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STORIA
La Redazione si documenta sulla Grande Guerra
1918-2018 CENTO ANNI DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE: LA STORIA
Il conflitto che ha sconvolto il Mondo è l’inizio di una pagina buia della nostra storia,
ma anche del difficile percorso di unificazione nazionale
All’inizio del secolo scorso l’Europa era divisa
in due blocchi: la Triplice Alleanza formata da
Austria, Ungheria e Germania; la Triplice Inte-
sa costituita da Inghilterra, Francia e Russia.
Molti di questi Stati volevano espandersi con-
quistando nuovi territori e cercavano un prete-
sto per far cominciare una guerra. L’uccisione
dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono d’Austria, a Sarajevo il 28 giugno del
1914, per mano di uno studente serbo, fu il
pretesto. L’Austria dichiara guerra alla Serbia
che chiede aiuto alla Russia. Scatta così il
meccanismo delle alleanze che porta alla Pri-
ma Guerra Mondiale detta la “Grande Guerra”,
che dura dal 1914 al 1918. Si tratta, infatti, del
primo conflitto totale che non impiega solo gli
eserciti, ma coinvolge anche la popolazione
civile. È condotta per terra, per mare e in cielo,
con l’impiego di armi mai usate prima: aerei,
carri armati, sottomarini e gas asfissianti. A
iniziare il conflitto è la Germania che invade il
Belgio, stato neutrale, e attacca la Francia ed
ecco che interviene anche l’Inghilterra. La
Germania pensa di sconfiggere rapidamente la
Francia per affrontare poi la Russia, ma i Te-
deschi sono fermati dai Francesi nella battaglia
della Marna e la guerra diventa di posizione e
di logoramento, in cui i soldati dei fronti op-
posti stanno molto vicini appostati nelle trin-
cee, dove si riparano dai bombardamenti av-
versari.
Dopo un periodo di neutralità, l’Italia, per la sua po-
sizione al centro del Mediterraneo, è obbligata a
prendere una decisione. Si formano due gruppi di
pensiero: i neutralisti e gli interventisti che hanno la
meglio e che vogliono l’intervento militare contro
l’Austria, per riconquistare Trento e Trieste. L’Italia,
quindi, il 24 maggio 1915 entra in guerra a fianco di
Francia, Inghilterra e Russia. Una delle battaglie più
difficili è quella di Caporetto, quando gli Austriaci
invadono il Veneto fino al Piave. Nel 1917 la Russia
esce dalla guerra firmando la pace con Germania e
Austria e gli Stati Uniti, che fino allora avevano so-
stenuto solo economicamente i Paesi dell’Intesa, en-
trano nel conflitto. L’intervento è causato dagli af-
fondamenti dei mercantili americani, diretti verso
l’Inghilterra, ad opera dei sommergibili tedeschi.
L’ingresso degli Stai Uniti determina una svolta im-
portante, infatti, nella battaglia di Vittorio Veneto,
l’Italia riconquista la parte settentrionale del Veneto,
il Friuli e il Trentino. La guerra termina nel 1918
con l’armistizio dell’Austria.
La Redazione si documenta
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STORIA
LA MEMORIA STORICA
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Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra e le
truppe italiane prendono posizione sulla linea
del fronte. Ricordiamo le tante vittime cadute
per l’unificazione nazionale, fu proprio il san-
gue di migliaia di giovani, sparso su monta-
gne di cui non conoscevano neppure l’esisten-
za, a costruire quel Paese che è oggi visto co-
me la felicità da migliaia di immigrati. La
"Grande Guerra" è ricordata anche da canzoni
e poesie importanti e significative anche come
fonte storica di primo livello.
È proprio attraverso il ricordo dei fatti storici
infatti che riaffermiamo e consolidiamo l’i-
dentità nazionale. I nemici di allora sono i
nostri compagni di strada dell’Europa unita e
quella guerra deve essere superata proprio
nel ricordo della sofferenza e dell’inutile
strage, rispettando il nostro Paese e le me-
morie del nostro Paese. Alisia Iacono
LA CANZONE
“La Leggenda del Piave”
Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!
S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò: «Non passa lo straniero!»
E.A. Mario
LA POESIA
"San Martino del Carso"
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi
corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
È il mio cuore
Il paese più straziato G. Ungaretti
STORIA
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I PROTAGONISTI: I GENERALI
Il Generale Luigi Cadorna
Nato nel 1850, figlio di Raffaele, che guidò le truppe italiane alla
presa di Roma, nel 1870, fu a capo dell’esercito italiano, dallo
scoppio delle ostilità fino alla disfatta di Caporetto. Convinto so-
stenitore della tattica degli attacchi frontali, mandò al massacro
decine di migliaia di soldati, in undici differenti offensive sul fiu-
me Isonzo, senza conseguire risultati positivi. Cadorna fu un capo
senza anima. Il suo carattere autoritario, che non ammetteva de-
bolezze, provocò lo sconforto delle truppe, distrutte, nel morale,
da un comandante assolutamente insensibile ed indifferente alle
profonde sofferenze e alle numerose perdite cui l’esercito fu co-
stretto a subire, a causa delle sue decisioni. Colto impreparato
dall’attacco austro-tedesco di Caporetto, Cadorna, considerato il
responsabile della sconfitta, venne sostituito da Armando Diaz.
Isolato da tutti per la bruciante sconfitta, dopo la guerra, fu defini-
tivamente riabilitato da Mussolini che lo nominò, insieme a Diaz,
maresciallo d’Italia; oltre alla prestigiosa onorificenza, il duce gli
fece anche dono di una villa a Pallanza, dove alla sua morte, av-
venuta nel 1928, venne edificato, in suo onore, un mausoleo.
Christian Venetucci
Il Generale Armando Diaz
Armando Diaz nacque a Napoli nel 1855, studiò all’Accade-
mia di Torino e partecipò poi alla guerra in Libia come co-
mandante di reggimento. Allo scoppio della guerra fu alla
guida del XXIII Corpo d’Armata del Carso, dove mise in atto
la sua abilità. Dopo il disastro di Caporetto, Diaz sostituì alla
guida del comando supremo il generale Cadorna e si distinse
per il trattamento delle truppe; consapevole delle tante soffe-
renze della guerra, diede fiducia ai soldati, condividendo le
loro difficoltà. Questa fu infatti la tattica vincente che consen-
tì all’esercito di conquistare la vittoria. Dopo la fine del con-
flitto fu nominato da Mussolini, nel 1918, Senatore del Regno
e, nel 1924, Maresciallo d’Italia. Morì nel 1928.
Emanuele Patella
STORIA
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Francesco Baracca
Nato a Lugo di Romagna nel 1888, medaglia d’oro al valo-
re militare, fu un eroe dell’aviazione italiana della prima
Guerra Mondiale. Studente della scuola militare di Mode-
na, ne uscì con il grado di sottotenente di cavalleria ma,
ben presto, decise di dedicarsi all’aviazione. Abilissimo
nella tecnica acrobatica, alla guida del suo Nieuport fu au-
tore di imprese straordinarie, che gli valsero onore e ammi-
razione; celebre era il cavallino rampante con il suo motto
“ad maiora”, ben dipinto sulla fiancata del suo aereo che,
qualche anno più tardi, proprio in suo onore, sarebbe stato
scelto, come simbolo della propria casa automobilistica, da
un costruttore dal nome Enzo Ferrari. Dopo la disfatta di
Caporetto si avventurò in missioni spericolate, a bassa quo-
ta, contro le truppe austro- tedesche. Nel corso della batta-
glia del Piave ottenne la sua trentaquattresima ed ultima
vittoria, cui fece seguito la morte, a causa di un colpo, spa-
rato da terra, che lo colpì alla testa, mentre era impegnato
in azione sul Montello. Giorgia Buccellato
I PROTAGONISTI: GLI EROI
Cesare Battisti
Cesare Battisti fu un giornalista, geografo,
politico socialista morto impiccato come
traditore a Trento; in Italia è considerato
un eroe nazionale e a lui sono dedicati mo-
numenti, scuole, piazze e vie in tutto il
paese. Quando Cesare Battisti nacque, il 4
febbraio del 1875, Trento era ancora parte
dell’Impero austro-ungarico. Deputato del
parlamento austriaco decise di combattere
contro l'Austria e per l'Italia durante la Pri-
ma Guerra Mondiale. Nel 1916 partecipò
alla cosiddetta battaglia degli Altipiani,
Battisti venne fatto prigioniero e fu incar-
cerato a Trento. Durante il processo non
rinnegò mai quello che aveva fatto e anzi
ribadì la propria fedeltà all’Italia. Respinse
le accuse di tradimento e volle essere con-
siderato un semplice soldato catturato in
guerra. Fu condannato a morte. Gli furono
negate la fucilazione e anche la divisa mi-
litare. Battisti fu impiccato e morì gridan-
do: «Viva Trento italiana! Viva l’Italia!».
Alisia Iacono
STORIA
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Gli Arditi furono una specialità dell'arma di fanteria del Regio Esercito italiano durante la prima guerra
mondiale. La specialità, sciolta dopo il conflitto, fu brevemente ricostituita durante la seconda guerra
mondiale con l'attivazione del 10º Reggimento arditi (15 settembre 1942 - settembre 1943). Le sue tradi-
zioni furono ereditate a partire dal 1975 dal 9º Battaglione d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin" (poi
Reggimento dal 1995) e dall'associazione combattentistica di reduci (Arditi d'Italia). Inizialmente venne
creato un gruppo di esploratori addestrati ad agire dietro le linee nemiche. In seguito, gli Arditi divenne-
ro un corpo speciale d'assalto. Il loro compito non era più quello di aprire la strada alla fanteria verso le
linee nemiche, ma la totale conquista di queste ultime. Per fare ciò, venivano scelti i soldati più temerari,
che ricevevano un addestramento molto realistico, con l'uso di granate e munizionamento reale, e con lo
studio delle tecniche d'assalto e del combattimento corpo a corpo. Operativamente, gli Arditi agivano in
piccole unità d'assalto, i cui membri erano dotati di petardi "Thévenot", granate e pugnali, utilizzati in
assalti alle trincee nemiche. Le trincee venivano tenute occupate fino all'arrivo dei soldati di fanteria. Il
tasso di perdite era estremamente elevato. Nel 1916 il Comando Supremo decise di premiare con la qua-
lifica di militare ardito chi si fosse distinto per decisione e coraggio, il distintivo, da portarsi al braccio
sinistro, era pensato esclusivamente come premio e come indicazione del soldato da portare ad esempio.
Jasmin Liguori
UN CORPO SPECIALE: GLI ARDITI
LE NUOVE ARMI
Il motivo principale del grande numero di
morti della Grande Guerra fu l'introduzione
di nuove armi che, in alcuni casi, possono
tranquillamente essere definite come armi di
distruzione di massa. In quegli anni, in buo-
na parte dell’Europa e degli Stati Uniti, era
in pieno svolgimento la Seconda Rivoluzione Industriale. Le scoperte scientifiche in campi come la
fisica e la chimica portarono a dell’invenzioni che utilizziamo ancora oggi e che dettero una spinta allo
sviluppo, fondamentale per le società di quel periodo. Alcune di queste invenzioni vengono applicate
anche nel campo militare. Comparvero, così, aerei in grado di bombardare le linee nemiche e le città;
carri armati capaci di superare bar r iere fino a quel momento insuperabili; bombe a mano
dall'effetto dirompente se gettate in una trincea o in una cavità; fino ad arrivare ai terribili lanciafiam-
me e alle bombe chimiche. Il potenziale distruttivo e l’efficacia di queste armi aumentarono per la
scarsa attenzione nel creare delle difese adatte a contenere i loro effetti e per le tattiche militari ormai
superate. Stefano Braca
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LA VITA NELLE TRINCEE
Le trincee sono state uno dei simboli della Grande Guerra. Quando i vari governi europei de-
cisero di scendere in campo, tutti erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce in
cui era essenziale sfruttare il fattore temporale. Invece, dopo poche settimane, i diversi fronti
europei si stabilizzarono ed iniziarono ad essere scavate centinaia di chilometri di trincee, dal
nord della Francia fino all'Europa orientale, nell'attuale Polonia e nei Balcani. Questi lunghi
corridoi, profondi poco meno di due metri, comparvero da subito anche sul fronte italiano, in
pianura, sull'altopiano carsico e in alta montagna, in mezzo alla neve. Nonostante il generale
Luigi Cadorna avesse dimostrato uno straordinario ottimismo il 24 maggio 1915, la guerra
assunse le stesse caratteristiche del resto d'Europa. Stefano Braca
UNA GUERRA DI POSIZIONE MOLTO DURA
STORIA
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STORIA
LA VITA NELLA GRANDE GUERRA
La Grande Guerra fu un avvenimento eccezionale. Gli uomini e i ragazzi arruolabili chiamati a
combattere furono poco meno di 6 milioni e, considerando che all’ epoca le famiglie Italiane erano
poco più di 7,5 milioni, si può affermare che quasi tutte ebbero un proprio familiare al fronte.
È certo come la 1° guerra mondiale coinvolse l’intero popolo Italiano bambini compresi. Dopo il
1915 era necessario sostenere la guerra economicamente per impedire la diffusione della sfiducia;
le abitudini, il lavoro, i rapporti sociali e la cultura cambiarono notevolmente rispetto al periodo
precedente alla guerra: tutti dovevano impegnarsi per il suo buon esito. Venne promossa, ad esem-
pio, la Mobilitazione Industriale che si occupava della produzione nelle fabbriche di materiale bel-
lico e di trovare il personale che ci lavorasse. In questo modo, per la prima volta, le donne fecero la
loro comparsa nelle fabbriche. I ragazzi tra i 15 e i 18 anni vennero inviati nelle retro vie e nei
campi di battaglia. A cambiare non furono solamente le abitudini delle donne e dei ragazzi anche
quelle dei bambini. Anche loro dovevano abituarsi ai concetti di Patria e sacrificio. I programmi
scolastici delle elementari cambiarono radicalmente. Anche i giornalini a loro dedicati, le pubblici-
tà ed i giocattoli abbandonarono le classiche tematiche infantili. Una metamorfosi che colpì anche
una delle industrie più fiorenti dell’Italia del primo Novecento: il cinema. Adriano Garufi
LE ELEMENTARI DURANTE LA GUERRA
Durante il conflitto nella scuola cambiarono i programmi e le materie. Nelle ore di italiano i maestri legge-
vano e facevano leggere gli articoli di giornale che parlavano della guerra, dando molta impor-
tanza alle illustrazioni che erano pubblicate soprattutto su “La Domenica del Corriere”; il pro-
gramma di storia trattava fatti storici che insegnavano l’idea di Patria; in geografia si trattavano i
luoghi in cui si svolgeva la guerra; in scienze si dava grande spazio allo studio delle nuove armi;
in tecnologia si spiegavano le tecniche per costruire le trincee; le ore di educazione fisica venne-
ro sostituite con visite agli ospedali militari, alle fabbriche che costruivano le armi e ai campi di
prigionia. Alisia Iacono
L'ITALIA AL CINEMA DURANTE LA GRANDE GUERRA
Un altro modo per pubblicizzare la guerra fu quello di utilizzare il
nascente fenomeno del cinema. Si trattava di un'invenzione nuova
(1895) ma che conquistò immediatamente tutti. A differenza della
stampa infatti, le immagini proiettate su uno schermo avevano un
significato semplice e immediato. Tutti potevano andare ai cine-
matografi: i prezzi erano molto bassi e non era richiesto un certo
tipo di abbigliamento come a teatro. Fu così che l’industria cine-
matografica italiana intuì come la guerra fosse un soggetto perfetto
per dei nuovi film. Nello stesso momento, chi appoggiava il con-
flitto capì come la proiezione potesse essere un ottimo modo per
diffondere solidarietà e sostegno alla causa italiana.
Roberta Montuori
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STORIA
I GIOCHI DELLA GRANDE GUERRA
Fino alla fine del XIX secolo, i bambini erano stati poco considerati all’interno delle società e del
nascente mercato di massa. All’inizio del Novecento, iniziarono ad essere visti come dei poten-
ziali lettori e consumatori di beni. Nacquero così i primi giornalini a loro dedicati, il "Corriere dei
Piccoli", probabilmente il più celebre giornale dei ragazzi della storia d'Italia, dette il suo contri-
buto. Diverse immagini rappresentavano i fanciulli che dormivano nel proprio lettino mentre so-
gnavano di partecipare ad azioni eroiche in guerra oppure abbracciati ai propri soldatini. Fu così
molto semplice coinvolgere anche i più giovani nella Grande Guerra. Un esempio è quello delle
cartoline che invitavano a seguire gli esempi dei bambini raffigurati su carta. Da bravi piccoli
italiani, rinunciavano a saltare alla corda per non consumare troppo la suola delle scarpe oppure
cercavano di non fare macchie sui fogli con la propria penna in modo da evitare gli sprechi. Le
stesse cartoline poi suggerivano di non mangiare nulla fuori pasto e di non utilizzare lo zucchero,
un bene che scarseggiò per tutto il periodo bellico. Nel 1915, nei negozi non si trovarono più or-
setti di peluche ma imitazioni di mortai, di fucili e di cannoni. La grande guerra aveva coinvolto
proprio tutti! Giorgia Buccellato
STORIA
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LE DONNE DELLA GRANDE GUERRA
L’assenza di molti uomini chiamati a combattere contro l’esercito austroungarico provocò delle conse-
guenze molto pesanti a livello economico e sociale. La gran parte dei nuclei famigliari erano di origine
contadina, legati alle consuetudini e alle tradizioni di un tempo: i membri maschili avevano il compito
di lavorare fuori dalle mura domestiche, mentre le donne eseguivano le proprie mansioni all’ interno,
accudendo i figli e sbrigando le faccende. I posti di molti contadini ed operai furono lasciati vuoti e
vennero coperti da chi era restato e non sarebbe mai stato chiamato al fronte: le donne. Il loro ruolo, per
la prima volta, passò da “angelo del focolare domestico “soggetto attivo dell'economia e della società
collettiva. Non che le donne fossero del tutto nuove a questo tipo di esperienza: molte di loro erano già
abituate a contribuire al lavoro nei campi mentre, al livello industriale, la loro presenza era già stata re-
gistrata nel settore tessile. Ma adesso il loro numero era aumentato considerevolmente e furono presenti
in settori del tutto nuovi come la metallurgia (adattata alle esigenze belliche), la meccanica, i trasporti e
compiti di tipo amministrativo. Ovviamente questo processo non fu indolore: non essendo state previste
delle divisioni del lavoro, le donne erano obbligate a compiere gli stessi lavori dei colleghi maschi, an-
che quelli pesanti. Le donne presero il posto dei propri mariti o figli, anche in quelle faccende domesti-
che tipicamente maschili, come le questioni burocratiche, gli acquisti o le vendite di prodotti agricoli ed
i problemi di natura legale. A questa specie di “emancipazione “lavorativa non corrispose, però, una
maggiore libertà a livello personale, spesso nelle case rimanevano gli anziani i quali, come da tradizio-
ne, continuavano ad esercitare il loro ruolo autoritario all’interno della famiglia. Inoltre, non mancava-
no differenze e atteggiamenti di rifiuto da parte dei moralisti e tradizionalisti. Un modo di pensare che
peggiorò col tempo, quando le ragazze più giovani, sempre più spesso, si spostarono dalla loro casa per
trovare un’occupazione. Serena Apicella
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ATTUALITA’
LA DONNA OGGI
25 NOVEMBRE GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
MALALA E SERENA DANDINI DUE GRANDI TESTIMONIANZE
“Chiamarlo amore non si può”: Ventitré scrittrici raccontano ai ragazzi e alle ragazze la violenza
contro le donne per aiutarci a riflettere e a dialogare, perché non rimaniamo in silenzio di fronte ai
tremendi fatti di cronaca.
Stamattina in classe, in occasione della “Giornata contro la violenza sulle donne”, la nostra inse-
gnante ci ha letto degli articoli pubblicati da ventitrè scrittrici per poi riflettere insieme su quanto
ascoltato, esprimendo le nostre idee ed emozioni. Io sono rimasta molto impressionata dalla storia
di Malala, sia perché non la conoscevo sia perché è molto significativa. Malala Yousafzai è una
ragazzina pakistana che all'età di 11 anni è diventata celebre per il blog, da lei curato per la BBC,
nel quale documentava il regime dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne. Il 9 ottobre
2012 è stata gravemente colpita alla testa da uomini armati saliti a bordo del pullman scolastico su
cui lei tornava a casa da scuola. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, è sopravvissuta
all'attentato dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Il portavoce dei talebani pakistani, ha riven-
dicato la responsabilità dell'attentato, sostenendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e dell'o-
scenità”; il leader terrorista ha poi minacciato che, qualora sopravvissuta, sarebbe stata nuovamen-
te oggetto di attentati. La ragazza è stata in seguito trasferita in un ospedale di Birmingham che si è
offerto di curarla. Lei è stata molto coraggiosa, mi sembra giusto che il 10 ottobre 2014 sia stata
insignita del Premio Nobel per la pace.
Mi piace anche “Ferite a morte” di Serena Dan-
dini per raccontare le vittime di femminicidio,
le parole della scrittrice mi sembrano molto
importanti: - 'Ferite a morte' vuole dare voce a
chi da viva ha parlato poco o è stata poco
ascoltata, con la speranza di infondere corag-
gio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi-.
Io penso che molti uomini oggi siano molto
crudeli, vogliono possedere le fidanzate, le mo-
gli come degli oggetti. Molte volte queste don-
ne non possono uscire per fare delle passeggia-
te, non possono studiare, non possono lavorare,
guidare l’automobile ecc. A me non sembra
giusto, perché le donne devono essere libere
come gli uomini. Un uomo vero non fa queste
cose terribili, ama la sua donna, la rispetta e
non le fa del male. Serena Apicella
Pag. 12
AMBIENTE
S.O.S. TERRA!
I vari tipi d’inquinamento so-
no: le piogge acide, l’inquina-
mento dell’aria, l’inquinamen-
to e lo spreco dell’acqua, ec-
cessiva produzione di rifiuti,
l’effetto serra e il buco dell’o-
zono.
UN MARE DI … PLASTICA!
Ogni anno, all’ incirca, 8 milioni di tonnellate di plastica
finiscono all’ interno del mare. Se non ci saranno cambia-
menti, nel 2050 i camion al minuto diventerebbero quattro.
In quella data, gli oceani potrebbero contenere più rifiuti che
pesci. Purtroppo molte specie animali sono a rischio come:
le tartarughe, i delfini, e balene … Se noi fra qualche anno
non cambieremo atteggiamento ci saranno “montagne “di
rifiuti galleggianti che occuperanno fiumi, laghi e mari. Par-
ticolarmente esposto è proprio il Mar Mediterraneo perché,
essendo un mare chiuso, le correnti non ne favoriscono la
pulizia dai rifiuti e si depositano sul fondo. Purtroppo ci sia-
mo abituati a comprare e buttare qualsiasi cosa senza ren-
derci conto che tutto quello che non riutilizziamo, e non è
biodegradabile, finisce inevitabilmente nel nostro ambiente.
Secondo noi è importante capire che il problema c’è, esiste e
va risolto. Dobbiamo cambiare i nostri comportamenti,
usando meno la plastica e sostituendola con altri materiali
meno dannosi. Dobbiamo rimboccarci le maniche e ripulire
quello che abbiamo sporcato, organizzare squadre di pulizia
delle nostre spiagge, fare maggiore informazione per far ca-
pire alla gente che tirare un tappo di plastica a terra può ave-
re conseguenze anche mortali per un animale marino.
Serena Apicella - Giorgia Buccellato
I VARI TIPI D’ INQUINAMENTO
Nel cielo, vi è uno strato di
gas chiamato ozono, che im-
pedisce ai raggi solari di
giungere sulla Terra. Esso si
è assottigliato a causa di al-
cuni gas, chiamati clorofluo-
carburi o (CFC).
Questi gas si propagano fino allo strato più alto dell’atmosfera. Gli studi degli scienziati rivelano che
l’ozono riguarda tutto il pianeta e mette a rischio gli ecosistemi acquatici e terrestri. Per rimarginare
questa “ferita” uno dei tanti rimedi da usare è limitare l’uso di deodoranti a spray. Antonio Pastore
Pag. 13
AMBIENTE
INCENDI BOSCHIVI...NATURA DISTRATTA O MANO DOLOSA?
L’ITALIA BRUCIA
L’ estate scorsa ci sono stati vari incendi bo-
schivi causati soprattutto da piromani e rifiu-
ti. Alcuni incendi non sono stati appiccati per
caso, ma volontariamente. Infatti, delle guar-
die forestali (che secondo me non meritano il
ruolo a loro assegnato), visto che sono stati
effettuati dei tagli al personale, hanno provo-
cato incendi per far capire quanto sia impor-
tante il loro lavoro e la loro presenza sul ter-
ritorio. Purtroppo non sono rari i casi in cui
ad accendere un rogo siano stati proprio co-
loro che erano pagati per spegnerlo. Gli in-
cendi, quando non dipendono da irresponsa-
bilità o distrazione, sono quasi tutti dolosi,
ossia appiccati con l’intenzione di radere al
suolo la vegetazione: in parte dai pastori che
considerano il fuoco un mezzo per procurarsi
un nuovo pascolo o, nel caso dei contadini,
per rigenerare la fertilità del terreno.
Negli altri casi, l’incendio doloso viene acceso per interessi economici legati all’edilizia. Rari sono i
roghi che si sviluppano naturalmente. Un’altra causa dello sviluppo degli incendi, è determinata dalle
condizioni meteorologiche: aridità, alte temperature, bassa umidità, forte vento con il maggior numero
di eventi estremi, come le sette ondate di caldo della scorsa estate, tutti fenomeni collegati ai cambia-
menti climatici. Adriano Garufi
Pag. 14 SCUOLA E SOCIETA’
PROGETTO “SCUOLA SICURA”
Quest’anno abbiamo seguito il progetto “SCUOLA SICURA” con i volontari del NCVPC città di
BARONISSI. Sono Venuti a scuola dei volontari del nucleo comunale di Protezione Civile a svol-
gere delle lezioni, quattro incontri, uno a settima. Hanno spiegato, con l’uso di slide, da chi e da
cosa è composta la Protezione Civile, i rischi che affronta, nonché ci hanno insegnato le buone
pratiche di protezione civile in caso di calamità naturali. Ci hanno illustrato: Rischio Sismico, Ri-
schio Vulcanico, Rischio Idrogeologico, Rischio Incendio, Rischio Ambientale. Ci hanno spiegato
come ci si comporta e cosa fare se, per esempio, c’è un’alluvione: se si è in casa, chiudere tutte le
porte e sbarrare in modo da non far entrare acqua. Se si abita a piano terra, chiedere di essere ospi-
tati da coloro che abitano ai piani superiori. In strada, non passare nei sottopassi, non camminare
lungo i bordi di fiumi. Non uscire di casa per evitare che si intasino le strade. Ascoltare le informa-
zioni diffuse solo dai canali istituzionali: comune, protezione civile, carabinieri. In caso di incen-
dio allontanarsi velocemente coprendosi la bocca e il naso con un lembo della maglia per non re-
spirare i fumi ed intossicarsi e, come si può, chiamare il 1515. Soprattutto ci hanno insegnato
quanto sia importante conoscere la costruzione delle nostre case e la loro sicurezza. Come raggiun-
gere e quali sono le regole da seguire per mettersi al sicuro e per essere di aiuto anche agli altri.
Alisia Iacono
SCUOLA E SOCIETA’
Pag. 15
PROGETTO SCUOLA SICURA”:IL FORUM
Noi alunni della quarta di Aiello, insieme agli scolari della
quarta del plesso di Antessano e di tutte le quinte del Cir-
colo, il 7 Maggio siamo andati all’Aula Consiliare del Co-
mune di Baronissi per incontrare i volontari del NCVPC, il
Comandante della Polizia Municipale e la Vicesindaco per
un convegno sulle buone pratiche di sicurezza e prevenzio-
ne dal punto di vista di noi bambini, durante il quale, alcuni
alunni della scuola di Saragnano hanno spiegato i cartelloni
che avevano prodotto sui vari rischi ambientali, noi, inve-
ce, abbiamo posto delle domande. Abbiamo chiesto ai vo-
lontari quali emozioni provano dopo aver vissuto a contatto
con realtà pericolose e dolorose. Successivamente abbiamo
chiesto al Comandante degli Agenti di Polizia Municipale
se i cittadini di Baronissi conoscono le procedure da segui-
re in caso d’emergenza e in che modo li informano; come
l’amministrazione si sta organizzando per le allerte meteo,
che da qualche anno si stanno verificando costantemente,
provocando enormi disagi alla cittadinanza e che tipo di
aiuto potremmo dare noi bambini. Loro gentilmente ci han-
no risposto e si sono complimentati per le domande molto
interessanti e intelligenti che avevamo posto. Il motto che
ha caratterizzato l’incontro è stato” batti le mani, schiocca
le dita, la prevenzione ti salva la vita”.
Christian Venetucci - Antonio Pastore
Pag. 16 SCUOLA E SOCIETA’
“MENS SANA IN CORPORE SANO”
PROGETTO “SPORT DI CLASSE”
Il percorso formativo è stato svolto dalle classi Quarte e Quinte del Circolo con lo scopo di insegnar-
ci dei corretti stili di vita, per migliorare la nostra salute, per combattere l' obesità e per vivere bene
insieme. Nel nostro plesso le lezioni di Educazione fisica sono iniziate giovedì 18 gennaio 2018. Il
nostro istruttore si chiama Ivano Parisi, ci ha fatto svolgere numerosi esercizi tra i quali anche giochi
di squadra come pallavolo, palla avvelenata e percorsi vari. Gli esercizi sono stati eseguiti nell'atrio
della scuola con molta confusione; per questo ci sono state date delle regole da seguire. La più im-
portante è stata quella di rispettare gli alunni e gli insegnanti delle classi che svolgevano regolar-
mente lezione, provando a non esultare e gridare durante lo svolgimento delle attività motorie (non
sempre ci siamo riusciti!). L’insieme delle regole che abbiamo appreso avevano lo scopo di inse-
gnarci il “Fair Play” (gioco corretto, leale) e sono: il rispetto delle regole, il rispetto degli altri, il ri-
spetto per se stessi, la valorizzazione delle diversità e delle unicità, la fratellanza sportiva, la lealtà
sportiva, l’imparare dalla sconfitta, il gioco per divertimento, la non violenza e, infine, il buon esem-
pio. Inoltre, il 31 maggio siamo andati al Palairno insieme agli alunni di tutte le quarte e le quinte
del Circolo, per la manifestazione conclusiva che è durata più di tre ore. Eravamo davvero tanti e le
discipline sportive svolte sono state: basket, kung fun, danza, pallavolo, ginnastica artistica e ping
pong da tavolo. È stata proprio un’esperienza divertente e istruttiva. Adriano Garufi - Emanuele
Patella - Stefano Braca I NOSTRI DISEGNI
SCUOLA E SOCIETA’ Pag. 17
Distruggere per rabbia, per
vendetta, per noia, per gioco
o per nessun motivo, ormai il
vandalismo e le baby gang
sono due problemi che stan-
no preoccupando seriamente
la popolazione della penisola
italiana. La maggior parte
degli psicologi afferma che
sono i genitori la causa prin-
cipale. Infatti, le baby gang
sono formate per lo più da
ragazzi con una situazione
economica e familiare molto
difficile, dove spesso sono
abbandonati a loro stessi e
senza una guida, un punto di
riferimento educativo, intra-
prendono una strada sbaglia-
ta. I principali bersagli sono i
coetanei più indifesi o più
fortunati e ricchi di loro.
Una volta che hanno scelto la
loro vittima, la circondano
senza darle alcuna possibilità
di reagire. Prima vengono
pronunciati gli insulti, poi le
minacce ed infine le botte.
Spesso gli altri ragazzi, se in-
contrano queste baby gang,
per non essere picchiati si uni-
scono al gruppo. La cosa più
terribile è proprio il significa-
to del suo nome, “gruppo di
piccoli delinquenti”. Infatti, i
componenti sono bambini, dei
giovanissimi molto aggressivi.
Il fenomeno è molto frequen-
te a Napoli e nella sua perife-
ria. Numerosi sono i casi ac-
caduti: Arturo, 17 anni, ac-
coltellato, ha rischiato di mo-
rire; Gaetano, pestato feroce-
mente all’esterno della me-
tropolitana di Chiaiano, non
ha più la milza; Ciro, 16 an-
ni, stava rientrando a casa
quando è stato massacrato
fuori alla stazione della me-
tropolitana “Policlinico”; una
sera hanno bullizzato anche
un disabile. Per il fenomeno
delle baby gang a Napoli, il
capo del Viminale, Marco
Minniti, preoccupato per tutti
questi episodi, ha impiegato
altri 100 militari sul territo-
rio, da utilizzare nell’ambito
del programma “Sicurezza
giovani”.
Christian Venetucci
Legalità significa rispetto delle regole da parte di tutti per avere una vita serena. Quella dell’illega-
lità è la strada che non dobbiamo seguire per non avere una vita di ingiustizia e cattiveria, come
accade a causa degli attentati terroristici e della delinquenza organizzata, come mafia e camorra.
Gli attentati stanno accadendo molto spesso perché ci sono persone malvage che vogliono far
scoppiare il putiferio nel mondo per poterlo controllare. Purtroppo, però, anche tra i più giovani si
è diffusa la brutta abitudine di non rispettare le regole e di essere violenti, aggressivi, prepotenti ed
egoisti. Infatti, è cronaca di tutti i giorni il verificarsi di atti di bullismo a scuola, di aggressioni da
parte di baby gang per strada. Le notizie che sento al TG o che mi raccontano i miei genitori e la
maestra, mi fanno capire che il rispetto delle regole e degli altri è importante per vivere in una co-
munità libera e civile. Jasmin Liguori
LA CRISI DEI VALORI
SCUOLA E SOCIETA’ Pag. 18
ABUSO CELLULARI
L'inventore del telefono è stato il fiorentino Antonio Meucci nel 1871. Invece, il telefono cellulare è
stato inventato da Martin Cooper negli anni 70, imprenditore americano della Motorola. È stato dav-
vero un guaio perché lo smartphone ha portato alla dipendenza i ragazzi per i giochi che vi sono
caricati; giochi che sono diventati ancora più “violenti”. Inoltre,
si fa a gara a chi possiede il mo- dello più recente per vantarsi
con gli amici, quasi a voler dimo- strare la propria “superiorità”.
L’uso esagerato del telefono, non provoca tra i ragazzi solo di-
pendenza ma anche isolamento perché, quando ci si incontra,
invece di parlare, ognuno è con- centrato a leggere e mandare
messaggi con il proprio cellulare. Insomma, dobbiamo assolutamente darci una regolata e fare un uso
intelligente del cellulare e non un abuso. Roberta Montuori Jasmin Liguori
“INSEGNANTI DI…CLASSE”
Purtroppo sempre più spesso, nelle scuo-
le italiane, i bambini vengono maltrattati
dalle loro maestre. Infatti, quasi ogni
giorno si assiste a notizie che riguardano
questo problema o a dibattiti televisivi
dove le maestre vengono assolte, punite
o licenziate.
Spero che questi eventi non accadano più
su nessun bambino perché, tutti bambini,
che hanno subito queste ingiustizie,
avranno sicuramente un brutto ricordo
della loro infanzia. Concludendo tutti i
bambini, come me, hanno diritto ad ave-
re bei ricordi soprattutto del loro periodo
scolastico perché le maestre, in effetti,
sono le nostre seconde mamme che, ci
educano e ci fanno crescere. Insomma,
tutti dovrebbero avere delle maestre co-
me le mie: capaci di ascoltarci e di cor-
reggere i nostri atteggiamenti in modo
delicato e costruttivo. Giorgia Buccellato
PROF. SSA DISABILE SALVATA DAI SUOI
STUDENTI
In una scuola sotto accusa perdita di valori e per atti
di bullismo verso ragazzi e anche a danno degli inse-
gnanti., esistono ancora delle realtà che ci fanno capi-
re che non è ancora tutto perduto. È questo il caso di
alcuni studenti che nel napoletano hanno salvato la
loro insegnante disabile. Alcuni ragazzi dell’Istituto
tecnico “Cesaro” di Torre Annunziata, allarmati per
l’assenza non comunicata della loro insegnante, una
donna di 50 anni che soffre di problemi motori, si
sono subito attivati chiedendo se stesse bene. Non
ottenendo risposte convincenti hanno deciso di rag-
giungere l’insegnante nella sua abitazione, dove vive
da sola. I suoi studenti che la conoscono bene, hanno
intuito che doveva essere successo qualcosa. Accom-
pagnati da un altro professore e da un pizzaiolo che
lavora non lontano dall’abitazione della docente, rag-
giungono l’abitazione della donna. Non ottenendo
risposta al citofono, chiedono l’intervento dei carabi-
nieri, che quando sfondano la porta, trovano l’inse-
gnante sul pavimento, priva di sensi. Immediatamen-
te trasportata in ospedale, l’insegnante è stata curata
ed ora sta bene circondata dall’affetto dei suoi stu-
denti che lei adora.. Antonio Pastore
SCUOLA E SOCIETA’
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Il 15 Gennaio sono arrivati nella nostra scuola quattro bambini siriani e i due più grandi, Ma-
zen e Mohamed, sono entrati a far parte del nostro gruppo-classe. Abbiamo organizzato una
bella festa per accoglierli e loro erano felici e sorridenti. Ci sono risultati simpatici da subito,
abbiamo fatto amicizia e il pomeriggio giochiamo insieme al parco, infatti, abitano vicino
casa mia. Sono molto intelligenti e hanno tanta voglia d’imparare, infatti, già parlano, leg-
gono e scrivono in italiano. In questi mesi abbiamo svolto tante attività insieme e loro hanno
sempre partecipato volentieri. Sono proprio contenta che sono qui insieme a noi e non nel
loro Paese sconvolto e distrutto dalla guerra, scappando si sono salvati. Purtroppo ieri, il 6
Giugno, abbiamo ricevuto la bruttissima notizia che Mazen e tutta la sua famiglia, sono par-
titi per la Turchia. È stata una mattina tristissima, abbiamo pianto per il dispiacere, anche le
maestre erano tristi e Mazen già ci manca. Spero di poterlo rivedere un giorno!
Roberta Montuori
I NOSTRI AMICI SIRIANI
La Redazione augura buone vacanze!
Alashkar Mohamed
Al Terkmani Mazen
Apicella Serena
Braca Stefano
Buccellato Giorgia
Garufi Adriano
Iacono Alisia
Liguori Jasmin
Montuori Roberta
Pastore Antonio
Patella Emanuele
Venetucci Christian
L’ Insegnante Referente
Filomena Saracino
Giorgia– Quando sei arrivato in Italia e poi
ad Aiello, quale emozione hai provato?
Mohamed– Prima ero triste perché mi senti-
vo solo, non conoscevo nessuno, ma ora so-
no felice perché ho trovato tanti amici.
Emanuele– Che cosa hai lasciato in Siria e
che cosa hai portato con te? Come ti sei sen-
tito quando hai saputo che Mazen sarebbe
partito?
Mohamed– Ho lasciato tutto, soprattutto il
mio amatissimo nonno di cui ho portato il
ricordo e niente altro. Quando Mazen mi ha
detto che partiva ci sono rimasto malissimo
perché è stato il mio primo amico qui.
Serena– Come trascorrevate le giornate in-
sieme?
Mohamed– Giocavamo a pallone; andavamo
a camminare insieme alle nostre mamme;
andavamo a giocare al parco e appena arriva-
ti qui, per tre mesi abbiamo vissuto nella
stessa casa.
Adriano– Quanti anni avevi quando in Siria
è scoppiata la guerra?
Mohamed– Avevo sei anni.
SCUOLA E SOCIETA’
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Christian– Prima che scoppiasse la guerra
quali erano i tuoi giochi?
Mohamed– Andare in bici.
Jasmin– Tu e la tua famiglia, da quanti an-
ni avete lasciato la Siria e dove vi siete rifu-
giati?
Mohamed– Abbiamo lasciato la Siria da
circa sei anni e ci siamo rifugiati in Libano.
Antonio– Da quale città della Siria provie-
ni?
Mohamed– Da Homos.
Alisia-Sei riuscito a frequentare la scuola?
Mohamed– In Siria due anni e in Libano
tre anni circa.
Roberta-Che cosa ti piace e che cosa non ti
piace dell’Italia?
Mohamed– Mi piacciono gli amici e non
mi piace il formaggio.
Stefano– Tu e la tua famiglia come vi tro-
vate insieme a noi?
Mohamed– Benissimo.
A Mohamed il nostro amico rifugiato, fuggito dalla Siria, dalla distruzione, dal dolore e dalla morte.
L’INTERVISTA