teoria matematica del rischio per la valutazione e la gestione
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Teoria Matematica Del Rischio Per La Valutazione e La GestioneTRANSCRIPT
2005
TEORIA MATEMATICA DEL
RISCHIO PER LA
VALUTAZIONE E GESTIONE
DEI PROBLEMI DI SICUREZZA
AZIENDALE Processi di rischio e probabilità di fallimento
G. Fabiola Safonte
F I R E N Z E U N I V E R S I T Y P R E S S C O P Y R I G H T © 2 0 0 5
Introduzione
Originariamente destinato a risolvere problemi relativi ai giochi di azzardo, il
calcolo delle probabilità è oggi applicabile ad una più estesa classe di fenomeni
come quelli che si presentano in fisica e chimica (processi di diffusione, di
disintegrazione dei nuclei atomici), nelle telecomunicazioni, in biologia (processi
di procreazione), nelle assicurazioni (processi di rischio), e più in generale a
fenomeni complessi che si sviluppano nel tempo.
La teoria matematica del rischio costituisce un esempio di come un problema
economico possa ricondursi ad un modello matematico e di quali risultati possano
trarsene ai fini pratici. Essa valuta e risolve il problema della sicurezza di una
impresa assicuratrice e i risultati cui conduce riguardano la probabilità di fallimento
di un’impresa per effetto delle oscillazioni che possono manifestarsi nella
frequenza dell’evento assicurato.
Potrebbe obiettarsi che tale fatto non è il solo che può determinare il tracollo
dell’impresa: ad esempio anche le spese di gestione in determinate circostanze,
tutt’altro che teoriche, possono essere fonte di “gravi dispiaceri”.
Nell’immediato dopoguerra, infatti, molte imprese si trovarono in serio
imbarazzo quando, per effetto dell’imponente inflazione, si determinò un
improvviso adeguamento dei costi di gestione al mutato potere d’acquisto della
Introduzione ii
moneta; i portafogli risultarono polverizzati e la massa dei caricamenti esistenti sui
vecchi premi e disponibili per la copertura di siffatti oneri risultò assolutamente
insufficiente.
Ma il fallimento di un’impresa può derivare anche da un fatto disonesto o dalla
follia degli amministratori, dall’improvvisa sfiducia della clientela, da vicissitudini
sociali, politiche, che possono verificarsi nell’ambiente in cui opera.
La risoluzione integrale del problema del rischio, dovrebbe, quindi, tenere conto
di tutti questi elementi.
Si può dire che l’applicazione della teoria matematica del rischio è possibile con
riferimento a tutti quegli elementi il cui comportamento è assimilabile a quello
delle variabili aleatorie studiate nel calcolo della probabilità; con questo limite è
offerta la soluzione del problema non solo per le imprese assicuratrici, ma altresì
per ogni altra impresa economica.
Si consideri, ad esempio, il rischio di insolvenza nelle operazioni bancarie, il
rischio derivante dall’andamento delle vendite nelle imprese commerciali, il rischio
derivante dalle quotazioni di borsa, etc., per comprendere come vasto si presenti il
campo di applicazione di questa teoria, che qualcuno ha proposto di denominare
<<teoria dei fondi di sicurezza>> e quali gli sviluppi che essa può conseguire.
Si deve constatare che oggi vi è un rinnovato interesse nei confronti della teoria
del rischio, la quale ha avuto, in Italia, uno dei più illustri fautori in Bruno de
Finetti; non è esagerato infatti affermare che, sia per il peso specifico
nell’elaborazione teorica, che per i suoi riflessi nelle applicazioni concrete, il
contributo apportato da de Finetti occupa un posto di grande rilievo, anche a livello
Introduzione iii
internazionale, nello sviluppo di tutta la teoria. Ma gli studiosi italiani dopo de
Finetti le hanno dedicato, nell’ultimo ventennio, pochissima attenzione; la
produzione sull’argomento, in lingua italiana, è infatti scarsissima, per contro è
vastissima quella straniera soprattutto della scuola svedese e di quella
angloamericana.
La tesi è rivolta a presentare quelle applicazioni attuariali del Calcolo delle
probabilità e della Statistica forse sottovalutate e oggi invece di enorme interesse
dato il forte incremento del ramo assicurativo-pensionistico.
Riuscire nell’intento non è certo stato privo di difficoltà: è stato necessario un
lungo periodo di studio preliminare sugli aspetti teorici e tecnici che regolano
l’andamento di un’impresa assicuratrice e un altrettanto lungo periodo di tempo,
non solo per la ricerca di tutti i testi e gli articoli più recenti, ma soprattutto per il
loro coordinamento e per l’analisi dei loro contributi.
Sento dunque di dover ringraziare per l’interesse mostrato e per i preziosi
consigli la prof.ssa Caliri.
Si cercherà nel presente lavoro di descrivere la teoria del rischio nella maniera
più unitaria possibile e in modo chiaro ed esauriente, proprio per la mancanza di un
testo in lingua italiana che ne descriva quanto meno le linee essenziali.
Dopo aver introdotto, nel Capitolo I, dei richiami di calcolo delle probabilità,
descrivendo le distribuzioni di probabilità e i processi stocastici che mi sono
proposta di utilizzare, l’attenzione si è concentrata, nel Capitolo II, su quegli eventi
aleatori che verificandosi possono produrre perdite o danni, cioè i cosiddetti
sinistri, che grazie alla possibilità di trasferimento ad un assicuratore possono
Introduzione iv
venire consolidati e tradotti in un elemento certo di costi; viene esaminata la
distinzione tra rischi assicurabili e non dal punto di vista dell’assicuratore e quella
tra rischio e incertezza per chi vi è esposto; viene esaminato anche un particolare
tipo di decisione in condizione di incertezza rappresentato dal problema di
accettazione o non accettazione di una scommessa; il problema viene affrontato
sotto due ottiche differenti: una oggettiva e l’altra soggettiva, entrambe
ampiamente sviluppate.
Da un punto di vista oggettivo, questi ordini di problemi rientrano nella Teoria
della Rovina; viene definito l’indice di sicurezza della scommessa, collegato alla
probabilità asintotica di fallimento di un giocatore che esegua una successione di
scommesse.
Dal punto di vista soggettivo si parla di Teoria dell’Utilità; viene definito il
coefficiente di avversione al rischio, che, secondo diversi autori, consente di
collegare i due punti di vista citati, in quanto il livello di rischiosità cui conduce la
teoria asintotica risulta coincidente con il comportamento probabilistico del
decisore.
Nel Capitolo III viene descritta l’impresa di assicurazione sia dal punto di vista
finanziario, per ciò che concerne premi, caricamenti, riserve e sia come operazione
finanziaria vantaggiosa e per l’assicurato e per l’assicuratore.
Nel Capitolo IV si esamina il problema della determinazione del rischio relativo
al complesso di affari di una impresa; si ha il duplice scopo di studiare il valore
della probabilità che l’impresa subisca nel futuro delle perdite superiori a
determinati livelli e di fornire delle indicazioni riguardo al valore della somma
Introduzione v
massima che l’impresa può assicurare, relativamente ad una data forma di
assicurazione, senza compromettere la propria stabilità.
Tale problema viene studiato secondo due punti di vista differenti, quello
classico o individuale che ha condotto alla teoria classica del rischio e quello
collettivo o asintotico dovuto al Lundberg grazie al quale la teoria si è sviluppata;
nonostante in effetti oggi le due teorie non siano più mutuamente esclusive, è il
modello collettivo quello che viene riconosciuto come il più soddisfacente in
pratica e il più comunemente applicato.
Nel Capitolo V si trova che il modello che descrive l’andamento degli
indennizzi globali, cioè gli arrivi di richieste di indennizzo ad una compagnia entro
un determinato periodo di tempo, si distribuisce secondo un processo stocastico di
Poisson composto; viene considerato il numero delle richieste di indennizzo e si
assume che la distribuzione di probabilità della grandezza del singolo indennizzo
sia indipendente dal numero di indennizzi che si presentano alla compagnia.
Nel Capitolo VI viene studiata l’approssimazione del modello di rischio
individuale con quello collettivo di Poisson in cui la distribuzione degli indennizzi
può essere più facilmente calcolata nonostante questo tipo di approssimazione
generi inevitabilmente degli errori; viene trovato un limite superiore ed inferiore
per l’errore causato da tale approssimazione.
Nel Capitolo VII ci si occupa del modello che descrive il processo di rischio
della compagnia e della relativa probabilità di fallimento entro un determinato
periodo di tempo che può essere più o meno lungo o addirittura esteso
indefinitamente. Si dimostra, tra l’altro, che nel caso in cui la riserva iniziale della
Introduzione vi
compagnia sia nulla la probabilità di non fallire dipende solo dal relativo
caricamento di sicurezza, e non dalla forma specifica della distribuzione del totale
degli indennizzi.
Nel Capitolo VIII viene dapprima esaminata la ripartizione dei rischi tra diverse
compagnie; ripartizione che potrà essere effettuata mediante coassicurazione o
mediante riassicurazione.
Successivamente si affronta la trattazione dei problemi della ritenzione ottimale
dei rischi di un portafoglio ispirandosi al criterio della probabilità di rovina, anche
in senso asintotico, ampiamente trattato da de Finetti nella celebre nota “Il
problema dei pieni”, qui rivisitato anche alla luce dei criteri basati sull’utilità.
Si prende poi in considerazione la possibilità per l’impresa assicuratrice di
pagare i dividendi, cioè gli interessi azionari agli azionisti della riserva di rischio
scegliendo una strategia che o rende massimo il valore attuale atteso dei dividendi
futuri o rende massima la durata attesa di vita della gestione.
Viene anche studiato il caso di due compagnie che negoziano per concludere un
reciproco trattato di riassicurazione, dimostrando che sotto determinate condizioni
esiste un unico trattato ottimale per entrambe le compagnie.
Infine, nel Capitolo IX si traggono delle considerazioni operative sulle
applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica. Si definisce il valore
attuale netto dell’impresa assicuratrice e si dimostra che detenere fondi di garanzia
allo scopo di esercitare attività assicurativa è svantaggioso; per contro si ha una
vantaggiosità media della componente tecnica di gestione per la quale converrebbe
prolungare al massimo la durata dell’attività dell’impresa.
Introduzione vii
Viene determinata anche la politica ottima dei dividendi, nella classe delle
politiche a barriera orizzontale, con l’ipotesi che gli incrementi del fondo di
garanzia dipendano da un processo di alternativa markoviano.
Capitolo I
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici
1.1-Leggi di probabilità: distribuzioni di Poisson e
dei tempi di attesa .......................................................................... 1
1.2-Processi stocastici applicabili alla teoria matematica
del rischio ....................................................................................... 4
1.2.1-Processi stocastici discreti: passeggiata aleatoria ........................... 4
1.2.2-Processi Markoviani .......................................................................... 6
1.2.3-Processi stocastici continui: processi di Poisson .............................. 6
1.2.4-Processi di diffusione e processi gamma ........................................... 9
1.3-Processo dei rinnovi ....................................................................... 10
1.4-Martingale ...................................................................................... 12
1.4.1- Submartingale ................................................................................ 14
1.5-Trasformata di Laplace................................................................... 14
Capitolo I
Richiami di calcolo delle probabilità e processi
stocastici
1.1-Distribuzioni di probabilità: distribuzioni di Poisson e dei tempi di
attesa
Si dice che una variabile aleatoria (v.a.), o casuale (v.c.), X, le cui
determinazioni sono gli interi positivi e lo zero, segue la distribuzione di Poisson
quando si assume
Px=P{X=x}= − =λλ
e x!, x 0,1,...
x
(1.1)
essendo λ una costante positiva.
Per determinare la distribuzione di Poisson composta è necessario far
riferimento ai concetti di somma di v.c. indipendenti e di somma casuale o
aleatoria.
Si considerino pertanto due v.c., X e Y indipendenti; si consideri la v.c. Z intesa
come somma delle variabili suddette, Z=X+Y. Per determinare la funzione di
ripartizione (f.r.) di Z dalle f.r. di X e Y, si può utilizzare il metodo iterativo
secondo cui
( ) [ ] [ ][ ] [ ][ ]zF z P Z z E P Z z X E P Y z X X= ≤ = ≤ = ≤ − . (1.2)
Se X e Y sono indipendenti, [ ] ( )P Y z X X F z XY≤ − = − . Pertanto
( ) ( )[ ] ( )z Y YF z E F z X F (z X) xF x= − =∫ − d (1.3)
dove Fz è chiamata convoluzione, simbolicamente Fz=Fx*FY, essendo
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 2
Fx(x)= P[X≤ x];
in generale l’integrale è esteso da − ∞ a + ∞ ; se X≥ 0 e Y≥ 0 l’integrale può
essere ristretto a 0≤ x≤ +∞ .
Nel caso in cui X e Y hanno distribuzione assolutamente continua, anche la loro
somma sarà assolutamente continua; differenziando rispetto a z si ottiene la
formula di convoluzione in termini di funzione di densità
z Y xf (z) f (z x)f (x) x= ∫ −−∞
+∞
d . (1.4)
Se X1, ...,Xn sono v.c. con f.r. Fi, la f.r. della loro somma sarà denotata con
F1*...*Fn e potrà essere calcolata recursivamente. Se le v.c. Xi hanno una identica
distribuzione, F, la distribuzione della loro somma sarà denotata con F*n.
Questo risultato può essere generalizzato al caso in cui il numero dei termini
nella somma è anch’esso una variabile casuale.
Si consideri la v.c. N, con distribuzione di probabilità Pn=P[N=n], i cui valori
possibili sono gli interi non negativi; si assuma che le v.c. indipendenti ed
identicamente distribuite Xi siano indipendenti anche da N e che quando N=n sia
S=X1+ +Xn con la convenzione che S=0 se N=0.
Ad esempio, per un portafoglio di polizze assicurative durante un determinato
periodo di tempo, N denoterà il numero di indennizzi, Xi l’ammontare dell’imo
indennizzo, S gli indennizzi globali.
Per determinare la f.r. di S si può applicare ancora il metodo iterativo
[ ] [ ]sF (s) P S s E P S s N= ≤ = ≤⎡⎣⎢
⎤⎦⎥=
[ ]= ≤ =∑ = ∑=
∞∗
=
∞P S s N n P F (s)Pn
n 0
nn
n 0 (1.5)
che rappresenta appunto una somma casuale dove sia il numero di indennizzi che
l’ammontare del singolo indennizzo sono variabili casuali.
Un caso particolare di somme casuali è quello in cui N segue una distribuzione
di Poisson con parametro λ. Allora la (1.5) diventa
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 3
( ) ( )sn
n 0
n
F s F s e n!= ∑ ∗
=
∞−λ
λ (1.6)
che è la distribuzione di Poisson composta.
Diverse grandezze aleatorie che si incontrano nelle applicazioni, anche in
ambito assicurativo, hanno invece distribuzione esponenziale.
Si pensi di contare il numero di arrivi di un certo fenomeno; interessa esaminare
la successione di v.a., identicamente distribuite ed indipendenti, T1,T2, ... che
misurano gli intervalli di tempo tra i successivi arrivi, o rinnovi.
Si dirà allora che la v.a. T (tempo di attesa del primo evento) obbedisce alla
legge di probabilità esponenziale quando la distribuzione di T sarà dotata di
densità, f(t), data dalla
f(t)e per t 0
0 per t 0
t
== >
= ≤
⎧
⎨⎪
⎩⎪
−λ λ
(1.7)
e avrà f.r.
F(t)1 e per t 0
0 per t 0
t
== − >
= ≤
⎧
⎨⎪
⎩⎪
−λ
(1.8)
Il tempo di attesa dell’imo evento in una serie di eventi che ricorrono in accordo
con la legge di probabilità di Poisson in ragione di λ eventi per unità di tempo,
obbedisce ad una legge di probabilità gamma con parametri λ e α, avente funzione
di densità
f(x) ( ) e x per x 0, con 0, 0
=0 per x 0 .
x 1
== > > >
≤
− −⎧
⎨
⎪⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪⎪
αλ αλ
αα λ
Γ (1.9)
1.2-Processi stocastici applicabili alla teoria matematica del rischio
Dicesi processo stocastico una famiglia di v.a., { }tX :t T∈ , dove t è un indice e
T l’insieme dei suoi possibili valori. Il processo si dirà a parametro discreto se
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 4
l’insieme T sarà discreto, a parametro continuo se T sarà continuo.
La generica v.a. Xt del processo è per definizione una funzione P-misurabile
definita sui punti ω di uno spazio Ω; pertanto il processo si potrà indicare con la
{ }tX ( ):t Tω ∈ , cioè fissato t in T, Xt(ω) sarà una v.a., mentre fissato ω in Ω, Xt(ω)
sarà una funzione reale della variabile reale t, alla quale è attribuito il nome di
traiettoria o realizzazione o storia del processo. I processi stocastici sono altresì
classificati a seconda della natura del codominio, distinguendo i processi discreti se
tale sarà il codominio, e continui se continuo sarà il codominio.
1.2.1-Processi stocastici discreti: passeggiata aleatoria
Se X1,X2, ... sono v.c. bernoulliane indipendenti ed identicamente distribuite,
aventi comune f.r., F, e x è un numero reale, sia S0=x; per n=1,2, ... si avrà
Sn=x+X1+ ... +Xn (2.1)
Il processo stocastico {Sn} sarà chiamato passeggiata aleatoria
unidimensionale. In questo contesto, quando cioè le v.c. Xi sono bernoulliane (o
indicatrici di eventi), le v.c. X1=S1-S0, X2=S2-S1, ... sono chiamate incrementi del
processo {Sn}. Pertanto, la successione S0=x,S1,S2, ... sarà una passeggiata aleatoria
se e solo se gli incrementi saranno v.a. bernoulliane indipendenti ed identicamente
distribuiti.
Considerando una applicazione in ambito assicurativo Sn potrà denotare la
riserva di una compagnia di assicurazione all’istante n; naturalmente sarà nota la
riserva iniziale, S0=x, ma non saranno conosciute le riserve che si avranno nei
periodi futuri, S1,S2, ... che saranno pertanto considerate v.a. Allora gli incrementi
Xn potranno essere interpretati come i guadagni, indipendenti ed identicamente
distribuiti (anche negativi), che l’impresa assicuratrice percepirà tra il periodo n-1 e
n. Pertanto, spesso, in letteratura si assume che il processo della riserva sia una
passeggiata aleatoria, anche se in realtà ci si potrebbe aspettare un qualche genere
di dipendenza tra i guadagni di successivi periodi, ed inflazione e spese, o in altri
termini ci si dovrebbe aspettare che la distribuzione dei guadagni cambi nel tempo.
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 5
La passeggiata aleatoria è il genere di processi stocastici più facilmente
trattabile, in quanto il teorema del limite centrale e le leggi dei grandi numeri
possono essere applicate per ottenere informazioni circa Sn quando n è grande: per
esempio, se gli incrementi attesi sono positivi, la legge forte dei grandi numeri
implica la tendenza certa: per n→∞ , Sn→∞ , quindi matematicamente per ogni
dato n0 e per ogni determinata traiettoria, esiste un n0 tale che Sn≥ c per tutti gli
n≥ n0 su questa traiettoria.
1.2.2-Processi Markoviani
Si dicono markoviani i processi in cui il futuro, dato il presente, è indipendente
dal passato, ovvero, secondo de Finetti (1970), il futuro non dipende dal passato
che tramite il presente; ciò avviene, ad esempio, evidentemente nel caso precedente
di incrementi indipendenti che non dipendono neppure dal presente e il processo ne
dipende quindi soltanto in quanto l’incremento futuro va sommato al valore
presente.
La denominazione è dovuta al fatto che Markov considerò tale condizione nel
caso discreto (catene di Markov).
Si consideri una funzione Yn suscettibile di un numero finito di valori, 1,2,...,r;
si potrà pertanto parlare di un sistema che potrà trovarsi in r stati, S1,S2, ... ,Sr e
passare dall’uno all’altro ad ogni passo, senza escludere che un passo consista nel
restare nel medesimo stato.
1.2.3-Processi stocastici continui: processi di Poisson
L’aspetto peculiare di questi processi sta nel fatto che certi eventi mediante i
quali si effettua la descrizione stocastica del fenomeno possono verificarsi in
qualunque istante t di un insieme continuo di valori, e non più, come avviene nei
processi stocastici a parametro discreto, solamente in corrispondenza ad una
successione prefissata di istanti.
Sia data una successione di eventi indipendenti che si succedono nel tempo. Il
numero n di eventi che si verificano in un intervallo di tempo τ sarà una v.a. che
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 6
verrà indicata con N; la probabilità che N=n sarà indicata con pn(τ). Si fanno le
seguenti ipotesi:
1) pn(τ) dipenderà soltanto da τ e non dall’istante iniziale to a partire dal quale è
misurato τ; così la variabile N(t) sarà stazionaria;
2) N(t) sarà indipendente dal numero di volte in cui si è verificato l’evento in
ogni intervallo anteriore a τ;
3)Ipotesi di regolarità.- La probabilità che l’evento si verifichi più di una volta
nell’intervallo dt sarà infinitesima rispetto a dt; la probabilità che l’evento si
verifichi una volta nell’intervallo dt sarà un infinitesimo dell’ordine di dt e
proporzionale a dt, cioè λdt. Per l’ipotesi precedente tutte queste probabilità sono
indipendenti da ciò che è avvenuto prima dell’intervallo dt.
In questa ipotesi le probabilità pn(τ) soddisfa alle seguenti equazioni
( ) ( )ddt
p p0 0τ λ τ=−
( ) ( ) ( )[ ]ddt
p t p t p t n 0n n n 1=− − >−λ , (2.3.1)
che definiscono un processo stocastico detto processo di Poisson semplice, e la cui
soluzione è data dalla
( )( )
n
n
p e n! n 0,1,2,3,..τ
λτλτ= =− .. (2.3.2)
in cui si riconosce una distribuzione di Poisson di media λτ e varianza λτ.
Di conseguenza λ è il numero medio di realizzazioni di eventi per unità di
tempo, nel senso che il numero di eventi che si verificano in un intervallo di tempo
di lunghezza 1 obbedisce ad una legge di probabilità di Poisson con media λ.
Tale v.a. descrive il numero aleatorio di manifestazioni di un fenomeno, quindi
il numero di arrivi, entro un fissato intervallo temporale I quando si valuta uguale a
λ il numero medio di arrivi, o di ripetizioni del fenomeno.
La traiettoria presenterà delle discontiuità, dette salti, unitari; ciò significa che
N(t) darà pertanto il numero di ripetizioni di un certo fenomeno nel tempo. Le
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 7
discontinuità della traiettoria indicheranno allora esattamente le volte in cui si
verificherà l’evento, ed essendo tali salti tutti di ampiezza unitaria, saranno esclusi
dal verificarsi eventi simultanei; ossia N(t) conterà i salti, come un contatore che
scatterà di uno ogni volta che dovrà registrare un fenomeno, così, ad esempio,
conterà il numero degli arrivi o richieste di indennizzo in un intervallo di tempo
considerato.
In generale, si potrà indicare la storia del processo fino al tempo t, con
t
1 n
HN(s), 0 s t
N(t), T ,...,T=
≤ ≤⎧
⎨⎪
⎩⎪
(2.3.3)
Si osservi che la distribuzione degli incrementi su un certo intervallo temporale
dipenderà solo dalla misura dell’intervallo e non dalla sua locazione; l’intensità di
frequenza λ è costante e gli incrementi di intervalli di tempo disgiunti sono pure
costanti, pertanto gli incrementi saranno indipendenti e stazionari.
Anziché la somma di termini in numero finito si può considerare la somma di
una serie; se l’intensità totale λ rimane finita si avrà un processo di Poisson
composto; si ha così il più generale processo a incrementi indipendenti e omogenei
a salti discreti, cioè in numero finito in ogni intervallo limitato.
Sia {Nt} un processo di Poisson e X1,X2,...una successione di v.c. indipendenti
ed identicamente distribuite, con comune f.r. F(x) che siano a loro volta
indipendenti dal processo {Nt}. Si definirà un nuovo processo {St}
St=X1+...+XN(t) , t≥ 0 (2.3.4)
dove St=0 se N(t)=0, chiamato processo di Poisson composto, specificato dal
parametro λ e da F(x).
Dalle corrispondenti proprietà del processo di Poisson segue che anche il
processo di Poisson composto avrà incrementi stazionari ed indipendenti.
1.2.4-Processi di diffusione e processi gamma
Un processo {St} con incrementi stazionari ed indipendenti, tali che gli
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 8
incrementi su ogni intervallo di tempo di lunghezza h sono normalmente distribuiti,
con media μh e varianza σ2h è chiamato processo di diffusione o processo di
Wiener.
Altro caso notevole di processo di tipo Poissoniano è il processo gamma, che è
un processo {St}, anch’esso con incrementi stazionari ed indipendenti, tale che gli
incrementi in ogni intervallo di tempo di lunghezza h hanno una distribuzione
gamma con parametri λ e αh. Questo processo ha la traiettoria di campionamento
con un’infinità di salti multipli in un intervallo di lunghezza positiva. Allora per
ogni t>0, St sarà una serie infinita di somme di salti, convergente; il numero atteso
di salti nell’intervallo positivo è infinito; invece se si considera il numero atteso di
salti in un intervallo di ampiezza maggiore di x, per il processo di Poisson
composto sarebbe λh[1-F(x)], mentre per il processo gamma
α λh y e y, x 01
x
y−∞
−∫ >d
coerente con l’affermazione che il numero atteso di salti è infinito; questa
espressione diverge per x→0
1.3-Processo dei rinnovi
Una equazione integrale della forma
Z(x) g(x) Z(x y)h(y) y, x 00
x
= + − >∫ d
è chiamata equazione del rinnovo, dove Z, g e h sono funzioni di un argomento
positivo e si assume che h(y)≥ 0 e h(y) y0
d <∞∫∞
.
Sia H(x)= h(y) y0
x
d∫ , l’equazione del rinnovo è chiamata, adeguata, imperfetta o
eccessiva secondo che H ( )∞ sia uguale a uno, minore di uno o maggiore di uno
rispettivamente.
É interessante seguire la successione dei tempi in cui un evento viene sostituito
da un altro simile, cioè la successione dei rinnovi.
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 9
Si consideri una successione di v.a che rappresentano eventi che si suppone si
verifichino agli istanti To,T1,T2, ...(Ti+1>Ti); si assuma che due o più eventi non
possano verificarsi simultaneamente e che il processo stocastico descritto sia
stazionario. La lunghezza dell’intervallo tra il verificarsi di due eventi sarà
Xi=Ti+1-Ti, i=0,1,2,... (3.1)
Se gli intervalli tra gli eventi sono indipendenti ed identicamente distribuiti, la
successione di v.a. Xi costituirà il processo aleatorio dei rinnovi.
É ovvio che la formula per la distribuzione del numero di eventi che si
verificano in un prefissato intervallo che comincia con l’attuale verificarsi di un
evento, differirà da quella per un intervallo della stessa ampiezza, che inizia ad un
dato istante τ0. Si comincerà col considerare la lunghezza dell’intervallo tra τ0 e il
verificarsi dell’nmo evento successivo. Sn sarà la v.a. che rappresenterà tale
lunghezza e si avrà
Sn=L1+X2+X3+ ...+Xn (3.2)
dove L1=T1-τ0 sarà la v.a. che rappresenterà la lunghezza dell’intervallo, da un
arbitrario istante τ0 al verificarsi del primo evento. Indicata con F(.) la f.r. di
ciascuna delle v.c. Xi e F1(.) la f.r. di L1, Fn(.) la f.r. di Sn, sarà
Fn(.)=F1(.)*F(n-1)* (.) (3.3)
dove * è una convoluzione e
0F (x)0 per x 0
1 per x 0
∗ == <
= ≥
⎧
⎨⎪
⎩⎪
(3.4)
Invece di Sn si potrebbe considerare il numero di eventi che si verificano entro un
determinato intervallo t, che segue ad un arbitrario istante τ0; denotata con N(t) la
v.a. che rappresenta questo numero, cioè il numero di valori di Sn che non ecceda t,
si avrà
{ }N(t) max n S tn= ≤ (3.5)
É necessario a questo punto introdurre la nozione di intensità di una
distribuzione. Si consideri a tal scopo una v.a. X dotata di densità e si valuti la
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 10
probabilità condizionata Prob{ }x X x x X x< ≤ + >Δ che, per definizione, è uguale a
{ }{ }
Prob x X x x
Prob X x
< ≤ +
>
Δ. Risulta dunque, a meno di infinetisimi di ordine superiore
al primo rispetto a Δx,
Prob { }x X x x X x< ≤ + >Δ =f(x)
1 F(x)x
−Δ .
La funzione, non negativa sul suo campo di definizione, f(x)
1 F(x)−, è detta
intensità della distribuzione.
Nel nostro caso l’intensità della distribuzione dipenderà solo dal tempo
trascorso dall’ultimo rinnovo e sarà uguale
λ(t,H )f(t S )
1 F(t S )tN(t)
N(t)=
−− −
(3.6)
dove t-SN(t) sintetizzerà la storia passata. Nel caso in cui le v.a. Ti siano distribuite
esponenzialmente, con parametro λ>0, la (3.6) darà
λ(t,Ht)=λ (3.7)
che significa che il processo dei rinnovi è ancora un processo di Poisson.
1.4-Martingale
L’uso dei modelli a martingala appare particolarmente appropriato nell’analisi
di molti processi di rischio, in quanto dà ragione del fatto che una compagnia di
assicurazione sia disposta a giocare contro il pubblico una successione di
scommesse ad essa favorevoli, come compenso per il rischio che assume.
L’idea è stata suggerita da de Finetti (1939,1940) e rappresenta un appropriato
allargamento dell’ipotesi di indipendenza stocastica tra le scommesse successive,
considerata troppo restrittiva in molti casi reali.
Si consideri una sequenza di v.c. S0,S1,S2, ... e una sequenza di vettori casuali
Z0,Z1,Z2, .... ;{Sk} sarà una martingala rispetto a {Zk} se, per tutti i k
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 11
i) [ ]E Sk <∞ (4.1)
ii) Sk è funzione di Z0,Z1,...Zk (4.2)
iii) [ ]E S Z ,Z ,...Z Sk 1 0 1 k k+ = (4.3)
Zk è interpretato come uno stato del mondo al tempo k. Allora
Hk=(Z0,Z1, ...,Zk) (4.4)
sarà la storia del processo (ossia tutta l’informazione disponibile) prima del tempo
k. Se Sk è interpretato come il patrimonio del giocatore prima del periodo k, la
condizione (4.3) significa che il gioco cui partecipa è onesto in ogni periodo.
Usando il metodo iterativo per calcolare i valori attesi
[ ]E S H Sk h k k+ = per k,h=0,1,2,.... (4.5)
Posto k=0 si ottiene
E[Sh]=E[S0] (4.6)
Introducendo gli incrementi del processo {Sk}, sia X0=S0 e Xk=Sk-Sk-1, per
k=1,2,..., e assumendo l’esistenza dei momenti di secondo ordine, l’equazione
[ ]E X H 0k h k+ =
e il fatto che Xk è funzione di Hk sono utilizzati per vedere che
Cov(Xk,Xk+h)=E[XkXk+h]=E[E[XkXk+h kH ]]=
=E[XkE[Xk+h kH ]]=0 (4.7)
e pertanto gli incrementi di una martingala non sono correlati.
1.4.1- Submartingale
Sia {Sk} una sequenza di v.c. e {Zk} una sequenza di vettori casuali; {Sk} è una
submartingala rispetto a {Zk} se sono soddisfatte le condizioni (4.1) e (4.2) e se
[ ]E S H Sk 1 k k+ ≥ (4.1.2)
dove Sk, ad esempio, è interpretato come il patrimonio del giocatore al tempo k, e
la condizione (4.1.2) significa che il gioco gli è favorevole in ogni periodo. La
condizione (4.1.2) è equivalente alla condizione più generale secondo cui
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 12
[ ]E S H Sk h k k+ ≥ (4.1.3)
considerando i valori attesi {E[Sk]} è una successione non decrescente.
Si supponga adesso che {Sk} sia una submartingala positiva, allora, per tutti gli
m>0 e k, si avrà
[ ]P(max(S S , ... ,S ) m)
E Sm0 1 k
k, ≥ ≤ (4.1.4)
che è la disuguaglianza di Kolmogoroff per submartingale positive.
1.5-Trasformata di Laplace
Sia t una variabile reale; F(t) una funzione definita per t≥ 0; s una variabile
complessa. Si chiama trasformata di Laplace della F(t) la funzione f(s) definita
formalmente da
f(s) e F(t)dtst
0=∫ −
∞
(5.1)
F(t) è una funzione a valori reali o complessi, definita quasi ovunque nell’intervallo
[ )0,∞ dell’asse t e ivi misurabile, localmente sommabile, cioè
[ )F(t) L 0,loc∈ +∞ ;
questa ipotesi non implica la sommabilità di F(t) in [ )0,∞ e non si esclude pertanto
che possa essere
F(t) t0
d =+∞∫∞
(5.2)
Introdotta la variabile complessa s è chiaro che, per ogni valore di essa, si ha
ancora e-st [ )F(t) L 0,loc∈ +∞ . Si può pertanto asserire che, per ogni T>0 e per ogni
valore di s, ha valore finito il seguente integrale di Lebesgue
−∫ st
0
T
e F(t) td . (5.3)
Le funzioni F(t) , per le quali esiste l’integrale di Laplace, si dicono
trasformabili secondo Laplace, o, più brevemente, L –trasformabili.
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 13
Si applica il Teorema di convergenza secondo cui: Se l’integrale di Laplace
converge in un certo punto s0 , allora esso converge per tutti i valori del semipiano
s > s0 .Da ciò è possibile dedurre che
(5.4)
Vale a dire
(5.5)
il che costituisce un’utile connessione tra le trasformate di Laplace di F(t) e
della corrispondente funzione integrale Φ (t).
Dal teorema risulta inoltre che, posto con α l’estremo inferiore di s per cui
l’integrale converge, si ha convergenza se s >α e non convergenza
se s <α , permanendo solo il dubbio per s = α . Di conseguenza, la semiretta s >α si
dice semiretta di convergenza della corrispondente trasformata di Laplace ed α la
sua ascissa di convergenza. Nel caso in cui α non è finita, l’integrale converge
sempre se è α = − ∞ , o mai se è α = + ∞ .
I valori di F(t) per t < 0 non intervengono nell’integrale, quindi l’integrale (5.3)
stesso è indipendente da tali valori. Sono, in particolare, richieste le seguenti
condizioni:
1. La funzione F(t) deve essere definita per t ≥ 0.
2. La funzione F(t) deve essere generalmente continua.
Dove, si intende che una funzione è generalmente continua in un intervallo
α≤t≤β se è possibile dividere l’intervallo in un numero finito di intervalli in ognuno
dei quali la funzione sia continua e abbia limiti destro e sinistro finiti.
3. La funzione F(t) deve essere esponenziale di ordine γ .
Cioè, se esistono due costanti reali M > 0 e γ tali che per ogni t >N sia
⎢F(t)⎢<Meγt si dice che F(t) è una funzione esponenziale di ordine γ per t → ∞ o,
più semplicemente, che è una funzione di ordine esponenziale.
E’ opportuno notare che le condizioni poste dal teorema precedente sono
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 14
condizioni sufficienti a garantire l’esistenza della trasformata di Laplace, in altre
parole questo significa che se tali condizioni non dovessero essere soddisfatte, la
trasformata di Laplace può esistere o non esistere.
Il calcolo operazionale gode di numerose proprietà, nelle quali, salvo avviso
esplicito contrario, si suppone che tutte le funzioni soddisfino le condizioni di
esistenza della trasformata di Laplace.
Proprietà della linearità
Date due costanti qualsiasi c1 e c2 mentre F1(t) e F2(t) sono funzioni L–
trasformabili, cioè, con trasformate di Laplace pari rispettivamente a f1(s) e f2(s),
risulta che:
L{c1F1(t) + c2F2(t)} = c1L{F1(t)}+ c2L{F2(t)}= c1f1(s) + c2f2(s) (5.5)
Da questo teorema si ricava che il simbolo L, detto operatore trasformata di
Laplace, è un operatore lineare.
Il risultato conseguito può essere generalizzato nel seguente modo:
Se le funzioni F1(t), F2(t), …, Fn(t) hanno come trasformate di Laplace f1(s),
f2(s), …, fn(s) e c1, c2 , …, cn sono costanti qualsiasi, risulta L{c1F1(t) + c2F2(t) + L
+ cnFn(t)} = c1f1(s) + c2f2(s) + L + cnfn (s) (5.6)
Prima proprietà della traslazione
Se L{F(t)} = f (s) ed a una costante, allora: L{eat F(t)} = f (s − a) (5.7)
Ciò significa che se si moltiplica F(t) per una funzione esponenziale e at , la
corrispondente trasformata di Laplace risulta funzione della variabile ( s − a ).
Seconda proprietà della traslazione
Data la trasformata di Laplace L{F(t)} = f (s) e una funzione
, (5.8)
risulta che:
L{G(t)} = e−as f(s) (5.9)
Questa proprietà dimostra che se si ritarda una funzione F(t) di una durata a , la
trasformata di Laplace resta moltiplicata per il fattore e− as .
Richiami di Calcolo delle probabilità e processi stocastici 15
Proprietà del cambio di scala
Se
(5.10)
allora è verificata la seguente uguaglianza:
(5.5)
Capitolo II
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore
2.1-I rischi ............................................................................................ 16
2.2-Teoria dell’utilità ............................................................................ 19
2.2.1-Utilità logaritmica ........................................................................... 25
2.2.2-Utilità esponenziale ......................................................................... 25
2.2.3-Utilità quadratica ............................................................................ 26
2.3-Cenni sull’impostazione assiomatica ............................................. 27
2.3.1-Dominanza stocastica ...................................................................... 28
2.3.2-Il criterio della speranza matematica .............................................. 30
2.4-Teoria della rovina: Teorema della rovina del giocatore ............... 33
2.4.1-Problemi di assorbimento ............................................................... 40
2.4.2-Previsione di durata ................................................................. 41
Capitolo II
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore
Tutte le operazioni che si svolgono da una qualsiasi attività economica
comportano dei rischi, nel senso che i risultati non sono a priori assolutamente
certi. Un risultato, un fatto, un avvenimento qualsiasi, che non è a priori certo si
definisce aleatorio; pertanto, vi è un rischio ogni qualvolta sono possibili eventi
aleatori che, verificandosi possono produrre perdite o danni, cioè, i cosiddetti
sinistri.
2.1-I rischi
Una questione molto dibattuta è se si possa distinguere un campo ben delimitato
cui riservare la denominazione di rischio. E’ soprattutto nei lavori di Knight, citati
da diversi autori, che questa distinzione viene sottolineata come fondamentale agli
effetti dell’analisi di tale argomento. Tale tesi consiste nel dire che certi fattori di
incertezza non siano propriamente tali, in quanto grazie alla possibilità di
trasferimento ad un assicuratore possono venire consolidati e tradotti in un
elemento certo di costi; questi elementi di incertezza sono appunto i rischi.
Appartengono, invece, all’incertezza tutti quegli altri elementi che non sono
assicurabili o compensabili, che ogni imprenditore e in genere ogni individuo deve
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 17
affrontare in proprio e secondo il proprio giudizio; è ad essi soltanto che si può far
risalire il profitto.
Un aspetto da esaminare è la distinzione tra rischi assicurabili e no, dal punto di
vista di un assicuratore e quello di una distinzione tra rischio e incertezza per chi
vi è esposto; è questo, comunque un problema di teoria delle decisioni. Per le
decisioni in condizioni di incertezza tale teoria considera un criterio di decisione
fondato su concetti probabilistici e, secondo le concezioni più avanzate, tale
criterio non può che avere validità generale essendo dedotto non da semplici
ipotesi empiriche ma da generali e semplici condizioni logiche di coerenza che
permettono di distinguere modi di scelta ammissibili o no, esprimenti cioè
preferenze esenti da controindicazioni; risulterà che tali preferenze sono
ammissibili se e solo se coincidono con l’applicazione dei metodi derivanti dalla
teoria delle probabilità, restando, tuttavia, a ciascuno la libertà e la responsabilità
di valutare per proprio conto le probabilità che intende attribuire ai diversi eventi e
di esprimere, come vedremo, attraverso l’utilità l’importanza che egli attribuisce a
guadagni o perdite più o meno grandi.
Si può dunque affermare che una qualunque operazione o azione ha un effetto
assicurativo se elimina o attutisce dei rischi.
Bisogna anche distinguere se le condizioni sono vantaggiose per tutti i
contraenti o per alcuni soltanto. Il giudizio sulla vantaggiosità o meno di una
operazione aleatoria dipende, oltre che dal fatto oggettivo dei guadagni, positivi o
negativi, di ciascuno in ciascuno dei casi possibili, dalla funzione di utilità di
ciascuno, nonché dalle probabilità attribuite da ciascuno a tutti i casi possibili; tale
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 18
valutazione potrà a volte essere unanime oppure, invece, risultare più o meno
difforme a seconda dei casi.
Nel campo delle operazioni in cui tutti i partecipanti sono avvantaggiati ha
molta importanza la distinzione fra il caso di trasferimento del rischio e quello di
eliminazione o protezione.
Il caso di trasferimento del rischio, in forma libera, a un assicuratore, è
certamente quello rispondente alla più semplice ed essenziale schematizzazione: si
riduce alla corresponsione, da parte dell’assicuratore, di un importo aleatorio a fine
assicurativo per far fronte cioè, ad una conseguenza del rischio cui è sottoposto
l’assicurato, che si tutela versando al primo un prezzo fisso, il cosiddetto premio.
Si tratta del caso avente la massima importanza, non solo agli effetti attinenti il
benessere individuale ma anche per l’essenziale funzione di agevolazione delle
attività produttive e imprenditoriali in genere.
Un particolare tipo di decisione in condizioni di incertezza è rappresentato dal
problema di accettazione o non accettazione di una scommessa. Tale genere di
problemi si presentano all’individuo incerto se ingaggiare o meno una partita
d’azzardo, o indeciso se stipulare o meno un contratto di assicurazione, o,
simmetricamente, all’impresa assicuratrice che debba deliberare sull’opportunità di
assumere un determinato rischio, o sulla convenienza di riassicurare una qualche
parte del proprio portafoglio.
Il problema può venire affrontato basandosi su due maniere sostanzialmente
differenti di valutare le scommesse. Da un punto di vista oggettivo, è definito
l’indice di sicurezza della scommessa, collegato alla probabilità asintotica di
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 19
fallimento per un giocatore che accetti di ingaggiare scommesse di quel
determinato tipo. Tale parametro permette di classificare le scommesse in più o
meno sicure e poi, introdotto arbitrariamente un livello di soglia, di accettarle o
meno a seconda che il loro indice di sicurezza superi o meno tale livello.
Questi ordini di problemi rientrano nella ben nota Teoria della Rovina.
Da un altro punto di vista, l’individuo in questione può valutare le singole
scommesse alla luce della propria personale curva di utilità e classificare allora le
scommesse in vantaggiose, eque e svantaggiose. Per le curve di utilità è d’altra
parte definito un parametro detto coefficiente di avversione al rischio. Secondo de
Finetti (1952) le relazioni che collegano questo coefficiente all’indice di sicurezza
di una scommessa, consentono di collegare i due punti di vista citati, in quanto il
livello di rischiosità cui conduce la teoria asintotica sviluppata da Lundberg e
Cramer risulta coincidente con il “comportamento probabilistico” del decisore.
Il seguito è dedicato ad una breve presentazione di alcune nozioni generali sulle
funzioni di utilità, ed alla discussione su alcune ipotesi qualitative che vengono
generalmente formulate su di esse.
2.2-Teoria dell’utilità
Secondo Gambarelli & Pederzoli (1992) le conseguenze risultanti da atti diversi
possono avere vantaggi o svantaggi di diversa natura ed entità e, al fine di
consentire un facile confronto fra le conseguenze di azioni alternative, si può
definire l’utilità come una misura conveniente che si presta a quantificare la
desiderabilità di una conseguenza e, il valore dell’utilità associato ad una
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 20
conseguenza è semplicemente un numero reale che ne sta a rappresentare la relativa
desiderabilità. Pertanto, osservando la preferibilità fra situazioni economiche
manifestata dall’individuo sulla base delle sue scelte, si considera l’utilità come un
indice numerico della preferibilità stessa. Una importante conseguenza di questa
impostazione è, secondo de Finetti (1952), che “non esiste l’utilità di un bene come
grandezza fisica ad esso inerente all’infuori di un rapporto con un individuo che lo
desidera”, sicché non si avrà una definizione oggettiva dell’utilità, ma in questo
caso soggettiva.
Analizzando problemi di decisione in condizioni di rischio, per i quali le
conseguenze sono di carattere monetario, l’utilità si può pensare derivata
dall’importo monetario tramite una funzione u(x) detta funzione di utilità della
moneta.
In generale per funzione di utilità si intende, dunque, qualunque funzione
u=u(x) definita per ogni x≥0 che goda delle proprietà:
-è monotona crescente in tutto il suo dominio di definizione; tale funzione
quantifica in modo più o meno convenzionale l’apprezzamento che un individuo fa
del possesso di beni per un valore pari a x e svolge un ruolo essenziale nel
permettere di misurare la desiderabilità di risultati aleatori;
-esistono ed assumono valori finiti le prime due derivate, u’(x)>0 e u’’(x);
-è superiormente ed inferiormente limitata;
-esiste ed assume valore finito il ( )xlim u x→∞
.
La definizione di utilità secondo von Neumann & Morgenstern (1953) si basa
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 21
su una teorizzazione del comportamento di fronte a decisioni aleatorie, quindi, nel
nostro caso, di fronte al rischio; richiede la combinazione di scelte non solo fra le
diversi situazioni economiche ma anche fra le loro valutazioni probabilistiche;
secondo tale formulazione si dà una definizione di “coerenza” di fronte al rischio
estendendo la proprietà transitiva in senso probabilistico: infatti, una combinazione
probabilistica pA+qB di due (o più) situazioni economiche A e B è la situazione
consistente nell’avere una certa probabilità p di ottenere A e la probabilità q=1-p di
ottenere B e pA+qB ha utilità intermedia fra quelle di A e B.
In generale si dice che una funzione di utilità è di von Neumann & Morgenstern
se è determinata a meno di una trasformazione lineare, è non decrescente e
consente all’individuo di massimizzare la propria utilità attesa.
La definizione di von Neumann & Morgenstern, secondo De Ferra & Pressacco
(1987), richiede la considerazione di scelte nell’ambito ampliato delle situazioni
aleatorie, sicché la scala delle utilità esprime e misura in concreto la propensione o
l’avversione del decisore ad assumere dei rischi.
de Finetti (1952) propose di chiamare comportamento probabilistico quello
conforme a questa concezione, sottolineando che ciò che conta nella preferibilità è
proprio la valutazione soggettiva del decisore; l’introduzione della funzione di
utilità serve a ricondurre il più generale comportamento coerente in senso
probabilistico a quello basato sulla speranza morale di Bernoulli, applicando
quest’ultima rispetto alla funzione u, anziché all’originaria variabile x.
La trattazione si riconduce pertanto a quella delle medie associative e delle loro
proprietà, dove per media associativa si intende quella che rimane inalterata se
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 22
alcuni dei termini, di cui si considera la media, vengono sostituiti con il rispettivo
valore medio. Sono associative tutte e solo le medie costruite considerando una
funzione continua e monotona dei termini, prendendone la media e facendo la
trasformata inversa di detta media; in altri termini si tratta di “trasformate della
speranza matematica”, ovvero, in questo caso, di trasformate della media
aritmetica.
Premesso ciò, se fra le condizioni di coerenza di un giudizio di preferibilità si
richiede che l’equivalente certo di una situazione aleatoria non vari se si sostituisce
parte della distribuzione con il rispettivo equivalente certo, allora esso si deve
ottenere mediante una media associativa indotta da una trasformata che è proprio la
funzione di utilità.
Ottaviani M. (1975) mostra che due funzioni danno luogo alle stesse preferenze
se e solo se una è trasformazione lineare crescente dell’altra; giustificando così
perchè von Neumann & Morgenstern asseriscono che l’utilità di un individuo è
definita a meno di una tale trasformazione .
Secondo Friedman e Savage (1948), in generale la funzione di utilità del
decisore è di “tipo inflessionale”: è concava verso il basso per livelli di ricchezza
inferiori ad x qualunque sia tale ammontare e presenta un flesso ascendente in
corrispondenza di un livello di ricchezza immediatamente superiore ad x.
L’ipotesi fondamentale su u(x) è che ad incrementi uguali di capitale
corrispondono incrementi di utilità tanto più piccoli quanto più grande è il capitale
posseduto dall’individuo. Si ha, cioè:
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 23
u(x’)>u(x), x’>x (2.1)
u(x+x0)-u(x)>u(x’+x0)-u(x’), x’>x, x0>0 (2.2)
u(x) è una funzione continua su tutto il suo insieme di definizione; allora l’ipotesi
formalizzata nella (2.2) implica che la funzione è concava in tutto il suo dominio.
Essendo la funzione di utilità u(x) dotata di derivata prima u’(x), le proprietà
(2.1) e (2.2) richiedono che questa sia una funzione positiva decrescente di x. Se si
definisce u’(x) come l’utilità marginale del capitale x, allora l’ipotesi di monotonia
su u(x) richiede che l’utilità marginale sia non negativa, e la proprietà di concavità
si esprime usualmente dicendo che l’utilità marginale diminuisce all’aumentare del
capitale. Naturalmente se esiste anche la derivata seconda, la proprietà di concavità
corrisponde alla u’’(x)<0, x R∈ .
Individui contraddistinti da una funzione di utilità con derivata seconda
negativa
u’’(x)<0 (2.3)
si dicono avversi al rischio, se invece
u’’(x)>0 (2.4)
si parlerà di individui propensi o rispettivamente se
u’’(x)=0 (2.5)
si avranno individui indifferenti al rischio.
Discutendo le determinanti del comportamento probabilistico de Finetti (1952)
introduce il concetto di funzione di avversione al rischio locale, che nell’intorno di
un certo valore x dipende dal grado di convessità relativa della funzione in quel
punto, dove per convessità relativa, de Finetti intende il rapporto -λ(x)=u’’/2u’ fra
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 24
la derivata seconda e prima.
La paternità di questa misura di avversione al rischio è invece spesso attribuita
dalla letteratura straniera ad Arrow (1971) e Pratt (1964), mediante
( )( )( )r x
u'' x
u' x=− . (2.6)
Essendo definito in termini di rapporto tra derivata seconda e derivata prima
rispetto ad x, con x un importo monetario, il coefficiente di avversione al rischio
r(x) avrà le dimensioni del reciproco di un importo e si misurerà quindi in “lire-1”.
A sua volta il reciproco di r(x), B(x)=1/r(x) ha dimensioni “lire” e rappresenta un
importo tanto più grande quanto meno l’individuo è avverso al rischio. B(x)
fornisce quindi una misura di tolleranza al rischio dell’individuo.
In molte applicazioni della teoria dell’utilità è importante supporre che r(x) sia
una funzione non crescente di x. Ciò è suggerito dal comportamento degli agenti
economici in base al quale si paga tanto meno per assicurazioni contro un dato
rischio quanto maggiore è il capitale posseduto; questa ipotesi gioca un ruolo
significativo qualora si voglia spiegare l’esistenza di contratti assicurativi in un
mondo formato da agenti economici razionali e avversi al rischio che siano
caratterizzati dalla stessa funzione di utilità; una compagnia di assicurazioni può
infatti trovare vantaggioso assumere posizioni rischiose, pur essendo avversa al
rischio, fatta forte dell’entità del capitale posseduto.
Si ricordi, tuttavia, che molti contratti assicurativi possono essere giustificati
anche in base al principio della compensazione dei rischi, secondo il quale per la
legge dei grandi numeri, l’incertezza di un portafoglio di polizze relative a v.a.
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 25
stocasticamente indipendenti diminuisce con l’aumentare della numerosità del
portafoglio.
Illustreremo adesso le caratteristiche di alcune forme specifiche di utilità
utilizzate più spesso nelle applicazioni.
2.2.1-Utilità logaritmica
Si tratta del modello proposto originariamente da Bernoulli, il quale assunse
l’incremento di utilità come direttamente proporzionale, a meno di infinitesimi di
ordine superiore, all’incremento di capitale e inversamente proporzionale al
capitale posseduto, cioè:
dudxx
, >0=a a , x >0
da cui u(x)=a log x+b, dove a e b sono costanti arbitrarie. L’avversione al rischio è
data da
r(x)=1/x
e soddisfa perciò anche l’ipotesi di decrescenza. Il fatto che u(x) possa assumere
valori negativi per ( )x 0,1∈ non ha rilevanza ai fini della rappresentazione delle
preferenze.
Ottaviani M. (1975) dimostra che la stessa funzione dà luogo alle stesse
preferenze per ogni valore del patrominio se e solo se è lineare o esponenziale.
2.2.2-Utilità esponenziale
É una funzione superiormente limitata, la cui forma più semplice
( )u x 1 >0x1a= −
⎡
⎣⎢
⎤
⎦⎥
−a e a,
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 26
ha come estremo superiore il parametro a, cosiddetto parametro di potenzialità
massima. Questa funzione ha avversione al rischio costante data da r(x)=1/a.
Altra caratteristica interessante delle funzioni di utilità esponenziali è costituita
da una specie di additività relativa alla proprietà di indifferenza. Si consideri un
individuo, dotato di un patrimonio certo c, che debba valutare due diverse
operazioni finanziarie aleatorie, la prima con guadagno G, la seconda con
guadagno G’, stocasticamente indipendente da G, e si supponga che la prima sia
indifferente per l’individuo; si supponga cioè:
E [ u (c + G)]=u (c) .
Si può allora dimostrare che, se l’individuo ha funzione di utilità esponenziale,
sarà:
E [u (c+ G + G’)]=E [u (c + G’)].
Se, in particolare, anche la seconda operazione è indifferente, cioè se:
E [u (c + G’)]= u (c)
allora si avrà:
E [u (c + G + G’)]= u (c).
Quindi, sotto l’ipotesi di utilità esponenziale, un’operazione somma di più
operazioni indipendenti e indifferenti è indifferente..
2.2.3-Utilità quadratica
É espressa nella forma
( )u x x x >02= −a
a2
,
La concavità è assicurata dalla non-negatività del parametro a. Tuttavia per
garantire la proprietà di monotonia è necessario limitarsi al ramo ascendete della
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 27
parabola u=u(x), riducendo il dominio della funzione all’intervallo di valori x
compresi tra 0 e 1/a, che è appunto l’ascissa di vertice della parabola. L’utilità
marginale è u’(x)=1-ax ed il coefficiente di avversione al rischio
( )r xx
=−
aa1
.
L’avversione al rischio ha quindi un andamento iperbolico nel dominio di
definizione D=(0,1/a), è una funzione crescente di x, come risulta anche dal segno
positivo della derivata di r(x) che ha espressione
( )( )
r' xx
=−
2
21
a
a .
2.3-Cenni sull’impostazione assiomatica
Lo scopo della teoria delle decisioni è quello di descrivere il comportamento di
un individuo razionale in condizione di incertezza, in modo da permettere al
decisore di individuare eventuali incoerenze o contraddizioni con il criterio di
scelta adottato. Quindi l’obiettivo non è quello di individuare un ordinamento di
preferenza nelle scelte unico ed oggettivo, che sia valido per tutti gli agenti
economici, bensì quello di individuare una classe di criteri decisionali che raccolga
al suo interno i singoli criteri individuali e che sia caratterizzata da pochi principi
generali economicamente significativi, che avranno un valore normativo, nel senso
di imporre la coerenza con i criteri individuali da cui sono indotti. Gli ordinamenti
che soddisfano a tale proprietà dovranno essere completi, nel senso che non dovrà
restare indefinita la relazione di preferenza o di indifferenza tra qualcuna delle
possibili posizioni che compongono l’insieme delle possibili alternative di scelta.
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 28
Le v.a. X appartenenti all’insieme delle alternative saranno completamente
descritte dalla distribuzione di probabilità ad esse attribuite dall’individuo.
Ogni operazione di scambio in condizioni di incertezza corrisponderà quindi ad
un cambiamento della distribuzione di probabilità della situazione rischiosa in cui
l’individuo si troverà. Il problema decisionale potrà allora essere inteso come un
problema di ordinamento tra tutte le distribuzioni di probabilità disponibili al
momento della scelta. Formalmente se si indica con
Fk(x)=P(X k≤ x)
la f.r. della v.a. Xk, e se si indica con F l’insieme di tutte le f.r. delle v.a. X
appartenenti all’insieme delle opportunità, affinché l’individuo possa effettuare
scelte razionali tra elementi di X egli dovrà avere introdotto un ordinamento
mediante una relazione di preferenza in F, tale che, comunque scelte due
distribuzioni F! ed F2 appartenenti ad F, si possa decidere se una di esse è preferita
all’altra o se le due distribuzioni sono indifferenti.
2.3.1-Dominanza stocastica
Si possono introdurre ordinamenti parziali nell’insieme F secondo dei criteri
basati su ipotesi molto generali. Seguendo l’impostazione di Gambarelli &
Pederzoli (1992), indicando con U1 l’insieme di tutte le funzioni di utilità che sono
finite e non decrescenti in un intervallo I di numeri reali, date due funzioni X1 e X2
con funzioni di ripartizione F1 e F2 ciascuna definita in I, si dirà che X1 è almeno
tanto preferita quanto X2 rispetto a tutte le u∈U1 se e solo se F1(x)≤F2(x) per ogni
x∈I. Si supponga adesso che la distribuzione X2 domini quella di X1 nel senso che
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 29
F2(x)≤F1(x), x∈R ⇔ − ≥ −1 F (x) 1 F (x)2 1
ossia se e solo se
{ } { }Prob X x Prob X x2 1> ≥ >
e che la disuguaglianza valga in senso stretto per almeno un valore di x.
Questa proprietà detta dominanza stocastica del primo ordine stabilisce che
comunque fissato il numero reale x, la probabilità che la situazione patrimoniale X1
risulti maggiore di x non è mai maggiore (ed in almeno un caso è minore) della
probabilità che X2 risulti maggiore di x.
Sotto opportune ipotesi di continuità si dimostra che se F2 domina F1 allora ogni
individuo che sia massimizzatore di profitto, cioè che preferisca importi monetari
certi maggiori ad importi monetari certi minori, preferirà X2 ad X1. Una trattazione
più dettagliata sulla dominanza stocastica si trova, secondo Gambarelli &
Pederzoli, in Fishburn, Cardin (1987).
Secondo Moriconi (1994) si può dimostrare che la condizione di dominanza
stocastica di primo ordine è anche necessaria, infatti la relazione di dominanza non
garantisce che X2 risulterà certamente maggiore di X1, ma impone solo una
condizione sulle probabilità. L’ipotesi che gli agenti economici effettuino le
proprie scelte per aumentare il proprio patrimonio è molto debole, in quanto
l’ordinamento indotto nell’insieme delle preferenze porta a classificare come non
confrontabili situazioni che possono essere considerate molto diverse dal punto di
vista della rischiosità. Inoltre tale ordinamento è incompleto dato che potranno
esistere f.r. per le quali non risulti verificata tale disuguaglianza. Secondo detto
autore la dominanza stocastica del primo ordine va quindi intesa come un requisito
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 30
necessario ma non sufficiente per la costruzione di un criterio generale di scelta.
Teorema di rappresentazioneErrore. Il segnalibro non è definito.: se
l’ordinamento di preferenza è completo, consistente e coerente con la relazione di
dominanza stocastica, allora:
-Esiste una funzione υ(x) tale che X2>X1 se e solo se
E[υ(X2)]>E[υ(X1)] (3.1)
-La funzione υ(x) è unica a meno di una trasformazione positiva lineare
crescente.
Questo teorema è stato dimostrato su una base rigorosamente assiomatica da
von Neumann & Morgenstern (1953); la sua importanza sta nel fatto che in seguito
ad esso un operatore lineare del tipo E[υ(x)] si qualifica come l’unica funzione di
valutazione accettabile per descrivere le preferenze di un individuo dotato di
razionalità e coerenza. Se si specifica υ(x) come funzione lineare di x si definisce il
criterio della speranza matematica, che caratterizza le scelte di un individuo
indifferente al rischio. Se invece si sceglie una generale funzione crescente si
ottiene il principio dell’utilità attesa, che fornisce il criterio di scelta caratteristico
di qualsiasi individuo avverso al rischio.
2.3.2-Il criterio della speranza matematicaErrore. Il segnalibro non è
definito.
L’approccio più diretto al problema del comportamento di un individuo di
fronte ad una scommessa con guadagno aleatorio G, consiste nell’introdurre come
metro di valutazione la speranza matematica del guadagno (o guadagno sperato
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 31
E(G)). Se si assegna alla funzione υ(x) la forma di una qualsiasi funzione lineare
crescente, se è ad es., X2>X1 con la scelta υ(x)=ax+b , a∈ ∈+R , b R la (3.1)
diventa: aE(X2)+b>aE(X1)+b cioè E(X2)-E(X1)>0 ed essendo il guadagno
algebrico G=X2-X1, la (3.1) equivale alla E(G)>0 e si ha un’operazione favorevole.
Se è al contrario X1>X2 si avrà E(G)<0 e l’operazione sarà sfavorevole, mentre
l’annullarsi del guadagno atteso si avrà solo nel caso in cui X1 è indifferente a X2 e
in tal caso l’operazione è detta equa. Se la probabilità del guadagno x è f(x), il
prezzo equo sarà:
[ ] ( )E x x xf xx 0
= = ∑=
∞
che applicato nelle assicurazioni significa che il premio equo per un rischio
descritto dalla distribuzione di probabilità f(x) sarà: P x= .
Nel 1738 Bernoulli fornì un controesempio, famoso con il nome di Paradosso
di San Pietroburgo. Si consideri un individuo partecipante a un gioco infinito che
consiste nel lancio di una moneta perfetta e indeformabile; vince se esce testa e
guadagna due lire. Il gioco consiste, dunque, nella ripetizione del lancio della
moneta finché non si ottiene testa per la prima volta, se ciò accade all’nmo lancio
incasserà 2n lire. Il valore atteso del gioco, che è potenzialmente infinito, risulterà
quindi:
[ ]E x12 2
n
n 1
n=⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟∑ =∞
=
∞
dato che tutti i termini della serie sono uguale a 1. Il costo del biglietto è quindi
infinito, cioè è maggiore di qualunque cifra l’individuo proponga di pagare, pur
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 32
elevata che essa sia. Per ovviare a questa difficoltà Bernoulli propose che ai fini del
calcolo del valore del gioco la vincita non venisse presa solo rispetto al suo valore
monetario, ma piuttosto secondo una frazione di questo importo adatta ad
esprimere il valore morale che l’individuo attribuisce alla vincita. Scegliendo di
misurare gli importi secondo una scala logaritmica si ottiene il nuovo valore del
gioco che Bernoulli chiamò speranza morale di x:
[ ]E logx12
log2 log2 n12
2log2n
n 1
n
n 1
n
=⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟∑ = ∑
⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟ =
=
∞
=
∞
.
Bernoulli diede una giustificazione alla sostituzione del guadagno x con logx, ma
da questa corrispondenza è chiaro che si potrebbe sostituire logx con qualsiasi altra
funzione concava. Ciò significa che l’utilità assegnata a un gioco descritto da una
distribuzione di probabilità f(x) potrebbe essere:
( )[ ] ( ) ( )E u x u x f xx 0
= ∑=
∞
dove u(x) è un’arbitraria funzione concava e crescente. Dalla disuguaglianza di
Jensen risulta: E[u(x)]>E[x], che significa che l’assicuratore chiederà un premio di
rischio in aggiunta alla perdita attesa per la copertura del rischio.
In questo contesto il criterio seguito nella teoria delle decisioni in condizioni di
incertezza sarà quello della massimizzazione del guadagno atteso.
Il criterio decisionale derivante da questa impostazione consisterà nella
massimizzazione dell’utilità attesa. In base a questo criterio si dirà che, se un
individuo dotato di funzione di utilità u(x), si trova nella situazione X1, egli
reputerà l’operazione consistente nello scambiare X2 con X1 vantaggiosa se
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 33
E[u(X2)]-E[u(X1)]>0, indifferente se se E[u(X2)]-E[u(X1)]=0, svantaggiosa se se
E[u(X2)]-E[u(X1)]<0.
2.4-Teoria della rovina: Teorema della rovina del giocatore
Una delle attività in cui la valutazione numerica di probabilità è frequentemente
praticata è quella delle scommesse. Il concetto di probabilità di fallimento per un
giocatore che esegua una successione di scommesse, è fondamentale, nella teoria
del rischio, per lo studio delle condizioni di stabilità di una compagnia di
assicurazioni.
Quando si definisce la probabilità in termini di scommessa si può dire, secondo
de Finetti e i soggettivisti, che la probabilità di un evento è la cifra p, speranza del
guadagno aleatorio, che si sarà disposti a pagare per ottenere il diritto di incassare
S se si verificherà l’evento. Si consideri allora la v.a. G, che denoterà il guadagno,
così definita
GS p
0 q=
⎧
⎨⎪
⎩⎪
La speranza matematica del guadagno sarà:
E(G)=0q+pS=pS
Se invece la funzione G sarà così definita
1
1
2
GS p
S q=
−
+
⎧
⎨⎪
⎩⎪
si avrà
E(G1)=pS2+q(-S1)=pS2-S1q.
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 34
Il gioco relativo a questa situazione di guadagno si dirà equo quando pS2=S1q ,
cioè quando pS2-S1q=0.
Si dimostra che: in un gioco equo un giocatore che disponga di un capitale
iniziale finito e giochi senza possibilità di credito contro un avversario
infinitamente ricco, prima o poi certamente si rovinerà; in altri termini, con
probabilità 1 il suo patrimonio, costituito dal capitale iniziale più il guadagno,
scenderà a zero in un numero finito di colpi. Il risultato sussiste a posteriori se il
gioco è favorevole per il giocatore infinitamente ricco. É questo il teorema della
rovina dei giocatori per giochi equi.
de Finetti (1939) si occupò della ricerca della probabilità limite di fallimento
entro un tempo lunghissimo; tale limite P=limPh, che sarà la “probabilità di
rovina”, esiste, poiché le probabilità non sono mai decrescenti e mai superiori
all’unità. Per far ciò, si appoggiò alla generalizzazione di un procedimento classico
relativo al problema della rovina dei giocatori, dovuto al de Moivre, il quale
considera un giocatore che dispone di una somma iniziale G e si accinge a giocare
una successione di partite o scommesse i cui guadagni saranno le v.a. X1,X2, ... ,Xh,
indipendenti e somiglianti che assumono con probabilità ½ i valori -1 e 1.
Distingue la probabilità di rovina nel caso di condizioni eque, in cui gli Xh sono
stocasticamente indipendenti ed hanno speranza matematica nulla, dalla probabilità
di rovina in caso di condizioni non eque, dove la speranza matematica dei guadagni
non è nulla. Nel primo caso, sia
Y1=X1, Y2=Y1+X2, ... ,Yh=Yh-1+Xh=X1+X2+ ... +Xh, ...
il guadagno complessivo nelle prime h partite cosicché l’importo posseduto dopo
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 35
le successive partite, sarà G+Y1,G+Y2,...,G+Yh, ... .
Il problema della rovina del giocatore consisterà nella ricerca della probabilità
Ph che almeno uno degli importi
Y1,Y2, ...,Yh
risulti ≤−G oppure della probabilità limite P per h→∞.
Seguendo l’impostazione di de Finetti, si considerino allora due competitori che
partecipano ad un gioco equo. Si indicherà con Yt il guadagno del primo dei
competitori dopo il tempo t; se i capitali iniziali dei due competitori sono G’ e G’’,
si avrà la rovina del primo o del secondo quando Yt uscirà per la prima volta
dall’intervallo -G’<Yt<G’’, rispettivamente divenendo minore di -G’ o maggiore di
G’’.
A un istante t qualsiasi può darsi che la partita prosegua o che sia terminata con
la rovina del primo o del secondo competitore. Siano P*t,P’
t,P’’t le probabilità delle
tre eventualità, si avrà P*+P’t+P’’
t=1 dove P’t e P’’
t sono funzioni mai decrescenti di t
che tenderanno ai due limiti P’ e P’’ che saranno le probabilità di rovina dei due
giocatori; affinché sia P’+P’’=1 sarà necessario e sufficiente che tP 0∗→ al crescere
di t, condizione che sussiste a maggior ragione se vale la condizione più restrittiva
che tenda a zero la probabilità che sia -G’<Yt<G’’, il che avviene quando la
dispersione di Yt cresce indefinitamente. Si avrà anche
P’=G’’/(G’+G’’), P’’=G’/(G’+G’’) (4.1)
cioè P’+P’’=1 (4.2)
P’’G’’-P’G’=0 (4.3)
cioè la probabilità di rovina sarà inversamente proporzionale ai capitali iniziali.
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 36
L’ultima relazione esprime l’equità del gioco consistente nella perdita
dell’intero capitale iniziale G’ o G’’ con le probabilità P’ e P’’; essa presuppone
pertanto che il gioco sia equo anche qualora si stabilisca di proseguirlo fino alla
rovina di uno dei due giocatori e che all’istante della rovina di uno di essi non
possa rimanere un margine di perdita insoluto.
Quest’ultima condizione è soddisfatta quando Yt assume valori interi rispetto a
un certo importo assunto come unitario e decresce solo di un’unità per volta, con
G’ pure intero, e anche quando Yt è un processo aleatorio continuo.
Però se tale condizione non venisse soddisfatta basterebbe introdurre un termine
correttivo: dette Δ’ e Δ’’ le speranze matematiche del margine di perdita insoluto,
del primo e del secondo competitore, le probabilità di rovina diverranno
PG
G G' , P''=
G' + 'G' + ' +G'' + ''
''' ''
' ' ' ''=
+
+ + +
Δ
Δ Δ
Δ
Δ Δ (4.4)
con i termini correttivi praticamente trascurabili di fronte a G’ e G’’.
Si è già detto che il gioco deve essere equo anche quando si stabilisca di
proseguirlo fino alla rovina di uno dei giocatori; la condizione necessaria e
sufficiente perché il gioco ad oltranza sia equo è data dall’annullarsi della relativa
speranza matematica ΣhP*hE*(Xh), dove E*(Xh) indica la speranza matematica
dell’hmo colpo subordinatamente all’ipotesi che esso abbia luogo senza che
precedentemente sia avvenuta la rovina di uno dei due giocatori.
Una condizione ancora più restrittiva si ha supponendo che ogni colpo debba
essere equo anche subordinatamente a ciascuna delle ipotesi possibili sul risultato
delle partite precedenti; questa è condizione necessaria e sufficiente se si vuole che
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 37
il gioco sia equo anche stabilendo che la facoltà di interromperlo sia lasciata in un
modo qualunque alla decisione unilaterale dei due competitori.
Quando si fa tendere ad infinito G’’, P’ tenderà ad uno; si ha così la classica
conclusione che la rovina di chi gioca contro un avversario infinitamente ricco è
alla lunga praticamente certa.
Per gioco equo, a questi effetti, si potrebbe intendere anche un processo non
omogeneo o anche ad incrementi non indipendenti purché a previsione nulla
subordinatamente a qualsiasi andamento passato; si ricordi che tali processi sono
chiamati martingale; si pensi, ad esempio, al gioco di Testa o Croce con puntate
fatte dipendere in modo qualunque dai risultati precedenti. In tali ipotesi sarà
sempre equo il modo di partecipazione al gioco decidendo di sospenderlo in
qualsiasi istante al verificarsi di una qualsiasi circostanza quale anche la rovina.
Si consideri adesso un gioco non equo, qual appunto è il caso di un’impresa ove
sia riservato un vantaggio al banco; in altri termini si consideri una compagnia di
assicurazioni che disponga di un margine di caricamento per fronteggiare il rischio
degli scarti sfavorevoli.
Il caso dei giochi non equi si riconduce al precedente, con un artificio che risale
a de Moivre, osservando che la probabilità di rovina di due competitori che
dispongono di un certo numero di lire ciascuno, e partecipano a un gioco in cui ad
ogni colpo uno di essi perde o guadagna una lira, non varia se le lire si
sostituiscono con dei gettoni cui si attribuisce un valore arbitrario anche variabile, e
che è possibile fissare la scala di tali valori variabili in progressione geometrica in
modo che il gioco appaia equo; in tal modo si ritrova la formula (4.1) purché G’ e
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 38
G’’ rappresentino il valore dei “gettoni” in tal senso fittizio.
Nel nostro caso si tratta di eseguire una trasformazione esponenziale attribuendo
al guadagno Yt il valore eαYt-1, ciò che corrisponde ad attribuire ad un ulteriore
guadagno dy, dopo che il guadagno precedente è y, il valore eαydy. Fissando
opportunamente il coefficiente α, la trasformazione si riconduce ad un gioco equo
e permette di ricondursi alla trattazione precedente.
L’equazione che dà α deve esprimere che E(eαYt-1)=0 ossia ϕt(α)=1 dove, con
una leggera modifica rispetto alla terminologia usuale ϕt(α)=E(eαYt) è la f.c. del
guadagno Yt; il valore di α è così univocamente determinato poiché ϕt(α)-1 è una
funzione concava ed ha un’unica radice, oltre quella ovvia per α =0; α ha segno
opposto rispetto alla speranza matematica, ossia è negativo o positivo a seconda
che le condizioni sono a favore o a sfavore del primo competitore: infatti E(X) è la
derivata di E(eαX-1) per α=0, e l’altra radice si troverà necessariamente a sinistra di
α=0 se E(X)>0 o a destra se E(X)<0. È necessario anche che α non dipenda da t,
perché il gioco deve risultare equo adottando un’unica trasformazione, ossia un
unico α, in quanto α caratterizzerà, nel caso assicurativo, il grado di rischiosità di
un’operazione, e se le singole polizze sono stocasticamente indipendenti ed hanno
lo stesso grado di rischiosità corrispondente ad un dato valore di α, lo stesso
avverrà per il loro complesso.
Se X e Y sono v.a. stocasticamente indipendenti ed è, per un medesimo valore
di α, E(eαX)=E(eαY)=1 si avrà anche :
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 39
( )( )E e X Yα + = E(eαX eαY)=E(eαX)E(eαY)=1
e lo stesso vale analogamente per la somma di un numero qualunque di variabili
aleatorie.
Si può sostituire alla troppo restrittiva condizione di indipendenza stocastica
quella che eαY abbia speranza matematica uguale ad 1 anche subordinatamente a
qualsiasi ipotesi circa il valore di X; in altri termini ogni singola operazione avrà
sempre il medesimo grado di rischiosità indipendentemente dall’esito delle altre.
Indicando infatti con Ex(eαY) la speranza matematica di eαY subordinatamente che
X assuma un dato valore x, e supposto che sia Ex(eαY)=1 per ogni x, si ha:
E(eα(X+Y))=E(eαX eαY)=E(eαXEx(eαY))=E(eαX)=1 (4.5)
Alla (4.3) dovremo sostituire, sostituendo rispettivamente alle variabili G’ e G’’ le
loro trasformate e -αG’-1 ed e -αG’’-1, l’equazione:
P’(e-αG’-1)+P’’(eαG’’-1)=0
che insieme alla (4.2) ci darà
( ) ( )P' e
e 11e
, P''='e 1
1eG'
G''
G' G''
G
G' G''=
−
−
−
−+ +
α
α
α
α
α (4.6)
Nel caso in cui uno dei due capitali iniziali sia enormemente più grande dell’altro,
si avrà P' 1≅ se a>0, se invece a<0 sarà P'≅eαG’.
de Finetti (1939) pervenne pertanto alla seguente conclusione: “la rovina di chi
gioca indefinitamente contro un avversario infinitamente ricco è praticamente
certa se egli gioca a condizioni eque o sfavorevoli, mentre invece se le condizioni
sono non eque a suo favore egli ha una probabilità non nulla di sfuggire alla
rovina purché disponga di un capitale iniziale, ed anzi la probabilità di rovina
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 40
tende a zero, decrescendo in progressione geometrica, al crescere di tale capitale
iniziale”.
Posto B=-1/α, si avrà P’=eG’/B, dove B, che verrà detto “livello di rischiosità”,
sarà il valore del capitale iniziale G’ cui corrisponde per la probabilità di rovina P’
il valore 1/e.
2.4.1-Problemi di assorbimento
Il modello precedente si presta anche ad un’altra interpretazione: si pensi ad un
punto mobile sugli interi di una retta, che può spostarsi casualmente di una unità
avanti o indietro, successivamente e indipendentemente; il moto si fermerà quando
il punto mobile arriverà alla posizione 0 o n; si parlerà allora di passeggiata
aleatoria con barriere assorbenti.
A titolo di semplificazione si consideri un giocatore A che disponga
inizialmente di un capitale a intero che ingaggi una partita contro B che invece
dispone di un capitale b=n-a, vincendo o perdendo ad ogni colpo una somma
unitaria a seconda che nel colpo si verifichi successo o insuccesso; si assuma che la
probabilità di successo ad ogni colpo sia p. Si tratta di valutare la probabilità che
verrà indicata con p(a), che il patrimonio di A scenda a zero, e salga quindi ad a+b
quello di B, ovvero che B rovini A.
Seguendo l’impostazione di Daboni (1970), con q(a) verrà invece indicata la
probabilità che A rovini B, cioè che il patrimonio di A salga ad a+b e che scenda a
zero quello di B.
In termini di passeggiata aleatoria si tratterà di valutare la probabilità, che una
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 41
particella posta inizialmente in un punto x=a raggiunga nel suo moto il punto x=0
prima di raggiungere il punto x=a+b. Quando questa perverrà in uno dei due punti
la passeggiata si arresterà e la particella sarà assorbita in x=0 o in x=a+b.
L’analogia con la condizione che nel gioco un competitore sia infinitamente
ricco è tradotta nell’esigenza di un unica barriera assorbente; nell’interpretazione in
termini di gioco, a e b sono interi positivi mentre in quella del moto aleatorio lungo
le ascisse intere di un asse esse sono interi relativi e di segno concorde.
Si hanno i seguenti risultati: la particella è posta inizialmente in x=a e il moto
avviene verso a+1 con probabilità p, o verso a-1 con probabilità q; se x=0 sarà
l’unica barriera assorbente il moto certamente si arresterà prima o poi se a>0 e p≤q
(0 a<0 e q≤p).
2.4.2-Previsione di durata
Si può valutare la speranza matematica della durata del gioco, ossia della durata
della passeggiata in presenza di barriere assorbenti. La particella sarà posta
inizialmente in x e la barriere assorbenti saranno poste in x=0 e x=a+b
(0<x<(a+b)). Uscendo da x un primo passo potrà portare in x+1, evento E con
probabilità p, o in x-1; sia Tx la v.a. durata della passeggiata uscente da x. Si ha
E(Tx)=E(T E) p+E(T E) q=pE(1+Tx+1)+qE(1+Tx-1) (4.7)
ovvero indicando con Mx la speranza matematica della v.a. Tx, sarà
Mx=1+pMx+1+qMx-1 . (4.8)
Quest’ultima è una equazione alle differenze finite, del secondo ordine,
completa, la cui soluzione generale si ottiene sommando alla soluzione generale
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 42
dell’equazione alle differenze finite omogenea associata una soluzione particolare
della completa. Si distinguono due casi: p=q=1/2 e p≠q.
Sia p=q=1/2; la speranza matematica della durata della passeggiata uscente da x
diventa
x x 1 x 1M 11
2M
1
2M= + ++ − (4.9)
la cui soluzione particolare è la successione -x2 e le soluzioni indipendenti
dell’omogenea associata sono: 1, x. Pertanto la soluzione generale è data dalla
Mx= -x2+C1+C2x. (4.10)
Nel secondo caso, cioè p≠q, una soluzione particolare è la successione x
p q−,
mentre le soluzioni particolari dell’omogenea associata sono: 1, (q/p)x, sicchè la
soluzione generale (dell’equazione alle differenze finite completa) è
x 1 2
x
Mx
q pC C
q
p=
−+ +
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ . (4.11)
Dalle (4.10) e (4.11), tenendo conto anche delle condizioni ai limiti M0=0 e
Ma+b=0, si perviene al sistema
( )( )
xx
a b
M
x(a b x) se p q
x
q p
a b
q p
1 q / p
1 q / p se p q
=
+ − =
−−
+
−⋅
−
−≠+
⎧
⎨⎪⎪
⎩⎪⎪
(4.12)
cioè, in termini di gioco, se i capitali iniziali sono rispettivamente a e b e il gioco è
equo, la speranza matematica della durata è a b⋅ . In altri termini, secondo Daboni,
sono necessari, ad esempio, 1000 colpi in media affinchè il giocatore che dispone
di un capitale di 1000 lire vinca la partita contro un avversario che possiede una
Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore 43
unica lira.
Si è dimostrato come in un gioco equo il giocatore che disponga di un capitale
iniziale finito e giochi senza possibilità di credito contro un avversario
infinitamente ricco, si rovina certamente prima o poi.
Capitolo III
L’impresa di assicurazione
3.1-Assicurazioni sulla vita ............................................................................ 32
3.2-Riserva matematica .................................................................................. 37
3.3-L’assicurazione come operazione finanziaria vantaggiosa ....................... 40
3.4-Caricamenti e premi di tariffa .................................................................. 43
3.5-Principi di calcolo del premio................................................................... 44
3.5.1-Proprietà ................................................................................................ 48
3.6-Classificazione dei rischi, credibilità e valutazioni in base
all’esperienza ....................................................................................................... 49
3.6.1-Approccio Bayesiano ...................................................................... 50
Capitolo III
L’impresa di assicurazione
Secondo de Finetti (1967), <<l’assicurazione, intesa in senso di operazione
liberamente accettata in quanto ritenuta vantaggiosa per tutti i contraenti, è in effetti un
rimedio contro fatti e situazioni incerti, reso possibile proprio grazie alla loro incertezza.
E’ possibile provvedere ai “bisogni eventuali” proprio perché ed in quanto sono
“eventuali”, ossia “imprevedibili”>>. È, pertanto, solo grazie all’assicurazione che
l’esercizio di molte attività diviene possibile in quanto è proprio l’assicuratore che
consente lo spezzettamento della proprietà di un complesso di beni senza spezzarne
l’unitarietà di trattamento e di gestione nei riguardi dell’elemento rischio.
3.1-Assicurazioni sulla vitaErrore. Il segnalibro non è definito.
Si può definire l’assicurazione sulla vita come uno speciale contratto, che prevede la
copertura di un determinato rischio, mediante il quale l’assicuratore, si obbliga dietro
pagamento di un premio -commisurato all’entità del risarcimento e alla probabilità del
verificarsi dell’evento- a risarcire l’assicurato, nei modi e nei limiti stabiliti pagando una
somma al verificarsi di un evento che ha attinenza con la vita umana.
Si possono avere assicurazioni in caso di vita, e in particolare rendite vitalizie, ed
assicurazioni per il caso di morte; nella fattispecie, con la stipulazione di un contratto
sulla vita umana, l’assicuratore si obbliga a pagare un capitale o una rendita all’assicurato
L’impresa di assicurazione 33
o ai suoi eredi, in caso di morte o di sopravvivenza dell’assicurato stesso.
All’impresa assicuratrice per accettare la copertura di un rischio, necessitano due
elementi:
1)La conoscenza della probabilità dell’evento da assicurare o perlomeno una sua stima
attendibile;
2)L’esistenza di un portafoglio, ossia l’esistenza di un numero sufficientemente
grande di assicurazioni indipendenti; cioè l’impresa non può assicurare un solo rischio,
ma deve acquisire un numero di rischi indipendenti tale per cui, in base alla legge dei
grandi numeri, sia resa possibile una frequenza relativa di sinistri all’incirca uguale a
quella della probabilità stimata.
La prima condizione permette all’impresa di calcolare in modo equo il premio di
assicurazione. Essa è verificata quando le frequenze dell’evento dannoso considerato si
comportano come le frequenze di un evento aleatorio. Formalmente il rischio allora può
essere assimilato ad un evento aleatorio la cui probabilità di verificarsi in una prova è
espressa dalla frequenza ricavata statisticamente, ossia dall’esperienza su un grande
numero di casi omogenei.
L’entità dell’impegno dell’impresa assicuratrice è pertanto esprimibile da una v.a. che
può assumere il valore uguale al capitale assicurato. Nel gioco equo deve valere il
principio di equivalenza, secondo cui la speranza matematica delle prestazioni
dell‘assicurato, E(X), deve essere uguale alla speranza matematica delle prestazioni
dell'assicuratore, E(Y). Tale valore medio, come è noto, è dato dalla somma dei valori che
essa può assumere ciascuno moltiplicato per la corrispondente probabilità.
Volendo generalizzare i concetti su esposti, si considerino un gruppo di individui tutti
esposti al rischio che si verifichi l’evento E, evento che determina un bisogno per il
L’impresa di assicurazione 34
soddisfacimento del quale necessita al singolo una somma, il cui valore espresso in
termini monetari, V, sarà la somma assicurata; si supponga nota la probabilità ϕ(E) che
l’evento si verifichi, probabilità detta tasso di premio puro
Il costo P che ciascun individuo dovrà sopportare sarà dato da:
P=Vϕ(E)>1 (1.Errore. L'argomento
parametro è sconosciuto.)
che è chiamato premio puro di assicurazione. Infatti, la probabilità ϕ(E) verrà
determinata come valore della frequenza relativa υ/n, ricavata da esperienze precedenti
su un numero n di individui abbastanza grande affinché sia valida la legge empirica del
caso. E se si avesse avuto la possibilità di sottoporre l’evento E anzichè ad una serie di n
prove ad una infinita serie di prove, la prima delle quali formata da n1 prove, la seconda
da n2 prove e così via, avremo trovato le frequenze relative
1
1
2
2
r
rn,n
, ... ,n
,υ υ υ ...
tutte uguali approssimativamente a ϕ(E) e quindi approssimativamente uguali fra di loro
purchè i numeri n1,n2, ..., nr,... fossero stati abbastanza grandi. La (1.1) pertanto può
scriversi
P Cn
r
r
=υ
( 1.Errore.
L'argomento parametro è sconosciuto. )
ove il generico numero nr sta a rappresentare il numero degli individui, qualunque esso
sia purchè abbastanza grande, esposti al rischio che si verifichi l’evento E e per i quali si
intende determinare il costo di assicurazione. La (1.2) scritta nella forma
P Cr rn u= ( 1.Errore.
L'argomento parametro è sconosciuto.)
L’impresa di assicurazione 35
significa che il premio P pagato da ciascuno degli nr assicurati è necessario e
sufficiente per corrispondere a ciascuno dei υr sinistrati la somma C. Se ϕ(E)=0 l’evento
sarà impossibile, non vi sarà la necessità di assicurarsi e quindi il costo sarà uguale a
zero; se ϕ(E)=1 l’evento sarà certo, colpirà indistintamente tutti gli assicurati, ciascuno
dei quali dovrà sopportare l’intero danno V del proprio sinistro ed anche in questo caso
non esisterà la necessità di assicurarsi; pertanto, il costo puro dell’assicurazione
dipenderà dalla probabilità di verificarsi dell’evento coperto e mai dal numero degli
assicurati.
La (1.1) è valida se non vengono considerati i fattori di carattere finanziario, cioè gli
interessi, in relazione al tempo intercorrente tra il momento in cui si paga il premio e
quello in cui si riscuote l’assicurazione. Tenendo conto di tale periodo di tempo, che si
considera fisso e uguale a t anni, se si adotta il regime di capitalizzazione composta,
sostituendo nella (1.1) a V il suo valore attuale vtV con v=1/(1+i), dove i è il tasso
effettivo annuo d’interesse, si avrà:
( )0tP E V= ϕ v (1.Errore.
L'argomento parametro è sconosciuto.)
e sarà ovviamente, Po<P.
L’esistenza del portafoglio è necessaria all’impresa per realizzare una frequenza di
sinistri all’incirca uguale alla probabilità assunta per il calcolo del premio. I singoli rischi,
inoltre, dovranno essere tra loro indipendenti nel senso che il verificarsi di un evento
coperto da assicurazione non dovrà determinare o comunque non dovrà influenzare la
determinazione di un sinistro in altra forma assicurativa o in altro rischio. Altra
condizione indispensabile è che le somme assicurate con i singoli contratti non presentino
una varianza troppo elevata affinchè si possa realizzare quella compensazione dei rischi
L’impresa di assicurazione 36
che è il fondamento del procedimento assicurativo.
Naturalmente nella realtà il problema non si presenta così semplice; le varie forme di
assicurazione normalmente adottate presentano impostazioni più o meno complicate.
Le assicurazioni vita vengono abitualmente abbinate ad operazioni di risparmio. Di
per sè la componente assicurativa, o componete rischio, non presenta differenze con gli
altri casi: la differenza essenziale è la presenza della componente risparmio e di
conseguenza il fatto che l’operazione abbia una lunga durata.
Tecnicamente, ciascun premio annuo viene scomposto in due parti: una detta premio
di risparmio, destinato alla costituzione di un fondo detto riserva matematica della
polizza, il cui valore, tenuto anche conto degli interessi prodotti dall’investimento delle
somme, cresce da zero, alla stipulazione del contratto, fino al valore del capitale
assicurato, alla scadenza del contratto stesso. Il premio di risparmio si può immaginare
impiegato in un conto bancario, dove con gli interessi (al tasso convenuto per
l’operazione, che si dice interesse tecnico), costituiscono, come montante ad ogni anno, la
riserva; in altre parole la riserva è data dai “premi di risparmio capitalizzati”.
L’altra parte, detta premio di rischio ha la medesima funzione del premio di
assicurazione per la durata di un anno già considerata e, cioè, serve ad assicurare in caso
di sinistro, il cosiddetto capitale sotto rischio, ossia quella somma che, aggiunta alla
riserva matematica già accumulata, forma il “capitale assicurato” da corrispondere al
beneficiario. É in breve come se uno facesse dei versamenti in banca, e, a parte, anno per
anno, un’assicurazione a premio di rischio per integrare nella misura desiderata ciò che
gli eredi riceverebbero complessivamente in caso di sua morte. In caso di vita alla
scadenza (se esiste) egli ritirerebbe il montante del conto bancario, che avrebbe raggiunto
il prefissato capitale assicurato per il caso di vita.
L’impresa di assicurazione 37
L’introduzione degli interessi nello svolgimento del contratto impone, nel computo del
premio, di tenere conto, oltre che della previsione sulla mortalità futura, ipotesi
demografica, anche di quella sul reddito futuro degli investimenti, ipotesi finanziaria; il
premio così determinato costituisce il premio puro, quel premio, cioè, in base al quale,
ove la mortalità degli assicurati risultasse identica a quella prevista ed il saggio di reddito
degli investimenti pari al saggio dell’ipotesi finanziaria, i conti dovrebbero perfettamente
pareggiare.
Tale impostazione non tiene ancora conto delle spese che l’impresa deve sostenere per
l’acquisizione e la gestione dei contratti, e pertanto per pervenire ai premi di tariffa
effettivamente corrisposti all’assicurato, i premi puri devono essere opportunamente
caricati.
3.2-Riserva matematica
Si sono finora esaminati i problemi probabilistici e finanziari che si pongono all’atto
della stipulazione di un’assicurazione sulla vita. La valutazione all’origine delle
prestazioni dell’assicuratore consente di calcolare, secondo il criterio della speranza
matematica, la contropartita, premio unico puro, atta a rendere equa l’operazione.
Si pone un’altro insieme di problemi se si vogliono esaminare gli aspetti dinamici
dell’assicurazione, connessi cioè al suo esistere nel tempo; problemi che possono
scaturire dal verificarsi di fatti che potrebbero interrompere il normale decorso del
contratto -ad esempio la cessazione della corresponsione dei premi annui o la modifica
della forma assicurativa -o che possono semplicemente riguardare una valutazione del
contratto assicurativo in un generico istante della sua esistenza.
La riserva matematica è quella frazione di premi di competenza degli esercizi
L’impresa di assicurazione 38
precedenti che dovrà essere accantonata per mantenere l’equivalenza finanziaria tra gli
impegni attivi dell’impresa e quelli passivi, essendo il premio annuo costante maggiore
del premio naturale nei primi anni di contratto ed inferiore negli ultimi.
Il calcolo della riserva matematica può essere effettuato con due diversi procedimenti:
-Metodo prospettivo, mediante il quale la determinazione viene fatta per differenza fra
il valore attuale medio degli impegni futuri dell’assicuratore e il valore attuale medio
degli impegni futuri dell’assicurato;
-Metodo retrospettivo, secondo cui, invece, la determinazione viene fatta per
differenza tra il valore degli impegni già soddisfatti da entrambe le parti, riferiti al
momento della determinazione della riserva.
Entrambi i metodi condurranno allo stesso risultato.Occorrerebbe riferirsi sempre alla
“riserva prospettiva effettiva”, mentre la riserva, nell’accezione consueta, ne costituisce
una versione semplicistica. La differenza sta nel fatto che la riserva si riferisce a una
valutazione fatta in base allo stato di informazione esistente all’inizio dell’assicurazione,
al momento della sua stipulazione, con l’aggiunta della sola ipotesi di sapere che
all’istante della valutazione l’assicurato è ancora in vita; per valutare la riserva
prospettiva effettiva si dovrà invece tenere conto di tutte le successive informazioni
eventualmente possedute e magari cercando di ottenere nuove informazioni al riguardo.
Infatti, ciascuna delle due operazioni -quella di puro risparmio e quella di puro rischio-
risulta equa in base alla valutazione all’inizio; per la prima si tratta di corrispondere ogni
anno sul montante l’interesse tecnico; per la seconda si tratta di assicurare anno per anno
il capitale sotto rischio al tasso di premio giudicato equo per quell’anno nella valutazione
fatta all’inizio.
Si può pertanto concludere che quando le valutazioni di probabilità divergono da
L’impresa di assicurazione 39
quella iniziale la riserva prospettiva effettiva della componente rischio non è nulla. È
nulla la riserva nel senso consueto, calcolata in base alle probabilità valutate inizialmente,
perchè per costruzione il premio di ogni anno serve a coprire il rischio dello stesso anno.
La riserva prospettiva è negativa se si tratta di assicurazione caso morte e le
probabilità di morte sono migliorate, o viceversa, se si tratta di assicurazione caso vita e
le probabilità di morte sono peggiorate.
Si consideri una polizza assicurativa che consiste di una successione di vettori casuali
Z0,Z1,Z2,... e di una successione di v.c C0,C1,C2 ... tali che Ck è funzione di Hk=(Z0, ...
,Zk); Hk rappresenteranno tutte le rilevanti informazioni disponibili fino al periodo k e Ck
saranno i costi che la compagnia sosterrà nel periodo k a causa della polizza; pertanto, Ck
rappresenterà gli indennizzi pagabili ai proprietari delle polizze, più le spese meno i
premi ricevuti; sia i il tasso di interesse e v il corrispondente fattore di sconto. Nel seguito
tutte le v.c. indicate con k saranno funzioni di Hk.
La riserva iniziale al tempo k sarà
[ ]kt
t 1k t kV E C H k 0,1,2,....=∑ =
=
∞
+v , (2.1)
pertanto, secondo il metodo prospettivo, Vk sarà definito come l’attuale valore atteso dei
costi futuri. Sia
L Ctt 0
t=∑=
∞
v (2.2)
il valore attuale delle perdite globali che risultano dalla polizza. Sia Lk il valore futuro di
L nel periodo k
[ ] [ ]k kt
t 0
k
tt
t k 1t k
t
t 0
k
tk
k
L E L H C E C H
C V
= =∑ + ∑ =
=∑ +
= = +
∞
=
v v
v v .
(2.3)
L’impresa di assicurazione 40
{Lk} è una martingala rispetto a {Zk}. Si considerino ora gli incrementi del processo {Lk}
X0=L0=C0+V0
Xk=Lk-Lk-1=vk {Ck+Vk - (1+i)Vk-1} per k≥1.
Xk è interpretato come l’attuale valore atteso delle perdite che si verificano nel periodo k.
Pertanto si avrà
[ ] [ ]Var L Var Xk tt 0
k
=∑=
(2.4)
che è la celebre formula di Hattendorf, dalla quale viene sviluppato il modello di rischio
classico. Seguirà che
[ ] [ ]kt
t 1
h
k t kh
k h kV E C H E V H , per k 0 e h 1=∑ + ≥ ≥=
+ +v v (2.5)
e nel caso in cui h=1 si avrà
(1+i)Vk=E[Ck+1 kH ]+E[Vk+1 kH ] (2.6)
che può essere utilizzata per calcolare le riserve. Per t=1,2,..., sia
[ ]t t t t 1 t t
t 1 t t
K E C V H C V
(1 i)V C V
= + − − =
= + − −
−
−
(2.7)
che è il costo di assicurazione basato sull’ammontare netto di rischio nel periodo
compreso tra t-1 e t. Riscrivendo la (2.7) nel modo seguente
Vt - (1+i)Vt-1= - Ct-Kt (2.8)
moltiplicando per (1+i)k-t e sommando per t da 1 a k si ottiene la formula retrospettiva
( ) ( )
( ) ( ) ( )
k
k t
t 1
k
tt 1
k k t
tk
0
t 0
k k t
tt 1
k k t
tk
0
V (1 i) C 1 i K 1 i V
1 i C 1 i K 1 i L
=− +∑ − +∑ + + =
=− +∑ − +∑ + +
−
= =
−
=
−
=
− (2.9)
e si avranno i premi puri se sarà L0=0.
L’impresa di assicurazione 41
3.3-L’assicurazione come operazione finanziaria vantaggiosa
La teoria dell’utilità attesa trova una immediata applicazione nel campo delle
assicurazioni. Un’assicurazione è fondamentalmente un’operazione finanziaria
consistente nel ridurre, o possibilmente annullare l’aleatorietà del valore monetario di un
certo bene a rischio. Una operazione finanziaria equa, consistente nello scambiare un
importo aleatorio con un importo certo uguale al suo valore atteso, è vantaggiosa per
l’individuo che la effettua, in quanto preferirà scambiare una operazione aleatoria con
un’operazione certa, e continuerà ad essere tale anche se l’individuo sarà chiamato a
pagare un sovrapprezzo, o caricamento, “non troppo elevato”. Per essere più precisi ci si
riferirà ad un esempio concreto.
Si consideri un individuo avverso al rischio, che possiede un capitale certo c e un bene
positivo a rischio X e si supponga che il valore massimo di X, cioè il valore se fosse
esente da rischio, sia finito e uguale a xm; in altri termini l’individuo avrà un capitale
X1=c+X e sarà esposto ad un danno aleatorio D=xm-X con 0<D<xm. Se stipula una
polizza assicurativa che gli garantisce il rimborso integrale del danno dietro il pagamento
di un premio pari alla speranza matematica di tale rimborso, cioè pari a E(D), egli effettua
una operazione equa consistente nel garantirsi un capitale X2 uguale alla speranza
matematica del capitale X1. Infatti
X2=c+X+D-E(D)=c+X+(xm-X)-[xm-E(X)]=c+E(X) (3.1)
ed è ovviamente c+E(X)=E(X2)=E(X1); il premio puro, poichè l’operazione assicurativa
risulterà equa, sarà
P=E(D)=xm-E(X). (3.2)
Ovviamente per l’individuo in questione tale operazione sarà oltre che equa anche
vantaggiosa, in quanto preferirà certamente scambiare una operazione aleatoria con una
L’impresa di assicurazione 42
certa; infatti per la disuguaglianza di Jensen si avrà
E[u(X1)]≤u[E(X1)] (3.3)
ed essendo X2=c+E(X) una v.a. degenere sarà anche
E[u(X2)]=E{u[c+E(X)]}=u[c+E(X)]=u[E(X1)] (3.4)
per cui
E[u(X1)]≤E[u(X2)]. (3.5)
Ovviamente l’operazione rimarrà vantaggiosa anche se l’individuo pagherà un
sovrappremio, il caricamento da rischio, espresso come una percentuale ρ del premio
puro s=ρp inferiore ad un valore s* che rappresenta la soglia di indifferenza ovvero il
livello per cui la disuguaglianza diventa un’uguaglianza; ρ sarà il tasso di caricamento e
il premio globale, premio caricato, sarà
π=p+s=(1+ρ)p.
L’individuo assicurerà pertanto l’importo
X’2=c+X+D-(1+ρ)E(D)=c+E(X)-ρE(D)
ed essendo
E(X’2)=c+E(X)-ρE(D)=E(X1)-ρE(D)
l’operazione non sarà più equa ma sfavorevole, pertanto l’individuo accetterà di passare
in un posizione finanziaria con valore atteso E(X’2)<E(X1) e sarà disposto a pagare il
caricamento.
s=ρE(D)=E(X1)-E(X2). (3.6)
Il tasso massimo di caricamento accettabile sarà tale che
E[u(X’2)]=E[u(X1)] (3.7)
cioè
u[c+E(X)-ρ*E(D)]=E[u(X1)]. (3.8)
L’impresa di assicurazione 43
de Finetti (1957) dimostra che il contratto di assicurazione può essere vantaggioso per
entrambi i contraenti purchè l’avversione al rischio della compagnia sia minore di quella
dell’assicurato; in ogni caso, la differenza tra le avversioni al rischio comporterà che
l’operazione di assicurazione sarà vantaggiosa per il contraente nonostante il caricamento
e sarà vantaggiosa per la compagnia grazie al caricamento.
3.4-Caricamenti e premi di tariffa
Si è già sottolineato come una compagnia che pratichi condizioni pure subirebbe, a
fronte della stipulazione di un contratto, una diminuzione della propria utilità, cioè il
gioco equo in termini di speranza matematica, sarebbe svantaggioso in termini di utilità
attesa, in quanto significherebbe per la compagnia “giocare”, appunto in condizioni di
equità, contro un “avversario” infinitamente ricco, essendo il pubblico di assicurati
potenzialmente infinito.
Inoltre, la compagnia nell’esercizio della propria attività và incontro a spese di vario
tipo che da sole porterebbero ad un risultato economico mediamente negativo. Si profila
dunque la necessità di operare non più a condizioni pure bensì provvedendo ad adeguati
caricamenti dei premi che consentano sia di far fronte alla rischiosità delle operazioni
assicurative sia di coprire mediamente le spese.
Al momento della stipulazione del contratto, a priori il valore medio della variabile
aleatoria utile sarà nullo, essendo proprio in base a tale condizione che, per l'equità del
contratto, viene determinato il premio.
Per soddisfare la prima esigenza, al premio puro si aggiungerà un caricamento di
sicurezza per il rischio; si distingue pertanto un caricamento implicito che, per quanto
concerne l’aspetto finanziario, si determina mediante fissazione di tassi contrattuali
L’impresa di assicurazione 44
inferiori a quelli di rendimento mediamente conseguibili dagli investimenti realizzati a
copertura delle riserve matematiche; è fissato in sede di determinazione dei premi puri,
che risultano così non più equi ma favorevoli alla compagnia; non si esclude comunque,
la possibilità di operare, in alternativa o in aggiunta al caricamento implicito, un
caricamento esplicito, che, per una fissata forma assicurativa, è allora assegnato
d’ordinario in funzione dell’età iniziale dell’assicurato e della durata dell’assicurazione.
Allora se nella valutazione degli impegni si tiene conto del suddetto caricamento,
esplicito o implicito, il valore medio, a priori, dell'utile non sarà più nullo, ma esprimerà il
valore attuale medio del margine derivante dai caricamenti di sicurezza e da considerare
disponibile per la copertura di eventuali scarti sfavorevoli.
Alla seconda esigenza si fa fronte mediante i caricamenti per spese. Che possono
essere grossolanamente fissati in via forfettaria, ponendoli uguali a una certa percentuale
del premio puro, oppure in base a precisi criteri di ordine tecnico-attuariale.
L’importo ottenuto sommando al premio puro già comprensivo del caricamento
implicito di sicurezza, o al premio puro già incrementato dell’eventuale caricamento
esplicito, è chiamato premio di tariffa o premio caricato che è, a meno di eventuali spese,
il premio effettivamente pagato dal contraente.
3.5-Principi di calcolo del premio
Il premio è un ammontare fissato di denaro richiesto dall’assicuratore per la copertura
di un determinato rischio. Matematicamente, definendo il rischio sopportato
dall’assicuratore con una v.a. S, è una funzione, indicata con H, che assegna un numero
reale, il premio, a un dato rischio, simbolicamente P=H(S;θ); dipende dalla distribuzione
di S e dal parametro θ, che riflette le condizioni economiche, come la ricchezza iniziale e
L’impresa di assicurazione 45
l’attitudine al rischio dell’assicuratore; l’interpretazione pratica di questa definizione
astratta, secondo Gerber (1979), è che per ogni rischio S, tale principio induce
l’assicuratore a stabilire un premio P=H(S), in modo tale che egli stabilirà di ricevere P e
in cambio effettuerà un pagamento, nel caso in cui si verificherà il sinistro assicurato; in
tal caso il suo guadagno da un tale tipo di contratto sarà una v.c. G=P-S.
Generalmente P(S)>E(S), e la differenza tra i due è il caricamento del premio puro. Se
le spese amministrative non vengono prese in considerazione nel calcolo, la differenza
P(x)-E(x) è il premio di rischio, determinato dalle forze di mercato. Le spese
amministrative non possono essere ignorate, ma sono spesso di natura casuale, e la loro
previsione può essere aggiunta al premio netto; ciò significa che la v.c. S rappresenterà il
costo totale dell’assicuratore.
L’obiettivo essenziale della teoria delle assicurazioni è quello di determinare la
relazione esistente tra i due elementi, cioè come il premio dipende dalle proprietà della
distribuzione di probabilità F(x), associata alla v.c. x=S.
Nella letteratura attuariale contributi essenziali a questo genere di problemi sono stati
dati, tra gli altri, da Gerber (1979), Heilmann (1988), Van Heerwaarden e Kaas (1992).
Buhlmann (1970) e Goovaert (1984) presentano alcuni differenti principi per il calcolo
del premio di assicurazione, molti dei quali vengono comunemente utilizzati in pratica:
-Principio di equivalenza o principio del premio netto: P=E[S]
-Principio del valore atteso, nel quale è previsto un caricamento di sicurezza
proporzionale a E[S]; P=(1+λ)E[S], dove λ>0 è un parametro.
-Principio della varianza, nel quale il caricamento di sicurezza è proporzionale alla
varianza: P=E[S]+αVar[S], con α>0.
-Principio della deviazione standard, dove il caricamento di sicurezza è proporzionale
L’impresa di assicurazione 46
alla deviazione standard, P=E[S]+β [ ]Var S , con β>0.
-Principio del valore medio. Si consideri una funzione v(x) con derivata prima v’(x)>0
e derivata seconda ( )v'' x 0≥ allora P=H(S) viene definito come soluzione dell’equazione
v(P)=E[v(S)]
oppure
P=v-1(E[v(S)]).
-Principio della perdita massima, dove P=rs è la possibile richiesta di indennizzo
massima.
-Principio dei percentili, secondo il quale P è determinato in modo tale che la
probabilità di una perdita sia uguale a ε, con 0<ε<1 e quindi P sarà la soluzione di
F(P)=1-ε. Ciò significa che P sarà il corrispondente percentile della distribuzione di S. A
meno che F(x) sia una funzione continua e strettamente crescente nell’intervallo di S,
l’equazione per il calcolo di P potrebbe non avere soluzioni; allora P sarà determinato
dalla più generale condizione secondo la quale
( ){ }P min p F p 1= ≥ −ε
dove P sarà il premio più piccolo praticabile affinché la perdita sia al più ε.
-Principio dell’utilità zero, per il quale il concetto di base è sempre quello di praticare
un premio equo, ma l’equità non viene più formulata in unità monetarie, bensì in termini
di utilità di unità monetarie. Si supponga perciò che l’assicuratore assegni la funzione di
utilità u(x) all’eccedenza di x, con −∞< <+∞x allora il premio P per un rischio S sarà
ottenuto dalla soluzione dell’equazione
u(x)=E[u(x+P-S)] (5.1)
che significa che l’utilità del surplus iniziale x dovrebbe essere uguale all’utilità attesa del
L’impresa di assicurazione 47
surplus che risulta quando S viene assicurato; chiaramente P dipenderà da x, dalla
funzione di utilità e dalla distribuzione di S.
Per calcolare il premio che verrà corrisposto in un determinato istante temporale e per
un particolare valore di x può essere introdotta una nuova funzione u (y)=u(x+y) che
rappresenta l’utilità del guadagno y; la (5.1) diverrà
u (0)=E[u (P-S)]. (5.2)
Nel caso in cui la funzione di utilità sia di tipo esponenziale
u(x)=(1-e-ax)/a, con a>0 (5.3)
la (5.1) avrà la soluzione esplicita
[ ]( )P1a
log E eaS= (5.4)
dove il valore del surplus iniziale non entra nella soluzione. Quest’ultima equazione viene
chiamata Principio esponenziale. Se si considera la f.g.m. di S si ha
P=log(M(a))/a (5.5)
cioè più il premio è grande più grande sarà il parametro a. Per dimostrare ciò si
consideri la funzione P=P(a) per un dato rischio S. Differenziando la (5.5) si ottiene
( )( )( ) ( )P' a
M' a
M aP a / a= −
⎧⎨⎪
⎩⎪
⎫⎬⎪
⎭⎪ ; (5.6)
può essere utilizzato lo sviluppo in serie di Taylor intorno all’origine per vedere che
P’(0)=Var[S]/2 (5.7)
moltiplicando la (5.6) per a2 e derivando ambo i membri
( )( ) ( )( )
( )( )
2
2
a P' a aM'' a
M a
M' a
M a′= −
⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟
⎧
⎨⎪
⎩⎪
⎫
⎬⎪
⎭⎪. (5.8)
L’impresa di assicurazione 48
Per a=0 questa funzione si annulla. É interessante vedere cosa succede al principio
esponenziale per a 0 e a→ →∞. Nel primo caso lo sviluppo di log(M(a)) intorno ad a=0
insieme con la (2.5) dice che il principio esponenziale si approssima al principio di
equivalenza. Per a→∞ si consideri un arbitrario numero δ>0 e sia Δ=1-F(rs-δ) allora
M(a)≥ Δ exp(a(rs-δ)) (5.9)
che significa che
P(a) ≥ rs-δ+log(Δ)/a. (5.10)
Allora ( )P r 0s∞ ≥ − ∀ ≥δ δ, , ma verrà dimostrato che in generale P≤ sr quindi P ( )∞ =rs e
quindi si può concludere dicendo che per a tendente ad infinito il principio esponenziale
si riduce al principio della perdita massima.
3.5.1-Proprietà
I principi di calcolo del premio devono soddisfare delle proprietà:
-Non negatività del caricamento di sicurezza: per ogni rischio S, deve essere P≥E[S].
-Non eccedenza: il premio non dovrebbe eccedere il profitto massimo possibile,
∀ ≤S, P rs .
-Consistenza: per ogni rischio S e per ogni costante c, deve essere H[S+c]=H[S]+c,
cioè se il profitto cresce con una costante additiva questa costante deve essere aggiunta al
premio.
-Iteratività, se S e X sono rischi arbitrari si ha H[S]=H[H[S X]] che significa che il
premio per il rischio S può essere calcolato in due stadi; prima si calcola il premio per S
condizionato a X applicando H alla distribuzione condizionata di S. Questo premio
condizionato è una funzione di X ed è esso stesso una v.c.
Si applica poi H alla distribuzione di H[S X] ottenendo H[H[S X]].
L’impresa di assicurazione 49
-Additività: se S1 e S2 sono rischi indipendenti H[S1+S2]=H[S1]+H[S2], cioè il premio
della somma di rischi sarà uguale alla somma dei premi dei singoli rischi.
Di notevole interesse sono anche altre proprietà come la convessità (Deprez &
Gerber, 1985), la robustezza (Kremer, 1986).
Borch (1962) si occupò della proprietà di additività; sviluppando il secondo membro
della (5.4) pervenne ad un’espressione in termini di cumulanti di S.
Solo il principio esponenziale (dell’utilità zero), il principio del premio netto (di
equivalenza) e il principio della perdita massima soddisfano tutte le proprietà anzidette; le
ultime due sono però di uso limitato in quanto la prima non produce un caricamento di
sicurezza, mentre la seconda ne produce uno di dimensioni eccessive. Pertanto, secondo
Gerber (1979), Goovaerts & Taylor (1987), appare più adatto l’utilizzo del principio
esponenziale o dell’utilità zero, nel quale il coefficiente a, nella teoria della rovina, viene
interpretato come un coefficiente di aggiustamento.. Secondo Goovaerts, De Vylder e
Haezendonck (1984) il principio dell’utilità zero soddisfa sempre la proprietà
dell’invarianza per traslazione lineare, ma è additivo e iterativo se e solo se associato ad
una funzione di utilità esponenziale; Goovaerts & Taylor (1987) dimostrano invece che
condizione necessaria e sufficiente affinchè il principio dell’utilità zero sia indipendente
dalla ricchezza iniziale dell’assicuratore è che la funzione di utilità associata ad esso sia
esponenziale.
3.6-Classificazione dei rischi, credibilità e valutazioni in base all’esperienza
Nella pratica assicurativa i rischi vengono categorizzati e classificati rispetto a
differenti fattori, quali, nel caso di una assicurazione sulla vita, l’età, lo stato di salute,
etc...
L’impresa di assicurazione 50
Si consideri una particolare classificazione e con S si denotino le richieste di
indennizzo di questa classificazione osservate in un dato periodo. Si pone il problema se
il premio per il periodo seguente può essere interamente basato sulle richieste di
indennizzo osservate, ignorando in tal modo l’esperienza delle altre classificazioni. Si
dice che tale categoria di rischi ha credibilità se il premio relativo ad essa può essere
basato solamente sulla sua esperienza.
Per esaminare la credibilità del premio si possono applicare diversi procedimenti
statistico-matematici: si considerino, ad es. una costante k e un livello di probabilità p con
0<k<1 e 0<p<1; una classificazione, secondo Gerber (1979) è detta essere pienamente
credibile se
P{(1-k)E[S]≤S≤ (1+k)E[S]}≥p (6.1)
cioè l’intervallo di S, al livello di probabilità p, ha un’ampiezza più piccola di 2kE[S];
allora, se si utilizzano le richieste di indennizzo osservate per la stima di E[S] e per
calcolare il tasso di premio da applicare, l’errore relativo sarà minore di k100% con una
probabilità di almeno p.
Per implementare tale criterio si assume che la distribuzione di S appartenga ad una
famiglia di distribuzioni note, per cui E[S]=μ e possibilmente non saranno noti gli altri
parametri di questa famiglia. Se la classificazione data non sarà pienamente credibile, si
può utilizzare una media ponderata di S dove i pesi, denotati con z, sono chiamati fattori
di credibilità.
Per il calcolo di z sono state proposti diversi modelli statistici di credibilità parziale
quali l’approccio Bayesiano.
3.6.1-Approccio Bayesiano
L’impresa di assicurazione 51
Si denotino con S1,S2, ... le richieste di indennizzo che pervengono alla compagnia di
assicurazione in anni successivi; per determinare il premio appropriato che copra le
richieste di indennizzo dell’anno n+1, Sn+1, si assuma che le v.c. Si siano indipendenti e
identicamente distribuite con distribuzione normale di parametri (θ,σ1); si assuma anche
che la distribuzione a priori di θ sia normale con parametri (μ,σ2). Si dimostra allora che
anche la distribuzione a posteriori di θ sarà normale con media e varianza rispettivamente
( ) ( )μμσ σσ σ
σσ σ
σ σS n
nSn
nn
, 12
22
12
22
2 12
22
12
22, ,=
+
+=
+
dove S è la media di S1, ... ,Sn. Quest’ultima può essere scritta anche nella forma
zS +(1-z)μ
dove
zn
1/ n222=+σ σ
è il fattore di credibilità. A questa distribuzione condizionata può essere applicato
qualsiasi principio di calcolo del premio. Se ad es., si usa il principio esponenziale con
parametro a si avrà
[ ]H Sa2n 1 1
2+ = +θ θ σ
e il premio, applicando le proprietà di iteratività e consistenza, diverrà
[ ] [ ] [ ]H S H H S Ha2
n 1 n 1 12
+ += ⎡⎣⎢
⎤⎦⎥= + =θ θ σ
( ) ( )= + +μ σ σS,na2
na2
212
Si considerino adesso il numero di richieste che pervengono alla compagnia in anni
L’impresa di assicurazione 52
successivi, N1,N2, ... ; si assuma anche che le v.c Ni siano condizionatamente
identicamente distribuite con comune distribuzione di Poisson di parametro θ; si assuma
anche che la distribuzione a priori di θ sia una distribuzione Gamma con parametri α e λ.
Si dimostra che la distribuzione a posteriori di θ sarà nuovamente una distribuzione
gamma con parametri
~α =α+(N1+ ... +Nn), ~λ =λ+n
allora [ ]E N N ,...,N /n 1 1 n+ = ~ ~α λ che può essere scritta nella forma
zN+(1-z)α/λ
dove z=n/(λ+n).
Purtroppo questo approccio ha delle limitazioni notevoli in quanto si riesce a
determinare μ solo in casi particolari, viene a mancare una specificazione più dettagliata
del modello soprattutto per ciò che concerne lo stato di informazione iniziale e la
distribuzione a priori.
Capitolo IV
Teoria classica o asintotica?
4.1-Impostazione classica o asintotica? ................................................ 69
4.2-Teoria classica ................................................................................ 73
4.3-Teoria collettiva ............................................................................. 76
Capitolo IV
Teoria classica o asintotica?
Il problema della determinazione del rischio relativo al complesso di affari di
un’impresa di assicurazioni ha il duplice scopo di studiare il valore della
probabilità che l’impresa subisca nel futuro delle perdite superiori a determinati
livelli e di fornire delle indicazioni riguardo il valore del pieno di conservazione,
cioè della somma massima che l’impresa può assicurare, relativamente ad una data
forma di assicurazione senza compromettere la propria stabilità. Questo problema è
stato studiato secondo due punti di vista differenti, quello classico detto anche
individuale e che ha condotto alla teoria classica del rischio, e quello collettivo o
asintotico dovuto al Lundberg.
4.1-Impostazione classicaErrore. Il segnalibro non è definito. o asintotica?
Il punto di vista classico, nella sua impostazione iniziale, tiene conto del
portafoglio esistente ad un dato istante e delle corrispondenti riserve matematiche
accumulate e, ricerca la probabilità che detto portafoglio alla sua estinzione abbia
dato luogo ad una perdita superiore ad un determinato livello, che viene di solito
commisurato ad un multiplo dello s.q.m. della v.c. sintetizzante la perdita
complessiva. Invece di seguire il portafoglio fino alla sua estinzione, lo si può
considerare solo per un determinato periodo di tempo, per es. un anno, e ricercare
Teoria classica o asintotica 70
la probabilità che alla fine dell’anno la perdita subita non superi un valore
prefissato.
Lundberg, invece, nella sua impostazione collettiva, considera il complesso
degli affari della Compagnia anche nel futuro, facendo quindi una particolare
ipotesi sul suo andamento, e ricerca la probabilità che la perdita non superi, durante
un periodo di tempo infinito, un certo valore prestabilito, costituito da un fondo di
garanzia iniziale; inoltre, le polizze non sono più considerate singolarmente ma
collettivamente, cioè si pongono a base della teoria le v.c. sintetizzanti la perdita
complessiva della compagnia nei successivi periodi di tempo, che nel caso
continuo saranno infinitesimi; tali v.c. sono supposte indipendenti e con una certa
d.d.p. soddisfacente a certe condizioni e inoltre il tasso di interesse è supposto
nullo.
In ogni caso, neanche la teoria collettiva ha trovato applicazione pratica.
Si assuma infatti che la compagnia debba prendere una decisione riguardo al
caricamento di sicurezza e alla riassicurazione; avrà bisogno di un criterio per
confrontare i risultati delle possibili decisioni.
La teoria collettiva suggerisce che si dovrebbe calcolare la probabilità che la
compagnia non arrivi mai al fallimento, posto che la decisione, una volta presa, non
possa essere cambiata. Si dovrebbe allora prendere la decisione che dia il più alto
valore di questa probabilità di arrivo; ma effettivamente non sembra ragionevole
che la compagnia vorrà prendere le sue decisioni seguendo questo criterio, infatti i
presupposti su cui si basa tale impostazione definiscono uno schema che mal si
adatta alla concreta realtà del fenomeno assicurativo.
Teoria classica o asintotica 71
de Finetti (1939, 1940, 1957), in una importante generalizzazione di tale teoria,
eliminò l’ipotesi del portafoglio costante.
Richiamando il noto problema di de Moivre sulla rovina di un giocatore
d’azzardo in una successione di partite, pervenne allo stesso risultato fondamentale
del Lundberg, dimostrando come tale teoria potesse essere impostata su ipotesi più
generali; inoltre egli dimostrò come la formula del Lundberg rimanga valida anche
considerando le singole polizze purché queste abbiano il medesimo grado di
sicurezza, ciò che può realizzarsi stabilendo per ciascuna polizza un opportuno
caricamento per il rischio. Tale caricamento in prima approssimazione sarà
proporzionale, secondo un dato fattore, al valore medio della v.a. che esprime
l’utile dell’impresa sulla polizza stessa.
La probabilità di fallimento risulterà tanto più piccola quanto più grande
risulterà tale fattore e pertanto quest’ultimo può considerarsi un indice di sicurezza.
La generalizzazione ha tolto così l’impostazione collettiva alla teoria,
conservando ad essa l’aspetto asintotico e ne ha stabilito un legame con la teoria
classica.
Ma la definitiva affermazione della teoria classica si deve all’Ottaviani (1940) il
quale ha dimostrato come l’impostazione asintotica del de Finetti, e quindi anche
quella collettiva del Lundberg, si possano considerare come un caso particolare
della teoria classica, quando alle ipotesi che questa presuppone si aggiungano o si
sostituiscano le ipotesi restrittive considerate nella teoria asintotica.
Dopo aver dedotto lo schema del Lundberg, sotto la forma generale del de
Finetti, dalle considerazioni classiche, mediante l’aggiunta di opportune ipotesi,
Teoria classica o asintotica 72
l’Ottaviani espone le conclusioni, relativamente all’importanza dello schema del
Lundberg, nei riguardi delle applicazioni della teoria del rischio alla pratica.
Ricordando che le ipotesi del de Finetti riguardano:
1) Un tasso di interesse nullo, ossia gli interessi prodotti dal fondo nel quale
vengono accantonati gli utili o le perdite, vengono per ipotesi destinati ad altri
scopi, e non possono successivamente essere destinati nuovamente per coprire
eventuali ammanchi del fondo. Nel “Il problema dei pieni”, de Finetti (1940)
considera pure il caso in cui gli interessi si aggiungono al fondo, limitandosi però
ad un’analisi di natura qualitativa più che quantitativa; la conclusione cui perviene,
secondo l’Ottaviani è incompleta in quanto tale valore verrebbe a dipendere dalla
composizione del portafoglio e dallo stesso valore del fondo e non potrebbe quindi
essere costante;
2) Un periodo di tempo lungo oltre ogni limite;
3) Polizze presentanti lo stesso indice di rischiosità;
4) Dispersione del guadagno complessivo dei primi n anni crescente oltre ogni
limite al divergere di n.
L’Ottaviani osserva che la probabilità di fallimento non dipende praticamente
dal numero degli affari purché questi siano somma di contratti aventi lo stesso
livello di rischiosità, condizione che pone in evidenza la differenza sostanziale tra
la realtà e lo schema di Lundberg, dovuta all’aver supposto il tasso di interesse
uguale a zero, ipotesi questa che toglie importanza alla considerazione del tempo e
del volume di affari.
Nella valutazione della probabilità asintotica richiesta dalla teoria del Lundberg
Teoria classica o asintotica 73
sembra fondamentale la considerazione del fattore finanziario, naturalmente
supponendo che gli interessi prodotti dal fondo vadano ad incrementare il fondo
stesso.
Secondo Ottaviani, un’altra importante critica alla teoria asintotica è che essa
considera la probabilità di fallimento entro un tempo lungo oltre ogni limite,
quando invece nella pratica non si può prescindere dall’osservazione del continuo
cambiamento delle condizioni, sia economiche che demografico-finanziario, nelle
quali viene a trovarsi l’impresa.
4.2-Teoria classica
Si consideri un portafoglio di n contratti assicurativi indipendenti, con premi
P1,P2, ... ,Pn e rischi S1,S2, ... ,Sn. Si può definire il rischio dell’intero portafoglio, S,
dall’equazione 212
22
n2S S S ... S= + + + ; il guadagno della compagnia sarà espresso dalla
v.a. G. Se i premi sono determinati con il principio di equivalenza, il valore atteso
del guadagno sarà evidentemente uguale a zero, E[G]=0. Se n è grande, la v.a G,
sotto certe condizioni, sarà, approssimativamente, distribuita normalmente, con
deviazione standard σ. Se la compagnia possiede un fondo di garanzia F, in
aggiunta ai premi raccolti per i contratti, l’espressione
{ }ασ π σ σ
= <− = −⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
⎡
⎣⎢⎢
⎤
⎦⎥⎥
∫ = −⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟−∞
Pr G F1
2exp
12
xx
F2-F
d Φ
darà la probabilità, detta probabilità di rovina, che la compagnia non sia capace di
adempiere ai propri impegni.
Se il fondo F è così grande da rendere la probabilità di rovina più bassa del
Teoria classica o asintotica 74
livello minimo, la compagnia potrà pagare parte della riserva, come dividendi. Se
invece la riserva è così piccola che la probabilità di rovina eccede il livello
accettabile, la compagnia dovrà ottenere nuovi capitali di garanzia, o dovrà cercare
accordi riassicurativi per ridurre il rischio e tale probabilità di fallimento.
In pratica, i nuovi capitali vengono ottenuti aggiungendo un caricamento ai
premi; se si assume che tale caricamento sia proporzionale al premio puro,
attualmente pagato al premio ε, sarà (1+λ)Pε. Il guadagno atteso sul portafoglio
della compagnia sarà allora E[z]=λp dove P=P1+P2+ .. +Pn. La probabilità di rovina
sarà allora
α= { }Pr G FF P
<− = −+⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟Φ
λσ
.
Nella letteratura attuariale si assume generalmente che il massimo livello
accettabile della probabilità di rovina sia imposto alla compagnia dall’esterno, ad
esempio dalle autorità governative, che lo impongono come condizione di
solvibilità che la compagnia deve rispettare.
La compagnia considererà α come fissato; si assumerà che sia fissato anche il
fondo di garanzia, almeno nel breve periodo. Il problema sarà allora quello di
determinare il caricamento di sicurezza ottimo, λ. Per raggiungere questo scopo,
secondo Borch (1967), si dovranno specificare gli obiettivi della compagnia e le
condizioni a cui si otterranno gli accordi riassicurativi. Il caricamento di sicurezza
λ, potrebbe pure essere considerato come fissato, oppure potrebbe essere
determinato dalla competizione nel mercato o dal controllo governativo. La sola
decisione che la compagnia dovrebbe prendere sarebbe quella di scegliere il
Teoria classica o asintotica 75
miglior accordo riassicurativo; ciò significherebbe però ridurre la teoria del rischio
a una teoria della riassicurazione, come è stato sottolineato da Borch (1962), che si
occupò di riformulare la teoria classica alla luce dei più moderni modelli
economico-finanziari, dei quali ci si occuperà in seguito.
Il fondamento dell’attività assicurativa sta nella legge dei grandi numeri, ma
comunque il numero di contratti nel portafoglio di una compagnia non è
generalmente grande abbastanza e non si può applicare la legge e ignorare le
deviazioni dai valori attesi.
La teoria del rischio fu sviluppata per analizzare queste deviazioni; la teoria
classica si basa sull’applicazione del teorema del limite centrale, e assume che tali
deviazioni siano distribuite normalmente. Sembra comunque, secondo Borch
(1967), che il numero di contratti sia generalmente troppo piccolo per giustificare
tale assunzione, come è stato sottolineato anche da un gran numero di attuari tra i
quali Cramer nel 1930, secondo cui questa è la principale ragione dei limiti di
applicazione di questa teoria in pratica. Secondo Borch, la critica di Cramer
certamente contiene una buona dose di verità ma vi sono anche altre spiegazioni;
sembra, infatti, che l’ammontare di calcoli richiesti per applicare tale teoria sia
eccessivo e limitativo; oggi con l’avvento dei computer, e l’utilizzo di determinati
metodi di approssimazione, è invece possibile applicare tale teoria anche in pratica.
Alle compagnie di assicurazione viene richiesto di calcolare le loro riserve, e i
valori attesi degli indennizzi da pagare per i contratti posseduti alla fine del periodo
in considerazione. Non sarebbe possibile aggiungere ulteriori calcoli e prevedere
una stima della probabilità che i pagamenti globali degli indennizzi modifichino
Teoria classica o asintotica 76
l’equilibrio della compagnia; l’utilità pratica di una stima di questo genere sembra
all’autore inutile, e, sebbene ottenuta con larga approssimazione, non può dare una
descrizione completa della situazione della compagnia.
La probabilità di rovina ci dà la probabilità che la compagnia non sia capace di
mantenere fede ai propri impegni sui contratti che possiede in un determinato
periodo di tempo, ma è pur sempre una misura statica; prima che questi contratti si
siano estinti è chiaro che la compagnia ne avrà sottoscritto di nuovi, e questo
potrebbe sostanzialmente cambiare la capacità della compagnia di liquidare gli
indennizzi dei contratti nel portafoglio originale.
Queste considerazioni portano alla conclusione che è necessaria l’introduzione
di una teoria del rischio dinamica, quale quella collettiva sviluppata dal Lundberg.
4.3-Teoria collettiva
Lundberg considera un modello consistente di tre elementi:
-un flusso di premi, P(t) uguale al valore totale dei premi ricevuti nel periodo
(0,t);
-q(n,t), che è la probabilità che arrivino n richieste di indennizzo in tale periodo;
-la distribuzione di probabilità dei singoli indennizzi, G(x), che è la probabilità
che se si presenta una richiesta di indennizzo, l’ammontare da pagare non ecceda x.
Lundberg lavorò con l’assunzione di stazionarietà e indipendenza dal tempo che
porta al processo di Poisson.
( )q(n,t) e
tn!
t
n
= −αα
.
La distribuzione degli indennizzi diventa allora un processo di Poisson composto
Teoria classica o asintotica 77
( ) ( ) ( )F(x,t) tetn! G x
n
n 0
n= − ∑=
∞α α
.
Il valore atteso del pagamento degli indennizzi, xt, nel periodo (0,t) sarà allora
[ ]E x x F(x,t) txt0
= =∫∞
d α
dove
x x G(x)0
=∫∞
d .
È conveniente scegliere un unità di tempo tale che
E{xt}=t
Sarà chiaramente sempre possibile fare delle trasformazioni della scala temporale,
cosicché i pagamenti attesi di indennizzi in ogni periodo saranno uguali alla
lunghezza del periodo. Ciò significa che l’assunzione di stazionarietà che porta al
processo di Poisson, non sarà necessaria se si lavora con questo “tempo operativo”
trasformato, che è il più ingegnoso concetto esposto dal Lundberg, ma che sembra
anche essere stato il principale ostacolo all’applicazione pratica di questa teoria.
Il principio di equivalenza implica che il premio puro ricevuto dalla compagnia
durante il periodo di lunghezza t deve essere uguale a t, il valore atteso del
pagamento degli indennizzi durante tale periodo. Se c’è un caricamento λ,
l’ammontare del premio ricevuto dalla compagnia durante il periodo dovrà essere
P(t)=(1+λ)t. Si assuma adesso che la compagnia abbia un capitale iniziale S0. Al
tempo t il capitale sarà allora St=S0+(1+λ)t-xt. Ciò significa che l’andamento del
flusso di capitale della compagnia, cioè un incremento o un decremento, è descritto
da un processo stocastico con incrementi indipendenti.
Se il capitale St sarà negativo al tempo t, la compagnia sarà insolvente o
rovinata. Si potrà allora considerare
Teoria classica o asintotica 78
{ }Pr min S 0t≥
per t appartenete ad un opportuno sottoinsieme della retta reale positiva. Se si
sceglierà un sottoinsieme consistente di un singolo punto si ritornerà alla teoria
classica. L’assicuratore potrebbe suggerire la scelta di un sottoinsieme consistente
di una successione t1,t2, ... ,tn corrispondente agli n prossimi periodi e sarà
interessato alla probabilità che la compagnia sia solvibile in tutti questi periodi,
presumibilmente prendendo provvedimenti se questa probabilità scendesse al di
sotto del livello minimo accettabile.
Capitolo V
La distribuzione degli indennizzi
5.1-Il numero di indennizzi .................................................................. 80
5.2-Totale complessivo di indennizzi ................................................... 86
Capitolo V
La distribuzione degli indennizzi
Nell’esame del nostro problema è fondamentale trovare un modello che
descriva l’andamento degli indennizzi globali, cioè gli arrivi di richieste di
indennizzo ad una compagnia di assicurazioni entro un determinato periodo di
tempo. Se x è una v.c. esprimente gli indennizzi in uscita in un dato periodo di
tempo, si può scrivere
{ } ( )P X x F x , 0<x<≤ = ∞ e il problema è quello di determinare F(x).
Si può considerare il numero delle richieste di indennizzo e assumere, che la
distribuzione di probabilità della grandezza del singolo indennizzo sia indipendente
dal numero di indennizzi che si presentano alla compagnia.
L’arrivo di un indennizzo globale è costituito da due eventi indipendenti: il
numero di indennizzi singoli, e il suo ammontare.
5.1-Il numero di indennizzi
Il comportamento della v.a. numero di indennizzi N può essere descritto in
termini della sua distribuzione di probabilità, che è determinata dalle probabilità
pn=Prob{N=n} (N=0,1,2,...)
che esattamente n indennizzi si presentino in un dato periodo di tempo.
Nel seguito, si svilupperà un modello per la v.a. numero di indennizzi e per
La distribuzione degli indennizzi 81
l’ammontare degli indennizzi globali per il modello di rischio collettivo.
Se si assume che ogni indennizzo si presenti indipendentemente da ciascun altro
allora il numero di indennizzi in un dato periodo si distribuirà secondo un processo
stocastico di Poisson.
Si consideri il numero cumulato di indennizzi N(t), che si presentano
nell’intervallo di tempo (0,t), come funzione del tempo t; N(t) sarà pertanto un
processo stocastico, che soddisferà le seguenti condizioni:
-Il numero di indennizzi che si presentano in due intervalli di tempo disgiunti
sono indipendenti.
-Lo stesso evento assicurato non può generare più di un indennizzo.
-La probabilità che si presenti un indennizzo in un determinato istante di tempo
è uguale a zero o, equivalentemente, il numero atteso di indennizzi n(t)=E[N(t)] è
una funzione continua di t.
Se N(t) è una variabile di Poisson, allora le probabilità corrispondenti ai diversi
valori di N saranno ottenute dalla
n
n
p e n!= −λ
λ con Prob {N=n}=pn.
La seconda condizione riguardante l’esclusione di indennizzi multipli non
sempre è soddisfatta in quanto, è possibile, in alcuni rami assicurativi, il presentarsi
di più di un indennizzo generato dallo stesso evento assicurato; un conveniente
modo di risolvere il problema è quello di considerare tutti gli indennizzi generati
dallo stesso evento come facenti parte di un indennizzo singolo.
Per quanto riguarda la condizione di indipendenza, è solo approssimativamente
soddisfatta in pratica, in quanto esistono fattori, in genere condizioni atmosferiche
La distribuzione degli indennizzi 82
ed economiche, che potrebbero causare la correlazione degli indennizzi in
differenti sottoperiodi. Ma la presenza di tali fattori non implica la non applicabilità
del modello, in quanto la loro influenza può essere quantificata introducendo una
v.a. ausiliaria, o un processo ausiliario, che controlli i cambiamenti della
propensione al rischio, pervenendo in questo modo alle cosiddette distribuzioni di
Poisson miste.
Un modello alternativo è stato proposta da Seal (1949), dove λ è funzione del
tempo t, piuttosto che essere una costante: la legge di Poisson è ancora applicabile
e assume la forma
( ) ( )( )
n 0
r 0
r n
p t exp dd
n! n =0,1,2, ....= −∫
⎡
⎣⎢⎢
⎤
⎦⎥⎥
∫⎡
⎣⎢
⎤
⎦⎥
λ σ σλ σ σ
(5.2.Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.) Se si effettua una trasformazione del tempo tale che
( )t d0
r=∫ λ σ σ
la (5.2.1) diviene
( )nt
n
p t etn!
n =0,1,2, ....= −
che dipende dal solo parametro t, numero atteso di indennizzi durante l’intervallo
di tempo considerato.
Questa trasformazione introdotta dal Lundberg nel 1903, secondo Seal (1969), è
un metodo potente nella previsione della distribuzione di X e sostituisce a una
conoscenza dettagliata della struttura e della previsione di un portafoglio di
contratti di rischi una stima del numero atteso di indennizzi durante il periodo
futuro considerato. Infatti si possono sostituire le affermazioni probabilistiche
La distribuzione degli indennizzi 83
relativamente ad un determinato periodo di tempo futuro con asserzioni circa gli
indennizzi globali nel periodo durante il quale si prevede che il numero atteso di
indennizzi sarà t.
In ogni caso, secondo Seal (1969), le assunzioni del processo di Poisson
impongono certe costrizioni al modello; per esempio la stazionarietà implica che
l’ampiezza del portafoglio non possa aumentare o diminuire e pochi manager
potrebbero credere in un modello che non permette loro di far aumentare i propri
affari. Ci si può pertanto riferire a questa situazione come fluttuazioni della
ampiezza del portafoglio, e questo fenomeno verrà chiamato fluttuazione di rischio.
Quando la variazione dell’intensità dell’indennizzo è casuale può essere
interpretata come una modifica del parametro di Poisson λ; tale variazione potrà
essere descritta da un fattore moltiplicativo Θ tale che E[Θ]=1.
La variabile Θ (Θ>0) è chiamata variabile mista e la corrispondente v.a. numero
di indennizzi N è una variabile di Poisson mista. La f.r. della variabile mista, f.r.
mista, sarà denotata con
U(θ)=Prob{Θ≤θ}.
Sia N una v.a. di Poisson mista e θ la corrispondente variabile mista. Allora, per
definizione, la distribuzione condizionata F(⋅ Θ =θ) è distribuita secondo una
Poisson(λθ) per ogni valore θ della variabile mista Θ.
Le probabilità pn del numero N di indennizzi, secondo Haight (Seal,1969)
saranno date da
( )( )
n
n
p e n!U= ∫ −
∞λθ
λθθd
0
La distribuzione degli indennizzi 84
che è pertanto un processo di Poisson misto, che viene considerato quando si
prendono in considerazione le fluttuazioni di rischio a breve termine, e dove, in
Ammeter, Buhlmann (Daykin, Pentikainen e Pesones, 1994) Embrechts &
Kluppelberg (1993), θ è detta struttura variabile e la sua f.r. struttura della
distribuzione. Secondo Daykin, Pentikainen e Pesones (1994) non vi è la necessità
di specificare le cause dei fenomeni misti. I fattori di influenza potrebbero essere
ciclici, o variazioni di breve termine o una combinazione di entrambi.
Lundberg nel 1940 (Seal, 1969) dimostrò che condizione necessaria e
sufficiente affinchè pn abbia una distribuzione di Poisson mista è che la probabilità
condizionata che m eventi si presentino durante il periodo (o,τ), dato che n≥m
eventi si presentano nell’intervallo di tempo (o,t), dove t>τ, è
n
m
m n m
t1
t⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ −
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
−τ τ.
La scelta della f.r. mista deve essere basata sull’esperienza, o sulla previsione,
relativa all’ambiente in considerazione. Esistono tre tecniche comunemente
utilizzate per introdurre gli effetti misti:
-La f.r. U viene epressa in forma analitica, per mezzo di una distribuzione
gamma o di una distribuzione binomiale negativa; questo metodo viene utilizzato
quando le informazioni riguardanti i fenomeni misti sono scarse o quando ne viene
data una stima mediante l’intervallo di variazione e risulta appropriato se si ha
esperienza di situazioni simili a quelle che si stanno analizzando per valutare gli
effetti misti.
-La f.r. U viene data in forma tabulare dividendo in intervalli l’intervallo di
La distribuzione degli indennizzi 85
variazione di θ; è un metodo preferibile quando si ha a disposizione una gran
quantità di dati statistici.
-Non viene specificata la formula esatta della f.r. U, ma solo le sue principali
caratteristiche, quali la deviazione standard e l’asimmetra, mediante il metodo dei
momenti.
La distribuzione Gamma(r,a) è spesso usata come distribuzione della variabile
mista θ. La sua f.d.è
f(x)(r) e x (x 0)
rx r 1= ≥− −
aa
Γ
dove r e a sono costanti positive e
Γ(r) e u uu r 1
0=∫ − −
∞
d
è la funzione gamma di Eulero; il suo valor medio è r/a, e quando viene utilizzato
per variabili miste dovrebbe essere uguale a 1, i parametri r e a dovrebbero essere
uguali. Allora, se r=a=h, la f.r. della variabile mista θ sarà una distribuzione
Gamma(h,h)
U( )1(h) e z zz
0
hh 1θ
θ
= ∫ − −
Γd .
Per h tendente ad infinito la distribuzione di Poisson mista si approssima alla
distribuzione di Poisson semplice.
Uno svantaggio della distribuzione di Poisson per pn è che la varianza del
numero di indennizzi nell’intervallo (0,t] è uguale al numero atteso di indennizzi.
In pratica la varianza ha frequentemente valori più elevati rispetto alla media e per
eliminare questo inconveniente Ammeter (Seal, 1969) ha suggerito l’utilizzo di
una distribuzione a due parametri, come ad es. la binomiale negativa. Si dimostra
La distribuzione degli indennizzi 86
adesso che una distribuzione di Poisson mista con la variabile mista distribuita
secondo una Gamma(h,h) dà una distribuzione di Polya, derivata da Polya e
Eggenberger, nel 1923, dai modelli di contaminazione (Daykin, Pentikainen e
Pesones, 1994):
n0
n n h( h)
0
h n 1p e n!U( )
h(h)n! e q=∫ = ∫ =−
∞− +
∞+ −λθ λ θ
λθθ
λθd d
Γ
( )
= ∫+
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
+=−
∞+ −n h
z
0
h n 1h
(h) ez
hzh
λλ λΓ
d
=+
+=
++
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ −
+
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ =+
n h
h n
h nh
(h)n!(h n)
( h)
(h n)(h)n!
hh
1h
hλ
λ λΓΓ Γ
Γl
( )=⎛⎝⎜
⎞⎠⎟ −
+ −h n 1
n
h np 1 p dove p=h/(λ+h).
Cresswell & Froggatt, Coppini & Ciang (Seal, 1969) dimostrano che le
distribuzioni di Poisson miste possono essere applicate anche nella situazione in
cui si verifichi un cambiamento della propensione al rischio di unità singole di
rischio nel portafoglio assicurato (cap.II, pg.23); ad esempio per trovare la f.r. del
numero di indennizzi generato dalla stessa polizza. Si assume che ciascuna unità di
rischio ε abbia intensità di frequenza λε=λθε, che è il numero atteso di indennizzi
per questa unità, dove λ è un valore medio e il coefficiente θi indica la deviazione
standard tra le unità e il valor medio λ; in questo caso la f.r. U descriverà la
variazione dei valori θi e caratterizzerà la distribuzione del rischio all’interno del
portafoglio stesso.
5.2-Totale complessivo di indennizzi
Si consideri la situazione in cui il totale complessivo degli indennizzi può
La distribuzione degli indennizzi 87
variare. Il totale degli indennizzi è la somma che l’assicuratore dovrà pagare al
verificarsi dell’evento assicurato. La somma dei singoli indennizzi costituisce
l’indennizzo globale. Si costruirà un modello dove verranno prese in
considerazione sia il numero di indennizzi che la grandezza di ciascun singolo
indennizzo.
Si consideri per adesso solo l’indennizzo totale; sia N la v.a. numero di
indennizzi per un portafoglio in un certo periodo di tempo, ad esempio un anno.
L’indennizzo totale durante questo periodo di tempo sarà
X Zii 1
N
=∑=
dove Zi è la grandezza dell’imo indennizzo che si presenta durante tale periodo di
tempo; se non si presenta nessun indennizzo allora sarà N=0 e X=0. Assumendo
che la grandezza del singolo indennizzo Zi sia indipendente dalla v.a. N, la f.r. di X
sarà
F(x)=Prob{X≤x}= nn 0
ii 1
N
p Prob Z x=
∞
=∑ ⋅ ∑ ≤
⎧⎨⎩
⎫⎬⎭
dove pn=Prob{N=n} è la probabilità che si presentino esattamente n indennizzi.
Se invece si assume che, oltre ad essere indipendenti dal numero di indennizzi
N, le v.a Xi siano anche mutualmente indipendenti ed identicamente distribuite,
ciascuna avente la stessa f.r. S,
S(X)=Prob{Zi≤z}
la variabile X soddisfacente a queste condizioni, sarà chiamata variabile composta,
e la sua distribuzione distribuzione composta. Quando la v.a. numero di indennizzi
N sarà una variabile di Poisson (mista), la distribuzione di X sarà una Poisson
composta (mista), se invece N avrà una distribuzione di Polya la distribuzione di X
La distribuzione degli indennizzi 88
sarà una Polya composta.
L’indipendenza reciproca della v.a. grandezza dell’indennizzo Zi e la v.a.
numero di indennizzi N significa che la probabilità che un singolo indennizzo
abbia una particolare grandezza non è influenzata dal numero di indennizzi che si
sono presentati e neanche dalla grandezza degli altri indennizzi. Di coseguenza la
f.r. F della variabile composta X sarà completamente determinata dalla
distribuzione del numero di indennizzi e dalla f.r. S della grandezza
dell’indennizzo.
Riepilogando, sia Z1,Z2,... una successione di v.c. indipendenti ed identicamente
distribuite aventi comune f.r. F(x) con F(0)=0, valore medio μ e varianza σ2 ed
indipendenti dal processo Nt; quest’ultimo denota il numero degli indennizzi che
pervengono nell’intervallo di tempo (o,t] mentre Zi denota l’ammontare o
grandezza dell’imo indennizzo. Allora si può definire il processo di rischio
individuale ( ){ }S tt 0>
dato da Xt=Z1+Z2+ ...+ZN(t) ,t>0 dove Xt=0 se N(t)=0, che
denota la somma degli indennizzi globali nell’intervallo (0,t], ed è chiamato anche
processo degli indennizzi globali; N(t) è un processo di Poisson con parametro
λ>0; X(t) è un processo di Poisson composto, specificato dal parametro λ, numero
atteso di indennizzi per unità di tempo, e dalla f.r. del loro ammontare. Più
precisamente, per la variabile composta X, sarà
F(x) p S (x)nn 0
n= ∑=
∞∗
dove
( )ni
i 1
n
S x Prob Z x∗
== ≤∑
⎧⎨⎩
⎫⎬⎭
La distribuzione degli indennizzi 89
è l’nma convoluzione della f.r. S valutata nel punto x. In particolare
0S (x)0 se x 0
1 se x 0
∗ =
<
≥
⎧
⎨⎪
⎩⎪
e pn è la probabilità di avere un numero n richieste di indennizzo nell’intervallo di
tempo (0,t], data da
( ) ( )n
r
n
p t etn!
n=0,1,2, ....= −λλ
(5.2.Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.) che è una distribuzione di Poisson con media e varianza λt.
L’assunzione che gli indennizzi globali seguono un processo di Poisson
composto significa, secondo Gerber (1979), che in ogni intervallo di tempo (t,t+dt]
si avrà o nessun indennizzo, con probabilità di verificarsi 1-λdt, o esattamente un
indennizzo, con probabilità λdt. In quest’ultimo caso il totale degli indennizzi è
una v.c. indipendente da ogni altra e si distribuisce come F(x).
Nella pratica assicurativa, secondo Daykin, Pentikainen e Pesones (1994)
quando viene applicato il modello composto, il portafoglio di polizze dovrebbe
essere suddiviso in sezioni, a seconda del tipo di rischi assicurati, in modo tale da
trattare ciascuna sezione separatamente. Allora l’assunzione di esistenza della f.r.
della grandezza dell’indennizzo S per ciascuna sezione, che rappresenta
soddisfacentemente la distribuzione della grandezza attuale dell’indennizzo
all’interno del portafoglio, è correntemente applicata in pratica, almeno per periodi
medi di tempo, non tenendo in considerazione comunque gli effetti di svalutazioni
monetarie.
Seguendo l’impostazione di Dufresne & Gerber (1993), si considererà una
La distribuzione degli indennizzi 90
famiglia di processi dove le richieste totali di indennizzo sono infinite in ciascun
intervallo di tempo, il quale dopo una standardizzazione, dipenderà dal solo
parametro 0<b<1; se, invece, sarà b>1 si ritroverà un processo di Poisson
composto.
Il nostro processo di rischio ( ){ }S tt 0>
deve essere tale che il numero di arrivi di
richieste di indennizzo più grandi di x costituirà un processo di Poisson con
parametro ( )q y dyx
∞
∫ dove q(x)=axα-1e-bx con x>0 e a>0 b>0 α>1. I primi due
momenti saranno:
( )[ ] ( ) ( )E S t t xq x dx t
1
b
01
= ∫ =+∞
+a
Γ αα
(5.3.1)
( )[ ] ( )( )
Var S t t x q x dx t2
b 2
02
= ∫ =+∞
+a
Γ αα
(5.3.2)
introducendo un’appropriata unità di tempo, si otterrà il processo standardizzato,
per cui
E[S(t)]=t e Var[S(t)]=t (5.3.3)
dalla (5.3.1) e (5.3.2) segue che
( )α = −b 1 , =
b
b
b
aΓ
(5.3.4)
e si ottiene una famiglia di processi a un parametro data da
( ) ( )q x
b
bx e
bb 2 bx= − −
Γ . (5.3.5)
Il terzo momento centrale di ( ){ }S tt 0>
sarà
( )t x q x dx tb 1b
3
0
∞
∫ =+
(5.3.6)
una funzione decrescente di b. La f.g.c. di ( ){ }S tt 0>
è
( )[ ] ( ) ( )lnE e t e 1 q x dxrS t rx
0= −∫
∞
(5.3.7)
che esiste per r<b; si trova anche che
La distribuzione degli indennizzi 91
tb
b 1
bb r 1 se b>1
b 1
− −
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ −
⎧
⎨⎪
⎩⎪
⎫
⎬⎪
⎭⎪
−
(5.3.8)
( )− −t ln 1 r se b=1 (5.3.9)
tb
b 11
b rb se 0< b<1
1 b
−−
−⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
⎧
⎨⎪
⎩⎪
⎫
⎬⎪
⎭⎪
−
. (5.3.10)
Allora per b>1 il processo degli indennizzi globali sarà un processo di Poisson
composto con parametro di Poisson b/(b-1) e distribuzione dell’ammontare degli
indennizzi gamma, con parametro b-1 e parametro di scala b; per b tendente ad
infinito la prima espressione tenderà a t(er-1) ed ( ){ }S tt 0>
diventerà un processo
con parametro 1. Per b=1 ( ){ }S tt 0>
sarà un processo gamma standardizzato. Per
0<b<1 si avrà un processo gaussiano inverso, con b=1/2:
ln E[e rS(t)]=t(1-(1-2r)1/2) (5.3.11)
con f.d.
( )( )
f x,tt
2x exp
x t2x
3/2
2
= −−⎛
⎝
⎜⎜
⎞
⎠
⎟⎟
−
π . (5.3.12)
Dufresne (1991) ha dimostrato che ( ){ }S tt 0>
può essere espresso in termini di una
distribuzione stabile con indice 1-b.
Secondo Daykin, Pantikainen e Pesones (1994), è necessario trovare una
esplicita espressione analitica della f.r. S della v.a. grandezza dell’indennizzo.
Press, Hogg & Klugman (Daykin, Pantikainen e Pesones, 1994) illustrano
diversi modelli per tale f.r.:
-Distribuzione gamma-shifted (trasformata), definita come S(Z)=G(Z-d), Z>d,
La distribuzione degli indennizzi 92
dove G è una f.r. Gamma(r,a). La f..r. S ha tre parametri, a, r, d ed è per questo
chiamata anche distribuzione gaamma a tre parametri.
-Distribuzione lognormale: per definizione la v.a. grandezza dell’indennizzo Z è
log-normalmente distribuita se e solo se è della forma
Z=d+eY
dove Y=Yμ,σ è una v.a. distribuita normalmente con valor medio μ e deviazione
standard σ, e d è il punto iniziale della v.a. Z. Risolvendo
Y=ln(Z-d)
allora
S(Z)=N((ln(Z-d)-μ/σ)
e la rispettiva f.d. sarà
f(Z)1
s(Z d) 2exp
12
(ln(Z d) ) , Z d2
2=
−− − −
⎡
⎣⎢
⎤
⎦⎥ >
π σμ .
-Distribuzione di Pareto: è un modello particolarmente appropriato quando una
gran quantità di indennizzi pervengono alla compagnia esponenzialmente. É
definita dalla formula
( )S(Z) 1DZ
, Z D= −++
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟ ≥
ββ
α
con α>0 e β>-D.
-Distribuzione troncata: particolarmente utilizzata quando gli indennizzi
eccedono il limite di ritenzione e vengono ceduti in riassicurazione.
Capitolo VI
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali
6.1-La scelta della distribuzione: il modello individuale
contro il modello collettivo ........................................................... 95
6.2-Limiti per la distribuzione degli indennizzi globali ....................... 98
6.3-Approssimazione numerica della distribuzione
degli indennizzi globali............................................................... 100
Capitolo VI
Approssimazione della distribuzione degli
indennizzi globali
Si è già messo in evidenza come storicamente la teoria del rischio nasca con il
modello individuale, o classico, per poi svilupparsi con quello collettivo e
nonostante in effetti le due teorie oggi non siano più mutuamente esclusive il
modello collettivo viene riconosciuto come il più soddisfacente in pratica e il più
comunemente applicato. L’approssimazione del modello di rischio individuale con
il modello (collettivo) di Poisson composto gioca un ruolo importante nella teoria
del rischio, in quanto gli attuari, data l’enorme quantità di calcoli necessari per
applicare il modello individuale, spesso utilizzano o metodi di calcolo approssimati
o sostituiscono il modello individuale con quello collettivo in cui la distribuzione
degli indennizzi globali può essere più facilmente calcolata, ad esempio con la
formula recursiva di Panjer.
Ovviamente questo tipo di approssimazione genera inevitabilmente degli errori;
esiste una vasta letteratura che si occupa della ricerca del limite superiore ed
inferiore per l’errore causato da tale approssimazione: tra gli altri, Gerber (1984),
Hipp (1985, 1986), De Pril & Dhaene (1992), Kuon, Radke e Reich (1993).
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 95
6.1-La scelta della distribuzione: il modello individuale contro il modello
collettivo
Il rischio collettivo è costituito da unità di rischio individuali: il modello
individuale del processo di rischio è basato sulla considerazione di queste unità
come entità separate; la probabilità che si presentino in un periodo di tempo uno o
più indennizzi è determinata per ciascuna unità, così come lo è la grandezza
dell’indennizzo. La v.a. numero di indennizzi del rischio collettivo è allora ottenuta
come somma delle v.a. numero di indennizzi delle unità di rischio individuale e,
corrispondentemente, il totale degli indennizzi globali è la somma dei totali di
indennizzi globali delle singole unità di rischio.
Nel modello collettivo, invece, viene preso in considerazione solo il numero
totale di indennizzi senza nessuna considerazione verso i singoli rischi, pervenendo
comunque agli stessi risultati.
Bowers (Kuon, Radke e Reich, 1993) definisce il modello individuale di rischio
con la v.a. Sind= ii 1
n
X=∑ , dove la v.a. Xi, con 1≤ i≤n, n∈N , denota il totale dell’imo
singolo indennizzo; il modello collettivo viene definito con la v.a. Scoll= ii 1
nZ
=∑ ,
i∈N , Scoll=0 se N=0, che denota invece l’indennizzo globale.
Seguendo l’impostazione di Gerber (1979), nel modello individuale sono
considerate n polizze numerate da 1 a n; pi è la probabilità che la polizza i produca
nessuna richiesta di indennizzo entro un anno, e qi, invece, la probabilità che tale
polizza produca esattamente un indennizzo; la possibilità che la stessa polizza
produca due o più richieste è esclusa, essendo pi+qi=1. Questa assunzione è
particolarmente realistica in un’assicurazione-vita, dove qi può essere visto anche
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 96
come il tasso di mortalità in un anno del possessore della polizza i.
Si introduce una successione di v.a. indicatrici di evento. D1, ... Dn, dove Di =1
se la polizza i produce un indennizzo, altrimenti è uguale a zero.
Sia Ci l’indennizzo totale della polizza i e sia P(.) la f.r. di Ci. Allora Pi(.) sarà la
f.r. condizionata dell’indennizzo della polizza i, dato che questa produce almeno un
indennizzo. Allora
Sind=D1C1+ ... +DnCn (1.1)
è la somma globale degli indennizzi di un portafoglio di n polizze. Per stimare F,
f.r. di Sind, si assume che le n polizze siano mutuamente indipendenti;
matematicamente ciò significa che saranno indipendenti le 2n v.c.
D1,...,Dn,C1,...,Cn. Allora
Fi(x)=piI(x)+qiPi(x) (1.2)
è la f.r. di DiCi, indennizzo della polizza i (dove I(x)=0 per x<0 e I(x)=1 per x>0), e
F=F1* ...*Fn. È possibile ottenere i momenti di Sind senza calcolare F prima, per
esempio,
[ ] [ ]E S q E Cindi
i 1
n
i=∑=
(1.3)
e
Var[DiCi]=E[Var{DiCi|Di]]+Var[E[DiCi|Di]]=
=qiVar[Ci]+piqi(E[Ci])2. (1.4)
É da notare che nel caso in cui i è una polizza di assicurazione-vita con un totale di
rischio zi la v.c. Ci è degenere ed è uguale alla costante zi; allora E[Ci]=zi e
Var[Ci]=0.
Il modello collettivo non prende in considerazione singole polizze, il portafoglio
è considerato come una massa di polizze anonime. Si assume che gli indennizzi
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 97
globali in un anno, Scoll, costituiscano una somma di v.c. Il modello collettivo ha
una distribuzione di Poisson composta con parametro di Poisson λ, che denota il
numero atteso di richieste per anno, e f.r. del totale dei singoli indennizzi P(x). Sia
kx P(x)∫ d il kmo momento del totale del singolo indennizzo. Sarà
E[Scoll]=λp1 , Var[Scoll]=λp2. (1.5)
De Pril & Dhaene (1992) esaminano l’errore causato dall’approssimazione del
modello individuale con quello collettivo, ne derivano un limite superiore ed
inferiore, applicando tale analisi ad approssimazioni con diversi parametri di
Poisson, si occupano del livello qualitativo di tali limiti che confrontano con i
risultati ottenuti da Hipp.
Nel modello individuale la f.r. Find degli indennizzi totali del portafoglio è
ottenuta per convoluzione delle n distribuzioni (1.2) Find=i 1
n
iF=∗ .
Si supponga di voler approssimare il modello individuale con il modello di
Poisson composto; ciò può essere fatto sostituendo ciascuna distribuzione Fi(x) con
la distribuzione di Poisson composta Pi, avente parametro di Poisson λi>0 e
distribuzione totale Qi
i in 0
in
inP e n! Q= −∑
=
∞∗λ λ
(1.6)
dove per convenzione i0Q I∗ = . La qualità della risultante approssimazione
dipenderà dalla scelta di λi e Qi..
Considerando le convoluzioni della distribuzione di Poisson composta si ottiene
una approssimazione Fcoll per la distribuzione Find degli indennizzi globali nel
portafoglio
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 98
coll
i 1
n
in 0
nnF P e n! G=∗ =∑
=
−
=
∞∗λ
λ (1.7)
che è di nuovo una distribuzione di Poisson composta con parametro di Poisson
λ λ=∑=
ii 1
n
e distribuzione totale
G1
Gii 1
n
i= ∑=λ λ .
Nel seguito, seguendo l’impostazione di De Pril & Dhaene (1992), il modello
individuale verrà confrontato con l’approssimazione del modello di Poisson
composto specificando diversi valori del parametro λi; questo permetterà di trovare
l’errore, limitato superiormente ed inferiormente, che emerge calcolando la
funzione di distribuzione degli indennizzi globali.
6.2-Limiti per la distribuzione degli indennizzi globali
Lemma 1: Siano F, G, H funzioni di distribuzione e si assuma che esistano due
costanti a e b tali che ∀s a≤F(s)-G(s)≤ b, allora ∀s si ha
a≤F*H(s)-G*H(s)≤ b. (2.1) Lemma 2: Siano F1,F2,...,Fn e G1,G2,...Gn funzioni di distribuzione che
soddisfano ∀s alla ai≤Fi(S)-Gi(s) ≤ bi, con i=1,2,...,n. Allora ∀s sarà
i
n
i 1
n
ii 1
n
i ii 1
n
F (s) G (s)a bi= = = =∑ ≤ ∗ − ∗ ≤∑
1. (2.2)
Teorema 1
( ) ( )∀ −∑ ≤ − ≤ − + −⎡⎣⎢
⎤⎦⎥
∑−
=
−− − +
=s si ha p e F (s) F (s) p e q ei
ii 1
nind coll
ii
i ii
i 1
nλ λ λλ (2.3)
Dim: In base al lemma 2, è sufficiente dimostrare il teorema per n=1, in modo
da omettere l’indice i. Se s<0, allora Find=Fcoll=0 e la (2.3) è soddisfatta, infatti
p-e−λ+(q-λe−λ)+≥1-e−λ-λe−λ≥0 (2.4) se s≥0, si ha
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 99
Find(s)-Fcoll(s)=p-e−λ+(q-λe−λ)G(s)- −
=
∞∗∑ λ
λe n! G (s)
n 2
nn ≥p-e−λ+(q-λe-l)+ (2.5)
essendo G*n(s)≤G(s), si ha anche
Find(s)-Fcoll(s)≥p-e−λ+(q-1+e−λ)G(s)≥p-e−λ+(e−λ-p)-=(p-e−λ)- (2.6)
che dimostra il teorema.
Si noti che Fcoll≤Find se λi≥ -ln pi per i=1,2,..n; inoltre se qi≥λie-λi il limite
inferiore può essere semplificato usando la disuguaglianza
pi-e-λi+(qi-λie-λi)+<λi2/2. (2.7)
Pertanto il limite dell’errore sarà specificato dalla scelta dei valori di λi.
L’assunzione più comune, secondo Gerber (1979), è λi=qi, cioè il parametro di
Poisson deve essere scelto in modo tale che il numero atteso di indennizzi sia
identico in entrambi i modelli. Essendo e-λi>1-λi=pi e qi>λie-λi si ha dalla (2.3) che
∀s ( ) ( ) ( )[ ]− ∑ < −∑ ≤ − ≤ − +∑ < ∑=
−
=
−
= =
12
q p e F (s) F s 1 1 q e12
qi2
i 1
n
iq
i 1
nind coll
iq
i 1
n
i2
i 1
ni i .
In alternativa, Hipp (1985) pone λi=-ln pi. Sotto questa assunzione, è uguale in
entrambi i modelli la probabilità di avere nessun indennizzo. Essendo
qi=1-e-λi>λie-λi
si avrà
( ) ( ) ( )0 F (s) F s q p ln p12
ln pind colli i i
i 1
n
i
2≤ − ≤ +∑ <
=.
Il λi scelto sarà preferibile se la differenza tra il limite superiore e il limite
inferiore è minimizzata. A questo fine si consideri la grandezza di
finf(λ)=(p-e−λ)- Fsup(λ)=p-e−λ+(q-λe-l)+
e
f(λ)=Fsup(λ)-finf(λ)=(p-e−λ)++(q-λe−λ)+
per differenti valori di λ>0. Essendo fsup(λ) una funzione sempre crescente di λ e
Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali 100
finf(λ)=0 per λ≥ -ln p, la funzione f(λ) raggiunge il suo minimo al valore λ*≤ -ln p.
Nel caso in cui λ≤ -ln p, la funzione f(λ) assume la forma q-λe−λ che è una
funzione decrescente di λ se λ<1 ed è una funzione crescente se λ>1. Allora, f(λ)
sarà minimizzata per
∗=− − <
− ≥
⎧
⎨⎪
⎩⎪
λ
ln se ln 1
1 se ln 1
p p
p
La condizione -ln p<1 corrisponde a q<1-e−1=0,632121. De Pril & Dhaene
(1992) osservano che comunque la più comunemente utilizzata approssimazione
λi=qi non dà origine alle differenze minime tra limite superiore ed inferiore.
6.3-Approssimazione numerica della distribuzione degli indennizzi globali
Uno svantaggio del modello di Poisson composto è che, anche se è
relativamente semplice la forma matematica di pn, è estremamente complicato
calcolare direttamente Sn*(x).
Oggi i computer hanno reso possibile calcolare esattamente la distribuzione
delle richieste globali di indennizzo, valutando le convoluzioni, o invertendo la
funzione caratteristica con metodi sofisticati come le trasformate fast Fourier.
Quindi oggi i metodi di approssimazione numerica diventano meno importanti.
Capitolo VII Probabilità di fallimento
7.1-Probabilità di fallimento: introduzione e definizioni 104
7.2-Fallimento con nessuna riserva iniziale 107
7.3-Fallimento data la riserva iniziale 108
7.3.1-La riserva immediatamente prima e durante il fallimento 110
7.3.2-Funzione di distribuzione e funzione di densità
della riserva prima del fallimento 112
7.4-Coefficiente di aggiustamento e disuguaglianza di Lundberg 115
7.5-Relazione tra il coefficiente di aggiustamento
e il principio dell’utilità zero 116
7.6-Applicazione dell’equazione del rinnovo
e formula asintotica della probabilità di fallimento 117
7.7-Probabilità di non fallimento e perdite massime globali 119
7.8-Probabilità di fallimento per distribuzioni
dell’ammontare degli indennizzi infinitamente divisibili 121
Capitolo VII
Probabilità di fallimento
Si è già stabilito che quando la riserva di rischio di una compagnia scende a
zero o addirittura diventa negativa, la compagnia sarà in una situazione di
fallimento. Mentre si continua negli affari si suppone che tale riserva venga
incrementata dal caricamento di rischio dei premi ricevuti meno gli indennizzi; è
chiaro che se la riserva in un determinato momento è abbastanza elevata da
consentire tutti i pagamenti non si verificherà il fallimento a meno che non
vengano accettati rischi molto cospicui.
Nel seguito ci si occuperà del modello che descrive il processo di rischio della
compagnia e della relativa probabilità di fallimento entro un determinato periodo di
tempo che può essere più o meno lungo o addirittura esteso infinitamente. Esiste
una vasta letteratura sul problema in questione; tra gli altri, Borch (1967), Seal
(1969), Moriconi (1983,1986), Defresne & Gerber (1988,1990), Shiu (1986,1987,
1989), Dickson (1992), Gerber (1979,1987,1992), Kluppelberg (1993), Embrechts
& Klupperlberg (1993), Daykin, Pentikainen & Pesones (1994).
Si consideri, seguendo l’impostazione di Seal (1969), una compagnia che riceve
un continuo flusso di premi dai proprietari dei contratti delle polizze che sono
coperti da rischi che possono verificarsi casualmente. Il numero di questi
Probabilità di fallimento 103
proprietari può essere considerato come una funzione di Nτ del tempo τ trascorso
da una arbitraria origine temporale. Sebbene le entrate e le uscite di nuove polizze
possano essere considerate come cambiamenti delle frequenze, si potrà considerare
Nτ come una data funzione di τ soggetta a improvvisi cambiamenti verso l’alto o il
basso che si verificano in modo noto e deterministico.
Se la probabilità di un indennizzo al tempo t è uguale a Nτλτdτ+o(dτ), la
probabilità del verificarsi di n indennizzi nell’intervallo (0,t) sarà
n0
t 0
t n
p (t) exp NN
n!, n 0,1,2,....= −∫
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
∫⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
=τ
τ
τλ ττλ τ
dd
(1.1)
Se si esegue una trasformazione della scala temporale la (1.1) può essere scritta
nt
n
p (t) etn!
, n 0,1,2,...,= =− (1.2)
che significa che il tempo t è l’intervallo durante il quale sono attesi t indennizzi e
la probabilità di un indennizzo al tempo τ che era uguale a Nτλτdτ è ora
semplicemente dt. Si osservi, anche, che se una grande compagnia aspetta 100
indennizzi in un anno del tempo reale la sua probabilità di fallimento entro questo
periodo, cioè entro 100 unità di tempo, sarà difficilmente distinguibile dalla sua
probabilità di fallimento in un periodo di tempo infinitamente lungo; ciò dimostra
che il problema di fallimento finale per una grande compagnia sarà essenzialmente
lo stesso della ricerca della sua probabilità di fallimento entro un numero
relativamente breve di anni.
7.1-Probabilità di fallimento: introduzione e definizioni
Si consideri, come in Seal (1969), Gerber (1979), un modello collettivo dove
Probabilità di fallimento 104
tutto il portafoglio di una certa impresa rappresenta il tipo di rischio. Nel modello
di rischio classico a tempo continuo, la riserva dell’assicuratore al tempo t è dato
dal processo stocastico a tempo continuo, detto processo di rischio.
Siano S(t) gli indennizzi del periodo di tempo (0,t); η1dτ il caricamento di
rischio aggiunto al premio p1dτ ricevuto nell’intervallo di tempo trasformato
(τ,τ+dτ); il guadagno della compagnia prima del tempo t sarà (p1+η1)t-S(t); la
riserva di rischio al tempo t sarà allora data dalla riserva iniziale più i premi meno
gli indennizzi; formalmente
U(t)=U(0)+ (p1+η1)t-S(t) (1.3)
dove U(0) è la riserva iniziale, (p1+η1) è un costante positiva interpretata come i
premi ricevuti dalla compagnia continuamente per unità di tempo; si assume che
S(t) sia un processo di Poisson composto, con parametro di Poisson λ>0, numero
atteso indennizzi per unità di tempo, e f.r. del totale degli indennizzi, P(.).
La rappresentazione grafica, in figura I, di U(t) consiste di una linea retta
inclinata verso l’alto dal punto (0, U(0)) con inclinazione p1+η1 e soggetta a salti
verticali verso il basso di lunghezza aleatoria S. Il fallimento si verificherà quando
uno di questi salti causerà l’intersezione della curva sull’asse delle ascisse e si
considererà la probabilità di tale intersezione o prima della fine del tempo t o
quando t tende ad infinito.
Probabilità di fallimento 105
Figura Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.
Sia p1+η1=c, tasso di premio per indennizzo atteso. Si deve trovare la
probabilità che si verifichi il primo indennizzo al tempo t che sarà uguale, per il
principio delle probabilità totali, al prodotto delle probabilità degli eventi
indipendenti
a) che nessun indennizzo si presenti nell’intervallo (0,τ-dτ), con probabilità e−τ
b) che si presenti esattamente un indennizzo in (τ-dτ,τ), con probabilità dτ
Pertanto la probabilità richiesta sarà e−τdτ, cioè i tempi tra gli arrivi degli
indennizzi saranno indipendenti ed identicamente distribuiti esponenzialmente.
Sia R(0)=u, ψ(u) la probabilità di definitivo fallimento dato che u è la riserva
iniziale, φ(u)=1-ψ(u) la probabilità di non fallire. Se ci muoviamo lungo l’asse
delle ascisse fino al presentarsi del primo indennizzo, la riserva di rischio sarà
incrementata a u+ct e l’indennizzo la ridurrà a u+ct-S(t)
Si consideri la grandezza dell’indennizzo totale (Yk)k∈N, successione di v.c.
indipendenti ed identicamente distribuite aventi comune f.r. F con F(0)=0, valore
Probabilità di fallimento 106
medio μ e varianza σ2. Il punto del processo N=(N(t)t ≥ 0, numero di indennizzi
nell’intervallo di tempo (0,t) è assunto essere un processo di Poisson omogeneo
con intensità k. N e (Yk)k∈N sono indipendenti. Allora S(t)= ii 1N(t) Y=∑ rappresenta
gli indennizzi cumulati prima del tempo t ed ha f.r.
( )t
kt
n 0
n
nG (x) P(S(t) x) ektn! F (x), x 0= ≤ = ∑ ≥−
=
∞∗ . (1.4)
N è un punto del processo su R+ e a ciascun punto di N la compagnia dovrà pagare
un ammontare aleatorio di denaro. L’assunzione che N sia un processo di Poisson è
equivalente all’assunzione secondo cui i tempi tra gli arrivi degli indennizzi sono
indipendenti ed identicamente distribuiti esponenzialmente.
Per N con intensità k si avrà che EN(t)=kt, il profitto della compagnia
nell’intervallo (0,t) sarà Q(t)=ct-S(t) con EQ(t)=ct-E(N(t)EY1=t(c-kμ). Il relativo
caricamento di sicurezza sarà definito da ρ=(c-kμ)/kμ= -1+c/kμ
Si assume che c>kμ dove μ denota la grandezza media degli indennizzi; ciò
significa che il premio ricevuto per unità di tempo eccede il pagamento atteso
dell’indennizzo per unità di tempo;
Se il processo di rischio U ha un caricamento di sicurezza positivo, ρ>0, allora
U(t) q.c. tenderà ad infinito; tale condizione riafferma la condizione del profitto
netto c>kμ.
7.2-Fallimento con nessuna riserva iniziale
Si consideri adesso la probabilità dell’evento contrario, ossia la probabilità di
Probabilità di fallimento 107
non fallimento, ϕ(u)=1-ψ(u) con ϕ(u)=0 per u<0 Si vedrà adesso come la
probabilità di non fallire in un intervallo temporale finito può essere espressa in
termini di una distribuzione di Poisson composta. Pertanto, posto φ(u)=ϕ(u)
ϕ (u) P(U(t) 0, t 0) P(S(t) ct u, t 0)= ≥ ∀ ≥ = − ≤ ∀ ≥ (2.1)
tale probabilità deve soddisfare l’equazione dei rinnovi
ϕ ϕκ
ϕ(u) (0)c
(u z)F(z) z0
u= + −∫ d (2.2)
dove F 1 F= − e se si denota
I1
0
x
F (x) F(z) z= ∫−μ d (2.3)
la (2.2) è equivalente alla
ϕ ϕρ
ϕ(u) (0)1
1 F (u)I= ++
∗ (2.4)
dove * è la convoluzione. Dalla convergenza monotona segue dalla (2.2) che
ϕ ϕρ
ϕ( ) ( ) ( )∞ = ++
∞01
1 (2.5)
che dà
ϕρρ( )0 1= + (2.6)
che mostra che nel caso in cui la riserva iniziale è nulla la probabilità di non
fallire dipende solo dal relativo caricamento di sicurezza, e non dalla forma
specifica della distribuzione del totale degli indennizzi.
Utilizzando le trasformate di Laplace e la (2.6), una soluzione analitica della
(2.4) può essere ottenuta nella forma
ϕρρ ρ(u) 1
11 F (u)
n 0
n
In= + +
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟∑
=
∞∗ (2.7)
della quale è possibile dare una espressione esplicita solo con una speciale scelta
dell’ampiezza della distribuzione degli indennizzi. Per una distribuzione degli
indennizzi esponenziale, (Gerber, 1979), differenziando la (2.1), e sostituendo la
Probabilità di fallimento 108
(2.5) e la (2.6) si ha
ψ ϕρ
ρμ ρ
(u) 1 (u)1
1exp
(1 )u= − =
+−
+
⎧⎨⎪
⎩⎪
⎫⎬⎪
⎭⎪ (2.8)
cioè nel caso di indennizzi esponenziale, la probabilità di fallimento è una funzione
esponenziale della riserva iniziale misurata in termini del totale degli indennizzi.
7.3-Fallimento data la riserva iniziale
Viene considerata, (Seal 1969, Gerber 1979, Embrechts & Kluppelberg 1993),
come misura di stabilità di lungo periodo, la probabilità di fallimento come
funzione della riserva iniziale u
ψ(u)=P(U(t)<0 per qualche t>0).
Sia T il tempo di rovina e più in generale, la probabilità di fallimento
nell’intervallo di tempo [0,T] sarà allora
ψ(u,t)=P(U(t)<0 per qualche t≤T).
La stabilità sarà raggiunta dall’esigenza che ψ(u,T) non scenda al di sotto di un
certo livello ε (ad esempio al di sotto dello 0.1%) per un dato valore di T.
Si consideri adesso il caso in cui la riserva iniziale u sia positiva, cioè u→∞
Allora la (2.1) diverrà
ψ ψ(u)kc
F(z) zkc
(u z)F(z) zu u
= +∫ −∫∞ ∞
d d (3.1)
dove kc
F(z) zkc
10
d =∫ <∞ μ
che è una equazione dei rinnovi imperfetta; se esistono appropriati momenti
esponenziali, tale imperfezione può essere eliminata con le trasformate di Esscher.
Se esiste una costante R, detta coefficiente di Lundberg o coefficiente di
Probabilità di fallimento 109
aggiustamento, tale che
λc e F(z) z 1Rz
0
∞
∫ =d (3.2)
allora λc e F(z)Rz
è la funzione di densità propria e moltiplicando la (3.1) per eRu si ottiene
Ru Ru
u
R(u z) Rz
0
u
e (u)c e F(z)dz
ce (u z)e F(z)dzψ
κ κψ= ∫ + −∫
∞−
che è una equazione dei rinnovi propria e dal teorema dei rinnovi di Smith, in
Feller (1971), Embrechts & Kluppelberg (1993) si perviene al
Teorema di Cramer-Lundberg:
Supposto che esiste una costante R tale che Rz
0e F(z) z
ck
∞
∫ =d se
∗∞
= ∫ <∞μkc
ze F(z) zRz
0d allora
( )ψ
ρ
ρ μ(u)
1 Re , uRu≈
+→∞
∗− (3.3)
e se ∗=∞u , allora
ψ (u) (e ), uRu= →∞−o . (3.4)
R, coefficiente di Lundberg o coefficiente di aggiustamento, è più facilmente
calcolabile nel caso in cui gli indennizzi sono distribuiti esponenzialmente.
La distribuzione della riserva immediatamente prima del fallimento nel classico
modello di rischio di Poisson composto è studiata in un lavoro di Dufresne &
Gerber (1988).
7.3.1-La riserva immediatamente prima e durante il fallimento
Dufresne & Gerber (1988) sono interessati a X, la riserva immediatamente
prima del fallimento e ad Y= ( )U T , Fig.II, il deficit al momento del fallimento.
Probabilità di fallimento 110
Figura Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.
Considerano la funzione di densità congiunta di X e Y, f(u;x,y), che sarà una
funzione di densità imperfetta in quanto la probabilità di fallimento sarà minore di
1. Per una arbitraria distribuzione del totale degli indennizzi si trova che
f(0;x,y)=ap(x+y)
dove p(x+y) è la funzione di densità dell’ammontare degli indennizzi ed a è il
rapporto tra il parametro di Poisson, che in questo caso chiameremo λ, e il tasso di
premio, a=λ/c.
In un caso più realistico, dove u>0, f(u;x,y) può essere calcolata esplicitamente
se la distribuzione del totale degli indennizzi è esponenziale, p(x)=βe-βx per x>0, e
si trova
Probabilità di fallimento 111
f(u,x)R e (b e ) se x u
R(e e )e se x u
x Ru
2x x Ru
=
− >
− <
⎧
⎨
⎪⎪
⎩
⎪⎪
− −
− − −
aa
a
β
α β
dove R=β−a.
Seguendo tale impostazione si trova il totale di indennizzi, X+Y, che causano il
fallimento, ottenendo la funzione di densità h(u,z) da F(u;x,y). Infatti la funzione di
densità (imperfetta) è
h(u,z) f(u;x,z x) x, z 00
z
= − >∫ d
Sia f(u,x) la densità marginale di X; la sua funzione di densità è nota, e la funzione
di densità bivariata di X e Y può essere ottenuta direttamente dalla formula
f(u;x,y) f(u,x)p(x y)1 P(x)
=+
−
che sostituita nella precedente dà
h(u,z) p(z)f(u,x)
1 P(x)x, z 0
0
z
=−
∫ >d
da cui si evince che per ogni riserva iniziale u la funzione h(u,z) è il prodotto di
p(z), la funzione di densità arbitraria del totale di indennizzi, e l’integrale, che è
una funzione crescente di z; ciò significa che l’indennizzo che provoca il fallimento
è certamente più grande dell’indennizzo medio.
Dickson (1992) presenta un semplice modello che consente di trovare la
funzione di distribuzione e la funzione di densità della riserva che provoca il
fallimento.
Probabilità di fallimento 112
7.3.2-Funzione di distribuzione e funzione di densità della riserva prima del
fallimento
Seguendo l’impostazione di Dickson (1992) la probabilità di ultimo fallimento
dalla riserva iniziale u sarà
ψ (u) P(T U u)0= <∞ = e, la probabilità che si abbia il fallimento dal surplus iniziale u e che il deficit nel
momento in cui l’impresa fallisce sia minore di y sarà
G(u,y) P(T e U(t) y U u)0= <∞ >− = ; questa probabilità è introdotta da Gerber (1987); sia g(u,y) la densità di G(u,y),
cosicché g(u,y)dy può essere interpretata come la probabilità che si verifichi il
fallimento e che il deficit al momento del fallimento sia compreso tra y e y+dy.
Bowers (1987) dimostra che
( )g(0,y)c
1 P(y)= −λ
e
G(0,y)c
(1 P(x)) x0
y
= −∫λ
d
Sia U(T) la riserva immediatamente prima del fallimento posto che il fallimento si
verifichi; si definisce
F(U,x) P(T e U(T) x 0U u)= <∞ < = che rappresenta la probabilità che si verifichi il fallimento dall’iniziale riserva u e
che questa immediatamente prima del fallimento sia minore di x. Si noti che
xlim F(u,x) (u)
→∞=ψ .
La probabilità che si verifichi il fallimento dalla riserva iniziale u e essa non
raggiunga il livello x>u prima del fallimento sarà
ξψ ψ
ψ(u,x)
(u) (x)1 (x)
=−
−
Probabilità di fallimento 113
e la probabilità complementare, χ(u,x), cioè la probabilità che la riserva arrivi al
livello x senza essere scesa a livelli negativi, sarà
χψψ
(u,x)1 (u)1 (x)
=−−
.
Per determinare una generale equazione per F(u,x) si considerino separatamente i
casi: u<x e u≥ x. Si dimostra che
F(u,x)c (x)y(u) c (x) per u x
G(u x,x) c (x)( (u-x)- (u)) per u x
1 2
1
=
− ≤
− − ≥
⎧
⎨⎪
⎩⎪ ψ ψ
dove
1 1 2c (x)1 G(0,x)1 (0) e c (x) c (x) 1=−− − =ψ
e ψ(u-x) è la probabilità che si verifichi il fallimento dalla riserva iniziale u-x con
il deficit nel periodo di fallimento minore di x, (cosicché il fallimento non può
verificarsi prima di u), senza nessuna restrizione sul livello della riserva prima della
rovina.
Dickson (1992) utilizza questi risultati per trovare l’espressione di f(u,x),
funzione di densità associata a F(u,x); considera, ancora, separatamente i casi in cui
x<u e x>u di modo che la forma di F(u,x) dipenda dalla relazione tra u e x. Nel
primo caso, quando x>u, si trova che
f(u,x)c
(1 P(x))1 (u)1 (0)
= −−−
λ ψψ
quando, invece, x<u si avrà
f(u,x)c
(1 P(x))(u x) (u)
1 (0)= −
− −−
λ ψ ψψ
.
Dickson non dà una spiegazione di questa ultima espressione; comunque nota che,
dividendo entrambi i membri per 1-ψ(u) e riordinando si ottiene
Probabilità di fallimento 114
χ(0.u)f(u,x)=g(0,x)ξ(u-x,u)
Questa identità è spiegata da Feller (1971), considerando i due eventi:
-Evento 1: Si verifica il fallimento dalla riserva iniziale 0 e
a)la riserva immediatamente prima della rovina è minore di x
b)c’è un intersezione del processo di surplus tramite u, con u>x, prima del
fallimento
-Evento 2:-la riserva scende sotto il suo livello iniziale, con u>x, e
1) la riserva scende sotto il suo livello 0 iniziale per il primo periodo di un
ammontare y, con 0<y<x, e
2) il fallimento si verifica dal livello di riserva u-y senza raggiungere il livello u
prima del fallimento.
Il processo duale U*(t) è costruito considerando il tempo, τ, della prima
intersezione tra i livelli iniziali di surplus. Tale processo viene definito da
U*(t)=u-U(τ-t) per o≤ t≤τ
U*(t)=u+U(t) per t>τ.
Allora per ogni realizzazione del processo della riserva U(t) con livello iniziale
u soddisfacente le condizioni dell’evento 1, ci sarà un unica realizzazione duale del
processo U*(t), che ha la stessa funzione di densità e che soddisfa le condizioni
dell’evento 2. La probabilità dell’evento 1 sarà
χ(0,u)F(u,x)
e la probabilità dell’evento 2
g(0,y) (u y,u) y0
x
ξ −∫ d
allora
Probabilità di fallimento 115
F(u,x)1
(o,u)g(0,y) (u y,u) y
0
x
= −∫χ
ξ d
e differenziando
f(u,x)1
(0,u)g(0,x) (u x,u)
c(1 P(x))
(u x) (u)1 (0)
= − = −− −−χ
ξλ ψ ψ
ψ
che dimostra che se si calcola ψ(u), è facile calcolare la funzione di densità f(u,x).
7.4-Coefficiente di aggiustamento e disuguaglianza di Lundberg
Un limite superiore della probabilità di fallimento è dato dalla disuguaglianza di
Lundberg che stabilisce che
[ )ψ (u) e , u 0,Ru≤ ∀ ∈ ∞− (4.1)
Per dimostrarlo, seguendo l’impostazione di Gerber (1979) si introduce la
probabilità di rovina prima dell’nmo indennizzo, ψn(u). Questa probabilità è
funzione della riserva iniziale u,−∞< <∞u , per n=0,1,2,.....; si dimostra per
induzione rispetto ad n che
nRu(u) e , uψ ≤ −∞< <∞− .
per tutti gli n. La validità di questa disuguaglianza implica che dell’equazione
ψ(x) è il limite di ψn(x) per n tendente ad infinito dove, per il principio delle
probabilità totali, essendo t il tempo e y il totale del primo indennizzo,
ψ κ ψκ(u) e (u ct y) P(y) tt0 0=∫ + −∫−∞ ∞ d d , e
0ψ ( )u= <
= ≥
⎧
⎨⎪
⎩⎪
1 per x 0
0 perx 0
allora ψ0(x)≤e-Ru, −∞< <∞u .Si dimostra, utilizzando il principio delle probabilità
totali che
Probabilità di fallimento 116
[ ]nt
0n 1
t
0(u) e (u ct y) P(y) t e exp R(u ct y) P(y) tψ κ ψ κκ κ= ∫ ∫ + − ≤∫ − + −∫ =−
∞
−−∞
∞−
∞
−∞
∞t d d d d
=+
∫−∞
∞−
κκ Rc
e P(y)eRy Rud .
7.5-Relazione tra il coefficiente di aggiustamento e il principio dell’utilità
zero
Gerber (1979) dimostra che esiste un collegamento tra il coefficiente di
aggiustamento e il principio dell’utilità zero con funzione di utilità esponenziale.
Sia B(t) il premio totale pagabile per coprire S(t), gli indennizzi globali che si
presentano tra 0 e t. Supposto che B(t) sia determinato con la funzione di utilità
esponenziale, con parametro a>0, si avrà
[ ]B(t)1
log E et
e P(y) 1S(t) y= = −∫⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
−∞
∞
a ada aκ
allora B(t)/t, il premio per unità di tempo, sarà indipendente da t e uguale a c, dove
c e P(y) 1y= −∫⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
−∞
∞κa
da
e il relativo coefficiente di aggiustamento sarà R=a.
Probabilità di fallimento 117
7.6-Applicazione dell’equazione del rinnovo e formula asintotica della
probabilità di fallimento.
Seal (1969), Gerber (1979), dimostrano che l’equazione
[ ] [ ]ψλ
ψλ
(t)c
(t y) 1 P(y) yc
1 P(u) u0
t
t= − −∫ + −∫
∞
d d
detta equazione del rinnovo imperfetta e che mostra che ψ(u), u>0, soddisfa un
equazione del rinnovo,
Z(u) g(u) Z(u y)h(y) y, u 00u= − >∫ d (6.1)
con
[ ]g(u)c
1 P(y) yu
= −∫∞λ
d (6.1’)
e
[ ]h(u) c 1 P(u)= −λ
(6.1’’)
Z(u) e g(u) si annullano in (−∞,0). Gerber (1979) dà prima la soluzione per
l’equazione del rinnovo di tipo proprio. La (6.1) può essere scritta nella forma
Z=g+Z*h (6.2) sia
u(t) h (t)k
k 1= ∑ ∗
=
∞
(6.3)
pertanto
u(t) 1/ , per t→ →∞μ (6.4)
e dove uh(u) u0
μ = ∫ ∞ d Si osservi che u=u*h+h. Si dimostra che
Z(t) g(t) g(y)u(t y) y0t= + −∫ d (6.5)
è la soluzione della (6.1). Se t tende ad infinito, per la (6.4) si ha
Z(t)1
g(y) y0→ ∫ ∞
μ d . (6.6)
Quando l’equazione del rinnovo è in difetto, imperfetta, o in eccesso, sia R la
soluzione dell’equazione
Ry
0e h(y) y 1
∞
∫ =d (6.7)
Probabilità di fallimento 118
se R>0 si avrà l’equazione in difetto, se invece sarà R<0 sarà in eccesso. Si noti che
~h(y) e h(y), y 0Ry= > (6.8)
è una funzione di densità. Moltiplicando la (6.1) per eRu, si ottiene l’equazione del
rinnovo propria
~ ~ ~Z(u) g(u) Z(u y)h(y) y, u 0
0
u
= + − >∫ d (6.9)
dove ~ ~Z(u) e Z(u), g(u) e g(u)Ru Ru= = (6.10)
allora se g è sufficientemente regolare ~Z(u) C, per u→ →∞ (6.11)
dove
Ce g(y) y
ye h(y) y
Ry
0
Ry
0
=∫
∫
∞
∞
d
d (6.12)
che significa che Z(u) è asintoticamente esponenziale, Z(u) Ce Ru≈ −
Sostituendo la (6.2’’) nella (6.8) si ottiene l’equazione che definisce il
coefficiente di aggiustamento R
[ ]λc e 1 P(y) y 1Ry
0
∞
∫ − =d (6.13)
che significa che ψ (u) C e per uRu≈ ⋅ →∞− (6.14)
che è la formula asintotica della probabilità di fallimento che è stata ottenuta dal
Lundberg nel 1926. Per ottenere C sostituendo la (6.1’) e la (6.1’’) nella (6.10) si
ha
[ ]
[ ]C
e 1 P(u) u y
ye 1 P(y) y
Ry
0 y
Ry
0
=∫ −∫
−∫
∞ ∞
∞
d d
d (6.15)
Probabilità di fallimento 119
nella quale può essere semplificato il numeratore, cambiando l’ordine di
integrazione e utilizzando la
[ ]C
1R
c
ye 1 P(y) yRy
0
=−
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟
∫ −∞
λ μ
d (6.16)
una espressione equivalente per il numeratore potrebbe essere ρμ/R.
7.7-Probabilità di non fallimento e perdite massime globali
Nei recenti lavori che presentano vari metodi classici per calcolare la probabilità
di fallimento nel modello collettivo, vi è il metodo, dovuto a Beekman, basato su
serie di convoluzioni, nel quale si assume che il numero di indennizzi sia un
processo di Poisson. Seguendo l’impostazione di Shiu (1987,1989), nel seguito
sarà presentato il risultato di Beekman.
Sia {Xi} una sequenza di v.c. mutuamente indipendenti non negative, ciascuna
con distribuzione P(x) e valore atteso E[Xi]=p1<∞ .Sia {N(t), t≤0} un processo di
Poisson, indipendente da {Xi} con
Pr[N(t)=n]=e-λt(λt)n/n!, λ>0, n=0,1,2, ...
Per un dato numero positivo θ, sia L la v.c. che denota la massima perdita globale
L sup X (1 )p ti 1 t 0i 1
N(t)
= − −∑⎧⎨⎩
⎫⎬⎭
≥=
θ λ
allora
( ) ( )Pr[L u]1
1 H un 0
nn≤ =
++∑
=
∞ −∗
θθ
θ
dove
Probabilità di fallimento 120
∗ =
= ≥
= <
⎧
⎨⎪
⎩⎪
0H (u)1 per u 0
0 per u 0
e, per n=1,2,3, ...,
( )( )[ ]∗
∗ −
== ∫ − − ≥
= <
⎧
⎨⎪⎪
⎩⎪⎪
n 1
n 1
0
u
H (u)
1p H u x 1 P(x) x per u 0
0 per u 0
d
La probabilità di fallimento, ψ(u), è data da Pr[L>u]. Bowers dimostra che la
v.c. L della perdita massima globale può essere decomposta in
L=L1+L2+ ... +Ln
dove la v.c. N ha una distribuzione geometrica
Pr[N=j]=θ(1+θ)-j-1, j=0,1,2,...,
e {Li} sono v.c. non negative mutuamente indipendenti, ciascuna con funzione di
densità
h(x)=[1-P(x)]/p1, x≥0
pertanto la funzione H*n sarà la funzione di distribuzione della somma
L1+L2+...+Ln.
La maggiore difficoltà sta nel calcolo della convoluzione {H*n}.
Sfortunatamente l’equazione mostra che la v.c.{Li} non può essere discreta.
Uno dei possibili approcci, dovuto a Taylor e Panjer, consiste nell’approssimare
{Li} con una v.c. discreta, oppure secondo Beekman e Meyers si potrebbe invertire
la funzione caratteristica con una integrazione approssimata.
Beekman & Bowers suggeriscono una approssimazione per determinare la
probabilità di rovina
Probabilità di fallimento 121
[ ]ψθ
(u)1
11 G(x) , x 0≈
+− ≥
in cui G(x) è una distribuzione gamma, e dove l’errore relativo di questa
approssimazione potrebbe diventare considerevole per x molto grande.
7.8-Probabilità di fallimento per distribuzioni dell’ammontare degli
indennizzi infinitamente divisibili
Gerber (1992) assume che la distribuzione dell’ammontare degli indennizzi
faccia parte di una famiglia di distribuzioni infinitamente divisibili, per esempio la
famiglia delle distribuzioni gamma o quella gaussiana inversa. Per un determinato
caricamento di sicurezza la probabilità di rovina sarà funzione della riserva iniziale
e dei due parametri della distribuzione dell’ammontare degli indennizzi. Sia P(x) la
f.r. dell’ammontare di un singolo indennizzo, con P(0)=0 (nessun indennizzo
negativo), e sia p(x) la relativa f.d che sarà infinitamente divisibile e avrà funzione
generatrice dei momenti
( )[ ]M(r) e p(x) x exp e 1 q(x) xrx0
rx0=∫ = −∫∞ −∞d d . (8.1)
Se la distribuzione dell’ammontare degli indennizzi sarà esponenziale si avrà
p(x)=e-x, M(r)=(1-r)-1 e q(x)=x-1e-x. Se invece la distribuzione sarà una gaussiana
inversa
( )p(x)
12 x exp
x 12x
3/ 2
2
= −−⎡
⎣⎢⎢
⎤
⎦⎥⎥
−
π
M(r) exp 1 1 2r= − −⎡⎣⎢
⎤⎦⎥
e
q(x)1
2x e3/ 2 x/ 2= − −
π.
Probabilità di fallimento 122
Si consideri una famiglia di distribuzioni dell’ammontare di indennizzi a due
parametri, P(x;α,β) con funzione generatrice dei momenti
M(r;α,β)=M(r/β)α (8.2)
dalla (8.1) si avrà
q(x;α,β)=αβq(βx). (8.3)
Nel primo caso si avrà una distribuzione gamma con parametri α e β; nel secondo
caso si una distribuzione gaussiana inversa con f.d.
( )p(x; , )
2x exp
x2 x
3/ 2
2
α βα
πβ
β αβ
= −−⎡
⎣⎢⎢
⎤
⎦⎥⎥
− .
Si assume che la media e la varianza di P(x) siano rispettivamente
xq(x) x 1 x q(x)dx 102
0d =∫ ∫ =∞ ∞ ciò significa che la media di P(x;α,β) sarà α/β e la varianza α/β2.
Si assuma che il processo degli indennizzi totali S(t) sia un processo di Poisson
composto con parametro di Poisson λ e distribuzione dell’ammontare dei singoli
indennizzi P(X;α,β); sia c=(1+θ)/λα/β il tasso con il quale vengono ricevuti i
premi dove, θ>0 è il relativo caricamento di sicurezza; la risultante probabilità di
fallimento sarà denotata con ψ(u;α,β) che dipenderà solo da θ e sarà indipendente
da λ. La funzione 1-ψ(u;α,β) sarà la f.r. della v.c. della massima perdita totale, che
avrà una distribuzione geometrica composta
1 (u; , )1
11 H (u; , )
n 0
n− =+ +
⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟∑
=
∞∗ψ α β
θθ θ
α β
che è la formula di convoluzione di Beekman, con H(u;α,β)=1-
π(u;α,β)/π(o;α,β), nella quale
Probabilità di fallimento 123
[ ]π α β α β α β(x; , ) (y x)p(y; , ) y 1 P(y; , ) yxx= − = −∫∫ ∞∞ d d H(u;α,β) è una funzione decrescente di α>0, e H(U;zα,zβ) è una funzione
crescente di z, e ciò implica la corrispondente monotonicità per le convoluzioni di
H. Da queste e dalla formula di convoluzione di Beekman si peeviene al seguente
teorema:
ψ(u;α,β) è una funzione crescnte di α>0;
ψ(u;zα,zβ) è una funzione decrescente di z>0.
Dal teorema si derivano due limiti inferiori per la probabilità di fallimento, il primo
dei quali è ψ(u;0,β), probabilità di fallimento se il processo degli indennizzi totali
S(t) è un proccesso con incrementi stazionari ed indipendenti, per il quale la f.r.
marginale di S(t) è P(x;t,β), che nel primo caso è un processo gamma e nel secondo
un processo gaussiano inverso. Si consideri infatti la funzione generatrice dei
momenti di S(t):
E[erS(t)]=e λt[M(r;α,β)-1]
e se ne determini il limite per α e λ=1/α tendenti ad infinito. Dalle (8.1) e (8.2)
tale limite sarà
( )exp t e 1 q(x) xrx/
0
β −∫⎡
⎣⎢
⎤
⎦⎥
∞
d
che dimostra che la f.r. di S(t) è effettivamente P(x;t,β).
Il secondo limite inferiore è dato dalla probabilità di fallimento nel caso in cui
tutti gli indennizzi sono di grandezza costante α/β.
Gerber conclude osservando che se la distribuzione gamma del totale di
indennizzi viene sostituita dalla distribuzione esponenziale con la stessa media, la
Probabilità di fallimento 124
probabilità di fallimento aumenta.
Capitolo VIII
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità
8.1-La Ripartizione dei rischi: coassicurazione e riassicurazione ...... 125
8.1.1-Riassicurazione proporzionale ..................................................... 126
8.1.2-Riassicurazione non proporzionale .............................................. 128
8.2-Il problema dei pieni di de Finetti ................................................ 129
8.3-Il concetto di utilità nella riassicurazione ..................................... 138
8.4-Il problema dei pieni di de Finetti rivisitato con il
criterio dell’utilità attesa ............................................................. 139
8.5-Dividendi ottimi ........................................................................... 143
8.6-Trattati di riassicurazione reciproci .............................................. 148
8.7-Prezzo di mercato: domanda e offerta di riassicurazione ............. 151
Capitolo VIII
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità
8.1-La Ripartizione dei rischi: coassicurazione e riassicurazione
Di fronte all’ingresso nel portafoglio di una nuova polizza la compagnia che
desideri limitare il proprio rischio nell’acquisizione del contratto, considerandolo
troppo oneroso, potrà procedere sostanzialmente in due modi: potrà partecipare
all'assunzione del rischio assieme ad altre imprese, determinando così la
coassicurazione, che consiste nello stipulare la polizza congiuntamente, assumendo
le varie compagnie coassicuratrici ognuna una sua quota percentuale di impegno e
ricavandone ciascuna la relativa quota di premio
Non esiste in questo caso una responsabilità solidale fra i vari partner, i quali
risponderanno singolarmente della propria parte di rischio: in genere, sarà proprio
l'assicurato che di fatto ripartirà l'ammontare del rischio tra le varie compagnie che
risponderanno a lui direttamente per la quota assunta; ma pur rispondendo al
principio generale di limitazione del rischio per le imprese, la coassicurazione, non
ne favorisce lo sviluppo, poiché frena l'accrescimento dei premi, essendo il volume
di questi a condizionare le capacità di assunzione delle compagnie;
Un’altra modalità è la riassicurazione che è pure una cessione di rischio ad altra
o ad altre compagnie ma, avviene con strumenti totalmente diversi. Infatti a
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 126
differenza della coassicurazione, nella riassicurazione l’assicuratore è unico,
risponde perciò in toto dei rischi assunti ma, a sua volta avendo ceduto in
riassicurazione una certa parte del rischio, verrà rifuso, secondo determinate regole,
di una parte del danno che potrà verificarsi..
L'operazione, mediante la quale l'impresa, dietro cessione di una quota del
premio, e quindi con una diminuzione del guadagno, accolla una quota del rischio
ad altra impresa, costituisce l'operazione di riassicurazione passiva. Invece per
l'impresa che riceve il rischio, il riassicuratore, l'operazione costituisce una
operazione di riassicurazione attiva.
In questo meccanismo di ripartizione l'assicurato rimane completamente
estraneo: il contratto impegna esclusivamente la prima impresa e questa sola che,
quindi, sarà responsabile verso di lui del risarcimento del sinistro; se, per ipotesi,
questa fallisse, l'assicurato non avrebbe alcun titolo per esercitare una azione diretta
verso le riassicuratrici. Essa viene normalmente praticata, sia sotto la forma attiva
che sotto quella passiva, da tutte le imprese che così realizzano un frazionamento,
una redistribuzione e un livellamento dei rischi. Vi sono anche delle imprese che si
dedicano esclusivamente a questa attività detta perciò riassicurazione professionale
Le tecniche di riassicurazione sono molto varie. Si distinguono due grandi
classi, quella della riassicurazione proporzionale e quella non proporzionale.
8.1.1-Riassicurazione proporzionale
Consiste semplicemente nella cessione di una percentuale del rischio, in base
alla quale verrà ripartito il premio e verrà poi ripartita la liquidazione della
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 127
prestazione. L’aspetto più importante di questo tipo di contratto è che la
partecipazione del riassicuratore è nota e stabilita senza riguardo all’entità del
danno; il riassicuratore partecipa, in egual misura, agli effetti positivi del rapporto
riassicurativo (premi, sovrappremi, recuperi...) ed a quelli negativi (sinistri, costi,
riscatti...)
Tecnicamente vi sono diversi procedimenti di riassicurazione proporzionale:
quella individuale, considerata polizza per polizza, e quella globale per l'intero
portafoglio. Si distingue anche una riassicurazione facoltativa da quella
obbligatoria La prima si ha quando l'operazione dipende dall'iniziativa della
cedente e cioè senza che sussista un precedente impegno con la riassicuratrice; in
sostanza, l'assicuratore dopo aver assunto un rischio che comprometta la stabilità
della sua impresa ne cede la quota eccessiva ad altro assicuratore. La
riassicurazione obbligatoria scaturisce invece da un impegno contrattuale
chiamato trattato di riassicurazione, in cui la cessione avviene per tutti i rischi di
un portafoglio con una delle seguenti modalità:
-in “quota parte” (Quota Share Reinsurance), cioè in misura percentuale uguale
per ogni rischio;
-per “eccedente di rischio” (Surplus Reinsurance), cioè per la sola parte che
eccede un certo pieno di conservazione.
La riassicurazione proporzionale è l’unico procedimento possibile nelle forme
di assicurazione in cui, come nel ramo vita e in quelli incendio e trasporti, in caso
di sinistro deve essere liquidata una somma determinata a priori; trova applicazione
soprattutto nelle società facenti parte dello stesso gruppo finanziario in quanto i
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 128
riassicuratori vedono in questa forma la possibilità di estendere il proprio interesse
a tutti gli affari della compagnia cedente, evitando così di essere chiamato a
partecipare solo ai rischi più onerosi.
Tuttavia, tale procedimento nonostante risponda ad altre esigenze di carattere
economico delle imprese non risponde però ai requisiti tecnici che sono alla base
del procedimento riassicurativo, in quanto eliminando una stessa percentuale di
tutti i rischi si realizza un abbassamento proporzionale di tutte le esposizioni al
rischio stesso, mentre rimane immutata la relativa variabilità delle somme
assicurate.
8.1.2-Riassicurazione non proporzionale
Si differenzia profondamente dalla precedente, basandosi sulla misura del
danno, quando esso si sia verificato. Le modalità sono principalmente due:
-Riassicurazione per eccesso di sinistro singolo (Excess of loss): il sinistro
rimane a totale carico della cedente se l'importo del danno non supera un certo
valore precedentemente stabilito, detto priorità; se, invece, l'ammontare del sinistro
supera detto valore, il riassicuratore risarcisce l'impresa cedente dell'eccedenza (o
surplus). La quota del premio che, in corrispettivo, viene ceduta all'impresa
assicuratrice, sarà ovviamente in funzione del limite che stabilisce l'eccedenza del
sinistro, per esempio una somma non superiore al pieno della cedente o a un suo
multiplo o sottomultiplo.
-Riassicurazione per eccesso sinistri globale (Stop loss): riguarda tutti i sinistri
che avvengono durante un dato periodo, per esempio un anno, in un determinato
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 129
gruppo di assicurazioni. Tali sinistri restano a carico dell'assicuratore se non
superano, nel loro insieme, un importo concordato, generalmente espresso con una
percentuale dei premi incassati. Se invece i sinistri superano l'importo stabilito, il
riassicuratore rimborsa all’assicuratore l'intera eccedenza, o una parte di essa a
seconda degli accordi. Questa forma è generalmente preferita per quelle forme di
assicurazione dove la somma da liquidare in caso di sinistro non è valutabile a
priori, soprattutto per quei rami in cui le distribuzioni delle frequenze relative
presentano andamenti non ancora accertati e variabilità amplissime, come ad es.
responsabilità civile, furti, grandine, etc..
8.2-Il problema dei pieni di de Finetti
de Finetti (1939) nel suo celebre lavoro, “Il problema dei pieni” ha affrontato la
trattazione dei problemi della ritenzione ottimale dei rischi di un portafoglio
ispirandosi al criterio della probabilità di rovina in un esercizio, e altresì a quello
della probabilità asintotica di rovina. Prendendo in considerazione contratti di
assicurazione sulla vita, incentra il discorso sulla particolare forma di assicurazione
in quota individuale, e individua la soluzione ottimale con un procedimento a due
stadi introducendo la nozione di “pieno relativo” e “pieno assoluto”.
Seguendo tale impostazione, si consideri un’impresa che disponga di un dato
fondo di garanzia G ed abbia assunto un certo insieme n di assicurazioni, i cui
guadagni aleatori relativi ad un dato esercizio saranno X ,X , ... ,X1 2 n e il cui
guadagno totale sarà X Xi 1
ni= ∑
= che potrà essere negativo e costituire quindi una
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 130
perdita, ma interessa che in tal caso essa non superi G, altrimenti si avrebbe il
fallimento della compagnia. Interessa conoscere la probabilità della disuguaglianza
X G 0+ < e se essa non è talmente piccola da giudicarsi compatibile col grado di
prudenza prefissato bisogna cercare di diminuirla ricorrendo alla riassicurazione,
nonostante ciò porti a rinunciare ad una parte del guadagno.
Sorge così il problema dei pieni che consiste nel determinare il modo e i limiti
più vantaggiosi nella riassicurazione e cioè tali da rendere massima la diminuzione
del rischio di fallimento. Si dovrà ricercare la più vantaggiosa tra le forme di
riassicurazione ottenibili riassicurando in opportuna misura ciascun contratto
individuale indipendentemente dal risultato degli altri.
Il problema potrà essere impostato nei seguenti termini: si dovrà coprire una
generica assicurazione o integralmente, per la quota α=1, o parzialmente per una
quota α<1, cedendo in riassicurazione la quota residua 1-α; bisognerà determinare
se e quale parte si vuole riassicurare per ogni polizza, ossia fissare α1, α2, ... ,αn in
modo che la diminuzione della probabilità di fallimento risulti massima possibile a
parità della parte di guadagno cui si rinuncia per effetto di riassicurazione; e che la
suddetta probabilità di fallimento si riduca in modo da ottenere il grado di
sicurezza desiderato. Il primo problema si dice di pieno relativo in quanto
determina in quale relazione fra loro debbano fissarsi i pieni per le diverse forme di
assicurazione se si vuol ottenere il miglior risultato a parità di sacrificio: è dunque
un problema di optimum; il secondo costituisce invece un problema di pieno
assoluto.
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 131
Riferendosi al caso dell’indipendenza stocastica fra le diverse assicurazioni, è
noto che se le v.c. X1,X2, ... ,Xn sono stocasticamente indipendenti la loro somma
X, se n è abbastanza grande ha una distribuzione di probabilità gaussiana, purché
nessuna delle Xh abbia un’influenza troppo sensibile sulla somma X, cioè nessuna
singola assicurazione deve essere tanto elevata che il guadagno dell’assicuratore
nel complesso dell’esercizio dipenda dal risultato di essa sola.
La conoscenza della forma della d.d.p. è necessaria solamente nel caso si
consideri il problema del pieno assoluto; in questo caso è sufficiente che tale d.d.p.
si conservi praticamente dello stesso tipo al variare delle quote α1,α2,...,αn, perché
così soltanto si dà fondamento a tutte le considerazioni basate sugli “indici di
rischio”, e in particolare al “rischio medio quadratico”, che altro non è che lo
s.q.m.; infatti per rendere quanto più piccola possibile la probabilità di fallimento
basta rendere quanto più piccolo possibile lo s.q.m. in rapporto al fondo G
disponibile. Se σ σ σ1 2 n, , ... , sono i “rischi medi”, ossia gli s.q.m. di
X ,X , ... ,X1 2 n lo s.q.m. del guadagno totale Xsarà dato da σ σ2
h=∑ 2 e per le
v.c. Xh=αhX h e X=Σ αhX h si avrà:
h h h2
h2
h2
h2
, σ σ σ σ σ= =∑ =∑a a .
Il fondo disponibile G dipenderà pure da α1,α2, ... ,αn, in quanto esso sarà
normalmente costituito da un importo G0 già accantonato e dalla parte disponibile
dei caricamenti in corso. Dette c ,c , ... ,c1 2 n tali parti di caricamento relativamente
alle assicurazioni supposte non riassicurate, esse si ridurranno per effetto della
riassicurazione a ch=ch(αh) e sarà G=G0+Σch(αh).
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 132
Il caricamento disponibile perduto, è anche l’importo che si deve rendere
minimo, cioè la parte di guadagno cui si rinuncia per effetto della riassicurazione,
costituita dalla parte di guadagno cui si rinuncia a favore del riassicuratore più la
maggior spesa di gestione che la polizza richiede in quanto riassicurata.
Il margine effettivo di guadagno dell’assicuratore si riduce da
( )c c a c= ch h h=∑ ∑ α e, quindi la massima perdita sopportabile si riduce da
G G c a G G +c0 0= + = , lo s.q.m. si riduce da σ σ σ σ α= ∑ = ∑h
2
h
2
h
2 a ; il
massimo “scarto ridotto sfavorevole” sopportabile dato dal rapporto t=G/σ, da
( )t G a t= G G c
h2
h2
0 h h
h2
h2
=∑ ∑
=+∑
∑σ σ
α
σ α.
La probabilità di fallimento, dipenderà da t e sarà una funzione decrescente di t,
e, ammettendo che la distribuzione sia gaussiana, sarà
( )P t1
2e x
12
2x
t
= −
∞
∫π
d
Il problema del pieno relativo consiste nel determinare α1,α2, ...,αn in modo che
a parità del fondo di garanzia G si renda massimo t che equivale a cercare il
minimo di σ, ossia il minimo della forma quadratica 2h2
h2
σ α σ=∑ .
I pieni relativi saranno pertanto soluzione del problema di minimo vincolato
(Daboni, 1986),
{ }hah2
h2min sa∑
Σch(ah)=g
0≤ah≤1
dove g è il fissato valore di guadagno ritenuto.
Il problema dei pieni relativi non ha una soluzione sostanzialmente differente
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 133
considerando il rischio relativo a tutta la durata dell’assicurazione anziché per un
solo esercizio, e si ritrova precisamente la soluzione precedente.
I pieni assoluti si individuano fissando il livello p della probabilità di rovina e
determinando il valore t’ di t per il quale risulta P(t’)=1-p dove P è la f.r. del
guadano ridotto; pertanto i pieni assoluti sono quelli relativi che competono al
particolare valore g’ del guadagno ritenuto in corrispondenza al quale il rapporto t
assume il valore t’.
de Finetti, secondo Daboni, Sigalotti e Zecchin (1987), affronta il problema
della ricerca della politica ottimale di riassicurazione tenendo conto dello sviluppo
futuro del portafoglio per trattare il problema in una visione dinamica e impiegando
conseguentemente il criterio della probabilità asintotica di rovina.
Gli era nota l’impostazione della teoria collettiva presentata nel 1909 al VI
Congresso Internazionale degli Attuari a Vienna da Ph. Lundberg e alla quale
aveva apportato vari miglioramenti Cramer nel 1930.
Nell’originaria impostazione del Lundberg é il problema posto con riferimento
ad una successione di esercizi, o anche, teoricamente, per una successione infinita
ed in tal caso occorre includere nell'impostazione l’indicazione delle norme che si
intendono adottare per accantonare i fondi di garanzia ed attingere ad essi; si
ipotizza che il complesso degli affari che verranno per il futuro acquisiti
dall’impresa si manterrà costante nei futuri esercizi; in questa ipotesi l'ammontare
dei premi che l'impresa percepirà in relazione ad un determinato periodo, sarà
proporzionale al periodo stesso.
I premi comprensivi di un caricamento costante per il rischio, affluiranno in un
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 134
fondo che presenterà una determinata consistenza iniziale e dal quale verranno
prelevate le somme da corrispondere per la liquidazione dei sinistri.
Le disponibilità del fondo non saranno investite o, meglio, il reddito prodotto
dagli investimenti non verrà accreditato al fondo. Si suppone pure che la legge di
distribuzione delle somme da corrispondere in caso di sinistro sia la medesima nei
successivi esercizi, e cioè che l'importo medio di ciascun sinistro sia costante, per
cui anche il valore medio delle somme liquidate in un determinato periodo risulterà
proporzionale al periodo stesso.
Ovviamente, le somme effettive potranno tuttavia risultare maggiori o minori
del loro valore medio e potrebbero anche superare la consistenza determinatasi nel
fondo dal quale vengono prelevate le somme per effettuare i pagamenti.
Viene considerata la probabilità che il fondo si esaurisca in qualsiasi momento,
cioè che l'impresa fallisca in un periodo illimitato di tempo.
Sostanzialmente la probabilità asintotica, p(u), di rovina dell’assicuratore che
dispone di un fondo iniziale u è data dalla
p(u) C e u≈ ⋅ −α
dove α è un funzionale della distribuzione del danno e del caricamento del premio
operato dall’assicuratore. Si è già visto come nella trattazione di Lundberg-Cramer
viene introdotta una trasformazione esponenziale in cui figura la quantità positiva
R, coefficiente di aggiustamento, e in termini del quale risulta p(u)≤e-Ru.
de Finetti osserva che i risultati stabiliti da Lundberg e Cramer possono essere
giustificati in modo semplice e interpretati in modo significativamente operativo,
proponendo un originale schema descrittivo della gestione di un portafoglio
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 135
riassicurativo alla stregua di un processo a parametro discreto di submartingala.
Posto che in ogni esercizio il guadagno medio sia positivo, il processo del
guadagno cumulato del portafoglio è descritto in termini di submartingala, (vedi
1.4.1, pg.14), secondo cioè la
E(Z Z ,Z ,...,Z ) E(Z )n 1 1 2 n n+ ≥
con n ii 1
n
Z G=∑=
guadagno cumulato nei primi n esercizi, valendo la condizione
E(Gh)≥0.
I guadagni G non sono più equi, ma l’idea definettiana è quella di ricondurre
l’evoluzione del patrimonio della compagnia a quella della fortuna di un giocatore
che affronti una sequenza infinita di partite a condizioni stazionarie, cioè
formalmente caratterizzate da un livello di rischiosità costante, contro un
avversario infinitamente ricco. Ciò consente di appoggiarsi alla generalizzazione
del procedimento classico relativo al problema della rovina dei giocatori, dovuto al
de Moivre, e del quale si è già ampiamente discusso nel cap.I pg.36-38, eseguendo
una trasformazione esponenziale attribuendo al guadagno Gi il valore e-αGi-1.
Pertanto saranno equi i trasformati dei guadagni Gi*=e-a*G’i-1 in cui Gi’ sono i
guadagni aleatori dei portafogli riassicurati secondo la politica a* di caricamento di
sicurezza o di riassicurazione operata sulle singole polizze esercizio dopo esercizio
e 1/a* è il suddetto livello di rischiosità, cioè l’assicurazione della somma sotto
rischio verso il corrispondente premio di rischio.
Il processo {F+Z*n; n≥1} con n i
i 1
n
Z G∗ ∗
==∑ è una martingala, e, per Daboni
(1986), sotto ipotesi realisticamente verificabili sulla dispersione degli Z*n, la
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 136
probabilità che al crescere di n si verifichi per la prima volta l’evento {F+Z*n≤0} è
data da
po=e-a*F
che è dunque anche la probabilità di rovina dell’impresa che si prospetti per ogni
esercizio i guadagni aleatori G’i e, ciò avviene se le polizze sono tutte riassicurate
secondo il medesimo livello di rischiosità 1/a*, se cioè in condizioni di non
correlazione dei rischi, il guadagno aleatorio Gh della singola polizza
eventualmente riassicurata è tale da rendere equa la v.a. Gh*=e-a*Gh-1. Se la
distribuzione del guadagno non si discosta notevolmente dalla normale, posto
B il livello di rischiosità per una singola assicurazione vita; la parte di risparmio
sarà del tutto estranea;
C la somma assicurata;
p la probabilità o premio puro;
m il margine unitario di caricamento disponibile;
si ottiene
( ) ( )m
Cp 1 p2B
, BCp 1 p
2m=
−=
−.
Pertanto affinché tutte le singole assicurazioni corrispondano allo stesso ed unico
livello di rischiosità B, il margine unitario di caricamento dovrebbe crescere
proporzionalmente alla somma assicurata C; se invece m si lasciasse fisso, il livello
di rischiosità crescerebbe proporzionalmente alla somma assicurata C. Non
volendo superare un livello B stabilito si dovrà limitare la somma assicurata al
massimo espresso da
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 137
( )C
2mB
p 1 p=
−
che esprimerà il pieno al di là del quale i rischi dovrebbero venire coperti per
riassicurazione. I pieni, pertanto, dovranno essere proporzionali direttamente al
margine di caricamento disponibile e inversamente allo s.q.m.. Infatti supposto che
ad ogni dato istante il fondo G e le polizze abbiano tutte lo stesso livello di
rischiosità, e supposte verificate le altre ipotesi, la conclusione cui perviene de
Finetti afferma che assicurando in futuro solo polizze che abbiano un livello di
rischiosità B, o uno più piccolo, si resta garantiti con la probabilità 1-e-G/B di non
fallire. Col passare del tempo il valore del fondo cambia e sia G1 il valore che
assume dopo un certo periodo; se si continuano ad assicurare polizze aventi lo
stesso livello di rischiosità B, muta anche la probabilità di non fallire in futuro che
diviene 1-e-G1/B; se invece si vorrà lasciare immutata tale probabilità, sarà
necessario riassicurare diversamente le polizze, assumendo come nuovo livello di
rischiosità B1, per cui sarà GB
GB
1
1= .
L’Ottaviani (1940) osserva che se si vuol mantenere inalterata la definizione di
pieno, sarà necessario modificare ogni tanto le condizioni; essendo inutile
considerare la probabilità di non fallire per un periodo di tempo lunghissimo, a
causa del cambiamento delle condizioni del fondo, sarà più logico considerare tale
probabilità entro un più breve periodo di tempo, al più quattro o cinque anni, e su
tale periodo basare la definizione di pieno.
Daboni (1986) mette in evidenza invece come l’impostazione proposta dal de
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 138
Finetti fornisca una interpretazione del modello di Lundberg-Cramer in una verione
semplificata e operativa sul piano pratico.
De Ferra & Pressacco (1987) notano che, pur se originale ed interpretativamente
efficace, il discorso sviluppato da de Finetti nella seconda parte del lavoro rientra
nell’alveo della teoria classica del rischio.
In seguito lo stesso de Finetti maturò nei confronti di questa teoria una
posizione critica ritenendo che per mantenere contenuta la probabilità di fallimento
su un orizzonte asintotico dovessero apprestarsi strategie tendenti a far crescere
indefinitamente ed oltre ogni limite le riserve di garanzia, anche in condizioni di
stazionarietà del portafoglio.
Si rese pertanto necessario considerare schemi di comportamento più realistici.
8.3-Il concetto di utilità nella riassicurazione
I primi approcci ai problemi di riassicurazione, e conseguentemente alla
probabilità di rovina, erano basati essenzialmente sul trovare una relazione
matematica tra alcune misure di stabilità, come la probabilità di rovina, e alcuni
parametri, quali ad es. il massimo limite di ritenzione (il pieno) che la compagnia
dovrebbe sempre tenere in considerazione.
Gran parte della letteratura oggi esistente è orientata invece verso l’applicazione
della teoria dell’utilità, Borch (1960, 1961, 1962, 1966, 1986), Seal (1969), Gerber
(1979), Goovaerts, De Vylder e Haezendonck (1984), Heijnen & Gerber (1985),
Hurlimann (1986), Daboni (1986), Heerwaarden, Kaas. Goovaerts (1989), Daykin,
Pentikainen e Pesones (1994), notano come la varianza non sia uno strumento
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 139
ideale come indice di preferibilità nella scelta tra diverse alternative, per cui è
necessaria l’introduzione delle funzioni di utilità atte a descrivere meglio il
comportamento di un decisore, sia esso l’assicurato, l’assicuratore o il
riassicuratore.
Borh (1960, 1961, 1962, 1963, 1966, 1986) occupandosi anche dei problemi di
riassicurazione connessi a tale approccio, dimostra che se una compagnia persegue
ben definiti obiettivi sulle sue polizze da riassicurare, seguendo dei criteri
economici, anche di validità generale, quali i criteri di ottimo paretiano o
particolari applicazioni connesse alla teoria dei giochi, questi obiettivi possono
essere rappresentati da una funzione di utilità che la compagnia dovrà cercare di
massimizzare.
Questa formulazione del problema renderà possibile in generale determinare un
unico trattato di riassicurazione ottimo quando sono conosciuti gli obiettivi delle
compagnie ed anche le situazioni economiche esterne.
8.4-Il problema dei pieni di de Finetti rivisitato con il criterio dell’utilità
attesa
Daboni (1986) affronta il problema della ritenzione ottimale dei rischi di un
portafoglio, riassicurato in quota individuale, adottando il criterio dell’utilità attesa
e mettendo in evidenza l’analogia di conclusioni che si possono trarre con
l’adozione di tale criterio e di quello della probabilità di fallimento nell’esercizio;
interpreta in termini del criterio dell’utilità attesa le conclusioni ricavabili con il
criterio della probabilità asintotica di fallimento ricavata da de Finetti.
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 140
Seguendo tale impostazione si considerino le funzioni di utilità concave che
descrivono il comportamento del soggetto decisore avverso al rischio, in
particolare le funzioni esponenziali caratterizzate da avversione al rischio costante.
Tralasciando questioni di carattere gestionale, si prenda in considerazione un
portafoglio di rischi non correlati. Posto
Xh il risarcimento aleatorio dell’assicuratore,
Ph il premio al lordo del caricamento di sicurezza e al netto dei caricamenti per
spese dell’assicuratore,
mh=Ph-E(Xh) il guadagno medio dell’assicuratore in assenza di riassicurazione,
Prh il premio, al lordo del caricamento di sicurezza e al netto dei caricamenti per
spese, che il riassicuratore richiederebbe per la copertura totale del rischio,
μh=Prh-E(Xh) il corrispondente guadagno medio del riassicuratore,
Gh il guadagno aleatorio dell’assicuratore riguardo alla polizza eventualmente
riassicurata,
Γh=Prh-Xh il guadagno aleatorio del riassicuratore per la copertura totale,
ah la quota percentuale di ritenzione di rischio.
Nel caso di riassicurazione in quota individuale risulterà
Gh=Ph-(1-ah)Prh-ahXh=bh+ahΓh (4.1)
E(Gh)=bh+ahE(Gh)=bh+ahμh,
Var(Gh)=a2hVar(Xh)=a2
hσ2h
per l’intero portafoglio riassicurato risulta
E(G)=ΣhE(Gh)=Σ(bh+ahμh)=M(a*)
ed, essendo i rischi non correlati
Var(G)=ΣhVar(Gh)=Σha2hσ2
h=V(a*)
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 141
dove a* indica il vettore le cui componenti ah devono soddisfare la condizione
0≤ah≤1.
Adottando il modello di utilità quadratica si perviene, per la determinazione
della ritenzione ottimale, a un problema di massimo o minimo vincolato la cui
soluzione, che riproduce il problema di minima varianza, fornisce i pieni relativi
stabilendo cioè le quote ottimali di ritenzione a meno di un fattore di
proporzionalità.
Utilizzando il modello di utilità esponenziale si ritrovano le stesse conclusioni
del de Finetti.
Si esaminerà adesso l’andamento dell’utilità attesa del guadagno aleatorio
dell’assicuratore realizzabile con la singola polizza al variare della quota di
ritenzione; si consideri la funzione E[u{G(a)}], [ ]a∈ 0 1, il cui comportamento è
riconducibile a quello dello sviluppo, arrestato al terzo termine, della funzione
cumulante del guadagno G(a)/B=(b+aΓ)/B, [ ]a∈ 0 1, (vedi la 4.1), dove B è il
coefficiente di potenzialità massima il cui reciproco 1/B misura l’avversione al
rischio in condizioni di guadagno nullo, ovvero
ψ μ σ σ γ( ) ( )!
a a a a=− + + +bB B B3
1 12
1 13
12 2
23 3
dove γ è il coefficiente di asimmetria della distribuzione del guadagno della polizza
assicurata; il minimo di tale funzione, al variare di a in [0,1], è un minimo relativo
interno o cade nell’estremo a=1 a seconda che
mina = −⎡
⎣⎢
⎤
⎦⎥B
μ
σ
μσ
γ2 112
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 142
sia minore o maggiore uguale a 1. In quest’ultimo caso ψ(a)<0 in tutto l’intervallo
0≤ah≤1; se amin<1, si distinguono due casi
1)1B
2m 2)
1B
2m2 2≥ <
σ σ
che riguardano il confronto coefficiente di avversione al rischio con il rapporto
guadagno medio/varianza della polizza non riassicurata.
Nel primo caso se l’avversione al rischio è non inferiore al doppio del rapporto
guadagno medio/varianza della polizza non riassicurata, la riassicurazione in quota
sarà vantaggiosa, indifferente o svantaggiosa a seconda rispettivamente che la
quota a sia minore, uguale o maggiore della radice positiva a0 dell’equazione
ψ(a)=0 ed è ao<1 se il coefficiente di asimmetria, γ, della distribuzione di X è
positivo o se, essendo negativo, è sufficientemente piccolo in valore assoluto.
Nel secondo caso sarà vantaggioso ritenere qualsivoglia quota del rischio e la
vantaggiosità sarà massima con la ritenzione piena se γ<0 e 0<γ<γ0, mentre se γ è
positivo e non inferiore a γ0 esiste una determinazione a<a0 per i quali la
riassicurazione è vantaggiosa rispetto a quelli a>a0, per i quali è svantaggiosa e
indifferente per a=a0; la massima vantaggiosità si realizzerà in corrispondenza ad
mina a≅12 0.
Riconsiderando il problema formulato da de Finetti, Daboni (1986) considera la
funzione generatrice del guadagno Gh(a*) della polizza riassicurata secondo il
criterio a* della probabilità di fallimento, vale a dire la funzione
ϕGh(a*)(λ) =E[e-λGh(a*)]
che è minore di 1 in 0≤λ≤ a* e maggiore di 1 in λ>a*, e dimostra che, ragionando
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 143
in termini di utilità attesa, la politica di riassicurazione che prospetta il guadagno
Gh(a*) sarà vantaggiosa, indifferente o svantaggiosa a seconda che la potenzialità
massima B sia maggiore, uguale o minore del livello di rischiosità 1/a*.
Individuata viceversa la politica ottimale di riassicurazione con il criterio
dell’utilità attesa, in corrispondenza ad un fissato valore di avversione al rischio,
con riferimento ad un portafoglio di rischi tutti riassicurabili con la medesima
politica, tanto più elevata sarà l’avversione al rischio del soggetto decisore tanto
minore sarà la probabilità che egli attribuirebbe all’esaurimento nell’esercizio del
fondo inizialmente a sua disposizione.
8.5-Dividendi ottimi
Non si è finora presa in considerazione la possibilità per l’impresa assicuratrice
di pagare i dividendi, cioè gli interessi azionari, agli azionisti della riserva di
rischio (fondo di garanzia). É comprensibile che l’interesse guadagnato sulla
riserve potrebbe accrescere il profitto frutto dei caricamenti sui premi,
specificatamente destinati per la distribuzione agli azionisti.
Se R(t), probabilità di rovina nel breve o nel lungo periodo, diventa troppo
elevata in qualche istante t si potrebbe ridurre il caricamento η o si potrebbe
aumentare il limite di ritenzione Z
In letteratura esistono diversi studi del problema in questione, tra gli altri Borch
(1960, 1961, 1962), Seal (1969), Gerber (1979).
Uno dei primi studi è dovuto al de Finetti (1957/b), il quale rendendosi conto di
come la teoria di Lundberg presenti un modello in cui la speranza matematica del
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 144
guadagno dell’assicuratore cresce linearmente nel tempo, suggerì una rettifica di
tale comportamento introducendo una politica di controllo che consiste nel fissare
un livello di soglia Z, superato il quale la parte eccedente del guadagno
manifestatosi viene istantaneamente investito; il fondo di garanzia è pertanto
vincolato a non superare Z.
Il modello è quello di un processo stocastico in presenza di una barriera
riflettente e di una assorbente e la probabilità che il processo si arresti prima o poi
in 0, cioè che intervenga la rovina, è uguale a 1.
Sarà necessario quindi scegliere una strategia con criteri del tipo:
-rendere massimo il valore attuale atteso dei futuri dividendi;
-rendere massima la durata attesa di vita della gestione;
Seguendo tale impostazione si consideri una compagnia di assicurazione che in
ciascuno degli esercizi successivi sottoscriva portafogli identici, e siano dati: il
fondo iniziale della compagnia, S; il premio, P=κ1+η1, con 1 0 x F(x)κ =∫ ∞ d ,
ricevuto dalla compagnia all’inizio di ciascun esercizio al lordo del caricamennto
di sicurezza e al netto del caricamento per spese; la f.r., F(x), degli indennizzi, che
costituiscono un processo di Poisson composto, pagati dalla compagnia in ciascun
esercizio.
Sia E(S) il numero atteso di anni prima del fallimento della compagnia, che ha
f.r. dell’uscita dell’indennizzo totale F(x). Allora, per 0≤S<Z si ha,
E(S) 1 E(S P x) F(x)0S P= + + −∫ + d (5.1)
con la condizione limite E(S)=E(Z), S≥Z. Questa è una equazione integrale che
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 145
può essere risolta numericamente per date f.r. F(.), (Seal, 1969). de Finetti (1957/b)
dopo aver presentato il problema nello schema concettuale utilizza un modello di
passeggiata aleatoria espressa da P=1 e
F(x)p 0 x 2
1 2 x=
≤ <
≤ <∞
⎧
⎨⎪
⎩⎪
(5.2)
e la (5.1) diventa
E(S)=1+pE(S+1)+qE(S-1) (5.3)
con le condizioni limite
E(0)=0 e E(Z)=1+pE(Z)+qE(Z-1).
Se Ct è il capitale iniziale della compagnia alla fine dell’esercizio t e xt+1 gli
indennizzi pagati dalla compagnia durante l’esercizio t+1, il capitale della
compagnia alla fine di tale esercizio sarà Ct+1=Ct+P-xt+1. Si assuma ora che la
compagnia operi sotto le seguenti condizioni:
-Se Ct<0 la compagnia sarà insolvente, o rovinata, e non potrà più operare in
ciascun esercizio seguente;
-Se Ct>Z, la compagnia pagherà un dividendo st=Ct-Z. Sarà naturale assumere
che Z sia scelto dal management, perché i profitti cumulati oltre Z avranno una
utilità più bassa dei dividendi pagati.
Il pagamento dei dividendi s1,s2, ...,sτ,...è una successione di v.c; V(S) sarà la
somma attesa scontata dei pagamenti dei dividendi che la compagnia farà prima
dell’inevitabile rovina; sarà:
[ ]V(S) E st
t 1t=∑
=
∞
v (5.4)
dove v sarà il fattore di sconto v=(1+i)-1, i deve essere interpretato come il
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 146
guadagno che compete agli investimenti.
Si supponga adesso che l’interesse guadagnato sulla riserva di rischio sia ad un
tasso tale che il valore di una unità pagabile alla fine dell’anno sia uguale a
1-k(1-v), 0≤k≤1;
l’interesse sarà sempre pagato agli azionisti qualunque sia la grandezza della
riserva; si supponga inoltre che l’utile netto di ogni anno, P-X, dove X è l’uscita
dell’indennizzo totale con f.r. F(.), non sia sottoposto ad interesse. Sotto queste
condizioni, il valore atteso dei futuri dividendi sarà
[ ]V(S) k(1 )S V(Z) S p Z x) F(x)0S P Z= − + + + − −∫ ++ −v v d
+ + −∫ + −+v dV(S P x) F(x)S P Z
S P (5.5)
dove il primo integrale, che rappresenta il pagamento dei dividendi eseguito
quando X è piccolo, si annulla per S≤Z-P, ed in tal caso il limite inferiore del
secondo integrale sarà zero.L’equazione potrà essere semplificata a
V(S)=k(1-v)S+vV(Z)F(S+P-z)+v d v dF(x) x V(x) F(S P x)x0Z
0S P Z + ∫∫ + −+ − (5.6)
con il secondo e il terzo termine uguale a zero quando S≤Z-P, ed in questo caso il
limite superiore del secondo integrale sarà uguale a zero.Se S>Z si avrà
V(S)=V(Z)+S-Z (5.7)
Nel casi precedente in cui P=1, e F(.) è data dalla (5.2), la (5.6) per 0<S≤Z, si
semplificherà a
V(S)=k(1-v)S+vpV(S+1)+vqV(S-1) (5.8)
posto che V(Z+1)=V(Z)+1 e V(0)=0. Borch, secondo Seal (1969), riconsiderò la
(5.8) per K=0 con la differente condizione limite V(-1)=0, che è il fallimento per
S=-1 invece di S=0. Dimostrò che non è possibile aumentare il valore atteso dei
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 147
dividendi futuri V(S) con la riassicurazione proporzionale per quota, poichè
provoca un incremento di E(S) nella (5.3), che conduce ad una infinita probabilità
di vita e nessun dividendo quando la quota riassicurata è del 100%; suggerì che il
management della compagnia dovrebbe cercare di massimizzare entrambi E(S) e
V(S) quando formula la polizza riassicurativa.
L’innovazione di de Finetti, secondo Borch (1961), De Ferra & Pressacco
(1987), consiste nel rimuovere la probabilità di rovina come parte dell’obiettivo
della compagnia, sostituendola con la speranza matematica del valore attuale dei
dividendi futuri di impresa distribuibili in accordo ad una strategia a barriera
riflettente, e definendo un limite superiore alle riserve che la compagnia vorrebbe
accumulare. Si dovrà anche considerare un limite inferiore dell’interesse sul
capitale che la compagnia dovrebbe possedere all’inizio di ciascun esercizio. Ciò
significa che dopo un esercizio sfavorevole si dovrebbe cercare di ottenere un
nuovo tasso di interesse sul capitale e ciò dovrebbe essere possibile se i mercati dei
capitali funzionassero efficientemente. Se la compagnia è proprietaria di una
società finanziaria, ci si dovrà aspettare che il proprietario provveda a che le società
collegate finanzino ciascun esercizio con un ottimo ammontare di capitale netto.
Borch dimostra che l’ammontare ottimo di capitale da mettere a rischio è uguale
all’attuale valore atteso dei guadagni.
Secondo De Ferra & Pressacco (1987) è il livello della barriera riflettente- che
consiste nel ripartire come dividendo l’intera eccedenza delle risorse libere
aziendali rispetto ad un livello prefissato del fondo di garanzia- a giocare nel
modello il ruolo di variabile decisionale, determinata dalla mediazione fra due
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 148
esigenze contrapposte: aumentando il livello del fondo si ottiene una migliore
prospettiva di durata degli affari e dunque di guadagni futuri, il cui inizio deve
però essere differito di una attesa tanto più lunga quanto più alto è, a parità di
capitale iniziale, il livello stesso.
7.6-Trattati di riassicurazione reciproci
Borch (1962) studiò il caso di due compagnie di assicurazione che negoziano
per concludere un reciproco trattato di riassicurazione. Dimostrò che sotto
determinate condizioni esiste un unico trattato ottimale per entrambe le compagnie.
Nel 1982 generalizza tali risultati ad n compagnie, ciascuna delle quali possiede un
portafoglio di contratti assicurativi.
La situazione di rischio per la ima compagnia è definita da due elementi:
-la distribuzione del rischio Fi(xi) che è la probabilità che l’ammontare totale di
indennizzi che si presentano nel portafoglio di contratti non ecceda xi, con
x1,...,xi,...,xn stocasticamente indipendenti;
-il fondo, Si, che la compagnia ha disponibile per il pagamento degli indennizzi.
A questa situazione di rischio la compagnia attribuirà una utilità Ui(Si,Fi(x)i).
Dall’assioma di Von Newmann & Morgerstern segue che
( ) ( ) ( )i i i i0
i i i iU S ,F x u S x d F x⎛
⎝⎜⎜
⎞
⎠⎟⎟= ∫ −
∞
dove ui(x) è l’utilità della moneta della ima compagnia, e u(x) è una funzione
continua non decrescente di x derivabile fino al secondo ordine. In questa
situazione la ima compagnia si impegnerà a pagare un ammontare xi se gli
indennizzi che si presentano nel suo portafoglio ammonteranno a xi.
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 149
Nel mercato riassicurativo le compagnie potrebbero portare a termine trattati per
scambiare i loro iniziali impegni. Per esempio un trattato reciproco tra la
compagnia i e la compagnia j potrebbe essere definito da due funzioni yi(xi,xj) e
yj(xi,xj) dove yi(xi,xj) è l’ammontare che la compagnia i dovrebbe pagare alla
compagnia j. Da quel momento dovranno essere pagati tutti gli indennizzi e seguirà
che yi(xi,xj)+yj(xi,xj)=xi+xj. Generalizzando si introduce un insieme di funzioni
yi(x1,x2, ... ,xn) i=1,2, ... ,n
che sarà l’ammontare che la ima compagnia dovrà pagare se gli indennizzi del
proprio portafoglio ammonteranno a x1,x2, ... ,xn.
Queste funzioni dovranno chiaramente soddisfare alla condizione
( )ii 1
n
1 2 n ii 1
n
y x ,x ,...,x x= =∑ =∑ =x
dove x è la somma di v.c. rappresentanti i portafogli iniziali.Questo insieme di
funzioni definirà un unico insieme di trattati conclusi dalle n compagnie nel
mercato riassicurativo che cambieranno l’utilità della ima compagnia da
( ) ( )i0
i i iu S x d F x∞
∫ −
a
( )( ) ( ) ( )... u S y .x x d F x ...d F xi00
i i i n 1 1 n n
∞∞
∫∫ − ,... .
Per semplicità si indicherà con x il vettore {x1,x2, ... ,xn}. Se le compagnie agiranno
razionalmente e se esisterà un altro insieme di trattati con un corrispondente vettore
y tale che Ui(y)≤Ui(y ), dove y dovrà essere chiaramente inferiore a y , non
concluderanno l’insieme di trattati rappresentati dal vettore y. Se invece non
esisterà nessun vettore y soddisfacente a quest’ultima condizione, l’insieme di
trattati rappresentati da y sarà un ottimo Paretiano.
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 150
Borch (1960) dimostra che condizione necessaria e sufficiente affinché y(x) sia
un ottimo paretiano è che esistano n-1 costanti positive scelte arbitrariamente
k2...kn tali che
( )( ) ( )( )
( )
i i i i i 1 1
ii 1
n
ii 1
ni
u' S y x k u' S y x
y x x
k 0, i 2,3,...,n
− = −
∑ =∑
⎫
⎬⎪⎪
⎭⎪⎪
> =
= =
.
In una versione semplificata dovuta a Seal (1969) si trova che la condizione di
ottimo sarà raggiunta quando e solo quando
u’2(S2-x1-x2+z)=ku’1(S1-z), k>0
dove S1 e S2 sono le rispettive riserve di rischio delle due compagnie, inclusi i
premi pagati per l’anno, x1 e x2 sono gli indennizzi totali pagati prima dell’accordo
riassicurativo, e z è il totale di uscite della prima compagnia dopo che lo scambio
di riassicurazione è stato effettuato. Seal (1969) nota che l’incremento di utilità
della prima compagnia necessariamente porta a un decremento di quella della
seconda; ciò rivela il conflitto di interesse che esiste tra compagnie che scambiano
parte del proprio portafoglio.
Se le compagnie condurranno le negoziazioni riassicurative in modo razionale
ci si aspetterà dunque che esse portino a termine un insieme di trattati Pareto
ottimali; ma in ogni caso l’assunzione di razionalità non è sufficiente, in quanto per
determinare k2...kn, sarà necessario specificare altre assunzioni circa il modo in cui
le compagnie negoziano.
Gerber (1979), Seal (1969), Borch (1962) assumono che l’utilità di tutte le
compagnie possa essere rappresentata dalla funzione di utilità quadratica ui(x)=-
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 151
aix2+x per i=1,2, ... ,n. e anche che il parametro ai sia positivo e così piccolo che la
funzione di utilità ui(x) sia una funzione crescente nel dominio di definizione che si
sta considerando, cioè per ai<1/2Si, dove nessun indennizzo è considerato così
grande da non poter essere sottoscritto dalla compagnia i. Il parametro ai può essere
evidentemente interpretato come una misura di avversione al rischio della
compagnia, il cui obiettivo sarà quello di massimizzare i profitti attesi ignorando
tutti i rischi di deviazione da questi. Si dimostra pertanto che
ii i
j j
k /k /
β =∑
aa
che altro non è, secondo Borch, che la quota fissa che la compagnia i dovrà cedere
alle altre compagnie in un trattato di riassicurazione per eccesso sinistro, ritenuto in
letteratura la miglior forma di riassicurazione non proporzionale; Borch (1960),
Kahn (1961), Heerwaarden, Kaas, Goovearts (1989), sono pervenuti, infatti, alla
conclusione secondo cui se il premio di riassicurazione è proporzionale al valore
atteso del rischio, allora per ogni prefissato premio di riassicurazione il contratto
dovrà essere necessariamente della forma per eccesso sinistro.
8.7-Prezzo di mercato: domanda e offerta di riassicurazione
In letteratura, generalmente, si considerano i rischi completamente staccati da
ogni altro contesto economico reale, che invece, per una visione completa del
problema, sarebbe bene prendere in considerazione, sebbene in maniera non troppo
formale; studi approfonditi sono stati effettuati da Borch (1962), Pesones (1984),
Daykin, Pentikainen e Pesones (1994). Seguendo l’impostazione di Borch (1962),
si assume che esista un ben definito prezzo di mercato, almeno per alcune
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 152
determinate forme di assicurazione. Se esiste questo prezzo di mercato significa
che sarà possibile associare un numero P(F(x)) a ogni distribuzione di probabilità
F(x) cosicché P(F(x)) è l’ammontare di moneta che una compagnia di assicurazione
può ottenere accettando di pagare un indennizzo che è una v.c. con distribuzione di
probabilità F(x), o, in altri termini, è l’ammontare che può ricevere dal mercato
degli assicuratori per pagare gli indennizzi che si verificano in un portafoglio con
distribuzione di rischio F(x). Sarà anche possibile per la compagnia essere sollevata
dalla responsabilità per il pagamento di tali indennizzi pagando l’ammontare
P(F(x)) al mercato.
Si assuma che la compagnia accetti tale responsabilità per due portafogli aventi
distribuzione di rischio rispettivamente F1(x1) e F2(x2) e che x1 e x2 siano v.c.
stocasticamente indipendenti e inoltre che x1+x2=x abbia distribuzione di
probabilità F(x).
Sarà naturale richiedere che la compagnia possa ricevere lo stesso ammontare
nonostante possa accettare i due portafogli o separatamente o in un unica
transazione; ciò significa che si dovrà avere
P(F(x))=P(F1(x1))+P(F2(x2))
tale condizione di additività è chiaramente parallela all’assunzione del modello
classico secondo cui il prezzo per unità è indipendente dal numero di unità incluse
in una transazione. Borch dimostra che il solo concetto di prezzo che soddisferà
tale condizione sarà
P(F) x F(x) 10
= =∫∞
d κ
che significa che la situazione di rischio è negoziata sul pagamento di un deposito
Riassicurazione, teoria del rischio e utilità 153
uguale all’ammontare atteso di richieste di indennizzo, o, con la terminologia
assicurativa, che tutte le riassicurazioni sono basate sul principio del premio puro.
Si consideri adesso una compagnia nella situazione di rischio (S,F(x)), la cui
utilità in questa situazione sarà data da
( )( ) ( ) ( )U S,F x u S x F x0
= −∫∞
d ;
se la compagnia assicura il pagamento dell’indennizzo y con distribuzione di
probabilità G(y) riceverà un ammontare P(G). Se x e y sono stocasticamente
indipendenti questa transazione cambierà l’utilità della compagnia a
( ) ( ) ( )U S P(G),H(x) u S P(G) x F x y dG(y)0 0
+ = + −∫ −∫⎛
⎝⎜
⎞
⎠⎟=
∞ ∞
d
( )= + −∫∞
u S P(G) x H(x)0
d
dove H(x) è la convoluzione di F(x) e G(y). Se la compagnia agirà razionalmente
sceglierà tra i portafogli disponibili quello con la distribuzione di rischio G0(y) che
massimizzerà la funzione U(S+P(G),H(x)).
Questa funzione G0(y) può essere considerata come il totale di copertura
riassicurativa che la compagnia dovrà fornire al prezzo dato.
Il problema della determinazione dell’ampiezza della domanda di copertura
riassicurativa è più complicato; si perviene comunque alla conclusione che il
trattato di riassicuraxzione che massimizzi l’utilità della compagnia dipenderà non
solo dal prezzo dato ma anche dal numero di riassicuratori che contribuiranno a
formare tale prezzo.
Capitolo IX
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza
matematica: considerazioni operative
Si è già messo in evidenza che un approccio manageriale alla teoria del rischio è
dovuto a de Finetti (1957) che, contestando i tradizionali modelli di teoria
collettiva del rischio costretti, per contenere la probabilità asintotica di rovina, ad
ipotizzare una crescita media indefinita del fondo di garanzia dell’impresa,
affrontando il problema nella classe delle politiche a barriera orizzontale, già
definite problemi di assorbimento (vedi 2.4.1 del cap. II, pg 41), propone di
considerare come variabile obiettivo il valore attuale atteso dei dividendi di
impresa determinati, dato il fondo di garanzia iniziale, in funzione di una variabile
decisionale Z, livello di barriera riflettente, atta a definire in modo opportunamente
semplice una strategia di distribuzione dei dividendi stessi; suppone che gli utili dei
successivi esercizi siano v.a. indipendenti ed ugualmente distribuite, potendo
assumere soltanto i valori +1 e -1 con probabilità rispettive p e q, con p+q=1 e p>q.
Questo approccio, approfondito e divulgato da Borch (1968, 1974) venne
ripreso dallo stesso nel 1984, proponendo una versione del modello che prevede in
ogni caso, eccetto che al verificarsi della rovina, il ritorno, al termine di ogni
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica: considerazioni operative 157
esercizio, al livello di barriera giudicato ottimale; ciò implica ovviamente la
distribuzione dei dividendi negativi, cioè una reintegrazione del fondo di garanzia
dell’impresa al termine di esercizi sfavorevoli. Questo modello consente di ottenere
espressive condizioni di ottimo per il livello della barriera, cioè del fondo di
garanzia.
Successivamente diversi studiosi di modelli economici hanno approfondito
queste problematiche, evidenziandone soprattutto gli aspetti operativi.
Pressacco & Picech (1988) propongono un ulteriore avanzamento scegliendo
come funzione obiettivo quello che, con terminologia della finanza matematica,
definiscono il valore attuale netto dell’impresa assicuratrice, ossia la differenza fra
il valore attuale dei flussi di cassa futuri generati dall’impresa e il fondo di garanzia
iniziale necessario per avviare l’attività della compagnia.
Nel modello proposto si suppone un rendimento finanziario positivo delle
risorse della compagnia e che il valore attuale netto dell’impresa sia ottenuto
depurando il valore attuale lordo (attualizzazione dei flussi di cassa futuri) del
costo dell’investimento iniziale.
Dimostrano che detenere fondi di garanzia allo scopo di esercitare attività
assicurativa è, per così, dire finanziariamente svantaggioso. Per contro si ha una
vantaggiosità media della componente tecnica di gestione, per la quale converrebbe
prolungare al massimo la durata dell’attività dell’impresa.
Poiché la durata media dell’impresa prima della rovina è funzione crescente del
livello di surplus, un aumento di questa provoca un miglioramento delle prospettive
della gestione tecnica, ma un contemporaneo peggioramento di quelle finanziarie.
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica: considerazioni operative 158
Allo scopo di potere valutare modelli di gestione del rischio finanziario più
aderenti ad applicazioni non assicurative, in cui è poco plausibile l’ipotesi di
correlazione nulla tra i successivi incrementi del fondo di garanzia, L. Vannucci
(1989) determina la politica ottima dei dividendi, nella classe delle politiche a
barriera orizzontale, con l’ipotesi che gli incrementi del fondo di garanzia
dipendano da un processo di alternativa markoffiano omogeneo.
Supponendo un orizzonte temporale illimitato, anche in questo caso si assume
che l’obiettivo del decisore sia quello di massimizzare il valore atteso del risultato
economico di gestione attualizzato, W(h,n), differenza tra il valore attuale dei
guadagni futuri (interessi anticipati e dividendi) e del valore iniziale del fondo di
garanzia.
Per determinare l’espressione analitica di W(h,n), si considerino i seguenti
valori attuali:
r(h,n)=rn(h) valore attuale dei guadagni futuri all’inizio di un qualsiasi
esercizio quando si disponga di un fondo di garanzia di importo h
e il precedente esercizio si sia concluso con utile +1, per
h=0,1,...,n;
s(h,n)=sn(h) valore attuale dei guadagni futuri all’inizio di un qualsiasi
esercizio quando si disponga di un fondo di importo h e il
precedente esercizio si sia concluso con utile -1, per h=0,1,...,n;
Se rn(0)=sn(0)=0 e se n≥2 si ha rn(1)=0, riferendosi ad eventi impossibili. Se si
assume che v sia il fattore di sconto con cui si calcolano i valori attuali e che a(1-v)
sia l’interesse anticipato su una unità del fondo rischi con 0 1≤ ≤a , allora si hanno
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica: considerazioni operative 159
le seguenti equazioni ricorrenti e condizioni ai limiti
rn(h) = a(1-v) h + (1-a) v rn(h+1) + a v sn(h+1)
per h=2,3,...,n-1 (9.1)
rn(n)= a (1-v) n +(1-a) v (rn(n)+1) +a v sn(n-1)
sn(0)=0
sn(h)= a (1-v) h + b v rn(h+1) + (1-b) v sn(h-1) (9.2)
per h=1,2,...,n-1
W(h,n)= a (1-v) h +c v rn(h+1) + (1-c) v sn(h-1) - h
per h=1,2,...,n-1 (9.3)
W(n,n)= a (1-v) n +c v (rn(n)+1) + (1-c) v sn(n-1) -n
Nel caso in cui n=1 le (9.1), (9.2), (9.3) conducono al sistema lineare
r1(h)= a (1-v) + (1-a) v (r1(1)+1)
s1(0)=0 (9.4)
W(1,1)= a (1-v) +c v (r1(1)+1)-1
da cui si ottiene che
r (1) (1 v) (1 ) v
1 (1 ) v
W(1,1) (1 v) c v 1 c v (1 v) (1 ) v
1 (1 ) v
1 =− + −− −
= − + − +− + −− −
a aa
aa a
a;
(9.5)
per n≥2 si ottengono sistemi lineari del tipo (9.4) la cui dimensione è però a rapida
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica: considerazioni operative 160
crescita e comporterebbe onerosi calcoli.
Per poter invece calcolare il valore delle successioni rn(h) e sn(h), al limite
esplicitarle in funzione dei parametri del modello e quindi determinare il valore di
W(h,n) tramite la (9.3), un conveniente metodo è quello che si basa sulle funzioni
generatrici
f(t) r (h)t t R
g(t) s (h)t t R
nh
h 2
n
nh
h 2
n
= ∑ ∈
= ∑ ∈
=
=
Moltiplicando la (9.1) e la (9.2) per th+1 e sommando membro a membro sui
rispettivi valori di h, si ottiene che le funzioni generatrici debbono verificare il
seguente sistema lineare nelle incognite f(t) e g(t)
[t - (1-a)v] f(t) -a v t2g(t)= a(1-v)[2t3+...+ntn+1]+(1-a) v[rn(n)+1]tn+1-rn(2) t2]
-bv f(t) - [t-(1-b)vt2] g(t)= a(1-v)[t2+...+(n-1)tn] - (1-b)v sn(n-1)tn+1
Vannucci ha redatto una procedura di calcolo dei valori delle suddette successioni
consistente nella determinazione dei due valori reali e distinti di t che annullano il
determinante della matrice dei coefficienti del suddetto sistema, risolto il quale,
ottenuti cioè i valori di rn(2) e di rn(n), è poi facile calcolare tutti gli altri valori di
rn(h) e di sn(h) utilizzando le (9.1) e (9.2) e infine tramite la (9.3) si potranno
determinare i valori di W(h,n).
Vannucci analizza l’effetto della variazione del valore dei parametri nella
individuazione della politica ottima, traendo le seguenti conclusioni: tra il livello di
sicurezza, quantizzato dal valore ottimo di n, e a sussiste correlazione positiva; tra
Applicazioni della teoria del rischio alla finanza matematica: considerazioni operative 161
il suddetto livello di sicurezza e i, tasso di valutazione da cui segue v=1/(1+i),
sussiste correlazione negativa; un più elevato valore medio degli utili periodali
giustifica un più elevato livello di sicurezza.
Quest’ultima è una conclusione in netto contrasto con quella che si ottiene
impiegando il criterio della probabilità di rovina, secondo cui per garantirsi un dato
livello di sicurezza è necessario un fondo di garanzia tanto più elevato quanto
meno profittevole è il processo degli utili.
Vannucci dimostra che la misura dell’adeguamento ottimo, del livello di
sicurezza, al variare del valore medio degli utili è fortemente differenziata per i vari
tipi di correlazione tra gli utili di successivi esercizi; ci deve essere una reattività
all’adeguamento più forte quando la suddetta correlazione è positiva.
Dimostra infine che, a meno che il livello di sicurezza non si riduca al minimo,
anche gli aggiustamenti imposti nella politica ottima al variare di a e di v sono
maggiori quando la correlazione tra utili di diversi esercizi è positiva rispetto alle
altre ipotesi di correlazione nulla e negativa.
Conclusioni
Come già accennato nell’introduzione, la teoria matematica del rischio
costituisce un esempio di come un problema economico possa ricondursi ad un
modello matematico e di quali risultati possano trarsene ai fini pratici. Essa valuta e
risolve il problema della sicurezza di una impresa assicuratrice e i risultati cui
conduce riguardano la probabilità di fallimento di un’impresa per effetto delle
oscillazioni che possono manifestarsi nella frequenza dell’evento assicurato.
Per una compagnia di assicurazioni, come si è visto, si avrà una situazione di
fallimento quando la propria riserva di rischio diventa nulla o addirittura negativa,
mentre se, continuando nello svolgimento dell’attività assicurativa, tale riserva
verrà incrementata dal caricamento di rischio dei premi ricevuti meno gli
indennizzi e, se sarà tanto elevata da consentire tutti i pagamenti e se inoltre non
verrà accettata la copertura di rischi ingenti, allora, per la compagnia, le condizioni
di stabilità saranno assicurate.
Si è constatato che oggi vi è un rinnovato interesse nei confronti della teoria del
rischio, la quale ha avuto, in Italia, uno dei più illustri fautori in Bruno de Finetti;
non è esagerato infatti affermare che, sia per il peso specifico nell’elaborazione
teorica, che per i suoi riflessi nelle applicazioni concrete, il contributo apportato da
de Finetti occupa un posto di grande rilievo, anche a livello internazionale, nello
Conclusioni 164
sviluppo di tutta la teoria. Ma è con grande rammarico che si è constatato anche
come gli studiosi italiani del dopo de Finetti hanno dedicato, nell’ultimo ventennio,
nei confronti di essa pochissima attenzione; la produzione letteraria
sull’argomento, in lingua italiana, è infatti scarsissima, quasi irrisoria, per contro è
vastissima quella straniera soprattutto della scuola svedese e di quella
angloamericana.
La tesi è rivolta a presentare quelle applicazioni attuariali del Calcolo delle
probabilità e della Statistica forse sottovalutate e oggi invece di enorme interesse
dato il forte incremento del ramo assicurativo-pensionistico.
Riuscire nell’intento non è certo stato privo di difficoltà: è stato necessario un
lungo periodo di studio preliminare sugli aspetti teorici e tecnici che regolano
l’andamento di un’impresa assicuratrice e un altrettanto lungo periodo di tempo,
non solo per la ricerca di tutti i testi e gli articoli più recenti, ma soprattutto per il
loro coordinamento e per l’analisi dei loro contributi.
Si è cercato, nel presente lavoro, di descrivere la teoria del rischio nella maniera
più unitaria possibile e in modo chiaro ed esauriente, proprio per la mancanza di un
testo in lingua italiana che ne descriva quanto meno le linee essenziali.
Si è anche visto come l’interpretazione della teoria del rischio data sia da de
Finetti che da Lundberg possano entrambe essere ricondotte ad un unico modello
dovuto proprio al de Finetti che, generalizzando le ipotesi del Lundberg, tolse
l’impostazione collettiva alla teoria, conservando ad essa l’aspetto asintotico e
stabilendone un legame con la teoria classica.
Si è visto che l’obiettivo della teoria collettiva è quello di rendere piccola la
Conclusioni 165
probabilità di fallimento entro un tempo infinito, studiando la probabilità di
esaurimento del fondo di garanzia che, partendo da un dato valore iniziale viene
alimentato dai premi e diminuito da spese, sinistri, etc...
Interpretato schematicamente, tale processo si identifica con quello del
giocatore che partecipa indefinitamente a un gioco e che si rovina se, a un certo
momento, la sua perdita supera il capitale di cui disponeva inizialmente;
precisamente, si è dimostrato il “teorema della rovina dei giocatori” secondo cui,
comunque grande sia il capitale iniziale, la probabilità per un giocatore di poter
ripetere un gioco equo senza rovinarsi si avvicina a zero quando il numero delle
ripetizioni è sufficientemente grande. Invece, se le condizioni del gioco gli sono
favorevoli, la probabilità di non rovinarsi mai, per quanto a lungo egli giochi, non è
più nulla, ed anzi può essere grande ed avvicinarsi alla certezza se il margine di
vantaggio, o il capitale iniziale, o entrambi, sono sufficientemente elevati.
Nel caso dell’assicuratore ciò significa che, essendo le condizioni in suo favore
grazie al caricamento, ed avendo un certo fondo, avrà una probabilità non nulla di
non fallire mai, supponendo però che gli utili vadano sempre ad incrementare il
fondo o che comunque vi affluiscano in parte sufficiente affinché il fondo cresca
con sufficiente rapidità finendo per sorpassare ogni limite per quanto grande.
É chiaro infatti che, se si giungesse ad una situazione stazionaria, anche la
probabilità di fallimento entro un anno sarebbe stazionaria, e potrebbe essere
piccola ma non nulla; in tal caso la probabilità di fallire entro un numero
sufficientemente grande di anni tenderebbe alla certezza.
Si è evidenziato anche come le questioni basate sulla funzione di utilità
Conclusioni 166
dell’assicuratore e che conducono a determinarne il pieno e a consigliarne la
politica di riassicurazione appartengono ad tipo di considerazioni che già erano
presenti tradizionalmente nella teoria classica e oggi in un certo senso la includono
e la sostituiscono.
Si è analizzato il problema delle politiche riassicurative più convenienti,
nell’ambito delle riassicurazioni proporzionali per eccedente in quota individuali,
sia con riferimento ad un unico esercizio, che rispettivamente, ad un unico
orizzonte temporale asintotico, di una compagnia il cui fondo iniziale sia assegnato
e che abbia assunto durante l’esercizio in questione un certo numero di contratti.
Poiché ogni cessione riassicurativa diminuisce la rischiosità della posizione
della compagnia, ma contemporaneamente ne diminuisce anche la profittabilità,
ovvero la speranza matematica del guadagno, per raggiungere l’obiettivo di ridurre
convenientemente la probabilità di rovina, ossia la rischiosità della compagnia, con
il minimo sacrificio in termini di profitti, si è fissato un procedimento in due stadi
L’obiettivo del primo stadio è quello di rendere minima la probabilità di rovina
per ogni fissato valore della speranza matematica del guadagno globale trattenuto,
restando individuata una famiglia di problemi di ottimo vincolato le cui soluzioni
costituiscono l’insieme delle politiche riassicurative efficienti o di optimum.
Atteso che spostamenti lungo la frontiera efficiente possono aversi solo
pagando miglioramenti nella sicurezza con diminuzioni nella profittabilità, nel
secondo stadio si è individuata una soluzione particolare fra quelle di optimum e
precisamente quella cui corrisponde un valore soggettivamente accettabile della
probabilità di rovina.
Conclusioni 167
Attraverso queste considerazioni il problema di tenere bassa la probabilità di
fallimento si riconduce a quello di tenere basso lo scarto standard, che in un certo
senso dà una misura della entità del rischio globale sopportato dall’assicuratore.
Se poi si tiene conto che l’esigenza di ridurre il rischio è antagonista a quella di
accrescere il margine di guadagno sperato (caricamento, al netto delle spese),
questa impostazione suggerisce di massimizzare il guadagno, diminuito di un
importo, detto coefficiente di proporzionalità, proporzionale alla varianza; tale
coefficiente è tanto maggiore quanto maggiore è l’avversione al rischio, ossia
quanto maggior peso si dà alla sicurezza nei confronti del guadagno.
Si giunge, pertanto, a riallacciarsi al criterio della teoria delle decisioni che si
basa sull’utilità.
Si è dimostrato infatti che, ragionando in termini di utilità attesa, la politica di
riassicurazione che prospetta il guadagno della polizza riassicurata sarà
vantaggiosa, indifferente o svantaggiosa a seconda che la potenzialità massima sia
maggiore, uguale, o minore del livello di rischiosità.
Individuata viceversa la politica ottimale di riassicurazione con il criterio
dell’utilità attesa, in corrispondenza ad un fissato valore di avversione al rischio,
con riferimento ad un portafoglio di rischi tutti riassicurabili con la medesima
politica, tanto più elevata sarà l’avversione al rischio del soggetto decisore tanto
minore sarà la probabilità che egli attribuirebbe all’esaurimento nell’esercizio del
fondo inizialmente a sua disposizione.
Si è anche presa in considerazione la possibilità per l’impresa assicuratrice di
pagare gli interessi azionari, dividendi, agli azionisti del fondo di garanzia.
Conclusioni 168
É stata introdotta una politica di controllo che consiste nel fissare un livello di
soglia, superato il quale la parte eccedente del guadagno manifestatosi viene
istantaneamente reinvestito.
L’innovazione, rispetto alla teoria classica, consiste nel rimuovere la probabilità
di rovina come parte dell’obiettivo della compagnia sostituendola con la speranza
matematica del valore attuale dei dividendi futuri di impresa distribuibili in
accordo ad una strategia a barriera riflettente, e definendo un limite superiore alle
riserve che la compagnia vorrebbe accumulare e un limite inferiore dell’interesse
sul capitale che la compagnia dovrebbe possedere all’inizio di ciascun esercizio.
É il livello della barriera riflettente a giocare nel modello il ruolo di variabile
decisionale, determinata dalla mediazione fra due esigenze contrapposte:
incrementando il livello del fondo si ottiene una migliore prospettiva di durata
degli affari e dunque di guadagni futuri.
Il problema della sicurezza di una impresa investe, come si è visto, questioni
che travalicano le singole competenze della matematica, del calcolo delle
probabilità e della stessa scienza economica, ma la teoria matematica del rischio
fornisce uno strumento validissimo per determinare la soluzione di uno degli
aspetti forse più importanti di questo problema: quello del rischio derivante da
eventi aleatori.
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Indice
Introduzione v Capitolo I Richiami di calcolo delle probabilità e processi stocastici
1.1-Leggi di probabilità: distribuzioni di Poisson e dei tempi di attesa 1
1.2-Processi stocastici applicabili alla teoria matematica del rischio 3 1.2.1-Processi stocastici discreti:
passeggiata aleatoria 3 1.2.2-Processi Markoviani 6 1.2.3-Processi stocastici continui:
processi di Poisson 6 1.2.4-Processi di diffusione e processi gamma 9
1.3-Processo dei rinnovi 10 1.4-Martingale 12
1.4.1-Submartingale 141.5-Trasformata di Laplace 14
Capitolo II Sicurezza e rischio: la rovina del giocatore
2.1-I rischi 16 2.2-Teoria dell’utilità 19
2.2.1-Utilità logaritmica 25 2.2.2-Utilità esponenziale 25
Indice
2.2.3-Utilità quadratica 26 2.3-Cenni sull’impostazione assiomatica 27
2.3.1-Dominanza stocastica 28 2.3.2-Il criterio della speranza matematica 30
2.4-Teoria della rovina: teorema della rovina del giocatore 33
2.4.1-Problemi di assorbimanto 40 2.4.2-Previsione di durata 41
Capitolo III L’impresa di assicurazione
3.1-L’assicurazione sulla vita 45 3.2-Riserva matematica 50 3.3-L’assicurazione come operazione
finanziaria vantaggiosa 54 3.4-Caricamenti e premi di tariffa 56 3.5-Principi di calcolo del premio 57
3.5.1-Propietà 61 3.6-Classificazione dei rischi,
credibilità e tasso di esperienza 62 3.6.1-Approccio Bayesiano 63
Capitolo IV Teoria classica o asintotica?
4.1-Impostazione classica o asintotica? 69 4.2-Teoria classica 73 4.3-Teoria collettiva 76
Capitolo V La distribuzione degli indennizzi
5.1-Il numero degli indennizzi 80 5.2-Totale complessivo di indennizzi 86
Indice
Capitolo VI Approssimazione della distribuzione degli indennizzi globali
6.1-La scelta della distribuzione: il modello individuale contro il modello collettivo 95
6.2-Limiti per la distribuzione degli indennizzi globali 98 6.3-Approssimazione numerica della distribuzione
degli indennizzi globali 100 Capitolo VII Probabilità di fallimento
7.1-Probabilità di fallimento: introduzione e definizioni 103 7.2-Fallimento con nessuna riserva iniziale 106 7.3-Fallimento data la riserva iniziale 108
7.3.1-La riserva immediatamente prima e durante il fallimento 109
7.3.2-Funzione di distribuzione e funzione di densità della riserva prima del fallimento 112
7.4-Coefficiente di aggiustamento e disuguaglianza di Lundberg 115
7.5-Relazione tra il coefficiente di aggiustamento e il principio dell’utilità zero 116
7.6-Applicazione dell’equazione del rinnovo e formula asintotica della probabilità di fallimento 117
7.7-Probabilità di non fallimento e perdite massime globali 119
7.8-Probabilità di fallimento per distribuzioni dell’ammontare degli indennizzi infinitamente divisibili 121
Capitolo VIII Riassicurazione, teoria del rischio e utilità
8.1-La ripartizione dei rischi: coassicurazione e riassicurazione 125
8.1.1-Riassicurazione proporzionale 126 8.1.2-Riassicurazione non proporzionale 128
Indice
8.2-Il problema dei pieni di de Finetti 129 8.3-Il concetto di utilità nella assicurazione 138 8.4-Il problema dei pieni di de Finetti rivisitato con
il criterio dell’utilità attesa 139 8.5-Dividendi ottimi 143 8.6-Trattati di riassicurazione reciproci 148 8.7-Prezzo di mercato:
domanda e offerta di riassicurazione 151
Capitolo IX Applicazioni della teoria del rischio
alla finanza matematica: considerazioni operative 156
Conclusioni 163
Bibliografia 170