomo. La consapev-olezza della responsabilità individuale e socialenell’assumere decisioni di intervento, e quella rel-ativa ai continui mutamenti che il paesaggio incor-pora, mettono in evidenza quanto importante sial’atteggiamento che si ha (come progettisti e comepianificatori) nei confronti dei luoghi. Convenzione Europea del Paesaggio Fare interagire l’elemento “paesaggio” hacome presupposto i dettami della ConvenzioneEuropea secondo cui la pianificazione paesag-gistica ha innanzitutto il compito di tutelare ilpaesaggio (non soltanto “il bel paesaggio”)quale contesto di vita quotidiana delle popola-zioni, e fondamento della loro identità; oltrealla tutela, si deve assicurare la gestione attivadei paesaggi, garantendo l’integrazione degliaspetti paesaggistici nelle diverse politicheterritoriali e urbanistiche. Questa impostazionevede nell’interpretazione strutturale del terri-torio e del paesaggio gli elementi costituentila qualità dello sviluppo stesso, nella direzioneperaltro indicata sia dalla Convenzione Euro-pea del Paesaggio che dal Codice dei Beni Cul-turali e del Paesaggio. In questa chiave ilgoverno del territorio e del paesaggio, intesocome governo dei fattori qualificanti le trasfor-mazioni socio-economiche e la produzione diricchezza durevole e accompagnato dalla at-tuazione della programmazione delle diverserisorse pubbliche in modo sinergico verso obi-ettivi essenziali per il benessere collettivo, ac-quista nuova centralità nelle politiche regionalie locali. Da ciò ne deriva la scelta di considerare nelQTRP la lettura come uno strumento per la pi-anificazione del territorio e del paesaggio re-gionale: osservare, leggere, studiare unterritorio è principalmente già intuirne le voca-zioni e le possibilità di sviluppo, legando le ca-ratteristiche intrinseche del paesaggio alla loropossibilità di sviluppo futuro.

Il QTRP si compone dei seguenti docu-menti: • Manifesto degli indirizzi • VAS - Rapporto Preliminare della Valu-

tazione Ambientale Strategica • TOMO I - Quadro conoscitivo • TOMO II - Visione Strategica • TOMOIII -Atlante Degli Ambiti Paesag-

gistici Territoriali Regionali • TOMO IV - Disposizioni Normative • TOMO I- QUADRO CONOSCITIVO Il Quadro Conoscitivo (QC) rappresenta l’insiemeorganico delle conoscenze riferite al territorio eal paesaggio, su cui si fondano le previsioni e levalutazioni del piano. La redazione del QC èstata pensata in modo da essere progressiva-mente aggiornabile secondo procedure definitepreventivamente. La base informativa, sono idati riportati nei diversi quadri conoscitivi delQTR/P 2009, che comprendevano indicazioni sul-l’assetto del territorio, dell’ambiente e del pae-saggio, sul sistema delle tutele, sulla difesa delsuolo e sulla previsione dei rischi. L’attuale QCè stato redatto secondo la nuova visione delQTRP che vede una stretta assonanza tra laconoscenza e il progetto del territorio calabrese,oltre che attualizzare i dati, in modo da espri-mere le diverse valenze sia sotto il profilo urban-istico-territoriale che sotto quellopaesaggistico-ambientale, si riserva di effet-tuare aggiornamenti e calibrature a seguitodelle conferenze di pianificazione con gli Entipreposti a seguito degli incontri partecipativicon le associazioni di categoria. L’articolazionedel QC si basa sulla conoscenza relativa aigrandi sistemi della Calabria: 1. sistema paesaggistico-territoriale (com-ponente costiera, collinare-montana edelle fiumare); 2. sistema insediativo (rete dei servizi e at-tività e armatura urbana); 3. sistema relazionale. A ciò si aggiunge ilparagrafo vincoli, tutele e salvaguardia, checostituisce una corposa parte del QC. Indipen-dentemente dalle previsioni programmatiche perlo sviluppo, è indispensabile che la Calabria sap-pia proteggere con efficacia il patrimonio dirisorse paesaggistiche, ambientali e culturali dicui ancora dispone. Non vi sono, infatti, seriepossibilità di sviluppo se non si è in grado digarantire la qualità del proprio territorio, tute-lando e valorizzando le dotazioni di beni paesag-gistici e più in generale facendo crescerel’importanza del paesaggio in tutti gli atti dellediverse amministrazioni in gioco. E non si danno

opportunità per lo sviluppo se soprattutto non siè in grado di fronteggiare adeguatamente i gravirischi di dissesto idrogeologico che incombonosu gran parte del territorio regionale. Dunque ilQTRP intende, già nel QC, mettere in evidenzale attuali discipline di vincolo paesaggistico-am-bientale attraverso la rappresentazione car-tografica e tabellare dei diversi sistemi divincolo e delle tutele. La parte dedicata alla sal-vaguardia del territorio calabrese studia e indi-vidua le aree soggette a rischio e le varietipologie di rischio: sisimico, idrogeologico, ero-sione costiera, incendi, desertificazione,amianto e incidenti rilevanti. Chiude il QC ilRapporto Preliminare VAS. TOMO II - VISIONE STRATEGICA Nel tomo IIsi intende definire una immagine di futuro delterritorio regionale in coerenza anche con lepolitiche di intervento territoriali prioritarie etenendo conto anche delle previsioni program-matiche del POR Calabria 2007- 2013. Il territo-rio regionale, nelle sue specifiche componenti(montagna-costa-fiumi e fiumare-centri urbani-agricoltura- beni culturali-sistema produttivo- in-frastrutture), è considerato una risorsa su cuila Regione deve far leva per la costruzione di unnuovo modello di sviluppo. Ogni componenteterritoriale diventa una risorsa che individuatemi di riferimento, obiettivi specifici, strategieprocessuali che dovrebbero far convergere i di-versi settori d’intervento, con l’intento di renderepossibile la realizzazione dell’immagine traguar-data. E’ indispensabile che la Calabria sappiaproteggere con efficacia il patrimonio di risorsepaesaggistiche, ambientali e culturali di cui an-cora dispone. Non vi sono, infatti, serie possi-bilità di sviluppo se non si è in grado di garantirela qualità del proprio territorio, tutelando e val-orizzando le dotazioni di beni paesaggistici e piùin generale facendo crescere l’importanza delpaesaggio in tutti gli atti delle diverse ammin-istrazioni in gioco. E non si danno opportunitàper lo sviluppo se soprattutto non si è in gradodi fronteggiare adeguatamente i gravi rischi didissesto idrogeologico che incombono su granparte del territorio regionale. Alla luce di questiintendimenti prendono corpo gli orientamenti difondo, i programmi strategici, in coerenza congli obiettivi chiave dello sviluppo sostenibile, acui dovrà essere mirata la pianificazione del ter-ritorio regionale. I programmi strategici rappre-sentano il quadro pianificatorio e programmaticodi riferimento per la realizzazione dei Programmid’Area (artt. 39 -47 L.U.R.), e per la pianifica-zione comunale; possono, tra l’altro, interessare

30 31

intere tipologie di territorio regionale (le areecostiere, le aree urbane, ecc.) o specificheporzioni dello stesso e sono spesso articolate insotto-azioni per il raggiungimento di più specificiobiettivi. A partire dalle risorse del territorio iprogrammi strategici mettono a sistema un com-plesso di azioni ed indirizzi volti alla valoriz-zazione del paesaggio regionale nel suocomplesso. Le azioni e gli indirizzi contenuti neiprogrammi strategici riguardano i sistemi dellapianificazione: il sistema insediativo, il sistemanaturalistico ambientale, il sistema relazionaleed il sistema storico-culturale e sono orientati: • alla creazione di una Calabria “peasaggio-

parco” da valorizzare nelle sue valenze ambien-tali, paesaggistiche e naturalistiche, nelle suecomponenti paesaggistiche che rappresentanoil grande sistema naturale della Calabria;

• alla creazione di un “territorio sostenibile”: diun insieme di Città che, pur non raggiungendoin alcuni casi le dimensioni caratteristichedegli insediamenti urbani, ne devono as-sumere le funzioni; di un nuovo assetto, chesembra evolvere verso la saldatura progres-siva di differenti sistemi urbani;

• al potenziamento e adeguamento delle retimateriali e immateriali per migliorare la qual-ità del sistema urbano regionale e per ridurrele condizioni d’isolamento e di marginalità delterritorio calabrese;

• alla difesa del suolo dai rischi antropogenitici,naturali, sismici e di consumo di suolo. Il tomoII, inoltre, fornisce degli indirizzi progettualistrategici a cui seguiranno processi parteci-pativi e di coinvolgimento diretto della popo-lazione calabrese attraverso la creazione diconcorsi di idee.

Cinque progetti Strategici di Territorio/Paesaggio Il QTRP ritiene strategico proporre per le cinqueprovincie, cinque tematiche progettuali con cuimettere in atto attraverso la forma del concorsodi idee la partecipazione della comunità. L’obi-ettivo dei Progetti Strategici di Territorio/Paesaggio è intercettare e valorizzare lebuone pratiche, intese come azioni, interventi,opere di cui siano documentabili risultati sig-nificativi in termini di miglioramento della qual-ità del paesaggio e del territorio, attraverso lamessa a bando di cinque concorsi di idee legatialle cinque provincie calabresi in modo di ren-dere attiva e partecipe le comunità alla valoriz-zazione e tutela del proprio paesaggio e delproprio ambiente di vita. I temi individuati dalQTRP sono:

• IL PAESAGGIO DELLO STRETTO: OLTRE LIBE-SKIND (RC)

• IL PARCO LINEARE DELLA STATALE 280: “DUEMARI” PER UN SOLO TERRITORIO (CZ)

• RIQUALIFICAZIONE TERRITORIALE E RIGENE-RAZIONE URBANA NEL TRIANGOLO: EX PER-TUSOLA, AREA ARCHEOLOGICA, PORTOINDUSTRIALE (KR)

• PER UNA MIGLIORE RELAZIONE TERRITO-RIALE: CONNESSIONE VIBO MARINA - VIBOSUPERIORE. ACCESSIBILITA’ SOSTENIBILE ERIGENERAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICI (VV)

• COSENZA E IL SUO MARE (CS)

TOMO III - ATLANTE DEGLI AMBITI PAE-SAGGISTICI TERRITORIALI REGIONALI -AZIONI E STRATEGIE PER LA SALVA-GUARDIA E LA VALORIZZAZIONE DEL PAE-SAGGIO CALABRESE L’Atlante degli Ambiti Paesaggistici TerritorialiRegionali, Azioni e Strategie per la Salvaguardiae la Valorizzazione del Paesaggio Calabrese èredatto in coerenza con La Convenzione Europeadel Paesaggio e con il “Codice Urbani”. Il terri-torio calabrese viene preso in esame con un pro-gressivo “affinamento” di scala: dallamacroscala costituita dalle componenti paesag-gistico-territoriali (costa, collina-montagna,fiumare), alla scala intermedia costituita dagliAtpr (16 Aptr), sino alla microscala in cui all’in-terno di ogni Atpr sono individuate le Unità Pae-saggistiche Territoriali (39 Upt) di ampiezza ecaratteristiche tali da rendere la percezione diun sistema territoriale capace di attrarre, gene-rare e valorizzare risorse di diversa natura. COMPONENTI PAESAGGISTICO-TERRITO-RIALI Il primo livello di lettura della Calabria prevedel’analisi paesaggistica-territoriale in termini diSistemi Morfologici Regionali e individua i trattipaesaggistici omogenei, che costituiscono l’os-satura morfologica e geografica chiaramente ri-conoscibile nel territorio calabrese: 1 - Sistemacostiero (Il Sistema delle porte della Calabria) 2- Sistema collinare / montano (Il Sistema dellaCultura e Naturalità) 3 - Sistema delle fiumare(Sistema di cerniera tra il sistema costiero e ilsistema collinare/montano) AMBITI PAESAGGISTICI TERRITORIALI RE-GIONALI Sono caratterizzati dalla presenza al loro internodi attrattori, suddivisi per vari tematismi etipologie di risorse (culturale, ambientale, rurale,agroalimentare, manifatturiero, commerciale,infrastrutturale, etc.), che nel loro insieme cos-

tituiscono elementi caratteristici e identitari deiterritori interessati. Possono essere intesi comedei “sistemi complessi” che mettono in rela-zione i fattori e le componenti co-evolutive (am-bientali e insediative) di lunga durata di unterritorio. Rappresentano un palinsesto spazialeattraverso cui leggere e interpretare il territorioe con cui indirizzare le azioni di conservazione,ricostruzione o trasformazione. UNITÀ PAESAGGISTICHE TERRITORIALIREGIONALI Di ampiezza e caratteristiche talida rendere la percezione di un sistema territori-ale capace di attrarre, generare e valorizzarerisorse di diversa natura. Di norma le Unità siidentificano e si determinano rispetto ad una po-larità/attrattore (di diversa natura) che coincidecon il “talento territoriale”, riferito ai possibilivari tematismi e tipologie di risorse. Le UnitàTerritoriali e Paesaggistiche e le loro aggrega-zioni sono dunque definite – nell’ambito dellapianificazione regionale - come le unità fonda-mentali di riferimento per la pianificazione e pro-grammazione medesima. L’Atlante degli Aptr - Azioni e Strategie perla Salvaguardia e la Valorizzazione delPaesaggio Calabrese si compone, quindi, di16 capitoli monografici, relativi agli Aptr individ-uati nel territorio calabrese: Aptr del TirrenoCosentino, Aptr del Vibonese, Aptr della Pianadi Gioia Tauro, Aptr dello Stretto di Fatamor-gana, Aptr dell’Area Grecanica, Aptr dellaLocride, Aptr del Soveratese, Aptr del Cro-tonese, Aptr dello Ionio Cosentino, Aptr delPollino, Aptr della Valle del Crati, Aptr della Silae Presila Cosentina, Aptr della Fascia Presilana,Aptr dell’Istimo Catanzarese, Aptr delle Serre,Aptr dell’Aspromonte. L’Atlante è inteso come uno strumento diconoscenza e contemporaneamente di progettodel nuovo QTRP, individua una parte di lettura eanalisi e una parte progettuale-normativa, in cuisono contestualizzati i programmi strategici e ledisposizioni normative del QTRP. Nella parte diconoscenza è possibile cogliere i caratteri iden-titari di ogni ambito regionale, che portano alleconseguenti scelte progettuali, attraverso ladefinzione delle Upt e attraverso la descrizionedei seguenti caratteri e/o aspetti: l’evoluzionestorica, il profilo identitario e senso del contesto;gli aspetti geomorfologici, ecologici e urbani;l’accessibilità e le reti della mobilità; i servizi,l’attività produttive, i detrattori, gli aspettistorico-culturali (nella fattispecie siti archeo-logici, siti di interesse storico, siti rupestri, mon-umenti bizantini, edilizia fortificata, religiosa,

architetticatanzaro news

rurale e/o del lavoro) e le tutele ambientali e cul-turali (beni tutelati ai sensi delle L. 1089/’39 e 1497/’39). L’identificazione dei icaratteri identitari salienti per ogni Atpr, portaalla definizione delle invarianti di paesaggio edelle dinamiche progettuali di valorizzazione,tutela e salvaguardia previste nei contesti anal-izzati, con la relativa indicazione normativa. I FORUM PAESAGGIO IL QTRP E GLI OBIETTIVI DEI FORUM La Regione Calabria, in ossequio ai principi dipartecipazione e concertazione dettati dallalegge urbanistica regionale 19/02 intende atti-vare un dibattito pubblico con i cittadini e la cul-tura scientifica e professionale in materia,discutendo i contenuti del redigendo QTRP. Aipartecipanti si chiede di contribuire con la pro-pria creatività e capacità di ascolto alla buonariuscita dell’evento. Gli obiettivi degli incontripossono essere riassunti in:• Condividere le proposte di salvaguardia, di

conservazione e di trasformazione; • Accogliere le eventuali nuove proposte e /o

modifica delle aree tutelate; • Proporre nuove a aree a forte valenza identi-

taria su cui porre attenzione; • Segnalare e individuare “paesaggi dinamici”

in cui sono in attesa i processi di sviluppo ecrescita.

Il Forum di Paesaggio è uno strumento di parte-cipazione diretta da parte dei cittadini che re-centemente ha avuto un notevole sviluppo inEuropa. La Regione Calabria vuole utilizzarequesto strumento per dare avvio al processo dipartecipazione per l’elaborazione e l’approva-zione del QTRP 2012. Il processo decisionale in-clusivo presuppone che gli stakeholderindividuati possano esprimersi e dispongano diinformazioni adeguate e soprattutto provino adascoltarsi e a capirsi. Gli invitati saranno messiin condizione di arrivare, se è possibile, asoluzioni condivise o, se non è possibile, atrattare esplicitamente i loro conflitti. Sono nat-uralmente invitati tutti coloro che sono diretta-mente interessati positivamente onegativamente in base ai probabili effetti che ledecisioni possono produrre sul contesto territo-riale e sui soggetti stessi I temi locali che si di-scutono durante la giornata hanno un altocontenuto progettuale ed un forte legame con ilterritorio. Dopo la prima parte dell’assembleaplenaria i partecipanti si dividono per discutereai tavoli tematici. I partecipanti scelgono libera-mente il tavolo di discussione e possono cam-

biare tavolo quando lo ritengono opportuno. Allafine, ogni tavolo produce un documento scrittoriassuntivo delle posizioni emerse nella discus-sione che verrà proposto all’assemblea plenariaper una votazione. Al risultato dei tavoli si potràpartecipare anche con l’inoltro di proposte, do-cumenti e cartografie da inviare al seguente in-dirizzo mail: [email protected] Tavolo 1 Conservazione Dinamica: L’obiettivo sarà quello di analizzare, per le areesottoposte a vincolo ministeriale, la permanenzadei valori per il quale è stata definita la tutela,ovvero la definizione dei nuovi valori da cui fardiscendere possibili riperimetrazioni; Tavolo 2 Gestione Sostenibile: L’obiettivo sarà di individuare nuove aree da sot-toporre a una speciale salvaguardia proposta dalQTRP ai Comuni per riconoscere quei valori identi-tari e di senso di appartenenza al proprio territorio; Tavolo 3 Paesaggi Dinamici: L’obiettivo sarà di individuare quei Paesagginecessari di interventi poichè costituiti da ele-menti di abbandono o criticità, ovvero che oggisono compromessi. La discussione proverà a de-lineare gli elementi necessari per il recupero ela rigenerazione. Tavolo 4 Nuovi paesaggi intrasformabili: L’obiettivo sarà quello di individuare i “punti diosservazione” del paesaggio che occorre sotto-porre a salvaguardia per riconoscere i valoriidentitari e di appartenenza nel proprio territorio. TOMO IV - DISPOSIZIONI NORMATIVE Le Disposizioni Normative cercano di dare unquadro di indirizzo per la gestione del territorioabbastanza semplice che, attraverso i vari step:Disposizioni generali, stato delle conoscenze, at-tuazione dei programmi strategici, governo delterritorio, dovranno portare alla gestione del ter-ritorio e del Paesaggio unitaria che la collettivitàsi aspetta. Quasto QTRP ha inteso introdurre al-cune disposizioni innovative e sperimentalicome “l’Intesa per la manutenzione del territo-rio” alla “Rigenerazione urbana”, ecc, ed ancoraalcune specificazioni sugli istituti della leggereg. 19/02 che, unitariamente alle tutele e sal-vaguardie, dovranno dare un nuovo impulso disviluppo alla Calabria. Tali disposizioni normative troveranno unaspecifica applicazione, nel Documento Definitivodel QTRP, negli Atlanti degli “Ambiti Paesaggi-stici Territoriali Regionali (Aptr)”. In sintesi: Il QTRP 2012 ha come intento la formazione diuna moderna cultura del governo del territorio edel paesaggio attraverso i seguenti aspetti:

a) rafforzare l’orientamento dei principi “di recu-pero, conservazione, riqualificazione delterritorio e del paesaggio; di ammaglia-mento e ricomposizione dei tessuti edilizi”,finalizzati tutti ad una crescitasostenibile dei cen-tri urbani con sostanziale “risparmio di territorio”;b) considerare il QTRP facente parte della pianifi-cazione concertata con tutti gli Enti Territoriali,in cui la metodologia di formazione e ap-provazione, le tecniche e gli strumenti attraversoi quali perseguire gli obiettivi contribuiscono agenerare una nuova cultura dello sviluppo; c) con-siderare il governo del territorio e del pae-saggio come un “unicum”, in cui sonoindividuate e studiate le differenti componentistorico-culturali, socio-economiche, ambientali,accogliendo il presupposto della Convenzione Eu-ropea del Paesaggio “di integrare il paesaggionelle politiche di pianificazione e urbanistica” (ar-ticolo 5) all’interno del QTRP; d) considerare pri-oritaria la politica di salvaguardia dai rischiterritoriali attivando azioni sistemiche e strut-turanti finalizzate alla mitigazione dei rischi edalla messa in sicurezza del territorio PAESAGGIO E IL TERRITORIO sono intesi nelQTRP come elementi inscindibili, anche se nonsinonimi, implicando la necessità di mantenerlidistinti ma nello stesso tempo ponendoli in re-lazione. La considerazione del governo del pae-saggio nel progetto di pianificazione da unaparte favorisce la ricostruzione delle relazionitradizionalmente esistenti tra società e territoriodall’altra rafforza il sentimento di appartenenzae di radicamento, facilitando la conservazionedelle singolarità dei luoghi e delle diversità ter-ritoriali in generale. Ristabilire una VALENZA IDENTITARIA al ter-ritorio porta alla necessità di riprendere i rap-porti con la “prossimità”. Il paesaggio è lanostra “prossimità”: cartina di tornasole di ciòche si è in grado di costruire ed evolvere. Il Paesaggio è inteso, quindi, come una “costru-zione sociale”, la stratificazione di componentieconomiche, politiche, culturali e non ultimepercettive generate dalle stesse comunità. IlRAPPORTO CON LE COMUNITÀ è in-scindibile dall’idea stessa di paesaggio, tro-vando come presupposto l’intento di recuperaree di sviluppare un “senso collettivo” di apparte-nenza ai luoghi. Lo scopo principale del QTRP è, quindi, quello diarmonizzare i momenti di lettura e progettazioneterritoriale e paesaggistica, contribuendo ad unosviluppo equilibrato e pensato a lungo terminee su larga scala della regione.

32 33

[eventi]a cura di Daniele Vacca

architetticatanzaro news

L’ordine degli Architetti PPC di Catanzaroattraverso le iniziative culturali

Il consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC dellaProvincia di Catanzaro con il Dipartimento Cul-tura, comunicazione e informazione hanno pro-mosso in questi anni un ciclo di incontri,convegni e discussioni che hanno accresciuto ildibattito architettonico contemporaneo. Il 5 feb-braio 2011 a Soverato si è svolto un convegnodal titolo Infrastrutture in Calabria. Ipotesidi sviluppo. Al dibattito sono intervenuti, gli ar-chitetti Antonello Russo e Gaetano Scarcella,l’urbanista Domenico Passarelli e il DirigenteRegionale ai lavori pubblici Giovanni Laganà. L’1 Dicembre 2011 presso l’Istituto Tecnico perGeometri “G. Malafarina” di Soverato, è statoorganizzato un momento di incontro e dibattitosul tema Lavori Pubblici: tra concorsi e af-fidamenti, con la presenza dello studio di ar-chitettura milanese Vittorio Grassi vincitoredell’ultimo concorso di progettazione per il

nuovo palazzetto dello sport di Lamezia Terme.Martedì 13 dicembre 2011 si è svolto, pressoPalazzo Nicotera a Lamezia Terme, un incontrosul tema “Ri-generare città”, alla presenzadello studio portoghese Cannatà&Fernandes. Il2 marzo 2012, presso la libreria Ubik di Catan-zaro Lido, è stato proiettato il documentario“Rebirth” realizzato nell’arco di 10 anni dallatragedia delle torri gemelle di New York:“Cinque persone che sono state coinvolte nel-l’attacco alle Torri Gemelle (…) raccontano leloro emozioni per dimostrare come il genereumano soffre e reagisce dopo una grande trage-dia”. Il 23 marzo 2012 un altro appuntamentosul tema “Ri-generare città” a LameziaTerme, un momento per i professionisti e ilmondo politico per potersi confrontare con i pro-tagonisti delle attuali trasformazioni urbane.All’incontro sono intervenuti il Prof. Filippo Rai-

mondo e il Prof. Michele Beccu dello StudioABDR di Roma. Il 26 novembre 2012 l’Ordinedegli Architetti PPC di Catanzaro è stato uno deipromotori dell’evento per la ricorrenza deicinquanta anni della costruzione del viadottosulla fiumarella di Catanzaro progettato da Ric-cardo Morandi. La rivista degli architetti dellaProvincia di Catanzaro è diventato un appunta-mento fondamentale, con il coinvolgimento diesperti nazionali ed internazionali, la rende unprodotto editoriale apprezzato. Il sito web(www.archicz.it), con una nuova veste grafica,mira ad una interazione quotidiana su temi, in-formazioni ed iniziative nel campo dell’architet-tura. Il consiglio dell’ordine con i varidipartimenti si rendono promotori di discussionilegati alla professione, con la speranza che conil contributo culturale di tutti gli iscritti possa ac-crescere sempre di più la qualità del dibattito.

34 35

[eventi]a cura di Simona De Giuli

architetticatanzaro news

BIENNALE DI ARCHITETTURA 2012 - COMMON GROUND 13° mostra internazionale di architettura di Venezia29.agosto-25.novembre

La 13a biennale di architettura inaugurata loscorso 29 agosto si è aperta con un “invito” ri-volto a tutti gli addetti ai lavori a correggere l’at-tuale scollamento tra architettura e società. Daanni è stata annunciata la fine da quella che èstata denominata “era dell’immateriale”, ma èchiaro, come denuncia il direttore della biennaleDavid Chipperfield, che si è ancora lontani,ancora si avverte l’eco di questa “architetturagridata” dove a privilegiare é l’individualismodell’architetto e non la reale funzione dell’archi-tettura. Già con la biennale del 2008 con AaronBetsky e poi nel 2010 con Kazuyo Sejima, siera aperta una parabola nella ricerca di una ar-chitettura senza gerarchie e nel rispetto per lefunzioni, quest’anno il tema “Common Ground”ripartendo da questi principi ci esorta a cercarenella continuità storica la chiave per uscire dallaattuale crisi di identità, a ri-consegnare l’archi-tettura alla collettività senza temere di cederealla mediocrità; bisogna: “(…)reagire alle pre-valenti tendenze professionali e culturali del no-stro tempo che danno tanto risalto alle azioniindividuali e isolate”1 ed è proprio nella condi-visione delle idee architettoniche e nell’impegnoculturale che saranno definite le basi di una cul-tura architettonica.Per quanto detto fino ad ora, ci sembra naturaleche quest’anno più che in passato la biennalecerchi di avviare una continuità dialettica conVenezia e con la sua storia, poiché la città è ilprodotto del valore collettivo dell’architettura ela rappresentazione della persistente evoluzionedel linguaggio architettonico. Per colmare allora

la mancanza di intesa professionale è necessa-rio condividere come è stato fatto in passato conVenezia le aspettative e le influenze attraversola continuità, il contesto e la memoria. E ci sem-bra ovvio, date queste premesse, che il “Leoned’oro” sia stato assegnato ad Alvaro SizaViera, poiché nella sua lunga carriera non hamai tradito questi assunti: la sua architetturanasce come la ri-scrittura di un testo già trac-ciato nel luogo in un intimo legame con la me-moria e, anche quando gli si chiede di creareedifici rappresentativi, come per esempio il Pa-diglione del Portogallo all’Expo ‘98 di Lisbona,ma ne potremmo citare altri, non cede mai allelusinghe di una spettacolarizzazione, anzi è pro-prio nella essenzialità del suo linguaggio e nellatettonica delle sue forme che si avvisa la mas-sima eloquenza.Dobbiamo dire con piacevole sorpresa cheanche Zaha Hadid considerata “L’Archistar”per eccellenza, in questa mostra accoglie l’invitomettendo in discussione il suo approccio al pro-getto attraverso una analisi storiche delle strut-ture paraboliche di Frei Otto e delle formealgoritmica; questa ricerca rende più compren-sibili (o meno gratuite) le scelte linguistichedella architetto anglo-iraniana. Francisco e Manuel Aires Mateus costrui-scono una “virtuale addizione” alla strutturadelle Gaggiandre dell’Arsenale, interpretando il“Common Ground” come il legame tra il contestoe il nuovo, tra la memoria e il presente, in una ri-cerche costante di forme contemporanee che ap-partengono al senso comune.

1 David Chipperfield. Conferenza stampa bien-nale di Venezia, 27 agosto

36 37

Norman Foster trasforma lo spazio delle cor-derie attraverso un gioco di luci, immagini esuoni, in un contesto che può appartenere aqualsiasi città del mondo; gli OMA presentanoin chiave diversa la medesima condizione: in unadelle sale del Padiglione Centrale nei giardini, ilvisitatore è proiettato all’interno in uno di queiluoghi definito dagli antropologi di attraversa-mento che ad uno sguardo distratto potrebbesembrare di appartenere ad una qualsiasi me-tropoli contemporanea mentre in realtà è unospazio trasformato dalla collettività e dal suo at-tuale uso di una nota architettura pubblica inuna specifica città europea, il risultato di un pa-trimonio condiviso di architettura pubblica. Valerio Olgiati riscrive lo spazio dell’arsenale

generando un luogo ieratico che si innalza a “cu-stode” del pensiero degli architetti più impor-tanti di oggi attraverso una galleria di immaginiscelte dagli stessi.Come nelle precedenti anche in questa bien-nale non potevano mancare le nuove tecnologiedigitali sia come mezzo di comunicazione siacome generatice di (nuove) spazialità; così laRussia ridisegna il suo padiglione tappezzan-dolo di “QRcode” la cui decodificazione avvieneattraverso dei tablet consegnati all’entrate. Cia-scuno di questi codici nasconde tutte le infor-mazioni di uno dei numerosi progetti chedefiniscono l’intervento nel nuovo centro d’in-novazione di Skolkovo. L’Olanda prova a “ricominciare da capo”, la sua

installazione “re-set” appunto, progettata daOutside/Petra Blaisse, rivela il potenziale na-scosto che un edificio vuoto può offrire con ilsemplice movimento di una tenda: nella sualenta coreografia il telo modifica lo spazio e lecondizioni sensitive del visitatore, da una con-dizione di privatezza e di silenzio si passa ad unaspazialità più pubblica e festosa, invasa da mu-sica e luce, una diversa spettacolarizzazione diuno stesso spazio.Thoshiko Mori in un “Dialogue in Details” rein-terpreta con estrema eleganza i dettagli di 5opere di 5 grandi maestri - Frank Lloyd Wright,Paul Rudolph, Marcel Breuer, Mies van der Rohee Philip Johnson - nella perfetta convergenza diidee, materialità, tettonica e costruzione.

[News]Il capitalismo naturale di Curitiba

Silvia Frustaci

Il premio GLOBE AWARD - Leading SustainabilityAwards dell’anno 2010 è stato assegnato alla città diCuritiba.E Curitiba non è una piccola comunità alternativa, èuna città brasiliana, capitale dello stato del Paraná,situata a 934 metri di altitudine dell’omonimo alto-piano, ad un centinaio di km ad ovest delle costedell’Oceano Atlantico. È l’ottava città più popolata delpaese, e, soprattutto, una delle più grandi della re-gione meridionale, con una popolazione che ammontaa quasi 2.200.000 di abitanti.Eppure Curitiba, metropoli fortemente cosmopolita,con un polo industriale talmente diversificato da rag-giungere il quarto posto tra le città più economica-mente avanzate dell’America Latina, è considerata lacapitale con la migliore qualità della vita di tutto ilBrasile e rappresenta una delle più grandi espe-rienze di cambiamento sociale che sia mai statarealizzata, attualizzata puntando allo sviluppo di tra-sversalità in processi di pianificazione urbanisticae di gestione ambientale.La storia di questa città di emigranti europei e di comesia diventata una delle aree più innovative edecologiche del mondo risale al 1971. Il protagonistaè Jaime Lerner, architetto e urbanista allora trenta-treenne, che quell’anno venne eletto sindaco dellacittà e decise di mutarne il volto. La trasformazioneebbe inizio nel cuore stradale dell’allora giovane cit-tadina. La leggenda racconta che quella che oggisi chiama Rua das Flores passò, in un solo weekend,dall’essere una distesa di cemento perfetta per leauto, all’essere un ampio viale lastricato (prima isolapedonale al mondo), con tanto di fioriere, panchine,lampioni e bambini che il sabato mattina (ancora oggi)si riuniscono per dipingere, inginocchiati per terra.Curitiba è una città che ha avuto una forte crescitaurbana: nel 1950 era popolata da 300 000 abitanti, egià negli anni novanta aveva superato i due milioni.In mezzo secolo la località si era trasformata da uncentro di produzione agricolo in un centro commer-ciale e industriale, stravolgendo quindi gran parte

della sua economia produttiva; gli aspetti negativi diquesto sovradimensionamento evolutivo erano rap-presentati da disoccupazione, degrado ambientale,traffico, malavita, ecc.Ma l’ingegno del sindaco-architetto concepì ed applicòuna serie di iniziative rivoluzionarie ed innovative, da luidefinite come un sistema di “Agopuntura urbana”:” Ho sempre avuto il sogno e la speranza che con unapuntura si sarebbe potuto guarire da malattie. Il prin-cipio di recuperare energia da un punto attraversoaltri malati o stanchi con una semplice puntura è rea-lizzato dal rilancio del settore per quel punto e per ilsuo intorno. Credo che qualche “pozione magica” possa e debbaessere somministrata alle città, dal momento che moltesono malate e alcune quasi in stato terminale. Comeper la medicina è necessaria l’interazione tra pazientee medico, nella progettazione urbana è allo stessomodo necessario sollecitare una reazione da partedella città; stimolare un’area in modo che diventi essastessa capace di aiutare a guarire, a migliorare e crearepositive reazioni a catena. È indispensabile negli inter-venti finalizzati a rivitalizzare un’area rendere l’organi-smo capace di funzionare in maniera diversa”.

La strategia dell’Agopuntura Urbana proposta daJaime Lerner fornì le soluzioni per risolvere il corpourbano e la sua visione olistica, le analisi, lo studio ele conseguenti soluzioni, le quali non sono da ricer-care nella complessità ma piuttosto nella semplicitàdegli interventi: un’oculata riqualificazione che mettain primo piano le necessità della collettività e che rie-sca a coinvolgere i cittadini in un sistema di gover-nance civile ed ecologica.

Da un punto di vista pratico ciò si concretizzò conmicro interventi basati su iniziative locali semplici eveloci che ponevano in primo piano le necessità dellepersone.

“Colesterolo urbano”“... l’accumulo di colesterolo è l’uso eccessivo delleautomobili” Partendo dall‘osservazione dello stato esistente dellacittà, Lerner capì che lo sviluppo edilizio disordinatoe caotico insieme ad un sistema debole di trasporto

pubblico contribuiva ad aumentare l‘inquinamento at-mosferico e che il traffico aumentava man mano checi si allontanava dalle fermate degli autobus.La città non doveva essere pensata esclusivamenteper i pedoni e proibire l’uso delle automobili ma oc-correva agire in modo tale che le persone non sentis-sero la necessità di utilizzare le automobili.Dunque il primo passo per ripensare la distribuzionedel traffico fu quello di analizzare la complessità dellacittà e semplificarla in diversi sistemi.La rete infrastrutturale di Curitiba fu costituita da ar-terie principali, ciascuna a sua volta distinta in trestrade, la prima per le macchine che conducevanodentro la città, la seconda per le macchine che con-ducevano fuori dalla città e la terza centrale a duesensi di marcia dedicata ai trasporti pubblici per ac-celerare gli spostamenti dentro e fuori dalla città.Questo sistema consentiva il trasporto di un numeropiù elevato di passeggeri rispetto ad un sistema me-tropolitano, con un costo 200 o 300 volte inferiore e,inoltre, poteva  essere implementato facilmente inmeno di due anni. Lerner capì anche che un fattore dirallentamento dei movimenti era il tempo di salita ediscesa in cui ci si fermava per comprare il biglietto.La soluzione fu il disegno di un tubo di vetro che fun-geva da postazione per le fermate e in cui i flussi deipasseggeri venivano separati ciascuno corrispon-dente a un’entrata nel mezzo.Grazie a una gestione oculatissima dei costi le lineedi trasporto si autofinanziavano, con il solo costo deibiglietti ammortizzavano i costi di un parco mezzicostato 45 milioni di dollari, offrendo utili alle 10 im-prese che avevano in appalto il servizio e remunera-vano il capitale investito con un tasso di profitto del12% annuo. L’autorizzazione rilasciata ai gestori delservizio era revocabile all’istante. Le fermate degli autobus inoltre univano una rete dipercorsi ciclabili di 150 km.

“Le città non sono il problema, sono la solu-zione”.Quando vennero pianificati i percorsi per i trasportipubblici si pensò allo stesso tempo anche alla zoniz-zazione della città. La più alta densità venne concen-trata lungo gli svincoli principali e i percorsi radiali.La municipalità comprò parte delle aree per evitare

architetticatanzaro news

che gli speculatori traessero profitto dagli investi-menti in beni pubblici. La città fu in grado di  inte-grare  alloggi a prezzi accessibili,  la creazionedi comunità miste e non relegare alloggi a prezzi ac-cessibili nei ghetti sociali. Lungo gli assi radiali grandecura fu data per mantenere la demolizione degli edificiesistenti al minimo assoluto e le vie vennero adat-tate ove possibile, alle strade esistenti.Per quanto riguarda invece lo sviluppo urbanistico,all’interno del Masterplan furono analizzate le poten-ziali aree di inondazione nelle periferie e gli insedia-menti esistenti in queste aree a rischio trasferiti innuovi siti. Giovani architetti locali provvidero al designdi tipologie edilizie e gli stessi residenti costituironola forza lavoro per la realizzazione del nuovo quar-tiere.

“I Parchi Urbani”Un’altro cruciale elemento della città di Curitiba fuil disegno di una network di parchi disegnati da Hi-toshi Nakamura all’interno della città, ottenuti dallatrasformazione di terreni lacustri privi di valore cheoggigiorno  aumentano la qualità di vita degli abi-tanti ma alzano anche il valore dei terreni attorno adessi. Il sistema di parchi  esteso per 1,4 milioni dimetri quadri fu realizzato esclusivamente in modonon artificiale lasciando scorrere il fiume libera-mente fuori dagli argini e creando così un’area bio-logica naturale.Le persone furono incoraggiate a piantare alberi, gliampliamenti residenziali dovevano prevedere giar-dini e gli spazi aperti dovevano essere permeabili.Nessuno poteva tagliare un albero senza un per-messo e in caso tale permesso fosse stato ottenuto,l’albero reciso doveva essere sostituito da altri due.In questo modo Nakamura riuscì a creare una super-ficie di verde 4 volte più grande rispetto a quella ri-chiesta per singolo abitante.

“Un buon riciclaggio”Naturalmente come tutte le altre città nei paesi in viadi sviluppo anche Curitiba dovette affrontare il pro-blema delle baraccopoli nelle periferie.Anche in questo caso Jaime Lerner ideò una strategiaper il miglioramento della qualità di vita che si basavasu una coesione di corresponsabilità. Attraverso loslogan «O Lixo que Não é Lixo» (il rifiuto che non è ri-fiuto), rese riconoscibili, e in un certo senso simpatici,i cestini dei rifiuti diffusi in città. Non meno curiosofu il sistema inventato per coinvolgere anche gli abi-tanti delle favelas di Curitiba al riciclo: vecchietti eragazzini pagati dalla città si aggiravano per i barrioscon carrelli da supermarket che gli abitanti riempi-vano di materiale da riciclo come carta, plastica,legno, lattine, bottiglie in cambio di ticket con i qualiavevano la possibilità di acquistare frutta e verdurache il comune, a sua volta, acquistava dai contadinilocali per favorire una corretta alimentazione in questiquartieri.Oggi la città vanta un’attività di riciclo che ricoprecirca il 70% della spazzatura prodotta.

“Continuità e ‘vita”Per riqualificare e ripopolare le aree urbane degradatemise a punto il progetto delle “strade portatili”:“Dove non c’è vita. Dove è difficile riportarne perchénessuno vuole stare in luoghi del genere. Se noi ci ri-portiamo vita, allora vorranno di nuovo abitarci. Daqui il progetto delle strade portatili. Si installano ilvenerdì sera e si smontano il lunedì mattina. Si puòcostruire un’intera via davanti all’università, ovunque,e riportare vita ... Sono piccoli interventi che ridannoenergia alla città, e sostengono programmi di piùlungo respiro, che necessitano di tempo. Ma bisognaagire subito.”Un altro concetto ricorrente in diverse interviste diJaime Lerner era: “La creatività inizia a lavorarequando togli uno zero al tuo budget”, perché riu-scì a perseguire gli obiettivi prefissi senza investirecapitali esosi ed insostenibili per le casse comunali.E’ la fantasia delle soluzioni quello che stupisce dipiù, sembrano folli ma contengono un’efficienzaenorme. “Ci sono molte città con incredibili potenzialitàma le persone non hanno fiducia che questo siavero. Se non si  ha una visione generale sullacittà non la si ha neanche sulle persone. Se sivuole migliorare la vita delle persone bisognamigliorare le città. J. L.”Grazie ad una visione lungimirante da parte delle am-ministrazioni locali la città si trasformò in una speciedi laboratorio vivente nel quale fu testato un nuovostile di vita non pianificato dall’alto ma coordinato datutte le parti sociali e oggi Curitiba rappresenta,anche per i paesi dell’occidente, un modello su comeintegrare mobilita´ sostenibile, sviluppo economico esviluppo locale.Sono state costruite 14 mila case popolari, ma si èagito anche distribuendo piccoli pezzi di terra per ortie per costruire case. I materiali di costruzione ven-gono acquistati con un finanziamento comunale alungo termine ripagato con rate mensili pari al costodi 2 pacchetti di sigarette. Ogni nuova casa riceve poiin regalo dal comune un albero da frutta e uno orna-mentale. Il comune offre anche un’ora di consulenzadi un architetto che aiuta le famiglie a costruirsi casepiù confortevoli e armoniose. I quartieri poveri di Cu-ritiba sono i più belli del mondo.Esiste un servizio di camioncini che girano per la cittàscambiando 2 chili di immondizia suddivisa con buoniacquisto che permettono di acquistare un chilo-grammo di cibo (oppure quaderni, libri o biglietti pergli autobus). Così il 96% dell’immondizia della cittàviene raccolta e riciclata, il che ha permesso dirisparmiare milioni di dollari per costruire e gestireuna discarica. Attraverso la pulizia della città e unamigliore alimentazione della popolazione povera si èottenuto un netto miglioramento della salute.Il tasso di mortalità infantile è un terzo rispetto allamedia nazionale. Ci sono 36 ospedali con 4500 postiletto, medicinali gratuiti e assistenza medica diffusasul territorio. Ci sono 24 linee telefoniche a dispo-sizione dei cittadini per informazioni di ogni tipo. Una

di queste linee fornisce ai cittadini più poveri i prezzicorrenti di 222 prodotti di base. In questo modo sigarantisce ai consumatori di non cadere vittima di ne-gozianti disonesti.Ci sono anche 30 biblioteche di quartiere con 7 milavolumi ciascuna. Si chiamano “Fari del sapere” e sonocasette prefabbricate e dotate di un tubo a striscebianche e rosse alto 15 metri. Sulla sommità dellatorre c’è una bolla di vetro dalla quale un poliziottocontrolla che bambini e anziani possano andare inbiblioteca indisturbati.Ci sono 20 teatri, 74 musei e centri culturali e tuttele 120 scuole della città offrono corsi serali. Vengonoorganizzati corsi di formazione professionale per 10mila persone all’anno. Sono collegati a un “Telefonodella solidarietà” che permette di raccogliere elet-trodomestici e mobili usati che vengono riparati dagliapprendisti artigiani e rivenduti a basso prezzo neimercati o regalati.Grazie al microcredito una volta imparato un mestierei giovani possono aprire un’attività in proprio. Ven-gono aiutati anche coloro che vogliono diventare com-mercianti ambulanti attraverso la concessione diautorizzazioni al commercio facilitate. Ed è proprio la logica con la quale si sono e si contin-uano ad affrontare i problemi ad essere diversa.

Jaime Lerner, per primo, è riuscito ad attuare unasorta di capitalismo naturale, cioè “un insieme di ten-denze e riforme economiche per premiare l’efficienzaed il risparmio di energia e materiali - e rimuovere glistandard professionali e le convenzioni contabili cheimpediscono tali efficienze.”Non ci resta che chiedersi perché queste tecniche in-gegnose e entusiasmanti non siano diventate un rifer-imento reale e codificato per le nostreamministrazioni. Sia Lerner che i suoi successori, nel prendere le de-cisioni, hanno sempre collaborato sia con compagnieprivate che con organizzazioni non governative e conassociazioni di quartiere. Ampie discussioni pubbli-che, richieste di partecipazione portano alla decisionefinale che é sempre stata una soluzione comune datada interazioni e interconnessioni provenienti daglistessi cittadini. Proprio raggiungendo il consenso tra-mite una larga partecipazione pubblica e privata, lesoluzioni possono essere implementate rapidamenteed avere successo. Un piano urbano efficace e ben congeniato non puòpiù richiamare la struttura top-down ma una formaorganica che coinvolga direttamente i cittadini, cioèbottom-up.

Progettare città sostenibili, società sostenibili,  ri-guarda la chiusura di cicli e una rete diversificata diapprocci. Invertire le dinamiche, chiudere ilcerchio e considerare i cittadini responsabili della ge-stione delle loro città, proprio come si faceva unavolta ad Atene.

38 39

[concorsi]a cura di Andrea Piroso

architetticatanzaro news

Ristrutturazione e Riqualificazione di Piazza Duomo Concorso di progettazione - Partecipazione apertaComune di Reggio CalabriaEsito 08/05/2012

Il 29/06/2011 veniva bandito dall’amministra-zione comunale di Reggio Calabria, il concorsodi progettazione a partecipazione aperta relativoalla “Ristrutturazione e Riqualificazione di PiazzaDuomo”. Le finalità dell’ente appaltante eranoquelle di ottenere la redazione di due ipotesi pro-gettuali di taglio preliminare, riferite ad un im-porto complessivo per la realizzazionedell’intervento pari a € 1.500.000,00. La qualitàarchitettonica delle proposte, con particolare ri-ferimento alle soluzioni distributive e strutturaliadottate, sono stati gli elementi maggiormentepresi in considerazione dalla commissione di va-lutazione.

PROGETTO VINCITORESUDARCH (Capogruppo)Vincenzo Mantuano e Marielisa Smedile (Pro-gettisti)Marzia Mileto, Monica Serra, Giuseppe Rudi,Rosaria Brosio, Carmine Carello, Beniamino Po-limeni (Collaboratori)

1

2

3

40 41

La conquista di un sagrato

Attualmente la Piazza ha perso il suo valore sacro, ne-gando il simbolo della sua identità originaria, dive-nendo area di transito e di sosta solo per vetture, chene scoraggiano la fruizione pedonale, rendendo lo spa-zio invivibile. Il progetto vuole, innanzi tutto, ridare sa-cralità all’area attraverso la riorganizzazione deltraffico veicolare, che attualmente è una cesura conla Cattedrale, l’eliminazione dei parcheggi a vantaggiodi una totale pedonalizzazione, la ripavimentazione de-l’area, la riorganizzazione del verde urbano e dell’illu-minazione. Il fine è di ridare alla zona e all’interocentro storico un’area a traffico limitato e ridare unsagrato al Duomo grande quanto l’attuale piazza. Ilprogetto mantiene l’aspetto formale della piazza, ri-pavimentata con blocchi di travertino posati a correre,per l’intera area. L’utilizzo del travertino permette diottenere una continuità formale e spaziale col Duomodata dal colore: il bianco della nuova pavimentazionesi fonde con quello del Duomo ottenendo una conti-nuità che da orizzontale (pavimento) diventa verticale

(fronte Cattedrale). Sul fianco dei portici sarà creatauna breve strada di servizio, in pietra lavica, l’utilizzodella pietra permette di dare continuità storica (perchéle traverse del Corso sono pavimentate con il mede-simo materiale) creando un contrasto cromatico datodai due colori opposti. I materiali dati dal travertino dicolore bianco e dalla pietra lavica vengono reinterpre-tati e utilizzati come elementi della natura: infatti siail travertino, roccia sedimentaria calcarea, che la pietralavica, vomitata dal vulcano dalle viscere della terra,divengono forti presenze di natura che si fondono nelpaesaggio urbano e naturale dello Stretto. All’internodella piazza saranno realizzate delle zone sedute,anch’esse in travertino, blocchi omogenei generatidall’estrusione del lastricato pavimentale, emergenticome per effetto di una forza sismica sussultante.

(Gruppo Vincitore)

1. Pianta dell'interventoe particolare della pavimentazione

2. Scorcio prospetticoda Corso Garibaldi

3. Scorcio prospetticoda via T. Campanella

4. Vista complessiva5. Vista complessiva notturna

4

5

architetticatanzaro news

Concorso di progettazione - Partecipazione apertaComune di San Basile (CS)Esito 18/04/2012

La “Riqualificazione funzionale e ambientale diun’area del centro storico” è stato l’oggetto delconcorso bandito dal Comune di San Basilegiorno 8 Maggio 2010. Molteplici i punti affron-tati dai partecipanti durante l’iter progettuale,poiché l’ente banditore aveva necessità di inter-venire sulla rivisitazione di diversi spazi pubblici,sulla demolizione di una struttura in cls armatocon conseguente riflessione sul riutilizzo dellarelativa area libera, nonché sul recupero dellafacciata esterna di un fabbricato. L’importo com-plessivo dell’intervento è pari a € 700.000,00non immediatamente disponibili, pertanto l’ideaprogettuale verrà appaltata a stralci.

PROGETTO VINCITORENicola Di Dato (Capogruppo)Giuseppe Di Costanzo (Progettista)Gabriele D’Angelo (Progettista)Maria Wancolle (Progettista)

1. Notturno dell'auditorium2. Planimetria dell'area

"Municipio-Chiesa"

1

2

Il progetto di “Riqualificazione di un’area del centrostorico di San Basile (CS)”, nasce dalla volontà di mi-gliorare il sistema della mobilità urbana del paese edare un’identità omogenea al centro storico. La finalitàdell’intervento è portare ad un rallentamento in corri-spondenza agli ingressi di tale centro e quindi ad unaconseguente visione, anche se in percezione dinamica,di una dimensione lenta, “umana” e sociale del paese,rappresentata dalla sua “Piazza”, elemento di cucituratra i vari spazi. Il meccanismo compositivo architetto-nico è dato dalle direttrici provenienti dalle centralitàurbane presenti. Si è deciso quindi di utilizzare due tipidi pietra, una chiara che evidenzia tali direttrici ed unascura che riveste i vari ambiti. La nuova “grandepiazza” si sviluppa attorno al municipio, sull’area bel-vedere sopra l’anfiteatro, nell’area attorno al vecchiomercato e nell’area attorno alla storica fontana, fa-

cendo diventare il tutto un unicum armonico, dove i“percorsi”, collegando tra loro e definendo i vari spazi,danno la giusta importanza agli ingressi dei due poliurbani presenti: la chiesa di San Giovanni Battista edil Municipio. L’altra zona che insieme alle precedentiforma la “grande Piazza” è l’area del belvedere postopiù protetto e riservato dell’intera piazza, posizionatosopra l’auditorium-aula consiliare. La facciata di quellache diventerà la nuova aula consiliare segue le lineeguida dell’intero intervento, ed è pensata con due tipidi rivestimento, quello inferiore in acciaio corten mi-croforato, quello superiore in lastre di travertino, dovepotranno essere proiettati video e immagini in occa-sione di eventi che si terranno nell’anfiteatro al-l’aperto.

(Gruppo Vincitore)

42 43

3. Vista di Piazza Bellizzi4. Vista di Piazza Mercato5. Vista di Piazza Skanderberg

3 4

5

[architetturE]PREMESSA

L’area assegnata per la ubicazione di un centrosociale per anziani è posta a margine dell’im-portante asse viario di collegamento tra il cen-tro abitato di Nicastro e l’autostrada checollega Sant’Eufemia Lamezia a Catanzaro. Taleasse, denominato molto ottimisticamente “ViaDel Progresso”, ha avuto di fatto uno sviluppoabbastanza casuale e disordinato, con la sua al-ternanza di insediamenti abusivi, capannoni perla piccola industria e per il commercio all’in-grosso. La conformazione aggregativa di tipo li-neare fa di questo ambito urbano un luogoibrido, la cui identità oscilla tra la periferia ur-bana e le aree industriali extra urbane, preva-lentemente un luogo di passaggio o di sostalimitata alle sole attività legate al commercio.Le residenze, dislocate ai margini della stradao raggruppate in piccoli nuclei spontanei, man-cano di quelle caratteristiche e dotazioni tipi-camente cittadine. Soprattutto si evidenzia latotale assenza di spazi per la collettività: piazze,aree a verde attrezzato, scuole ed edifici di usocollettivo in genere. La carenza di tali standardabitativi determina prioritariamente una scarsaidentificazione tra gli abitanti e il luogo, con unaconseguente carenza di esperienze aggregativee forte ripercussione sullo sviluppo sociale. Al-l’interno di tale ambito trovano posto anche al-cuni piccoli comparti urbanisticamentelegittimati poiché in qualche modo pianificatimediante Piani di Lottizzazione. È proprio all’in-terno dell’area Standard di una di queste lottiz-zazioni che l’Amministrazione Comunale hapensato di realizzare un Centro Sociale Diurnoper utenti della terza età. Il tema, oltremodo stimolante, trova la sua le-gittima connessione con il più ampio processodi recupero dell’identità urbana della città nellaassoluta necessità di valorizzare al massimo e

riutilizzare l’enorme patrimonio di esperienze econoscenze custodito dalle persone a cui il pro-getto è indirizzato. Intanto, prima di dare inizioa questo processo di recupero ontologico delruolo della persona di terza età all’interno dellasocietà, è bene però sgombrare il campo da spe-culative interpretazioni del tema, che sfocianospesso in facili deduzioni sillogistiche del tipo:un centro sociale per anziani si identifica con unluogo di riposo per pensionati, dove passare iltempo libero in compagnia di qualcuno che sitrova nelle stesse condizioni. Siamo in pieno etotale disaccordo con queste posizioni e, poichéconvinti che l’esperienza vissuta e la trasmis-sione di tale esperienza abbia un valore inesti-mabile e che sia fondante nello sviluppo di ognisocietà veramente democratica e libera, rite-niamo prioritario dare alla persona anziana lapossibilità di gestire in maniera attiva e creativail proprio tempo libero, il quale non è ancora untempo di attesa ma un tempo di scelta in cuisarà possibile riprogettare la propria vita.

CRITERI INFORMATORI DELL’IDEADI PROGETTO

L’idea di progetto si fonda sulla volontà di creareun luogo, chiuso e aperto, costruito e non co-struito, laddove sarà possibile svolgere attivitàcreative e produttive e che sia al contempoluogo di forte interazione sociale, di scambio, dicrescita culturale per chiunque lo frequenti, an-ziani e/o giovani che siano.L’integrazione tra le potenzialità operativedegli utenti (si pensi alla disponibilità ditempo, alle abilità manuali e intellettive, allapossibilità di ristabilire un rapporto con i ritmibiologici della natura) e lo spazio messo a di-sposizione perché tutto ciò trovi un naturalesfogo (si pensi allo spazio costruito e agli spaziaperti che completano il costruito), rimanda in

maniera consequenziale ad una sorta di labo-ratorio permanente dove i tempi dello svago edella produzione trovano una loro sintesi sim-biotica. Gli spazi coperti dovranno ospitare in-sieme attività intellettive quali: lettura,proiezioni cinematografiche, giochi di società,spazi per la discussione, organizzazioni logi-stiche delle attività da svolgere, conferenze sutemi specifici, approfondimenti tematici su ar-gomenti di interesse comune, sedute fisiote-rapiche, ecc., e attività manuali legate alleabilità di mestiere che gli utenti hanno in do-tazione come ad esempio produzione di og-getti di varia natura, trasmissione delleconoscenze specifiche dei mestieri alle nuovegenerazioni, stage dimostrativi, ecc.. Gli spaziaperti saranno suddivisi in aree destinate adattività collettive quali balli sociali, attivitàteatrali, banchetti e momenti di festa in ge-nere, e spazi da destinare ad attività agricolee al verde ornamentale. L’attività agricola sarà un punto di forza del-l’idea progetto in quanto avrà la doppia finalitàeconomico – produttiva e scientifico – peda-gogica; si pensa infatti alla creazione di unasorta di orto botanico per la coltivazione dipiante officinali ed essenze erbacee ed arboreea rischio di estinzione tipiche della nostra areageoclimatica. L’orto, collocato in un ambito bendefinito anche dal punto di vista architettonico,sarà suddiviso in piccoli lotti funzionali affidatiagli stessi anziani che frequenteranno il centroi quali, pur mantenendo la loro autonomia ope-rativa, saranno coordinati da un organo gestio-nale attivato per la specifica funzione,all’interno del quale potrà operare personalespecializzato e qualificato, nelle moltepliciforme collaborative che si riterrà più opportunoattivare; l’iniziativa infatti sarà in grado di of-frire opportunità occupazionali a piccole so-cietà gestite dagli stessi anziani o da giovani

a cura di Antonio Lento

architetticatanzaro news

Centro sociale per anziani a Lamezia TermeFrancesco Volpe

in cerca di prima occupazione, da personale di-soccupato inserito nei progetti LSU, LPU, oltreche a tutte le forme volontaristiche eventual-mente interessate.Così concepito il centro si identifica come unvero e proprio progetto pilota divenendo alcontempo polo di attrazione per l’intera citta-dinanza lametina e soprattutto per gli anzianiche risiedono in altri quartieri della cittàstessa, per le scolaresche e gli studenti dellescuole superiori. Un servizio di navette potràassicurare il collegamento e la fruizione deiservizi offerti in maniera sistematica versotutti gli ambiti urbani.

DESCRIZIONE DEL PROGETTO

La forma allungata del lotto assegnato, dislo-cato in senso longitudinale lungo la strada in-terna di lottizzazione, ha imposto in un certosenso il concepimento di una forma che occupipiù spazio possibile e che al contempo realizziuna perfetta integrazione tra volumi costruiti espazi aperti. La forma compositiva archetipa, che compie pie-namente la sintesi richiesta, è senza dubbio la“Domus” romana; il perfetto equilibrio tra pieni

e vuoti, la compiutezza organizzativa delle fun-zioni abitative e delle piccole attività agricoleche in essa si svolgono sono un esempio piena-mente calzante al quale si è inteso fare riferi-mento. Come per la “Domus”, si è pensato adun organismo dalla forma piuttosto allungata,dove si evidenzi la presenza di un asse longitu-dinale lungo il quale è stato possibile dislocarele varie parti funzionali. Partendo da questoschema compositivo si è operata una sorta dimanipolazione e rotazione di volumi e delleforme architettoniche al fine di adattare lestesse alla conformazione del lotto. Il blocco ori-ginario della Domus, con la sua pianta quadrataaperta all’interno per ospitare il “compluvium”,si riduce ora a due soli volumi parallelepipediposti l’uno di fronte all’altro, unificati in alto dauna copertura unica e distanziati per ospitare,nel vuoto interposto tra i due blocchi, il salonedestinato alle attività all’aperto. All’interno dei due volumi parallelepipedi sonostate ricavate le sale per attività intellettive ericreative e la sala per le attività manuali, il ga-binetto medico e fisioterapico, una foresteriache ospita anche l’office e i servizi igienici. Incontinuità con i volumi edificati, secondo ilsenso longitudinale, sono stati collocati gli orti,

limitati sui lati lunghi da muri continui interval-lati da diversi tagli e bucature che hanno il com-pito di mettere in relazione lo spazio interno allacorte coltivato con la parte esterna destinataalle essenze arboree. All’interno della stessacorte è stato collocato un prato e un campo dabocce; tra gli orti e il prato è stato realizzato uncanale d’acqua che condensa in se la duplicefunzione di riserva per l’irrigazione e vasca or-namentale, essa inoltre ha la funzione di segna-lare il punto focale dell’impianto prospetticorichiamando alla memoria un elemento tipicodelle nostre campagne: la “Gebbia”. Una partedegli stessi orti sono stati ubicati all’esternodella corte. L’intero complesso è servito da un sistema dipercorsi e camminamenti lungo i quali sarannodislocate le varie essenze arboree ed erbacee;esso avrà, una volta completato, la duplice fun-zione di passeggiata e di percorso tematico, se-condo un noto modello molto in uso all’internodei parchi naturalistici. Tutto l’impianto compositivo si articola su ununico piano orizzontale, ciò consentirà di conse-guenza l’abbattimento di qualsiasi barriera ar-chitettonica, garantendo una fruizione agevoleanche agli utenti diversamente abili.

44 45

Francesco Volpe è nato a Nicastro ora Lamezia Terme il17/11/1962.Ha studiato presso l’Università di Reggio Calabria - facoltàdi Architettura, conseguendo la Laurea nel 1988 con una tesisul Recupero, Urbanistico ed Edilizio di un ambito significa-tivo del centro storico di Nicastro. Dopo un periodo di tiro-cinio presso gli studi dell’arch. Mino Pontoriero e dell’arch.Francesco Di Paola, suo relatore di tesi, svolge attività di li-bero professionista i forma singola e associata dal 1989; hapartecipato a diversi concorsi di progettazione architettonicain Italia e all’estero, ha redatto alcuni Piani di Recupero In-tegrati su comparti significativi del centro storico di Nica-stro; ha progettato, in gruppo con altri colleghi architetti eingegneri, il Contratto di Quartiere. Dal 1995 è docente atempo indeterminato di Disegno e Storia dell’Arte presso ilLiceo Scientifico Luigi Costanzo di Decollatura.

[culturaeterritorio]a cura di Giovanni B. Giannotti

architetticatanzaro news

Problemi di riqualificazione di un ex area industriale (CO.MA.C.) per il waterfront di SoveratoGiovanni B. Giannotti, Dario Puntieri

Tra i molteplici e differenti paesaggi costieri,l’hinterland di Soverato rappresenta con i suoilidi un’importante conurbazione dove il turismobalneare, per sua natura fortemente stagiona-lizzato, produce effetti di notevole impatto sulterritorio e sull’intero sistema economico. Ri-spetto ad altri centri costieri, lo sviluppo dellamarina non ha prodotto una logica insediativadi massima densità con l’occupazione del frontemare, ma ha preservato la fascia litoranea conequilibrio e rispetto del luogo, facendo si che illungomare non divenisse un semplice asse via-rio, ma uno spazio pubblico da vivere e puntonevralgico di relazione (fig. 1).La sua valenza paesaggistica è data in primoluogo dall’affaccio verso la piccola ansa che ter-mina con la punta di Copanello ed è rafforzataall’inizio del percorso dalla bellezza architetto-nica di palazzo Gregoraci, con l’antistante ter-razza, e di altre emergenze intorno alle quali siconcentra il nucleo più antico della città1. Ametà del percorso e rivolgendo lo sguardo versonord l’apertura prospettica comprende il piccolopromontorio con la cosiddetta torre di Carlo V,una struttura fortificata riconfigurata nei primidecenni del Novecento in stile neogotico.A rafforzare ulteriormente il valore paesistico èl’ampia fascia verde che, quasi come una cortina,difende l’area del lungomare dal costruito, oltrea proteggerla dai venti, modificando le relazionivisive tra fascia litoranea e contesto urbano. Unprimo intervento di ampliamento del lungomare,risalente a qualche anno fa, ha previsto il riuti-lizzo dell’ex “camping internazionale” convertitoin un spazio pubblico destinato a verde attrez-

zato, ricongiungendosi all’altra fascia verde, ri-cadente nel tratto meridionale, che non ha an-cora trovato una sua specifica funzione.Tale intervento ha comportato una serie di mo-dificazioni del contesto urbano e in modo piùspecifico la piazza Nettuno, da spazio conclusivodella passeggiata, è divenuta una sorta di cer-niera tra il vecchio e il nuovo tratto, sebbenepermanga qualche aspetto di disorganicità chenon specifica in modo convincente la connes-sione delle due aree. Infatti, rimane poco risoltala continuità del percorso pedonale tra il vecchiotratto e quello di più recente realizzazione, ac-centuata anche dalla diversità del disegno e daimateriali impiegati. Tuttavia, le attrezzaturedella villa comunale, la presenza di un teatroall’aperto concorrono alla riqualificazione diquesta area che sembra trovare un collega-mento diretto con la città, attraverso il percorso“scenografico” pedonale di via Aldo Moro, e conil mare, nel caso in cui si realizzasse il progettodi un porto turistico che concluderebbe un pro-gramma di pianificazione.Rimane problematico, invece, il riutilizzo dellecosiddetta “area ex CO.MA.C.” che occupa pre-potentemente la zona di ingresso al litorale ecome tale la sua riqualificazione pone problemisia urbanistici che architettonici (fig. 2).La struttura rappresenta una testimonianza delleattività produttive del territorio legata in parti-colare alla raffinazione del quarzo che siestraeva nella vicina Davoli; dalla cava il mine-rale veniva condotto a valle con un meccanismodi funi sospese e sostegni intermedi (teleferica)avente come terminale la stazione nei pressi

delle ferrovie Calabro Lucane in territorio di Sa-triano e da qui trasportato a Soverato (fig. 3).L’opificio, risalente al 1935, era anche provvistodi un pontile per il trasporto del semilavoratoche raggiungeva via mare le industrie per la pro-duzione della ceramica (fig. 4). Le attività si con-clusero alla fine del secondo conflitto mondialee qualche anno dopo fu utilizzato come stoccag-gio per il commercio di materiali da costruzione,quando assunse la denominazione CO.MA.C.,sino al suo abbandono, divenendo testimonianzadi archeologia industriale. L’edificio, costituitoda un grande ambiente di circa 1400 mq, è ri-partito in tre campate da filari di pilastri in mu-ratura, con la parte centrale più ampia rispettoalle laterali, ed è racchiuso da una solida cortinamuraria in mattoni pieni e da una copertura afalde inclinate, costituita da un sistema d’inca-vallature, sormontata da un grande abbaino.L’abbandono e il progressivo degrado hanno riac-ceso l’attenzione soprattutto in questi ultimi annia causa della sua collocazione a ridosso del mare,portando alla definizioni di varie proposte legatead un possibile riuso della struttura e la conse-guente riqualificazione dell’area stessa. Per il suoparticolare contesto la scelta di recupero, con fi-nalità conservative, o di costruzione ex novo po-trebbe apportare in entrambi i casi qualità visivee simboliche da mettere in relazione con altreemergenze, senza escludere il carattere di ele-mento “di testa” che l’edificio riceverebbe, con-trapponendosi a quello terminale del futuro porto.Il dibattito relativo alla riqualificazione, risvegliatorecentemente dai lavori per la bonifica del mantodi copertura in eternit, starebbe valutando sia la

5

1 Per approfondimenti relativi alla città di Soverato si rimanda essenzialmente a: D. Caminiti, Soverato nei secoli, Catanzaro, 1982; U. Nisticò, Suberatum. Tre millenni di storia, Davoli,1998; G. Calabretta, Verso la città ideale. Storie e leggende sulla nascita e sulla pianificazione urbanistica di Soverato con una proposta per il futuro, Soveria Mannelli, 2012.

46 47

possibilità di sopprimere il manufatto sia il man-tenimento dell’involucro come testimonianza sto-rica, con la possibilità di un riuso attraverso attivitàculturali compatibili con il contesto (fig. 5).L’organismo, dalle modeste qualità architettoni-che, fino a poco tempo fa versava in discretecondizioni tanto che appariva possibile un inter-vento di recupero, avente come priorità il man-tenimento dell’orditura lignea che caratterizzal’intero manufatto. Tuttavia, il recente cedi-mento di una porzione di copertura, la mancanzadi un manto di protezione e l’esposizione prolun-gata agli agenti atmosferici hanno compro-messo la stabilità del sistema e un ulteriorepeggioramento potrebbe rimettere in discus-sione tale possibilità. Sarà opportuno pensareuna rifunzionalizzazione partendo proprio dallanecessità di concentrare in quell’area un centroculturale e nuove funzioni per la città (sale peresposizioni permanenti e temporanee, sala con-vegni, teatro all’aperto-piazza), senza sacrificarel’idea di mantenere il contenitore che, con la suastruttura seriale, la modularità della pianta e laripartizione flessibile degli spazi, si rende dispo-nibile ad una molteplicità di possibili riutilizzi,con nuove destinazioni d’uso, e contemporanea-mente mantenere intatto l’intrinseco valore sto-

rico-culturale. Trovandoci di fronte a un caso diarcheologia industriale, un problema relativo agliedifici dismessi nell’ambito della rigenerazioneurbana, sorto in Italia a metà degli anni Novanta,la conservazione non dovrà impedire qualsiasipossibilità di modificazione, ma sarà occasioneper la progettazione di spazi dal carattere origi-nale, con usi compatibili legati a opportunità disviluppo economico e che al contempo assicurinola trasmissione della memoria. Nel caso in cui gli studi sulla fattibilità finanziariadi un possibile recupero e adeguamento sismicodella struttura, considerando anche la precarietàdi parti del tetto, dovessero pesare sulla deci-sione dell’abbattimento si aprirebbero nuovi sce-nari relativi sia al ridisegno urbano che alla formadel costruito e che non possono prescindere dalcoinvolgere, con azioni condivise, soggetti pub-blici e privati, cui fa capo la proprietà del sito.Partendo dalle condizioni preliminari già esposte,la proposta di riqualificazione potrebbe investirenon solo il lotto in cui ricade la struttura, maanche l’area adiacente, attualmente destinata averde, attraverso un’operazione di rinnovo ur-bano al fine di offrire omogeneità alla maglia, inquanto un nuovo volume ricucirebbe un tessutoche appare attualmente frammentato, con la

creazione di spazi distinti, ma interconnessi perfunzionalità e fruibilità. Si preciserebbe in questo senso e in modo piùorganico una sorta di continuità tra la prome-nade del lungomare, il nuovo edificio, con laconnotazione di “porta” di ingresso alla città, ela parte terminale del futuro porto turistico. Unasuccessione di connessioni in cui la nuova ar-chitettura potrebbe divenire un simbolo di wa-terfront e in generale dell’intera città, così com’èaccaduto in contesti urbani più complessi, bastil’esempio di Bilbao dove il Guggenheim Mu-seum, nel cambiare il volto di una sonnolentacittà, è divenuto una realtà caratterizzante e unpolo d’attrazione. In definitiva, la proposta, frutto di un lavoro in-terdisciplinare, sia nell’uno che nell’altro casodovrebbe partire dal presupposto fondamentaledi creare una identità morfologica e ambientalecapace di generare nuovi interessi. L’interventonon deve rappresentare, quindi, un mero eser-cizio infrastrutturale, ma un’importante occa-sione di confronto con le nuove condizioni dirigenerazione della città e soprattutto di garan-tire una frequentazione svincolata dalla stagio-nalità capace di rappresentare un’attrattiva e unpunto di aggregazione.

2

3

4 1

Fig. 1 Veduta aerea di Soverato: in primo piano laspiaggia con il lungomare (foto G. Archinà)

Fig. 2 Il litorale di Soverato negli anni ‘60 con laveduta dell’opificio e il tracciato del futurolungomare (archivio Foto Arte Sestito)

Fig. 3 Satriano Marina: Stazione di arrivo dellateleferica (archivio Foto Arte Sestito)

Fig. 4 Immagine risalente agli anni ’40 dell’opi-ficio e di un mercantile per il trasportodel quarzo (archivio Foto Arte Sestito)

Fig. 5 Veduta aerea dell’ex opificio nel conte-sto urbano (foto G. Archinà)

[dentrolaprofessione]Le indagini non distruttive nella de-finizione dei livelli di conoscenzaParte prima: Edifici in C.A.

Domenico Squillacioti

Con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per leCostruzioni (NTC) di cui al D.M. 14.01.2008 e dellaCircolare 617/2009, gli interventi sugli edifici esi-stenti necessitano di preliminari accertamenti fina-lizzati alla conoscenza dell’edificio su cui intervenire.Le NTC, infatti, al punto 8.5.3 del capitolo 8,“Caratterizzazione meccanica dei materiali” pro-pongono che “per conseguire un’adeguata co-noscenza delle caratteristiche dei materiali e delloro degrado, ci si baserà su documentazione giàdisponibile, su verifiche visive in sito e su inda-gini sperimentali. Le indagini dovranno esseremotivate, per tipo e quantità, dal loro effettivouso nelle verifiche;.... I valori delle resistenzemeccaniche dei materiali vengono valutati sullabase delle prove effettuate sulla struttura e pre-scindono dalle classi discretizzate previste nellenorme per le nuove costruzioni.”Le NTC non introducono, quindi, riferimenti circail numero delle prove. Il progettista, tuttavia, hal’obbligo di motivare il tipo e la quantità di esse inrapporto al loro uso nelle verifiche. In buona so-stanza, occorre definire un piano delle indagini chesia parte integrante del progetto d’intervento, dapredisporre in un quadro generale, volto a mostrarele motivazioni e gli obiettivi delle indagini stesse. Gli allegati alla Circolare 617/2009, al puntoC8A.1.B.3, distinguono tre livelli di conoscenzaa cui corrispondono altrettanti fattori di confi-denza secondo la tabella di seguito riportata

Come noto, gli aspetti che definiscono i livelli diconoscenza sono: geometria, intesa unicamente quali caratteri-stiche geometriche degli elementi strutturali; dettagli strutturali, ovvero la quantità e dispo-sizione delle armature, compreso il passo dellestaffe e la loro chiusura, i collegamenti tra ele-menti strutturali diversi, la consistenza degli ele-menti non strutturali collaboranti;materiali, insieme delle informazioni inerentile proprietà meccaniche dei materiali. Il metodo di analisi da applicare nella valuta-zione della sicurezza è condizionato dal livellodi conoscenza da raggiungere. In caso di LC1, ri-sultando la conoscenza limitata, diviene inappli-cabile, ad es., l’analisi non lineare. Con riguardo alla resistenza dei materiali, casotrattato in questa sede, la Tabella C8A.1.3a de-finisce orientativamente i livelli di rilievo rife-rendoli, per il calcestruzzo, ad una superficie di300,00 m2.Per il calcestruzzo detta tabella fa riferimento aestrazione di campioni ed esecuzione di provedi compressione fino a rottura. La circolare am-mette, tuttavia, il ricorso a metodi di prova nondistruttivi, purché impiegati non in completa so-stituzione di quelle distruttive, ma a loro inte-grazione, a condizione che i risultati siano taratisu quelli ottenuti con queste ultime.Successivamente, abbandonando il concetto diintegrazione, la suddetta Circolare consente di“...sostituire alcune prove distruttive, non più del50 per cento, con un più ampio numero, almenoil triplo, di prove non distruttive, singole o com-binate, tarate su quelle distruttive”. Infine, la circolare ammette una variazione delnumero di provini “... riportato nelle tabelle8A.3a e 8A.3b, in aumento o in diminuzione,in relazione alle caratteristiche di omogeneitàdel materiale...”.E’ appena il caso di notare che la Circolare non

ha carattere di cogenza, ancorché rappresentiun utile strumento di riferimento nella defini-zione dei livelli di conoscenza, laddove si trattidi intervenire su edifici esistenti. Appare neces-sario, tuttavia, proporre qualche spunto di rifles-sione che consenta di pervenire a procedureoperative nell’ambito delle applicazioni volte adefinire la resistenza dei materiali.Il primo aspetto riguarda l’estensione delle in-dagini ovvero il “parametro” di riferimento.Come detto, la Circolare fa riferimento all’esten-sione del campione da considerare (300,00 m2

di piano d’impalcato). E’ questo, a mio avviso,un limite introdotto, probabilmente, per esem-plificare procedure complesse; di difficile appli-cazione, del resto, nei casi di manufatti (ad es.ponti) in cui l’estensione risulta essere un para-metro irrilevante. Ma, anche volendosi limitarealla categoria degli edifici, il riferimento al-l’estensione appare piuttosto insufficiente dalmomento che, oggetto delle indagini, sono glielementi significativi della struttura: travi, pila-stri, setti e quant’altro. Sarebbe decisamentepiù incisivo riferire dette indagini a “popolazioniomogenee” di elementi primari, da individuarein, “qualche modo”, preliminarmente all’estra-zione dei provini in situ (carote).La seconda riflessione riguarda il ruolo delle in-dagini non distruttive. Esse sono inutilizzabili,da sole, per attingere dati sulla resistenza delcalcestruzzo. Assumono, però, un ruolo straor-dinario nel misurare il grado di uniformità deglielementi strutturali da indagare, o parti deterio-rate di essi e, se tarate con prove distruttive,consentono di stimare le caratteristiche di resi-stenza di elementi non sottoposti a queste ul-time.

Può accadere che il numero degli elementi strut-turali sia limitato in rapporto all’ingombro del-l’edificio. Ciò capita sovente nei capannoni

architetticatanzaro news

LIVELLO FATTORE DIDI CONOSCENZA CONFIDENZALC1: Conoscenza Limitata 1.35LC2: Conoscenza Adeguata 1.20LC3: Conoscenza Accurata 1.00

48 49

gettati in opera, nei quali si possono avere ma-glie di elevata area. Ultimamente è stato possi-bile analizzare una struttura danneggiata dalsisma emiliano, ubicata in San Felice sul Panaro(MO), in cui l’area d’influenza dei pilastri interniraggiungeva 200,00 m2 e la superficie comples-siva dell’immobile misurava 14.000,00 m2. Ap-plicando i criteri di definizione dei livelli diconoscenza contenuti nella tabella C8A.3.1a,per ottenere un LC1 si sarebbero dovute estrarre47 carote per i pilastri (quasi uno per ciascunodi essi), 47 per le travi e 47 per le fondazioni.E ciò per avere il minimo della conoscenza.Ove si fosse stabilito di conseguire un LC3 daogni pilastro si sarebbe dovuto estrarre più diuna carota.Le indagini non distruttive fornivano risultatipiuttosto omogenei sia per i pilastri che per letravi, seppur con valori medi differenti per le duefamiglie di elementi strutturali. Ciò suggeriva diformare, sotto il profilo dell’uniformità, non piùdi due popolazioni per tipologia di elementostrutturale.

Utilizzando il metodo SonReb (sclerometrica +ultrasonica) ed assumendo una relazione tra R(resistenza del calcestruzzo), I (indice di ribalzosclerometrico) e V (velocità ultrasonica) del tipo.

R=a.Ib.Vc (1)

diviene possibile determinare i parametri a,b,ctarandoli con tre carote.La relazione (1) posta sotto forma logaritmicaoffre

Log(R)=Log(a)+B.Log(I)+c.Log(V) (2)

che, impostata per tre valori della resistenza at-tinti da carote, consente di determinare i para-metri della correlazione “a”,”b”,”c” e, dunque,di stimare la resistenza della globalità degli ele-menti strutturali.La prova combinata SonReb, come noto, con-sente di compensare i limiti delle due prove,sclerometriche e ultrasonica, eseguite da sole,e di avere, quindi, dei risultati più attendibili. Percompletezza, va aggiunto che l’esecuzione delledue prove dovrà essere preceduta da una accu-rata indagine magnetometrica (pacometrica) fi-nalizzata all’individuazione delle armaturemetalliche (sia principali che secondarie di con-finamento) all’interno dell’elemento strutturale.Le prove distruttive dovranno essere eseguitesempre da un laboratorio ufficiale, e/o autoriz-

zato, ai sensi dell’art. 20 della Legge 1086/71.L’esecuzione delle indagini non distruttive nonsono di stretta competenza dei laboratori sud-detti. Esse devono essere eseguite, tuttavia, nelrispetto delle norme che le regolamentano ed inparticolare:1. La prova sclerometrica dovrà essere eseguita

nel rispetto delle prescrizioni contenute nellanorma UNI EN 12504-2:2001 “ Prove sul calce-struzzo nelle strutture – Prove non distruttive –Determinazione dell’indice sclerometrico”.

2. La prova ultrasonica dovrà essere eseguitanel rispetto delle prescrizioni contenute nellanorma UNI EN 12504-4:2005 “ Prove sul cal-cestruzzo nelle strutture – Prove non distrut-tive – Determinazione della velocità dipropagazione degli impulsi ultrasonici”.

3. La prova pacometrica dovrà essere eseguitanel rispetto delle prescrizioni contenute nellanorma UNI EN 1992-1:2005 (EC 2)

Brevemente, le tre prove offrono le seguenti in-formazioni:

PROVA PACOMETRICAConsente di rilevare la presenza e la dire-zione dei ferri d’armatura, stimarne la pro-fondità e il diametro.

PROVA SCLEROMETRICAConsente di valutare l’uniformità del calce-struzzo in situ ed individuare le zone degra-date e di scarsa qualità del calcestruzzo.

L'indice sclerometrico può essereutilizzato per la valutazione dell'unifor-mità del calcestruzzo di scarsa qualitào deteriorato presenti nelle strutture.

l’indagine magnetotermica è prope-deutica alle altre prove non distrut-tive.

Norme di riferimento:UNI EN 12504-2:2001 “Prove sulcalcestruzzo nelle strutture - Provenon distruttive - Determinazione del-l’indice sclerometrico”

Consente l'individuazione della gab-bia d'armatura (ferri longitudinali estaffe).

PROVA ULTRASONICAConsente una valutazione dell’uniformitàdel calcestruzzo, e di delineare il degradoo la scarsa qualità del calcestruzzo.

L’esecuzione combinata della sclerometria edegli ultrasuoni sono alla base del metodo Son-Reb. Combinando, infatti, i risultati delle due in-dagini è possibile compensare i limiti dientrambe le prove, pervenendo ad una stima piùattendibile della resistenza del calcestruzzo tra-mite una correlazione dei risultati dei due me-todi non distruttivi.La diffusa applicazione del metodo è da ricon-durre al fatto che esso comporta:

1. L’annullamento dell’influenza dell’umidità edel grado di maturazione del calcestruzzo.A parità di resistenza a rottura, si hanno ef-fetti opposti nella misura di velocità di propa-gazione degli ultrasuoni e nelladeterminazione dell’indice di rimbalzo;

2. La riduzione, rispetto al metodo ultrasonoro,dell’influenza della granulometria dell’inerte,del dosaggio, del tipo di cemento e dell’even-tuale additivo utilizzato;

3. La diminuzione, rispetto al metodo sclerome-trico, dell’importanza delle variazioni di qua-lità tra gli strati superficiali e gli stratiprofondi del calcestruzzo.

E’ indubbio che le suddette prove, che nell’am-bito delle indagini non distruttive sono le piùutilizzate, ma non le sole, vadano eseguite dapersonale qualificato, in grado di operare, cioè,secondo regole e tecniche internazionalmentericonosciute. A tale scopo è opportuno che iltecnico interessato all’esecuzione di essedebba seguire percorsi formativi che gli consen-tano di affrontare l’esame di qualificazione se-condo procedure conformi alle norme UNI EN473/ISO 9712.

E’ nostra opinione, tuttavia, che la formazioneprofessionale dei futuri tecnici debba rappresen-tare un aspetto qualificante dell’offerta forma-tiva degli istituti scolastici del settore edilizio.A tale riguardo presso l’ISTITUTO TECNICO TEC-NOLOGICO “G. Malafarina” di Soverato (CZ) sista già lavorando, nell’ambito dell’autonomiascolastica, a enucleare un nuovo percorso for-mativo culturale che porti alla definizione di unanuova figura professionale che alle competenzetradizionali del geometra aggiunga quelle delTecnico del recupero e della conservazione.Il progetto didattico dovrà articolarsi in due di-stinte fasi:modifica dei “curricula” d’ordinamento inse-rendo, nell’attività scolastica, contenuti propridelle tematiche afferenti la diagnostica struttu-rale;esame di qualificazione, a fine corso di studi, dasostenere presso il Centro di esame della BU-REAU VERITAS sito all’interno dell’Istituto, voltoa conseguire la qualificazione di primo livellonelle metodiche trattate.L’ITT possiede già sia le risorse umane che stru-mentali per offrire sul territorio un servizio di for-mazione ed aggiornamento agli operatori delsettore edilizio. Esso è dotato, infatti, di un mo-derno laboratorio per l’esecuzione dei controllidi accettazione dei materiali prescritti dalle NTCe di personale qualificato, di terzo livello, perl’insegnamento dei contenuti propri delle provenon distruttive.

Ing. Domenico SquillaciotiDirettore MASTERwww.masteritalia.org

architetticatanzaro news

Si ottengono utili informazioni sul-l'uniformità del calcestruzzo; sullapresenza di fessure o vuoti; su di-fetti di getto; su variazioni delle pro-prietà nel tempo causate dalla storiadell'elemento (manutenzione, solle-citazioni, degrado, ecc.): sul modulodi elasticità dinamico.v

Norme di riferimento:UNI EN 12504-4:2005

50 51

L’Arte è sempre specchio dei tempi in cui vieneprodotta;i tempi nei quali viviamo produconoun’Arte che è specchio di essi.Ma cos’è l’Arte?Tutti lo sanno certamente...Ma io vorrei far notare qualcosa di inedito.Infatti, quando si parla di Arte, si trascura di direche la sua ETIMOLOGIA è in un radicale san-scrito ARTI’, che equivale al greco ARETE’ e chesignifica VIRTU’.L’Arte è dunque una virtù dello spirito umano epertanto essa serve ad elevare, a nobilitare, afar progredire l’uomo sempre più; solo essa sacogliere l’attimo fuggente, solo essa è liberaespressione dei sentimenti, solo essa è conso-latrice, evocatrice, liberatrice...

Tutto questo vale anche per la POESIPITTURA.La poesipittura è nata a Ceppaloni, provincia diBenevento, nell’anno 2007.La sua fondatrice è FRANCESCA BARONE (n.15-3 1998) la quale, dimostrando fin da piccolagrande talento per la Poesia e la Pittura, vi si de-dica con Amore, Azione e Passione.La sua vocazione all’arte si chiarisce via vianegli anni, fino ad approdare alla poesia IN-SCRITTA nel dipinto:nasce così la POESIPITTURA, che è L’ARTE DI IN-SCRIVERE UNA POESIA CON UN DATO TEMAIN UN DIPINTO CHE RISPECCHIA TALE TEMA:il risultato è un’Opera più completa(compiuta econcreta)che esprime meglio sia la Poesia chela Pittura...Ora Poesia e Pittura si fondono in un unicum per

trasformarsi alchemicamente in una sola opera,in un  solo momento lirico:la LIRICA è infattil’espressione immediata dei sentimenti, cheprovoca emozioni, commozione, riflessioni...La Poesipittura è appunto lirismo puro, Virtù chespinge l’uomo a migliorare se stesso e la so-cietà, in un mondo spesso dilaniato dai pregiu-dizi e dalle lotte...Con la Poesipittura Francesca Barone ha saputocogliere quello che è un bisogno moderno:rap-presentare insieme la Parola e l’Immagine, il Segno col Disegno, l’idea Pensata con l’IdeaRappresentata.Francesca Barone ha fatto e continua a faretutto ciò, con la sua semplicità, con la sua fre-schezza, con la sua gioia e col suo dolore per imali del mondo...La giovanissima Francesca, invitando tutti adaderire alla Poesipittura, ha conquistato circa260 membri, compresi gli 8 membri del suogruppo originario, cioè: Giovanni Barone, LuciaClemente, Rossella Spanu, Gino Tardivo, Gio-vanni Monopoli, Francesca Del Frate, SaverioBadolato.Ora Poesia e Pittura non sono più parallele, masi uniscono in un unicum dove contenuto eforma si armonizzano per donarci un quadrocompleto di ciò che avviene nello spirito...La Poesipittura è l’Arte del nostro secolo e deglianni a venire, perchè si abbattono le barriere esi prende coscienza dell’unità che è insita inognuno di noi, nella nostra natura archetipa.Infine la Poesipittura è INCONTRO, laddove INindica la profondità con cui si affronta un di-

scorso, CON indica la mediazione, TRA indica lareciprocità:ora la Poesipittura ha sempre questi3 elementi, e stabilisce quindi un vero incontrocontinuo ed aperto con l’Arte e con l’Amore perla Vita:favorisce l’Amore fra gli uomini, l’Amoreper la Natura, l’Armonia e la Bellezza.

In questo contesto si è tenuto a S.Caterina Ionio(CZ) il Primo Convegno Internazionale di Poesi-pittura, il 3 agosto 2011; a questo è seguita laMostra di Poesipittura di Francesca Del Frate,Saverio Badolato(entrambi di S. Caterina Ionio)e Francesca Barone.A distanza di un mese da questa data, poi, a Ro-scigno Vecchia (SA)  c’è stata la premiazionedella Settima Edizione del Concorso Internazio-nale di Poesia e Narrativa, che ha visto vincitorinella sezione Poesipittura Francesca Del Frate(primo premio - col quadro rappresentativodel  MANIFESTO DELLA POESIPITTURA), As-sunta Ieraci(secodo premio), SaverioBadolato(terzo premio), Giovanni Monopoli(quarto premio)...A Roscigno pure, per opera intelligentissimadi LUCIA CLEMENTE e FRANCESCA BARONE,è stato inaugurato il  PRIMO MUSEO DELLAPOESIPITTURA, per conservare la memoria sto-rica e ricordare a tutti che LA POESIA E’QUELL’ATTIMO CHE FA VEDERE ALL’UOMO,NEL SUO PERIRE, LA VERITÀ DEL SUO ESSEREIMMORTALE.È con questo pensiero che salutiamo ed invi-tiamo tutti gli artisti a conoscerci e ad iscriversialla nostra Poesipittura.

Arte e Poesipittura

Francesca Del Frate

[Arte]

Un santuario cristiano e auditorium a Montauro (Cz)

Università degli studi di Roma "La Sapienza" / Facoltà di Architettura / a.a. 2007-2008

AUTORE / Gregorio Froio RELATORE / Prof. Arch. Franco PuriniCORRELATRICE / Arch. Roberta Andreoli

Il progetto prevede la realizzazione di 4 opereattorno al centro storico di Montauro, piccolopaese collinare della costa ionica calabrese: unsantuario, un auditorium, una terrazza panora-mica e un complesso ricettivo. Di questi sonostati approfonditi in dettaglio i primi due. Gli edi-fici, posizionati sui lati di un quadrato ideale di715 m di lato, sono adagiati su una quota di ri-ferimento comune. Il sistema, concordato con ilprof. Franco Purini, richiama idealmente le murapoligonali di una fortificazione che incornicia epresidia l’abitato. Nell’adagiare i manufatti, loschema ha subito lievi assestamenti altimetricidovuti alla complessità orografica. La regolaritàe la forza dell’ortogonalità dell’impianto com-pensano la sinuosità organica delle curve di li-vello. Il teatro ha una capienza di 400 posti. La

torre scenica forma il centro generativo di tuttala composizione. La struttura è un parallelepi-pedo chiuso privo di illuminazione diretta, ser-vita da una scala esterna che serve due livelli diballatoi posti rispettivamente a quota 13.40 me 16.45 m. La sezione su questo volume mostrauno spazio poroso e dentellato, ritmato dallaprogressione dei gradini e dagli aggetti degliingressi ai vari piani. La struttura sacra è pen-sata come un moderno santuario di medie di-mensioni: la chiesa e la canonica sono il puntodi arrivo a cui il visitatore giunge gradualmente.Particolare cura è stata dedicata per il luogo pre-posto alla celebrazione liturgica. Il tiburio vienereinterpretato in chiave contemporanea comeuna macchina scenica che come un cannon lu-mière cattura la luce non zenitale proiettandone

una luminosità diffusa nello spazio sacro. Ancheil tema classico della cripta viene ripreso inchiave moderna: spogliato di ogni contenutosacro questo spazio, sottostante l’altare, diventaluogo della meditazione laica. La luce gioca unoruolo altrettanto fondativo.

architetticatanzaro news

[tesidilaurea]a cura di Domenico Giannini

Si noti come questa per illuminare la navata in-terna subisca un doppio salto scalare, diafram-mata da setti alti che schermano le alte vetratelaterali. Gli arredi liturgici (ambone, altare, sediadel celebrante, banchi per i fedeli) vengono spo-gliati di ogni eccesso decorativo riducendosiall’opposto in oggetti semplici e arcaici.

In sezione l’altezza della navata non supera i 9metri. Questa scelta di uno spazio orizzontaleviene incontro a precise esigenze acustiche e diriscaldamento termico. Fra gli altri ambienti(così come prescritti dalle nuove norme dellaCEI) una piccola cappella seriale accoglie il S.Sacramento. In ultimo l’ingresso è stato decen-trato divenendo un percorso di attraversamentoche come una tasca laterale fa da filtro fral’esterno e l’interno. L’altezza di questo passag-gio di 4 metri e 80 cm prepara il visitatore alsalto scalare dello spazio interno.

Riqualificazione del litorale di Santa Caterina dello Ionio (CZ).Progettazione del lungomare e salvaguardia del sistema dunale.

Politecnico di Torino / Facoltà di Architettura / Dicembre 2011

LAUREANDI / Giuseppe Ferruccio Barbero, Federica Cecchet e Silvia FurrioloRELATORE / Prof. Piergiorgio Tosoni CORRELATORI / Marco Nota, Federica Larcher

La presente tesi tratta della riqualificazione dellungomare della cittadina marina di Santa Cate-rina, situata sul versante ionico delle coste dellaCalabria. Il progetto si incentra sulla riqualifi-cazione del litorale e pone particolare attenzioneal sistema dunale presente ed in continua dis-truzione a causa dell’effetto antropico.Il tema affrontato si sviluppa su più scale, innes-cando una serie di spunti che coinvolgono diversiambiti progettuali, sostanzialmente individuabiliin: progettazione architettonica e paesaggistica,salvaguardia ambientale ed effettiva realizzabil-ità ed applicabilità dell’intervento.

Alla base dello sviluppo di tale elaborato vi è lafase definita di indagine in cui si sono analizzatele caratteristiche storiche, territoriali, ambientali,idrologiche, climatiche ed economiche dei luoghi.Successivamente all’analisi dei territorio si èriscontrata l’importanza di approfondire il temadella morfologia del litorale e dei fenomeni con-nessi alla dinamica costiera, nonché studiare glielementi che compongono il sistema dunale conla relativa vegetazione di cui essa è popolata.

Il progetto architettonico si sviluppa in primoluogo risolvendo il problema dell’unione del cen-

tro abitato con la spiaggia ed il mare, attualmenteseparati dalla ferrovia, mediante l’inserimento dipasserelle sopraelevate di collegamento e laprogettazione a livello urbanistico del lungomare.In secondo luogo affronta il tema dell’inserimentodi un centro polifunzionale destinato ad ospitareun ristorante, un hotel, delle sale riunioni, nonchéuna discoteca e dei locali commerciali. Il centropolifunzionale si sviluppa secondo tre parallelepi-pedi che si intersecano su più piani formando alcentro uno spazio triangolare e permeabile con lafunzione di piazza.FIG.2 (piante dell’edificio polifunzionale)

architetticatanzaro news

54 55

FIG.3 (prospetto dell’edificio polifunzionale)Il filo conduttore del progetto è il disegnosquadrato e razionale del lungomare sul qualesi sovrappone un percorso coperto dal disegnopiù fluido e sinuoso rappresentato da una strut-tura in vetro e acciaio che nasce dal centro po-lifunzionale e si ripropone lungo la passeggiatacoprendo percorsi, piazze, ecc...Il tema ambientale-paesaggistico è duplice:quello relativo all’organizzazione degli spazi al-l’interno della passeggiata e quello relativo allasalvaguardia del sistema dunale. Il lungomare è stato pensato come un luogo asé stante rispetto alla vita della cittadina ed im-merso esclusivamente nel mondo naturale; perfar sì che potesse avvenire la percezione delladimensione naturale occorreva schermare la fer-rovia, per cui si è optato per la soluzione consis-

tente nel progetto di una quinta scenica costi-tuita da giunchi. Superata la fascia di sepa-razione della ferrovia, il progetto incontra ilpercorso ciclo pedonale; esso è inserito all’in-terno del contesto più ampio di realizzazionedella pista ciclabile lungo tutto il litorale ionico.Infine si incontra la passeggiata, ovvero la “viadei profumi”, che occupa il territorio sino al con-fine della fascia del sistema dunale. La “via deiprofumi” è composta da aree e spazi transitabilipiantumati con aromi della cucina mediterranea,mentre lungo tutto il percorso della passeggiatasi alternano alberi ad alto e basso fusto in mododa creare piacevoli zone ombreggiate di sosta,trovano anche luogo chioschi, aree gioco bimbie piazzette. L’attenzione progettuale è stataposta anche nella minuzia della scelta dellespecie vegetali utilizzate: tutte specie autoctone

e con periodi di fioritura che corrispondono alperiodo di maggiore affluenza turistica.La salvaguardia del sistema dunale è stata re-alizzata mediante delle passerelle che permet-tono l’accesso univoco e controllato allaspiaggia senza deturparne il territorio. Altro sti-molo progettuale è stato quello della ri-costruzione di alcune aree della dunamediterranea in concomitanza dell’intersezionetra la passeggiata e la duna esistente. Infine, una parte importante della tesi è statadedicata alla realizzabilità dell’intervento valu-tando le leggi vigenti sul territorio, nonché i variiter amministrativi a livello comunale, regionalee nazionale da perseguire qualora si volesse ef-fettivamente realizzare un’opera di riqualifi-cazione del litorale su una vasta area diterritorio.

[blowout]

Il pensiero riflesso:IL VOLO - regia di Wim Wenders

“...ho avuto un incubo: il mio paese stava morendo, nessuno voleva

viverci più. Le case erano vuote. Tutti i giovani erano fuggiti via!

Nel mio incubo la gente arrivava dall’altra parte del mare, disposti

anche a morire pur di fuggire. Arrivavano sulla mia costa per vivere:

arrivavano nel mio paese ma noi li abbiamo respinti…ma perché li

dovremmo respingere? Un piccolo paese della costa calabra ha trovato

una soluzione migliore: questa terra autentica del Sud, che ha

attraversato così tante sofferenze, ha lanciato un messaggio di

generosità e di umanità, forse al mondo intero...”

Wim Wenders

Di tempo ne è passato da quando Peppino ha la-sciato il suo paese ma quei luoghi non hannomai lasciato Peppino, che periodicamente tor-nava a respirarne l’anima, con la leggerezza edil distacco di chi guarda e viene da lontano. Neltempo aveva esercitato la leggerezza pensosadel messaggero, costruendo il riflesso astrattodelle immagini sedimentate nella sua memoria.Con la forza di chi sa pensare diverso, sottraevapeso ai ricordi visivi di quei luoghi, trasforman-doli in forme-simbolo. Forme che, liberate daldettaglio superfluo, si componevano in “fra-seggi” grafici, cromatici e “sonori”. Così Pep-pino, evocando il linguaggio grafico dei bambini,

quello che procede per immagini e non per con-cetti, libero da pregiudizi e fossilità, ha rag-giunto i vertici supremi della poesia,comunicando, senza gridare, il messaggio gran-dioso del quotidiano che è diventato “poesia”.Peppino, poeta-pittore, continuerà a respirarequei luoghi per sempre, ci ha indicato un puntodi vista differente, quello che oggi leggo negliocchi di Iman che a quei luoghi non è mai ap-partenuta . Attraverso i suoi occhi ed i suoi gio-chi, su quei luoghi si è spalancato il mondo.Mille Iman hanno riempito i quartieri abbando-nati, hanno invaso di colori e suoni il centro chesi stava spegnendo.

Lo sguardo di Peppino ed i sogni di Iman hannoindicato un nuovo modello in cui le persone sonosempre più importanti delle cose. Il pensiero in-teriore insieme all’energia creativa, che operain accordo con i principi della vita, offrono unaprospettiva di salvezza, al degrado ed all’abban-dono, operando per la rinascita di quei luoghi ur-bani così carichi di storie e così vuoti di umanità. Iman ha attraversato la crisi e chiede di esserepresente alla vita in tutta la sua interezza, anchein un luogo che non era suo. Nel viaggio che l’haspinta fino a qui, ha imparato ad osservare iltempo e il cambiamento, a muoversi in armoniacon essi, con grande propensione per il futuro.

a cura di Nadia Rocchino

architetticatanzaro news

Fuori dal Tempo

di Giuseppe Macchione(per N.Rocchino)