terra di basilicata

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La magia della famiglia Settimanale Freepress MERCOLEDI’ 24 NOVEMBRE 2010 ANNO III N. 12a INSERTO SPECIALE INSERTO SPECIALE Direttore ANTONIO SAVINO PER LA TUA PUBBLICITA’ CHIAMA 0971 1973010 CELL. 320 1813033 email: [email protected] TrenoRocky a pagina 4

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Page 1: Terra di Basilicata

La magia della famiglia

Settimanale Freepress

MERCOLEDI’ 24 NOVEMBRE 2010

ANNO III N. 12a

INSERTO SPECIALE INSERTO SPECIALE

Direttore

ANTONIO SAVINO

PER LA TUA PUBBLICITA’ CHIAMA 0971 1973010 CELL. 320 1813033 email: [email protected]

TrenoRocky a pagina 4

Page 2: Terra di Basilicata

FAMIGLIA

-INSERTO SPECIALE- 24 NOVEMBRE 2010

2Le origini della famiglia

La famiglia è costituita da un

gruppo di persone che vivono

insieme, oppure da più gruppi di

persone aventi in comune la discen-

denza (dimostrata o stipulata) da uno

stesso progenitore, da una unione legale

o da una adozione. Tra i membri di una

famiglia si individuano varie relazioni

e gradi di parentela. Per gli antichi Ro-

mani, la famiglia era il nucleo originario

e l'asse portante della società romana.

Essa era l'insieme dei beni (degli

schiavi, quando ce ne erano) e delle per-

sone soggette alla potestas patria del

pater familias. All'origine della famiglia

vi era l'unione tra l'uomo e la donna, ri-

tenuto l'istituto umano fondamentale,

poiché assicurava la sopravvivenza

della gens, un gruppo di famiglie, che

si riteneva discendessero da un antenato

comune. La famiglia romana non era

un istituzione sociale privata, bensì pub-

blica. Sposarsi e generare una discen-

denza erano, allo stesso tempo, un

obbligo ed una necessità sociale. Tutto

si compiva all'interno della famiglia: la

procreazione, l'istruzione dei figli, le ce-

rimonie religiose, le attività economi-

che. Di conseguenza, la struttura della

famiglia si rifletteva nella struttura della

società.

Il marito aveva tutti i poteri, la potestas,

sui beni e sulle persone, che facevano

parte della famiglia. Soltanto lui poteva

comprare e vendere, lui si occupava in

prima persona dell'educazione dei figli

(durante l'epoca monarchica e la prima

epoca repubblicana), lui compiva i sa-

crifici e dirigeva le cerimonie religiose,

in onore delle divinità del focolare.

Qualora la moglie lo avesse tradito, o se

gli avesse rubato il vino nella botte, egli

poteva ucciderla, senza dover subire un

processo. Comunque, il diritto romano

prevedeva, obbligatoriamente, il divor-

zio, in caso d'adulterio. Anche l'uomo

poteva essere considerato un adultero,

se tradiva la moglie con un'altra donna

sposata. In tal caso, l'uomo non era con-

dannabile in quanto aveva tradito la

moglie, ma poiché aveva insidiato la

moglie di un altro uomo libero. Il pater

familias poteva avere relazioni extraco-

niugali, liberamente, con schiave e li-

bere. Inoltre, l'autorità paterna era tale,

da consentirgli di vendere i figli come

schiavi, se lo avesse ritenuto necessario.

I figli, maschi e femmine, erano del

tutto sottomessi al padre. Le donne,

però, si sottraevano all'autorità paterna,

quando erano date in sposa, allora pas-

savano sotto l'autorità del marito.

Accanto al pater familias, c'era la mater

familias, cioè la donna, in grado di dare

al marito dei figli legittimi. Più sempli-

cemente, quando una giovane si univa

in matrimonio, diventava mater fami-

lias: ciò indica il riconoscimento che il

diritto romano fa, dell'onore, della mae-

stà e della dignità della donna romana,

nella sua funzione di madre. Quando la

mater familias diventava madre, veniva

chiamata: domina. La mater familias

dirigeva il lavoro degli schiavi all'in-

terno della casa. Il suo compito princi-

pale era quello di tessere la lana e con-

fezionare abiti per sé e per i membri

della famiglia. Di rado, si concedeva

delle visite.

Nell’età Imperiale, la famiglia subisce

un'evoluzione profonda. Nella Roma

repubblicana, il rapporto tra coniugi ve-

niva rappresentato come una coppia di

amici fedeli, che si aiutavano e sostene-

vano nella vita pubblica. Dopo il II° se-

colo d.C., invece, si assiste ad un

irrigidimento del vincolo matrimoniale,

che verrà rafforzato dalla diffusione del

Cristianesimo. Il rapporto tra i coniugi

si fondava, almeno idealmente, sulla re-

ciproca fedeltà; si riduce il potere asso-

luto del pater familias e si afferma una

relativa parità tra i due sessi, all'interno

della famiglia. Da un punto di vista mo-

rale, viene, inoltre, respinto, il divorzio,

che aveva avuto un'intensa diffusione.

Nell’attuale cultura occidentale, una fa-

miglia spesso è definita in modo speci-

fico come un gruppo di persone affiliate

da legami consanguinei o legali, come

il matrimonio o l'adozione. Molti antro-

pologi (l'antropologia culturale è uno

dei campi dell'antropologia, lo studio

olistico (La posizione filosofica del-

l'Olismo (dal greco "holon", cioè tutto)

è basata sull'idea che le proprietà di un

sistema non possano essere spiegate

esclusivamente tramite le sue compo-

nenti. La parola, insieme all'aggettivo

olistico, è stata coniata negli anni

Venti da Jan Smuts. Secondo

l'Oxford English Dictionary,

Smuts ha definito l'olismo come

"la tendenza, in natura, a formare

interi che sono più grandi della

somma delle parti attraverso

l'evoluzione creativa".

L'olismo, o non riduzionismo, è

a volte descritto come l'opposto

del riduzionismo, nonostante i

sostenitori del riduzionismo

scientifico affermino che sia più

giusto considerarlo l'opposto del

riduzionismo sfrenato. Può anche

essere considerato opposto al-

l'atomismo dell'umanità. In par-

ticolare essa è la disciplina che ha

promosso e sviluppato la cultura

come oggetto di studio scienti-

fico; essa è anche il ramo dell'an-

tropologia che studia le differenze

culturali tra gruppi di umani so-

stengono che la nozione di "con-

sanguineo" deve essere intesa in

senso metaforico; alcuni sosten-

gono che ci sono molte società di

tipo non occidentale in cui la fa-

miglia viene intesa attraverso

concetti diversi da quelli del "san-

gue".

L'articolo 16 della Dichiarazione

Universale dei Diritti dell'Uomo

afferma:

- Uomini e donne in età adatta

Page 3: Terra di Basilicata

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FAMIGLIA

-INSERTO SPECIALE- 24 NOVEMBRE 2010

nella società giuridica

hanno il diritto di sposarsi e di fondare

una famiglia, senza alcuna limitazione

di razza, cittadinanza o religione. Essi

hanno eguali diritti riguardo al matri-

monio, durante il matrimonio e all'atto

del suo scioglimento.

- Il matrimonio potrà essere concluso

soltanto con il libero e pieno consenso

dei futuri coniugi.

- La famiglia è il nucleo naturale e fon-

damentale della società e ha diritto ad

essere protetta dalla società e dallo

Stato.

La parentela può essere anche simbo-

lica, ovvero determinate persone pos-

sono ritenersi consanguinee pur non

essendolo: questo può avvenire ad

esempio con membri che appartengono

a famiglie o a gruppi (classi, stirpi etc.)

legati da vincoli matrimoniali. Nella

maggior parte delle culture il matrimo-

nio è un legame fra un uomo e una

donna allo scopo di formare una fami-

glia. Si parla in questo caso di matrimo-

nio eterosessuale e monogamo, ma vi

sono, ed hanno avuto relativa diffu-

sione, anche matrimoni poligami, nei

quali il legame riguarda più di due per-

sone, e matrimoni omosessuali o gay, nei

quali i contraenti appartengono al mede-

simo genere sessuale.

In campo etnologico si fa distinzione fra

famiglia nucleare, composta da padre,

madre e figli non sposati, e famiglia plu-

rima (per esempio famiglia poliginica, un

uomo con più donne, famiglia poliandria,

una donna con più uomini, famiglia do-

mestica, costituita dal gruppo di congiunti

che dividono una residenza); in ogni caso,

la famiglia anche nella forma più sem-

plice, evidenzia i quattro rapporti fonda-

mentali che stanno alla base di molti

gruppi sociali e cioè rapporti di connubio,

discendenza, fratellanza e copresidenza.

Una caratteristica universale della struttura

familiare è il divieto di incesto, la proibi-

zione cioè rapporti sessuali fra consangui-

nei; questo fenomeno, del quale sono state

tentate spiegazioni religiose, culturali, psi-

canalitiche, ect. Contribuisce a determi-

nare il sistema dell’esogamia, per il quale

gli uomini cercano le loro donne al di fuori

del proprio gruppo.

Nella Costituzione Italiana, la famiglia è

citata negli articoli n. 29, n.30 e n.31.

Da queste tre disposizioni costituzionali si

possono desumere alcuni principi:

il principio di autonomia della famiglia,

il principio di uguaglianza fra i coniugi,

il principio di tutela dei figli nati fuori dal

matrimonio,

il principio dell'autonomia educativa,

il principio del sostegno pubblico ai com-

piti educativi della famiglia.

Il codice civile dedica alla famiglia il

primo libro del codice intitolato "Delle

persone e della famiglia", Titoli V, VI, VII,

VIII, IX, IX-bis, X, XI, XII, XIII, XIV.

In Italia, l’ordinamento giuridico della fa-

miglia è stato profondamente rinnovato

dalla Legge n.151/1975 e dall’introdu-

zione del divorzio. Secondo la riforma del

diritto di famiglia in applicazione dei prin-

cipi sanciti dagli articoli 29 e 30 della Co-

stituzione Italiana, la donna acquisisce il

diritto di patria potestas collegialmente

con il marito e gode dei suoi stessi diritti

successori. Il regime patrimoniale, salvo

contraria volontà, è la comu-

nione dei beni e i figli naturali

hanno gli stessi diritti dei figli

legittimi. La Chiesa Catto-

lica, dal canto suo, conserva

tuttora la sua avversione al di-

vorzio.

Oggi, in questo nuovo mil-

lennio (2000) nell’era dello

sviluppo mondiale di Inter-

net, la famiglia è ancora il

centro della vita della comu-

nità, del paese, della città,

delle metropoli, anche se vive

in un sistema di comunica-

zione interpersonale. Un os-

servatore esterno può

considerare la famiglia come

il microcosmo dell’indivi-

duo. La famiglia di oggi non

vive più, come una volta, e

cioè di rapporti tra famiglie,

tra individui, si vive in un

mondo di spersonalizzazione

dell’individuo.

Page 4: Terra di Basilicata

FAMIGLIA

-INSERTO SPECIALE- 24 NOVEMBRE 2010

4 La societàquotidiana

Cosa penseremmo se qual-

cuno ci invitasse a pren-

dere parte, in qualità di

figli legittimi, alla vita di una fa-

miglia nella quale i genitori co-

stringessero i loro giovani

discendenti a vivere in condizioni

disumane? Li costringessero, per

esempio, a una vita di stenti, affol-

lati in un spazi dall’aria contami-

nata dal fetore di gas nocivi;

impedissero loro di muoversi libe-

ramente obbligandoli, sin da pic-

coli, e per tutta la loro esistenza, a

sacrificarsi nello svolgimento di

attività per lo più estranee alle loro

necessità motorie, di gioco, di sus-

sistenza,e comunque inutilmente

ripetitive, faticose, dannose, stres-

santi. Li educassero ad accettare

sacrifici come esito di un impegno

che esige l’acquisizione di un

certo numero di “gettoni di parte-

cipazione” come unica via al-

l’aspettativa di raggiungere una

condizione minima di sopravvi-

venza altrimenti irraggiungibile;

vale a dire: indumenti, un luogo

ove ripararsi dalle intemperie, luce

solare per nutrire le cellule, effetti,

cure, cibo quotidiano. Che però

anche questo costoso riconosci-

mento di sopravvivenza potesse

essere messo in discussione in

qualsiasi momento dai genitori, a

loro totale discrezione: l’abita-

zione potesse essere confiscata

dall’oggi al domani, la luce solare

continuamente sopraffatta da

quella artificiale, gli affetti e le

cure rese inaccessibili o negate,

avvelenando il pasto quotidiano e

gli stessi gettoni di partecipazione

sequestrati o erosi nel loro valore

convenzionale.

Cosa penseremmo, poi, se appren-

dessimo che, di fronte al manifesto

disagio di quei poveri ragazzi, i

genitori operassero per cercare

d’ingannarli, spingendoli ad accet-

tare la loro sorte? Anzi, per assicu-

rarsi la più efficace soppressione

di ogni potenziale esternazione di

malessere, si attivassero in via pre-

ventiva e abituassero i loro gio-

vani all’uso di sostanze psicotrope

o narcotiche utili a distrarre l’at-

tenzione dal dolore, a sviare la ri-

flessione sulle condizioni di

disagio, a offuscare la capacità di

analisi infondendo nei loro animi

tormentati la convinzione che tutto

è sempre stato così, e quindi tutto

sarà così per sempre? Accette-

remmo di vivere in una famiglia

del genere? Molto verosimilmente

la risposta è no! Ognuno di noi,

per quanto capace di condiscenda,

finirebbe con il giudicare quella

condizione esistenziale come inac-

cettabile e persecutoria. Anche se

fossimo costretti a ritenerla come

la miglior sorte augurabile tra

quelle esistenti nel mondo, essa ri-

marrebbe congiura contro la vita.

Sotto l’infierire di tali imperiosità

il nostro corpo e il nostro spirito fi-

nirebbero ben presto per ribellarsi

sfogando magari nella patologia o

nell’impulso aggressivo (contro

noi stesso o contro gli altri) tutta

la sofferenza repressa. Pur con

tutte le ovvie limitazioni che ogni

semplificazione impone, la meta-

fora della “famiglia incosciente”

raffigura in maniera appropriata la

realtà del mondo moderno: di

quella grande famiglia sempre più

globalizzata e massificata che è

l’attuale società tecno-industriale

che domina la terra. Questa, in-

somma, è a realtà in cui viviamo

oggi: questa è la civiltà! Nel

mondo in cui viviamo tutte le ma-

nifestazioni di sofferenza perdono

il loro carattere sintomatico. Ven-

gono semplicemente “purgate” at-

traverso i più comuni metodi di

conservazione del modello: in via

preventiva, inventando tutto ciò

che serve e far sfogare o a rimuo-

vere il malessere; in via repres-

siva, trattando il disagio come un

problema di ordine pubblico. Ma-

terialmente 1) intrattenendo le per-

sone pur di distrarle dai loro

patimenti esistenziali (logica dello

svago, ideologia della competi-

zione, ossessione per la celebrità,

brama possessista); 2) consolan-

dole con la speranza quando le at-

tività di distrazione non sono

in grado di fare il loro effetto

(religione, mito del pro-

gresso, dello sviluppo, del

futuro migliore); 3) punen-

dole o curandole se proprio

non si adattano in altro

modo. I risultati di questo

processo di occultamento

delle cause della crisi che si

consuma (e gli effetti della

repressione delle sue manife-

stazioni di sofferenza) sono

chiaramente scritti nella dila-

tazione di questa crisi. Men-

tre la retorica del “governo

buono” continua a rassicu-

rare tutti circa il fatto che le

cose procedono nel verso

giusto, assistiamo ogni

giorno di più alla totale deva-

stazione del pianeta, alla ste-

rilizzazione di ogni forma di

relazione umana, alla ridu-

zione degli individui a fattori

della produzione e ad oggetti

della “politica”, della “buro-

crazia”, della “scienza”,

della “tecnica”.

La vita non è più in ciò che

siamo ma in ciò che rappre-

sentiamo per il mondo civile:

nella funzione che dobbiamo

imparare ad assumere nel

corso degli anni.

TrenoRocky