supplemento di “cardiologia negli ospedali” news daily · tere osservazionale e che ha...

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8.30 - 9.30 Aula Elba FORUM Angioplastica coronarica ad alto rischio: strategie attuali 8.30 - 9.30 Aula Pantelleria FORUM Scompenso Cardiaco: aspetti trascurati 9.00 - 10.50 Aula Lipari SIMPOSIO Il trapianto cardiaco 9.35 - 10.50 Aula Ischia SIMPOSIO FIC Come eravamo e come siamo: riflessioni sul Censimento 2010 delle Strutture Cardiologiche italiane 9.35 - 10.35 Aula Elba FORUM Scelte terapeutiche nell’anziano fragile 9.35 - 10.35 Aula Favignana FORUM Resincronizzazione cardiaca: aspetti controversi 10.55 - 12.40 Aula Ischia SIMPOSIO Convention 2012 delle UTIC italiane Congress News Daily 43° Congresso ANMCO 2012 Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali” OGGI AL CONGRESSO sabato 2 giugno 2012 di Stefano Capobianco di Cinzia Monda Da non perdere!!! HIGHLIGHT | Il Congresso in pillole | Aula Ischia | ore 12.45 - 14.15 4 Strada… Per l’eccellenza I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chia- mateli PRIVILEGI. Ebbene sì… Sembra una favola ed in realtà lo è a tutti gli effetti. È la favola che Gino Strada, fondatore di Emer- gency, ha scritto con la figlia Cecilia per spiegare cosa sono i diritti e come si potrebbe creare un “paese di bambini che sorrido- no”. Simposio carismatico quello che si è tenuto alle ore 15.45 nell’Aula Caprera sulla malattia valvolare nei paesi africani. A moderare l’evento due Chairman di eccezione: il Dott. Maz- zuoli e il Dott. Ottani che entusiasti della numerosa platea non hanno perso tempo nel dare il via ad un convivio di esperienze e testimonianze che vanno oltre l’umano operare e che trasformano i protagonisti in creature affascinanti che hanno la grande capacità di essere disponibili a condivi- dere un mondo che “ai più” è sconosciuto. Ad iniziare l’opera è il Dottor Ferratini, responsabile dell’Unità di Cardiologia della IRCCS Santa Maria Nascente di Milano, il quale condivi- de con l’audience la sua esperienza in Zimbabwe. Il SEGUE A PAG. 2 Appuntamento tradizionale questo “vernissage” degli Studi Clinici dell’ANMCO, momento prezioso di verifica degli sforzi compiuti per la ricerca e il miglioramento delle cure in Car- diologia. Moderano il Presidente ANMCO Marino Scherillo e il Direttore del Centro Studi ANMCO Aldo Pietro Maggioni. Inizia la carrellata il Dott. Di Pasquale, illustrandoci i preziosi dati di follow - up a sei mesi dello Studio MANTRA, nato con l’intento di fotografare lo “Standard of Care”del paziente con Sindrome Coronarica Acuta in Italia. Questo Studio di carat- tere osservazionale e che ha coinvolto cinquantadue centri in Italia, ha arruolato circa 6.394 pazienti con sindrome corona- rica acuta: di questi, il 44.7% con STEMI e il restante 55,3% con NSTEMI. Il 63,7% dei pazienti con STEMI ricevevano angioplastica primaria con un tempo medio Door to Ballon di novanta minuti. Il 16,1% degli STEMI veniva trattato mediante terapia trombolitica con un tempo medio Door to Needle di trenta minuti e la restante percentuale non riceveva alcuna terapia riperfusiva. Una buona percentuale di NSTEMI ri- ceveva terapia riperfusiva invasiva entro le quarantotto ore. Già nello Studio baseline, la mortalità intraospedaliera era bassa nei centri che aderivano alle Linee Guida. Tale dato si conferma nel follow up a sei mesi, con una bassa mortalità intraospedaliera e a sei mesi nei pazienti con STEMI e NSTE- SCA, a patto che siano gestiti in Centri con elevata aderenza alle Linee Guida. Come nello Studio baseline, anche nelle osservazioni in follow - up i tempi per la terapia riperfusiva continuano ad essere ancora lunghi, soprattutto nei pazienti trasferiti dai centri spoke. L’esecuzione dell’ECG preospe- daliero è ancora poco diffusa (22% STEMI; 13% NSTE-SCA) e la durata della degenza è ancora elevata. Altre importanti conclusioni riportano la bassa incidenza intraospedaliera di emorragie maggiori (1.2%) e minori (3.1%). Si conferma, come in altri Studi, l’associazione tra emorragie maggiori intraospedaliere e mortalità intraospedaliera (19.0% vs 3.1%) ed a sei mesi (26.6% vs 6.7%). I predittori delle emorragie maggiori intraospedaliere Gli Studi Clinici dell’ANMCO SEGUE A PAG. 2

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Page 1: Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali” News Daily · tere osservazionale e che ha coinvolto cinquantadue centri in Italia, ha arruolato circa 6.394 pazienti con sindrome

➜ 8.30 - 9.30 Aula Elba FORUM Angioplastica coronarica ad alto rischio: strategie attuali

➜ 8.30 - 9.30 Aula Pantelleria FORUM Scompenso Cardiaco: aspetti trascurati

➜ 9.00 - 10.50 Aula Lipari SIMPOSIO Il trapianto cardiaco

➜ 9.35 - 10.50 Aula Ischia SIMPOSIO FIC Come eravamo e come siamo: riflessioni sul Censimento 2010 delle Strutture Cardiologiche italiane

➜ 9.35 - 10.35 Aula Elba FORUM Scelte terapeutiche nell’anziano fragile

➜ 9.35 - 10.35 Aula Favignana FORUM Resincronizzazione cardiaca: aspetti controversi

➜ 10.55 - 12.40 Aula Ischia SIMPOSIO Convention 2012 delle UTIC italiane

CongressNews Daily

43° Congresso ANMCO 2012

Supplemento di “Cardiologia negli Ospedali”

Oggi al cOngressO sabato 2 giugno 2012

di Stefano Capobianco

di Cinzia Monda

Da non perdere!!! HIGHLIGHT | Il Congresso in pillole | Aula Ischia | ore 12.45 - 14.15

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Strada… Per l’eccellenza

I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chia-mateli PRIVILEGI. Ebbene sì… Sembra una favola ed in realtà lo è a tutti gli effetti. È la favola che Gino Strada, fondatore di Emer-gency, ha scritto con la figlia Cecilia per spiegare cosa sono i diritti e come si potrebbe creare un “paese di bambini che sorrido-no”. Simposio carismatico quello che si è tenuto alle ore 15.45 nell’Aula Caprera sulla malattia valvolare nei

paesi africani. A moderare l’evento due Chairman di eccezione: il Dott. Maz-zuoli e il Dott. Ottani che entusiasti della numerosa platea non hanno perso tempo nel dare il via ad un convivio di esperienze e

testimonianze che vanno oltre l’umano operare e che trasformano i protagonisti in creature affascinanti che hanno la grande capacità di essere disponibili a condivi-dere un mondo che “ai più” è sconosciuto. Ad iniziare

l’opera è il Dottor Ferratini, responsabile dell’Unità di Cardiologia della IRCCS Santa Maria Nascente di Milano, il quale condivi-de con l’audience la sua esperienza in Zimbabwe. Il

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Appuntamento tradizionale questo “vernissage” degli Studi Clinici dell’ANMCO, momento prezioso di verifica degli sforzi compiuti per la ricerca e il miglioramento delle cure in Car-diologia. Moderano il Presidente ANMCO Marino Scherillo e il Direttore del Centro Studi ANMCO Aldo Pietro Maggioni. Inizia la carrellata il Dott. Di Pasquale, illustrandoci i preziosi dati di follow - up a sei mesi dello Studio MANTRA, nato con l’intento di fotografare lo “Standard of Care”del paziente con Sindrome Coronarica Acuta in Italia. Questo Studio di carat-tere osservazionale e che ha coinvolto cinquantadue centri in Italia, ha arruolato circa 6.394 pazienti con sindrome corona-rica acuta: di questi, il 44.7% con STEMI e il restante 55,3% con NSTEMI. Il 63,7% dei pazienti con STEMI ricevevano angioplastica primaria con un tempo medio Door to Ballon di novanta minuti. Il 16,1% degli STEMI veniva trattato mediante terapia trombolitica con un tempo medio Door to Needle di trenta minuti e la restante percentuale non riceveva alcuna terapia riperfusiva. Una buona percentuale di NSTEMI ri-

ceveva terapia riperfusiva invasiva entro le quarantotto ore. Già nello Studio baseline, la mortalità intraospedaliera era bassa nei centri che aderivano alle Linee Guida. Tale dato si conferma nel follow up a sei mesi, con una bassa mortalità intraospedaliera e a sei mesi nei pazienti con STEMI e NSTE-SCA, a patto che siano gestiti in Centri con elevata aderenza alle Linee Guida. Come nello Studio baseline, anche nelle osservazioni in follow - up i tempi per la terapia riperfusiva continuano ad essere ancora lunghi, soprattutto nei pazienti trasferiti dai centri spoke. L’esecuzione dell’ECG preospe-daliero è ancora poco diffusa (22% STEMI; 13% NSTE-SCA) e la durata della degenza è ancora elevata. Altre importanti conclusioni riportano la bassa incidenza intraospedaliera di emorragie maggiori (1.2%) e minori (3.1%). Si conferma, come in altri Studi, l’associazione tra emorragie maggiori intraospedaliere e mortalità intraospedaliera (19.0% vs 3.1%) ed a sei mesi (26.6% vs 6.7%). I predittori delle emorragie maggiori intraospedaliere

Gli Studi Clinici dell’ANMCO

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 20122

sono il basso peso, il sesso femminile, la vasculopatia periferica, l’IRC, lo switch di terapia antitrombotica e l’impianto di IABP. Lo switch di terapia antitrombotica e l’accesso arterioso di IABP sono fattori predittivi di emorragie evitabili o con-trollabili, contrariamente ai fattori predittori del rischio trombotico. Il Dott. Mathieu ci illustra i risultati di follow up dello Studio ATA – AF, osservazione che fotografa il fenotipo clinico dei pazienti con fibrillazione atriale. Si tratta di uno Studio osser-vazionale che ha coinvolto più di 7.100 pazienti afferiti a circa 360 strutture tra Car-diologie e reparti di Medicina Interna. La popolazione era composta per il 47% da donne; l’età era superiore a settantacinque anni nel 56% dei pazienti. La fibrillazione atriale era permanente nel 62% dei pazienti ricoverati in Medicina interna, contro il 37% dei pazienti della Cardiologia, mentre le forme persistenti erano significati-vamente più rappresentate nei pazienti cardiologici. L’e-tà avanzata e le comorbidità orientavano verso una stra-tegia rate-control, mentre la giovane età e le forme “lone” dell’aritmia orientavano ver-so una strategia di ripristino del ritmo sinusale. Cardio-versione elettrica e farma-cologica erano utilizzate in proporzioni praticamente sovrapponibili quando si sia optato per il controllo del ritmo. Per quanto riguarda la prescrizione di terapia anticoagulante, l’età > 75 anni condizionava spesso il non-uso di tali farmaci. Mol-te di queste osservazioni si confermano nel follow - up, ma si sovrappongono dati aggiuntivi molto interessan-ti: si osserva una tendenza alla “Swopping Terapy” ovvero a switchare da tera-pia anticoagulante orale e quella antiaggregante orale e viceversa dai sei ai dodici mesi. Nonostante questo, si osserva una bassa incidenza di eventi emorragici e trom-bo embolici, lo scompenso cardiaco si conferma la maggiore causa di mortalità

in questo gruppo e viene fuori un dato interessante sulla qualità della vita di questi pazienti, che appare povera, soprattutto nei pa-zienti che assumono TAO. Il Dott. Maggioni ci presenta i risultati finali dello Studio ESC-HF, uno Studio pro-spettico e multicentrico che ha arruolato 5.118 pazienti tra l’ottobre 2009 al maggio 2010 e nato con l’intento di fornire informazioni riguar-do alla epidemiologia clinica e all’outcome a un anno di pazienti con scompenso car-diaco. Il messaggio appare chiaro e conciso: mentre la mortalità a un anno dei pazienti con scompenso car-diaco cronico appare in netto miglioramento nel tempo, la mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco acuto appare ancora elevata. Nel primo gruppo, la prima cau-sa di morte appare di natura cardiovascolare (54.4%), im-provvisa nel 40.2% dei casi e non improvvisa in circa la metà dei casi. I predittori indipendenti di mortalità in questo gruppo erano l’età, la bassa pressione sistolica all’ingresso, la congestione polmonare o sistemica e l’utilizzo in terapia di beta bloccanti. Nel secondo grup-po, la percentuale di morte di origine cardiovascolare appare più elevata (66.4%) e i predittori indipendenti di tale evento erano l’uso di inotropi, l’età, la congestione polmonare o periferica e l’iposodiemia. Di estremo interesse i dati del Censi-mento 2010 delle Strutture Cardiologiche italiane: au-mentano le Emodinamiche in Italia che praticano anche PTCA, aumentano sensibil-mente anche le Strutture di Emodinamica che fornisco-no servizio H24, aumenta il numero di Ambulatori Car-diologici specialistici dedi-cati. Stabile la distribuzione e il numero delle UTIC, ma ancora troppo elevata la per-centuale di UTIC non inserite nel sistema di rete Hub/Spo-ke. Permane, in generale, un gradiente di distribuzione di risorse e strutture tra nord e sud Italia. ♥

di Stefano Capobianco➜ SEGUE dALLA PRIMA PAGInA

progetto della fondazione don Gnocchi in collaborazione con il dipartimento car-diochirurgico De Gasperis dell’ospedale Niguarda di Milano è quello di trasferire i pazienti all’estero e nel particolare in Italia per le cure cardiochirurgiche necessarie. Vantaggi e limiti del progetto vengono pa-ragonati a quelli di una soluzione diversa, quella che lui stesso definisce “creazione

di strutture sanitarie hi-tech in loco”. Ed è a questo punto che il dottor Ferratini rende omaggio a quanto creato dal dottore Gino Strada in Sudan: il Centro Salam. Da cosa nasce il progetto e quali risultati sono stati ottenuti? Si susseguono nelle relazioni Rossella Miccio, Gino Strada e Gabriele Risica, catturando l’attenzione di una platea di Cardiologi giovani e non. Il Centro Salam nasce nel 2007 come unico centro specia-lizzato del continente capace di erogare prestazioni di assistenza gratuite. Perché questa esigenza? Le malattie valvolari car-diache rappresentano in Africa quasi il 10% delle cause di morte. Si tratta in prevalenza di patologie di natura reumatica. Le tre ca-ratteristiche del Salam sono l’uguaglianza, la qualità e la responsabilità, quest’ultima intesa come gratuità del servizio. Ma Salam vuol dire PACE ed infatti dal centro di Khar-toum partono missioni di screening in altri paesi africani che hanno il compito di sele-zionare pazienti da sottoporre ad intervento cardiochirurgico. È ovvio che le difficoltà a cui bisogna far fronte sono ancora tante. Al di là dell’intervento chirurgico la vera difficoltà e quindi la vera conquista ottenuta dal dottore Strada è quella di poter consen-tire una continuità assistenziale a questi pazienti. In questo senso come ha sottoli-neato Rossella Miccio, la medicina è uno strumento attraverso il quale in un paese sempre e da sempre in guerra, si riesce a cooperare anche in momenti di conflitto. I risultati dei primi 5 anni dall’inaugurazione del centro parlano di una bassa mortalità: il 2% su 3005 pazienti operati. Nell’accesa discussione che ne è seguita spunta dalla

platea la voce di un personaggio illustre della cardiochirurgia pediatrica interna-zionale: il prof. Lucio Parenzan. Con enfasi e dall’alto della sua esperienza ha battuto su una questione: bando ai numeri. Il progetto Salam non è da identificare nel 2% della mortalità, non è questo l’aspetto importante. «Gino ha salvato vite umane» dice Parenzan, «bene, ma cosa importa? Il

successo per cui gioire e per cui continuare a battagliare è l’aver creato un polo di eccellenza, perché eccellenza vuol dire crescita». Ed infatti, il dottor Strada ritiene che debba cadere il tabù per il quale la medicina dell’Africa è solo antibioticoterapia ed antidiarroici. Oggi dall’esperienza del Salam si può dire che la medicina di eccellenza in Africa si può fare. Ribadisce Strada: «si può fare! se non la si fa, è una scelta… condivisibile o meno… resta sem-pre una scelta». Al termine del Simposio una chiacchierata tra i Dottori Mazzuoli e Stra-da, a cui con piacere assisto; una piacevole discussione su nuovi progetti di cui Salam costituisce il modello. Brillante ed esplosi-va la partecipazione del Professor Paren-zan che ruba il sorriso e l’attenzione di una giovane cardiologa quale sono. Non poteva trovare un epilogo migliore la mia parte-cipazione al Congress News Daily. Come giustamente ha detto il Dottor Mazzuoli: «Bambina, si tratta di persone che sono su un altro livello». Approfitto di questo articolo per ringraziare il Dottor Mazzuoli e l’ ANMCO per avermi concesso la possibilità di vivere 60 minuti di medicina d’eccellenza. Gino Strada si interroga sui grandi perché della vita sapendo che non c’è una risposta se non quella di dedicare completamente se stesso, affinchè, nell’incomprensibilità di tutto questo, almeno i più sfortunati pos-sano essere trattati come essere umani e non come carne da macello (tratto da una recensione su “Pappagalli Verdi “ di Gino Strada). Mi è sembrato il modo migliore di concludere un articolo che mettesse in luce la grandezza di un uomo, sicuramente di un uomo “non qualunque”! ♥

di Cinzia Monda ➜ SEGUE dALLA PRIMA PAGInA

Il Dottor Gino Strada, fondatore di Emergency, insieme al Dottor Francesco Mazzuoli

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www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 3

È ormai noto che per un corretto ed efficace tratta-mento dello STEMI nella fase pre - ospedaliera i modelli organizzativi rap-presentano un punto fon-damentale per migliorare l’outcome del paziente. In Aula Elba è stata discussa la tematica in modo esau-stivo, esponendo problema-tiche e obiettivi raggiunti per la rete 118, diagnosi pre - ospedaliere, e protocolli di gestione e trattamento per lo STEMI. Al Dott. Cas-sin è stata assegnata la difficile, ma fondamentale tematica dei modelli orga-nizzativi già analizzata dalle Linee Guida del 2008. Par-ticolare enfasi è stata posta sulla necessità di tempisti-che precoci per la terapia riperfusiva, ricordando che le primissime ore dall’e-vento sono fondamentali per l’outcome del paziente. In tal senso quindi la rete territoriale si pone come obiettivo fondamentale la riduzione dei tempi pre - ospedalieri con una cor-retta strategia di trasporto, diagnosi e trattamento pre-coce (Figura 1). Il Dott. Cas-sin ha ricordato come tutti i registri siano concordi sul fatto che le tempistiche veloci sono un punto fon-damentale per l’outcome dei pazienti. Per le lunghe distanze infatti, sebbene sia nota la superiorità del trattamento percutaneo, la fibrinolisi può essere una opzione per guadagnare tempo. Particolare im-portanza è stata data alla necessità della diagnosi precoce con ECG pre - ospedaliero. Questo però prevede personale pronto a rispondere alle esigenze e in tal senso ha affrontato la disomogenea realtà italia-na, analizzando la situazio-ne di regioni come il Friuli Venezia Giulia, attualmente gestito con comportamento ideale di rete, da personale infermieristico adeguato, e altre realtà italiane in

cui solo 1/3 dei pazienti effettua ECG in fase pre - ospedaliera. Il Dott. Galvani ha focalizzato l’attenzione sulla terapia antitrombo-tica, dalle ben note stra-tegie agli ultimi sviluppi e progressi nel trattamento farmacologico. Anche nella sua esposizione è stata enfatizzata, a fronte delle innovazioni delle nuove terapie, l’importanza delle tempistiche precoci. Tempi-stica, diagnosi, trattamento si riflettono su esiti diffe-renti, che vengono affronta-ti dal Dott. Carruba con una interessante panoramica italiana delle diverse realtà. A tal proposito ha ricordato come nonostante un buon livello di infrastrutture ope-rative delle reti su territorio nazionale, la rete ita-liana appare ancora diso-mogenea e non ottimale (Figura 2). Un esempio sono i mezzi propri per il trasporto in Ospedale, soluzione ancora fre-quente in alcune regio-ni italiane, con esisti negativi sulle tempistiche, e quindi su

l’outcome del paziente. Pur essendo ben riconosciuti gli esisti positivi che si servono dell’ ECG pre - ospedaliero con teletrasmissione, tale sistema attualmente è scarsamente rappresenta-to su territorio nazionale. È indispensabile quindi un potenziamento di rete al fine di migliorare esiti e outcome del paziente agendo soprattutto sulla diagnosi pre - ospedaliera, il trattamento e il recupero di tempi riperfusivi. In tal senso i protocolli di gestio-ne potrebbero essere un ottimo strumento per cer-care di unificare discutere e pianificare nella propria realtà strategie attivabili ed efficaci. ♥

Modelli di rete per il trattamento dello STEMI nella fase pre - ospedaliera. A che punto siamo in Italia?

di Annamaria Iorio di daniela Mutone

90-120 min

1 02/06/2012

Alle 14.30 in Aula Fa-vignana l’aria è tesa e alquanto polemica: si inizia con circa mezz’ora di ritardo a causa della sessione precedente tenuta dai colleghi Car-diochirurghi. A moderare ci sono il Dott. Gaspardone e il Dott. Pizzarelli. Immedia-tamente prende la parola il primo relatore, il Dott. Angeli, che affronta il tema della terapia dell’ipertensione arteriosa nel paziente “cardionefropatico”. Tra tutte le classi farma-cologiche a disposizione non sempre è facile districarsi tra scelte e combinazioni terapeutiche che possano soddisfare le differenti, seppur comuni, basi fisiopatologiche del paziente nefropatico, iperteso e coronaropatico. L’associazione inibitori del sistema renina angiotensina - calcio antagonisti sembra il connubio ideale che riesce a preservare l’architettura cardia-ca durante e dopo un insulto ischemico. Ma non dimentichia-moci dei betabloccanti che, secondo le Linee Guida, hanno indicazione di classe I (livello di evidenza A) nei pz coronaro-patici anche se con insufficienza renale. E i diuretici? Sembra che senza il loro contributo terapeutico non sia proprio possi-bile raggiungere i target di efficacia proposti dal CARDIO-SIS TRIAL. Segue il Segretario Nazionale SIN, il Dott. Pizzarelli che, con grande senso pratico, illustra quello che dovrebbe essere il corretto approccio metodologico da seguire per por-re indicazione ai trattamenti sostitutivi nelle forme più avan-zate di scompenso cardiaco. L’ultrafiltrazione è una chance indispensabile, a volte, per sbloccare quelle criticità che nelle acuzie sembrano non trovare altra via di fuga. Ma prevenire è meglio che curare, continua Pizzarelli, per cui è fondamenta-le una preliminare valutazione corretta della funzione renale, escludere quelle cause risolvibili in altro modo, correggere i fattori di resistenza alla terapia diuretica (iposodiemia, acido-si metabolica, iponatriemia). Termina la sessione il Dott. Ma-renzi che affronta l’argomento della nefropatia da contrasto la quale va prevenuta e non curata! Ed è proprio sulle dispo-nibilità che noi Cardiologi e Nefrologi abbiamo per prevenirla che Marenzi ha concentrato la sua relazione, mostrando a noi del pubblico un primo dato inequivocabile: la nefropatia da contrasto determina un aumento della mortalità dal 5 - 10% fino al 25 - 30% a seconda che si tratti di pz senza o con disfunzione sistolica ventricolare sinistra. L’evidenza è che l’idratazione con soluzione isotonica rappresenta l’unica reale e concreta opportunità purché sia quantitativamente adegua-ta. L’N-Acetilcisteina ed il Bicarbonato di Sodio presentano una indicazione meno evidente secondo le Linee Guida (Clas-se IIb, livello di evidenza A) ma pur sempre rappresentano opzioni di scelta. Marenzi mostra, inoltre, i risultati ottenibili con il Renal Guard che sono stati recentemente pubblicati. È una pompa che automaticamente infonde soluzione fisiologi-ca al paziente variando la velocità infusionale sulla base della quantità della sua diuresi che viene pesata continuamente da un sistema paragonabile ad una bilancia. La prevenizione della CIN, conclude, può essere ottenuta sulla base di un concetto emergente: mirare ad ottenere una esatta corri-spondenza tra rimozione di liquidi e idratazione endovena per evitare un sovraccarico di liquidi (emofiltrazione); mirare ad ottenere una esatta corrispondenza tra idratazione endovena e diuresi per evitare una ipovolemia (Renal Gurad). La sessio-ne termina e, sulla scorta della polemica iniziale, a causa del ritardo “ereditato dalla Cardiochirurgia” non resta spazio per la discussione. ♥

FORUM CONGIUNTO ANMCO - SIN

Parola d’ordine: prevenire è meglio che curare

Figura 1

Figura 2

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 20124

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di Roberto Rordorf, Massimo Grimaldi, Maurizio Landolina

di Pier Luigi Stefàno

AREA ARITMIE

AREA CARdIoCHIRURGIA

Dopo il successo della scorsa edizione, anche quest’anno l’Area Aritmie ha deciso di porre al centro del proprio Simposio la discussione su una questione aperta in campo aritmologico. Il ruolo dello Studio elettrofisiologico nella Sindrome di Brugada e le prospettive future dei device compatibili con la risonanza magne-tica erano stati gli argomenti “caldi” discussi lo scorso anno. Il Simposio dell’Area Aritmie, tenutosi oggi in una affollata Aula Panarea, ha visto i partecipanti confrontarsi su quale sia il trattamento ottimale per il paziente con car-diopatia strutturale, tachicardia ventricolare emodinamicamente ben tollerata e frazione di eiezione conservata o solo modestamente ridotta. In preparazione del dibattito odierno, i Soci ANMCO erano stati invitati a rispondere on line a due domande sul tema. Le domande e le relative risposte dei 187 Cardiologi italiani che hanno aderito all’iniziativa sono riportati nei grafici. Le risposte dimostrano chiaramente la presenza di una eterogeneità di opinioni da parte dei Cardiologi italiani sul tema del trat-tamento ottimale del paziente con tachicardia ventricolare stabile. La maggior parte dei col-leghi hanno sostenuto di essere contrari ad un uso incondizionato del defibrillatore impianta-bile in tutti i pazienti con tachicardia ventricola-re e cardiopatia strutturale, indipendentemente dal grado di disfunzione ventricolare sinistra. In merito all’indicazione al trattamento con ablazione transcatetere, poco più del 60% dei Cardiologi hanno dichiarato di ritenere l’abla-zione transcatetere terapia di prima scelta, alternativa all’ICD, nei pazienti con frazione di eiezione normale o solo modestamente ridotta (FE≥45%). Al contrario, poco più del 15% dei colleghi hanno sostenuto di non considerare mai l’ablazione transcatetere una possibile terapia di prima scelta nel paziente con car-diopatia strutturale e tachicardia ventricolare. Durante il Simposio odierno il quesito specifico se sia sempre necessario l’impianto di un defi-brillatore nel paziente con tachicardia ventrico-

lare e cardiopatia strutturale, è stato sottoposto a due riconosciuti esperti nel settore. Gianluca Botto (Como) ha cercato di convincere l’audien-ce della opportunità di proteggere con il defi-brillatore tutti i pazienti con tachicardia ventri-colare e cardiopatia strutturale. Massimo Tritto (Castellanza) ha, invece, sostenuto la tesi che la scelta del trattamento vada individualizzata nel singolo soggetto. L’opinione di Tritto è che il paziente con frazione di eiezione solo modesta-mente ridotta abbia un rischio trascurabile di morire improvvisamente e, di conseguenza, non tragga beneficio dall’impianto di un defibrilla-tore, potendosi invece avvantaggiare dell’abla-zione transcatetere. Al termine delle relazioni dei due esperti ai partecipanti è stato chiesto di esprimere nuovamente il parere sui quesiti precedentemente posti sul Sito WEB ANMCO. Il pubblico ha pronunciato il voto mediante alzata di mano, confermando sostanzialmente i risul-tati del sondaggio effettuato prima del Simpo-sio. In conclusione del dibattito Antonio Raviele (Venezia Mestre), nominato giudice della con-troversia, ha espresso una equilibrata sentenza ricordando l’importanza di fare riferimento alle Linee Guida che indicano l’impianto del defi-brillatore. Tuttavia la decisione finale dovrebbe essere individualizzata in base alle caratteristi-che cliniche. I due relatori, dopo il precedente acceso dibattito, hanno anch’essi concordato sull’importanza di una attenta valutazione del singolo paziente edotto dei rischi e benefici di ciascuna strategia. Nella seconda parte del Simposio si è tenuta l’annuale Riunione degli Iscritti all’Area Aritmie. Il Chairman dell’Area, Maurizio Landolina (Pavia), ha presentato i risultati della Survey sui percorsi diagnostico - terapeutici per la cura della fibrillazione atriale in Italia, condotta in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) e iniziata dal precedente Chairman Massimo Zoni Berisso. Maurizio Landolina ha inoltre illustrato la prossima pubblicazione di un documento ita-liano sulle indicazioni all’impianto del defibril-

latore in prevenzione primaria. Roberto Rordorf (Pavia) ha presentato lo stato di avanzamento del progetto di raccolta dati sull’orientamento clinico - terapeutico delle Cardiologie Italiane nel paziente con tachicardia ventricolare stabi-le. Giuseppina Belotti (Treviglio) ha presentato il progetto formativo per i Cardiologi Genera-listi. La sezione è stata conclusa da Massimo Grimaldi (Acquaviva delle Fonti), Co - Chairman dell’Area Aritmie, che ha presentato i progetti futuri per il biennio 2013 - 2014. L’incremento delle richieste di risarcimenti per malpractice, la diffusione dei farmaci antiaritmici “orfani” (mexiletina e nadololo) e la prevenzione della morte improvvisa nel giovane, mediante scree-ning elettrocardiografico nelle scuole, sono al-cuni degli argomenti che l’Area Aritmie intende approfondire nei prossimi anni.♥

Gestione del paziente con tachicardia ventricolare stabile e cardiopatia strutturale: una questione aperta

Domanda n 1

Tutti i pazienti con cardiopatia strutturale e tachicardia ventricolare emodinamicamente ben tollerata

dovrebbero ricevere l’ICD indipendentemente dal grado di frazione di eiezione:

Domanda n 2

In quale/i delle seguenti situazioni ritieni che l’ATC della TV emodinamicamente ben tollerata possa essere

considerata terapia di prima scelta (alternativa all’ICD), nel paziente con cardiopatia strutturale?

Il cammino dell’Heart TeamIl filo conduttore del Simpo-sio di Area CardioChirurgia quest’anno è rappresentato dall’Heart Team. Siamo infatti sempre più convinti che solo un approccio mul-tidisciplinare ed integrato tra diversi ambiti e tra figu-re professionali differenti,

per storia, formazione, obiettivi, possa costituire un metodo moderno ed evidence - based capace di offrire le migliori oppor-tunità di trattamento per i nostri Pazienti, espandere le indicazioni, intercettando esigenze non soddisfatte e talora nemmeno ancora espresse. Parlare di Heart Team però è solo apparen-

temente facile: la costru-zione di una vera squadra passa attraverso fasi spesso difficili, e lo scopo, complessivamente inteso, di questo Simposio è fare il punto sul cammino sinora percorso e soprattutto su quello che resta da percor-rere, nei tre grandi capitoli dell’insufficienza mitralica, della patologia valvolare

aortica e della rivascolariz-zazione miocardica.L’insufficienza mitralicaPer quanto attiene l’insuf-ficienza mitralica e i possi-bili sviluppi del trattamento percutaneo, viene sottoli-neato quanto sia prioritario individuare con maggiore definizione i sottogruppi che potrebbero trarne maggior

giovamento, ovvero i casi di insufficienza mitralica funzionale, nei pazienti anziani con ridotta funzione ventricolare sinistra. Vengo-no altresì discusse alcune metodiche innovative, allar-gando lo sguardo oltre che al device con azione sui soli lembi valvolari anche verso le tecniche rivolte alla anu-loplastica.

Il Simposio dell’Area CardioChirurgia: “Heart Team come progresso. A che punto siamo”

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di Gian Piero PernaAREA CARdIoIMAGInG

Guida all’uso appropriato dell’Imaging non invasivo nella diagnosi di cardiopatia ischemica. Un “Position Paper” dell’Area CardioImaging ANMCO

La patologia aorticaNel trattamento della stenosi aortica l’approccio percutaneo è di fatto una realtà in via di consolida-mento, e con il crescere dell’esperienza aumenta anche la nostra capacità di case selection, così come di converso si assiste al mo-dificarsi dello spettro delle

complicanze: è immagi-nabile che affrontare i casi con un serio ed imparziale approccio integrato possa limitare la tentazione delle indicazioni off - label e por-tare ad ottimizzare l’appro-priatezza del trattamento di volta in volta programmato.La rivascolarizzazio-ne miocardicaIl medesimo tema dell’ap-

propriatezza è poi al centro del terzo con-fronto, che riguarda la rivascolarizzazione miocardica. In pochi altri ambiti come in questo le Linee Guida sono tan-to diffuse e dettagliate quanto poco rispettate, sotto l’impulso di spinte provenienti da varie fonti, spesso anche patient-

driven. Infatti, nono-stante recenti ed ampi Studi (SYNTAX 4-Yrs, ASCERT), abbiano fornito evidenze importanti sulla superiorità della Chirur-gia in gran parte delle condizioni anatomiche e cliniche complesse, la procedura percutanea è tuttora adottata in modo spesso inappropriato.

Il goal del SimposioSoprattutto nella Discus-sione finale, si confrontano in modo critico e costruttivo l’atteggiamento attuale del-le figure coinvolte nel trat-tamento di queste patologie, per fare un ulteriore passo avanti verso l’Heart Team concepito come prospettiva reale e non solo teorica. ♥

Solo un approccio multidisciplinare ed integrato può offrire le migliori opportunità di trattamento per i nostri

Pazienti ed espandere le indicazioni

Il Simposio dell’Area CardioImaging è stato realizzato con una mo-dalità innovativa, a forte interattività, per discutere il work - up diagnostico di un paziente con sospetta cardiopatia ischemica, a probabilità intermedia di malattia, estremamente “attraente” nella sua appa-rente complessità, espres-siva di quell’iter contorto che può essere definito come “l’odissea del pa-ziente alla ricerca della sua diagnosi e della sua terapia”. Il Simposio è sta-to realizzato per ricercare e stimolare un confronto tra esperti e tra pubblico ed esperti per ricerca-re un consenso nell’uso dell’imaging cardiaco non invasivo nel work - up dia-gnostico e prognostico di questi pazienti. Il Simposio è stato vivace, e la parteci-pazione dei presenti molto attiva. Sono state messe a confronto Ergometria tradizionale, Scintigrafia Miocardica, ECHO - stress, Risonanza Magnetica Car-diaca e Coronaro - TC, le cui potenzialità e limita-

zioni sono state esposte da esperti delle singole meto-diche. Alcuni “statement” scaturiti dalla discussione e inseriti nel documento di consenso che è stato sti-lato sono sicuramente da segnalare.1. Nel paziente con pro-babilità intermedia di Cardiopatia Ischemica è necessario strutturare percorsi diagnostici e di stratificazione del rischio accurati e costo - efficacia in relazione alle risorse di-sponibili e alle competenze presenti nella singola struttura e nella propria rete professionale. 2. La preoccupazione di una possibile mancata dia-gnosi di cardiopatia ische-mica e quindi di eventi cardiovascolari avversi può determinare un sovrau-tilizzo delle metodiche di imaging nella popolazione generale e nel singolo paziente. Tali comporta-menti possono ingenerare spreco di risorse, aumento improponibile dei costi, confusione negli operatori e nei pazienti.3. Nei pazienti con sospet-

ta cardiopatia ischemica una percentuale non tra-scurabile di test di imaging è non conclusivo; costitui-sce un obiettivo importante il miglioramento culturale degli operatori, nonché nella tecnologia e nell’ac-curatezza di esecuzione e refertazione dei test non invasivi. L’organizzazione e l’ adeguamento delle tecnologie rappresentano obiettivi altrettanto im-portanti della formazione degli operatori.4. Gran parte del gap cul-turale nella valutazione diagnostica e prognostica della cardiopatia ischemi-ca sospetta nei pazienti a probabilità intermedia di malattia è dovuta a due errate interpretazioni che sono però diventate “patri-monio” dei Cardiologi non solo italiani:a) i test provocativi di ischemia sono considerati un “equivalente” di ma-lattia coronarica, e sono stati “testati” con un gold - standard anatomico (co-ronarografia) per definirne sensibilità, specificità e valore predittivo;

b) la dimostrazione di malattia coronarica è con-siderata un “equivalente” di cardiopatia ischemica e se severa un equivalente di ischemia, ingenerando la “caccia alla stenosi da trattare” in assenza di qualsiasi dimostrazione di ischemia.5. Il test ergometrico convenzionale se corretta-mente eseguito e valutato, rimane uno strumento valido, di basso costo, di ampia diffusione, di rapida esecuzione, anche se con valore predittivo non otti-male.6. Le tecniche di imaging aggiungono alla valuta-zione ergometrica dati sulla localizzazione e sulla estensione della ischemia, e sulle sue conseguenze funzionali (FEVS) essenzia-li per il passaggio “diretto” dalla valutazione diagno-stica a quella prognostica.7. ECHO - stress e G-SPECT-Gated costitui-scono a tutt’oggi le tecni-che caratterizzate dal ra-ting di appropriatezza (A9) e dal grado di raccoman-dazione più elevati (IA).

8. La scelta tra le varie tecniche va fatta sulla base di una serie di valutazioni relative a costi, disponibili-tà, quesito clinico, contesto clinico, esperienza del centro, dotazione tecno-logica, caratteristiche del paziente, rischio biologico.9. La Coronaro - TC è mol-to accurata nella diagnosi di malattia coronarica, e in particolare è elevato il suo potere predittivo negativo (esclusione di malattia coronarica): è pertanto utile e appropriato il suo impiego nel “ruling - out” della malattia coronarica in soggetti con probabilità intermedia di malattia. Tuttavia la Coronaro - TC non è attualmente racco-mandata in nessuna linea guida cardiologica per la stratificazione prognostica.10. I percorsi diagnosti-co - terapeutici per la diagnosi e la valutazione dei pazienti con sospetta CAD dovrebbero prevedere la valutazione in centri di comprovata esperienza, dotati di tecnologia ade-guata, con protocolli ed operatori “certificati”. ♥

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 20126

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di Alessandro Capecchi e Ignazio Maria Smecca

di Loris Roncon

AREA EMERGEnZA - URGEnZA

AREA MALATTIE dEL CIRCoLo PoLMonARE

Il Simposio dell’Area Emergenza - Urgenza, tenutosi in Aula Ischia, anche quest’anno non ha deluso le aspettive di una platea particolarmente numerosa. Sono state presentate due controversie: la prima ha riguardato “Il paziente con SCA NSTEMI ad alto rischio: pretrattare tutti con DAPT o aspettare l’angiografia coronarica”, i cui duellanti sono stati rispettivamente il Dott. D. Ardissino ed il Dott. S. Savonitto e l’altra controversia “Recidiva ischemica in paziente in DAPT: modifico l’inibitore del recettore P2Y12 in tutti i casi o solo in casi selezionati”, ha avuto come protagonisti rispettivamente il Dott. C. Cavallini e ed il Dott. M. Valgimigli. Arbitri del confronto la Dott.ssa M. Lettino ed il Dott. L. De Luca, rispettivamente Chairman e Co - Chairman dell’Area Emergenza - Urgenza. Molto gradita è stata inoltre l’iniziativa di sollecitare l’uditorio a manifestare la propria opinione su alcuni snodi decisionali, tramite votazione, prima e dopo aver ascoltato i due sostenitori della controversia.Il paziente con SCA nSTEMI ad alto rischio: pretrattare tutti con dAPTIl Dott. Ardissino partendo dalle indicazioni delle Linee Guida ESC che raccomandano il trattamento con duplice terapia antiaggregante (includendo vecchie e nuove tienopiridine) prima possibile per tutti i pazienti con SCA NSTEMI, ha evidenziato che in determinati sottogruppi di pazienti come quelli ad alto rischio emorragico e ad alta probabilità di essere sottoposti a by pass aortocoronarico, l’associazione ASA + Clopidrogrel potrebbe dare adito a molte perplessità. Di contro l’associazione ASA + Ticagrelor potrebbe risultare più vantaggiosa per il profilo farmacocinetico e farmacodinamico della tienopiridina (rapidità di azione e reversibilità dell’inibizione).Il paziente con SCA nSTEMI ad alto rischio: aspettare l’angiografia coronaricaIl Dott. Savonitto, non accettando il gioco delle parti, ha sostenuto con decisione la posizione di attendere l’angiografia coronarica nei pazienti con SCA NSTEMI ad alto rischio versus il pretrattamento di tutti i pazienti con DAPT e lo ha fatto attraverso diverse argomentazioni. Relativamente al Clopidogrel non disponiamo infatti di dati di letteratura “forti” relativi al trattamento upstream (riportato dalle LG europee in classe I ma con livello di evidenza C) ed alla riduzione dell’IM periprocedurale. Abbastanza critica è risultata la sua posizione anche nei confronti delle

nuove tienopiridine, in particolare del Prasugrel, di cui ad oggi non disponiamo di dati pubblicati relativi esclusivamente alla popolazione NSTEMI.Recidiva ischemica in paziente in dAPT: modifico l’inibitore del recettore P2y12 in tutti i casiIl Dott. Cavallini non è stato meno determinato nel difendere la strategia che prevede la sostituzione del Clopidogrel con le nuove tienopiridine in tutti i casi di recidiva ischemica occorsa entro 12 mesi dal trattamento di rivascolarizzazione. A sostegno della sua posizione ha portato diverse considerazioni: 1) relazione inversa tra effetto antipiastrinico e ricorrenza di eventi ischemici, 2) non assoluta certezza di poter correggere la “causa della stent thrombosis” (sottoespansione), 3) l’eventuale utilizzo dei test di funzionalità piastrinica è stato dimostrato non avere grande valore nel singolo paziente - valore predittivo molto basso 4) ed infine, di fatto, sono già disponibili farmaci di provata maggiore efficacia (Prasugrel) per la riduzione degli eventi ischemici ricorrenti. Recidiva ischemica in paziente in dAPT: modifico l’inibitore del recettore P2y12 in casi selezionatiIl Dott. Valgimigli ha accolto, con spunti ironici, la sfida lanciata dal Dott. Cavallini affermando subito che l’inibitore del recettore P2Y12 “non è la panacea di tutti i mali”; in tal senso le evidenze più forti riguardano il pretrattamento e la riduzione della “stent thrombosis”. Ma la ricorrenza degli eventi ischemici è anche legata ad altri fattori quali la restenosi e l’evoluzione della malattia aterosclerotica in vasi non precedentemente rivascolarizzati, situazioni per le quali risulta importante un ottimizzazione del risultato dell’angioplastica e la stretta correzione dei fattori di rischio. Non di poco conto, infine, situazioni cliniche come l’anemia e la piastrinopenia che da dati recenti di letteratura sono risultati tra i predittori più importanti di ricorrenza di eventi ischemici. Tutte le argomentazioni sostenute nelle controversie hanno fatto breccia sull’uditorio riuscendo a modificare le scelte manifestate inizialmente. In conclusione dai confronti proposti non è emerso un vero vincitore, i duellanti hanno mostrato senso critico, valutando attentamente pro e contro degli aspetti controversi, suggerendo approcci terapeutici non univoci ma che vanno adattati alle esigenze del singolo paziente tenendo sempre presenti le indicazioni delle Linee Guida internazionali. ♥

TRATTAMENTO DELLA SCA AD ALTO RISCHIO. È TUTTO CHIARO?Dalla scelta della tienopiridina al timing della somministrazione

Question Time: tempo desti-nato alle interrogazioniÈ questa la formula che L’area Malattia del Circo-lo Polmonare ha scelto

quest’anno per il proprio Simposio e la Riunione degli Iscritti. Nell’introduzione i Moderatori Roncon e Zonzin hanno sottolineato come

sia tempo di interrogarsi su alcuni degli aspetti principali in discussione nell’embolia ed ipertensione polmonare È tempo di interrogarsi su alcune scelte terapeutiche e sulle ricadute cliniche ed organizzative che queste comportano. A rispondere su quesiti specifici il Comitato di Coordinamento dell’Area, presente come Discussant, ha chiamato i maggiori esperti nazionali. Cuccia e Rubboli hanno valutato l’opportunità di eseguire la

trombolisi nell’embolia a ri-schio intermedio ed i dati ed i rischi di tale scelta, Ghio ha analizzato se dobbiamo ini-ziare la terapia nell’iperten-sione arteriosa polmonare in classe NYHA II, Arcangeli però su chi prescrive e con che rapporto costo/beneficio. Sul quesito se continuare la terapia anticoagulante orale nell’embolia polmonare o se, a chi, come e quando so-spenderla si sono confrontati Favretto e Beccatini. I dubbi nel rapporto gravidanza,

pillola ed embolia polmona-re sono stati presentati da Rugolotto con i consigli nella risposta di D’Agostino. La di-scussione coordinata dal Co - Chairman Azzarito con tutti i componenti del Comitato di Coordinamento ha riportato il contributo dell’Area in que-sto biennio nell’aumentare le conoscenza in tema di embolia ed ipertensione pol-monare In particolare Ron-con ha ricordato come uno dei compiti dell’Area Malattie del Circolo Polmonare per

Embolia ed ipertensione polmonare: è tempo di interrogarsi

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di Giuseppe Trocino e Cristiana Caredda

di Stefania de Feo e Gianfranco Misuraca

AREA nURSInG

AREA SCoMPEnSo CARdIACo

AREA MALATTIE dEL CIRCoLo PoLMonARE

il biennio 2011 - 2012 era di promuovere, diffondere e sviluppare metodi di rileva-zione sistematica non solo della diffusione delle ma-lattie del circolo polmonare ma anche delle modalità di approccio organizzativo sia per la fase diagnostica che terapeutica. “Informazioni precise gene-rano strategie efficaci”Con l’approvazione nell’ul-timo Consiglio Nazionale ANMCO di due indagini conoscitive INCIPIT 2 e

Trombectomia Polmonare saranno inviati a breve a tut-te le Cardiologie il questio-nario per INCIPIT 2 (indagine conoscitiva sull’ipertensione polmonare in Italia) per capi-re cosa succede ai pazienti in cui c’è riscontro occasionale di elevati valori pressori in arteria polmonare all’eco-cardiogramma e quello sulla Trombectomia Polmonare, preliminare alla formazio-ne di un registro nazionale (acronimo PETER - Pulmo-nary Embolism ThrombEc-

tomy Registry) che servirà a conoscere quei centri dove si utilizza tale terapia, il nume-ro di procedure effettuate e per chi non ha il laboratorio di emodinamica se viene presa in considerazione e verso quali centri si avvia il paziente per eseguirla. Alla fine i discussant e relatori hanno confermato che se le informazioni precise genera-no strategie efficaci, queste generano comportamenti terapeutici efficaci ed appro-priati. ♥

Embolia ed ipertensione polmonare: è tempo di interrogarsi

Il Congresso di quest’anno affronta gli aspetti clinici ed assistenziali del paziente con scom-penso cardiaco nelle varie fasi della malattia. L’i-nizio è stato affidato ad una Main Session in cui è stato presentato il quadro generale della patolo-gia come emersa dall’analisi dei registri e delle survey che ANMCO e le altre principali Società Scientifiche hanno disegnato e realizzato nel corso degli ultimi anni. Le ricadute assistenziali e le implicazioni organizzative ed etiche sono state gli argomenti delle due successive presen-tazioni. Il Congresso si è poi articolato su varie Sessioni parallele alternate alla presentazione dei numerosi contributi scientifici accettati per le presentazioni orali. Come negli anni precedenti si è scelto di rendere centrale nel programma,

ed in seduta plenaria, la Sessione di presenta-zione delle 6 Migliori Comunicazioni, che sono state premiate. Sono stati presentati 48 lavori in sessioni di comunicazioni orali oltre ai 29 poster, sessione che ha consentito di portare ulteriori esperienze scientifiche alla discussione. L’As-semblea degli Iscritti all’Area, alla quale hanno partecipato molti degli Iscritti al Cardionursing, ha visto la presentazione delle attività dell’Area Nursing e la presentazione dei progetti in essere e futuri. Di prossima attuazione è il Censimento degli ambulatori scompenso, che avrà una fase iniziale di raccolta dati a cui verranno chiamate tutte le strutture ambulatoriali dedicate alla ge-stione dello scompenso. Dal Censimento ci si at-tendono informazioni utili a fotografare la realtà

attuale, ma fondamentali anche per disegnare successivi progetti sperimen-tali. Particolare rilievo è stato dato alle temati-che di de - ospedalizzazione e alla gestione delle problematiche di fine vita, argomenti dibattuti e di impatto rilevante in una patologia cronica in crescita come lo scompenso cardiaco. Il Con-gresso si conclude nella giornata di oggi con una Main Session dedicata alla discussione delle problematiche relative al trapianto cardiaco che precede il tradizionale Simposio Congiunto con il Congresso medico dedicato alla Convention 2012 delle UTIC Italiane. Gli Highlight di oggi riassumono in spot i contenuti del Cardionursing insieme a quelli del Congresso medico. ♥

Cardionursing 2012

Donne e Scompenso CardiacoIeri in Aula Capri si è svolto il Simposio dell’Area Scompenso Cardiaco, quest’anno dedicato allo scompenso cardiaco nella donna. Perché la scelta di questo argomento? Il Dott. Misuraca, Coordinatore del Simposio e i Moderatori, la Dott.ssa De Maria e il Dott. Di Tano, sottolineano come sia ormai chiaro che l’epidemiologia delle cardiopatie non è identica tra i due sessi: la protezione conferita dagli ormoni sessuali ritarda l’insorgenza delle malattie cardiovascolari nella donne di circa un decennio. Questo ha determinato una ingiustificata sottostima ed una scarsa consapevolezza da parte della stessa donna dell’importanza delle malattie cardiovascolari, che rappresentano però la prima causa di morte nelle donne ancor più che negli uomini; la crescente prevalenza di fattori di rischio (fumo, diabete, ipertensione ed obesità) sta determinando inoltre un preoccupante aumento dell’incidenza delle cardiopatie anche nelle donne più giovani. La Dott.ssa Scardovi delinea l’attuale profilo epidemiologico e clinico dello scompenso cardiaco nel sesso femminile: la donna affetta da scompenso cardiaco è più anziana, presenta una maggior incidenza di fattori di rischio cardiovascolare, quali ipertensione e diabete, e comorbidità, quali patologie tiroidee e depressione; ha meno frequentemente una eziologia ischemica della cardiopatia e in oltre la metà dei casi presenta un quadro di scompenso a funzione sistolica conservata, con un cuore poco dilatato, con ipertrofia concentrica e una minor compliance delle grandi arterie. La Dott.ssa Russo affronta alcuni fattori di rischio che presentano un particolare peso per la donna. Il diabete aumenta drammaticamente il rischio cardiovascolare e riduce in misura maggiore la speranza di vita nel sesso femminile. Le donne diabetiche raggiungono con minor frequenza l’obiettivo terapeutico per i diversi fattori di rischio cardiovascolare e sono trattate in modo meno intensivo. La fibrillazione atriale è tra i fattori più importanti nel determinare l’insorgenza di scompenso acuto nelle donne. Il rischio di sviluppare fibrillazione atriale è maggiore nelle donne rispetto agli uomini tra gli affetti da scompenso cardiaco, diabete mellito e valvulopatie, e questa aritmia è un moltiplicatore del rischio trombo embolico più importante nel sesso femminile. Ancora, la Dott.ssa Russo sottolinea come il miglioramento della prognosi delle pazienti affette da cancro della mammella, e la lunga aspettativa di vita delle donne in genere, siano destinati ad ampliare la platea delle pazienti a rischio di sviluppare manifestazioni cliniche conseguenti alla cardiotossicità dei trattamenti antitumorali, in particolare degli anticorpi monoclonali diretti contro i recettori HER2 (il trastuzumab). Tuttavia il danno cardiaco indotto dai chemioterapici può essere reversibile ed una consistente percentuale dei pazienti può completare la terapia. Il Dott. Cipriani affronta un ulteriore paradosso di genere a proposito della terapia di resincronizzazione cardiaca, che è stata ed è largamente sottoutilizzata nelle donne: solo un quarto dei pazienti sottoposti a CRT nei trial e nei registri sono donne. Eppure i dati che abbiamo oggi a disposizione concordano nel rilevare una più favorevole risposta, in termini sia di rimodellamento inverso sia di sopravvivenza, nel sesso femminile rispetto a quello maschile. Inoltre le donne sottoposte a trapianto cardiaco rappresentano circa un quinto di tutti i soggetti trapiantati e analoga disparità a sfavore del sesso femminile si conferma anche per l’impianto di supporti meccanici al circolo (VAD). Una volta candidate al trapianto, le donne aspettano meno, a causa di una maggiore gravità, un minore indice di massa corporea e un minore ricorso all’assistenza ventricolare. Quando trapiantate, la loro sopravvivenza è pari a quella maschile, sebbene esse lamentino una qualità di vita peggiore rispetto agli uomini. Non poteva mancare un intero spazio dedicato alla gravidanza in donne cardiopatiche: le patologie cardiache sono la principale causa di mortalità e morbilità sia materna che fetale e complicano circa l’1 - 4% delle gravidanze; abbiamo tuttavia a disposizione poche evidenze da trial randomizzati e prospettici. Si tratta di una problematica in forte crescita

perché molte donne con patologia cardiaca, congenita o acquisita, sopravvivono ormai fino all’età fertile e desiderano affrontare una gravidanza; d’altra parte vi è un deciso aumento dell’età media delle donne e dei fattori di rischio coronarico nelle gravide, come fumo, ipertensione, diabete ed obesità. La Dott.ssa De Feo riprende qui le recenti Linee Guida ESC pubblicate nel 2011, che cercano di chiarire alcuni punti chiave, pur non riuscendo esse stesse a dare certezze. Le donne a rischio moderato - alto richiedono un adeguato counseling con integrazione multidisciplinare tra le diverse competenze, ginecologiche, anestesiologiche e cardiologiche, al fine di ridurre i rischi materni e fetali connessi alla gravidanza. Di notevole interesse la relazione del Dott. A Camerini che presenta i dati del Registro italiano IN-HF Outcome. Nelle Cardiologie italiane le donne con scompenso acuto sono più anziane, fumano meno, hanno maggiore incidenza di scompenso de novo, maggiore prevalenza di ipertensione arteriosa e minore prevalenza di cardiopatia ischemica. Esse vengono sottoposte meno spesso ad accertamenti invasivi quali il cateterismo destro e la coronarografia, e sono meno spesso portatrici di dispositivi elettrici. Fra i pazienti con scompenso cronico nell’IN-HF Outcome si rilevano tassi simili di prescrizione di terapia betabloccante, ma maggior frequenza di utilizzo nel sesso femminile di digitale. L’analisi non mette in evidenza differenze nella mortalità e morbilità della sindrome in acuto e ad un anno. L’argomento conclusivo del Simposio è stata la presentazione del progetto VAD-EMECUM da parte del Dott. Oliva. ♥

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 20128

Con il termine di miocardite si intende un processo in-fiammatorio del miocardio. Nonostante la patologia sia stata descritta da tempo, a tutt’oggi molti aspetti della malattia dall’eziopatogesi alla diagnosi, alla terapia

rimangono dibattuti. La prevalenza della Miocardi-te è ancora sconosciuta e probabilmente sottostimata considerato l’ampio spettro di forme cliniche. Infatti, tale malattia presenta vari qua-dri clinici e differente storia naturale, controversie inol-tre sono varie sia in ambito di stratificazione prognostica che terapeutica. Nel pome-riggio il difficile e contro-verso argomento è stato af-frontato nel Forum ANMCO Giovani in Aula Caprera. Il tema è stato aperto con panoramica dei differenti quadri clinici di presentazio-ne e di esordio, con le varie eziologie possibili. Le mio-carditi sono caratterizzate da una presentazione clinica estremamente variabile. La

Dott. Patrigiani ha affronta-to l’argomento in maniera completa illustrando i vari quadri clinici: dalle forme paucisintomatiche, come le forme simil influenzali, alle manifestazioni più gravi che vanno dalla morte improv-

visa in giovani adulti allo scompenso cardiaco. Simile panoramica è stata fatta per le varie eziologie così come sull’esordio: da forme virali alle forse giganto cellulari, che pos-sono causare la malattia, da forme fulminanti a quelle acute e sub-acute. Punto cruciale e controverso in tale contesto resta la differente storia naturale della malattia che può risolversi sponta-neamente oppure evolvere verso le forme di cardiopatia dilativa. I meccani-smi alla base della differente evoluzio-

ne non sono del tutto chiari, così come i predittori di out-come. Le ipotesi avanzate dai diversi Studi necessitano ancora di essere confermate su casistiche più ampie. Alla Dott.ssa Macera è stato affidato il difficile compito della diagnostica invasiva e non invasiva nel contesto di diagnosi e stratificazione prognostica. Sebbene siano ben note incertezze in tale campo la relatrice ha espo-sto con grande chiarezza cercando di rispondere alle domande più frequenti e in-sidiose in tale campo affron-tando potenzialità, certezze e limiti delle varie metodiche sia in ambito diagnostico che prognostico (Figura 1). Interessante è stata la espo-

sizione circa il ruolo della RMN in tale contesto. Il vantaggio della caratterizzazione tissutale in am-bito diagnostico (edema/flogosi vs ipertrofia vs mal infiltrative) e più importante ruolo nella strati-ficazione progno-stica con late-enhancement (fibrosi/necrosi) (Figura 2). Il difficile e contro-verso ruolo della Biopsia Miocar-

diaca in tale contesto è stato affrontato con grande chia-rezza dalla Dott.ssa Macera, ricordando che sebbene invasiva, la BEM resta il gold

standard per la diagnosi di certezza, diagnosi eziologica e per orientamento terapeu-tico e prognostico. Tale me-todica, sebbene gode di pri-vilegi, non è esente da limiti tra cui invasività e compli-canze. Tra i vari consensus, quello dell’ANMCO sotto-linea l’importanza di effet-tuare tale metodica in cui le ricadute complessive di una diagnosi di certezza sulla gestione clinica del paziente (Figura 3). Aspetti terapeu-tici vengono affrontati in modo originale e chiaro dal-la Dott.ssa Russo del centro di Trieste, soffermandosi su aspetti terapeutici specifici della malattie dove regna incertezza e controversia!! A riprova di ciò la Dott. Russo apre la sua relazione con esposizione di tre casi clinici con simile presentazione ma approccio terapeutico diverso, sottolineando come una unica malattia si presta a molteplici ipotesi e ge-stione clinico-terapeutico. Unica certezza che emerge dalla letteratura, è la pro-gnosi peggiore nei pazienti in cui persiste il genoma virale, mentre unica terapia con risultati concordanti e positivi è la terapia immu-nosoppressiva in pazienti senza genoma virale. Poiché la diagnosi resta rara e la terapia non codificata, sono auspicabili collaborazioni multicentriche che creino protocolli di trattamento e registri in grado di unifor-mare i percorsi diagnostici terapeutici. ♥

di Annamaria Iorio

LE  DOMANDE…

A CHI? QUANDO? PERCHE’?

ECOA TUTTI i pz con SC de novo, dolore toracico, aritmie ipo- o ipercinetiche

PresentazioneFollow-up (seriati)

Esclusione altre pato, prognosi, risposta a tp

RMNA tutti i pz con sospetta miocardite e alterazioni ecocardiografiche

All’esordioA 4(-8) settimane (se alterazioni “basali”)

DiagnosiFlogosi: entità e sede (! BEM?)Evoluzione, LGE (?)

BEMAHF/shockNo risposta a tpAIV, BAV avanzato

Prima possibileCon IHC, PCR (centri di 3° livello)

Ricadute su tp Prognosi (recovery vs TxC)

BEM

La specifica patologia che si vuole diagnosticare (o escludere)

La presenza/assenza di alternative diagnostiche non invasive

Le ricadute complessive di una diagnosi di certezza sulla gestione clinica del paziente

Grado 1 non esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi di certezza. Le ricadute cliniche della diagnosi sono certe.

Grado 2 a non esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi di certezza. Le ricadute cliniche della diagnosi sono incerte

Grado 2 b non esistono metodiche alternative capaci di fornire una diagnosi di certezza. Non ci sono tuttavia ricadute cliniche certe, ma solo conoscitive.

Grado 3 esistono metodiche diagnostiche alternative capaci di fornire una diagnosi di certezza.

G  Ital  Cardiol  2009;10(suppl  1-­‐9):55

RMN  cardiaca

Cara$erizzazione  +ssutale  post-­‐contrasto:  early-­‐enhancement    (iperemia)  e  late-­‐enhancement  (fibrosi/necrosi)

Late enhancement post-Gd Late enhancement post-Gd

Miocardite! Le domande... Strategie e controversie

Nell’ischemia miocardica cronica, rivascolarizzazione e terapia medica ottimale vengono spesso visti come trattamenti in contrapposi-zione. Nonostante la notevo-le dimensione del problema, nelle relative Linee Guida le raccomandazioni con i mas-simi livelli di evidenza (A) rappresentano solo il 6,4 % del totale delle raccoman-dazioni, mentre ben il 55 % sono il frutto del consenso degli esperti (livello C), a di-mostrazione della mancanza di solide evidenze scien-tifiche in questo contesto clinico. Come dire c’è ancora la necessità di fare chia-rezza su questo tema che da diversi anni ha dato vita ad una serie di confondenti controversie sull’opportunità o meno di rivascolarizzare. Di questo si è parlato ieri in Aula Favignana. Al Dott. Bocconcelli l’onore e, so-prattutto, l’onere di entrare nel merito dell’argomento con un aggiornamento sull’incidenza dell’angina stabile, la storia naturale della patologia e la valutazio-ne degli score di rischio per la stratificazione prognostica di questi pazienti. Vi è, infatti, la necessità di stratificare il rischio all’interno della popolazione con angina stabile, come dimostrano i dati dell’Euro Heart Survey on Stable Angina in cui sono emerse differenze signifi-cative, per quanto riguarda la mortalità annuale e l’in-cidenza di infarto non fatale, nella casistica generale rispetto al sottogruppo con documentata malattia coro-narica, incidenza maggiore nel sottogruppo. Bocconcelli ricorda che la stratificazione del rischio di questi pazienti può essere utile anche per scegliere il tipo di strategia terapeutica (conservativa o invasiva). Dalla parte della terapia medica, in questa controversia, il Dott. Capua-no che puntualizza come la terapia medica del paziente con angina da sforzo deve essere finalizzata a prevenire nuovi eventi e a controllare

di Vincenzo Comito

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la sintomatologia. Fonda-mentali nel primo caso gli antiaggreganti, le statine e la terapia antipertensiva, capi-saldi invece del trattamento antianginoso i betabloccanti, i calcioantagonisti e i nitrati, utilizzabili eventualmente in associazione come espresso dalle Linee Guida del NICE. In particolare, per quanto riguarda i betabloccanti, nel pz con sola angina stabile, non si sono dimostrati supe-riori nel ridurre la mortalità rispetto agli altri farmaci antianginosi. Ancora ”sotto esame” i farmaci immessi sul mercato da meno tem-po, come l’ivabradina e la ranolazina, di cui è stato testato finora solo l’effetto antianginoso, mentre sa-ranno necessari nuovi Studi per sapere se questi farmaci possano avere un ruolo di rilievo anche nel ridurre l’incidenza di nuovi eventi. Conclude il Forum il Dott. Fontanelli parlando delle strategie appropriate di riva-scolarizzazione, trattamento che applicato alla popola-zione con malattia stabile ha portato ad una riduzione di mortalità di appena il 5 %, nel ventennio dal 1980 al 2000. Le premesse non sono quindi delle migliori. Ma veniamo a dati più recenti come quelli dello Studio ASCERT, pubblicati un mese fa sul New England, che ha screenato 190.000 pazienti (escludendo quelli con SCA, con malattia del TC e con malattia monovasale) ed ha mostrato una superiorità in

termini di sopravvivenza a lungo termine, nei pazienti di età superiore di 65 anni con malattia multivasale sottoposti a CABG rispetto a quelli trattati con PCI. Lo Studio ha quindi confermato le raccomandazioni delle Linee Guida ESC-EACTS per la rivascolarizzazione mio-cardica del 2010. Fontanelli ricorda l’importanza dell’u-tilizzo degli score di rischio clinici, angiografici e chirur-gici, così come la necessità di collaborare in Team per prendere le decisioni migliori soprattutto per i pazienti con CAD complessa e presenza di comorbilità. Ancora sui dati del SYNTAX, in linea con i precedenti Studi, con l’unica “attenuante” che finora gli stent utilizzati nel confronto con il CABG erano quelli di prima generazione. Conclu-de con lo Studio FAME che ha messo in evidenza come la misurazione di routine della FFR durante la PCI con DES nei pazienti con ma-lattia multivasale riduca la mortalità e l’infarto, nonché il numero di stent utilizzati e la quantità di mezzo di con-trasto usato, quando con-frontata con l’attuale stra-tegia angiografia-guidata. Cosa dire…speriamo che gli Studi con gli stent di ultima generazione diano risultati tali da far pendere la bilancia più a favore della PCI, scio-gliendo quella controversia che sembra più presente nella testa del Cardiologo che non in quella del Cardio-chirurgo! ♥

di Vincenzo Comito di Fabiola Angelozzi

Snodi clinici controversi nell’angina stabile

Angina Stabile…Terapia medica vs PCI vs CABG

Questa mattina in Aula Elba il Dott. G. L. Botto ha brillantemente trattato un tema di grande at-tualità nella pratica clinica: l’utilizzo del Dronedarone nei pazienti con Fibrillazione Atriale (FA). Numerosi i partecipanti, tutti molto interessati all’argomento. La FA è una aritmia che tende ad auto mantenersi, favorisce il rimodellamento dell’atrio, che a sua volta è responsabile del perpetuarsi dell’aritmia. È stato visto che, rispetto ai pazienti con FA parossistica e persistente, quelli con FA permanente sembrano essere associati ad un maggior rischio di stroke, morte per ogni causa, scompenso cardiaco e per patologie coronariche. I pazienti affetti da FA sono spesso pazienti con molteplici fattori di rischio (ipertensione, cuore polmonare, sleep apnea, malattia coronarica etc.). Una eccellente strategia, una ottima prevenzione primaria, potrebbe essere quella di correggere alcuni di questi fattori per diminuire il rischio di insorgenza della FA e per poi comunque, in prevenzione secondaria, tentare di mantenere il ritmo sinusale e prevenire il rischio tromboembolico. Tutti i trial clinici mostrano un aumento del tasso di ospe-dalizzazione, del rischio di morte, stroke e scompenso cardiaco nei pazienti affetti da FA, così come viene osservata una peggiore qualità di vita negli stessi pazienti. Lo Studio AFFIRM mo-stra che non ci sono differenze statisticamente significative sulla morte per tutte le cause tra la strategia “controllo del ritmo” versus “controllo della FC” (Figura 1). Non sono state neanche riscontrate sostanziali differenze sul tasso di ospedalizzazione. Ma quale ruolo potrebbe avere il Dronedarone nei pazienti con FA? In quali pazienti intraprendere tale terapia? Quando iniziar-la? Il Dronedarone nasce come antiaritmico con l’ambizione di superare gli effetti collaterali dell’amiodarone e di migliorarne le proprietà farmacocinetiche. Nello Studio ATHENA infatti, i risultati erano stati molto promettenti. In questo Studio controllato ed in doppio cieco, il Drone-darone somministrato 400 mg due volte al dì nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale, si era dimostrato utile nel ridurre le ospedalizzazioni e le morti di natura cardiovascolare. Una post - hoc analysis aveva poi dimostrato addirittura una riduzione degli ictus nella popolazione stu-diata. Sulla base di questi presupposti, era nata l’idea che questi benefici potessero applicarsi anche ai pazienti con fibrillazione atriale permanente e da qui lo Studio PALLAS i cui risultati però sono andati esattamente nella direzione opposta. In questo Studio infatti, i pazienti con fibrillazione atriale permanente (> 2 aa) ed alto rischio per eventi vascolari che assumevano l’antiaritmico hanno avuto un aumento di incidenza di scompenso cardiaco, di ictus e di morte su base cardiovascolare, aritmica o per qualsiasi causa. Per queste ragioni il trial è stato in-terrotto prima della sua conclusione. Ma com’è possibile che due Studi così importanti e ben condotti diano risultati così contrastanti? In precedenza era inoltre uscito lo Studio ANDRO-MEDA che metteva in guardia circa la sicurezza del Dronedarone nei pazienti con scompenso cardiaco. In questo Studio, il farmaco, somministrato in pazienti con funzione ventricolare com-promessa, determinava un aumento delle morti per causa cardiovascolare conseguente ad un peggioramento dell’insufficienza cardiaca. Nello Studio PALLAS vi erano un maggior numero di pazienti più anziani e con insufficienza cardiaca, i pazienti presentavano inoltre FA perma-nente > 2 aa rispetto al trial ATENA. Inoltre un maggior numero di essi era in trattamento con anticoagulante e con digossina. Il Dronedarone come l’Amiodarone determina un aumento della concentrazione plasmatica di digossina, la quale, si sa, ha un effetto proaritmico, ma nello Studio PALLAS solo il 30% dei pazienti assumeva digitale. (Figure 2, 3 e 4). Questi fattori sono sufficienti a causare un risultato così differente? Al momento attuale non è così facile stabilire le ragioni che abbiano portato ad outcome così differenti. L’atteggiamento più giusto è quindi al momento attuale muoversi con prudenza, controindicando l’uso del Dronedarone ai pazienti con FA permanente, con importante disfunzione ventricolare sinistra (Classe NYHA III-IV e FE < 35%) ed in pazienti con documentata pregressa tossicità epatica o polmonare da Amiodarone. Il suo uso sembrerebbe più corretto nei pazienti con ripristino di ritmo sinusale dopo episodio di FA parossistica o persistente sottoposta a cardioversione, e quando ogni altra alternativa tera-peutica è stata valutata. Ultima novità sul farmaco è quella della sua prescrizione: può essere fatta solo da specialisti in Cardiologia, medicina d’urgenza, cardiochirurgia! ♥

Dronedarone nei pazienti con Fibrillazione AtrialeDottor Jekyll e Mr. Hyde?

Figura 1

Figura 3

Figura 2

Figura 4

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 201210

Chi mi conosce bene guar-dandomi negli occhi mi direbbe che ho l’aria nostal-gica e così effettivamente è. Mi appresto a scrivere l’ultimo articolo, a salutare voi che mi leggete ed i miei colleghi/amici della Reda-zione che hanno reso que-sto compito, a volte arduo, ben più piacevole; a voi ed a loro và il mio più sentito “grazie”. È questo forse il problema delle donne?

Una maggiore sensibilità? Non a caso introduco così il tema della sessione che ho avuto il piacere di seguire: “Sindrome di Yentl, cuore di donna”. Manifesto a voi la mia ignoranza nel non sapere prima d’ora che cosa fosse la famosa sindrome oggetto della sessione, ma il fantastico mondo di in-ternet ed una telefonata a casa al mio colto papà mi hanno illu-minato! Yentl è la protagonista di uno dei più bei racconti di Singer su una ragazza ebrea costretta ad assu-mere le sembianze di un maschio per poter studiare le sacre scritture. La medi-cina ha preso in prestito il nome della protagonista di questo racconto per definire la discriminazione, frutto di un retaggio culturale, che fa ritenere le donne protette dalle malattie car-diovascolari. È noto che la cardiopatia ischemica abbia degli aspetti peculiari nelle donne, non solo in termini di presentazione e prognosi, ma anche relativamente a meccanismi fisiopatologici ed impatto di specifici fatto-ri di rischio. La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte in entrambi

i sessi. Nella donna l’ische-mia miocardica si associa più frequentemente a ri-scontro di coronarie angio-graficamente indenni o prive di stenosi signi-ficative, erosione

piut-tosto che rottura di placca, cardiomiopatie da stress. Gli estrogeni, cari amici delle donne, conferiscono loro un vantaggio temporale rispetto agli uomini, facendo sì che la coronaropatia si manifesti prevalentemente nel periodo menopausale. Le alterazioni del profilo lipidico che contribuiscono all’aterosclerosi sono di fatti regolate dagli steroidi sessuali che modulano il metabolismo epatico delle lipoproteine. Di conseguen-za , dopo la menopausa, i li-

velli di colesterolo LDL e dei trigliceridi salgono mentre quelli del colesterolo HDL precipitano con un deciso

incre-mento

del ri-schio car-

diovascolare. Sulla scorta di

tali dati , nel corso degli ultimi anni, sono

stati effettuati numerosi tentativi per prevenire gli effetti avversi tramite la terapia ormonale sostitu-tiva con impatto positivo sui fattori di rischio e sulla modificazione del profilo cardiovascolare nel caso in cui la terapia sostitutiva sia iniziata in assenza di segni di aterosclerosi. Parlando sempre in termini di tera-pie, ci si pone la domanda: dobbiamo noi donne avere più paura delle emorragie? Le risposte sono contro-verse. Per la terapia an-

tiaggregante in prevenzione primaria il rischio di eventi emorragici è inferiore ri-spetto agli uomini, lo stesso non può dirsi per le situazio-ni acute dove si impiegano contemporaneamente di-versi farmaci antitrombotici (vedi eparina e trombolitici). Per la prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale emerge da ampi Studi che la terapia anticoagulante orale presenta un minor rischio di emorragie nelle donne. E lo scompenso car-diaco? La minor prevalenza di eziologia ischemica, l’iper-tensione arteriosa ed il dia-bete, si traducono in oltre la metà dei casi in un quadro di scompenso cardiaco a fun-zione sistolica conservata, con un cuore poco dilatato, con ipertrofia concentrica ed una minor compliance delle grandi arterie. Lo scompenso cardiaco acuto è prevalentemente correlato all’insorgenza di fibrillazio-ne atriale, aritmia che funge da moltiplicatore del rischio tromboembolico nelle don-ne. Le donne, non a caso definite il “sesso forte”, rap-presentano ad oggi un puz-zle (diritti d’autore al mio amico Marco P.) complesso i cui numerosi elementi vanno incastrati l’un altro con non poca maestria, agli studiosi di entrambi i sessi, la soluzione del “gioco”. ♥

Obiettivo davvero ambizioso per la sessione tenutasi nell’Aula Capri alle ore 14.00. Dare degli indica-tori di appropriatezza per l’Angio TC e la RM cardiaca nella patologia ischemica. In un epoca di difficoltà economiche in campo sa-nitario, caratterizzate da una inarrestabile riduzione delle risorse, l’utilizzo di tecniche tecnologiche ad elevato costo rappresenta-no un momento di difficile

scelta diagnostica. Questo è lo spirito con cui nasce questa sessione di lavori. Sicuramente in una sessione moderata dal Dott. Mazzanti di Ancona e il Dott. Tedeschi di Napoli il panel di esperti che è stato invitato a “far chiarezza” è di primo ordine. L’intervento del Dott. E. Picano è da subito chiaro, con i riferimenti in tema di materia politico - sanitaria, in pochi anni infatti si è passati dall’auspicio di diagnosi precoce a tutti i costi alla necessità di perseguire, invece, l’appropriatezza diagnostica. Per ottenere un elevato indice di appropriatezza bisogna valutare 4 principi fonda-mentali: costo, rischio, evidenza ed opportunità. Costi che per metodiche ad alta tecnologia sono elevati e che parallelamente si accompagnano a

di Sebastiano Verdoliva

RM e Angio TC: illustri sconosciuti

di Ivana basile

Sindrome di Yentl: cuore di donna«La donna è come un puzzle composto da numerosi e piccoli pezzi, non tutti gli uomini sono in grado di tenerli uniti e di capirne l’incastro» (Cit. Marco P.)

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The Thrombin Hypothesis

Divisione di CardiologiaParmaNuova tappa formativa che ca-

ratterizza questa 43° edizione del Congresso ANMCO riguarda l’innovativa strategia terapeutica nella prevenzione del rischio trom-boembolico. I Chairmen S. Pirelli e F.M. Bovenzi introducono l’inte-ressantissima sessione sui NOAC. Tutti ci aspettiamo tanto dal loro impiego ad ampio raggio, come vedremo superando il semplice rischio tromboembolico arrivando fino alla cardiopatia ischemica. In-troduce uno in particolare di questi farmaci D. Imberti: il rivaroxaban come “single drug approach” nel trattamento del tromboembolismo venoso. Inibitore diretto del fattore Xa, biodisponibilità dell’80 - 100%, 1/3 escrezione renale, 2/3 epatica, basso potenziale di interazione con alimenti e farmaci, del quale ora abbiamo i dati sul TEV con gli Studi di fase III (EINSTEIN PE e DVT). I NOAC hanno dimostrato di essere efficaci e sicuri nella riduzione del TEV, in particolare rivaroxaban ha dimostrato maggiore efficacia rispetto al trattamento standard (EBPM + vka), con una sicurezza

sovrapponibile (riduzione dei san-guinamenti maggiori, meno fre-quenti le emorragie intracraniche). La nuova opzione per il trattamento del TEV con rivaroxaban sarebbe quindi il trattamento con un singolo farmaco (single drug approach) fin dal primo giorno dopo l’evento con un regime intensivo nella fase acuta per le prime tre settimane (15 mg/bid), seguita dalla dose di mantenimento in monosommi-nistrazione giornaliera alla dose di 20 mg. Le stesse alternative sarebbero possibili ovviamente per l’embolia polmonare acuta. E nei pazienti con EP a basso rischio ci sarebbe la possibilità di dimissione precoce con terapia anticoagulante a domicilio? Le nuove Guidelines ACCP indicano che si possano uti-lizzare i NOAC già dal primo giorno in questa categoria di pazienti, an-che a domicilio. Interessante pro-spettiva. Ma la vera novità sarebbe quella illustrata nella relazione dell’esperto in materia di SCA, D. Ardissino, ossia l’impiego di una bassa dose di rivaroxaban (2,5 mg BID) on top alla doppia antiaggre-

gazione dopo l’evento ischemico, oggetto dello Studio ATLAS ACS TIMI-51. L’affascinante “ipotesi del-la trombina”, mirabilmente spiega-ta dal relatore, si basa sul fatto che, nella fase iniziale delle SCA ci sia una attivazione della cascata della coagulazione accanto all’attivazione piastrinica, due meccanismi inti-mamente legati dalla trombina. Il Rivaroxaban con la sua specificità si rende molto attraente per spe-gnere l’effervescenza del sistema coagulativo, ed è stato studiato in uno Studio di fase 2 con dimensioni decisamente ampie (circa 3.500 pazienti). Il risultato è che la bassa dose Rivaroxaban si è dimostra-ta superiore al placebo rispetto all’endpoint primario (CV death, IM, stroke) oltre che superiore nella riduzione di trombosi dello stent a distanza. Questo troverebbe il razionale nel fatto che l’attivazione della coagulazione avrebbe un ruo-lo fisiopatologico importante e sa-rebbe perciò causa della ripetizione degli eventi. Scoperta rivoluzionaria senza dubbio, che modificherebbe il nostro approccio alla patologia. E

che dire del ruolo del rivaroxaban nella FA? Ex Presidente ANMCO e FIC, G. Di Pasquale ce ne parla introducendo lo Studio Rocket AF, Studio in doppio cieco condotto su pazienti con FA non valvolare, profilo di rischio tromboembolico elevato, CHADs 3-4, età media 73 anni, esclusi i soggetti con clearan-ce creatinina <30. Rivaroxaban 20 mg in monosomministrazione gior-naliera vs warfarin, ha dimostrato di essere non inferiore per l’end point primario di stroke ischemico/emorragico e l’embolia sistemica nella popolazione intention to treat e la superiorità nella popolazione on treatment. Stessi risultati per gli end point secondari di efficacia e superiorità dimostrata nella ri-duzione delle emorragie maggiori. Unica nota grigia è che il TTR non fosse particolarmente alto, 58%, ma giustificato dalle caratteristi-che della popolazione arruolata. Dunque “Siamo vicini al tramonto del warfarin?” Per rispondere alla domanda con la nostra esperienza sugli straordinari NOAC, attendia-mo solo l’approvazione dell’AIFA! ♥

condizioni di rischio di radiazioni ionizzanti. In tal senso sottolinea le Linee Guida EU Imaging del 2001 che raccomandano l’uso della risonanza magnetica allorquando vi sia un pari livello di informazioni se confrontata alla TAC; ma le Linee Guida australiane in tema di RM cardiaca, ad esempio, danno indicazione solamente quando vi siano complesse patologie congenite sottostanti o quando trattasi di giovani donne. Un cenno a quelle che sono le indicazioni per la diagnosi di coronaropatia ostruttiva sia in pazienti asinto-matici (classe III: non appropriata) che in pazienti sintomatici (IIa e IIb) per la TC multi slice. Segue l’intervento del Dott. Faletra, l’intento è di chiarire le possibilità diagnostiche per la Angio TC nella ricerca di coronaropatia in scenari clinici diversi. Ne ha caldeggiato un possibile uso in alternativa all’esame coronarografico in una particolare po-

polazione di pazienti candidati a cardiochirurgia come valutazione pre-operatoria. Popolazione con bassa probabilità di CAD: uomini > 35 anni e/o donne in post-menopausa in assenza di fattori di rischio coronarico. In questi pazienti l’angio TC può inoltre fornire informazioni addizionali sull’anatomia. Un altro scenario clinico di utiliz-zo potrebbe essere la valutazione dei by pass in pazienti sintomatici anche se potrebbe essere difficoltosa la valutazione delle coronarie native per l’elevata componente calcifica. Per il controllo degli stent potrebbe avere un senso solo in con-dizioni specifiche: stent > di 3 mm (ad esempio stent del tronco comune). Infine la possibilità di utilizzare l’angio TC in pazienti con precordialgia che accedono al pronto soccorso che hanno una bassa probabilità di cardiopatia ischemica al fine di ottenere una più veloce e accurata dimissione.

Infine l’intervento del Dott. Iliceto che ha messo in luce l’appropriatezza della CT ed RM nella valuta-zione del post - infarto. Davvero molto affascinan-ti i concetti divulgati, innanzitutto quello relativo alla caratterizzazione tissutale che permette l’indagine di risonanza magnetica, come da lui definita una sorta di anatomia patologica “in vivo”. La RM in caso di ischemia prolungata permette lo Studio, in maniera più o meno esauriente e dettagliata, delle condizioni susseguenti all’insul-to ischemico: edema, danno strutturale, danno microcircolo, del rimodellamento del ventricolo sinistro e infine del rischio aritmico. Il tentativo è stato efficace? Direi davvero di si, gli uditori vanno via con una maggiore consapevolezza sull’appro-priatezza in campo di imaging cardiaco, grazie al contributo dei relatori che hanno avuto la capacità di esprimere concetti semplici e chiari. ♥

The Thrombin Hypothesis

Divisione di CardiologiaParma

di Francesca bux

Nuove strategie terapeutiche nella prevenzione del rischio tromboembolico

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 201212

Il Forum svoltosi oggi pomeriggio nella affollatissima Aula Caprera ha trattato un argomento molto interessante e di grande attualità clinica, anche in virtù dei recenti fatti di cronaca che hanno visto protagonisti giovani sportivi: la morte cardiaca improvvisa (MCI). Nel 10-20% circa di tutte le morti improvvise non si identificano anomalie cardiache strutturali. Cause potenziali importanti di morte cardiaca improvvisa in assenza di cardiopatia sono rappresentate dalle malattie elettriche primarie come la sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo (long QT syndrome, LQTS), la sindrome del QT corto, le tachiaritmie ventricolari polimorfiche cateco-laminergiche. Altre cause frequenti sono poi attribuibili alle CMP in special modo alla CMP ipertrofica e alla CMP aritmogena del ventricolo destro. Il Dott. Potenza nella prima relazione ha brillantemente esposto concetti interessanti riguardanti la Sindrome di Brugada. L’eredita-rietà della sindrome di Brugada sembra seguire un modello di trasmissione autosomico do-minante a penetranza variabile, sebbene siano conosciute delle forme sporadiche. La prima mutazione associata alla sindrome fu scoperta da Chen ed è stata identificata nel gene SCN5A codificante la subunità del canale cardiaco del sodio. Attualmente nello stesso gene sono sta-te riconosciute più di 80 mutazioni associate alla sindrome. La mutazione del gene SCN5A in ogni caso attualmente viene riscontrata in una percentuale di pazienti che va dal 18% al 30%, questo dato suggerisce che all’interno della patologia ci sia una certa eterogeneità genetica. La diagnosi di Sdr di Brugada viene fatta principalmente dal pattern ECGgrafico. Più frequen-te e diagnostico il tipo 1, più variabili le caratteristiche del tipo 2-3 (Figura 1). Il pattern ECG-grafico di tipo 1 inoltre può essere stabile, intermittente o indotto (pasto abbondante, farmaci, febbre, ipertonia vagale). Quali sono gli aspetti prognostici importanti da prendere in conside-razione nei pazienti con sindrome di Brugada? La stratificazione del rischio in questa malattia è ancora poco definita e il ruolo della stimolazione elettrica programmata nell’identificazione dei pazienti ad alto rischio è controverso. Senz’altro un ruolo rilevante viene è attribuito a 3 caratterisctiche salienti: il sesso maschile, l’ECG di presentazione e la sintomatologia (episodi sincopali, o pregressi episodi di TVS-FV resuscitati). L’uso dell’ICD in prevenzione secondaria nei pazienti con Sindrome di Brugada è indicato in tutti quei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco. La scelta dell’ICD in prevenzione primaria è una scelta difficile. Questa opzione è riservata a pazienti con episodi sincopali ed in presenza dei fattori di rischio sopra descritti. La seconda relazione brillantemente illustrata dalla Dott.ssa L. M. Diehl incentra il suo interesse sulla sindrome del QT lungo e del QT corto. La stratificazione del rischio in questi pazienti si basa soprattutto sui criteri ECGgrafici, sulla storia familiare e sull’anamnesi (eventi sincopali, aritmie). La prevenzione primaria della MCI in questi pazienti è principalmente basata sul trattamento con betabloccanti. l’ICD in prevenzione primaria è riservato solo ai pazienti ad alto rischio con pregressi episodi sincopali. Il Dott. L. Corò nell’ultima relazione ci ha parlato delle CMP ed in special modo della CMP ipertrofica e della CMP aritmogena del ventricolo destro. La CMP ipertrofica è una malattia relativamente comune di cui la morte improvvisa rappre-senta l’evento più temibile che interessa principalmente pazienti giovani anche se precedente-mente asintomatici. Uno degli obiettivi principali della prevenzione della MCI nella cardiomio-patia ipertrofica consiste nel l’identificazione del sottogruppo di pazienti ad alto rischio su cui svolgere interventi specifici. L’impianto di ICD in prevenzione primaria nei pazienti con CMP ipertrofica è riservato a pazienti con storia familiare di morte cardiaca improvvisa, sincope, IVS > 3 mm, TVNS, risposta ipotensiva durante test da sforzo, L’ICD in previsione secondaria viene riservato ai pazienti resuscitati da arresto cardiaco. La CMP aritmogena del ventricolo destro è una delle principali cause di MCI nei soggetti di giovane età. Anche se i fattori predittivi di MCI in questa patologia non sono ancora stati definiti in ampi Studi prospettici, la MCI avviene più frequentemente in pazienti con marcate alterazioni del ventricolo destro e nei pazienti che presentano anche alterazioni a carico del ventricolo sinistro. Sulla base di Studi non rando-

mizzati, si ritiene che pazienti con tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta, possa-no beneficiare del trattamen-to con farmaci antiaritmici. In pazienti con anamnesi positi-va per arresto cardiaco (pre-venzione secondaria), nei sog-getti con tachicardia ventri-colare resistente alla terapia farmacologica antiaritmica e nei pazienti ad elevato rischio con tachicardia ventricolare resistente ai farmaci, è indica-to l’ uso dell’ICD. ♥

Durante queste giornate congressuali abbiamo sentito più volte parlare dei nuovi anticoagulanti orali e dei loro vantaggi: dose – risposta prevedibile (dose fissa giornaliera), la non necessità di monitoraggio dell’anticoagulazione, l’e-levata efficacia e sicurezza, la significativa riduzione del rischio emorragico, l’inizio ed il termine d’azio-ne rapidi (non necessità di bridge con eparina), le minime interazioni farma-cologiche e l’ assenza di interazioni alimentari. Ma il Forum dell’Aula Capri sulla FA è stato il primo in cui si sono messe a confronto le nuove strategie di trat-tamento antitrombotico. S’inizia con l’apixaban, ce ne parla il Dott. L. Calò, inibitore diretto altamente selettivo del fattore Xa, biodisponibilità del 50%, assorbimento rapido, non influenzato dai pasti, emi-vita di 12 ore, via di elimi-nazione in parte renale e non sono state riscontrate alterazioni d’organo, né tossicità epatica. Sono stati analizzati due trial; il primo, l’AVERROES, mette a confronto l’apixaban con l’ASA in una popolazione di pazienti che non erano in buon range di INR con il warfarin o che avevano avuto sanguinamenti. Tale Studio ha dimostrato che il farmaco riduce lo stroke del 54% comparato all’aspirina, senza un si-

gnificativo incremento di sanguinamenti maggiori e che è ben tollerato senza aver dato segni di tossicità epatica. Il secondo Studio analizzato è l’ARISTOTLE, Studio di confronto col warfarin, su un campione enorme di popolazione (>18000), molto etero-genea. Obiettivo è la non inferiorità dell’apixaban 5 mg BID (o 2,5 mg BID in pazienti selezionati) vs warfarin per gli outcome primari (stroke/embolie sistemiche). In pazienti con FA e che abbiano alto profilo di rischio per stroke l’apixaban ha significati-vamente ridotto lo stroke o l’embolia sistemica del 21%, ridotto i sanguina-menti maggiori del 31% e la mortalità dell’11%. Risultati questi significativi in sottogruppi eteroge-nei di persone per razza, sesso, età. È la volta del Dabigatran che, tra i NOAC, è stato il primo che ha di-mostrato effetti positivi in termini di prevenzione de-gli eventi tromboembolici. È un profarmaco, inibitore potente e diretto del fattore IIa, escrezione per 80% renale (immodificato), bio-disponibilità 6.5%, non ha dimostrato tossicità epatica ed in Italia è in commercio in fascia H nei dosaggi 75 mg e 110 mg per la pre-venzione tromboembolica negli interventi di chirurgia ortopedica di anca e gi-nocchio. Re-volution è un

di Francesca buxdi Fabiola Angelozzi

Prevenzione della morte cardiaca improvvisa giovanile: diagnosi e stratificazione prognostica

Fibrillazione atriale: strategie di trattamento antitrombotico

Figura 1

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programma di trial clinici tra cui conosciamo bene lo Studio Re-Ly che è stato il primo a dimostrare su un campione vastissimo (18000 pz) la non inferiorità del dabigatran nelle due dosi 110 mg e 150 mg vs il warfarin in pazienti con FA non valvolare. Restano i problemi aperti dei costi, della maggiore incidenza di IMA, delle interazioni con alcuni farmaci e dell’as-senza di antidoto, della dose in rapporto all’età (110 mg nei pazienti >75 anni e 150 mg nei pazienti con età <75) e dell’as-sociazione dabigatran e antiaggreganti (Re-Deem). Al Dott. R. P. Ricci è stata affidata la relazione finale sul rivaroxaban, inibitore diretto del fattore Xa, bio-disponibilità dell’80-100%, 1/3 escrezione renale, 2/3 epatica, basso potenziale di interazione con alimenti e farmaci, del quale ora ab-biamo i dati sul TEV con gli Studi di fase III (EINSTEIN PE e DVT). Tale farmaco ha dimostrato maggiore effi-cacia rispetto alla terapia tradizionale (EBPM+VKA), con una sicurezza sovrap-ponibile (riduzione dei sanguinamenti maggiori, meno frequenti le emorra-gie intracraniche). Il Rocket AF è uno Studio in doppio cieco condotto su pazienti con FA non valvolare, pro-filo di rischio tromboem-bolico elevato, CHADs 3-4, età media 73 anni, esclusi i soggetti con clearance creatinina <30 che ha con-frontato il rivaroxaban 20 mg monosomministrazione vs warfarin. Raggiunto il primary outcome (stroke ischemico/emorragico ed embolia sistemica) ed il safety outcome (sanguina-menti maggiori). Importan-ti prospettive ed una vasta scelta, quindi, e la possi-bilità concreta di cambiare drasticamente non solo il nostro modo di agire, ma soprattuto la qualità di vita dei nostri pazienti. ♥

di Valentina d’Andria

Guarda dentro il cuore: troverai le risposte che cerchi

Forum Congiunto ANMCO - ISFProblematiche frequenti per il Cardiologo in tema di ischemia cerebrale

Interessantissime le relazioni esposte nell’ambito della Sessione tenuta congiuntamente dall’Italian Stroke Forum e dall’ANMCO che hanno dato spazio all’approfondimento di problematiche del distretto cerebrale e cardiaco di co-mune riscontro nella pratica clinica. Il Dott. Ricci affronta il problema dell’approccio alla stenosi carotidea asinto-matica e del suo corretto trattamento confrontando le terapie interventistiche e la terapia medica. Un importante concetto che emerge è quello di considerare la malattia carotidea asintomatica nel contesto di una patologia ate-romasica generalizzata in cui spesso il rischio di eventi cardiaci supera quello di eventi cerebrovascolari. Inoltre dall’analisi di numerosi Studi risulta come nella pre-venzione del rischio di ictus in pazienti affetti da stenosi carotidea asintomatica sia appropriato intervenire con procedure interventistiche, in particolare con PTA, solo per un selezionato gruppo di pazienti con placche dalle caratteristiche di instabilità. Per questa nicchia di pazienti è dimostrato un beneficio mentre negli altri casi è indica-ta, nella prevenzione dello stroke/TIA, la terapia medica. Questo alla luce anche dei progressi della terapia attuale rappresentata da un insieme di farmaci che “attaccano” in maniera aggressiva la placca su più target e che si af-

fianca ad una maggiore consapevolezza dell’importanza degli aspetti riguardanti il miglioramento dello stile di vita come atto di prevenzione. Il Dott. P. Colonna apre invece la sua brillante relazione puntando l’attenzione sull’eziologia dello stroke, troppo spesso, soprattutto negli anni passati, attribuito a causa ignota. Negli anni ’80 la percentuale degli stroke criptogenetici era del 53%, dato da attribuire alla limitata capacità diagnostica di cause cardiogene di embolia cerebrale nell’era pre ecocardiografia - transeso-fagea. Questa metodica ha permesso nel giro di pochi anni di ridurre la percentuale degli ictus definiti criptogenetici con l’individuazione di cause cardioemboliche miscono-sciute in precedenza. Ma quali sono le fonti emboligene da ricercare nel cuore? In primo luogo dobbiamo pensare alla possibilità di fibrillazione atriale misconosciuta (forme parossistiche o asintomatiche, spesso negli anziani) che di per sé determina un aumento del rischio di formazio-ne di trombi all’interno dell’atrio ed auricola sinistra con meccanismo di stunning del tessuto atriale associato ad alterazioni della parete atriale e ad eventuali alterazioni della coagulabilità (secondo una rivisitazione della triade di Virchow). Questo aspetto ha imposto di ricercare criteri clinici (CHADS2) ed ecocardiografici indicativi di rischio

tromboembolico (ma anche emorragico) per approntare la migliore terapia preventiva. Accanto all’ importante quota di fonti emboligene da attribuire alla fibrillazione atriale, hanno la loro rilevanza clinica anche le embolizzazioni da trombi intracardiaci, da placche aortiche complicate (an-che con meccaniscmo di embolia retrograda nelle placche dell’aorta toracica discendente), da fibroelastomi, da ve-getazioni nel contesto di endocarditi e i fenomeni embolici in presenza di aneurisma del setto interatriale e di forame ovale pervio, che può essere tramite di cosiddette embolie paradosse. Tutte queste potenziali fonti di emboli si posso-no ben identificare grazie a metodiche di imaging sempre più avanzate quali l’ecocardiografia transtoracica 3D, l’e-cocardiografia transesofagea bidimensionale e tridimen-sionale e devono essere sempre ricercate nella diagnosi eziologica dello stroke. L’ultima relazione di questo forum è del Dott. G. Scorcu che identifica quali siano i fattori di rischio per l’insorgenza di stroke, ischemico o emorragico, nel paziente ricoverato in UTIC. Il suo intervento eviden-zia il ruolo significativo per il rischio di sanguinamento intracranico di terapie quali la trombolisi o l’utilizzo di

eparina e nuove terapie antiaggreganti nel contesto della rivascolarizzazione mediante procedure percutanee. In tal senso è sempre valido il principio di effettuare un bilan-cio del rischio ischemico versus rischio emorragico. Non meno importante considerare il rischio di ictus ischemico in corso di PCI per effetto meccanico di graffiamento di placche aortiche da parte del catetere. Inoltre non bisogna tralasciare la complessità di terapia che impone il pazien-te ricoverato in UTIC (ad esempio per SCA) e che presenta anche fibrillazione atriale. Anche in questo caso bisognerà valutare il beneficio clinico netto che, nei pazienti fibrillan-ti, ad alto rischio tromboembolico e sottoposti a PTCA, ha come risultante una terapia di associazione, antiaggregan-te e anticoagulante, che si può effettuare per periodi brevi con un adeguato margine di sicurezza. Cuore e cervello si dice non sempre vadano d’accordo… Ma mai come in questo contesto la necessità di trovare punti di incontro si rende imperativa. Il messaggio finale è dunque quello di approcciarsi al paziente in maniera sinergica, sfruttando a pieno l’integrazione delle conoscenze di ciascuna speciali-tà per ottenere il miglior risultato clinico. ♥

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ConGRESS nEwS dAILy SAbATo 2 GIUGno 201214

La Commissione del sito Web ha cercato in questi anni di creare uno strumento che fosse al servizio dei Cardio-logi e la sempre maggiore numerosità degli accessi ci ha dimostrato che in parte siamo riusciti in questo inten-to. La pubblicazione tutti gli anni degli atti del Congresso, ci ha permesso di rendere disponibile una risorsa for-mativa unica per completezza e competenza, aggiornata di anno in anno; ci auguriamo che anche quest’anno le rela-zioni del Congresso possano essere visualizzate e ascolta-te dai Cardiologi che hanno partecipato ma soprattutto dai colleghi che sono rimasti negli ospedali. Sul sito sono inoltre disponibili nuove iniziative formative come la Formazione A Distanza;

la risposta dei Cardiologi a questa prima prova fornirà indicazioni sull’opportunità di proseguire su questa strada. Anche la pagina della Fon-dazione dedicata al cittadino contiene novità su alimenta-zione e scuola: le ricette della settimana presentate da Au-relio Sgalambro e Stefania De Feo sono estrose ed invitanti e contengono piccoli trattati di “scienza alimentare”. È possibile calcolare il BMI di-rettamente dal sito (ed è una possibilità offerta a cittadini e Cardiologi). Ma soprattutto continuano ad arrivare alla Rubrica “L’Esperto Risponde” numerosissime richieste e domande da parte dei Citta-dini, a cui una serie di prepa-rati e volenterosi Cardiologi e Cardiochirurghi fornisce risposte dettagliate. Le più

Aula Ischia ore 18.00, un Forum Congiunto ANMCO-SISA ( società Italiana per lo Studio dell’aterosclerosi) per affrontare la tematica relativa al rischio coro-narico residuo. I pazienti post SCA sono pazienti a rischio, questo è risaputo, lo è anche per chi non ha mai aperto un libro di medicina. È la vita ad insegnarcelo, il paziente con pregressa cardiopa-tia ischemica è oggetto di controlli periodici, è il paziente che più spesso si rivolge al cardiologo. Questa sessione congiunta ha come obiettivo quello di divulgare informazioni in termini di percentuali di sopravvivenza e/o di eventi avversi, nonché darne delle motivazioni fisiopa-togenetiche alla base degli stessi. Il primo intervento è del primario dell’ospedale di Sassari il Dott. Terrosu che nei primi minuti del suo brillante intervento ha descritto le dimen-sioni della problematica attraverso la presentazio-ne degli Studi GRACE e SWEDESHEART. Entrambi descrivono un dato inoppu-gnabile ed inequivocabile che si può sintetizzare in questo modo: dopo circa 1 anno dall’evento acuto, i nostri interventi terapeu-tici non determinano una sostanziale modificazione della progressione dell’a-terosclerosi. Lo Studio

Basket Pro apparso su JACC 2012, non fa altro che confermare tale condi-zione. La metà dei pazienti post-rivascolarizzazione a 5 anni sviluppa un nuovo evento cardiaco che nella metà dei casi si manife-sta come evento clinico e nell’altra metà come difet-to di captazione alla scinti-grafia. La realtà è impieto-sa. I meccanismi alla base di questo fenomeno sono legati a 3 fattori principali: progressione dell’atero-sclerosi, la presenza dello stent e localizzazione delle lesioni. La progressione dell’aterosclerosi è un fenomeno ineluttabile, ed è di particolare interesse quella a carico dei vasi non colpevoli dell’evento che nel paziente con ateroscle-rosi coronarica si evolve e peggiora nel tempo. È sta-to dimostrato che un ele-vato burden di placca è un fattore predittivo indipen-dente per un nuovo evento coronarico. La problema-tica relativa allo stent è intuitiva: lo stent stesso è un fattore pro-aterogeno. A impreziosire la sessione l’intervento del professore Pasquale Perrone Filardi che ha descritto opzioni farmacologiche in pre-venzione secondaria. Il Professore Perrone Filardi è andato subito al cuore del problema evidenzian-do come la dislipidemia rappresenti un fattore da

combattere soprattutto in prevenzione secondaria. Ha ribadito il concetto del “low is better”come emer-so dalle ultime metanalisi, e attraverso una diligente carrelata degli ultimi Studi pubblicati, ha indicato la necessità di ridurre il tar-get delle LDL a < 70 mg/dl per i pazienti ad elevato rischio cardiovascolare. Ha richiesto pertanto un mag-giore rigore nel controllo clinico - laboratoristico di questi pazienti. L’interven-to del Dott. Averna volto alla presentazione delle future opzioni terapeuti-che.Innanzitutto il ruolo delle HDL che sono un nuovo target farmacologico per il miglioramento del profilo dislipidemico. Ha presentato una nuova fa-miglia di molecole in corso di Studio la CETP: chole-steril ester transfer pro-tein inhibitors. Sono Studi ancora in fase iniziale (fase I e II) che in un futuro non lontano potranno darci nuovi armi terapeutiche. Riusciremo mai a cambia-re le sorti di questo gruppo di pazienti? Purtroppo il nemico da sconfiggere si chiama aterosclerosi, e oggi conosciamo ben poco dei suoi meccanismi pato-genetici. La strada è lunga e difficile, ne consoceremo mai tutti i suoi meccani-smi. Ai posteri l’ardua sen-tenza. ♥

Studio CRUSADE: maggiore ade-renza alle Linee Guida = riduzione della mortalità! Comincia così l’intervento del Dott. Urbinati, Chairman dello Studio BLITZ 4 qualità, moderatore nonché re-latore di questo “Incontro con gli Esperti” dedicato al profilo lipidico del paziente dopo un evento co-ronarico acuto. E se il buongiorno si vede dal mattino è chiaro dove si andrà a parare. Uno degli ulti-mi trial condotti dal Centro Studi

ANMCO, il BLITZ 4 ualità per l’appunto, ha concentrato i sui sforzi sul monitoraggio dell’aderenza alle Linee Guida nella gestione delle sindromi coronariche acute. L’esperienza di tale Studio ha messo in evidenza come l’utilizzo delle statine nelle SCA abbia una aderenza quasi completa alle indicazioni delle Linee Guida in fase acuta, in contrasto con una gestione assolutamente inadeguata nella fase post - dimissione. In conformità con i dati di altri registri italiani, il B-4q conferma che non è sufficiente somministrare una terapia ipolipemiz-zante nel paziente infartuato ma è necessario pianificare un programma post - dimissione finalizzato al raggiungimento del target previsto nel prescrivere questa terapia, cercando di garantire l’aderenza al trattamento in considerazione dell’ele-vato tasso di sospensione della terapia entro i primi 3 mesi. Il messaggio è chiaro: è inutile tanto sforzo nella fase acuta se a questo non consegue una adeguata gestione della terapia cronica… Il Dott. Colivicchi, in continuità con la presentazione del collega Urbinati, continua la trattazione del tema inviando

Il Sito Web: uno strumento in evoluzione al servizio della Cardiologia

di Alessandra Chinaglia e Roberto Ceravolo

di Vincenzo Comito

La sopravvivenza attraverso il controllo del profilo lipidico

di Sebastiano Verdoliva

Post SCA: mai abbassare la guardia

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www.anmco.it/formazione/CongressoNazionale/CongressNewsDaily 15

L’insufficienza mitralica funzionale è una condizione patologica in cui gli apparati val-volari e sottovalvolari sono strutturalmente normali, in cui il rigurgito mitralico è dovuto alla restrizione del movimento dei lembi mitralici stessi, secondaria alla dislocazione apicale del punto di coaptazione mitralico e responsabile dell’incompleta chiusura della valvola mitrale in sistole. Si verifica nell’ambito delle cardiopatie dilatative, pri-mitive o secondarie ad ischemia ed il suo trattamento riscuote un interesse crescente dato l’aumento della popolazione, soprattut-to anziana, affetta da scompenso cardiaco conseguente a queste patologie. Il Dott. La Canna, affronta magistralmente l’inquadra-mento diagnostico tramite la metodica eco-grafica, che consente di fornire le informa-zioni necessarie ad impostare il successivo trattamento, chirurgico o interventistico. Il meccanismo alla base dell’insufficienza, determinato dalla dilatazione dell’anulus mitralico, risulta dal rimodellamento del ventricolo sinistro, dalla dislocazione del muscolo papillare e dalla trazione esercitata sui lembi dalle corde tendinee. Da conside-rare le caratteristiche del rimodellamento, ovvero se questo è asimmetrico o simme-trico e il fatto che questo può progressi-vamente riguardare il ventricolo sinistro nella sua globalità. Il meccanismo alla base dell’insufficienza mitralica funzionale richie-de un normale funzionamento del muscolo papillare, in grado di determinare lo stira-mento dell’apparato valvolare. Non è facile definire parametri indiscutibili di severità poiché bisogna considerare fenomeni che determinano variabilità dell’insufficienza quali la fluttuazione intrabattito, la possibile transitorietà della problematica (da stun-ning miocardico), l’influenza dello sforzo con il reclutamento di forze di contrazione, così come gli effetti dell’anestesia durante intervento chirurgico. L’approccio per la valutazione deve essere multiparametrico: fattori da considerare sono rappresentati

dall’area di tenting, dalla dislocazione del punto di coaptazione, dall’orifizio di rigurgito effettivo, dal calcolo del PISA e utilizzando preferibilmente i dati acquisiti in protosisto-le. Tutto ciò per individuare i pazienti in cui l’intervento determini un reale giovamento. Il trattamento può essere di tipo chirurgico, come ci illustra il Dott. Paparella ed è indi-cato per pazienti con insufficienza severa; in pazienti con insufficienza moderata con FE < 40% e in classe NYHA >II, soprattutto se candidati al CABG. Le tecniche utilizzate sono l’anuloplastica restrittiva (che “forza la coaptazione”), l’anuloplastica non restrit-tiva associata a tecnica chirurgica “edge to edge” o la sostituzione della mitrale (in casi selezionati) con approccio minitoracotomico se non vi è associazione con CABG. Il Dott. Tamburino illustra invece le opportunità di riparazione della mitrale mediante proce-dure interventistiche utilizzando il MitraClip, device intracardiaco che riproduce l’inter-vento di riparazione “edge to edge” di Alfieri. Questa procedura viene effettuata in aneste-sia generale ed è ecoguidata. Questa tecnica elaborata inizialmente per l’insufficienza mitralica strutturale ha dimostrato ottimi ri-sultati anche nell’insufficienza mitralica fun-zionale in particolar modo per i pazienti af-fetti da scompenso cardiaco in fase avanzata e nei non responders alla CRT in cui è stato

dimostrato miglioramento in termini di qualità di vita e recupero di FE; inoltre si è evidenziato anche un miglioramento dell’indice di sfericità del ventricolo sinistro consensuale alla riduzione dell’entità dell’IM. Questa metodica permette anche di effettuare approcci percutanei combinati in pazienti che necessitano di interventi su più valvole. L’indicazione del trattamen-to chirurgico o percutaneo è sempre condivisa tra clinico, emodinamista e cardiochi-rurgo per personalizzare la terapia secondo le esigenze di ciascun paziente. ♥

di 3000 risposte archiviate sono un patrimonio di sape-re cardiologico, aggiornato e scritto da professionisti competenti. Un sincero rin-graziamento da parte di tutta l’Associazione va ai colleghi

che collaborano alla realiz-zazione di questo servizio con un lavoro competente ma poco visibile, prezioso per l’Associazione e per la Fondazione e soprattutto per la popolazione. ♥

Abrignani Maurizio Giuseppe Antona CarloAzzarito Michele Brogi DariaButtafarro Alfredo Caldarola PasqualeCaporale Roberto Casolo GiancarloCastelli Gabriele Comella AlessandroD’Agostino Carlo Di Cori AndreaDi Crecchio Attilio Di Marco StefanoDispenzieri Claudio Enea IolandaFrisinghelli Anna Genovesi Ebert AlbertoGhezzi Francesca Giordano GuidoGregori Gianserafino Kol AmirLisi Cristiano Lonati AndreaMafrici Antonio Maggi AlessandroMartinelli Luigi Massa LauraMatta Marilena Mazzuoli FrancescoMiceli Domenico Mortara AndreaMurrone Adriano Navazio AlessandroNeri Gianfilippo Paloscia LeonardoPardini Alessandro Patanè LeonardoPatruno Nicolino Pedrinazzi ClaudioPes Rosanna Piovaccari GiancarloPisanò Ennio Carmine Luigi Pistono MassimoPozzati Andrea Richiardi ElenaRizza Antonio Rugolotto MatteoSantoro Francesco Trocino GiuseppeVaccari Diego Vigna CarloVitali Ettore Zecchin MassimoZonzin Pietro Zoppo Franco

alla platea input altrettanto chiari. A lui il compito di “erudire” sulle strategie per il raggiungimento e mantenimento del target terapeutico. Dallo Studio MIRACL che dimostra chiaramente come la tera-pia con statine sia essenziale per ridurre l’incidenza di eventi, alle indicazioni delle Linee Guida (LG) che suggeriscono, come livello target di colesterolo LDL, un valore < 70 mg/dl da ottenere nei pazienti con rischio cardiovasco-lare molto elevato. Il tutto in conformità con le norme gover-native dell’AIFA in cui nella nota 13 consigliano di raggiungere lo stesso target indicato dalle LG, eventualmente con l’ausilio dell’ezetimibe in aggiunta alla terapia con statine. Ma se l’an-tico è bello, il nuovo è meglio…. E infatti non delude Colivicchi presentando i dati originali del registro regionale Lazio NET.SCA che dimostrano la necessità di ridurre del 45 - 50% i li-velli iniziali di cLDL in pazienti statin - naive e di almeno il 50% in pazienti con evento acuto già in terapia ipolipemizzante. Anche da questo registro emerge la scarsa propensione dei reparti che dimettono i pazienti con sindrome coronarica acu-ta all’utilizzo di atorvastatina ad alta dose, essendo presente, l’atorvastatina 80 mg, solo nel 41 % delle lettere di dimissione. Dato ancora più significativo la persistenza del trattamento dei pazienti dimessi con atorvastatina 80 mg che in pochi mesi si riduce del 50 %. I motivi? La comparsa di effetti collaterali (56%) o, ancor peggio, la decisione dei MMG (44 %) che re-putano troppo elevato tale dosaggio. Altro messaggio fonda-mentale l’utilizzo di Ezetimibe come prima scelta nei pazienti che non tollerano le statine, e la possibilità di associare l’eze-timide alla statina (atorva) anche a più basse dosi (20 - 40 mg) ottenendo pari efficacia rispetto alla statina ad alto dosaggio o, come preferisce dire il Relatore, a pieno dosaggio. Incontro, questo, sicuramente piacevole e pratico grazie alla chiarezza dei relatori di cui ha approfittato la platea che ha animato la discussione con numerose domande ed alla fine ha preso e portato a casa una ricca serie di messaggi. ♥

di Valentina d’Andria

Insufficienza mitralica funzionale: dalla diagnosi alla terapia

Il team de L’Esperto Risponde

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Cardiologia negli ospedalieditorMario ChiattoCo - editorDomenico GabrielliComitato di RedazioneMaurizio Giuseppe AbriganiPasquale CaldarolaFabrizio Giovanni OlivaSerena RakarRoberto ValleRedazioneSimonetta RicciLuana Di Fabrizioe-mail: [email protected]

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4Un saluto da tutta la redazione