segretariato generale soggetto attuatore interventi ......30 settembre 2016 n. prot. 4/2016 -...

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Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 1 SEGRETARIATO GENERALE Soggetto Attuatore interventi sui beni culturali art. 5 Ordinanza CDPCM 13 settembre 2016 RELAZIONE CONCLUSIVA ATTIVITA’ COORDINATE dalla Di.Coma.C a seguito degli eventi sismici 2016-2017 del Centro Italia 24 agosto 2016 6 aprile 2017 Luglio 2017

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Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

1

SEGRETARIATO GENERALE

Soggetto Attuatore interventi sui beni culturali

art. 5 Ordinanza CDPCM 13 settembre 2016

RELAZIONE CONCLUSIVA ATTIVITA’ COORDINATE dalla Di.Coma.C

a seguito degli eventi sismici 2016-2017 del Centro Italia

24 agosto 2016 – 6 aprile 2017

Luglio 2017

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Sommario 1. IL COORDINAMENTO ............................................................................................................. 3

1.a Principali Direttive emanate ................................................................................................... 4

2. ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLE OPERAZIONI ................................................... 6

3. GLI EVENTI E IL PATRIMONIO CULTURALE ........................................................................ 7

3.1 Abruzzo ............................................................................................................................ 8

3.2 Lazio ................................................................................................................................. 9

3.3 Marche ........................................................................................................................... 11

3.4 Umbria. ........................................................................................................................... 13

4. LE ATTIVITÀ EMERGENZIALI ................................................................................................. 13

4.1 Il rilievo del danno ........................................................................................................... 13

4.2 La partecipazione ai GTS ............................................................................................... 17

4.3 La messa in sicurezza dei beni mobili ............................................................................. 19

4.3.1 Abruzzo ................................................................................................................... 21

4.3.2 Lazio ........................................................................................................................ 21

4.3.3 Marche .................................................................................................................... 23

4.3.4 Umbria ..................................................................................................................... 25

4.4 La messa in sicurezza degli immobili ............................................................................. 26

4.4.1 Le tipologie di danno nelle quattro regioni ............................................................... 26

4.4.2 Gli interventi di messa in sicurezza ......................................................................... 28

4.5 Le coperture provvisorie ................................................................................................. 32

4.6 La gestione delle macerie ............................................................................................... 33

4.6.1 Lazio ........................................................................................................................ 34

4.6.2 Marche .................................................................................................................... 35

4.6.3 Umbria ..................................................................................................................... 40

5. L’UFFICIO DEL SOPRINTENDENTE SPECIALE ..................................................................... 40

6. CONCLUSIONI ......................................................................................................................... 41

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PREMESSA

Sin dalle prime ore post-sisma del 24 agosto e immediatamente dopo la convocazione del

Comitato Operativo della Protezione Civile (per la precisione alle ore 5.41 del 24 agosto) il

Segretario generale del MiBACT ha attivato l’Unità di Crisi – Coordinamento nazionale

(UCCN) e le Unità di crisi – Coordinamento regionale (UCCR) delle quattro regioni colpite:

Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.

Mentre il coordinatore dell’UCCN Pref. Fabio Carapezza Guttuso si recava nel Comitato

Operativo, entravano in funzione le misure emergenziali secondo il modello organizzativo

regolato con Direttiva del Ministro 23 aprile 2015, pubblicata in GU 8 luglio 2015. Tale

modello prevede una struttura di coordinamento nazionale che fa capo al Segretario

generale (Unità di crisi nazionale - UCCN) e di tante Unità di crisi regionali (UCCR) che

fanno capo ai Segretari regionali dei BB CC.

Contemporaneamente su sollecitazione del Ministro si sono attivati anche i Carabinieri del

Comando Tutela Patrimonio Culturale (CCTP), nella formazione dei “Caschi blu della

cultura”, già organizzati per gli interventi in aree di crisi all’estero, come da accordo con

UNESCO del 16 febbraio 2016.

Nella mattinata del 24 agosto si sono dunque riunite le UCCR e il 25 agosto si è riunita

l’UCCN alla presenza del Ministro del MiBACT e del Generale Comandante CTPC.

Le primissime azioni sono state volte a:

• individuare le sedi per il ricovero delle opere mobili

• iniziare mappatura del danno in base alle notizie di fonti diverse, per lo più degli

organi di comunicazione, e ai sopralluoghi nel contempo avviati dal CCTPC.

1. IL COORDINAMENTO

Con l’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile (CDPC) n. 388 del 26

agosto 2016 la struttura emergenziale attivata nel MiBACT è stata funzionalmente inserita

nell’ambito della Protezione Civile: “La struttura operativa per il monitoraggio ed il

coordinamento delle attività necessarie a fronteggiare le situazioni emergenziali derivanti

da calamità naturali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo attua gli

interventi nell’ambito del coordinamento di cui al presente comma” (art. 1 Ordinanza).

Si è realizzata così l’organizzazione ottimale per fronteggiare la grave situazione, che

consente un approccio integrato alle problematiche specifiche dei beni culturali sempre

comunque strettamente intrecciate con tutte le altre: pubblica incolumità, viabilità,

sicurezza antropica ecc.

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Il coordinamento delle attività, che avviene nell’ambito della Di.Coma.C istituita a Rieti con

decreto del Capo Dipartimento del 28 agosto 2016, ha garantito alla Funzione Beni

culturali l’avvalimento dei supporti e degli output operativi di tutte le altre Funzioni

interconnesse, prima tra tutte quella del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Il MiBACT ha garantito sin dal primo giorno presso la suddetta funzione la presenza di un

proprio funzionario.

Con Ordinanza CDPC n. 393 del 13 settembre 2016 il Segretario generale del MiBACT è

stato nominato Soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza dei beni culturali

mobili e immobili (art. 5). In dettaglio, "…. per assicurare l'organizzazione, la mobilitazione

e il dispiegamento del dispositivo operativo del Ministero e delle sue articolazioni sui

territori delle quattro regioni interessate, finalizzato all'individuazione, progettazione e

coordinamento dell'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dei beni culturali

mobili e immobili”.

Tale nomina ha rafforzato enormemente l’integrazione della componente MiBACT nella

struttura emergenziale e in particolare ha reso più semplice ed efficiente la collaborazione

con i Vigili del Fuoco, mediante la previsione del raccordo del Soggetto attuatore per i beni

culturali con il Soggetto attuatore (di cui all’art. 6 della predetta Ordinanza) individuato per

assicurare l'organizzazione, la mobilitazione ed il dispiegamento del dispositivo operativo

del Corpo Nazionale.

Nel corso del periodo emergenziale è stato garantito uno stretto coordinamento,

estremamente efficace, mediante riunioni settimanali in sede Di.Coma.C. con tutte le

UCCR, Vigili del Fuoco, Esercito Italiano e via via le varie Funzioni coinvolte nelle diverse

problematiche.

Questa serrata periodicità degli incontri è stato un formidabile strumento non solo per

facilitare le discussioni e affrontare le varie criticità, trovando soluzioni a questioni sempre

complesse, ma anche a costituire un “amalgama” tra le varie componenti, sia civili che

militari, in cui il personale MiBACT si è inserito ottimamente traendo e apportando il

massimo vantaggio.

L’azione di coordinamento del S.A. si è realizzata, oltre che mediante i continui rapporti

informali diretti e collegiali con le strutture territoriali e con la Di.Coma,C, attraverso

l’emanazione di direttive indirizzate alle UCCR contenenti disposizioni volte a dare

indicazioni per una gestione uniforme delle operazioni riguardanti i più diversi aspetti degli

interventi emergenziali.

1.a Principali Direttive emanate

21 settembre 2016, n. prot. 1/2016 - Procedure per la gestione delle attività inerenti

alla messa in sicurezza dei beni mobili e immobili. Riguarda i sopralluoghi per il

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rilievo speditivo del danno (1° livello), i sopralluoghi per il rilievo del danno di 2°

livello, interventi per la messa in sicurezza dei beni mobili e immobili nei casi in cui

non ricorrano finalità di pubblica utilità.

30 settembre 2016 n. prot. 4/2016 - Procedure per il coordinamento delle

organizzazioni di volontariato. Riguarda l’utilizzo dei volontari nelle diverse attività

emergenziali secondo quanto concordato con la Funzione Volontariato della

Protezione civile. Gli ambiti di utilizzo sono: recupero beni mobili, gestione dei beni

mobili e presidio dei depositi temporanei, selezione delle macerie.

10 ottobre 2016 n. prot. 6/2016 - Procedure per protocolli di comunicazione.

Riguarda la migliore definizione del protocollo di comunicazione tra UCCR – UCCN e

Funzione BB CC della Di.Coma.C.

3 novembre 2016 n. 96 - Procedure in ordine agli interventi urgenti in attuazione

dell’art. 27 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito “Codice”).

Riguarda il richiamo alla procedure di sola comunicazione alla competente

Soprintendenza da parte dei privati proprietari del bene in pericolo. L’applicazione

dell’art. 27 del Codice sarà successivamente ribadita nell’art. 6 del decreto legge

dell’11/11/2016 n. 205.

7 novembre 2016 n. prot. 106/2016 - Procedure per la rimozione e trattamento delle

macerie. Riguarda la complessa attività di selezione e stoccaggio delle macerie di

interesse culturale, afferenti alle tipologie “A” - beni culturali tutelati - e “B” – macerie

di edilizia storica da selezionare e conservare. Con riferimento alla Direttiva del 12

settembre 2016 n. prot. 11087 della Direzione generale archeologia, belle arti e

paesaggio del MiBACT, la procedura regola un’attività che inizialmente residuale è

andata via via assumendo rilevanza e peso sia pe la qualità del materiale posto in

salvo sia per la difficoltà e complessità logistica che richiede.

8 novembre 2016 n. prot. 107/2016 - Specifiche operative per la messa in sicurezza

dei beni mobili. Riguarda l’attuazione di quanto previsto per i beni mobili nella

Direttiva MiBACT del 23 aprile 2015 già citata.

6 dicembre 2016 n. prot. 186 - Specificazioni sull’iter procedurale per gli interventi di

messa in sicurezza dei beni mobili e immobili. Riguarda chiarimenti e indirizzi per gli

interventi urgenti sugli immobili a seguito delle previsioni dell’art. 6 del decreto legge

dell’11/11/2016 n. 205 (riportato nell’art. 15 bis della legge 15 dicembre 2016 n. 229),

anche a seguito del parere dell’Ufficio legislativo del MiBACT del 16/11/2016 n. prot.

32512 concernente lo stesso art. 6 e in particolare il regime autorizzatorio.

31 gennaio 2017 n. 85 - Procedure per l’accelerazione degli interventi di messa in

sicurezza.

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Numerose disposizioni del S.A. hanno riguardato singole questioni nelle quattro UCCR e

interlocuzioni dirette con il S.A. Vigili del fuoco.

2. ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLE OPERAZIONI

Tutta l’attività emergenziale ha avuto il centro organizzativo nelle UCCR delle 4 regioni,

strettamente controllate e coordinate dal Soggetto Attuatore tramite l’UCCN. La

strettissima collaborazione di quest’ultima con il Soggetto Attuatore ha indubbiamente

semplificato la collaborazione, annullando distanze e rapporti gerarchici.

L’attività emergenziale si è collocata negli ambiti organizzativi definiti dalla Direttiva

MiBACT del 23 aprile 2015 con l’immediata costituzione sin dalle prime ore delle tre unità

operative previste:

1. Unità rilievo dei danni al patrimonio culturale, con il compito di gestione delle squadre

di rilievo dei danni, verifica e archiviazione delle schede di rilievo.

2. Unità coordinamento tecnico degli interventi di messa in sicurezza sui beni mobili e

immobili, con il compito di coordinamento delle squadre di interventi di messa in

sicurezza e dell’archiviazione della documentazione tecnica inerente gli interventi e i

successivi interventi di consolidamento.

3. Unità depositi temporanei e laboratorio di pronto intervento sui beni mobili, con il

compito di gestione dei depositi temporanei e dei laboratori di pronto intervento.

Inoltre il CCTPC, con le sue Unità operative si è attivato per:

a. cooperare con il personale del Ministero, delle Diocesi e dei Vigili del Fuoco nelle

attività sul territorio;

b. contribuire alla messa in sicurezza delle opere, in sinergia con i soggetti coinvolti

nella gestione dell’emergenza;

c. fornire assistenza al trasporto delle opere rimosse dai luoghi d’origine presso idonei

luoghi di ricovero;

d. fungere da punto di raccordo con l’Arma territoriale e coordinarsi con le altre Forze

di polizia, per la predisposizione di servizi di vigilanza dinamica agli obiettivi

sensibili individuati.

Il dispiegamento operativo sopra descritto ha permesso nel tempo di garantire:

il necessario coordinamento con le strutture esterne all’Amministrazione deputate

alla gestione dell’emergenza, come di fatto è puntualmente accaduto, con

l’inserimento nel sistema di Protezione Civile nel cui ambito soltanto

l’organizzazione MiBACT avrebbe potuto (e ha potuto) intervenire con la massima

efficienza possibile (considerato il contesto degli eventi) per la salvaguardia del

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patrimonio culturale;

il necessario coordinamento fra le articolazioni centrali e quelle periferiche del

MiBACT;

la partecipazione di tutte le articolazioni del Ministero alla gestione dell’emergenza,

per affrontare con la massima consapevolezza ed efficacia anche le successive fasi

di restauro e ricostruzione, in parallelo alle strutture emergenziali o quando queste

avranno concluso le loro attività.

3. GLI EVENTI E IL PATRIMONIO CULTURALE

La singolarità degli eventi sismici del Centro Italia 2016-2017 è stata ampiamente

analizzata e descritta. La successione in aree solo parzialmente coincidenti e sempre più

ampie di tre eventi diversi (considerando unico quello del 26-30 ottobre) a breve distanza

di tempo, con severità massima 6.3, è fenomeno mai accaduto prima d’ora. Il danno

apportato alle strutture fisiche (non si parla ovviamente degli altri gravissimi impatti sugli

altri settori, a partire dalle popolazioni) è stato immenso, a causa dell’indebolimento

progressivo delle capacità resistenti delle medesime, soprattutto nel caso di strutture

monumentali ma anche nel caso dell’edilizia storica dei centri urbani.

L’evento del 30 ottobre, il più grave, ha inoltre azzerato le operazioni e i risultati raggiunti

fino a quel momento, sia in termini di rilievo del danno che in termini di messa in sicurezza

degli immobili, bloccando altresì per un certo tempo anche il recupero dei beni mobili, a

causa della mancanza di sicurezza per gli operatori. Si è dunque dovuto ripartire da capo,

con una estensione territoriale ed una ricchezza del patrimonio interessato enormemente

maggiore.

Nell’area colpita dal sisma, limitandosi ai comuni inseriti nelle disposizioni normative

(decreto legge n. 189/2016 e decreto legge n. 205/2016) il patrimonio culturale censito

nelle banche dati del MiBACT risulta dalla tabella che segue.

(Fonte: banche dati integrate dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e dell’Istituto

Superiore per la Conservazione e il restauro)

Tab. 1 – Patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma

Regione

Beni immobili (vincolati e non)

Beni mobili (schede di catalogo)

ABRUZZO 256 4.282

LAZIO 395 11.968

MARCHE 5.308 43.888

UMBRIA 766 9.895

TOTALE COMUNI DEL CRATERE 6.725 70.033

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Si tratta di un patrimonio di grande interesse, concentrato sia nelle migliaia di edifici

ecclesiastici che nelle centinaia di palazzi sia pubblici che privati e nelle numerosissime

strutture museali civiche e diocesane.

Di seguito una sommaria descrizione distinta nelle 4 regioni.

3.1 Abruzzo

In Abruzzo gli effetti degli eventi sismici si sono estesi principalmente all’area montana della

Laga, su cui convergono i confini regionali delle Marche, del Lazio e degli Abruzzi.

I comuni più colpiti sono quelli di Campotosto, Cortino, Crognaleto, Rocca Santa Maria e

Valle Castellana, nonché comuni limitrofi come Montereale e Capitignano, territori

accomunati proprio dall’orografia montana, posizionati tutti in quota. Gli eventi successivi si

sono estesi ad altri comuni del Teramano.

L’isolamento e la storica scarsa accessibilità delle aree montane della regione hanno

favorito la persistenza di forme e consuetudini arcaiche, legate più alla pastorizia che non

all’agricoltura. Questo ha reso possibile la conservazione delle strutture architettoniche

rurali, identitarie di questi borghi, come la tipica casa rustica abruzzese, derivante da stalle

o pagliai che nel tempo evolvono a diventare abitazioni prima temporanee e poi definitive.

Nei registri catastali descrittivi settecenteschi, per individuare tali unità abitative, ricorrono

infatti le espressioni Stalla alla porta - Stalla alla Croce - Stalla e Pagliaro - Casaleno fu

stalla.

Questi nuclei abitativi, attualmente riconoscibili soprattutto nelle piccole frazioni dei comuni

montani, mantengono nella loro evoluzione storico-architettonica consistenti tracce della

loro identità originaria. L’estrema semplicità dell’unità abitativa, che si esprime attraverso il

sovrapporsi dei moduli stalla-cucina-camera-pagliaio, assume valore testimoniale nel suo

reiterarsi, determinando quei caratteristici agglomerati urbani con elementi architettonici

formati da archi, portici, profferri, vicoli, scalinate…, che nel loro unicum sono

rappresentativi della cultura e della storia dei luoghi.

Questi borghi, noti soprattutto per i castelli medioevali e le fortezze (come quella di

Civitella del Tronto, una delle più importanti opere di ingegneria militare d’Europa), hanno

come ulteriori elementi significativi le chiese, le cappelle, le edicole, disseminate nel

paesaggio. Anche questi elementi, pur nella loro a volte semplice espressione artistica

(nave unica, abside singola, vela campanaria…), rappresentano l’identità e la storia delle

popolazioni locali. Attraverso lo studio delle tecniche costruttive di queste architetture e

degli apparati decorativi in esse contenuti (statue lignee, affreschi, elementi scultoreo-

decorativi) è possibile, infatti, rideterminare le scuole e le correnti artistiche che hanno

attraversato, nei secoli, quei territori del centro Italia. Ne sono esempi rappresentativi la

Chiesa di San Francesco a Campli, nella sua espressione di architettura del Trecento

italiano, e gli influssi della scuola romana che si ritrovano nella Chiesa di San Flaviano a

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Capitignano e nella sua spazialità disegnata da colonne e trabeazioni e da raffinati

apparati decorativi.

La simbiosi inscindibile tra il centro rurale e il suo monumento di riferimento risulta essere

quindi il profondo valore culturale e storico di questi comuni e delle loro frazioni, che,

anche con la riscoperta delle diverse tradizioni, sanno attrarre nuovi flussi turistici

soprattutto dal nord-Europa, all’insegna dell’esperienza e della sostenibilità, tracciando

una nuova economia del territorio.

3.2 Lazio

Gli eventi sismici in area laziale hanno colpito principalmente l’alto reatino concentrando

gli effetti peggiori nei centri di Accumuli, Amatrice e relative frazioni. Il territorio dei due

comuni, prevalentemente montano, fa parte del Parco Nazionale d’Abruzzo e dei monti

della Laga. Il comune di Amatrice comprende 69 frazioni sparse su una superficie di circa

174 kmq; quello di Accumuli, di dimensioni minori, consta di 17 frazioni su una superficie

di circa 87 kmq.

Sul territorio di Amatrice, città con impianto urbanistico di fondazione angioina in un’area

già frequentata dall’età romana, sono presenti circa 115 chiese e molti palazzi nobiliari. Ad

Accumuli, che nasce attorno al XII secolo per riunire diversi centri della Valle del Tronto,

risultano invece 30 chiese e alcuni palazzi di notevole interesse. In con siderazione dei

gravissimi danni riportati si ritiene utile una descrizione più accurata del patrimonio

culturale dei due centri urbani.

Amatrice, già abitata in epoca preromana e romana, in epoca longobarda fu incorporata

nel Ducato di Spoleto racchiudendo abitati rurali (loci, villae) che oggi costituiscono le 69

frazioni del suo vasto territorio comunale. In epoca altomedievale in questa zona si

accentrarono le proprietà dell’abbazia di Farfa e dell’episcopato ascolano, fenomeno che

generò la supremazia dei diritti episcopali esercitata mediante la costruzione di molteplici

pievi e cappelle che valsero al comune il titolo di ‘territorio delle cento chiese’. L’abitato,

menzionato in un documento del regesto di Farfa del 1012, come indica il suo nome

(Matrice, La Matrice) fu sede della chiesa principale fino al XIII secolo, quando Amatrice e

l’insieme delle Terre Sommatine vennero assegnate alla Chiesa ed al Comune di Ascoli.

Nel 1265 fu annessa al Regno di Napoli e in virtù della sua posizione geografica strategica

divenne cardine dell’alta valle del Tronto.

Nel corso del XIII secolo assume una conformazione urbanistica pianificata su un asse

longitudinale (attuale Corso Umberto I) con spina mediana rappresentata dalla Torre

Civica, poi trasformata in campanile, alta 25 metri, costruita in conci di pietra arenaria con

basamento a bugne dello stesso materiale litico, sopraelevata nel 1675. Ai lati della torre-

baricentro si disponevano isolati regolari e una cerchia muraria con sei porte urbiche. Ai

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margini orientale e meridionale dell’abitato racchiuso dalle mura si pongono le chiese degli

Ordini Francescano e Agostiniano.

La chiesa di S. Francesco è l’esempio più rappresentativo della precoce diffusione del

francescanesimo nel territorio reatino. L’intera insula francescana divenne l’epicentro

religioso della città, posta in relazione a Porta S. Francesco e a Porta Ferrata. L’edificio

costruito in pietra arenaria ha una sobria facciata coronata da un oculo e nobilitata dalla

lunetta incorniciata dal portale cuspidato: al centro vi risalta il gruppo plastico della

Madonna col Bambino tra due angeli in pietra policroma che ha confronti con la scultura

teramana e con coeve testimonianze artistiche della regione appenninica. Gli affreschi che

decorano le pareti dell’austera aula di culto coperta da capriate lignee sono riferibili agli

interventi posteriori ai terremoti del 1315 e 1348 e sono resi in forma di arazzi impreziositi

da esuberanti cornici ed estese tracce epigrafiche, evidentemente fruibili da un pubblico

colto. Le pitture sono attribuibili a diverse botteghe che si esprimono con un comune

linguaggio artistico tardogotico frutto di una organizzazione del lavoro cooperativa tra

botteghe itineranti. Si distingue all’interno della vasta “pinacoteca” il grandioso Giudizio

Universale con le immagini dei dannati accompagnate da didascalie in volgare, e

l’altrettanto ampio Albero di Iesse nell’abside, affine ai modi del pittore marchigiano

Allegretto Nuzi. L’edificio racchiude al suo interno l’immagine-cammeo della Madonna di

Filetta, patrona di Amatrice, incastonata entro il reliquiario realizzato dall’orafo ascolano

Pietro Paolo Vannini nel 1472, custodito nel Museo Civico.

Sebbene l’insediamento agostiniano ad Amatrice sia testimoniato già alla fine del XIII

secolo, la datazione della chiesa di S. Agostino è vincolata dall’scrizione sull’architrave

che riporta l’anno 1428. Il campanile insiste su Porta Carbonara, all’estremo limite

orientale della città. Come S. Francesco, il prospetto ha una semplice terminazione

rettilinea di ascendenza aquilana ed è impreziosito dalla cornice marmorea del portale, ad

archivolti inscritti della cuspide centrale, sottolineati da una fitta ornamentazione scultorea

che accanto ai temi vegetali stilizzati prevede anche figurine di monaci in vivaci e vari

atteggiamenti, forse in relazione alle Corporazioni di Arti e Mestieri cittadini. Il rosone è un

rifacimento del primo terzo del Novecento dell’antico oculo marmoreo. L’interno custodisce

tra l’altro due interessanti affreschi rappresentanti l’Annunciazione (1491) e la Madonna in

trono col Bambino e due Angeli (1492), di un dotato pittore autoctono istruito ai modi della

cerchia artistica ascolana di Vittore Crivelli e Pietro Alamanno, chiamato il “Maestro della

Madonna della Misericordia”, che prestò la sua opera nei numerosi cantieri pittorici delle

chiese del territorio tra lo scorcio del XV e l’iniziale XVI secolo.

Il Museo Civico è insediato nella chiesa di S. Emidio – protettore dai terremoti – già nota

con il titolo di S. Maria della Laudi, fondata nel XIII e XIV secolo da una confraternita

dedita alle orazioni rivolte alla Vergine e in seguito dedicata alla Madonna di Loreto. Nella

zona del presbiterio dell’antica chiesa, in seguito poi trasformata in sacrestia, le volte a

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crociera costolonate e le pareti sono rivestite di affreschi in parte attribuibili al delicato

“Maestro della Misericordia” e in parte a Dionisio Cappelli, risalenti al 1508-1510.

La chiesa di S. Francesco ad Accumoli, il più settentrionale dei paesi della provincia di

Rieti, al centro di un anfiteatro naturale delimitato dai monti della Laga e Sibillini, è una

struttura di origine medievale a navata unica, tetto a capriate e abside pentagonale.

L’interno ospita tra l’altro i dipinti su tela della Madonna della Cintura (XVI secolo) e la

grande pala con l’Estasi di S. Francesco, di ambito tardo manierista romano, del XVII

secolo.

L’Icona Passatora su un pianoro a 1100 metri di altezza nella frazione Ferrazza di

Amatrice è santuario eretto sul luogo di una edicola mariana posta al centro di un crocevia

di strade su un terreno di proprietà dei Canonici Lateranensi, luogo di passaggio di pastori,

carbonai e viandanti affidato a una confraternita laica. La venerata immagine mariana

sull’altare è incorniciata dagli affreschi del pittore di Amatrice Dionisio Cappelli, attivo nel

territorio nell’arco di due decenni tra lo scadere del XV e l’inizio del XVI secolo, la cui firma

ricorre su un cartiglio presso l’abside “Hoc Dionisius Francisci me pitit 1508”. Sulle pareti

prende posto un fitto ciclo dedicato ai miracoli attribuiti all’immagine mariana, composto da

scenette corredate da didascalie in lingua volgare ricca di tratti dialettali in uso tra Marche,

Abruzzo e Lazio, raro esempio di scrittura esposta in volgare del secolo XVI.

Il santuario della Madonna di Filetta venne edificato su mandato del vescovo di Ascoli in

forma di semplice involucro rettangolare monoabsidato di pietre a vista che reca incisa

sull’architrave la data di inaugurazione, 1471. Il luogo è frequentato ancora oggi in

occasione di solenni ricorrenze, come testimonia anche l’affresco dell’abside con

l’Ascensione di Cristo dipinto “de manu mei Pier Paulo da Firmo” che sviluppa sui lati la

vicenda del ritrovamento da parte di una pastorella del cammeo raffigurante Diana,

interpretato come testimonianza della forza salvifica della Madonna e quindi divenuto

oggetto di devozione popolare.

3.3 Marche

La zona maggiormente colpita dal sisma dell’agosto 2016, peraltro più vicina all’epicentro,

è costituita dalla fascia montana situata a confine con Umbria, Abruzzo e Lazio. Un’area di

straordinario interesse paesaggistico e naturalistico ove la natura e l’opera dell’uomo

intervengono in un binomio di straordinario equilibrio. Tra i comuni maggiormente

danneggiati si annoverano Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo,

Montefortino, Montemonaco, Castelsantangelo sul Nera e Amandola. Le successive fasi

evolutive del sisma, anche se più contenute in termini di violenza degli effetti, hanno

invece evidenziato una marcata estensione del fenomeno sismico, interessando tutta

l’area del parco dei monti Sibillini e ancora più a nord centri importanti come Camerino e

quindi la porzione collinare medio-alta nelle Provincie di Fermo e di Macerata e con

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estensioni, seppur con effetti più contenuti, fino ai comuni ricadenti nei territori delle

restanti Provincia di Ancona e di Pesaro - Urbino.

Con evoluzioni ed effetti diversificati, è stato dunque coinvolto massivamente tutto il

patrimonio culturale, ricchissimo, dei comuni di tre delle cinque provincie marchigiane:

Ascoli Piceno, Fermo e Macerata.

Tale territorio, sotto il profilo meramente geografico e orografico, fa parte della catena pre-

appenninica e appenninica, con estensione alla contigua fascia dei rilievi alto-collinari e

collinari degradanti verso la costa.

Le architetture presenti sono per lo più mirabilmente inserite nel paesaggio montano e

collinare, sia che si tratti di fortificazioni (ad esempio Castel di Luco, borgo fortificato

adagiato su un contrafforte di travertino), sia che si tratti di edifici religiosi (quale il

Monastero di San Benedetto in Valledacqua).

Pregevoli sono anche le testimonianze di architetture cosiddette minori del XVI secolo

sparse nel territorio o ancora presenti nei nuclei urbani di Spelonca e Paggese, dove

all’uso della pietra locale si unisce quello del legno per la realizzazione di scale e

soppalchi esterni.

I sistemi insediativi storici presenti rispecchiano per molti aspetti l’asprezza dei luoghi.

L’elemento distintivo dei manufatti più antichi è la pietra calcarea utilizzata per realizzare

sia i ricoveri dei pastori sia gli edifici presenti nei centri abitati. In molti centri storici sono

ancora presenti numerosi edifici realizzati con questo materiale (Visso, Arquata del Tronto,

Castelsantangelo sul Nera).

Il territorio è particolarmente ricco di risorse storico-architettoniche e di testimonianze

culturali: molti sono i romitori, le abbazie e gli antichi santuari (Grotta dei Frati, Romitorio di

San Lorenzo, Eremo del Beato Ugolino, Abbazia di San Salvatore di Rio Sacro, Santuario

di Macereto, Madonna dell’Ambro).

Sui crinali sono posizionati i castelli e le torri fortificate poste a difesa del territorio (Rocca

di Arquata del Tronto, Castello di Montalto); antichi molini e altri edifici manifatturieri sono

invece collocati in prossimità dei corsi d’acqua da cui traevano la necessaria forza motrice.

Le case torri, strategiche anch’esse per la difesa del territorio, sono presenti un po’

ovunque (Amandola e Montefortino). Numerosi sono inoltre i siti paleontologici e

archeologici, concentrati nelle parti del territorio, più accessibili e favorevoli all’agricoltura e

ai commerci.

La presenza, nella zona, di alcuni dei più significativi esempi di architettura romanica nelle

Marche è ben rappresentata dalla Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale, dall’Abbazia dei

Santi Vincenzo e Anastasio e della Chiesa di San Pietro in Castagna (nel Comune di

Amandola), dalla Pieve di Sant’Angelo in Montespino (nel Comune di Montefortino), dalla

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Chiesa di San Giorgio all’Isola e da quella di San Lorenzo in Vallegrascia (nel Comune di

Montemonaco).

La caratteristica più rilevante di questo territorio è comunque la diffusa presenza di edifici

religiosi, sparsi in ogni frazione e principalmente nei pianori. Si tratta di edifici talvolta

anche semplici nelle forme architettoniche esterne ma sorprendentemente ricche, al loro

interno, per la presenza di cicli pittorici quattro/cinquecenteschi ed anche di epoche

precedenti, in gran parte di pregevole fattura e comunque di estremo interesse storico ed

artistico, per non citare anche gli arredi, le opere d’arte votive e i corredi sacri conservati al

loro interno.

3.4 Umbria.

L'area geografica interessata dall'evento sismico del 24 agosto 2016 e soprattutto da quelli

del 26-30 ottobre, risulta compresa tra i territori dello spoletino, del folignate e della

Valnerina, quest'ultima, in particolare, localizzata a pochi chilometri dalla zona epicentrale

dell'evento sismico principale.

Geograficamente il territorio si presenta connotato da quinte montuose con l'alternanza di

versanti acclivi e spazi di fondovalle, che raggiungono la massima espressione nel

massiccio dei monti Sibillini, parte della catena montuosa dell'Appennino centrale

caratterizzata da un'intensa attività sismica di cui si ricordano gli eventi più recenti del

1979 e del 1997.

Il patrimonio culturale dell'area deriva essenzialmente dalla nascita nel V° e VI° secolo, a

seguito della decadenza dell'impero romano, di numerosi insediamenti eremitici che,

alcuni secoli dopo, con la diffusione della Regola di San Benedetto, si trasformarono in

splendide abbazie. Successivamente nel X° secolo, dopo il passaggio dei Saraceni, iniziò

il processo dell'incastellamento con la nascita di torri di avvistamento e villaggi fortificati

che nei secoli tra il XIII° e XV° divennero gli attuali centri abitati circondati da mura, di cui

Norcia costituisce un caso esemplare.

Un'area con un patrimonio culturale di particolare valore, presente, dunque, non solo

all'interno delle mura cittadine -con palazzi pubblici e chiese riccamente addobbate- ma

diffuso su tutto il territorio ricco di eremi, abbazie, monasteri e antichi castelli.

4. LE ATTIVITÀ EMERGENZIALI

4.1 Il rilievo del danno

Nella fase emergenziale la verifica dei danni al patrimonio culturale ha richiesto un enorme

impegno di risorse umane e organizzative, oltre che materiali. Sin dai primi giorni dopo il

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disastro si è posta infatti la necessità di conoscere con la massima urgenza l’entità dei

danni sia pure in forma molto approssimativa.

Le strutture territoriali, a fronte delle innumerevoli segnalazioni, hanno avviato i primi

sopralluoghi insieme con i Vigili del Fuoco e Carabinieri volti ad una sommaria presa di

cognizione dei fatti accaduti. In ciascuna UCCR sono state create caselle di posta

dedicate a raccogliere le segnalazioni. I primi sopralluoghi, tutti dall’esterno, hanno

generale schede di primo livello (ai sensi della Direttiva 2015).

La ricognizione iniziale, con l’ausilio delle schede per il rilievo speditivo del danno sul

patrimonio culturale in caso di calamità naturale, è stata finalizzata all’individuazione

tempestiva della tipologia, della diffusione territoriale e dell’entità del danno, nonché di

eventuali attività di pronto intervento da attuare per la salvaguardia dei beni culturali

danneggiati ed infine una valutazione sulle priorità dei successivi rilievi. Il numero delle

verifiche di 1° livello è stato di 660 nelle 4 regioni.

Con il succedersi degli eventi sismici si è deciso di attuare solo verifiche di 2° livello, con

una rilevazione di dettaglio del danno, finalizzata ad una valutazione più approfondita con

la finalità di individuare i necessari interventi di messa in sicurezza sia dell’immobile che

per il patrimonio culturale mobile contenuto e, per le chiese, di redigere una valutazione

sull’agibilità.

A fronte delle migliaia di segnalazioni, la pianificazione dei sopralluoghi per le verifiche ha

dovuto necessariamente individuare delle priorità in base a molteplici parametri che

peraltro, a seguito del reiterarsi degli eventi sismici, si sono in parte modificati dando luogo

al fenomeno assai critico di stop and go.

In generale però si è tenuto fermo il rispetto dei seguenti elementi:

• le segnalazioni provenienti dagli enti preposti (Enti locali, Vigili del Fuoco), dai

possessori di beni (Diocesi, enti pubblici, privati...), dagli uffici periferici del Ministero

o delle altre amministrazioni;

• la particolare rilevanza dei beni di presenti nell’area;

• le risultanze dei sopralluoghi speditivi;

• le condizioni di accessibilità;

• il livello di danneggiamento segnalato.

I sopralluoghi sono stati pianificati nell’ambito del più ampio coordinamento istituzionale

della Di.Coma.C che, mediante una collaborazione intensa e costante con le strutture

MiBACT, UCCN e UCCR, ha messo a disposizione le professionalità di strutturisti

universitari afferenti al Consorzio Re-LUIS adeguate a svolgere i sopralluoghi insieme al

personale del Ministero e, in particolare, a redigere la valutazione di agibilità degli edifici

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ecclesiastici. Solo attraverso tale intensa e preziosissima collaborazione è stato possibile

concentrare in brevissimo tempo la verifica di un numero assai elevato di immobili. Infatti,

considerando che le verifiche già svolte dopo il 24 agosto sono state del tutto inutilizzabili

dopo gli eventi del 26-30 ottobre, e considerando il numero relativamente basso di quelle

effettuate nei mesi di novembre e dicembre (461), il grosso dei sopralluoghi e dei rilievi

(3665) si è svolto dopo il 10 gennaio, con particolare intensità dagli inizi di febbraio

considerando il blocco e poi la lenta ripresa dopo il sisma del 18 gennaio e le eccezionali

nevicate di quel periodo.

La pianificazione dettagliata dei sopralluoghi è stata il frutto di un enorme sforzo

organizzativo congiunto (Funzione Di.Coma.C, UCCN – Mibact, UCCR), che ha permesso

in qualche settimana di superare il numero di 25 squadre operanti in contemporanea fino

ad un massimo di 28, tutte ottimamente gestite dal punto di vista logistico e di assistenza

strumentale da parte delle UCCR (in particolare Marche). Si è provveduto alla fornitura di

mezzi di trasporto, alla organizzazione degli spostamenti e dei pernottamenti, alla

pianificazione delle attività quotidiane e settimanali. L’UCCN si è fatta carico di coordinare

la partecipazione e la distribuzione dei tecnici/volontari del Ministero. Infatti l’immensità

dello sforzo che si stava prospettando è stata sin da subito ben chiara tanto da richiedere

un contributo di volontari tecnici interni al MiBACT, provenienti da tutti gli Uffici d’Italia.

La prima circolare per sollecitare adesioni volontarie alle squadre di rilievo del danno su

richiesta del Segretario generale del Ministero è stata pubblicata dalla Direzione generale

competente il 2 settembre 2016 (n. 159), reiterata il 2 dicembre 2016 (n. 238) e ancora il 9

gennaio 2017 (n. 8) e infine il 18 maggio 2017 (n. 104). Le professionalità richieste sono

state: architetti, Ingegneri, Storici dell'arte, Diagnosti, Tecnologi, Restauratori, Archeologi,

Archivisti, Bibliotecari, Informatici, Amministrativi, Fotografi, Autisti, Assistenti tecnici con

pregressa esperienza professionale di assistente di cantiere, assistente di scavo,

collaboratore restauratore, geometra, disegnatore, assistente informatico. Sono pervenute

528 istanze da parte di altrettanti dipendenti. Da tale numero sono state individuate le

professionalità più idonee a comporre le squadre di rilievo, con una permanenza di una

settimana nelle aree terremotate.

Nel complesso al 24 luglio 2017 sono stati effettuati rilievi per oltre 1100 giornate/squadra.

La squadra tipo è stata composta da due tecnici strutturisti proveniente dal Consorzio

RTe-LUIS, due tecnici del Ministero (per lo più professionalità diverse tra loro). Nell’ultima

fase delle verifiche (marzo-aprile 2016) le squadre sono state semplificate nella

formazione, al fine di comporne in numero sufficiente al fabbisogno conoscitivo che era

diventato impellente. Nei mesi di aprile, maggio, giugno e luglio le verifiche sono state

svolte anche con il sostegno di tecnici messi a disposizione degli uffici regionali e hanno

riguardato anche edifici monumentali di edilizia civile (essenzialmente palazzi).

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Tab. 2 - Funzione beni culturali – Segnalazioni e rilievi del danno (dati aggiornati al 24 luglio 2017)

Il numero dei rilievi effettuati supera quello delle segnalazioni per il fatto che per numerosi

monumenti è stato necessario effettuare un secondo sopralluogo, essendo nel tempo

radicalmente cambiate le condizioni a seguito dei diversi eventi.

L’immane lavoro di verifica è stato accompagnato da un enorme lavoro in back office, sia

per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e logistici, sia per la post-produzione delle

schede medesime.

Infatti, mentre le singole squadre di rilievo hanno provveduto alla compilazione quotidiana

della scheda di monitoraggio relativamente alle sezioni “anagrafica del bene” e “fase:

rilievo del danno”, a chiusura della settimana del lavoro di squadra si è provveduto ad

effettuare:

- il controllo dei dati rilevati, con l’eventuale supporto di esperti strutturisti;

- l’organizzazione di eventuali ulteriori sopralluoghi (da svolgersi successivamente)

laddove non risultassero esaustive le informazioni già rilevate;

- la scansione digitale delle schede di rilievo e degli allegati, la loro archiviazione digitale

secondo le specifiche fornite dall’UCCN-MiBAC e l’inserimento nell’applicativo

Community Ministero, o in altro sistema disponibile nelle sedi delle UCCR;

REGIONE

SEGNALAZIONI

RILIEVO del danno

TOTALI

Di cui 2° livello

prima del 26/10/16

dopo il 30/10/16

dopo il 10/1/2017

1° livello

TOTALI

Di cui

2°livello prima del 26/10/16

2° livello dopo il 30/10/2016

2° livello dal 16/01/17

ABRUZZO 742 390 153 199 166 997 327 62 608

MARCHE 2456 1278 554 624 243 2634 254 111 2269

LAZIO 473 234 108 131 89 444 117 38 289

UMBRIA 1150 516 447 187 162 1366 236 250 880

TOT. 4821 2418 1262 1141 660 5441 934 461 4046

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- l’invio delle schede, a partire dal gennaio 2017, ai proprietari e ai sindaci dei relativi

comuni;

- l’archiviazione di tutta la documentazione cartacea acquisita ed il back-up su server

delle UCCR.

La numerosità della distribuzione territoriale delle verifiche è estremamente significativa

dell’estensione del danno nelle regioni. Anche volendosi limitare alle verifiche svolte dopo

il 30 ottobre 2016 i dati con le relative percentuali evidenziano anche per il settore beni

culturali la preponderanza del danno nella regione Marche.

Tab. 3 – Verifiche dal 31 ottobre 2016

Regione n. verifiche dal 31 ottobre

2016 al 24 luglio 2017

% sul totale

ABRUZZO 670 14,87

MARCHE 2380 52,81

LAZIO 327 7,26

UMBRIA 1130 25,07

TOTALI 4507 100,00

4.2 La partecipazione ai GTS

I GTS - Gruppi Tecnici di Sostegno ai Sindaci, sono stati attivati dal 15 settembre 2016 a

seguito di comunicazione del Capo Dipartimento Protezione civile del 15.9.2016. Sono

stati successivamente regolati con direttiva del Soggetto Attuatore VVF del MiBACT dalla

direttiva dell’8.11.2017 del Soggetto Attuatore beni culturali n. prot. 113.

La finalità è stata quella di accelerare i momenti valutativi e decisori da parte dei Sindaci in

presenza di rischi per la pubblica incolumità o interruzioni della viabilità.

La partecipazione dei tecnici del MiBACT ai GTS è stata indispensabile in tutti i casi che

riguardano ambiti in cui è presente patrimonio culturale e in tal senso avvengono le

convocazioni da parte delle strutture di coordinamento. La pianificazione dei GTS, su

precise richieste dei sindaci, è stata demandata, a seconda delle diverse articolazioni

regionali, ai Centri di Coordinamento Regionale della Protezione Civile o ai COI.

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In considerazione dell’impegno straordinario richiesto ai tecnici MiBACT in tutte le altre

attività emergenziali (rilievi del danno, rimozione beni mobili a rischio, gestione depositi,

messa in sicurezza immobili, gestione macerie, …) è stato necessario disporre che i GTS

venissero programmati in sede di CCR/COI con un preavviso di almeno 48 ore. E’ risultato

infatti molto critico il ricorso a convocazioni con preavviso inferiore alle 48 ore, che ha

prodotto disfunzioni e inevitabili interruzioni di altre attività con fermo di tecnici di altre

strutture impegnate nelle stesse.

Nell’ambito dei GTS i tecnici del MiBACT, in considerazione delle loro specifiche

competenze, non dovranno esprimersi sulla sicurezza strutturale, ma esclusivamente sulle

condizioni per la tutela e la salvaguardia del patrimonio culturale. Pertanto nei verbali di

GTS devono essere riportate tutte le prescrizioni e le misure da adottare per la messa in

sicurezza del patrimonio culturale immobile e mobile (presidi o allontanamento).

Considerato il valore autorizzativo attribuito dalle disposizioni di legge ai verbali di GTS e

al fine di garantire omogeneità e completezza, le specifiche operative sono state integrate

con un form in cui riportare i contenuti minimi delle prescrizioni. Tale modello è stato

compilato con i dati del bene oggetto del GTS (se sono più immobili è stato necessario

prevederne 1 per ognuno di essi) ed allegato al verbale dei GTS, costituendo in tal modo il

parere del funzionario del MiBACT. Nel verbale di GTS è stato opportuno riportare un

esplicito rimando all’allegato per i contenuti di competenza MiBACT.

Alla data del 24 luglio 2017 i sopralluoghi per GTS svolti con la partecipazione dei tecnici

del MiBACT sono stati i seguenti:

Tab. 4 – Sopralluoghi per GTS (dati aggiornati al 24 luglio 2017)

Regione n. GTS % sul totale

ABRUZZO 88 4,35

MARCHE 1590 78,67

LAZIO 166 8,21

UMBRIA 177 8,76

TOTALI 2021 100,00

Anche se il numero delle richieste di GTS su beni culturali si è progressivamente ridotto

nei mesi di febbraio e marzo 2017, si è invece registrata una impennata di richieste man

mano che si è riusciti ad interviene nelle zone rosse precedentemente inaccessibili. Con la

progressiva rimozione delle macerie i sindaci, soprattutto nei comuni delle Marche, hanno

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richiesto sostegno per valutare situazioni di pericolo per la pubblica incolumità, da

rimuovere anche al fine di riattivare percorsi prima preclusi. Comunque nell’ultimo mese il

ricorso ai GTS è decisamente scemato Si è potuto registrare un minore impegno anche da

parte di altre componenti delle squadre per GTS, oltre al personale del MiBACT che è

stato sempre disponibile, quando richiesto.

4.3 La messa in sicurezza dei beni mobili

Il danno sul patrimonio mobile, vita la consistenza e l’estensione territoriale degli effetti

dell’evento, è stato rilevantissimo. L’attività di messa in sicurezza di tali beni ha assorbito

moltissime risorse umane e materiali e ha messo in gioco uno sforzo organizzativo

straordinario.

Le operazioni sono state gestite a livello territoriale da ciascuna UCCR mediante l’azione

coordinata delle due Unità operative “messa in sicurezza dei beni storico-artistici,

archeologici, audio-visivi, archivistici e librari” e “depositi temporanei e laboratorio di pronto

intervento sui beni mobili”.

Dai primissimi giorni successivi al sisma del 24 agosto sono stati individuati i depositi

temporanei che rispondevano ai criteri funzionali e di sicurezza previsti nella Direttiva:

- In Abruzzo sin dal 25 agosto è stato individuato il deposito del Polo museale

d’Abruzzo, Istituto del MiBACT, a Celano-Paludi, già allestito e utilizzato con la stessa

funzione (deposito e laboratorio di restauro) per le opere danneggiate dal sisma nel

2009.

- Nel Lazio sin dal 29 agosto è stato individuato il capannone industriale

precedentemente adibito ad autoparco dell’allora Scuola del Corpo forestale dello

Stato (oggi Scuola forestale Carabinieri) di Cittaducale (RI).

- Nelle Marche, regione il cui patrimonio danneggiato è di gran lunga quantitativamente

maggiore, si è individuato inizialmente come deposito il forte Malate4stiano di Ascoli

Piceno e successivamente la mole Vanvitelliana di Ancona, messa a disposizione del

comun e di Ancona. E’ stato però necessario individuare anche altri depositi diffusi,

per lo più di proprietà ecclesiastica, come dappresso descritto.

- In Umbria sin dal 25 agosto è stato individuato il deposito di proprietà della Regione

Umbria, già adeguatamente predisposto in prossimità di Spoleto, località Santo

Chiodo.

I beni complessivamente recuperati e messi in salvo sono i seguenti:

Tab. 5 – Beni mobili recuperati (dati aggiornati al 24 luglio 2017)

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Regione n. immobili interessati dal recupero

n. beni storico-artistici e archeologici

% sul totale

n. beni archivistici (metri lineari)

n. beni librari (n. volumi)

ABRUZZO 22 265 1,56 110 0

MARCHE 240 8726 51,49 2073 4072

LAZIO 101 2955 17,44 530 671

UMBRIA 99 5000 29,51 1800 5000

TOTALI 462 16946 100 4513 9743

Si tratta nella stragrande maggioranza di casi di beni conservati nelle chiese, incluso

arredi liturgici storici di grande preziosità, con una prevalenza di grandi pale di altare,

alcune di valore storico-artistico veramente notevole. I danni riportati sono ingenti,

soprattutto per quei beni recuperati al di sotto delle macerie, laddove possibile. Meno

danneggiati sono i beni recuperati da edifici non crollati ma a rischio di crollo.

Tutte queste opere sono state prelevate con un’azione coordinata tra i tecnici del MiBACT,

i Vigili del Fuoco, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio, i Volontari della Protezione

civile. Le delicate operazioni di imballaggio e scarico sono state sempre presidiate da

tecnici restauratori che hanno approntato le prime misure d’urgenza, a seconda dei codici

attribuiti in base alla gravità del danno.

Le singole Unità operative inoltre hanno assicurato all’interno dei depositi:

• l’inventariazione dei beni;

• la verifica della schedatura effettuata in occasione del prelevamento;

• l’abbinamento con la scheda di Catalogo se non effettuato in precedenza;

• la verifica dello stato di conservazione dell’opera e sua registrazione su modulo

schedografico “schede di pronto intervento” fornito dall’UCCN-MiBAC;

• la predisposizione di documentazione fotografica;

• la valutazione delle operazioni da eseguire e la loro registrazione;

• gli interventi di messa in sicurezza, la loro registrazione sul modulo schedografico

“schede di pronto intervento” con documentazione fotografica;

• l’attribuzione del codice urgenza;

• l’idonea collocazione nel deposito;

• l’inserimento nel sistema informativo del Ministero delle schede di pronto intervento;

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• l’aggiornamento delle schede di intervento in funzione delle attività di pronto

intervento effettuate nel laboratorio.

Per le operazioni di intervento sui beni mobili e la gestione dei depositi e dei laboratori

temporanei, le Unità operative si sono avvalse del supporto tecnico e scientifico delle

Soprintendenze e degli istituti Centrali del Ministero (Istituto Superiore per la

Conservazione ed il Restauro, Opificio delle Pietre Dure e Istituto Centrale per il Restauro

e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario).

Di seguito il lavoro svolto in ciascuna regione.

4.3.1 Abruzzo

Il danno al patrimonio culturale mobile è stato relativamente ridotto e le poche decine di

opere, prelevate dalle chiese, sono state conservate nelle sedi indicate dalle rispettive

diocesi, come caldamente richiesto dai vescovi. Il complesso di beni più cospicuo è quello

proveniente dalla chiesa di. S. Michele Arcangelo di Valle Castellana (Te). Le opere sono

state ricoverate temporaneamente presso la locale caserma dei Carabinieri. Il deposito

individuato è una sede del Polo museale dell’Abruzzo a loc. Paludi di Celano, già

attrezzato come ricovero e laboratorio di restauro a seguito del sisma del 2009.

4.3.2 Lazio

Il deposito individuato nella sede della Guardia Forestale dello Stato (GFS) a Cittaducale

ha richiesto adeguamenti impiantistici e anche edilizi. Un evento pluviometrico

particolarmente intenso avvenuto in data 1 settembre 2016 ha consentito di verificare,

prima del ricovero dei beni, la scarsa tenuta all’acqua di un’area della copertura del

capannone. Poiché nella stessa mattinata erano state avviate le operazioni di recupero

delle opere d’arte, stante la momentanea inagibilità del capannone, il CFS, ha messo a

disposizione un autotreno dotato di ambienti climatizzati dove sono stati ricoverati i beni

mobili recuperati dal Museo Civico di Amatrice. Al fine di non rallentare le operazioni di

recupero delle opere d’arte, è stata contattata una impresa edile locale che, in somma

urgenza, ha avviato i necessari lavori di riparazione del danno, una revisione completa

della copertura, dei collegamenti verticali, delle pendenze, del sistema di smaltimento delle

acque meteoriche e della tenuta delle superfici vetrate, sigillando le possibili vie di

infiltrazione dell’acqua.

Nelle more della predisposizione di una prima proposta di allestimento del capannone, al

fine di consentire lo stoccaggio delle opere e momentaneamente ricoverate nel tir e delle

altre in arrivo al deposito, la parete di fondo del capannone è stata allestita (9.09.2016)

acquistando le scaffalature in acciaio immediatamente disponibili.

A seguito dell’elaborazione da parte dell’Unità n. 3 UCCFR Lazio del progetto di

adeguamento funzionale e allestimento del deposito, è stato installato in tempi brevissimi

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un impianto di videosorveglianza, antifurto e antincendio, collegato h24 alla sala di

vigilanza della Scuola forestale dei Carabinieri.

Stante la varietà delle opere mobili ricoverate (dipinti, tele, oggetti in legno, ceramica,

metallo) e l’imprescindibile necessità di assicurare i corretti parametri climatici per la

conservazione, è stato progettato dall’Unità n. 3 un sistema di monitoraggio microclimatico

del deposito, per poter provvedere tempestivamente ad eventuali modifiche della

dislocazione delle opere, e se necessario al successivo ricovero in teca dei beni a rischio.

Parallelamente ai lavori di adeguamento funzionale, si è proceduto all’allestimento del

deposito con box porta opere realizzate con struttura tubo e giunto, ubicate al centro del

deposito, e con scaffalature metalliche lungo le pareti perimetrali e a ridosso dei box porta

opere. I box porta opere e le scaffalature metalliche sono tra di loro collegati e indipendenti

dalla struttura portante in acciaio del deposito, al fine di garantire un comportamento

omogeneo delle strutture di allestimento all’azione sismica, ma indipendente da eventuali

movimenti oscillatori del capannone (attività ultimate il 25.10.2016).

Contestualmente si è provveduto all’acquisto dei materiali necessari per il migliore

allestimento delle opere in deposito e per consentire le attività di gestione in sicurezza:

postazioni informatiche complete (computer, stampante, scanner, etc.); tappetini in

gomma per isolare il piano di calpestio; scala per stoccaggio opere in altezza; fari a LED;

cassaforte per il ricovero delle chiavi di accesso al deposito in caso di emergenza; carrello

per la movimentazione delle opere; materiale vario di ferramenta e cancelleria.

L’Unità n. 3 ha individuato come luogo da adibire a laboratorio di pronto intervento

l’immobile della Scuola forestale Carabinieri “ex falegnameria”, in quanto ubicato in

prossimità del deposito. Sono state inoltre effettuate tutte le prove necessarie per le

verifica della tenuta sismica. Le attività propedeutiche all’inizio dei lavori di adeguamento

sono state già ultimate e si è in attesa delle ultime autorizzazioni da parte dell’Arma dei

Carabinieri.

L’attività di stoccaggio delle opere provenienti dall’area colpita dal sisma del 24 agosto è

iniziata il 1 settembre 2016, quando è stato effettuato il recupero delle opere del Museo

Civico di Amatrice. Successivamente e senza soluzione di continuità sono proseguite le

operazioni di recupero dei beni conservati nelle chiese, con l’obiettivo di mettere in salvo

tutto il patrimonio esistente nell’area colpita. Si è trattato di un impegno immenso e

capillare, che ha garantito il salvataggio delle opere più importanti, come quelle di Cola di

Amatrice, o il preziosissimo reliquiario della Madonna della Filetta, e di quelle meno

pregevoli ma carissime alla devozione popolare. Spesso i recuperi hanno visto la

presenza di delegazioni di cittadini dei diversi nuclei abitati di Amatrice e di Accumoli.

L’archivio comunale di Amatrice è stato uno dei primi complessi archivistici ad essere

messo in salvo. L’immobile, gravemente danneggiato dopo il 24 agosto, è poi quasi tutto

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crollato dopo il 30 ottobre. Il 2 settembre tutto il patrimonio archivistico è stato recuperato e

depositato presso l’Archivio di Stato di Rieti del MiBACT. Il 9 settembre è stato recuperato

l’Archivio storico del Comune di Accumuli e l’archivio Parrocchiale della Chiesa di s.

Agostino di Amatrice a cura dell’Istituto del MiBACT competente per il patrimonio

archivistico e librario (Istituto centrale per la conservazione e il restauro del patrimonio

archivistico e librario).

Un tipo di recupero particolare, non certo facile, è stato quello delle campane, alcune di

grande mole e peso, come quelle della torre civica di Amatrice.

Ne sono state salvate più di 40. Cinque di esse sono state ricollocate ad Amatrice in una

torre campanaria in tubo giunto realizzata con l’ausilio dei VVF nell’area prossima alla

chiesa di Sant’Agostino. Le campane sono state suonate manualmente il giorno di Pasqua

successivamente elettrificate per permettere alla comunità di ascoltarne quotidianamente i

rintocchi.

Il recupero delle opere ha interessato 101 chiese ed è stato il più massiccio e sistematico

che si ricordi, gestito con eccellenza dal coordinatore dell’Unità che si è avvalso della

collaborazione dei tecnici MiBACT degli Uffici del Lazio.

Sono stati essenziali il supporto dei VVF, dei Carabinieri TPC, dei Carabinieri del Corpo

Forestale, dei volontari, dei parroci e rappresentanti della Diocesi di Rieti.

Ogni operazione di recupero, di carico e di scarico al deposito di Cittaducale è stata

presidiata da personale tecnico del MiBACT, efficacemente supportato dai volontari

coordinati dalla Protezione civile, che hanno anche garantito la presenza nei depositi.

4.3.3 Marche

Al momento del sisma di agosto, la prima ipotesi di deposito temporaneo è stata quella del

Forte Malatesta messo a disposizione del comune di Ascoli Piceno, che è stato adeguato

con piccoli interventi (installazione di telecamere e di porte blindate). A oggi 130 beni sono

ricoverati presso Forte Malatesta.

Con gli eventi sismici di ottobre, è stato subito chiaro che gli spazi non sarebbero stati

sufficienti e si è optato per un secondo deposito, localizzato presso la Mole Vanvitelliana di

Ancona, concesso in uso gratuito dal Comune di Ancona. Anche in questo caso sono stati

realizzati lavori necessari all’adeguamento dello spazio a deposito di opere, tra cui lo

sgombero dei materiali ivi accatastati (era usato come deposito di generi vari anche dal

comune), la riattivazione dell’allarme e la progettazione della scaffalatura. Nel contempo è

emersa con forza la volontà delle diocesi e dei comuni di trattenere sul proprio territorio, in

depositi diffusi, i beni recuperati. Il MiBACT ha ritenuto di accogliere queste richieste

anche per non esacerbare ulteriormente gli animi già notevolmente provati dagli effetti

psicologici devastanti dovuti all’ininterrotta serie di eventi e di sciame.

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L’attività di recupero dopo la scossa del 24 agosto 2016 si è concentrata particolarmente

nei comuni di Arquata del Tronto (AP), Acquasanta Terme (AP), Montegallo (AP) e

Montemonaco (AP). Dal 27 agosto al 24 ottobre sono stati recuperati 270 beni, ricoverati

nella maggior parte presso il Museo Diocesano di Ascoli Piceno, primo luogo di deposito

individuato dalla stessa Diocesi. I beni di Montemonaco, appartenenti alla Diocesi di S.

Benedetto del Tronto, invece sono stati ricoverati presso il Museo di Arte Sacra di

Montemonaco, che non aveva subito danni. I recuperi sono stati effettuati da personale

MIBACT (sempre un funzionario storico dell’arte, a volte affiancato da assistenti tecnici

della SABAP Marche), coadiuvato da personale del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale

dei Carabinieri e di volta in volta dai Vigili del Fuoco. I mezzi di trasporto sono stati sempre

assicurati dal Nucleo TPC. A partire da novembre è stato rilevante l’apporto dei volontari

della Protezione Civile, già formati sul recupero di beni culturali.

Le scosse della fine di ottobre hanno aperto il fronte maceratese, che, dal punto di vista di

beni mobili a rischio danneggiamento, ha presentato subito problematiche molto diverse:

la quantità di beni da mettere in sicurezza era decisamente ingente e di alto livello storico -

artistico, tale da far capire subito che le risorse fino a quel momento coinvolte nei recuperi

non erano più adatte. Grazie all’apporto fornito da personale MiBACT proveniente dalle

altre regioni, è stato possibile attivare più squadre di recupero contemporaneamente, che,

sempre supportate dal Nucleo TPC (che a sua volta aveva attivato la collaborazione con

personale proveniente da altre regioni) e dai Vigili del Fuoco hanno potuto procedere al

recupero di beni anche molto preziosi (si pensi alle oreficerie di Visso). Dal 26 ottobre

2016 al 3 aprile sono stati recuperati 7.664 beni, tra dipinti, arredi sacri, polittici, crocifissi,

statue, altari lignei e materiali archeologici, grazie a interventi di recupero effettuati 5/6

giorni a settimana dalla fine di ottobre, compreso il giorno di Natale e di Capodanno.

Relativamente ad archivi e beni librari, l’Unità di Crisi è stata fin da subito supportata dalla

Soprintendenza Archivistica delle Marche e dell’Umbria, che, attraverso i suoi funzionari,

ha dapprima fatto un quadro della situazione attraverso numerosi sopralluoghi ricognitivi e

poi ha partecipato alle stesse attività di recupero, curando la redazione delle schede e

dando specifiche indicazioni sulle modalità di movimentazione. Al momento risultano

recuperati 2073 metri lineari di archivi e 4072 beni librari, depositati per la maggior parte

presso i relativi depositi Diocesani; in alcuni casi, per beni appartenenti a soggetti diversi,

sono stati depositati in altri luoghi adeguati (l’archivio comunale di Visso si trova presso

l’Archivio di Stato di Ancona del MiBACT).

E’ stata attivata una preziosa collaborazione tra le suddette Diocesi e l’Istituto Superiore di

Conservazione e Restauro del MiBACT al fine di monitorare lo stato di conservazione

delle opere nel tempo.

I luoghi di deposito di beni diocesani sono stati individuati nei seguenti immobili:

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Diocesi di Ascoli Piceno: inizialmente i beni sono stati depositati presso il Museo

Diocesano di Ascoli Piceno, ma, una volta compreso che gli spazi non erano sufficienti

ad ospitare la quantità di beni rimossi, si è individuato un immobile sempre nel comune

di Ascoli Piceno, situato nei pressi della stazione cittadina. Le opere inizialmente

ricoverate presso il Museo Diocesano sono state tutte imballate alla presenza di

personale MIBACT e grazie al supporto dei volontari. Saranno trasferite nel nuovo

deposito appena possibile.

Diocesi di Camerino: il primo immobile individuato è stato l’ex palazzo Vescovile di S.

Severino Marche, ma, anche in questo caso, verificato che gli spazi non potevano

essere sufficienti a ospitare le tantissime opere recuperate, è stato individuato il

deposito V. Pennesi di Camerino che già precedentemente al sisma fungeva da

deposito diocesano. Inizialmente questo deposito non era fruibile perché rientrava nella

zona rossa. E’ stato quindi possibile utilizzarlo quando la suddetta zona è stata ridefinita

per difetto.

Il coordinamento dell’attività di recupero beni mobili è stato reso difficile da molti fattori,

quali la particolare complessità e imprevedibilità degli eventi sismici, la grande estensione

territoriale coinvolta, la distanza tra il centro organizzativo (Ancona) e i territori oggetto dei

recuperi, la necessità di coordinare molti soggetti coinvolti su fronti diversi (Vigili, volontari,

esercito, squadre MIBACT esterne, Diocesi, in grande ma comprensibile affanno), la

diffidenza nei confronti del MIBACT da parte degli enti territoriali, Comuni per lo più, a far

uscire i beni dal loro territorio. Complice la tensione legata al momento.

Si deve però sottolineare che, a una certa distanza dagli eventi, i vari soggetti coinvolti, se

non altro per una quotidiana necessità di collaborare, hanno saputo trovare un modus

vivendi che oggi si può definire fruttuoso e i numeri sembrano dimostrarlo. Al momento

dunque non si rilevano grandi criticità nel prosieguo delle operazioni.

4.3.4 Umbria

Il deposito di Spoleto – Santo Chiodo è una struttura di circa 5.000 mq, su due piani,

realizzata secondo rigorosi criteri antisismici, con impianti di rilevamento fumi,

spegnimento incendi, antintrusione e videosorveglianza, ultimamente implementati, e già

attrezzata con quanto necessario al ricovero delle opere: da un primo ambiente atto

all’ingresso dei mezzi di trasporto, ad altro dotato di aspiratori, a locali attrezzati con

rastrelliere atte a contenere i dipinti anche di grandi dimensioni, scaffalature per oggetti

diversi, cassettiere e locali destinati a archivi e biblioteche, oltre a ambienti adibiti a uffici.

Risalgono ai mesi precedenti il sisma i primi contatti con la Regione Umbria conclusisi

recentemente con la stipula di una convenzione con la quale la Regione ha messo a

disposizione del Segretariato regionale l’intero immobile, al fine di permettere il deposito,

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la conservazione e i primi interventi di messa in sicurezza dei beni storici e artistici rimossi

a seguito del terremoto.

Con la collaborazione dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, uno degli Istituti di ricerca

sul restauro del MiBACT, è stato possibile attrezzare all’interno del deposito un cantiere di

prima messa in sicurezza delle opere, ove operano e opereranno per un anno giovani

restauratori diplomati presso l’Opificio, grazie al generoso sostegno della Fondazione

Cassa di Risparmio di Firenze. Ad oggi vi sono conservati circa 5000 beni, comprese oltre

2.300 cassette di materiali di scavo, ed inoltre 1.800 ml di documentazione archivistica e

5.000 volumi.

Sono in previsione il recupero di altri beni mobili e di altri archivi storici.

4.4 La messa in sicurezza degli immobili

4.4.1 Le tipologie di danno nelle quattro regioni

E’ indubbio che gli effetti più distruttivi di un sisma si manifestano sugli edifici e niente più

dei danni gravissimi agli edifici esemplifica la violenza di un sisma. I danni al patrimonio

culturale immobile, sia esso vincolato che appartenente all’edilizia minore dei centri storici,

sono veramente ingenti e costituiscono il maggiore problema da affrontare sia nella

gestione emergenziale che nella successiva fase di ripristino.

Nel sisma del centro Italia si è determinata una serie di circostanze sfavorevoli:

• il ripetersi di eventi che, con la loro violenza hanno indebolito sempre di più strutture

che sin dalla prima scossa avevano perso molto della iniziale capacità resistente;

• la tipologia funzionale largamente prevalente del patrimonio, quella degli edifici di culto,

è dotata di una intrinseca maggiore vulnerabilità rispetto alla altre; dimensioni,

geometria delle masse, metodi costruttivi sono tutti fattori che hanno giocato a favore di

un innalzamento della gravità del danno;

• la tipologia costruttiva dell’edilizia storica, caratterizzata da materiali e tecniche

scadenti, ulteriormente vulnerabile a causa delle numerose trasformazioni subite nei

secoli, con interventi locali che spesso hanno alterato, sempre in peggio, gli schemi

resistenti delle strutture, che si sono letteralmente sbriciolate. Infatti le tecniche

costruttive ed i materiali costruttivi impiegati (prevalentemente pietra locale in conci

appena sbozzati) hanno sicuramente costituito un fattore determinante per gli effetti

prodotti dal sisma. L’impiego diffuso della creazione di un “sacco” murario tra i due

paramenti in materiale lapideo, a causa della scarsa resistenza meccanica e

dell’impoverimento delle malte di allettamento, è sicuramente responsabile dei principali

dissesti riscontrati in loco.

Tipologie altamente vulnerabili come le torri campanarie, sia singole che innestate sulle

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sottostanti chiese, nonché i diffusissimi campanili a vela, spesso di dimensioni enormi

rispetto alle relative chiese, presenti anche nelle piccole chiese rurali hanno subito

sempre danni gravi o gravissimi, fino al crollo. Tra gli elementi architettonici

maggiormente danneggiati, per le intrinseche caratteristiche geometrico-dimensionali a

sviluppo marcatamente verticale, ci sono anche le torri comunali.

Dal punto di vista del grande impatto mediatico i terremoti che si sono susseguiti hanno

avuto ciascuno un danno identificativo: quello del 24 agosto la distruzione di Amatrice,

Accumoli e Arquata del Tronto; quello del 26-30 ottobre il crollo della basilica di San

Benedetto a Norcia; quello del 18 gennaio il crollo della chiesa di Sant’Agostino ad

Amatrice. Ma la realtà è ben più complessa e assai più grave.

Di seguito i danni principali per regione.

4.4.1.a ABRUZZO

In Abruzzo gli effetti degli eventi sismici si sono estesi principalmente all’area montana

della Laga, su cui convergono i confini regionali delle Marche, del Lazio e degli Abruzzi.

I comuni più colpiti sono quelli di Campotosto, Cortino, Crognaleto, Rocca Santa Maria e

Valle Castellana, nonché comuni limitrofi come Montereale e Capitignano, territori

accomunati proprio dall’orografia montana, posizionati tutti in quota.

In Abruzzo si è registrato un diffuso aggravamento dei danni rispetto a quelli subiti al

sisma del 2009 in tutte le chiese dei comuni del cratere e in quelle del teramano, oltre ai

danni notevolissimi della fortezza di Civitella del Tronto e di complessi monumentali civici

e privati.

4.4.1.b LAZIO

I danni maggiori al patrimonio culturale si sono registrati ad Amatrice, con il centro storico

quasi completamente crollato, e numerose chiese colpite (nelle chiese di S. Francesco, di

S. Agostino, di S. Antonio Abate sono rimaste solo parti di murature verticali, il complesso

del Don Minozzi il cui danno esteso a tutte le strutture ha reso necessario anche la

demolizione di un edificio), insieme al museo civico Cola Filotesio, all’archivio comunale,

alla Biblioteca “Gianni Fontanella”, alla Torre civica, all’Icona Passatora, edifico

contenente affreschi del XVI sec. di Dionisio Cappelli), al santuario della Madonna della

Filetta. Ad Accumoli il centro storico non esiste più, gli edifici culturali superstiti, tra cui

alcuni palazzi storici, si trovano in uno stato di gravissimo dissesto.

4.4.1.c MARCHE

La regione è quella più colpita anche se si sono registrati pochi crolli esemplari come in

Lazio e Umbria. Dopo il 24 agosto i danni maggiori con gravissimi crolli si sono avuti ad

Arquata del Tronto, chiesa della Madonna del Sole e chiesa di San Francesco (la copia

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della Sacra Sindone ivi depositata è stata messa in salvo con un difficile intervento il 2

settembre 2016 e depositata nel Duomo di Ascoli) oltre a danni gravi e diffusi nelle chiese

di Montegallo e Montemonaco.

Dopo il 26-30 ottobre si è registrata un’impennata nei danni. La numerosità delle chiese

danneggiate, la presenza di città capoluogo tra quelle colpite, la diffusione di danni gravi a

interi centri storici come Camerino costringendo a delimitare una zona rossa grande

quanto l’intera città storica, rendono il quadro del patrimonio culturale post-sisma delle

Marche il più ampio, complesso e difficile da affrontare.

4.4.1.d UMBRIA

L’evento del 24 agosto 2016 si è abbattuto soprattutto sulla Valnerina producendo danni

che si stavano affrontando allorché l’evento del 26-30 ottobre ha aggravato enormemente

il quadro.

Vicini all'area epicentrale del primo evento è la piana di Santa Scolastica con i borghi di

San Pellegrino e Frascaro, le cui chiese sono risultate tra le più danneggiate con crolli che

hanno interessato i rispettivi campanili e facciate. Danni consistenti sono stai rilevati al

patrimonio culturale presente nel territorio di Cascia, Monteleone di Spoleto, Cerreto di

Spoleto, Poggiodomo e, seppur non in maniera diffusa come nei casi precedenti, nei

comuni limitrofi quali Vallo di Nera, Sant'Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spoleto e

Foligno.

Dopo il 26-30 ottobre i crolli emblematici di San Benedetto a Norcia, della cattedrale di

Santa Maria Argentea sempre a Norcia dove sono crollati anche tratti di mura urbiche, il

crollo di tutto l’abitato di Castelluccio di Norcia hanno messo in luce una realtà drammatica

che ha spazzato via non solo le opere di presidio già realizzate dopo il 24 agosto ma

anche alcune opere di miglioramento realizzate dopo il terremoto del 1997.

Particolari danni hanno subito i beni culturali della valle Castoriana, dov'è presente

l'importante insediamento religioso dell'Abbazia di Sant'Eutizio, sommerso dal crollo della

sovrastante montagna, oltre le numerose chiese presenti nella varie frazioni (Campi Alto,

Campi Basso e Ancarano) e nel piccolo borgo di Preci, ricche di affreschi, altari, pulpiti,

organi a canne, pale d'altare e arredi liturgici. La straordinaria chiesa di San Salvatore in

Campi, in cui era in corso la prima messa in sicurezza, è crollata quasi interamente dopo il

30 ottobre.

4.4.2 Gli interventi di messa in sicurezza

La messa in sicurezza di questo immenso patrimonio così profondamente ferito non

poteva avvenire in tempi brevi e in tutte le aree, ma seguire obbligatoriamente una lista di

priorità determinata dalla gravità dei danni che risultavano dalle verifiche progressive.

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La successione degli eventi, con il crollo di monumenti importantissimi, ha innescato

anche una polemica sui presunti ritardi e sulle presunte inefficienze dell’intervento statale.

Anzitutto è stato ribadito in tutte le sedi, incluso le numerose interrogazioni parlamentari,

che tutta l’attività di messa in sicurezza del patrimonio culturale immobile è stata

finalizzata alla messa in opera di presidi che fornissero alle strutture danneggiate una

risorsa aggiuntiva nei confronti di meccanismi di rottura, già attivati o in fase di attivazione.

Occorre sottolineare che l’intervento di messa in sicurezza prevede prevalentemente la

messa in opera di presidi temporanei idonei ad evitare l’incremento di danneggiamento

delle strutture danneggiate, per azioni prevalentemente statiche offrendo modeste risorse

aggiuntive valide solo nei confronti di eventuali azioni sismiche di debole intensità; nessun

intervento provvisionale quindi offre risorse adeguate a resistere ad azioni sismiche severe

come quelle che purtroppo si sono succedute nei medesimi luoghi. Nel corso dei mesi

successivi agli eventi sismici è stato però difficile veicolare questa informazione

fondamentale, cioè che la “messa in sicurezza” di un edificio danneggiato non significa

che lo stesso riacquista la capacità di resistenza precedente all’evento ma che vengono

ridotti i rischi di perdita, in situazioni statiche (cioè in assenza di nuovi terremoti) e non in

situazioni dinamiche (a seguito di nuovi eventi”).

Tanto è vero che nella Valnerina molti interventi di presidio già realizzati dopo il 24 agosto

sono stati azzerati dal sisma del 30 ottobre.

Peraltro in moltissimi casi si tratta di interventi strutturalmente assai complessi che

richiedono calcoli statici, saggi, esecuzione non immediata, trattandosi di tipologie assai

particolari e molto vulnerabili come le chiese, soprattutto le cattedrali, con grandi aule e

grandi masse in quota.

Soltanto una paziente, faticosissima azione di verifica, di progettazione e di attuazione

degli interventi di presidio ha consentito di dimostrare l’efficienza e la competenza di tutte

le istituzioni coinvolte: MiBACT, VV F, Protezione Civile.

In generale l’avvio dei cantieri di somma urgenza impone numerose verifiche e azioni

preliminari:

a. rilievo da parte di squadre composte da personale VVF, MiBACT e strutturisti esperti;

b. messa in sicurezza del patrimonio culturale mobile eventualmente presente

all’interno degli immobili danneggiati

c. progettazione anche solo di livello preliminare dell’intervento;

d. verifica della fattibilità dell’intervento, sia in riferimento alle effettive condizioni di

accesso e di accostabilità all’immobile e sia in termini di analisi delle condizioni di

sicurezza minimi per gli operatori (VVF o personale di ditte);

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e. acquisto delle attrezzature, dei mezzi e dei materiali necessari all’attuazione

dell’intervento di presidio.

Le operazioni sono quindi attuabili con una tempistica non proprio immediata e sono

comunque subordinate alle condizioni di ogni singolo luogo ed in particolare alle condizioni

di sicurezza effettivamente presenti sia nell’immobile che nelle adiacenze dello stesso, che

determinano quindi la tempistica di attuazione. Molti degli interventi evidenziati come

necessari dalle squadre di rilievo del danno, sono stati pianificati nell’ambito di un

programma di interventi molto più esteso che teneva conto delle priorità che emergevano

dall’analisi delle centinaia di criticità evidenziate negli oltre 5000 rilievi. La

programmazione degli interventi è stata peraltro più volte adeguata ed aggiornata in

relazione al susseguirsi degli eventi sismici che, succedendosi con continuità

sconcertante, hanno modificato lo scenario emergenziale estendendolo ed ampliandone la

magnitudo del danno e quindi le priorità di intervento.

La presenza inoltre di uno sciame sismico continuo e di scosse severe e ravvicinate ha

imposto valutazioni di sicurezza degli operatori (VVF o personale privato) che hanno

condizionato fortemente la cantierizzazione stessa degli interventi prevedendo una verifica

delle condizioni di sicurezza e di accessibilità ai luoghi molto complessa.

La cornice giuridica in cui si collocano gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza del

patrimonio culturale è negli articoli 27 del Codice. I richiami applicativi, esplicativi e

organizzativi sono stati fatti con disposizioni dello scrivente S.A. con le note citate in

premessa (n. 96 del 3 novembre 2016, n. 186 del 6 dicembre 2016 e n. 85 del 31 gennaio

2017). Il perimetro applicativo per gli interventi di messa in sicurezza svolti dai comuni e

dai privati, di cui all’art. 6 del decreto legge dell’11/11/2016 n. 205, riportato nell’art. 15 bis

della legge 15 dicembre 2016 n. 229, è stato precisato con disposizione del Capo

Dipartimento della Protezione civile del 23 dicembre 2016.

Gli interventi sono stati svolti sia in collaborazione con i Vigili del Fuoco (COA e NIS) che

direttamente dalle UCCR. Gli interventi realizzati dai comuni e da altri proprietari sono stati

pure censiti in quanto oggetto di comunicazione alle Soprintendenze competenti.

I numeri complessivi sono i seguenti:

Tab. 6 – Interventi di messa in sicurezza beni immobili (dati aggiornati al 24 luglio

2017)

Regione A n. interventi MiBACT, VVF e MiBACT + VVF (avviati, in corso, conclusi)

% sul totale

B

n. Interventi ex art. 6 dl 205

TOTALE

A + B

%

ABRUZZO 48 14,59 93 141 14,81

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MARCHE 217 65,96 430 647 67,96

LAZIO 28 8,51 13 41 4,31

UMBRIA 36 10,94 87 123 12,92

TOTALI 329 100,00 623 952 100,00

L’individuazione delle priorità è avvenuta in base ad un confronto tra i vari soggetti

(MiBACT, VVF, Comuni, Diocesi) con un forte ruolo di orientamento e decisione degli uffici

MiBACT. Sono stati privilegiati i beni più a rischio e in maggior pericolo.

Le priorità sono state comunicate in tre fasi successive:

• 12 novembre 2016 - primo elenco di 45 interventi

• 21 novembre 2016 – secondo elenco di 7 interventi

• 13 febbraio 2016 – terzo elenco di 124 interventi.

Nel contempo però sono stati realizzati numerosi altri interventi d’intesa con i Vigili del

Fuoco e altri iniziati a seguito di richieste dei comuni.

Di seguito un approfondimento per regione.

4.4.2.a ABRUZZO

Gli interventi in Abruzzo hanno riguardato prevalentemente le chiese del Teramano

gravemente danneggiate (a Vallecastellana) oltre che nel capoluogo. Alcuni interventi

importanti sono quelli de L’Aquila (S. Marco, Santa Giusta, Santa croce) e, nell’Aquilano

numerose chiese di Campotosto, Capitignano, Campli, Montereale.

4.4.2.b LAZIO

Nel Lazio la concentrazione dei danni si è avuta nei due comuni, e relative frazioni, di

Amatrice e di Accumoli. Conseguentemente in questi due comuni si sono concentrati gli

interventi del MiBACT, oltre a tre interventi a Rieti: Cattedrale, Santa Lucia, Santa Chiara.

Si è trattato di interventi molto significativi e di grande impegno tar cui ad Amatrice la

chiesa di san Francesco, la chiesa di Sant’Agostino, la Chiesa di S. Maria Assunta nel

complesso del Don Minozzi. L’intervento sulla torre civica e sul museo attiguo è

particolarmente complicato, in quanto, al fine di evitare una parziale demolizione, è in

corso un approfondimento progettuale in via di completamento. Si prevede l’avvio del

cantiere entro giugno 2017.

Nelle frazioni di Amatrice è stata messa in sicurezza un cospicuo numero di edifici religiosi

importantissimi sia per patrimonio mobile conservato che per la devozione popolare. Tra di

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essi: Santuario della Filetta, Santuario dell’Icona Passatora (S.Maria delle Grazie), S.

Antonio Abate a Cornillo nuovo, S. Maria di Loreto a Moletano, San Lorenzo a Pinaco.

Ad Accumoli sono stati completati gli interventi sulla Torre civica e sul palazzo del

Cardinale a Grisciano.

4.4.2.c MARCHE

Nelle Marche tra le centinaia di interventi quelli più significativi per importanza del bene e

per complessità dei lavori, conclusi e in corso, sono il tempietto della Madonna del Sole ad

Arquata, ripreso solo recentemente, il santuario di Macereto, la cattedrale di Camerino, la

chiesa di S. Maria in via sempre a Camerino, il palazzo dei Priori di Visso.

4.4.2.b UMBRIA

Dei 27 interventi (conclusi o in corso) realizzati in Umbria dalle strutture MiBACT,

autonomamente o con i VVF, viene comunemente percepito quasi solo il complesso

apparato di sostegno costruito per la Chiesa di San Benedetto a Norcia. Le immagini del

sollevamento della enorme struttura reticolare posta a sostegno della facciata della chiesa

è stata diffusa in tutto il mondo anche se solo in situ ci si può rendere conto dell’estrema

difficoltà logistica e strutturale che è stata affrontata. Ma non meno complessi sono gli

interventi realizzati con perizia progettuale e attuativa sempre a Norcia nella cattedrale di

Santa Maria Argentea, con la cerchiatura del campanile e il rafforzamento delle pareti

laterali per evitarne il crollo, nella chiesa di San Francesco, del Crocefisso, di Sant’Antonio

nonché nelle mura urbiche (Porta Romana). Analogo intervento difficile è stato quello di S.

Salvatore a Campi, oltre a Sant’Andrea sempre a Campi e di S. Antonio Abate a Frascaro.

Per S. Salvatore a Campi si sta sperimentando un sistema di recupero e ricomposizione

dei paramenti lapidei crollati e di rimozione delle macerie in sicurezza, al fine di recuperare

i preziosissimi affreschi dell’Iconòstasi, tuttora sepolti all’interno.

4.5 Le coperture provvisorie

La vastità dei danni ha prodotto numerosissimi crolli nelle coperture delle chiese delle

quattro regioni. Con l’approssimarsi della stagione invernale è stato approntato un piano

straordinario di coperture provvisorie, volto a proteggere dalle intemperie le macerie al di

sotto delle quali si aveva certezza che ci fossero beni culturali mobili.

Il piano è partito il 4 novembre 2016 con un primo elenco di 81 edifici.

Il piano è stato condiviso con il Soggetto Attuatore dei Vigili del Fuoco e con il

coordinamento dell’Esercito. Vi è stata una suddivisione degli interventi da eseguire tra le

due strutture che hanno effettuato i sopralluoghi necessari. Non tutti gli interventi sono

stati possibili a causa della pericolosità delle diverse situazioni. Però la stragrande

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maggioranza degli interventi è stata realizzata entro Natale 2016 con l’utilizzo di coperture

di teli di plastica, opportunamente zavorrati con sacchi di inerti. A

Una simile copertura è stata eseguita anche nelle chiese più importanti, come S.

Benedetto a Norcia, S. Agostino e San Francesco ad Amatrice, tutte le chiese di Visso, di

Ussita, di Montegallo, di Montefortino. In alcuni casi non si è provveduto ad attuare il piano

perché nel contempo era stato avviato l’intervento di messa in sicurezza.

4.6 La gestione delle macerie

La dimensione catastrofica di questi terremoti ha reso necessario mettere in campo una

tipologia di attività che prima non si era ritenuta di grande rilevanza: la rimozione delle

macerie e la selezione delle parti aventi valore culturale, da recuperare e conservare per il

futuro ripristino degli edifici.

Subito dopo il primo evento, avendo un quadro di crolli generalizzati in interi centri storici e

frazioni (Amatrice, Accumoli, Arquata), è stato individuato un percorso operativo ad hoc.

La Direzione generale del MiBACT competente (DG Archeologia, belle arti e paesaggio)

ha emanato il 12 settembre 2016 con nota prot. 11087 una Direttiva per le procedure di

rimozione e recupero delle macerie di beni tutelati e di edilizia storica. Le macerie sono

classificate in tre categorie (A macerie derivanti da beni tutelati, B macerie derivanti beni

edilizia storica, C edifici moderni e di nessun interesse) con la finalità di rendere più

efficienti le operazioni di rimozione, nonché più affidabili i successivi interventi di recupero,

anche in vista del successivo ricollocamento dei materiali. La tipologia è molto

diversificata (materiali lapidei, sia dell’apparato murario che di stipiti e soglie di porte e

finestre, cornici, mensole, camini, eventuali elementi decorativi, balconi, ceramiche, legno

lavorato, metalli lavorati, coppi, ecc.) ed il suo riutilizzo contribuisce fortemente alla

restituzione della identità ai luoghi interessati dal sisma.

In questa attività è stato molto importante il raccordo con le regioni, titolari della rimozione

e del dislocamento delle macerie in appositi luoghi di deposito. Anche in questa

circostanza è stato prezioso il coordinamento in seno alla Di.Coma.C. La metodologia si è

sviluppata a seguito dell’avvio delle attività nel centro storico di Amatrice, con la rimozione

delle macerie cadute sul suolo pubblico. In seno alle UCCR Lazio e Marche, le regioni

maggiormente interessate da questa attività, sono state attivate apposite squadre che si

sono basate per lo più sulle competenze degli archeologici, assistiti da restauratori e

storici dell’arte.

Il quadro di riferimento giuridico per l’attività di rimozione delle macerie è il seguente:

D-Lgs. 152/06. L’art. 183 comma 1 espone le definizioni di rifiuto, produttore e detentore

di rifiuti, nonché stoccaggio e deposito temporaneo.

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Direttiva della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio del MiBACT del 12

settembre 2016 (citata).

Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 391 del 1 settembre

2016, “Disposizioni in materia di raccolta e trasporto del materiale derivante dal crollo

parziale o totale degli edifici”. Nell’art. 3 comma 3 si precisa che “non costituiscono

rifiuto i resti dei beni di interesse architettonico, artistico e storico, dei beni ed effetti di

valore simbolico, i coppi, i mattoni, le ceramiche, le pietre con valenza di cultura locale,

il legno lavorato, i metalli lavorati”. Tali materiali sono selezionati, separati e

movimentati in raccordo con il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo

(MIBACT).

Decreto del Soggetto Attuatore n. 25 del 25 gennaio 2017 di approvazione del “Piano

Regionale di Gestione delle Macerie.

Decreto-legge 17ottobre 2016, n. 189 (convertito nella legge 15 dicembre 2016, n. 229)

capo III art. 28 “Disposizioni in materia di trattamento e trasporto del materiale derivante

dal crollo parziale o totale degli edifici”.

Direttiva S.A. BBCC n. 106 del 7 novembre 2016 ulteriori disposizioni per il trattamento

macerie (indicazioni procedurali modalità di trattamento e rimozione).

Da ultimo, la Direttiva emanata dal Segretario generale del MiBACT il 17 luglio 2017 n.

prot. 10360.

4.6.1 Lazio

A seguito dell’apposita mappatura svolta in back office negli uffici del MiBACT, la

rimozione è iniziata dal centro di Amatrice per la liberazione delle strade e quindi

limitatamente alle macerie cadute sul suolo pubblico. Il coordinamento di tutte le

operazioni e l’organizzazione delle varie fasi per quanto riguarda il MiBACT è avvenuto da

parte dell’UCCR con l’individuazione del Responsabile, archeologo di grande esperienza,

qualità e capacità che ha definito in sede operativa il migliore approccio metodologico e

procedurale. Due esperti del Ministero hanno sempre presenziato alle operazioni di

rimozione. Hanno partecipato volontari MiBACT appartenenti alle professionalità citate.

La cernita è avvenuta in parte in loco e in parte, la più consistente, al sito di stoccaggio. La

Regione Lazio, con cui si è avviata un’ottima cooperazione, ha individuato come siti di

stoccaggio la ex cava di Posta per le macerie di Amatrice e frazioni e la cava di Terracino

per le macerie di Accumoli e frazioni. Nella fase di cernita nei siti di stoccaggio è stato

preziosissimo l’apporto dei volontari messi a disposizione della Protezione civile.

I materiali più pregiati sono stati subito identificati nelle macerie di tipo A e allocati in sedi

apposite.

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Inizialmente si e ipotizzato l’uso di un capannone industriale, messo a disposizione dalla

SABAP per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, da collocare nell’area dell’aeroporto di

Rieti in consegna alla Scuola forestale Carabinieri. In esito ai continui eventi sismici, si è

ritenuto preferibile richiedere ad uso gratuito all’ENAC l’hangar, dato in concessione fino al

3 marzo 2017 alla Protezione civile della Regione Lazio. L’atto di presa in consegna

dell’hangar dall’ENAC al Segretariato regionale Lazio è stato sottoscritto in data

10.04.2017, tempo necessario all’acquisizione delle autorizzazioni. Le altre macerie di tipo

A sono state depositate ad Amatrice nei pressi dell’ospedale, in uno spazio reso

disponibile dal Comune. Quelle provenienti dalla chiesa di Sant’Agostino sono rimaste

depositate presso la chiesa.

I materiali recuperati dalla macerie di tipo B, dopo lo spandimento dei cumuli, invece sono

stati ordinati e conservati in aree dedicate nei siti di deposito. E’ evidente che la soluzione

migliore sarebbe quella di conservare le macerie selezionate nei pressi dei luoghi che le

hanno prodotte, perché solo in questo modo si risparmiano gli ingenti costi di trasporto al

deposito e poi il ritorno sui luoghi del ripristino. E’ ancora in corso, con il coordinamento

della Protezione Civile, la definizione tra MiBACT e Regione Lazio di come trattare in via

definitiva tali materiali, in particolare di quelli derivanti dalle macerie cadute all’interno dei

sedimi la cui rimozione non è stata ancora avviata.

Complessivamente sono state vagliate più di 10.000 tonnellate di macerie A e B, da cui

sono stati estratti 138 bancali (126 da Amatrice e 8 da Accumoli) e molte decine di pezzi

pregiati da conservare. Volumetricamente si tratta di 371,5 mc (328,5 da Amatrice e 43 da

Accumoli). Le operazioni continuano sia per la completa liberazione delle strade, anche

nelle frazioni, che per la rimozione delle macerie cadute all’interno dei sedimi.

4.6.2 Marche

Le aree interessate dai crolli e demolizioni ricoprono un vasto territorio, prevalentemente

montano, riguardante comuni di limitata estensione territoriale e con un elevato numero di

frazioni. Gli edifici presenti realizzati nella quasi totalità da strutture in muratura risultano

essere quelli che hanno subito i maggiori danni, data la portata devastante del sisma.

Conseguenza appare la grande eterogeneità delle macerie.

Le tipologie edilizie sono ascrivibili essenzialmente a edifici residenziali o a volte artigianali

in muratura e struttura mista. Nelle zone montane la tipologia costruttiva è

sostanzialmente in pietra sbozzata o, nei casi più ricercati, squadrata; nelle zone collinari

l’utilizzo del mattone è predominante rispetto alla pietra, ma la struttura risulta raramente

intonacata. Nelle chiese realizzate in pietra si è potuto assistere al collasso totale

dell’edificio o nei casi più fortunati al crollo parziale della facciata principale e degli absidi:

in questo caso le macerie si trovano per lo più all’esterno dell’edificio. Molte chiese che

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presentavano le volte in camorcanna hanno subito il crollo delle stesse, provocando

macerie all’interno dell’edificio di culto.

Risulta dalle verifiche che la maggior parte delle macerie deriva da edifici in muratura, in

particolar modo da quelli con pareti a sacco con sasso irregolare e con riempimento in

materiale incoerente o da solai non collegati con le strutture portanti. Edilizia di base, le cui

macerie sono principalmente costituite da materiali lapidei, leganti a bassa resistenza e

travi in legno, coppi o tavelle.

Nella regione le operazioni vere e proprie non sono ancora iniziate ma è stato già svolto

un intenso lavoro preparatorio, indispensabile a fronte della gravità dei danni e l’alto

numero dei centri storici interessati da crolli che hanno generato enormi quantità di

macerie. Presso l’UCCR-Marche è stata costituita una apposita Squadra-Macerie

coordinata da un esperto architetto e ordinatamente sono state svolte le seguenti

operazioni.

E’ stata redatta anzitutto la mappatura delle macerie per classificarle secondo le 3

categorie esplicitate dalla direttiva Mibact del 12/09/2016; è stata inoltre adottata una

scheda-macerie esemplificata sul modello delle schede di rilievo del danno beni mobili.

Le schede si riferiscono ad ogni singolo edificio e pertanto hanno come identificativo

univoco il foglio e il mappale. Riportano, oltre alla localizzazione amministrativa (comune,

cod. istat, prov. Indirizzo) e alle coordinate gps, gli eventuali sopralluoghi GTS, la tipologia

macerie (A, B e C), le tipologie di materiale visibile ad occhio e quello presunto, derivante

da verifica di documentazione fotografica precedente al crollo. Nel retro della scheda sono

segnalate le prime indicazioni di trasporto, conservazione e la localizzazione del deposito

temporaneo. Ad ogni scheda è correlata una doc. fotografica effettuata durante il

rilevamento. I dati della scheda sono stati successivamente digitalizzati in formato Excel

per poter poi trasferire questo materiale alle ditte incaricate dalla Regione dello

spostamento. L’attività di mappatura consentirà di selezionare direttamente in loco le

macerie.

Si è eseguita al momento la mappatura dei seguenti comuni che presentavano macerie

diffuse con nuclei storici non del tutto crollati e ancora riconoscibili:

• Provincia di Macerata: Visso, Castelsantagelo sul Nera, Ussita (13 fraz.), Fiordimonte,

Pievebovigliana, Pieve Torina, Muccia;

• Provincia di Ascoli Piceno: Montegallo (circa 15 fraz.), Arquata del Tronto.

Per il Comune di Arquata va fatto un discorso a parte, poiché la situazione del territorio

comunale è particolare: interi centri abitati (molteplici frazioni sparse per il territorio

montano) sono completamente crollati e si ha poca documentazione fotografica

precedente al sisma. Pertanto al momento la mappatura è stata fatta solo per le macerie

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di tipo A. L’attività di selezione e spostamento sarà differente rispetto a quella dei comuni

sopra. Qui si procederà con lo spostamento delle macerie e la selezione direttamente in

deposito.

Sono state individuate alcune chiese in particolare (macerie di tipo A), elencate in allegato,

per le quali va previsto lo spostamento, l’accantonamento e la conservazione, dopo attività

di selezione e spostamento di macerie all’esterno e all’interno dell’immobile. (ALL.20

elenco chiese).

Alla fine di dicembre sono stati avviati contatti con la Regione Marche per poter

predisporre preliminarmente le modalità operative d’intervento. Nel mese di dicembre si è

tenuto il primo incontro con i tecnici responsabili della Regione e la prima ditta vincitrice

dell’appalto macerie (COSMARI). A seguito di ciò il referente delle macerie ha inviato una

prima nota in cui si indicavano le tipologie di materiali da considerarsi di tipo B e quindi da

recuperare, dato il possibile riutilizzo per la ricostruzione, di cui all’allegato. Trattasi di: tutti

gli elementi nei diversi materiali che presentano decori fatti a mano; mattoni in laterizio

cotti fatti a mano per murature; mattoni in laterizio cotti fatti a mano per pavimenti; pianelle

in cotto fatte a mano per coperture; pianelle in cotto fatte a mano per pavimenti; coppi in

laterizio fatti a mano; embrici in laterizio fatti a mano; tegole in laterizio; elementi squadrati

e lavorati in pietre naturali; elementi squadrati in pietre naturali; elementi in pietra lavorati

per pavimentazioni; elementi strutturali in legno di essenza forte; elementi in legno di

essenza forte (correnti); infissi in legno tradizionale; porte in legno tradizionale; elementi in

ferro quali staffe, chiodi, tiranti e capochiavi.

Inoltre si è inoltre intrapresa una breve attività di formazione del personale addetto al

recupero delle ditte incaricate dello spostamento macerie sui materiali afferenti ai beni

culturali (tipo A).

Per quanto riguarda la selezione e lo spostamento delle macerie di tipo B e C la Regione

Marche ha individuato 3 ditte specializzate in smaltimento rifiuti.

- Per l’area maceratese è stata incaricata la COSMARI srl di Tolentino, società in house

interamente pubblica già impegnata nello smaltimento rifiuti della Provincia di

Macerata;

- Per l’area della Provincia di Ascoli Piceno e alcuni comuni della Provincia di Fermo è

stata individuata la PicenAmbiente S.p.A.;

- Per il comune di Arquata del Tronto (loc. Borgo, Pescara, Pretare e Capodacqua) è

stata incaricata un’Associazione Temporanea di Imprese specializzata in particolare

nello smaltimento dell’amianto (HTR Bonifiche srl, SEIPA Srl, GALERIA TRASPORTI

Srl.

Ogni ditta ha predisposto un proprio deposito temporaneo:

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- COSMARI ha individuato il deposito presso il proprio impianto di trattamento dei rifiuti a

Tolentino (MC), dove si sta allestendo un deposito per le macerie di tipo B, come

indicato dal responsabile macerie Mibact (deposito coperto dove alloggiare i bancali

metallici, suddivisi per Comune, Località, foglio, mappale e, ove possibile, la proprietà);

- PicenAmbiente S.p.A ha individuato il deposito presso un capannone, sito nel comune

di Monteprandone (AP), via Lavoratori 10, di circa 5400 mq, dopo procedura di

esproprio temporaneo; all’interno di detto deposito è prevista un’area dedicata al

deposito di macerie di tipo B, secondo le indicazioni del referente macerie Mibact

(deposito coperto dove alloggiare i bancali metallici, suddivisi per Comune, Località,

foglio, mappale e, ove possibile, la proprietà);

- l’ATI ha individuato l’Area Unimer in Via Salaria Km145 presso Arquata del Tronto. Per

il momento non si sono avuti contatti.

Le attività in corso da parte del personale Mibact sono le seguenti:

VISSO (MC): Nella provincia di Macerata si è concordato con Regione Marche, VVF e

COSMARI di iniziare la selezione da questo Comune, essendo in fase molto avanzata

l’attività messa in sicurezza degli immobili e di demolizione degli edifici pericolanti. A

seguito di una riunione preliminare tenutasi in data 28 marzo scorso, sono partite le attività

di selezione delle macerie presenti nella Piazza Martiri Vissani, così da permettere ai VVF

di proseguire le attività di messa in sicurezza di edifici prospicienti la piazza, in particolare

il palazzo dei Priori e la Collegiata. Per ogni cumulo di macerie è stata identificata e

definita la pertinenza ai singoli edifici, individuando su supporto cartaceo i dati catastali

della costruzione di appartenenza. Successivamente è stata operata la selezione delle

macerie di tipo A e B, riposte su appositi bancali metallici, più resistenti alle intemperie di

quelli in legno, e protette da film di cellophane in attesa di un loro ricovero definitivo in

depositi attrezzati nel Comune di Visso: per la loro individuazione si resta in attesa di

comunicazione ufficiale da parte del Comune. Ovviamente i materiali nelle macerie sono

stati, per quanto possibile, separati in gruppi distinti: elementi architettonici, residui legnosi,

residui ferrosi, materiali ingombranti. Ciò al fine di agevolare al massimo le operazioni di

eliminazione e/o recupero. Al momento è stata liberata la piazza dei Martiri Vissani e

piazza Pietro Capuzi. Tutte le operazioni di selezione sono state eseguite con il supporto

dei VVF e del personale della COSMARI, che, al fine di consentire la massima tracciabilità

delle macerie rimosse, si è offerta di utilizzare un etichettatore tipo QRcode per ogni

bancale e DB digitale, accessibile da remoto solamente da personale Mibact, COSMARI e

Regione.

ARQUATA (AP): nella frazione di Capodacqua, l’intero nucleo abitato è crollato o è stato

demolito dai VVF perché non recuperabile. Inoltre la zona non presentava elementi

architettonici di pregio, fatta eccezione per la Chiesa di Madonna del Sole, la quale,

essendo stata parzialmente puntellata dopo le scosse di agosto, ha resistito a quelle del

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30 ottobre. A seguito della riunione tenutasi in data 21 marzo scorso e su sollecito di

questa UCCR, si è proceduto pertanto alla sola selezione delle macerie in prossimità della

Chiesa (ALL.24 relazione attività Arquata), reputando tali operazioni obbligate e preliminari

alle attività di messa in sicurezza del Bene. La selezione e lo spostamento macerie si sono

svolti dal 30 marzo al 3 aprile e sono stati curati dal personale MiBACT- UCCR Marche

(dott. Ciuccarelli, dott. Venanzoni e dott. Trastulli) e dai Vigili del Fuoco- GOS Movimento

Terra Emilia Romagna, con il coordinamento del Comando Provinciale di Ascoli Piceno

(Ispettore Luigi Scorza).

Attività future e problematiche

Dalle numerose riunioni tenutesi con le amministrazioni locali è emerso che la Regione-

Protezione Civile si occuperà direttamente della gestione delle macerie ma non delle

demolizioni degli edifici non recuperabili, come da verbali GTS, né delle messe in

sicurezza, attività invece affidate ai VVF (fino alla data del 30 aprile) e ai Comuni. Appare

chiaro che, non disponendo questi ultimi delle risorse economiche necessarie e di

personale specifico per effettuare tali operazioni, ad oggi non risulta possibile stabilire un

termine certo per la conclusione delle attività collegate alla selezione e allo spostamento

delle macerie. E’ necessario acquisire maggiori certezze sulla tempistica da parte della

Regione Marche che dovrebbe farsi carico anche delle operazioni di demolizione degli

edifici non recuperabili, così da accelerare i tempi e ottenere anche un miglior

coordinamento di tutte le attività svolte.

Per quanto riguarda le macerie di tipo A si intende, dove possibile, lasciarle in prossimità

degli edifici di appartenenza seguendo le indicazioni della direttiva Mibact. La proposta

operativa è quella di posizionare nei pressi del bene container ove allocare e mettere a

dimora le macerie selezionate. A seguito della ricognizione preliminare nelle chiese che

hanno subito crolli, risulta necessario avere a supporto al personale Mibact ditte

specializzate per ciascuna delle due province (Ascoli e Macerata) che possano mettere a

disposizione mezzi e personale qualificato per l’attività di recupero.

Le criticità segnalate dal referente Macerie dell’UCCR Marche sono le seguenti:

- Vastità e consistenza delle macerie da rimuovere;

- Riduzione della presenza e dell’operatività dei VV.F.;

- Mancanza da parte dei Comuni di una pianificazione delle priorità;

- Difficoltà procedurali nell’affidamento degli incarichi di progettazione;

- Difficoltà procedurali per l’affidamento dei lavori;

- Esiguità delle ditte per il trasporto e la selezione delle macerie;

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- Incertezza nella individuazione del soggetto preposto per la movimentazione delle

macerie di tipo A;

- Difficoltà da parte dei Comuni ad individuare le aree di deposito dei materiali di tipo A.

4.6.3 Umbria

Per la selezione delle macerie si è seguita la direttiva emanata dalla DG ABAP e sono

state avviate, sotto il controllo della Soprintendenza ABAP dell’Umbria, le operazioni per la

basilica di San Benedetto con la collaborazione dell’ISCR che ha diretto le squadre dei

volontari dell’Associazione ‘restauratori senza frontiere’. Ad oggi sono state selezionate

tutte le macerie che occupavano il lato destro della basilica ed è stata riportata in luce la

parte basamentale dello stesso lato dove si innestava il portico delle misure (anch’esse

ritrovate quasi integre). Le macerie selezionate (tipo A) sono state ricoverate nell’area del

deposito archeologico di Santa scolastica della Soprintendenza ABAP in containers di

sicurezza. Contemporaneamente le macerie di tipo C sono state avviate a discarica con

l’ausilio della Protezione civile sez. dell’Umbria. Analoga operazione si sta conducendo nel

cantiere di Santa Maria Argentea. In questo caso le macerie di tipo A sono state

‘archiviate’ nella piazza di san Benedetto in rastrelliere metalliche addossate alle pareti

esterne del Museo civico della Castellina. Tutte le macerie di tipo A sono state numerate e

mappate in grafici delle aree di prelievo Si procederà con la selezione delle macerie

situate all’interno degli edifici appena terminate le messe in sicurezza.

5. L’UFFICIO DEL SOPRINTENDENTE SPECIALE

Infine per assicurare il buon andamento e la necessaria unitarietà della gestione degli

interventi operativi di messa in sicurezza del patrimonio culturale, delle azioni di recupero

e della ricostruzione dei Beni nei territori colpiti dal sisma delle Regioni di Abruzzo,

Marche, Lazio e Umbria è stato costituito, con Decreto del Ministro dei Beni e delle Attività

Culturali e del Turismo n. 483 del 24 ottobre 2016 recante “Riorganizzazione temporanea

degli Uffici periferici del Ministero nelle aree colpite dall’evento sismico del 24 agosto

2016, ai sensi dell’art. 54, comma 2 bis del D.Lgs. 30.07.1999, n. 300 e s.m.i.”, l’Ufficio del

Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016, con sede a Rieti

e ufficio operativo anche a Roma. Esso costituisce un’articolazione della Direzione

Generale Archeologia belle arti e paesaggio, di livello non generale, e rappresenta

l’interlocutore di riferimento per tutti i soggetti coinvolti nella fase di ricostruzione post-

sisma, in modo particolare con la struttura del Commissario straordinario. L’Ufficio è il

destinatario delle risorse destinate dal Commissario straordinario al recupero restauro

consolidamento del patrimonio culturale ecclesiastico (interventi che superano i 300.000

euro) e costituisce la stazione appaltante per questi interventi.

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Il Soprintendente speciale è titolare della rapprese3ntanza del MiBACT nella conferenza

permanente per la ricostruzione, nonché per le conferenze regionali (funzione delegata a

dirigenti MiBACT nelle quattro regioni).

Il Soprintendente speciale ha partecipato e continua a partecipare a tutte le attività di

coordinamento e a dare continuità alle azioni emergenziali del MiBACT.

L’Ufficio svolge altresì una funzione di raccordo fra le strutture centrali e territoriali del

MiBACT nel rispetto dell’assetto organico di quest’ultimo e delle competenze delle

Soprintendenze, presenti nelle aree interessate, del cui personale tecnico si avvale con

pienezza di poteri e titolarità di procedure.

Per accelerare la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale, l’Ufficio si

avvale di una apposita segreteria tecnica costituita, per la durata di cinque anni a far data

dal 2017, presso il Segretariato generale del MiBACT.

6. CONCLUSIONI

Con la chiusura della fase emergenziale al 19 agosto 2017 non si può certo considerare

concluso il lavoro necessario per salvare il patrimonio culturale delle aree colpite.

Molte attività devono essere completate, a partire dal rilievo dei danni a seguito delle

segnalazioni che continuano a pervenire, mentre per le messe in sicurezza occorre

concludere i cantieri pianificati e in corso. Per gli interventi meno urgenti si ritiene

necessario avviare al più presto la fase della ricostruzione. Resta da completare (o

addirittura avviare) la complessa e massiva attività di selezione e conservazione delle

macerie di interesse.

Occorre stabilizzare la struttura organizzativa dei depositi di opere salvate, in vista dei

tempi lunghi che si prevedono prima che le opere possano essere ricollocate nei loro

luoghi di provenienza.

Infine è in corso di avvio la seconda fase di recupero delle opere d’arte.

Si tratta di tre tipologie di intervento:

1. Recupero delle opere d’arte al di sotto delle macerie degli edifici a cui finora, per motivi

di impraticabilità delle strade dei centri abitati, non è stato possibile accedere. Sono

numeri importanti, in particolare nelle Marche, e riguardano sia opere d’arte e arredi

liturgici che frammenti di affreschi, crollati insieme alla parete di supporto. Sono

operazioni di notevolissimo impegno perché implicano una preliminare messa in

sicurezza dell’edificio, i cui resti sono quasi sempre caratterizzati da monconi parietali o

brandelli di copertura che impedisce l’accesso senza opere preliminari di protezione.

Inoltre la ristrettezza degli spazi interni alle chiese e anche sterni (parliamo di strette vie

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dei centri storici) rende ulteriormente complesso impiantare cantieri ove poter lavorare

le macerie e recuperare i beni sepolti.

2. Affreschi rimasti in situ, aderenti a pareti pericolanti e a rischio di crollo di edifici finora

inaccessibili per le ragioni suddette. Il problema è, se possibile, ancora più complesso di

quello di cui al punto precedente perché il consolidamento in situ presuppone il

consolidamento della parete di supporto, che a sua volta è strettamente connesso con

la restante struttura, in presenza di crolli più o meno ampi ed estesi a tutte le

componenti dell’edificio (volte, absidi, facciate, pareti perimetrali). Per avere un’idea

della massività di tali interventi si consideri che nelle Marche il numero di chiese su cui

occorre intervenire è di 78, mentre nel Lazio sono state individuate 15 chiese, in

Abruzzo 21 e in Umbria 125.

3. Recupero di una particolarissima tipologia di bene culturale quale gli organi. Si tratta di

una tipologia estremamente delicata e difficile da trattare. Il recupero deve essere fatto

da esperti, pena l’inservibilità del bene dopo il restauro. Un ulteriore elemento di

problematicità è dato dal fatto che molti organi sono intimamente connessi con le

controfacciate delle chiese, quasi sempre oggetto di danni gravi o gravissimi, se non di

crolli parziali. Problematiche future (affreschi e organi)

Con la supervisione degli Istituti centrali del Ministero (ISCR) si intende avviare una

campagna speditiva di pronti interventi (velinature, fermabordi, ecc…), ma al momento,

essendo tali immobili tutti non accessibili per la presenza delle macerie o essendo a

rischio crollo, si prevede una prima fase di messa in sicurezza di quegli affreschi le cui

chiese risultano agibili o parzialmente agibili, quindi meno pericolose.

Tuttavia, nonostante si abbia piena consapevolezza di quanto ancora sia necessario fare,

si ritiene che, complessivamente, sia stato svolto un immenso lavoro lungo tutte le direttrici

di azione dell’intervento emergenziale, con risultati eccellenti che vengono riconosciuti

innanzitutto dalle comunità.

Tutto ciò è stato possibile, tra le innumerevoli criticità cui si è fatto appena cenno, grazie

allo sforzo congiunto di tutte le anime del MiBACT che hanno risposto all’appello alla

partecipazione, secondo un modello organizzativo fortunatamente predisposto “in tempo di

pace”. Il Ministero, proprio in ragione della Direttiva del 2015, non ha agito, e non avrebbe

potuto farlo, al di fuori del sistema di Protezione civile, in cui si è inserito pienamente e da

cui è stato riconosciuto e apprezzato, come è stato riconosciuto ed apprezzato dalle altre

Istituzioni che, giorno per giorno, hanno collaborato con il personale MiBACT: Vigili del

Fuoco, Esercito, Volontari.

Una collaborazione straordinaria è quella che si è realizzata con i Carabinieri del

Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Così accanto alle 638 unità di

personale MiBACT, di varie qualifiche, coinvolto in situ e in ufficio nelle operazioni

Page 43: SEGRETARIATO GENERALE Soggetto Attuatore interventi ......30 settembre 2016 n. prot. 4/2016 - Procedure per il coordinamento delle organizzazioni di volontariato. Riguarda l’utilizzo

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

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emergenziali, hanno operato ben 103 unità di Carabinieri del CCTPC e 10 unità ALES.l

coordinamento della Di.Coma.C è stato svolto con precisione, efficienza ed efficacia e le

diverse componenti del sistema emergenziale vi hanno trovato un luogo eccellente di

confronto, di soluzione delle criticità, a volte di compensazione delle microconflittualità.

Si ritiene che tale processo collaborativo debba continuare anche nei prossimi mesi.

Roma, 2 agosto 2017

Il Segretario generale

già Soggetto Attuatore bb cc.

(arch. Antonia Pasqua Recchia)