studio di settore_sbagliato

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Studi di settore Cronaca di una persecuzione fiscale Chiedo soltanto che lo studio di settore che mi viene applicato sia relativo alla mia attività, la ricerca di mercato, come prevede la legge. Chiedo troppo? Invece mi è stato applicato uno studio di settore (2006) relativo ad oltre 1700 imprese; in Italia esistono meno di 100 istituti di ricerca di mercato, comunque non esistono 1700 istituti di ricerca nemmeno in tutta l’Europa! Quando ho contestato ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate queste assurdità mi hanno detto di rivolgere le mie contestazioni all’associazione di categoria che aveva collaborato allo studio di settore e l’aveva anche approvato. L’unica associazione degli istituti di ricerca di mercato in Italia, ASSIRM, mi ha dichiarato in un documento ufficiale di non essere stata neppure informata dell’esistenza dello Studio di Settore 2006 e di essere contattata solo in vista dei successivi studi di settore 2008 e 2010, esprimendo comunque una valutazione negativa e rifiutandosi di aderire: il campione utilizzato per lo studio di settore non è rappresentativo dell’universo della ricerca di mercato e non tiene nemmeno conto dell’elementare distinzione tra professionisti e lavoratori autonomi da una parte e società, di persone o di capitali, dall’altra (tutti gli istituti di ricerca di mercato sono società). In un’intervista all’Espresso Vincenzo Freni racconta e spiega le sue tribolazioni con l’Agenzia delle Entrate. Studi di settore Equitalia Studi di settore

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Page 1: Studio di settore_sbagliato

Studi di settore Cronaca di una persecuzione fiscale Chiedo soltanto che lo studio di settore che mi viene applicato sia relativo alla mia

attività, la ricerca di mercato, come prevede la legge. Chiedo troppo? Invece mi è

stato applicato uno studio di settore (2006) relativo ad oltre 1700 imprese; in Italia

esistono meno di 100 istituti di ricerca di mercato, comunque non esistono 1700

istituti di ricerca nemmeno in tutta l’Europa! Quando ho contestato ai funzionari

dell’Agenzia delle Entrate queste assurdità mi hanno detto di rivolgere le mie

contestazioni all’associazione di categoria che aveva collaborato allo studio di settore

e l’aveva anche approvato.

L’unica associazione degli istituti di ricerca di mercato in Italia, ASSIRM, mi ha

dichiarato in un documento ufficiale di non essere stata neppure informata

dell’esistenza dello Studio di Settore 2006 e di essere contattata solo in vista dei

successivi studi di settore 2008 e 2010, esprimendo comunque una valutazione

negativa e rifiutandosi di aderire: il campione utilizzato per lo studio di settore non è

rappresentativo dell’universo della ricerca di mercato e non tiene nemmeno conto

dell’elementare distinzione tra professionisti e lavoratori autonomi da una parte e

società, di persone o di capitali, dall’altra (tutti gli istituti di ricerca di mercato sono

società).

In un’intervista all’Espresso Vincenzo Freni racconta e spiega le sue tribolazioni con

l’Agenzia delle Entrate.

Studi di settore Equitalia Studi di settore

Page 2: Studio di settore_sbagliato

22 marzo 2012 | lE’ spresso | 149

EconomiaFISCO

Ma come ve lo devo dire chestate prendendo un abba-glio? Che quel vostro stu-dio è totalmente sballa-to?». Vincenzo Freni non

riusciva a capacitarsi di come l’Agen-zia delle Entrate gli contestasse 130mila euro fra imposte evase e penaliper l’anno 2006, salite oggi a quota200 mila, e i funzionari che lo avevanoconvocato per il contraddittorio nonvolessero saperne di entrare nel meri-to. «I parametri dello studio di settoreSG4IU sono stati elaborati con il via li-bera della vostra associazione di cate-goria – continuavano a ripetergli –.Facciamo una bella cosa: ci dia la me-tà e lei sta a posto».

Freni è titolare di un’omonima picco-la impresa di ricerca, sondaggi e mar-keting di Firenze, l’unica della città eprobabilmente della Toscana. «Ho duedipendenti e non ho mai evaso un cen-tesimo», giura. Rifiuta la transazione esi rivolge all’Assirm, l'associazione del-le aziende del settore ricerca, che riuni-sce le maggiori imprese del settore, co-me Ipsos, Gfk Eurisko, Doxa. E scopreche quanto gli hanno detto i funziona-ri del fisco non era vero: l’Assirm nonha mai dato via libera a quello studiodi settore. «Siamo stati contattati per laprima volta nel 2007 - conferma Ceci-lia Gobbi, che dell’Associazione che facapo a Confindustria è il direttore - astudio già fatto, quindi. Abbiamo pre-sentato le nostre osservazioni, mo-strando come il campione non fossestatisticamente rappresentativo del set-tore, ma non ne hanno tenuto conto. Cihanno interpellato per gli studi succes-sivi, abbiamo ripetuto le medesime os-

servazioni e ancora una volta non nehanno tenuto conto».

Ma qual è l’origine dell’abbaglio?Aver messo nello stesso calderone im-prese del settore della ricerca con la lo-ro struttura di costi, dipendenti da re-tribuire, l’affitto della sede da pagare,impianti e reti informatiche, e singoliprofessionisti autonomi, come gli in-tervistatori o i consulenti aziendali, op-pure altre aziende con un diversissimoprofilo, come quelle che operano nelsettore della pubblicità. «Abbiamoportato dei casi concreti, coprendo ov-

viamente il nome delle aziende, per mo-strare come venissero fuori valori bendiversi dallo studio, ma non c’è statonulla da fare», spiega Cecilia Gobbi.

La prova provata dell’errore sta nelcampione prescelto per elaborare i cal-coli, di circa 1.700 soggetti economici,mentre in tutto il settore, tra iscritti al-l’Assirm e non, non vi sono più di 150aziende. E i cosiddetti cluster, i rag-gruppamenti omogenei di contribuentiall’interno dello studio, non hanno mi-gliorato il quadro. «Vengono assem-blati per specializzazione, ad esempiole indagini telefoniche - osserva ancorail direttore Assirm - mentre invece il pa-rametro numero uno doveva essere ladistinzione tra azienda e lavoratore au-tonomo».

Ma veniamo a Freni. Fa ricorso allaCommissione tributaria e chiede che glisi applichi almeno lo studio successivo,del 2008, con il quale lo scarto si ridu-ceva da 130 mila a 25 mila euro: nien-te da fare, perché quello studio tieneconto dei correttivi per la sopravvenu-ta crisi economica. E depuriamolo daicorrettivi, allora. Richiesta respinta.Nemmeno a parlarne di usare lo studiopiù evoluto, del 2009, con il quale il de-bito col fisco si sarebbe ridotto a menodi 4 mila euro. Freni perde in Commis-sione e adesso ricorrerà in appello.L'ultima sua disperata mossa, una let-tera al Garante del contribuente, in cuiricorda che con «i funzionari dellastanza 314» di Firenze non c’è statocontraddittorio, ma solo quella loro of-ferta di dimezzare il dovuto.

Questo caso conferma che gli studidi settore sono tutt’altro che infallibi-li. Pienamente operativi dal 1998, talistrumenti di accertamento induttivonon stimano il reddito, ma i ricavi del-le imprese e i compensi dei lavoratoriautonomi. A tutt’oggi ne sono statielaborati 206 e si applicano a oltre 4milioni di soggetti, con ricavi fino a5,16 milioni l’anno. Secondo gli ultimidati i contribuenti incongrui, quelliche dichiarano ricavi diversi dallo stu-dio, sono circa il 30 per cento. Convie-ne rientrare nei ranghi, per non avereaccertamenti. Ma lo si può fare anchebarando. Sono un barista e riduco lasuperficie del mio locale per arrivare alvalore esatto che lo studio prevede. Eil fisco mi lascerà in pace. �

DON CHISCIOTTEcontro le tasse

Uno studio di settore sbagliato. Ecominciano le disgrazie di un’impresa

con l’Agenzia delle Entrate. Che nonvuole nemmeno stare a sentire

DI CORRADO GIUSTINIANI

VINCENZO FRENI