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Suggestioni dantesche Schegge dantesche nella lingua (poetica) del Novecento: risemantizzazione, allusione, parodia Delfina Curati 30/10/2016 1

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Page 1: Schegge dantesche nella lingua (poetica) del Novecento ... · La lingua di Dante appare quasi un miracolo inconcepibile. Di fronte a tutti gli scrittori precedenti, fra i quali furono

Suggestioni dantesche

Schegge dantesche nella lingua (poetica) del Novecento:

risemantizzazione, allusione, parodia

Delfina Curati 30/10/2016 1

Page 2: Schegge dantesche nella lingua (poetica) del Novecento ... · La lingua di Dante appare quasi un miracolo inconcepibile. Di fronte a tutti gli scrittori precedenti, fra i quali furono

Parte prima

Dante

“miglior fabbro del parlar materno” (Purg. XXVI, 117)

Delfina Curati

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Nella Postfazione del curatore del Grande Dizionario italiano dell’uso (UTET, 1999), Tullio De Mauro scrive:

“Quando Dante comincia a scrivere la Commedia il vocabolario fondamentale è già costituito al 60%. La Commedia lo fa proprio, lo integra e col suo sigillo lo trasmette nei secoli fino a noi. Alla fine del Trecento l'attuale vocabolario fondamentale italiano è configurato e completo all'81,5%. Ben poco è stato aggiunto dai secoli seguenti. Tutte le volte che ci è dato di parlare con le parole del vocabolario fondamentale, e accade quando riusciamo a essere assai chiari, non è enfasi retorica dire che parliamo la lingua di Dante. È un fatto.”

Delfina Curati

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Dunque non “Dante e la lingua italiana” ma piuttosto “Dante è la lingua italiana” (I. Baldelli)

Fortuna immediata

‘Plurivocità’

‘Memorabilità’ Cristallizzazione

della lingua letteraria

‘Ecumenicità’

Delfina Curati

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“La lingua di Dante appare quasi un miracolo inconcepibile. Di fronte a tutti gli scrittori precedenti, fra i quali furono tuttavia grandi poeti, la sua espressione possiede una tale ricchezza, concretezza, forza e duttilità, egli conosce e impiega un numero talmente superiore di forme, afferra le più diverse apparenze e sostanze con piglio tanto più saldo e sicuro, che si arriva alla convinzione che quest’uomo abbia con la sua lingua riscoperto il mondo.”

(E. Auerbach, Mimesis, Torino, 1956 vol. I, p.198)

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Dante “miglior fabbro del parlar materno”

Fiorentino

+

Altri dialetti (siciliano)

Latinismi

Gallicismi

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“L'acqua ch'io prendo già mai non si corse” (Pd. II, v. 7) … ovvero Dante onomaturgo

“Trasumanar significar per verba non si porìa”

“se non colà dove gioir s’insempra”

“l’imago al cerchio e come vi s’indova”

“quella che 'mparadisa la mia mente”

“Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia”

“li arruncigliò le ‘mpegolate chiome”

“Lor corso in questa valle si diroccia”

“del quale il ciel più chiaro s’inzaffira”

“che ‘nverso il ciel più alto si dislaga”

“qual ella sia, parole non ci appulcro”

“poscia che s’infutura la tua vita”

“O cara piota mia che sì t’insusi”

“s'io m'intuassi, come tu t'inmii”

“che il cane a quella lievre ch’elli acceffa”

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Hapax legòmena e neoformazioni dantesche: Struttura

Composti parasintetici costruiti col prefisso illativo in– (alta frequenza), oppure a-, di-, dis-, tras-

• da nomi (incielarsi, imparadisarsi, impolarsi, inurbarsi, arruncigliare, dislagare, ecc.)

• da pronomi personali (intuarsi, immiarsi, inluiarsi)

• da numerali (intrearsi, inmillarsi, incinquarsi, internarsi, disunarsi)

• da avverbi (innoltrarsi, inforsarsi, insusarsi, insemprarsi, indovarsi, adimare)

Forme di derivazione denominale o deverbale secondo moduli vari (bassa frequenza e dubbia attribuzione)

• Esempi: pennelleggiare, mirrare, mischio (sost. nel senso di “mescolanza”), sempiternare, torreggiare ecc.

Delfina Curati

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Hapax legòmena e neoformazioni dantesche: Funzione

“Il modulo formativo consente evidentemente al poeta di tradurre in azione

verbale, con immediatezza e felicità espressiva, un'immagine che si è

affacciata inizialmente alla sua fantasia con le sembienze grammaticali di

un sostantivo, di un aggettivo, e perfino di un pronome o di un avverbio.

La cantica che più di ogni altra dà l'occasione a queste neo-formazioni è, come

si sarà osservato, il Paradiso, e molte di esse sono legate a quella poesia

dell'ineffabile, che cerca, con vari mezzi, e tra gli altri la radicale e, talora,

violenta creazione verbale, di esprimere concetti e sentimenti che

sfiorano l'inesprimibile.”

Ghino Ghinassi, Enciclopedia dantesca vol. IV, 1970, s.v. neologismi

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il Dante poeta smentisce il Dante teorico … ovvero il plurilinguismo dantesco

“Dei più visibili e sommari attributi che pertengono a Dante, il primo è il plurilinguismo. Non si allude naturalmente solo a latino e volgare, ma alla poliglottia degli stili e, diciamo la parola, dei generi letterari. [...] Ecco in Dante convivere l’epistolografia di piglio apocalittico, il trattato di tipo scolastico, la prosa volgare narrativa, la didascalica, la lirica tragica e la umile, la comedìa.”

Gianfranco Contini, Preliminari sulla lingua del Petrarca 19 saggio introduttivo al Canzoniere, Einaudi, Torino, 1992, pp. XXVIII-XXIX

Delfina Curati

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il Dante poeta smentisce il Dante teorico … ovvero il plurilinguismo dantesco

Come ricorda Remo Ceserani, “Dante nella Commedia ha sacrificato alcune sue convinzioni e intenzioni teoriche. In due modi almeno :

a. perché la lingua della Commedia non rappresenta quel volgare “illustre, cardinale, curiale, aulico”, sopradialettale insomma, teorizzato nel De vulgari eloquentia […];

b. perché tale lingua non è affatto ristretta nei limiti «comici» indicati da Dante nella lettera a Cangrande […], ma comprende non pochi momenti «elegiaci», e una vastissima e quasi prevalente presenza della componente «tragica»."

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Coincidenza di lingua e stile nella Commedia

“Nel linguaggio della Commedia è, oltre che difficile, forse improprio distinguere lingua e stile. Di fronte alla mancanza di un sistema definito e levigato da lunga tradizione letteraria, dentro cui foggiare un proprio stile […], Dante, in funzione della vastità e varietà del mondo che vuole esprimere, crea la sua lingua, che è al tempo stesso il suo stile.”

A. Pagliaro, Teoria e prassi linguistica in Id., Ulisse. Ricerche semantiche

sulla D.C., Messina-Firenze 1966, p. 550.

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Schegge (impazzite) di Dante nella lingua d’uso

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

Gabbo/gabbare (dal franc. antico gab) “S’io avessi le rime aspre e chiocce, come si converrebbe al tristo buco sovra ’l qual pontan tutte l’altre rocce, io premerei di mio concetto il suco più pienamente; ma perch’io non l’abbo, non sanza tema a dicer mi conduco; ché non è impresa da pigliare a gabbo discriver fondo a tutto l’universo, né da lingua che chiami mamma o babbo.”

(If., XXXII, 1-9)

“Io dico che molte di queste donne, accorgendosi de la mia trasfigurazione, si cominciaro a

maravigliare, e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima”

(Vita Nuova, XIV 7)

“avuta la grazia, gabbato lo santo”

(proverbio popolare)

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

Quisquìlia (o quisquiglia) (dal lat. quisquiliae, -arum, prop. “immondezza, feccia”)

“così de li occhi miei ogne quisquilia

fugò Beatrice col raggio d’i suoi”

Pd, XXVI, 76-77

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

Tetragono [dal gr. τετράγωνος, comp. di τετρα- «tetra-» e -γωνος «-gono»]

«mentre ch’io era a Virgilio congiunto

su per lo monte che l’anime cura

e discendendo nel mondo defunto,

dette mi fuor di mia vita futura

parole gravi, avvegna ch’io mi senta

ben tetragono ai colpi di ventura»

Pd., XVII, vv. 19-24

“Confesso che a me, tetragono e ostinato, piace la conversione di Fini”

(Giuliano Ferrara, Il foglio quotidiano, 06 aprile 2009)

“Appassionati di vetture inglesi, fanatici del prodotto francese, tetragoni apologeti dell'auto tedesca.” (da Motori.it)

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

Inurbarsi [hapax dantesco dal lat. urbs, urbis]

«Non altrimenti stupido si turba lo montanaro, e rimirando ammuta, quando rozzo e salvatico s'inurba»

Pg., XXVI, vv. 67-69

“Io, figlio d'una casalinga e di un impiegato, cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia, io, tirato su a castagne ed ad erba spagna, io, sempre un momento fa campagnolo inurbato, due soldi d'elementari ed uno d'università, ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato dove ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà...”

Francesco Guccini, Addio, dall’album Stagioni, 2000

https://youtu.be/Tj2STFCmki4

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

dalla cintola in su

«Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: da la cintola in sù tutto il vedrai”»

If., X, vv. 31-33

“Inter-Napoli ai raggi X: dalla cintola in su non c'è partita”

Stefano Dolci, Yahoo!.SPORT, 18 ottobre 2014

“L'uomo si scopre simile all'ostrica (dalla cintola in su)”

Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera Scienze, 05 ottobre 2012

“Dalla cintola in su, la postura del busto, delle spalle, della testa (mento, lingua, collo) rimane quella propria della posizione seduta.”

da www.meditazionecomevia.it

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

fiero pasto

«La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo ch’elli avea di retro guasto.»

If., XXXIII, vv. 1-3

“La bocca sollevò dal fiero pasto il calciator, forbendola a' Prandelli”

V. Mannello, Palermomania.it, 25 giugno 2014

“L'Aperol è ancora lì, sulla tovaglia, intonso, ghiacciato, ma soprattutto circondato da quel che resta del fiero pasto dei pennuti”

E. Minucci, La Stampa 11 luglio 2010

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

le vene e i polsi

«Vedi la bestia per cu’ io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi»

If., I, vv. 88-90

“È onore, codesto, che fa tremare le vene e i polsi”

G. Pascoli, La mia scuola di grammatica, in Pensieri e discorsi di Giovanni Pascoli, MDCCCXCV-MCMVI seconda edizione, Nicola Zanichelli editore, Bologna MCMXIV

“Tutta la sfida del governo è una responsabilità da fare tremare le vene ai polsi”

Marianna Madia, La Repubblica, 22 febbraio2014

“Non sarà una passeggiata, ci sono problemi gravi da far tremare le vene ai polsi ma siamo fiduciosi.”

Vincenzo De Luca, dichiarazione rilasciata il 02/03/’15 a Il Giornale

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

il ben dell’intelletto “Dante ragiona dei dannati che hanno perduto Dio; il popolo intende la ragione, il senno. Solita sorte dei versi danteschi divenuti popolari”

Alfredo Panzini, Dizionario moderno, supplemento ai dizionari italiani, 1905, Hoepli

«Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’ hanno perduto il ben de l’intelletto»

If., III, vv. 16-18

“se ho perso l'uso della vista non ho perso quello della parola e, spero, nemmeno il ben dell'intelletto”

Massimo Fini, Il Messaggero.it, 10 marzo 2015

“Questi hanno perso il ben dell’intelletto”

Sergio Cofferati, La Stampa, 17 gennaio 2015

“Più che il ben dell’intelletto, potè l’opportunità economica.”

Articolo anonimo pubblicato su Dagospia.com 20 marzo 2015

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Esempi di vitalità del lessico dantesco: parole, espressioni, versi

non ragioniam di lor ma guarda e passa

«Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna:

non ragioniam di lor, ma guarda e passa.»

If., XXXIII, vv. 49-51

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Parte seconda

Dante “padre/ mio e de li altri miei miglior che mai rime d'amore

usar dolci e leggiadre”

(Purg. XXVI, 97-99)

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“l'un contro l'altro armato” guerra di posizione a colpi di canone

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Petrarca, “padre mite e dispotico” della lirica moderna (Luzi)

• “La letteratura italiana è del tutto incomprensibile senza Petrarca, mentre si può comprendere benissimo senza Dante”

Gianfranco Contini cit. da P.V. Mengaldo, Dante e Petrarca nella letteratura italiana in

Semicerchio, rivista di poesia comparata XXXVI 2007

• “Si ha l’impressione che Petrarca avesse subito capito che per questa tale lingua (quella della Commedia e di Dante in generale, ndr) non vi fosse futuro […] non nella memoria ma nell’uso; per cui, o il latino, strumentale, nelle sedi appropriate, per un colloquio senza tempo, o il volgare jouè su di una particolarissima corda, e lingua per la poesia di tutti i tempi: come fu difatti”.

Domenico De Robertis, Per una cittadinanza dantesca (considerazione sulla lingua della

Commedia), Firenze, Le Lettere, 1997

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Dante mito del Risorgimento

“Se Dante non fosse stato altro che poeta o letterato, io lascerei l'assunto di scriverne a tanti […]. Ma Dante è gran parte della storia d'Italia […] Quindi è che non avendo potuto o saputo ritrarre la vita di tutta la nazione italiana, tento ritrarre quella almeno dell'Italiano che più di niun altro raccolse in sè l'ingegno, le virtù, i vizi, le fortune della patria. Egli ad un tempo uomo d'azioni e di lettere, come furono i migliori nostri; egli uomo di parte; egli esule, ramingo, povero, traente dall'avversità nuove forze e nuova gloria; egli portato dalle ardenti passioni meridionali fuori di quella moderazione che era nella sua altissima mente; egli, più che da niun altro pensiero, accompagnato lungo tutta la vita sua dall'amore; egli, insomma, l'Italiano più italiano che sia stato mai”

Cesare Balbo, Vita di Dante

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Quale Dante nel Novecento? ovvero… fisionomia proteiforme di un modello

“Il Dante propriamente novecentesco ha connotazioni multiformi, che

non è possibile ricondurre ad un’unica formula che comprenda e

riassuma tutte le esperienze” Luigi Scorrano, Dante nella letteratura del Novecento: esempi

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Quale Dante nel Novecento? ovvero… fisionomia proteiforme di un modello

Diversi fattori rendono irriducibile ad un’unica formula le modalità attraverso le quali il Novecento si è accostato a Dante e in particolare alla Commedia. Per comodità di sintesi ne schematizzo solo alcuni:

La complessità del poema dantesco e la sua disponibilità a letture ai più diversi livelli.

I condizionamenti della tradizione letteraria, la sua sclerotizzazione.

Le sovrastrutture ideologiche che hanno accompagnato la riscoperta ottocentesca di Dante e le reazioni ad esse.

La progressiva ’sprovincializzazione’ della cultura italiana nel corso del secolo e la conseguente apertura alle suggestioni straniere nell’ambito di una riscoperta europea della Commedia.

L’intensificarsi dei rapporti tra poesia e critica e le reciproche interrelazioni tra i due ambiti in molti dei poeti del Novecento.

L’accelerazione storica, la tumultuosità , la drammaticità e la ‘definitività’ del cosiddetto Secolo breve → Quali Novecento per Dante?

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Quale Dante nel Novecento? ovvero… fisionomia proteiforme di un modello

Limitando il campo al secondo Novecento e prescindendo dalla “parabola montaliana”, che richiede un discorso a sé stante, un recente lavoro prova a dipanare la matassa del dantismo novecentesco individuando tre filoni:

uno del plurilinguismo votato alla disgregazione delle certezze precostituite sulla realtà, e al limite a una “politicità” della mimesis e dello stile;

uno che sottolinea soprattutto la necessità di un ordine superiore, allegorico, per riuscire a interpretare e al limite giudicare la storia e il presente;

uno che punta al raffinamento progressivo del linguaggio, sino a ottenere toni sapienziali e atmosfere tra il purgatoriale e il paradisiaco.

Alberto Casadei, Dante nel XX secolo (e oggi) “L’Alighieri”, 35 (2010), pp. 58-59

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Quale Dante nel Novecento? ovvero… fisionomia proteiforme di un modello

non-modello

risemantizzazione

decontestualizzazione

sperimentalismo

espressionismo

iconoclastìa

antipetrarchesca

citazione dotta

preziosismo

parodia

rovesciamento

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Schegge dantesche nella poesia del Novecento

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Schegge dantesche nella poesia del Novecento

“L'incendio suo seguiva ogne scintilla;

ed eran tante, che 'l numero loro

più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla”.

Pd. XXVIII, 91-93

(18 446 744 073 709 551 615)

“E par che nell’immenso arido viso

della piaggia s’immilli il tuo sorriso”

d’Annunzio, Il vento scrive, vv.7-8, Alcyone

“Nel cuor dove ogni visïon s'immilla,

e spazio al cielo ed alla terra avanza,

talor si spenge un desiderio, e brilla

una speranza”

Pascoli, Cuore e cielo, vv. 1-4, Myricae

“il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone

e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto”

Gozzano, L’amica di Nonna Speranza, vv. 11-12, La via del rifugio

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Schegge dantesche nella poesia del Novecento

“Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.” Pd. XVII, 58-60

“La parte migliore? Non esiste. O è un senso

di sé sempre in regresso sul lavoro

o spento in esso, lieto dell’altrui pane

che solo a mente sveglia sa d’amaro.” Sereni, Visita in fabbrica, vv.34-36, Strumenti umani,

1965

“faccie che per strada, in un bar affollato,

sono le faccie deboli, poco sane,

di precoci invecchiati, di malati

di fegato: di borghesi il cui pane

certo non sa di sale, non ignobili, no,

non prive affatto di sembianze umane” Pasolini, La realtà, da Poesia in forma di rosa

“E' vero che sono stanco:

questo scendere scale e salire

deride, finché uccide, gli stanchi” Fortini, Destini generali, vv. 1-4, Poesia e errore

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Schegge dantesche nella poesia del Novecento

“Amo i blocchi sonori, le coltellate di bellezza, il fendente… e prediligo le parole che hanno il suono forte e trascinano senso. Ho cominciato presto a leggere Dante. Dante è il mio poeta.”

Jolanda Insana, Paesaggi attraverso stretti, a cura di Antonella Doria, intervista a Jolanda Insana, “Il Segnale” n. 65, giugno 2003, p. 8

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Schegge dantesche nella poesia del Novecento: la linea espressionistica di Jolanda Insana

“ch'ogne lingua deven tremando muta” Vita Nuova XXVI, 5, 3

“Io avea già il mio viso nel suo fitto; ed el s’ergea col petto e con la fronte

com’avesse l’inferno a gran dispitto.”

If., X, 34-36

“S'io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo più fu' inretito”

Pd., I, 94-96

“E fa fatica con la effe fessa

finché divien tremando muta

sotto la volta crollata” La stortura, in Tutte le poesie, Garzanti 2007, p. 432

“Finché non arriva lui

in gran dispitto

a farmi mangiare le ossa con il sale” Medicina carnale, in Tutte le poesie, Garzanti 2007, p.

245

“La vita malamente afferrata in parolette brevi”

Fendenti fonici, in Tutte le poesie, Garzanti 2007, p. 132

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Page 36: Schegge dantesche nella lingua (poetica) del Novecento ... · La lingua di Dante appare quasi un miracolo inconcepibile. Di fronte a tutti gli scrittori precedenti, fra i quali furono

Una conclusione provvisoria e circolare

«A me pare che il nostro Dante non possa essere che il Dante della realtà e della sperimentazione continua, se non strettamente un Dante naturalistico. Presupposto di questa rappresentazione è che la sua lingua arrivi “più in qua” della sua cultura e sia il suo vero punto avanzato […]. La contraddizione vitale di Dante è che la sua cultura, scolastica, summatica, universalistica, enciclopedica, sia calata in un veicolo particolare, nazionale e appartenente anche alle «muliercule» […]. L’impressione genuina del postero, incontrandosi in Dante, non è d’imbattersi in un tenace e ben conservato sopravvissuto, ma di raggiungere qualcuno arrivato prima di lui (Contini, Un’interpretazione di Dante, in Un’idea di Dante, pp. 110-11)».

(Contini, Un’interpretazione di Dante, in Un’idea di Dante, Einaudi, 2001, pp. 110-11)

Delfina Curati