storia delle codificazioni, dezza e vismara (1)

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Il diritto di famiglia in Italia dalle riforme ai codici. Appunti. (Vismara) 2. La critica alla famiglia nel Settecento: Se si vuole considerare la storia della famiglia italiana nel diritto dell’età moderna, si può iniziare dalla rappresentazione che Cesare Beccaria diede della famiglia settecentesca, intorno al 1763, nella sua opera “Dei delitti e delle pene”. All’interno del suo testo Beccaria afferma che “funeste ingiustizie furono approvate dagli uomini, anche i più illuminati, ed esercitate dalle Repubbliche più libere” per aver considerato la società come unione di famiglie e non come unione di uomini; Beccaria condanna certe convenzioni sociali tipiche delle famiglie nobili, senza voler sostenere principi contrari alla legge naturale o alla rivelazione. La Famiglia naturale, fondata sul sangue e sugli affetti, è fuori discussione, così come la concezione cristiana della famiglia. Su posizione non lontana si trova Filangeri, quando scrive, tra il 1780 e il 1788, che “la società deve essere composta di famiglie, le quali devono essere liberate da compiti e funzioni che non sono loro propri, per concentrarsi invece all’educazione e alla formazione delle persone”. Beccaria ha coscienza della contraddizione che vi è tra il modo di essere della famiglia patrizia conforme alle leggi civili e ai costumi sociali e la famiglia cristiana, dove natura e soprannatura si integrano e della quale egli non ignora la vitalità, soprattutto nelle classi più umili. Beccaria distingue ma non separa né contrappone “legge naturale” e “rivelazione”: la famiglia intesa come organismo etico, è l’ambiente nel quale si deve attuare la libertà e l’uguaglianza tra i membri, esattamente come nella “repubblica” tra cittadini. Uno stato di “cittadini” si può infatti realizzare solo laddove la famiglia abbia cessato di essere un organismo chiuso e autoritario al quale si doveva sottostare finché durasse la vita del capo, secondo il modello dello stato assoluto. N.B. Le critiche di Beccaria non si rivolgono contro la famiglia come istituto, ma contro il particolare tipo di famiglia dell’alta società, nel quale funzioni politiche ed economiche hanno sopraffatto la libertà e la parità dei suoi membri, soffocandone la vita affettiva. La condanna, dunque, investe la società concepita come unione di famiglie piuttosto che come unione di uomini, e la famiglia nella quale il rapporto tra il capo e i suoi membri si configura come un rapporto tra padrone e schiavo. Allo stato costituito da piccole monarchie (tante quante sono le famiglie), Beccaria vorrebbe vedere sostituita una repubblica come associazione di uomini liberi, nella quale tutti i componenti siano cittadini e nessuno schiavo. I primi e costanti bersagli degli illuministi mirano a sminuire il potere del padre, in quanto capo della famiglia, diminuendone la potenza economica, fondata sui privilegi e sulla prestabilita trasmissione meccanica dei patrimoni attraverso la successione ereditaria. Le più forti critiche

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Il diritto di famiglia in Italia dalle riforme ai codici. Appunti. (Vismara)

2. La critica alla famiglia nel Settecento: Se si vuole considerare la storia della famiglia italiana nel diritto dell’età moderna, si può iniziare dalla rappresentazione che Cesare Beccaria diede della famiglia settecentesca, intorno al 1763, nella sua opera “Dei delitti e delle pene”. All’interno del suo testo Beccaria afferma che “funeste ingiustizie furono approvate dagli uomini, anche i più illuminati, ed esercitate dalle Repubbliche più libere” per aver considerato la società come unione di famiglie e non come unione di uomini; Beccaria condanna certe convenzioni sociali tipiche delle famiglie nobili, senza voler sostenere principi contrari alla legge naturale o alla rivelazione. La Famiglia naturale, fondata sul sangue e sugli affetti, è fuori discussione, così come la concezione cristiana della famiglia.Su posizione non lontana si trova Filangeri, quando scrive, tra il 1780 e il 1788, che “la società deve essere composta di famiglie, le quali devono essere liberate da compiti e funzioni che non sono loro propri, per concentrarsi invece all’educazione e alla formazione delle persone”.Beccaria ha coscienza della contraddizione che vi è tra il modo di essere della famiglia patrizia conforme alle leggi civili e ai costumi sociali e la famiglia cristiana, dove natura e soprannatura si integrano e della quale egli non ignora la vitalità, soprattutto nelle classi più umili.Beccaria distingue ma non separa né contrappone “legge naturale” e “rivelazione”: la famiglia intesa come organismo etico, è l’ambiente nel quale si deve attuare la libertà e l’uguaglianza tra i membri, esattamente come nella “repubblica” tra cittadini. Uno stato di “cittadini” si può infatti realizzare solo laddove la famiglia abbia cessato di essere un organismo chiuso e autoritario al quale si doveva sottostare finché durasse la vita del capo, secondo il modello dello stato assoluto.N.B. Le critiche di Beccaria non si rivolgono contro la famiglia come istituto, ma contro il particolare tipo di famiglia dell’alta società, nel quale funzioni politiche ed economiche hanno sopraffatto la libertà e la parità dei suoi membri, soffocandone la vita affettiva. La condanna, dunque, investe la società concepita come unione di famiglie piuttosto che come unione di uomini, e la famiglia nella quale il rapporto tra il capo e i suoi membri si configura come un rapporto tra padrone e schiavo.Allo stato costituito da piccole monarchie (tante quante sono le famiglie), Beccaria vorrebbe vedere sostituita una repubblica come associazione di uomini liberi, nella quale tutti i componenti siano cittadini e nessuno schiavo.

I primi e costanti bersagli degli illuministi mirano a sminuire il potere del padre, in quanto capo della famiglia, diminuendone la potenza economica, fondata sui privilegi e sulla prestabilita trasmissione meccanica dei patrimoni attraverso la successione ereditaria. Le più forti critiche sono mosse contro il fedecommesso (che sottrae patrimoni alla libera disponibilità dei possessori, per garantirne la conservazione all’erede futuro prestabilito) e la primogenitura (criterio di individuazione dell’erede), nei quali si vede un danno economico per la società, in quanto servono a conservare nelle mani di nobili spesso inetti, patrimoni che avrebbero potuto essere utilmente impiegati a vantaggio della società.Fedecommesso e primogenitura limitano la libertà di testare del “de cuius”, e sono fonte di ingiustizia per gli altri successori che vengono sacrificati al primogenito, nel quale si identifica l’interesse della famiglia.Ai discendenti primogeniti si attribuiscono ulteriori benefici, oltre a quelli che già competono ad ogni primogenito per il diritto di primogenitura, che lo favorisce rispetto agli ultrogeniti (cadetti) e alle femmine, facendo confluire in lui titoli nobiliari, feudi, beni allodiali, dignità e cariche politiche a scapito di ogni altro membro della famiglia.Ulteriore bersaglio degli illuministi è l’autorità paterna nelle sue più arbitrarie manifestazioni come l’imposizione di una sposa ai giovani. I giovani vogliono che si rispetti il principio della libera scelta nell’amore; non tollerano più che il padre imponga loro una sposa secondo criteri che riguardano più l’interesse del casato piuttosto che la felicità dei coniugi. Lo stesso Beccaria si ribellerà alla volontà paterna sposando una donna di rango inferiore.Però non si giunge a riconoscere pari facoltà d’iniziativa alla donna: lo stesso Beccaria nega alla propria figlia Giulia quella libertà di scelta che aveva un tempo rivendicato per sé.

Lo strumento per attuare il rinnovamento che la società del Settecento si propone, pare agli uomini del tempo consistere nella codificazione = redazione scritta di nuove norme capaci di disciplinare tutti i

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rapporti sociali. Questo intento, tuttavia, non viene realizzato nel Settecento: i codici civili, il codice napoleone e quello austriaco sono tutti dell’Ottocento.

Disciplina della famiglia nel Settecento:Sulle orme di Lutero e dei riformatori, gallicani, giansenisti e giusnaturalisti considerano il matrimonio come puro contratto civile; per essi il contratto è l’elemento essenziale rispetto al quale il sacramento non costituisce che una forma aggiunta. Attraverso una revisione critica dell’intero patrimonio spirituale, politico, economico, giuridico trasmesso dalle età precedenti, l’illuminismo elabora un nuovo ideale di vita sociale e individuale, afferma l’esistenza e l’intangibilità di alcuni diritti dell’uomo e la completa indipendenza di Stato e Chiesa.L'atteggiamento dell'illuminismo in Italia rispetto alla famiglia non ha corrispondenze con quello radicale che si ha nella Francia; in Italia la critica investe la famiglia in quanto strumento del potere politico e in quanto nucleo accentratore di patrimoni sottratti ad una più equa distribuzione; la famiglia è attaccata soltanto per i privilegi che le sono collegati e non l’istituto familiare in sè.

Un tipo ideale di famiglia domina gli statuti dati alla colonia di San Leucio da re Ferdinando IV di Borbone con un editto del 1789. Da questo testo legislativo dedicato alla famiglia si ricava:- il carattere insieme religioso e civile del matrimonio;- la piena libertà di scelta degli sposi senza alcuna possibilità di contraddizione da parte dei genitori;- l’abolizione delle doti, considerate contrarie al principio di uguaglianza;- la soppressione della successione volontaria- la limitazione della successione legittima ai figli (piena uguaglianza tra maschi e femmine) e ai genitori nonché ai collaterali nel primo grado e, in difetto di essi, al coniuge ma per i soli usufrutti.L’ispirazione illuministica di questo testo ripropone fondamentali principi della famiglia cristiana, il valore religioso e sociale delle nozze, la libertà del consenso degli sposi, il principio di uguaglianza.

3. Le riforme: Il 700 non vede in Italia trasformazioni profonde delle strutture familiari: il timore di toccare nella famiglia il cardine della vita sociale dissuadeva da qualsiasi proposito che avrebbe potuto suscitare conflitti giurisdizionali con la chiesa in un campo nel quale era lecito presumere che le convinzioni e i sentimenti popolari, nella loro tendenza conservatrice, avrebbero potuto manifestarsi favorevoli alla Chiesa stessa. Necessità economiche convincono però il legislatore a talune riforme che agiscono indirettamente sul diritto di famiglia e indeboliscono il potere economico che questa tuttora conserva.Si persegue una riforma polito-economica con l’intento di favorire i commerci e la libera circolazione dei beni e di accrescere l’autorità del principe indebolendo quella della nobiltà e del patriziato.Infatti le riforme del diritto di famiglia investono soltanto la cerchia limitata delle famiglie che esercitano un potere politico sorretto da notevoli mezzi finanziari.Riforme generali del diritto di famiglia (=riforme che investono l’istituto familiare e non solo i privilgei nobiliari e patrizi) sono circoscritte e limitate.L’affermazione di idee giusnaturalistiche induce la Repubblica di Venezia, negli ultimi anni della sua vita, a rivendicare la cognizione delle cause di separazione coniugale sottraendole ai tribunali ecclesiastici. Alla base delle rivendicazioni statali in materia matrimoniale sta il principio della natura del matrimonio come contratto civile. La competenza e l'autorità del clero si devono intendere limitate alle materie spirituali, tutto il resto appartiene alla suprema potestà legislativa ed esecutiva dello stato.Giansenisti e giuseppinisti, appoggiandosi alle teorie del giurisdizionalismo, si trovano concordi nell’asserire l’autorità e la competenza dello stato anche nella materia matrimoniale.

Nella Lombardia la legislazione austriaca di Giuseppe II è rispettosa della concezione tradizionale della famiglia e della disciplina canonica, che recepisce e fa propria:il matrimonio è indissolubile per i cattolici;le pubblicazioni continuano ad essere fatte dal pulpito nelle parrocchie degli sposi;il consenso degli sposi viene ancora prestato alla presenza del parroco e di due testi;l’eventuale separazione coniugale può essere accordata dal giudice soltanto dopo che il parroco abbia esperito opportuni tentativi di conciliazione.

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Ma lo stato rivendica per sé la disciplina del matrimonio come contratto civile e la competenza per le controversie in materia matrimoniale, sia quanto alla separazione che quanto alle cause di nullità e tiene fermi impedimenti civili secondo le tradizioni dell’ Ancien Regime che la Chiesa non riconosce.Si introduce in Lombardia con l’editto del 17 settembre 1784 il matrimonio civile, già proclamato nel 1783: con tale decreto il matrimonio civile fa il suo primo ingresso in Italia in omaggio al principio della libertà di coscienza. Ma nella Lombardia austriaca il matrimonio civile ebbe vita breve; come istituto completamente distinto da quello religioso, si impose soltanto a seguito della rivoluzione francese, diffondendosi con il Codice Napoleone.

4. La politica della famiglia: La politica famigliare del giurisdizionalismo era una politica conservatrice che rispondeva alla volontà di mantenere la famiglia come strumento del potere del sovrano e della conservazione dell’ordine sociale. In questo modo si spiega perché, tra il 1780 e il 1794, la legislazione del Piemonte, della Lombardia austriaca, del Granducato di Toscana e del Regno di Napoli si proponessero di mantenere unita la famiglia rafforzando la potestà paterna; inoltre alla funzione politica della famiglia viene sacrificata la libera scelta del compagno/a laddove il diritto dello stato esige l’assenso paterno o degli ascendenti per la conclusione di legittime nozze. Inoltre, si spiega anche perchè l’assolutismo illuminato si è sempre dimostrato contrario ai matrimoni di coscienza o segreti, prevedendo pene detentive per gli sposi, i testimoni e il parroco che lo avesse benedetto. Tali matrimoni erano invece difesi dal diritto canonico (e dopo il Concilio di Trento dagli interventi del Papa Benedetto XIV e di Pio IV); la chiesa teneva ferma la validità dei matrimoni celebrati per cause gravissime e urgentissime, con il permesso dell’ordinario diocesano, senza pubblicazioni e in segreto con la partecipazione del parroco competente e di due testimoni e registrati in uno speciale libro parrocchiale dell’archivio segreto.Lo stato per impedire i matrimoni tra persone di diversa estrazione sociale (= matrimoni di disparaggio) esigeva il consenso del padre o dei parenti.N.B. La chiusura di classe non operava solo per i matrimoni tra nobili; era un principio generale perché si esigeva che presso ogni classe rimanesse cristallizzata l’organizzazione dello stato in classi e mantenuta l’autorità della famiglia sui suoi membri. La soggezione del figlio al padre era considerata indispensabile presupposto per la soggezione del suddito al sovrano e i matrimoni combinati o di convenienza erano utili allo stato per il mantenimento dell’ordine.Nel regno di Francia, durante l’ancien regime, i matrimoni conclusi senza il consenso del padre o degli ascendenti erano considerati, applicando l’impedimento dirimente canonico del ratto mediante seduzione, nulli e gravi sanzioni, anche la morte, punivano i colpevoli.In Italia, invece, il principio del favor matrimonii e quello della libertà della scelta matrimoniale non furono mai messi in discussione come principi, ma si applicavano gravi sanzioni civili e penali:- diseredazione del figlio che avesse contratto matrimonio senza il consenso del padre/ascendenti- reclusione della sposa in un convento- carcere per il parroco che avesse celebrato tali tipi di matrimoni.Si arrivò a considerare la libera scelta matrimoniale operata dai figli come un peccato che offendeva non solo i genitori, ma l’intera famiglia/casato in quanto andava contro gli interessi della famiglia.

5. La comunità familiare: L’istituzione familiare si presenta nei vari stati italiani del 700 e ai vari livelli della società come una composizione ampia e complessa.Sussiste tuttora la grande famiglia a struttura patriarcale che adempie a funzioni alle quali lo Stato (così come la famiglia coniugale) non può provvedere: la preparazione culturale e professionale, l’assistenza sanitaria, la formazione morale e politica in vista della partecipazione all’esercizio del potere, la solidarietà economica.Nelle campagne sopravvivono le comunioni tacite familiari, vere strutture comunitarie che hanno la loro base patrimoniale in una comunione ereditaria pro-indiviso, rette dall’autorità del capo.Per il 700 il modello di famiglia è dato dalla famiglia della nobiltà, che è detentrice e partecipe dell’esercizio del potere, e dalla famiglia della borghesia, che aspira a inserirsi nella nobiltà e ne imita i costumi.Accanto a questa cerchia di famiglie vive il complesso più vasto di famiglie contadine, artigiane e commercianti che riconoscono alla donna, per la sua collaborazione al lavoro comune, diritti patrimoniali più ampi di quelli attribuiti nelle città alle donne della nobiltà o della borghesia; al capo

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famiglia si riconoscono i poteri necessari per dirigere un’azienda agricola. Tutto questo è dovuto allo spirito religioso profondamente sentito in queste famiglie e alla loro solidarietà.Speciali norme di divisione del patrimonio prevalgono sul diritto comune della successione ereditaria: la comunità familiare persiste nelle campagne anche dopo la morte del suo capo; le “fraterne” costituiscono ancora aziende collettive sotto la direzione del fratello o del parente più anziano.Il patrimonio comune, indiviso, serve ai bisogni dei componenti della comunità e per costituire le doti delle figlie, che passano con le nozze ad altra famiglia, per restituire la dote alla vedova che in seguito alla morte del marito intende passare a nuove nozze o far ritorno alla famiglia d’origine.E’ possibile trovare una corrispondenza, presso le famiglie nobili e borghesi, nei “monti di famiglia”, cioè capitali posti in comune le cui rendite erano destinate a provvedere a particolari necessità della prole e ad assicurare la dote alle figlie monache o coniugate.

6. La potestà paterna: La condizione dei figli maschi era assai severa anche per il primogenito e per quelli che restavano nella casa paterna: la patria potestà era infatti vitalizia e persisteva anche sul figlio maggiore e, se coniugato e con prole, sulla sua prole. A tal potere si poteva sottrarre solo chi, vivendo a separata economia, si fosse recato ad abitare fuori della casa paterna: con tale separazione si poneva fine alla responsabilità paterna per l’operato del figlio. Alla potestà del padre era possibile sottrarsi anche mediante un atto formale di emancipazione, ma era considerata una sanzione simile a diseredazione o carcerazione.L’autorità paterna veniva meno sui figli che avessero conseguito certe cariche pubbliche , certe dignità ecclesiastiche, ma a quelle stesse cariche o dignità i figli non sarebbero potuti giungere contro o senza il volere del padre. Era infatti in gioco il potere politico della famiglia nello stato, un potere la cui conservazione poteva consentire deroghe al rigido e perpetuo esercizio della potestà paterna.Al potere politico la famiglia univa la direzione dell'attività esercitata presso ogni ceto, da quello della nobiltà a quello della famiglia con attività commerciali o bancarie, agli agricoltori. L'azienda era tipicamente famigliare. La disciplina dei peculi poteva consentire ai figli di famiglia solo qualche limitata disponibilità, la vita sul mare apriva qualche più ampio spazio di libertà.

7. I privilegi della linea maschile e della primogenitura: Nella famiglia, indipendentemente dalla sua composizione e dal suo stato sociale, l’autorità è riservata normalmente ai maschi con il privilegio della primogenitura.Fedecommessi, maggioraschi, seniorati perseguono lo scopo di fare convergere in un unico erede maschio (il primogenito maschio) la maggior quantità di beni possibile insieme con l’autorità su tutti i componenti della famiglia.La normale successione ereditaria esclude o limita in modo radicale i diritti delle donne. L’uguaglianza è derogata da norme o convenzioni: si possono ricordare le rinunce che, all’atto della costituzione della dote, le figlie facevano espressamente ad ogni ragione successoria futura anche a nome dei propri discendenti; per maggiore sicurezza quelle rinunce venivano fatte giurare facendo assegnamento sull'orrore per lo spergiuro. Le figlie passavano dall'autorità del padre o del fratello a quella del marito o del suocero.Anche i figli maschi cadetti non avevano miglior sorte delle loro sorelle, la famiglia, in tutti i suoi membri, era subordinata a interessi che non le erano propri; neppure il primogenito era libero finché rimaneva in vita il padre o l’avo. Quel che è certo è che l’inferiorità giuridica della donna si manteneva costante durante l’intero svolgimento della sua vita familiare.La moglie è in ogni momento soggetta all’autorità del marito, come prima lo era stata a quella del padre o del fratello. Non ha alcuna capacità di agire, ed ogni suo atto della vita civile deve essere integrato dalla volontà del marito o del suocero.Diritto canonico e diritto civile confliggono: la donna è protetta dal diritto canonico per quel che riguarda il suo libero consenso alla formazione di una nuova famiglia, ma il diritto civile non si è posto per la stessa strada. Si esclude la donna dalla successione, esigendo quale compenso che la dote sia congrua, cioè adeguata alle condizioni sociali della famiglia della sposa e a quelle dello sposo.Nel caso di vedovanza, alla donna più che le disposizioni legali provvedono la costituzione della dote, la destinazione dei lucri dotali, la costituzione di appositi lucri vedovili, la controdote e la comunione dei beni -> istituti che variano a seconda degli usi locali e della generosità del marito e dei parenti.

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8. La famiglia dell’ancien régime nella Francia: Ancor più severa che negli stati italiani era la disciplina della famiglia nel regno di Francia.La famiglia è trasformata in una società sempre più chiusa e i suoi componenti sono sempre più limitati nei loro diritti. La legislazione regia aveva aggiunto a quello canonico nuovi impedimenti, prevalentemente di carattere sociale, per la celebrazione del matrimonio ed aveva preteso il consenso dei genitori al matrimonio dei figli fino a 30 anni di età per i maschi e a 25 per le femmine anche se vedove; Pene: nullità del matrimonio, diseredazione, morte. L’individuo era sacrificato alle convenienze sociali (che vedevano nel matrimonio un’unione di famiglie e non di persone) e alla grandezza dello stato, che su tali famiglie fondava la sua potenza.I doveri dei padri verso i figli erano definiti dalle regole morali in modo chiaro e preciso; i loro diritti erano invece stabiliti dalle leggi in modo diverso nelle due grandi aree giuridiche, nelle quali la Francia era distinta:- regioni nord-orientali(pays de droit coutumier): prevaleva la consuetudine; qui l’autorità domestica, che spettava congiuntamente al padre e alla madre, cessava tra i 20 e i 25 anni secondo le consuetudini oppure con il matrimonio.-regioni sud-occidentali(pays de droit écrit): era legge il diritto romano-giustinianeo; l’autorità paterna si estendeva sulle persone e sui beni dei figli e sui figli dei figli per tutta la vita del padre o dell’avo, non potendo cessare che per atto formale di emancipazione.

Più dura era la legislazione regia, che gravava sull’intero territorio nazionale dove veniva applicata con rigore dai Parlamenti.- Ai genitori era riconosciuto il diritto di fare imprigionare i figli colpevoli di disobbedienza alla loro autorità o di condurre vita disordinata o libertina. Ai figli che contraevano nozze senza il consenso dei genitori era comminata la pena della diseredazione, cui si aggiungeva la pena di morte.- Le nozze con persone di rango sociale inferiore non costituivano soltanto lesione dell’autorità paterna ma anche uno scandalo e un disordine che minacciava la stabilità delle istituzioni. Alla gravità del reato corrispondevano pene adeguate: dal carcere alla diseredazione alla morte.Per la preoccupazione di conservare la dote, sottraendola ad ogni pericolo di dissipazione da parte del marito, la giurisprudenza accordò alla donna coniugata la domanda in separazione dei beni dotali; ma con ciò la donna perde il diritto di alienare gli immobili di sua proprietà senza l’autorizzazione del marito. Queste regole erano sorrette dal consenso generale. Il clero non si oppose al costume locale.

9. Nuove idee sulla famiglia: Prima della rivoluzione i “philosophes” erano giunti a riconoscere:- nella famiglia (intesa come coppia + figli) una società naturale, anzi la sola società naturale;- nel matrimonio un contratto civile, che gli sposi devono poter concludere liberamente, al di fuori di qualsiasi intervento o pressione altrui, conservando la facoltà di recedere da esso con il divorzio.La potestà maritale è riconosciuta necessaria e legittima, ma entro precisi limiti;La potestà paterna deve essere esercitata nell’interesse personale dei figli, non più del gruppo familiare o del casato. In questo modo la famiglia viene liberata dalle funzioni politiche ed economiche. -> vengono respinte opinioni fino a quel momento dominanti nella scuola del diritto naturale, come quella dei seguaci di Hobbes avevano giustificato l’assolutismo familiare stabilendo una falsa analogia tra il governo domestico e il governo politico. Ora invece si vuole superare la subordinazione della famiglia allo stato, realizzando nella storia l’idea della famiglia naturale.Il modello per attuare tale sorpasso è offerto da Locke, che aveva riconosciuto una sola famiglia, quella naturale anteriore e indipendente dallo stato, e aveva respinto il dispotismo paterno e quello maritale, l’asservimento dei figli, il loro diseguale trattamento, perché non giustificati da nessuna legge naturale.L’illusione di trasformare in diritto storico il diritto naturale anima i progetti di riforma dei rivoluzionari -> i legislatori rivoluzionari si sforzano di attuare modelli di società di Diderot, Voltaire, Rousseau, creando un diritto coerente con le loro idee filosofiche e trascurando sapienti costruzioni del giurista conoscitore di tradizioni. Principio fondamentale è il primato dell'individuo in società di uomini liberi e uguali.Per quanto riguarda la famiglia, l’idea dominante è quella di trasformarla in una società fondata sulla natura, sulla libertà e sull’uguaglianza. Si vuole realizzare una famiglia indipendente dallo stato, costituente un corpo autonomo nella disciplina della propria vita e pertanto dotata di un proprio tribunale domestico istituito nel seno della famiglia stessa con prevalenti fini di conciliazione.

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Lo stato interverrà nella vita familiare nella minor misura possibile. I tribunali pubblici giudicheranno solo in appello e in ultima istanza. 10. La legislazione della rivoluzione francese: Una concezione laica e borghese sta alla base della legislazione rivoluzionaria francese tra il 1789 e il 1795. Si persegue l’intento di esaltare la famiglia, liberandola da tutte le influenze religiose, politiche, economiche, in particolare dalle istituzioni feudali, dai privilegi dei nobili, per riportala alla natura e al sentimento, ma, attraverso un esasperato processo di laicizzazione, si giunge a provocare una grave crisi dell’istituto familiare.Liberata la famiglia da influenze statali, si intende assicurare la libertà dell’individuo rispetto alla famiglia stessa: i futuri sposi che abbiano raggiunto l’età di 21 anni, non devono più attendere il consenso dei familiari per il loro matrimonio; con ciò la patria potestà è svuotata di una delle sue attribuzioni più importanti, poiché il consenso dei parenti aveva la funzione di impedire le nozze con soggetti di ceto sociale inferiore.Ogni spirito religioso è eliminato dal diritto di famiglia: vengono secolarizzati gli atti dello stato civile e il matrimonio, nel quale si riconosce un mero contratto civile. Si sopprimono gli impedimenti stabiliti dalla chiesa: mentre i canoni vietano il matrimonio fino al quinto grado, il diritto della rivoluzione, la “legislation intermediaire”, consente il matrimonio tra zii e nipoti, oltre che tra cugini germani. L’impedimento sussiste solo in linea retta, tra fratello e sorella. Il matrimonio dei preti è autorizzato dall’Assemblea Legislativa, sopprimendo nello stesso tempo il celibato imposto ai religiosi dal diritto canonico.

Vengono eliminati anche gli impedimenti posti dallo stato: - il consenso dei genitori non è più richiesto se gli sposi hanno compiuto 21 anni;- ridotto il matrimonio ad un semplice contratto, si autorizza il divorzio in quanto espressione della libertà dell’uomo. Si autorizza così il divorzio (20 settembre 1792), ritenuto necessario per la felicità dei coniugi e della società, aiuto ai giovani inesperti, strumento di liberazione della donna dal dispotismo maritale. Il divorzio può seguire per mutuo consenso degli sposi; può aversi anche quando uno degli sposi ne abbia chiesto la pronuncia, adducendo incompatibilità di umore o di carattere. Può essere ottenuto da ciascuno degli sposi anche quando sussista una fra le 7 cause riconosciute dalla legge: Per demenza, follia, o furore di uno degli sposiPer la condanna di uno di essi a pene afflittive o infamantiPer delitti, sevizie o ingiurie gravi di un coniuge verso l’altroPer notoria sregolatezza di costumiPer l’abbandono durato almeno 2 anniPer l’assenza di almeno 5 anni senza aver dato notizia di séA motivo della emigrazione politica, nei casi previsti dalla leggePer favorire il divorzio si sopprime la separazione coniugale; essa sembrava contrastare col principio della libertà individuale poiché, presupponendo il dovere della fedeltà coniugale, non consentiva di contrarre nuove nozze. Infine, nell’aprile 1794, si ammette il divorzio senza necessità di indicarne i motivi e accordandolo nei termini più brevi possibili.

Si passa dunque ad una totale laicizzazione del matrimonio e della famiglia, ci si stacca completamente dall’idea della famiglia portata avanti dalla dottrina cristiana che concepiva la famiglia come una società naturale fondata sul matrimonio e sulla procreazione, società indissolubile con una finalità etico religiosa; viene meno il carattere sacramentale del matrimonio, ora visto come puro contratto civile.L’uguaglianza nella famiglia viene perseguita imponendo come regime legale il sistema della comunione dei beni, che costituisce un rapporto di carattere associativo, il più adatto ad assicurare la collaborazione tra i coniugi, a scapito dell’autorità maschile; però il marito conserva la supremazia sull’amministrazione dei beni comuni, limitata solo dalle garanzie accordate alla moglie.In realtà alla donna non è riconosciuta piena uguaglianza, la soppressione dei privilegi della mascolinità trova attuazione completa solo nel diritto successorio; per quanto i filosofi avessero proclamato la loro condanna del dispotismo dell’uomo e la piena parità dei sessi sul piano di natura, le

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assemblee rivoluzionarie non giunsero al riconoscimento di tale pienezza di diritti. La potestà maritale fu conservata.

Nel terzo progetto di Cambaceres, la natura è invocata in senso inverso per negare l’uguaglianza dei coniugi nell’amministrazione dei beni comuni; l’uomo conserva sulla donna una superiorità naturale. È la fine anche della patria potestà, ritenuta contraria ai diritti dell’uomo; la sostituisce un’autorità familiare che appartiene ad entrambi i coniugi e dura solo finché i figli hanno bisogno di protezione: tale autorità, infatti, cessa con la maggiore età (21 anni), la emancipazione o il matrimonio dei figli.La patria potestà è privata degli strumenti più forti:- La diseredazione e la riduzione della legittima non sono più possibili;- Il padre perde il diritto discrezionale di far incarcerare il figlio: la sanzione deve essere approvata dal tribunale di famiglia e confermata dal presidente del tribunale del distretto; tale pronuncia non può aver luogo dopo che il figlio ha compiuto 21 anni e non può superare l’anno di detenzione.

Per ampliare la famiglia si favorisce l’adozione. I figli naturali, in confronto al principio di uguaglianza, sono assimilati ai legittimi nei diritti successori; ma i figli adulterini ricevono soltanto 1/3 della quota alla quale avrebbero avuto diritto se fossero nati dal matrimonio legittimo.La Convenzione aveva così riconosciuto uguaglianza dei figli naturali agli effetti della successione legittima (dal 1793 i figli naturali ereditano dai genitori con effetto retroattivo alle successioni aperte dopo il 1789, e dai parenti collaterali senza retroattività), ma non li aveva introdotti nella famiglia, ne li aveva sottoposti a potestà paterna, essendo questa limitata alla famiglia legittima.

Per ragioni di ordine sociale e morale era esclusa la ricerca della paternità non confessata, la prova della filiazione era difficile e si poteva fare solo mediante riconoscimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile e in seguito a scritti del padre.La ragione più profonda delle assimilazioni dei figli naturali ai legittimi e della loro parità di trattamento anche agli effetti successori sta nel principio di uguaglianza. Tutti i figli hanno diritto a succedere in quote uguali, viene soppresso il regime feudale, cadono i privilegi della primogenitura e della linea maschile. Il testatore può disporre soltanto della decima parte dei suoi beni, se lascia discendenti; della sesta se lascia collaterali; in nessun caso però può servirsi della quota disponibile per avvantaggiare un figlio rispetto ad un altro. [Disciplina assurda è quella della successione ereditaria data con legge del 1794: scopo dominante è quello di frazionare patrimonio in una fitta schiera di eredi per evitare grossi patrimoni in capo a una persona, pericolosi per l’esistenza dello stato repubblicano.]

Molte delle riforme introdotte hanno precedenti nel “costume” o in usi locali; l’originalità del diritto rivoluzionario consiste nell’averle combinate insieme riducendole a unità.I rivoluzionari non vogliono distruggere l’istituto familiare ne sono ostili al matrimonio; vorrebbero abbattere la famiglia antica, interamente alle dipendenze del padre, per sostituirla con un’altra dove ci sia meno autorità e più affetto, dove i poteri sono divisi e i capi controllati da un’assemblea o consiglio di famiglia che decide della sorte di ognuno. (È un’utopia) Per fare ciò occorre trasformare l’uomo e pertanto ci si preoccupa dell’educazione e della scuola; si vuol far affermare l’individualismo. Contro le assemblee si leverà presto l’accusa di aver fatto perdere ogni dignità al matrimonio e alla famiglia legittima, facilitando in modo eccessivo il divorzio e favorendo i figli naturali.Dal 1795 con la caduta di Robespierre si cerca di tornare indietro nella disciplina della famiglia. Non solo si restituiscono dignità e prerogative alla famiglia legittima, ristabilendo in primo luogo la differenziazione tra figli legittimi e figli naturali, ma si ritorna anche su principi di libertà e uguaglianza. Se nel 1793 si voleva l'uguaglianza dei sessi, nel 1796 si ritorna alla supremazia del marito. Tra il 1795 e il 1804 il legislatore interviene per limitare l'attuazione delle leggi sul divorzio e per limitare la crisi del matrimonio. Si mantengono fermi la soppressione dei diritti signorili e degli impedimenti matrimoniali, il rifiuto di qualsiasi elemento del sistema feudale e il rifiuto del diritto canonico nella disciplina della famiglia.

11. La legislazione repubblicana in Italia: L’armata di Napoleone porta in Italia, con la rivoluzione, le nuove idee sulla società familiare. Le prime leggi giacobine risultano essere molto incisive laddove affermano, in nome dell’uguaglianza dei cittadini, l’abolizione di ogni distinzione di nascita e la

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soppressione dei retratti gentilizi e dei fedecommessi. La legislazione giacobina, inoltre, disciplina con criteri di maggior equità i diritti di successione della donna e dei figli cadetti.Un contributo per una più approfondita conoscenza di questo periodo è dato dalla scoperta del “projet du code civil de la Republique Romaine” dell’anno 1798. Il testo del Progetto destinato a Roma era stato redatto sullo schema del terzo Progetto di Codice Civile per la Repubblica francese compiuto da Cambaceres nel 1796; ma rispetto a quest’ultimo presenta importanti modificazioni sostanziali e formali.Per quanto riguarda il diritto di famiglia, il testo del Cambaceres viene, oltre che abbreviato e semplificato, profondamente innovato per adeguarlo alla particolare situazione locale.In materia di stato civile si riconosce una relativa efficacia ai registri parrocchiali; le novità più importanti però si trovano in materia di scioglimento del vincolo matrimoniale, non ammettendosi come cause la morte civile e il divorzio, che erano invece previste dal modello francese (il legislatore ha voluto tenere in considerazione le prevedibili reazioni di una popolazione fedele alle proprie convinzioni religiose).Si riconosce perciò soltanto la separazione coniugale, ignota al progetto francese dove era sostituita dal divorzio, ammettendo per la separazione le stesse cause previste in Francia per il divorzio.N.B. Il Progetto destinato alla Repubblica Romana è importante poiché consente di conoscere la politica legislativa del Direttorio nei territori italiani occupati; esso rivela l'abbandono sistematico dei programmi giacobini per la Francia stessa e un indirizzo politico conservatore che tende a rafforzare l'autorità nello stato a scapito dei principi di libertà e di uguaglianza e conferma la forza della resistenza italiana a certe novità introdotte dalla rivoluzione francese, in primo luogo il divorzio.

L’attaccamento alle tradizioni è forte in Italia: qua e là resiste il requisito del consenso paterno per la validità delle nozze dei figli (anche dopo la maggiore età); il matrimonio civile, introdotto nella Repubblica Cisalpina con la legge 24 luglio 1797, stenta a farsi strada, nonostante i precedenti giuseppini; i poteri del padre di famiglia non vengono intaccati a fondo; gli elementi religiosi sono, almeno in parte, rispettati. Nei confronti della comunione dei beni tra i coniugi e nei confronti del divorzio c’è una decisa avversione dell’opinione pubblica, del clero e dei giuristi.L'apporto italiano alla legislazione civile dell'età napoleonica non fu notevole: non aveva avuto seguito la dichiarazione di Caprara (commissorio del direttorio per la repubblica Cispadana) che alla fine del 1797 aveva preannunciato la pubblicazione di nuovi codici destinati a sostituire l’ammasso di leggi di Giustiniano e le costituzioni dei Papi. Non ebbero maggiore successo le iniziative della Repubblica Cisalpina e di quella Italiana per realizzare Codici nazionali mediante l'opera di giuristi italiani: i progetti di Codice Civile redatti da Alberto De Simoni per la Repubblica Italiana nel 1802-1803 dovettero cedere il passo di fronte all'introduzione del Codice Napoleone. Di questi progetti, per quanto concerne il diritto di famiglia notiamo:- la rivendicazione della disciplina del matrimonio alla competenza dello stato;- la riaffermazione del principio dell’indissolubilità del vincolo;- il divorzio, inteso come scioglimento del contratto, era ammesso solo per l’attentato di uno dei due coniugi alla vita dell’altro nonché per l’adulterio della moglie accompagnato da scandalo e per quello del marito che tenesse in casa la concubina contro la volontà della moglie e con scandalo pubblico.In ogni caso era favorita la riappacificazione tra coniugi; prima della pronuncia della sentenza ogni atto di riappacificazione estingueva l’azione per il divorzio; dopo che la sentenza era stata pronunciata i coniugi non potevano contrarre nuovo matrimonio se non fosse trascorso un anno, entro il quale potevano riappacificarsi e rinnovare il loro matrimonio.

Era conservato l’istituto della separazione coniugale: nel caso di sevizie o di cattivi trattamenti o di altri gravi motivi, il coniuge offeso poteva chiedere al giudice la separazione “del tetto e della mensa”.Si introduceva la comunione dei beni tra coniugi, ma solo per convenzione e limitata agli acquisti; scompariva invece dal secondo Progetto la società fraterna che era ancora presente nel progetto del 1802. Era confermata la soppressione dei fedecommessi mentre si riconosceva effetto alle sostituzioni pupillari volgari ed esemplari.Si supera il principio di uguaglianza tra marito e moglie: la donna non può stare in giudizio, donare, alienare, ipotecare e obbligare i propri beni senza il consenso del marito a meno che la donna stessa non eserciti pubblicamente un traffico e negozio di testa propria.

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La patria potestà continua ad essere perpetua: può essere sciolta solo con il consenso o con la morte del padre.Le esigenze di liberta familiare di Beccaria e Filangeri non avevano avuto un gran seguito. Nel progetto del De Simoni, il diritto dell'ancien regime sopravvive nell'istituto dell'autorità assoluta e vitalizia del padre che qualificava il regime della famiglia. E’ conservato l'istituto della morte civile per chi sia stato condannato alla pena dell'ergastolo o abbia fatto professione religiosa.

12. Il diritto di famiglia nel codice napoleone: Il Progetto del Code civil des Francais, opera di una commissione di 4 membri, era stato sottoposto dal Primo Console Napoleone Bonaparte al parere del Tribunale di Cassazione e di tutti i tribunali d’appello; venne poi esaminato dal Consiglio di Stato. Entrò in vigore in Francia con la legge 30 ventoso anno XII (21 marzo 1804).Con il Codice Napoleone tornano a farsi sentire i tradizionali principi etici, soprattutto in materia di matrimonio e di divorzio. La famiglia cessa di essere soggetto di diritti. Il padre è di nuovo il signore della casa.Per contrarre il matrimonio i figli devono ottenere il consenso dei genitori (nel caso di dissenso tra loro, quello del padre) fino all’età di 25 anni se maschi, di 21 se femmine. Dopo tale limite, a qualsiasi età, essi dovranno sempre compiere “atti rispettosi” che sollecitino il parere dei genitori: tale richiesta deve essere rinnovata 3 volte fino a 25 anni per le figlie, fino a 30 per i figli.Per l’adozione è richiesta l’autorizzazione dei genitori dell’adottando fino a 25 anni, e il loro parere, senza limiti di età.Per il rispetto e l’onore dovuto ai genitori, in loro difetto agli ascendenti, il figlio deve ricercare il loro consenso; la legge richiede 3 atti rispettosi compiuti di mese in mese mediante atto autentico notificato a mezzo di notaio; il figlio non può passare sopra il consenso dei genitori che un mese dopo aver compiuto il terzo atto. Superato il 30° anno di età, bastava un solo atto rispettoso.Per consentire ai genitori dei futuri sposi di usare il diritto di opposizione loro consentito dalla legge, il Codice Civile richiedeva due pubblicazioni fatte con 8 giorni di intervallo.Non è più il caso di parlare di uguaglianza della donna: la donna coniugata è soggetta al potere del marito ed è civilmente incapace; esce dalla tutela della propria famiglia per passare sotto l’autorità del marito, dal quale deve sempre avere l’autorizzazione per ogni atto di rilievo. L’adulterio della donna torna ad essere represso dal Codice Penale del 1810.La situazione della vedova è particolarmente dura, tanto più che il nuovo diritto non le riconosce neppure quei lucri vedovili che il medioevo aveva trasmesso all’ancien regime.Il divorzio è tollerato, ma subisce molte limitazioni. È esclusa l’ammissibilità del divorzio per incompatibilità di carattere. Viene ammesso il divorzio per mutuo consenso, ma sotto condizioni che lo rendono difficile: - non può aver luogo prima che siano trascorsi 2 anni dal matrimonio ne dopo 20- il marito deve avere più di 25 anni, la moglie più di 21 e meno di 45- deve in ogni caso essere autorizzato dal padre e dalla madre o dagli altri ascendenti viventi.- il reciproco consenso deve essere espresso 4 volte nel corso dell’anno- i coniugi divorziati non possono rimaritarsi che dopo 3 anni e i loro figli hanno diritto alla metà dei beni

Tali e tante limitazioni rivelano in modo evidente l’ostilità al divorzio per mutuo consenso.Per quanto riguarda il divorzio per cause determinate, queste vengono ridotte d a 7 a 3:- adulterio della donna o introduzione della concubina nella casa familiare da parte del marito;- eccessi, sevizie o ingiuria grave;- condanna a pena infamante.La Restaurazione (8 maggio 1816) sopprimerà il divorzio.

Come ha notato Solari, la perpetuità e la stabilità del vincolo tornano ad essere l’ideale del matrimonio.Viene ristabilito l’istituto della separazione coniugale per andare incontro ai cittadini cattolici. Il divorzio è riconosciuto solo come rimedio ad uno stato anormale provocato dal malvolere e dalla depravazione dei coniugi; anche nel divorzio l’uguaglianza della donna è finita: il marito può chiedere il divorzio per adulterio della moglie, la moglie solo nel caso che il marito abbia introdotto la concubina nella casa della famiglia. L’obbligo della fedeltà non è uguale per i coniugi; mentre la moglie adultera può essere condannata alla prigione da 3 mesi a 2 anni, non vi è invece alcuna sanzione per

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l’adulterio del marito, il quale può essere punito con un ammenda da 100 a 2000 franchi, solo nel caso in cui egli avesse tenuto una concubina nella casa coniugale.La giustificazione di una tanto notevole disparità di pene trovava fondamento nella convinzione allora diffusa che l’adulterio della donna implicasse una maggiore corruzione e fosse più pericoloso, in quanto poteva introdurre nella famiglia un figlio di altri (figlio illegittimo).

Nel codice Napoleone ritorna, accanto alla comunione dei beni tra coniugi, il sistema dotale: tuttavia, quando viene scelto il regime dotale, alla moglie è tolta la facoltà di disporre dei beni parafernali (= beni di proprietà della moglie non costituiti in dote) senza il consenso del marito.Gli sposi sono liberi di scegliere il regime che preferiscono, anche se il Codice attribuisce alla comunione una posizione privilegiata: il matrimonio si intende concluso sotto il regime della comunione quando ciò è dichiarato e quando i coniugi non si sono espressi; N.b. non si tratta della comunione universale di tutti i beni, ma soltanto dei mobili e degli acquisti. L’amministrazione è affidata al marito, per garantirne il buon funzionamento, ma di fatto la moglie viene a trovarsi associata alla gestione del marito: infatti la donna ha un’ipoteca legale sugli immobili del marito a garanzia dei propri diritti e deve intervenire con il proprio consenso, rinunciando alla sua ipoteca, tutte le volte che il marito intenda disporre di uno dei propri beni immobiliari. Il regime legale, con l’inalienabilità dei beni immobili costituiti in dote, mira ad assicurare una rendita certa alla coppia coniugale e a costituire un patrimonio destinato ad essere trasmesso di generazione in generazione.Ai figli provvede anche un altro istituto: la riserva, che si propone di assicurare loro i mezzi indispensabili per l'esistenza vincolando la libera facoltà di disposizione a causa di morte dei genitori, tenuti a riservare ai figli la metà dei beni quando vi sia un solo figlio, i 2/3 con 2 figli, i ¾ se più figli; e lo stesso obbligo è imposto ai figli nei confronti dei genitori. Il legislatore riconosce importanza alla famiglia mentre non riconosce al coniuge sopravvissuto alcuna riserva né diritto di successione (mentre sino alla rivoluzione, si preoccupava di garantire al coniuge un lucro vedovile o cmq mezzi di sopravvivenza): nell’ordine dei successibili ascendenti, discendenti e collaterali fino al 12° grado prevalgono sul coniuge e quest'ultimo non ha nemmeno diritto all'usufrutto; il coniuge è posto all’ultimo grado, precedendo solo lo stato.La moglie non è presa in considerazione per sé nella successione legittima, ma lo sono i suoi figli; il patrimonio del defunto viene diviso in 2 parti uguali: una attribuita alla linea paterna, l’altra attribuita alla linea materna, nella persona del parente più vicino.L’autorità paterna ritorna ad essere il fondamento più sicuro dell’ordine sociale; la famiglia torna ad essere costruita sul modello monarchico: c’è un parallelo politico tra sovrano e padre come capi gerarchici. Persiste la totale laicizzazione introdotta dalla rivoluzione, senza che ciò contrasti nel Codice con l’accoglimento dei principi di diritto canonico.Il Codice Napoleone non accoglie l’idea della famiglia naturale sostenuta dalla rivoluzione poiché nasce la famiglia legittima della società borghese; la legislazione napoleonica ha carattere borghese: accetta tutte le conquiste della rivoluzione nel campo della proprietà privata e rifiuta la disciplina della famiglia; si ristabilisce il principio di autorità in sostituzione del principio di libertà caratteristico della “legislation intermediaire”.Alla famiglia legale è concesso uno spazio limitato dalla disciplina napoleonica dell'adozione. Il codice ammette solo l'adozione dei maggiorenni, accordata come consolazione dell'adottante privo di figli eche abbia superato, con il raggiungimento dei 50 anni , l’età che invita al matrimonio.La finalità che i rivoluzionari avevano attribuito all'adozione (uguaglianza tra uomini tramite frazionamento dei beni) è del tutto abbandonata.La posizione dei figli illegittimi è peggiorata: sono esclusi dalla successione ereditaria. La ricerca della paternità è vietata. Napoleone arriva ad ammetterla solo nel caso che il momento del concepimento del figlio coincide con quello del ratto e, anche in questo caso, resta nell’arbitrio del tribunale decidere il riconoscimento della paternità.Quanto ai figli naturali riconosciuti volontariamente, essi hanno diritto esclusivamente agli alimenti quando i loro genitori sono in vita e alla successione ai genitori nella misura di 1/3, della metà e dei ¾ di ciò che spetterebbe a loro se fossero figli legittimi, a seconda che concorrono con discendenti, ascendenti o fratelli e sorelle o collaterali. Per i figli incestuosi o adulterini è peggio -> Napoleone vuole dare dignità alla famiglia legittima.

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Il principio giacobino dell’uguaglianza tra figli legittimi e naturali è del tutto dimenticato, si accordano soltanto limitati diritti di successione ai figli naturali, che possono succedere solo al padre e alla madre in quote variabili da 1/3 a ¾ rispetto a quelle dei figli legittimi.Inoltre il Codice Napoleone ha segnato la fine del casato della nobiltà, come corpo politico, per frazionare i patrimoni (anche se, con un senatoconsulto del 1806 si diede vita ad un complesso di grandi famiglie accanto al trono).La legge favorisce, mediante il divorzio e l’emancipazione, l'autonomia dei membri della famiglia ma non assicura l'indipendenza effettiva, in particolare economica, dei figli maggiorenni o della donna divorziata. Il codice ha riconosciuto alla famiglia talune funzioni di ordine o interesse pubblico: provvedere all’educazione democratica e patriottica dei figli, costituire il vivaio dei futuri funzionari.Il matrimonio costituisce un'obbligazione sociale, non è un mero patto naturale o una convenzione civile, ma è un trattato pubblico.

13. Il diritto di famiglia nel Regno Italico: In Italia il Codice Napoleone contribuì a dissolvere il tipo tradizionale della famiglia costituita secondo il diritto comune e a stabilire una parità di diritti tra i figli; non viene seguito per quel che riguarda la disciplina dei rapporti patrimoniali tra i coniugi (continuò ad essere preferito il sistema dotale) e in tema di scioglimento del vincolo -> i divorzi sono rarissimi: da alcune fonti (Benedetto Croce) si ricava che nel regno di Napoli ci furono solo 3 casi di divorzio; altri sono giunti alla conclusione che i divorzi in Italia potrebbero essere stati complessivamente a 19.La documentazione può essere rintracciata tra i rogiti notarili negli Archivi. Per la città di Milano un caso di divorzio è stato rintracciato tra gli atti del notaio milanese Innocenzo Valsecchi: si tratta di un caso di scioglimento del vincolo per mutuo consenso. Il fascicolo comprende tutti gli atti e i documenti, ma non la sentenza di divorzio. La vera causa del divorzio va rintracciata nei rapporti tra le rispettive famiglie: lo sposo, 24enne, nativo di Lugano ma abitante nella contrada della Spiga in Milano, era un negoziante di 6 anni più giovane della sposa, già 30enne e appartenente a famiglia di possidenti, che vivevano delle loro rendite. Il matrimonio non era gradito alla famiglia della sposa, che dopo la celebrazione del rito civile, fu dissuasa dal dare seguito alle nozze stesse. La convivenza tra i coniugi non si attuò, non essendo stato celebrato il matrimonio canonico.I verbali documentano il pieno rispetto delle norme del Codice Napoleone nel processo di divorzio:- lo sposo era maggiore di 25 anni;- la sposa era di età superiore a 21 anni e inferiore a 45;- il matrimonio civile era stato celebrato da più di 2 anni;- gli sposi avevano rinnovato il consenso al divorzio nei termini prescritti;- i loro genitori avevano pure dato il loro assenso.- il giudice aveva infine rivolto agli sposi le esortazioni previste dall’art 282, facendo loro presenti le conseguenze del divorzio consensuale.Il matrimonio si presenta, nelle classi socialmente elevate, come un contratto concluso secondo ragione, con l’intervento di mediatori ed il consenso dei parenti.Conseguenza dell’introduzione del matrimonio civile era stata la duplice celebrazione del matrimonio.È opinione tradizionale che il regime della comunione dei beni tra coniugi, quale era previsto dal Codice Napoleone, non abbia avuto successo in Italia.Appare invece seguita la norma del Codice Napoleone che richiede il compimento di “atti rispettosi” da parte dei figli di età superiore ai 25 anni, se maschi, ai 21, se femmine, per contrarre il matrimonio.Per assurdo gli effetti del codice napoleone andarono accentuandosi dopo che ebbe cessato di avere vigore per raggiungere poi la punta più elevata nella prima codificazione dell'Italia unita.

14. I codici italiani della restaurazione: E’ tipica della codificazione la tendenza a pianificare la società mediante nuovi ordinamenti sistematici e costruttivi con la convinzione che la volontà del legislatore possa creare una società migliore. E pertanto ogni codice è qualificato dai principi ai quali si informa e dalle finalità chepersegue. In Italia, ogni stato della restaurazione accetta, in tutto o in parte, il sistema del diritto codificato adeguandosi normalmente al modello napoleonico. A tale modello non è favorevole la politica legislativa per quanto riguarda il diritto di famiglia e gli istituti ad esso collegati. Le ragioni di tale disattenzione si trovano:

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- nell’abbandono di rigide premesse giusnaturalistiche,- nell’instaurazione di più sereni rapporti con la chiesa,- nella volontà di conservare una certa struttura famigliare per mantenere un certo tipo di società e di stato: si voleva conservare la famiglia tradizionale che risponde alle esigenze di un’economia agricola.Si cercò pertanto di dare una soluzione al problema della competenza delle due giurisdizioni, civile e canonica; il favore delle codificazioni italiane per il diritto canonico è messo in luce dalla disposizione posta a capo del complesso di norme volte a regolare la materia matrimoniale per la quale il matrimonio si celebra secondo le regole e con le solennità prescritte dalla Chiesa cattolicapur nel rispetto dei diritti degli acattolici. Ma non tutte le legislazioni trassero da questa affermazione di principio coerenti conseguenze. Il più rigoroso fu il codice Albertino che, non solo riconosce effetti civili al matrimonio canonico (secondo quanto prevedono anche altre codificazioni), ma lascia quasi del tutto la disciplina dell’istituto all'autorità ecclesiastica non disponendo neppure impedimenti che incidessero sulla validità del vincolo: la mancanza del consenso del padre/avo, unico impedimento previsto dallo stato, ha puramente conseguenza patrimoniale.Per quanto riguarda le cause di nullità e di scioglimento del vincolo, mentre il codice di Parma (al pari di quello Estense) non prevede una normativa esplicita, dovendosi così ritenere la materia di competenza esclusiva della Chiesa, la legislazione albertina espressamente dispone che “il matrimonio non si scioglie che per la morte di uno dei due coniugi, e secondo le leggi della chiesa”, espressione che sembra ammettere la possibilità di scioglimento per dispensa del matrimonio rato e non consumato e per privilegio paolino.Il divorzio fu escluso in ogni caso per i cattolici e ammesso per i seguaci degli altri culti dal Codice Albertino, come da tutti i codici della Restaurazione, ad eccezione del codice per il Regno delle Due Sicilie.Il Codice di Parma mostra un incisivo intervento statuale in materia di separazione: la domanda di separazione proponibile dal coniuge doveva essere fatta davanti al tribunale del domicilio del marito, ed esclusivamente competente era il giudice civile.Il Codice Albertino sancisce la illiceità della separazione tra i coniugi senza l’autorizzazione del giudice ecclesiastico, non ritenendo sufficiente nemmeno il comune consenso dei coniugi. Il codice Estense afferma la competenza dell’autorità civile ma richiede l’approvazione del superiore ecclesiastico.Il codice Parmense dispone che prima della celebrazione del matrimonio, gli sposi devono presentarsi davanti al pubblico ufficiale del domicilio della futura sposa e dichiarare la loro intenzione di unirsi in matrimonio provando nello stesso momento, mediante l’esibizione di documenti, che non esistono impedimenti civili al matrimonio; il pubblico ufficiale deve fare speciale menzione, dell'esecuzione delle solennità richieste, sui registri di matrimonio rilasciando alle parti un'attestazione in forma autentica Entro 8 giorni dall’avvenuta celebrazione del matrimonio lo sposo deve consegnare al pubblico ufficiale la fede con la quale il parroco attesta la celebrazione del matrimonio. L’ufficiale di stato civile trascrive la “fede” nei registri di matrimonio civile e conserva l’originale che verrà depositato negli archivi a fine dell’anno.Disposizioni analoghe sono previste dal codice Estense.La mancata osservanza di queste formalità non è tale da incidere sulla validità del vincolo matrimoniale.

Il codice Albertino, a differenza degli altri due codici, non prevede alcuna trasmissione; infatti è il parroco stesso che provvede all’annotazione dell’avvenuto matrimonio sui registri dello stato civile che gli sono affidati. Tali registri dovevano essere compilati in duplice originale dal Parroco, che aveva l’obbligo a fine dell’anno, di trasmetterne una al prefetto della Provincia.

Il Codice per il Regno delle Due Sicilie, afferma la rilevanza del potere statale in materia matrimoniale.L’art 67 dichiara che il matrimonio si può legittimamente celebrare solo davanti alla Chiesa secondo le forme stabilite dal Concilio di Trento e prescrive che gli atto dello stato civile debbono precedere la celebrazione del matrimonio affinché questo possa produrre gli effetti civili, tanto riguardo ai coniugi che ai loro figli. Gli atti dello stato civile, che devono precedere il matrimonio, sono due: la notificazione, che per un periodo di 15 giorni dovrà rimanere affissa sulla porta della casa del comune dove ciascuno dei futuri sposi ha il domicilio; la solenne promessa fatta dagli sposi davanti all’ufficiale di stato civile. Dopo la celebrazione, il parroco invierà una copia di tale atto (che “farà fede” della

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celebrazione) all’ufficiale dello stato civile. Il pubblico ufficiale procede in seguito all’annotazione dell’atto nei registri comunali. Solo così il matrimonio sarà ritenuto per legge solennemente celebrato. Risulta evidente come la legislazione delle Due Sicilie attribuisca valore sostanziale alle formalità civili. Si delinea in tal modo un sistema matrimoniale “misto”, in quanto in esso si innestano necessariamente sia le formalità civili sia la celebrazione religiosa del matrimonio.

Per quanto riguarda le azioni di nullità, nel Regno delle Due Sicilie, la competenza è attribuita al giudice ecclesiastico, le cui sentenze sono valevoli agli effetti civili, ma il matrimonio che è stato dichiarato nullo dall’autorità ecclesiastica può produrre effetti civili relativamente ai figli, qualora sia stato contratto in buona fede; competenti a giudicare delle buona fede sono i tribunali civili.Questi sono inoltre competenti in via esclusiva in materia di separazione.Bisogna rilevare come la legislazione delle Due Sicilie sia la più decisa nell’affermare l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, escludendo per tutti, non solo per i cattolici, il divorzio: unica causa di scioglimento del vincolo è la morte di uno dei due coniugi.

I segni di profonde trasformazioni si avvertono intorno alla metà del secolo:- Nel 1850 la legge Siccardi abolisce nel Regno di Sardegna la giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale e rivendica allo stato la potestà di legiferare in tutto ciò che attiene ala matrimonio, preannunciando l’introduzione del matrimonio civile.- L’autorizzazione maritale si ritrova in tutti i codici preunitari, con una disciplina che riprende molto da vicino il Codice Napoleone, il quale imponeva l’assenso maritale per qualunque atto di donazione, alienazione, ipoteca, per stare in giudizio: il codice delle Due Sicilie è quasi una traduzione, mentre il codice parmense si muove sulla stessa linea del codice Napoleone, anche se la piena capacità di obbligarsi per la donna esercitante pubblico commercio viene ritenuta esistente solo nell’ipotesi di previo consenso del marito all’inizio dell’attività commerciale. Il codice albertino invece amplia la sfera di capacità della donna mercante, consentendole di stare in giudizio senza autorizzazione qualora si tratti di causa riguardante i suoi affari. Nel Granducato di Toscana ci si pronuncia in termini quasi identici, mentre il codice napoletano e quello napoleonico avevano negato tale possibilità.

Per quanto riguarda la patria potestà, con il codice di Parma si introduce la distinzione tra:Patria potestà naturale: spettante ad entrambi i genitori nei confronti dei figli;Patria potestà civile: riconosciuta all’ascendente maschio “in linea mascolina paterna che occupi il primo grado in famiglia” e dalla quale è esclusa la madre. Al titolare della patria potestà civile si attribuivano i poteri più incisivi di carattere personale e patrimoniale: diritto di castigo a seguito del cattivo comportamento in famiglia del soggetto sottoposto; arresto; diritto di usufrutto sui beni filiali destinato a durare sino al momento di estinzione della patria potestà (normalmente sino a 21 anni o per emancipazione espressa o matrimonio della figlia di famiglia).Il codice Estense sanciva una disciplina quasi analoga.Nel Regno di Napoli la patria potestà cessava con il compimento dei 25 anni, o prima in seguito ad emancipazione o matrimonio o costituzione di separata economia. L’usufrutto paterno durava sino a 18 anni e ne erano esclusi i beni acquistati con industria separata o pervenuti al figlio per eredità o donazione con l’espressa condizione che il padre o la madre non dovessero goderne.Nel codice Albertino la patria potestà era perpetua, salva emancipazione.Nel Granducato di Toscana invece la potestà paterna durava sino a 30 anni.Più liberali erano le leggi di Carlo Felice per la Sardegna per cui la patria potestà cessava per emancipazione dei figli, matrimonio o passaggio a separata economia; alla donna era riconosciuta parità di diritti rispetto ai maschi anche nelle successioni ereditarie.

Per quanto riguarda l’adozione, le linee fondamentali dell’istituto emergenti dal Codice Napoleone si ritrovano soprattutto nel Codice napoletano e piemontese, anche se entrambi se ne discostano nei particolari. Le conseguenze che scaturivano dall’adozione erano:- l’assunzione da parte dell’adottato del nome di famiglia dell’adottante, aggiunto a quello della propria famiglia originaria, nella quale conservava inalterati i suoi diritti;

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- la creazione di vincoli solo tra adottato e adottante: obbligo reciproco degli alimenti; diritto dell’adottato di succedere nei beni dell’adottante nella medesima posizione del figlio nato dal matrimonio, anche quando vi fossero altri figli legittimi e naturali nati dopo l’adozione.Premesso il generale divieto di ricerca della paternità, si ammette eccezionalmente per ratto o per stupro violento o per scritto in cui il padre si dichiara tale.

In materia di successioni, i codici della restaurazione mostrano, rispetto al Codice Napoleone, un maggior rigore e segni di sfavore verso i figli naturali anche riconosciuti, escludendo qualunque loro diritto di succedere ad intestato nei confronti del padre naturale, quando siano in concorso con i figli legittimi o loro discendenti e ammettendo il loro diritto ai soli alimenti.Il più liberale si dimostra essere il Codice Napoletano laddove afferma il diritto del figlio naturale riconosciuto ad una porzione dell’eredità paterna e materna, fissandone anche l’ammontare, in caso di concorso con altri figli, discendenti o ascendenti legittimi, nella metà della quota che sarebbe a lui spettata se legittimo.La disciplina della famiglia italiana nell'età della restaurazione scaturiva da un compromesso di norme dell'antico regime e quelle del codice napoleone; rispondeva a opinioni autorevoli e aveva molti sostenitori. L'Italia era ormai indirizzata verso l'unità nazionale.

15. Il codice civile austriaco nel Regno Lombardo-Veneto: Quest’epoca conosce anche un’altra esperienza, oltre e dopo quella napoleonica: quella del codice civile austriaco, introdotto nel Lombardo-Veneto dal 1816, che è l’unica legislazione straniera della restaurazione in terra italiana.La sua disciplina della materia matrimoniale è del tutto indipendente da quella napoleonica.Figlio anch’esso dell’illuminismo, ma senza essere passato attraverso l’esperienza rivoluzionaria, e dominato dalla morale e dall’individualismo giuridico kantiano, il Codice austriaco si ispira alla disciplina canonica del vincolo, compiendo talvolta una vera e propria recezione del diritto della Chiesa. Tra gli impedimenti sono previsti quelli canonici del: Ratto_ Impotenza_ Ordine sacro e voto religioso_ Consanguineità e affinità_ Delitto_ Differenza di culto(= non si può contrarre validamente il matrimonio fra cristiani/non cristiani).

Per i cattolici il matrimonio è indissolubile (era indissolubile anche per la dottrina kantiana) ma la legislazione austriaca, pur tenendo conto delle norme religiose, riserva allo stato la completa regolamentazione dell’istituto. Per il matrimonio dei minori di 24 anni e per i maggiori che siano incapaci di obbligarsi validamente da sé, è necessario il consenso del padre. E’ prevista la nullità dei matrimoni celebrati con impedimenti e la competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria civile. Per la separazione le parti si presentano al giudice con attestato dal quale risulti la triplice ammonizione, vana, rivolta a loro dal parroco (infatti i coniugi dovevano anzitutto presentarsi al parrico).Per la validità del matrimonio, la legislazione austriaca impone l’adempimento di formalità: 1) la dinunzia: consiste nella pubblicazione del futuro matrimonio; deve farsi in 3 giorni di domenica o cmq festivi, nella parrocchia del distretto ove abitano gli sposi.2) la solenne dichiarazione del consenso: è prestata davanti al ministro di culto (curato), e dovendosi contrarre il matrimonio fra persona cattolica e acattolica, il consenso deve essere dichiarato davanti al parroco, alla presenza di due testimoni.Anche se solo una delle due parti è cattolica, celebrante è il parroco, il quale ha l’obbligo di provvedere all’iscrizione del matrimonio nel libro matrimoniale e nel qual deve indicare il nome, cognome, l’età, l’abitazione e la condizione dei coniugi; il nome e cognome dei genitori e dei testimoni; il giorno della elebrazione del matrimonio; il nome del curato davanti al quale venne dichiarato il consenso.In tal modo si adempie alla necessità di stabilire una prova certa e durevole del concluso contratto matrimoniale.Il Codice Civile austriaco non prevede la trasmissione dell’atto di matrimonio allo stato civile: è il parroco stesso, che investito dalla legislazione statuale di pubbliche funzioni, opera anche per conto dell’autorità civile come pubblico ufficiale.

Il sistema matrimoniale ora delineato rimase in vigore fino al Concordato del 18 agosto 1855 tra Pio IX e Francesco Giuseppe, reso esecutivo da una Patente del 5 novembre 1855. Con una successiva Patente dell’8 ottobre 1856 venne prescritto che i matrimoni tra cattolici dovessero essere celebrati in

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base ai precetti della Chiesa cattolica, e che la competenza nelle cause matrimoniali venisse devoluta all’autorità ecclesiastica. In seguito, con la legge italiana del 27 ottobre 1860, la competenza venne rimessa ai tribunali civili.

La patria potestà spetta al padre sulla persona e sui beni dei figli minorenni legittimi; il padre ha il diritto-dovere di educare i figli senza ostacolarne le tendenze spontanee.A differenza del Codice napoleonico e dei codici preunitari, il codice austriaco si fa premura di indicare i compiti rientranti nel dovere di educazione dei figli:- l’aver cura della loro vita e sanità;- somministrare loro un decente mantenimento;- coltivare i loro interessi (=le facoltà del loro animo e del loro corpo);- istruirli nella religione e nelle utili cognizioni.Vi è una divisione delle funzioni: il padre è obbligato a provvedere al loro mantenimento mentre la madre si deve prendere cura del loro corpo e della loro salute. Il padre ha di norma l’amministrazione dei beni del figlio sotto la sua patria potestà, ma non ne ha l’usufrutto.La patria potestà cessa per il raggiungimento della maggiore età (24 anni) o per emancipazione espressa o tacita (separata economia del figlio).

Per quanto riguarda l’adozione non ci si allontana dai principi enunciati nei codici precedenti: è richiesta l’assenza di figli legittimi_ l’età di 50 anni dell’adottante_ la differenza di almeno 18 anni tra adottante e adottato_ il consenso del padre legittimo dell’adottando.La persona adottata assume il nome del padre adottivo conservando quello della famiglia di origine.La posizione attribuita ai figli illegittimi appare di particolare sfavore: si esclude qualunque loro diritto alla successione intestata nell’eredità del padre, ammettendolo solo rispetto all’eredità materna.

Il marito è il capo della famiglia e la rappresenta. Si presume una naturale superiorità fisica e intellettuale dell’uomo. Egli dirige anche l’economia domestica e ha il dovere di mantenere la famiglia.La moglie può amministrare da sola il suo patrimonio, stare in giudizio e fare contratti senza bisogno di alcuna autorizzazione maritale.

16. Il codice Pisanelli (1865): Il codice civile austriaco non fu preso a modello dalla prima codificazione dell’Italia unita per ragioni patriottiche (avversione all’ impero asburgico dominatore di varie regioni italiane). Erano trascorsi circa 60 anni dal codice napoleone ma le condizioni italiane al momento dell'unificazione non erano molto diverse dalla Francia dell'inizio secolo. Si aspirava a un codice nazionale italiano che, seguendo quello francese, lo adeguasse nei principi e negli istituti alla tradizione comune degli stati italiani preunitari.Il codice civile del 1865 realizza per la prima volta l’unità legislativa in Italia, unificando il diritto di una pluralità di stati diversi per storia secolare.La premessa liberale, di mantenere lo stato al di fuori delle convinzioni religiose, giustifica il modesto intervento legislativo nel campo della famiglia.

Per quanto riguarda la nozione di famiglia, si ha una certa ambiguità nel Codice del 1865 e in quello giuridico successivo fino al Codice del 1942.In certi casi il termine “famiglia” indica la famiglia coniugale (genitori e figli), in altri sembra confondersi con il concetto di parentela. Nel codice del 1942 la molteplicità del significato di “famiglia” è stata rilevata; essa trova fondamento nella realtà e corrisponde alla contemporanea presenza di differenti tipi di famigli che sono in rapporto con le diverse stratificazioni della società e che rispondono ad altrettanti tipi storici.

Nel 1865 l’ambiente borghese e colto prestabilisce il modello sul quale viene costruita la disciplina della comunità familiare per l’intera popolazione: la famiglia italiana appariva come un ampio gruppo, conservazione dell’ordine borghese. Secondo il criterio del separatismo cavourriano si afferma il principio del matrimonio civile come l’unico vincolo rilevante per lo stato. Un istituto che aveva avuto non felici precedenti in Italia nel codice napoleonico e che ora si voleva introdurre di nuovo per affermare la competenza dello stato nella disciplina del matrimonio contro la Chiesa.

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Cade con ciò la giurisdizione ecclesiastica, ma rimane salva l’indissolubilità del vincolo. La proclamata laicità del codice del 1865 e dei suoi autori non impedisce a questi di accogliere principi di origine cristiana. -> Nel Codice, e quindi nel diritto dello stato, vengono accolti istituti e principi del matrimonio canonico non contrastanti con principi del diritto pubblico italiano. Laicizzati, tali istituti vengono applicati a tutti i cittadini, di qualsiasi convinzione o fede religiosa, tutti uguali di fronte alla legge di uno stato che dichiara di volere rispettare la libertà delle coscienze e il libero esercizio del culti. Infatti, lo stato liberale si astiene da qualsiasi sanzione quando il cittadino celebra il matrimonio religioso prima di quello civile. Non furono riconosciuti taluni impedimenti di diritto canonico (ordine, voto, disparità di culto o di confessione cristiana, sponsali, cognazione spirituale e legale entro i gradi canonici), mentre si conservarono (secondo la tradizione del diritto degli stati preunitari) impedimenti civili non ammessi dal diritto canonico (difetto del consenso dei genitori, lutto vedovile, minimo di età per l’uomo di 18 e di 15 per la donna superiore a quello presunto per la pubertà dal diritto canonico “15 anni per l’uomo e 12 per la donna”).Non si mantiene la richiesta del consenso paterno per le nozze dei figli presente ancora nel Codice albertino e neppure il sistema degli “atti rispettosi” secondo il codice napoleonico.Per quanto riguarda i figli illegittimi, la ricerca della paternità è vietata, salvo che nel caso di ratto e di stupro violento (secondo la regola del Codice Napoleone) mentre è sempre ammessa la ricerca della maternità. Si favorisce il riconoscimento volontario dei figli naturali non adulterini né incestuosi, accordando loro più larghi diritti rispetto al passato quanto agli alimenti e alla successione ereditaria.

L’esercizio della patria potestà, per quanto spetti ad entrambi i genitori, è attribuito al padre in vita e, soltanto dopo la sua morte, viene esercitato dalla madre; cessa con: la maggiore età, l’emancipazione e il matrimonio del figlio.

Il Codice del 1865 conserva, nel quadro di una forte autorità maritale, l’istituto dell’autorizzazione maritale, nel quale tale potestà si manifesta in modo principale: si ha un regresso notevole rispetto alla posizione della donna coniugata secondo il codice austriaco. Tale autorizzazione viene intesa come protezione a favore della donna e vuole costituire una incapacità di agire limitata ad una serie di determinati negozi giuridici; ma sono i negozi più rilevanti, così che la moglie non può:Donare Alienare o ipotecare beni immobiliari Contrarre mutuiCedere o riscuotere capitali Assumere mandati TestimoniareTenere un autonoma gestione conti bancari Fare parte del consiglio di famiglia.Questa disciplina è dovuta al fatto che la donna della borghesia, nella società italiana del 1865, non aveva diritti politici e non partecipava attivamente alla vita sociale, come invece avveniva tra artigiani, contadini e bottegai.L’intento del legislatore di favorire i figli, per i quali la famiglia è preordinata, si manifesta, oltre che nella disciplina della patria potestà e della tutela, anche in altre disposizioni. Per favorire tra i figli una parità di trattamento (che la pratica ottocentesca non rispetterà) il legislatore esclude diseredazione e fedecommessi. L’obbligo legale di dotare la figlia non è più riconosciuto, così come le rinunce di queste alla successione futura. Tuttavia in questo campo la legge non ha avuto grande seguito nella pratica: rimane la prassi di dotare le figlie come obbligazione, rimane la consuetudine di favorire il primogenito e i figli maschi rispetto alle femmine nei beni immobili e nelle aziende.Alla moglie, come al marito, è accordata la successione soltanto in una quota dell’usufrutto, non nella proprietà dei beni. La dote costituisce tuttora il regime normale nei rapporti prematrimoniali tra coniugi; la comunione universale dei beni è esclusa e si ammette solo la comunione pattizia degli acquisti. Nelle campagne è ancora diffusa la partecipazione alle comunioni tacite familiari.

Nella disciplina del diritto di famiglia, il Codice civile del 1865 (Codice Pisanelli) è qualificato dalla regola del dovere: nel campo dei diritti-doveri il momento del dovere prevale sull’interesse individuale, sui principi di libertà e di autonomia. I diritti di stato famigliare non possono essere trasmessi, alienati o prescritti; sono retti da norme imperative, diritti assoluti erga omnes.Se si fa un confronto tra il codice civile del 1865 e quelli che lo hanno preceduto nell’Italia della restaurazione, appare evidente la superiorità del c.c. del 1865: l'originalità di tale codice in materia di diritto di famiglia si manifesta soprattutto nell’ equilibrata affermazione dell'autorità dello stato democratico lontano dagli eccessi giurisdizionalistici della monarchia assoluta e da quelli radicali della

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repubblica giacobina. Intento del governo è procedere nella tradizione dei padri per fortificare la famiglia., per questo lo stato rivendica la propria competenza in materia. La patria potestà nel Codice Pisanelli è elemento portante della struttura della famiglia ma l’individualismo, che ancora domina nella volontà privata del padre e marito, trova un limite nelle funzioni pubbliche della famiglia nitidamente presenti alla mente del legislatore.

17. Il periodo di applicazione del Codice Pisanelli: Nel periodo di applicazione del codice Pisanalli (1865-1942), il legislatore si mantiene normalmente assente, mentre è in atto una profonda trasformazione della famiglia, cui cerca di adeguarsi la giurisprudenza delle Corti. Ad interventi legislativi si oppone la forza di resistenza del diritto codificato; si oscilla tra nuovi codici e riforme. Entrano in gioco nuove forze: i socialisti si presentano come il partito più avanzato nel sostenere i diritti della donna coniugata, dei figli naturali, della madre nubile, e nell’esigere il riconoscimento del divorzio, ma serpeggia anche tra loro una sfiducia di fondo nella donna.

Alte voci di protesta per chi considera l'impostazione egoistica del diritto codificato italiano e chiede una riforma sostanziale dell'intero sistema di legislazione civile, un codice privato sociale redatto sulla base di nuovi criteri di socialità. Ma a queste premesse seguono solo proposte disordinate. Importanti e attendibili invece sono i risultati cui pervenne l'analisi di famiglia compiuta dai rappresentanti del socialismo giuridico che hanno fatto le loro osservazioni dal punto di vista delle classi lavoratrici. Opinione del Solari: il divorzio viene visto come una riforma legale richiesta dalla borghesia della quale le classi lavoratrici devono disinteressarsi, il regime patrimoniale più conveniente per i poveri è quello della comunione, il lavoro rende la donna indipendente e la eleva, il divieto della ricerca della paternità torna utile solo ai ricchi (in quanto assicura loro l’impunità), i risparmi della donna operaia devono essere protetti dall'invadenza maritale. La tradizione socialista non era indirizzata in modo particolare alla trasformazione della famiglia. I seguaci di Saint-Simon avevano accolto per lo più l’idea del matrimonio monogamico e indissolubile; lo stesso Engels riconosce nel matrimonio proletario uno stadio di monogamia più elevato che nel matrimonio borghese, poiché l’uguaglianza economica dei sessi e la mancanza della proprietà escludono il predominio maschile.Quindi il matrimonio monogamico si conserverà, non per obbligo legale, ma per un sentimento spontaneo, essendo per sua natura individuale il connubio fondato sull’amore.

Nel frattempo però si organizzano i cattolici che, con l’appoggio dell’Opera dei Congressi e delle associazioni femminili, conducono con grande successo campagne antidivorziste e richiedono un miglioramento della condizione della donna nella famiglia e il riconoscimento dello stato di figlio mediante accertamento della paternità.Nel periodo iniziale, tra il 1866 e il 1871, è impressionante il crollo statistico delle unioni coniugali legittime di fronte al numero dei matrimoni celebrati con il solo rito religioso. Tutti i tentativi di imporre legislativamente la precedenza della celebrazione del matrimonio civile su quello religioso falliscono di fronte alle accuse di ritorno al giurisdizionalismo e di contraddizione con la dottrina liberale della separazione tra Stato e Chiesa. -> situazione preoccupante per lo stato, a motivo dell’illegittimità della prole e dell’incertezza dei rapporti patrimoniali. Tuttavia si hanno anche vantaggi come risparmio delle spese del matrimonio civile, conservazione della pensione della donna vedova passata a nuove nozze.

Falliscono i tentativi di imporre il matrimonio civile su quello canonico. Falliscono anche tutti i progetti di introdurre il divorzio; il fronte antidivorzista trova un forte sostegno nell’opinione pubblica, nei letterati, nella magistratura e nei giuristi anche di idee laiciste.Modesti furono i provvedimenti per favorire il riconoscimento dei figli naturali e per estendere l'adozione. La sola riforma importante che va in porto: quella della condizione della donna, attraverso una serie di provvedimenti che iniziano nel 1877 con l’ammettere la donna a testimoniare negli atti pubblici e si concludono nel 1919 con le legge 17 luglio 1919, n.1176, che sopprime l’autorizzazione maritale per la donna coniugata.

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La donna, che da tempo, almeno in alcune regioni, partecipava anche al lavoro nelle fabbriche e negli uffici, oltre a quello tradizionale nei campi, e che aveva intensificato tale partecipazione nel corso della prima guerra mondiale, veniva ammessa nel 1919 all’esercizio delle libere professioni e ai pubblici impieghi, con l’esclusione però di alcune carriere e dei gradi più elevati. La donna coniugata è liberata dalla incapacità civile, poiché lo stato di subordinazione giuridica non era più compatibile con l’importanza assunta dal ruolo femminile nella vita familiare e sociale.Dal 1865 al 1919 la società e la famiglia italiana avevano subito una graduale ma notevole evoluzione. La famiglia cittadina si era ormai ridotta al nucleo essenziale, cioè alla coppia con gli eventuali figli, anche se la convivenza includeva spesso qualche parente.Il prevalere della famiglia nucleare si rivela nelle cooperative, soprattutto in ambiente rurale e cattolico, con la tendenza ad assicurare ai figli la qualità di socio, ad esclusione di parenti ed affini. Nelle campagne la grande famiglia sopravviveva ormai soltanto nell'ambiente mezzadrile e colonico insieme con l'istituto della comunione tacita familiare.

Importanti novità si hanno nel campo del diritto matrimoniale, nel 1929, a seguito del concordato tra Stato e Chiesa.Per l’articolo 34, fermo restando il matrimonio civile secondo la disciplina del Codice del 1865, vengono riconosciuti effetti civili al sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico che viene sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica.Accanto a queste due forme se ne affianca una terza: il matrimonio religioso celebrato da ministri dei culti ammessi. Con la duplicità di statuti matrimoniali, ritorna la giurisdizione ecclesiastica.Nel periodo tra le due guerre la dottrina, ricollegandosi alle idee del Pisanelli, giunge alla conclusione, con VASSALLI e BARASSI, che il diritto di famiglia rientra in tutto o in parte nel diritto pubblico, tranne alcuni esponenti (es. CICU) che lo considerano come parte del diritto privato ma lo distinguono da esso per la più frequente ingerenza dello stato, giustificata dalla natura superiore del fine familiare che solo dallo stato può essere protetto.Per il Cicu l’autonomia, intesa come libero potere di curare i propri interessi, manca quasi completamente nel diritto familiare; patria potestà, tutela, matrimonio sono ritenuti istituti aventi radice nel fatto sociale con finalità sociale, e che pertanto non comportano libertà individuali.

L’era fascista accentua la concezione della famiglia come aggregato che, per le sue finalità eccedenti o superanti l’interesse individuale, è di fondamentale interesse sociale e statale. Ma lo stato totalitario intende andare più in là, anche se ormai è aperto il conflitto con la Chiesa.Dai lavori preparatori del codice civile risulta il proposito di rafforzare la patria potestà e, con essa, la disciplina della famiglia, di accentuare sempre di più la vigilanza dello stato sull’esercizio dei poteri familiari, di esaltare il carattere pubblicistico dell’istituto attraverso l’accresciuta vigilanza dello stato nell’interno del nucleo familiare stesso.

L’antica concezione della superiorità dell’uomo sulla donna riemerge in un clima di esaltazione della virilità. Il principio della prevalenza dell’interesse pubblico e sociale sul privato, mentre è in atto una grave crisi di depressione economica, induce a limitare nel 1938 la possibilità che le donne accedano a impieghi pubblici.Compito specifico delle donne pare essere quello di fornire uomini alle forze militari del vacillante impero. Il regime richiama alla procreazione dapprima con un’imposta personale progressiva sul celibato istituita nel 1926 e modificata nel 1928 e nel 1936, poi con l’esclusione dei non coniugati dai pubblici concorsi e dagli avanzamenti di carriera nel pubblico impiego.

18. Le contraddizioni del Codice Civile del 1942: Vassalli (= giurista che ha coordinato i lavori preparatori del codice civile del 1942) nota le contraddizioni della politica familiare del regime riflesse nel codice del 1942: difficoltà di conciliare l’intento di rafforzamento dell’istituto familiare con la possibilità, mediante riconoscimento della filiazione adulterina, di pluralità di famiglie, divieto di divorzio e possibilità di più connubi coesistenti. Il Codice Civile del 1942 tiene la donna in una posizione di inferiorità rispetto al marito, “capo della famiglia”, che la moglie è tenuta a seguire dovunque egli intenda fissare la propria residenza. Le sanzioni dell’adulterio colpiscono soltanto la moglie colpevole, mentre alla moglie è consentito chiedere la separazione dal marito colpevole,

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soltanto se il fatto costituisce per lei un’ingiuria grave. Anche nel campo dei rapporti patrimoniali la donna si trova in uno stato di inferiorità rispetto al marito. Il codice civile nel 1942 ha seguito l’indirizzo del codice del 1865: consolidare l’unità della famiglia attorno all’autorità del padre, ma gli interventi del potere pubblico nell’ambito familiare sono notevolmente accresciuti in virtù di un pubblico interesse.Il codice sente l'influenza delle concezioni politiche dei governanti, sembra non avvertire le contraddizioni con le idee antitetiche di una società che aspira a rafforzare la collaborazione dei coniugi nella direzione della famiglia per dare vita ad un rapporto associativo in cui possa espandersi liberamente il vincolo di affetto che unisce i componenti di una famiglia nella quale regni parità di diritti e di doveri.In tale tensione di contrastanti concezioni della famiglia, il nuovo codice, che si dovette anche difendere dalle pressioni politiche tese ad informarlo ai cosiddetti “principi fascisti”, si irrigidì in un indirizzo conservatore, per salvare l’unità della famiglia sul fondamento dell’autorità paterna e della posizione privilegiata del marito.Non riuscì a fare spazio, nello stesso tempo, alla famiglia intesa come unità di affetti, anche se i compilatori ne avvertirono l’esigenza.

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E. Dezza, Lezioni di Storia della codificazione civile. Il Code Civil (1804) el’Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch (ABGB, 1812)

PARTE PRIMA: IL CODICE CIVILE FRANCESE1° CAPITOLO: I PROGETTI GIUSNATURALISTICI DEL DECENNIO RIVOLUZIONARIO (1789 – 1799)

1) LE FONTI DEL DIRITTO IN FRANCIA ALLA VIGILIA DELLA RIVOLUZIONELa realizzazione di una legislazione civile breve, compatta e unitaria che sostituisca alla molteplicità giurisprudenziale delle fonti un diritto uniforme e comune a tutta la nazione fondato sulla ragione e sul diritto naturale, costituisce uno degli obiettivi primari del progetto di rinnovamento legislativo che si delinea in Francia fin dalla prima fase della Rivoluzione.La Francia prerivoluzionaria presenta un’accentuata frammentazione consuetudinaria di origine altomedievale che divide la nazione in 2 zone:1) Nordoccidentale _ droit coutumier di matrice germanica2) Centromeridionale_ droit écrit di matrice romanistica.Allo scoppio della Rivoluzione, le consuetudini sono in vigore in numero di circa 360 unitamente al diritto regio. Quest’ultimo è rappresentato dalle grandi Ordonnances realizzate alla fine del XVII secolo ad opera di Colbert, cancelliere di Luigi XIV.Le fonti consuetudinarie, le fonti regie e le fonti del diritto comune romano -canonico operano sotto il potente influsso delle istituzioni giudiziarie presenti nel regno, in primo luogo i parlamenti regionali tra cui il parlamento di Parigi; alla prassi sviluppata dai parlamenti si accompagna, a livello dottrinale, lo svolgersi della grande scuola giuridica francese, dapprima con Francois Hotman, Cujas e Doneau.L’attività uniformatrice e di parziale riordinamento logico-sistematico svolta dai parlamenti e dalla migliore dottrina non impediscono però né il perpetuarsi di norme, istituti e principi obsoleti né il manifestarsi di situazioni di incontrollabile proliferazione giurisprudenziale delle fonti.Tale stato di cose viene denunciato con accenti sempre più accesi dalle opere di Montesquieu, Voltaire , Rousseau e di numerosi altri rappresentanti della polemica illuminista e attraverso i loro scritti finiscono per elaborare una vera e propria ideologia della riforma denominata ILLUMINISMO GIURIDICO.L’illuminismo giuridico auspica la creazione di un diritto nuovo, generale e uniforme di produzione sovrana o comunque statale. E’ dotato dei caratteri della certezza, semplicità, comprensibilità e accessibilità; è razionale nella struttura e rispondente nei contenuti ai postulati giusnaturalistici e contrattualistici, e in grado di poter escludere non solo la necessità di una integrazione da parte di fonti esterne al sistema (quali il diritto comune romano-canonico) ma anche ogni intervento interpretativo da parte sia della dottrina che della giurisprudenza delle corti.Verso strutture dotate in tutto o in parte di questi caratteri, si muove l'opera di rinnovamento legislativo e di codificazione intrapresa dopo il 1789 dalla Rivoluzione.

2) LA RIVOLUZIONE E LA CODIFICAZIONELe aspirazioni al rinnovamento e all'unificazione del diritto civile si manifestano in modo esplicito fin dall'avvio degli avvenimenti rivoluzionari.Proposte e idee innovative sono infatti contenute già in alcuni tra i circa 60.000 cahiers de doléance presentati dai delegati dei ceti, delle corporazioni e delle istituzioni locali all'assemblea degli Stati Generali. Taluni tra questi cahiers si limitano a richiedere generici interventi di riforma o ad auspicare l’unità del diritto a livello provinciale; in altri, invece, le richieste sono assai più precise.Il cahiers del Terzo Stato di Parigi sollecita non solo la creazione di un codice unico, ma anche l'abolizione del retratto feudale, delle sostituzioni Fedecommissarie e la libera stipulabilità degli interessi.Nel periodo immediatamente successivo, la realizzazione di una legislazione civile unitaria dotata dei caratteri della semplicità e della chiarezza entra a far parte, come elemento costitutivo di importanza primaria, del programma di riforma dello Stato. In campo civile, durante il periodo rivoluzionario l'effettiva attività di riforma e di codificazione si rivela lenta e laboriosa, spesso contraddittoria. L'ordinamento giudiziario viene profondamente rinnovato dai provvedimenti presi dall'AssembleaCostituente e dall'Assemblea Legislativa.

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Anche in campo penale gli eventi rivoluzionari portano ben presto alla promulgazione di un celebre codice e, più tardi, di un codice di procedura detto code Merlin.

3) LA LEGISLAZIONE SETTORIALE DEGLI ANNI 1789 – 17923.1 FAMIGLIA E SUCCESSIONII membri dell'Assemblea Nazionale Costituente (attiva dal giugno 1789 al settembre 1791) si rendono ben presto conto delle difficoltà che presenta l'opera di riforma del diritto civile, soprattutto nelle materie della famiglia e delle successioni.Un primo progetto sulla disciplina del diritto successorio viene presentato all'Assemblea il 21 novembre 1790; il testo intende procedere a una razionalizzazione del sistema successorio incentrata sull'abolizione delle istituzioni legate al feudo e sull'applicazione dei principi di uguaglianza e di unità del diritto. La discussione sul progetto viene però immediatamente differita su richiesta di numerosi deputati. Si giunge al dibattito tra il marzo e l'aprile del1791, alla riforma della disciplina delle successioni. La discussione è particolarmente accesa, in quanto molte tra le riforme proposte sono fieramente avversate da numerosi deputati provinciali. -> La netta contrapposizione tra le diverse anime dell'Assemblea rischia di paralizzarne l'attività legislativa e porta all'approvazione di uno scarno testo normativo in nove articoli di portata limitata.L'Assemblea Legislativa, che sostituisce quella costituente, si limita a sua volta a far propria una proposta avanzata dal giurista e deputato Garran che prevede che tutti i cittadini siano invitati a presentare idee e suggerimenti in ordine ai contenuti della futura disciplina civilistica.Per quasi un anno questi profondi dissensi impediscono l'assunzione di decisioni di ampia portata. La fase di stallo si protrae fino all'agosto del 1792 quando un nuovo sussulto (moti rivoluzionari) interviene a sconvolgere i fragili equilibri; l'Assemblea imprime un'improvvisa accelerazione e una radicalizzazione ai propri lavori.Vengono così approvate una serie di importanti misure settoriali che avviano una stagione legislativa; significativi sono due decreti deliberati nell'ultimo giorno di frenetica attività dell'Assemblea Legislativa: il 20 settembre 1792.1. Il decreto che determina le cause, i modi e gli effetti del divorzio dà concreta attuazione alle idee che respingono la concezione sacramentale del matrimonio e che ne affermano la natura laica di contratto civile.Il divorzio viene ammesso:• in caso di mutuo consenso dei coniugi• per una delle cause previste in un apposito elenco, che ricomprende i casi di: demenza, condanna a pena afflittiva o infamante, crimini, assenza o mancanza di notizie per almeno cinque anni• incompatibilità d’umore e di carattere tra i coniugi.2. Il decreto che determina i modi di stabilire lo stato civile dei cittadini istituisce gli uffici di stato civile cui spetta la tenuta e l'aggiornamento dei registri di nascita, matrimonio e morte.Il provvedimento segna l'irruzione dello Stato in un ambito tradizionalmente riservato alle istituzioni ecclesiastiche (le gerarchie ecclesiastiche continuano a tenere questi registri ma solo per scopi di culto/religiosi).

3.2 – PROPRIETA’ E DIRITTI REALIL’avvio delle riforme civilistiche tocca anche la materia dei diritti reali. In tale ambito le attenzioni del legislatore si incentrano in particolare sulla proprietà, che da tempo una corrente di pensiero assai forte nell'ambito dell'illuminismo giusnaturalista aveva individuato tra gli essenziali diritti dell’uomo.Secondo Locke il diritto alla libertà e il diritto di proprietà sono caratteri innati e inscindibili della natura umana; il diritto di proprietà consiste nella libertà di disporre come si vuole della propria persona e dei propri beni. In effetti, la proprietà viene esplicitamente riconosciuta come diritto naturale e imprescrittibile e come diritto sacro e inviolabile nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.Il legislatore rivoluzionario pone in essere in materia di proprietà e di diritti reali una serie di provvedimenti che assumono una notevole rilevanza in quanto assurgono a simbolo dell’avvenuto distacco dalle strutture sociali dell’antico regime. Tra il 5 e l’11 agosto l’assemblea proclama l’abolizione del regime feudale e di ogni tipo di immunità e privilegio, nonché la soppressione delle servitù personali.

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La nazionalizzazione e la successiva messa in vendita dei cospicui beni appartenenti alle alte istituzioni ecclesiastiche viene sancita da un decreto dell’assemblea costituente. Essi sono messi a disposizione della nazione per colmare il deficit dello stato, che si accolla le spese di culto e il mantenimento dei sacerdoti e delle istituzioni ospedaliere e caritative.All'eversione della feudalità e alla vendita dei beni ecclesiastici si accompagna la parziale eliminazione delle antiche e diffuse proprietà collettive delle comunità locali e di villaggio, realizzata mediante la suddivisione delle stesse tra gli abitanti. Il numero delle divisioni effettivamente realizzate sarà limitato e, nella maggior parte dei casi, le antiche forme di sfruttamento comunitario continueranno a sussistere.Tali disposizioni innescano una delle più grandi riforme agrarie della storia.

4) IL COMITATO DI LEGISLAZIONEIl 21 settembre 1792 inizia i propri lavori la Convenzione nazionale, subentrata all’assemblea legislativa.Nel primo periodo d'attività prosegue senza soluzione di continuità nella politica legislativa di livellamento sociale, di frammentazione della proprietà e di ristrutturazione, talora in senso pubblicistico, dei rapporti di famiglia.Esempi più significativi di tale indirizzo normativo:• décret che fa venir meno il diritto di testare e stabilisce in capo a tutti i discendenti un uguale diritto alla successione nei beni degli ascendenti;• dall'ulteriore décret che riconosce il diritto di succedere anche ai figli nati fuori dal matrimonio.Il primo compiuto progetto di codice civile prende forma definitiva solo nell'estate del 1793 nell’ambito del comitato di legislazione della convenzione nazionale. Il Comitato è incaricato dell’elaborazione dei progetti legislativi ed è composto da 48 membri, per la gran parte forniti di una buona preparazione giuridica, talora di notevole livello tra cui Antoine Merlin, Coulon. Presidente del Comitato è Cambacérès .

5) JEAN JACQUES RÉGIS DE CAMBACÉRÈSNato a Montpeiller da una famiglia di non eccessive fortune, Cambacérès compie i propri studi presso la facoltà di diritto della sua città natale. Nel 1789 è membro supplente agli Stati Generali e subito dopo diviene consigliere municipale a Montpeiller. Abilissimo nel non lasciarsi coinvolgere nella lotta che oppone Girondini e Montagnardi, compie un capolavoro di elusione nel periodo in cui l’assemblea è chiamata a pronunciarsi circa la condanna a morte di Luigi XVI.In tali circostanze vota prima per l’incompetenza della Convenzione, poi per la colpevolezza del re, in seguito per la detenzione di quest'ultimo come ostaggio in caso di invasione straniera, poco dopo per il rinvio della sentenza capitale e infine per l’immediata esecuzione della stessa.Schieratosi con gli autori del colpo di stato termidoriano, diviene presidente della Convenzione e poi membro del comitato di salute pubblica.Il colpo di stato di Napoleone vede Cambacérès correre in aiuto del vincitore che lo ricompensa con la nomina a secondo console della repubblica.Nel 1804: arcicancelliere dell’Impero e in tale veste presiede il senato e il Consiglio di Stato. Muore nel 1824 a Parigi. Egli riesce a superare le situazioni più intricate grazie alla sua capacità d’adattamento.Lavoratore instancabile, discreto conoscitore del diritto d’ àncien Regime e bene informato sulle grandi correnti filosofiche e giuridiche del suo tempo, si dimostra talmente duttile sul piano della elaborazione normativa da poter confezionare nel giro di pochissimi anni, pur se in collaborazione con altri provetti giuristi, ben 3 progetti di Codice civile, ognuno, dei quali corrispondente nei contenuti a un determinato momento dell'evoluzione ideologica della Rivoluzione.

6) IL PRIMO PROGETTO: DALLA POLITICA AL DIRITTOIl primo progetto di codice civile viene messo a punto dal Comitato di Legislazione della Convenzione Nazionale nel momento successivo alla presa di potere da parte dei Giacobini guidati da Robespierre: tra il giugno e il luglio 1793. Ma già dal 18 Gennaio 1793 i lavori civilistici erano stati suddivisi tra quattro sezioni dello stesso Comitato chiamate a occuparsi rispettivamente di:_ Stato civile, famiglia e matrimonio_ successione figli naturali e adozione

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_ donazioni, sostituzioni e testamenti_ convenzioni, ipoteche e feudi.Questo primo testo ricomprende 719 articoli distribuiti in 3 libri dedicati allo stato delle persone, alle cose, ai contratti; il quarto libro, dedicato alle azioni, non viene mai realizzato. Il testo si presenta come un lavoro che intende dare concreta applicazione in primo luogo ai principi dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e ai principi dell’ autonomia negoziale. Il progetto appare ai suoi autori pienamente rispondente ai principi della ragione e del diritto naturale e dotato dei caratteri dell’unità e della semplicità del diritto.Propone nel libro I una vera e propria rivoluzione del diritto delle persone e della famiglia: esso prevede l’abolizione della patria potestà e della potestà maritale, introduce l'amministrazione comune dei beni da parte dei coniugi e facilita il divorzio. Costituisce nuove e meno rigide forme di adozione.In materia successoria si assiste al trionfo della successione legittima, utilizzata come mezzo per assicurare la divisione della proprietà; i figli naturali volontariamente riconosciuti dal padre e non adulterini sono equiparati ai figli legittimi.La disciplina relativa ai beni e alle obbligazioni si muove già in quella prospettiva individualista di esaltazione della volontà del singolo destinata a manifestarsi pienamente attraverso la disciplina della proprietà e della libertà contrattuale, nel Code del 1804.

7) L’ACCANTONAMENTO DEL PRIMO PROGETTOII progetto viene accolto in un primo tempo con un certo favore dalla maggioranza dei membri della Convenzione. La minoranza di deputati però reclama una più decisa radicalizzazione dei contenuti del testo; una buona parte degli articoli viene approvata benché le questioni più delicate vengono per il momento lasciate ancora in sospeso.La seduta del novembre 1793 segna invece una netta svolta nei lavori della Convenzione come conseguenza del definitivo affermarsi del regime del Terrore.La Convenzione decide di interrompere l’esame del progetto e sottoporlo a una commissione di revisione formata da 6 «philosophes» non giuristi. I deputati giudicano il testo approvato da Cambacerès da un lato ancora troppo complesso e legato al tradizionale tecnicismo giuridico e dall’altro non ancora completamente libero dalle condizioni del diritto d'Antico Regime. Tra i membri della commissione, l’esponente di maggior spicco è Couthon rivoluzionario radicale, esponente di spicco dell'ideologia giacobina e fedele seguace di Robespierre.Non tutto il lavoro svolto dal Comitato di Legislazione viene messo in discussione : 2 frammenti del progetto entrano in vigore con talune modifiche:• Decreto che parifica i diritti di successione dei figli naturali non adulterini o incestuosi;• Riforma della donazione e testamento. Entrambi hanno effetto retroattivo al giorno della presa della Bastiglia.

8) VERSO IL SECONDO PROGETTO: IL CONTRIBUTO DI PHILIPPE-ANTOINE MERLINLa delibera della Convenzione del novembre 1793, che affida il riesame del progetto di codice civile a una commissione di «philosophes», costituisce una testimonianza del particolare clima politico e culturale nel quale vive la Francia rivoluzionaria alle soglie del Terrore.Il lavoro di revisione viene portato avanti, ma ancora all’interno del comitato di Legislazione della Convenzione sotto la presidenza continua di Cambacèrès che può avvalersi della piena collaborazione di uno dei più notevoli giuristi della rivoluzione: Philip Antoine Merlin - Merlin de Donai, che vanta una lunga e complessa carriera professionale e politica.Rappresentante del Terzo Stato agli Stati Generali nel 1789, come membro dell'Assemblea Costituente elabora i provvedimenti sull'abolizione del regime feudale, guadagnandosi una solida fama di legislatore.Si schiera con i Termidoriani, grazie a tale scelta diviene presidente della Convenzione ed entra nel Comitato di Salute Pubblica. In questo periodo realizza il progetto di codice dei delitti e delle pene che è denominato Code Merlin dell’ottobre 1795. Nel 1804 è nominato da Napoleone Procuratore Generale Imperiale.

9) IL SECONDO PROGETTO: UN’INTRODUZIONE FILOSOFICA AL DIRITTO Tra la primavera e l'estate del 1794, Cambacérès, unitamente a Couthon e a Merlin, è impegnato in una

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complessa opera di riordino e classificazione dell’enorme massa di oltre 10.000 provvedimenti fino a quel momento prodotti dalle assemblee legislative rivoluzionarie.Nel Settembre 1794 Cambacérès è in grado di presentare alla Convenzione il secondo progetto di codice civile, accompagnandolo con un nuovo apposito rapporto. La data di presentazione del progetto è un elemento di cui tener conto, poiché essa cade poche settimane dopo la caduta del regime del Terrore.Il testo è breve e più agile del precedente: si compone di 297 articoli, è diviso in 3 libri secondo la tripartizione persone, beni, obbligazioni. Il nuovo progetto ha l'ambizione di stabilire l'ordine civile e fondare l'ordine morale.Segna il punto di maggiore distacco dalla tradizione giuridica romanistica e consuetudinaria e porta alle estreme conseguenze, nel diritto di famiglia, i principi di libertà e uguaglianza.Le più significative manifestazioni della particolare impostazione di questo secondo progetto sono individuabili:• nello stile estremamente essenziale del dettato normativo• nel tentativo di abbandonare ogni forma di tecnicismo giuridicoIl progetto si presenta come un insieme di scarne prescrizioni di carattere generale, insufficienti a delineare una compiuta disciplina della materia civilistica, ma che tuttavia danno vita a un code de la nature capace di abbattere, mediante la ragione, la tirannia della tradizione giuridica e di attuare l'ideale della accessibilità e della giustizia.Il progetto è descritto come troppo conciso, sommario e generico, criticato per il numero di omissioni.-> Il secondo progetto di codice civile viene archiviato e il dibattito alla Convenzione non procede oltre la discussione e la contrastata approvazione dei primi dieci articoli; si conclude senza che venga presa alcuna decisione formale. La Convenzione respinge il secondo progetto per la sua eccessiva brevità.

10) IL TERZO PROGETTO: IL RITORNO AL GIURIDICOLa conseguenza di maggiore rilievo della caduta del regime giacobino è costituita dalla redazione della Costituzione dell’anno III (22 agosto1795).La Convenzione Nazionale viene sostituita da un direttorio esecutivo e da due consigli legislativi denominati Consiglio degli Anziani e Consiglio dei 500, incaricati rispettivamente dell'elaborazione e dell'approvazione delle leggi.In questo clima di profondi mutamenti istituzionali la continuazione dell’opera di codificazione civile e dunque di un terzo progetto viene ancora una volta affidato a Cambacérès, rieletto deputato in seno al Consiglio dei Cinquecento. Dopo la costituzione del Consiglio dei Cinquecento, il futuro Arcicancelliere dell'Impero viene eletto presidente del comitato di classificazione delle leggi.Della Sezione Civile del Comité fanno parte tre deputati di nuova nomina e due vecchie volpi del diritto e della politica. Tra il gennaio e il giugno 1796 viene elaborato, sotto la direzione di Cambacérès, il terzo progetto di codice civile dell'epoca rivoluzionaria.La terza fatica di Cambacérès segna il riaffacciarsi della tradizione giuridica romanistica e consuetudinaria, l'abbandono delle posizioni estreme raggiunte due anni prima e un dialogo tra tradizione e innovazione. .-> 1104 articoli distribuiti secondo la suddivisione ormai consolidatasi, in tre libri: beni, persone, obbligazioni. Accurata ricerca di chiarezza, concretezza e precisione tecnica e vocabolario pienamente giuridico; rinnovata ispirazione alle dottrine del diritto naturale e alle realizzazioni normative del recente passato.Esemplari di tale impostazione mediana appaiono talune scelte nel campo del diritto di famiglia e in materia successoria. Nel primo ambito il matrimonio viene collocato «au premier rang de la societé», ma il divorzio viene mantenuto; al marito viene restituito un ruolo prevalente nell'amministrazione dei beni della comunità familiare, la patria potestà continua a essere concepita come un dovere di protezione; l'adozione viene vietata per chi abbia già dei figli. In materia successoria si nota una meno marcata ostilità di testare e una tendenza a distinguere i diritti dei figli legittimi da quelli dei figli naturali e adottivi, cui spetta solo la metà della porzione ereditaria spettante ai primi.

11) UN NUOVO SCACCO Il lavoro è dettagliato. Il progetto ha tuttavia il difetto di nascere vecchio: esso è stato ormai superato

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dagli avvenimenti e appare ai membri del Consiglio dei Cinquecento ancora troppo legato alle scelte ideologiche del periodo giacobino.E nello stesso Consiglio si manifesta un ampio dissenso su taluni punti nodali della vigente legislazione rivoluzionaria ripresi nel progetto, segnatamente in ordine al divorzio, alla eccessiva estensione dei diritti spettanti ai figli naturali e alla disciplina delle successioni, troppo riduttiva in ordine alla facoltà di testare. Il terzo progetto di codice civile di ispirazione giusnaturalistica segue la sorte dei due precedenti.

12) IL PIANO DI CODIFICAZIONE DI JEAN-IGNACE JACQUEMINOTTra il 1797 e il 1799 le iniziative e i dibattiti relativi alla riforma e alla codificazione del diritto civile non vengono meno. Nel dicembre 1798 il deputato Jacqueminot illustra in un Rapporto al Consiglio dei Cinquecento il programma di una nuova commissione speciale incaricata di presentare un progetto di codice civile. La guida dei lavori è affidata a Jacqueminot.Egli propone di redigere una serie di leggi particolari relative ai singoli rami della materia civilistica destinate a entrare in vigore separatamente e a confluire in un unico codice.Il piano di lavoro contempla anche la divisione dei compiti tra i vari membri della commissione.Nell’ultimo anno prima del colpo di Stato gli arrugginiti meccanismi delle assemblee del Direttorio non sono in grado di far procedere con speditezza l'opera abilmente pianificata da Jacqueminot.Miglior sorte incontra l'elaborazione del Code hypothécaire, formato da tre leggi alla cui elaborazione partecipa anche Jacqueminot. La disciplina ivi contenuta è basata essenzialmente sui due principi:1) il principio della specialità, secondo il quale l'ipoteca può essere costituita solo su beni determinati in modo specifico;2) il principio della pubblicità immobiliare, secondo il quale l'ipoteca deve essere iscritta su pubblici registri.

13) I PROGETTI DI TARGET E GUILLEMOTIn questo periodo di transizione si colloca un quarto progetto di codice civile, messo a punto da Target. Avvocato, Target rappresenta il giurista napoleonico 'normotipo'.Il progetto di codice civile è un testo relativamente breve, che da un punto di vista formale riprende lo stile laconico del secondo progetto Cambacérès: 272 articoli, le materie sono ancora una volta distribuite sulla base della tripartizione. La disciplina appare completa e ben definita grazie all'abilità dell'autore, che riesce a incorporare in un solo articolo quanto in altri progetti è distribuito in più articoli.Persone e famiglia - La disciplina delle persone e della famiglia riprende concezioni tradizionaliste spesso informate all'antico droit coutumier. La disparità di trattamento tra figli legittimi e figli naturali viene accentuata. La donna sposata appare circondata da una serie di incapacità di agire. Attribuzione al solo marito dell’amministrazione del patrimonio familiare. L’adozione viene consentita solo ai coniugi senza figli. Il divorzio viene conservato, ma è scoraggiato da una serie di ostruzionismi. Proprietà, successioni e obbligazioni - La proprietà gioca un ruolo centrale anche nel progetto Target, che accoglie una concezione unitaria dell'istituto, del tutto libero da vincoli. Due particolari aspetti della materia: in primo luogo, l'autore del progetto non appare insensibile a quell'evoluzione concettuale che tende a vedere nella proprietà un’ istituzione sociale piuttosto che un diritto naturale, e ne tempera l'assolutezza con richiami alle esigenze dell'«interesse comune» e del «bene generale». La 2° osservazione concerne il fatto che il progetto si astiene dal dare una definizione della proprietà.Per quanto riguarda la materia delle successioni, il progetto è ancora abbastanza legato al sistema successorio della Rivoluzione, considerato come mezzo per favorire la circolazione dei beni.Pressoché contemporaneo al progetto Target, è un progetto di codice delle successioni presentato al Consiglio degli Anziani da Guillemot. Si tratta di un'iniziativa privata che presenta taluni punti di contatto con il progetto di Target. Il progetto propone una serie di norme intese a demolire la legislazione giacobina incentrate sulla reintroduzione del testamento e su una drastica riduzione dei diritti successori dei figli naturali. Non ha alcuna conseguenza concreta nell'immediato.

14) IL PROGETTO JACQUEMINOTSeguendo le contrastate vicende dei tentativi di codificazione civile nella Francia del Direttorio si giunge all'avvenimento che costituisce il principale spartiacque nelle vicende politiche e giuridiche

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della Francia rivoluzionaria e napoleonica, e cioè alla presa di potere da parte del generale Bonaparte, in seguito al colpo di Stato del 9/11/1799.II giovane generale conquista il vertice dello Stato con il favore di coloro che in Francia ritengono indispensabile riformare la Costituzione dell'anno III e terminer la Révolution al fine di stabilizzare le condizioni politiche e sociali della nazione e consolidare il regime.La conquista del potere da parte di Napoleone presenta due specifici caratteri: Il primo carattere è individuabile nel rapporto privilegiato che da subito si instaura tra Bonaparte e i giuristi: tra gli strumenti messi in campo da Napoleone, prima per prendere il potere poi per consolidarlo e conservarlo, un ruolo non secondario è svolto dalla ricerca del consenso dei professionisti del diritto. Napoleone intuisce i vantaggi di avere dalla propria parte tecnici in grado tanto di legittimare il suo potere quanto di fornire gli strumenti per la gestione e la conservazione dello stesso.II secondo e più rilevante carattere della presa di potere napoleonica è rappresentato dalla volontà politica espressa dal Primo Console di dare vita a una compiuta e rinnovata legislazione statuale che viene concepita sia come mezzo di autocelebrazione che come instrumentum regni in vista della pacificazione sociale post-rivoluzionaria.All'ascesa di Napoleone è collegato un ulteriore incompleto progetto di codice civile, destinato a svolgere un ruolo di straordinaria rilevanza nella vicenda in esame; il riferimento è a un testo che viene presentato negli ultimi giorni del 1799 da Jacqueminot e che viene denominato projet Jacqueminot .Nelle ore agitate che seguono il colpo di Stato, una commissione consolare esecutiva guidata da Napoleone rimpiazza temporaneamente il Direttorio mentre una legge approvata crea due Commissioni Legislative provvisorie di 25 membri, che sostituiscono le due assemblee, incaricate di prendere in esame gli affari più urgenti in attesa della redazione di una nuova Costituzione che sarà poi la Costituzione Consolare dell’ anno VIII (1799). Tra gli affari più urgenti c’è il progetto del nuovo codice civile; la sua redazione è affidata a un’apposita sezione presieduta da Jacqueminot.I membri di questa sezione sono coordinati da Jacqueminot, coadiuvati da esperti esterni e supportati dal nuovo ministro della giustizia: Cambacérès; tali membri elaborano in tutta fretta un piano di lavoro e si suddividono i compiti in modo che a ognuno di essi spetti l'elaborazione di un settore del testo.Il 21 dicembre Jacqueminot presenta alla stessa Commissione Legislativa l'insieme del materiale normativo elaborato fino a quel momento. I testi si pongono in piena continuità con il piano di lavoro di quella commissione. Tra i titoli che formano il projet Jacqueminot, sei risultano da tempo noti, e sono dedicati • al matrimonio • alla maggiore età e all’interdizione • ai minori, alla tutela e all'emancipazione • alle donazioni tra vivi e per causa di morte• alle successioni • ai rapporti patrimoniali tra coniugi.Altri tre sono stati individuati da recenti indagini: • la patria potestà • il divorzio • paternità e la filiazione.

È nel testo del pròjet Jacqueminot che si manifestano con maggiore evidenza i mutamenti intervenuti dopo il colpo di Stato: es. l'attribuzione al padre del diritto di far incarcerare il figlio ribelle. C’è il trionfo della potestà maritale e il conseguente soffocamento della condizione giuridica della donna. Vengono introdotte ulteriori restrizioni al divorzio.Il pròjet Jacqueminot si preoccupa innanzitutto di omologare la disciplina della famiglia e delle successioni al quadro politico e ideologico che si viene consolidando nel periodo ricompreso tra il Termidoro e il 18 brumaio. Ma sono il diritto di famiglia e il diritto successorio a rappresentare ora l'oggetto privilegiato di un intervento volto a rimediare agli eccessi e agli squilibri sociali. Il pur frammentario progetto Jacqueminot presenta una disciplina assai approfondita delle materie trattate. Questo testo non viene mai preso in effettiva considerazione dalle assemblee legislative ma è destinato a esercitare, unitamente e ancora più del terzo progetto Cambacérès, una influenza rilevante sulle successive vicende di elaborazione legislativa; il Code Civil, infatti, ne riprenderà intere sezioni pressoché alla lettera quindi pur nella sua incompletezza, il projet è già, in anteprima, il Codice Napoleone.

15) IL DROIT INTERMéDIAIRELa presentazione del testo approntato da Jacqueminot conclude la prima fase dell'opera di codificazione civile intrapresa in Francia a partire dal 1789. Da un punto di vista contenutistico è

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opportuno sottolineare come nel periodo 1789-1799 alla mancanza di risultati apparenti sul piano della codificazione corrisponde oltralpe una copiosa e articolata attività normativa di carattere settoriale, nota nel suo complesso con il nome di Droit intermédiaire, in quanto si colloca cronologicamente nel periodo intermedio tra il crollo delle strutture giuridiche d'Ancien Regime e la nascita del nuovo sistema su base codicistica. Tale attività è un vero e proprio «laboratorio di legislazione», e non solo in rapporto al futuro Code Civil. Fanno parte di questa particolare stagione legislativa di grande valore ideale le leggi che aboliscono la schiavitù e ogni altra forma di asservimento, i provvedimenti che cancellano le discriminazioni in materia di religione.

CAPITOLO SECONDO - IL CODE CIVIL DES FRANçAIS1) LA COMMISSIONE DELL’ANNO VIIINapoleone nell’anno VIII presentando alla nazione, in vista di un plebiscito, il testo della nuova Costituzione afferma che «la Rivoluzione è finita». La conseguente graduale trasformazione della Repubblica in uno Stato accentrato a vocazione imperiale segna un indubbio e drastico ridimensionamento degli ideali rivoluzionari ma non comporta il totale abbandono delle conquiste giuridiche e non mancano di condizionare i contenuti dello stesso Codice Napoleone.La volontà politica si manifesta innanzitutto nel decreto sottoscritto da Napoleone (agosto 1800) che istituisce presso il ministero della giustizia una commissione incaricata di redigere un nuovo progetto di codice civile.La commissione è formata da 4 giuristi di differente mentalità, orientamento ed estrazione culturale, ma tutti e quattro legati da quelle comuni tendenze liberali. Si tratta· Tronchet · Portàlis · Préameneu · Maleville-> hanno tutti avuto esperienza diretta del diritto e della giustizia rivoluzionaria.La presidenza di questa équipe di giuristi spetta a Tronchet; avvocato presso il Parlamento di Parigi, siede agli Stati Generali come rappresentante del Terzo Stato di Parigi e siede tra i difensori durante il processo intentato a Luigi XVI; si ritira in clandestinità durante il Terrore. L'esperienza e l'autorevolezza di Tronchet non impediscono che il principale coordinatore dei lavori sia Portalis.

2) JEAN-ÉTIENNE-MARIE PORTALISSi laurea presso l'università di Aix e ad Aix esercita l'avvocatura. Pubblica un opuscolo anticipando taluni dei contenuti del Concordato tra la Francia e la Santa Sede di cui egli stesso sarà artefice e afferma la possibilità, anzi la necessità, di un 'unione o quantomeno di uno stretto rapporto tra lo Stato e la Chiesa. Pubblica un secondo opuscolo ove sostiene, anticipando le scelte dei legislatori rivoluzionari, che il matrimonio è un istituto di diritto naturale e che la sua esistenza è indipendente dalla consacrazione religiosa. Imprigionato per le sue idee di "moderato liberalismo”, che lo rendono sospetto ai Giacobini viene rimesso in libertà e torna a esercitare l'avvocatura. Dopo la caduta di Robespierre viene chiamato a rappresentare il proprio dipartimento presso il Consiglio degli Anziani.Nel 1797 Portalis prende la via dell'esilio e trascorre due anni lontano dalla Francia, prima in Svizzera e poi in Germania. Rientrato in Francia dopo il colpo di stato viene 'ripescato' da Napoleone.

3) DIRITTO E POLITICA NELLA COMMISSIONE DELL’ANNO VIIITronchet è legato al modello nazionale francese di matrice consuetudinaria, Préameneu e Maleville si sono formati giuridicamente nel culto del diritto romano-comune, ma il primo possiede anche una vasta esperienza nel campo del droit coutumier. Portalis è un profondo conoscitore del diritto romano. Comune ai componenti della commissione è l’adesione al riformismo di matrice giusnaturalista .Queste idee sono nitidamente espresse nel saggio scritto da Portalis; l'opera segnala con precisione le opzioni ideologiche dell'autore: esse discendono da un liberalismo inteso a conciliare le conquiste civili, sociali e giuridiche del pensiero settecentesco di matrice giusnaturalista con la parte più solida della tradizione giurisprudenziale nazionale e romanistica.Portalis condanna i difensori dell’antico regime e i fautori del giacobinismo.

4) IL PROGETTO DELL’ANNO IX E IL DISCOURS PRèLIMINAIRE DI PORTALISCostituitasi la commissione, i quattro giuristi si mettono all'opera, dividendosi razionalmente il lavoro.

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Portalis e i suoi colleghi non esitano ad attingere a piene mani dai progetti del decennio rivoluzionario. Struttura tripartita, riprendono alcuni precetti del progetto Target, accolgono un cospicuo numero di articoli del terzo progetto Cambacérès e si appropriano di gran parte del progetto Jacqueminot.II progetto è corredato dal Discours préliminaire, sottoscritto dai quattro commissari ma opera in buona sostanza di Portalis: vengono delineati i caratteri principali del lavoro svolto e la stessa filosofia di lavoro dei quattro giuristi. Portalis descrive la situazione giuridica della Francia prerivoluzionaria: un «immenso caos» di leggi, un «ammasso confuso» e contraddittorio di Consuetudini.Sottolinea poi come la realizzazione di una legislazione generale e uniforme debba essere considerata uno dei grandi meriti della rivoluzione dimostrando una fiducia tipicamente illuminista nell’esistenza di una superiore giustizia naturale e nella possibilità di positivizzarla.L’opera legislativa compiuta dalla commissione si è fondata sul recupero e sulla fusione di diritto romano e droit coutumier.

5) IL CAMMINO COSTITUZIONALE DEL PROGETTOIl progetto del codice civile si trova dai primi mesi del 1801 presso il Consiglio di Stato (dopo che è stato inviato al Tribunale di Cassazione e ai 28 tribunali d’appello per ottenere il loro parere).La Costituzione consolare prescrive infatti che ogni progetto di legge sia discusso e predisposto dal Consiglio di Stato sotto la direzione dei Consoli e venga in seguito dibattuto da un apposito organo detto Tribunato, infine approvato o respinto dal Corpo Legislativo sentiti i rappresentanti del Governo e del Tribunato. Il momento di maggiore importanza è costituito dalla discussione che si svolge presso il Consiglio di Stato.In un primo tempo il progetto del codice incontra seri ostacoli: i primi titoli vengono respinti dal Corpo Legislativo dietro raccomandazione del Tribunato; il Primo Console Bonaparte reagisce a tale iniziale insuccesso comunicando al Corpo Legislativo la sospensione dei lavori delle assemblee parlamentari e approfitta di tale pausa per svolgere un'energica opera di 'convinzione' presso il Tribunato, dal quale vengono allontanati alcuni membri critici verso il potere personale di Napoleone. Nel luglio 1802 il Tribunato ricomincia dall'inizio l'esame del progetto e da quel momento i lavori proseguono senza ulteriori intoppi. Viene suddiviso il lavoro in 37 progetti di legge corrispondenti ai singoli titoli. Ogni sotto-progetto viene preso in considerazione separatamente, viene promulgato ed entra in vigore come legge speciale a sé stante.

6) IL CONSIGLIO DI STATOLa discussione in Consiglio di Stato si articola in due momenti: in un primo tempo i singoli titoli vengono presi in attenta considerazione dalla Sezione di Legislazione e, dopo tale esame, vengono sottoposti al giudizio delle Sezioni Unite.Tra i consiglieri il primo posto spetta al vicepresidente Cambacérès ma un ruolo tutt'altro che secondario è svolto anche da Treilhard che viene nominato da Napoleone consigliere di Stato e conte dell’Impero.Berlier è un autentico reduce delle battaglie legislative e dei tentativi codificatori dell'età rivoluzionaria.Meurthe sostiene il colpo di stato ed entra nel Consiglio di Stato.Tra i restanti membri del Consiglio di Stato che più attivamente partecipano alle discussioni sul progetto civilistico c’è anche Pietro Gaetano Galli della Loggia, inserito da Napoleone nel Consiglio di Stato transalpino per i suoi meriti scientifici e politici. Galli della Loggia funge da virtuale portavoce a Parigi degli interessi dei territori subalpini passati sotto l'amministrazione francese.

7) IL DIBATTITO IN CONSIGLIO DI STATOIl Consiglio dedica al progetto del codice civile 102 sedute, 57 delle quali vengono presiedute dallo stesso Napoleone che si avvale dell'assistenza personale del giurista Merlin.La partecipazione attiva di Napoleone è determinante sia come concreta espressione della volontà politica che si rivela decisiva per il felice esito dei lavori di codificazione , sia come parziale spiegazione di taluni aspetti tra cui possono essere segnalati da un lato la non comune chiarezza del dettato legislativo e dall'altro la presenza di soluzioni normative talora conformi alla tradizione romanistica o consuetudinaria. La maggior parte dei consiglieri dimostra una propensione ad accogliere soluzioni d’impronta romanistica, non mancano comunque momenti di grande vivacità e di tensione tra i

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sostenitori delle consuetudini del nord e i giuristi originar dei pays de droit ecrit in tema di successioni e di rapporti patrimoniali tra coniugi.

8) LA PROMULGAZIONE DEL CODE CIVIL DES FRANçAISLe discussioni frazionate proseguono fino al marzo del 1804 e portano alla pubblicazione di 37 leggi speciali. Tutte queste leggi entrano in vigore come normative a sé stanti; verranno fuse e promulgate come unico codice, denominato Code Civil des Francais del 21 marzo 1804. L’art 7 prescrive l’abolizione della vigenza delle fonti normative d’antico regime.Tre anni dopo, il decreto imperiale attribuisce al Codice Civile francese la denominazione di Code Napoléon. Nel 1814, alla caduta di Napoleone, il Codice rimane in vigore ma riprende l'originale denominazione di Code Civil e dopo la presa di potere da parte di Napoleone III (nel 1852) riassume l'intitolazione ufficiale di Code Napoléon. Con la Terza Repubblica (nel 1870), torna l’intitolazione di Code Civil.

CAPITOLO TERZO - LA STRUTTURA E LE SCELTE NORMATIVA DEL CODE CIVIL1) LA STRUTTURA DEL CODE CIVILIl Code Civil des Francais è caratterizzato da una forma espositiva di singolare limpidezza, da un linguaggio chiaro e da una terminologia di immediata accessibilità, non indirizzata ai soli tecnici del diritto.Il testo del 1804 è composto da 2281 articoli distribuiti in tre libri preceduti da un Titolo Preliminare. La razionale, duttile e classica tripartizione Istituzionale di radice gaiano-giustinianea in persone, cose e azioni, viene riutilizzata alla luce del pensiero giuridico razionalista e giusnaturalista e assurge a dignità di sistema. Tale sistema è riconducibile al seguente schema:I. Diritti delle persone.II. Diritti reali: 1) Proprietà; 2) Altri diritti reali.III. Acquisto della proprietà: 1) Successioni e testamenti; 2) Obbligazioni.

2) IL TITOLO PRELIMINAREUn discorso a parte meritano i sei articoli del Titolo Preliminare dedicato alla legge in generale.Essi hanno contenuto prevalentemente pubblicistico e simboleggiano il primato della codificazione civile sui restanti rami della legislazione dello Stato. Essa si appoggia sulla considerazione che il codice civile deve contenere lo statuto dei privati, mentre la Costituzione deve fissare lo statuto della comunità organizzata. Il Titolo Preliminare fissa innanzitutto il principio cardine della irretroattività della legge; si fissa anche il principio di inderogabilità, mediante convenzioni particolari, delle leggi che riguardano l’ordine pubblico e il buon costume.Di particolare importanza sono poi gli artt. 4 e 5 che portano alla definitiva (ancorché implicita) abolizione dell'istituto del reféré legislatif : tale istituto intendeva limitare i poteri interpretativi del giudice e nel contempo assicurare al potere legislativo il controllo sulla produzione diretta o indiretta delle norme. Esso era stato dapprima introdotto in forma facoltativa, e aveva concesso ai giudici la possibilità di rivolgersi al Corpo Legislativo qualora ritenessero necessaria un'interpretazione extra letterale di una norma esistente o l'emanazione di una norma nuova. In seguito aveva prescritto l'obbligo di rinvio al Corpo Legislativo quando una medesima questione fosse stata oggetto di due precedenti sentenze entrambe cassate.Ora, gli artt. 4 e 5 restituiscono al giudice un implicito anche se non incondizionato potere interpretativo.L'art. 4 impone al magistrato il dovere di decidere in ogni caso senza poter addurre a pretesto «il silenzio, l'oscurità o il difetto della legge». L’ art. 5 vieta ai magistrati di porre in essere pronunce che abbiano carattere di «disposizione generale».Al giudice spetta il dovere di risolvere sempre e comunque ogni controversia anche in caso di lacuna e deve fare ciò operando esclusivamente all'interno del sistema normativo.Tale scelta si giustifica per il coordinato e organico sistema di precetti e di principi generali, ed è giudicato atto a somministrare al giudice gli strumenti per giungere alla soluzione dei casi concreti.

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3) I CONTENUTI DEL CODE CIVILIn ordine ai contenuti normativi, le scelte dei legislatori napoleonici sono informate alla visione di un codice che deve assumere il ruolo di strumento di distensione politica e di pacificazione sociale. Per poter svolgere tale ruolo il codice deve realizzare una serie di compromessi tra differenti impostazioni filosofiche e varie tradizioni giuridiche, inoltre deve delineare nuovi schemi in ordine alle funzioni della legge. I punti qualificanti sono individuabili da un lato nella disciplina del ruolo e dei diritti dell'individuo, in particolare degli elementi della proprietà e dell'autonomia negoziale, e dall'altro nella difesa della famiglia.

4) LA PROPRIETA’ Viene esplicitamente riconosciuta come «diritto naturale e imprescrittibile» e come «diritto inviolabile e sacro nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino. In seguito, le Dichiarazioni dei Diritti annesse alle carte costituzionali del 1793 e del 1795 riprendono tale impostazione elaborando ulteriormente la definizione: 1) È un diritto naturale o un diritto dell’uomo nella società; 2) Appartiene a ogni cittadino.Il Code Civil definisce la proprietà nell’art. 544 come «il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta». La stesura materiale dell'art 544 è attribuibile a Portalis che nel suo lavoro si ispira alla risistemazione dottrinale settecentesca operata da Pothier; Portalis tiene altresì conto dei testi costituzionali precedenti, mostrando di non essere insensibile all'ambito ideologico che, facendo capo al pensiero di John Locke, vede nella proprietà una sorta di prolungamento dell'individuo per la sua azione nel modo esterno e sui beni che può utilizzare.La proprietà costituisce uno degli elementi fondanti della società civile.La proprietà napoleonica presenta taluni fondamentali caratteri, che sono individuabili:· nell’assolutezza, che comporta la libertà da ogni condizionamento di natura reale od obbligatoria;· nell'unitarietà, grazie alla quale tutte le attribuzioni proprietarie devono spettare a un solo e indeterminato tipo di soggetto;· nella certezza, che assicura la costanza nel tempo delle prerogative connesse al diritto;· nell’inviolabilità, che garantisce il pieno godimento del diritto nei confronti sia dei terzi che dello Stato;· nell'accessibilità formale, che riconosce a chiunque la possibilità di divenire titolare del diritto.L'assolutezza della proprietà trova un preciso limite nel divieto previsto dallo stesso art. 544 di farne un uso contrario alle leggi o ai regolamenti e consente al legislatore se non di limitare esplicitamente il diritto di proprietà, di sorvegliarne l'esercizio.Il successivo art. 545 sancisce il principio secondo il quale il proprietario può essere costretto, dietro giusta e previa indennità, a cedere i propri beni per pubblica utilità.La concezione napoleonica della proprietà si basa sulla definitiva eversione della feudalità.La disciplina del 1804 si sostituisce infatti a una situazione d'Antico Regime caratterizzata e pesantemente condizionata dalla larga diffusione dei domini signorili e delle innumerevoli forme di servitù reali e personali. L'affrancamento della terra attuata dalla legislazione rivoluzionaria pone fine a tale complessa situazione e determina il consolidamento del diritto di proprietà in capo al titolare del dominium utile.Il Codice Napoleone interviene in ultima analisi a proteggere e a garantire, sotto la sorveglianza del legislatore statuale, la classe sociale dei piccoli proprietari, considerata la spina dorsale della nazione.In materia di possesso mobiliare, il codice contiene una norma celebre: si tratta dell'antico principio di diritto germanico “possesso vale titolo”. L’adozione di questo principio contribuisce in modo decisivo ad agevolare la circolazione dei beni mobili; la portata innovativa della disciplina napoleonica deriva in particolare dal fatto che il citato articolo limiti a 3 anni il termine per esperire azione di rivendica nei confronti del possessore e dal fatto che la situazione di diritto venuta a formarsi sia sanata grazie all’acquisto del possesso. In tal modo il possessore può legittimamente trasferire ad altri non solo il possesso ma anche la proprietà piena del bene mobile.

5) CONTRATTOLa libertà di contrattare costituisce la chiave di lettura della sezione del codice dedicata alla materia delle obbligazioni. La disciplina napoleonica riconosce la rilevanza della volontà contrattuale del singolo, libero di muoversi anche al di fuori della disciplina dei contratti tipici.

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Entro i limiti dell’ordine pubblico e del buon costume, tale volontà è in grado di regolare autonomamente e compiutamente i rapporti giuridici fra privati, e quanto alle convenzioni legalmente formate viene attribuita forza di legge nei confronti di coloro che le hanno poste in essere.Ci sono quattro requisiti necessari per la validità delle contrattazioni private:a) il consenso di chi si obbliga b) La capacità contrattualec) L’oggetto determinato d) La causa lecitaOltre a questi requisiti, il Code Civil impone alcuni particolari adempimenti con finalità probatorie.L'articolo, relativo alle obbligazioni di dare, dispone che il trasferimento della proprietà tanto mobiliare quanto immobiliare si perfezioni sulla base del solo consenso delle parti.Il contratto si identifica nel consenso delle parti e mentre al primo viene riconosciuta efficacia reale, il secondo prende il posto della antica traditio. Scompare in tal modo la tradizionale distinzione romanistica tra patto e contratto e viene meno l'antica massima secondo la quale il trasferimento avviene solo dopo l'espletamento della traditio.

6) DIRITTO DI FAMIGLIA E SUCCESSIONIPer quanto riguarda il diritto di Famiglia e la materia delle Successioni, la disciplina napoleonica appare informata alla volontà di creare basi normative atte a diffondere un'idea forte della famiglia fondata sul principio di autorità e funzionale a una solida e coesa compagine statuale.La scelta di privilegiare una forte famiglia per un forte Stato comporta una difficile convivenza, all'interno del codice, tra concezioni spesso opposte originate dal parziale smantellamento della legislazione egualitaria elaborata in primo luogo dalla Convenzione.IL DIVORZIO - viene ridotto a istituto di carattere eccezionale: le 7 cause previste dalla legislazione rivoluzionaria si riducono a 3: adulterio, condanna a pena infamante, eccessi/sevizie/ingiurie gravi; il divorzio per mutuo consenso è tenuto ma è assoggettato ad alcuni adempimenti: il tribunale non può pronunciarsi prima di un anno; la richiesta non viene ammessa nei primi due anni di matrimonio e dopo venti, o se il marito ha meno di 25 anni e la moglie meno di 21 o più di 45; è richiesto il consenso dei genitori o degli ascendenti; il mutuo consenso deve essere manifestato quattro volte in un anno; i divorziati non possono risposarsi prima di tre anni, e ai loro figli è riservata la metà dei beni.LA PATRIA POTESTA’, I FIGLI NATURALI, CONDIZIONE GIURIDICA DELLA DONNA - La patria potestà viene restaurata; i figli naturali non sono più equiparati ai figli legittimi e perdono la qualifica di eredi a pieno diritto, mentre viene introdotto il divieto della ricerca della paternità naturale. La moglie viene posta sotto la tutela giuridica del marito al quale viene data l’attribuzione dei poteri di amministrazione dei beni dotali e comuni e l'autorizzazione maritale, necessaria alla moglie per comparire in giudizio, per alienare beni. Vi è però spazio anche per alcune conquiste rivoluzionarie: equiparazione successoria tra maschi e femmine, abolizione dei fedecommessi, della primogenitura e di altri privilegi tipici dell’ancien regime.Per i rapporti patrimoniali il codice delinea due modelli: il regime dotale e la comunione dei beni; si prevede l’automatica applicazione della comunione in caso di mancata scelta da parte dei coniugi.

CAPITOLO QUARTO - LA LUNGA VITA DEL CODE CIVIL1) LA SCUOLA DELL’ESEGESIIl Codice Napoleone si vede ben presto attribuire un ruolo simbolico come momento di affermazione della statualità del sistema giuridico, come espressione di uguaglianza verso l'ordinamento e come manifestazione di libertà nella sfera individuale del singoli e nei rapporti privati.I primi decenni di vigenza del Code Civil sono accompagnati dalla nascita e dallo sviluppo della Scuola dell'Esegesi. La Scuola elabora un modello di attività giurisprudenziale che si basa su tre principi, secondo i quali:1) il diritto è interamente contenuto nella legge scritta, segnatamente nel codice;2) compito del giurista è di individuare nella legge scritta il diritto applicabile al caso concreto;3) interpretare il diritto significa ricercare la volontà del legislatore in tutti i casi in cui essa non risulti con evidenza dal testo legislativo.Alle origini della Scuola dell'Esegesi si pone il confluire di più elementi, in primo luogo il fatto della codificazione, l'esigenza di mantenere e garantire la certezza del diritto, la riaffermazione del principio di autorità e una sostanziale indifferenza verso il postulato giusnaturalistico. La Scuola pone al centro l'esperienza dell'interprete, tenuto a evitare ogni riferimento extra

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codicistico; infatti gli esegeti affermano il dogma positivista della completezza del sistema come conseguenza dell'opera di positivizzazione del diritto naturale operata con la codificazione.

2) DUE SECOLI DI VIGENZAIn Francia i quasi 2 secoli di vigenza del Codice Napoleone vengono suddivisi in 3 periodi:Nella prima fase, che va dall'entrata in vigore del codice al 1880 circa, il codice si mantiene stabile nei contenuti grazie anche all’attività di sostanziale aggiornamento dottrinale svolta dalla scuola dell’esegesi.Il secondo periodo va dal 1880 agli anni cinquanta del XX secolo: vede il Code aprirsi alla sempre più rapida evoluzione che interessa la società transalpina. Il testo viene o restaurato in alcune sue parti o affiancato da una legislazione esterna che ne annulla o ne modifica i contenuti.Numerose risultano essere, in questa fase, le innovazioni relative al diritto delle persone: reintroduzione del divorzio, abolizione della potestà maritale, maggiore riconoscimento dei diritti successori dei figli naturali. Numerosi sono anche gli interventi in tema di diritti reali che permettono allo Stato di agire in questo campo con maggiore libertà.Si formano nuove scuole di pensiero e nuovi metodi interpretativi, favorevoli alla ricerca di soluzioni concrete che tengano in maggior conto i problemi pratici innescati da un'evoluzione sociale e da un progresso tecnologico. La terza fase è caratterizzata da profonde e talvolta radicali riforme che tolgono vigenza a interi titoli del Codice riplasmando da un lato la materia del diritto di famiglia e accentuando dall'altro la presenza dello Stato nelle materie economiche e patrimoniali.Le necessarie modifiche non hanno intaccato la limpida e duttile struttura esterna elaborata dai legislatori napoleonici. 3) LA RECEZIONE DEL CODE CIVIL IN EUROPAAl di fuori dei confini francesi, le vicende del Code Civil sono caratterizzate da un grandioso fenomeno di recezione legislativa o quantomeno dottrinale. Dopo la caduta dei regimi napoleonici diviene fenomeno di recezione spontanea; tale recezione appare massiccia nei paesi di lingua o cultura latina, ma si manifesta anche nei territori di lingua e cultura tedesca e slava, è presente in Asia, in Africa e nelle Americhe e non manca di interessare, seppur marginalmente, talune aree di diffusione del modello anglosassone di Common Law.Dopo il 1814 il Code Civil viene mantenuto in vigore dal 1804 sulla riva sinistra del Reno e nel Baden fino all’entrata in vigore del Codice Civile dell’Impero Tedesco (1896).Il codice Napoleone porta alla formazione nella cultura tedesca di una corrente fìlosofico-giuridica minoritaria ma assai battagliera, favorevole a una recezione in blocco del testo napoleonico in tutta la Germania.In Svizzera il Code Civil viene dapprima applicato nel territorio di Ginevra; nel corso dell'Ottocento, in alcuni cantoni entrano in vigore codici civili direttamente ispirati al modello francese.In Spagna, la presenza di alcuni peculiari elementi ritarda a lungo la realizzazione di una moderna codificazione civile. Dopo una serie di quattro progetti, solo nel 1889 si giunge alla promulgazione di un Codigo Civil francese nella forma ma spagnolo nello spirito.

4) LA RECEZIONE DEL CODE CIVIL NEL RESTO DEL MONDOPer quanto riguarda l'Estremo Oriente: il Giappone, ove il giurista Boissonade viene incaricato di un progetto civilistico basato sulla legislazione napoleonica.Il Québec è dal 1535 colonia francese con il nome di Nouvelle France; in questo periodo l’istituzione coloniale vi pone ufficialmente in vigore la Coutume di Parigi e, dopo il passaggio sotto il dominio inglese, conserva il retaggio giuridico e i costumi francesi. Il forte attaccamento della popolazione di origine francese alle proprie tradizioni sfocia nell'entrata in vigore di un primo codice civile redatto in lingua francese e denominato Code Civil du Bas Canada.Questo codice presenta una caratteristica commistione di principi e istituti tratti dall’antica Coutume di Parigi, dal Code Civil napoleonico e, in misura minore, dalla stessa Common Law.Nel 1994 un secondo codice civile, denominato Code Civil du Quèbec, rimpiazza il precedente: ne conserva l’impostazione generale, adattando la normativa al mutamento dei tempi e accogliendo in misura più consistente gli istituti del common law.

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Singolare appare il caso della Louisiana: qui viene realizzata nel 1808 una compilazione civilistica nota col nome di Louisiana Civil Code. Pur fortemente influenzato dalle fonti spagnole e francesi d’Ancien Regime, questo testo si basa largamente nella struttura e in buona parte nei contenuti sul modello napoleonico.Redatto direttamente in lingua francese, il principale artefice del testo è Lislet che, abbandonata la Francia allo scoppio della Rivoluzione, approda in Louisiana ove esercita con grande successo l'avvocatura.Il testo del Louisiana Civil Code viene ripubblicato nel 1825 in seguito a una riforma operata da una commissione di cui fa parte Lislet.Il codice del 1825 risulta ancora molto vicino al modello napoleonico e tiene altresì conto della dottrina sviluppatasi attorno al Code Civil del 1804; viene redatto sia in lingua francese che in lingua inglese, ma tra le due versioni quella che fa testo è la prima. Un’ulteriore revisione del Louisiana Civil Code, realizzata solo in lingua inglese, risale al 1870 e accusa la forte influenza del Common Law: questa versione è ancora oggi in vigore.

CAPITOLO QUINTO - IL CODE CIVIL IN ITALIA1) IL PROJET DE CODE CIVIL DE LA REPUBLIQUE ROMAINEIn Italia, nel triennio giacobino (1796-1799), la nascita di numerose ma effimere compagini statuali (sorte sotto la protezione dalle armi francesi e ispirate ideologicamente ai principi della Rivoluzione francese) coincide con la elaborazione, da parte dei governi di queste entità statuali, di una legislazione significativa in ambito costituzionale e profondamente innovativa in ordine ai principi generali, ma scarsamente rilevante sul piano pratico. Questi provvedimenti riprendono, spesso alla lettera, talune tra le più significative innovazioni francesi dell'età del droit intermediare.II tentativo maggiormente significativo di questo periodo è rappresentato dal Projet de Code Civil de la République Romaine, il cui testo (elaborato nel 1798 dal costituzionalista Danou) è basato su quello del terzo progetto di Cambacèrés, anche se con importanti variazioni sostanziali, specialmente per quanto riguarda il diritto delle persone.Il testo risulta non solo abbreviato e parzialmente semplificato rispetto al modello transalpino, ma anche profondamente innovato in taluni contenuti: si riconosce infatti una parziale efficacia ai registri parrocchiali assimilati ai registri civili in ordine alla determinazione e alla prova dello stato delle persone, non viene ammesso il divorzio quale causa di scioglimento del vincolo matrimoniale; resta la possibilità di separazione coniugale.II Code Civil de la République Romaine rimane allo stato di progetto.

2) LA REPUBBLICA ITALIANA E IL PROGETTO DI CODICE CIVILE DI ALBERTO SIMONIBen più incisivo è il ruolo rivestito dal Code Civil nella storia giuridica italiana, come più complesse sono le vicende che portano all’introduzione del Codice Napoleone nel Regno d'Italia, creato nel 1801 in seguito alla trasformazione della Repubblica Italiana.Un notevole e autonomo progetto di codice civile viene realizzato a Milano, durante la Repubblica italiana, da Alberto De Simoni. De Simoni realizza tra il 1802 e il 1803 due successive versioni di un testo che avrebbe potuto rappresentare un’interessante alternativa al modello civilistico napoleonico; il progetto si caratterizza per il rispetto delle tradizioni giurisprudenziali della penisola. La struttura del testo appare ispirata al modello asburgico di codificazione civile: comprende un primo libro dedicato alle persone, un secondo libro che disciplina sia la materia dei diritti reali che quella delle obbligazioni e dei contratti, e un terzo libro che regola le successioni ereditarie e la prescrizione.Innovativa è la normativa elaborata in tema di diritto di famiglia: il matrimonio viene laicizzato ma il divorzio è ammesso solo in via eccezionale. Il regime della comunione dei beni tra coniugi è ammesso ma solo in via convenzionale, ed è limitato agli acquisti; la moglie rimane sottoposta all’autorità maritale; la patria potestà continua ad essere perpetua.Il progetto italiano di codice civile subisce le conseguenze della profonda evoluzione costituzionale che investe la Repubblica Italiana in seguito alla proclamazione in Francia dell'Impero.

3) NEL REGNO ITALICO: LA TRADUZIONE UFFICIALE DEL CODE CIVILUna conseguenza non secondaria della riorganizzazione dello Stato collegata alla trasformazione costituzionale è la decisione di introdurre anche nel Regno d'Italia il Code Civil. Tra il maggio e il

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giugno del 1805 Napoleone si trattiene a Milano per fissare le strutture fondamentali della nuova entità statuale nell'ambito di un Consiglio di Stato appositamente costituito. In tale occasione viene pianificata anche una completa opera di codificazione, basata sull'introduzione del Code Civil.Il compito di curare la traduzione del codice viene affidato al nuovo ministro della giustizia Giuseppe Luosi, che nomina una commissione di sei membri incaricata di tradurre il testo in latino.L'opera di traduzione viene presto conclusa e viene sottoposta al ministro Luosi con un lungo e meditato rapporto. L'aspetto più interessante dell'opera della commissione è individuabile nel fatto che i suoi membri indirizzano al ministro nel rapporto ora ricordato una serie di precisi rilievi conclusi da altrettante richieste di modifica in ordine ad alcuni punti della disciplina del 1804.Tali richieste riguardano i rapporti patrimoniali tra coniugi e il divorzio.In ordine ai rapporti patrimoniali tra coniugi, criticano il ruolo privilegiato attribuito alla disciplina della comunione dei beni (in difetto di dichiarazione dei coniugi si applica il regime della comunione): tale ruolo privilegiato appare in contrasto con i costumi secolari diffusi tra le popolazioni italiane.Più duro è l'attacco condotto nei confronti del divorzio: l'istituto è giudicato tollerabile solo nei matrimoni fra acattolici, ma per il resto appare ai commissari inammissibile e in contrasto con i principi della religione cattolica.Un’altra richiesta della commissione riguarda l'introduzione, per i religiosi che abbiano pronunciato voto perpetuo di povertà, di un’ eccezione al divieto di rinuncia a successione di persona vivente.Luosi invia a Napoleone una relazione sulla traduzione del codice in cui il ministro accenna ai puntuali rilievi sollevati dalla commissione, ma non ottiene alcun riscontro da parte dell'Imperatore.Con qualche ritardo Napoleone approva la versione italiana del codice e fissa al 1° aprile successivo la data di entrata in vigore, in tutti i dipartimenti della monarchia italica, di quello che viene ora ufficialmente denominato Codice di Napoleone il Grande pel Regno d'Italia.

4) L'INTRODUZIONE DEL CODE ClVIL NEL REGNO DI NAPOLIPer alcuni aspetti simili a quelli svoltisi nel Regno d'Italia sono gli eventi che portano all'introduzione del Codice Napoleone nel Regno di Napoli. Le regioni continentali dell'Italia meridionale vengono occupate militarmente dall'armata napoleonica nei primi mesi del 1806 e Giuseppe Bonaparte, diviene re delle Due Sicilie con il nome di Giuseppe Napoleone; siede sul trono fino all'estate del 1808, quando assume il titolo di Re di Spagna. Giuseppe sarà sostituito da Gioacchino Napoleone.Bonaparte intraprende un’opera di radicale modernizzazione; un aspetto fondamentale di quest'opera di profondo rinnovamento è costituito dall'entrata in vigore di una nuova e compiuta legislazione a base codicistica. La riforma legislativa napoletana culmina con l'entrata in vigore, dal 1° gennaio 1809, del Codice Napoleone di cui Murat approva la traduzione realizzata dietro suo ordine.La controversia relativa al divorzio accesasi a Milano si ripete in modo ancor più significativo a Napoli: anche in questo caso appare decisiva la volontà imperiale. Napoleone impone l'integrale entrata in vigore del codice che porta il suo nome.

5) LA RESTAURAZIONE: CRISI E RIVINCITA DEL MODELLO NAPOLEONICOLa caduta dei regimi napoleonici sembra segnare un momento di profonda crisi per le strutture del diritto codificato e in particolare per il Code Civil, che quasi ovunque in Italia viene abolito o messo in discussione.Nel Regno Lombardo-Veneto il Code Civil, già 'ripulito' dalla legislazione interinale del 1814, viene sostituito dal 1° gennaio 1816 con il Codice Civile Generale austriaco (ABGB), un testo maggiormente legato alla tradizione giusnaturalista rispetto al Codice Napoleone, ma «maturo e moderno»In un secondo tempo il Codice Napoleone viene abolito anche laddove era stato lasciato provvisoriamente in vigore, ma nel contempo torna prepotentemente alla ribalta come modello prevalente se non esclusivo per una nuova opera di codificazione civilistica, che viene realizzata in Italia nel corso del XIX secolo: negli anni successivi alla Restaurazione tale opera porta alla promulgazione di una serie di codici civili che ristabiliscono o confermano in Italia per buona parte del diritto civile l’ uniformità già realizzatasi alla fine dell'età napoleonica, ripristinano talune tipiche istituzioni d'Ancien Regime e preservano il principio di matrice illuministica dell'uguaglianza civile.

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Il Codice per lo Regno delle Due Sicilie - la promulgazione di un unico testo, il Codice per lo Regno delle Due Sicilie, che è in realtà costituito dall'unione di cinque parti corrispondenti, nella struttura e in buona parte dei contenuti, ai cinque codici napoleoniciI l Codice Civile del Ducato di Parma e Piacenza - II Codice non ignora, accanto al modello napoleonico, talune scelte operate dal Codice Civile Generale austriacoIl Codice Civile del Regno di Sardegna - II Codice Civile del Regno di Sardegna prende il nome di Codice Albertino e rappresenta il tramite immediato tra la codificazione napoleonica del 1804 e quella italiana postunitaria del 1865: è il primo codice che menziona i «principi generali del diritto» intesi come fonte offerta al giudice in caso di lacuna. Si pone poi all'avanguardia nel riconoscere la proprietà sui beni immateriali, in particolare sulle opere dell'ingegno.

PARTE SECONDA IL CODICE CIVILE GENERALE AUSTRIACO

CAPITOLO PRIMO – SEI DECENNI DI ELABORAZIONE LEGISLATIVA1) LEGISLAZIONE CIVILE E RIFONDAZIONE DELLO STATO NELL’AUSTRIA DI MARIA TERESAIl Codice Civile Generale austriaco(ABGB) viene promulgato da Francesco I d'Asburgo il 1° giugno 1811, ed entra in vigore il 1° gennaio 1812.Un primo tentativo di raccogliere e di riordinare le leggi e i regolamenti politici e giudiziari viene realizzato sotto il regno di Leopoldo I su iniziativa del ministro Guarent con il titolo di Codex Austriacus ; l'opera distribuisce le materie in ordine alfabetico.L'imperatrice Maria Teresa ne ordina la revisione in base a criteri cronologici e la prosecuzione fino al 1777. Con il Codex Austriacus, promulgato nel 1704, si è ancora nell'ambito delle collezioni di natura consolidatoria, intese prevalentemente a evitare la dispersione del materiale normativo; questo codice si dimostra ben presto del tutto inadatto a fornire una risposta alle nuove esigenze di una compagine statuale in rapida trasformazione.A risultati ben diversi approda invece l'attività normativa di carattere complessivo avviata in materia civile nella metà del secolo dall'imperatrice Maria Teresa; l'attività di progettazione normativa, destinata a concludersi nel 1811, prende le mosse nel 1753.Da appena quattro anni era stata intrapresa una riforma dell'ordinamento giudiziario incentrata sulla creazione di una corte centrale sovraordinata a tutte le altre, il Supremo Tribunale di Giustizia.Si era avuta ben presto l'occasione di verificare sul campo l'assoluta necessità di avviare l'unificazione legislativa. Per rispondere a tale esigenza, l'imperatrice Maria Teresa costituisce, nella città morava di Brùnn, una commissione operativa denominata Commissione di Compilazione; relatore della commissione, della quale fanno parte sette giuristi particolarmente esperti nei diritti territoriali che vigono nelle varie regioni dell'Impero, è un avvocato boemo di ascendenze milanesi, Azzoni.Alla Kompilationskommission viene affidato l'incarico di approntare, sulla base dei diritti territoriali, del diritto romano-comune e del «diritto di ragione» una normativa civile unitaria per i Territori Ereditari di Lingua Tedesca della corona.Il primo, incompleto, progetto elaborato a Brùnn, tra il 1754 e il 1755, comprende tre volumi dedicati al «Diritto delle persone», corredati da lavori preparatori. Questo progetto viene ripreso da una seconda commissione stabilita a Vienna, la «Commissione di Revisione». Dopo dieci anni di lavoro, la kommission porta a termine la redazione di un ambizioso ma prolisso progetto di corpo normativo denominato, in onore dell'imperatrice, Codex Theresianus luris Civilis.

2) IL CODEX THERESIANUS IURIS CIVILISScritto in tedesco e contenuto in otto corposi volumi , il Codex Theresianus distribuisce analiticamente la materia secondo una sistematica di matrice romanistica in tre libri: persone, cose, obbligazioni.Il testo presenta uno stile discorsivo e si presenta come disciplina del solo diritto privato, esclusiva, unitaria e di natura statuale. Disciplina l'unico diritto applicabile nei territori ereditari e non ammette il ricorso a fonti extratestuali. Concepita come emanazione diretta del sovrano, appare collegata all'introduzione del principio della subordinazione del giudice alla legge. Stile discorsivo e spesso atecnico imputabile al tentativo, peraltro fallito, di ottenere semplicità e chiarezza. Allegati al progetto si trovano i “Principi della compilazione” che illustrano la metodologia della commissione.

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3) L’ACCANTONAMENTO DEL CODEX THERESIANUS E LA NUOVA “COMMISSIONE DI COMPILAZIONE”II Codex Theresianus non entra mai in vigore. II testo viene infatti giudicato dallo stesso cancelliere di Maria Teresa, Kaunitz, sovrabbondante e talvolta oscuro dal punto di vista formale, scarsamente innovativo nella sostanza, troppo ricco di rinvii a fonti esterne e concedente ancora troppo spazio alle situazioni di privilegio, abolite in linea di principio ma conservate in pratica nei singoli casi disciplinati. Il Consiglio di Stato è organo della massima rilevanza nel quadro della politica di riforme intrapresa nello Stato austriaco. Nelle discussioni dedicate al Codex si manifesta in Consiglio una seconda posizione critica sostenuta dal consigliere relatore Binder, che si dice favorevole a un codice che ricomprenda tutti i rami del diritto e sia valido per tutti i territori asburgici, non solo per i domini ereditari.L'opera di codificazione viene ripresa nel 1772 da una rinnovata Kompilationskommission (guidata da un alto funzionario governativo) chiamata a preparare un progetto dai connotati più giusnaturalistici inteso a conseguire gli obiettivi della concisione, della nitidezza strutturale e della chiarezza nel dettato normativo.Tali obiettivi vengono perseguiti mediante la fissazione di precisi criteri tecnico-formali e l'individuazione di regole generali e «di principio» basate sulla ragione e sull'«equità naturale».

4) GIUSEPPE II: LA LEGISLAZIONE EDITTALE E IL REGOLAMENTO GIUDIZIARIO CIVILEQuesta seconda fase dell'opera di codificazione civile austriaca viene preparata, accompagnata e talora condizionata da una specifica legislazione settoriale di modernizzazione e di razionalizzazione voluta dal nuovo sovrano Giuseppe II. Rientrano in questa particolare esperienza normativa una serie di importanti provvedimenti, tra i quali:· L'Editto di tolleranza , (1781) che dichiara il Cattolicesimo «culto dominante», ma nel contempo ammette una serie di altri culti tassativamente elencati; consente ai seguaci di tali culti di godere della parità nei diritti civili e nei gradi accademici.· L'Editto matrimoniale , (1783) che attribuisce al matrimonio la natura di contratto civile e al sacerdote celebrante la funzione di pubblico ufficiale;· L'Editto successorio , (1786) che fornisce una disciplina unitaria della materia successoria, modellata sul regime proprio del ceto borghese e assai meno costretto da vincoli di natura feudale;· L'Editto sulla libertà commerciale , (1786) che abolisce i monopoli commerciali delle corporazioni mercantili;· L'Editto sui riscatti fondiari , che introduce la possibilità di alienare i beni fondiari feudali e consente di trasformare in affittuari i contadini ancora soggetti a forme di dominio feudale.

Nello stesso periodo viene approvata una radicale e definitiva riforma del diritto processuale civile,il Regolamento Giudiziario Civile, promulgato il 1° maggio 1782, introduce una procedura unitaria, informata a una concezione assolutista del processo civile, visto come strumento atto a eliminare tutto ciò che turbi la tranquillità della compagine sociale. Accentramento delle funzioni giurisdizionali, burocratizzazione della figura del giudice e primato della legge sono i principi che trovano applicazione in questa procedura.

5) IL CODICE GIUSEPPINO (JOSEPHINICHES GESETZBUCH, 1787)L'opera di codificazione guidata da Horten si conclude con la pubblicazione e con l'entrata in vigore, nei Territori Ereditari della corona asburgica e in Galizia, del Codice Giuseppino. Si presenta come un serio e meditato tentativo di ridurre in norme positive taluni postulati giusnaturalistici e illuministici interpretati e filtrati alla luce dell'ideologia dell'assolutismo illuminato asburgico.Il primo libro è dedicato al diritto delle persone, ai principi generali del diritto, al matrimonio, alla patria potestà, alla filiazione, alla tutela, curatela e capacità di agire. Nel secondo libro si trova la disciplina del «diritto delle cose», cioè dei diritti reali e delle obbligazioni; nel terzo libro, gli istituti di difficile collocazione sistematica e le «disposizioni comuni» tanto al «diritto delle persone» quanto al «diritto delle cose» . Questi due ulteriori libri non vengono mai portati alla stesura definitiva ma, unitamente al Codice Giuseppino, costituiscono la base di partenza dei successivi lavori di elaborazione legislativa in materia.

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6) CARLO ANTONIO MARTININel 1790, alla morte di Giuseppe II, il compito di proseguire l'attività di codificazione in campo civile viene affidato dal nuovo imperatore Leopoldo II (1790-1792) al giurista trentino Carlo Antonio Martini; questo giurista fa parte di quel prestigioso gruppo di intellettuali, giuristi, alti funzionari e burocrati che mediano tra le aspirazioni del sovrano assoluto e le istanze riformiste propugnate dal pensiero illuminista.Fu preposto all'educazione di Pietro Leopoldo, il futuro imperatore Leopoldo II; infatti alcune tra le più importanti opere dedicate da Martini al diritto naturale sono rielaborazioni degli appunti utilizzati per l'educazione di Pietro Leopoldo.

7) IL PROGETTO MARTINI (ENTWURF MARTINIS 1794)In quattro anni di lavoro il giurista trentino giunge a dare veste compiuta e formale di codice al complesso materiale già in parte approntato dai suoi predecessori; in particolare, Martini porta a termine un progetto noto come Progetto Martini che, pur denunciando sotto alcuni profili un riavvicinamento al diritto romano, conserva in larga misura la struttura tripartita, le basi ideologiche e i contenuti giuridici del programma legislativo concepito e diretto da Horten. Nel progetto c’è un’accentuata concisione del dettato normativo; per una maggiore snellezza dell'impianto, risulta diviso in tre parti. La Prima Parte è dedicata ai «principi generali» delle leggi e alle persone; la Seconda è consacrata alla proprietà, agli altri diritti reali e alle successioni; la Terza contiene la disciplina dei contratti e ulteriori disposizioni residuali.Il progetto rappresenta un codice civile compiutamente moderno sia nella struttura sia nei contenuti. Il testo infatti · disciplina il solo diritto privato; · intende sostituire radicalmente le fonti preesistenti; · realizza il principio del destinatario unico della norma giuridica; · presenta un dettato normativo sufficientemente conciso, chiaro e di alto livello tecnico.Numerose enunciazioni, di carattere più filosofico che giuridico, confermano talune disuguaglianze relative allo status personale di nobile o di contadino, e non escludono del tutto la possibilità di eterointegrazione o di interpretazione giurisprudenziale.

8) IL CODICE GALIZIANO (WGGB, 1797)Il testo messo a punto da Martini viene sottoposto all'esame di commissioni regionali incaricate di redigere una relazione che, a sua volta, sarebbe stata vagliata da una nuova commissione di revisione. Ma nel frattempo una rielaborazione viene posta in vigore con lievi modifiche e a titolo sperimentale nella provincia della Galizia con il nome di WGGB.Da un punto di vista strutturale il WGGB ricomprende una sezione introduttiva, dedicata ai diritti e alla legge in generale, e tre parti rispettivamente dedicate alle persone, alle cose, e alle materie comuni o di difficile collocazione . Si tratta di un testo che risulta assai vicino al progetto elaborato da Martini, ma che da questo differisce per una serie di elementi formali e per talune modifiche sostanziali. Tra queste ultime, merita di essere segnalata la nuova formulazione che consente il ricorso, in caso di lacuna o di oscurità della legge, ai «principi generali e naturali del diritto». Con l'entrata in vigore del WGGB, l'opera di codificazione civile austriaca entra nella sua fase conclusiva.

9) FRANZ VON ZEILLER E LA PROMULGAZIONE DELL’ABGB (1801 – 1812)La revisione del progetto Martini e del WGGB viene delegata a una commissione imperiale nominata da Francesco I nel 1801. Relatore, membro scientificamente e intellettualmente più qualificato, è Von Zeiller. Al rilevante contributo di Zeiller è tra l'altro imputabile l'influsso, avvertibile nel testo definitivo del codice austriaco, di alcuni aspetti del pensiero di Kant (in particolare l'individualismo giuridico kantiano che pone l'accento sulla capacità giuridica come diritto innato e dunque spettante a tutti e che vede nella codificazione l'attuazione dell'idea razionale del giusto).In occasione dell'entrata in vigore del Codice Civile Generale von Zeiller pubblica un Commentario in più volumi.Il testo elaborato da Franz von Zeiller non ha vita facile: per due volte viene respinto dal governo imperiale e per tre volte viene ridiscusso e riesaminato nei minimi particolari.

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La Patente di promulgazione viene sottoscritta da Francesco I a Vienna il 1° giugno 1811. Il testo definitivo entra in vigore il 1° gennaio 1812, con il nome di Codice Civile Generale per i Territori Ereditari Tedeschi della Monarchia Austriaca e viene inserita la clausola di abrogazione di tutte le vigenti fonti concorrenti, in primo luogo del diritto comune.Vengono richiamate talune idee relative ai caratteri generali della legge: 1. Costituisce lo strumento per garantire ai cittadini la sicurezza e la tranquillità nel godimento dei rispettivi diritti. 2. Deve fondarsi su principi generali di giustizia. 3. Deve tenere conto delle caratteristiche dei popoli cui è indirizzata. 4. Deve essere comprensibile da parte dei destinatari. 5. Deve avere una struttura ordinata e razionale.

Un breve commento merita la qualificazione di «generale» che accompagna l'intitolazione del codice.Dal primo punto di vista il testo del 1811 è «generale» in quanto è destinato a essere applicato se non in tutti, nella maggior parte dei territori della corona asburgica. Dal punto di vista ideologico il codice è invece «generale» in quanto viene concepito e realizzato anche come strumento e fattore di omogeneità politica e sociale all'interno di uno Stato multietnico e culturalmente articolato quale è quello asburgico; esso sarà comunque un codice amato e sentito come proprio presso tutti i popoli dell’ Impero d'Austria.

CAPITOLO SECONDO – STRUTTURA, CONTENUTI E VICENDE DELL’ABGB1) I CARATTERI FOORMALI DELL’ABGBIl Codice Civile Generale austriaco si presenta come codificazione del solo diritto privato. Tripartizione di matrice romanistica in persone, cose e azioni.L'ABGB ricomprende 1502 paragrafi divisi in tre parti. La Parte Prima, dopo un’Introduzione intitolata Delle leggi in generale, contiene la sezione denominata Del diritto delle persone, ripartita in 4 capitoli: diritti relativi allo status delle persone, matrimonio, rapporti tra genitori e figli, tutela e cura. La Parte Seconda, intitolata Del diritto sulle cose, si divide in due sezioni: la prima, Dei diritti reali , disciplina la proprietà, il possesso, le garanzie reali, la servitù e la successione; la seconda, Dei diritti personali sulle cose, riguarda contratti e donazioni. La Parte Terza, Delle disposizioni comuni ai diritti delle persone e ai diritti sulle cose, distribuisce in quattro capitoli le materie della prescrizione, dell'usucapione e della costituzione, modificazione ed estinzione di diritti e obblighi.Come detto, il testo è introdotto da una serie di disposizioni dedicate alla legge in generale, che costituiscono una summa del pensiero giusnaturalista.Per quanto concerne il sistema delle fonti del diritto civile, l'ABGB consente l'applicazione delle norme consuetudinarie o delle antiche legislazioni provinciali solo quando la legge dello Stato «si riporti» alle prime o «espressamente confermi» le seconde . Alla medesima impostazione giusnaturalistica e giusrazionalistica si ricollega la disciplina del diritto delle persone.Tale disciplina è fondata sull'idea secondo la quale «ogni uomo ha dei diritti innati che si conoscono con la sola ragione». Prima e importantissima conseguenza di ciò consiste nell'esplicita condanna e nel divieto della schiavitù. Nella Parte Seconda, viene ripreso il concetto di matrice gaiano-giustinianea del Diritto delle Cose; il codice comprende non solo la materia della proprietà e degli altri diritti reali ma anche quelle delle successioni, delle obbligazioni e del risarcimento del danno. La Parte Terza appare particolarmente innovativa in quanto costituisce il primo organico tentativo di codificare una sorta di parte generale del diritto. Delinea, infatti, la disciplina applicabile in generale alla costituzione, alla modificazione e all'estinzione dei rapporti giuridici.L'ABGB tende a delineare una disciplina di carattere generale, concentrata sull'illustrazione di principi fondamentali, talora corredata da definizioni astratte e dall'indicazione delle finalità perseguite e pone, in fase applicativa, un certo intervento da parte dell'interprete.Il codice austriaco presenta qualche lacuna rispetto al più preciso e puntuale Codice Napoleone, ma nello stesso tempo concede una maggiore autonomia all'interprete perché consente il ricorso all’analogia e ai principi del diritto naturale.Norma-comando, tipico del codice francese, e di un modello alternativo di norma-principio, proprio del codice austriaco.

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2) LE FONTI DELL’ABGBGli specifici contenuti dell'ABGB discendono da un’attenta ed equilibrata fusione e riorganizzazione di una pluralità di fonti e di fattori, i più importanti dei quali sono individuabili:· nella tradizione romanistica (e canonistica);· nei vari diritti territoriali e provinciali presenti all'interno dell’Impero;· nei principi del «diritto di ragione» a base giusnaturalistica.Le eventuali analogie tra i due testi sembrano attribuibili più alle comuni matrici giusnaturalistiche e romanistiche che a un diretto influsso del primo sul secondo; inoltre, se i redattori dell'ABGB tengono conto dell'esperienza francese, ciò sembra avvenire più frequentemente 'in negativo' piuttosto che 'in positivo', nel senso che il codice austriaco offre ai medesimi problemi soluzioni che talora appaiono volutamente alternative rispetto al modello napoleonico.

3) LE SCELTE DEL LEGISLATORE ASBURGICOLa disciplina dell'ABGB si muove su una base ideale che appare tutt'altro che estranea ai principi giusnaturalistici di equità e di uguaglianza. In particolare, l'ABGB sembra presupporre la figura di un cittadino tendenzialmente affrancato dai legami tipici della società d'Antico Regime, di un cittadino cioè che, in quanto «capace di acquistare diritti», sia in grado di contare sulle proprie forze da un punto di vista economico e di amministrare quanto acquisito. L’ABGB finisce per assumere il ruolo, nella società austriaca del tempo, di un vero e proprio «baluardo della libertà civile».La base ideale determinata dal postulato giusnaturalista si manifesta in primo luogo in taluni aspetti della disciplina del diritto di famiglia; particolarmente significative sono l'affermazione della libertà matrimoniale (la libertà di scegliere il coniuge al di là di condizionamenti cetuali o confessionali), la disciplina della patria potestà (più sensibile alle esigenze educative dei figli, perdura fino al 24° anno di età) e la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi (che permette alla donna di disporre liberamente del beni parafernali e ignora l'istituto dell'autorizzazione maritale).In tema di diritto di famiglia, l'ABGB ammette, entro certi limiti, la ricerca della paternità e obbliga i genitori a fornire ai figli naturali «alimenti, educazione e collocamento in proporzione alle loro sostanze». Particolarmente ricca di garanzie è anche l'accuratissima disciplina della tutela, che sottopone il tutore al controllo del giudice e lo obbliga a presentare un rendiconto della sua amministrazione. Meno frequenti appaiono i riflessi del liberalismo politico: l'ABGB è un testo che talora guarda al passato.Esemplare a tale riguardo si dimostra il mantenimento nella sua fisionomia tradizionale dell'istituto del fedecommesso, che crea a favore dei «futuri successori del casato» un patrimonio familiare inalienabile e dunque sottratto al circuito economico.La disciplina della proprietà risulta meno limpida e compatta rispetto all'esempio francese. L'ABGB, infatti, dapprima definisce empiricamente la proprietà con riguardo all'oggetto della stessa, ricorrendo genericamente alla nozione di appartenenza. Art. 354.- La proprietà considerata come diritto è la facoltà di disporre, a piacimento e ad esclusione di ogni altro diritto, della sostanza e degli utili di una cosa.Le analogie formali che l’art 354 presenta, nella sua prima parte, con l'art. 544 del Code Civil si arrestano di fronte alla rilevanza attribuita alla separazione tra «sostanza e utili di una cosa». Tale separazione opera un diretto rinvio alle concezioni tradizionali in tema di dominium e in particolare alla distinzione tra dominio diretto e dominio utile.Il diritto sulla sostanza della cosa congiunto in una sola persona col diritto sugli utili è proprietà piena e indivisa. Se ad uno compete soltanto un diritto sulla sostanza della cosa e ad un altro il diritto esclusivo sugli utili di essa, il diritto della proprietà si ritiene diviso e non pieno. Il primo si chiama proprietario diretto, il secondo proprietario utile. La distinzione è ancora più esplicita ove si opera un'espressa menzione dei «feudi», dei «beni feudali» e del «diritto particolare feudale». Le comuni matrici romanistica, razionalistica e giusnaturalistica comportano l'esistenza di non pochi punti di contatto tra l'ABGB e il Code Civil in tema di diritti reali e, in misura ancora maggiore, nella disciplina delle obbligazioni. In tema di obbligazioni anche il codice austriaco riconosce con chiarezza la rilevanza del principio consensuale, sia pure con una formula meno efficace di quella proposta nel Codice Napoleone.L'ABGB dispone per i beni mobili che il passaggio della proprietà si verifichi al momento della consegna materiale del bene, confermando in tal modo la traditio richiesta dal diritto romano.

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Per il trasferimento della proprietà immobiliare, invece, il legislatore surroga la traditio con la «intavolazione>>(Intabulation), cioè la trascrizione dell'atto di acquisto presso gli uffici del pubblico registro immobiliare.

4) IL PROBLEMA DELLE MINORANZEL'ABGB è anche chiamato a realizzare un compromesso tra la tradizionale sensibilità della dinastia asburgica e dello Stato austriaco verso i fondamenti del Cattolicesimo e il riconoscimento delle specificità e dei diritti delle minoranze acattoliche. Frutto di tale compromesso sono, da un lato, talune dichiarazioni di massima di matrice giusnaturalista che in materia di «diritti privati» tendono a eliminare ogni differenza di trattamento fondata sulla diversità di credo religioso; dall'altro, una serie di scelte operate nell'ambito del diritto delle persone, e segnatamente in materia matrimoniale.Matrimonio e divorzio - Maggiormente contrastata risulta la regolamentazione della materia matrimoniale, riservata allo Stato ma in un quadro di ampia recezione della disciplina canonistica.Le difficoltà si manifestano in modo particolare nella disciplina del divorzio. Stabilisce l'indissolubilità del vincolo nei matrimoni tra cattolici e nei matrimoni in cui al momento della celebrazione almeno uno dei coniugi professava la religione cattolica.Il legislatore asburgico concede, peraltro, che si possa giungere allo scioglimento dei matrimoni contratti tra cristiani non cattolici per una serie di «gravi motivi» che vengono tassativamente elencati: se uno dei coniugi è reo di adulterio o di un delitto, per cui sia stato condannato alla pena di cinque anni in carcere almeno; le insidie pericolose alla vita o alla salute; i gravi ripetuti maltrattamenti.In caso di passaggio di uno dei coniugi alla religione cattolica il legislatore asburgico assume come punto di riferimento della disciplina applicabile il momento della celebrazione del matrimonio.Per i matrimoni tra persone appartenenti alla religione ebraica, l’ABGB stabilisce che. Il rabbino che presiede alla celebrazione del rito matrimoniale assume, come il sacerdote cattolico o il pastore protestante, le vesti di pubblico ufficiale mentre lo scioglimento del vincolo viene ammesso nei limiti stabiliti dalla tradizione ebraica.

5) DOPO IL 1812: DUE SECOLI DI VIGENZAL'ABGB è un «codice eccellente», che unisce un’elasticità e una raffinatezza nella tecnica legislativa talora non lontane da quelle offerte dal Code del 1804. Tali doti, unite alla salvaguardia dei principi di equità e disuguaglianza, lo rendono suscettibile di applicazione anche al di fuori dei domini ereditari di lingua tedesca. Entrato originariamente in vigore nei soli Territori Ereditari, viene progressivamente esteso al resto dei domini di Casa d'Austria. Nel 1918 al termine della prima guerra mondiale la vigenza del codice del 1811 viene mantenuta in tutti gli Stati sorti dalla dissoluzione dell'impero asburgico ed è tuttora in vigore in Austria.

6) L’ABGB E L’ITALIAL’ABGB nei territori italiani rimane in vigore in gran parte dell'Italia nordorientale per un lungo periodo di tempo. Dopo essere stato posto in attività nei territori destinati a formare il Trentino-Alto Adige e la Venezia Giulia, la vigenza dell'ABGB viene estesa alle province che formano il Regno Lombardo-Veneto.In tutti questi territori, il codice del 1812 rimane in vigore fino agli eventi politico-militari che segnano e concludono l'età risorgimentale.La trascrizione dei negozi giuridici relativi ai beni immobili viene attuata in Trentino-Alto Adige e in Venezia Giulia secondo un particolare sistema, denominato sistema tavolare; questo sistema di pubblicità immobiliare è basato su una rilevazione catastale del territorio che consente di trascrivere sui pubblici registri immobiliari, accanto e per ogni unità immobiliare, le vicende giuridiche della stessa.I legislatori della penisola gli preferiscono in genere il Codice Napoleone, sia per le maggiori affinità giuridiche e culturali tra Francia e Italia , sia per il fatto che il Code Civil era già stato messo alla prova nelle penisola con esiti positivi, sia perché, grazie alla sua duttilità, il testo del 1804 consentiva senza problemi l'eliminazione dall'articolato di istituti quali il divorzio.Il codice austriaco svolge un ruolo importante per l'affermazione definitiva dell'idea stessa della codificazione; talune scelte operate dal legislatore austriaco si dimostrano particolarmente incisive.

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L’assenza dell'autorizzazione maritale è all'origine, in Italia, di una minoritaria ma combattiva corrente di pensiero che oppone all'introduzione di tale istituto nella legislazione dello Stato unitario.La corrente abolizionista resta in questa occasione minoritaria. La controversia si protrae nel tempo e giunge a una definitiva soluzione mezzo secolo più tardi.

7) LA LIMITATA INFLUENZA DEL MODELLO ASBURGICOIl Codice Civile Generale resta un testo di notevole forza e vitalità nella sua terra d'origine, l'Austria, ove continua a essere applicato, pur con contenuti rinnovati da numerosi aggiornamenti.Non si può negare che i caratteri della generalità, dell'astrattezza e della sobrietà del dettato normativo abbiano permesso all'ABGB di sopperire con pieno successo alla mancanza dei pregi stilistici propri del testo napoleonico.