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Nuova Umanità XXIV (2002/2-3) 140-141, pp. 285-314 TERESA DI LISIEUX. UN ITINERARIO DI PARTECIPAZIONE ALLA VITA TRINITARIA Il più giovane dottore della Chiesa ha qualche cosa da dirci sul mistero della Trinità 1 ? La “piccola” Teresa della “piccola” via ha forse avuto rivelazioni su di un così grande mistero? Apparen- temente, se ci si limita alla concordanza delle parole 2 , la risposta rischia di essere negativa: Teresa cita molto poco la Trinità, il Pa- dre e lo Spirito, mentre la parola Gesù torna incessantemente e spesso, quando dice «Dio», intende il Figlio del Padre 3 . Eppure, se è vero che «particolari fulgori di dottrina si spri- gionano dai suoi scritti che, come per un carisma dello Spirito Santo, colgono il centro stesso del messaggio della rivelazione in una visione originale ed inedita, presentando un insegnamento qualitativamente eminente» (Giovanni Paolo II, Lettera apostoli- ca Divini amoris scientia, 8), un approccio al mistero trinitario si deve poter scorgere. 1 Gli scritti di Teresa di Lisieux sono tradotti in italiano nel volume: S. Te- resa di Gesù Bambino e del Santo Volto: Opere Complete. Scritti e ultime parole, Città del Vaticano, Roma 1997. Le sigle utilizzate sono Ms A, B, C per i tre Ma- noscritti Autobiografici; LT per le Lettere; P per le Poesie; PR per le operette tea- trali o Pie Ricreazioni; Pr per le Preghiere, CJ per il Quaderno Giallo degli Ulti- mi colloqui. 2 Les mots de sainte Thérèse de l’Enfant-Jésus. Concordance générale, Paris 1996. 3 «Nelle sue opere, la carmelitana nomina spessissimo Gesù (1.616 volte), raramente il Padre (69 volte) e più raramente ancora lo Spirito Santo (23 volte). Nomina la Trinità solo 28 volte. La parola Dio (895) designa perlopiù la persona di Gesù. […] Il cristocentrismo è la principale caratteristica della dottrina tere- siana», F.M. Léthel, ocd, Il cristocentrismo trinitario di Teresa di Lisieux alla luce della sua offerta all’Amore misericordioso, in In comunione con la Trinità, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2000, p. 179.

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Nuova UmanitàXXIV (2002/2-3) 140-141, pp. 285-314

TERESA DI LISIEUX.UN ITINERARIO DI PARTECIPAZIONE

ALLA VITA TRINITARIA

Il più giovane dottore della Chiesa ha qualche cosa da dircisul mistero della Trinità 1? La “piccola” Teresa della “piccola” viaha forse avuto rivelazioni su di un così grande mistero? Apparen-temente, se ci si limita alla concordanza delle parole 2, la rispostarischia di essere negativa: Teresa cita molto poco la Trinità, il Pa-dre e lo Spirito, mentre la parola Gesù torna incessantemente espesso, quando dice «Dio», intende il Figlio del Padre 3.

Eppure, se è vero che «particolari fulgori di dottrina si spri-gionano dai suoi scritti che, come per un carisma dello SpiritoSanto, colgono il centro stesso del messaggio della rivelazione inuna visione originale ed inedita, presentando un insegnamentoqualitativamente eminente» (Giovanni Paolo II, Lettera apostoli-ca Divini amoris scientia, 8), un approccio al mistero trinitario sideve poter scorgere.

1 Gli scritti di Teresa di Lisieux sono tradotti in italiano nel volume: S. Te-resa di Gesù Bambino e del Santo Volto: Opere Complete. Scritti e ultime parole,Città del Vaticano, Roma 1997. Le sigle utilizzate sono Ms A, B, C per i tre Ma-noscritti Autobiografici; LT per le Lettere; P per le Poesie; PR per le operette tea-trali o Pie Ricreazioni; Pr per le Preghiere, CJ per il Quaderno Giallo degli Ulti-mi colloqui.

2 Les mots de sainte Thérèse de l’Enfant-Jésus. Concordance générale, Paris1996.

3 «Nelle sue opere, la carmelitana nomina spessissimo Gesù (1.616 volte),raramente il Padre (69 volte) e più raramente ancora lo Spirito Santo (23 volte).Nomina la Trinità solo 28 volte. La parola Dio (895) designa perlopiù la personadi Gesù. […] Il cristocentrismo è la principale caratteristica della dottrina tere-siana», F.M. Léthel, ocd, Il cristocentrismo trinitario di Teresa di Lisieux alla lucedella sua offerta all’Amore misericordioso, in In comunione con la Trinità, LibreriaEditrice Vaticana, Roma 2000, p. 179.

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Con questa intenzione, siccome le ricerche bibliografiche ri-schiavano di lasciarci un po’ delusi 4, ci siamo immersi nei testi diTeresa perché ci indicasse lei stessa i fulgori di dottrina sulla Tri-nità che stanno dietro la sua esperienza. Tuttavia, a onor del vero,bisogna dire che una luce ci ha guidati in questa ricerca, luce sca-turita dall’aver riflettuto vitalmente su questo mistero grazie all’e-sperienza di tanti anni in seno al Movimento dei Focolari. Esso è,infatti, una scuola che insegna a vivere il mistero dell’unità e delladistinzione con Dio e tra fratelli, a immagine dell’unità e della tri-nità di Dio; in esso s’impara a vivere un amore che, secondol’espressione di Chiara Lubich, «è e non è al medesimo tempo» 5,e si approfondisce il mistero pasquale dell’abbandono del Padre eri-abbandono di Cristo al Padre, come luogo altissimo e ancorainesplorato dell’amore trinitario 6. Senza voler far paragoni tradue spiritualità 7, né far dire a Teresa ciò che non ha detto, questedue chiavi, l’amore e l’abbandono, ci hanno fornito le piste di ri-cerca per capire la vita di Teresa di Lisieux come un’immedesi-mazione nel ritmo trinitario, che manifesta tutta la sua portata elimpidezza nell’ultimo periodo della sua vita, nella notte dellafede, dove Teresa rivive con l’ardore della sua giovane personalitàl’abbandono del Padre e il ri-abbandono di Cristo a Dio.

Prima di tutto: chi è Teresa? Una parola basta: una giovane,entrata nel Carmelo di Lisieux a 15 anni, morta a 24, destinata auna gloria postuma fino ad essere dichiarata dottore della Chiesa,che ha per ambizione il tutto, la gloria, la santità, la feconditàestrema al di là del tempo e dello spazio.

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4 Nel recente Diccionario de Santa Teresa de Lisieux, bajo la dirección delos PP. Tomàs Alvarez y Vicente Martínez Blat, ocd, Ed. Monte Carmelo, Burgos1977, non si trova la voce «Trinità». Pochi gli articoli che trattano questo argo-mento. Abbiamo trovato: I. Marcil, Thérèse de Lisieux et l’Esprit saint, in «Tere-sianum», vol. 51, fasc. II, Roma 2000, pp. 385-413; F.M. Léthel, ocd, op. cit., pp.179-199.

5 Citato da G.M. Zanghí, Alcuni cenni su Gesù Abbandonato, in «NuovaUmanità», XXVIII (1996/1), n. 103, p. 34.

6 Cf. C. Lubich, Il grido, Roma 2000, pp. 19-20.7 Un parallelismo tra le due spiritualità esula da questo lavoro.

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Racconta lei stessa la nascita di questo desiderio nel mano-scritto autobiografico. Un giorno, la sorella Leonia andò da Tere-sa e da Celina, due sorelle inseparabili, con un cesto pieno di gio-cattoli ormai troppo infantili per lei:

«“Prendete, sorelline – disse – scegliete, vi do tutto”. Celinaallungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piaceva-no. Io riflettei un attimo, poi anch’io allungai la mano e dis-si: “Io scelgo tutto!”. E presi il cesto senza tanti complimen-ti; i testimoni della scena trovarono la cosa molto giusta.[…] Questo minimo tratto della mia infanzia è il riassuntodi tutta la mia vita; più tardi, quando la perfezione mi ap-parve, capii che, per diventare una santa, bisognava soffrirmolto, cercare sempre il più perfetto e dimenticare se stessi;capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascu-n’anima è libera di rispondere agl’inviti di Nostro Signore,di far poco o molto per lui, insomma di scegliere tra i sacrifi-ci che egli chiede. Allora, come ai giorni della mia prima in-fanzia, esclamai: “Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essereuna santa a metà, non ho paura di soffrire per te, temo unacosa sola: conservare la mia volontà. Prendila, perché scelgotutto quello che tu vuoi…” » (Ms A, 10r°-v°-37).

Teresa stessa ci indica la chiave di lettura della sua esperien-za di vita: la scelta del Tutto. Alla luce dell’ultima tappa della suavita, la profonda notte della fede, risulterà che il Tutto che Teresasceglie è il Tutto trinitario e che il suo itinerario è una partecipa-zione progressiva alle operazioni stesse della Trinità, garanzia diogni fecondità 8. L’esperienza di Teresa sarà anche, per riflesso,una rivelazione della volontà di Dio di farci partecipi della suavita d’amore trinitaria.

Cercando di lasciare la parola a Teresa, la seguiremo crono-logicamente in tre tappe: innanzi tutto nei primi anni della suavita nel Carmelo, mettendo in evidenza i germi di un dinamismo

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8 Cf. I. Marcil, Thérèse de Lisieux et l’Esprit saint, cit., pp. 404-405.

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trinitario; poi nelle due grandi “scoperte” spirituali che evidenzia-no lo sbocciare della sua esperienza trinitaria; insisteremo infineparticolarmente sull’ultimo periodo, quello della notte della fede,dove si consuma la partecipazione trinitaria.

1. I GERMI DEL DINAMISMO TRINITARIO IN TERESA

(MAGGIO 1887 - SECONDA METÀ DEL 1894)

«Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questiè per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 50).

In questa prima parte ci accontenteremo di evidenziare i bi-nari che condurranno Teresa alla sua esperienza di relazione trini-taria. Senza di essi Teresa non sarebbe approdata alla partecipa-zione trinitaria. Sono l’amore segnato dalla reciprocità e la centra-lità della kenosi del Figlio alla quale vuole conformarsi.

Una straordinaria spontaneità nella reciprocità

Reciprocità nell’amore

Spesso è stato detto quanto sia cristocentrica la dottrina te-resiana, con le 1.616 volte in cui nomina Gesù, senza contare le847 volte in cui lo chiama: Signore, Sposo, Amatissimo, Figlio diDio, Verbo. L’amore donato e ricevuto, l’accoglienza e il dono, èun tratto importante nella vita spirituale di Teresa, un kairos, chela formerà alle relazioni di amore trinitario.

La lettura dei suoi scritti mostra Teresa straordinariamente asuo agio nel rapportarsi a Gesù, in un’estrema sintonia con Lui. Èforse ciò che la fa così accessibile e che rende la lettura dei suoiscritti così facile e avvincente. Perché Teresa è sorella, sposa, ma-dre di Gesù, la sua compagna di giochi, in una familiarità quasisconcertante.

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Tra l’altro, nel rapporto con Gesù si mette sul suo stessopiano, senza paura, sapendo che è Lui che l’ha attirata a Sé perprimo. Con sicuro istinto, sa che Dio-Amore vuole partecipare ilsuo amore agli uomini e inserirli nella sua vita divina. Teresa temesolo di tenersi la sua volontà. «Scelgo tutto quello che tu vuoi»(Ms A, 10v°-37).

Per Teresa la volontà di Dio è innanzitutto una rispostad’amore all’amore, in una reciprocità amorosa. Non mette l’accen-to sul sacrificio, anche se è implicito. Nel testo citato di Teresa chesceglie tutto, la logica è rigorosa: «I testimoni della scena trovaronola cosa molto giusta». Vivrà nella reciprocità sempre più profondacon il Cristo: avendo scoperto il suo amore, non vorrà nient’altroche amarlo per se stesso, e non per ottenere una cosa qualsiasi, fos-se anche la gloria nell’aldilà 9. Già da piccola, si paragonava a ungiocattolo di Gesù, una pallina senza alcun valore di cui Egli pote-va fare ciò che voleva, persino bucarla per guardare ciò che conte-neva (Ms A, 64r°-177). Giovane novizia, prima di pronunciare ivoti capisce ciò che significa amare Gesù e lo racconta alla sua so-rella Paolina (Madre Agnese) con una sorta di parabola:

«Prima di partire [in viaggio] le è sembrato che il suo Fidan-zato le chiedesse in quale paese voleva viaggiare, quale stra-da desiderava seguire, ecc. ecc. La piccola Fidanzata ha ri-sposto che aveva un solo desiderio: quello di raggiungere lacima della montagna dell’Amore. Per giungervi, molte stradele si presentavano: di perfette ve ne erano così tante da ve-dersi incapace di scegliere. Allora ha detto alla sua guida di-vina: “Tu sai dove desidero giungere, tu sai per chi voglioscalare la montagna, per chi voglio arrivare alla meta; tu saichi amo e chi è l’unica persona che voglio far contenta. Èsolo per Lui che intraprendo questo viaggio: conducimidunque attraverso i sentieri che Egli ama percorrere: purché

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9 Scriverà, alla fine della sua vita, che non vuole per sé le ricchezze dellagloria (e nemmeno la gloria del Cielo), ma solo l’amore (Ms B, 4r°), perché hacapito che la volontà di Dio consiste nel dare, nel diffondere i tesori del suoamore.

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Egli sia contento, io sarò al colmo della felicità”. Allora Gesùmi ha preso per mano, e mi ha fatto entrare in un sotterraneoin cui non fa né freddo né caldo, in cui non splende il sole eche né la pioggia né il vento visitano; un sotterraneo dovenon vedo niente se non una luce semivelata, luce che gli oc-chi abbassati del volto del mio Fidanzato diffondono intornoa loro… Il mio Fidanzato non mi dice nulla e neppure io glidico nulla, se non che io l’amo più di me stessa, e sento infondo al cuore che è vero, poiché appartengo più a Lui che ame! Non vedo che avanziamo verso la cima della montagna,perché il nostro viaggio si compie sottoterra, ma tuttavia misembra che ci avviciniamo ad essa, senza sapere come. Lastrada che seguo non è per me di nessuna consolazione e tut-tavia mi dona tutte le consolazioni, poiché è Gesù che l’hascelta e io desidero consolare Lui solo, Lui solo!» (LT 110).

Reciprocità nella gratuità

Teresa imposta la sua vita spirituale unicamente sul pianodell’amore, trascurando gli altri livelli – come la giustizia, la ripa-razione, la penitenza – e utilizza tutta la sua energia spirituale nel-l’amore, un amore che imita quello di Dio anche nella gratuità.

«Le prove di Gesù, che mistero! Ha dunque delle prove, an-che Lui? Sì, ne ha e spesso è solo a pigiare il vino nel tor-chio, cerca dei consolatori e non può trovarne… Molti ser-vono Gesù quando Egli li consola, ma pochi acconsentonodi tener compagnia a Gesù che dorme sui flutti o mentresoffre nell’orto dell’agonia… Chi dunque vorrà servire Gesùper Lui stesso? Ah, saremo noi…» (LT 165).

Teresa entra così nel modo di amare trinitario che è puragratuità 10. Ma va anche sottolineata la reciprocità nella compren-sione tra Gesù e Teresa: Teresa capisce ciò che vive perché Gesù

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10 Cf. I. Marcil, La kénose du Christ chez Thérèse de l’Enfant Jésus et de laSainte-Face, in «Teresianum», XLVIII (1997/II), pp. 483-484.

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glielo illumina e capisce ciò che Gesù vive attraverso la propriaesperienza. Teresa sembra un’eco della famosa parola di Pascal:«Cristo sarà in agonia fino alla fine del mondo, non bisogna dor-mire nel frattempo».

Un amore all’insegna della kenosi

Per uniformarsi al Figlio, Teresa sente istintivamente che bi-sogna nascondersi, calarsi nella kenosi.

La vocazione

La sua vocazione così precoce e che confida al padre nelgiorno di Pentecoste (cf. Ms A, 50r°-143) è la riprova che ha laprofonda intuizione che, nell’annientamento del tempo (la frettadi darsi così giovane a Gesù), dello spazio (il chiuso di un Carme-lo), dell’essere (non accondiscendere in nulla ai sentimenti), saràuniformata al Figlio, gli assomiglierà 11.

La devozione all’infanzia di Gesù e al Santo Volto

Nel Carmelo conoscerà meglio la kenosi del Figlio 12. I nomidi religiosa che ha scelto illustrano due aspetti complementari diun’unica kenosi: l’infanzia di Gesù sottolinea la kenosi dell’Incar-nazione, mentre il Santo Volto, il volto sfigurato di Gesù durantela sua passione che nasconde e contemporaneamente rivela il vol-to trasfigurato del Risorto, manifesta la kenosi della Redenzione.Teresa avrà per il Santo Volto una grande devozione attestata datutti i testimoni 13.

Teresa capisce – e questo termine di “rivelazione” tornaspesso nei suoi scritti – che Dio si è fatto nulla, che il Cristo ha

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11 Cf. Pr 6: «Spero, in cielo, di rassomigliarti».12 Sull’argomento, cf. I. Marcil, La kénose du Christ…, cit. pp. 451-520.13 Cf. G. Gaucher, La passion de Thérèse de Lisieux 4 avril - 30 septembre

1897, Cerf DDB, Paris 19733, pp. 204-210.

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preferito il nulla alla gloria, che lo ha fatto per amore. Di conse-guenza, andrà a cercarlo lontano, nella piccolezza, nell’umiltà.«L’Amore è quell’ineffabile mistero che dalla Dimora Celeste t’e-siliò» (P 1,1) 14.

Questo primo periodo, tutto cristologico, è dunque caratte-rizzato da un impegno per uniformarsi a Cristo, e ciò apre a Tere-sa la prospettiva infinita del paradossale amore kenotico. Su que-sta via Teresa correrà per raggiungere il suo Amato nella kenosi.Ma già è assunta nella “famiglia” di Dio, compiendo in sé la paro-la che abbiamo voluto scrivere a illustrazione di questo primo pe-riodo nel Carmelo: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che ènei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 50).

2. LO SBOCCIARE DELL’ESPERIENZA TRINITARIA

(FINE 1894 - FEBBRAIO 1896)

«Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato» (Sal 2, 7).«Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio»

(Gv 3, 3).

Questo il bagaglio acquisito da Teresa durante i primi annidi vita religiosa. Una vita non scevra di prove, anzi di grosse pro-ve, sulle quali però non è il caso qui di fermarsi 15. La fase che in-vece stiamo per analizzare è caratterizzata da due fondamentaliscoperte della sua spiritualità, che hanno anche una dimensionetrinitaria: la piccola via e l’offerta all’amore misericordioso.

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14 Le dichiarazioni sono molte: «Assumendo la misera umanità, l’Eterno,il Verbo uguale al Padre, l’intera sua opera rigenerò per la profonda sua umiltà»(PR 1, 6v°-7r°). «Il Bambino […] piuttosto che il grande fulgore e più che l’ar-dore degli angeli, la grande umiltà ha prescelto!» (PR 1, 12v°), l’angelo del pre-sepio dice: «Or che la valle del pianto possiede il Re dei Santi, non m’attiran piùi Cieli» (PR 2, 1r°-v°).

15 Tra l’altro, la malattia mentale del padre di Teresa che la introduce nellaconoscenza del Servo sofferente di Isaia.

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La piccola via

Le “scoperte” di Teresa sono caratterizzate da una grandelogica e semplicità. Hanno il timbro di una rivelazione. Lei è mos-sa da una ricerca che procede dall’assioma che Dio è amore, sisviluppa nella frequentazione della Sacra Scrittura e nella letturadell’Imitazione di Cristo, aiutata da un sicuro istinto spirituale e,soprattutto, dal dono dello Spirito Santo. Quando afferra l’evi-denza, la vive fino alle sue ultime conseguenze. In assenza di undirettore spirituale (il suo “direttore ufficiale” è in Canada) si la-scia formare dal “direttore” Gesù (cf. Ms A, 70r°-196), o megliodallo Spirito Santo.

La prima delle “scoperte” maggiori, la piccola via, deve esse-re datata tra la fine del 1894 e l’inizio del 1895. Teresa arde daldesiderio di santità, ma deve arrendersi realisticamente:

«Ho sempre desiderato d’essere una santa, ma ahimè, hosempre constatato, quando mi sono confrontata con i santi,che tra essi e me c’è la stessa differenza che esiste tra unamontagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sab-bia, oscuro, calpestato dai piedi dei passanti. Invece di sco-raggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non potrebbe ispiraredesideri irrealizzabili; quindi, nonostante la mia piccolezza,posso aspirare alla santità. Farmi diversa da quel che sonomi è impossibile, mi devo sopportare per quello che sonocon tutte le mie imperfezioni; ma voglio cercare il modo diandare in Cielo per una via bella dritta, molto corta, unapiccola via tutta nuova» (Ms C, 2v°-271).

Non potendo cambiarsi, dovendo, quindi, rimanere piccola,cerca nella Sacra Scrittura un’indicazione, e la trova: «Se qualcu-no è piccolissimo, venga a me» (Pr 9, 4). Ma, si chiede, cosa fa-rebbe Dio per il piccolino che risponde alla sua chiamata? LaScrittura le risponde ancora: «Come una madre carezza il suobimbo, così vi consolerò vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sullemie ginocchia!» (Is 66, 12-13). Teresa prosegue: «Ah, mai parolepiù tenere, più armoniose hanno allietato l’anima mia, l’ascensore

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che deve innalzarmi fino al Cielo sono le tue braccia, Gesù!» (MsC, 3r°-271).

La ricerca di Teresa nasce dal desiderio di santità, si elaboracon la Sacra Scrittura, e sfocia in una nuova conoscenza della na-tura di Dio come amore e misericordia, che ama ciò che è picco-lo. Se la tenerezza di Dio si dispiega del tutto nella piccolezza, nelnulla della creatura, l’atteggiamento della creatura sarà, di conse-guenza, di lasciarsi generare nella fiducia, sarà una partecipazioneall’amore del Figlio eterno. Perciò Teresa prosegue: «Per questonon ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, chelo divenga sempre più» (Ms C, 3r°-271).

Anziché essere d’impedimento, il nulla della creatura gliconsente di vivere in pienezza lo scambio d’amore con Dio: que-sto è l’essenziale della piccola via 16.

La poesia: “Viver d’amore”

Composta il 17 febbraio 1895, questa poesia (P 17) – unadelle più belle di Teresa in cui esplode la sua gioia di partecipareall’amore divino – può essere considerata un complemento dispiegazione della “piccola via”, di cui svela la dimensione trinita-ria, cristologica ed ecclesiale.

Fin dalle prime due strofe l’intento di Teresa è svelato: sitratta dell’inabitazione della Trinità nell’anima. Teresa cita subitoGv 14, 23, brano che l’ha sempre affascinata 17: «Se uno mi ama,osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui

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16 «On peut définir la petite voie comme une acceptation pour l’être hu-main de sa petitesse, dans un acte de confiance en Dieu qui le prendra dans sesbras à travers l’ascenseur qu’est le Christ. Le fruit en sera le développementplénier de la grâce filiale (Ep 1, 5). Ce geste amoureux […] trouve une certainecorrespondance dans l’épanchement trinitaire»: I. Marcil, La kénose duChrist…, cit., p. 477. «La même tendance incline le Père à s’épancher dans leFils, puis le Père et le Fils dans le Saint-Esprit, et le Saint-Esprit à retournerdans les deux Personnes dont il est le nexus»: M.D. Molinié, Je choisis tout,C.L.D. 1992, p. 232.

17 Cf. LT 142 e LT 165.

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e prenderemo dimora presso di lui». Si colloca quindi nella mu-tua inabitazione: Dio viene ad abitare nell’anima, la possiede, af-finché essa possa dimorare nel suo amore (strofa 1); è la pienezzadella presenza di Dio nell’anima e dell’anima in Dio: «Tu in me eio in te». Nella seconda strofa, l’amore con cui lo Spirito infiam-ma l’anima ha come effetto, dal punto di vista dell’anima, di tene-re la Trinità prigioniera (strofa 2) e, dal punto di vista di Dio, cheEgli divenga dipendente dall’anima. La scienza della vita scopertada Teresa è, per dirlo sinteticamente, l’amore pericoretico. È, in-nanzitutto, vivere nella reciprocità: «È vivere della tua vita» (stro-fa 3), e siccome la sua vita è kenosi («tu nascosto nell’ostia per mevivi») sarà vivere senza far scalpore, senza essere conosciuta ne ri-conosciuta. Sarà con Gesù «salire il calvario» (strofa 4), «nellacroce scorgere un tesoro» (ibid.), giacché è l’unica possibilità dirimanere nell’amore. Sarà spossessarsi di tutto per conservareunicamente la perfetta gratuità dell’amore: «Non si calcola quan-do pur si ama […] e io altro non ho che la mia ricchezza: viverd’Amore» (strofa 5). Questo dono totale include anche quello deipeccati (strofa 6), della propria fragilità (strofa 7), affinché la gra-zia possa dimorare in noi (cf. 2 Cor 12, 9). Si vive d’amore nell’u-nico istante in nostro possesso, l’attimo presente (cf. strofa 7).L’amore sempre inappagato diventa più pressante: vivere d’amoreè amare i fratelli, «gioia e pace nei cuori seminando» (strofa 8); è– tema caro a Teresa – essere la sposa che consola lo Sposo e noncerca di essere consolata: «Viver d’Amore è, mentre Gesù dorme,trovar riposo sui tempestosi flutti. Non temere, Signore, che io tisvegli!» (strofa 9). È immolarsi perché l’amore infiammi le anime(strofa 10), perché i peccatori ottengano il perdono (strofa 11). Ilcolmo della gratuità è imitare Maria Maddalena e rompere il vasodi profumo sui piedi di Gesù (strofa 12). Vivere d’amore è anchevolere una morte d’amore (strofe 13-15), che acquisterà il suopieno significato nell’offerta all’amore misericordioso e si compi-rà con la prova della fede e la morte di Teresa.

La rivelazione della “piccola via” aveva avuto come punto diavvio l’esigenza di coniugare il desiderio di santità e la piccolezza.Teresa ha capito, come dice bene la poesia Viver d’amore, che puòvivere dell’amore di Dio spogliandosi di tutto. Ha acquisito, in un

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ambiente segnato dal giansenismo, la sicurezza della misericor-dia di Dio che vuole comunicare la sua vita. L’offerta all’amoremisericordioso segna un passo avanti nella conoscenza di chi èDio: è un Dio che ha un’esigenza d’amore che Teresa si sforzeràdi colmare.

La scoperta dell’amore misericordioso e l’offerta in risposta a que-st’amore (2 giugno 1895)

La famosa preghiera di offerta 18 all’amore misericordioso,che Teresa scrive per la sorella Paolina (Madre Agnese), segna unatappa nel cammino spirituale di Teresa. Offrirsi all’amore – e fissa-re questa offerta per iscritto – è nella logica dell’evoluzione appenadescritta: lasciarsi generare nella fiducia, essere figlia nel Figlio.Tuttavia, il carattere di vittima, di kenosi, di sofferenza per amore èaccentuato. L’offerta di Teresa è innanzitutto l’indice che è entratapiù profondamente nella comprensione della kenosi di Dio.

Fin dal suo ingresso nel Carmelo, Teresa è stata affascinatadal Dio che mendica il nostro amore 19. Ora, Teresa comprendeche la caratteristica dell’amore è darsi, capisce il desiderio di Diodi riversare la sua vita sull’umanità attraverso lo Spirito Santo.«Oh Dio mio! Il tuo amore disprezzato resterà dentro il tuo cuo-re? […] Mi pare che saresti felice di non comprimere le onded’infinita tenerezza che sono in te» (Ms A, 84r°-238). Questa in-tuizione la spinge a lasciarsi trascinare nell’oblazione del Verboincarnato in favore di coloro che rifiutano la misericordia divina.

Nella sua preghiera d’offerta appaiono ancora vocaboli di ri-velazione: «Quest’anno, il 9 giugno [1895], festa della SantissimaTrinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesùdesideri d’essere amato» (Ms A, 84r°-238).

L’analisi del testo rivela in ogni paragrafo l’alternanza diun’offerta e di una preghiera di domanda.

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18 Pr 6.19 Cf. LT 57; 95; 145; 172; 191.

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Nell’offerta, l’accento è posto sulla distinzione tra Teresa e ilsuo Dio. Nella domanda, è sottolineata l’unità. L’atto di offerta, acausa della solennità, del talento di “avvocata” di cui Teresa dàprova, fa anche pensare a un “patto”, un trattato con Dio, una ta-vola di negoziato. Il regista del negoziato è Teresa che sa dovevuole arrivare. È lei che offre e che domanda. Tuttavia i suoi ar-gomenti – e lei lo sa – non hanno nessun peso se Dio stesso nonl’aiuta, perciò si poggia sulla Sacra Scrittura e sul cuore stesso diDio. Se ha l’audacia di chiedergli così tanto, è perché sa che Eglivuole dare: «Lo so, mio Dio, più vuoi dare, più fai desiderare».Del resto, come in risposta a eventuali obiezioni di Dio, Gli ricor-da che Egli è onnipotente: «Non sei Tu onnipotente?».

Da una parte, offre i suoi desideri di santità, i meriti di Cri-sto, dei santi e di Maria. Mette sulla bilancia il suo desiderio di«consolar[Lo] dell’ingratitudine dei cattivi», di «lavorare solo per[il suo] amore», per «far[Gli] piacere» e per «salvare anime» enon per la propria gloria, per «ammassare dei meriti per il cielo».Offre anche il suo desiderio di comparire davanti a Dio «a manivuote».

D’altra parte, a ognuna di queste offerte corrisponde unadomanda ancora più grande, una domanda di unità con Dio: incambio del suo desiderio di santità, chiede di essere assimilata alFiglio e di essere guardata attraverso il suo cuore ardente di amo-re; in cambio dei meriti di Cristo, dei santi e di Maria, di essereposseduta da Dio: «Ti chiedo di venire a prendere possesso dellamia anima». In cambio del desiderio di consolare Dio, lo supplicadi «toglier[le] la libertà di dispiacer[Gli]». In cambio delle soffe-renze – che sono altrettante grazie che Egli le ha date – chiede lapossibilità di «rassomigliar[Gli] in cielo e di vedere brillare sul[proprio] corpo glorificato le sacre stimmate della [Sua] passio-ne». In cambio delle mani vuote, di ricevere il «possesso eterno di[Lui] stesso». Ma tutto questo è solo un preludio allo scopo deltrattato cui Teresa vuole arrivare, lo scambio più ardito: «Mi offrocome vittima d’olocausto al tuo amore misericordioso, supplican-doti di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella miaanima le onde d’infinita tenerezza che sono richiuse in te, cosìche io diventi Martire del tuo amore, o mio Dio!…».

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L’alternanza di unità e di distinzione tra l’anima e Dio cheha caratterizzato i primi otto paragrafi della preghiera trova il suopunto di equilibrio nella possibilità di offrirsi vittima d’olocaustoall’amore misericordioso. In questa maniera, Teresa e le animeche la seguiranno nella sua offerta, saranno consumate in Dio.Come mai Teresa assimila l’amore a un martirio? Perché sa intui-tivamente e dall’esperienza che la partecipazione all’amore trini-tario non può avvenire senza la consumazione della creatura; sache la distinzione e l’unità, nella condizione creaturale, non pos-sono che essere dolorose; sa che per fare opera creatrice, Diodeve fare opera distruttrice. Così, vicina al cuore di Dio, alla vitadivina nella quale si abbandona per esservi assunta, capisce che lavita umana sarà distrutta e che attraverserà una completa kenosi.

All’offerta all’amore segue un periodo di luce, come dice leistessa. Da quel momento, fa tutto per amore: «Tutto quello chefaccio, i movimenti, gli sguardi, tutto, da quando ho fatto la miaofferta, è per amore» (CJ 8.8.2). Le sue scoperte la mettono al dilà del tempo: infatti corre la sua corsa da gigante (cf. Ms A, 44v°-133), non smette di accelerare; al di là anche dello spazio, datoche diventa sempre di più madre di anime e apostolo. Ha capitoil cuore di Dio e sembra l’illustrazione viva della parola giovan-nea: «Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno diDio» (Gv 3, 3).

Notiamo ancora che nella sua preghiera d’offerta, Teresas’indirizza dapprima alla Trinità, poi al Padre, al Padre e al Figlioinsieme, ma in realtà parla con Dio Uno che conosce nell’Incar-nazione e nella Croce del Figlio.

Teresa ha dunque avuto l’intuizione che la sola vera volontàdi Dio è di poter traboccare i flutti d’infinita tenerezza che sonoin Lui. L’atteggiamento divino di dipendenza, di povertà e diumiltà 20 susciterà in lei una risposta di totale dipendenza, pover-tà, umiltà, un’offerta per essere consumata da questo amore mise-ricordioso. Certamente, Teresa capisce che il Figlio è vissuto inquell’atteggiamento verso il Padre, intuisce la dimensione trinita-

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20 Cf. F. Varillon, Joie de croire, joie de vivre, Bayard, Paris 198922, p. 28.

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ria del mistero pasquale, e si prepara lei stessa a vivere la sua pas-sione come una risposta di amore.

Durante questa fase della sua vita, la prospettiva di Teresa èsegnata da una grande speranza escatologica: di conoscere Diofaccia a faccia. Se ha superato le frontiere del tempo e dello spa-zio deve ancora superare quelle dell’essere. La piccolezza, l’ab-bassamento – parole che esprimono la kenosi – sono stati la suabussola. Cosa ne sarà degli ultimi mesi della sua vita? Per entrarenella Trinità, dovrà attraversare il non-essere.

3. IL COMPIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE ALLA VITA TRINITARIA:LA PROVA DELLA FEDE

«Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dioe colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17, 3).

«Se possedessi la pienezza della fede così da trasportare lemontagne, ma non avessi la carità, non sono nulla»

(1 Cor 13, 2).

La notte della fede

Mentre Teresa naviga sulla via della fiducia e dell’amore, eccoche è investita da una doppia prova, fisica e spirituale. Quasi con-temporaneamente alla sua emottisi della notte dal giovedì al venerdìsanto 1896, entra nelle tenebre spirituali. Se l’emottisi le sembra an-nunciare la venuta dello Sposo (Ms C, 5r°-275) e la riempie di deli-zie, se la speranza di andare al Cielo la fa esultare di letizia (ibid.), èperché gode «di una fede tanto viva, tanto chiara, che il pensierodel Cielo formava tutta la [sua] felicità» (Ms C, 5r°-v°-276). Questostato dura appena due giorni. Incapace fino allora di capire che «cifossero degli empi i quali non avessero la fede», credendo persino«che parlassero contro il loro stesso pensiero negando l’esistenzadel Cielo» (Ms C, 5v°-276), ecco che di colpo Dio permette che «la[sua] anima fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del

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Cielo, dolcissimo per me, non fosse più se non lotta e tormento…»(ibid.). Questo durerà fino alla sua morte con, ogni tanto, qualcheschiarita, il cui ricordo «rende le [sue] tenebre ancora più fitte»(Ms C, 7v°-280). Sa che nessuno la può capire, fuorché il buon Dio(cf. CJ 21/26.5.10; 11.7.1), e quando descrive la sua prova «teme dibestemmiare» (Ms C, 7r°-278); lei stessa continua a credere in Gesùe trova tutto questo «strano e incoerente» (CJ 3.7.3). È provata sul-la fiducia in Dio, così essenziale alla «relazione d’amore». Sono i ra-gionamenti materialisti che le s’impongono, e le tenebre, assumen-do la voce dei peccatori, le dicono facendosi beffe di lei: «Tu sognila luce, una patria fragrante dei più soavi profumi; sogni il possessoeterno del Creatore di tutte queste meraviglie, credi di uscire ungiorno dalle nebbie che ti circondano. Vai avanti! Vai avanti! Ralle-grati della morte che ti darà non ciò che speri, ma una notte piùprofonda, la notte del nulla» (Ms C, 6v°-278).

Ma qual è il nulla che s’impone a Teresa? Non ha l’abitualesignificato della sua piccolezza di fronte a Dio, la quale, lungi dal-l’affliggerla, l’ha sempre aiutata a rimettersi nella fiducia e nell’a-more. Il nulla che si presenta come prospettiva dopo la morte èquello dell’eternità, è il non-essere.

La reazione di Teresa

Un’altra parola di Pascal potrebbe applicarsi a questa fasedella vita di Teresa: «La natura ha orrore del vuoto». Teresa non ri-empirà questo vuoto con vanità, ma solo con dono e abbandono.

Si pone con decisione in una relazione d’amore

Per Teresa, la prova è un’occasione di affermare più che maiil suo amore. «Quando canto la felicità del Cielo 21, il possessoeterno di Dio, non provo gioia alcuna, perché canto semplice-

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21 Teresa si riferisce alle sue poesie e pie ricreazioni composte per rallegra-re le sue sorelle.

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mente ciò che voglio credere» (Ms C, 7v°-280) 22. Scriverà con ilsangue il Simbolo degli apostoli. Proclamerà con forza l’amore diDio: «Che importa! La sofferenza potrà raggiungere limiti estre-mi, ma sono sicura che il buon Dio non mi abbandonerà mai».(CJ 4.7.3). E ancora: «Voglio continuare ad abbandonarmi albuon Dio completamente» (CJ 5.9.4).

Contemporaneamente, Teresa riceve la luce riguardo al sen-so di questa prova. È, dice, il buon Dio che l’ha permessa (cf. MsC, 5v°-276). Un mese prima di morire dirà: «Mi pare che il demo-nio ha chiesto al buon Dio il permesso di tentarmi con una estre-ma sofferenza per farmi mancare di pazienza e di fede» (CJ25.8.6). Questa prova, che vuole intaccare il cuore della sua dot-trina d’abbandono, la farà crescere nella relazione di fiducia edessere puro movimento d’amore.

Inoltre non può più vivere se non nella pura gratuità. Affer-merà che le importa unicamente far piacere a Gesù, e che se Dio,per assurdo, non sapesse che lei soffre per amore suo, sarebbe an-cora felice di soffrire se questo impedisse o riparasse un solo pec-cato contro la fede (Ms 7r°-277).

Si cala più profondamente nella kenosi

Giovanni della Croce affermava che pochi desiderano entra-re nello spessore della Croce, pur essendo la condizione indispen-sabile per entrare in una conoscenza più profonda dell’Essenzadivina tramite l’Incarnazione 23.

Così Teresa si farà più piccola ancora, accettando la volontàdi Dio che permette tutto ciò. Ne è sicura, è Dio che permettetutto, i suoi sbagli, le sue debolezze (CJ 3.7.2): «Oh, come sonofelice di vedermi imperfetta e di avere tanto bisogno della miseri-cordia del buon Dio al momento della morte» (CJ 29.7.3). Diopermette che non la si creda ammalata (cf. CJ 29.6.3). Persino

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22 «Non fingo, è ben vero che non ci vedo affatto. Ma infine bisogna cheio canti ben forte nel mio cuore “Dopo la morte la vita è immortale” altrimentile cose andrebbero proprio male…» (CJ 15.8.7).

23 Cf. I. Marcil, La kénose du Christ…, cit., p. 512.

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non poter ricevere i sacramenti è una grazia, quando il buon Dionon lo permette: «Tutto è grazia» (CJ 5.6.4).

La coscienza del suo nulla non farà che crescere durante gliultimi 18 mesi di vita, facendole più bene che le luci sulla fede (cf.CJ 13.8). Teresa, quindi, non vede la vita eterna. Ora, la vita eterna,dice Giovanni (17, 3), è questa conoscenza intima, nel senso ebrai-co, del Padre e del Figlio, è entrare nella loro relazione che è puromovimento d’amore, divenendo noi stessi puro movimento d’amo-re. Paradossalmente, la notte della fede farà di ogni respiro di Tere-sa un puro movimento d’amore, un movimento d’accoglienza e didono, facendola entrare in una conoscenza più intima del Padre edel Figlio. In questa conoscenza scopre una nuova dimensione del-la carità, dove esprimerà la pienezza della sua fede teologale.

Una nuova scoperta della carità

Teresa è sola a capire la sua prova, non può sfogarsi con nes-suno nel timore di bestemmiare, ha davanti a sé un alto muro, el’unico timore di offendere Dio. Ma vuole provare a Dio che cre-de nel Suo amore, nonostante tutto. Così entra nella sua ultima“scoperta”.

La scoperta della carità fraterna

Se la fede viene meno, la carità non fa altro che crescere, dap-prima aiutandola a vedere il Signore nella sua priora e nelle sueconsorelle (cf. Ms C, 11r°-287). Eppure la carità non le era scono-sciuta come prova il manoscritto C, pieno di esperienze relative allacarità, anteriori a questa nuova scoperta. Ma ora è illuminata dallasimilitudine tra il primo e il secondo comandamento, non senza le-gami con la sua prova (Ms C, 11v°-288). Che l’amore di Dio doves-se tradursi in atti, lo sapeva già, ma ora ne ha una comprensionepiù profonda che supera la precedente. Scopre la profondità delcomandamento nuovo, che è ciò che Gesù desidera. Si può, a bendiritto, parlare di conversione: «Ho capito quanto l’amore mio perle mie sorelle era imperfetto, mi sono resa conto che non le amavo

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come le ama Dio» (Ms C, 12r°-289). Per lei, la carità perfetta consi-ste «nel sopportare i difetti altrui, non stupirsi assolutamente delleloro debolezze, edificarsi dei minimi atti di virtù che essi praticano,ma soprattutto ho capito che la carità non deve affatto restare chiu-sa in fondo al cuore […] ma rallegrare non soltanto coloro che misono più cari, ma tutti coloro che sono nella casa, nessuno eccet-tuato» (Ms C, 12r°-289). Nello stesso tempo capisce che solo Gesùpuò amare in lei in quel modo: «Sì, lo sento, quando sono caritate-vole è Gesù solo che agisce in me, più sono unita con lui, più amoanche tutte le mie sorelle» (Ms C, 12v°-290).

La carità così intesa è la vita perfetta della fede teologale,perché consente di vivere nella totale fiducia in Dio, fonte dellacarità in noi. È fede purificata da ogni personale soddisfazione; èpartecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso. Graziealla carità, Teresa può avere le opere anche nell’assenza della fedesensibile. Gesù sa, dice, «che pur non avendo il godimento dellafede, mi sforzo tuttavia di compierne le opere. Credo di avercompiuto più atti di fede da un anno fino ad ora che non durantetutta la mia vita» (Ms C, 7r°-279).

In Teresa, tuttavia, la scoperta della carità non sfocia nellareciprocità. La carità che sboccia nella carità fraterna le è rimastapraticamente sconosciuta, almeno tematicamente 24. In proposito,è significativo che quando, poco prima di morire, affida a Dio leanime che ama, prenda in prestito i termini della preghiera sacer-dotale (Gv 17), la più altamente trinitaria del Nuovo Testamento(Ms C, 34r°-v°-335).

La mia vocazione è l’amore (trinitario)

Oltre all’importanza dell’amore fraterno, Teresa scopre lasua vocazione, quella di ogni uomo e quella della Chiesa, all’amo-re trinitario. Il manoscritto B della Storia di un’anima è da consi-

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24 Ci sarebbe molto da dire sulle relazioni con le sorelle negli ultimi mesidella vita, così come sono raccontate negli Ultimi colloqui. Rarissimamente Tere-sa parla dell’unità. Nella lettera a Celina del 7 luglio 1894 scrive: «Celina e Tere-sa s’uniranno sempre di più; in loro si compirà questa preghiera di Gesù: “Padremio, che siano uno, come noi siamo Uno”» (LT 165).

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derarsi uno straordinario documento che mostra la partecipazio-ne di Teresa alla vita trinitaria, nonostante o piuttosto grazie allanotte della fede. Teresa scrive questo testo di getto, su richiestadella sorella Maria (Maria del Sacro Cuore), alla fine degli esercizispirituali del settembre 1896, «esercizi che forse saranno gli ulti-mi» (1r°-240), perché è già gravemente malata.

Più ancora che nell’offerta all’amore misericordioso, il rac-conto di Teresa della scoperta della pienezza della sua vocazione,l’amore, avviene secondo un ritmo trinitario.

Il manoscritto è per intero sotto il segno di una rivelazione,quella della «scienza d’Amore” (1r°-241). Oltre a narrare un’e-sperienza, manifesta anche una nuova comprensione. Il verbo“comprendere” torna molto spesso: «Capisco così bene che sol-tanto l’amore…» (1r°-241); «pochi cuori […] capiscono la tene-rezza del suo amore infinito» (1v°-243); «Lo sento più che mai,Gesù è assetato…» (1v°-243); «Come siamo fortunate di capiregli intimi segreti del nostro Sposo!» (1v°-244); «Capii […], capii[…], capii che l’amore solo fa agire…» (3v°-254).

Dapprima, una breve analisi del racconto.Teresa, solidamente radicata nell’amore gratuito, sente in se

stessa delle speranze e dei desideri che «raggiungono l’infinito»(2v°-250). I desideri di Teresa sono in contrasto tra loro (vuol es-sere sacerdote e non sacerdote contemporaneamente) universali(tutte le vocazioni, di tutti i tempi; essere apostolo, ma sui cinquecontinenti; martire, ma soffrendo tutti i martìri), infiniti (cf. 3r°-251-252). Desidera partecipare al Tutto che è Dio, ma non sapen-do come fare, soffre «un vero martirio» (3r°-253).

Si rivolge allora a san Paolo, al capitolo 12 della lettera aiCorinzi. Viene a conoscenza che, nel Corpo mistico, non tuttipossono essere apostoli, profeti, dottori. L’occhio non può essereanche la mano. La risposta, pure chiara, non le basta, «non midava la pace» (3r°-253). Allora «abbassata[si] fino alle profonditàdel [suo] nulla» (3v°-253) trova la risposta. Cosa intende Teresacon «le profondità del mio nulla»? Si paragona a santa MariaMaddalena che si china sempre più sulla tomba vuota e finisceper trovare ciò che cercava. Teresa si abbassa, accetta il suo nulla,

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accetta questo contrasto per tutta la vita, accetta questo “marti-rio” e raggiunge il suo scopo così alto. La risposta le viene ancorada un atteggiamento trinitario o pasquale: il nulla accettato.

Cosa scopre? Sempre guidata da san Paolo, capisce chel’amore è la via più eccellente (1 Cor 12, 31), che esso è la sostan-za della Chiesa e che è quindi la sua vocazione, dove raggiunge ecomprende tutte le altre 25. Una volta alzatasi così in alto, Teresarimarrà in un atteggiamento di scambio trinitario.

Scelta per scelta

Cosciente che è Dio solo che la sceglie e la ricolma di grazie(cf. 2v°-250), lei cerca come vivere di conseguenza. L’amore si ri-ceve e si prende contemporaneamente: «Ho trovato […] e sei tuche me l’hai dato!» (3v°-254).

Amore per amore

A Dio, che le manifesta il suo Amore, deve rendere «amoreper amore» (4r°-256). Ha urgenza di farlo, di non cercare la suagloria ma di gettare dei fiori:

«Non ho altro mezzo per provarti il mio amore che gettarefiori, cioè non lasciar sfuggire nessun piccolo sacrificio, nes-

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25 Il testo è molto conosciuto: «La carità mi dette la chiave della mia voca-zione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’orga-no più necessario, più nobile non le manca […]. Capii che l’amore solo fa agirele membra della Chiesa, che, se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annunce-rebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Capiiche l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che abbraccia tuttii tempi e tutti i luoghi, in una parola che è eterno. Allora nell’eccesso della miagioia delirante, esclamai: “Gesù, Amore mio, la mia vocazione l’ho trovata final-mente, la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, equesto posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa mia Madre,io sarò l’amore. Così, sarò tutto… e il mio sogno sarà attuato! Perché parlare digioia delirante? No, questa espressione non è giusta, è piuttosto la pace, la sere-nità del navigatore il quale scorge il faro del suo porto. Oh faro luminoso dell’a-more, so come arrivare a Te, ho trovato il segreto per impadronirmi della tuafiamma!”» (3v°-254-255).

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suno sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cosepiù piccole e farle per amore. […] Canterò, anche quandodovrò cogliere i miei fiori in mezzo alle spine e il canto saràtanto più melodioso quanto più le spine saranno lunghe epungenti» (4r°-v°-258).

Nonostante tali grazie, è spinta a chiederne sempre di più,ha l’audacia di chiedere il «duplice amore» degli angeli e dei san-ti. «Ho capito che i miei desideri di essere tutto, di abbracciaretutte le vocazioni, erano ricchezze che avrebbero potuto rendermiingiusta: allora me ne sono servita per farmi degli amici» (4r°-256). Si fa allora piccola, nulla, davanti agli angeli e ai santi, con-fessando la sua piccolezza e la sua miseria (troppo felice di avertrovato questo mezzo infallibile per ottenere tutto) e chiede loro«duplice amore», sulla scia del profeta Eliseo che aveva chiesto aElia il suo duplice spirito (cf. 2 Re 2, 9). Supplica gli angeli e isanti di «adottarla come figlia».

Follia per follia

Capisce la “follia” dell’amore di Dio 26 e gli rende follia perfollia. Ma ecco che la follia di lei non consiste nel fare grandicose, ma nel chiedere più amore ancora: Gli chiede la grazia divolare verso il Sole dell’Amore con le ali stesse dell’Aquila divina(5v°-264). Usa un paradosso: la sua follia è chiedere sempre piùamore.

Esperienza acquisita e sempre nuova

Afferma di aver trovato il mezzo per impadronirsi dellafiamma divina (3v°-255), ma non è una cosa acquisita. Non cessadi «aspirare a possedere» (4v°-260): «[ciò che chiede il bambino]è l’Amore» (4r°-257). Nello stesso tempo vuole lasciarsi possede-

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26 In un contesto eucaristico: «O Gesù, lasciami, nell’eccesso della mia ri-conoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia…» (Ms B, 5v°-263).

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re: «L’Amore mi ha scelta per olocausto» (3v°-255). Teresa è sicu-ra che l’Amore è la sua vocazione, però sa anche che vi può rima-nere solo se il puro amore è nel suo cuore (4v°-259): «L’amorepuro esiste nel mio cuore?». Nulla è mai acquisito, tutto deve es-sere continuamente purificato.

Preda per preda

Nell’Eucaristia, l’anima si nutre della divina sostanza (5v°-263) la quale – ed è follia – si fa preda dell’anima. Teresa vuole asua volta diventare la preda dell’amore di Gesù: «Per tutto il tem-po che vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino resterà senza forze esenza ali, egli sempre terrà gli occhi fissi su di te: vuole essere af-fascinato dal tuo sguardo divino, vuol diventare la preda del tuoAmore…» (5v°-264). Un amore che, appena si acquisisce, si per-de; appena si possiede, si dà; un amore che si riceve e si dona:ecco cos’è per Teresa l’amore, l’amore trinitario.

Un’altra chiave di lettura del racconto di Teresa è il parallelotra la kenosi dell’anima e quella di Dio.

Teresa ha fatto tante volte l’esperienza: più si abbassa, piùDio la ricolma di grazie. Ha allora, nel suo Manoscritto B, unastraordinaria affermazione sulla natura di Dio: «L’Amore ha scel-to per olocausto, me, debole e imperfetta creatura! Questa sceltanon è forse degna dell’amore?… Sì: perché l’Amore sia piena-mente soddisfatto, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino alniente, per trasformare in fuoco questo niente…» (3v°-255). Dioè, per Teresa, una fornace di amore, una tenerezza che vuole sol-tanto comunicarsi e per ciò si abbassa, si abbassa sempre di più.

Il segreto per «impadronirsi della fiamma dell’amore» diDio (cf. 3v°-255) è ancora la piccolezza, è offrirsi in olocausto al-l’amore. Il segreto per possedere qualche cosa è spossessarsi ditutto, perfino dei propri meriti. Si capisce allora perché Teresadeve correggere l’interpretazione della sorella Maria, secondo laquale i desideri di Teresa sarebbero delle grandi grazie (cf. LC170). Questo fraintendimento permette a Teresa di spiegare, inuna preziosa lettera (LT 197), che ciò che lei prende per delle ric-

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chezze, non lo è. Teresa precisa che le «ricchezze spirituali [pos-sono] rendere ingiusti quando ci si riposa in esse con compiacen-za e si crede che siano qualcosa di grande…». Invece, l’unico teso-ro di Teresa è la sua piccolezza e la sua povertà: «Ciò che piace[al buon Dio] è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia po-vertà, è la cieca speranza che ho nella sua misericordia! Ecco ilmio solo tesoro». E ancora nel Manoscritto B spiega che non c’èbisogno di disperarsi, Gesù non ha bisogno delle nostre opere madel nostro amore (cf. 1v°-243).

Per possedere Dio che si è così abbassato, per «acquistarepiù potere» (5r°-261), per «attirare più pienamente il suo amore»,si abbandona con temerità (5r°-261) a Colui «che non è venuto achiamare i giusti ma i peccatori» (5r°-261).

Non vuole per se stessa le ricchezze della gloria, neanchequella del cielo (4r°-257) e arriva persino a dire che se non doves-se raggiungere le regioni più alte dell’Amore avrebbe comunquegustato più dolcezze nel suo martirio, nella sua follia, di quantone gusterebbe in seno alle gioie del paradiso… (cf. 4v°-259).

Teresa afferma che il desiderio di amare (quando ancoranon si ha ciò che si ambisce) è, pur nella sua amarezza, già delizia,già soddisfazione (4v°-259), e che il martirio che le procura que-sto desiderio è già la sua ricompensa. È come dire che la kenosi inse stessa è ricompensa.

Teresa sa così bene che deve fare a gara con Dio nella kenosiche dice: «O Gesù […] sento che se per assurdo tu trovassi un’a-nima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di col-marla con favori anche più grandi, qualora si abbandonasse confiducia completa alla tua misericordia infinita» (5v°-265).

In questa luce trinitaria, Teresa analizza la sua prova dellafede come la grazia di poter vivere nel più perfetto abbandono enella più perfetta kenosi. Considera se stessa come l’uccellino as-salito dalla tempesta che non vede altro che le nubi: «Gli sembradi non credere che esista altro se non le nubi che lo avvolgono. Èquello il momento della gioia perfetta per il povero debole esseri-no. Che felicità per lui restare lì ugualmente, e fissare la luce invi-sibile la quale si nasconde alla sua fede» (5r°-261). E continua lametafora spiegando che se l’uccellino si distrae e continua a occu-

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parsi delle piccolezze terrene, «si gira verso il suo Amato Sole[…] e gli racconta una per una le sue infedeltà […] a Colui chenon è venuto chiamare i giusti, bensì i peccatori» (5r°-261).

Teresa insegna dunque che Dio-Amore può comunicarsisolo se trova un nulla d’amore che può trasformare in fuoco. Ca-pisce che è la missione del Verbo quella di attrarre gli uomini nel-la vita trinitaria: «Oh Verbo divino, sei tu l’Aquila adorata cheamo e che mi attira; sei tu che, lanciandoti verso la terra d’esilio,hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno del-l’Eterna Fornace della Beata Trinità; sei tu che, risalendo verso laLuce inaccessibile che sarà ormai la tua dimora, sei tu che restiancora nella valle delle lacrime, nascosto sotto l’apparenza diun’Ostia bianca…» (5v°-263).

Teresa ha capito che la missione della Chiesa non si puòcompiere al di fuori di questo scambio trinitario. La vocazione diTeresa nel cuore della Chiesa è lo scambio trinitario. Ma lei stessanon basta, ha bisogno di una schiera di piccole anime: «Sì, lo so,e ti scongiuro di farlo: ti supplico di chinare il tuo sguardo divinosopra un gran numero di piccole anime… Ti supplico di scegliereuna legione di piccole vittime degne del tuo Amore…» (5v°-265).

Si ritrova la stessa dinamica trinitaria nel Manoscritto C, delgiugno 1897 (rimanevano solo 4 mesi di vita a Teresa):

«L’amore attira l’amore, così, Gesù mio, il mio si slancia ver-so di te, vorrebbe colmare l’abisso che l’attira, ma ahimè! èmeno che una goccia di rugiada perduta nell’oceano! Peramarti come tu mi ami, mi è necessario far mio il tuo stessoamore, soltanto allora trovo il riposo » (Ms C, 35r°-336).

Teresa, quando vuole affidare a Dio le anime che Lui stessole ha affidato, non trova niente di meglio da fare che adoperare iltesto più trinitario del Nuovo Testamento, il capitolo 17 di Gio-vanni, che ritrascrive molto liberamente, probabilmente a mente(Ms C, 34v°-35r°).

In un secolo giansenista, Teresa sottolinea la vocazione ditutti i battezzati a partecipare alla vita di Dio e a farsi santi, preci-sando che l’ostacolo alla santità non sono i nostri peccati, le no-

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stre debolezze, ma l’orgoglio 27, la fiducia in se stessi, l’autosuffi-cienza, l’accumulare i meriti. In un secolo razionalista e all’alba diun secolo ateo, Teresa si abbandona all’amore più “razionale” chevi sia, l’amore trinitario. Vi si abbandona come il Figlio, fino al-l’abbandono. All’alba di un secolo dove la teologia si sarebbe tan-to interessata al mistero trinitario, Teresa concentra la sua dottrinasull’unità di Dio-Amore che ella conosce nella sua manifestazionein Gesù Cristo. Nella partecipazione di Teresa all’amore trinitariosi può distinguere un’assimilazione al Figlio nella sua kenosi finoalla morte e alla morte di croce; una partecipazione all’amore (loSpirito) e un dialogo con il Padre in una relazione di unità e di di-stinzione, di attività e passività, in un dinamismo senza fine.

Ciò che Teresa intende con “Amore” (parola che ritorna 756volte nel Corpus teresiano 28) è dunque lo Spirito stesso, che èl’Amore tra il donatore e il donato. Stabilita nell’amore la sua vo-cazione, Teresa partecipa al ritmo trinitario di riceversi e di darsi.La Chiesa non può vivere fuori di questa dimensione dell’amoreche ha tre aspetti indissolubilmente legati: la riconoscenza dellapiccolezza e della povertà fino all’abbandono di Cristo; l’audaciaper chiedere di ricevere più amore ancora; la missione di dare ecomunicare la vita trinitaria.

Conclusione sugli ultimi mesi di vita di Teresa

Gli ultimi mesi della vita di Teresa non saranno altro chel’approfondimento di questo movimento di amore puro che poneTeresa nel cuore della Trinità. Possiamo però evidenziare alcuniaspetti particolarmente interessanti per il nostro argomento.

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27 Una delle ultime preghiere che scriverà Teresa poco prima di morire(Pr 20, 16 luglio 1897) è per “chiedere l’umiltà”, facendo capire che la sua man-canza è il più grande impedimento alla carità. Si legge: «Voglio abbassarmi umil-mente e sottomettere la mia volontà a quella delle mie sorelle, non contraddicen-dole in nulla e senza ricercare se hanno o no il diritto di comandarmi. Nessuno,o mio Amato, aveva questo diritto verso di te, e tuttavia hai obbedito non soltan-to alla Santa Vergine e a San Giuseppe, ma anche ai tuoi carnefici».

28 Les mots de sainte Thérèse de l’Enfant-Jésus. Concordance…, cit. Il ver-bo “amare” si trova 704 volte.

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Il moltiplicarsi dei paradossi

Più Teresa partecipa allo scambio trinitario, più i paradossisi moltiplicano.

Più si cala nel nulla che vive nel disintegrarsi del suo corpo enel deserto di consolazioni, più si riabbandona. Troviamo allora ilparadosso dell’assenza di consolazioni associata alla luce di veder-si nulla, sì da poter dire: «Per me, non ho lumi se non per vedereil mio piccolo nulla. Questo mi fa più bene che i lumi sulla fede»(CJ 13.8).

Troviamo ancora sottolineato un paradosso già presente inTeresa, e cioè che la “piccola via” di santità è anche per i peccato-ri: «Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati chesi possono commettere, andrei, col cuore spezzato dal pentimen-to, a gettarmi tra le braccia di Gesù, poiché so quanto egli ama ilfigliuol prodigo che ritorna a lui. Non perché il Signore, nella suamisericordia preveniente, ha preservato la mia anima dal peccatomortale, io m’innalzo a lui con la fiducia e con l’amore» (Ms C,36v°-37r°). «Mi raccomando, Madre mia, di dire bene che seavessi commesso tutti i crimini possibili, avrei sempre la stessa fi-ducia, sento che tutta questa moltitudine di offese sarebbe comeuna goccia d’acqua gettata in un braciere ardente» (CJ 11.7.6).Raccomanda più volte che si completi il suo manoscritto con ilracconto della peccatrice morta d’amore, come indispensabilecomplemento per una corretta interpretazione.

Vive contemporaneamente la dolcezza e la sofferenza, lamorte e la risurrezione: «Io non sono più, come quando ero bam-bina, accessibile al dolore; sono come risorta, non sono più dovesi crede che io sia… Non abbiate pena per me, sono arrivata alpunto di non soffrire più perché ogni sofferenza mi è dolce» (CJ29.05). «Questa parola di Giobbe: “anche se Dio mi uccidesse,spererei ancora in Lui”, mi ha affascinata fin dall’infanzia. Ma ci èvoluto tanto prima di raggiungere questo grado di abbandono.Adesso ci sono» (CJ 7.7.3). Teresa vive la sua agonia in comunio-ne con Gesù, provando precisamente in se stessa il paradosso diGesù beato e angosciato nello stesso tempo: «Nostro Signore nel-l’orto degli Ulivi godeva di tutte le gioie della Trinità, eppure la

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sua agonia non era meno crudele. È un mistero, ma le assicuroche, da ciò che provo io stessa, ne capisco qualcosa» (CJ 6.7.4) 29.

La sua carità verso le sorelle cresce sempre di più: le sue so-relle hanno testimoniato all’unanimità la sua allegria, il moltipli-care gli scherzi, i giochi di parole, per alleggerire la loro sofferen-za nel vederla patire. «Si sarebbe volentieri pagato per stare vici-no a lei», dice una religiosa.

Una nuova visione dell’escatologia come partecipazionealla missione dello Spirito Santo

Più sorprendente ancora è il paradosso di un’anima nellanotte, che “programma” la sua vita nell’aldilà per fare del benesulla terra. Come se la purificazione della visione escatologica pervia della notte della fede l’aiutasse a penetrare una dimensioneautentica dell’escatologia: la partecipazione alla missione delloSpirito Santo. Il suo Cielo si svolgerà nel lavoro per le anime. Te-resa moltiplica le affermazioni in questo senso:

«Conto proprio di non restare inattiva in Cielo: il mio desi-derio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime. Lochiedo al Buon Dio e sono certa che mi esaudirà. […] Se la-scio già il campo di battaglia, non è certo con il desiderioegoistico di riposarmi. Il pensiero della beatitudine eterna fatrasalire appena il mio cuore. Da molto tempo la sofferenzaè divenuta il mio Cielo quaggiù e faccio davvero fatica a ca-pire come potrò acclimatarmi in un Paese in cui la gioia re-gna senza alcuna mistura di tristezza. Occorrerà che Gesùtrasformi la mia anima e le doni la capacità di gioire, altri-menti non potrò sopportare le delizie eterne. Quello che miattira verso la patria dei Cieli è la chiamata del Signore, è lasperanza di amarlo finalmente come l’ho tanto desiderato eil pensiero che potrò farlo amare da una moltitudine di ani-me che lo benediranno eternamente» (LT 254).

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29 Citato da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Novo millennioineunte, n. 27, che aggiunge: «È una testimonianza illuminante».

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«Il cielo, la beatitudine, non sono solo una contemplazionedell’essenza divina, ma una comunione all’atto incessante d’amo-re creatore e salvatore di Dio» 30.

Uno scambio mirabile con la madre di Cristo

Se la vita teologale di Teresa è incominciata nell’assimilazioneal Figlio e culmina in una missione simile a quella dello Spirito, sinota anche la relazione sempre crescente con Maria. Lo attestanogli Ultimi colloqui, dove Teresa moltiplica le parole su Maria 31.

Non è nemmeno un caso che l’ultima poesia di Teresa (mag-gio 1897) sia intitolata Perché t’amo, Maria (P 54). Leggendola,sembra che Teresa comprenda il segreto della vita di Maria, unavita di amore e di sofferenza in cui lei si rispecchia come non mainella sua vita anteriore. Citiamo solamente due versi che hannoun timbro autobiografico: «Soffrire amando è la gioia più pura»(54, 16), «Amare è dare tutto e donar se stessi» (54, 22). Unacomplicità estrema lega queste due creature, così che si arriva auna sorprendente preghiera, l’ultimo testo lasciatoci da Teresa,scritto con mano tremolante meno di tre settimane prima di mo-rire: «O Maria, se io fossi la Regina del Cielo e tu fossi Teresa,vorrei essere Teresa perché tu fossi la Regina del Cielo!!!» (Pr21). Non è forse come se Teresa si sentisse già avvolta come Ma-ria e con Maria nel Cielo della Trinità 32?

È lecito pensare che Teresa sia stata provata fino alla fine,fino a rivivere l’abbandono di Cristo 33. Sia stata tentata dalla di-sperazione 34. Prima di morire soffocata, la sua agonia, il 30 set-

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30 I. Marcil, La kénose du Christ…, cit., p. 513, nota 165.31 Il 5% delle parole del Quaderno Giallo che contiene gli appunti della

sorella Paolina, (Madre Agnese) presi al capezzale della sorella moribonda, ri-guardano Maria. Cf. G. Gaucher, op. cit., p. 189.

32 Cf. F.M. Léthel, ocd, op. cit., pp. 196-197.33 Cf. G. Gaucher, op. cit., pp. 208ss.34 «Il demonio è attorno a me, non lo vedo ma lo sento… mi tormenta, mi

tiene come con una mano di ferro per impedirmi di prendere il più piccolo sol-lievo, aumenta i miei mali affinché io mi disperi… E non posso pregare! Possosolamente guardare la Santa Vergine e dire: Gesù!» (Ultimi colloqui, Teresa aCelina, 16.8).

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tembre, sarà come quella di Gesù, «senza alcuna traccia di conso-lazione» (CJ 30.09) 35.

Ecco, dunque, una rapida scorsa dell’itinerario teresiano chepotrebbe essere definito come una divinizzazione attraverso unatrinitizzazione. Teresa ripete nella sua vita, e soprattutto nella sua“passione”, le relazioni e gli scambi d’amore che legano le perso-ne della Trinità. Teresa ha conformato il più perfettamente possi-bile la sua vita a quella di Cristo, fino alla morte nell’agonia.

Oltre a dirci qualcosa su Dio-Amore, ci dice qualcosa sul-l’uomo, sulla sua chiamata alla vita trinitaria, e sulle virtù teologa-li – fede, speranza, carità – come partecipazione già quaggiù allavita di Dio.

Teresa sapeva che la sua missione sarebbe cominciata dopola sua morte, ed è risaputo che tanti carismi del XX secolo (Mar-the Robin e i Foyers de charité 36, Madre Teresa di Calcutta, diver-si movimenti nella sfera del Rinnovamento nello Spirito) si sonorifatti a lei. Ha aperto una stagione carismatica in cui il fulcro èDio-Amore. Per quanto riguarda la vita trinitaria, che ha vissutopersonalmente nel modo che abbiamo visto, è significativo chequando affida a Dio le anime che sta per lasciare con le parolestesse di Gesù in Gv 17, ometta precisamente i versetti riguardan-ti l’unità dei discepoli tra loro (vv. 11 e 21). Apre la strada ad altreeffusioni dello Spirito Santo che introdurranno alla vita trinitariauna legione di altre anime, tramite l’unità tra loro.

FLORENCE GILLET

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35 H.U. von Balthasar afferma che muore «in ultima analisi nel sentimentodell’abbandono di Dio. Tale sentimento sarà stato, forse, la forma più alta diunione con il Signore, che conclude la sua vita terrestre nella notte dei sensi edello spirito», La prière contemplative, Fayard, 1971, p. 260.

36 Cf. R. Peyret, Marthe Robin, la Croix et la Joie, Société d’édition peuplelibre, Valence 1981, pp. 66-68.