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COPYRIGHT©UNIMARCONI
La struttura della lingua italiana (II parte)
Unità 8
Alessio Giocondi
Master
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1
Indice
OBIETTIVI ---------------------------------------------------------------------------------------------- 2
1. IL SINTAGMA AGGETTIVALE --------------------------------------------------------------- 3
2. LA POSIZIONE DELL’AGGETTIVO RISPETTO AL SOSTANTIVO ----------- 10
3. L’AGGETTIVO QUALIFICATIVO: L’ESPRESSIONE DELL’INTENSITÀ ----- 19
4. IL SISTEMA DELLA COMPARAZIONE ------------------------------------------------- 30
5. L’ESPRESSIONE DELL’IDENTITÀ ------------------------------------------------------- 40
6. LA FUNZIONE DELL’INDEFINITO -------------------------------------------------------- 46
7. LE FORME DEL POSSESSIVO ------------------------------------------------------------ 51
8. LE FORME DEL DIMOSTRATIVO -------------------------------------------------------- 62
9. CARATTERISTICHE D’USO DEL DIMOSTRATIVO ITALIANO ---------------- 71
10. L’ESPRESSIONE DELLA QUANTITÀ ------------------------------------------------- 75
11. LA QUANTIFICAZIONE IN TERMINI MATEMATICI: I “NUMERALI” ------- 82
12. IL SINTAGMA AVVERBIALE ------------------------------------------------------------- 90
13. I SOSTITUENTI PERSONALI ------------------------------------------------------------- 95
14. I SOSTITUENTI PERSONALI: CARATTERISTICHE D’USO ----------------- 103
RIEPILOGO ---------------------------------------------------------------------------------------- 111
BIBLIOGRAFIA ----------------------------------------------------------------------------------- 113
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2
OBIETTIVI
Gli obiettivi di questa Unità Didattica sono:
analizzare la struttura della lingua italiana secondo l’uso scritto e parlato;
definire il concetto di sintagma aggettivale;
riconoscere le caratteristiche e le regole relative all’ordine delle parole
all’interno di una frase;
individuare l’importanza del processo definito “comparazione”;
considerare la funzione del “sintagma aggettivale” e quella del “sintagma
avverbiale”;
valutare i fattori responsabili della trasformazione della morfosintassi
nominale latina in quella romanza;
confrontare i sistemi linguistici delle lingue romanze;
esaminare la trasformazione dal latino alle lingue romanze in relazione al
procedimento definito “comparazione”;
riconoscere la funzione dei “numerali”;
analizzare le caratteristiche dell’espressione dell’identità”;
considerare la funzione dell’infinito;
esaminare le forme dell’aggettivo possessivo e dell’aggettivo dimostrativo;
esprimere una definizione dell’espressione “sostituenti personali” ed
individuarne le caratteristiche d’uso.
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3
1. IL SINTAGMA AGGETTIVALE
Nell’ambito del sintagma nominale, il nome può essere preceduto ovvero seguito da
uno o più sintagmi aggettivali. Ad esempio:
Una bella giornata
Una giornata bella
Una giornata bella e serena
Una serena giornata rilassante
Come vediamo si manifesta una grande varietà di posizioni del Sintagma aggettivale
all’interno del Sintagma nominale: ma la posizione non è affatto libera. Per esempio,
solo il sintagma aggettivale collocato dopo il nome può avere un complemento:
una giornata piacevole da godere.
E, pure in assenza di complementi, vi sono SN in cui l’aggettivo può essere solo
collocato dopo il nome:
l’energia nucleare / ma non / la nucleare energia.
In altri casi, l’aggettivo può essere solo prenominale; e in altri ancora il sintagma
nominale viene ad assumere significati diversi a seconda che l’aggettivo sia collocato
in posizione prenominale ovvero postnominale:
una certa notizia
una notizia certa
Possiamo dire in generale che, all’interno del SN, il Sintagma aggettivale segue il
nome nel caso “non marcato”; lo precede dopo i determinanti nel caso marcato:
una persona cara/ un episodio triste
una cara persona/ un triste episodio
Nel caso vi siano dei complementi, la posizione postnominale è obbligatoria per i
complementi; ed è preferita anche per l’aggettivo che costituisce la testa del
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Sintagma aggettivale.
In pratica, si ha l’ordine seguente:
nome ------ aggettivo -------- complemento dell’aggettivo
È una recita difficile da guidare
In un Sintagma nominale è possibile trovare anche più di un Sintagma aggettivale
(SA). Tali SA possono inoltre essere coordinati tra loro come nel caso seguente:
Gli oratori bianchi e neri sono d’accordo su questo aspetto della questione
Giorgio e Paola sono due bambini pigri e svogliati
Come abbiamo detto, la posizione postnominale è la posizione non marcata e quindi
produttiva: in tale posizione, non vi è alcun limite al numero di aggettivi che vi
possono essere collocati. Inoltre, in tale posizione, due o più aggettivi possono
essere, non solo coordinati, ma anche subordinati, cioè posti a livelli diversi.
Ho comperato una macchina fotografica giapponese
In tal caso l’ordine dei sintagmi aggettivali è fisso:
/un romanzo giallo divertente/ma non/un romanzo divertente giallo /
Invece, in posizione prenominale, si trovano di rado più di due o tre aggettivi.
Da un punti di vista semantico, come regola generale, stanno nell’ordine
sintatticamente non marcato, cioè in posizione postnominale, gli aggettivi che hanno
funzione restrittiva, cioè denotativa o referenziale. Nel seguente esempio:
Vorrei vedere dei cavalli selvaggi
l’aggettivo /selvaggi/ è usato denotativamente per definire una sottoclasse della
classe definita dal nome: i /cavalli selvaggi/ della classe /cavalli/. Invece, un aggettivo
ha una funzione referenziale se mette in grado di individuare l’oggetto di cui si sta
parlando:
Vorrei vedere il cavallo selvaggio
Gli aggettivi che si trovano in posizione postnominale, avendo la funzione di
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delimitare una sottoclasse, sono tutti gli aggettivi derivati da un nome, detti perciò
aggettivi “denominali”, o “di relazione”, in quanto stabiliscono una relazione tra il
nome che è testa del sintagma e il nome da cui sono derivati
l’amore paterno = l’amore del padre
vorrei vedere la mostra fotografica
Altri aggettivi che definiscono una sottoclasse sono quelli che indicano una
caratteristica oggettiva che non è inerente al nome: cioè, essa non è presente in un
oggetto in quanto tale e, solo come tale, può servire e a specificare una sottoclasse
di oggetti nell’ambito di una classe.
Ho comprato dei fiori gialli
La funzione di specificazione di una sottoclasse può essere svolta anche da aggettivi
che esprimono un giudizio di valore
vorrei un fidanzato gentile
Stanno nell’ordine sintatticamente marcato, quindi in posizione prenominale, gli
aggettivi che hanno un ruolo semanticamente connotativo rispetto al nome: aggettivi
che esprimono un gusto o un parere del parlante. Sintatticamente, questi aggettivi,
che in genere esprimono un giudizio di valore oppure caratteristiche fisiche, possono
essere considerati “appositivi”.
Vediamo le differenze tra uso restrittivo e uso appositivo:
Francesca è andata al mare con una sua conoscente simpatica
Francesca è andata al mare con la sua simpatica conoscente
La seconda frase, che presenta l’aggettivo in funzione appositiva, esprime
un’opinione del parlante sulla conoscente di Francesca.
In tale funzione possiamo trovare anche alcuni aggettivi denominali:
Lo guardava con paterna dolcezza
Data la loro funzione, questi aggettivi possono trovarsi anche davanti a nomi propri:
non pensavo di trovare anche la piccola Sonia
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Alcuni aggettivi possono apparire nelle due posizioni, prenominale o postnominale,
ma con significati diversi nelle due posizioni
Generalmente, il significato letterale è quello che ha l’aggettivo in posizione non
marcata, dopo il nome; mentre il significato traslato è quello che l’aggettivo ha nella
posizione marcata, prima del nome.
Ho trovato dei libri nuovi (cioè: non vecchi)
Ho trovato dei nuovi libri (cioè: altri libri)
Vediamo che esiste anche un gruppo di aggettivi in funzione deittica e:o anaforica.
Intendiamo per “deissi” un elemento linguistico che si riferisce ad un oggetto nel
tempo o nello spazio del parlante.
È il caso di aggettivi come:
attuale, presente, odierno, prossimo, futuro, scorso, passato
Intendiamo per “anafora” un elemento linguistico controllato da un altro elemento
linguistico
È il caso di aggettivi come:
seguente, successivo, precedente. Inoltre, hanno valore anaforico stesso,
medesimo, altro, che si trovano sempre in posizione prenominale.
Hanno un valore di volta in volta anaforico ovvero deittico aggettivi come:
locale, contemporaneo, opposto, diverso, simile, analogo
Un aggettivo può essere modificato da un avverbio come:
molto, abbastanza, tremendamente, incredibilmente, ecc.
In questi casi, il sintagma aggettivale ha quasi sempre una funzione restrittiva e
richiede sempre l’ordine:
nome - avverbio - aggettivo
Gli aggettivi di grado superlativo, il cui suffisso superlativo svolge la funzione di
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modificatore, hanno anche normalmente la funzione appositiva e quindi possono
occorrere spesso in posizione pronominale:
È andato a trovare una sua vecchissima zia
Come abbiamo detto, un sintagma nominale può contenere due sintagmi aggettivali
che possono occupare:
ambedue posizione postnominale;
ambedue posizione prenominale;
uno la posizione postnominale e l’altro la posizione prenominale.
Oltre ad uno o più sintagmi aggettivali, il sintagma nominale può contenere anche
altri sintagmi, come un sintagma preposizionale, un sintagma nominale o anche una
frase finita o infinita
Ho bisogno di farina da dolci
Desidero libri che si possano leggere
Ho preparato una serie di pacchetti da portare nella borsa
A differenza dei sintagmi aggettivali, gli altri sintagmi occupano obbligatoriamente la
posizione sintatticamente non marcata e quindi sono collocati dopo il nome. Il loro
ordine reciproco viene stabilito, come per più sintagmi aggettivali, in base a
considerazioni semantiche:
Se sono subordinati tra loro, con uso denotativo o referenziale, l’ordine è identico
all’ordine reciproco di più sintagmi aggettivali subordinati (indipendentemente dalla
loro categoria sintattica). Perciò, quello che definisce la classe più comprensiva, o
che si ritiene più importante, segue immediatamente il nome. In pratica, l’ordine dei
sintagmi dipende spesso da ciò che si vuole sottolineare come più importante
Cerco un armadio di circa due metri da adibire a guardaroba
Cerco un armadio da adibire a guardaroba di circa due metri
Nell’ordine reciproco dei sintagmi aggettivali all’interno del sintagma nominale,
valgono anche considerazioni di tipo fonologico. Ad esempio, se un sintagma
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nominale contiene più sintagmi aggettivali consecutivi e con la stessa funzione
semantica, a parità di enfasi si può osservare una tendenza ad usare per primo il
sintagma aggettivale più breve lasciando per ultimo il più lungo.
Ricordavo con nostalgia quei lunghi, indimenticabili incontri
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ESERCIZI
a) Esprimi una definizione di “sintagma aggettivale”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Presenta alcune esemplificazioni di aggettivi posti sia in posizione
“prenominale”, sia in posizione “postnominale”, ma con differenti significati
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Esprimi una definizione del termine “deissi”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Esprimi una definizione del termine “anafora” e presentane alcune
esemplificazioni
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
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2. LA POSIZIONE DELL’AGGETTIVO
RISPETTO AL SOSTANTIVO
Nella lingua latina, come in italiano, un aggettivo qualificativo può precedere il
sostantivo (Agg.-Nome) o seguirlo (Nome-Agg.). La posizione dipende da molti fattori
di varia natura:
il contenuto dell’enunciato;
il significato del sostantivo e dell’aggettivo;
l’affettività e l’espressività (stilistica);
la lunghezza delle parole;
il ritmo della frase che consegue alla diversa lunghezza delle parole.
La posizione dell’aggettivo determinante del sostantivo rappresenta dunque un
capitolo della morfosintassi, della stilistica e della prosodia; e investe anche il livello
della formazione delle parole. Infatti, il problema della posizione reciproca
dell’aggettivo e del sostantivo è solo una parte del dominio dell’ordine delle parole.
La morfosintassi latina, con le desinenze incorporate nella parola (lessema),
permette una notevole libertà della posizione dei singoli membri.
Per esempio, qualunque sia la posizione delle parole, nella frase
MAGISTER DISCIPULIS HISTORIAM IMPERII ROMANI NARRAT
ogni parola svolge immediatamente la sua funzione e viene identificata senza
difficoltà.
L’ordine delle parole della lingua parlata e spontanea presentava certamente meno
libertà e più affettività; ma rimane sempre il fatto che la morfosintassi latina, senza
riguardo al registro o allo stile, consentiva una grande libertà.
Nel latino, l’anteposizione dell’aggettivo al sostantivo conferisce all’aggettivo
maggiore affettività: MAGNUS VIR è più forte che VIR MAGNUS.
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L’aggettivo posposto è distintivo dal punto di vista semantico e logico. Così, ad
esempio:
LINGUA LATINA si oppone a LINGUA GRAECA
L’italiano e le altre lingue romanze, conservano la stessa differenza come si vede
dagli esempi seguenti:
una stoffa nera: qui l’aggettivo è distintivo e anche accentuato;
un nero presentimento: l’aggettivo non è distintivo, giacché la categoria del
colore non si applica ai sostantivi astratti.
In certi contesti la posizione dell’aggettivo risulta distintiva, non solo per quanto
concerne il contenuto semantico, ma anche perché rivela diverse strutture profonde.
Ad esempio:
1) “ho trovato la valigia vuota”
(a differenza di un’altra, che era magari vuota)
ho trovato la valigia vuota
2) “ho trovato che la valigia era vuota”
(vuota - complemento predicativo dell’oggetto)
E del resto, l’espressione:
ho trovato la vuota valigia
avrebbe soltanto il primo significato.
Sia in latino che nelle lingue romanze, si tratta però soltanto di tendenze e non di
norme fisse. L’ordine delle parole è un dominio complesso, regolato da diversi fattori.
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Però, osserviamo che la grande trasformazione della posizione reciproca dei
segmenti lessicali e grammaticali ha reso la posposizione dell’aggettivo più frequente
nelle lingue neolatine che in latino.
L’accordo dell’aggettivo con il sostantivo
L’accordo viene realizzato attraverso la ripetizione delle marche delle rispettive
categorie: in latino caso, genere, numero; in italiano solo genere e numero, del
sostantivo nelle forme dell’aggettivo.
Per quanto riguarda l’informazione che viene fornita, l’accordo molte volte è
ridondante: tuttavia, in un ordine delle parole libero come quello latino, l’accordo può
anche assumere una funzione distintiva.
In considerazione della perdita delle forme casuali, limitiamo l’analisi dell’accordo alle
categorie del genere e del numero.
Il numero è superiore al genere: infatti, ci sono aggettivi che esprimono solo il
numero, ma non ci sono aggettivi che esprimano soltanto il genere.
Precisiamo che ci sono tre tipi di accordo:
l’aggettivo riflette entrambe le categorie del sostantivo;
l’aggettivo riflette soltanto il numero;
l’aggettivo non è portatore di nessuna delle due categorie.
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Osserviamo per esempio lo schema seguente:
-US -US -o -o
1) ALUMN -A SAN -A alunn -a san -a
-I -I -i -i
-AE -AE -e -e
-US -IS -o -e
2) ALUMN -A IUVEN alunn -a giovan
-I -ES -i -i
-AE -e
-US -O
3) ALUMN -A FRUGI alunn -a pari
-I -i
-E -e
In italiano, con i sostantivi invariabili determinati da aggettivi invariabili nessuna delle
due categorie è espressa.
Più complesso è il caso se:
un solo aggettivo determina due o più sostantivi:
(s1 + s2 + s3........ Sn) A
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due o più aggettivi determinano un solo sostantivo
(Al + A2 + A3........ An) S
Questi due casi ci consentono di illustrare ancora la differenza tra latino e italiano
determinata dalla perdita del neutro.
Per il primo caso è necessaria la distinzione tra la funzione attributiva e la funzione
predicativa dell’aggettivo.
L’aggettivo è in funzione attributiva
in latino si accorda con il sostantivo più vicino o si ripete. In italiano si può accordare
col sostantivo più vicino, o ripetersi; oppure può stare al maschile plurale (termine
non marcato dei generi):
ROMANIS CUNCTAE TERRAE MARIAQUE tutte le terre e i mari
PATEBANT
ROMANIS TERRAE MARIAQUE CUNCTA tutti i mari e le terre
PATEBANT
ROMANIS CUNCTAE TERRAE CUNCTAQUE tutte le terre e tutti i mari
MARIA PATEBANT
L’aggettivo è in funzione predicativa
In latino ci sono quattro possibilità (perché c’è il neutro); in italiano solo due:
Con i sostantivi dello stesso genere e dotati del tratto (+vivo).
Le due lingue mettono l’aggettivo al plurale del rispettivo genere:
magister et alumnus boni sunt Il maestro e l’alunno sono buoni
magistra et alumna bonae sunt La maestra e l’alunna sono buone
Con i sostantivi dotati del tratto (+vivo) ma di generi diversi;
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il latino accorda l’aggettivo con il sostantivo più vicino mettendolo al plurale maschile
(termine non marcato dei due generi reali). L’italiano usa solo questa possibilità:
uxor et liberi Coriolanum amplexi sunt La moglie e i figli si sono affrettati
ad abbracciare Coriolano
Orgetorigis filia et unus e filiis capti La figlia di Orgetorige e uno dei figli
sunt sono stati fatti prigionieri
Con i sostantivi dello stesso genere ma dotati del tratto (-vivo)
in latino l’aggettivo può stare al plurale del genere rispettivo; oppure al neutro plurale
(come termine non marcato dei tre generi). L’italiano usa solo la prima possibilità
mancando il neutro:
avaritia et superbia perniciosae sunt L’avarizia e la superbia sono malvage
nox atque praeda hostes remorata La notte e la preda sono state la causa
sunt del ritardo del nemico
Con i sostantivi dotati del tratto (-vivo) e di generi diversi
il latino accorda l’aggettivo con il sostantivo più vicino mettendolo al plurale neutro.
L’italiano usa solo il plurale maschile come termine non marcato::
Caesari principatus atque imperium A Cesare sono stati consegnati il
traditum est potere supremo e il comando
Honor et gloria hominibus grata sunt L’onore e la gloria sono graditi agli
uomini
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La tabella seguente illustra le differenze tra le due lingue:
Latino: Italiano:
genere identico: plurale del rispettivo
genere
plurale del rispettivo
genere
(- vivo)
generi diversi: accordo con il sost.
vicino al plur. masch.
plurale maschile
genere identico: plurale del rispettivo
genere
plurale neutro
plurale del rispettivo
genere
(+ vivo)
generi diversi: accordo con il sost. plur.
neutro
plurale maschile
Le quattro possibilità latine sono sostituite da due principali possibilità d’accordo in
italiano: infatti, il neutro quale termine non marcato manca e l’accordo con il
sostantivo vicino può riuscire ambiguo.
Nel secondo caso, quello di un sostantivo determinato da più aggettivi:
al singolare non c’è nessun problema:
la casa nuova e bella
al plurale bisogna invece distinguere due casi;
se la trasformazione mostra che tutti gli aggettivi si riferiscono ad ognuno dei
sostantivi componenti il plurale, gli aggettivi saranno al plurale:
strada (stretta e fangosa) ----- strade (strette e fangose)
Ciò si giustifica perché c’è effettivamente una pluralità di entità cui vengono attribuite
le due qualità. Quindi l’aggettivo è pluralizzato assieme al sostantivo.
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se la trasformazione mostra che ognuno degli aggettivi è incidente ad un solo
dei sostantivi componenti il plurale, gli aggettivi rimangono al singolare:
lingua (italiana)
lingua (francese) (le) lingue italiana, francese e spagnola
lingua (spagnola)
La pluralità non c’è: c’è una sola lingua italiana, una sola lingua francese, ecc. Quindi
l’aggettivo non è pluralizzato assieme al sostantivo: infatti, mettendo anche
l’aggettivo al plurale risulterebbe che ci sono più lingue italiane, francesi ecc.; oppure
che ci sono lingue che sono contemporaneamente italiane, francesi ecc.
Perciò, usando il singolare del sostantivo bisogna ripetere il sostantivo, oppure
servirsi del sostituente quello:
la lingua italiana, quella francese e quella spagnola.
![Page 19: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/19.jpg)
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ESERCIZI
a) Scrivi una frase in cui l’aggettivo svolga la funzione “attributiva”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Presenta alcune esemplificazioni di aggettivi usati in funzione “predicativa”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Spiega la differenza che si rileva tra morfosintassi latina e morfosintassi
italiana in relazione alla posizione dell’aggettivo rispetto al sostantivo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Elenca le diverse possibilità di accordo tra aggettivo e sostantivo e
presentane alcuni esempi
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 20: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/20.jpg)
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3. L’AGGETTIVO QUALIFICATIVO:
L’ESPRESSIONE DELL’INTENSITÀ
Gli aggettivi qualificativi (nonché i corrispondenti avverbi) rappresentano la sola
categoria di parole che possa esprimere la differenza tra gradi di intensità della
qualità, cioè con il processo tradizionalmente definito di “comparazione”.
La frase comparativa è una frase subordinata che esprime una comparazione
rispetto ad un costituente della frase principale. Semanticamente, la comparazione
può esprimere uguaglianza o disuguaglianza generando diversi tipi di frase
comparativa.
Il processo di comparazione può stabilirsi essenzialmente in due modi:
tra due individui rispetto ad una proprietà;
tra due proprietà rispetto ad un solo individuo.
Il costituente comparato presente nella frase principale viene chiamato “primo
termine di paragone”; invece, la frase comparativa contiene, ovvero costituisce essa
stessa, il “secondo termine di paragone”.
Il secondo termine di paragone può essere realizzato con un sintagma
preposizionale la cui forma varia secondo che si tratti di comparazione di
uguaglianza o di disuguaglianza; e anche dal non essere inserito in modo evidente
nella frase. Infatti, la frase che lo contiene virtualmente resta implicita.
Quindi, l’espressione dell’intensità si organizza in base ad un certo numero di
alternative binarie che esporremo nelle pagine seguenti.
L’intensità della qualità si può esprimere:
mediante il confronto di una data unità (unità A) con un’altra (unità B)
A è più simpatico di B
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20
In questo caso viene operata una comparazione:
per mezzo del confronto del grado di intensità con un limite convenzionale;
A è assai (un po’, parecchio, ecc.) simpatico
In questo caso si ha un processo di intensificazione e non una comparazione.
Nella comparazione, l’unità A può essere comparata con una sola unità, ovvero con
più unità. Tale distinzione corrisponde, almeno in parte, alla tradizionale differenza
tra superlativo e comparativo secondo una scala a tre gradi mutuata dalla
grammatica latina e greca.
Tuttavia, adotteremo questi stessi termini, benché non del tutto adeguati, per
continuità con le grammatiche di indirizzo tradizionale.
Sia che il confronto si stabilisca fra due, o fra più di due unità, l’unità A può essere:
inclusa nel termine di comparazione (A comparato con A+B; A comparato con
N);
esclusa dal termine di comparazione (A comparato con B; A comparato con
N-A).
Quindi si possono avere i quattro casi seguenti:
A è il più forte dei due;
A è il più forte di tutti;
A è più forte di B;
A è più forte degli altri.
La comparazione può stabilire che due o più unità posseggono una qualità nella
stessa misura; oppure in misura minore l’una rispetto all’altra. In questo secondo
caso possiamo distinguere ancora la superiorità di A rispetto a B dalla sua inferiorità.
La triade tradizionale:
minoranza - uguaglianza - maggioranza
![Page 22: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/22.jpg)
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deve essere suddivisa con due alternative richieste proprio dall’aspetto formale:
1. la prima isola l’uguaglianza
A è tanto simpatico quanto B.
2. La seconda si applica anche alla non-uguaglianza
A è più (meno) simpatico di/che B.
Possiamo quindi distinguere tre gradi della comparazione:
di uguaglianza;
di superiorità;
di inferiorità.
Nella lingua quotidiana l’inferiorità è più rara della superiorità. Per esempio, si dirà
più facilmente:
Laura è più brutta di Maria
anziché:
Laura è meno bella di Maria
Tuttavia, la comparazione di inferiorità ha avuto la sua importanza nella creazione
del sistema comparativo romanzo.
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Partiamo allora da una sintesi della comparazione latina esposta nel seguente
quadro:
Superiorità: Inferiorità:
SANUS comparativo: SANIOR MINUS SANUS
superlativo: SANISSIMUS MINIME SANUS
ARDUUS comparativo: MAGIS ARDUUS MINUS ARDUUS
superlativo: MAXIME ARDUUS MINIME ARDUUS
L’innovazione romanza più notevole, rispetto all’assetto che abbiamo sintetizzato, è
la sostituzione del comparativo sintetico (sanior) con la perifrasi analitica (magis
sanus/plus sanus) e la sostituzione parallela del superlativo con le medesime due
parole precedute dall’articolo determinativo.
A questa innovazione concorrono più fattori:
tendenza generale della lingua tardo latina verso le forme analitiche;
tendenza a regolarizzare le forme eliminando le irregolarità, le alternanze,
ecc. e rendendo le forme più prevedibili;
già nel latino, il modello della comparazione analitica è quello della
comparazione di inferiorità. Questo modello era particolarmente sensibile nei
casi di coordinazione copulativa di due comparativi contrari:
plus aut minus fortis
magis aut minus bene
A giudicare dalla loro presenza nel linguaggio letterario, nel linguaggio comune
dovevano abbondare le perifrasi analitiche:
magis argutum; magis severus
plus miser; plus felix
![Page 24: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/24.jpg)
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Nel periodo di transizione le forme sintetiche coesistono con le perifrasi analitiche
che vengono però avvertite come più espressive e più affettive rispetto alle prime. In
seguito le forme sintetiche si sono svuotate probabilmente del loro significato e ciò
ha determinato delle contaminazioni come:
plus grossior, plus utilissimus
Queste forme ibride attestano che le sole forme sintetiche non sono più sufficienti. Le
stesse contaminazioni ricorrono nell’odierna comparazione italiana.
In latino /magis/ e /plus/ non erano originariamente sinonimi: maghis è anche più
antico di plus e quindi inizialmente è più frequente. Inoltre, in un primo tempo,
/magis/ era usato in tutte le terre in cui si parlava il latino: e, infatti, è presente nella
due aree laterali della Romània. Poi, nel centro, è stato soppiantato da /plus/. Alla
vigilia della tappa romanza, /magis/ e /plus/ sono diventati sinonimi e hanno la
distribuzione areale dei loro succedanei romanzi moderni:
Port. Spagn. Catal. Occit. Franc. Ital. Sard. Rum.
mais màs mes plus plus più prus mai
doce dulce dolç doux doux dolce dulke dulce
Con questa serie di sostituzioni, il comparativo di superiorità di /dolce/ (latino dulcior)
diventa /più dolce/ simmetrico a /meno dolce/ come equivalente e succedaneo di
/minus dulcis/.
Si è quindi operata una simmetria formale come riflesso di quella del contenuto.
L’equivalente italiano di /dulcissimus/ sarà /il più dolce/; e gli altri idiomi delle stesso
genere si comportano in modo analogo, come è evidenziato nello specchietto.
Vediamo che, ovunque, l’articolo determinativo ha la stessa funzione: cioè, come si
dice tradizionalmente, traspone il comparativo in superlativo. Però, la genesi del
superlativo romanzo deve essere spiegata in modo più preciso.
Tutti gli idiomi romanzi attualmente distinguono i due gradi del comparativo e del
superlativo.
Cerchiamo di capire cosa sia successo osservandola comparazione sintetica di
superiorità. Nel periodo tardolatino si verificano i seguenti fenomeni:
![Page 25: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/25.jpg)
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sostituzione di /fortior/ con /plus (magis) fortis/;
introduzione dell’ablativo di comparazione (prima funzionante da solo) con
una preposizione (in genere /de/);
sostituzione del genitivo con /de/ + ablativo (e poi con /de/ + obliquo);
cristallizzazione delle parole nominali (sostantivi, aggettivi, ecc.) in una sola
forma;
sostituzione di /quam/ con /que/;
i primi momenti della genesi dell’articolo;
cambiamenti lessicali:
/ceteri/ viene sostituito da /altri/
/omnes/ viene sostituito da /toti/
Se questi cambiamenti vengono applicati alla tabella sinottica della comparazione
latina che abbiamo riportato in precedenza, avremo il seguente risultato:
2 unità: più di 2 unità:
l’unità A è inclusa nel termine
di compl.:
MARIU EST PLUS FORTE
DE DUI
MARIU EST FORTISSIMI DE
TOTI
l’unità A è esclusa dal termine
di compl.:
MARIU EST PLUS FORTE
DE PETRO / QUE PETRO
MARIU EST PLUS FORTE
DE ALTRI / QUE ALTRI
Si crea in tal modo una ambiguità: la distinzione tra inclusione ed esclusione è
incerta. Nella frase:
Marius est plus forte de dui
non si comprende inequivocabilmente se Mario è il più forte dei due ragazzi prima
menzionati; ovvero se è più forte dei due altri ragazzi. L’ambiguità viene rimediata
grazie all’articolo determinativo che si è sviluppato nel frattempo con significato
deittico: esso punta su una unità, singolarizzandola, elevandola sopra le altre;
![Page 26: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/26.jpg)
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insomma, subentrando quando è necessario estrarre l’unità A dal termine di
comparazione in cui è inclusa.
Con l’introduzione dell’articolo il nostri esempio può essere ripresentato nel modo
seguente:
2 unità: più di 2 unità:
l’unità A è inclusa MARIU EST PLUS FORTE
DE DUI
MARIU EST ILLU
FORTISSIMU DE TOTI
l’unità A è esclusa MARIU EST PLUS FORTE
DE PETRO / QUE PETRO
MARIU EST PLUS FORTE
DE ALTRI / QUE ALTRI
Si crea allora una differenza anche formale tra:
illu plus forte de dui
plus forte de dui
Ma comincia anche a manifestarsi una bivalenza, e quindi una ambiguità,
dell’espressione analitica /illu plus forte/ senza un complemento di comparazione.
Osserviamo ora l’ultima espressione sintetica rimasta: /fortissimu/
Nell’ambito dell’evoluzione che abbiamo tracciato, la forma /fortissimus/ tende ad
essere equivalente al positivo rafforzato, soprattutto nel latino cristiano. Per cui:
/maior omnium/ appare la stessa cosa che /maximus/
Quindi anche questa forma sintetica /fortissimu/ sparisce dal sistema venendo
sotituita da /plus forte/ preceduta dall’articolo e seguita dal complemento. L’articolo
indica che A è incluso nel termine di comparazione: il complemento afferma che si
tratta di più di due unità.
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Abbiamo così i seguenti quattro casi:
Mariu est illu plus Mariu est illu plus
forte de dui forte de toti
Mariu est plus forte Mariu est plus forte
de Petro/ que Petro de altri/ que altri
Il superlativo italiano è analitico e discontinuo: consta dell’articolo, del morfema del
non-positivo e dell’aggettivo. Ma nel superlativo entra anche il complemento, come
quarta parte costitutiva. In tal senso:
Mario è il più forte
non è né comparativo, né superlativo finché manca il complemento che decide quale
delle due funzioni svolgerà
dei due (comparativo: due unità comparate)
Mario è il più forte
di tutti (superlativo: tre o più unità comparate)
Quindi, sintetizzando, la formula completa del superlativo italiano (e romanzo) è la
seguente:
2 unità: più di 2 unità:
MARIU EST ILLU PLUS FORTE DE DUI
MARIU EST ILLU FORTE DE TOTI
MARIU EST PLUS FORTE DE PETRO / QUE
PETRO
MARIU EST PLUS FORTE DE ALTRI / QUE
ALTRI
Una delle differenze tra il latino e l’italiano nonché le altre lingue romanze risulta
quindi anche dal fatto che, mentre il latino /fortissimus/ è certamente superlativo
anche in assenza del complemento, la forma /il più forte/ (le plus fort; ecc.) ha
bisogno del complemento per indicare la propria funzione.
![Page 28: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/28.jpg)
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Nella maggior parte degli idiomi neolatini, i quattro aggettivi latini bonus, malus,
magnus, parvus, conservano le forme sintetiche ad eccezione del romeno che ha
adottato in pieno le forme analitiche.
Italiano Francese Spagnolo Portoghese
MELIORE > migliore meilleur mejor melhor
PEIORE > peggiore pire peor pejor
MAIORE > maggiore maire (ant.) mayor maior
maior (mod.)
MINORE > minore moindre menor menor
E la conservazione in stato funzionante dei quattro comparativi è avvenuta perché:
i quattro aggettivi corrispondenti sono i più usati nella lingua quotidiana.
Questo li imprime stabilmente nella memoria
i comparativi di questi aggettivi hanno uno status quasi di parole autonome
rispetto ai positivi.
I superlativi consistono del comparativo preceduto dall’articolo (il migliore) ed hanno
bisogno del complemento per non essere ambigui (il migliore dei due/ il migliore di
tutti).
Le forme /ottimo/ e /pessimo/ non sono superlativi ma “elativi” (cioè hanno senso
assoluto); invece le forme /massimo/ e /minimo/ sono superlativi e non “elativi”:
massimo equivale a /il più grande/ ma non a /grandissimo/.
![Page 29: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/29.jpg)
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Così come, nelle lingue neolatine, si conservano gli aggettivi vengono allo stesso
modo conservati gli avverbi corrispondenti:
MELIUS > Ital. meglio Franc. mieux Sardo mezus
PEIUS > Ital. peggio Franc. pis Sardo peyus / peus
MAIUS > Sardo mayus
mayu
MINUS > Ital. meno Franc. moins Spag. menos Port. menos
La lingua attuale usa /più/ come morfema comparativo di superiorità; mentre come
avverbio quantitativo autonomo l’italiano usa /di più/: e questa differenza si riflette,
nel francese, tra la forma /plus/ e la forma /davatage/.
Nello spagnolo e nel portoghese, /meliore/ e /peiore/ servono anche da avverbi.
Contrariamente a quanto è avvenuto nelle lingue ibero-romanze, l’italiano può usare
/meglio/ e /peggio/ (avverbi) anche in funzione aggettivale, in forme invariabili nel
genere e nel numero:
la meglio cosa
i peggio vestiti
In questi casi si è verificata la fusione tra melior e melius; peior e peius.
Accanto ai resti della comparazione sintetica latina, permangono nei nuovi idiomi
neolatini anche le forme analitiche conformi al modello della maggior parte degli altri
aggettivi:
più buono - più cattivo - più grande - più piccolo
plus bon - plus mauvais - plus grand - plus petit
Di fronte alla coesistenza di /migliore/ e /più buono/; /peggiore/ e /più cattivo/, gli
avverbi /meglio/ e /peggio/ sono gli unici possibili.
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ESERCIZI
a) Scrivi una frase ove compaia una comparazione esprimente ‘uguaglianza’?
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Scrivi una frase ove compaia una comparazione esprimente ‘inferiorità’
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Individua le differenze che si rilevano tra il latino e l’italiano nell’ambito del
“processo di comparazione”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Scrivi una frase ove compaia una comparazione esprimente ‘superiorità’
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 31: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/31.jpg)
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4. IL SISTEMA DELLA COMPARAZIONE
Nell’italiano moderno il sistema della comparazione funziona dunque nel modo
seguente:
funzionano anche per l’italiano tutte le categorie morfosintattiche esposte
precedentemente;
l’espressione dei due gradi di intensità superiori al positivo è analitica e
discontinua nella stragrande maggioranza degli aggettivi;
la comparazione di non-uguaglianza si distingue in superiorità e inferiorità
servendosi rispettivamente del morfema /più/ e /meno/;
l’aggiunta del solo morfema /più/ e /meno/ al positivo costituisce il
comparativo senza che vi sia problema di termine di comparazione (dato da
una o più unità);
la comparazione d’inferiorità non ha forme sintetiche in nessun aggettivo; la
comparazione di superiorità contiene ancora resti delle forme sintetiche
latine;
l’aggiunta dell’articolo determinativo alla sequenza /più/ meno/ positivo non
trasforma automaticamente il comparativo in superlativo; ma la distinzione
dipende dal complemento in modo che:
Con una sola unità: si ha il comparativo (unità A inclusa nel termine di
comparazione);
Con più di una unità: si ottiene il superlativo (anche qui unità A inclusa nel termine
di comparazione).
L’articolo determinativo è riservato a quei casi in cui l’unità A è inclusa nel
termine di comparazione, sia che sia costituito da una sola unità (il più forte
dei due), sia che appaia costituito da più di una unità (il più forte di tutti)
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Diversamente dal latino, l’italiano distingue anche formalmente la comparazione
dall’intensità assoluta
più forte il più forte (di tutti)
forte
alquanto, abbastanza forte molto forte, fortissimo
Insomma, nella lingua moderna le forme in -issimo funzionano esclusivamente da
“elativi” indicando un alto grado stabilito in confronto con un certo criterio all’interno
dell’unità A stessa, e non mediante il confronto di A con B o con altre unità.
Diremo quindi:
è un bellissimo libro
questo libro è davvero bellissimo
e non:
questo libro è il bellissimo di tutti quelli che finora abbiamo letto.
La forma -issimo, di origine latina, è oggi molto popolare e viene applicata, non solo
agli aggettivi, ma anche ai sostantivi, ai nomi propri, agli avverbi, a varie locuzioni, ad
espressioni che sono diventate quasi tecniche:
campionissimo, canzonissima, finalissima, poltronissima, occasionissima
Apriamo una parentesi per segnalare che, nel trattamento dei nomi, l’intensificazione
si può ottenere anche col raddoppiamento: caffè caffè, cioè caffè vero e non un
surrogato.
L’intensificazione di un aggettivo si può ottenere:
combinandolo con un avverbio;
attraverso la ripetizione.
Una stanza molto piccola; o piccola piccola.
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È possibile accoppiare due aggettivi ottenendo coppie in ordine fisso:
bagnato fradicio, pieno zeppo, stanco morto, vecchio decrepito
Generalmente il secondo aggettivo è il più intenso, cosicché la coppia ha un
andamento ascendente.
L’intensificazione può anche essere ottenuta mediante prefissi extra-, iper-,
oltre-, stra-, super-, ultra- ecc.
con il prefisso stra- unito ad aggettivi, verbi e nomi:
stracarico, stragrande; strafare, stramaledire; stracittà e strapaese, stravizio
Allo stesso scopo serve il prefisso ultra-:
ultramoderno, ultrarapido, ultrasensibile, ultrasuono, ultravirus.
Un modo per intensificare l’aggettivo è rappresentato anche dalla ripetizione,
presente già in latino (FORTES FÛRTES, MALUS MALUS) e rimasta funzionante in
italiano (stava zitto zitto).
In generale, come abbiamo visto, gli elativi in -issimo sono destinati ad esprimere
l’intensità assoluta; cosicché il loro uso nella comparazione vera e propria si risolve
in latinismi che sono estranei alla lingua corrente.
Le forme in -issimo esistono anche nelle altre lingue neolatine che prevedono parole
proparossitone: spagnolo, portoghese, catalano; ma non francese.
Abbiamo visto, quindi, che le forme in -issimo non servono mai per la comparazione:
perciò non dovrebbero essere comprese nel relativo capitolo. In tal modo si può fare
a meno di istituire una differenza tra superlativo relativo e superlativo assoluto; e,
inoltre, eliminare l’espressione “superlativo assoluto”.
In tal senso, l’italiano ha un solo superlativo, quello che istituisce una comparazione.
Dunque, nella lingua italiana per formare:
il comparativo: si usano le forme Più e meno
il superlativo relativo (che indica il grado massimo): si usa la forma Più e meno.
![Page 34: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/34.jpg)
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Comparativo Superlativo (relativo)
bello
più bello il più bello
meno bello il meno bello
La distinzione fra comparativo, senza articolo, e superlativo relativo, con l’articolo
determinativo, è neutralizzata quando essi sono attributi di un nome con l’articolo
determinativo:
questa scatola è più grande, questa scatola è la più grande,
ecco la scatola più grande.
Più e meno si possono usare:
in maniera aggettivale;
mi piace con più zucchero; vorrei avere meno difficoltà;
in maniera avverbiale;
non ne voglio più.
Ma in:
non ne voglio di più
di più è usato in maniera pronominale, come complemento oggetto, e non avverbiale.
Le forme che seguono lo schema cui ci siamo riferiti non sono le sole ad
essere usate dagli aggettivi: vi sono infatti le altre che, come abbiamo visto,
derivano da comparativi e superlativi latini:
![Page 35: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/35.jpg)
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Comparativo Superlativo relativo Elativo
buono migliore il migliore ottimo
cattivo peggiore il peggiore pessimo
grande maggiore il maggiore massimo
piccolo minore il minore minimo
In pratica, le quattro forme sintetiche dei superlativi si formano aggiungendo l’articolo
e il complemento necessario al rispettivo comparativo sintetico
migliore
peggiore
il + + di tutti
maggiore
minore
Le forme sintetiche:
ottimo e pessimo sono soltanto elativi e non possono essere superlativi;
massimo e minimo possono fungere da superlativi, non preceduti
dall’articolo e per lo più in locuzioni cristallizzate; ma non possono fungere da
elativi.
Altre forme, come alto/basso, hanno costruzioni del tipo seguente. Invece di:
più alto, altissimo più basso; bassissimo
possiamo avere
superiore, supremo (e sommo) inferiore, minimo
![Page 36: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/36.jpg)
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Si tratta di forme non sempre intercambiabili il cui uso può dipendere dal sostantivo
cui si accompagnano.
Ricordiamo che superiore e inferiore si costruiscono con a e non con di o con che:
il suo stipendio è inferiore al tuo.
Vi sono anche altre forme latineggianti, come nel caso dei superlativi di acre,
celebre, integro:
acerrimo, celeberrimo, integerrimo.
Le frasi comparative normalmente sono costruite con il di:
è più intelligente di te
ma a volte si può usare che:
oggi c’è più vento che ieri.
Invece è indispensabile l’uso di che quando i due termini sono confrontati
direttamente:
Ugo è più furbo che intelligente
mentre ciò non avviene quando i due termini sono confrontati per mezzo di un altro
termine:
Ada è più intelligente di Ugo
Vediamo che le frasi comparative si possono costruire in molti modi:
è arrivato più presto che non mi aspettassi;
è arrivato più presto di quanto (non) mi aspettavo (o mi aspettassi);
è arrivato più presto di quello che mi aspettavo (o aspettassi).
Fra i termini correlativi che introducono la comparazione, troviamo:
così ... come; tanto ... quanto; altrettanto ... quanto; sia ... sia
![Page 37: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/37.jpg)
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Le costruzioni con il che vengono usate in contesti più familiari:
riesce tanto nella pittura quanto (o che) nella scultura
Abbiamo visto che l’elativo è incompatibile con la comparazione. Non possiamo dire,
infatti:
Maria è più bellissima delle altre ragazze
È altresì incompatibile con la precisazione numerica. Infatti, non possiamo dire:
questa torre è altissima cinquanta metri
Infatti, l’aggettivo specificante una indicazione numerica svolge solo questa funzione
e quindi è impossibile una sua intensificazione. L’indicazione numerica è possibile
solo con il comparativo poiché si precisa e quantifica la differenza tra le unità
comparate:
A è di venti kg più pesante di B
Invece la stessa quantificazione diviene impossibile con il superlativo.
A è di 20 Kg. il più pesante di tutti
Esamineremo ora l’espressione dell’uguaglianza che si distingue, formalmente e
semanticamente, dalla non-uguaglianza sia in latino che in italiano.
Per definizione, nella uguaglianza si esprime lo stesso grado che risulta proprio di
ambedue (o di tutte) le unità comparate. Quindi, sparisce così la distinzione formale
tra due o più di due unità:
Anna
Luca è tanto bravo quanto
gli altri
Così, scompare anche la distinzione fra inclusione ed esclusione di A nel termine di
comparazione: e resta possibile solo il confronto tra A e B; ovvero tra A ed N-A.
Però, può capitare che due comparativi di non-uguaglianza vengano a loro volta
comparati in un rapporto di uguaglianza secondo due modalità, secondo due diverse
![Page 38: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/38.jpg)
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strutture profonde:
Luca è tanto più bravo di Anna quanto Luigi
Luca è (di un certo grado quantificato) più bravo di Anna;
Luigi è (dello stesso grado quantificato) più bravo di Anna.
Luca è tanto più bravo di Anna quanto di Luigi
Luca è (di un certo grado quantificato) più bravo di Anna;
Luca è (dello stesso grado quantificato) più bravo di Luigi.
I segnali formali della comparazione di uguaglianza in un senso quantitativo sono le
coppie:
Latino quam ... tam; quantum ... tantum
Tardo latino quanto ... tanto
Questa forma si conserva in tutte le lingue romanze:
It. quanto ... tanto
Sp. cuanto ... tanto
Port. quanto ... tanto
Franc. ant. quant ... tant
Rum. cit ... atit
Esaminiamo, infine, i quantificatori, o intensificatori che possono esprimere diverse
sfumature dei gradi fondamentali.
L’italiano adopera, ad esempio, un solo quantificatore per il positivo, il comparativo, il
verbo. Altre lingue, invece, distinguono il positivo dagli altri due usi; mentre il latino
distingue tutti e tre gli usi.
![Page 39: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/39.jpg)
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Il quadro è il seguente:
italiano: molto forte molto più forte canta molto
francese: très fort beacoup plus fort il chante beacoup
spagnolo: muy fuerte mucho màs fuerte canta mucho
romeno: foarte tare mult mai tare cintă mult
inglese: very strong much stronger he sings much
tedesco: sehr stark viel stärker er singt viel
serbocroato: vrlo jak mnogo jači pjeva mnogo
latino: VALDE FORTIS MULTO FORTIOR MULTUM CANTAT
Risulta così che, nella maggior parte delle lingue, la quantificazione o
l’intensificazione del comparativo è assimilata a quella del verbo.
![Page 40: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/40.jpg)
39
ESERCIZI
a) Elenca le quattro forme sintetiche dei superlativi e costruisci, con ciascuna
di esse, una frase
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Presenta alcune esemplificazioni di frasi in cui la forma “issimo”
(esprimente intensità) venga applicata ai sostantivi
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Presenta una esemplificazione del processo di intensificazione che si
realizza tramite raddoppiamento
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Presenta una esemplificazione del processo di intensificazione che si
realizza tramite l’uso di prefissi
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 41: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/41.jpg)
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5. L’ESPRESSIONE DELL’IDENTITÀ
Anche il latino, come le altre lingue, possiede aggettivi che esprimono l’identità e la
non-identità.
In generale, la categoria dell’identità può essere concepita in due modi:
1. come la non-alietà (contrasto: alietà):
ad es.: lo ha detto il maestro stesso (non qualcun altro).
Il latino si serve di IPSE, IPSA, IPSUM (a cui corrisponde il ted. selbst, l’ingl. self,
himself, ecc. nel senso di ‘personalmente’)
2. come la non-diversità (contrasto: diversità):
ad es. Io ha detto lo stesso maestro che... (e non un diverso maestro).
Il latino adopera IDEM, EADEM, IDEM (corrispondente al ted. derselbe, all’ingl. the
same).
Comunque, ambedue le parole sono originariamente composti di IS, EA, ID e nel
latino sono indipendenti dalla posizione rispetto al sostantivo:
IPSE MAGISTER IDEM MAGISTER
il maestro stesso } lo stesso maestro
MAGISTER IPSE MAGISTER IDEM
Per il concetto che abbiamo definito “alietà” il latino distingue:
l’alietà fra due termini (alterità): usa ALTER;
l’alietà fra più di due termini: usa ALIUS.
Invece, nel caso della diversità servono più aggettivi del tipo:
DISPAR, DISSIMILIS, DIVERSUS, ALIUS
ALIA RATIONE AC = diversamente da.
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Nel tardo latino non si conservano, nelle funzioni originarie, né IDEM né IPSE.
IPSE è diventato il sostituto di ISTE nella funzione di dimostrativo della II persona.
Nell’italiano è anche diventato sostituente personale (esso, -a, -e).
Però, la vera ragione della scomparsa di IDEM e IPSE risiede nella componente
affettiva.
Nella lingua degli schiavi, il latino IPSE denotava il padrone; e accanto a IPSE, per
ragioni di affettività, si aveva anche il suo elativo IPSIMUS.
Inoltre, il latino usava la particella MET che era sempre enclitica e interveniva a
rafforzare i sostituenti personali:
EGOMET, MEMET, NOSMET, ILLEMET, ecc.
Nella lingua parlata i due procedimenti si combinavano e così nasceva il sintagma
ILLE METIPSIMUS (per il femm. ILLA METIPSIMA).
L’evoluzione tardolatina:
amplia notevolmente l’uso del solo ILLE, facendone il sostituente della III persona;
in seguito alla crescente avversione verso l’enclisi e il ritmo discendente si assiste
all’eliminazione delle particelle atone enclitiche, fra cui anche MET (sparito dagli
idiomi romanzi).
L’autonomia di ILLE e l’abbandono del solo MET fanno sì che il sintagma
ILLEMETIPSIMUS sia pronunciato con pausa ILLE METIPSIMUS; e poi, nel tardo
latino, ILLU METIPSIMU.
In tal modo, METIPSIMU si stacca da ILLE e diventa un blocco autonomo perdendo
progressivamente il suo significato originario.
Il risultato è:
il franc. più ant. medisme, poi mesme, oggi meme;
lo spagn. Mismo;
il port. mesmo;
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42
l’it. medesimo.
La forma medesimo non è autoctona in Italia ma è un antico prestito galloromanzo
assunto alla tappa medesime o medesme
Autoctono in Italia è la combinazione di ISTU e IPSU (/istipsu/) da cui l’italiano
stesso che manca nella Romania occidentale.
Vediamo che, per esprimere la non-identità nel senso dell’alietà, il latino popolare
aveva preferito ALTER (obl. ALTRU ad ALIUS) perché l’opposizione è più netta fra
due soli termini. Perciò negli idiomi romanzi sopravvivono pochi resti di ALIUS, tutti
fossilizzati mentre ALTRU è panromanzo:
______________________________
it. altro
friul. altri
romancio auter, oter
sardo átteru
franc. autre
occit. autre,
catal. altre
spagn. otro, port. outro
rum. alt.
_______________________________
Vediamo che ALTER in latino poteva essere correlativo di se stesso, mentre nelle
lingue romanze non ha più questa possibilità e viene adoperato UNUS:
_
![Page 44: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/44.jpg)
43
_____________________________________________________
lat. ALTER ALBUS ALTER AUTEM NIGER ERAT
italiano l’uno era bianco, l’altro nero
franc. l’un était blanc, l’autre noir
______________________________________________________
Un residuo dell’uso latino di ALTER per indicare l’alterità appare nella sua unione ai
due sostituenti NOS e VOS (spesso in opposizione):
______________________________________________________
it. noialtri voialtri
franc. nous autres - vous autres
spagn. nosotros - vosotros
(questa forma è generalizzata, per ‘noi’ e ‘voi’, nello spagnolo moderno)
______________________________________________________
In latino ALTER apparteneva alla medesima classe flessionale come ILLE:
ILLE - ILLIUS - ILLI - ILLUM - ILLO; ALTER - ALTERIUS -ALTERI - ALTERUM -
ALTERO
Poiché poteva anche funzionare da sostituente, nel tardo latino assume le stesse tre
forme casuali assunte dai dimostrativi:
_____________________________________________________
il nominativo (soggetto) in -I (ALTRI)
il dativo (compl. oggetto indiretto) in -UI (ALTRUI)
l’accusativo (compl. oggetto diretto) in -U (ALTRU)
_____________________________________________________
![Page 45: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/45.jpg)
44
L’italiano conserva tutte e tre le forme, non nelle funzioni dei tre casi ma come tre
parole distinte:
altri è solo sostituente, accordato col singolare
altrui è aggettivo, di significato fondamentalmente possessivo e opposto a
proprio (come il latino ALIENUS)
altro può essere aggettivo e sostituente
All’italiano altrui corrisponde il franc. autrui ‘idem’.
In italiano:
stesso e medesimo possono significare sia IPSE sia IDEM in funzione della loro
posizione:
lo stesso maestro / il medesimo maestro esprimono la non diversità;
il maestro stesso / il maestro medesimo esprimono ambedue la non-alietà.
Quindi, il concetto che il latino distingue mediante due parole, in italiano è distinto
con la posizione della medesima parola. Soltanto i fattori ritmici impongono talvolta di
anteporre i due aggettivi anche nel senso di non-alietà, qualora il sintagma nominale
sia relativamente lungo e a condizione che non sia possibile un significato di non-
diversità:
lo stesso Presidente della Repubblica ha dichiarato
(il Presidente della Repubblica è unico).
Normalmente, con i sostituenti personali i due aggettivi si pospongono: infatti, il
sostituente personale si può precisare nel senso della non-alietà, ma non nel senso
della non diversità. E questo perché non ci sono più ‘io’, più ‘tu’, più ‘lui’ diversi
reciprocamente.
Perciò, in italiano:
l’alietà si esprime con altro;
la diversità con più aggettivi: differente, diverso, anche dissimile, ecc.
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ESERCIZI
a) Esprimi, attraverso un esempio, il concetto di “identità”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Esprimi, attraverso un esempio, il concetto di “alietà”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Esprimi, attraverso un esempio, il concetto di “non-diversità”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Esprimi, attraverso un esempio, il concetto di “diversità”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 47: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/47.jpg)
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6. LA FUNZIONE DELL’INDEFINITO
I pronomi e aggettivi indefiniti hanno varie forme che si articolano a seconda dell’uso.
Nelle pagine seguenti tenteremo di raggrupparli secondo il significato.
Tutto, tutti: è aggettivo e pronome
ho mangiato tutta la minestra
tutti chiedono di te.
È comune l’uso rafforzato con quanto:
li ho visti tutti quanti
È usata anche la forma entrambi o ambedue:
entrambi i ragazzi/ entrambe le ragazze
ambedue i ragazzi/ ambedue le ragazze
Ogni: aggettivo invariabile solo singolare, precede il nome:
mi alzo ogni mattina alle sette
vado a Roma ogni due settimane
ogni tanto viene a trovarmi
Ognuno:
pronome e anche, ma più raro, aggettivo, solo singolare
ognuno si è comprato questo libro
ognuna delle mie colleghe ne ha preso una copia.
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Ciascuno: aggettivo e pronome, solo singolare:
ciascuno pensa a sé
ho fatto un regalo a ciascuna ragazza
ce n’erano tre per ciascuno.
Qualche: aggettivo invariabile, solo singolare. Si trova solamente con nomi
usati in maniera numerabile: cioè nomi dei quali si potrebbe usare un normale
plurale nello stesso contesto. Può solo precedere il nome:
mi dai qualche esempio;
La forma un qualche ha valore più indeterminato:
si sarà preso un qualche virus.
Con nomi non numerabili si usa un po’ di:
mi dai un po’ di latte?
Pronominalmente si può usare un poco:
me ne basta un poco
Per specificare un aggettivo normalmente si usa un po’:
è un po’ dolce.
Si noti:
vuoi un po’ di sale? (piuttosto che un poco di)
ma:
ne vorrei un altro po’ / un altro poco.
I diminutivi pochino, pochetto, pochettino possono sostituire sia poco sia un po’.
Espressioni idiomatiche:
è un poco di buono
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Alcuni: aggettivo e pronome, solo plurale; il singolare alcuno si usa solo in
espressioni negative:
ecco alcune matite
Qualcuno (più raramente qualcheduno): pronome, solo singolare
è venuto qualcuno a cercarti
In questa frase qualcuno può riferirsi a persona conosciuta o sconosciuta al parlante,
a uomo o a donna; è venuto uno, o venuta una a cercarti implica che il parlante non
conosce la persona in questione.
Lo stesso vale per forme poco cerimoniose come un tale, una tale, un tizio, una tizia
Qualcuno può anche avere valore generico:
se viene qualcuno chiamami
Qualunque, qualsiasi: aggettivi invariabili, solo con un nome singolare se lo
precedono:
qualunque/qualsiasi libro mi interessa
a qualunque tavolo ci si sieda c’è corrente.
Da notare la differenza di significato secondo la posizione:
davanti al nome indica che ci si riferisce a tutti gli oggetti in questione, uno
alla volta;
dopo il nome indica che la scelta non ha importanza: uno degli oggetti in
questione, non importa quale.
Qualunque e qualsiasi possono andare con un nome plurale se lo seguono:
prendi dei guanti qualsiasi.
Chiunque; dovunque: pronome, solo singolare, solo per esseri umani.
Per non umani si usa qualunque e il nome richiesto:
chiunque chieda di me, di’ che non ci sono;
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qualunque cosa ti dicano, non crederci;
dovunque tu stia, ti trovi male.
Per quanto riguarda chiunque, qualunque + nome, dovunque distinguiamo:
un impiego più comune in tal caso appartengono a una proposizione
dipendente, di solito al primo posto:
chiunque chieda di me, di’ che non ci sono col valore di “se qualcuno chiede di me”
un uso nella proposizione indipendente con il rafforzo di uno specifico rilievo
intonativo:
chiunque si troverebbe bene qui col valore: “tutti, ognuno senza distinzione”.
Checché e chicchessia: non sono di uso familiare nell’italiano moderno:
checché ne dica, questo vale di più;
non vuol vedere chicchessia
Le forme qualunque cosa, chiunque (nessuno in una frase negativa) sono più
comuni.
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ESERCIZI
a) Scrivi una frase in cui il termine “ognuno” è usato come aggettivo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Scrivi una frase in cui il termine “ciascuno” è usato come pronome
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Scrivi una frase in cui il termine “qualcuno” è usato come pronome
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Illustra, attraverso un esempio, alcune espressioni idiomatiche contenenti
un indefinito
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 52: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/52.jpg)
51
7. LE FORME DEL POSSESSIVO
Esamineremo ora gli aggettivi determinativi e, in particolare, il sottogruppo
possessivo.
Nel sistema latino si esprimono le seguenti categorie morfosintattiche:
la persona del possessore;
il numero del possessore;
il genere del possessore;
il numero del posseduto;
il genere del posseduto;
la funzione del posseduto (forme casuali);
il riferimento del possessivo al soggetto o meno (+/- funzione riflessiva).
Quest’ultima categoria è quella che consente la divisione delle forme dei possessivi
in due gruppi:
1) se la funzione (+/- riflessiva) è formalmente espressa: è espressa
formalmente nella III e VI persona, cioè, nelle persone dei non-interlocutori,
virtualmente assenti dal dialogo.
2) Se la funzione (+/- riflessiva) non è formalmente espressa: non è espressa
nelle altre quattro persone (I, II, IV, V persona), che sono le persone presenti
al dialogo.
Sul piano del contenuto l’opposizione fra il possessivo riflessivo e non-riflessivo è
però universale, a prescindere dalla differenza formale.
![Page 53: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/53.jpg)
52
Le categorie presentate dalle persone degli interlocutori sono rappresentate nella
tabella seguente.
Nello schema si sottolinea:
numero del possessore;
numero del posseduto;
genere del posseduto;
persona del possessore.
In generale possiamo riassumere nel modo seguente le caratteristiche del
possessivo latino:
la funzione (+/-) riflessiva è espressa solo nelle III e VI persona;
la persona del possessore è espressa dovunque;
il numero del possessore è espresso ovunque eccetto la III e la VI persona
del possessivo riflessivo;
il genere del possessore è espresso solo nella VI persona plurale del
![Page 54: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/54.jpg)
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possessore non riflessiva;
il numero del posseduto è espresso ovunque eccetto la III e VI persona non
riflessiva;
il genere e il caso del posseduto è espresso ovunque eccetto la III e VI
persona non riflessiva.
In latino, possono essere considerati come aggettivi determinativi quelli che
rappresentano serie “chiuse” in opposizione agli aggettivi qualificativi che sono
almeno teoricamente una serie “aperta”.
Osserviamo ora l’evoluzione italiana:
l’evoluzione morfosintattica delle parole nominali e la perdita del neutro
avvengono anche nei possessivi;
la cristallizzazione nell’obliquo elimina l’alternanza /noster/ nostr/ ecc.;
al posto di VESTER (obl. VESTRU), il latino popolare adopera VOSTER (obl.
VOSTRU) già vivo nel linguaggio popolare al disotto del classico VESTER.
La simmetria tra NOS/ VOS e NOSTRU/VOSTRU è talmente naturale che una forma
VOSTRU, oltre a continuare la rispettiva forma antica, poteva anche nascere e
rinascere per analogia.
La forma VOSTRU è panromanza e parallela a NOSTRU: resta anche più tardi, negli
idiomi romanzi. Alcune delle forme sono raccolte qui di seguito:
lat.: NOSTRU - VOSTRU occit.,
catal.:
nostre - vostre
it.: nostro - vostro spagn.: nuestro - vuestro
rum.: nostru - vostru …
sardo: nostru - bostru soprasilv.: nies / nos - vies / vos
friul.: n(u)estri - v(u)estri engandin.: nos / nös - vos / vös
franc.: notre - votre port.: nosso - vosso
![Page 55: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/55.jpg)
54
Le vocali toniche di TUUS e SUUS vengono dissimilate in TQU e SQU.
In seguito a tali cambiamenti, le forme dei possessivi per la I, II, IV e V persona
diventano:
la 2° persona del possessore: TUUS ~ MEUS;
il singolare del possessore: TUUS ~ VESTER;
il maschile del posseduto: TUUS ~ TUA, TUUS ~ TUUM;
il singolare del posseduto: TUUS ~ TUI.
In particolare, nelle forma della III e VI persona si perde la distinzione tra riflessivo e
non-riflessivo e nasce la differenza nel numero del possessore anche nella funzione
riflessiva.
L’abbandono della categoria del riflessivo, amplia l’uso di SUUS:
ILLUS QUOQUE FAMA SUA PERVENERANT ----- anziché FAMA EIUS
Così, SUUS può essere sia riflessivo, sia non-riflessivo: il che genera notevole
ambiguità:
______________________________________________________
il proprio figlio
AMAT SUUM FILIUM ama
il figlio altrui
il proprio figlio
AMANT SUUM FILIUM amano
il figlio altrui
______________________________________________________
Tutto ciò si conserva nei dialetti italiani e nelle due lingue iberoromanze.
L’ambiguità può permanere se l’antecedente precede:
![Page 56: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/56.jpg)
55
Mario ha sorpreso suo fratello.
Ma è impossibile se un antecedente non c’è:
suo fratello ha sorpreso Mario.
Il significato EIUS è sicuro se l’antecedente è in funzione di soggetto.
Ma, per rimediare all’ambiguità di SUUS (>SOU) c’erano diverse vie: una di esse ha
dato origine alla forma italiana.
Un tentativo di ricreare l’opposizione tra riflessivo e non-riflessivo può essere l’uso di
proprio (ama il proprio figlio), nel quale caso le altre forme possono essere riservate
per il non-riflessivo.
Però, negli idiomi romanzi vi erano altri mezzi:
Conservare la forma unica SUUS e precisare il riferimento con complementi.
Ad esempio, in spagnolo:
su de él, — de ella, — de Usted- ecc.
Un analogo uso si trova nei dialetti italiani, e anche nella lingua letteraria.
Introdurre la distinzione tra uno e più possessori anche nelle persone dei non-
interlocutori, sacrificando la distinzione tra riflessivo e non-riflessivo, ma
introducendo quella del numero dei possessori (esistente già nelle persone I,
II, IV e V). Si raggiunge così una simmetria fra tutte le forme del possessivo.
È probabile che la differenza sia stata introdotta dapprima con il genitivo
EORUM, che in seguito è stato sostituito da ILLORUM. La forma ILLORUM
(più tardi LORU o LORO) è quella stessa che servirà per la VI persona per
formare il sostituente personale. Poiché nessun’altra forma possessiva
esprimeva il genere del possessore tranne EORUM EARUM, tale distinzione
è stata abbandonata e così, anche qui, il maschile, termine non marcato dei
generi, è stato usato per entrambi i generi. Così, nessun possessivo italiano
esprime il genere del possessore.
Poi, dal tardolatino LORU o LORO proviene:
![Page 57: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/57.jpg)
56
l’italiano Ioro
il rum. e il friul. Ior
il romancio lur
il franc. Ieur
l’occit. Ior
il catal. Ilur
Perciò ILLORUM è praticamente panromanzo.
I cambiamenti nelle persone dei non-interlocutori si svolgono dunque nelle tre fasi
rappresentate nel seguente schema:
Come risulta anche dalla seguente tabella, il sistema italiano dei possessivi è assai
vicino al latino:
![Page 58: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/58.jpg)
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Le categorie espresse sono:
la persona del possessore;
il numero del possessore;
il numero del posseduto;
il genere del posseduto (tranne loro, che non esprime le ultime due
categorie).
L’italiano letterario non fa alcuna distinzione formale tra la funzione attributiva e
quella predicativa, e non distingue neppure formalmente l’aggettivo possessivo dal
sostituente possessivo. Invece, lo spagnolo. distingue la funzione attributiva dalle
altre due, e il francese tutte e tre le funzioni:
Italiano: Spagnolo: Francese:
il mio libro mi libro mon livre
questo libro è mio este libro es mìo ce livre est à moi
questo è il mio este es el mìo c’est le mien
Le forme attributive sono di regola anche atone, le altre due toniche. La riduzione del
corpo fonico delle forme atone si era verificata già in latino:
________________________________________
nom. MUS, gen. MI, dat. MO, accus. MUM ecc.
____________________________________________
Ad esempio: PATER TUS, MATER MEA
Per quanto riguarda la posizione del possessivo, il latino preferiva ]a posposizione,
cioè l’enclisi:
HUNC TIBI MATER MEA MISIT; SALUTAT TE MATER MEA
L’enclisi del possessivo si ritrova nell’enclisi del sostituente personale ed è in
relazione con il ritmo cosiddetto decrescente o regressivo del latino. L’italiano, che
![Page 59: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/59.jpg)
58
preferisce il ritmo ascendente o progressivo, evita l’enclisi in ambedue i casi, per cui
gli esempi citati suonano in italiano:
questo te lo ha mandato mia madre;
ti saluta mia madre.
L’enclisi, o piuttosto la posposizione, si conserva nei seguenti casi:
nelle esclamazioni per esprimere l’affettività:
- mamma mia! Dio mio!
in locuzioni a carattere fisso
- in casa mia, a modo mio
quando il possessivo è tonico e viene fatto risaltare
- questi sono affari suoi.
Presentiamo ora un quadro generale delle articolazioni del possessivo in italiano.
Singolare Plurale
Maschile Femminile Maschile Femminile
1 mio mia miei mie
Singolare 2 tuo tua tuoi tue
3 suo sua suoi sue
1 nostro nostra nostri nostre
Plurale 2 vostro vostra vostri vostre
3 loro loro loro loro
In italiano, gli aggettivi o i pronomi possessivi indicano:
se il possessore appartiene alla prima, seconda, o terza persona;
se il possessore è singolare o plurale;
![Page 60: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/60.jpg)
59
se il posseduto è maschile o femminile, singolare o plurale.
Infatti, si ha sempre la concordanza di genere e numero con il nome del posseduto.
Peraltro, queste categorie possono differire da lingua a lingua: per esempio in
inglese non si ha il riconoscimento del genere e del numero del posseduto.
Il possessivo di terza persona varia a seconda del genere del possessore:
il suo gatto; i suoi gatti
Uso della forma proprio.
Per evitare ambiguità si può usare proprio invece di suo quando ci si riferisce al
soggetto del verbo:
Ugo prese le proprie carte
Anche se la forma più corrente è:
Ugo prese le sue carte (dove però sue potrebbe voler dire “di qualcun altro”).
Proprio può servire anche come rafforzativo:
il suo proprio appartamento
Davanti ai possessivi si usa l’articolo determinativo:
ho perso il mio accendino, posso usare il tuo
Invece l’articolo non si usa col possessivo quando accompagna termini di parentela,
al singolare, se non sono qualificati da suffissi o aggettivi:
mia madre; nostro padre
ma:
il tuo cugino preferito
Si notino le varianti nelle costruzioni seguenti:
questa casa è mia (e non di un altro);
![Page 61: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/61.jpg)
60
questa casa è la mia (e non altre case);
questa è la mia casa (questo è il posto dove vivo);
questa è casa mia (questo è il posto dove vivo io, e non altri).
Le variabili del significato sono dettate anche dall’intonazione non marcata, con la
tonica sulla parte finale della frase.
![Page 62: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/62.jpg)
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ESERCIZI
a) Illustra con un esempio la caratteristica della “posposizione”, cioè l’enclisi
del possessivo, presente nella lingua latina
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Spiega in quali casi non viene utilizzato l’articolo col possessivo, nell’ambito
della lingua italiana
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Elenca tutti gli elementi linguistici che vengono specificati attraverso l’uso
degli aggettivi e dei pronomi possessivi (nella lingua italiana)
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Illustra le differenze che si rilevano, tra lingua italiana e lingua latina, in
riferimento all’uso del possessivo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 63: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/63.jpg)
62
8. LE FORME DEL DIMOSTRATIVO
Come abbiamo visto per i possessivi, nella lingua latina anche i tre principali
dimostrativi esprimono le tre persone a seconda che l’atto deittico da essi espresso
si diriga:
verso ciò che è vicino al locutore:
a me ---- HIC ‘questo’
al collocatore:
a te ---- ISTE ‘codesto’
ad una persona estranea al dialogo:
ad una persona che è quindi lontana sia dal locutore che dal collocatore:
lui --- ILLE ‘quello’.
Il latino conosce ancora il cosiddetto anaforico IS, EA, ID, che non compie una
funzione deittica ma serve da antecedente al relativo:
is qui ---- colui che
Dei tre dimostrativi (HIC - ISTE - ILLE) l’ultimo è il termine non marcato, e si presta
perciò ad assumere diverse altre funzioni.
I dimostrativi latini non distinguono formalmente la funzione aggettivale da quella di
sostituente:
HIC LIBER PULCHER EST ----- questo libro è bello.
Nel tardo latino si verifica uno sviluppo dei dimostrativi determinato da più fattori:
l’atto deittico crea il bisogno di precisione e di efficacia;
si manifesta la consueta evoluzione fonetica (perdita totale di /h/, caduta della
/k/ finale, caduta anche della /s/ finale). Quindi, i dimostrativi HIC e IS,
diventano inservibili nella maggioranza delle loro forme e cadono;
il dimostrativo ILLE nel latino tardo:
![Page 64: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/64.jpg)
63
- diventa il sostituente personale;
- assume la funzione di articolo.
Così ILLE diviene sovraccarico di funzioni e nasce la necessità di rafforzarlo,
semanticamente e formalmente, nella sua originaria funzione deittica.
Nel processo di cambiamento, il primo a sparire è stato IS, sostituito per un certo
periodo da HIC.
A causa della polivalenza di ILLE e del bisogno di affettività, nella lingua parlata si ha
la composizione dei dimostrativi con la particella deittica ECCE o ECCUM (>it. ecco);
e forse anche ACCU.
Nel tardolatino, il bisogno di precisione e di efficacia deittica deve essersi fatto
sentire molto tempo prima: infatti, le forme composte ECCISTE, ECCILLE si trovano
già dall’epoca di Plauto, quando IS e HIC funzionano ancora. Quindi, la scomparsa di
questi ultimi due non è la sola causa della nascita dei dimostrativi.
Vi sono comunque anche altre combinazioni (ILLE IPSE, ISTE IPSE).
In ogni caso, i dimostrativi composti sono già tardolatini e, in diverse forme derivate
da basi comuni, sono panromanzi.
In Italia i due dimostrativi oggi più usati, questo e quello, risultano dalla composizione
di ECCU con gli obliqui ISTU, ILLU.
ECCUM come particella indipendente dà l’it. ecco, che presenta certe affinità con i
verbi
Una volta scomparsi IS e HIC, le forme ISTE e ILLE (da soli, e nel linguaggio parlato
sempre più composti con le particelle deittiche) restano per un certo tempo le sole.
Così, il sistema dimostrativo sembrava ridursi dalla serie trimembre (I- II-III pers.) ad
una serie bimembre, con la sola distinzione della vicinanza (ISTE) dalla lontananza
(ILLE). Questo, in effetti, è quanto avviene oggi in francese (celui-ci/celui-là), in
romeno (acest/acel) e in alcuni altri idiomi.
Però, la riduzione non poteva essere generale, perché diversi idiomi romanzi, fra cui
l’italiano, mantengono le tre forme, in corrispondenza delle persone, come in latino.
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64
Per quel che riguarda l’Italia, la serie trimembre è stata conservata grazie
all’innovazione principale rappresentata dalla creazione di una forma nuova per la II
persona che avviene in due modi:
1. con l’inserzione di un sostituente personale della II personati o te:
dunque ECCU + TI + ISTU > codesto.
Si tratta di forme essenzialmente toscane, dunque anche letterarie.
2. Con l’uso di IPSE (obl. IPSU) sempre composto con ECCU:
da qui le forme antiche quesso, -a (oggi rimane nei dialetti centromeridionali kwissu,
kwessa)
L’uso di IPSE per il dimostrativo della II persona è anche iberoromanzo:
spagn. antico aquesse (oggi ese)
port. ant. aquesse (oggi esse).
Dunque, le principali forme del dimostrativo italiano sono in sintesi le seguenti:
1° persona (latino: HIC) ECCU + ISTU > questo
2° persona (latino: ISTE) ECCU + ISTU > codesto (in Toscana)
ECCU + IPSU > quesso ecc. (Centro-Sud)
3° persona (latino: ILLE) ECCE + ILLU > quello
Si manifesta una affinità tra i dimostrativi e i sostituenti personali a partire dalla
comune etimologia di quello e egli (lat. ILLE). Le forme sono tre, per le tre funzioni
principali:
- nominativo - soggetto esce in -I egli;
- dativo - oggetto indiretto esce in -UI lui;
- accusativo - oggetto diretto esce in -U (-o) lo
![Page 66: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/66.jpg)
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Le forme dei dimostrativi sono le seguenti:
ECCU + ISTI > questi ECCU + TI + ISTI > cotesti ECCU + ILLI > quegli
ECCU + ISTUI > costui ECCU + TI + ISTUI > cotestui ECCU + ILLUI > colui
ECCU + ISTU > questo ECCU + TI + ISTU > cotesto, ECCU + ILLI > quello
codesto
In pratica, le tre forme di ciascuno dei dimostrativi sono originariamente tre forme
casuali di una sola parola; poi, con la perdita della declinazione, le tre forme
subiscono specificazioni sintattiche e semantiche: alcune si perdono, quelle che
restano in uso diventano parole reciprocamente autonome.
Le forme:
cotesti e cotestui sono sparite;
costui è oggi per lo più peggiorativo;
colui è prevalentemente anaforico;
questi e quegli sono sostituenti (da non confondersi con il plurale di
questo, quello!).
Restano in uso questo, codesto e quello.
Nella lingua attuale non resta nulla dell’originaria funzione casuale delle triadi:
questi - costui – questo;
quegli - colui – quello.
Il parallelismo personale dimostrativo si estende al femminile:
costei, colei, ant. cotestei, secondo lei;
costoro, coloro, ant. cotestoro, secondo loro). per il plurale.
Accanto ai dimostrativi composti, l’italiano conserva anche:
ISTU -A > esto -a
![Page 67: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/67.jpg)
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esto loco selvaggio, tutta esta gente
In seguito, anche qui per aferesi (e per le stesse ragioni), nascono le forme sto, sta,
sti, ste, oggi colloquiali e familiari, ammesse nella lingua letteraria nei composti
stamane, stamattina, stanotte, stasera, stavolta, e frequenti in tutti i dialetti italiani.
Come abbiamo già detto, i dimostrativi evolvono in modo analogo in tutta la
Romania, sia nei composti sia nei semplici, nonché nelle forme casuali.
Lo possiamo osservare analizzando le forme principali degli altri idiomi:
______________________________________________________
Forme composte
spagnolo: ant. aqueste - aquese - mod. aquel,
portoghese: ant. aqueste - aquesse - mod. aquel,
sardo: kustu - kussu - kuddu,
francese: ant. cist - cil (caso retto), cest - cel (caso obliquo),
occitanico: aquest - aquel, aicel
romeno: acest - acel
___________________________________________________
Alcuni idiomi restano fermi all’opposizione binaria vicino/lontano; altri hanno serie
trimembri.
______________________________________________________
Forme semplici conservate
spagnolo: mod. este - ese
portoghese: > este - esse,
francese: ant. ist, est
occitanico: est
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romeno: ast - al
______________________________________________________
Forme casuali
francese: ant. cestui, celui; femm. cestei, celei; mod. celui (cilà)
occitanico: celui, femm. celieis
romeno: acestui, acelui; femm. acestei, acelei; plur. acestor, acelor
____________________________________________________________
Dobbiamo far notare lo stretto parallelismo fra il Sud italiano, il sardo e il dominio
iberoromanzo nell’evoluzione ulteriore dei tre dimostrativi:
Tardo latino: Ital. merid.: Spagn. ant.: Sardo:
1° ps.: ECCU + ISTU kwesto aqueste kustu
2° ps.: ECCU + IPSU kwesso aquesse kussu
3° ps.: ECCU + ILLU kwello aquel kuddu
Possiamo ora riassumere le caratteristiche dei dimostrativi italiani:
Si distinguono tre dimostrativi in corrispondenza delle tre persone.
Le forme più usate sono quelle derivate dagli originari accusativi:
questo, quello, in minore misura codesto.
Esse distinguono anche i due generi e i due numeri. In genere Costui è peggiorativo;
colui è anaforico
In questo vicino al francese, l’italiano moderno usa sempre più collegamenti di
questo e quello con i sostituenti spaziali qui, qua, lì, là.
Se il dimostrativo è in funzione aggettivale, le due parti sono staccate:
questa casa qui, quella parte lì.
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68
Ma anche:
chi è quello lì?
Se è usato come aggettivo, il dimostrativo quello si realizza in determinati allomorfi,
in accordo con l’articolo determinativo e con l’aggettivo bello.
Invece, in funzione di sostituente ha solo le quattro forme quello, -a, -e, -i.
Ciò rende possibili opposizioni del tipo:
quegli stranieri sono partiti (quegli aggettivo; stranieri nome)
quelli stranieri sono partiti (quelli sostituente; stranieri aggettivo).
In italiano abbiamo anche il sostituente dimostrativo ciò.
Questo sostituente deriva da ECCE + HOC ed è parallelo al francese (ant. co)
moderno ce.
Si tratta di uno dei pochissimi composti in Italia con ECCE al posto di ECCU.
Vediamo inoltre che:
questo e quello sono possibili sia con il tratto semantico [+umano] sia con [—
umano];
i sostituenti questi e quegli sono possibili solo con il tratto semantico
[+umano];
il sostituente ciò è limitato al tratto [—umano] e corrisponde in ciò ai neutri
latini HOC, ILLUD, ID ecc.
Poiché il neutro è scomparso, tutte e tre le categorie si accordano naturalmente col
maschile:
questo è bello [+umano];
questi è bello [+umano];
ciò è bello [—umano].
Sappiamo che l’italiano può usare anche questo e quello come sostituenti maschili.
![Page 70: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/70.jpg)
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Da ciò risulta che questo può avere più significati, come negli esempi seguenti:
aggettivo: questo libro è davvero sorprendente
sostituente maschile: questo gli ha fatto un sacco di domande,
sostituente neutro: questo è tutto quello che vi posso dare.
Per quanto riguarda quello notiamo che in determinati contesti perde il suo significato
dimostrativo per diventare variante dell’articolo.
Ad esempio:
la mia macchina è rossa, quella verde è di Mario.
Infatti sarebbe impossibile dire: la di Mario è verde.
Invece in spagnolo è possibile:
la mía es roja, la de Mario es verde
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ESERCIZI
a) Illustra le principali caratteristiche dei dimostrativi italiani
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Presenta alcune esemplificazioni relative all’uso dei “sostituenti” maschili
(questo e quello) nella lingua italiana
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Presenta alcune esemplificazioni relative all’uso dei “sostituenti”
dimostrativi nella lingua italiana
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Spiega le ragioni dello sviluppo, nel tardo latino, dell’uso dei dimostrativi
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 72: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/72.jpg)
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9. CARATTERISTICHE D’USO DEL
DIMOSTRATIVO ITALIANO
Cercheremo ora di presentare una rapida sintesi delle caratteristiche d’uso del
dimostrativo in italiano.
Il sistema del dimostrativo italiano prevedeva, fino a qualche tempo fa, tre termini
questo si riferisce alla prima persona, cioè al parlante;
codesto si riferisce alla seconda persona, cioè all’ascoltatore;
quello si riferisce alla terza persona.
Ormai codesto sta scomparendo nella lingua nazionale e viene usato in riferimento a
qualcosa di cui si sia parlato, generalmente con valore spregiativo:
codeste teorie sono inaccettabili.
L’italiano moderno ha un sistema a due termini:
questo-a si riferisce alla prima persona, cioè al parlante;
quello-a si riferisce alla seconda e terza persona (cioè a quanto non
appartiene alla prima).
Allo stesso modo, le forme:
qui, costì, lì / qua, costà, là,
sono divenute:
qui, lì / qua, là.
L’aggettivo quello ha le stesse forme dell’articolo determinativo:
quegli svedesi (nel senso di “quegli uomini svedesi”)
sono arrivati quegli svedesi di cui ti ho parlato;
Ma si usa quelli svedesi, se quelli fa funzione di pronome e svedesi di aggettivo:
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72
i registi più interessanti erano quelli svedesi.
Vi sono comunque alcune ambiguità. Ad esempio l’espressione:
quella rossa;
che può essere:
1. aggettivo dimostrativo + aggettivo sostantivato (la rossa);
2. pronome dimostrativo + aggettivo.
La forma ciò si riferisce a una frase nel suo complesso:
Il pane è caduto dal tavolo. - Ciò mi sorprende
Qui ciò si riferisce a tutto il fatto denotato dalla frase.
L’uso di questo viene preferito all’uso di quello in frasi come:
questo non è vero; questo è strano; questo è ridicolo.
E, in questo uso, l’italiano si comporta in modo diverso da altre lingue. Per esempio,
negli equivalenti di queste frasi, l’inglese usa il dimostrativo that, corrispondente a
quello. Probabilmente, nell’italiano il riferimento non è ai fatti, ma alle frasi
dell’interlocutore che sono state appena recepite dal parlante, e vengono considerate
appartenenti alla sua sfera
Forme ormai in disuso sono:
colui, colei, coloro/ costui, costei, costoro
con valore spregiativo. Invece di colui che, colei che, coloro che, quello che, si
preferisce usare chi se non occorre distinguere il genere:
chi mi ama mi segua.
In un contesto geografico, quel di significa «il territorio di»:
in quel di Firenze
stesso e medesimo.
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Sono in genere classificati con i dimostrativi. In tal caso precedono il nome:
mi ha dato lo stesso libro.
In particolare, stesso può valere anche come rafforzativo, e in tal caso segue il
nome:
Ti ha dato una copia del suo volume? - No, mi ha dato l’originale stesso.
Nel senso rafforzativo stesso non si può adoperare semplicemente per mettere in
rilievo, contrastivamente un termine: e in ciò differisce notevolmente dalle forme
equivalenti di altre lingue, per esempio da quelle inglesi con -self.
Stesso in senso rafforzativo è portatore, in italiano, di un valore simile a quello di
“perfino” o “addirittura”:
All’esame gli studenti erano agitati e gli insegnanti stessi sembravano innervositi.
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ESERCIZI
a) Illustra le trasformazioni avvenute nella lingua italiana moderna circa l’uso
del dimostrativo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Scrivi una frase utilizzando il dimostrativo “stesso” in senso rafforzativo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Scrivi una frase in cui l’aggettivo “quello” abbia la stessa funzione
dell’articolo determinativo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Presenta alcune esemplificazioni dell’uso di “quello” come pronome
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 76: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/76.jpg)
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10. L’ESPRESSIONE DELLA QUANTITÀ
La quantificazione si articola in due modi diversi:
una effettuata in base ad un criterio non considerato necessario;
una che presuppone un tale criterio.
I cosiddetti “aggettivi indefiniti” ed i “pronomi indefiniti” si organizzano intorno a
queste due scale con singoli vocaboli, che non interessano la morfosintassi bensì la
lessicologia, la semantica e l’etimologia.
Esaminiamo quindi le espressioni per i seguenti concetti che appaiono disposti lungo
l’asse quantitativo:
nessuno, nulla;
qualche;
tutto, ogni, qualsiasi.
Si tratta dunque di espressioni di quantità, o quantificatori; e ciò rende inadeguata
l’espressione: aggettivi e pronomi «indefiniti».
Inoltre, per quanto concerne la totalità, vediamo che può essere concepita in tre
modi:
totalità singolativa semplice:
- ‘ogni’, ‘ciascuno’, ‘ognuno’.
totalità singolativa concessivo-generalizzante:
- ‘qualsiasi’ ecc.
totalità complessiva:
- ‘tutto’, ‘intero’, ecc.
Queste tre modalità sono normalmente sinonime:
Ciascuno studente lo sa
![Page 77: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/77.jpg)
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Qualsiasi studente lo sa
Tutti gli studenti lo sanno.
L’espressione del grado zero si fa, in italiano, con ‘nessuno, nulla’.
In latino vi sono tre principali mezzi di espressione che sono:
NEMO - sostituente, usato solo per le persone umane (tratto [ + umano]);
NIHIL - sostituente, usato solo per oggetti inanimati ([—umano]);
NULLUS - aggettivo.
NEMO- accus. NEMINEM (originariamente composto di Nl e HOMO) si conserva
solo nelle due solite aree arcaiche (romeno nimeni, nimenea e sardo nemos) e in
alcuni dialetti italiani (tosc. nimo, nimmo).
La componente affettiva ha determinato altre creazioni, analoghe a NE + HOMO >
NEMO, cioè:
NE + IPSU + UNU > it. nessuno
NE + IPSI + UNU > it. merid. niššunu ecc. (nominativo IPSI su ILLI)
NEC + UNU > tosc. niguno; settentr. negun, negűn ecc. (nella
Peregr. Egeriae: NEC UNAM HABITATIONEM)
NE + UNU > it. ant. niuno, neuno (la vocale in iato si conserva
grazie al contatto sempre avvertito con la
congiunzione né)
Analogo è il comportamento dell’evoluzione in altri idiomi:
franc. ant. negun, neun, nun, neisun, nesun, nisun;
romeno niciun (<NEQUE + UNU);
spagnolo ninguno.
Il sostituente NIHIL, poco espressivo e già ridotto a NIL nel parlato, si serviva ormai
di perifrasi: gen. NULLIUS REI, dat. NULLI REI; abl. NULLA RE.
![Page 78: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/78.jpg)
77
Perciò, nelle lingue romanze NIHIL scompare e cede a sostituti di vario genere:
it. niente
franc. ant. neient, noient, nient
occit. neen, nien
In italiano, è meno popolare l’altra forma “nulla” che proviene dal tardolatino NULLA.
L’espressione del grado medio in italiano è effettuata con le forme ‘qualche,
alcuno’
In latino, il grado medio fra ‘nulla’ e ‘tutto’ era espresso grazie a diversi aggettivi e
sostituenti:
ALIQUIS -ID (sost.)
ALIQUI -A, -OD (aggett.)
QUIDAM, QUAEDAM, QUIDDAM (sost.)
QUODDAM (aggett.)
QUISPIAM, QUISQUAM
Sono tutte forme tutti più o meno analoghe agli odierni:
qualcuno, alcuno, taluno, un certo, ecc.
Gli altri idiomi romanzi hanno sostituito le forme latine e tardo latine con le seguenti
creazioni nuove:
L’italiano qualche è un composto di quale e che, parallelo al franc. quelque.
Questa forma è ambigenere e soltanto singolare; come funzione è soltanto aggettivo.
Il segmento /alikw/, estratto da ALIQUI, ALIQUANTUS, ALIQUOT ecc., è stato
composto con UNU: da cui ALCUNU.
![Page 79: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/79.jpg)
78
Questo porta alla formazione di:
________________________________________________________________
it. alcuno (inserito nella serie di ciascuno, nessuno, ognuno, taluno, veruno)
spagn. algun(o)
port. algum
catal. algú
occit. alcun
franc. aucun (ma con il significato negativo)
____________________________________________________________
Oggi alcuno può funzionare come aggettivo e come sostituente:
qualcuno.
Una combinazione o contaminazione dei due precedenti fornisce l’it. qualcuno, oggi
solo sostituente.
Le tre parole principali sono oggi complementari quanto al numero:
qualche e qualcuno sono possibili solo al singolare;
alcuno nel senso positivo si accorda prevalentemente col plurale.
L’it. taluno è composto di tale (aggettivo di coincidenza modale, che serve a
sostituire ciò che non si sa o non si vuole precisare) e uno.
Per esempio: un tale.
L’aggettivo/sostituente alcuno può funzionare da variante di nessuno, legata però ad
una negazione precedente:
nessuno lo sa;
ma non:
![Page 80: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/80.jpg)
79
non lo sa nessuno.
Alcuno è dunque nella lingua moderna a metà strada tra il significato primario e
quello negativo generalizzato, che è quello del francese attuale.
L’espressione del grado della totalità è compiuto, in italiano, attraverso ‘tutto, ogni,
qualsiasi’.
Per esprimere la totalità il latino si serviva di più parole:
CUNCTUS (contratto da CONIUNCTUS) accentuava la totalità dell’insieme
ed era usato soprattutto al plurale.
Questa forma non è sopravvissuta negli idiomi neolatini.
TOTUS (originariamente ‘repleto’) indicava la totalità nel senso di ‘tutto’ e
‘tutti;
OMNIS frequente nel significato di ‘tutto’ e principale termine latino per il
plurale ‘tutti’ (OMNES).
Già nel latino classico, OMNIS poteva significare anche la totalità singolativa
(italiano. ‘ogni’).
QUISQUE
Questa forma si presentava anche unita a UNUS (UNUS QUISQUE) ed era il
principale termine per la totalità singolativa (‘ogni’, ‘ciascuno’).
Per esprimere il concetto di “tutto”, il tardo latino ha generalizzato TOTUS, con la
variante affettiva TOTTUS, da cui discendono:
il sardo tottu
l’it. tutto
il romancio tout
il franc. tout
l’occit. e il catal. tot
![Page 81: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/81.jpg)
80
L’aggettivo TOTU (TOTTU) si è spostato dunque dal significato ‘repleto, intero’ a
quello di ‘tutto’, spingendo OMNIS a spostarsi a sua volta dal significato di ‘tutto’ a
quello di ‘ogni’. Negli altri idiomi romanzi si è perduto ed è stato sostituito da
QUISQUE e dai suoi composti.
OMNIS è adesso limitato all’espressione della totalità singolativa.
La seguente tabella riassume e spiega le successive tappe
Prima fase: Seconda fase: Italiano:
(INTEGER)
“intero, repleto” TOTUS INTEGRU intero
“tutto” TOTUS TOTTU tutto
OMNIS
“tutti” OMNES TOTTI tutti
“ogni” QUISQUE QUISQUE e
composti ecc.
ciascuno
OMNIS Italia: OMNE ogni
![Page 82: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/82.jpg)
81
ESERCIZI
a) Illustra, attraverso alcune esemplificazioni, le diverse possibilità di impiego
dei così detti “quantificatori”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Scrivi una frase contenente almeno due aggettivi indefiniti
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Presenta alcune esemplificazioni della così detta “totalità singolativa
semplice”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Presenta alcune esemplificazioni della cosiddetta “totalità singolativa
concessivo-generalizzante”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 83: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/83.jpg)
82
11. LA QUANTIFICAZIONE IN TERMINI
MATEMATICI: I “NUMERALI”
I numerali hanno la funzione di determinanti di un tipo particolare in quanto
esprimono la quantificazione in termini di categorie matematiche.
In primo luogo si deve distinguere:
numerali funzionanti come aggettivi sono quantificatori di sostantivi;
numerali funzionanti come avverbi sono quantificatori di verbi.
Un’altra classificazione distingue:
l’espressione della quantità;
numerali cardinali;
l’espressione dell’ordine;
numerali ordinali.
Nella trasformazione romanza si modifica l’espressione della distribuzione: mentre
nel latino vi sono i numerali “distributivi”, che indicano una distribuzione per quantità
identiche (deni-ae-a), l’italiano esprime tale carattere attraverso perifrasi(a dieci a
dieci; dieci per volta).
Gli idiomi romanzi hanno elaborato invece i numeri cardinali “approssimativi” (una
ventina di lire) che in latino non esistono e che però non possono essere usati:
con le quantità molto elevate (un miliardo di lire = non può tradursi in una
miliardina di lire);
con le indicazioni numeriche precise (153 soldati non una
centocinquantatreina di soldati);
con la funzione dell’indicazione quantitativa ordinale alla quale si affida
l’espressione della posizione precisa di un insieme ordinato (il corridore si è
classificato al decimo posto e non al decinesimo posto).
Un particolare tipo di indicazioni numeriche sono quelle che aggiungono alla quantità
![Page 84: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/84.jpg)
83
la totalità che esaurisce le parti componenti. I numerali di questo tipo sono preceduti
sempre dall’articolo determinativo perché sono implicitamente attualizzati. Diciamo:
entrambi tutti e tre
ambedue gli studenti tutti e quattro gli studenti
tutti e due x
Le indicazioni numeriche esaustive sono possibili da “due” in su.
La componente della totalità esaustiva si esprime per tutti i numerali con:
tutti e
per “due” si usano anche ambo e entrambi che derivano dal latino ambo e inter
ambos.
Gli esempi possibili sono riportati nella seguente tabella:
entrambi tutti e tre
ambedue gli studenti tutti e quattro gli studenti
tutti e due x
Dalla seguente lista di numeri cardinali e ordinali si possono formare tutti gli altri
numeri. Ricordiamo che nella notazione si usano i punti per separare le migliaia; le
virgole per separare gli interi dai decimali.
Cardinali
1 uno; 2 due; 3 tre; 4 quattro; 5 cinque; 6 sei; 7 sette; 8 otto; 9 nove; 1O dieci; 11 undici; 12
dodici; 13 tredici; 14 quattordici; 15 quindici; 16 sedici; 17 diciassette; 18 diciotto; 19
diciannove; 20 venti; 21 ventuno; 22 ventidue; 28 ventotto; 30 trenta; 31 trentuno; 32
trentadue; 38 trentotto; 40 quaranta; 50 cinquanta; 60 sessanta; 70 settanta; 80 ottanta; 90
novanta; 100 cento; 101 centouno o cento e uno; 108 cento otto; 180 centottanta; 200
duecento; 300 trecento; 1000 mille; 1001 mille (e) uno; 1002 milledue; 1003 milletrè; 1008
milleotto: 1110 millecentodieci; 1.000.001 un milione e uno; 2.000.000 due milioni;
1.000.000.000 un miliardo; 2.000.000.000 due miliardi.
![Page 85: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/85.jpg)
84
I termini bilione, trilione, quadrilione rientrano in una convenzione internazionale per
indicare rispettivamente:
un milione di milioni;
un milione di bilioni;
un milione di trilioni.
Ma possono anche essere usati con il valore di:
un miliardo;
mille miliardi;
un milione di miliardi.
Come abbiamo visto, i numeri cardinali approssimativi sono creazioni recenti della
fase romanza e hanno caratteristiche sintattiche identiche a quelle dei numerali
cardinali elevati.
L’italiano conosce due forme principali che escono in -ina e in -ena
Il punto di partenza è il francese dozaine, imitato da varie lingue europee:
it. dozzina;
spagn. docina;
port. duzia;
ingl. dozen;
ted. dutzend.
In italiano questo modello ha prodotto altri esempi similari: quindicina, decina,
ventina.
Da “mille”, con il suffisso -aio, si forma “migliaio”. Mentre, per “cento”, si forma
“centinaio” come imitazione del francese centaine più il suffisso -aio di migliaio.
Se si trovano assieme più numeri, essi devono appartenere alla stessa categoria:
tutti approssimativi o tutti non approssimativi.
![Page 86: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/86.jpg)
85
I numeri ordinali sono aggettivi con le quattro desinenze regolari in -o; -a; -e; -i
Nella notazione degli ordinali si usano normalmente le cifre romane; oppure le cifre
arabe con in esponente la desinenza dell’ordinale (II ovvero 2°)
I primo; II secondo; III terzo; IV quarto; V quinto; VI sesto; VII settimo; VIII ottavo; IX
nono; X decimo; XI undicesimo; XII dodicesimo; XIII tredicesimo; XVII
diciassettesimo; XXI ventunesimo; XXIII ventitreesimo
In generale notiamo che:
uno ha anche la forma del femminile una.
Si comporta come l’articolo indeterminativo anche se ha una diversa funzione
tutti i numerali cardinali, tranne uno, vanno con nomi plurali;
la costruzione di milione e miliardo è:
- di + plurale:
un milione di lire
- forme più rare:
undicesimo e dodicesimo.
Possono essere sostituiti dai latinismi:
undecimo e duodecimo
o anche:
decimoprimo, decimosecondo.
Usate anche con i nomi di papi e re:
Luigi XII (dodicesimo, o decimosecondo).
Giovanni XXIII (ventitreesimo o ventesimoterzo, o vigesimo terzo.
nell’uso comune i secoli, dal tredicesimo in poi, sono chiamati non di rado:
![Page 87: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/87.jpg)
86
il Duecento = il secolo tredicesimo
il Trecento = il secolo quattordicesimo.
E vengono scritti in cifre:
il ‘200, il ‘300.
Per quanto riguarda le date, il giorno del mese (tranne il primo che si indica
coll’ordinale: il primo marzo) è indicato con numerali cardinali:
Quanti ne abbiamo ? È il tre
L’ora si indica in riferimento alla suddivisione in due cicli di 12 ore. Ma si trovano
anche indicazioni secondo un unico ciclo di 24 ore:
è l’una; è mezzanotte; è mezzogiorno; è la mezza (mezzogiorno e mezza);
sono le due; sono le tre e cinque;
sono le quattro e un quarto / le quattro e quindici;
sono le cinque e mezzo/ mezza/ le cinque e trenta;
sono le sei e quarantacinque / le sei e tre quarti;
le sette e cinquantacinque.
Dopo i primi trenta minuti di ogni ora, si può anche usare:
(sono) le otto meno venti / (mancano) venti alle otto;
(sono) le nove meno un quarto / (manca) un quarto alle nove
La forma mezzo può essere usata come invariabile; invece la forma mezza concorda
con un sottinteso ora.
Ma mezzo ha anche altri usi come:
una mezz’ora nel senso di “circa mezzora”;
due mezze porzioni di riso;
![Page 88: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/88.jpg)
87
patate mezze sbucciate;
era mezza morta;
mezzo e mezzo nel senso di “così così”;
facciamo mezzo e mezzo nel senso di una spartizione a metà.
Nella lingua commerciale mezzo è scritto a volte come 1/2, non solo quando significa
“metà”, ma anche quando vale “maniera” o “strumento”:
maglietta 1/2 maniche (da leggere mezze maniche);
spedito a 1/2 posta (da leggere a mezzo posta).
Da notare le costruzioni con in del tipo:
siamo in due, vi siete messi in tre, sono arrivate in quattro.
E anche, limitate agli esseri umani, per indicare un’associazione non casuale degli
individui in questione:
essere in molti in pochi, in quanti siete?
Numerali indefiniti:
un paio; una decina; una dozzina; una quindicina; una ventina.; una novantina; un centinaio;
due centinaia; un migliaio; due migliaia, ecc.
Queste forme possono avere un valore indefinito, oppure preciso: una dozzina può
voler dire “circa dodici”, oppure “un insieme esatto di dodici unità.”
Questi numerali si costruiscono con di:
ci sarà stata / ci saranno state una ventina di persone;
ci saranno state un venti persone;
ci saranno state sulle venti persone;
c’erano alcune centinaia di studenti.
Con riferimento all’età possiamo trovare:
![Page 89: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/89.jpg)
88
è sulla trentina (ha circa trent’anni);
si avvicina alla quarantina (si avvicina ai quarant’anni»).
![Page 90: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/90.jpg)
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ESERCIZI
a) Presenta alcuni esempi di numerali cardinali “approssimativi” utilizzati dalle
lingue romanze
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Presenta alcuni esempi di numerali “indefiniti “
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Scrivi almeno cinque esempi di numerali “cardinali”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Scrivi almeno cinque esempi di numerali “ordinali”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 91: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/91.jpg)
90
12. IL SINTAGMA AVVERBIALE
Nel latino, come nell’italiano, gli avverbi sono determinanti del verbo che risultano
dalla trasposizione dell’aggettivo corrispondente
Petrus est audax in pugna ------- Petrus pugnat audaciter
Il saluto di Luca è gentile ------- Luca saluta gentilmente
Definiamo quindi “avverbi” solo le forme che derivano dalla trasformazione di
aggettivi; mentre lasciamo, per ora, da parte i quantificatori ed i sostituenti lessicali.
Tra gli avverbi derivati da trasformazione di aggettivi distinguiamo inoltre:
avverbi performativi: determinano il componente performativo di tutta la frase.
Paolo dorme probabilmente = è probabile che Paolo dorma.
avverbi non-performativi: determinano solo il verbo.
Paolo dorme tranquillamente = è certo che Paolo dorme in modo tranquillo
Tuttavia, la trasposizione da aggettivo ad avverbio si è profondamente modificata
nelle lingue romanze poiché in tutti gli idiomi sono stati introdotti procedimenti diversi
da quelli del latino.
Ubbidendo alla tendenza generale verso la perifrasi, il latino parlato introduce la
perifrasi anche nell’espressione degli avverbi. La perifrasi è costituita da:
un sostantivo che significa “modo, maniera”;
un aggettivo da trasporre.
All’inizio ambedue le componenti sono all’ablativo e conservano l’ordine latino:
aggettivo -------- sostantivo
Possiamo osservare due diverse perifrasi cronologicamente distinte:
aggettivo + sostantivo modus
Es.: lento modo (lentamente).
![Page 92: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/92.jpg)
91
aggettivo + sostantivo mens (ablativo: mente)
Es.: lenta mente (lentamente)
Nell’italiano e nel francese, all’inizio del periodo romanzo, le due parti non sono più
autonome ed è già avvenuta la grammaticalizzazione con la perdita dell’originario
contenuto semantico. Invece, nelle altre lingue /mente/ non è ancora del tutto
grammaticalizzato.
Le lingue ibero-romanze conservano l’autonomia fino ad oggi e /mente/ vi si
aggiunge solo alla fine di una serie di aggettivi da trasporre, tutti al femminile:
franca y valerosamente francamente e coraggiosamente
Così, queste forme sono un esempio di ritorno dall’analiticità alla sinteticità: analitici
nel tardo latino e nelle prime fasi romanze, esse sono ridiventate sintetiche come lo
erano gli avverbi latini.
Però, alcuni avverbi latini sintetici si sono conservati. È il caso di:
bene: sopravvive in tutto il mondo romanzo forse per la sua grande
frequenza;
male: sopravvive in modo esteso;
longe: in italiano /lunge/ e nel francese /loin/;
tarde: in italiano /tardi/ e in francese /tard/.
Dunque, in italiano, gli avverbi si formano aggiungendo -mente al femminile
singolare dell’aggettivo:
certamente, lentamente, rapidamente.
Ma, se l’aggettivo finisce in -le o -re, la -e cade davanti a -mente:
facilmente, gentilmente, benevolmente.
Generalmente si evita di riferire un avverbio in -mente a un altro avverbio in -mente:
correva in maniera straordinariamente veloce (non si dice: straordinariamente velocemente).
![Page 93: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/93.jpg)
92
Un avverbio assume talora la forma:
- dell’aggettivo maschile:
parla piano; abitiamo vicino
- dell’aggettivo maschile preceduto da /di/:
di nuovo, di recente.
Molti avverbi di tempo e di luogo non hanno rapporti con aggettivi:
adesso, oggi, qua, li.
Anche gli avverbi esprimono l’intensità, sia in modo relativo (comparazione) che in
modo assoluto. Le norme sono le stesse degli aggettivi.
Così, gli avverbi hanno forme comparative e superlative parallele a quelle degli
aggettivi:
glielo ha detto gentilmente; glielo ha detto più gentilmente; glielo ha detto molto gentilmente.
Si manifesta anche una equivalenza tra:
- il superlativo relativo seguito da possibile
glielo ha detto il più gentilmente possibile
- il comparativo seguito da che più la forma del verbo potere:
glielo ha detto più gentilmente che poteva.
Le forme relative a bene e male hanno forme che derivano da comparativi e
superlativi latini:
bene, meglio, il meglio possibile, ottimamente;
male, peggio, il peggio possibile, pessimamente.
A volte si usano aggettivi al posto di avverbi:
parlava tranquilla (per tranquillamente)
![Page 94: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/94.jpg)
93
camminavano svelti
La posizione dell’avverbio rispetto al verbo è meno fissa di quella dell’aggettivo
rispetto al sostantivo. In latino, l’avverbio tende all’anteposizione (bene fecisti
quod...); mentre l’italiano tende a posporre l’avverbio seguendo l’ordine romanzo
generale:
ha fatto molto bene
Tuttavia, tra le due forme (avverbio comune/avverbio performativo) vediamo che la
forma più libera è l’avverbio performativo:
ha eseguito il pezzo bene e sicuramente
dove sicuramente (con sicurezza) qualifica il verbo.
![Page 95: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/95.jpg)
94
ESERCIZI
a)Esprimi una definizione di “avverbio performativo”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Esprimi una definizione di “avverbio non performativo”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Evidenzia, attraverso alcuni esempi, i casi in cui un avverbio assume la
funzione di aggettivo
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Scrivi una frase in cui siano presenti avverbi esprimenti “intensità”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 96: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/96.jpg)
95
13. I SOSTITUENTI PERSONALI
Useremo l’espressione “sostituenti personali” per indicare le parole che sostituiscono
altre parole nelle loro funzioni. In questo caso si tratta di parole che sostituiscono il
sostantivo nelle sue diverse funzioni (casi): si tratta quindi di parole variabili.
Vediamo infatti che i sostituenti personali sono la sola categoria di parole nominali
che hanno conservato una flessione
Ad esempio: il latino presenta quattro sostituenti personali per le quattro persone
degli interlocutori (ego, tu, nos, vos); mentre, là dove le lingue attuali usano i
sostituenti di 3° e 6° persona (egli, esso, essa, essi, ecc.) il latino ripete il sostantivo
o adopera il solo verbo o ancora si serve del dimostrativo “ille” o dell’anaforico “is”.
Proprio dal dimostrativo “ille” nasce così la maggior parte delle forme dei sostituenti
personali romanzi per la 3° e la 6° persona.
Il quadro delle forme dei sostituenti è il seguente:
nel passaggio dal latino alle lingue romanze, si verificano alcuni fenomeni
importanti anche nel dominio dei sostituenti personali.
Si ha un’evoluzione delle forme toniche per le persone degli interlocutori che investe
l’aspetto morfologico:
a partire dal VI secolo, /ego/ si riduce ad /eo/. In seguito diviene /io/ nel
toscano;
/tu/ resta /tu/;
/nos/ e /vos/ subiscono solo l’evoluzione della /s/ finale in /y/.
Gli accusativi e gli ablativi che sono /me/; /te/; /nobis/; /vobis/ vengono sostituiti
![Page 97: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/97.jpg)
96
dalla forma generale invariabile /nos/ e /vos/ introdotta dalle preposizioni.
Il tardo latino presenta probabilmente le forme seguenti:
EO - DI ME - A ME - ME - CON ME ecc.
TU - DI TE - A TE - TE - CON TE ecc.
NOS - DE NOS - A NOS - NOS - CON NOS ecc. (nella Romània orientale
VOS - DE VOS - A VOS - VOS - CON VOS ecc. forse già NOI, VOI)
Seguiremo ora l’evoluzione delle forme usate per i non-interlocutori.
La forma /ille/ tende a diventare sempre più un sostituente personale sulla base delle
evoluzioni illustrate dalla seguente tabella
Nomin.: Gen.: Dat.: Accus.:
masch. sing.: ILLI ILLUIUS ILLUI, LUI ILLU, LU, LO
ILLE (Ib.) ILLI
masch. plur.: ILLI ILLORU, LORU ILLORU, LORU ILLI, LI
ILLOS (Ib.) ILLIS ILLOS, LOS
femm. sing.: ILLA ILLEIUS ILLEI, LEI ILLA, LA
ILLE (<-AE)
femm. plur.: ILLE / ILLAS ILLORU, LORU ILLORU, LORU ILLE, LE / ILLAS,
LAS
ILLAS (Ib.) ILLIS ILLAS (Ib.)
Riassumendo, possiamo dire che i sostituenti personali dell’italiano moderno sono
strutturati nel modo seguente:
vengono usate sei persone (io; tu; egli; noi; voi; essi);
i sostituenti per gli interlocutori si oppongono in base alla categoria della
persona (1°/2°)incrociata con la categoria dell’esclusione/inclusione;
![Page 98: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/98.jpg)
97
la categoria del numero ha un rilievo solo per i non-interlocutori (3°/6°
persona);
il genere è espresso solo nelle forme per i non-interlocutori, là dove non è
dato dalla situazione.
Ma anche qui, non viene espresso per tutte le diverse forme la funzione è espressa:
per le forme toniche, con le preposizioni;
per le forme atone vengono distinti il soggetto, l’oggetto diretto e l’oggetto
indiretto. Queste ultime due funzioni presentano sincretismi in /mi/, /ci/, /ti/,
/vi/.
Il maschile singolare è l’unica forma che distingue formalmente la categoria +umano
dalla categoria -umano usando le forme /egli/; /esso/.
La distinzione tra serie tonica e serie atona viene attualmente espressa nelle funzioni
di non-soggetto. Per la funzione di soggetto si sta elaborando una analoga
distinzione tra:
egli; essa (atoni);
lui; lei (sempre più usati anche come soggetto).
Nella lingua attuale il femminile è solo /essa/ (plurale /esse/) in quanto le forme /ella/
e /lei/ sono riservati alle formule di cortesia.
![Page 99: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/99.jpg)
98
Lo schema generale dell’uso attuale nell’italiano può essere il seguente:
SINGOLARE
1° persona io di me a me, mi me, mi per me (ecc.)
2° persona tu di te a te, ti te, ti per te (ecc.)
3°persona
maschile
egli, lui,
esso
di lui,
di sé
a lui, gli,
a sé, si
lui, lo,
sé, si
per lui,
per sé (ecc.)
femminile
(ella), lei,
essa
di lei,
di sé
a lei, le,
a sé, si
lei, la,
sé, si
per lei,
per sé (ecc.)
PLURALE
1° persona noi di noi a noi, ci noi, ci per noi (ecc.)
2° persona voi di voi a voi, vi voi, vi per voi (ecc.)
3° persona
maschile
loro,
essi
di loro,
di sé
a loro,
a sé, si
loro, li,
sé, si
per loro,
per sé (ecc.)
femminile
loro,
esse
di loro,
di sé
a loro,
a sé, si
loro, le,
sé, si
per loro,
per sé (ecc.)
Come anche altre lingue, anche l’italiano può unire in un solo blocco due (o anche
tre) sostituenti atoni: in tali casi, uno dei sostituenti è al dativo e l’altro (nella terza
persona) è all’accusativo.
L’ordine è quello utilizzato nel seguente esempio:
egli me lo manda
Il posto dell’accusativo può anche essere occupato dal pro-complemento /ne/
sempre nello stesso ordine.
![Page 100: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/100.jpg)
99
I casi di accoppiamento più frequenti sono i seguenti:
1° membro 2° membro
mi, ti, ci, vi, gli, le, si lo, la, li, le, ne
Poiché la forma /loro/ non si unisce ad altre forme e si trova posposto al verbo, la
distinzione tra forma tonica e atona è data unicamente dalla presenza/assenza della
preposizione /a/:
forma atona: lo dico loro (esempio: glielo dico)
forma tonica: lo dico a loro (esempio: lo dico a lui)
Simili collegamenti esistono anche nelle altre lingue romanze:
francese il me le donne
spagnolo él me lo da
portoghese ele m’o da
rumeno el mi-l da
Le forme del riflessivo (puer se lavat) in latino sono riservate ai non-interlocutori;
mentre per i locutori si usano i sostituenti personali:
______________________________________________
LAVO ME LAVAMUS NOS
LAVAS TE LAVATIS VOS
LAVAT SE LAVANT SE
______________________________________________
Le proprietà del riflessivo sono collegate, in latino, all’assenza dei verbi unicamente
riflessivi che rappresenta una categoria nuova ed autonoma del sistema verbale
romanzo.
![Page 101: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/101.jpg)
100
Così, le forme del riflessivo seguono anche esse, nel romanzo, l’evoluzione dei
sostituenti personali:
/se/ tonico origina /se/
/se/ atono origina /si/
Il sostituente riflessivo romanzo si limita al solo rapporto veramente riflessivo:
esprime cioè l’azione eseguita dal soggetto su se stesso. Così, nell’area romanza, il
riflessivo si riferirà solo al soggetto della stessa frase; mentre, per il rinvio al soggetto
della frase matrice, subentra il sostituente personale.
In tal modo la categoria del verbo riflessivo si crea un’espressione propria distinta
dalle altre e non ambigua.
E veniamo alla determinazione della posizione: in area neolatina, i sostituenti tonici
sono relativamente liberi mentre gli atoni sono immediatamente accanto al verbo.
Vediamo che il raggruppamento dei sostituenti atoni attorno al verbo rappresenta
una caratteristica romanza generale che deriva dalla perdita di autonomia della
parola cui abbiamo già fatto ampiamente riferimento.
Osserviamo l’evoluzione di enclisi e proclisi del sostituente nella trasformazione del
latino verso le lingue romanze.
La distribuzione delle due posizioni, enclitica e proclitica, è regolata dal principio che
ispira il ritmo dell’enunciato: la proposizione non può cominciare con una parola
atona. Di conseguenza, il sostituente atono deve stare dopo la prima parola tonica.
All’origine si danno perciò due casi:
se la prima parola è una forma verbale, il sostituente segue immediatamente
ed è enclitico del verbo;
se la prima parola non è una forma verbale, il sostituente è enclitico di essa;
inoltre una forma verbale deve seguire a sua volta immediatamente in
omaggio al principio del raggruppamento dei sostituenti atoni attorno al verbo.
Il sostituente sta prima del verbo ma non per questo è proclitico del verbo: esso è
invece enclitico della parola che lo precede, come in:
![Page 102: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/102.jpg)
101
Quando ti incontro.
Questo principio si inquadra nella norma del ritmo decrescente latino. Ma, quando
questo viene sostituito dal ritmo crescente romanzo, il sostituente da enclitico diviene
proclitico, acquistando anche la possibilità di aprire la frase come in:
Ti vedo.
Quindi, l’italiano moderno usa il proclitico e conserva l’enclisi in alcuni casi:
con l’infinito (senza salutarmi); con il gerundio (incontrandolo); con
l’imperativo (parlami); con il participio passato (vedutolo, lo riconobbe);
con ecco, assimilato ad un verbo (eccolo);
nella lingua pubblicitaria (affittasi, cercasi, ecc.)
Facciamo ora un confronto tra l’italiano e le altre lingue romanze occidentali.
Vediamo che l’italiano si colloca tra due estremi:
il francese non conosce più l’enclisi;
le lingue iberoromanze conservano in larga misura l’enclisi
soprattutto il portoghese
Francese: Italiano: Spagnolo: Portoghese:
il s’appelle X si chiama X se liama X chama-se X
habillez-vous! si vesta! i vìstase! vìstase!
donne-moi! dammi! idame! dame!
vend-òe! vendilo! ivèndelo! vende-O!
en la voyant vendendolo viéndolo vendo-O
![Page 103: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/103.jpg)
102
ESERCIZI
a) Esprimi una definizione dell’espressione “sostituenti personali”
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
b) Elenca i quattro “sostituenti personali” utilizzati nella lingua latina
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
c) Elenca i principali “sostituenti personali” utilizzati nella lingua italiana
moderna
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
d) Illustra le caratteristiche più significative dei “sostituenti personali”
dell’italiano moderno
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
![Page 104: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/104.jpg)
103
14. I SOSTITUENTI PERSONALI:
CARATTERISTICHE D’USO
Passiamo ora ad esaminare alcune caratteristiche generali dell’uso dei sostituenti
personali.
Le forme del soggetto vengono generalmente omesse:
ho aperto la porta
Le forme del soggetto compaiono solo quando devono avere un rilievo particolare,
oppure se sono usate in contrasto con soggetti diversi, o ancora se occorre
specificare chi è il soggetto:
mi ha autorizzato lei;
io vado, e tu?
mi chiese che cosa tu volessi.
Il sostituente personale si usa spesso in una proposizione coordinata, se il soggetto
non è stato nominato in una proposizione precedente:
cominciò a piovere e lui chiuse la finestra
In italiano, quando i sostituenti personali (o pronomi e nomi propri) sono coordinati, il
loro ordine è libero a differenza di quanto avviene ad esempio nell’inglese).
Ricordiamo che, dopo e, la forma te è più comune di tu:
tu e io; io e te; tu e lui; lui e te.
I sostituenti di terza persona usati più comunemente sono:
lui, lei, loro.
Sono usati nella lingua letteraria (e in quella parlata formale).
La forma dell’allocutivo, usata per rivolgersi in modo cortese a qualcuno è lei. Ma,
nella scrittura si può usare la maiuscola, Lei, come forma di rispetto, o per evitare
l’ambiguità con il normale uso non allocutivo della terza persona.
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104
L’equivalente plurale loro (o Loro) è più elevato, e tende a essere sostituito da voi.
Ella è una forma più elevata di lei.
La forma lei è originariamente una forma femminile. Tuttavia, se la persona cui ci si
rivolge è un uomo, eventuali aggettivi o participi passati hanno normalmente una
concordanza maschile:
Lei e sicuro di venire?
Invece, con ella, si ha l’uso più formale della concordanza per genere:
Ella è stata convocata.
Al plurale, la forma loro ha concordanza maschile quando ci si rivolge a uomini (loro
sono invitati ad uscire), e femminile quando ci si rivolge a donne (loro sono invitate).
In italiano si usa normalmente un altro allocutivo singolare di cortesia: “voi”.
La concordanza è plurale col verbo, e singolare con participi o aggettivi:
voi non siete stato invitato.
Rivolgendosi a più persone la concordanza è tutta plurale:
voi non siete stati invitati
L’uso di /voi/ sta diminuendo: quindi, per chi apprende la lingua italiana come
seconda è più opportuno limitarsi a:
lei per i conoscenti;
tu per amici e colleghi.
In italiano, l’uso del “tu” corrisponde, come indice di familiarità, all’uso del prenome in
inglese. Tuttavia, in italiano è possibile usare:
il tu con il cognome;
il lei con il prenome.
Ciò accade generalmente, in un rapporto “dall’alto in basso” per età, rango, ecc.
![Page 106: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/106.jpg)
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L’uso del lei serve a tenere le distanze; tanto più il lei con il prenome accompagnato
da signor / signora
Le forme che svolgono funzione di complemento oggetto accentate si usano quando
si deve conferire al sostituente personale un rilievo particolare; o quando si vuole
mettere in contrasto una forma di sostituente con altre forme di sostituenti:
invito te, non lui
Ciò avviene anche dopo come, tranne, e nelle esclamazioni:
come me; tranne te; povero me!.
La forma “esso” non si usa come complemento oggetto. A questo scopo si ricorre
invece a una forma di sostituente personale non accentata; o a una forma che non
sia un sostituente personale.
Invece, con referente umano, abbiamo:
ha visto Ugo;
l’ha visto;
ha visto non solo lui ma anche Ada.
Con referente non umano abbiamo
- ha perso il portafoglio;
- l’ha perso;
- ha perso non solo quello (e non esso) ma anche le chiavi.
Le forme di complemento indiretto accentate si usano dopo preposizione:
esco con lui; parlo di te.
La forma Ella non viene usata come forma di complemento indiretto: si preferisce
usare lei:
per lei, a lei
![Page 107: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/107.jpg)
106
Per quanto riguarda la terza persona, si distingue nettamente fra:
forme con lui, loro riferite a persone:
rivolgiamoci a loro.
forme con esso, essi (ma il livello è più elevato):
rivolgiamoci a essi.
Per la terza persona si usa sistematicamente la distinzione fra:
le forme riflessive, quando l’oggetto ha lo stesso referente del soggetto:
lo fa per sé
le forme non riflessive:
lo fa per lui (dove lui non si riferisce al soggetto di fa).
Le forme non accentate precedono il verbo:
ti vedo; lo compro; ti sta scrivendo; gli parlo.
Lo può avere un valore neutro e riferirsi a tutta una frase:
E arrivato. - Non lo sapevo.
Lo si può usare anche in costruzioni come:
Il gelato è buono? Si, lo è
La viene usato con valore neutro in espressioni come:
la sa lunga; se la vede brutta; se la fa; se la sente; me la paghi, ecc.
L’italiano prevede tre usi diversi per la forma loro.
nella lingua letteraria può precedere il verbo:
Caron dimonio, con occhi di bragia / loro accennando, tutte le raccoglie.
L’equivalente, nell’italiano moderno, è preceduto da almeno una forma verbale:
![Page 108: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/108.jpg)
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dopo aver loro detto (qui loro non è accentato).
Nella lingua familiare spesso si trova gli al posto di loro:
gli sto facendo un favore invece di sto facendo loro un favore.
La forma Ne si usa per il partitivo, anche con i numeri:
ho molte pesche, ne vuoi?
(ne vuoi due?)
Questa forma può servire anche da complemento di argomento, ma non si può usare
indiscriminatamente per qualsiasi costruzione con /di/ o /da/. In questo caso
sostituisce /di/:
è meglio parlarne
Si osservi la differenza fra il ne partitivo e il ne di altro tipo:
ho letto dei libri interessanti
ne ho letti
ne ho letto di interessanti
Le forme allocutive di cortesia La e le corrispondono a lei e a lei:
la saluto
le faccio i miei auguri
Abbiamo già osservato che, con l’allocutivo lei rivolto a un uomo, la concordanza di
un aggettivo o participio passato è normalmente maschile. Però, le forme non
accentate sono la, le:
se lei è sicuro di venire, mio fratello può aspettarla alla stazione.
Quando si usano due pronomi clitici, normalmente il complemento indiretto viene
prima.
In un gruppo di pronomi la -i finale si cambia in –e.
![Page 109: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/109.jpg)
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Davanti a l - o n- (cioè davanti a lo, la, li, le, e ne).
Esempio: mi, ti, gli, si, ci, vi
diventano:
me, te, glie, se, ce, ve.
Anche le si comporta in tal caso come gli, e diventa glie generalmente scritto in una
parola sola con il sostituente personale seguente:
glielo do per lo do a lui, o a lei.
In una serie di casi, le forme non accentate seguono il verbo e si scrivono in una
parola sola con la forma verbale che le precede.
La posizione dell’accento nella forma verbale resta immutata.
Fa eccezione loro, che nella scrittura rimane sempre separato:
Infinito:
per dirvi; senza dirvelo; per dir(e) loro.
Gerundio:
mostrandogli; dicendoglielo.
Participio passato, come forma verbale indipendente:
cedutogli; vistolo.
Ma, quando fa parte di un tempo composto, il sostituente personale precede:
gli ha ceduto; lo ha visto; avendolo visto.
Imperativo (seconda singolare o plurale, prima plurale):
vattene (applicando la regola del raddoppiamento sintattico)
Ma se l’imperativo è alla terza persona dell’allocutivo di cortesia (lei) con la forma
della terza persona, singolare o plurale, del congiuntivo, il sostituente personale
precede:
![Page 110: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/110.jpg)
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lo guardi pure.
Certe costruzioni di:
verbo + infinito + sostituente personale atono complemento oggetto o indiretto
Questo sostituente personale può andare:
dopo l’infinito che lo regge:
lo voglio vedere; vallo a vedere.
Con il verbo che precede:
voglio vederlo; va a vederlo.
Molti vincoli dipendono dalla funzione sintattica del sostituente personale: ad
esempio, un clitico con funzione di soggetto dell’infinito cui si accompagna non può
seguire l’infinito.
Il verbo reggente richiede l’ausiliare essere nelle forme riflessive, quando il clitico si
appoggia al verbo reggente:
mi sono potuto adattare / ho potuto adattarmi;
essendoti dovuto fermare: avendo dovuto fermarti;
per essersi voluto impegnare/ per aver voluto impegnarsi;
si è cominciato a preoccupare / ha cominciato a preoccuparsi.
La preposizione (soprattutto con a) consente la “salita” (o spostamento a sinistra) dei
clitici quando essa è collocata fra il verbo reggente e l’infinito dipendente:
comincio a capirlo /lo comincio a capire
![Page 111: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/111.jpg)
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ESERCIZI
a) Illustra, attraverso alcune esemplificazioni, la possibile omissione delle
forme del soggetto nell’uso dei sostituenti personali
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b) Elenca i sostituenti di terza persona che vengono usati con maggiore
frequenza
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c) Presenta alcuni esempi di utilizzo dei sostituenti di terza persona nelle forme
riflessive
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d) Presenta alcuni esempi di utilizzo dei sostituenti di terza persona nelle
forme non riflessive
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![Page 112: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/112.jpg)
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RIEPILOGO
Nell’analisi della lingua italiana è importante considerare le trasformazioni che si
sono verificate, sia a livello della lingua scritta, sia a livello della lingua parlata. Il
sistema morfosintattico dell’italiano evidenzia due aspetti caratteristici: un “sistema
sintetico” e un “sistema analitico”; il passaggio dal sintetico all’analitico è la chiave di
volta della morfosintassi storica romanza e ne costituisce la sua peculiarità.
Definiamo ‘sistema sintetico’ quel sistema che esprime tutto il significato
grammaticale sintetizzandolo in un morfema; è questo il caso del latino che è
prevalentemente sintetico.
Un “sistema analitico”, invece, è quel sistema che tende ad analizzare e scomporre
tutto il significato grammaticale esprimendolo mediante più morfemi. È questo il caso
degli idiomi romanzi che sono prevalentemente analitici. Pertanto, la trasformazione
dal sintetico all’analitico è il fulcro della morfosintattica storico-romanza e ne
costituisce la sua caratteristica principale.
Dopo aver esaminato le caratteristiche del “sintagma nominale”, è interessante
soffermarsi sulle peculiarità del “sintagma aggettivale”. Il sintagma aggettivale
assume una grande varietà di posizioni all’interno del sintagma nominale, posizioni,
che, tuttavia, non sono affatto libere. Infatti, all’interno del sintagma nominale, il
sintagma aggettivale segue il nome nel caso “non marcato”; lo precede dopo i
determinanti nel caso marcato.
La posizione postnominale è la posizione non marcata e quindi produttiva: in tale
posizione due o più aggettivi possono essere non solo coordinati, ma anche
subordinati. Nell’ordine reciproco dei sintagmi aggettivali all’interno del sintagma
nominale, valgono anche considerazioni di tipo fonologico. La morfosintassi latina,
con le desinenze incorporate nelle parole, permette una notevole libertà della
posizione dei singoli membri.
L’ordine delle parole è un dominio complesso, regolato da diversi elementi.
La quantificazione si articola in due differenti modi: secondo un criterio necessario e
secondo un criterio non necessario. I così detti “aggettivi indefiniti” ed i “pronomi
indefiniti” si organizzano intorno a queste due impostazioni con singoli vocaboli, che
riguardano la lessicologia, la semantica e l’etimologia, ma non la sintassi.
![Page 113: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/113.jpg)
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Nel passaggio dal latino alla lingua romanza, si modifica l’espressione della
distribuzione: mentre in latino vi sono i numerali “distributivi”, indicanti una
distribuzione per quantità identiche, l’italiano esprime tale carattere attraverso
perifrasi. Gli idiomi romanzi hanno elaborato i numerali cardinali “approssimativi” che
in latino non esistono.
I cosiddetti “sostituenti personali” sono quelle parole che sostituiscono altre parole
nelle loro funzioni. Nel passaggio dal latino alle lingue romanze, si verificano alcuni
fenomeni importanti anche nel dominio dei sostituenti personali.
È importante ricordare che, dal punto di vista diacronico, la caratteristica maggiore
del passaggio del sostantivo, dell’aggettivo e dei sostituenti dal latino all’italiano, è la
perdita dell’espressione sintetica delle funzioni, cioè la “perdita dei casi”.
L’evoluzione della perdita delle forme casuali conduce ad una tappa intermedia,
definita declinazione “bicasuale”.
La principale trasformazione che avviene col passaggio dal latino alle lingue
romanze è la scomparsa del neutro come genere funzionante. Così i sostantivi che
erano di genere neutro si inseriscono in uno dei due generi superstiti, soprattutto il
maschile.
Come per la sostituzione dei casi con le perifrasi preposizionali, anche l’evoluzione
degli aggettivi indicanti materia rientra nella trasformazione generale del sintetico
nell’analitico.
![Page 114: SLL_8](https://reader038.vdocuments.net/reader038/viewer/2022103023/55cf974b550346d03390cfdf/html5/thumbnails/114.jpg)
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BIBLIOGRAFIA
Per la consultazione dei testi si rinvia alla bibliografia, articolata per aree tematiche,
sul sito http://www.bdp.it/bibl/aree.htm.