storia sambuca di sicilia

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Università degli studi di Palermo Facoltà di Ingegneria Corso di laurea in Ingegneria Edile- Architettura Corso di Tecnica Urbanistica con laboratorio Anno Accademico 2003/04 Docenti: prof. Giuseppe Trombino & prof. arch. Domenico Costantino Allievi ingegneri: Domenico Carì; Sebastiano Marino.

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Page 1: Storia sambuca di sicilia

Università degli studi di Palermo

Facoltà di Ingegneria

Corso di laurea in Ingegneria Edile-Architettura

Corso di Tecnica Urbanistica con laboratorio

Anno Accademico 2003/04

Docenti: prof. Giuseppe Trombino & prof. arch. Domenico Costantino

Allievi ingegneri:

Domenico Carì; Sebastiano Marino.

Page 2: Storia sambuca di sicilia

COMUNE

DI

SAMBUCA DI SICILIA (AG)

Page 3: Storia sambuca di sicilia

"LA REALTA' COMPRENSORIALE"

 Sambuca di Sicilia, comune della Provincia di Agrigento, situato alle falde del Monte Genuardo (1159 m), ha una superficie territoriale di 9600 ha che si sviluppa all'interno dei confini amministrativi in gran parte costituiti da linee naturali: a nord, sulla cresta del gruppo montuoso Serralunga, Castagnola e Monte Genuardo, a sud il corso del fiume Rincione, ad est il torrente Landore e ad ovest i valloni Caia e Guaricciola.

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Il comune, posto nella parte nord-occidentale della provincia di Agrigento, confina a nord con il comune di Contessa Entellina (PA), a sud con il comune di Sciacca e Caltabellotta (AG), a ovest con i comuni di S. Margherita Belice e Menfi (AG), ad est con il comune di Giuliana (PA). La distanza dal capoluogo di provincia (Agrigento) è di Km 94, da Palermo dista 74 Km.

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Domina un paesaggio agrario caratterizzato dalla presenza di vigneti ed oliveti. Un sistema diffuso di architetture rurali: masserie, bagli, mulini, trappeti, testimoniano il processo di “costruzione” della campagna e sottolineano le caratteristiche strutturali dell'economia agricola dell'area.

In questo contesto territoriale si integrano le superfici boschive della Resinata, i suggestivi complessi del Lago Arancio ed i siti archeologici di Monte Adranone.

Il centro ricade nella zona sud-orientale della Valle del Belice, la cui struttura e organizzazione territoriale, è stata profondamente mutata dal sisma del 1968.

Scavi Monte Adranone

Vigneti “Planeta”

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A Sambuca per esempio è stato realizzato un insediamento distaccato per ovviare all’emergenza determinata dalla mancanza di abitazioni, a Santa Margherita un insediamento sovrapposto, e a Montevago un insediamento a distanza.

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Sambuca ha impianto urbano medioevale a fuso definito per fuochi e tessuto viario denso di interventi seicenteschi.Lungo l'asse mediano di Corso Umberto si individuano con chiarezza sostituzioni successive del Sette e Ottocento.Il centro conserva le proprie funzioni civili, commerciali e residenziali anche se, a seguito del terremoto del 1968, la popolazione si è trasferita nella zona di trasferimento.Il nuovo centro sorge a N.E. dell'attuale abitato da esso poco distante. L'impianto è retto da schema geometrico rigido che aggrega le residenze in tre grossi settori di comparti paralleli attorno ad un’area centrale riservata alle attrezzature pubbliche.

Si noti la contrapposizione tra la casualità delle costruzioni del centro storico (a sinistra e in basso) e la regolarità della zona di trasferimento (in alto).

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 NASCITA E SVILUPPO DA ZABUT AI NOSTRI GIORNI

PERIODO MUSULMANO 827 – 1060 Nell’anno 827, su una collina cosiddetta a schiena d’asino leggermente declive, in cui crescono piante di sambuco, l’emiro saraceno Al Zabut (da Al Chabut = lo splendido), seguace dell’ascetico conquistatore Ibn Mankud (ardente guerriero), edifica il castello che prese il suo nome. 

Castello di Zabut E’ difeso e fortificato da due torri che, si ergeranno, a campanile, nelle chiese di San Giorgio e della Matrice. Si afferma che esso sia esistito sino al 1830, quando, dopo essere stato impiegato per 11 anni come prigione, fu distrutto dalla mano dell’uomo ed usato come cava. A nord il castello è protetto da muraglie merlate, con saettere, a sud, il Casale adiacente si snoda nelle «sette vanedde», vicoli stretti, con casette basse e modeste, destinate a soldati e contadini. Il quartiere nacque quindi per conciliare esigenze abitative e necessità difensive militari. Oggi si indovina ancora la sagoma del castello, di cui rimangono la base quadrata di una torre (campanile della Chiesa Madre) e la base circolare di un’altra torre, che rimane a formare la base del tempietto del Belvedere. Odiernamente si può notare come sia cambiata la concezione dell’urbanistica osservando i “sette vicoli saraceni”.Essi hanno scansioni diverse tra loro e irregolari, alternando slarghi e passaggi stretti, sfociando spesso in cortili ampi i quali erano usati dagli abitanti come propagazione delle anguste abitazioni, determinando così una ricchezza di relazioni sociali. Una perimetrazione urbana, abbastanza marcata e netta, la distingue da tutto l’impianto urbano del resto dell’abitato che sarà successivamente costruito. Il quartiere, nonostante attraverso i secoli sia stato violentato da qualche modificazione, non ha subito alterazioni né nell’impianto viario, né nella destinazione socioeconomica abitativa.  

PERIODO NORMANNO 1060 – 1194 Nel 1089, secondo Di Blasi e Palmieri, il Casale è conquistato dai Normanni e aggregato alla contea di Calatafimi. Nel 1185, Re Guglielmo II, detto il buono, smembra «La Chabuta o Zabut» dalla contea di Calatafimi e la associa a Giuliana, Comicchio e Senari, concedendola, in feudo, al Monastero di Monreale.La tolleranza e l’eclettismo dei normanni favoriscono la fusione delle etnie tradizionali con la componente saracena, largamente presente sul territorio sambucese. Se ne avvantaggiano la produzione agricola e artigianale, il commercio e l’edilizia.

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In alto: Chiesa Madre, il campanile deriva da un riadattamento di una delle due torri d’avamposto, la seconda sarà adibita a campanile della Chiesa di San Giorgio (a sinistra) demolita in seguito al sisma del ‘68.

In alto e a sinistra: Terrazzo Belvedere

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PERIODO SVEVO – ANGIOINO – GUERRA DEL VESPRO 1194 – 1302 Nel 1206 i gaiti musulmani di Lachabuca (Sambuca), di Adragna e di Senari si ribellano e rivendicano la libertà. Non si hanno notizie precise sulle modalità e sui tempi della repressione, ma, di certo, nel successivo quarantennio, re Federico riassoggetta, definitivamente, i saraceni, che, d’allora, abbracciano la religione dei vincitori e si integrano con loro.

DALLA PACE DI CALTABELLOTTA A FERDINANDO IL CATTOLICO 1302 – 1510

Nel 1316, Federico II d’Aragona assegna Sambuca alla Val di Mazara, con Borgetto (Menfi), Giuliana, Cristià (presso Burgio), Bivona. I suoi organi di governo sono un capitano, un giudice assessore, un notaio e un giustiziere, luogotenente e governatore generale dei suoi vassalli. Tra il 1342 ed il ‘48, Giovanni d’Aragona, duca d’Atene e marchese di Randazzo, è signore di Sambuca; questi, nel ’55, la cede in dote nuziale, alla figlia Eleonora, che va in sposa a Guglielmo Peralta. Successivamente, nel 1392, è concessa, insieme ad Adragna, a Nicolò Peralta. Nel 1403, quando re Martino interviene per sedare la ribellione di quest’ultimo, assedia anche il Castello di Zabut, in quanto soggetto alla casa Peralta. Appare rilevante che Adragna è chiamata Casale, nel senso di borgata campestre, per un processo di decadenza, ormai inarrestabile, mentre Sambuca è definita con l’appellativo più prestigioso di Castello, che significa paesetto fortificato. A conferma dell’accrescimento della sua importanza, il 3 maggio del 1404, contribuisce, con due once, alla costruzione di una flotta di 12 galere, per la difesa della costa. La sua popolazione si accresce anche in conseguenza della distruzione di Adragna, nel 1411. I superstiti adragnini ed anche gli abitanti di Comicchio, Senurio e Terruso si trasferiscono a Sambuca, che, intanto, attraverso una serie di vendite ed investiture, passa dai Peralta, ai Ventimiglia, ai Beccadelli. Intorno al 1510, si ha notizia di una presenza ebraica nel nostro territorio, a testimoniare che, ormai, Sambuca è un punto di attrazione consoli dato. Significativa risulta anche la sua espansione edilizia. Viene, infatti, edificato Palazzo Panitteri, quale torrione d’avamposto del castello di Zabut, che, nel secolo successivo, si troverà al centro dell’abitato.

RINASCIMENTO SAMBUCESE 1510 - 1598 Come attestano vari censimenti, Sambuca tende ad aumentare la sua popolazione e ad espandere il suo tessuto urbano. Il dato più significativo è fornito da Rocco Pirri, che, nel 1575, rileva 1427 abitazioni e 5602 abitanti. Ferve l’attività edilizia e nascono iniziative associative, specie nell’ambito religioso.

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Chiesa di San Michele (in alto) Palazzo Panitteri: Torrione d’avamposto (in alto)

Chiesa del Carmine (a sinistra);

Ospedale ed Orfanotrofio Caruso (a destra)

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IL TEMPO DEI PALAZZI E DEI SERVIZI 1598 – 1713

La vita religiosa si arricchisce della presenza di 12 Francescani, osservanti e riformati, che si stabiliscono presso la Chiesa di S. Maria del Gesù, di 12 Cappuccini, che svolgono, prevalentemente, attività didattica, non ché di 18 monache benedettine, che si stanziano presso la Chiesa di S. Caterina, con una rendita di 162 onze.

Chiesa di Santa Caterina

Chiesa di S. Maria del Gesù

Chiesa

della

Concezione

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.

Antico acquedotto, “gli Archi”

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PERIODO SABAUDO - AUSTRO – BORBONICO 1713 – 1860 Prosegue la crescita demografica di Sambuca. A metà del Settecento Amico calcola in 8892 il numero dei suoi abitanti; Maggiore Perni fa una stima più prudenziale e le attribuisce 8.728 abitanti, solo nel 1776. Questi dati vengono sostanzialmente confermati dal censimento del 1852, che valuta in 8.143 anime la popolazione sambucese.Nel 1707, viene edificata la Chiesa dei Vassalli, sotto il titolo Maria SS.della Nave. La crescente importanza di Sambuca trova riscontro nel prestigio goduto dal suo rappresentante al Parlamento: nel 1707, il Marchese della Sambuca siede nel braccio Militare e, tra i 37 marchesi, occupa l’undicesimo posto. Nel ‘27 si registrano lievi scosse di terremoto, per fortuna senza danni per le abitazioni. Il Castello di Zabut, comunque, declina ed appare in disfacimento allo storico Amico.Nel primo quarantennio del secolo continua lo svilimento del Castello di Zabut, che, nel ‘19, è ridotto a carcere feudale, nel ‘30 viene smembrato e saccheggiato da privati e, nel ‘37, demolito e sostituito da costruzioni insignificanti. Sambuca, nonostante il colera del ‘37’ cresce d’importanza e prestigio: nel ‘10 è compresa tra le città che devono contribuire, con 60 mila once annuali, sopra le rendite, già gravate del 5%; nel ‘12, Salvatore Beccadelli, Marchese di Sambuca, partecipa al Parlamento, che abolisce la feudalità; nel ‘33 entrano nel suo catasto territoriale le contrade Castelluccio, Misalabesi e Arancio e, infine, nel ‘43, viene istituito l’Ufficio Registro e Sambuca viene elevata a Pretura di terza classe.La comunità sambucese viene coinvolta nei moti del ‘48. In questo frangente viene bruciato l’archivio del notaio Amodei, l’archivio comunale, minacciato il giudice Perrone e assalito il carcere. Da qui all’Unità, la vita di Sambuca appare prospera e vivace. Le campagne producono grano, vino, olio, mandorle e pistacchi, ma si raccolgono, sulle montagne, anche capperi e palma nana. Fervono anche le iniziative culturali.

Teatro Comunale: “L’Idea” (1848-51)

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IL PERIODO ITALIANO 1860 – 1945 Lo spirito risorgimentale di Sambuca viene confermato dal rilevante numero di volontari che seguono Garibaldi e dai risultati del plebiscito del 21 ottobre, che dà il risultato di 1186 sì, su 1204 votanti.Nella seconda metà del secolo si registra un progressivo incremento demografico e la popolazione passa dagli 8.673 abitanti del ‘61, agli 8.082 del ‘71, ai 9.628 dell’82, ai 10.348 del 1901, fino agli 11.138 del 1911. L’accrescimento della popolazione determina l’allargamento e la ristrutturazione del tessuto urbano. Nel 1875 Via del Corso è prolungata di 117 metri. Si apre Via Libertà, si crea una piazzetta e si ricava uno spazio su cui formare una villa. Contemporaneamente viene dato l’appalto per realizzare, in ghisa, le condutture esterne di acqua ed è introdotta l’illuminazione pubblica. Nel 1882 viene inaugurato il Teatro, che diviene Comunale. Nel periodo fascista va ricordata la demolizione della parte di S. Caterina, prospiciente Via Mercato, per costruirvi una piazzetta, sulla quale, nel ‘29, si inaugura un monumento ai caduti. Le positive conseguenze dell’unificazione italiana si visualizzano, a Sambuca, nel miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari. Nel 1870 viene aperta la rotabile Palermo-Chiusa-Sambuca-Sciacca. Con grande impegno e collaborazione dei cittadini sambucesi, si realizzano due ponti, uno in contrada Canalicchio, e un altro in contrada Cappuccini. Si costruisce anche una stazione ferroviaria ed una galleria per il sottopassaggio dei treni. (fig. in basso a destra; sulla destra si vede la stazione, in basso a sinistra si intravede l’entrata della galleria).

Monumento ai caduti (1929)

Nel 1914 è attivata la strada ferrata Porto Empedocle-Castelvetrano e, nel ‘28, la linea ferroviaria S. Carlo-Gulfa.

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Convento dei Cappuccini, ieri (a destra) ed oggi.

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IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI

Il Convento dei Cappuccini, ubicato nella zona occidentale del territorio di Sambuca, dista dal centro urbano circa mezzo chilometro. La costruzione del convento, iniziata nel 1606 per opera di un cappuccino, Andrea da Burgio, con l’aiuto del Marchese Don Vincenzo Baldi Centellis, viene ultimata nel 1614.

Gli amministratori comunali dell’epoca, nel 1610, concedono al convento l’approvvigionamento idrico tramite la sorgente Adragna per soddisfare i bisogni della comunità e per permettere l’irrigazione del giardino.

Nel 1633 viene incluso dalle autorità ecclesiastiche nella lista dei conventi. Il primo sambucese ad abitarvi e a professare la regola cappuccina, è frate Antonio, al secolo Melchiorre Tumminello, che nel 1613, all’età di 19 anni, presso il convento del monte di Trapani, essendo Ministro Provinciale il Rev. Padre Michelangelo da Burgio, indossa il saio.

L’ordine dei PP. Cappuccini, fondato nell’anno1526, durante il pontificato di Clemente VII, sotto il titolo di S. Francesco d’Assisi, fu introdotto a Palermo nell’anno 1553 con lo stesso pontefice. Circa un secolo dopo, cioè nell’anno 1606, la regola francescana fu portata a Sambuca per opera dell’ill. Marchese della Sambuca D. Vincenzo Baldi Mastrantonio con l’aiuto di frate Andrea di Burgio. In questo convento dei Cappuccini il giardino o Silva fu utilizzato anche per la piantagione e coltivazione del tabacco, di cui si avevano ottime produzioni.(1)

Con la legge sulle privative del governo Italiano, estesa pure alla Sicilia, Sambuca perdette la produzione del tabacco, che era una delle principali risorse finanziarie degli abitanti. In seguito alla legge del 1867 per la soppressione delle case religiose, subentrò il Demanio dello Stato ed il convento e la silva furono posti ai pubblici incanti: il Convento venne aggiudicato a Gioacchino Caleca e la Silva con l’acqua rimase aggiudicata al sig. Calogero Ciaccio, con verbale dell’ufficio del Registro di Sambuca in data 28 agosto 1868. Lo stesso, poi, fece cessione di una parte dell’acqua al sig. Pietro Amodei Panitteri. All’epoca della soppressione erano nel convento i seguenti religiosi: Padre Salvatore Oddo – ex provinciale, Leone Rollo – Lettore. Si conservavano in esso due belle Madonne: una sul muro, di fronte la rampa di scale che conduce a primo piano e l’altra sul parapetto del coro. Visse in questo convento Fra Felice da Sambuca, celebre pittore. Si narra che un giorno, mentre i frati riposavano, Fra Felice, in poche ore, dipinse l’affresco “Il Transito di San Francesco”, dove attorno al Santo effigiò tutti i frati viventi a quell’epoca nel convento. I resti di questo affresco, quasi tutto cancellato, si vedono ancora su uno degli archi, dove termina un corridoio. Il Convento dei Cappuccini è stato gravemente distrutto dal terremoto nel 1968.

Alcune opere d’arte del convento sono state perdute, altre sono state trasferite nella Chiesa di San Michele. Alcuni anni fa, l’amministrazione comunale di Sambuca aveva affidato l’incarico di redigere un progetto di recupero che non è stato ancora realizzato.

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1) Terrazzo Belvedere

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2) Chiesa Madre

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LA MATRICE

La Matrice è uno dei monumenti più importanti di Sambuca. Questa chiesa, edificata intorno al 1420, su una parte dell'antico Castello di Zabut, si

trova nella parte più antica e alta di Sambuca, in piazza Baldi Centellis. L’attuale campanile, fu ricavato, infatti, da una antica torre saracena di difesa dello stesso Castello di Zabut.

In origine era una piccola chiesa dedicata prima a Santa Barbara, e poi a S. Pietro Apostolo; nell’anno 1642 fu ricostruita ed ampliata nella forma che oggi possiamo ammirare, grazie al contributo finanziario della marchesa Donna Giulia Baldi Centellis e della sorella Maria.

Completata la costruzione, il 12 febbraio 1651, la chiesa fu solennemente aperta al culto divino e “dichiarata parrocchiale sotto il titolo di Maria SS. Assunta”. Alla funzione religiosa partecipò la marchesa D. Giulia della Sambuca accompagnata dal marito D. Giulio Pignatelli, dalla sorella D. Maria Baldi Centellis, e da tutto il popolo sambucese.

Nel 1790, essendo arciprete Don Gaetano Farace e sindaco il “Magnifico” Don Gioacchino Viviani, furono fatte importanti opere ornamentali alla navata centrale, alla cappella e alla cupola.

Come scrive nell’Arpetta il dr. Vincenzo Navarro nella prima metà dell’Ottocento grazie alle cure zelantissime dell’allora arciprete Vito Planeta, divenuto poi abate della chiesa di Santa Maria del Soccorso, nel 1836, fu ricostruita la gradinata della porta di ponente e la chiesa fu arricchita di interessanti opere d’arte e di gradevoli stucchi .

La chiesa ha una bellissima facciata con basamenta ciclopiche di pietra tufacea. Per arrivare al portale di ingresso, di rozzo stile arabo-normanno, bisogna salire una suggestiva scalinata. L'interno è formato da tre navate divise da colonne che sorreggono archi a tutto sesto.

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Di forma a croce romana, nel punto in cui il transetto si interseca con la navata centrale, si innalza la cupola, di ispirazione rinascimentale. I muri, le colonne, le volte reali, conferiscono al tempio un rigore e un’armonia claustrale che conquista il visitatore. Il campanile, che culmina a guglia piramidale, coperta da quadrelli di ceramica policrome, sorretto da enormi, ma armoniose foglie d'acanto scolpite nella dura pietra di tufo, è un raro gioiello, non facile da trovare nell'architettura d'epoca della Sicilia occidentale. Il portale , proviene di sicuro da una delle chiese della distrutta Adragnus; mentre tutto l’ornato del portale della fiancata destra che si affaccia sulla piazza Baldi Centellis è ispirato a motivi rinascimentali commisti a delicati influssi barocchi. Nell’interno prima del terremoto del 1968 si potevano ammirare diverse opere d’arte di notevole importanza: una grande pala lignea raffigurante in bassorilievo l’Albero dei Martiri con al posto dei frutti, reliquari, opera di scuola trapanese del Settecento; una tela raffigurante I Tre Santi della Scuola del Novelli; un’acquasantiera di scuola gaginiana; la grande pala dell’altare maggiore raffigurante l’Assunzione di ispirazione tintorettiana. Ed inoltre: un trittico ligneo della crocifissione, con i santi Giovanni Evangelista e Maria di Magdala; diverse tele raffiguranti: Gesù che consegna le chiavi del Paradiso a San Pietro; La Madonna del latte fra i santi Benedetto e Domenico; l’estasi di San Giovanni Evangelista, I Dottori della chiesa di Fra Felice di Sambuca; opere, oggi, conservate nella chiesa di San Michele.

La chiesa, gravemente danneggiata dal sisma del 1968, ha subito degli interventi di consolidamento delle strutture e di rifacimento della copertura che purtroppo sono stati eseguiti in varie fasi e con molta lentezza e tuttora non sono stati ultimati. Le condizioni attuali sono ancora precarie soprattutto nelle navate laterali dove l’intervento di restauro non è stato completato.

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3) Antico acquedotto

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ANTICO ACQUEDOTTO VOLGARMENTE DETTO

“GLI ARCHI”

Fuori dall’antica cerchia urbana di Zabut si trova una fuga di archi, costruiti in pietra tufacea dura sullo stile degli antichi acquedotti romani.

Furono edificati nel 1633 dal Gurleri allo scopo di innalzare e facilitare il corso delle acque interne dell’abitato.

Dopo aver sfidato più di tre secoli d'esistenza, chissà quanto avrebbero potuto resistere se, dopo il terremoto, per paura che crollassero, non avessero attentato alla loro rovina. Oggi, infatti, rimangono poche arcate, ma importanti per effettuare il restauro e la ricostruzione degli elementi andati distrutti.

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4) Chiesa del Rosario

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CHIESA DEL ROSARIO

La chiesa del Rosario si trova nei Vicoli Saraceni vicino al castello Zabut, nella parte settentrionale del paese. Anticamente, il luogo dove oggi sorge la chiesa era talmente orrido da mettere paura ai passanti; si diceva che là vi fossero gli spiriti e la “Malombra”. In memoria di questa antica e paurosa leggenda, ad una via di quei dintorni, fu posto il nome di via Fantasma. Nei primi anni del XVI secolo arrivarono a Sambuca i RR. PP. della Compagnia Di Gesù, i quali, per distruggere tali superstizioni e rendere il luogo transitabile, raccolsero elemosine ed edificarono una Cappella dipingendo sul muro l’Immagine della Madonna della Scala o delle Scalille, che divenne molto miracolosa. I fedeli, accesi da gran fervore, per i molteplici miracoli ottenuti, raccolsero molte elemosine, con le quali, fu edificata, al posto della Cappella, una Chiesa dedicata a Maria SS. Del Rosario.

La chiesa fu fondata da un gesuita e costruita tra il 1554–1664. Eccetto il campanile, costruito tra il 1950 e il 1955, in stile molto discutibile, il frontespizio e l’intero impianto conservano lo stile sobrio originale e l‘austerità accumulata in quattro secoli di vita. La chiesa è ricca di tele appartenenti alle scuole siciliane secentesche. Degno di ammirazione é il portone ligneo che risale agl’inizi del XIX secolo periodo in cui la chiesa fu oggetto di un’intera campagna di restauri che interessarono tutto l’apparato decorativo del sacro tempio. L’artistico portone dedicato a San Domenico di Cusman, ideatore del “rosario”, è finemente scolpito e definito, perimetralmente, da una superba cornice di foglie d’acanto. Le sedici formelle interne racchiudono mascheroni, putti, oltre allo stemma domenicano, il cane con la torcia in bocca e a due scene tratte dalla vita di San Domenico: l’apparizione della Vergine del Rosario e la predicazione a un gruppo di eretici. Il portone, in legno di castagno, fu realizzato nel 1839, da “mastro” Michele Viscosi, il quale si servì, per intavolarlo di tre alberi di cipressi provenienti dalla selva del convento di Santa Maria di Gesù dei padri Riformati, i quali, nel 1847, furono pagati al guardiano padre Saverio da Giuliana. Lo stemma domenicano lo troviamo ancora composto in ciottoli di colore marrone nel centro dell’acciottolato bianco del sagrato. Le chiese del Rosario e di San Michele sono le uniche che hanno tre porte frontali, una centrale e due laterali simmetricamente disposte.

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5) Ex Chiesa di San Giorgio

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6) Chiesa di San Michele

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CHIESA DI SAN MICHELE

La Chiesa di San Michele è ubicata in largo S. Michele, nel centro storico di Sambuca, di fronte al Palazzo Panitteri, in prossimità dei Vicoli Saraceni.

Fu fondata nella prima metà del XIII secolo, molto probabilmente subito dopo la cacciata dei Saraceni.E’ opinione che la chiesa di San Michele Arcangelo sia stata la seconda chiesa eretta a Sambuca: la

prima era quella di San Giorgio che sorgeva nella adiacente piazza V. Navarro, purtroppo demolita alla fine degli anni cinquanta, sia per l’incuria delle autorità laiche e religiose dell’epoca, sia per la mancanza di sensibilità culturale sulla conservazione del patrimonio storico, artistico e monumentale.

La Chiesa di San Michele Arcangelo, nel tempo, ha subito diversi rifacimenti e ristrutturazioni: originariamente la porta di entrata era nella parte opposta dell’attuale, dirimpetto la chiesa di San Giorgio, dentro il nucleo urbano dell’antica Zabut: le due chiese, quindi, prospettavano sulla medesima piazza Navarro.

In via Largo San Michele, dove oggi si affaccia la chiesa, nell’antico impianto urbano della città correvano le mura di cinta dell’antica Zabut: l’espansione di Sambuca verso Sud si fa risalire, infatti, al secolo XV, quando ebbe inizio la costruzione del Palazzo Panittieri-Truncali.

Mentre l’attuale assetto della chiesa risale al 1596, (come si legge sul piedistallo della colonna, a man sinistra entrando dalla porta maggiore), e si deve alla generosità del il signor Giuseppe Amodei che finanziò la costruzione del campanile, della facciata, che si articola in tre portali con relative porte, e della scala a chiocciola a blocchi concentrici in tufo arenario.

Intorno agli anni ’50, la volta della navata centrale fu danneggiata da un incendio e fu ricostruita a spese delle insegnanti e sorelle Maria e Beatrice Di Giovanna.

Oggi, la chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, internamente presenta linee architettonicamente perfette, colonne quadrangolari, volte a botte e moltissime opere d’arte provenienti da diverse chiese e dal convento dei Cappuccini danneggiato dal sisma del 1968.

Nelle pareti dell’abside si possono ammirare due affreschi di Gianbecchina raffiguranti angeli con trombe. Vi si venera un crocefisso ligneo su croce laminata in argento databile verso la fine del Cinquecento. Interessante il fercolo settecentesco in legno scolpito che veniva usato per portare in processione il Crocefisso. Nel fercolo sono da notare i due finissimi putti, in legno scolpito e dorato.

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Tengono in mano rispettivamente il gallo e la lanterna, simboli legati alla passione di Gesù Cristo. Entrambi sono posti alla base delle colonne binate che sorreggono la cupola a traforo lignea. Gli altri quattro tengono in mano il martello, il chiodo, la scala e la lancia. Alla base del fercolo in pregevole stile corinzio sono rappresentate due scene della passione: la flagellazione e la caduta di Cristo. L’opera molto probabilmente è stata commissionata ai fratelli Bartolomeo e Leo Luca Costanza, scultori, intagliatori e incisori sambucesi. Interessante il pregiato fonte battesimale in marmo alabastrino, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Assunta. E’ composto da tre elementi: base, fusto e vasca, quest’ultima in origine appartenente ad altro fonte o acquasantiera. Nella base a sezione quadrata, sono raffigurati tre mascheroni e, nel quarto lato, una sirena di chiara matrice gaginiana. Il fusto centrale è circoscritto da tre putti a rilievo, in più parti mutilati, i quali sorreggono la vasca centrale con l’estradosso leggermente scanalato. L’opera scultorea, per tipologia e richiami stilistici, è ascrivibile alla produzione marmorea della seconda metà del XVI secolo. Imponente con la sua macchina processionale, la statua di San Giorgio. La sculture, realizzata nel 1597, da Marco e Silvio Lo Cascio da Chiusa Sclafani, ripropone i classici temi iconografici; il giovane e bello cavaliere impennato sul cavallo nell’atto di uccidere il drago che tiene prigioniera la regina ai piedi della “vara”. La statua simboleggia la vittoria del bene sul male. Il coraggioso cavaliere è raffigurato con abiti da guerriero e corazza. L’intera macchina processionale è realizzata in legno di salice e pioppo policromo e dorato; il gruppo equestre è in legno di tiglio. Alla base del fercolo all’interno di otto formelle trovano posto scene che raccontano la vita del Santo. Sul retro della vara, la scritta “Opus tam magnificum anno D.ni 1(59)7 elaboratum fuit e di restauro deinde anno salutis 1779 variis coloribus exornatum fuit” ricorda l’anno di realizzazione e il successivo restauro avvenuto nel 1779.

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7) Palazzo dell’Arpa

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PALAZZO COMUNALE

Il palazzo municipale si presenta con un doppio arco trionfale, sormontato da tre eleganti balconi. I due archi sono separati da un sontuoso portale che sostiene uno spaccato quadrangolare chiuso da una cornice sbalzata.

Nel 1938, in questa cornice, venne collocata una lapide che esaltava la politica del Duce. Oggi al suo posto si trova un orologio. Il palazzo, di fattura secentesca, venne costruito dalla famiglia Oddo, sull’impianto dell’antica porta attraverso la quale si accedeva alla città-fortezza di Zabut.

In periodo successivo a tale data venne ceduto ai Giurati del tempo, perché divenisse sede della municipalità. Venne restaurato sul finire degli anni sessanta e oggi appartiene al Comune. Nel palazzo comunale si conservano opere d’arte moderna d'illustri concittadini.

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8) Palazzo Panitteri

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IL PALAZZO PANITTERI

Il Palazzo Panitteri, originariamente “TRUNCALI”, è uno dei monumenti più importanti di Sambuca. Il palazzo appartenne al prete Don Bartolo Truncali nipote di un omonimo zio che visse tra il XVI e il XVII secolo. Questi abitò il palazzo dopo averlo consolidato e ristrutturato. Successivamente passò al prelato Don Giuseppe Panitteri, nato il 2 ottobre 1767, il quale dal 1795 al 1828, anno della sua morte, visse in Girgenti (attuale Agrigento). Poi fu abitato dalla famiglia Amodei fino al gennaio 1968.

Costruito come torrione di avamposto lungo le mura che circondavano l’antica Zabut (oggi Sambuca), successivamente diventa dimora patrizia. Palazzo Panitteri è circondato da quattro vie: Largo San Michele, Via Panitteri, Vicolo Calcara e Via Gaspare Puccio.

Il palazzo si trova nell’antico centro storico quasi attaccato ai vicoli saraceni. Danneggiato dal terremoto, è stato acquistato dal comune di Sambuca che ha fatto redigere un progetto di recupero, restauro e ristrutturazione per farne un museo archeologico regionale con i reperti di Adranone. L'arte e le strutture del Palazzo Panitteri sono caratterizzate da linee attinte al tardo rinascimento e da annunci al barocco isolano: ne sono viva testimonianza il portale dell'ingresso principale, alla cui sommità è lo stemma della famiglia Panitteri. E’ appartenuto a tre ricche famiglie: Truncali, Panitteri, Amodei. Il palazzo, originariamente adibito a fortezza, oggi conserva la forma quadrangolare che racchiude un ampio cortile. Da due lati il cortile è delimitato da alte mura. Gli altri due lati sono delimitati, da una parte dal corpo centrale del palazzo, dall'altra dalla fiancata che dà sul largo San Michele.

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Nell'interno del cortile si aprono vasti magazzini. Vi è poi un’ampia scala in stile Catalano limitata da un’inferriata, realizzata con tecnica antica, che porta al piano superiore, il quale comprende la zona soggiorno costituita da una grande sala adiacente alla cucina, la zona per ricevimenti, costituita da un salone con pareti dipinte e pavimenti in ceramica antica in cui trovano posto numerosi pannelli con foto che testimoniano l'ambiente e la cultura di Sambuca e del suo territorio e infine una zona costituita da sale da letto. Nel cortile si trova un breve sottopassaggio che immette nel giardino, dove campeggiano alcuni alberi: mandarino, arancio, nespolo, fico e una poderosa pianta grassa. Alla destra della porta d’ingresso si trovano antichi attrezzi agricoli utilizzati nel passato dai contadini sambucesi per la coltivazione del grano. Vi trovano collocazione gli oggetti necessari per le varie fasi della produzione: spietratura del terreno, aratura, semina, mietitura, trebbiatura, trasporto e immagazzinamento. Nel locale a sinistra troviamo attrezzi relativi al ciclo della produzione dei formaggi.

In una sala del Palazzo Panitteri, è stata ambientata la ricostruzione del salotto politico-letterario sambucese dell’'800, in onore di Emanuele Navarro Della Miraglia. Sono presenti: Francesco Crispi, Vincenzo Navarro Della Miraglia, George Sand e i garibaldini Vincenzo Giordano Orsini e Oreste Baratieri. Emanuele Navarro Della Miraglia da alcuni critici, tra cui Leonardo Sciascia è considerato il precursore del Verismo per aver scritto il romanzo "LA NANA". Il palazzo è anche sede del museo "ETNOANTROPOLOGICO della Terra di Zabut".

Attualmente, poiché sono in corso opere di ristrutturazione e restauro, finanziate dallo Stato, il salotto politico letterario dell’'800 e il museo Etno-antropologico sono stati trasferiti momentaneamente nei Vicoli Saraceni. Ultimati i lavori, il Palazzo verrà destinato a “Museo della Terra di Zabut” e a “Museo Archeologico”. Vi saranno custoditi i preziosi reperti provenienti dal parco archeologico di monte Adranone.

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9) Chiesa del Purgatorio

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CHIESA DEL PURGATORIO

La Chiesa del Purgatorio sorge in Piazza Purgatorio, già della Loggia e prima ancora Largo Idea. Fu fondata dal sac. Don Giuseppe Cicio, nella prima metà del Seicento, con il nome di Miseremini Cappuccinelli e dedicata a San Francesco d’Assisi, come lo stesso Don Giuseppe dichiara nel suo testamento. Con lo stesso documento, alla Chiesa erano lasciati in eredità alcune rendite e un latifondo in contrada Valli, per la celebrazione di messe e legati di maritaggio. Il 16 aprile del 1632 alla Chiesa fu annessa una confraternita con bolla emessa dal Vescovo di Girgenti Monsignore Antonio Gualterio. Il 21 maggio dello stesso anno, una bolla pontificia di Gregorio Clemente aggregò la Chiesa all’Arciconfraternita della Morte della città di Roma.

Nella Chiesa del Purgatorio era custodita una tela di Fra Felice della Sambuca, l’unica prodotta in senso esclusivo e cioè non riprodotta, come era solito fare questo pittore, quando un committente gliene chiedeva copia.

Si tratta anche dell’unica tela firmata. La grande Pala, era collocata sull’altare maggiore, raffigura il Purgatorio e la purificazione delle anime Oggi è conservata presso la locale banca di Credito Cooperativo. La Chiesa del Purgatorio è stata gravemente danneggiata in seguito al sisma del 1968. Oggi sono in corso lavori di restauro, appaltati e

iniziati nel 1999.

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10) Chiesa del Carmine

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11) Convento dei Carmelitani

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12) Palazzo Ciaccio

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13) Orologio ed ex Ospedale Pietro Caruso

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14) Palazzo dei Marchesi Beccadelli

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Palazzo Beccadelli

Il Palazzo Beccadelli, situato sul lato destro del Corso Umberto I, tra il vicolo Beccadelli e la Via Pietro Caruso, è un edificio imponente poderoso voluto e fatto costruire dai Marchesi della Sambuca. L’esponente più illustre della famiglia fu Giuseppe Beccadelli di Bologna. Egli nacque a Sambuca il 2 Luglio 1726. Appartenne a una delle più antiche e illustri famiglie della Sicilia. Sposò Stefania, la discendente dei Principi di Raffadali, diventando rappresentante della Corte napoletana in Toscana e ambasciatore alla Corte di Vienna. Nel 1777 venne investito del Marchesato della Sambuca in quanto primogenito ed erede universale del padre.Morì a Palermo il 6 Settembre 1813 e venne seppellito a Sambuca nel Convento dei Cappuccini. La realizzazione del Palazzo avvenne in un arco di tempo abbastanza lungo e su degli edifici già preesistenti che si articolavano nell’ambito di un intero isolato delimitato dalle Vie Beccadelli, Baglio Grande, Pietro Caruso e dal Corso Umberto I. Nell’area si comprendevano la Chiesa di San Sebastiano, l’Ospedale Pietro Caruso (1500), alcuni edifici di antica fabbricazione e poi il massiccio beccadelliano. Di grande bellezza sono lo scalone catalano nell’interno del cortile e il monumentale balcone centrale raffigurante lo stemma della famiglia .

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15) Chiesa di Santa Caterina

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CHIESA ED EX MONASTERO DI SANTA CATERINA

La chiesa di Santa Caterina e i resti dell'adiacente ex monastero benedettino, siti nel Corso Umberto I di fronte all'ex ospedale Pietro Caruso, furono fondati dal nobile Giovanni Domenico Giacone d’Irlanda che con testamento dell'anno 1515, donando una casa di sua proprietà, volle istituire un convento femminile. Suor Maria Ludovica Bufalo, proveniente dal monastero di Sciacca, fu chiamata ad inaugurare l’opera e ne divenne la prima Abbadessa.

Il Monastero si estendeva lungo il corso Umberto a partire dall’attuale Palazzo della Banca di Credito Cooperativo, fino alla Via Roma comprendendo anche l’attuale piazza della Vittoria.

La struttura originaria comprendeva: nella parte centrale la chiesa di S. Caterina, in quella laterale sinistra il Monastero, oggi adibito ad uffici comunali ed a casa canonica, mentre nel lato destro vi era il chiostro che confinava con la via del Mercato (oggi via Roma) e nella parte posteriore con la Via Telegrafo.

La chiesa è in stile barocco, ad una sola navata divisa in quattro altarini di marmo con l’altare maggiore situato nella grande cappella. Nel Seicento fu adornata di stucchi in stile barocco da Vincenzo Messina, proveniente da Palermo e stabilitosi a Sambuca in seguito al matrimonio con una sambucese. Lo stile barocco della chiesa, nella quale lavorò verosimilmente anche il figlio Gabriele, non è omogeneo: i primi lavori sono un po’ grossolani e richiamano motivi popolari, i successivi di migliore fattura, forse perché nel frattempo l’artista era venuto a contatto con il Serpotta, illustre stuccatore palermitano autore tra l’altro de “La carità” che si trova nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Interessanti e di grande pregio sono le quattro virtù incarnate poste ai lati dei primi due altari della navata. Le statue di San Mauro e San Placido, cofondatori dell’ordine benedettino, e l’Eterno Padre che dall’alto irrompe nel presbiterio, secondo il classico schema decorativo, sono degni di nota. Nei due altari successivi ci sono quattro cariatidi che sorreggono la trabeazione. Tra le opere d'arte che arricchivano la Chiesa vi erano: una statua lignea di S. Caterina d'Alessandria e una della Madonna chiamata comunemente del cardellino, oggi entrambe conservate nella chiesa del Carmine; una grande pala di altare di Fra Felice da Sambuca che raffigurava la glorificazione del Marchese Don Pietro Beccadelli che dotò e arricchì il monastero e la chiesa di rendite e di opere d'arte; una tela raffigurante la Madonna con il Bambino seduta con S. Gioacchino e S. Anna di scuola fiamminga, custodita anch’essa nella chiesa del Carmine, l’affresco nella volta, raffigurante lo sposalizio di S. Caterina entrambe opere di Fra Felice da Sambuca.

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Nel corso degli anni il Monastero divenne ricco in quanto ricevette numerose rendite in frumento dalla Marchesa Giulia Baldi Centelles, che donò tra le altre cose, una rendita annua di 24 onze perché dopo la sua morte le fosse dedicata una messa quotidiana e in seguito donazioni in denaro e in beni immobili dai Signori Beccadelli, marchesi della Sambuca. Avvenuta la soppressione delle corporazioni religiose, il fabbricato con giardino e cisterne, e tutto il gran patrimonio del Monastero, fu incamerato dal Fondo per il culto ed amministrato dal Ricevitore del Registro. L'amministrazione del Fondo per il culto successivamente cedette l'intero fabbricato al Comune che in parte lo adibì a scuole elementari femminili, il resto fu abitato dalle monache superstiti alla soppressione sino al giorno 3 settembre 1907. Nel 1927 gli amministratori del tempo fecero demolire del tutto la parte del fabbricato a destra della chiesa, prospiciente alla Via Mercato, (l'attuale Via Roma) consistente in una grande stanza come parlatorio ed una bella sala di ricevimento a pianterreno, ed a primo piano soprastante, un vasto camerone, che fu per parecchi secoli destinato a dormitorio delle suore, e dalla parte posteriore in Via Telegrafo, un giardino con cisterna circondato da altissime mura, per realizzare nell’area di risulta una piazzetta: l’attuale "Piazza della Vittoria". Il 14 febbraio 1928 dal Municipio furono ripresi i lavori di diroccamento e di pavimentazione in cemento della cennata piazzetta, terminati dopo pochi mesi. Il 16 giugno 1929 fu inaugurato dalla civica amministrazione con gran solennità il monumento ai caduti nella Grande Guerra. Questo simboleggia il Soldato italiano che indica ai suoi compagni la scoperta del nemico incitandoli alla lotta. La chiesa, gravemente danneggiata dal terremoto del 1968, venne provvisoriamente transennata e successivamente sostenuta da un gran muro in cemento; i lavori di restauro, avviati agli inizi degli anni novanta, a tutt’oggi non sono stati ultimati e l’interno della chiesa si presenta in uno stato di grande degrado. In grave abbandono anche la casa canonica.

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16) Monastero delle Benedettine

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17) Palazzo della Cassa Rurale ed Artigiana

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18) Chiesa di San Giuseppe

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CHIESA DI SAN GIUSEPPE

La chiesa di San Giuseppe risale alla prima metà del Seicento. Il frontespizio, opera imponente e dignitosa, è di epoca più recente rispetto alla costruzione della Chiesa e cerca di armonizzarsi con la linea del portale, di imitazione arabo-normanna.

Tra la nicchia ad arco a sesto, nella quale è posta la statua di pietra di san Giuseppe e l’angolo acuto del frontone, fa da stacco un rosone.

All’interno della chiesa si trovano opere interessanti: di artigianato palermitano è una statua lignea del Santo titolare, recentemente restaurata, donata dal marchese della Sambuca; sulla volta un affresco di Fra Felice; alle pareti alcune tele di cui una, posta sull’altare laterale sinistro, raffigura la morte di San Giuseppe. La figura dell’Eterno Padre, dalla straordinaria plasticità campeggia trionfante nel piccolo presbiterio della Chiesa. Dai capelli ricci e dalla fluida e lunga barba, l’Eterno, il cui sorriso è appena accennato, avanza da una nube vaporosa tra il coro di sette cherubini alati. Il fluttuante mantello dalle ripetute pieghe ne aumenta la leggerezza e gli effetti plastico-luministici. L’anonimo artista ha voluto presentare un “Eterno Padre” misericordioso pronto ad accogliere tra le braccia i suoi figli. L’opera, ascrivibile alla scuola dei Messina che a Sambuca per più anni lavorarono, realizzata probabilmente prima del 1724, anno in cui la chiesa fu benedetta dopo i lavori di ampliamento, è parte integrante dello scenografico altare che si sviluppa su due ordini di colonne corinzie.

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19) Palazzo dei Baroni Oddo

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20) Chiesa di Santa Lucia

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CHIESA DI SANTA LUCIA

Sotto il titolo di San Leonardo, già nel 1615, esisteva come riportato in alcuni documenti sul convento del Carmine, l’attuale Chiesa di Santa Lucia. E’ situata a sud-ovest del paese, nel quartiere che prende il nome dalla Santa. Nel fabbricato attiguo alla Chiesa vi era il convento dei Carmelitani che accoglieva delle orfanelle e, quando la Chiesa venne dedicata a Santa Lucia, queste bambine presero il nome di “Orfanelle di Santa Lucia”. La statua della santa, era posta sull’altare maggiore. Il 13 dicembre ricorre la sua festa. In quel giorno, in suo onore, si mangia la “Cuccia”, piatto a base di frumento cotto condito con creme o latte o miele o vino cotto. In seguito al terremoto la Chiesa ha subito gravi danni e da allora è stata chiusa al culto. La statua di Santa Lucia è stata trasferita nella Chiesa della Concezione.

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21) Palazzo Planeta

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22) Chiesa della Concezione

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CHIESA DELLA CONCEZIONE

La chiesa della Concezione è situata all’angolo fra Via Marconi, già via del Popolo, e via Concezione, a pochi passi dal Corso Umberto, all’altezza della chiesa di San Giuseppe. La famiglia Montalbano di Sambuca, verso l’anno 1600, edificò a proprie spese la chiesa dedicata a San Nicolò di Bari, che poi prese il nome della Concezione. Dopo che la chiesa di S. Nicolò di Adragna andò in rovina e fu privata nel 1622 del S. S Crocifisso (che fu dato al comune di Santa Margherita Belice), l’intaglio in pietra arenaria bianca stile gotico-siculo, che vi si trovava, fu portato nella chiesa della Concezione e collocato nella porta maggiore. Un certo Calogero Montalbano, legittimo successore dei fondatori con un atto del gennaio 1634 cedette la chiesa alla Confraternita di Maria S. S della Concezione, rappresentata da D. Lorenzo Rollo, da D. G. B. Ponte e da Leonardo Tenesio, rispettivamente, il primo governatore e gli altri due primo e secondo assistente della Confraternita.

Nella chiesa della Concezione si venera la statua di Maria S. S. Immacolata, la cui festa ricade l’otto dicembre di ogni anno. Degna di nota era l’artistica “vara”, dove la Vergine Immacolata, il giorno della festa era portata in processione sulle spalle dei Confratelli, percorrendo le abituali vie dell’abitato. All’interno sul lato sinistro si possono ammirare due tele di Fra Felice una raffigurante S. Vincenzo Ferreri, l’altra la Madonna con S. Antonio da Padova; sul lato destro altre tele di Fra Felice raffiguranti la Madonna della Misericordia, San Francesco di Paola e la Buona Morte.

Nella volta a botte si trovano tre affreschi di Ignazio De Miceli (1846) che raffigurano: la Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso; la Vittoria dell’Immacolata Concezione sul maligno con S. Michele e l’Eterno Padre; Maria Regina del Cielo e della Terra. Nel primo Dio Padre scaccia con la mano sinistra Adamo ed Eva e con la destra promette la venuta della Vergine Maria, che schiaccerà la testa del serpente (Lucifero). A guardia del Paradiso l’Angelo con la spada di fuoco. Nel secondo Dio Padre con gli angeli del Paradiso manda l’Immacolata che schiaccia la testa a Lucifero. A destra, ai piedi della Madonna un angelo tiene un giglio simbolo di purezza. A sinistra l’arcangelo Michele scaccia satana e i demoni nell’inferno. In basso la caduta degli angeli ribelli. Nel terzo la Vergine Santissima distribuisce alle donne virtuose dell’Antico Testamento, simbolo della Chiesa, abiti devozionali e rose. Il portale della chiesa è il miglior oggetto artistico del paese ed è stato dichiarato monumento nazionale nel 1928. Dopo il terremoto del 1968 la chiesa subì gravi danni e fu consolidata e restaurata tra il 1974 e il 1984. La pitturazione è stata fatta dal decoratore Tommaso Montana.

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23) Palazzo Fiore

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24) Palazzo Giacone Catalanotto

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Palazzo Catalanotto

Il palazzo Giacone Catalanotto sorge di fronte al palazzo Fiore. Pur risalendo allo stesso periodo hanno uno stile ben diverso. La diversità dello stile è data e da un’esigenza di distinzione, essendo i due palazzi patrizi vicini e da successive esigenze di consolidamento.

Vi è un grande portone, di colore bianco e oro ingiallito. Nel corso dei secoli, il

palazzo, accolse i vescovi di Girgenti, che venivano a Sambuca per ragioni pastorali.

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25) Palazzo Mangiaracina

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26) Chiesa e Collegio di Maria

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Chiesa di Gesù e Maria

Attigua alla Chiesa della Concezione è la Chiesa di Gesù e Maria. E’ una chiesetta molto semplice, a navata unica in cui si conserva la Madonna Addolorata di eccezionale espressività della scuola artigianale trapanese realizzata nella seconda metà dell’Ottocento.

Sin dall'antichità è sede di una confraternita a carattere corporativistico, costituita da artigiani, che svolge compiti religiosi.

Durante la Settimana Santa, e precisamente il Venerdì, la Madonna Addolorata attraversa il Corso Umberto 1° fino ad arrivare alla Chiesa di S. Michele dove trova Gesù Crocifisso.

La sera c è un'altra processione con Gesù morto, deposto in un’urna di vetro e dietro la Madonna. Assieme percorrono le consuete vie dell'abitato.

Infine la Madonna Addolorata accompagna Gesù sino alla sepoltura nella Chiesa di S. Michele. La confraternita dell'Addolorata con devozione riporta la Madonna nella

Chiesa di Gesù e Maria.

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27) Teatro Comunale

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TEATRO L’IDEA

Il Teatro l’Idea, sito nel corso Umberto I al civico 22, quasi di fronte la villetta Comunale, fu costruito fra il 1848 e il 1851, da un gruppo di borghesi sambucesi amanti dell'arte. La struttura architettonica e lo stile ricalcano grandi teatri come il Bellini di Catania, il Politeama di Palermo, il Pirandello di Agrigento.

Nel 1886, quando i discendenti delle famiglie che lo avevano costruito, per le mutate condizioni storiche ed economiche, non furono più in grado di sopportare i costi di gestione e di manutenzione, il teatro venne acquisito al patrimonio del Comune di Sambuca Zabut.

Poiché il teatro era gravemente danneggiato, l’Amministrazione Comunale cominciò immediatamente le opere di restauro coinvolgendo gli artigiani locali, che parteciparono con grande entusiasmo e con “sentimento patriottico”. Così, sul finire dell'Ottocento, restaurato e decorato in stile liberty dal pittore Domenico Ferrara, ritornò alla pubblica fruizione, ospitando importanti compagnie teatrali e celebri attori: Angelo Musco, Rosina Anselmi, Zoppelli, Zappalà.

Alla fine degli anni cinquanta, in seguito al boom del cinema, il teatro, gestito da una società privata fu adibito a sala cinematografica. Agli inizi degli anni sessanta venne chiuso.

Danneggiato gravemente dal terremoto del gennaio 1968, grazie alla sensibilità degli amministratori e ai contributi dello Stato, furono avviate opere di consolidamento e di ristrutturazione, salvaguardando l'impianto originario. Nel 1993, definitivamente restaurato e arredato con mezzi rispondenti alle più moderne esigenze di sicurezza, venne restituito ai cittadini sambucesi. Attualmente presenta ottime condizioni strutturali e si inserisce bene nel contesto urbano.

Dopo il restauro la facciata non ha subito grandi cambiamenti, soltanto l’ingresso principale, infatti si è arricchito di una elegante cupola di vetro e ferro battuto.

Tramite una gradinata di marmo bianco si accede all’ingresso del Teatro. Dalla hall attraverso tre scale, una principale e due laterali, si accede alla platea e/o ai palchi.

Internamente ha la forma classica a ferro di cavallo con volta a cupola schiacciata e in esso si possono distinguere tre ordini di palchi, la platea e un ampio palcoscenico. Può ospitare circa duecentocinquanta persone. L’interno è illuminato da un grandioso lampadario in vetro di Boemia. Oggi il Teatro è gestito dall'amministrazione comunale che ogni anno organizza stagioni teatrali con attori di livello nazionale quali: Oreste Lionello, Katia Ricciarelli, Gianfranco D’Angelo, Nando Gazzolo, Gianrico Tedeschi, Paola Quattrini, Valeria Valeri e Lando Buzzanca; altresì il teatro svolge importanti funzioni socio-culturali come centro di preparazione e formazione teatrale e musicale e come struttura ricettiva di convegni e attività culturali aperte a tutte le espressioni.

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28) Chiesa di San Calogero

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Chiesa di San Calogero

La chiesa di San Calogero fu fondata da Nicolò Sagona di Francesco, in seguito al contratto stipulato con i Giurati nella seconda metà del Seicento.

E’ situata lungo il Corso Umberto I° di fronte al teatro Comunale. Fu costruita secondo lo stile del tempo. Presenta un’unica navata e lesene che trattengono un cornicione perimetrale. L’abside, a mezza botte, è coperta da una cupola. Il portale d'entrata, in legno riccamente scolpito in bassorilievo, rappresenta due scene della vita del Santo.

Il luogo di culto danneggiato dal terremoto del 1968 è rimasto chiuso per un lungo periodo. Da alcuni anni è stato consolidato e restaurato. Oggi, ospita la galleria permanente con alcuni quadri che il pittore Gianbecchina ha donato al Comune.

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29) Bevaio Amaro

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30) Villa Comunale

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31) Rovine di Monte Adranone

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Monte AdranoneMonte Adranone rientra nell’ambito territoriale della Sicilia occidentale. Situato a

circa 1000 metri sul livello del mare, si eleva a settentrione di Sambuca di Sicilia. L’insediamento indigeno risale alla media età del bronzo e del bronzo finale, ma è meglio documentato nella successiva età del ferro. La documentazione archeologica dell’insediamento preistorico, è costituita dalla presenza di ceramica rossa a stralucido della facies di Pantalica nord e dai resti di capanne a pianta semicircolare con vestibolo della prima età del ferro, rinvenuti nella stessa zona in area successivamente occupata da impianto artigianale del IV secolo a.C.. A tale fase si riferiscono vari frammenti di ceramica a decorazione incisa. La storia di Adranone, per la sua particolare posizione geografica indubbiamente selinuntina, si sviluppa tra l’area Sicana ellenizzata e l’area elimo-punica con una decisa prevalenza di quest’ultima a partire dal IV secolo a.C.. Lo insediamento è inserito in un sistema di centri fortificati posti a guardia di un territorio che fu sempre conteso, prima da Selinuntini e Akragantini poi da Sicilioti e Cartaginesi ed infine, durante le guerre puniche, da Cartaginesi e Romani. Di tale periodo restano tracce evidenti nello sviluppo e nella trasformazione di Adranone.