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Sapienza Università di Roma Il rapporto tributario Diritto Tributario Prof.ssa Rossella Miceli a cura di Sarah Eusepi

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Sapienza Università di Roma

Il rapporto tributario

Diritto Tributario Prof.ssa Rossella Miceli

a cura di

Sarah Eusepi

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Indice

PARTE 2

PARTE 1

Il rapporto giuridico d’imposta

La nozione di soggetto

I soggetti attivi. Premessa.

L’Amministrazione finanziaria

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze

Le Agenzie fiscali

Il Garante del contribuente

La Guardia di Finanza

I C.A.F.

L’Agente della riscossione. Equitalia

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PARTE 3

La soggettività tributaria

I soggetti passivi

Il contribuente, il domicilio fiscale ed il rappresentante fiscale

Contribuenti di fatto e contribuenti di diritto: la rivalsa e la traslazione

dell’imposta

I patti sull’imposta e l’accollo

La solidarietà tributaria

Il sostituto d’imposta

Il responsabile d’imposta

Il rapporto giuridico d’imposta

Sul versante attuativo, la norma impositiva si risolve nella istituzione di un rapporto giuridico obbligatorio (rapporto giuridico d’imposta) nell’ambito del quale: • al verificarsi del fatto previsto dalla norma medesima

(presupposto); • sorge in capo ad un soggetto (soggetto passivo); • l’obbligo di corrispondere ad un altro soggetto (soggetto attivo); • una somma di denaro (tributo).

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La nozione di soggetto Per ‘soggetto attivo’ si intende dunque il centro d’imputazione degli effetti patrimoniali derivanti dall’attuazione del tributo. N.B.: Non vi è sempre piena coincidenza tra titolare del potere impositivo, «soggetto attivo» del rapporto d’imposta e destinatario del gettito del tributo. In molti casi si assiste ad una ‘separazione’ tra titolarità della potestà tributaria e destinazione del gettito.

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I soggetti attivi.

La maggior parte dei tributi ha come soggetto attivo lo Stato o gli Enti territoriali (Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni), che li utilizzano a copertura delle proprie spese. Non vi è una puntuale coincidenza tra la destinazione del gettito e la gestione dell’attività di attuazione (accertamento e riscossione). Es.: I tributi erariali, in particolare, sono storicamente stati gestiti dal Ministero delle Finanze. A partire dal 2001, la relativa gestione è stata affidata alle Agenzie fiscali.

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Per ‘Amministrazione finanziaria’ si intende il complesso degli uffici finanziari centrali e periferici preposto all’acquisizione e alla gestione delle entrate tributarie. Essa ha subito profonde modifiche ad opera del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e dei relativi decreti di attuazione d.m. 28.12.2000 e d.m. 20.03.2001 Tale riforma si è incentrata sulla distinzione tra ‘direzione politica’, di competenza del MEF;

‘gestione amministrativa’ del fenomeno tributario, demandata ad

Agenzie all’uopo istituite (Entrate, Territorio, Dogane, Demanio), strutturate secondo modelli organizzativi di stampo privatistico.

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L’Amministrazione finanziaria

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze

A seguito della riforma operata con il d.lgs. 300/99, nell’ambito dell’Amministrazione centrale, i preesistenti Ministeri delle Finanze e Ministero del Tesoro sono stati accorpati nel Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), competente in materia di: politica economica e finanziaria;

bilancio e fisco Esso pertanto ha il compito di: predisporre gli atti normativi di programmazione/coordinamento; svolgere una funzione di indirizzo/controllo/coordinamento nei confronti delle Agenzie fiscali, nel rispetto della loro autonomia gestionale.

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In particolare: il Ministro determina annualmente con proprio atto (c.d. atto di indirizzo) le direttive generali della politica fiscale in conformità al documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento; le ulteriori funzioni ministeriali sono concretamente esercitate: dal Dipartimento delle Politiche fiscali, cui spetta la vigilanza sulle Agenzie fiscali, la redazione degli atti normativi regolamentari e l’effettuazione di studi di politica tributaria; dall’Anagrafe tributaria, deputata alla raccolta sistematica, su scala nazionale, di dati/notizie rilevanti ai fini tributari, con riguardo ai singoli contribuenti. Tale raccolta è resa possibile dall’attribuzione a ciascun contribuente di un codice fiscale, da indicarsi obbligatoriamente nell’ambito di una serie di rapporti ed atti fiscalmente rilevanti.

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Le Agenzie fiscali A seguito della riforma operata con il d.lgs. 300/99 sono state istituite 4 Agenzie fiscali: Agenzia delle Entrate Agenzia delle Dogane Agenzia del Territorio Agenzia del Demanio

I rapporti tra il MEF e le 4 Agenzie sono regolati: dalla legge, che attribuisce in via esclusiva alle medesime la gestione operativa di determinate categorie di tributi da una convenzione stipulata, per ciascun esercizio, tra ciascuna Agenzia ed il Ministero, ove vengono stabiliti: gli obiettivi da raggiungere, le direttive generali per la gestione, le strategie per conseguire i migliori risultati, le risorse disponibili e le modalità di verifica del raggiungimento dei risultati gestionali e di vigilanza sull’operato dell’Agenzia.

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Le Agenzie fiscali hanno natura di enti pubblici non economici. Sotto il profilo giuridico-strutturale risultano così connotate:

hanno personalità giuridica di diritto pubblico e sono dotate di un

proprio statuto; godono di ampia autonomia finanziaria, patrimoniale, contabile e di

bilancio; la loro attività deve essere svolta nel rispetto dei principi di legalità,

imparzialità, trasparenza, economicità ed efficacia (art. 1 L. 241/90);

sono sottoposte al controllo della Corte dei Conti;

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Sotto il profilo organizzativo il relativo sistema risulta fondato sulla bipartizione tra: Uffici centrali, con sede in Roma aventi funzione di controllo e coordinamento degli Uffici periferici ed ai quali è demandato lo svolgimento delle seguenti attività: interpretazione; predisposizione degli atti amministrativi generali; predisposizione della modulistica;

Uffici periferici. In particolare, l’Agenzia delle Entrate si articola, a livello periferico, in Direzioni regionali e Direzioni provinciali, preposte:

•al rilascio di pareri/visti in relazione alle singole pratiche; •all’applicazione sul territorio di riferimento dei tributi gestiti dall’Agenzia .

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l’Agenzia del Demanio si occupa dell’amministrazione e della manutenzione dei beni immobiliari dello Stato;

l’Agenzia delle Dogane ha competenza con riguardo all’amministrazione, riscossione e contenzioso relativo ai diritti doganali ed alla fiscalità connessa agli scambi internazionali e alle accise sulla produzione e sui consumi;

l’Agenzia del Territorio esercita compiti relativi ai servizi catastali ed alle Conservatorie dei registri immobiliari.

NB: dal 1.12.2012 l’Agenzia del Territorio è stata incorporata nell’Agenzia delle Entrate (art. 23-quater del D.L. 95/2012)

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Il Garante del contribuente Presso ogni Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate è istituito il Garante del contribuente, organo collegiale introdotto dall’art. 13 della L. n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). Esso assolve la funzione di tutelare i contribuenti contro eventuali abusi, vessazioni, inerzia dell’Amministrazione finanziaria. Presenta al Governo una relazione annuale sullo stato dei rapporti tra Fisco e cittadini. Per tali motivi esso si pone quale struttura funzionalmente e materialmente autonoma rispetto all’Agenzia Esso assolve la propria funzione di tutela dei contribuenti sia d’ufficio che sulla base delle segnalazioni operate dai contribuenti medesimi. Nello svolgimento delle sue funzioni risulta titolare, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: del potere di richiedere documenti/informazioni agli Uffici competenti, i quali sono tenuti ad adempiere alle richieste del Garante entro 30 giorni; di un vero e proprio potere di accesso.

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La Guardia di Finanza La Guardia di Finanza è un organo ausiliario del soggetto attivo ‘Stato’. Si tratta di uno speciale Corpo di Polizia che dipende direttamente dal Ministro dell'Economia e delle Finanze. È organizzato secondo un assetto militare e fa parte integrante delle Forze Armate dello Stato oltre che della Forza Pubblica. La legge attribuisce alla GdF specifici poteri di natura pubblicistica ai fini dell’attuazione dei tributi. In particolare, nello svolgimento della sua funzione di polizia tributaria, la GdF è dotata di tutti i poteri d’indagine e di controllo riconosciuti agli Uffici dell’Agenzia dalle singole leggi d’imposta, con l’unico limite di non poter procedere all’emanazione di un avviso di accertamento. Essa, infatti, si limita a redigere del processi verbali di constatazione (pvc), che vengono trasmessi all’Agenzia delle Entrate, la quale provvederà sulla base dei medesimi all’emissione di avvisi di accertamento/atti di irrogazione delle sanzioni.

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I C.A.F.

I Centri di Assistenza fiscale (C.A.F.) sono stati istituiti con L.423/91. La loro disciplina è stata modificata ed integrata con il d.lgs. 241/97 e con il d.lgs. 490/98; Sono costituiti in forma di società di capitali ed il loro oggetto sociale consiste nell’attività di assistenza fiscale a determinati contribuenti. In particolare I CAF-imprese, costituiti dalle associazioni sindacali di categoria

fra imprenditori, i quali: prestano assistenza fiscale ai lavoratori autonomi ed ai titolari

di reddito d’impresa;

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elaborano ed inviano le dichiarazioni dei redditi all’Amministrazione finanziaria, redigono le scritture contabili, verificano la conformità dei dati esposti in dichiarazione con quelli risultanti dalla documentazione prodotta dai contribuenti;

rilasciano un visto di conformità dei dati contenuti nella dichiarazione rispetto alle risultanze delle scritture contabili ed assevera che gli elementi, contabili ed extra-contabili) comunicati all’Amministrazione finanziaria ai fini dell’applicazione degli studi di settore corrispondono a quelli risultanti dalle scritture contabili.

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I C.A.F. – dipendenti, costituiti dalle organizzazioni sindacali dei

lavoratori dipendenti e pensionati e dai sostituti d’imposta, i quali:

elaborano ed inviano all’Amministrazione finanziaria le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e dei sostituti;

verificano la conformità di quanto comunicato dal dipendente/pensionato/sostituto nella dichiarazione;

Effettuano il calcolo delle imposte dovute.

Per tale attività i C.a.f. ricevono un compenso da parte dello Stato

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L’Agente della riscossione. Equitalia.

Il d.l. 203/2005 ha soppresso il vecchio sistema dell’affidamento in concessione del sistema di riscossione, con contestuale attribuzione delle relative funzioni all’Agenzia delle Entrate, la quale provvede all’esercizio delle medesime tramite una società (la Equitalia Holding) partecipata al 51% dall’Agenzia delle Entrate e al 49% dall’INPS. N.B.: a seguito delle modifiche introdotte dal d.l. 70/2011, la riscossione dei tributi locali può essere effettuata o dagli Enti locali in proprio, ovvero, affidata tramite gara a soggetti pubblici/privati iscritti nell’albo previsto dall’art. 53 del d.lgs. 446/1997. La Equitalia Holding, a sua volta, controlla 3 distinte società, incaricate della riscossione a livello territoriale (la Equitalia Nord, la Equitalia Centro e la Equitalia Sud) strutturate in direzioni regionali ed ambiti provinciali.

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A seguito delle modifiche introdotte art. 29, L. n. 122/2010 (avviso di accertamento c.d. autoesecutivo), le funzioni attualmente demandate alla Equitalia sono circoscritte alle seguenti: presa in carico degli avvisi di accertamento ormai esecutivi emessi

dalle Agenzie; Intervento, anche prima di tale momento laddove vi sia un fondato

pericolo per la riscossione

La soggettività tributaria

In passato si è lungamente discusso circa il carattere ‘speciale’ o meno della soggettività tributaria.

L’origine della questione è da ricondursi al fatto che da sempre la legislazione tributaria – a differenza di quella civilistica – ha riconosciuto capacità giuridica (attitudine ad essere centro d’imputazione di diritti/doveri) – oltre che alle persone fisiche e giuridiche – anche ad una serie di organizzazioni di persone (società di fatto) e di complessi patrimoniali (i trust) non dotati personalità giuridica secondo il diritto comune. Ai fini tributari, infatti, il riconoscimento della soggettività era direttamente riconnesso al requisito della autonomia economica/patrimoniale dell’ente.

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A seguito del progressivo ampliamento della nozione ‘privatistica’ di soggettività deve escludersi il carattere ‘speciale’ della soggettività tributaria. A seguito di tale ampliamento anche nell’ambito del diritto comune può dirsi venuta meno la coincidenza tra le nozioni di soggettività (attitudine ad essere centro di imputazione) e personalità giuridica (titolarità della capacità di agire). Semplicemente, in ambito tributario il possesso di determinati requisiti (autonomia economico-patrimoniale) assume rilevanza ai fini dell’imputazione della capacità contributiva (e dunque, dell’obbligo di pagare il tributo) in capo a soggetti privi di personalità giuridica.

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I soggetti passivi del tributo

In prima approssimazione il ‘soggetto passivo’ del rapporto giuridico d’imposta può essere definito come il soggetto tenuto al pagamento del tributo e destinato a subire, nell’ipotesi di inadempimento, l’esecuzione forzata. In via di principio, dal carattere cogente del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) dovrebbe discendere la piena coincidenza del tra il soggetto che ha posto in essere il presupposto (il fatto manifestativo di capacità contributiva) ed il soggetto passivo del tributo (il capo al quale si realizza il depauperamento previsto dalla norma). Nella pratica, l’individuazione del soggetto passivo risulta spesso problematica, in ragione del carattere: strumentale delle norme tributarie; complesso del rapporto giuridico d’imposta;

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Tali caratteri hanno infatti indotto un progressivo ampliamento dei soggetti destinatari dell’obbligo di pagare il tributo, in funzione di garanzia delle esigenze patrimoniali del Fisco. E dunque: mentre il soggetto attivo del rapporto giuridico d’imposta (inteso come destinatario del gettito) è sempre unico, è frequente la configurabilità in relazione allo stesso fatto-presupposto di una pluralità di soggetti passivi, titolari di diverse situazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Nell’ambito del sistema vigente vengono infatti spesso individuati dei soggetti ulteriori rispetto al soggetto passivo vero e proprio (colui che ha realizzato il presupposto d’imposta), i quali sono tenuti al versamento del tributo: in sostituzione del soggetto passivo; in alternativa al soggetto passivo;

Il contribuente, il domicilio fiscale ed il responsabile fiscale Il termine ‘contribuente’ viene atecnicamente utilizzato per indicare il soggetto tenuto a contribuire alle pubbliche spese attraverso il versamento del tributo. Si è visto come al fine di consentire il controllo fiscale dei soggetti passivi ogni contribuente, anche potenziale, viene iscritto all’Anagrafe tributaria, con attribuzione di un numero di codice fiscale. In aggiunta, ogni contribuente deve avere un domicilio fiscale. Si tratta del luogo in cui l’Amministrazione finanziaria deve notificare i propri atti ed identifica la competenza amministrativa degli Uffici finanziari e quella giurisdizionale delle Commissioni Tributarie

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Il domicilio fiscale, infatti, coincide: per le persone fisiche residenti, con il Comune di residenza anagrafica; N.B.: La nozione tributaria di domicilio diverge da quella civilistica (art. 43 c.c. – ‘sede principale degli affari e interessi’), in quanto più ampia (risulta più prossima alla nozione civilistica di residenza – ‘luogo di dimora abituale’). per i soggetti diversi dalle persone fisiche (società ed enti), con il Comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa o la sede secondaria o la stabile organizzazione;

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per i soggetti non residenti con il Comune nel quale il reddito è stato prodotto, ovvero, con quello in cui è stato prodotto il reddito più elevato; per i cittadini italiani che risiedono all’estero in forza di un rapporto di servizio con la P.A., nonché per i soggetti considerati residenti ai sensi dell’art. 2, comma 2 bis, TUIR, con il Comune di ultima residenza nello Stato;

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Una figura particolare è quella del rappresentante fiscale, che attiene alle ipotesi in cui vi siano soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione, che realizzino in Italia fatti o situazioni rilevanti ai fini delle II.DD e dell’IVA

Il rappresentante deve essere una persona fisica residente in Italia (non è invece necessario abbia anche la cittadinanza italiana). La sua nomina ha la funzione di agevolare i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e il soggetto non residente (art. 4, comma 2, DPR 600/73)

Viene nominato anche ai fini IVA (art. 17 DPR 633/72) per l’adempimento degli obblighi e per l’esercizio dei diritti previsti dalla normativa IVA, ma risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme IVA

Contribuenti di fatto e contribuenti di diritto: la traslazione (economica) dell’imposta

Si è visto come nel sistema vigente ricorrano ipotesi in cui soggetti ulteriori rispetto al soggetto passivo vero e proprio (colui che ha realizzato il presupposto), sono tenuti al versamento del tributo in sostituzione/in alternativa a quest’ultimo; In tali casi, l’obbligo di pagare il tributo grava dunque su di soggetto al quale la capacità contributiva manifestata dal presupposto non è riferibile. Alla luce di tale aspetto viene operata, nell’ambito dei soggetti passivi, una distinzione tra: contribuenti di diritto, i quali sono obbligati al pagamento del

tributo in relazione ad indici di ricchezza riferibili ad altri soggetti in forza di una previsione di legge ed a causa di un particolare rapporto con tali soggetti (passivi);

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contribuente di fatto, ai quali la capacità economica manifestata dal presupposto è effettivamente riferibile ed ai quali il peso economico del tributo viene trasferito ad opera dei contribuenti di diritto attraverso meccanismi di varia natura (palesi o occulti);

Nell’ambito di tali meccanismi occorre distinguere tra: meccanismi giuridici (rivalsa), espressamente previsti dalla legge

e volti a riequilibrare la distribuzione del carico tributario tra contribuenti di fatto e contribuenti di diritto alla luce del principio di capacità contributiva;

meccanismi economici (traslazione), non aventi rilevanza

giuridica. Essi si risolvono nel materiale trasferimento su un altro soggetto dell’onere tributario attraverso un aumento del prezzo unitario dei beni/servizi corrisposti. Per tale via, il soggetto che subito il prelievo tributario (soggetto percosso) trasferisce su di un altro soggetto (soggetto inciso) il depauperamento finanziario connesso all’adempimento dell’obbligo tributario.

Es.: compagnie telefoniche – tasse concessione governative 30

La rivalsa

Nell’ambito dei meccanismi giuridici assume rilevanza essenziale la rivalsa. Tale meccanismo consente al terzo coinvolto nel prelievo (contribuente di diritto) di reintegrare la decurtazione patrimoniale subita per effetto dell’adempimento dell’obbligazione tributaria. Ha la funzione di porre definitivamente a carico del soggetto passivo (contribuente di fatto) l’onere economico del prelievo fiscale subito dal contribuente di diritto.

Il suo esercizio consente dunque di porre in via definitiva il ‘sacrificio’ connesso al pagamento del tributo in capo al soggetto cui la capacità contributiva manifestata dal presupposto risulta effettivamente riferibile.

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N.B.: l’esercizio della rivalsa non è tuttavia sempre obbligatorio. Il diritto di rivalsa si configura infatti come diritto disponibile in tutti quei casi in cui il diritto di credito a contenuto patrimoniale (a ripetere quanto pagato) è esercitabile a discrezione del suo titolare (es. ipotesi di responsabilità nel pagamento dell’imposta). In questo caso il titolare può scegliere di rinunciare ad esercitare la rivalsa

Diverso è il caso in cui il rispetto della capacità contributiva imponga di porre il debito tributario a carico esclusivo del soggetto titolare di capacità contributiva (es. ipotesi di sostituzione). In tale ipotesi il contribuente di diritto ha l’obbligo di esercitare la rivalsa nei confronti del contribuente di fatto.

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La rivalsa può essere esercitata secondo diverse modalità: mediante addebito e, dunque, con la partecipazione del soggetto che la subisce (come accade ad es. nell’IVA);

mediante trattenuta e, dunque, con unilaterale determinazione del contribuente di diritto, senza che sia necessaria la partecipazione del contribuente di fatto (come accade nella sostituzione).

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I patti sull’imposta e l’accollo

Occorre a questo punto chiarire la differenza esistente tra il fenomeno della traslazione ed il tema dei c.d. patti sull’imposta e dell’accollo. A. I patti sull’imposta Nel nostro ordinamento non c’è un divieto generale di disciplinare la ripartizione del carico fiscale secondo accordi tra privati, con effetti interni. Infatti: nonostante il principio generale espresso dall’art. 53 Cost., il legislatore ha in più ipotesi ammesso che il carico fiscale rimanga a carico di un soggetto diverso da quello che ha manifestato la capacità contributiva (si pensi alla previsione della rivalsa facoltativa).

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Pertanto: devono considerarsi validi i patti che convengono redditi netti d’imposta. Essi infatti non trasferiscono da un soggetto all’altro l’incidenza del tributo ma si limitano a determinare il corrispettivo contrattuale, includendovi o escludendovi il tributo.

Mentre: devono ritenersi invalide le clausole che risultino strumentali/connesse alla illecita sottrazione di materia imponibile

Es.: la clausola con la quale il sostituto rinunci espressamente ad esercitare la rivalsa.

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B. L’accollo L'accollo (art. 1273 c.c.) è uno dei contratti che rientrano nel fenomeno della successione a titolo particolare nel debito. Si tratta del contratto tra il debitore (accollato) e un terzo (accollante) in virtù del quale quest'ultimo assume l’obbligo di estinguere un debito del primo verso un ulteriore soggetto (accollatario). L’accordo può : intercorrere esclusivamente tra l’accollato e l’accollante (c.d. accollo semplice/interno); coinvolgere anche l’accollatario nelle ipotesi in cui questi aderisca alla convenzione stipulata dai primi (c.d. accollo esterno); liberare il debitore originario (c.d. accollo liberatorio); prevedere che il debitore originario resti vincolato in solido con il terzo accollante all’adempimento della prestazione (c.d. accollo cumulativo).

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In ambito tributario l’ammissibilità dell’accollo è stata oggetto di un lungo dibattito dottrinale. Attualmente: non sussiste più alcun dubbio a riguardo. Infatti: l’art. 8 comma 2 della L. n. 212/2000 ha sancito l’ammissibilità dell’accollo senza liberazione del contribuente originario (cumulativo)

Pertanto: i patti che prevedono l’accollo d’imposta sono leciti purché non prevedano la liberazione del contribuente originario (c.d. accollo liberatorio o privativo) Dunque l’accollo nel diritto tributario può avere solo efficacia interna alle parti dell’accordo, con esclusione di efficacia nei confronti del fisco (soggetto creditore)

La solidarietà tributaria

Si è visto come in alcuni casi soggetti ulteriori rispetto al soggetto passivo vero e proprio (colui che ha realizzato il presupposto), siano tenuti al versamento del tributo in sostituzione/in alternativa a quest’ultimo. In altre ipotesi la pluralità soggettiva dal lato passivo consegue alla sussistenza di più soggetti tenuti in via principale al pagamento del tributo. A tali soggetti risultano infatti direttamente imputabili i fatti generatori dell’obbligazione tributaria. In tali casi trova applicazione – con alcuni contemperamenti - la disciplina civilistica della solidarietà.

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Occorre infatti rilevare una differenza fondamentale:

nel diritto civile la solidarietà passiva costituisce uno strumento di rafforzamento della garanzia del creditore;

nel diritto tributario, accanto a tale funzione, la solidarietà

passiva è anche strumento di realizzazione del concorso dei diversi soggetti passivi alle pubbliche spese in ragione della rispettiva capacità contributiva;

In particolare, mentre nel diritto civile la solidarietà è disciplinata sia dal lato attivo (pluralità di creditori) che dal lato passivo (pluralità di debitori) nel diritto tributario l’applicazione dell’istituto è circoscritta al lato passivo.

Ricorre, nondimeno, anche in ambito tributario il perseguimento di obiettivi di semplificazione dei rapporti con il Fisco e di rafforzamento della garanzia patrimoniale del medesimo.

Infatti: la coobbligazione di più soggetti attraverso il vincolo solidale permette al creditore di chiedere che ciascun condebitore provveda all’integrale adempimento della prestazione.

Ai sensi dell’art. 1292 c.c. infatti : «L'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri»

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In relazione alla riferibilità del presupposto impositivo a più soggetti passivi, è possibile individuare due tipi di solidarietà sostanziale, cioè di solidarietà nel pagamento del tributo

Solidarietà paritetica che ricorre quando il presupposto è riferibile ad una pluralità di soggetti, tutti identicamente e solidalmente tenuti al versamento del tributo. Dunque: in linea generale, ogni qualvolta il presupposto sia realizzato da più soggetti, questi sono obbligati in solido al pagamento del tributo; Tuttavia: sotto il profilo della imputazione degli effetti del presupposto occorre operare una distinzione a seconda della configurabilità o meno di un criterio di ripartizione interno del carico tributario tra i coobbligati.

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Infatti: qualora il presupposto sia contemporaneamente ed interamente riferibile a diversi soggetti, l’imputazione degli effetti (obbligo di pagare il tributo corrispondente) avrà luogo in capo a ciascun coobbligato per l’intero ed unitariamente. Es.: solidarietà tra le parti dell’atto soggetto a registrazione. qualora il presupposto risulti riferibile pro quota a diversi soggetti, l’imputazione degli effetti avrà luogo in capo a ciascun coobbligato sempre per l’intero ed unitariamente, ma con profili che avvicinano la fattispecie a quella della solidarietà dipendente (infra). Infatti: la ripartibilità della capacità contributiva comporta che ciascun coobbligato si trova ad essere responsabile del versamento del tributo in parte per fatto proprio ed in parte per un fatto riferibile ad altri soggetti. Es.: solidarietà dei coeredi nel pagamento dell’imposta di successione.

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Solidarietà dipendente, la quale ricorre qualora il presupposto del tributo è riferito ad uno o più soggetti, mentre la norma tributaria, per tutelare l‘interesse fiscale all’esazione sicura del tributo, coinvolge con vincolo solidale nell’obbligazione tributaria anche soggetti cui sicuramente non è riferibile la capacità contributiva manifestata dal presupposto. In questo caso il presupposto del tributo è riferibile ad un soggetto (l’obbligato principale), ma nello stesso vi è anche un altro soggetto (l’obbligato dipendente) che non ha realizzato presupposto, ma è obbligato in solido al pagamento del tributo perché ha posto in essere una fattispecie collaterale Es: coobligazione del notaio nel pagamento dell’imposta di registro

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Allorché uno dei coobbligati provveda al versamento/sia chiamato a farlo, il suo adempimento libera anche gli altri coobbligati, nei cui confronti questi avrà diritto di rivalsa (a ripetere, vale a dire, quanto pagato). L’esercizio di tale diritto consente di riequilibrare le posizioni dei soggetti coinvolti nel vincolo solidaristico al fine di rispettare il principio costituzionale di capacità contributiva. In particolare: nella solidarietà dipendente la rivalsa è esercitata per l’intero:

il coobbligato ha il diritto (nel caso del responsabile) di richiedere per intero quanto ha pagato;

nella solidarietà paritetica la rivalsa è esercitata pro quota: il

coobbligato ha il diritto di richiedere agli altri condebitori solo il pagamento che ha effettuato per la parte eccedente il proprio debito tributario.

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Sostituto d’imposta

La figura è disciplinata dall’art. 64 del DPR n. 600/73, il quale definisce il sostituto come quel soggetto che in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte: in luogo di altri,

per fatti o situazioni a questi riferibili; ed anche a titolo di acconto. A seguito del versamento questi è tenuto ad esercitare la rivalsa se non e' diversamente stabilito in modo espresso. N.B.: nella maggior parte dei casi il sostituto è un debitore del sostituito e la legge pone a carico del primo l’obbligo di trattenere una parte della somma da pagare e di versarla all’erario

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Esempi tipici di sostituzione tributaria:

• datore di lavoro: sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti e la versa la fisco

• il condominio: sui compensi erogati dall’amministratore;

• società (soggetti passivi IRES): sugli interessi, dividendi ed altri redditi di capitale;

• banche: su interessi ed altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti e di deposito.

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Nell’ambito di tali ipotesi occorre distinguere quelle riconducibili allo schema proprio della: sostituzione d’imposta (o propria), anche detta a titolo definitivo,

che si attua attraverso l’applicazione di un’aliquota fissa ad un determinato provento, che non viene incluso nel reddito complessivo del percipiente (sostituito).

Es.: ritenute sui compensi corrisposti a lavoratori autonomi non residenti.

Dunque: nella sostituzione a titolo d’imposta (definitiva) il sostituto è unico debitore verso il Fisco di un’imposta dovuta sul presupposto realizzato dal sostituito. Il rapporto d’imposta si instaura dunque unicamente tra Fisco e sostituto. Tuttavia: se il sostituto omette sia le ritenute sia il versamento delle stesse, il sostituto ed il sostituito sono obbligati in solido per l’iscrizione a ruolo di imposte, sanzioni ed interessi (art.35 DPR n. 602/73)

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sostituzione a titolo d’acconto (o impropria) nell’ambito della quale il sostituto non è debitore in luogo del sostituito, ma è soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento della ritenuta. Anche tale ipotesi si attua attraverso l’applicazione di un’aliquota fissa ad un determinato provento, che però dovrà essere incluso nel reddito complessivo del percipiente (sostituito).

Pertanto: le somme percepite dal sostituito concorreranno alla determinazione del suo reddito imponibile. Tuttavia: il sostituito ha il diritto di detrarre dall’imposta globalmente dovuta l’importo delle ritenute subite.

N.B.: il rapporto d’imposta ha in questo caso carattere triangolare, coinvolgendo sia il sostituto che il sostituito.

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Nell’ipotesi di omesso versamento delle ritenute effettuate da parte del sostituto, il sostituito ha comunque diritto a portare in detrazione le ritenute subite.

Mentre nel caso di omessa effettuazione delle ritenute:

- se il sostituito include anche tali ritenute tra i suoi redditi si

costituisce debitore e libera il sostituto dall’obbligazione tributaria; - se il sostituito non include tali acconti tra i suoi redditi (non si

costituisce debitore) il sostituto non viene liberato dal suo obbligo ed il fisco potrà agire (con avviso di accertamento) solo nei confronti di quest’ultimo.

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Responsabile d’imposta

Anche tale figura è disciplinata dall’art. 64 del DPR N. 600/73, il quale definisce il responsabile d’imposta come colui che in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell'imposta: insieme con altri; per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi. A seguito del pagamento del tributo questi ha diritto di rivalsa. N.B.: la sua responsabilità non deriva dall’aver concorso a realizzare il presupposto d’imposta, ma dall’aver posto in essere una fattispecie ulteriore e collaterale, che si pone rispetto a quella principale in rapporto di pregiudizialità-dipendenza

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Esempi di responsabilità nel pagamento dell’imposta: notaio che registra l’atto per il pagamento dell’imposta di registro; cessionario d’azienda per le imposte e sanzioni riferibili a violazioni

commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti (in questo caso, tuttavia, il cessionario gode del beneficio della previa escussione del cedente);

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