the wheel of time chain novel - capitolo 4

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www.wheeloime.altervista.org Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa una storia scria da molte mani: il progeo WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni . Lʹispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori. La storia in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi li ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovr a rontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno. Zhol passò di nuovo la sua mano pelosa sulla parete. Soce e umida: era ormai giunto oltre la dura roccia. Bene, ci siamo quasi. Pensò. Aveva utato la terra già da tempo, ma quella maledea pietra era sembrata proseguire all’innito. Lentamente, riprese a camminare, cercando di usare cautela. Il terreno qui era più instabile, come dimostravano alcuni cedimenti qua e là. Pericolo, morte quei due pensieri istintivi cominciarono a girargli per la testa, facendolo quasi desistere, nché l’immagine del Senza Occhi non gli apparve nella mente. Si costrinse ad avanzare, pensando che la morte non sarebbe stata nulla a confronto del traamento che gli avrebbe riservato se non avesse fao un buon lavoro. Zhol temeva gli umani con il Potere, e anche i lupi, quando erano in branco, ma li odiava e li disprezzava al tempo stesso. I Senza Occhi erano diversi: loro erano carne della loro carne, le loro menti erano collegate, e talvolta le loro stesse vite. Zhol non avrebbe potuto provare odio, né disprezzo. Solo terrore. Ma come faceva il Senza Occhi ad apparire nella sua testa quando Zhol osava anche solo pensare di trascurare il suo lavoro? Stregoneria si disse, reprimendo l’istinto di nascondere la coda tra le gambe. Questi pensieri vergognosi gli provocarono un accesso d’ira. «Io sono un Bhan’sheen, noi non abbiamo paura!» Grugnì rivolto all’oscurità. La Quarta Era :: Chain Novel :: La Ruota del Tempo file:///D:/MISC/Chain/capitolo4.html 1 di 126 01/10/2013 22.53

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Capitolo 4 Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni. L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori. La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

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www.wheeloftime.altervista.org

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa una storia scritta da molte mani: il progettoWoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni.

Lʹispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suoprobabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo

profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.La storia in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Unnuovo Drago Rinato dovr affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al

meglio il suo ritorno.

Zhol passò di nuovo la sua mano pelosa sulla parete. Soffice e umida: era ormai giunto oltre ladura roccia.Bene, ci siamo quasi. Pensò.Aveva fiutato la terra già da tempo, ma quella maledetta pietra era sembrata proseguireall’infinito. Lentamente, riprese a camminare, cercando di usare cautela. Il terreno qui era piùinstabile, come dimostravano alcuni cedimenti qua e là.Pericolo, morte quei due pensieri istintivi cominciarono a girargli per la testa, facendolo quasidesistere, finché l’immagine del Senza Occhi non gli apparve nella mente. Si costrinse adavanzare, pensando che la morte non sarebbe stata nulla a confronto del trattamento che gliavrebbe riservato se non avesse fatto un buon lavoro. Zhol temeva gli umani con il Potere, e anchei lupi, quando erano in branco, ma li odiava e li disprezzava al tempo stesso. I Senza Occhi eranodiversi: loro erano carne della loro carne, le loro menti erano collegate, e talvolta le loro stesse vite.Zhol non avrebbe potuto provare odio, né disprezzo. Solo terrore. Ma come faceva il Senza Occhiad apparire nella sua testa quando Zhol osava anche solo pensare di trascurare il suo lavoro?Stregoneria si disse, reprimendo l’istinto di nascondere la coda tra le gambe. Questi pensierivergognosi gli provocarono un accesso d’ira.«Io sono un Bhan’sheen, noi non abbiamo paura!» Grugnì rivolto all’oscurità.

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Il buio era completo nella galleria, ma di quello Zhol non aveva timore. Le tenebre erano sueamiche: lo aiutavano ad essere furtivo nella caccia, proteggevano i suoi occhi dalla fastidiosa lucedel sole. Nei cunicoli, Zhol era incapace di vedere, ma erano gli odori a guidarlo, il suo musoallungato gli conferiva l’olfatto migliore di tutta la sua squadra. Zhol non rimpiangeva di certo laluce del giorno, un ricordo ormai sbiadito di quando era un cucciolo. Quello che non potevasopportare, però, anche dopo aver trascorso sotto terra gran parte della sua vita, era il caloreopprimente. Ricordava con rammarico il vento freddo delle montagne dov’era vissutobrevemente, le distese di ghiaccio e neve: Zhol non era nato per vivere sotto la dannata terra,dove il caldo soffocante dei cunicoli a volte gli faceva venire voglia di strapparsi il pelo di dosso.Ma il tempo era vicino ormai, quando lui e i suoi fratelli sarebbero sorti dalla terra persorprendere e uccidere gli umani, distruggere le loro stupide case, banchettare con le loro carni.L’immagine dell’imminente vittoria lo travolse, così potente da farlo vacillare per un attimo,lasciandolo con una brama irrefrenabile di carne umana. La caccia, giù nei cunicoli, non era certosoddisfacente: ratti, talpe e talvolta ci si doveva accontentare dei vermi. La galleria continuava asalire abbastanza regolarmente e, per ora, lo scavo aveva retto ovunque. Zhol si segnòmentalmente alcuni punti in cui con le mani aveva trovato dei cedimenti, più tardi avrebbe dovutocondurvici la squadra, con assi e travi per puntellare i tratti deboli. Dall’eco dei propri passi capìinfine di essere arrivato alla fine dello scavo: il suo lavoro era terminato. Una volta puntellataquesta galleria, avrebbero dovuto condurci di nuovo il Wurm per proseguire la loro lenta risalita.Mentre verificava al tatto la tenuta della parete di fondo, Zhol pensava con sconforto al duro epericoloso compito di condurre i Wurm e sperava di non esservi assegnato di nuovo.Improvvisamente avvertì qualcosa di nuovo: una protuberanza dura e ruvida che sporgeva dallaparete. In un punto in particolare sembrava che i denti acuminati del Wurm l’avessero troncata,lasciandone un moncone penzolante. Zhol vi avvicinò il muso: umida, fresca, dolce... Una radice!Un’incontenibile euforia lo scosse, facendolo grugnire d’esultanza: il cunicolo era completato, sitrovavano ormai appena sotto al covo degli umani. Proprio in quel momento, un senso distordimento lo colse: era il Senza Occhi. Zhol non sapeva quale stregoneria permettesse al SenzaOcchi di comandarlo a distanza, ma odiava quella sensazione: era come se la propria mentevenisse per un attimo controllata da qualcun altro, lasciandolo impotente perfino di pensare. Icomandi trasmessi a quel modo erano molto semplici, anche se a volte un po’ vaghi e confusi.Questa volta il Senza Occhi lo stava richiamando verso il basso, con urgenza, e Zhol si incamminòspedito a ritroso lungo la galleria. C’era un senso di allarme in quel comando, ma la stregoneriausata dai Senza Occhi non permetteva di comunicare con più dettagli. Ad un tratto Zhol fiutò unsuo fratello. Un pennuto. Quando fu più vicino riconobbe l’odore inconfondibile di Kral: uovomarcio misto a carne putrefatta. Sprovvisto di un olfatto fino come quello di Zhol, Kral non siaccorse della sua presenza finchè i due non furono quasi a contatto.«Dove diamine corri?», grugnì Zhol bloccando l’altro con una manata in pieno petto, «Maledettoidiota, non lo sai che questo tunnel non è ancora sicuro?».Il gracchiare di Kral suonò ancora più stridulo del normale. «Il Wurm! E’ scappato! Dobbiamo farecrollare i cunicoli prima che il Wurm sbuchi fuori.»Un Wurm incontrollato era un pericolo mortale per chiunque si trovasse sulla sua strada, maancora più grave era la possibilità che esso imboccasse le gallerie che salivano verso l’alto:continuando a scavare avrebbe potuto sbucare in superficie, rivelando agli umani la propriaesistenza e quella dei cunicoli sotterranei. Senza un’altra parola, i due si misero a correre verso ilbasso, incuranti ormai del pericolo di crolli. Zhol sapeva che avrebbero dovuto fare collassare iltunnel, il più possibile lontano dalla superficie, in modo da disorientare il Wurm e fargli cambiaredirezione. Per darsi coraggio Zhol cercò di convincersi di essere in caccia, anche se il Wurm nonera certo una creatura da essere cacciata, anzi era più facile che accadesse il contrario. L’illusione

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svanì quando cominciò ad udirsi uno strusciare ritmico proveniente dal basso.Maledetto bastardo... Viene proprio per questo cunicolo, pensò Zhol cupamente.

Un terribile dolore alla testa lo paralizzò. Incapace di vedere e di reggersi in piedi, comprese afatica di aver barcollato fino a trovarsi aggrappato alla parete di una delle case che si affacciavanosu una delle vie principali di Calavron.«Vi sentite bene? Signore? Signore?»Una voce cercava un contatto con lui, mentre una stretta sicura gli aveva afferrato un braccio ecercava di scuoterlo. Dorian cercò maldestramente di divincolarsi, allungando più volte una manonel vuoto nel tentativo di allontanare lo sconosciuto.«Signore, vi serve aiuto?»No. Voleva dirlo, ma non riusciva. Sentì piuttosto uscirgli un ringhio basso e profondo, cherepresse dopo poco non senza sforzo. Allungò ancora la mano in quella che poteva vagamenteipotizzare fosse la fonte della voce e finalmente vi trovò qualcosa da spingere via.«Signore, voglio solo aiutarvi, non abbiate paura. Siamo a Calavron, qui non c...»Dorian si accorse in ritardo di aver snudato i denti e aver ripreso un ringhio forte e minaccioso. Siaffrettò a controllare di avere il cappuccio ben calato, lo strattonò più in basso che poteva e con lavista che tornava a brevi lampi, cercò di camminare lontano dal quel maledetto ficcanasostrisciando lungo la parete per potersi reggere in piedi.La testa pulsava così forte che sembrava potesse esplodergli da un momento allʹaltro, i suoni simischiavano indistinti, vicini o lontani che fossero lo ferivano per brevi istanti poi sparivano, neipochi momenti in cui riusciva a mettere a fuoco la vista, vedeva gli sguardi incuriositi dei passantiche non avrebbero nemmeno dovuto notarlo in mezzo alla folla.Dannato Osyf! Gli effetti che lasciavano su di lui le verifiche del suo legame con le Furiepeggioravano di volta in volta. Stava ringhiando di nuovo, accidenti! Dorian era più che convintoche il Reietto provasse un insano gusto sadico nel dare dolore con i suoi esperimenti, ma ora chesapeva che di mezzo cʹera Aman, aveva la certezza che dietro quei malesseri ci fosse anche ilpersonale divertimento del novello Naeʹblis. Avrebbe sopportato, silenziosamente ecaparbiamente avrebbe continuato ad accettare orrende sensazioni come quella. Un giorno lasituazione si sarebbe ribaltata e tutto questo avrebbe giocato a suo favore. Un giorno. Si. Ungiorno sempre più vicino sarebbe stato lui a divertirsi.Perse lʹequilibrio. Doveva aver camminato per tutta la facciata dellʹedificio e ora, che al posto delmuro cʹera solo un vicolo stretto e adombrato, aveva perso il punto dʹappoggio. Cadde nel viottolodopo pochi passi malfermi, atterrando con le mani in una poltiglia maleodorante. Quasi vomitòsopra quelli che dovevano essere i rifiuti delle case che chiudevano quello spazio angusto.Maledetto Osyf! Erano già passati giorni da quando era andato alla Dimora per incontrarlo epermettergli di verificare la sua connessione alle Furie. Possibile che ancora dovesse pagarne le

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conseguenze? Non voleva arrivare ad avere paura di quei momenti, la paura era uno strumentofacile con cui controllare la mente di una persona e lui non voleva avere padroni. Nessuno oltre ilSommo Signore. Tuttavia quei controlli somigliavano sempre più a torture, fisiche e mentali e perquanto Dorian si sforzasse di non pensarci, sentiva ancora la stretta dei legacci di cuoio sucaviglie, polsi e fronte. Da quando aveva lasciato la Dimora ogni notte sognava gli occhi ilari diOsyf che scrutava nella sua testa e gli sottraeva per qualche minuto il controllo delle sue facoltàmentali.Non sapeva di preciso cosa accadeva in quei momenti, al suo risveglio era sempre furioso, sisentiva esausto, ma allo stesso tempo carico di una smania folle. Una volta aveva spezzato illegaccio di cuoio che gli bloccava un polso nel tentativo di liberarsi. Un gesto che scaturiva dalpuro istinto che gli trasmettevano le Furie, nulla di logico, nulla di umano. Poi lentamente quellasete di soddisfare ogni istinto più animale si placava, Dorian riusciva a riprendere le propriefacoltà razionali e poteva finalmente tornare libero. Almeno fino alla verifica successiva.I disturbi si verificavano sempre qualche giorno dopo. All inizio si era trattato di lievi emicranie,ma ultimamente il problema si era acutizzato fino a ridurlo come un verme che strisciava sui rifiutidi un vicolo buio di Calavron. Non doveva farsi sopraffare dalla rabbia per quellʹennesimaumiliazione. Il suo successo era così vicino.Cercò il muro e vi si arrampicò per rimettersi in piedi. Avanzò di qualche passo più in profonditàin quel vicolo, tra ratti e odore di urina. Sarebbe stato lì nascosto finchè il malessere non fossescomparso del tutto. Solo allora sarebbe uscito e sarebbe andato a cercare il motivo principale percui si era diretto a Calavron. Da troppi anni attendeva quel momento e ora stava per alzarsi ilsipario sullo spettacolo: la Torturatrice stava per tornare e lui era lì per godersi il suo meravigliosorisveglio.In quel momento la ragazza era sicuramente in preda a mille paure, angosce da cui ora scappavae che tra breve avrebbe bramato con tutta sè stessa. Dorian sarebbe stato lì in prima fila adassistere al momento in cui quella mente incerta e confusa avrebbe preso coscienza di sé stessa.Quanto tempo ad attendere quel momento: i frutti del suo lavoro stavano maturando uno dopolʹaltro.Nella sua testa sembrava echeggiare il riflusso pulsante di troppo sangue, gli occhi trasmettevanoveloci immagini di casse rotte e immondizia che sembravano vorticargli attorno, il fetore glipungolava fastidioso le narici dallʹolfatto sovrumano, lo squittire dei topi rimbombava quanto ilvociare che proveniva dalla strada principale. Nulla era anche solo vagamente tollerabile in quelmomento. Nonostante questo sorrideva compiaciuto, ripetendo mentalmente il superbo suono diquel nome. Norah.

Una pungente sensazione di freddo la percorse palmo a palmo, lenta e tangibile come se unoggetto gelato la stesse toccando. Qualcosa di simile a quel che si sentiva quando si veniva Guariti,

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ma questo era in un certo senso più palpabile e apparentemente non faceva nulla.Apparentemente. Mab non osava nemmeno immaginare quali flussi potevano aver inventato iribelli per tenere imprigionate delle persone, ma era inutile arrovellarsi dato che non potevavederli da quando le avevano messo quella specie di bracciale al polso destro: quellʹoggetto, unasorta di cerchio metallico che si era arrotolato a spirale e irrigidito attorno al suo braccio senzaaderirle alla pelle, non le impediva propriamente di incanalare, le lasciava percepire la Fonte, male era del tutto inutile perchè non le dava la possibilità di vedere, men che meno di usare i flussi,rendendo lʹoperazione simile al manipolare una nuvola di fumo. Forse era persino più frustrantedi una schermatura totale, ma almeno si poteva toccare la Fonte.Lʹeffetto di quellʹoggetto le fece venire in mente lʹanello di Hilda, realizzando solo in quelmomento che i ribelli dovevano averglielo sottratto, forse già a Hama: si girò così a guardare lemani della donna, dove, comʹera prevedibile, lʹanello non cʹera più. Il disagio che filtrava dallegame in effetti la diceva lunga sul fatto che anche lei si sentisse toccata dal Potere, anche sealmeno esteriormente riusciva a nascondere bene il fastidio che le dava. Non cʹera traccia di paurain lei, solo una profonda indignazione e lʹirritazione di chi evidentemente non era abituato a nonaver la situazione sotto controllo.Mentre ascoltava il legame, Mab non poteva fare a meno di chiedersi per quanto ancoraavrebbero potuto tenerlo nascosto, se qualcuno di quei flussi che continuava a sondarle mentrecamminavano lo avrebbe rivelato: se lʹavevano scoperto, nessuno lʹaveva dato a vedere, né si erapreoccupato di reciderlo. Si dannava sempre più per ciò che non sapeva sul flusso che avevausato per legare Hilda, per lʹignoranza che stava scoprendo di avere sullʹuso del Potere in generalee soprattutto su quella gente. La delusione che provava nei confronti dei ribelli, nei confronti diquella che per anni aveva rappresentato la sua speranza di avere una rivincita a tutte le angheriesubite, aveva preso il sopravvento e ora la portava a lasciarsi condurre con rassegnazione ovunqueil Disegno avesse deciso di tenerla legata. Nemmeno la rabbia riusciva più a farsi spazio in mezzoalla demoralizzazione di sentirsi in trappola per lʹennesima volta.Ritornò a guardarsi attorno: quella galleria, quella più a destra tra le tre che si erano trovatedavanti in fondo alla gola che avevano percorso sul carro, aveva contorni troppo definiti peressersi formata in modo naturale e persino per esser stata scavata da mano umana. Lʹambientenon era adornato in nessun modo: ovunque Mab guardasse, erano pareti di roccia perfettamentelevigata illuminate in modo artificialmente regolare da nessuna fonte visibile.La corda annodata al suo bracciale la strattonò leggermente quando la guardia, che ne tenevalʹestremità opposta, svoltò in un corridoio seguendo il suo compagno alla guida del gruppo, checomprendeva le due prigioniere, Asgael e due dei suoi uomini. Qui le pareti non erano tantoinnaturalmente lisce, ma piuttosto davano lʹimpressione di essersi formate principalmente perlʹeffetto di unʹerosione che aveva lasciato strati di roccia differenti. Man mano che procedevano, icorridoi si popolavano di persone, vestite per la stragrande maggioranza con quella specie didivisa dai pantaloni stretti neri infilati dentro robusti stivali dello stesso colore e giubba verdelunga a metà coscia con intarsi neri e oro, la stessa sia per uomini che per donne. Tutti salutavanoAsgael con un breve ma rispettoso inchino, scrutavano velocemente le nuove arrivate eproseguivano per la loro strada.La rotta del gruppo virò ancora bruscamente allʹinterno di un altro corridoio, lʹennesimo di unlabirinto di gallerie troppo simili le une alle altre per poter essere memorizzate. Se quello eralʹunico collegamento verso il mondo esterno, il messaggio sotteso era drammaticamente chiaro,come se le continue sensazioni di essere sondati e controllati da flussi invisibili e dagli effettiinimmaginabili non fosse sufficiente a far desistere chiunque a quel punto ancora stesse cullandoil sogno di evadere.Poi le pareti cominciarono ad allargarsi e il soffitto ad alzarsi finchè giunsero ad una sala spaziosa

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davanti ad un imponente portone di legno e ferro battuto. Due guardie donne salutaronoportandosi alla fronte un pugno rivolto verso lʹesterno, dopo di che una delle due annuì allʹuomoalla guida del loro gruppo e percosse tre volte la porta con il pesante batacchio di ferro che vipendeva.Passò qualche interminabile minuto, poi la grande foglia a tre punte in oro che campeggiava alcentro del portone si divise in due mentre le ante si aprivano quel tanto che bastò a far uscire altredue donne.«Chi si presenta al legittimo giudizio di Acarvende?» recitò a voce alta una delle due.Asgael posò una mano dietro la schiena di Mab, invitandola ad avanzare tra lui e le donne indivisa, quindi replicò altrettanto cerimonioso.«La città di Hama chiede il giudizio di Acarvende su Mabien Asuka, incanalatrice»«Acarvende lʹavrà in custodia, i Giudici esprimeranno la loro sentenza su di lei» disse una, mentrelʹaltra prendeva la corda legata al bracciale di Mab.Un lampo dʹinquietudine fece eco tra lei e Hilda, costringendo la ragazza a girarsi e guardare lacompagna: il tempo di un veloce scambio di sguardi, poi un lieve strattone al braccio la portò aseguire le due donne oltre il grande portone che si richiuse dietro di lei.

Davanti a lei ora si stendeva un ampio corridoio ben illuminato, che terminava con un portoneidentico a quello alle sue spalle e fiancheggiato su ambo i lati da una serie di celle, una decina perlato, con sbarre incastrate in modo irregolare nella roccia piuttosto grezza. Da dentro le celle occhiincuriositi di donne la seguivano e un lieve chiacchiericcio molto velato accompagnava i suoi passi,mentre le guardie le fecero percorrere il corridoio senza fretta. Sembrava quasi di trovarsiallʹinterno di una spelonca quasi naturale, semplicemente riadattata per ospitare dei prigionieri,lʹaria era intrisa dʹumidità e del tipico olezzo di un luogo chiuso.Mentre camminava percepì Hilda allontanarsi, oltre il portone alle sue spalle.Una volta raggiunto il fondo del corridoio, una guardia azionò una leva che aprì il grande portonesu un ampio spazio ovale, nel quale Mab si trovò un attimo dopo: davanti a lei un altro portoneancora con la grande foglia a tre punte, alle estremità laterali si trovavano gli ingressi di duegallerie non illuminate, al centro un ampio foro nel pavimento mostrava lʹinizio di una scala achiocciola scavata nella pietra.Dopo i saluti col pugno sulla fronte delle quattro guardie presenti, due uomini e due donneschierati ai lati dei portoni, fu condotta al piano di sotto. Scendendo fu tagliata fuori dalla Fonte,una sensazione così netta e brusca da farle quasi perdere lʹequilibrio. Nello stesso momento ilbracciale al suo polso si riaprì e venne recuperato con calma dalla guardia che teneva la corda adesso annodata.Ancora stordita, Mab osservò lʹambiente in cui si trovò una volta scesi i gradini, scoprendoloidentico a quello lasciato al piano superiore: la stanza ovale aveva sui lati più larghi ancora quegliidentici portoni in legno e su quelli più stretti le aperture di gallerie buie. Anche qui erano presentiquattro guardie, le due donne aprirono il portone dietro di loro e Mab fu condotta allʹinterno di unaltro corridoio fiancheggiato da celle, soltanto più freddo e meno illuminato rispetto a quellosopra. Qui la luce non era distribuita usando il Potere, ma data in modo irregolare da fiaccoleappese alle pareti, che contribuivano a rendere lʹambiente maleodorante e tetro per i giochi diombre che venivano a crearsi tra le sporgenze della roccia.Fu fatta camminare fino a giungere al portone opposto, poi venne ricondotta indietro e fattaentrare nella quarta cella alla sua destra.Le due donne già presenti la osservavano apertamente, una delle due in particolare, etàpresumibilmente vicina alla sua e un viso perfettamente ovale, bello per quanto inespressivo, lastudiò attentamente, facendole anche un paio di giri attorno, mentre Mab se ne stava in piedi

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inebetita ad ascoltare il rumore metallico della serratura alle sue spalle.

Thea ed Elsa stavano parlando di posti lontani. Di luoghi che avevano visitato e che avevanotrovato interessanti per un motivo o per lʹaltro. Gli unici argomenti che evitavano con cura eranole faccende che vi avevano svolto. Siadon rimase sorpreso da quanto vasta fosse la conoscenza diElsa sul mondo, aveva sempre creduto che la Sorella vivesse in una realtà tutta sua, isolata almonastero. Il regalo che aveva fatto poco prima era una follia tutto sommato in linea conquellʹidea. Negli ultimi giorni però si era convinto che Elsa fosse molto più del costume cheindossava. Lʹaveva sottovalutata, quella donna era riuscita ad ingannarlo per anni. Ne eraaffascinato. Doveva scoprire come cʹera riuscita, fingersi un pazzo non lo attirava molto mastudiandola avrebbe di sicuro imparato qualcosa di utile.Tomas li raggiunse camminando lentamente, lanciando occhiate curiose verso Siadon e Thea«Buongiorno... Tutto bene?»«Molto bene, grazie» rispose Siadon «la cerimonia ha degli effetti piuttosto pesanti, penso sianormale perdere i sensi ad un certo punto. Ma stiamo bene.»Tomas annuì con un sorriso «Ora che si fà? Proseguiamo?»Siadon alzò le spalle «Credo che rimarremo qui per un giorno o due, abbiamo tutti bisogno diriposo e solo la Luce sa cosa ci aspetta più avanti»Elsa fissò Siadon piegando la testa di lato, battendosi due dita sul collo con fare pensieroso «Nonè difficile» borbottò a bassa voce «Boschi, montagne, sangue, sassi, neve, sangue... le solite cose.»concluse con un sorriso trionfante.Tomas aprì la bocca per dire qualcosa ma subito la richiuse, limitandosi ad annuire lentamente.Mangiarono con calma del pane secco, intingendolo in un barattolo di miele trovato nelle bisaccedei Manti Bianchi. Solo quando il sole era già piuttosto alto Thea e Tomas si allontanarono perlʹaddestramento del Fratello, con la solita scusa del giro in esplorazione.«Bene» sussurrò Elsa in modo che solo Siadon potesse sentirla «è ora di scoprire chi sia davveroArlene non trovi?»«Già, ho provato ad accennare qualcosa a Merian ma non vorrei insospettirla.»«No, meglio di no. Si fida di te ma immagino anche di lei. Ci penserò io.»

Dopo poche ore passate a completare alcune misture, Siadon trovò Merian mentre stavapasseggiando nel bosco, a poca distanza dallʹaccampamento. Rohedric la sorvegliava fingendosiaffaccendato. Ci volle un solo istante per capire che qualcosa turbava profondamente la ragazza.«Cosa succede?» chiese quando le fu accanto. Si era avvicinato sforzandosi di fare tanto rumorequanto un uomo che cammina in un bosco, eppure Merian parve colta alla sprovvista.«Eleanor...» iniziò a parlare ma si interruppe subito facendo una smorfia, come se quello nonfosse il modo giusto di avviare il discorso. Rimase pensierosa alcuni momenti poi continuò con

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tono deciso «A cosa ti riferivi la notte scorsa?»Siadon percepì Rohedric avvicinarsi, senza darlo a vedere aspettò che arrivasse a portatadʹorecchio prima di rispondere.«Te lʹho detto, non devi fidarti del prigioniero. Quelle cose su Jennji potrebbe averle dette solo perindurti a fuggire. Oppure per spingerti in città, magari dritta in una trappola.»Merian sbuffò «Non intendevo questo. Sai a cosa mi riferisco, non mi avete detto tutto.»Siadon la guardò pensieroso, poi annuì «Immagino sia ora di parlare chiaro. Non trovi anche tu,Rohedric?»Chiamato in causa, colto alla sprovvista, lʹuomo non poté fare altro che unirsi ai due «E di cosadovremmo parlare? Dei tuoi metodi per interrogare le persone forse?»Siadon rimase calmo, fingendosi un tantino amareggiato. In realtà era contento, la discussione erainiziata esattamente nel modo in cui aveva sperato: con Rohedric arrabbiato.«Jora non si sbottonerà certo per farci un favore e nemmeno tramite vane minacce o stupideallusioni» Il giorno prima avevano interrogato il prigioniero e Siadon avrebbe voluto usare unminimo di violenza. Nulla in confronto a quanto avrebbe fatto in altre situazioni ma Rohedric siera opposto, sostenendo che frasi intelligenti e sottili minacce avrebbero ottenuto risultati migliori.Siadon lʹaveva lasciato fare godendosi lo spettacolo. Quella pagliacciata lʹaveva aiutato a preparareun interessante piano. Questa discussione era solo il primo passo.«E allora sentiamo. Visto che vuoi parlare chiaro, cosa proponi di fare? Noi non siamo come loro,non torturiamo la gente»Merian scrutò Siadon perplessa, forse un tantino impaurita ma dal suo sguardo lʹassassino potevaintuire che la ragazza aveva già pensato a quella possibilità.«Il problema è proprio questo. Jora ha visto troppe torture per poter credere ai tuoi giochetti,probabilmente lui stesso ha inflitto parecchio dolore per ottenere delle risposte.»«Sono gli Inquisitori ad occuparsi di queste cose, non i soldati. Ci serve più tempo, ancora qualchegiorno e riusciremo a farci dire la verità sulla sorte di Eleanor e su cosa succede in quella città.»rispose lʹuomo con tono sicuro. Un paio di movimenti involontari però tradirono i suoi dubbiallʹocchio esperto dellʹassassino.«Solitamente sì, ma chi può dirlo con certezza? Abbiamo visto entrambi le reazioni di Jora al tuointerrogatorio» aveva una gran voglia di usare un altro termine ma riuscì a trattenersi «con lui leminacce non funzionano»Rohedric fece per ribattere ma Merian lo anticipò decisa«Quindi cosa proponi di fare?»«Ha a che fare col Potere vero?» rimarcò Rohedric tra lo schifato e lo spaventato.Siadon inscenò una delle sue migliori esibizioni. Sospirò e alzò gli occhi, fingendosi frustrato.«Sì, ha a che fare con il Potere» rispose deciso, sostenendo lo sguardo accusatore dellʹuomo perun istante. Poi indicò sé stesso e Merian «io sono un Incanalatore, Merian è unʹIncanalatrice. Nonabbiamo scelto di avere a che fare con il Potere e non possiamo evitare di usarlo. Ma nonpreoccuparti, non è contagioso. Tu non rischi di venir ucciso, compatito o trattato come unammorbato da chiunque altro. Jora e i suoi amici non vogliono te.»La faccia di Rohedric era un vero spettacolo agli occhi dellʹassassino, un mosaico di stupore,vergogna, orgoglio, rabbia e incomprensione. Dovette ricorrere ad alcuni vecchi trucchi per nontradirsi. Continuò a recitare la parte dell Incanalatore frustrato da una vita infelice e braccatodallʹInquisizione della Luce. Questo siparietto lʹavrebbe aiutato ad allontanare Merian daRohedric. Non sarebbe bastato, ovviamente, ma era certo di aver già fatto più di qualche passo. Ilfatto che fosse stato proprio lʹuomo ad offrirgli una tale occasione rendeva Siadon euforico.Scosse la testa frustrato, dando il giusto tocco di teatralità, e si allontanò dai due prima cheRohedric trovasse il tempo di replicare. Poco dopo stava camminando da solo nel bosco, vestendo

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i panni di uno che aveva bisogno di sfogarsi. Purtroppo dovette farne le spese anche Merian, ilsuo addestramento quel giorno fu più duro del solito. Siadon non le lasciò il tempo di accennarealla discussione per evitare complicazioni, inoltre aveva bisogno di concentrarsi su qualcosa dipratico per non tradirsi e rovinare tutto. Rohedric stava ancora sorvegliando la ragazza, di solitodurante le lezioni li lasciava soli ma non quel giorno. Senza volerlo stava confermando le accuse diSiadon.

«Buongiorno!»Siadon aprì gli occhi allʹistante. Le prime luci dellʹalba rischiaravano il cielo ma non erano ancoraabbastanza intense da illuminare il sottobosco. Tomas era di fronte a lui, continuava a ripetere ungesto sperando di attirare la sua attenzione: «Visione»Stava parlando di Merian, ovviamente. Siadon gli aveva chiesto di starle vicino, di farlainnamorare di lui. Avevano più o meno la stessa età e Tomas era un bel ragazzo, Siadon era sicuroche avesse ben più di qualche possibilità. Se ci fosse riuscito sarebbe stato un altro vincolo tra laSognatrice e il loro gruppo. In ogni caso era un buon modo per tenerla sotto osservazione, stavafunzionando.Siadon si stirò il collo e le braccia, sfruttando quei movimenti per controllare che non ci fossequalcun altro nelle immediate vicinanze. Thea dormiva ancora al suo fianco mentre Elsa si stavascaldando al fuoco lì vicino, lultimo turno di guardia era toccato a lei quella notte.«Buongiorno a te Fratello» segnalò di continuare.«Sonno agitato. Visione, non so altro. Le piace quando la abbraccio.»«Bene» rispose Siadon con un cenno distratto. Non era molto ma sicuramente meglio di nulla.Elsa guardò Tomas come se si fosse appena materializzato davanti ai suoi occhi, poi gli sorrise«Oggi ti aiuterò io negli allenamenti, credo sia ora che anche Thea si occupi di Merian»Thea si sollevò con uno scatto, fulminando la Sorella con lo sguardo.«Secondo giorno di matrimonio e già devo fare i conti con lʹamante di mio marito?»Tomas sgranò gli occhi, convinto di aver appena ascoltato una sentenza di morte, mentre Elsainiziò a ridere di gusto. Siadon rimase indeciso su chi dei due imitare per alcuni istanti, poi decisedi prenderla come una battuta e si unì alle risate.Poco dopo stava godendo alcuni momenti di solitudine, pensando ad un modo per scoprirequalcosa sulla visione di Merian, quando la ragazza venne a cercarlo proprio per parlargliene.Non è possibile pensò Siadon dopo aver ascoltato attentamente. Perché dovrebbe ucciderlo? Non ètipa da uccidere per alcuni insulti.«Immagino si tratti di Jora» disse quando si accorse che Merian stava aspettando che lui parlasse.«Tutto qui?» rispose lei stupita «Voglio dire, lo odio ma perché dovrei ucciderlo? Non ha senso!»era sconvolta.Sottovaluti lʹodio «Da quanto hai detto, sembra che la riterrai la cosa giusta» provò a calmarla«Non voglio ucciderlo, non sono unʹassassina. Non mi avvicinerò più a lui, se sto lontana nonposso ucciderlo no?»Non ci credi nemmeno tu pensò Siadon mentre cercava le parole giuste. Ricordò quanto Tamara gliaveva detto sulle visioni, spesso non erano facili da interpretare ma si avveravano sempre. Mentirenon aveva senso. Nascondere qualcosa per difenderla poteva essere controproducente, Rohedricne era la dimostrazione. Siadon era incredulo, negli ultimi giorni aveva sperato di riuscire atrasformare Merian in una Sorella senza ritenerlo davvero possibile. Dʹun tratto invece quellasperanza era diventata molto vicina alla realtà, sarebbe stato lui a spingere Merian ad uccidereJora? La vittima sarebbe stata davvero il Manto Bianco? Tutto lo lasciava pensare ma non neavevano la certezza e non vedeva come fosse possibile convincere Merian ad uccidere un uomoindifeso. Ai limiti dellʹincredulità, si rese conto che la cosa migliore da dire sarebbe stato il discorso

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che aveva immaginato di farle in occasione del suo primo omicidio. Non riusciva a credere chestesse succedendo tutto così velocemente.«Io ho ucciso» disse infine con un sussurro «molte volte» continuò con voce più chiara ma standoattento a fare in modo che solo lei potesse sentire. Merian lo stava fissando sbalordita.«Ho ucciso persino il giorno del mio matrimonio» non voleva mentirle, avrebbe pagato cara ognimenzogna se Merian fosse divenuta una Sorella. Ma non poteva nemmeno confessareapertamente la sua vera identità, sarebbe stato troppo presto.«Ho ucciso anche la prima volta che ci siamo visti» la ragazza stava annuendo, come se prima diallora non avesse mai considerato la morte in battaglia come un omicidio.«Non ne vado fiero. Da qualche parte qualcuno piangerà la morte di un marito, di un padre o diun figlio per causa mia.» parlò lentamente, dando a Merian il tempo di riflettere «Se non lʹavessifatto, ora non saresti libera. Forse saremmo già tutti morti o magari sulla strada per il primo campodi prigionia.» fece una pausa, aspettando che lo guardasse negli occhi «Ma queste sono soloscuse.»Anche gli amici di Merian avevano ucciso in battaglia. Siadon credeva davvero in quanto stavadicendo, ma sperava anche che le sue parole contribuissero ad allontanarla da Rohedric. Avevasempre trovato intrigante lʹipocrisia con la quale sedicenti paladini del bene mascheravano veri epropri massacri. Dopo anni passati a togliere la vita alle persone, Siadon era certo che non vi fossedifferenza tra uccidere in battaglia o nel sonno, cʹera sempre qualcuno che moriva e molti altri chesoffrivano per la sua scomparsa.«Lʹho fatto perché lo ritenevo necessario» continuò prima che Merian dicesse qualcosa «Non hopaura di ricorrere alla violenza quando serve, come non ho paura di usare il Potere.» aspettòqualche istante per assicurarsi di avere lʹattenzione di Merian «Non so perché lo farai. Ma perquanto ad alcuni potrà apparire sbagliato, sono sicuro che avrai i tuoi motivi e non dovraivergognartene.»

Come faccio a creare un buon motivo?Siadon aveva passato ogni momento libero dei due giorni successivi pensando a Jora e a comefarlo uccidere da Merian. Era innocuo, ovviamente, legato sia con delle corde che tramite ilPotere. Veniva liberato solo per i pasti e quando il suo fisico lo richiedeva, ma anche in queimomenti non avrebbe potuto fare molto più che lanciare qualche insulto per provocare chi glistava attorno. Cosa che faceva immancabilmente. Quell uomo sembrava avere un talento naturalenellʹinnervosire la gente, anche quando cercava di trattenersi.Aveva pensato di proporre un nuovo interrogatorio, avrebbe avuto più possibilità di far succederequalcosa. Magari lʹavrebbe potuto trasformare in un suo burattino usando il Potere. In quel casoperò non avrebbe potuto evitare di attirare qualche sospetto, non era una buona idea. Sfruttare ipochi momenti di semi-libertà sembrava la scelta migliore, ma cosa poteva far accadere? Meriannon si sarebbe mai avvicinata a Jora e non l avrebbe di certo ucciso per un tentativo di fuga.Vendetta... qualcuno però dovrebbe morire. Pensò intrigato dallʹidea mentre raggiungeva lʹalbero alquale Jora era legato. Era lʹora del primo pasto mattutino, prima dellʹalba per limitare le ore disonno al prigioniero, nella vana speranza di indebolirlo. Arlene era già lì con una ciotola di zuppa.Quella donna era un ostacolo ai piani di Siadon. Era unʹIncanalatrice, rappresentavaunʹalternativa alla quale Merian poteva rivolgersi. Inoltre era molto sicura di sé, era fin troppoovvio che non fosse solo chi diceva di essere. Elsa sospettava che sapesse di loro, ma non erariuscita a scoprire molto a riguardo. Lʹerborista aveva visto Siadon trafficare con dei veleni e ladiscussione che ne era sorta poteva considerarsi una sorta di confessione, era certo che le duedonne ne avessero parlato. La diffidenza di Arlene però sembrava più profonda, forse aveva giàincontrato dei Maledetti in passato, o più probabilmente ne aveva solo sentito parlare visto che

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era ancora in vita.Andrebbe eliminata. Ma farlo ora sarebbe troppo sospetto.«Sai dovresti togliere quei legacci» esordì la donna non appena Siadon si fu avvicinato.Siadon studiò il prigioniero per assicurarsi che le sue tessiture fossero ancora intatte. Ovviamentelo erano. Indugiò inutilmente ancora alcuni momenti, per il semplice gusto di innervosire Arlene evedere come avrebbe reagito.«Non preoccuparti, nessuno le ha toccate» proseguì lei con sarcasmo.Siadon le sorrise indietreggiando di qualche passo «Curioso, come puoi esserne certa?»Era piuttosto sicuro che non lo fosse affatto, avrebbe dovuto incanalare per poter vedere queilacci e in tal caso la sua tessitura lʹavrebbe avvertito. A meno che fosse ben più abile di quantovolesse fargli credere. Quel dubbio si dissolse lʹattimo seguente, quando lei lo fulminò con losguardo senza riuscire a controbattere, se non con un secco «Dunque?»Siadon la guardò perplesso, quella donna era ancora vicina a Jora. Stava dando per scontato che ilprigioniero non fosse in grado di ferirla. Luce, in quello stato non rappresentava certo un pericoloma una volta libero...E se accadesse proprio così? Pensò stupito.Lanciò unʹocchiata curiosa ad Arlene, poi alzò le spalle e liberò Jora dai lacci invisibili.Non accadde nulla. Il Manto Bianco si stirò le gambe, accettò la zuppa avidamente. Man mano lostomaco gli si riempiva, gli sguardi carichi di odio aumentavano ma questa volta riuscì a tratteneregli insulti, per lo meno la maggior parte.Così non va pensò Siadon deluso Muore dalla voglia di ribellarsi ma non ha idea di come fare!Ovviamente il prigioniero non aveva armi, Siadon stesso aveva provveduto a rimuovere ogni sassoe ogni bastone dalle vicinanze. Aveva solo gli abiti e la corda con cui era legato ma strangolarequalcuno avrebbe richiesto troppo tempo. E la ciotola. Luce!Osservò la ceramica sgranando gli occhi, Arlene era molto vicina al prigioniero. Lo stavaosservando ma non sembrava pronta a difendersi. A dire il vero sembrava intenta a dare del ciboad uno scoiattolo, non ad una persona che non vedeva lʹora di uccidere i suoi carcerieri.Jora stava ripulendo avidamente il fondo della ciotola quando improvvisamente, gli si spezzò trale mani. Per un istante fissò incredulo il bordo irregolare ed affilato della spaccatura, poi si tuffòcon uno scatto puntando alla gola di Arlene. Non le lasciò il tempo di difendersi.Siadon assistette allo spettacolo come un poeta alla prima interpretazione di un suo dramma.Lʹaveva già visto accadere diverse volte, nella sua mente, ma la realtà fu estremamente piùgratificante. Aveva alzato il sipario con una semplice tessitura, la porcellana era andata infrantumi e Jora, inconsapevolmente, recitava la sua parte anche meglio di quanto lʹassassinoavesse sperato. Gli bastò un solo colpo per conficcare in profondità il frammento di ceramica.Siadon lo bloccò subito dopo, appena si rese conto di quanto stava accadendo ma tragicamente inritardo per salvare Arlene. Una vera disgrazia. O per lo meno questo prevedeva il copione.Contava sul fatto che Merian e gli altri fossero meno paranoici di lui. Arlene lo era di certo,lʹultimo sguardo che gli lanciò, mentre cercava di chiudere la ferita con le proprie mani, era tantocarico di incredulità da stupirlo. Quella donna aveva davvero creduto che lui lʹavrebbe protetta daJora se qualcosa fosse andato storto. Non si era allontanata dal prigioniero perché in qualchemodo si sentiva protetta. Era sorpreso e incuriosito ma si riscosse subito, doveva ancora portare atermine la commedia. Scaraventò Jora contro lʹalbero a cui veniva solitamente legato e cercò disoccorrere Arlene, aveva già perso molto sangue. Chiamò aiuto, cercò in ogni modo di fermarelʹemorragia ma non poté fare molto, Jora era stato davvero bravo.

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I giorni trascorrevano veloci al Tempio di Shiennar. Toras era così impegnato che si rendeva amalapena conto del passare del tempo. Aveva avuto modo di imparare che le promesse del Cultonon erano solo chiacchiere: i Preti Neri facevano in modo che gli adepti si applicassero anima ecorpo all’apprendimento della Conoscenza, in tutte le sue forme. E aveva anche imparato che iloro metodi d’insegnamento non erano sempre gentili. La condotta era rigida, e prevedevapunizioni spietate per chi non si impegnava a dovere. Pur non essendo un amante della disciplina,Toras non si sognava neanche di cercare la fuga dal Tempio; se ne era ben guardato, da quelprimo giorno in cui aveva avuto un incontro privato con il sapiente Ramkin. Il Prete era unpersonaggio che aveva molto poco di umano, l’aspetto meno di tutto. Era gracile e pallido dicarnagione, con arti ossuti e un cranio smile ad un teschio. I suoi occhi in particolare avevanoqualcosa di bizzarro: l’iride innaturalmente scura li faceva infatti sembrare due pozzi senza fondo.Toras l’aveva già incontrato brevemente, quel mattino, ma senza riuscire a distinguerne bene lefattezze. Quando invece, più tardi, Ramkin l’aveva accolto nel proprio alloggio, Toras era rimastointimorito. Questo, prima di percepirne il potenziale nel Potere: dopo ne era diventato addiritturaterrorizzato. Se un tempo aveva reputato grande la capacità con il Potere del vecchio Jaem, questopotenziale, al confronto, era enorme. Pare che dovrò ridefinire la mia scala di giudizio, si era dettoToras.A dispetto delle apparenze, Ramkin si era inizialmente dimostrato benevolo; aveva chiesto a Torasdi parlargli della sua vita prima della cattura da parte dei Manti Bianchi, nonché dei suoi progettifuturi e delle sue aspirazioni. Il ragazzo, che ancora non era convinto di desiderare un’esistenzad’isolamento nel Tempio e di dedizione ai precetti del Culto, aveva risposto con ingenua sinceritàche avrebbe voluto viaggiare e vedere il mondo. A quella risposta, il Prete aveva emesso un suonorauco, come se avevsse difficoltà a respirare; poi però Toras aveva intuito che doveva trattarsi diuna risata. In ogni caso, il divertimento del sacerdote non era durato a lungo: ritornando serio,infatti, Ramkin gli aveva puntato un dito contro, e aveva detto: «Ascoltami, ragazzo: ho investitouomini e tempo per salvarti la vita e farti portare qui, e questo perchè ho immaginato che tu fossiuno molto in gamba, per osare delle azioni come quelle che hai compiuto a Dodieb. Pensi che siastato uno scherzo portarti via dai Manti Bianchi? Lascia che ti racconti com’è andata...». Così,Toras aveva scoperto che, dal giorno in cui il marinaio fuggiasco di nome Issal aveva finalmenteincontrato l’emissario del Culto, Ramkin era da lui venuto a sapere di quel giovane Traditore cheaveva avuto il coraggio di ribellarsi segretamente ai propri ordini. Adepti del Culto l’avevanoquindi tenuto sotto osservazione e avevano riportato lo sviluppo degli eventi al Prete Nero.Apparentemente, un informatore vicino al Capitano Comandante Kines aveva rivelato la suadecisione di giustiziare un Traditore che non collaborava. Ramkin, intuendo che il doppio gioco diToras era stato scoperto, aveva quindi seminato indizi e voci che i Ribelli avessero intenzione diintervenire per mettere in libertà dei Traditori.«Ovviamente quelle sui Ribelli sono solo leggende popolari!», spiegò Ramkin emettendo di nuovoquel suono che probabilmente significava divertimento, «ma quello stupido d’un Manto Bianco siè bevuto la storia e, pensando di ingannare eventuali guastafeste, ha pensato bene di dissimularela tua esecuzione dietro ad un finto turno di pattuglia.». In questo modo Kines aveva finito per

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fare il gioco del Culto, che aveva approfittato del fatto di poter colpire la pattuglia di Toras mentresi trovavano lontano dalla città, allo scoperto ed isolati. A sentire Ramkin, Kines non avevanemmeno indagato sulla scomparsa della pattuglia, occupato com’era dai problemi d’ordinepubblico a Dodieb, dove ai problemi legati alla nota criminalità locale si erano aggiuntirecentemente misteriosi fatti di sangue.Il Prete si era mostrato così autocompiaciuto nel raccontare del salvataggio, che Toras non avevaosato fargli notare che, in realtà, i suoi uomini erano intervenuti tardi, e che solo grazie alla Luce ilcappio non gli aveva spezzato il collo. O forse è stato più che un semplice caso, aveva riflettutoimprovvisamente Toras: era stato Jaem, infatti, a salire sull’albero e a legarvici la corda perl’impiccagione, e Toras si chiese se il vecchio segugio non avesse, in preda ad un improvvisorimorso, scelto un ramo troppo basso o usato una corda troppo corta. Ramkin, comunque,evidentemente non conosceva questi dettagli, né gli sarebbe importato un gran ché. Quello che gliimportava era che Toras fosse stato liberato dal Culto, cosa che lo rendeva, agli occhi del Prete, indovere di ripagare il debito. Che cosa volesse esattamente da lui non era ancora chiaro, ma ilragazzo non dubitava che avesse a che fare con i Manti Bianchi. Ramkin teneva gli incanalatori inmassima considerazione, e sembrava non curarsi del fatto che il potenziale di Toras fosse infimo.Anche il marchio del Traditore ch’egli portava sulla guancia pareva essere degno di nota:osservandolo, Ramkin aveva commentato con rammarico che riprodurre fedelmente quei segniera quasi impossibile, perfino usando il Potere.«Ma, prima di essere di qualsiasi utilità,», aveva concluso quel giorno il Prete Nero «Dovraisottoporti all’addestramento.». E così erano iniziate interminabili giornate di fatiche e di dolori. Gliadepti venivano svegliati all’alba per poter sfruttare pienamente la giornata. Al mattino venivanoinsegnati lettere, numeri e storia; l’insegnante era un Prete Nero, vecchio e curvo e con unpessimo temperamento. Toras, per fortuna, non aveva grandi difficoltà con lettere e numeriperchè gli erano già stati insegnati alla scuola del suo villaggio.La storia, invece, era tutt’altra questione: la ricostruzione degli eventi passati che dava il Prete,infatti, faceva a pugni con quel poco che Toras aveva imparato da bambino. L’insegnante, però,non ammetteva che i suoi precetti venissero messi in discussione e Toras aveva imparato a tenerea freno la lingua per evitare dure punizioni. A bocca aperta, il ragazzo aveva così appreso, adesempio, che la Confederazione era segretamente governata dai Tiranni. Essi, lungi dall’odiarel’ordine dei Figli della Luce, ne erano stati i fondatori: una ristretta cerchia di Tiranni, egocentrici eavidi di potere, aveva progettato di eliminare tutti gli altri Incanalatori del mondo, per rimanere isoli ad avere il Dono. Gli alti gerarchi dei Manti Bianchi erano tutti vittima di un sistema dicontrollo mentale, attuato per mezzo del Potere, che li costringeva ad agire secondo gli ordini cheprovenivano dall’Isola del Drago; l’interminabile guerra tra le due fazioni era solo una sanguinosamessa in scena dove a morire erano per lo più soldati semplici e gente comune... Ma, se la storiarecente era diventata un rompicapo per Toras, il ragazzo trovava invece interessante quello chel’insegnante aveva da dire sull’Era precedente: un ciclo che il mondo aveva già vissuto ecompletato, migliaia di anni prima. Toras apprese dell’esistenza, in quell’Era, di un incanalatorepotente ed arrogante chiamato il Drago che, autoproclamatosi campione della Luce, avevaportato il mondo sull’orlo della distruzione. Era allora vissuto un altro uomo, che, insegnando epredicando i concetti che sono tuttora il fondamento del Culto, era riuscito a far aprire gli occhiagli uomini, i quali finalmente avevano rigettato i semplicistici ed ingannevoli dogmi della Luce edelle Tenebre, abbracciando la Conoscienza che allarga la mente. Questi era Dehmantred, PrimoDivulgatore nonché fondatore del Culto della Conoscenza. Quando, infine, il folle Drago era statoplacato ed esiliato su un’isola deserta, per consacrare l’importanza di tale evento Dehmantredaveva proclamato l’inizio di una nuova Era. E così era iniziato per l’umanità un lungo periodo dipace e prosperità sotto la guida del Culto, interrotto purtroppo dalla Tirannia, durante la quale il

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Culto stesso era quasi scomparso.«Ma ora è giunto il momento di rialzare la testa...», esclamava il vecchio Prete con la sua vocestridula, «E di portare di nuovo la Conoscenza alle genti!». Alcuni adepti, soprattutto quelli dilungo corso, si infervoravano all’udire queste parole e si scambiavano cenni d’assenso oaddirittura battevano le mani; molti invece rimanevano incerti e silenziosi. C’era stato un solo casodi dissenso, subito punito con l’assegnazione del colpevole ai lavori di bonifica.Gli adepti che per punizione venivano mandati alla bonifica, com’era ormai in uso di dire,avrebbero dovuto, in teoria, lavorare nei terreni attigui al Tempio, per trasformare quell’acquitrinoin terra coltivabile. In realtà, dopo il primo giorno nessuno li rivedeva più, e Toras si era fatto unacerta idea riguardo la loro sorte. A metà mattinata gli adepti si riunivano nell’ampia aula delleudienze per la riunione generale: tutti coloro che non stessero adempiendo ad un compitoinderogabile erano tenuti a parteciparvi, compresi i Preti Neri. La prima parte della riunione erasempre maledettamente noiosa, con i Preti più anziani che recitavano lagnose litanie alla sacraConoscenza, oppure tediosi sermoni sul ruolo del Culto nel mondo. Gli adepti si riscuotevanoquando a prendere la parola erano i Preti più giovani, come il sapiente Ramkin. Questa era, infatti,l’occasione in cui venivano convocati gli adepti per le missioni, e nella sala si stendeva un silenziocarico di anticipazione. I nomi venivano chiamati uno ad uno, seguiti dal nome del Prete Nero cheaveva il comando della missione. Toras non sapeva proprio cosa aspettarsi nel caso in cui avessesentito chiamare il proprio nome: alcuni adepti sembravano rallegrarsi, o addirittura esultare, altriparevano avvilirsi e deprimersi, altri ancora, soprattutto quelli con maggiore anzianità nel Culto,prendevano atto della convocazione senza lasciare trasparire alcuna emozione. Il nome di Toras,tuttavia, non era ancora stato chiamato, come neppure quello di Hysaac, il quale alla fine di ogniriunione non mancava di lagnarsi per il fatto di non essere mai considerato pronto all’azione.Usciti dall’aula delle udienze, i due ragazzi si recavano insieme al cortile interno del Tempio, dovealcuni gruppi di adepti venivano addestrati al combattimento.Toras aveva ormai accettato il fatto che il Culto, pur essendo un’istituzione religiosa, per la suanatura clandestina e sovversiva dovesse preparare i propri seguaci allo scontro fisico. Eppure c’eraqualcosa di più, percepibile dalla durezza dell’addestramento e dalla passione degli istruttori, cheinterveniva ad animare quelle sessioni d’esercitazione. Toras aveva la sensazione che non lostessero semplicemente preparando alla remota possibilità di ritrovarsi un giorno in un tafferugliocon i Manti Bianchi venuti a demolire il Tempio e disperdere gli adepti; no, il Culto evidentementeaddestrava i propri seguaci all’azione, sia di sotterfugio che di battaglia vera e propria.Quest’impressione era ancor più evidente quando i ragazzi erano chiamati a partecipareall’addestramento di Niamh, l’attraente istruttrice di combattimento corpo a corpo. La giovanedonna, di alcuni anni più vecchia di Toras, ostentava un comportamento marziale e imponeva agliallievi una disciplina ben più dura rispetto agli altri istruttori, concedendo qualche rara eccezionealla sua severità solo quando aveva a che fare con Hysaac, il suo prediletto. Toras, al contrario, erada lei trattato con un misto di ostilità e disprezzo; questo accanimento nei suoi confronti, pergiunta, non si limitava all’atteggiamento, ma si manifestava anche nella spietatezza dei suoi colpiquando duellava con lui di persona. Alla fine di ogni sessione, infatti, tutti gli allievi, a turno,dovevano affrontare Niamh a duello. L’istruttrice usava la propria staffa e lasciava liberi gli allievidi scegliere una delle armi a cui venivano addestrati: spada, ascia e bastone ferrato. Le lame usatein allenamento naturalmente non avevano il filo, ma questo accorgimento sembrava superfluo,dal momento che Toras non aveva mai visto Niamh subire un singolo colpo. Lo stesso non sipoteva dire dei suoi studenti, che rimediavano inevitabilmente numerose bastonate; Toras inparticolare sembrava fare una collezione di lividi. Bontà sua, almeno distribuisce i colpiuniformemente e non picchia sempre nello stesso posto, doveva ammettere il ragazzo. Più tardi, dopoil pranzo e una brevissima pausa, la giornata prevedeva ancora numerose fatiche, con i diversi

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incarichi che incombevano a rotazione sugli adepti, ma per Toras il momento peggiore era proprioquello dell’addestramento, e non solo per via dei lividi.

Con un grido muto che le riecheggiava nelle orecchie, aprì di scatto gli occhi nellʹoscurità. Strinse ipugni sulle coperte tirandole a sé più di quanto già non lo fossero. Il freddo che provava non erafisico però. Il gelo le ghiacciava le vene in un modo che nessuna coperta avrebbe potuto evitare.Si accovacciò accanto al corpo di Julian, cercando di non svegliarlo di nuovo come quando si eraintrufolata nella sua camera dopo il primo incubo di quella notte. Capitava sempre più spesso direcente: allʹinizio Julian sembrava aver pensato che fosse una scusa per poter passare la notte conlui, ma ultimamente era fin troppo chiaro quanto fosse preoccupato per lei, anche se in quelmomento dormiva e non si era accorto che lei gli si stringeva accanto tremando.Le prime volte la sua presenza era stata sufficiente a farla sentire bene, meglio almeno. Ma queisogni si facevano sempre più vividi, sempre più inquietanti e mostruosamente intimi. Ne eraterrorizzata al punto da vivere con ansia i momenti di sonno, ai quali, per quanto si sforzasse,doveva soccombere anche perchè stava attraversando il più intenso periodo allʹAccademia, che sisarebbe concluso finalmente con lʹesame dʹammissione.Quei sogni tuttavia le rubavano la gioia per quel traguardo da tempo desiderato, oltre che sottrarleenergie per gli studi e le prove. Era esausta, oltre che terrorizzata. Non sapeva quale tra le dueorribili sensazioni fosse quella che la faceva ammattire di più.Spinse il viso tra la spalla e la testa di Julian, fino a sentire i capelli del ragazzo sul viso. Non eranosemplici incubi. Erano ricordi che le appartenevano. Erano vite che aveva già vissuto. Non sapevacome, nemmeno lo voleva, ma lo sapeva. Più se lo negava, più ne sentiva il richiamo familiare. Unasensazione agghiacciante.Cʹera una presenza ricorrente, una vera e propria ossessione tornava in ogni sogno. Sangue.Morte, gloria, paura, dominio e sangue. Sangue ovunque. Sempre.Sussultò al movimento di Julian che le cingeva la testa.«E successo di nuovo?»Norah si limitò ad annuire senza spostare la testa dallʹincavo del collo del ragazzo.Lo sentì sospirare profondamente e stringerla più forte.«Ascoltami»Norah scostò il viso per interromperlo«So cosa vuoi dirmi e sai già la risposta»«Norah per favore»«Aspetterò di aver passato lʹesame dʹammissione»«Ma tu stai male, non puoi andare avanti cos컫Sono appena due settimane»«Due settimane in cui non chiuderai occhio. Pensi che mi faccia piacere sentirti tremare al mio

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fianco tutte le notti?»Norah si attaccò al suo braccio, appoggiando il mento alla spalla, e sospirò.«Parlane al Consiglio subito. Vedrai che saranno comprensivi.»«Julian ti ho detto quello che sogno, io non credo che loro...»Lui si mise su un fianco per poterle stare faccia a faccia, sebbene nel buio potessero a malapenadistinguere i contorni lʹuno dellʹaltra.«Sono solo sogni, saranno comprensivi, vedrai...»«Julian. Non cercare di convincermi di qualcosa di cui non sei convinto neppure tu» lo disse conun filo di voce. Da quando lui e Dimion le avevano svelato del suo ritrovamento, quegli incubiavevano assunto un peso del tutto diverso. Entrambi temevano che ne sarebbe scaturita unaverità inaccettabile, ma nessuno dei due aveva il cuore di dirlo apertamente.Rimandare la scoperta sembrava essere lunica soluzione. Avrebbe voluto scapparne, ma di giornoin giorno ogni immagine, ogni ricordo si faceva più vero, più tangibile. Attendere lʹesame era solouna misera scusa, ma ne avrebbe inventate altre pur di non affrontare quella paura.«Dopo lʹesame parlerò al Consiglio, te lo prometto»Julian le baciò la fronte e poi se la strinse al petto.

Era così caldo il suo corpo. Stargli accanto la faceva star bene. Non cʹera niente che potesserovinare quel loro rapporto speciale, nemmeno questi brutti pensieri avevano il diritto di rubarloro la felicità di stare insieme.Doveva riuscire a cacciarli via dalla sua testa, voleva concentrarsi solo su di lui. Sarebbe statameglio così. Così si lasciò coccolare a lungo, desiderando un sonno sereno finalmente.Si sforzò di cercare pensieri positivi. Si concentrò sull esame e su quello che sarebbe successodopo: diventare una Guaritrice le avrebbe permesso di salvare vite, di rendersi utile alla città, anzia tutte le Città della Notte. Non vedeva lʹora. Era la migliore dellʹanno accademico, non temevaaffatto un fallimento, ma questo non significava che non mettesse il giusto impegno nellapreparazione dellʹesame, anzi. Non le bastava passarlo, voleva farlo in modo perfetto,memorabile. Ci sarebbe riuscita, ne era certa: Julian e Dimion sarebbero stati così fieri di lei.Sorrise accoccolandosi a Julian, aveva così disperatamente bisogno di riposare: se da un latolʹavvicinarsi dellʹesame la rendeva euforica, dallʹaltro la devastava. Le prove per lʹesame eranomassacranti. Ogni giorno si allenavano a tessere flussi complessi, a gestirli contemporaneamente,senza mai perdere il contatto con il fulcro della Guarigione: il cuore.Il cuore umano. Durante ogni Guarigione era indispensabile sondare i battiti del cuore. Era unorgano affascinante. Custodito come un tesoro al centro del corpo, nascosto e protetto come il piùprezioso dei gioielli. Quel suo movimento ritmico che aumentava o calava in base alle condizionifisiche, alle emozioni della persona. Era estremamente affasciante. Sentiva quello di Julian ora,mentre lo abbracciava. Il suono pulsante che emetteva era così rilassante. Involontariamente losondò, era così abituata ad eseguire quel flusso che quasi non si rese conto di averlo fatto. Il cuoredi Julian batteva rintocchi regolari, mentre il ragazzo era ricaduto nel sonno. Il suo flusso lo lambìfino ad interferire col suo ritmico movimento. Il flusso si strinse. Il battito calò fino a zittirsi. Ilflusso sondò il sangue rallentare la corsa lungo le vene, lo sondò pazientemente fino a constatareche tutto si fosse fermato. Che tutto fosse morto.Perchè sentiva così freddo ora?Il corpo di Julian non sembrava più così caldo.

«Julian!»Norah strattonò il ragazzo, prendendogli il volto.Lo sentì muoversi di scatto, spaventato e assonnato.

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«Cos...»Norah gli gettò le braccia al collo e si sfogò in un pianto angosciato. Era stato un sogno, solo unaltro terribile incubo. Non poteva far del male a Julian, non a Julian.

Ricalcò il segno appena fatto sul muro imprimendo maggior forza al piccolo frammento di pietrache stava usando. Era il ventisettesimo segno che faceva in quellʹangolo della cella che senzatroppe cerimonie sembrava esserle stato attribuito dalle sue compagne. Ventisette giorni direclusione, ventisette giorni in cui non aveva potuto far altro che osservare e studiare quel posto,chi lo popolava, chi lo vigilava.La noia e lʹinquietudine regnavano sovrane: Mab, seduta come ogni giorno sul pagliericcio che lefaceva anche da letto, si sentiva come un ragno che avesse costruito una magnifica tela in unluogo in cui non sarebbe mai passato alcun insetto. Quellʹinattività, quello scorrere inutile deltempo mentre lei non poteva fare assolutamente nulla era una sensazione snervante. Le sueattività quotidiane consistevano in due pasti e qualche limitato esercizio fisico per non lasciare imuscoli ad intorpidirsi. A volte veniva prelevata: ogni cinque o sei giorni veniva condotta ai bagniper potersi lavare, mentre altre volte veniva sottoposta ad interrogatori a cui erano presenti donnee uomini con gradi molto differenti di gentilezza. Si sentiva amaramente ridicola nellʹattenderequei momenti come un evento di rara eccitazione. Ma era la verità.Lʹincertezza sul suo destino le pesava terribilmente: nessuno le diceva niente, nessuno davaspiegazioni, non le impedivano di far domande, ma ben presto aveva smesso di farne dalmomento che non portavano ad alcuna risposta. Erano passati così ventisette giorni e chissàquanti ne sarebbero passati ancora prima di poterne uscire. Se mai sarebbe uscita.Le sue compagne lʹaiutavano assai poco a sentirsi meglio, anzi erano spesso loro stesse causa didisagio e insofferenza. Una delle due, Shawna, non aveva detto una sola parola da quando lei eraarrivata, ma si limitava a fissarla troppo spesso per i suoi gusti, con la stessa indelicatezza di quelprimo giorno in cui le aveva girato attorno indagatrice quanto un avvoltoio. Draginelle invece le sistava avvicinando proprio in quel momento, come aveva preso a fare ogni volta che Shawnaveniva portata via.«Forse è la volta buona che ci liberiamo di lei»Mab sorrise sarcastica nel sentire la frase che ormai era divenuta di rito da quando una decina digiorni prima Shawna era rientrata in cella da un interrogatorio zoppicando e con alcuni lividipiuttosto evidenti. Draginelle la odiava, non cʹera un motivo particolare per quel risentimento, senon lo strano ed effettivamente irritante comportamento della donna, che certo non ispiravasimpatia, ma più che altro Draginelle era un tipo dalle poche sfumature, una persona alla qualebastava poco per sentenziare una verità magari tutta sua. Quando si era trovata a dovercondividere la cella con Shawna, aveva provato a parlarle una volta sola, così le aveva raccontato,e in quellʹoccasione era riuscita a stento a farle dire il proprio nome. Nientʹaltro. Quella mancata

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conversazione le era bastata per decidere di eliminare per sempre Shawna dalle sue possibiliamicizie.«Mi mette i brividi! A te no?»Mab sospirò.«Ho visto di peggio. Non mi sembra così terribile, dai. Preferisco vederla tornare in cella... e senzaossa rotte. Piuttosto dovremmo riuscire a farci dire cosʹè successo.»«Lascio a te il piacere»«Ma capita spesso che qualcuna venga trattata così?»«Beh... capita... ogni tanto, quando capiscono che qualcuno nasconde informazioni o ne dice difalse per avere unʹora dʹaria in più. Se tenta di scappare o di far qualcosa alle guardie anche,capita...» spiegò facendo spallucce.«E tu non sei curiosa di sapere cosʹha fatto lei?»«Glielʹabbiamo chiesto e non ci ha risposto. Per me il problema termina qui. Non ho intenzione difar nulla che possa mettermi in situazioni del genere. Lei se la sarà cercata!»Draginelle era una comare di paese e da tale ragionava. Più che curiosa, era unʹimpicciona e unapettegola: aveva raccolto molte informazioni durante i mesi di reclusione e le dispensava per farconversazione senza rendersi conto di quanto fossero preziose. Aveva una visione semplificatadella vita e questo pareva aiutarla a prendere anche quella reclusione come un dato di fatto beneo male accettabile. Ogni tanto le facevano incontrare il marito, con il quale era fuggita dallaConfederazione quando i Manti Bianchi avevano scoperto la sua capacità di incanalare. Quegliincontri le bastavano per star bene mentre attendeva con serena fiducia il giorno in cui avrebberofatto uscire anche lei. Da un certo punto di vista Mab la invidiava.«Sei preoccupata per lei?» chiese la donna dopo qualche momento di silenzio.«No... no, non è che mi stia così a cuore. Sto solo cercando di capire come...»«Non parlavo di Shawna! Dicevo della tua compagna, la Figlia della Luce»Mab alzò le spalle.Aveva visto Hilda per lʹultima volta il giorno in cui erano state portate là dentro: accompagnata dadue guardie era entrata dal portone in fondo al reparto in cui si trovava la sua cella, avevacamminato lungo tutto il corridoio seguita da un vasto mormorio delle detenute, le aveva gettatouna rapida occhiata quando le era stata di fronte, solo un movimento degli occhi, mentreprocedeva fino a scomparire oltre il portone al lato opposto di quello da cui era entrata. Nonlʹaveva più vista da allora, ma la percepiva non troppo distante, al piano di sopra, con un umoreanche peggiore del suo: Hilda stava cercando di controllare i nervi, ma era spaventata e avvilitapiù di quanto Mab avrebbe mai immaginato.«Con quelli non vanno tanto per il sottile...» puntualizzò la donna.Già, Mab se nʹera accorta: gli interrogatori che facevano a Hilda dovevano essere molto diversi daquelli che facevano a lei. Lʹavevano interrogata quasi tutti i giorni, non lʹavevano maltrattatatroppo, ma in un paio di occasioni era successo qualcosa di strano: la prima volta Mab avevatemuto che avessero scoperto il loro legame e lʹavessero reciso perchè, per la prima volta da cheaveva avuto la malaugurata idea di intesserlo, lʹaveva perso completamente. Era poi tornata apercepirla di nuovo, improvvisamente come lʹaveva persa minuti prima. Era successo un paio divolte e Hilda ne era sempre uscita profondamente turbata.«Poi te lʹho detto, su di lei hanno sicuramente raccolto un bel po di informazioni, a giudicare dalvespaio che si è sentito quando è passata di qui il primo giorno»«Si, me lʹhai detto, lo so, ma non cʹè molto che io possa fare» tagliò corto Mab.Chissà se Hilda sapeva come funzionavano i premi per chi parlava, se qualcuno glielʹavevaspiegato come Draginelle lʹaveva fatto con lei. Lʹidea di dare ore dʹaria in cambio di informazionisui prigionieri appena rinchiusi era unʹastuzia non da poco e a quanto pareva lʹingresso di una

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celebrità come la figlioletta di AlʹKishira aveva portato allʹelargizione di varie ore dʹaria.Mab iniziava ad agognare il momento in cui sarebbe capitato anche a lei: fino a quel momentoaveva parlato agli interrogatori rispondendo ad ogni domanda sul suo passato, ma dʹore dʹariaancora non ne aveva avute. Gliene aveva parlato Draginelle e da allora ci pensava spesso: da unodei cunicoli bui della sala ovale oltre il portone si accedeva alla cosiddetta buca, il fondo di unburrone stretto e ben poco paesaggistico visto che mostrava appena un cerchietto di cielo a uncentinaio di metri dʹaltezza, ma lì si respirava aria fresca e soprattutto lì era concesso abbracciarela Fonte. Se lʹidea di essere condotta ai bagni lʹeccitava, quella di poter essere portata finalmentealla buca pareva un lago in mezzo al deserto. Dopo ventisette giorni attendeva impaziente quelmomento e col passare del tempo non sapeva cosa sarebbe arrivata a dire agli interrogatori pur diottenere quel privilegio.Il pesante scardinare del portone che rimbombava per tutto il corridoio fece allontanareDraginelle in tutta fretta: Mab non sapeva perchè la donna non volesse nemmeno farsi vedere daShawna mentre parlava con lei, fatto sta che le si allontanava alla sola scarsa ipotesi che lʹaltracompagna potesse tornare in cella e quando era presente piombava nel mutismo più assoluto. Ditutta la gente con cui poteva capitare in cella, non le erano toccate certo due persone facili dagestire, ma tutto sommato era tollerabile.Ovviamente i passi che si stavano avvicinando non erano di Shawna, che era da poco uscita, ma afermarsi davanti alla loro cella fu una guardia.«In piedi Mabien, oggi han voglia di sentire la tua voce»

Non la portarono alla solita stanza per gli interrogatori: una volta varcato il portone, fecero salire aMab le scale e le misero al polso lo strano bracciale del primo giorno. La dislocazione dei corridoisembrava speculare a quella del piano di sotto e anche la stanza in cui fu portata perlʹinterrogatorio era identica a quella che lʹaveva ospitata le volte precedenti: piccola e priva dimobilia e decorazioni fatta eccezione per la panca in legno che percorreva tre pareti, una sediaposta al centro e un piccolo scrittoio in un angolo. La sedia spettava a lei, sulla panca sedevano giàtre persone, due donne e un uomo che non aveva mai visto prima. Allo scrittoio sedeva ungiovane incaricato, come accadeva sempre, di redarre il verbale dellʹincontro. Era tuttopraticamente uguale alle altre volte che era stata interrogata, tranne per il fatto che qui i suoiinquisitori potevano incanalare.Era già stata sottoposta ad interrogatori, aveva già detto molto: aveva raccontato loro come avevascoperto di poter incanalare, quali flussi conosceva, aveva parlato dei suoi anni di vita a Daing, deisuoi legami con i Figli della Luce, dei metodi con cui i Manti Bianchi riconoscevano e poitrattavano gli incanalatori. Erano davvero poche le cose che Mab, per ovvie ragioni, non eradisposta a rivelare, ma del resto avrebbe collaborato, come aveva fatto fino ad allora. Perchèportarla lì oggi?Si osservarono a vicenda in totale silenzio per un tempo che sembrò mortalmente lungo, poi unadelle donne improvvisamente cominciò con le domande.«Lʹultima volta ci hai detto che hai passato un anno a Kerine come schiava, giusto?»«Si, un anno circa»«Da quando sei stata portata via da Daing, fino a quando sei fuggita»«Esatto»«Come sei giunta a Kerine? Chi ti ha resa schiava?»Lo sapevano. Sapevano che era stata Hilda, lo aveva già detto, ma capitava che chiedessero piùvolte le stesse cose, probabilmente nel tentativo di smascherare risposte contraddittorie. Quasicertamente stavano anche confrontando le sue risposte con quelle della Figlia della Luce.Certamente il loro scopo era quello di metterla a disagio, ma non aveva nulla da temere. Non

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ancora.«Hilda alʹKishira. Lei mi portò a Kerine e mi cedette ad un mercante di schiavi»«Perchè?»Mab prese un attimo di tempo per riflettere su quanto stava per dire, poi parlò.«Perchè non aveva avuto il coraggio di uccidermi, come le era stato ordinato di fare»«Sei certa che quello fosse il solo motivo?»«Quale altro motivo avrebbe dovuto avere?»«E scortese rispondere ad una domanda con unʹaltra domanda» sʹintromise lʹuomo.Mab volse lenta il suo sguardo su di lui, quindi precisò«Hilda mi confessò apertamente di non avere il coraggio di uccidermi, quindi fece lʹunica cosa chela sua educazione le suggeriva di fare in alternativa: farmi servire la Confederazione comeschiava»«Gli schiavi che servono la Confederazione non vengono venduti, appartengono solo allaConfederazione»Mab sospirò per lʹinutilità di quelle domande. A che gioco stavano giocando?«Ovviamente non poteva consegnare ai verbali della Confederazione l incanalatrice che avrebbedovuto uccidere, sarebbe stato come ammettere la sua negligenza. Un mercante di schiaviavrebbe fatto meno domande e in cambio della giusta somma non avrebbe mai ricordato come miaveva trovata»La donna annuì leggermente, poi riprese con le domande«Da quel giorno quanto tempo è passato prima che incontrassi nuovamente Hilda alKishira?»«Una decina dʹanni»«In quei dieci anni non lhai mai più vista?»«Mai»«Mai avuto a che fare con lei in qualche modo?»La serenità con cui Mab stava cercando di affrontare quellʹinterrogatorio venne meno. Quelledomande sembravano puntare ad uno scopo ben preciso, anzi a più bersagli ben precisi,esattamente quelli che lei voleva evitare di dire.«Mai»Lʹuomo schioccò le dita. Un tuffo al cuore di Mab.«Quando e dove lʹhai rivista poi?»«A Dobied. Due mesi fa circa»«Prima di allora mai?»«Mai»«Prima di allora ne hai sentito parlare?»Mab gettò unʹocchiata fugace allʹuomo, prima di rispondere.«Si, questo sì. Hilda è la figlia minore del Capitano Comandante alKishira, è quasi impossibile nonsentire parlare di lei tra i Figli della Luce»«Cosʹhai saputo di lei in quegli anni»«Non molto, non osavo fare il suo nome, non osavo avvicinarmi a nulla che la riguardasse»«Perchè?»«Ho sempre temuto che sarebbe tornata ad adempiere al suo compito»«Avresti avuto modo di scoprire qualcosa su di lei, se avessi voluto?»«Si, credo di s컫Cosa per esempio?»Mab osservò gli occhi che la scrutavano. Cosa sapevano? Quanto sapevano?«Non... non saprei...»Lʹuomo schioccò le dita. Quel suono scandì per la seconda volta la sua menzogna e aprì una lunga

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pausa di silenzio.«Hilda alʹKishira ti cedette ad un mercante di schiavi, hai detto. Poi che accadde?»«Fui venduta il giorno stesso»Non era un racconto che meritasse particolari attenzioni quello: lʹaspetto di Mab era piuttostoesotico anche per una città del sud come Kerine, il che le valse presto una certa fama e soprattuttoun discreto valore sul mercato. Nulla di cui potesse ricavare alcun guadagno personale in realtà,perchè anche se passava per le lussuose dimore dei più ricchi mercanti della città, alle cui moglipiaceva far sfoggio dei loro graziosi schiavi, Mab restava sempre e comunque unʹimmondaincanalatrice, alla quale a malapena era concesso il diritto di parlare.E pensare che solo pochi mesi prima era stata la pretendente di un principe, seppur anche quellasorte non le fosse mai parsa allettante. Certamente lo era più di quella che le toccò con Voshua, ilpenultimo dei suoi padroni a Kerine, un vecchio banchiere troppe volte vedovo perchè chiunquepotesse pensare fosse una coincidenza. I malcostumi dellʹuomo erano fin troppo noti in città, maquando non si preoccupò di celare al pubblico decoro di condividere il suo letto conunʹincanalatrice, sollevò uno sdegno tale da potersi tramutare presto in uno scandalo in grado ditrascinarlo in un baratro economico e politico. Mab aveva compreso quelle cose col senno di poi,quando le aveva analizzate a mente fredda e maturata da esperienze che allora, nemmenoventenne, poteva solo vagamente intuire.Mab aveva sempre pensato che fosse stata la minaccia di quello scandalo a spingerlo a venderlaad una coppia di contadini che avevano bisogno di energie giovani per gestire la fattoria chepossedevano alla periferia nord di Kerine: i due non avrebbero certo potuto permettersi il prezzodi una schiava come lei altrimenti. In quei due contadini Mab trovò di nuovo una gentilezza chepareva esserle stata preclusa da quando era stata costretta ad abbandonare Daing: per quanto lafacessero lavorare sodo, Garin e Tyga non le fecero mancare nulla nei due mesi che passò conloro, nemmeno lʹaffetto e addirittura una sicura via di fuga dalla città. «Secondo te perchèlʹavrebbero fatto?»«Avevano perso due figlie a causa dei Manti Bianchi, una perchè incanalava, lʹaltra perchè avevatentato di far fuggire la sorella dalla schiavitù»«Questo è tutto? Avrebbero rischiato tanto solo per questo?»«Non vedo per quale altro motivo»«Secondo te, in nome di due figlie che non avrebbero comunque potuto riavere, ti hanno lasciatascappare rischiando la forca a loro volta?»Mab tacque incapace di comprendere quale fosse lo scopo di quelle domande.«E non ti sei nemmeno chiesta come siano riusciti a comprarti?»«Voshua fu costretto a...»«Hilda alʹKishira fece in modo che si levasse la pietra dello scandalo. Hilda alKishira pagò ilprezzo della tua ultima cessione. Hilda alʹKishira fornì a Garin e Tyga le prove della morte dellaloro schiava, perchè ti aiutassero a fuggire senza rischiare una condanna»Mab fissava sgomenta le labbra della donna che dava voce a quelle assurdità.«Vuoi davvero farci credere che non ne sapevi nulla?»Mab aprì la bocca, ma non fu in grado di emettere alcun suono.«Non sapevi che sei stata schiavizzata e liberata sempre per volere di Hilda alʹKishira?»«N... no»Entrambe le donne fissarono la mano dellʹuomo. Nessuno schiocco di dita accompagnò ladisarmata verità di Mab. Non sapeva. Non l avrebbe nemmeno mai immaginato. Hilda. Cosasignificava tutto questo?

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Anche quel giorno, Toras aveva ricevuto la sua batosta quotidiana e si era seduto insieme agli altriper osservare l’ultimo duello. Hysaac veniva sempre tenuto per ultimo, forse perchè Niamhvoleva dargli il vantaggio, per così dire, di affrontarla ormai stanca.Non se la cava male, constatò Toras osservando il ragazzo, con il quale cominciava a stringereamicizia, è ancora lento come un bue muschiato, ma può incassare dieci volte i colpi che stenderebberome. Quando Niamh decise che poteva bastare, diede a Hysaac una pacca sul didietro e lasciòliberi gli allievi di andare alla mensa per il pranzo.«Non so proprio spiegarmi il perchè, ma quella donna ti ha messo gli occhi addosso.», disse intono canzonatorio Toras all’amico che si era venuto a sedere lì vicino.Poi, di fronte all’espressione stupita dell’altro, non potè che roteare gli occhi costernato: «Ah,andiamo! Non puoi non esserti accorto delle sue attenzioni! Che cosa pensi di fare al riguardo?».Hysaac cercò di minimizzare, imbarazato: «Ma nulla... Cioè, voglio dire: le sue intenzioni nonsono quelle che pensi tu. Lo so per certo, questo, perchè abbiamo parlato, io e lei, ci siamoconfidati alcune cose...». Istigato da Toras, il ragazzo raccontò quello che Niamh gli aveva svelatodel proprio passato: una storia d’amore spezzacuore tra una giovane proveniente da un’agiatafamiglia di Karine che, dopo avere scoperto che il suo amato era un incanalatore, avevaabbandonato tutto ed era fuggita con lui. Purtroppo i due non avevano fatto molta strada prima diincappare in un agguato dei Manti Bianchi, nel corso del quale l’uomo era stato tragicamenteucciso.«Ed è per questo, vedi, che Niamh ha deciso che non prenderà mai marito.», conclusemalinconico Hysaac. «Beh, a dire il vero non è il matrimonio che ti stavo per suggerire...»,intervenne Toras, «Ma... cosa successe esattamente al mancato sposo?», chiese, improvvisamentecurioso.«Fu un Traditore ad ucciderlo. Per errore, nel tentativo di bloccarlo, o per pura crudeltà, chi puòdirlo? Ma penso che Niamh si sia fatta un’idea. Beh... il mio stomaco dice che è ora di andare amangiare un boccone, tu non vieni? Ah, dimenticavo! Tu non hai ancora finito...», disse Hysaaccon un mezzo sorriso, mentre si alzava per andare alla mensa.Maledizione, me n’ero quasi dimenticato, realizzò Toras con un’imprecazione a denti stretti. Si voltòverso il centro del cortile, ormai deserto fatta eccezione per Niamh, che lo attendeva a bracciaincrociate e con uno scuro cipiglio. Il suo addestramento speciale era stato un’idea di Ramkin: unmetodo infallibile, a detta del Prete Nero, per sbloccare il suo accesso alla Fonte. Toras infatti nonera ancora capace di incanalare il Potere volontariamente e questo fatto dava immensamentefastidio al suo salvatore. «Il problema,» come aveva sentenziato un paio di giorni prima il lugubrePrete, «E’ che tu hai un blocco, qui nella tua testa.» e gli aveva picchiettato uno scheletrico ditosulla fronte.«Un blocco che ti impedisce di accedere alla Fonte. Ma non temere, la cura per sbarazzarsene èsemplice: basterà metterti in una condizione di pericolo estremo, e il blocco cederà di fronteall’impellenza dell’istinto di incanalare.».

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Il compito di mettere in pratica questa cura, per motivi non svelati ma facilmente immaginabili, eraricaduto su Niamh. Il primo giorno, dopo l’allenamento collettivo, l’istruttrice aveva legato le mania Toras, poi aveva minacciato, in maniera alquanto credibile, di rompergli il cranio con la staffa.Un’altro bastone giaceva ai piedi del ragazzo, il quale quindi avrebbe potuto difendersi se fosseruscito ad abbracciare la Fonte e bruciare con il Potere la corda che gli legava i polsi. Purtropponon aveva funzionato, nonostante Niamh, ligia al dovere, avesse continuato a percuotere eminacciare per un tempo che a Toras sembrò infinito.Il secondo giorno Niamh aveva chiamato in causa i mastini di Talos, un ex bracconiere di Heicorricercato dai Manti bianchi e in un qualche modo aggregatosi al Culto. I cani erano statisguinzagliati ad un’estremità del cortile interno, mentre Toras era stato lasciato, di nuovo legato,in una stanza all’estremità opposta. Talos era stato felice di poter aizzare i suoi mastini contro ilragazzo, affermando che ormai da troppo tempo non cacciavano più. Toras aveva una solasperanza di salvarsi: abbracciando la Fonte, avrebbe potuto chiudere la porta della stanza conflussi d’Aria che gli erano stati doverosamente insegnati, e impedire così l’ingresso ai cani. Nonaveva funzionato. E Talos aveva dovuto, seppur controvoglia, richiamare i suoi cuccioli prima cheessi completassero su Toras la loro vendetta per i lunghi mesi di cattività subiti. Toras, che nonaveva mai avuto creduto nel piano di Ramkin, ormai disperava di poterne uscire vivo.Quel giorno notò che Niamh aveva piantato un palo nel terreno e si chiese rabbrividendo che cosaavesse concepito questa volta la sua mente perversa. La donna, prevedibilmente, lo condusseverso il palo e ce lo legò mani e piedi; poi estrasse da una tasca nascosta un pugnale da lancio eglielo mise sotto il naso: «Mirerò al cuore. Se non vuoi una morte dolorosa vedi di non muoverti.Se invece vuoi vivere, dovrai...», «... abbracciare la maledetta Fonte! Lo so, lo so.», interruppeToras, «Ma non funzionerà, lo sai bene quanto me. Per cui... non sarebbe meglio usare un coltellofinto? Voglio dire... Questo potrebbe essere un po’ pericoloso, no? Potrei... farmi male...?».La donna si limitò a fissarlo con sdegno per qualche attimo, poi si girò e si allontanò di una decinadi passi.Altro che finto, quel pugnale sembra dannatamente vero... e affilato! No, non può fare sul serio: che cosaracconterebbe poi a Ramkin dopo che mi ha ammazzato? Dopo tutto quello che hanno fatto perliberarmi, sarebbe uno spreco! Già, uno spreco... giusto? Oh Luce! E se invece facesse sul serio?«Hei! Aspetta!», la chiamò disperato, «Lo so cosa pensi di quelli come me, dei Traditori. Hysaacmi ha detto cos’è successo al tuo uomo...». Niamh si bloccò di scatto: aveva colpito nel segno.Girandosi nuovamente verso di lui, la ragazza lo fissò con gli occhi che lanciavano saette: «Il miouomo? Il mio promesso sposo.».«... promesso sposo! Sì sì, è quello che volevo dire! Credimi, mi dispiace tantissimo, e ti capiscoperfettamente. Ma, vedi, non si diventa Traditori per scelta. Sono stato obbligato a diventarlo, omi avrebbero spedito a Cab’inde... o forse peggio!». Niamh tentennò, soppesando il pugnale.E’ fatta, si disse allora Toras, avrei dovuto saperlo, le ragazze sono sempre manovrabili: basta sceglierele parole giuste!«Io non ho mai ucciso nessuno. Non è nella mia natura, capisci? Non potrei fare del malenemmeno ad una bestiola. Quei poveri mastini, ieri... non avrei potuto alzare un dito contro diloro! Cioè... voglio dire: anche se non fossi stato legato. Non tutti i Traditori sono come tu tiimmagini... Pensa che io non ho nemmeno mai catturato un incanalatore. Anzi, ne ho aiutatoparecchi a scappare!».Niamh, che aveva ascoltato la supplica con uno sguardo diffidente ma incerto, a quell’ultimaaffermazione sbottò: «Impostore! L’hai detta troppo grossa, questa. Ma è l’ultima menzogna chedirai!» e si allontanò di qualche altro passo prima di fare volteggiare il pugnale, afferrarlo per lapunta, e caricare il lancio.Qualcosa nel suo sguardo diceva che avrebbe lanciato per uccidere, e Toras non avrebbe affidato

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la propria vita alla lontanissima speranza che Niamh mancasse il bersaglio grosso. Il panico loimmobilizzò completamente, corpo, lingua e cervello. Nell’istante in cui vide il pugnale da lanciolasciare la mano della donna ebbe come una visione: gli riapparve davanti agli occhi la scena a cuiaveva assistito alla Rada di Dodieb, quando aveva cercato di deviare per mezzo del Potere uncoltello lanciato contro uno dei Figli della Luce che erano di pattuglia con lui. All’epoca stavaabbracciando la Fonte, ma, a causa della sua mancanza d’esperienza e di addestramento, non erariuscito a controllare i flussi d’Aria che gli avrebbero permesso di salvare l’ex compagno dipattuglia. Ora, invece, sapeva come piegare al proprio volere quella materia sfuggente ed elusiva,e avrebbe potuto cambiare il corso del pugnale con la velocità di un pensiero. Solo che nonpoteva: era come essere riusciti a rubare un’appetitosa mela ma scoprire inspiegabilmente di nonavere più una bocca per addentarla. La situazione lo colmò d’ira: quell’estrema irritazione, cheaveva provato spesso in precedenza, di sapere che avrebbe avuto il potenziale per fare qualcosadi importante ma per qualche motivo non riusciva a metterlo in pratica.La sua collera fu la chiave. Aveva immaginato di dover eludere il suo blocco mentale come unavolpe che scava sotto alla recinzione per intrufolarsi nel pollaio. Fu piuttosto come abbattere unmuro di prepotenza. E non appena la mente di Toras potè percepire l’agognata Fonte, essa non sifece pregare per agguantare l’unico strumento di salvezza e rivogerlo contro il pericoloimminente. Nel frattempo gli occhi gli si erano chiusi d’istinto, ma Toras seppe di essersi salvatoquando udì il rumore metallico della lama che colpiva il colonnato del portico alle sue spalle.Riaprì gli occhi e vide Niamh irrigidirsi in una posa che tradiva tutto il suo disappunto e la suaindignazione. La donna emise un suono basso e gutturale, simile al ringhio di una belva pronta ascattare verso la preda; poi però si allontanò verso il corridoio che portava agli alloggi dei PretiNeri.Sta andando a dire a Ramkin che ci sono riuscito... Sono salvo! E sto incanalando di mia volontà!Era probabilmente la giornata migliore che gli fosse capitata da lungo tempo, almeno da quelgiorno lontano a Dodieb, quando aveva bevuto e festeggiato con gli amici, beatamente ignarodella propria maledizione.

L’odore del sangue arrivava forte e pungente alle sue narici, quasi fosse il suo; il colore così vividoe scuro risaltava in contrasto con l’abito di un bianco candido dell’amica, ormai impregnato delsuo stesso liquido vitale. Una forza che non credeva di possedere si era impadronita di lei eminacciava di sopraffarla, ma non voleva abbandonare quella sensazione, no, voleva lasciarlasfogare, andare in ogni direzione, abbattendo ogni cosa.Merian… sembrava sussurare il vento attorno a lei, Merian… ma lei non gli prestava attenzione,solo l’uomo implorante ai suoi piedi destava tutto il suo interesse. Si preparò a colpire di nuovo.«Merian!»La ferocia dell’urlo la riscosse e si guardò intorno: Siadon la fissava a occhi sgranati, la maschera

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che ricopriva le sue emozioni per una volta dissolta dal suo viso. Sembrava faticasse a respirare.«Così lo ucciderai!» continuò l’uomo facendo un passo verso di lei. Qualcosa nel modo in cui lodisse le suggerì tutt’altro che preoccupazione.«Non voglio ucciderlo,» rispose la ragazza allontanandosi a malincuore dalla Vera Fonte. «Nonancora. Prendilo!»Siadon la guardò con attenzione, in un lampo ogni minima traccia del più piccolo turbamento erasvanita, quasi non ci fosse mai stata.Forse l’ho solo immaginata.L’uomo alzò Jora da terra con flussi invisibili di Aria e seguì Merian all’interno del bosco. Attornoa loro regnava il silenzio più assoluto, reso ancora più assordante dal caos di poco prima.Quella sera era andata a letto presto, stanca per gli allenamenti, ma non era riuscita a prenderesonno, qualcosa l’aveva tormentata impedendole di chiudere gli occhi e lasciarsi andare a unmeritato riposo dopo giorni di fatica mentale e fisica. Si era alzata molto presto, voleva schiarirsi ipensieri e parlare con Siadon. Il campo era ancora profondamente addormentato, ma mancavaall’appello Arlene, oltre ai soliti Kain e Neal di guardia da qualche parte nei dintorni. La cosal’aveva stranamente turbata. Aveva accelerato il passo e, mossa da un istinto primordiale, si eradiretta all’altra metà dell’accampamento, quella condivisa dai compagni di Siadon e il prigioniero.Rohedric aveva espressamente raccomandato di tenersi a debita distanza ma entro i limiti chegarantissero la loro sicurezza. Ma se da Siadon o dal Manto Bianco, Merian non lo sapeva.La vista a cui aveva assistito le aveva bloccato il respiro: Arlene sanguinava senza sosta, colpitaalla gola dal prigioniero con ciò che rimaneva di una scodella. Siadon aveva scaraventato l’uomocontro l’albero a cui era legato - a cui doveva essere legato - e cercava di salvare l’amicainutilmente, tentando di chiamare un aiuto che a nulla sarebbe valso. Ancor prima di rendersiconto di quanto stava accadendo, la rabbia era esplosa in lei e saidar era fluito come un fiume inpiena nel letto del suo stesso sangue.Una furia cieca si era abbattuta sul prigioniero facendolo stramazzare a terra. Ogni cosa intorno alui aveva cominciato a muoversi freneticamente: foglie, rami, l’aria stessa… Ricordava di aver vistoSiadon accasciarsi al suolo, mentre intorno a loro una tempesta rabbiosa si scatenava silenziosa. Iltutto era durato una manciata di secondi.«Dove stiamo andando?» Di nuovo la voce di Siadon la riportò al presente.«Non voglio che gli altri ci vedano,» rispose Merian accelerando il passo.Era sicura che nessun altro avesse sentito, per quanto fosse stato strano il suo piccolo concertoaveva avuto solo loro tre come spettatori, ma non voleva correre rischi. In ogni caso il campo sisarebbe levato presto e quando gli altri avessero scoperto il cadavere e l’assenza di Jora sarebberocominciate le loro ricerche.Aveva poco tempo.«Cos’hai intenzione di fare?» incalzò l’uomo.«Lo sai…»Oltrepassarono una piccola radura e la ragazza si fermò subito oltre gli alberi facendo cenno aSiadon di far sedere Jora. «Puoi cominciare,» aggiunse l’istante successivo.Siadon la guardò con aria interrogativa ma depositò Jora a terra come un sacco senza faredomande.«Me lo stai suggerendo da giorni…» continuò lei.Solo allora l’uomo sembrò comprendere e il suo sguardo si colmò di stupore, o almeno questo eraquello che voleva farle credere. In cuor suo Merian sentiva che Siadon era ben più di quello chelasciava trasparire. Rohedric non aveva tutti i torti quando diceva di stare in guardia da lui, ma aMerian poco importava. Qualunque fosse il suo segreto oscuro a lei interessava soltanto chel’aiutasse a padroneggiare il suo dono. E poi c’era sempre la componente affettiva che lo legava a

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lui in qualche modo, non doveva dimenticarlo.«Ne sei sicura?»«Più che mai. Voglio sapere ogni cosa: la verità su Jennji, su Eleanor e… sulla mia famiglia.»L’ultima parola le era costata cara ma aveva bisogno di sapere, e adesso che aveva l’unicapossibilità davanti a sé, non intendeva sprecarla.Siadon si mise subito all’opera, quasi ansioso di cominciare. L’uomo si sedette di fronte all’altro egli prese la testa fra le mani, fissandolo dritto negli occhi. Merian osservava attenta, desiderosa diriuscire a vedere i flussi che sapeva in quel momento stavano aleggiando dall’uno all’altro uomo.Si sedette accanto a Siadon senza fare il minimo rumore, non staccandogli di dosso gli occhinemmeno per un momento. L’uomo aveva parlato spesso di quella tessitura senza mai peròscendere nei dettagli. Rohedric sosteneva che era pericolosa, e Siadon non aveva mai negatosebbene spingesse per usarla.Ogni tessitura può essere pericolosa se usata in maniera incauta, esattamente come una qualsiasi arma,aveva spiegato più volte l’uomo, ma Rohedric non aveva voluto saperne. Anche Mat ne avevaparlato in sogno, quando era venuto da lei per ammonirla: aveva paragonato la cosa a ciò chefacevano i Reietti nella sua epoca, e che forse facevano tutt’ora.Non aveva però voluto spiegarle chi o cosa fossero i Reietti.Merian era stanca di non avere risposte, si era detta allora che avrebbe ottenuto ciò che cercavada sola, se nessuno era in grado di aiutarla o non voleva farlo.«Cosa sai di Jennji?» Siadon interruppe i suoi pensieri.Jora si inumidì le labbra prima di parlare, lo sguardo perso in quello dell’altro come incantato.«ʺTerreno di sangue e di vitaʺ, mai espressione fu più azzeccata.»Merian guardò Siadon in cerca di una spiegazione ma quelle parole sembravano non averglisortito alcun effetto. L’uomo lo esortò comunque a continuare.«Molti battaglioni di soldati erano soliti passare da lì, scaricando nelle prigioni ogni fetido maialecollegato ai presunti Ribelli che trovavano sul loro cammino. Ma le celle sono vuote da settimaneormai: ogni dannato servitore dell’Ombra adesso trascorre le sue notti tre metri sotto terra.»Nonostante la tessitura l’uomo non riuscì a trattenere una risata di scherno.Merian avrebbe voluto colpirlo, ma la paura che l’uomo potesse tornare in sé la dissuase dal suointento.«Cosa è successo a quelle persone?» chiese Siadon freddo come l’inverno.«Sono… morte,» rispose semplicemente Jora. La risata che ne seguì fu bruscamente interrotta dauna smorfia di dolore.«Te lo chiedo un’altra volta: cosa è successo ai prigionieri di Jennji?»«La prigione non esiste più,» rispose Jora all’improvviso mite. «Da fuori forse può assomigliarle,ma all’interno…» L’uomo deglutì forte, ma dopo un’altra scossa invisibile di Siadon proseguìsenza interruzioni.«I servitori dell’Ombra si ostinavano a non collaborare, nemmeno il pensiero delle loro famiglieriusciva a farli ragionare. A nessuno di loro importava se genitori o fratelli venissero puniti al loroposto, a quelle bestie non interessava altro che loro stessi. Così sono stati accontentati: lapunizione è ricaduta direttamente su di loro.»«Li avete torturati?» Merian non riuscì più a resistere. Siadon gli scoccò uno sguardo fulminantecon la coda dell’occhio ma ripeté la domanda al Manto Bianco.«Torturare? No, sarebbe stata tortura se fossero stati innocenti. Ma quelle erano più che bestie, ilMale che si erge su due zampe su questa terra. No, quella non era tortura, ma la mano protesa delCreatore verso coloro che si vogliono pentire.»«E… quanti si sono pentiti?» chiese Siadon lentamente.«Nessuno.»

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Un misto di emozioni colpì Merian fino a farla barcollare ma le lacrime questa volta non vennero,e nemmeno il Potere. In lei vi era una strana calma, la sua mente come un sottile strato ghiacciopronto a rompersi in qualsiasi momento ma non ancora abbastanza oppresso dal peso della neveche precipitava senza sosta da un cielo senza nubi.«Voglio sapere del mio villaggio: cosa sai di Shaire?»Siadon questa volta si concesse un attimo di distrazione per guardarla negli occhi. Quello che vivide dovette essere sufficiente perché non disse nulla e rivolse la sua domanda a Jora.«I Syana… mi ricordo di loro. Ero ancora una recluta quando entrai in quel villaggio per portarevia la ragazzina. I genitori erano terrorizzati da lei e il padre sembrava felice di sbarazzarsene. Lafamiglia è stata ricompensata lautamente, vivendo sin da allora sotto la protezione dei Figli dellaLuce.»A quel punto Siadon si fermò.«Non è necessario continuare,» disse l’uomo voltandosi verso Merian.«Decido io quando è ora di fermarsi.»«Ormai sappiamo quanto basta per andare avanti…»«Andare avanti?» lo interruppe Merian furiosa. «Andare dove, dai Ribelli? Dal Drago Rinato?O preferisci tornare al tuo monastero? Dov’è che vuoi davvero andare Siadon?»L’uomo non rispose. Era questo che apprezzava in Siadon, riusciva a farla sfogare, anche se avolte avrebbe desiderato schiaffeggiarlo per quel suo distacco freddo e senza parole.«Tu non hai alcuna intenzione di unirti a noi,» disse infine Merian riprendendo la sua calma dipoco prima. «Non volevi andare a Jennji e adesso hai la perfetta scusa per allontanarti. Non hoforse ragione? Anche tu mi abbandonerai come i miei genitori.»Siadon sospirò, e poi fece una cosa che Merian non si sarebbe mai aspettata: l’abbracciò.«Credimi,» fece l’uomo. «Non ho alcuna intenzione di abbandonarti.»Qualcosa nel tono della sua voce la convinse che era la verità quella che gli stava dicendo, forseper la prima volta da che si erano conosciuti. Una lacrima si sciolse dall’abbraccio delle sue ciglia,ma prima che scendesse sulla guancia arrossata dal freddo Siadon la raccolse nella sua mano.«Basta lacrime,» le disse in tono gentile. «Ora è tempo di agire.»La guardò intensamente per un lungo momento e Merian cercò di capire cosa volesse da lei. Larisposta le giunse chiara come l’alba del primo giorno d’estate.«Non possiamo lasciarlo in queste condizioni,» annunciò Merian sciogliendosi dall’abbraccio.«Cosa pensi di fare?» Ogni cosa in Siadon suggeriva che sapeva esattamente cosa fare, ma perqualche strana ragione voleva che fosse Merian a prendere una decisione.«Si merita certamente di soffrire, ma questa è forse una punizione troppo grande anche per lui.»Sapeva cosa doveva fare ma ancora esitava, non aveva mai ucciso nessuno a sangue freddo,nemmeno un animale.«Allevierò le sue pene, sta tranquilla non sentirà alcun dolore.»«No,» fece Merian allungando una mano nell’atto di fermare l’uomo. «Devo farlo io. Promettimisolo che non parlerai con nessuno di quanto è accaduto questa notte.»«Non una parola.»Siadon la guardò serio in volto, gli occhi scuri conficcati nei suoi quasi a volere essere certo chenon cambiasse idea, e poi estrasse un coltello dallo stivale.«Voglio usare il Potere,» lo contraddisse lei. «Qualcosa che lo faccia morire in fretta.»Siadon ripose la lama al sicuro e si avvicinò di nuovo a lei. Merian ansimò all’improvviso: unamorsa gelida sembrava essersi stretta attorno al suo cuore minacciando di strapparlo, e un istantedopo si ritirò.L’attimo successivo preparò i flussi con una rapidità spaventosa e indirizzò la tessitura verso iltorace del Manto Bianco. Ancora seduto sul masso guardava il vuoto davanti a sé, ignaro di

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quanto stava per accadergli.Merian sentì pulsare la vita tra le dita invisibili dei sui flussi di Aria e Spirito, e si concesse unistante per assaporarne la forza.E’ questo il vero Potere? si chiese ascoltando il ritmico battere del cuore dell’uomo.Dare la vita o dare la morte: era tutto qui.Strinse la morsa con forza e l’uomo stramazzò a terra davanti ai suoi piedi.Sapeva che Siadon la stava osservando ma non alzò lo sguardo. Lui attese in silenzio, e lei gli fugrata per questo.Un rumore alle loro spalle li riscosse entrambi da quel torpore.«Dunque è questo che ti ha insegnato?» La voce di Brienne sferzò l’aria come una lama e aMerian si bloccò il respiro. Siadon non si fece cogliere altrettanto di sorpresa, rispose a Briennecon il suo immancabile sangue freddo.«Il prigioniero si era liberato e ha aggredito Arlene. Ho tentato di fermarlo ma era troppo tardi perla donna. L’uomo è rimasto preso tra due vortici di flussi, i miei e quelli di Merian che èsopraggiunta proprio al momento dell’attacco, ed è rimasto come folgorato. Lo abbiamo portatoqui per allontanarlo dal trambusto che si era creato ma non ha resistito: è morto mentre Meriantentava di farlo rinvenire.»La facilità con cui aveva detto quelle menzogne… Merian era sbalordita.«E ti aspetti che io ti creda?» Brienne rimase dove si trovava, pronta a tornare al campo inqualsiasi momento.«Perché non dovresti?» rispose Siadon in tono di sfida.L’aria intorno a loro si era caricata di una tensione quasi palpabile, e Merian sentì che il peggiodoveva ancora arrivare: se Brienne tirava fuori uno dei suoi coltelli sarebbe stata la sua fine.Grazie alla Luce non lo fece.«Brienne, ascolta» fece Merian nel tentativo di placare gli animi.«Ho già ascoltato abbastanza,» disse la donna senza distogliere lo sguardo da Siadon.«E qual è la sentenza?» chiese lui sarcastico. Merian gli pose una mano sul braccio, e non potéfare a meno di notare lo sguardo che le scoccò la donna a quel gesto.«Andiamo,» disse Brienne voltandosi. «Torniamo al campo. Se Rohedric vi trova non oso pensarea quello che potrebbe fare…» Si girò di nuovo verso Siadon: «E so bene che non avrebbescampo.»No, non ne avrebbe… Il pensiero fu così immediato che la spaventò. Ma era la verità: Siadon loavrebbe ucciso se si fosse messo contro di lui o il suo gruppo: erano Incanalatori, lei eraun’Incanaltrice, e nessuno poteva avere scampo contro di loro, nessuno. Brienne era avventatama non era una stupida, avrebbe assecondato la storia inventata da Siadon pur di salvareRohedric e gli altri. E come biasimarla? Lei avrebbe fatto lo stesso.Merian guardò Siadon con aria contrita e lui le fece un cenno di assenso.E così la visione si è compiuta, fu l’unico pensiero di Merian mentre si incamminava dietro la donnainsieme a Siadon, entrambi dimentichi dell’uomo lasciato a marcire nel bosco alle loro spalle.

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«Non ce la faccio più, andiamo avanti con il resto, per favore» intervenne la giovane donna chefino a quel momento non aveva ancora parlato «Occupatene direttamente tu, Ched, non ha sensosprecare tempo con le domande»«Non è necessario, Teesael, lascia che Shaia continui» rispose tranquillamente lʹuomo.Teesael, che pareva la più giovane dei tre e probabilmente la meno autorevole, incrociò le bracciastizzita e non aggiunse altro.La bionda Shaia quindi riprese«Dunque non sai quanto lady AlʹKishira abbia manovrato la tua vita»Mab scosse la testa. Quella prospettiva la metteva in agitazione: avrebbe voluto fidarsi di Hilda,ma ogni cosa la spingeva a non farlo. Quanto lʹaveva manovrata? In che misura lo stava ancorafacendo?Unʹaltra domanda la distolse dai suoi turbamenti.«E cosa sai del giorno in cui vi siete ritrovate? Credi che anche quello sia stato un caso?»Hilda le aveva detto chiaramente che non si era trattato di una coincidenza, le aveva detto chesapeva che si sarebbero incontrate di nuovo, ma tutto questo faceva parte di quanto la stessaFiglia della Luce le aveva chiesto di non svelare a nessuno, per il bene di entrambe. Per il bene delmondo intero, a quanto pareva. Quella faccenda le pareva una cosa spaventosa e ridicola altempo stesso, motivo per il quale evitava il più delle volte di pensarci. Quello che le premeva oraera essenzialmente non correre rischi per sè stessa, ma non capiva bene come. Sapeva così pocodi ciò che legava il suo destino a quello di Hilda, fosse folgorata lei e i suoi maledetti misteri!Oltretutto quel poco che sapeva poteva essere tutta una storia inventata da quella donna per isuoi scopi. O magari era tutto vero ed effettivamente da mantenere segreto, ma Hilda era già statacostretta a rivelarlo. Poteva mettersi a congetturare quanto voleva, non ne sarebbe mai venuta acapo: Mab odiava sentirsi completamente spiazzata, eppure era una situazione in cui continuavaa trovarsi.«Ci siamo incontrate a Dobied...» cominciò a tergiversare.«Questo lo sappiamo»«Due mesi fa circa...»«Sappiamo anche questo. Avanti dicci qualcosa di nuovo, non costringerci ad essere sgarbati conte» sʹintromise lʹuomo subito prima che un violento pizzicore la percorresse per intero in unattimo, lasciandole una sgradevole sensazione di torpore ai muscoli.«Non credo tu sia curiosa di scoprire quanto sappiamo essere persuasivi»«Non so molto altro: lʹho vista la prima volta in una locanda, ma non l ho riconosciuta, ho capitochi fosse la mattina dopo, quando ci siamo incontrate di nuovo mentre tentavo di lasciare la città,infine ai cancelli mi ha fermata e obbligata ad andare con lei.»«E tutti questi incontri in una grande città come Dobied ti sembrano un caso?»«Lei mi stava cercando, questo è certo...»«Sai il perchè?»Mab puntò gli occhi sulle mani dellʹuomo e misurò le parole.«Bè, aveva qualcosa in sospeso con me»Ched rise«Non fare la furba»

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Mab sospirò «Avanti, ditelo chiaramente: cosʹè che volete sapere?»«Va bene» intervenne concitata Teesael «E giusto! Se ci giriamo intorno noi, non possiamo certopretendere che lei vada dritta al punto. Tu e lady AlʹKishira non vi siete incontrate a Dobied percaso! Entrambe sapevate lʹuna dellʹaltra, per anni avete continuato...»«Teesael!» bastò che Ched la chiamasse senza nemmeno alzare troppo la voce, perchè la donna simettesse subito a tacere, non senza disappunto.Lʹuomo non aveva distolto un attimo gli occhi da Mab, attendendo che parlasse.«Ve lʹho già detto: io non ho più avuto a che fare con Hilda da quando lei mi ha ceduta a quelmercante di schiavi! Se lei ha continuato a manovrare la mia vita, a questo punto non me nestupisco, ma io non lo so, non ho mai saputo nulla.»Shaia guardò Ched, il quale scosse la testa e poi si alzò in piedi avvicinandosi a Mab«Dʹaccordo, non lʹhai più vista, ma hai avuto sue notizie, giusto?»«Chiunque parlava di lei, ve lʹho detto!»Lʹuomo si chinò davanti a lei«Cosa dicevano?»«Non lo so, tutto e niente, pettegolezzi per lo più, qualcuno parlava dei suoi successi, qualcuno silamentava della velocità con cui faceva carriera... niente di particolare, a me bastava saperla distanza al nord»«Davvero mai niente che potesse interessarti?»«Mi importava che fosse lontana da me!»«Ripeto la domanda: non hai mai saputo niente di interessante su di lei?»Se lʹavessero torturata ancora con quel flusso che la pizzicava, sarebbe stato meno tremendo.Cercavano di cogliere il nesso tra di loro, un nesso lontano, una loro complicità in qualcosa chenon sembrava aver nulla a che fare con il legame che lei aveva intessuto e forse nemmeno con ilDrago Rinato. Mab stava cercando di mantenere i nervi saldi, ma quelle domande sembravanovolerla portare a qualcosa che per nulla al mondo avrebbe voluto rivangare. Quello era lʹunicoaltro nesso a quel punto, ma come potevano sapere? Il panico cominciava a mordere, rubandoleogni capacità di ragionare e dire qualcosa di meno stupido di «Niente»«Mabien, Mabien, perchè mi dici le bugie?» la canzonò Ched prendendole gentilmente le mani eincrociando le loro dita. Una sensazione di calore le avvolse poco dopo come se al posto delle ditadellʹuomo ci fossero state delle fiamme. La ragazza cercò inutilmente di divincolarsi, ma luisorridendo strinse maggiormente.«Conosci Valel Paquis, vero?»Comʹera possibile? Come potevano sapere?Chiedetemi qualsiasi altra cosa, non di lui, pensò contorcendosi disperata.Non voleva sentire quel nome, non voleva ricordarlo. Aveva fatto così tanto per dimenticarlo!«Conosci Valel Paquis?»Il calore alle mani avvampò contro il suo silenzio.«Conosci Valel Paquis?»«Si! Ti prego basta! Basta!»«Lʹhai ucciso tu?»Mab puntò gli occhi in quelli dellʹuomo, tanto colpita da quella domanda da non sentire più lemani che bruciavano.Poco dopo Teesael si alzò di scatto alle sue spalle.«Non voglio avere risposte frammentarie tirate fuori a forza in questo modo, voglio i dettagli. Perfavore Ched, voglio sapere tutto! Per favore! Ne ho il diritto!»Lʹuomo sospirò.Dopo qualche secondo si alzò e liberò le mani per posarne una sopra la testa di Mab. La ragazza

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lo seguì con gli occhi e un attimo dopo si sorprese dellʹirruenza con cui le tornarono in mentericordi che tanto caparbiamente aveva tentato di seppellire. Erano passati più di due anni:sembrava così lontano, ma non aveva scordato, per quanto avesse voluto farlo, non cʹera nulla cheavesse dimenticato.

Krooche era rientrato collerico, lo avevo sentito sbraitare sin dal suo ingresso giù nellʹandrone e ora chepercorreva i corridoi delle stanze a lui assegnate la sua voce rimbombava minacciosamente furiosa.Entrò in camera sbattendo la porta in faccia a Graham, sciolse le cinghie del mantello e lo gettò sullasedia accanto allʹarmadio, senza centrarla. Afferrò con una mano il palo del letto, mentre si portavalʹaltra alla fronte, dove prese a torturarsi le pieghe che facevano le rughe dʹespressione che aveva in quelmomento. Respirava profondamente, cercando di calmarsi, poi puntò gli occhi al muro davanti a sè,segno che stava cercando di architettare qualcosa di nuovo.«Ancora Paquis?»Si girò appena di scatto a guardarmi, lievemente stupito, poi riprese a concentrarsi sulla parete davantia lui.«Sempre Paquis»Il Comandante Paquis era diventato il tormento di Krooche: glielʹavevo sentito nominare spesso inquegli anni, ma da quando allʹinizio della primavera lʹuomo si era trasferito a Kiendger per seguirealcuni processi di sua competenza, era diventato per lui unʹossessione.«Non dovresti essere qui» disse senza guardarmi.«Volevo parlarti»Mugugnò un assenso, che mi spinse a continuare.«Non riuscirai mai a fare di Paquis un tuo alleato»Krooche si volse lento a guardarmi, soppesandomi in quel modo che riusciva ogni volta a farmi tremare,ma volevo arrivare a Paquis, quindi non mi lasciai intimidire dal suo sguardo e andai avanti.«Non è il genere di persona con cui sei abituato a fare affari. Non ti considera e forse è un bene che siacos컫Cosa ne sai, tu?»«In queste settimane ho osservato. Ho ascoltato. Non puoi comprare quellʹuomo, renditene conto. Staisolo rischiando di attirare su di te un tipo di attenzione che da parte sua è estremamente pericolosa»«Da quando ti ho dato il permesso di pensare senza il mio consenso?»«Aspetta! Ascoltami! Cʹè qualcosa di importante che puoi ottenere da lui senza bisogno di farteloamico»La sua espressione non mutò, continuava a fissarmi, a gelarmi.«Da lui sono partite negli ultimi anni tutte le più importanti indagini che hanno portato a smascherarespie e traditori, ogni notizia riguardante i Ribelli passa al suo vaglio e so quanto smani per conoscere inomi dei Figli della Luce su cui sta indagando»Non mi aspettavo che mi avrebbe colpita: il dorso della sua mano sulla mia guancia mi spaventò per lasorpresa più di quanto mi fece male.«Non ti ho chiesto di immischiarti!»«Perchè gli hai presentato Ellis?»Quel secondo colpo lʹavevo previsto. Riuscii ad evitarlo e ad afferrargli il polso, giusto per dimostrareche volevo tenergli testa, non di certo perchè mʹilludessi di avere la meglio in uno scontro fisico con lui.«Credevi davvero di conquistarlo offrendogli qualche notte con lei? Non è affatto quel genere dʹuomolui! Ascoltami: stai rischiando di farti incriminare per corruzione o peggio! Ci stai mettendo tutti inpericolo e non posso stare a guardare mentre commetti errori come questo! Possiamo arrivare a quelleinformazioni, ma in altro modo!»Si liberò della presa con cui gli avevo fermato il polso, mi afferrò a sua volta e mi torse il braccio dietro

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la schiena, mentre mi girava.«Mi sembrava di averti fatto già capire chi comanda» mi sibilò allʹorecchio «E mʹilludevo anche diaverti spiegando piuttosto bene che non sopporto chi sʹintromette nei miei affari. La tua vita, Lamya, latua infima esistenza è appesa ad un mio capriccio, devo forse ricordartelo?»Il braccio dietro la schiena mi faceva male, ma temevo molto di più le sue parole. Da quella posizionenon potevo vedere il suo volto, ma lo immaginavo perfettamente. Mi terrorizzava, ma conoscevoabbastanza la sua ambizione da poter azzardare.«Non ce nʹè bisogno, Krooche, lo so, lo so benissimo, ma ascoltami ti prego! Tu vuoi quelle informazionie io credo di sapere come ottenerle. Ascoltami: Paquis non è un uomo disposto a vendersi, ma ècomunque un uomo e come tutti ha le sue debolezze. Non sarà facile e nemmeno veloce, ma posso fartiavere quelle informazioni. Dammi una possibilità»Rimase in silenzio qualche lungo istante e poi lentamente allentò la presa su me.«Parla» disse senza permettermi di girarmi a guardarlo.Gli spiegai come volevo avvicinare Paquis e far leva sul suo animo caritatevole: il comandante non eradel tutto indifferente al fascino femminile, ma non nel senso che Krooche aveva tentato di solleticare.Avevo notato piuttosto una sorta di tenera premura nei confronti di giovani ragazze disagiate o insituazioni difficili. Sembrava aver provato pena persino per Ellis. Non mi sarebbe stato troppo difficiletrovare la giusta chiave per attirare la sua attenzione, ero piuttosto brava in quel genere di cose. Unavolta che ci fossi riuscita, avevo intenzione di spingerlo a proteggermi in modo da potergli stare vicino etrovare le informazioni che cercavo, al limite ricorrendo a qualcuno dei flussi che Ellis mi avevainsegnato. Era rischioso, era dannatamente rischioso, ma io volevo sapere dei Ribelli e nessuno in tuttala Confederazione sembrava saperne quanto lui.«Voglio che tu stia fuori da questa storia» concluse lui, lasciandomi.«Perchè?» chiesi sfidandolo apertamente.«Non ti devo spiegazioni» Mi lanciò il suo fazzoletto «Stai sanguinando»Solo in quel momento avvertii le labbra bagnate e sentii il sapore del sangue passandovi sopra la lingua.Mentre mi pulivo il viso, lui si accasciò a sedere sul letto. Lo raggiunsi poco dopo, gli presi la testacostringendolo a vedere sul mio volto quanto fossi determinata e quanto quello che gli stavo per direfosse reale.«Non hai alternative. Lo sai meglio di me!»Sapeva bene perchè io ci tenevo tanto, ma non era per questo che mi ostacolava: come mi aveva giàripetuto in varie occasioni, potevo documentarmi quanto volevo sui Ribelli, lui non mi avrebbe mailasciata libera di andarmene. Non mi importava, la mia lotta personale era lʹunica cosa che mi restavaper sentirmi viva, quindi continuavo a sperare, nonostante tutto.Discutemmo a lungo, ma infine si convince che il mio era lʹunico piano che potesse portare a qualcosa.Avrei messo le cose in modo da sollevarlo da ogni pericolo e il rischio sarebbe stato mio soltanto: se maifossi stata scoperta, nessuno avrebbe mai messo in dubbio la parola di un Figlio della Luce per quella diunʹincanalatrice.«Ormai mi conosci a sufficienza da sapere cosa ti aspetterebbe se approfittassi della situazione perscappare. Sai che ti troverei, vero?» disse infine prendendomi per i capelli.«Lo so»«Bene» mormorò compiaciuto, trasformando la morsa ai miei capelli in una carezza «Unʹultima cosa:tu hai voluto questa missione, non accetterò un tuo fallimento»«Non te lʹavrei proposto se non fossi stata certa di poterlo fare»Sentii il rumore della stoffa che si lacerava, mentre mi strappava di dosso il bellʹabito che mi avevaappena fatto fare.

«Hai bisogno di aiuto?» Paquis mi porse gentilmente la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.

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Alzai la testa, volutamente mal celata dal cappuccio, che altrettanto male mi proteggeva dalla pioggiadi quella notte. Lo guardai caricando lo sguardo di tutta lʹangoscia di cui ero capace. Ero certa che laluce della taverna da cui era appena uscito mi illuminasse sufficientemente perchè mi riconoscesse evedesse la spaccatura sul labbro che mi ero da poco guadagnata.«Perdonatemi, non volevo esservi dʹintralcio»«Non dire sciocchezze. Sei ferita? Questo cosʹè?» disse avvicinando con garbo le dita alle mie labbra esincerandosi che stessi bene.Scoppiai a piangere non appena fui in piedi, lasciandolo basito.«Scusatemi» singhiozzai, dissi facendo per andarmene con difficoltà.Come mi aspettavo, lui mi si riavvicinò e si offrì di accompagnarmi a casa, il che mi fece piangerenuovamente.«Io... io non posso... lui...»Paquis mi guardò per un poʹ.«Credo di conoscerti. Ti ho già vista, in compagnia di Krooche Mazeero se non erro. Sei una di quellesue...» lasciò morire la domanda che stava pronunciando con sdegno e mi lasciò ad annuire tra isinghiozzi.«Cosʹè successo? Eʹ stato lui a...»Lo bloccai, guardandomi allarmata attorno.«Vi supplico! Non dite nulla!»Lui sospirò, poi mi prese sotto braccio«Dico solo che hai bisogno di aiuto. Hai un posto in cui andare questa notte?»Potevo essere benissimo sua figlia ed era con gli occhi di un padre premuroso che mi guardava in quelmomento.«No mio signore»Fu così che quellʹuomo dai modi gentili e paterni si trovò sempre più spesso a consolare le mie lacrimeforzate quanto sincere. Fu così che cominciò ad interessarsi e poi ad affezionarsi a me. E fu così che finìper impietosirsi e fidarsi di me al punto che dopo qualche settimana decise di aiutarmi a scappare dallacittà.Lʹautunno era alle porte, il mandato di Paquis in città stava per finire e lui sarebbe tornato a Losmʹtaal,quando decise di farmi partire. Una notte una carrozza mi caricò e mi condusse fuori città, scortata dadue suoi uomini: la destinazione era uno dei casolari che possedeva nelle campagne attorno aLosmʹtaal. Lui mi avrebbe raggiunta giorni dopo e mi avrebbe tenuta lì nascosta agli occhi di chiunquefinchè non fosse stato certo che nessuno mi cercasse. Gli avevo chiesto di non prendere provvedimenticontro Krooche, cosa che lui non comprese, ma rispettò. Era andata persino meglio di quanto i miei pianiavevano osato sperare: nessuno tranne i presenti sapeva che ero lì, avrei davvero potuto approfittarne perscappare. Avrei dovuto farlo. Sarebbe stato meglio per tutti.I due giovani Figli della Luce che mi facevano da guardia erano suoi fedelissimi soldati, micontrollavano senza mai essere invadenti, anzi nei primi giorni a malapena ci rivolgemmo la parola,loro forse perchè in imbarazzo, io perchè comunque li temevo. Ma loro non sapevano cosʹero e miservirono come avrebbero fatto con il loro Comandante e dopo qualche giorno cominciammo anche asciogliere il ghiaccio, formando presto uno strano quadretto familiare in cui mai al mondo avrei pensatodi potermi trovare.Il casolare era fin troppo grande: passai intere giornate a perlustrarlo sperando di poter cominciare araccogliere informazioni, la grandezza della biblioteca mi lasciò a bocca aperta quanto il fatto che noncontenesse, come tutto il resto della casa, alcuna anche solo piccola nota relativa ai Ribelli. Cominciavoa demoralizzarmi quando un ufficiale portò un involto cilindrico, che una delle guardie lasciò sulloscrittoio nello studio di Paquis, il quale sarebbe giunto pochi giorni dopo. La fattezza e le dimensionidellʹinvolto davano lʹidea di contenere delle mappe, ma il cordoncino che lo sigillava con la cera mi

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impediva di aprirlo. Lʹarrivo di Paquis impedì che la curiosità mi portasse a commettere qualchesciocchezza. Il Comandante portò con sè, oltre che un altro Figlio della Luce, una serie di documenti,libri e registri che furono ammonticchiati su quello scrittoio a cui poi passò gran parte delle giornatesuccessive.Il tempo scorreva con Paquis che andava e veniva e io che giocavo a fare la brava donna di casa,crogiolandomi allʹidea di continuare a vivere in quel modo, in quella dimensione tranquilla, serena elontana da ogni tipo di realtà che avessi mai vissuto. Poi i ricordi di Daing, la mia terra natale e quelloche da quando me nʹero andata Sheelive doveva averne fatto, riaccese in me il fuoco della vendetta e,nonostante mi dispiacesse fare il doppio gioco con quellʹuomo tanto gentile, tornai a concentrarmi sulloscopo della mia missione. Ma ottenere le informazioni che cercavo continuava ad essere impossibile: adispetto del magnifico rapporto che era venuto a crearsi con Paquis e della totale fiducia che luisembrava riporre in me, non riuscii a strappargli nulla. Il timore di fallire mi portò a spingermi tra lesue braccia in un modo che lui rifiutò, dimostrandosi ancora una volta il grandʹuomo che era.Infine scrupoli e paure cedettero di fronte alla necessità di usare il Potere su di lui: presi ad entrare nelsuo studio mentre lavorava a quei documenti con la scusa di portargli qualcosa da bere o da mangiare,lo addormentavo con un flusso che lʹavrebbe tenuto in quello stato fino a che non fosse stato disciolto, ecosì quasi ogni giorno mi ritagliavo qualche occasione per leggere, studiare, copiare. Potevo fare pocoalla volta, per evitare che si rendesse conto dello scorrere del tempo mentre non era cosciente, ma pianpiano appresi moltissimo: dati e mappe erano estremamente dettagliati, anche se non semprecoincidevano, in quelle carte cʹera davvero tutto quello che volevo sapere sui Ribelli, oltre che come edove avrei potuto trovare altri documenti. E poi cʹera quel registro: vi erano riportati, senza alcunaspiegazione e in modo apparentemente caotico, nomi, città, date e relazioni. Studiandolo, pur noncapendo la maggior parte degli appunti che vi erano riportati, mi resi conto che si trattava di appuntisegreti e paralleli a quelli ufficiali, una scoperta che mi lasciò a bocca aperta.Passavano i giorni, io studiavo, copiavo, raccoglievo una miriade di informazioni fondamentali sia perme che per Krooche, procedeva tutto per il meglio, quando un nome ripetuto più e più volte su quelregistro mi sconvolse al punto da farmi sbagliare mentre scioglievo il flusso su Paquis. Il Comandantenon si risvegliava, provai ripetutamente a rianimarlo senza sapere esattamente cosa stessi facendo. Mimisi a gridare infine, quando compresi di averlo condannato a morte. Corle, uno dei ragazzi di guardia,entrò poco dopo nello studio: non so se gli diedi il tempo di capire cosa fosse successo, lo incenerii. Lastessa sorte toccò a Sithmin, che incontrai mentre cercavo lʹuscita. Jiskim riuscì a ferirmi, ma non asalvarsi.Salii in groppa ad uno dei cavalli e mi misi a correre, presumibilmente verso sud, verso Kiendger. Lamia stessa ombra mi spaventava, sconvolta comʹero da quanto avevo fatto e dal timore che qualcunopotesse trovarmi. In quello stato confusionale feci correre quella povera bestia finchè, sfiancata, siazzoppò cadendo a terra. Rialzandomi a fatica, raggiunsi il cavallo che tentava affannosamente di farleva sulla zampa ferita, lo calmai prendendogli il muso e piansi abbracciandolo finchè non lo sentii piùrespirare. Quel lungo pianto mi permise di sfogarmi, ma non di alleviare il senso di colpa che midivorava.Non ricordo né i volti, né tanto meno i nomi dei pastori, dei contadini e dei viandanti che mi aiutarononei giorni, nelle settimane a seguire, mentre vagavo per boschi e per campi senza rendermi conto delpassare del tempo, senza sapere esattamente se stessi procedendo nella giusta direzione. Volevo solotornare a casa, volevo tornare da Krooche. Persa in uno stato mentale schiacciato tra panico e angoscia,la protezione di quellʹuomo mi appariva come lʹunica cosa su cui potessi contare. Se avessi avuto lamente lucida non lʹavrei mai pensato, anzi lʹavrei temuto a maggior ragione dal momento che avevofallito la mia missione e nel modo peggiore. Ma in quei giorni desideravo solo tornare da lui.Graham mi trovò chissà quanto tempo dopo, nelle pianure a nord di Dobied e mi riportò a Kiendger,dove crollai tra le braccia di Krooche.

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«Non avrei dovuto permettertelo» disse secco «Hai rischiato troppo, troppo! Ho veramente creduto di...»«Mi dispiace» dissi affondando il volto nel suo petto.Inaspettatamente mi strinse come non aveva mai fatto e non disse più nulla.Scoprii in seguito a cosa si era spinto per evitare che qualcuno risalisse a me dopo il ritrovamento delcadavere di Paquis e della sua scorta. Essendo allʹoscuro della segretezza con la quale il Comandanteaveva trattato la mia presenza al suo fianco, aveva quasi rischiato di espormi lui stesso al pericolo diessere indagata nella caccia allʹuomo che era partita da Losmʹtaal. Mentre Graham e i pochi altri di cuipotesse fidarsi davvero perlustravano palmo a palmo tutte le campagne, lui aveva sparso il sangue dichiunque avrebbe in qualche modo potuto collegare la mia prolungata assenza dalla città ai fatti cheavevano profondamente scosso i piani alti della Confederazione e per il mio ritorno qualcuno aveva giàpagato per quegli omicidi: un altro incanalatore, un innocente, era stato accusato e condannato al postomio. Credevo di non poter sopportare altri pesi sulla coscienza, eppure quello non sarebbe nemmenostato lʹultimo. Avrei voluto piangere, ma non ne fui capace, non ne fui mai più capace.Mi ci volle tempo per riprendermi, Krooche pazientò, poi ascoltò quel che ricordavo di quanto avevovisto e studiato: nella fuga non avevo portato via nulla, nemmeno le mie cose, nulla di tutto quello cheavevo raccolto a così caro prezzo. Ricordai molto, mappe, date, relazioni, città, e gli riportai tutto,tranne un nome, quel nome: Hilda AlʹKishira.

«E più che sufficiente!» Teesael passò di fianco a Mab per uscire, fermandosi un attimo aguardarla con occhi colmi dʹodio e di lacrime. Sembrò volerle dire qualcosa o forse farle qualcosa,ma poi si affrettò fuori dalla porta.«Seguila» disse Ched a Shaia «Non vorrei che facesse qualche stupidaggine»Poi lʹuomo guardò Mab, le prese il mento e le alzò il volto guardandola dritto negli occhi«Ti senti bene?» chiese girandole la testa da una parte, poi dallʹaltra.«Si» rispose, nonostante si sentisse stordita come se fosse appena stata svegliata di soprassalto.«Alzati»Mab obbedì, riscontrando qualche difficoltà a stare in piedi. Si sentiva disorientata e non solofisicamente.«Ci fermeremo qui per oggi» Ched la scortò alla porta, dove la consegnò alle due guardie chelʹavrebbero riportata in cella.Dopo pochi passi incerti, Mab si girò a guardare l uomo. Era così confusa: qualcosa non le tornavae non capiva cosa fosse. Volti, nomi ed emozioni del suo passato le vorticavano in testa in manieraincontrollata. Cʹera qualcosa di importante che le sfuggiva.«Cosa...?» gli chiese.Ched le girò le spalle e rientrò nella stanza da cui erano appena usciti.

«Sto bene, ti dico! Possiamo cambiare argomento, per favore?»

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Julian sbuffò, ma a quel punto non avrebbe insistito: sapeva che lei non avrebbe aggiunto altro.Le strade di Calavron erano piuttosto affollate quel giorno. Nei periodi degli esami dʹammissioneera piuttosto comune: i preparativi, gli allestimenti e i banchetti portavano sempre lʹafflusso difunzionari, artigiani, commercianti, oltre che un continuo brulicare di matricole curiose diassistere a qualcosa, qualunque cosa. Anche Norah e Julian avevano tentato di intrufolarsi neiprimi anni, passando anche qualche guaio.«Non so se questa sera dovrei allenarmi o riposare»«Allenarti non ti serve a nulla, sai fare cose che alcuni maestri non hanno nemmeno maiimmaginato fossero possibili. Ti direi di riposare, ma tanto non ce la farai»«Non sei affatto spiritoso»«Non volevo esserlo. Te lʹho detto, Norah, sono preoccupato per questi sogni ricorrenti e ancoradi più perchè è chiaro come il sole che ultimamente non mi racconti tutto»«Per la Luce, Julian, basta!»«Sei sempre stata sincera con me, il fatto che tu mi nasconda qualcosa mi spaventa terribilmente»Julian aveva ragione, sapeva di non potergli mentire senza che lui se ne accorgesse, ma se tacevaera solo per il suo bene: i suoi sogni, i suoi pensieri, i suoi ricordi peggioravano di giorno in giorno.Parlarne non avrebbe risolto nulla.«Vuoi abbassare la voce, per favore? Ci stanno guardando tutti»«Come no? Sono tutti così presi dai preparativi allʹaccademia che potremmo anche metterci adanzare qui in mezzo alla strada, che non lo noterebbe nessuno» disse cominciando a farequalche passo di danza.«Ma sei impazzito? Cammina!» disse lei, prendendolo a forza per un braccio e trascinandoselodietro.Stavano andando alla Colonna, Norah doveva consegnare i documenti per poter avere il sigillo. Ilsuo sigillo. Non lʹaveva ancora scelto, ma cʹera ancora un po di tempo per questo. Ora non riuscivaproprio a concentrarsi: ogni volta che pensava ad un simbolo, le venivano in mente dei serpenti.Le avevano sempre fatto orrore i serpenti, il fatto che da un po la ossessionassero era una delletante stranezze che non aveva rivelato a Julian. Era giusto così. Vero?Andò a sbattere contro un uomo che sembrava essere fermo davanti a lei, fermo in mezzo allastrada e tutto il suo viavai. Alzò la testa per chiedergli scusa e riconobbe, adombrato sotto ilcappuccio, il volto dellʹuomo che aveva incontrato spesso negli ultimi giorni. Come le altre volte luile fece un sorriso e la oltrepassò, lasciandole di nuovo unʹincomprensibile e potente ondata dinostalgia. Si voltò a guardalo, ma già sembrava sparito tra il turbine di mantelli dei passanti.«Conosci quellʹuomo?»Unʹaltra delle cose che non gli aveva detto.«No»«Ma...»«Ti ho detto che non lo conosco. Cammina» disse risoluta, trascinando Julian dietro di sè.Quante cose non gli aveva detto. Quante.

«Hai visto che avevo ragione?»La voce di Julian quasi la spaventò, così all improvviso. Non pensava che fosse sveglio, ancormeno credeva che avrebbe potuto accorgersi che anche lei lo era.«Ragione su cosa?»«Che non saresti riuscita a riposare» rispose Julian girandosi su un fianco, in modo da stare difronte a lei.«Sei sicura di non volermi dire nulla? Non credi che ti farebbe sentire un pochino meglio?»Perchè aveva la capacità di tranquillizzarla così? Lo avrebbe maledetto per la voglia che le faceva

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venire di sfogarsi, ma in cuor suo Norah era certa che continuare a raccontargli quello che le stavaaccadendo oltre a non essere dʹaiuto per nessuno, sarebbe servito a spaventare e preoccupare luisempre di più, magari ad allontanarlo anche prima o poi. Per questo aveva smesso di confidarsi.In realtà quello era solo un motivo. Un altro era quella sensazione di qualcosa di diverso che stavacrescendo in lei, una strana consapevolezza si stava facendo velocemente strada nei meandri piùintimi dei suoi sentimenti. Più la rifiutava e più doveva cedere allʹevidenza della sua presenza.Forse era colpa della ricorrenza di tanta violenza nei suoi sogni, ma sembrava qualcosa di troppoprofondo per essere dovuto solo a questo. Stava cambiando, e molto velocemente, cʹera qualcosache si frapponeva tra la persona che aveva sempre pensato di essere e quella che era ora. Semprepiù spesso doveva imporsi un severo controllo, perchè lʹistinto la portava verso comportamenti eriflessioni che da un lato sembravano non appartenerle, e dallʹaltro sembravano sue più che mai.Allʹimprovviso le era difficile distinguere tra bene e male, a volte doveva ricorrere alla suaeducazione per giudicare alcuni suoi stessi pensieri.Come avrebbe potuto confidare a Julian tutto questo? Come poteva dirgli che aveva sognato diuccidere e che al risveglio era stata scossa da un brivido dʹeccitazione? Aveva visto sé stessacompiere azioni efferate, aveva visto sé stessa usare il Potere per uccidere. Perchè nulla sembravapoi così negativo? Le sue certezze sembravano venir meno una dopo l altra, ed era lei stessa adannientarle.Come poteva, infine, dirgli che aveva avuto la prova che cʹera un fondo di verità in quelle visioni?Le ci era voluto tempo per capirlo, ma poi aveva ricordato: aveva ucciso quella ragazza più e piùvolte in sogno. Le situazioni si erano proposte leggermente diverse, ma alcuni dettagli eranoricorrenti. La pelle scura, i capelli neri, quegli occhi affusolati, persino il neo accanto alle labbraaveva sognato: era certamente la prigioniera che lei stessa aveva condotto in città qualchesettimana prima. Mabien Asuka. Doveva ricordare quel nome. Lʹavrebbe incontrata di nuovo.Lʹavrebbe uccisa. Uccisa. Sapeva che doveva accadere e Norah era turbata da ciò che provava: lavergogna dʹammettere che la cosa lʹincuriosiva terribilmente.«Perdonami Julian. Preferisco così» e gli si accoccolò accanto senza dire una parola.

Solo una fetta di luna brillava in un cielo nero come il carbone; eppure gli alberi, le rocce e lanatura tutto intorno erano illuminati da un chiarore di cui non si riusciva ad individuare lasorgente. Il luogo era sconosciuto a Morgan, ma poco importava, dal momento che egli sapeva dinon trovarsi nel mondo reale. In effetti, questa radura esisteva realmente da qualche parte nelleMontagne della Nebbia, ma ora il giovane Ribelle ne stava osservando solo un riflesso, una replicainstabile ed effimera che la maggiorparte degli uomini non avrebbero potuto visitare se non insogno. Morgan però non stava sognando: conosceva quella sensazione d’inquietudine che lofaceva sentire costantemente osservato e, anche se erano ormai alcuni giorni dall’ultima volta checi era stato, sapeva che era tipica del Mondo dei Sogni.In quel momento, a dire il vero, c’era effettivamente qualcuno nei dintorni che lo stava spiando,nascosto nel fitto sottobosco, ma non si trattava di uomini. Morgan poteva percepire la presenzadi alcuni lupi vicini, pur senza vederli, e si chiedeva per quale motivo fossero ora così circospetti

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verso di lui, che dagli amici a quattro zampe veniva normalmente considerato un fratello. Passòancora qualche minuto prima che due sagome scure uscissero all’aperto della radura e siavvicinassero abbastanza per essere riconoscibili. I due lupi avanzavano cautamente, il musosollevato pronto a captare il più sottile odore e il suono più lieve che potessero significare pericolo.Uno era snello e più misurato nei movimenti, e il suo lungo pelo argenteo incorniciava due occhidi ghiaccio: Nebbia d’Argento. L’altro lupo, di taglia maggiore, aveva un’aspetto più sicuro di sè,pur mostrando la stessa prudenza dell’altro; il manto bruno striato di nero lo contraddistinguevacome Giovane Toro.Il ragazzo avrebbe voluto tempestarli di domande: perchè non gli avevano più parlato? Perchènon gli spiegavano una volta per tutte cosa stava accadendo? Invece, obbedendo a regole di buoncomportamento che in un branco valevano ancor più che tra gli uomini, lasciò che i lupi siassicurassero che non ci fossero intrusi e che gli si rivolgessero quando avessero ritenuto che erasicuro farlo.«Non mi piace il villaggio degli uomini dove riposi, Piccolo Orso.», fu il cupo benvenuto di Nebbiad’Argento. «Un’ombra permane su quel luogo, più scura della notte.», aggiunse Giovane Toro. Ilupi gli avevano comunicato questi pensieri tramite immagini di Coraman sovrastata da unaspessa nube nera che la schermava dalla luce del sole.«Dovevo venire a Coraman, non avevo scelta. Questi erano i miei ordini, inoltre dovevo portareDavrath dagli Anziani.», si giustificò Morgan.I lupi però proseguirono ignorando il suo intervento: «Devi andartene appena possibile, il pericoloè troppo grande.», e gli trasmisero, quasi all’unisono, l’immagine di una tagliola innescata. Unatrappola? Il mio arrivo a Coraman è stato forse architettato per tendermi un’imboscata? Si chieseMorgan. Ma chi potrebbe volermi mettere in trappola? E perchè? Rivolse allora queste domande ailupi, ma essi per tutta risposta gli trasmisero nuovamente l’immagine dell’enorme ombraproiettata da una nube nera come la pece.«E Davrath? Che fare di lui?», chiese Morgan, «Ho provato a convincere l’Anziano Dazar chepotrebbe trattarsi del Drago Rinato, ma un Anziano deve pensare alla sicurezza del proprio clanprima di tutto, e un prigioniero troppo vicino alla città rappresenta un pericolo, soprattutto se sitratta di un Figlio della Luce. Chiaramente, dal suo punto di vista, possono pensarci i Geinzana adaccertare qualsiasi dubbio sull’identità del prigioniero. Poi, se si ritenesse necessario, un Consigliodegli Anziani potrebbe essere convocato per valutare la fondatezza dei miei sospetti. Tutto questoperò richiede tempo, tempo nel quale le Tenebre possono procedere indisturbate nei loro piani!».Il giovane Neglentine non si era reso conto di aver alzato la voce e si scusò con i lupi che gliavevano lanciato sguardi allarmati.«Attento, Piccolo Orso: il pericolo è anche qui.», lo ammonì Nebbia d’Argento, «E’ un nemicotroppo potente per te o per noi: non possiamo combatterlo. Devi allontanarti da questo villaggiodegli uomini. Porta il giovane uomo con te, mettilo in salvo dall’ombra.».«Ma dove posso portarlo? A casa, a Tsorovarin? Ma anche il nostro Consiglio lo manderebbe adArcavende!».Morgan si sentiva esasperato da questa situazione in cui gli veniva detto di fuggire ma tutte le viedi fuga sembravano essere sbarrate. L’unica soluzione che vedeva era di convincere gli Anzianiche un’antica profezia, considerata dai più una leggenda, stava ora per avverarsi, e che i suoifratelli lupi gli avevano indicato il possibile salvatore del mondo. Un compito impossibile. Sarebbepiù facile pescare bendati e a mani nude! , si disse desolato, A meno che... Se riuscissi a rintracciarequella ragazza che ho incontrato nel Mondo dei Sogni, forse lei potrebbe aiutarmi. Sembrava conoscerela profezia ed era chiaramente alla ricerca del Drago. Mia madre conosce questo mondo meglio di me:forse lei potrebbe aiutarmi a ritrovarla...Improvvisamente, proprio mentre pensava a Merian, avvertì la sua presenza, come se lei si fosse

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trovata lì vicino. Si guardò attorno, confuso, ma nella radura era solo con i due lupi. Con urgenza,si rivolse a Giovane Toro, che lo fissava incuriosito: «Merian è qui vicino, lo posso sentire. Devotrovarla: lei è la mia unica speranza di convincere gli Anziani!».Il robusto lupo però non sembrava condividere la sua impazienza: «Troppo pericoloso. Questonon è il momento per incontrarla. Quel momento verrà, ma adesso devi metterti al sicuro dalpericolo.»Il giovane stava per protestare quando, inaspettatamente, la presenza della ragazza scomparve; fucome perdere di vista qualcuno nella folla. Morgan fece disperatamente il giro della radura, mainutilmente. «Non è come vedere, udire o fiutare.», provò allora a spiegargli Nebbia d’Argento.«E’ un senso nuovo per te, e non sai ancora come usarlo. In questo mondo tu sei ancora uncucciolo, Piccolo Orso.», disse l’anziano lupo con affetto.Ma Morgan non si rassegnava: ostinatamente continuava a scrutare tra gli alberi, come se Merianavesse potuto nascondersi dietro alle fronde. Forse significa che si è risvegliata dal Mondo dei Sogni,pensò, in tal caso devo restare ed aspettare che si riaddormenti. I lupi nel frattempo si stavanofacendo irrequieti. La loro disapprovazione era evidente: volevano che Morgan si risvegliassesubito e lasciasse Coraman. Ma anche se mi svegliassi ora non potrei andare da nessuna parte, sidisse il ragazzo, probabilmente è ancora notte fonda e sarebbe sospetto se lasciassi la città così,d’improvviso.«Il tempo qui trascorre diversamente. Nel mondo reale è l’alba: tempo di andare.», gli trasmiseNebbia d’Argento leggendogli nel pensiero. Poi lo sguardo del lupo divenne ancora più allarmato:entrambi gli animali ora sembravano fiutare l’aria in ogni direzione, come se faticassero apercepire un nemico invisibile.«Proprio ora qualcosa sta succedendo al villaggio degli uomini...», trasmise preoccupato GiovaneToro, «L’ombra si sta muovendo, devi risvegliarti subito!».

La caserma era già popolata da soldati che si apprestavano a svolgere i propri incarichi e leproprie esercitazioni quotidiani. Nessuno, tuttavia, sprecò più di una fugace occhiata per ilgiovane Neglentine mentre questi preparava in fretta le sue cose ed usciva dall’edificio. Anche inseguito, svoltando davanti al Palazzo del Consiglio e oltrepassando il grande ponte di pietra,Morgan non incontrò nessuno. Nonostante la luce dell’alba stesse già illuminando il vastoaltopiano lassù, in fondo alla gola c’era ancora bisogno delle lampade accese lungo le strade perorientarsi nella città buia. Giunto all’imbocco della grande scalinata, Morgan domandò ad unadelle guardie di condurlo al proprio cavallo, che era impastoiato in una stalla vicina, poi legò allasella il proprio sacco e condusse l’animale lungo la salita.L’altopiano era un enorme manto d’erba ondulato. I punti di riferimento erano scarsi, ma Morganriuscì, osservando la posizione di alcuni picchi in lontananza, a ritrovare il luogo in cui il suogruppo aveva montato il campo. Il lavoro d’occultamento delle tracce operato dalle sentinelleFaine era incredibilmente accurato: il suolo, l’erba, le piante e i sassi sembravano essere tornati talie quali Morgan le aveva viste allorchè aveva deciso di fermarsi lì la sera precedente, come se uncontingente di quasi trenta uomini a cavallo non vi si fosse mai accampato. E il contingente erasparito, anche quello, così come le sue tracce. Morgan rimase deluso, ma non più di tantosorpreso. In fondo, fin da prima di arrivare a Coraman era stato consapevole della possibilità cheil suo ruolo di comandante della missione venisse scavalcato una volta rivelata la presenza delprigioniero.Non poteva comunque biasimare i propri uomini se Davrath era stato prelevato ed ora venivaprobabilmente scortato verso Arcavende. Si rese conto di non poter biasimare nemmeno Dazarper non avere creduto ai suoi vaneggiamenti riguardo al Drago Rinato. E’ solo colpa mia, si disse,sono stato precipitoso e maldestro nell’annunciare ad un Anziano quelle vaghe ed imprecise

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informazioni ottenute durante i sogni come se fossero rapporti ufficiali. Morgan era un soldato: quelloche ci si aspettava da lui era che obbedisse agli ordini e che facesse rapporto, non che si lanciassein ardite congetture. Una parte di lui ora avrebbe voluto semplicemente dimenticarsi del DragoRinato, delle profezie ad esso legate, e delle macchinazioni delle Tenebre, per tornare ad essere ilMorgan Neglentine soldato modello.Tuttavia, sapeva di non poter scaricare così facilmente il peso della responsabilità che gli era stataconferita dal Disegno. Nel momento in cui la Ruota aveva tessuto per lui quel legame rarissimo estraordinario con i lupi, Morgan aveva ricevuto un compito molto più importante e pericoloso diqualsiasi missione gli potesse assegnare il clan. Che gli piacesse o no, gli era stato riservato ildestino di conoscere, unico tra tutti i Ribelli, l’identità del futuro salvatore del mondo. Solo lui, trai Ribelli, sapeva chi Davrath fosse in realtà. Nemmeno Davrath stesso era consapevole dellapropria importanza, né peraltro gli sarebbe valso saperlo, dato che tra poco si sarebbe trovato adArcavende, prigioniero di un popolo ostile.Mentre lasciava che il cavallo pascolasse libero nella radura, Morgan si mordeva le labbra alpensiero della facilità con cui un emissario delle Tenebre avrebbe potuto lasciarsi catturare daiGenzana, poi, una volta all’interno delle carceri di Arcavende, trovare Davrath ed eliminarlo. E, seanche le Tenebre non fossero venute a scoprire dove si trovava il Drago, quest’ultimo sarebbeprobabilmente rimasto imprigionato per mesi, forse anni. La durata del periodo di reclusionevariava molto a seconda del comportamento dei prigionieri, è vero, ma Davrath era pur sempreun Figlio della Luce incanalatore: un caso raro e degno della massima attenzione. Inoltre, con quelcaratteraccio che si ritrova, dubito che si guadagnerà una liberazione anticipata, pensò Morgan.Con riluttanza, richiamò il cavallo e si accinse a ripartire. Peccato non poter salutare Rourke, Murriele tutti gli altri... Spero almeno che la minaccia di cui parlavano i lupi non riguardi anche loro, sarebbeterribile se dovessero passare dei guai per colpa mia! Arrendendosi, infine, al fatto che indugiareoltre non avrebbe aiutato nessuno, Morgan spronò il cavallo verso ovest. Aveva deciso di tornarea casa; a Tsorovarin avrebbe chiesto aiuto ai genitori e al Consiglio del Clan: ormai non poteva piùpensare di affrontare questa faccenda da solo. E poi, forse, sarebbe riuscito a godersi un po’ dimeritato tempo libero nella sua città...Il viaggio, però, sarebbe durato ancora alcuni giorni. Morgan non sapeva con esattezza quantoavrebbe impiegato a raggiungere Tsorovarin, non avendo mai percorso prima quel tragitto; avevacomunque un’idea della rotta da seguire, avendo studiato, anni prima, delle mappe del settoreorientale. Portava con sé il sacco che aveva usato durante la missione, con l’aggiunta di qualcherazione fresca ottenuta in caserma a Coraman; avrebbe dormito sotto le stelle, costruendosi deiripari solo in caso in cui il tempo fosse peggiorato.Già, facile dormire... ma come fare a tornare nel Mondo dei Sogni? Il pensiero lo tomentava daquando si era svegliato. Il suo ripiegamento verso Tsorovarin era tutt’altro che una ritirata, eMorgan contava ancora sulla possibilità di mettersi in contatto con Merian. Se gli Anziani del miopopolo non vogliono dare ascolto ad un semplice soldato, pensava, forse ascolteranno unaCamminatrice dei Sogni. Ma come condurla da noi?. Col tempo avrebbe trovato una risposta. Per ilmomento, Morgan desiderava solo riassaporare le sensazioni provate quando, più giovane, erastato addestrato al pattugliamento e alla ricognizione nelle montagne, come tutti gli altri ragazzidel clan Neglentine. L’avventura, la scoperta, il pericolo e il senso di responsabilità contribuivanonell’insieme a destare l’eccitazione dei ragazzi, imprimendo nelle loro menti ricordi indelebili diquei momenti passati lontano dalla città. E così, il giovane Ribelle, ritrovato il buon umore, decisedi raggiungere entro sera il picco che vedeva di fronte a se, in modo da avere, da là, un panoramapiù ampio e controllare la propria rotta verso casa.

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Dannata donna! Pensò Siadon mentre cercava di trafiggere Brienne con lo sguardo. Va bene... devosolo evitare una strage, Merian è nostra ormai.Il campo era molto vicino. Le prime luci dellʹalba rischiaravano la radura, rendendo evidenti letracce del trambusto che si era scatenato poco prima. Dovevano essersi spaventati parecchio,lʹerba era calpestata in ogni direzione e le coperte sparse a casaccio, abbandonate senza tantecerimonie. Brienne li stava conducendo da Rohedric. Aveva allungato di proposito il percorso perevitare la parte del campo occupata da Thea e gli altri. Siadon non ne era affatto sorpreso, sapevabene che Brienne non gli aveva creduto nemmeno per un istante.Assolutamente lucido, continuava a ripercorrere le alternative che aveva davanti. Brienne era ladonna più trasparente che avesse mai incontrato, se anche avesse raccontato di aver visto Meriancercare di salvare il prigioniero, nessuno le avrebbe creduto. Sempre ammesso che non volessedichiarare apertamente di aver assistito ad unʹesecuzione. No, vuole difendere i suoi... ed ancheMerian. Ad ogni modo non avrebbe ingannato Rohedric. Anche nel migliore dei casi, l uomoavrebbe intuito la rabbia che Brienne provava verso Siadon. Aveva già pensato alle possibilireazioni dellʹuomo ad un evento simile. Sarà furioso, incolperà me e gli altri per scusare Merian ma siarrabbierà un sacco pure con lei. Merian lo ammira e si sentirà in colpa per averlo deluso. Non va bene,devo limitare questa cosa, la ragazza è nostra.Si guardò rapidamente attorno, Merian camminava a testa bassa persa in cupi pensieri ma nonsembrava affatto pentita. Brienne, avvicinandosi sempre più al campo, stava allungando i passi.Era evidente che non vedeva lʹora di unirsi a Rohedric. Siadon si lasciò sfuggire un sorriso,collocando finalmente alcuni dettagli sulla donna che aveva ignorato fino ad allora.«Tu lo ami, vero?» disse a bassa voce fissandole la schiena.Merian non parve nemmeno udirlo ma Brienne si voltò allʹistante, materializzando due pugnali dalancio tra le mani. Siadon vedeva chiaramente le dita della donna sbiancare per la forza con cui listringeva, tratteneva a stento la voglia di conficcarglieli nel petto.Lʹassassino la fissò negli occhi per alcuni istanti, poi alzò le spalle«Andiamo a fargli visita o vuoi che ti veda mentre ci minacci con le tue lame?»Se Brienne avesse avuto anche solo la minima traccia di Potere nelle sue vene, lo sguardo chelanciò allʹassassino sarebbe bastato ad incenerirlo. Lo ricoprì invece con una serie irripetibile diimproperi che si smorzò lentamente, molto lentamente, in un borbottio confuso mentreriprendevano il cammino. Merian era tanto distratta dai suoi pensieri da essersi resa contodellʹinterruzione solo quando ormai si erano già rimessi in marcia. Guardò Siadon perplessa madopo aver ricevuto unʹalzata di spalle come risposta, tornò ai suoi pensieri.Eʹ davvero veloce con quei pugnali, se solo sapesse controllarsi sarebbe unʹottimo elemento...Scuotendo la testa allontanò le impossibili ipotesi che gli vorticavano in testa e tornò aconcentrarsi sullʹimmediato. Sentì delle voci proprio davanti a loro e ne fu sollevato. Con Rohedriccʹerano diverse persone e tra le possibilità che Siadon aveva valutato, questa era quella cheportava con meno probabilità ad una strage. Sempre ammesso che lʹuomo continuasse a

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comportarsi come un buon capo, altrimenti il tutto si sarebbe concluso molto rapidamente. Siadonaveva riflettuto parecchio anche sulla possibilità di spingerlo di proposito verso quella fine matemeva la reazione di Merian. Poco prima lʹaveva stupito uccidendo Jora con tanta freddezza,lʹaveva sottovalutata, ma veder morire i propri amici sarebbe stato davvero troppo per lei, almenoper ora. Inoltre Rohedric gli piaceva, non era marchiato dall Ombra ed era un uomo coraggioso egiusto. Certo un tantino ottuso ma non voleva ucciderlo.«... non capisci ... andarcene subito!»Siadon si concentrò sui pezzi di conversazione che riusciva a cogliere. Era la voce di Thea, suquesto non vʹerano dubbi. Ma Thea doveva essere di guardia, lontana da lì.«Non prima di averli trovati, potrebbero aver bisogno di noi!»E questo è il buon Rohedric pensò Siadon mentre seguiva Brienne allʹinterno del campo. Lasituazione era diversa da quanto si aspettasse, Thea stava cercando di convincere Rohedric, Ariele Kain ad andarsene.«Siamo noi quelli in pericolo ora!»Siadon la guardò perplesso Sta arrivando qualcuno?«Visto!? Stanno bene, ora possiamo andarcene?» Continuò Thea indicando il trio che ormai liaveva raggiunti.Rohedric squadrò Siadon minaccioso, concedendo solo un rapido sguardo a Merian.«Cosʹè successo?» gli chiese senza esitazioni.Siadon lo fissò un istante, accantonando tutte le opzioni su cui aveva riflettuto fino a poco prima.Si rivolse a Thea senza rispondere allʹuomo.«Come siamo messi?»«E per Merian, ha usato tanto Potere da far voltare verso di noi ogni Incanalatrice da qui fino allaLuce sa dove. Manti Bianchi, Ribelli... e chissà cosʹaltro. Dobbiamo andarcene subito.»Non un solo gesto, nemmeno involontario. Thea stava cercando di essere il più credibile possibileagli occhi di Rohedric e gli altri, stava deliberatamente evitando di usare il linguaggio dei segni.Siadon annuì lentamente, stava per voltarsi verso Merian per tranquillizzarla quando Rohedricriprese la parola.«Cosʹè successo ad Arlene?»Siadon sospirò, Thea aveva ragione, non avevano tempo da perdere. Dovevano trovare i Ribelliprima che qualcun altro trovasse loro, sperando che questi fantomatici Ribelli fossero abbastanzaorganizzati da poter offrire un qualche tipo di rifugio.«E stata incauta e Jora ne ha approfittato. Ha spezzato la ciotola e le è saltato alla gola senzalasciarle il tempo di difendersi. Io e Merian lo abbiamo assalito con il Potere nello stessomomento... non gli ha fatto bene. E morto mentre Merian cercava di curarlo.» Rohedric lo fissòsevero. «Se non mi credi chiedi a Merian. Se non credi nemmeno a lei prova con Brienne, che ciha trovato proprio mentre Jora è morto. Fai come preferisci ma ora dovremmo davvero andarceneda qui.»Aveva recitato la solita parte dellʹIncanalatore frustrato, facendo trasparire la rassegnazione nelvenir sempre considerato colpevole a prescindere dalla realtà. Allʹinizio sembrò anche funzionarema poi Rohedric scambiò unʹocchiata con Brienne e il suo volto si irrigidì notevolmente.Dannata donna, non potevi essere più... donna?Rohedric si guardò attorno, come per contare i presenti. Kain, per quanto cercasse di non darlo avedere, era carico come una molla, pronto a scattare brandendo lʹenorme spada. Anche Brienneera tesa, Siadon era certo che avesse già almeno un pugnale tra le mani. Ariel invece eravisibilmente preoccupata, si rigirava tra le dita la pietra che portava al collo, fissando Rohedriccontrariata.Non fare lʹidiota proprio ora

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«E se preferissimo proseguire da soli?» Rohedric scandì lentamente ogni parola.Siadon lo guardò negli occhi. Cʹera paura, ovviamente, quellʹuomo sapeva bene che in uno scontronon avrebbe avuto alcuna possibilità, ma la dominava in modo ammirevole. Lʹaveva accettata e lasfruttava per alimentare il senso del dovere, lʹorgoglio che gli permetteva di affrontare a testa altail suo destino e quello della sua gente.Che spreco pensò rassegnato Siadon mentre lasciava che il Potere scorresse dentro di lui.«Proseguiremo uniti» Merian si intromise tra i due appoggiando una mano sul braccio di Siadon«Io vi servo per trovare il Drago Rinato, loro mi servono per imparare ad Incanalare e se avessidavvero attirato qualcuno, senza di loro non avremmo modo di difenderci»Non fa una piega... Thea non ucciderla per avermi toccato, per favoreSiadon studiò rapidamente la moglie con la coda dellʹocchio, era infuriata e stava cercando diincenerire la mano di Merian con lo sguardo, ma sembrava avere il controllo di sé stessa. Siadonannuì lentamente a Rohedric ma lʹuomo non era affatto convinto.«E loro invece cosa vogliono?» Questa volta fu Ariel a parlare «Te lo sei mai chiesta? Prima ciliberano, poi massacrano i Manti Bianchi che ci seguono. Dicono di voler trovare i Ribelli maArlene era tuttʹaltro che contenta dalla loro compagnia. Poi dicono di volerti aiutare ad Incanalarema secondo Arlene non è quello che stanno facendo ed ora lei è morta. Così come lunico MantoBianco sopravvissuto.» Squadrò i due assassini «Cosa volete da noi?»Thea sbuffò «Stiamo perdendo tempo. Lasciamoli qui...»A marcire concluse Siadon nella sua testa. Merian era troppo pericolosa per essere lasciataindietro viva, quello che stava proponendo Thea era ben diverso da quanto potessero immaginareRohedric e gli altri.«Cerchiamo il Drago Rinato» Ormai immerso nel Potere, Siadon dovette concentrarsi per nonapparire come una maschera completamente inespressiva. Era pronto a schermare Merian inqualsiasi istante. Era compito suo, Thea non poteva Incanalare senza insospettire la ragazza. Suamoglie si sarebbe occupata di proteggerlo da Brienne e Rohedric, le due minacce più immediate.«Proprio come voi» spostò lʹattenzione da Ariel a Merian, ordinando al proprio volto di assumereunʹespressione calma, priva di dettagli minacciosi. Voleva ancora la ragazza, ormai la consideravaquasi una Sorella. Avrebbe giocato unʹaltra carta per legarla a loro, ma era anche pronto aducciderla in quello stesso momento.«E sata una Sognatrice a farci incontrare. Senza il suo intervento noi saremmo dallʹaltra parte delmare e voi... morti. Anche tu sei una Sognatrice Merian e non è un caso. Ora, vuoi aiutarci atrovare il Drago Rinato?»Merian lo guardò preoccupata. In quegli occhi verdi cʹerano molte più domande di quante Siadonsi sarebbe aspettato. Cʹera paura, senso di perdita, confusione, stanchezza, rassegnazione e rabbiama anche speranza, gioia ed affetto.«Certo. Proseguiremo uniti.» rispose con una voce che rispecchiava perfettamente il suo statodʹanimo. Siadon annuì sorridendo. O per lo meno imponendo al suo volto di sorridere.«Possiamo muoverci ora?» Non era una domanda. Quando Thea usava quel tono bisognavaobbedire, le alternative apparivano come ipotesi sfuocate appena al di là dellʹunica opzionedisponibile.

Due giorni dopo raggiunsero un fiume troppo impetuoso per essere attraversato, così loiniziarono a risalire costeggiandone la riva sabbiosa. Dalla morte di Arlene era come se tra i duegruppi fosse calato un muro di ghiaccio, Rohedric faceva di tutto per non perdere di vista gliassassini. Atteggiamento che ben presto iniziarono ad imitare anche tutti gli altri, soprattutto Jon.Siadon aveva provato a parlargliene, la situazione iniziava ad essere fastidiosa, ma dopo alcunerisposte sarcastiche si era convinto che ormai fosse del tutto inutile. Merian era lʹunico contatto.

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Ancora disturbata dai suoi pensieri, cercava di mantenere buoni rapporti con tutti ma Siadon nondubitava che fosse ben più preoccupata di quanto mostrasse. Quella notte, lʹaver ucciso Jora asangue freddo aveva sbloccato qualcosa nella ragazza, aveva iniziato a costruirsi una mascheraper nascondere le emozioni, sembrava aver superato la paura di mentire ai suoi amici. Imparavamolto alla svelta, Siadon ne era orgoglioso.Tomas, rientrando nel gruppo dopo aver cavalcato in solitaria per qualche ora, si avvicinò alcavallo del Fratello «Sono qui, proprio come ieri»Anche tu sei cresciuto velocemente pensò Siadon valutando la voce e lʹespressione del ragazzo.Tomas era stato un ottimo esploratore dei Manti Bianchi, sicuramente quellʹesperienza gli stavatornando utile. Era ancora molto giovane, eppure ora sapeva essere freddo e calcolatore anche inmomenti difficili. Da quando erano fuggiti, si era aggrappato allʹaddestramento del Monastero contutte le sue forze e quel condizionamento stava dando i suoi frutti.«Hanno aspettato che ci allontanassimo per studiare il nostro ultimo campo. Si sono presi il temponecessario a valutare ogni dettaglio.» rispose Siadon con calma. Stavano evitando il linguaggio deisegni, in parte per far capire la situazione a tutti ma soprattutto per non dare troppe informazionia chi li stava seguendo. Se fossero stati dei Maledetti, quei segni sarebbero stati una sorta diautocondanna.«Non sono Manti Bianchi. Vedi Jon, difficilmente si spingono così a Nord. E se fossero dei MantiBianchi non avrebbero perso tempo, avrebbero subito cercato di catturarci.» Elsa si rivolse alragazzo come se fosse la sua balia. Jon si avvicinava spesso a loro, probabilmente per dimostrareal fratello maggiore di non aver paura, o di essere valoroso o qualche altra assurdità simile. Ladonna si divertiva a prenderlo alla sprovvista con battute del genere.Siadon ignorò entrambi, concesse solo unʹocchiata a Rohedric per valutarne le reazioni ma non vitrovò nulla di nuovo. Non era tanto ottuso da non capire la situazione, probabilmente stavaancora decidendo se gli inseguitori fossero più o meno pericolosi di loro quattro.«Li avete sentiti Incanalare?» chiese lʹassassinoTomas inclinò il capo, era un modo di fare che aveva accentuato da quando aveva ucciso ilpastore. Per un attimo Siadon si domandò quanto fosse una cosa studiata e quanto gli venissespontaneo.«No, nemmeno una goccia di Potere. E nemmeno Thea li ha sentiti. Però non mi convincono, idue che ho visto si muovevano come se avessero un sesto senso, più o meno come quando dinotte vedi attraverso le Tessiture.»Jon impazziva dalla voglia di dire qualcosa ma unʹocchiata di Rohedric e un sorriso incalzante diElsa lo dissuasero all istante.Se fossero dei Fratelli Tomas me lʹavrebbe fatto capire. Anche Thea si sarebbe precipitata qui se neavesse riconosciuto qualcuno. Possibile che ci siano altre Sette sulle nostre tracce? Per i Manti Bianchisarebbe impossibile, probabilmente ancora non sanno della morte di quella truppa. Che siano statiinviati dai Preti Neri? Quei tizi ci stavano portanto a Nord di Jennji, di certo hanno sentito Merianlʹaltra notte. Bestiacce strane ancora non ne sono spuntate, quindi o sono loro o sono i Ribelli... O ungruppo di Tiranni... no, non da queste parti.«Che ne dici Rohedric?» chiese come se fossero due amici di vecchia data «Un altro gruppo dipazzi sanguinari o finalmente abbiamo trovato i Ribelli?» fece una breve pausa ma riprese subito,senza lasciare il tempo di rispondere «Io punto sui primi, anche se forse i Ribelli potrebbero essereben più pericolosi di quanto immaginiamo.»Rohedric gli scoccò unʹocchiata gelida. «Neal, Kain. Andate a controllare, ma tenetevi lontani daloro, molto lontani.» ordinò «Abbiamo già abbastanza assassini al seguito»Incredibile come riesca ad inimicarsi Merian anche quando cerca di difenderla pensò Siadon conunʹalzata di spalle «E probabile che li vediate solo se loro vogliono farsi notare... State attenti»

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concluse guardando Neal negli occhi.Quella di Siadon non era affatto preoccupazione, tuttʹaltro. Assassini o Ribelli, chiunque fossesulle loro tracce per lui era un nemico. Siadon pensava che Neal e Kain fossero buonicombattenti, poco inclini allʹimprudenza, ma non era un buon motivo per rinunciare adincoraggiarli a commetterne qualcuna. Se gli inseguitori li avessero catturati, o meglio ancorauccisi, Merian sarebbe stata pronta per capire il modo di vedere di Siadon. Ogni Incanalatore eraun pericolo, anche i Ribelli. Merian non doveva vederli in modo positivo. Non doveva vedere delbene nel Potere e negli abomini in grado di usarlo, nemmeno in sé stessa.Dannato pazzo pensò rivolto a sé stesso mentre osservava i due scomparire tra gli alberi. Pensare dispingerli ad unʹimprudenza solo per mostrare coraggio o bravura... Maledetta radice! Più ne prendo epiù divento contorto e paranoico quando ne rimango senza per giorni. Ne sono sempre più dipendente.Almeno è anche utile... e non dovrebbe mancare molto ormai.Scacciò i sogni di una vita normale ancora prima che prendessero davvero forma. Sapeva di esserestanco ma non poteva concedersi il lusso di ammetterlo a sé stesso, il passo successivo sarebbestato troppo breve ed era ancora troppo presto per farlo. Almeno non di sua spontanea volontà.Prima di morire doveva almeno provare a raggiungere il Padre, e magari a distruggere i Ribelli.Concentrati dannazione!Osservò Merian senza farsi notare. La ragazza cavalcava distrattamente, ancora indecisa sul comeinterpretare la propria premonizione sulla morte di Jora. La sera prima avevano parlato a lungosui poteri di una Sognatrice. A dire il vero nessuno di loro ne sapeva molto, tuttavia era statodivertente osservare le espressioni di Rohedric mentre parlavano di visioni sul futuro e realtàallʹinterno dei sogni.Anche Tomas indugiò su Merian per alcuni momenti, prima di affiancarsi a lei.«Tutto bene?»Non sta fingendo, è autentica premura! Realizzò Siadon perplesso. Aveva spinto Tomas adavvicinarsi a Merian, lo riteneva un modo come un altro per legare a loro la ragazza. Di certo ilgiovane vedeva molte analogie tra le sue ultime esperienze e quanto stava accadendo a Merian.«Sì» rispose lei perdendosi per alcuni istanti nello sguardo di Tomas «E solo... sono solo moltostanca»«Jora doveva morire» disse Tomas come se non lʹavesse sentita. Non vʹera traccia di vendetta ofervore nella sua voce, era una semplice constatazione della realtà. Almeno per come la vedeva ilragazzo. «Era un peso, scomodo e pericoloso.»Merian lo fissò incredula e Tomas le sorrise, spostando subito il discorso sul fiume e sul tempoprima che lei potesse rispondere.Elsa canticchiò un motivetto infantile che Siadon riconobbe per quel che era: un segnale. LaSorella voleva parlargli in privato. Lasciò passare qualche minuto, assicurandosi che Rohedric e glialtri fossero pù interessati a Tomas e Merian che a lui.Eʹ cresciuto gesticolò Elsa quando finalmente Siadon le si avvicinò, stando ben attenta a fare inmodo che Tomas non potesse vedere i loro segni nemmeno se si fosse voltato.Eʹ pronto? Si riferiva a quanto Tomas fosse in grado di resistere ad un vero interrogatorio. Elsa lostava addestrando da quando avevano deciso di cercare il Padre tra i Ribelli.No rispose lei canticchiando distratta. Era unʹattrice formidabile. Erano seguiti da alcuniIncanalatori e aveva appena condannato un suo Fratello, eppure trasmetteva spensieratezza inogni dettaglio. Lʹimmagine perfetta di una nobile che cavalca al sicuro nella sua tenuta estiva.Tanto spensierata che Siadon si domandò se non si fosse sbagliato ad interpretare il simbolo.Stasera? Chiese Siadon per avere una conferma. Ricevendo uno sguardo incuriosito in risposta.Sì fallo. Non è pronto. Gesticolò Elsa lentamente, assicurandosi di non essere vista da altri.Siadon le sorrise, come se i loro sguardi si fossero incrociati per caso.

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«Credi che ci attaccheranno stasera?» chiese Elsa tranquilla, attirando lʹattenzone di Jon checavalcava poco distante.«Abbiamo disposto gli ultimi due campi in modo molto diverso lʹuno dallʹaltro. Se siamo fortunatiaspetteranno ancora, per studiarci meglio. Vorranno essere sicuri di poter gestire la causa diquanto hanno percepito due giorni fa.» rispose Siadon guardando alle spalle della comitiva. Nonche pensasse davvero di vedere qualcosa, voleva solo essere prudente.Elsa annuì «Stasera starò io con Merian» disse «Tu, Thea e Tomas farete la guardia. Uno riposa,due controllano. Usate il Potere senza timori, ormai sanno che siamo Incanalatori e sarebbedavvero stupido farsi prendere di sorpresa dopo due giorni che ci seguono.»Era il modo più semplice per lasciare Tomas solo con Siadon, lontano dalla vista degli altri e conThea a vegliare su tutti. Se Merian avesse percepito qualcuno incanalare, si sarebbe trattato diqualche Tessitura difensiva per controllare i dintorni del campo.«Molto bene, vado a dirlo a Thea.»

Perché aspettano? Domandò Tomas, gesticolando nella penombra di una notte serena. Siadon lovedeva come se fosse giorno, forse anche meglio, non solo i suoi sensi erano resi più sensibili dalPotere, stava anche mantenendo alcune semplici Tessiture che gli permettevano di percepire imovimenti attorno a lui.Siadon era immobile da quasi tre ore. Per quanto fosse addestrato e conoscesse diversi eserciziutili a mantenere caldi i muscoli, aveva bisogno di muoversi. Rilasciò le Tessiture più sensibili, nongli sarebbero più servite e presto avrebbe avuto bisogno di ogni goccia di Potere. Iniziò con larespirazione, assaporando la sensazione di risveglio che si diffondeva in tutto il suo corpo, mentrelʹaria fresca percorreva le sue vene ad ogni nuova boccata.Dopo alcuni minuti era in piedi al fianco di Tomas Vogliono capire chi siamo rispose. Avevameditato a lungo sulla situazione. Molte speculazioni erano oggettivamente troppo contorte peressere credibili, lʹastinenza dalla radice lo obbligava a prestare più attenzione al senso dei propripensieri. Nessuna setta di Assassini avrebbe aspettato tanto, almeno non quelle conosciute daSiadon. Che cercassero proprio loro o solo la fonte del trambusto di qualche notte prima,chiunque avrebbe provato a catturarli il prima possibile per non allontanarsi troppo dallaConfederazione. Chiunque tranne i Ribelli. Certo, era anche possibile che i loro inseguitori fosseroconvinti di essere sulle tracce di un gruppo di Ribelli, magari li stavano seguendo per scoprire unnascondiglio. Però sapevano di essere stati scoperti, glielo aveva detto Thea il giorno prima, quindinon potevano pensare che un gruppo di Ribelli li avrebbe portati in un luogo importante sapendodi essere seguiti. Anzi sarebbe stato più probabile aspettarsi una trappola, soprattutto lasciandopassare il tempo.Sono Ribelli. segnalò a Tomas.Finalmente. Annuì lui in riposta. Tomas aveva passato praticamente tutta la sua giovane vitacercando di trovarli. Gli piaceva ancora raccontare di come a volte ci fosse andato vicino. Anchese ora vedeva tutto sotto unʹaltra lente, i Ribelli rimanevano suoi nemici. Non poche volte avevaconfidato a Siadon di come gli sarebbero state comode, a quei tempi, le Tessiture che oraconosceva.Strano come bastino pochi mesi per stravolgere una vita. Rifletté Siadon senza condividere i propripensieri. Ma che dico? Tra poco sì che sarà stravolta! Concluse voltandosi per svegliare Thea.Le si avvicinò e incanalò un sottile filamento di Spirito, dirigendolo verso di lei. Era il modo cheusavano per svegliarsi quando si alternavano alla guardia, significava che non cʹera pericolo.Buona parte degli altri modi, come una Tessitura diversa o una mano sulla spalla, l avrebbe messain allerta e probabilmente lui sarebbe morto. Certo avrebbe potuto parlare ma non aveva sensoindicare agli inseguitori dove si trovavano.

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Thea aprì gli occhi senza sbattere le palpebre, come se fosse già sveglia da tempo. Rimaseimmobile qualche istante, fissando le stelle tra le fronde senza respirare. Lo faceva spesso,allʹinizio Siadon pensava che fosse un qualche modo per controllare il proprio corpo prima dialzarsi, con il passare del tempo invece aveva concluso che era più unʹabitudine che una necessità.Si guardarono negli occhi a lungo, senza scambiarsi alcun segnale. Non ne avevano bisogno.Sapevano entrambi cosa stava per succedere, ne avevano parlato nel pomeriggio. Non piaceva anessuno dei due ma non potevano permettersi rischiare oltre, le probabilità di riuscire ad ottenerequalcosa erano già fin troppo scarse. Tomas non era pronto. Se qualcuno l avesse interrogato colPotere, lui avrebbe rivelato troppe informazioni e la gente che li stava seguendo sembrava benaddestrata ad usare quella maledetta cosa. Lʹultima cosa di cui avevano bisogno era qualcuno chedicesse ai Ribelli qualcosa del tipo «Perché siamo qui? Che domande, per uccidervi tutti!»Thea inspirò fino a riempire i polmoni, prima di alzarsi con dei movimenti tanto fluidi da ricordareuna danza.Dormi segnalò a Tomas mentre lo raggingeva sopra un masso ricoperto da muschio.Ricordi il primo giorno al Monastero? Chiese Siadon al ragazzo quando stava per sdraiarsi.Tomas sorrise Sì. Fermò le mani a metà di alcuni segni, indeciso sul come tradurre i propri pensieriLa prima cosa che hai notato? Lo interruppe Siadon ridendo, mentre avvolgeva alcuni filamenti diSpirito in un intricato groviglio.Tomas inclinò il capo pensieroso, il Monastero lo spaventava ancora, Siadon glielo leggeva negliocchi. Eppure meno di quando ci viveva, una parte di lui aveva iniziato a considerarlo casa sua.Il silenzio... Tomas rimase pietrificato, con tre dita piegate verso il palmo dellʹaltra mano, mentreSiadon stringeva la gabbia di Spirito che aveva appena conficcato nella testa del Fratello.

«Credo che abbia sognato qualcosa» sussurrò Elsa mentre cavalcava lentamente al fianco diSiadon. Precedevano il gruppo con una certa distanza, quanto bastava per evitare di cadere tuttiin unʹimboscata ma non tanto da perdere di vista gli altri. La notte prima, mentre Siadon e Thea sioccupavano di Tomas, Elsa aveva tenuto dʹocchio il campo, soprattutto Merian.«Mi sommergerà di domande su Tomas. Cercherò di scoprire qualcosa il prima possibile.» Siadonparlò talmente a bassa voce che Elsa lʹavrebbe potuto sentire solo Incanalando. Ovviamente eraproprio quello che stava facendo, erano lì per scoprire eventuali trappole prima di finirci dentro,lʹassassina doveva essere circondata da Tessiture di allarme tanto quanto lui.Suoni o meno, potrebbero sempre leggerci le labbra. Pensò Siadon mentre scrutava con attenzione ilsottobosco. Meglio recitare, il linguaggio dei segni è più utile se rimane segreto.«Tutto sommato poteva andare peggio, poteva morire»Elsa gli lanciò una rapida occhiata perplessa. Uccidere Tomas era proprio quello che avrebberofatto normalmente.Lʹassassina sospirò, fissando per alcuni istanti un tronco ricoperto di muschio poco più avanti«Spero che Merian e Thea riescano a calmarlo. Ridotto comʹè potrebbe fare qulcosa di davverostupido. Dubito che Rohedric e gli altri lo perdonerebbero. E non perdonerebbero neppure noi.»Siadon annuì lentamente. Quella pietra... concentrò lʹattenzione su un blocco di granito stritolatoda grosse radici. Eʹ solo una pietra concluse poco dopo, tornando a pensare alle parole dellaSorella.Continua a riterenere un errore lʹaverlo lasciato in vita. Forse ha ragione. Però anche lei ha concluso chese lʹavessimo ucciso, Rohedric avrebbe incolpato noi. Eʹ già morta un sacco di gente da quando siamoassieme, dal loro punto di vista di certo troppa. Pensano davvero che potremmo uccidere Tomas? Perloro dovrebbe essere inconcepibile... Avrebbero davvero sospettato di noi, senza nemmeno un motivoapparente? Certo la storia della trappola mentale regge ben poco ma perché non dovrebbero crederci?Tomas è uno di noi, per loro sarebbe come se Rohedric uccidesse Kain... Dannata radice! Sono un

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dannato paranoico! E non posso nemmeno prenderne senza svelarlo agli altri e a chi ci segue. Potreiprepararne una tazza con la scusa di spiegare a Merian come riconoscere il pericolo... berla di nascostonon dovrebbe essere un grosso problema. Chi ci segue però troverebbe qualche traccia. Ne rimarrebberostupiti. Un gruppo di Incanalatori in grado di maneggiare tanto Potere che utilizza quella radice... nonavrebbe senso, se non per impedire a qualcuno di Incanalare. Potrebbero pensare che quella notte siastato un incidente, che qualcuno di noi non riesce a controllare la propria capacità...«Concentrati» era la voce di Elsa, forte e chiara. Non stava più sussurrando «Che ti prende?»continuò studiando il sottobosco con aria preoccupata.Dannatissima radice! «Pensavo a Tomas» mentì Siadon. In quel momento non poteva parlare dellasua dipendenza ad Elsa «Non ricorda più nulla degli ultimi mesi, è come se ieri sera avessevarcato la soglia del Monastero e stamane si fosse risvegliato qui.»«Almeno sa di essere un Incanalatore» rispose lei, tornando ad usare solo un filo di voce «se nonricordo male suo padre lʹha ripudiato pochi giorni prima che venisse preso. Dovrebbe essereentusiasta dei Ribelli.»«Anche troppo... è lʹimmagine perfetta dellʹIncanalatore in fuga dalla Confederazione. Non saràsospetto?»Elsa lo guardò incuriosita per alcuni momenti, aprì la bocca ma prima di dire qualcosa si girò discatto, fermando il cavallo.«Gran bel momento per le paranoie» rispose, studiando incuriosita la donna che li fissava propriodavanti a loro, non molto distante.Non appena la vide Siadon catalogò meccanicamente ogni dettaglio. Era una donna alta, piuttostomuscolosa. Dagli abiti sembrava unʹallevatrice di bestiame, o qualcosa del genere. I lunghi capellicastani erano pettinati senza molte cerimonie, come se non vedessero uno specchio da giorni.Siadon era sicuro che anche il suo odore avrebbe ricordato del bestiame, probabilmente pecore.Ma per quanto ben fatto, era un travestimento. Non cʹerano bestie lì attorno e indossava queglistracci in modo tale da non impedirle di usare unʹarma corta senza alcun impedimento. Eranoanche abbastanza lunghi da nascondere un paio di lame. Se non avesse assunto quel portamentofiero e deciso però, sarebbe stato molto più difficile intuire la realtà. Era in piedi a gambedivaricate, mento alto e mani giunte in vita, lo sguardo poi non lasciava dubbi. Da solo, bastavaper capire che era unʹaquila e non una pecora.Tutti questi dettagli composero un mosaico nella mente di Siadon nellʹattimo stesso in cui vide ladonna. Lʹistante successivo diversi Incanalatori entrarono in azione, le tessiture di allarmeesplosero nei pensieri dellʹassassino tutte assieme. Si tuffò dalla sella, sperando di evitare qualsiasicosa gli avessero scagliato contro. Rotolò su un letto di sassi ed un attimo dopo era accucciato alfianco del proprio cavallo, armato di due lunghi coltelli. Tre guerrieri erano comparsi sulla sinistraa pochi metri da loro, indossavano stracci e pelli ma non si muovevano certo come pastori. Siadonrilasciò alcune Tessiture, mantenendo solo quelle protettive mentre si scagliava sullʹuomo piùvicino, sperando che Elsa si stesse occupando dellʹaltro lato e non fosse già morta. Non avevatempo per studiare gli avversari, erano troppi, doveva abbatterli il prima possibile. Schivò la grossaspada del primo, rimanendo stupito quando lo vide parare il suo primo attacco con la stessa lama.Non poteva averla spostata tanto velocemente se non utilizzando il Potere. Qualsiasi emozione,dubbio o paranoia avesse provato fino ad un attimo prima si dissolse. Quelle persone eranotroppo pericolose, non cʹera più spazio per i pensieri. Il mondo di Siadon divenne una sequenza difinte, attacchi, parate e movimenti sempre più rapidi. Prima che i nemici a portata diventasserodue, il pugnale destro era viscido e caldo in modo familiare. Ma per Siadon era solo un dettaglioregistrato meccanicamente, come lʹimprovvisa debolezza sul fianco sinistro del primo avversario ola distanza del terzo che si stava rapidamente riducendo. Cʹerano anche delle voci maattraversavano la sua mente senza venir prese in considerazione. Lʹuomo al centro scattò in avanti

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con un fendente. Al posto di parare con le lame, Siadon concentrò alcune Tessiture creando unasorta di scudo e colpì lʹinterno coscia e il braccio destro dellʹuomo quasi contemporaneamente.Unʹattimo dopo lo spadone si abbattè sulla barriera con molta più forza di quanto Siadon si fosseaspettato. Arretrò con un balzo, era ferito ad un braccio ma poteva ancora muoverlo e la presasullʹelsa era salda. Studiò alcuni istanti i tre uomini, limitandosi a parare o schivare colpiinnaturalmente rapidi e potenti. Lʹultimo arrivato era la minaccia più reale. Incalzava Siadon comeuna furia, cercando di allontanarlo dal compagno appena colpito che barcollava incerto. Schivò unaltro attacco, sfruttando lo slancio per assestare un calcio nel fianco ferito del primo nemico. Stavacalando una lama sulla nuca dellʹuomo quando il mondo divenne nero. Percepì qualcosa di durosbattergli in faccia e un forte odore di terra gli riempì le narici. Poi il nulla.

Un altro passo nellʹoscurità più completa. Lʹennesimo di una serie che, per quanto Siadon nesapesse, durava dallʹeternità. Era stanco, non fisicamente ma il peso che sentiva gravare dentro disé lo opprimeva sempre di più, togliendogli il respiro ad ogni movimento.Portò nuovamente un piede in avanti, barcollando in cerca di un sostegno inesistente. Stava percadere quando una forza invisibile lo sorresse, trascinandolo nel buio di quel luogo privo diriferimenti. Di nuovo il nulla, per un tempo indefinibile, poi un rumore. Lo conosceva, eraqualcosa che temeva e desiderava allo stesso tempo, una bassa cacofonia di uomini, donne ebestie nella confusione di un mercato. Era impossibile separare il significato delle singole parti malʹinsieme era inconfondibile, stampato per sempre nella mente di Siadon. Ora poteva riconoscereanche lʹodore pungente, vecchio e malsano dei bassifondi di Samrie.«Mi hai abbandonato» una condanna. Dallʹunica voce in grado di superare qualsiasi sua difesa einfrangere ogni menzogna.«Ti ho anche ucciso» rispose rassegnato Siadon, distinguendo finalmente il vecchio amico. Questavolta non si sforzò di trovare una logica in quel luogo, era troppo stanco per provarci. Mentre isuoi sensi, o qualsiasi cosa li sostituisse, tornavano a funzionare, si accorse di essere appoggiatoad unʹantica colonna in marmo. Anche il pavimento era sfarzoso, decorato da un mosaico di vetrodal quale filtrava una luce soffusa, o forse era una finestra? Poco oltre, Foy era seduto su di unasemplice sedia impagliata, concentrato sulle pedine schierate nella metà visibile della scacchierache aveva di fronte. Tutto il resto non esisteva, quello spazio era riempito dal rumore della folla edal suo fetore ma quelle persone non erano lì, il buio non era semplice mancanza di luce, eraassenza di qualsiasi cosa.Foy si girò a osservarlo, era esattamente come lʹultima volta che Siadon lʹaveva visto. I capellilunghi, corvini, gli ricoprivano le spalle senza riuscire a nascondere due orecchie enormi.Indossava gli stessi stracci di un tempo e portava ancora quello stupido astuccio bucato a tracolla.Siadon si sentì trapassare dagli occhi spenti, opachi, morti dell amico.«E passato tanto tempo dallʹultima volta che sei venuto a trovarmi» disse Foy tornando a studiare

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le pedine. Siadon non potè evitare di osservare con orrore il profondo taglio che squarciava il collodel giovane. In realtà erano una serie di orribili tagli, inferti con rabbia da una mano inesperta. Lasua, molti anni prima.«Sono morto?» chiese Siadon avvicinandosi al mosaico luminoso. Una serie di ombre indistinte simuovevano dallʹaltra parte dei verti colorati, sotto di lui.Foy non distolse lʹattenzione dalla partita «Chi può dirlo?» spostò una pedina cilindrica,sorridendo soddisfatto allʹoscurità di fronte a lui. «Ti piacerebbe, vero? Così, senza nemmenoaccorgertene. Per svegliarti moccioso e felice, senza ricordare nulla di questa vita. Pronto percrescere e incontrare di nuovo la tua amata.»Dal nulla, sopra la scacchiera, emerse una mano pallida e sottile. Indugiò alcuni istanti sopra ilcilindro che Foy aveva appena spostato e lo sostituì con un piccolo cubo nero.Siadon si irrigidì, col tempo aveva imparato a conoscere quel luogo come una sorta di suopersonale limbo interiore, o per lo meno gli sembrava la spiegazione più probabile. A volte glicapitava di ritrovarcisi in sogno o quando stava davvero male, riusciva anche a raggiungerlo di suaspontanea volontà, con la giusta concentrazione. Ogni volta la stanza era diversa, le unichecostanti erano i rumori, gli odori e Foy, una sorta di fantasma. Siadon immaginava fosse unarappresentazione delle sue colpe o magari la sua stessa coscienza. Tutto il resto cambiava, lepareti e gli ornamenti variavano sempre in modo imprevedibile ma questa era la prima volta checʹera anche qualcun altro.«Con chi stai giocando?» le poche certezze che Siadon aveva su quel luogo stavano vacillando,pensava che lì esistessero solo le cose che poteva vedere, aveva fatto degli esperimenti su questo.Ora invece cʹera qualcuno che riusciva ad interagire dal nulla, ne era spaventato. Quello era il suorifugio più intimo, solo lui e i fantasmi del suo passato potevano accedervi. Si concentrò su questaidea, aggrappandosi ad essa come se fosse lʹunica verità dellʹuniverso. La colonna alle sue spalleesplose in mille pezzi che, subito dopo, si immobilizzarono in volo attorno ad una nube di polvere.«E unʹamica!» Foy sembrava terrorizzato, frugava nellʹastuccio in cerca di qualcosa che lo potesseaiutare, come sua abitudine quando gli capitava di trovarsi in brutte situazioni.Siadon non sapeva se lʹesplosione fosse opera sua, non aveva idea di come controllare quel luogo.Il peggio era che non poteva nemmeno andarsene, non percepiva sé stesso in meditazione,doveva essere lì in sogno o per una ferita grave.«Chi sei?» chiese allʹoscurità cercando di allontanare il senso di insicurezza che lo pervadeva.«Unʹamica, fammi entrare» era una voce buona, sincera, Siadon si sentì subito più tranquillo. Gliricordava qualcuno, una ragazza con cui aveva passato molto tempo di recente.«Merian?» Chiamò incredulo. Immaginò istintivamente di vedere il resto della scacchiera, i bordiopposti del tavolo, la sedia che doveva essere lì da qualche parte e la ragazza che vi era seduta.Lʹistante successivo si trovò a fissare i gelidi occhi di una donna bassa, magrissima, con i capelliraccolti in una lunga treccia grigia, seduta a gambe incrociate di fronte a Foy.«Tamara!» gridò Siadon, cercando di raggiungere la Fonte per incenerirla il prima possibile, pursapendo di non aver alcuna speranza di sconfiggere in quel luogo la Sognatrice più potente delMonastero. Lʹistante successivo era avvolto da spesse catene, incapace persino di ricordare comeusare il Potere.«Calmati, non sono qui per farti del male.» erano parole stridule, graffianti ma contenevano unordine e Siadon non potè evitare di sentirsi più tranquillo.«Amica?! Ci hai venduti!»«Tu hai ucciso Foy, eppure ti reputi ancora suo amico.» rispose lei indicando il ragazzo con un ditoscheletrico «Comunque non vi ho venduti, ho fatto in modo che vi poteste liberare. Era lʹunicapossibilità che avevamo per salvare la ragazza. Senza il rapimento non sareste mai arrivati intempo, avreste preso strade diverse e credimi, le cose sarebbero andate molto peggio di come

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sono ora.» Tamara si guardò attorno incuriosita alcuni istanti «Interessante come tu sia riuscito aproteggerti, questo posto è... notevole, almeno per uno che non conosce questo mondo. Oracapisco perché non sono riuscita a trovarti prima, i Sogni suggerivano il contrario ma iniziavo atemere che tu fossi morto. Ad ogni modo, trova il Padre e proteggilo. LʹOmbra è già molto vicina aLui. Tra tutte le strade che ha davanti, sono sempre meno quelle che lo porteranno a sconfiggerele tenebre. Ho visto alcuni vostri possibili incontri... ricordati che è anche un ragazzino...» Tamaracorrugò la fronte fissandolo, poi sbuffò contrariata «Non cʹè più tempo. Sappi che non siete gliunici fuggiti dal Monastero. Sopravvivi, trova il Padre, proteggilo e poi cerca gli altri. Se tutto vabene, ne avrai bisogno per ucciderlo, quando e perché sarà piuttosto ovvio... a suo tempo. Trova iTiranni che...»

Siadon sbattè le palpebre, sforzandosi di inspirare lentamente. Davanti ai suoi occhi scorrevanodei lastroni di pietra, illuminati da alcune torce appese chissà dove. Continuava a muoversi manon sulle sue gambe, lo stavano trascinando. Era rimasto incoscente fino a poco prima e se neguardò bene dal far sospettare il contrario. Sfruttò quel piccolo vantaggio per raccogliere le idee.Lʹavevano colpito duramente, le tempie sembravano volergli esplodere ma non sentiva nulla dirotto. Non seriamente almeno. Dopo alcuni momenti decise di non essere nemmeno avvelenatoma soltanto gonfio di botte. Rallegrato dalla consapevolezza che il dolore se ne sarebbe andatopresto, cercò di capire quanto brutta fosse la situazione. I pantaloni dei due uomini che loreggevano facevano parte di una divisa. Non la riconosceva ma il solo fatto che quella gente nefacesse uso lo preoccupava, si aspettava alcuni gruppi di fuggiaschi poco organizzati, semprepronti a scappare da un posto allʹaltro, non un esercito regolare con tanto di carceri zeppe diprigionieri. Inoltre la Fonte era irraggiungibile, come se si trovasse in una Città della Luce. Ripensòunʹaltra volta a quanto era riuscito a vedere poco prima, accentuando un movimento della testache ciondolava libera. Le pareti di quel lungo corridoio erano antiche, altro che nomadi, i Ribelliavevano una vera e propria città! Sembravano esserci parecchie celle ma i prigionieri erano solouomini, quella doveva essere solo la metà maschile del carcere.«Fermi, dovrebbe essere sveglio ora» lʹordine proveniva da un uomo alle sue spalle. I carcerieri sifermarono e gli sollevarono la testa senza tante cerimonie. Siadon smise di fingere e iniziò arespirare normalmente, trattenendo a fatica dei conati di vomito che lʹavrebbero fatto stare ancorapiù male. Lʹaria era fredda e molto più pulita di quanto si sarebbe aspettato. Quando lʹuomo cheaveva parlato gli comparve davanti, Siadon lo studiò con attenzione, senza fingere di essereimpaurito o di provare chissà cosa. Secondo il piano si sarebbero dichiarati assassini, così nonmostrò alcuna emozione.«Siadon» disse lʹuomo a voce alta, guardandolo negli occhi «Sei in nostra custodia fino a quando iGiudici non esprimeranno la loro sentenza.»Siadon continuò a fissarlo, gelido, mentre preparava la sua mente ad ignorare il pestaggio cheimmaginava stesse per ricevere. Perché dire quelle fesserie davanti ad altri prigionieri se non perrimarcare il potere che le guardie avevano sulle loro vite?Per un attimo il volto dellʹuomo assunse unʹaria perplessa. Fece un cenno agli altri due e questisollevarono Siadon in modo che potesse stare in piedi sulle proprie gambe. Registrò delle fitte didolore provenire dalla gamba destra ma le ignorò, riuscendo a reggersi in equilibrio. Lʹuomo alcomando annuì soddisfatto e indietreggiò di alcuni passi. Uno degli altri carcerieri si avvicinò allacella più vicina, lanciò un solo sguardo ai prigionieri che la occupavano e lʹaprì, invitando Siadonad entrare.Niente botte? Si domandò lʹassassino Niente minacce a me o agli altri prigionieri?Le sbarre metalliche si richiusero alle sue spalle, mentre squadrava i suoi tre compagni di cella.Era un assortimento piuttosto vario, sia per età che per corporatura. Li studiò apertamente uno

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dopo lʹaltro, convinto di essere stato rinchiuso con i peggiori criminali. Era certo di aver uccisoalmeno un Ribelle nello scontro, forse due, se le guardie non l avevano pestato poteva solosignificare che gli altri prigionieri lʹavrebbero fatto al posto loro.Un uomo enorme, biondo dalla carnagione pallida, sputò per terra senza distogliere lo sguardo. Agiudicare dalle cicatrici che gli solcavano il volto, doveva avere una certa esperienza nelcombattimento con armi improvvisate. Siadon valutò meccanicamente le possibilità che aveva disconfiggerlo, avrebbe potuto attaccarlo subito, sperando di abbatterlo prima che gli altri due glifossero addosso.«Fantastico, in tre stavamo troppo comodi!» si lamentò lʹenergumeno guardandolo con disprezzo«Ragazzo» ringhiò, assestando un calcio al prigioniero più giovane «Da stanotte dividerai il lettocol nuovo. Non vorrai lasciarlo per terra, vero? E vedi di trattarlo meglio di quella sgualdrina che tisei lavorato, non voglio sangue nella mia cella.»Il giovane lo fissò con odio, massaggiandosi un polpaccio. «E stato un incidente» mugugnò pococonvinto, distogliendo subito lo sguardo.«Un incidente?» tuonò il primo sferrandogli un altro calcio, questa volta ben assestato.«Raccoltalo a loro, non a me! Te lho già detto troppe volte.»Siadon osservò la scena con distacco, lieto di non essere il bersaglio della frustrazione dellʹuomo.Con la coda dellʹocchio stava studiando il terzo prigioniero, una figura magra e pallida che se nestava in disparte, raccolta sul proprio pagliericcio.«Fossi in te imparerei a dormire con un occhio aperto, questo piccolo bastardo potrebbescambiarti per una ragazza... non sei uno di quelli a cui piace... vero?»Siadon si voltò verso il gigante senza voler trasmettere una particolare emozione. Se appaio offesosarò il suo prossimo bersaglio, se ci scherzo sopra penserà che voglio solo assecondarlo.«No» rispose tranquillo, avvicinandosi al mucchio di paglia libero sul fondo della cella. Con gliocchi dellʹuomo che ancora lo studiavano, appoggiò la schiena al muro e si lasciò scivolare a terra,senza trattenere una smorfia di dolore quando finalmente riuscì a distendere le gambe.«Ti hanno pestato proprio per bene» lo incalzò lʹuomo incuriosito.Siadon si limitò ad annuire tenendo gli occhi chiusi, mentre cercava di capire quali muscolisarebbe stato in grado di usare per difendersi. Contro quella montagna? Nessuno. Per alcunimomenti non successe nulla, poi ci fù un tonfo sordo.«Mbhe?! Che guardi? Stai decidendo se è il tuo tipo?» altro tonfo seguito da alcuni lamenti.Siadon continuò a tenere gli occhi chiusi, tutto sommato la situazione non era pessima.Lʹammasso di muscoli sembrava divertirsi a tormentare il giovane, mentre il terzo prigioniero se nestava per i fatti suoi in modo ammirevole. Certo, magari sarebbe stato il primo ad aggredirlo nonappena si fosse addormentato, Siadon dava per scontato che prima o poi avrebbe ricevuto la suadose di percosse, sperava nel ʺpoiʺ. Si rilassò, isolando la mente da quanto percepivano i sensi, latesta continuava a pulsargli dolorosamente ed anche la gamba pretendeva la sua parte diattenzione.«Anche lei piangeva, vero?» la voce dellʹuomo si stava facendo sempre più indistinta, man manoche Siadon sprofondava in sé stesso.«BastAARGH» qualcuno gridò in lontananza«Basta!? Non ho ancora...»

«Non ti aspettavo tanto presto» La stanza di Foy era luminosa, piccola ma priva degli angoli buiche solitamente circondavano quel luogo. Questa volta le pareti erano in paglia cosparsa di fango,lʹodore di terra riempiva lʹaria in modo tanto pungente da coprire quello della città, quasi. La lucedel sole entrava da unʹinfinità di fessure, interrotta soltanto dalla moltitudine di ombre che simuovevano allʹesterno.

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«Ciao Foy» Siadon si soffermò un istante, come sempre, sulla ferita al collo del fantasma. «Siamosoli?»Lʹamico gli lanciò unʹocchiata perplessa, fissandolo a lungo dalla profondità dei suoi occhi spenti.«Tamara non cʹè» rispose infine. Si guardò attorno, soffermandosi sulla roccia nuda e cristallinache ricopriva il soffitto. «Ora le sarà molto difficile raggiungerci. Peccato, mi piace.»Siadon era tentato di chiedere allʹamico se ci fosse qualcun altro, ma non era sicuro di volerconoscere la risposta. Inoltre non capiva il senso delle perole di Foy. Pensava che quel luogo fosseuna sorta di proiezione della sua mente, il suo amico doveva essere una parte di sé stesso.Qualcosa però non tornava, a lui Tamara non piaceva affatto.«Voleva venderci come schiavi alla Luce sa chi!»Foy tornò a guardarlo, lentamente «Lei dice che vi ha solo spinti verso Merian.»«E tu le credi?!» fece per protestare Siadon Luce, io le credo!Lʹamico annuì stancamente, sedendosi su di una semplice panca apparsa dal nulla.Potrebbe aver lasciato qualche Tessitura nella mia mente lʹaltra volta. Non ne trovo traccia ma quelleche conosco non funzionano... così! Non so nemmeno come abbia fatto a raggiungermi... magari me lasono solo sognata ed ho sempre dubitato che ci avesse traditi. O magari la Tessitura è nella mia testa giàda prima di lasciare il Monastero... quella strega vede nel futuro! Potrebbe fregarmi in mille modi,magari ha solo fatto in modo che la sognassi per indurmi a crederle di nuovo. Devo fissare dei paletti,altrimenti non ne esco più... sono pure in astinenza da radice, come se non fosse già abbastanzacomplicato!«A presto» lo congedò Foy.

«Siadon» era una voce ferma, autoritaria, non apparteneva né allʹuomo muscoloso né al ragazzo.Stava meglio, la testa gli ronzava appena e il resto del corpo non gli dava troppe noie. Doveva averdormito per almeno un giorno intero. Aprì gli occhi.Il giovane prigioniero era raggomitolato in un angolo della cella, mentre il suo aguzzino erasdraiato tranquillo al suo posto. Il terzo, ora che cʹerano delle guardie appena fuori dalla cella,sembrava ancora meno incline ad attirare lʹattenzione.«Siadon» ripeté la voce «avvicinati allʹentrata»Lʹassassino girò la testa. Gli bastò unʹocchiata per capire che erano tre guardie che sapevano fareil loro lavoro, ferme e pazienti, non si sarebbero lasciate cogliere di sorpresa facilmente. Si alzòlentamente, facendo attenzione a come rispondeva il suo corpo. Non stava ancora bene maalmeno le fitte di dolore erano scomparse.Lo scortarono per una serie infinita di corridoi. Siadon era certo di aver girato in tondo numerosevolte, si era rassegnato ad avere solo una vaga idea della direzione in cui lo stavano portando.Giunti ad una scala gli legarono i polsi con uno strano bracciale e si rituffarono in un altro livellodel labirinto, fino a raggiungere una piccola sala spoglia, ben illuminata, con al centro una sedia.Durante tutto il percorso Siadon aveva ripetuto una serie di esercizi mentali per prepararsi ad uninterrogatorio. Ne aveva subiti e condotti centinaia ed ora viveva lʹesperienza con un distaccatointeresse, era curioso di sperimentare i metodi dei Ribelli. La sedia al centro era ovviamentedestinata allʹinterrogato, mentre le panche attorno a chi avrebbe fatto le domande. Non vedevastrumenti di tortura, e come posto non sarebbe stato facile da pulire. Certo potevano farlo soffrirein molti altri modi ma era comunuque un sollievo non trovarsi di fronte ad un bracere zeppo dicarboni ardenti.Come previsto lo fecero sedere sulla sedia al centro, legando il bracciale ad un grosso anello dimetallo fissato nel pavimento. Subito dopo entrarono diverse persone, il tutto con unʹaria dinormale prassi che quasi lo infastidì. Considerava uno spreco il non sfruttare quel momento perincutere un poco di soggezione nel prigioniero.

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Cʹerano tre uomini e due donne, una delle quali impegnata a disporre delle carte su di unsemplice scrittoio. Era sicuro che alle sue spalle ci fossero almeno altre due persone.«I tuoi amici hanno già dato parecchie risposte, vediamo di fare alla svelta»Siadon guardò la donna che aveva parlato, era bassa e piuttosto in carne. Portava i capelli legatidietro la nuca e non lʹaveva quasi degnato di uno sguardo, si era limitata a leggere qualcosa dauna pergamena.«Il tuo nome è Siadon?» chiese un uomo alle sue spalleSiadon è uno dei tanti me «S컫Mettiamo subito in chiaro la tua situazione. Hai ucciso due soldati e sei coinvolto nella morte dialmeno altre due persone.» ci fu una lunga pausa, volevano spaventarlo «Ci sono prigionieri chevengono giustiziati o che passano la vita tra queste mura per molto meno di un omicidio.»Prima la minaccia, poi una via dʹuscita«Se rispondi senza mentire» continuò un uomo anziano dopo alcuni momenti. Aveva i capelliormai completamente bianchi e una barba lunga dello stesso colore «e se ci aiuti a scoprirequalcosa sugli altri prigionieri, qualsiasi altro prigioniero, se anche venissi ritenuto colpevole igiudici potrebbero mostrarsi più clementi»Siadon fissò i presenti uno dopo lʹaltro, aspettando che finalmente si decidessero a fare sul serio.Nel frattempo catalogò ogni espressione ed ogni parola che avesse visto o sentito. Se non glistavano mentendo, cosa che dubitava, entrambi gli uomini che aveva ferito erano morti. Il chésignificava che nel gruppo dellʹimboscata non cʹera un medico o un esperto di veleni. Era un buonsegno, avevano delle debolezze. Ingnorò lʹallusione al tradimento dei suoi amici, se ancheavessero detto qualcosa, sapeva bene di cosa si sarebbe trattato. Più interessante era il discorsodelle altre due morti in cui lo ritenevano coinvolto. Di certo si trattava di Arlene e Jora, per Siadonera curioso come considerassero la morte di un Manto Bianco come un crimine, di certo dovevanoaver riconosciuto la divisa addosso al cadavere.«Iniziamo dalla fine» era ancora la donna a parlare «dove hai imparato a combattere tanto beneda sconfiggere due combattenti esperti?»Finalmente «Al monastero di DeʹDomorashi» rispose osservandola con attenzione.Lei guardò per un istante qualcosa alle spalle di Siadon, probabilmente senza ricevere la rispostache cercava, visto che si lasciò sfuggire unʹespressione stupita. Il tutto durò un solo istante, subitodopo riprese il controllo della situazione «Quindi sei un Figlio della Luce.»Siadon non lo è «No»Chi cʹè alle mie spalle di tanto importante? Pensò notanto unʹaltra fugace occhiata della donna.«Sii più chiaro. Lʹaccusa di essere un Figlio della Luce non è cosa su cui scherzare, ragazzo»Era stato il vecchio a parlare, ora lo stava scrutando da sotto le folte sopracciglia con due occhiche sembravano dei pozzi senza fondo, aperti su un passato che doveva durare parecchi secoli.Siadon annuì «DeʹDomorashi non è un luogo di preghiera. Alcuni pellegrini lo raggiungono perpregare e trovano quello che cercano: dei sacerdoti in ritiro spirituale. Dei finti sacerdoti.Conoscono la Religione della Luce, recitano le preghiere giuste e tutto il resto ma è una copertura.Solo pochi tra i Manti Bianchi conoscono la verità, non è una cosa che ammettono volentieri. Cene sono diversi di questi posti, ne conosco almeno tre ma sicuramente non sono gli unici. Servonoper addestrare gruppi di combattenti in grado di Incanalare. Quindi, ho imparato a combattere inun monastero in mano ai Figli della Luce ma non ho prestato alcun giuramento verso laConfederazione.»Beh, di certo non se lʹaspettavano. Chiunque ci sia dietro di me, non se la passerà molto bene. Agiudicare dalle loro facce lo reputano un incapace, quindi devʹessere qualcuno che controlla se dico laverità, una donna, così che io non ne percepisca le Tessiture? Quindi qui è possibile incanalare e questobracciale serve a schermarmi. Questo posto è diverso dalle Città della Luce.

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Un uomo sulla destra mosse velocemente le mani, manovrando diversi flussi di Potere. Poco dopoSiadon non era più in grado né di vedere né di sentire.Quantomeno ora sanno delle Sette. Pensò calmo. Si aspettava qualcosa del genere, avevano appenaappreso una notizia che non si aspettavano, dovevano decidere come approfondirla.Speriamo basti per smuoverli, sembrano abbastanza organizzati da riuscire a distruggerle. Peccato per ilMonastero, era un gran bel posto ma ormai è votato allʹOmbra. Questo dettaglio è meglio sfruttarlodopo, quando riusciranno ad incastrarmi in un angolo. Il vecchio deve conoscere parecchi trucchi delmestiere... Ci sarà da divertirsi! Ora mi chiederanno cosa ci faccio qui, se sono ancora legato a quelluogo o meno. Sempre ammesso che non cambino discorso per tornare sullʹargomento in futuro, pervedere se mi contraddico. La morte di Jora dovrebbe aiutarmi a sostenere di non essere un MantoBianco, spero non tornino su questo punto... alcuni me non sono Manti Bianchi, altri non credononemmeno che il Potere sia legato allʹOmbra, sono tutte maschere che ho indossato per infiltrarmi ma semi domandassero cosa ne pensa Siadon sarei fregato. Se gli dicessi cosa ne penso del Potere migiustizierebbero seduta stante... il ché sarebbe solo un bene, sono davvero stanco di tutta questa storia.Voglio solo morire e vivermi una vita normale, un lavoro onesto, incontrare di nuovo Thea... e tutto ilresto. Anche questo però devo tenerlo per mé, meglio se continuano a credere che io voglia sopravvivere.Lʹhanno già dimostrato due volte, prima con la possibilità di uno sconto di pena, e poi con la minacciadel vecchio sullʹaccusa di essere un Figlio della Luce... Certo che se conoscono un modo per leggermi neipensieri mi sto fregando da solo... No, non avrebbe senso lʹinterrogatorio se potessero farlo... o magari lofanno di proposito, così poi uno pensa senza farsi problemi? Magari ora sono lì ad ascoltarmi... beh,poco male, almeno sapete che è la verità, vedete di distruggere quelle dannate sette e già che ci sietevedete anche di uccidervi a vicenda, quando rinasco non ne voglio più sapere di Potere e Incanalatori.Basta con persone che vivono per secoli e possono incenerire interi paesi mentre altre devono spaccarsi laschiena per coltivare quattro patate. Mi sentite?! Dovete morire! Tutti quanti!!... ... ... dannata radice ... che razza di idea pensare che possano leggermi la mente ...«Siadon» era la donna grassa, la barriera contro i suoni non cʹera più ma non poteva ancoravedere. Volevano studiare le sue espressioni. Freddo ma non troppo. Voglio sopravvivere e ho pauradi loro, anche se da bravo assassino riesco a nasconderlo. «Questi combattenti in grado di Incanalare,i Figli della Luce come intendono usarli?»Siadon aspettò un istante prima di rispondere, per un attimo serrò la mascella, simulandoindecisione «Solitamente, per omicidi mirati o per dare la caccia a gruppi di Incanalatori»Ci fù un lungo silenzio, unʹassenza di rumori troppo marcata per poter essere naturale, avevanoripristinato la barriera per i suoni.Sarebbe divertente ascoltarli. Dunque, non hanno ancora interrogato gli altri... oppure... NO! Dannatoparanoico, fissa qualche paletto. Non sapevano delle sette, quindi non hanno ancora ascoltato Thea oElsa. Tomas non può ricordare ma la sua strana amnesia è eviente, se lʹhanno incontrato mi farannoqualche domanda che lo coinvolge. Chissà se siamo sopravvissuti tutti... Thea sì... so che è ancora viva...da qualche parte. Sicuramente non siamo gli unici.«Come hai incontrato Merian? Anche lei è unʹassassina?»Era sempre la voce della donna, non doveva starle molto simpatico, sembrava desiderosa dicondannarlo. Questa volta rimase inespressivo, non voleva che capissero il suo gioco.«Era prigioniera dei Manti Bianchi, pensavo fosse una Ribelle e stavo cercando un modo perraggiungervi, così lʹho liberata. No, Merian non ha nemmeno idea che queste sette esistano.»«Però tu lo sei, un assassino.»«Sì» rispose Siadon con calma. Così come voi siete RibelliLa pausa che ne seguì fu più lunga delle precedenti.«Non prendiamoci in giro, ragazzo.» questa volta fu il vecchio a parlare «Sai mentire molto bene.Più tardi mi racconterai di DeʹDomorashi. Ora però spiegaci perché, pur avendo qualche

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possibilità di dimostrarti innocente, hai confessato colpe ben più gravi delle accuse che ti eranostate imputate.»Siadon annuì, ripassando mentalmente lo schema che aveva studiato per questa domanda.«Quando abbiamo trovato le prove dellʹesistenza di mostri leggendari dellʹOmbra, la setta si èspaccata. Una parte voleva ignorare la cosa e continuare come sempre, mentre unʹaltra avrebbepreferito ribellarsi ai Manti Bianchi. Io e pochi altri eravamo convinti di dover mollare tutti i nostrilegami per combattere lʹOmbra. Purtroppo ha prevalso un altro gruppo. In meno di un mese, nelmonastero cʹerano persone che non avevo mai visto prima, persone che adorano le Tenebre. Lodico perché ho visto con i miei occhi uno dei loro riti, hanno sgozzato una donna mentrepregavano. Ho provato a distruggerli, ne ho uccisi alcuni ma la setta ormai era nelle loro mani, cosìsono scappato. I Manti Bianchi non possono fermarli. Se lʹOmbra è riuscita a corrompereDeʹDomorashi, significa che altre sette sono nelle sue mani da molto tempo, se qualche ufficialeprovasse a distruggerle verrebbe ucciso e fatto sparire. Non ho alcun contatto, nellʹEsercito dellaLuce, abbastanza in alto da essere intoccabile. Quindi rimanete voi. Se fossi rimasto nellaConfederazione non avrei potuto fare molto e prima o poi mi avrebbero trovato. Vi storaccontando tutto perché è proprio questo il motivo per cui vi ho cercato.»Bene, ora vediamo se adorano lʹOmbra di loro iniziativa o se sono solo corrotti dalla sua maledizione.«E una storia molto interessante, la approfondiremo con metodi più efficaci.» la voce del vecchionon dava modo di intuire qualcosa dei suoi pensieri. «Però avevamo detto niente inganni.»Dannato bastardo! Pensò Siadon soddisfatto, divertito e contrariato allo stesso tempo. Rimaseinespressivo a lungo, aspettando che fossero loro a muoversi.«Perché parli al singolare? Non cʹerano forse anche altri con te? Non siete scappati assieme dalmonastero? Niente trucchi, sai bene che dovrai raccontarci anche di loro.»Bene, per ora funziona. Non mi ha chiesto cosa ne pensa Siadon dellʹOmbra. Non sarebbe belloammettere di volerli uccidere tutti. E questi metodi efficaci? Di certo non è una semplice minaccia ma seconoscono le Tessiture giuste perché non le hanno usate subito? Magari intende qualcosa di più fisico...sarebbe divertente vederli torturare Elsa, chissà se le piacerebbe.«Tutti e quattro, sì. Thea ed Elsa sono assassine tanto quanto me. Tomas invece era nel monasteroda pochi mesi quando siamo scappati, gli mancavano almeno due anni per concluderelʹaddestramento.»«Mentre Merian quando lʹavete conosciuta?»Così mi deludi, credi che mi potrei già contraddire? Forse è una trappola... Dovʹè la fregatura?«Pochi giorni dopo la nostra fuga» rispose Siadon Dannata radice! Spero di non aver aspettatotroppo prima di rispondere«Perché Tomas non ricorda nulla del monastero?»«A volte viene usata una Trappola Mentale, per evitare la fuga di informazioni in caso di cattura.»Era vero. Non era una risposta a quella domanda ma non stava mentendo.«Come siete arrivati a Nord di Jennji in pochi giorni?»Siadon si concentrò unicamente sulla storia che aveva studiato.«Attraverso un Portale»«Dove avete imparato il rito con cui vi siete sposati tu e Thea?»Maledisse il vecchio per lʹennesima volta. Stava cercando di confonderlo, cambiare spessoargomento era un ottimo modo per verificare una storia, Siadon lo sapeva bene, lʹaveva sfruttatoparecchie volte. Funzionava ancora meglio se si riusciva a sfruttare qualche legame affettivo senzapreavviso.«E una tradizione di DeʹDomorashi»La mente di Siadon ripassò freneticamente diversi aspetti delle ultime settimane, in attesa delladomanda successiva. Passò parecchio tempo prima che riuscisse a sentire di nuovo una voce.

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Questa volta di un uomo che non aveva ancora parlato.«Dove sono le altre tre sette di cui parlavi prima?»Il matrimonio li ha sorpresi più della Trappola Mentale... perché?«A Nord di Jendal cʹè la più piccola, massimo sei o sette elementi. E anche la più recente, nata perridimensionare quella che ha sede ad Est di Kerien. Questa dovrebbe avere una ventina diassassini attivi e almeno quaranta Adepti, probabilmente molti di più ora. La terza è moltoparticolare, sono solo donne, credo una decina e accettano solo ragazze molto attraenti. Nonhanno un unico rifugio fisso, non che io sappia, sono molto attive nei giochi politici di tutta laConfederazione...»«Per oggi può bastare» lo interruppe la voce del vecchio «Riportatelo in cella.»

«Jon, allontanati da lui!» Il ragazzo ubbidì docile avvicinandosi al fratello maggiore, non senzaperò scoccare uno sguardo rammaricato verso Siadon. Uno sguardo che ultimamente sembravacomparire troppo spesso.«Ricordati quali sono i patti,» proseguì sussurrando Rohedric non appena l’altro si fu avvicinatoabbastanza.«Non li ho scordati fratello.» Jon lo fulminò con quei suoi penetranti occhi azzurri, identici a quellidella loro madre. Occhi gentili capaci di sciogliere il cuore delle persone, ma che sapevanotrasformarsi in due pezzi di ghiaccio tali da perforartelo, il cuore, se solo glielo lasciavi fare.Rohedric non era il tipo da farsi influenzare da quel comportamento ottuso, né di sua madre, nétanto meno di suo fratello.Erano entrambi così dannatamente cocciuti e orgogliosi!«E se ti sbagliassi?» chiese Jon per la centesima volta.«Non mi sbaglio,» ribadì lui in tono piatto per la centesima volta.«Sì, ma…»«Ne abbiamo già discusso Jon, è così che deve essere, fidati di me.» Si voltò fissando i suoi occhiin quelli dell’altro, cercando di infondere quanta più sicurezza poteva e… ci riuscì.Jon gli sorrise e tirò fuori il suo solito pezzo di legno da intagliare. Stavolta sembrava una donna…era stranamente familiare.Rohedric distolse l’attenzione dal fratello e si focalizzò sul centro dei suoi problemi: poco piùavanti Siadon cavalcava quieto e sereno con quella donna pazza che gli faceva accapponare lapelle. Accanto a loro ogni tanto compariva il giovane Tomas per poi tornare ad accostarsi aMerian.Suo malgrado dovette ammettere che il ragazzo non gli dispiaceva, e sembrava dare a Merianl’appoggio che Rohedric in questo momento non riusciva a dargli. Non credeva potesse esserepericoloso: aveva infatti l’aria di uno capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato… e con lepersone sbagliate. Probabilmente aveva avuto la sfortuna di incontrare Siadon sul suo cammino -

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esattamente come loro - e non aveva più avuto modo di liberarsene.Cosa che per lui adesso si prospettava vicina.Vedrai se non mi libererò di te e dei tuoi pazzi seguaci!Siadon cercava di mantenere il controllo della situazione, dimenticandosi ogni tanto che non eralui il solo ad essere al comando. Si divertiva a sfidarlo ora più che mai, mostrandosi davvero perquel che era: subdolo e meschino. Fingeva addirittura di passare per un capo preoccupato per isuoi uomini!Ma la verità era che non gli importava di nulla tranne che di sé stesso. Diceva di avere unabattaglia da compiere, ma a Rohedric non serviva il Potere per capire che mentiva.Era triste dirlo, ma probabilmente senza la morte di Arlene e Jora l’uomo non sarebbe mai uscitoallo scoperto. Brienne era sempre stata dalla parte di Rohedric, nonostante a volte si faticasse acapirlo, ma Jon aveva cominciato a prendere in simpatia quel gruppo così male assortito, e Arielsembrava in qualche modo attratta dalla pazza Elsa. La notte dell’uccisione - sì perché diuccisione si trattava, di questo ne era profondamente convinto - aveva sconvolto le menti di tutti,e grazie alla Luce gli altri avevano cominciato a pensarla come Rohedric, sebbene Jon continuassea non volerci troppo credere.Ah, i ragazzi!E poi ovviamente c’era Merian.Solo la Luce sapeva per quali scopi Siadon volesse usarla, non voleva nemmeno pensarci. Ma a leinon importava. A nulla era valso metterla in guardia da quell’uomo.La sua sete di conoscenza era grande quanto la sua voglia di trovare il Drago Rinato, come potevabiasimarla?Tuttavia doveva proteggerla, faceva parte dei suoi compiti; e poi aveva cominciato a volerle benequasi fosse della famiglia: anche lei testarda e cocciuta come Jon!E non bisognava dimenticarsi della componente femminile: questa da sola bastava a farti perderein partenza qualsiasi tipo di discussione!Ma anche un uomo ha le sue arti…

Il giorno seguente si levò su di loro grigio e cupo, presagio funesto per chi come Ariel credeva inquei segni. Rohedric non vi prestava attenzione - preferiva seguire ciò che la logica gli imponeva divedere -tuttavia quella mattina ebbe la sensazione che qualcosa non andava.Merian aveva passato la notte in compagnia della donna pazza, con profondo disgusto diRohedric, ma aveva dovuto lasciarglielo fare o la ragazza non si sarebbe fidata.Doveva riconquistare il terreno che aveva perso in favore di Siadon, lo spazio insormontabile cheli divideva. Ma non doveva avere fretta. Mancava così poco.La ragazza sembrava turbata, probabilmente aveva sognato qualcosa, ma quando le si avvicinò sisforzò di non farle domande.«Temo che pioverà,» esordì con aria assente.Lei non rispose.«I tuoi capelli sono tornati del tuo colore.» Avrebbe preferito che avesse continuato a usare latintura di Ariel, certo, ma non voleva farle una critica.Merian la pensò diversamente…«Non vedo perché continuare a nascondersi, non mi sembra che finora sia servito a qualcosa.»Lo guardò con tutto l’odio che poteva permettersi, come se la colpa di tutto ciò che le era successofosse sua.Una pugnalata in petto avrebbe fatto meno male.«Dov’è Brienne?» chiese distogliendo velocemente lo sguardo.«E’ voluta andare a tutti i costi con Kain a controllare la zona. Sai com’è,» aggiunse rivolgendole

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un sorriso, «se non è lei stessa a controllare non può dire che sia stato fatto un buon lavoro.»Merian non disse nulla: forse non trovava nulla di pungente da dire a riguardo…Non essere idiota!«Sei pronta a combattere Merian?»La ragazza si volse di scatto verso di lui, sorpresa, e l’ombra di un sorriso le apparve in volto permeno di un istante.Colpito e affondato!«Sì, hai capito bene. Non voglio lasciarti indietro stavolta, non sappiamo con chi abbiamo a chefare e voglio avere con me tutte le mie risorse.»Lei annuì con vigore, l’attenzione completamente su di lui.«Devo però essere sicuro che tu stia bene Merian, la posta in gioco è troppo alta e non vogliorischiare di perderla solo perché qualcuno non riesce a dominare le proprie emozioni.»La guardò fisso in volto, cercando di mantenere un’espressione solenne, carica di un significatoche solo loro potevano conoscere.«Non devi preoccuparti di questo,» rispose lei quasi all’unisono. «La mia mente sarà sgombra daqualsiasi pensiero…» Abbassò lo sguardo per un momento prima di aggiungere: «…Siadon me loha insegnato.»Riportò gli occhi su di lui per valutarne la reazione ma Rohedric non le diede soddisfazione: annuìcon forza e riportò l’attenzione sull’argomento. Ora veniva la parte difficile.«Dovrai rimanere con noi, e lasciare Siadon e i suoi combattere per conto loro.»La ragazza fece per protestare, come si aspettava, ma l’uomo continuò:«Ci servi Merian,» disse imprimendo una certa enfasi sul bisogno che avevano di lei. «Tu seil’unica di noi che sa Incanalare, devi proteggerci le spalle mentre noi facciamo del nostro megliocon quello che la natura ci ha donato. Siadon sarà già impegnato ad affrontare la sua buona dosedi nemici, non possiamo sperare che accorra sempre in nostro aiuto.»Merian, a metà tra l’essere sorpresa e arrabbiata, non riuscì a proferire parola – cosa di cuiRohedric fu molto grato.«Vediamo se ti ha insegnato bene,» aggiunse infine l’uomo completando la farsa.Odiava questa situazione ma non poteva fare altrimenti: la salvezza di tutti loro era piùimportante di qualsiasi altra cosa, orgoglio compreso.«D’accordo Rohedric, cosa vuoi che faccia?»L’uomo sospirò e pronunciò una preghiera silenziosa di ringraziamento al Creatore.«Per cominciare…» iniziò avvicinandosi ancor più a Merian.

«Maledizione! Non doveva esserci questo spargimento di sangue!»«Non puoi imputare la colpa di tutto questo a noi, vi avevo detto che erano pericolosi.»«Non sei stato abbastanza preciso, allora.»La donna, gli occhi iniettati di sangue, continuava ad agitargli un pugnale davanti agli occhi quasia volerli cavare.Rohedric non dubitava potesse farlo.Grazie alla Luce l’uomo con lei sembrava più ben disposto. Doveva essere lo stesso con cui avevaparlato Brienne la sera prima. Strano che non l’avesse fatto arrabbiare: a quanto pareva gli uomini,di qualsiasi cultura si trattasse, erano abituati a sopportare le ire di tutte le donne!«Cerchiamo di non peggiorare la situazione,» fece l’uomo alzando le mani. Si rivolse poi aRohedric:«Voglio che sia ben chiara una cosa: abbiamo deciso di ascoltare la vostra storia e vi abbiamo datouna mano solo perché non siete Incanalatori, e perché non sareste in grado di sopraffarcinemmeno con un esercito di gente come lui – indicò Neal, legato come un pacco a un albero – ma

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non crediate che sia nata per questo un’amicizia. Non ci fidiamo e continueremo a non farlofinché non ci dimostrerete il contrario. E’ abbastanza chiaro uomo del sud?»«Chiarissimo,» rispose Rohedric socchiudendo gli occhi minaccioso.«Ora che siamo tutti d’accordo, spiegateci cosa dovremmo farne di voi?»Il tono canzonatorio fece infuriare Rohedric. Avrebbe voluto colpire quella faccia insolentemacchiata di terra e fango, ma anche lui era legato mani e piedi come tutti gli altri, senza contarepoi che l’uomo era grosso almeno il doppio di lui!Girò la testa di lato per quanto riuscì, indicando Merian ancora svenuta ai piedi di un’altra donnadall’aria torva. Rohedric non poteva vedere nulla, ma aveva passato abbastanza tempo con degliIncanalatori – che la Luce li fulminasse! - per capire che la stava schermando dalla Fonte.«Come sta?»«Non devi preoccuparti di questo… per ora.»L’uomo continuava a guardarlo negli occhi, non sembrava più tanto ben disposto adesso.Seppe che non avrebbe ottenuto nulla e gli diede quello che voleva sentire.«Te l’ho già detto, la ragazza non ha nulla a che fare con quella gente. Lei viaggiava con noi,l’abbiamo salvata dai Manti Bianchi e stavamo andando a nord alla ricerca dei Ribelli.» Non avevasenso nominare il Drago Rinato per ora. «Sulla strada ci siamo imbattuti in quei quattro pazzi enon siamo più riusciti a liberarcene… fino a quando non abbiamo incontrato voi. Il resto losapete.»«E allora perché la ragazza continuava a gridare “Siadon”, “Siadon”, quando lo hanno portatovia?»Rohedric sospirò. Sapeva che sarebbe stato difficile ma non si aspettava di dover ripetere le coseun migliaio di volte!Dannazione!«Dannazione!» sbottò perdendo la pazienza. «E’ una ragazzina per amore della Luce! Non avevamai visto un Incanalatore in vita sua finché non ha incontrato quell’uomo e i suoi amici.Probabilmente se ne è innamorata!»Scusa Merian…Questo lo fece ridere. Ridere! Strano umorismo che avevano da quelle parti.«Slegatelo,» ordinò l’uomo continuando a sorridere. «Solo tu,» aggiunse puntandogli un dito infaccia.«Seguimi.» Gli voltò le spalle e si diresse al limitare degli alberi che circondavano la radura nellaquale si erano, per così dire, accampati. Nessuno li seguì.Non si volse indietro nemmeno per un istante, era chiaro che voleva intimidire Rohedric.Spiacente amico, ho avuto ospiti peggiori in questi giorni...L’uomo entrò nel fitto del bosco fintanto che bastò a non fargli scorgere i suoi amici prigionieri,poi si fermò a fronteggiare Rohedric.«Sai perché sei ancora vivo?»Perché ho un bel sorriso?«Abbiamo sentito Incanalare una quantità tale di Potere da abbattere una foresta qualche giornoaddietro. E non credo venisse da quei… pazzi, come li chiami tu. Mi sembrano troppo astuti e benorganizzati per potersi lasciare fregare così. Inoltre sappiamo essere venuto da una donna.Quindi fai due più due, uomo del sud.»«Se hai già la tua risposta perché ti sei preso la briga di trascinarmi fin qui?»L’uomo si avvicinò di un passo, la sua grande mole che incombeva imponente su di lui.«Non fare il furbo con me. Il Potere lascia tracce, e queste ci hanno portato a due cadaveri nelbosco…»Rohedric si fece improvvisamente serio e alzò le mani al cielo in un gesto di pace.

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«Non voglio fare il furbo. Ti ho detto la verità, tutta quanta. Noi vi stavamo cercando, abbiamobisogno di voi. Quelle persone che avete trovato… l’uomo era un Manto Bianco, ha ucciso ladonna che era con noi e Siadon lo ha ucciso di conseguenza. Non so perché Merian abbiaIncanalato tanto Potere, probabilmente perché la donna era sua amica. Io non so cosa possa fareun Incalanatore infuriato e frustrato, ma io avrei spaccato qualsiasi cosa avrei trovato sotto manoper sfogare la mia rabbia.»Una fugace ombra di comprensione passò negli occhi del Ribelle, ma non fermò l’interrogatorio.«E quella donna, era anche lei un’Incalanatrice?»«Sì, era prigioniera dei Manti Bianchi con Merian, ma non è partita con noi. E’ riuscita a scapparein qualche modo e ci ha seguiti.» Non aveva senso non dire la verità, non erano colpevoli di nullae voleva che i Ribelli se lo imprimessero bene nella mente! Questo però non lo fermò dall’esseresarcastico.«Quando ci ha trovati l’abbiamo accolta,» proseguì guardandolo dritto negli occhi. «Perché èquesto che si fa con chi combatte il tuo stesso nemico.»Un silenzio lungo un’eternità passò tra i due uomini prima che il Ribelle aprisse bocca.In qualche modo Rohedric seppe di aver guadagnato un punto a suo favore: l’uomo annuì e sidiresse quindi a grandi passi verso la radura.«Liberateli!» ordinò a gran voce. Rohedric non nascose un sospiro di sollievo.«Ma continuate a schermare la ragazza, non voglio scherzi… di qualsiasi tipo si tratti.»Uno ad uno i suoi compagni vennero slegati, ma rimasero comunque sotto la stretta sorveglianzadei Ribelli. Neal guardò sconsolato il suo enorme spadone per un’ultima volta, prima che questo,così come ogni altra arma in loro possesso, fosse preclusa persino alla vista.Rohedric si avvicinò a Brienne, la donna aveva uno sguardo spaventato che non aveva notatoprima durante l’attacco. Con sua somma sorpresa lo abbracciò, mormorando paroleincomprensibili corrotte dal pianto. Rohedric ne fu scioccato.Che diamine…Un momento dopo gli tirò uno schiaffo.«Non farlo mai più!» disse in un tono che non ammetteva repliche. L’uomo la guardò ancora piùsorpreso di prima, ma poco importava.Ce l’avevano fatta, avevano trovato i Ribelli. Il suo piano aveva funzionato, erano tutti sani e salvi.Ma la cosa migliore era che finalmente si era riuscito a sbarazzare di Siadon!

Il crollo del blocco mentale di Toras non tardò a dare i suoi frutti. L’indomani di quel terribilepomeriggio in cui Niamh aveva giocato al tiro al bersaglio con lui, era arrivata la convocazione peruna misteriosa missione. Anche il nome di Hysaac era stato chiamato, e l’esuberante ragazzoaveva tormentato Toras per il resto della giornata chiedendogli informazioni al riguardo.Informazioni che naturalmente nessuno ancora poteva conosccere, dato che il sapiente Ramkin,

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che era il committente della missione, non aveva svelato nulla pubblicamente. Toras però noncondivideva l’entusiasmo dell’amico. La convocazione ad una missione, infatti, non modificavaminimamente il programma della giornata degli adepti, il quale proseguiva, dopo gli studi e gliallenamenti della mattinata, con i lavori pratici.Inoltre, mentre faticava nel caldo umido della palude, il ragazzo non poteva fare a meno diripensare ai nomi che erano stati chiamati insieme al suo per la missione. Oltre a sé stesso eHysaac, Niamh e Talos erano gli altri adepti che avrebbero fatto parte dell’incarico segreto. Perchècosì tanti? E perchè inviare un istruttore? Rallenterebbe molto l’addestramento qui al Tempio. In realtà,Toras era preoccupato più che altro per la propria incolumità, dal momento che alcuni di queisoggetti avevano messo la sua vita in pericolo più volte nell’arco del suo breve soggiorno alTempio. All’imbrunire le sfacchinate quotidiane terminarono, ma Toras e Hysaac non ebberotempo di riposare le gambe che già qualcuno era venuto a riferire che il sapiente Ramkin liattendeva nel suo alloggio.Il Prete Nero era solo, il ché voleva dire che probabilmente aveva già conferito con i due adeptipiù anziani. Questo fatto infastidì notevolmente Toras, che cominciava ad odiare tutto questoordire alle sue spalle. «Ah, eccovi. Vi prego: sedetevi.», li accolse a mani incrociate sul petto ilPrete. L’invito era probabilmente un puro pro forma, dal momento che non c’erano altre sedienella stanza oltre a quella occupata da Ramkin stesso, ma Hysaac non sembrò preoccuparsene econ baldanza si accomodò sul pavimento.«Abbiamo ricevuto una richiesta d’aiuto da parte del Tempio di Meradin.», incominciò il Pretesfoggiando un’espressione gioviale, che, nel suo caso, si traduceva in un ghigno sinistro. «In breve:hanno bisogno di quattro dei nostri per una missione importantissima: dobbiamo reclamare unprezioso reperto antico che è purtroppo finito nelle incompetenti mani dei Manti Bianchi.».Toras aveva un’espressione perplessa. Non aveva mai sentito nominare il Tempio di Meradin enon sapeva dove diamine si trovasse. A dire il vero, non aveva mai sentito parlare di nessuno deglialtri Templi che, a detta dei Preti Neri, il Culto stava erigendo un po’ ovunque. Ma, fintantochéquelli badavano ai loro affari e non venivano ad infastidire Toras, per quanto gli importava ilTempio di Meradin sarebbe anche potuto sorgere sull’Isola del dannato Drago: «Perchè cichiedono aiuto? Non hanno abbastanza uomini?».Il Prete gli rivolse uno sguardo seccato. Stava probabilmente arrivando lui stesso al punto e odiavaessere anticipato: «Naturale che hanno abbastanza uomini! Ma non hanno qualcuno che possapassare per un Traditore anche sotto un esame accorto. Inoltre la missione avverrà a SorSorei, lacittà più vicina a quel Tempio, dove la maggior parte dei nostri confratelli di Meradin potrebberoessere riconosciuti. E infine c’è una ragione, diciamo così... estetica: i partecipanti dovrannopassare per uomini del sud. Contento?».Toras, che era biondiccio e pallido come il latte, scosse la testa: «Io? Passare per uomo del sud?Forse Hysaac, sì. Ma io...».«Ma tu sei il Traditore, idiota!», sbottò Ramkin adirato, «Ragazzo, hai intenzione di farmi venireun mal di testa con tutte queste domande? Vi sto dicendo anche più di quello che vi serve sapere,dovreste essermene grati! Basta: il resto ve lo spiegherà Niamh a tempo debito.».«Niamh. Ecco, questo è un punto che volevo chiarire...», iniziò Toras, indomito, ma poi lasciòcadere il discorso dopo che Hysaac gli ebbe rifilato un calcio nello stinco.«In teoria non sareste ancora pronti.», disse il Prete facendo finta di non aver sentito l’ennesimainterruzione, «Però la richiesta viene dall’Alto Sacerdote del Tempio di Meradin in persona: nonposso rifiutare. Perlomeno agirete in squadra, per cui mi auguro che seguirete alla lettera gli ordinidi Niamh e Talos. Ah, e ci sarà anche un adepto del Tempio di Meradin, a farvi da guida.Prenderete ordini anche da lui, chiaro?». Hysaac annuì con decisione mentre Toras reprimeva ungemito di disperazione: non bastavano due superiori dei nostri, e due della peggior specie, per giunta:

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ora ce ne appioppa anche un altro, pensò demoralizzato.«Un’ultima cosa.», disse Ramkin nel congedarli «Partecipare ad una missione richiede la vostrafedeltà totale al Culto della Conoscenza. Tutti gli adepti, a tempo debito, devono giurare fedeltàdurante il rito di Iniziazione: ora è il vostro momento.». Toras non ne aveva mai sentito parlare erivolse uno sguardo interrogativo a Hysaac, ma l’amico non sembrava meglio informato. Il PreteNero, tuttavia, non rivelò nient’altro: «Stanotte vi verranno a chiamare: fatevi trovare pronti.Partirete appena terminato il rituale.» e con questo indicò loro la porta.Giunti alla loro camerata, i due ragazzi rimasero un po’ incerti sul da farsi. «”Fatevi trovarepronti”, dice lui... come se fosse facile! Dopo una giornata del genere, se mi sdraio vado incatalessi.», si lamentò Toras.«Smettila di lagnarti!», lo rimproverò Hysaac, «Non hai sentito cos’ha detto? Dobbiamopartecipare al rito di Iniziazione... Non ne ho mai sentito parlare da nessuno qui. Dev’esserequalcosa di davvero importante!».Nell’attesa di essere chiamati decisero di preparare le proprie cose, anche se in realtà i loro avericonsistevano semplicemente in una seconda tunica e un paio di sandali a testa. Quando dueconfratelli entrarono silenziosamente nella camerata, i ragazzi capirono, senza scambiare parole,di doverli seguire.Attraversando il cortile interno ormai deserto, furono condotti alla sala dei rituali, l’interno dellaquale era flebilmente illuminato da una serie di candele, disposte tutt’intorno all’ambientecircolare. Alcuni adepti, con il volto seminascosto dal cappuccio alzato, si fecero da parte per farlipassare. Al centro della stanza c’era un tavolino basso che reggeva delle ciotole fumanti; al di là diquesto, tre Preti Neri, anch’essi con il cappuccio alzato ma distinguibili per le tonache in perfettostato, attendevano a braccia incrociate. Uno di essi, riconoscibile come Ramkin per via delle manipallide ed emaciate che sbucavano dalle maniche della veste, fece loro cenno di avvicinarsi. Ilsilenzio era assoluto, ad eccezione del rumore dei sandali dei due adepti che raggiungevano iltavolino e vi si paravano innanzi.«Venite a noi con le menti offuscate dall’ignoranza ed ottenebrate dagli inganni della Luce.»,enunciò il Prete in tono solenne «Il Culto della Conoscenza vi accoglie, offrendovi la verità delsapere, il sostegno degli insegnamenti e il potere della consapevolezza. Giurate fedeltà eterna ecostante al Culto?».«Sì, lo giuriamo.», dissero all’unisono Toras e Hysaac, sorprendendosi della propria stessafermezza. Ad un cenno di Ramkin, un adepto raccolse due ciotole dal tavolo e le porse ai ragazzi.«Questo è il Nettare della Conoscenza.», spiegò il Prete Nero. Toras ispezionò il contenuto dellascodella, senza però riuscire a distinguerlo bene a causa della luce troppo fievole. Era comunqueun liquido scuro e consistente, che emanava un odore dolciastro; assomiglia alla melassa chefacevano al mio villaggio con i tuberi, giudicò Toras. Berlo tutto non fu facile, perchè era così densoche richiedeva uno sforzo per ingerirlo, e il sapore, sebbene non proprio sgradevole, era talmenteforte che Toras si sentiva la lingua intorpidita. Ogni persona nella stanza ricevette la propriarazione del Nettare, anche i Preti Neri. Toras notò che nessuno storceva il naso, anzi lamaggiorparte dei presenti aveva già avidamente vuotato la propria scodella. Chissà che gusto citrovano, si chiese, fosse per me, concluderei i riti di iniziazione con un giro di birra, piuttosto.E con quello il rito ebbe termine, cosa che suscitò l’approvazione di Toras, il quale odiava le lunghecerimonie. I due iniziati vennero condotti all’esterno, poi Ramkin fece loro segno di seguirlo giùper le scale che conducevano ai sotterranei. «Ma dove stiamo andando?», sussurrò Toras aHysaac, ma l’altro era troppo serio e concentrato per dargli retta. Confuso, Toras scese per lastretta scalinata dietro al Prete Nero che reggeva una lampada. In un recesso del cunicolo stavanoaccovacciate in attesa due figure avvolte nelle loro tonache. All’avvicinarsi di Ramkin, Niamh eTalos si alzarono e chinarono rispettosamente il capo. Il lugubre Prete li ignorò mentre appendeva

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il lume ad un chiodo piantato in una trave; poi chiuse gli occhi e sembrò concentrarsi per qualcheistante. Toras avvertiva ora il Potere scorrere in grande misura nel corpo del Prete Nero e per unattimo valutò le sue possibilità di fuga, mentre osservava timoroso complicati flussi di varielementi intrecciarsi di fronte a lui. Ma all’improvviso, accompagnando la parola con un vagogesto della mano, Ramkin disse semplicemente: «Ecco.».Toras aprì la bocca per chiedere una spiegazione, ma un bagliore lo accecò per un attimo, poiscomparve, lasciando al suo posto una finestra scura, a mezza altezza da terra, dalla qualeentrava una corrente d’aria fresca. Ancora a bocca aperta, il ragazzo si protese in avanti persbirciare attraverso quell’apertura innaturale e vide i contorni indistinti di una radura alcrepuscolo. I due adepti più anziani non mostrarono alcun timore o apprensione nel varcare lasoglia aleggiante, ma i ragazzi si guardarono per un attimo, l’uno sperando che l’altro facesse ilprimo passo. Infine Toras si fece cavallerescamente da parte dicendo: «Prima le signore...».L’indignazione per la canzonatura vinse sulla paura, e Hysaac attraversò il misterioso passaggio.Rimasto solo con Ramkin, Toras deglutì forte. Gli tornarono in mente delle favole che gli eranostate raccontate da piccolo: gli incanalatori e il loro Potere malvagio popolavano spesso le storie dipaura che i vecchi del villaggio si divertivano a raccontare ai ragazzi, e spesso vi si narrava dellemisteriose porte verso altri mondi, che gli incanalatori aprivano per condurre in luoghi strani eterribili i bambini che erano stati cattivi. In quel momento, però, la presenza del Prete Nero dietrodi sé incuteva più paura che qualsiasi storia o leggenda, e allontanarsi dal Potere che sinascondeva dentro a quelle membra gracili e scheletriche fu una motivazione più che sufficiente asospingere Toras attraverso la soglia.Un piccolo passo e... un breve lampo di luce alle sue spalle fece voltare Toras di scatto. Ramkin e ilsotterraneo erano spariti, volatilizzati. Toras si trovava ora all’aperto, il cielo stellato sopra di sé;ma questa sicuramente non era la palude in cui sorgeva il Tempio: l’aria era fresca, frizzante, esoffiava una leggera brezza che sapeva di mare. Il ragazzo si guardò attorno: a parte le sagomescure dei compagni di missione, era difficile scorgere alcunchè nel cuore della notte e con solo unasottile fetta di luna nel cielo. Si udiva distintamente, tuttavia, il rumore della risacca. Ad un trattoHysaac lo strattonò per la manica: gli altri stavano già incamminandosi.Il territorio era ondulato e una fitta macchia di arbusti impediva di vedere a grande distanzainnanzi a sè, per cui Toras immaginò che Niamh stesse semplicemente seguendo la direzione dacui proveniva lo sciabordio delle onde. Difatti, dopo poco, i quattro giunsero ad una lunga spiaggiasabbiosa. Qui Niamh si arrestò, mettendosi a scrutare nel buio finchè non individuò quel checercava, poi fece cenno di seguirla. Si trattava di un tenue bagliore che proveniva da un puntoimprecisato, a qualche passo dalla battigia. Avvicinandosi, Toras riuscì infine a delineare i contornidi una barca.Arrancando nell’acqua bassa, il gruppo si accostò alla barca, dove un uomo avvolto in una ceratateneva in mano un lume. Senza scambiare parole, lo sconosciuto li aiutò a montare, poi si mise adarmeggiare con funi e buffi arnesi a cui Toras non avrebbe saputo dare un nome, né riusciva adindovinarne lo scopo, dal momento che in vita sua non era mai salito prima su un’imbarcazione dialcun tipo. Vide comunque la piccola vela triangolare gonfiarsi, e poco dopo si stavanoallontanando dalla costa tagliando le onde in diagonale.«Tu devi essere... ?», chiese Niamh, invitando lo sconosciuto, che ancora non aveva aperto bocca,a rompere quel misterioso silenzio. L’uomo, che doveva avere sì e no trent’anni, scosse la testa,evidentemente riluttante a far sapere il proprio nome. Brutta mossa, amico, si disse Toras,percependo l’irritazione crescente nello sguardo della donna. Niamh fece altri tentativi diconversazione, probabilmente più per provocare il marinaio che per reale necessità diinformazioni; lʹuomo, tuttavia, si limitò a rispondere a monosillabi. Poi, ad un certo punto, sispostò nella parte posteriore della barca. Toras si ricordava vagamente un buffo termine... Poppa,

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mi pare. O prua? Un istante dopo, avevano deviato nuovamente verso la riva, dirigendosi versoalcune luci che erano apparse in lontananza.Solo allora il tale, che doveva essere l’adepto del Tempio di Meradin incaricato di fare loro daguida, si degnò di spiegare qualcosa: «Stiamo per entrare nel porto di SorSorei. All’imbocco c’è unposto di guardia. Voi tre: fingete di riparare quelle reti, se non diamo nell’occhio non cifermeranno.». Detto ciò, l’uomo ammainò la vela e, con un gesto, fece segno a Toras di aiutarlocon i remi. Passati alcuni minuti, ancora impegnato com’era a capire il funzionamento di quei buffibastoni, Toras non si era nemmeno reso conto che la barca aveva passato il posto di guardia e sitrovava ora all’interno del porto. SorSorei... il glorioso Tempio della Luce di SorSorei..., ragionavaToras cercando di richiamare le sue scarse nozioni geografiche, dovrebbe trovarsi da qualche partesulla costa occidentale. Un viaggio di settimane condensato in un singolo passo! Chissà se abbiamoviaggiato anche nel tempo..?La loro piccola imbarcazione si era intanto affiancata ad una molto più grande, sulla cui paratia siintravedeva la scritta Freccia del Sud. Poi, ad un richiamo della guida, una scaletta di corda vennegettata dalla nave per farli salire. Montando a bordo, Toras provò un brivido d’eccitazione: avevanaturalmente visto numerose barche e navi di ogni stazza, ormeggiate ai moli della Rada diDodieb, ma ora si trovava addirittura a bordo di una nave. Come minimo dev’essere un veliero, sidisse, ripensando ancora una volta a buffi termini sentiti nominare in passato, O una fregata.... Adire il vero, la sensazione di esaltazione ed euforia che provava da quando erano partiti dalTempio era esagerata: avrebbe piuttosto dovuto riflettere lucidamente sui pericoli a cui stavaprobabilmente andando incontro... ma in quel momento proprio non ci riusciva. Lanciòun’occhiata ad Hysaac, che si era appena issato anche lui sul ponte, e notò che il ragazzo, giàesuberante di natura, sembrava ora in preda ad una frenesia febbricitante.«Questa è la nostra ciurma», disse allora la guida. Toras, non volendo perdersi le spiegazioni, siaffrettò verso il centro del ponte, dove l’uomo stava mostrando a Niamh e Talos i marinai che sitrovavano a bordo: «Sono mercenari. Con loro ho catturato la Freccia del Sud, quando si trovava adue giorni da qui. Sono fidati, e buoni marinai, ci condurranno fuori dal porto a missione finita.».Mercenari...: il termine non era nuovo a Toras, che l’aveva già sentito usare parecchie volte daadepti anziani al Tempio; da quello che gli era parso di capire, si trattava di individui checollaboravano con il Culto pur non facendone parte. Probabilmente, pensava lui, personaggitroppo pericolosi per essere invitati nella setta... oppure non abbastanza stupidi da accettarel’invito. Un’occhiata ai loschi figuri che componevano la “ciurma” sembrò confermargli la primaipotesi.Il modo conciso e spassionato in cui l’adepto di Meradin dispensava le scarse informazioni glidava decisamente sui nervi e si chiese perchè Niamh non si decidesse a dargli una lezione, ma ladonna rimaneva silenziosa. Fu invece Talos a chiedere: «Avete eliminato la vera ciurma, spero? Sì?E dei Manti Bianchi cosa ne avete fatto?». Per tutta risposta, la guida fece cenno di seguirlo e sidiresse alla botola che conduceva sottocoperta. Giunti nella stiva, l’uomo prese una lampada adolio e l’accese; poi diresse il chiarore ad illuminare, tra barili, anfore e ceste di ogni tipo, un gruppodi gabbie di metallo che probabilmente, a giudicare dalle dimensioni, erano originalmentedestinate al trasporto di bestiame di media taglia, come pecore o capre. Ora, però, esse eranooccupate da quattro esseri umani seminudi, rannicchiati all’interno di quelle celle anguste.«Ingabbiati come bestie: proprio quello che si meritano!», annuì soddisfatto Talos, «E ilTraditore?».«L’ho ucciso prima che potesse distruggere la teca che scortavano.», fu la fredda risposta dellaguida.Mentre seguiva i compagni fuori dalla stiva, Toras cercava di concentrarsi per ricostruire lafaccenda. Dunque... una squadra di Figli della Luce, probabilmente proveniente dal sud, stava

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scortando qualcosa di importante verso SorSorei. E il nostro amabile confratello qui presente, con l’aiutodi alcuni “mercenari”, si è impadronito della nave, ha catturato i soldati e sequestrato ciò che essistavano proteggendo. Fantastico, ma... allora la missione è compiuta! Cosa aspettiamo a darcela agambe prima che qualcuno ci scopra?. Era sicuro che gli sfuggisse qualcosa, ma non era facileragionare lucidamente nello stato di frenesia in cui, suo malgrado, ancora si trovava. Gli altri,intanto, erano entrati in un piccolo vano, opposto alla stiva, che presumibilmente fungeva dadormitorio per l’equipaggio. Toras si affrettò a seguirli: stava perdendosi pezzi importanti dellaconversazione.«... e le divise sono là, in quell’angolo.», stava dicendo la loro guida, indicando un cumuloindistinto che giaceva sul pavimento. Gli adepti osservarono con odio la pila di indumenti candidi,di schinieri e di bracciali. Le uniformi dei Manti Bianchi? Con una smorfia di disgusto, Talos siprotese ad afferrare un pettorale: uno squarcio irregolare si apriva appena al di sotto del soleraggiante.«Abbiamo cercato di preservare le uniformi... ma due dei soldati erano svegli quando li abbiamoattaccati e hanno provato a difendersi...» spiegò la guida, mostrando il primo piccolo segno diinsicurezza da quando lo avevano incontrato, «Ma non c’è da preoccuparsi: qui al nord si dice chele guarnigioni di Samrie siano vergognosamente trasandate, per cui non ci faranno molto caso.»Niamh intanto stava esaminando un’altra catasta, formata da foderi e cinture. «L’importante èche queste funzionino bene.», osservò, estraendo per metà una delle pesanti spade a doppiotaglio, «Potremmo averne bisogno.».«No, non sarà necessario.», la contraddisse deciso l’adepto di Meradin, «Se recitiamo bene laparte andrà tutto liscio.».La donna si avvicinò a fronteggiarlo, la spada ancora saldamente impugnata: «E se facessero delledomande? Se conoscessero i nomi dei soldati della vera scorta? O se richiedessero una parolad’ordine?». I due adepti stavano mantenendo un tono di voce moderato, ma gli sguardi che siscambiavano erano affilati come rasoi.«E’ una delle ragioni per cui i nostri prigionieri sono ancora vivi. Chi meglio di loro può istruirci sucome avverà lo scambio? Ma il compito di... domandarglielo... è tutto vostro. I miei mercenarihanno già fatto la loro parte.».«Ah davvero? Peccato che noi siamo solo in quattro. Se contiamo il Traditore, la vera scorta eracomposta da cinque persone.».«Lo so. Per questo ho detto “se recitiamo bene la parte andrà tutto liscio”.». E, detto ciò, l’uomoprese un uniforme completa dal mucchio e si accinse ad indossarla.Niamh sembrò sul punto di replicare, ma poi rinfoderò la lama con violenza e la gettònuovamente nella catasta di armi; poi si avvicinò a Talos e ordinò: «Voi preparatevi, io intantovado ad interrogare i prigionieri.».L’ex bracconiere provò a protestare che quelle cose “spettavano a lui”, e, quando la sua superiorescosse decisamente la testa, mise su il broncio come un bambino messo in castigo. Niamh chiesealla guida dove avrebbe potuto trovare degli “strumenti”, e si informò su quale dei prigionierifosse il capo squadra, poi si diresse verso la stiva. Nel frattempo, Toras stava cercando ancora unavolta di mettere assieme i pezzi della vicenda, visto che nessuno si degnava di dargli un quadropreciso. Dunque dovremo fingere di essere la scorta, ma perché? Inaspettatamente, fu Hysaac amettere voce al suo dubbio: «Qual’è il senso di questa farsa?», chiese, «Se ho capito bene,abbiamo già quello che volevamo: perchè non usciamo dalla città come siamo entrati, via mare?».«E’ quello che faremo. Ma prima dobbiamo convincere i Manti Bianchi locali che tutto staprocedendo secondo i loro piani.», il tono della guida, ora che Niamh aveva lasciato la cabina,aveva perso un po’ di asprezza, ma rimaneva tutt’altro che amichevole. «Secondo i nostriinformatori, una squadra locale dovrebbe venire al molo domani all’alba per prendere in consegna

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i documenti. Se riusciamo a non insospettirli, la teca proseguirà il suo lungo viaggio verso lagrande Biblioteca dell’Ordine, a Dindieb, e nessuno sospetterà del furto finchè gli studiosi non laapriranno... e troveranno i nostri falsi al posto dei documenti originali.».Mentre l’adepto di Meradin finiva di prepararsi indossando dei bracciali di cuoio, Hysaaccontinuava a camminare su e giù per la stretta cabina grattandosi la nuca. Esasperato, Talosintevenne a completare la spiegazione: «E’ una copertura, capisci? E ci darà tempo sufficiente atornare al Tempio e coprire le nostre tracce!».«Già.», intervenne la guida, «Non possiamo permetterci di dare ai Manti Bianchi il minimo indiziosul Culto, non devono sapere chi li ha derubati e come. E’ per questo motivo che abbiamocondotto la Freccia del Sud in porto, dove era attesa, e da dove ripartirà domani come previsto.Tutto deve sembrare perfettamente normale... E adesso, se non vi dispiace, indossate le vostreuniformi. Appena la nostra consorella avrà finito con i prigionieri dovremo fare le prove per loscambio.».La delucidazione riguardo il seguito della missione aveva rincuorato non poco Toras, al quale nonsembrò vero che il suo ruolo si limitasse a dover fingere di essere un Traditore... ovvero fingere diessere ciò che era tuttora. Infatti, per quanto Ramkin coltivasse probabilmente grandi speranze difarne un adepto modello del Culto, il maledetto marchio con il sole oscurato avrebbecontraddistinto Toras come Traditore, per sempre. Non doveva nemmeno indossare un uniforme,lui: i Traditori erano già abbastanza riconoscibili grazie al segno sulla guancia; la guida tuttavia glifece togliere la tunica scura, per evitare qualsiasi associazione con il Culto.Una volta cambiati, per sfuggire alla noia dell’attesa, Toras si azzardò a chiedere di vedere ipreziosi documenti che l’adepto di Meradin aveva catturato. Quest’ultimo si mostròsorprendentemente bendisposto e andò a sollevare un telo steso a coprire alcuni oggetti. Uno diessi si rivelò essere un contenitore di legno, alto la metà di un uomo e largo altrettanto, mapiuttosto sottile e lavorato in uno stile che lo faceva sembrare leggero. Probabilmente però non loera affatto, visto lo sforzo evidente con cui la guida lo rovesciò piatto al suolo per aprirne ilcoperchio.«Questa è la teca: all’interno abbiamo messo i documenti falsi.», disse, indicando alcune enormipagine scritte ed illustrate. Toras e Hysaac si avvicinarono per vedere meglio. La teca dovevaessere antichissima, a giudicare dallo stato del legno, consumato e bucherellato dai tarli, ma lafattura era ottima, ed il legno sembrava di pregevole qualità. Toras cercò di immaginarsi comesarebbe apparso quell’oggetto ai tempi in cui antichi sapienti lo avevano commissionato, peraffidargli carte così importanti che, a distanza di secoli, uomini avrebbero ancora ucciso perimpadronirsene.«Da quel che sappiamo, è stata dissotterrata da un contadino nei pressi della Città Antica aSamrie.», spiegò l’adepto richiudendo delicatamente la teca; poi prese un rozzo sacco di iuta e loaprì, rivelando un plico di pagine, anch’esse di grandi dimensioni, ma dall’apparenzacompletamente diversa. Con estrema cura, l’uomo estrasse un foglio a caso, mostrandolo alla lucedella lanterna. Il materiale non assomigliava per niente alla pergamena dei falsi: questo sembravapiuttosto cuoio, o qualcosa di simile. «E questi, invece, sono i documenti originali.».La reazione di Toras fu di meraviglia. Quegli antichi scritti radiavano importanza semplicementegrazie al loro aspetto: lo stile sobrio e distinto della calligrafia, l’accuratezza dei disegni e perfino isegni del tempo, gli strappi negli angoli e le chiazze sbiadite, ne proclamavano l’autenticità e ilprestigio. La reazione di Hysaac fu addirittura di sbalordimento: il ragazzo fissava boccheggiante idisegni tracciati sulle pergamene come se stessero prendendo vita di fronte ai suoi occhi: «Ma...ma è incredibile!», fu il primo commento che riuscì a pronunciare, «Questa è un’assonometriacentrale, con di fianco un piccolo prospetto in scala!».Toras, che non aveva capito una parola, pensò che l’amico avesse completamente perso il senno.

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Poi però gli tornò in mente che Hysaac parlava a volte degli studi di architettura che avrebbevoluto portare a termine a Dodieb, ma che poi aveva abbandonato per unirsi al Culto. Beh, ineffetti uno che fa una scelta del genere non deve essere del tutto sano di mente, si disse, mentre l’altrocontinuava ad indicare questo o quel dettaglio del documento esprimendo entusiasticiapprezzamenti.«Non è un edificio, no di certo. Sembra piuttosto... Posso vedere gli altri? Grazie.» e, visto che laguida non sembrava curarsene, Hysaac si mise ad analizzare uno per uno tutti i documenti. «E’un peccato non conoscere quest’antica lingua, altrimenti riuscirei a capire esattamente di che cosasi tratta. Comunque direi che è il progetto per costruire un’arma... I disegni tecnici sonoeccezionali, l’autore doveva essere un vero genio! E parliamo di qualcuno vissuto secoli fa, cipensate?».Il vecchio Talos, i cui commenti fino a quel momento si erano limitati ad un rutto e una grattata dibarba, si fece improvvisamente più attento: «Un’arma, dici? Che tipo di arma? Ci si può cacciare icervi?»«Beh no, in effetti sembra un’arma d’assedio. A lunga gittata, direi. Ecco qui l’intestazione... alcunicaratteri sono simili ai nostri... E questo è sicuramente il titolo: qualcosa tipo dra... drag... qualcosatipo dragoni . Chissà cosa significa?».«Mi ricorda qualcosa.», fece Toras, rivangando tra quelle memorie che nella sua mente eranocatalogate come “nozioni scolastiche o comunque troppo serie per essere importanti”: «Esistevaqualcuno chiamato Drago, in un’Era passata. Ne parlavano in una lezione al Tempio appenaqualche giorno fa. Si trattava di un personaggio importante, un incanalatore...».«Probabilmente allora ha qualcosa a che fare con il Potere.», intervenne allora l’adepto diMeradin, «Ma sicuramente non ci riguarda. Lasciamo che siano i nostri Pret... i nostri Divulgatoriad occuparsene.» e con un gesto secco chiese a Hysaac i documenti, poi li reintrodusse con curanel sacco.In mancanza di altri diversivi, il resto della notte fu una vera agonia. La smania di agire si stavaimpadronendo sempre più di Toras, mentre l’immobilità della cabina rischiava di farlo impazzire.Per un po’ era risucito a placare l’agitazione lanciando un pugnale contro la parete opposta ecercando di conficcarlo nel punto in cui aveva proiettato mentalmente l’immagine di Ramkin;dopo qualche tempo, però, il bersaglio fittizio lo aveva stancato e aveva cominciato a provare ilbisogno di mirare ad un essere umano. Hysaac, dal canto suo, sembrava essere stato morso dauna vipera rossa: continuava a marciare da un capo all’altro della stanzetta, gli occhi febbricitantiche scrutavano a destra e a manca, come se si aspettasse che un nemico potesse sbucareimprovvisamente da dietro un’amaca. Faceva quasi paura vederlo così: con indosso la divisabianca e scintillante dei Figli sembrava la mano vendicatrice della Luce in cerca delle vili creaturedelle Tenebre. Toras non aveva idea di che cosa stesse succedendo loro, ma sicuramente la cosadivertiva molto Talos. L’adepto anziano, infatti, non si curava di nascondere il suo sorriso beffardomentre li osservava agitarsi e soffrire nell’impazienza.Quanto manca all’alba? La domanda continuava a martellare nel cranio di Toras, adesso che nonaveva nemmeno più l’incognita dei dettagli della missione a distrarlo. L’unico pensiero in cuitrovava conforto era che, durante il passaggio di consegne della teca, qualcosa sarebbe potutoandare storto, e che avrebbe così avuto l’occasione di uccidere qualcuno.Quante ore all’alba?

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Allʹimprovviso erano riemersi così tanti ricordi. Anche se non cʹerano più stati interrogatori comequello, non era più riuscita a smettere di pensarci: aveva le idee molto confuse su quanto eraaccaduto, ricordava poco oltre il bruciore alle mani, le domande su Hilda, i suoi tre questori,davvero poco, nulla di preciso che avesse una qualche relazione con ciò che provava da allora,frustrazione, orribili sensi di colpa e unʹirrazionale nostalgia. Era frustrata da tutto ciò chesembrava legarla a Hilda ben più di quanto già non lo fosse e in un modo che non le eraassolutamente comprensibile. Si torturava ponendosi interrogativi di cui non poteva avere larisposta, cercando le connessioni, tracciando ogni possibile legame lʹavesse portata a lei in queglianni. Hilda le aveva parlato di un destino comune che le aveva unite e che ora le spingevainesorabilmente al Drago Rinato. Luce! Il Drago Rinato! Come si poteva credere ad una cosa delgenere? Come poteva credere a quella donna con tutti i segreti che le teneva? La confusione cheaveva in testa da quel giorno offuscava cose che sapeva le avevano svelato su di lei e più Mab cirifletteva più il ricordo sembrava fuggire.Incapace di venire a capo di questa situazione che la faceva sentire nuda e indifesa di fronte adun nemico che nemmeno aveva ancora individuato, i suoi pensieri vorticavano verso terreni anchepeggiori: la morte di Valel Paquis la tormentava con strazianti sensi di colpa, sentimenti sotterratiin passato con tanta fatica ora riemersi con tutta la loro violenza. Non ne capiva la ragione, nonricordava gliene avessero parlato, ma quel nome era riapparso improvvisamente nella sua mente,doloroso e insistente come una freccia conficcata nella carne, pericolosamente vicino ad unorgano vitale. Era riemerso tutto quanto e faceva dannatamente male, ma una nota positiva cʹeraperchè alcuni di quei ricordi erano davvero preziosi. Lʹimpegno che aveva messo nel dimenticarepareva aver cancellato anche informazioni che le sarebbero potute essere utili, come quella fogliaa tre punte per esempio, quella raffigurata un po ovunque in quelle prigioni, ora ricordava dovelʹaveva già vista: era un simbolo riportato accanto ad alcuni nomi del registro di Paquis, i nomi dicoloro che evidentemente venivano da Acarvende. Ora capiva e ora le tornavano in mente anchegli altri simboli, gli altri sette simboli. Ma faceva così male e il lento e monotono trascorrere deigiorni non era di alcun aiuto al suo stato morale e forse anche a quello fisico: mangiare eradiventato uno sforzo che si risparmiava il più delle volte, dormire era quasi impossibile e parlareera un fastidio che cercava di evitare. Si sentiva così scossa da aver voglia solo di piangere. Cosa leavevano fatto durante quellʹinterrogatorio?Come se questo non fosse sufficiente, era attanagliata dalla nostalgia, da un sentimentostupidamente malinconico verso quellʹassurdo senso di protezione che le aveva dato Krooche,verso quel rapporto che invece di maledire, era inutile continuare a negare, le mancava. A chepunto una persona poteva capire di essere impazzita? Se il limite era lʹincapacità di controllare ipropri pensieri mentre correvano verso cose che si reputavano assolutamente illogiche, bè alloraquel limite lo aveva decisamente valicato. Razionalmente si malediva per questo, ma ciò non leimpediva affatto di reprimere quel desiderio. Quellʹuomo lʹaveva deliberatamente fatta soffrire peril solo gusto di mostrare il suo potere su di lei, lʹaveva umiliata, lʹaveva sfruttata, lʹaveva... protetta.Per quanto si sforzasse di ricordare le crudeltà che le aveva inferto, alla fine Mab sentiva solo lanostalgia per il calore delle sue braccia.

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Sospirò profondamente, alzò lo sguardo e solo in quel momento si accorse che Draginelle non erain cella. Shawna, seduta con la schiena appoggiata al muro di fronte a lei, la stava guardando:«Cosa ti hanno fatto?»Mab guardò meglio la sua compagna di cella per accertarsi che fosse stata davvero lei a parlare.Era la prima volta che sentiva la sua voce e la cosa la lasciava tanto stupita da dubitare di esserseloimmaginato.«Scusa?»«Dallʹultimo interrogatorio... ti hanno fatto qualcosa. E chiaro»Mab boccheggiò, colta così impreparata da quellʹinattesa conversazione da non saper cosa dire.«E qualcosa di spaventoso. So come ti senti. Se non smetti di pensarci, finirà per consumarti»disse lʹaltra donna mentre le si avvicinava e le si sedeva accanto. «Non ricordi cosʹè successo?»Mab la osservò, ancora indecisa se essere più stupita o perplessa da quellʹimprovvisadimostrazione dʹinteresse nei suoi confronti.«Non ti mangio mica» si difese Shawna dallo sguardo che doveva averle rivolto. «Se non ti va diparlarne, pace. Nessuno ti capisce meglio di me, credimi, ma ci sono già passata: ti farà beneparlarne un po . Sfogati, che hai da perdere?»Niente, in effetti. Studiò la compagna di cella ancora qualche istante: il viso sereno, unʹespressionerassicurante, di chi la sapeva lunga e in qualche modo avrebbe potuto darti un consiglio. Unatteggiamento nuovo, assolutamente inatteso. Ma davvero, che aveva da perdere a parlare?«Credo... credo di aver parlato di cose che... cose che non volevo dire nemmeno a me stessa. Eʹpossibile che loro possano fare questo?»Shawna alzò le spalle.«Forse è solo quello che vogliono farti pensare, così che al prossimo interrogatorio glielo diraipensando di averglielo già detto»Mab tacque qualche attimo riflettendo su quellʹidea «Mi sembra contorto» disse infine.«Cosa non lo è qua dentro?» ribattè lʹaltra.Mab non replicò. Sapeva così poco del Potere. Tutto poteva aver senso e forse niente.«So come ti senti. Non lasciarti sopraffare» disse Shawna dandole unʹamichevole colpetto su unginocchio.«Lʹhanno fatto anche a te?»«A me hanno fatto un po’ di tutto. Lʹhai visto, no?»«Io ho sempre risposto alle loro domande. Ho detto loro tutto o quasi quello che mi hannochiesto. La maggior parte delle volte ho lʹimpressione che loro sappiano più cose di me, di quantene sappia io stessa»Shawna rise. «Loro cercano informazioni ed ogni metodo è buono per ottenerlo. Non abbatterti:quando ti avranno spremuta come un limone, ti lasceranno»«Come lo sai?»«Non lo so affatto, ma volevo consolarti. Non sono tagliata per queste cose» le diede un altrocolpetto su un ginocchio e ritornò a sedersi dallʹaltra parte della cella.Mab la osservò a lungo: dopo quelle poche parole aveva ripreso a comportarsi come suo solito,estraniandosi come se non esistesse nessuno lì dentro oltre lei. Eppure Mab continuava aguardarla cercando di capire cosa fosse cambiato in lei, cosa all improvviso sembrasse tantodiverso da... da suscitarle simpatia e curiosità.«Perchè?» chiese infine.Shawna la guardò sorpresa, come stupita di vederla lì. Dopo qualche attimo chiese«Perchè cosa?»«Perchè allʹimprovviso mi parli?»«Te lʹho detto: so cosa provi. Se la cosa ti irrita, non lo farò più.»

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«No, non è questo. E solo che non mi hai rivolto la parola in più di un mese che siamo rinchiusequi insieme. Non parli mai a nessuno... e ora questo. Capirai che io possa essere stupita»Shawna alzò le spalle e, dopo una breve risata secca, rispose«Effettivamente si, ma cʹè un motivo preciso per cui non parlo mai e dovresti ringraziarmi perquesto: quella» e con la testa indicò lʹangolo della cella solitamente occupato da Draginelle «mi haraccontato tutta la sua vita senza che io le chiedessi nulla. La cosa è andata avanti per giorni.Giorni! Meno male che poi si è offesa e ha deciso di chiudersi nel mutismo totale o avremmo datodi matto come la donna che è stata in cella con lei prima di me»Mab boccheggiò qualche istante cercando una risposta«Dai, non è poi così male. Draginelle è solo...»«Logorroica. Mostruosamente, maledettamente logorroica. Davvero, ringraziami! E decisamentemeglio il silenzio alla sua voce costante»Mab rise piano, incapace di contraddirla in effetti. Shawna sembrava simpatica dopo tutto. Chilʹavrebbe detto?«Io già di mio non amo molto la chiacchiera, il mutismo nei suoi confronti è stata lunica ancora disalvezza. Da quando ti ho vista così però... bè, sarebbe un peccato se riuscissero a spezzarti» disseShawna.«In che senso?»«Te lʹho detto: sono disposti a tutto pur di ottenere quello che cercano da te. Cerca di tenereduro»Questa volta fu Mab ad alzarsi e andare a sedere accanto alla sua compagna.«Pensavo che non ti importasse di me. Pensavo che non ti importasse di niente in realtà»Alzò ancora le spalle.«Forse. Ma cʹè qualcosa in te che... non so, mi somigli forse e a maggior ragione credo di saperecome ti senti. Mi dispiaceva vederti così»Mab la guardò storto«Che ne sai tu di me?»«Bè, niente in effetti. E una sensazione così, a pelle. Capita a volte, no? Non so davvero nulla dite, non so nemmeno da dove vieni: sei così... particolare» disse lisciandole una guancia con undito e guardandola in quel suo modo che metteva a disagio.Che donna strana, pensò Mab, ma in fondo chi non lo era, almeno un poʹ?«Sono nata a Daing, giù al sud nella Confederazione» confessò infine.La donna emise un fischio.«Un bel viaggetto fin quassù. Ha una sua ironia che tu sia finita qui dopo aver fatto tanta strada!»«Chiamala ironia...»«Non ho mai viaggiato nelle regioni del sud, per questo non avevo mai visto una persona come te,con la pelle scura. Siete tutti così laggiù?»Mab cominciò a parlare e senza nemmeno rendersene conto si ritrovò ancora a raccontare lastoria del suo viaggio da Daing fino ad Acarvende, solo omettendo qualche dettaglio scomodo.Aveva giudicato male Shawna: per quanto fosse strana, era riuscita in soli pochi minuti adalleviarle il peso che quellʹinterrogatorio le aveva lasciato. Lo capì quando si allontanò da leinellʹudire Draginelle che veniva ricondotta in cella e la situazione ritornò comʹera stata fino a pocoprima: un silenzioso stagnare di cupi pensieri.

Che fame aveva! A giudicare da quel che trasmetteva il legame, da giorni ormai quella stupida diHilda doveva essersi data a qualche assurda dimostrazione di forza di volontà rinunciando al cibo,cosa che aveva fatto tornare lʹappetito a Mab, ma un appetito che di giorno in giorno si facevatroppo ingordo per le misere razioni che venivano distribuite nelle celle. Perchè quella donna

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doveva essere tanto ostinata?A parte questo stava meglio: nonostante altri due pesanti interrogatori, stava riprendendo ilcontrollo sulle proprie emozioni, la memoria a fatica aveva colmato i buchi e il fatto di essere statacondotta alla Buca almeno un giorno, di aver potuto incanalare almeno per pochi minuti, le avevadato una sferzata di ottimismo. Una sensazione frivola, ma che le bastava a sentirsi meglio almenoin certi momenti. Il passato era il passato, nulla avrebbe potuto cambiarlo, il futuro non le era datoconoscerlo, quindi non valeva la pena arrovellarsi il cervello nel vano tentativo di interpretarlo. Ilpresente erano quelle squallide mura di roccia, era quellʹaria chiusa e pesante, era quella lucefioca e quel silenzio irreale. Voleva venirne fuori, ora desiderava soltanto uscire di lì.Era difficile conteggiare il passare del tempo in cella, ma Draginelle sembrava essere uscita da ore,avevano anche portato un pasto nel frattempo. Non ricordava che nessuna di loro fosse statafuori tanto a lungo. Shawna non parlava: dalla loro prima inattesa chiacchierata ne erano seguiteun paio altrettanto sorprendenti quanto piacevoli, poi era tornata ad essere la solita presenzaevanescente, ultimamente poi appariva ancora più sulle sue del solito, persa nelle sue riflessioni.Distolse lo sguardo dalla compagna quando sentì il rumore dellʹapertura del portone in fondo alcorridoio, seguito da passi. Doveva trattarsi di Draginelle, ma con grande stupore invece leguardie che si fermarono davanti alla cella scortavano unʹaltra donna: saltava allʹocchio la suabassa statura e il fatto che fosse evidentemente reduce da un combattimento, con i suoi abitilogori e i capelli scappati malamente da unʹacconciatura che doveva averli tenuti bene in ordine,un tempo. Sangue secco le segnava un lato del viso dai lineamenti regolari ed estremamenterilassato a dispetto della situazione in cui si era appena ritrovata.Si lasciò leggermente spintonare dalle guardie per entrare, senza scomporsi minimamente.Guardò Mab, poi Shawna, ancora assorta nel suo mondo, quindi si mise a sedere incrociando legambe osservando attentamente la cella.Improvvisamente le puntò gli occhi addosso e sorrise«Bene, comʹè che si esce di qua?»A quelle parole Shawna finalmente si girò a guardarla. Le comparve un sorriso strano sulle labbra.«Viva?»La nuova arrivata rise più di quanto la battuta meritasse, poi fece spallucce.«Bè, in un modo o nellʹaltro»«Allora qualche possibilità dovresti averla. Accomodati, credo si sia liberato quellʹangolo» disseShawna, loquace come non mai, indicando il pagliericcio solitamente occupato da Draginelle.«Ma?» cercò di fermarla Mab.«A questʹora o lʹhanno liberata o lʹhanno ammazzata» tagliò corto lʹaltra «Ad ogni modo il suogiaciglio è libero e la nostra nuova compagna di stanza si chiama?»«Thea» la donna si lasciò andare sul pagliericcio e, con aria incredibilmente stanca quanto serena,sorrise ad entrambe.

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Non sapeva di preciso cosa stesse aspettando. Mancava un piccolo tassello alla sua coscienza,ancora uno. Fondamentale. Quello forse era lʹunico motivo che la tratteneva ancora li. Si chiedevacosʹavrebbe dovuto fare, cosa le convenisse: doveva fingere di essere impazzita? Forse una sanacommiserazione, lʹimplorazione di una punizione esemplare su sé stessa avrebbe convinto tuttidella sua redenzione e avrebbe dato anche un certo spettacolo. Alla fine sarebbe sembratacomunque pazza agli occhi di tutti. Le fu difficile trattenere la risata al pensiero. Le guardieavrebbero sentito però e ora non aveva ancora deciso che strada intraprendere. Stava aspettando,anche se non sapeva ancora esattamente cosa.Non aveva calcolato di finire nelle prigioni di Calavron. Non cʹera stato un piano di nessun tipodietro quello che aveva fatto, ma il sangue dei suoi esaminatori il giorno della prova dʹammissioneera sembrata la cosa più interessante da vedere. La cosa aveva stupito lei stessa quanto i servitoriche erano entrati poco dopo nella sala. Trovarsi di fronte cinque cadaveri diversamente smembratili aveva spaventati a morte. Quella era stata la loro prima reazione. Poi avevano guardato lei echissà cosʹavevano visto sul suo volto: a quel punto la loro reazione era stata di sbalordimento. Poierano scappati. Tutti e tre di corsa.La Somma Neves in persona era venuta poi a vedere cosa fosse successo e anche sul suo bel visoerano mutate espressioni diverse: prima stupore, poi raccapriccio e infine un misto tra reverenzae timore. Norah le aveva sorriso per questo e si era lasciata condurre da lei alle prigioni.“Una misura cautelativa” continuavano a ripetere tutti con un certo imbarazzo. Erano tuttisbalorditi dallʹaccaduto: le porte della sala della prova dʹammissione si erano chiuse alle spalle diNorah, lasciandola sola con i suoi cinque esaminatori, si erano riaperte poi mostrando Norah inpiedi, tranquilla e serena, intenta ad allontanare i piedi dalla pozza di sangue che si allargava sulpavimento in marmo bianco venato di grigio. Nessuno voleva anche solo formulare il pensierodellʹaccusa, men che meno darle voce. Quindi “in misura cautelativa” Norah era in cella. Enessuno sapeva esattamente cosa farne.La Somma Neves si stava occupando personalmente di lei, la visitava quasi quotidianamente, lefaceva domande e le diceva spesso frasi di cui Norah non capiva esattamente il significato, tipo«Io servo e obbedisco» oppure «Ricordate sempre la fedeltà che vi sto dimostrando».La ragazza non chiedeva spiegazioni, si limitava solo a rispondere sinceramente alle domande chela Somma le faceva su quanto era accaduto, sui sogni che faceva, su certi ricordi che avevamenzionato. Ignorava del tutto cosa poi la donna facesse di tali informazioni, certamente non ledivulgava fuori da quelle mura o a quel punto Norah sarebbe già stata giustiziata. La Somma davachiaramente lʹidea di lavorare per qualcuno sopra di lei, qualcuno che temeva, qualcuno che lagiovane fremeva allʹidea di conoscere.La sua coscienza era stabile adesso. Quasi del tutto. Mancava ancora quel tassello, come unachiave di lettura che avrebbe finalmente chiarito tutto. Per quanto le fosse oscuro comprenderequel punto, si sentiva in possesso di una pazienza infinita nellʹaspettare che ogni parte delrompicapo andasse a posto da sola. Perchè ci sarebbe andata, lo sapeva.Un solo pensiero turbava la sua serenità. Non aveva più incontrato Julian da quel giorno. Avevaincrociato per un attimo i suoi occhi mentre la guardia personale della Somma la scortava alleprigioni. Occhi preoccupati, colmi di paure e sensi di colpa. Julian era tipo da addossarsi la colpaper un problema come quello e la stessa cosa avrebbe fatto Dimion. Ma sospettava che in quelpreciso momento fossero entrambi combattuti tra il dare adito ai dubbi che avevano sempre avutosu di lei e cercare per contro un sistema per dimostrare lʹinnocenza della ragazza. Quasi provòtenerezza nel pensare alla fatica che dovevano fare per dimostrare prima di tutto a sé stessiquellʹinnocenza. Lei ormai aveva capito di non essere esattamente Norah, ma loro? Norah era ilsuo nome, Norah era il nome che aveva la sua persona in questʹepoca, ma non era il nome dellepersone a cui appartenevano i suoi ricordi. Dubitava che Julian fosse disposto ad ammettere che

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non esisteva nessuna Norah. Sarebbe stato bello, sarebbe stato meraviglioso averlo ancora al suofianco, ma Julian non avrebbe capito. Questo turbava la sua serenità. Questo pensiero alle volteancora si insinuava in profondità, provocandole dolore. Era capitato che gli occhi di Julian fosserola causa per cui si svegliava allʹimprovviso nel cuore della notte e si trovasse incapace di smetteredi piangere. Julian era una debolezza di cui faticava a liberarsi. Faticava perchè in realtà nonvoleva affatto liberarsene. Gli occhi di Julian non turbavano la sua serenità, la tormentavano.Una linea argentea baluginò a mezzʹaria allʹimprovviso, poi si espanse roteando in un rettangologrande abbastanza da sembrare una porta. Ne uscì un uomo, un uomo che aveva più volteincontrato in giro per la città. Stranamente non ne fu stupita. Avvertì piuttosto un senso difamiliarità nei suoi occhi del colore dellʹoro.Lʹuomo rise brevemente e disse«A questo punto sono abituato ad un inchino, ma suppongo di non dovermelo aspettare da te»Allo sguardo interrogativo che Norah doveva avergli rivolto, lʹuomo rispose«Hai ragione, direi che è giunto il momento delle presentazioni» e allungò la mano senza peròdire il proprio nome.Non servì, non servì affatto. Al tocco della sua mano Norah comprese il suo nome e quello di tutticoloro che si portava dalle epoche precedenti, di tutti coloro che lo univano a lei, quasi fosserofratelli in un certo qual modo. Dorian sorrise evidentemente conscio del mutamento che stavaavvenendo in lei, di quellʹultimo tassello che reclamava il suo posto nella coscienza di Norah.«Bentornata» le disse infine, ancora tenendole la mano.Norah allargò un sorriso fiero e soddisfatto, si sentiva vibrare di unʹenergia pulsante, colma di unanuova vitale consapevolezza«La Torturatrice è rinata» disse quasi in un sospiro di piacere, citando la profezia che annunciavail suo ritorno.

«Temo che tu, Dorian, abbia dato per scontate troppe cose»Il Prescelto perdeva le staffe troppo facilmente quando discutevano, o almeno il suo prendere acamminare avanti e indietro lo dava a pensare.«Non avresti dovuto farti trarre in inganno dalla mia giovane età. Non sono gli anni che hotrascorso con questo corpo, ma le memorie che mi appartengono a rendermi quella che sono»continuò.Lui represse un verso che pareva un ringhio prima di parlare«Non ti sto chiedendo di obbedirmi, ma solo di collaborare con me»«Un modo edulcorato per portarmi ad assecondare il tuo piano, Dorian»Dopo averlo seguito oltre il passaggio che aveva aperto nella sua cella, avevano Viaggiato fino allaradura desolata dove Dorian era solito rifugiarsi quando aveva bisogno di starsene da solo,lontano dagli affari degli uomini e soprattutto dagli occhi curiosi dei loro colleghi. Erano rifugiati lìgià da qualche giorno, tempo prezioso in cui il Prescelto stava portando la sua nuova allieva allapiena maturità. Dorian le aveva fornito fondamentali informazioni, le aveva rammentato nozioniche ancora non erano affiorate alla sua memoria latente, lʹaveva anche messa a conoscenza deisuoi piani, o parte di essi. Il ritorno di Norah al momento era un segreto che il Prescelto volevatenere per sé, usandolo come asso nella manica al momento opportuno. Questo a Norah nonpiaceva per nulla: i Servi si usavano, non lei, non una Prescelta. Aveva intenzione di farglicomprendere questa differenza fin da subito. Era vero che lei aveva bisogno di lui per sviluppareappieno le sue abilità sopite, ma questo non implicava una sua sottomissione, in nessuna misura.Glielo avrebbe chiarito, in un modo o nellʹaltro.Il Prescelto finalmente smise di camminare avanti e indietro, gli occhi di Norah non lo avevanoabbandonato un solo secondo, il che evidentemente lo infastidiva, lo faceva sentire sfidato.

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Ricambiò lo sguardo di scatto.«Tu cosa proponi? Sentiamo»Norah sorrise soddisfatta, deliberatamente tardò la risposta, in modo che quel silenzio rimarcassequella cessione.«Non ho alcuna intenzione di nascondermi. Non è nelle mie corde. Non amo nemmeno mettermiin mostra, ma voglio che si sappia che ci sono, voglio che si tema la mia presenza. Il tuo piano inrealtà non mi dispiace, anzi credo sia piuttosto valido. Collaborerò con te e terrò segreto questonostro sodalizio, ma non la mia venuta. Il Signore Supremo e il mondo devono sapere che laTorturatrice cammina di nuovo sulla terra»«Che intenzioni hai?»«Devo tagliare col mio passato: lascerò a Calavron il segno indelebile della mia venuta e recideròogni legame con la bambina che ha vissuto lì in questi anni»Dorian sospirò, palesemente poco entusiasta di quella mossa, ma allo stesso tempo rassegnatoallʹidea di lasciarle campo libero, tanto che disse«Uccidi anche la Somma Neves, è lʹunica che può risalire al nostro legame»«Sarà fatto» rispose e dopo una breve pausa aggiunse «Mi recherò alla Dimora subito dopo, nonvoglio cacciarmi nei guai per questo nostro segreto»«Confido nella tua arguzia su quanto svelerai»Norah annuì: la sua fedeltà al Sommo Signore era assoluta, ma non era così cieca da lasciarsisfuggire ogni vantaggio che poteva avere.

Era una bella giornata di sole a Calavron, le strade erano percorse dal solito traffico di mercanti emassaie indaffarate. Faceva uno strano effetto camminare in mezzo a loro sapendo di non esserericonosciuta, ma indossare lo Specchio degli Inganni era stato necessario se voleva agireindisturbata. Anche lʹintricato fermacapelli che le cingeva la testa era stata una richiestanecessaria, che per fortuna Dorian le aveva concesso: non si sentiva ancora così sicura di gestire ilproprio reale potenziale e aveva bisogno di attingere al massimo dalla Fonte per mettere in atto lospettacolo che aveva in mente.Percorse a lungo le vie della città, rimirando ogni angolo le ricordasse stralci della sua vita appenatrascorsa. Norah non voleva scappare da quei ricordi, li voleva invece affrontare ed eliminareserenamente, come si faceva con gli avanzi della cena. Peccato che non fosse così semplice, cʹeraancora qualcosa che la turbava, ma quel giorno avrebbe debellato tutto.Era già pieno pomeriggio quando entrò allʹAccademia. I flussi invertiti impedivano a chiunque diavvertire la quantità di Potere che già stava attingendo e rendevano invisibili le tessiture checompiva sulle guardie e i passanti man mano che avanzava. Giunta alle aule aprì le danze:schermati dalla Fonte, maestri e apprendisti si guardarono attorno chiedendosi cosa stessecapitando, poi presero ad uccidersi lʹun lʹaltro. Norah osservava, aspettando altri che sarebberoentrati attirati dallʹinsolito fracasso e sarebbero stati catturati nella stessa trappola mentale.Caddero a decine, in un tempo anche minore di quello che aveva ipotizzato. Perlustrò ogni stanzadellʹAccademia, dagli alloggi alle cucine. Ovunque seminò morte, silenziosamente. E troppovelocemente per i suoi gusti, ma il suo piano necessitava di tempi brevi, non dei lenti e agonizzantigiochi che avrebbe voluto fare. Nessun Guaritore rimase in vita, nemmeno un solo giovanestudente. LʹAccademia taceva quando ne uscì, consapevole che presto lo scempio al suo internoavrebbe gettato la città intera nel panico.Per questo si affrettò alla Colonna. Aveva un Consiglio da sterminare lì e sicuramente altriGuaritori. Quando mostrò il suo vero aspetto alla Somma Neves, vide il suo bel viso sbiancare:una traccia di speranza aleggiava ancora nel suo sguardo, ma il terrore lʹaveva avvinta quando siera ritrovata ad essere lʹunica superstite dellʹedificio. Norah bloccò su di lei flussi che la

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imbavagliavano e la tenevano sospesa al centro della scalinata circolare della Colonna. Quello chenon sapeva era che nessuno sarebbe potuto entrare a salvarla.«Tornerò dopo da te»Salì in cima e osservò la città dallʹalto. Gente che correva freneticamente, urla strazianti. Era ilcaos. Calavron non sarebbe stata più la stessa, mai più.Ora cʹera unʹultima cosa da fare. La cosa più importante. Una parte di lei fremeva per questo,lʹaltra si dimenava per fermarla. Rimase lì qualche istante, poi aprì il portale.Julian stava riparando lʹanta di una finestra, le dava le spalle e non si accorse di lei. Norah rimaseun po a guardarlo. Il suo Julian. Le era sempre piaciuto osservarlo quando lui non se neaccorgeva. Faceva male ora. Non doveva essere così, non poteva avere una simile debolezza. Lei!«Ciao Julian» disse mantenendo il tono più piatto che poteva. Sentì però la sua voce tremareappena. Quel tanto che la infastidì.Lui si girò di scatto, evidentemente colto alla sprovvista. Ripresosi dalla sorpresa, il suo voltosʹincupì.«Cosa ci fai qui?»«Credevi davvero che non ci saremmo mai più rivisti?»«Da un lato lo speravo...» disse Julian senza finire la frase.«Dimion? Non cʹè?» chiese lei guardandosi attorno.Se possibile lui sʹincupì maggiormente«Mio padre è morto»Norah fissò il ragazzo, incredula e sopraffatta da un insensato dolore.«Quando?»«Il giorno del tuo esame. Non ha sopportato quello che è successo»Il viso di Julian era triste, ma il suo sguardo era fermo su quello di Norah.«Mi chiedo ancora come abbia potuto sopportarlo io» continuò dopo una pausa di silenzio.Norah si sentiva male, dannatamente troppo male. Nonostante il motivo per il quale si trovava lì,nella casa in cui era cresciuta, questa notizia l aveva presa così di sorpresa da non essere in gradodi reagire.«Quindi? Perchè sei qui?» chiese Julian, il suo volto duro come non lʹaveva mai visto.«Sono venuta a seppellire Norah»«Chi sei in realtà?»Norah sorrise sarcastica«In fondo lʹhai sempre saputo, no?»La sicurezza nello sguardo di Julian svanì tutta allʹimprovviso quando lacrime gli inondaronoquegli occhi chiari che lei aveva sempre amato.«Tu non puoi... non puoi essere... tu sei Norah, la mia Norah» balbettò confuso.«La Senza-memoria appare nella città Luciferae la speranza del mondo crolla sotto la sua innocenzaè lʹOmbra che la guida, lʹOmbra che la osservaed è lʹOmbra che risveglierà il suo destino assopito.La senza-memoria Vive e la Torturatrice rinasce» citò lei«Dimion conosceva la profezia. Dimion l aveva colta fin dallʹinizio, voi stessi me lʹavete detto. Casati stupisce ora?» concluse.Julian scoppiò in un singhiozzo invece di rispondere. Lei gli si avvicinò e gli accarezzò unaguancia bagnata. Avrebbe voluto non provare dolore per quello, invece le si stringeva il cuore.«Tu sei la mia piccola Norah, tu sei...»«Una Prescelta» finì la frase lei, sforzandosi di guardarlo dritto negli occhi, attingendo allʹorgoglioche le dava quella parola per trovare il coraggio necessario.

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Lui ritrasse il volto, ma lei lo prese con entrambe le mani, portandolo davanti al suo.«Una Prescelta, Julian! Sento lʹUnico Potere scorrermi nelle vene con un impeto spaventoso. Hole memorie dei miei predecessori che confluiscono nelle mie dandomi una sapienzainimmaginabile. Avverto il richiamo del mio Signore, forte e imperioso, e lʹavvicinarsi della gloriache mi dar໫No...» sussurrò lui«Si Julian! Sono una delle creature più potenti al mondo. Mi sento in grado di fare ogni cosa,Julian, qualsiasi cosa! Vorrei che tu potessi provare quanto è inebriante!»Lo baciò appassionatamente in preda ad unʹondata di piacere.Lo spinse via di scatto quando si accorse di essere stata pugnalata.«TU!» ringhiò, iraconda ed incredula, mentre lʹaveva già bloccato con flussi dʹaria. Si strinselʹaddome, spingendo lʹabito contro la ferita che grondava sangue caldo.«Norah fermati» sussurrò lui tra le lacrime.«Tu! Tu sei la mia sola debolezza!»«Norah ti prego» la implorava «Norah non farlo»La vista le si stava offuscando. Non poteva averla ferita mortalmente, non poteva essere già cosìdebole. Le ci volle qualche momento di smarrimento prima di capire che erano lacrime quelle chele impedivano di vedere chiaramente.«Avrei voluto che tu potessi comprendere. Sarebbe stato così bello averti al mio fianco»I singhiozzi erano ormai lʹunica risposta che lui riuscisse a dare.«Ci siamo sempre voluti illudere, vero Julian? Tu, Dimion, io...»«Non uccidermi» riuscì a stento a dire.«No» disse lei «Voglio solo prendere da te ciò che mi appartiene»Il tessuto della camicia di Julian cominciò a lacerarsi allʹaltezza del torace, poi la pelle fece lostesso. Lo squarcio continuò a dilaniare il petto del ragazzo, mettendogli in mostra le ossa e poispaccandole in un suono secco. Norah si avvicinò a Julian, prese in mano il suo cuore ormaivisibile, fissò i suoi occhi vitrei e sussurrò «Questo appartiene a me»

«No, non così! Non puoi saltare la mia pedina!»Siadon fermò la mano prima di completare il movimento, fissando perplesso la pagliuzzamalridotta che teneva tra le dita. Il suo compagno di cella più giovane gli stava spiegando le regoledi un gioco da tavolo che andava di moda da quelle parti, o per lo meno nelle locande allʹesternodella prigione, dove si potevano trovare delle vere pedine e delle vere scacchiere.«Lʹho fatto anche prima» protestò lʹassassino poco convinto.«Sì, ma prima la posizione non era difesa» Tairl, così si chiamava il ragazzo, batté lʹindice su unadelle sue pagliuzze «vedi?»«Hmm» annuì Siadon studiando una mossa alternativa. Era in prigione da alcuni giorni,

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probabilmente sei, non era sicuro di quanto tempo fosse passato dalla cattura al suo risveglio.Sempre ammesso che le abitudini a cui erano costretti rispecchiassero in qualche modo le giornatereali, questo non aveva modo di saperlo. «Qui posso muovermi?»«Sì, lì va bene. Però lasceresti scoperto questo lato. Ma davvero non hai mai visto questo gioco?»Siadon alzò le spalle continuando a studiare la scacchiera improvvisata sul pavimento della cella.«Questo no. Forse uno simile, a Kerien, ma non conosco nemmeno quello»Tairl si inumidì le labbra, convinto di non essere visto. In quella prigione le informazioni potevanovalere molto, il ragazzo sperava di scoprire qualcosa e Siadon non vedeva lora di accontentarlo.Aveva già suggerito qualcosa nei giorni prima ma non poteva sbottonarsi velocemente, in fin deiconti era un assassino, doveva mantenere una certa riservatezza. Dettaglio dopo dettaglio stavacostruendo il nuovo Siadon ma era un lavoro che necessitava di estrema lentezza.«Kerien? E sul mare interno, giusto? E davvero così brutto vivere nella Confederazione?»Siadon alzò lo sguardo verso Tairl, rimanendo inespressivo.«Quelli come me e te vengono cacciati, sempre, senza alcuna tregua. Vivono nascosti, lontano daicentri abitati, con la paura di svegliarsi nel mezzo della notte circondati da Manti Bianchi. O anchesolo dai propri vicini, non cambierebbe molto. Spesso i genitori consegnano i propri figli agliInquisitori subito dopo averli scoperti ad Incanalare. Non lo fanno per paura, sono davveroconvinti che sia la cosa giusta da fare!»Taril lo fissò sbalordito «Mi prendi in giro? Pensavo fossero più che altro storie gonfiate»«No, è la realtà. Di che storie parli?» Siadon aveva scoperto solo il giorno prima, con enormestupore, che i Ribelli vivevano in diverse città. Ora era deciso più che mai a non sottovalutarealcun dettaglio.«Ogni locanda ha qualche vecchio ubriacone pronto a giurare di aver visto con i propri occhiqualcosa del genere. Ragazzini ripudiati e bruciati vivi, Incanalatori marchiati a fuoco e costrettiad aiutare i Manti Bianchi a scovare altri come noi... cose così.»«Nella Confederazione li chiamano Traditori.» annuì Siadon «Quelli marchiati a fuoco e tutto ilresto intendo» continuò, vedendo la faccia sempre più perplessa del ragazzo. «Tu non hai mailasciato questa città, vero?»«Oh no, io non sono di qui. Vengo da Shar Shain.»«E perché non ti hanno rinchiuso lì?»«Non siamo bravi quanto i Geinzana a tenere sotto chiave gli Incanalatori...»Siadon sorrise complice, era più che convinto di trovarsi davanti ad un completo idiota ma laconversazione iniziava a farsi interessante.«In cosa siete specializzati a Shar Shain?» Ricorda i bei tempi a casa tua e svuota il saccoTaril esitò alcuni istanti «Tanto da qui non usciremo molto presto. Di certo non farai la spia aiManti Bianchi!» dopo alcune risate, spente rapiamente dal volto impassibile di Siadon, continuòcon tono fiero «Siamo lʹelité nelle tessiture da combattimento. I Neglentine formano lʹesercito, masiamo noi, i Ladrielle, ad essere la vera forza portante. Loro duellano con le spade, noi vinciamo lebattaglie!»E tu sei stato scartato alle selezioni, o qualcosa del genere da come ne parli.«Non cʹè molta simpatia, vero? Con i Neglentine intendo...»«Simpatia? Vuoi scherzare? Adorano lottare e sporcarsi di sangue più delle bestie, sono tantoindisciplinati che a volte non possiamo attaccare per non colpire anche loro!»E questa dove lʹha sentita? Altre storie da locanda? Di che battaglie sta parlando, non ci sono verebattaglie tra Ribelli e Manti Bianchi dalla Luce sa quando! Parla di esercitazioni o di scontri con itrolloc? Così su due piedi direi che se ne vedesse uno scapparebbe... se gli dicessi di averne uccisi dueparlerebbe di più ma prima devo scoprire chi sono gli altri prigionieri.Siadon inclinò il capo «Non dirmi che Varald è un Neglentine!?»

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Taril lo fissò con un sorriso ebete stampato in volto «Assomiglia alla descrizione vero? Una bestiasanguinaria senza cervello, proprio lui!» strinse i pugni fissando il giaciglio vuoto dellʹenormecompagno di cella, ora sotto interrogatorio da qualche parte nelle prigioni così come Madanor,lʹaltro carcerato. «No, è un Faine. Loro vivono a Coraman, dove cʹè il Consiglio degli Anziani, unaspecie di capitale...»Un rumore di catene trascinate interruppe il ragazzo. I carcerieri, del clan Geinzana secondoquanto aveva appreso Siadon, stavano riportando qualcuno nelle celle e Taril aveva il terrore diveder tornare Varald. Cosa che puntualmente accadde poco dopo.

Calavron era un alveare in cui era appena stata uccisa lʹape regina: una folla impazzita gremiva lestrade attorno allʹAccademia, le urla assordavano, lʹodore di sangue impregnava lʹaria, nessunoaveva la minima idea di cosa fare. Dorian osservava la scena dal vicolo adombrato in cui avevaaperto il portale per seguire Norah. Troppo tardi. Tardi per fermare quello scempio fuori da ognicontrollo e da ogni piano. Una mossa avventata lasciarle tanta libertà. Seguirla non era servito anulla: la ragazza aveva devastato la città in un attimo. Ma a che prezzo, si chiedeva Dorian. Comeavrebbe reagito il Sommo Signore a quellʹiniziativa? E che ne era di lei ora? Le aveva applicato unterʹangreal in modo da sentire quando incanalava. Quando e quanto. Aveva attinto così tantoPotere che quellʹimprovviso silenzio non poteva significare altro se non che quella stupida si erabruciata. No, la stupida non era lei. Era lui che le aveva permesso di farlo.La raggiunse nellʹultimo punto in cui lʹaveva percepita: la casa di Dimion e Julian. Aprì un varconel bosco di fronte, esattamente dove anni prima lʹaveva adagiata sulla neve perchè quellafamiglia la raccogliesse e lʹaccudisse. Lʹodore di sangue lo colse mentre varcava la soglia. La scenaallʹinterno lo lasciò senza fiato: Julian era sospeso da terra, il petto squarciato grondava sanguelungo il suo corpo fino a gocciolare sul pavimento, Norah gli stava di fronte vicinissima, nellamano destra stringeva quello che doveva essere il cuore del ragazzo.Gli occhi vacui della Prescelta si girarono lentamente verso Dorian, la ragazza aprì la bocca, alzòlentamente una mano insanguinata e perse i sensi un attimo dopo. Nel soccorrerla notò lʹabitoimbrattato di sangue allʹaltezza dello stomaco. Un pugnale sul pavimento poco distante da loro glidiede la spiegazione di quella ferita.Risvegliare Norah richiese ogni reminiscenza che Dorian avesse sulla Guarigione. La ragazza nonera morta, non si era nemmeno bruciata, ma era andata molto vicino ad entrambe le cose. Curarlarichiese giorni. Troppi giorni. Il Prescelto quasi impazzì nellʹattesa di sapere quanto alto fosse statoil prezzo della follia di averle permesso quel gesto. Giorni a nascondersi, aiutato soltanto dai suoifedeli Segugi Neri che avvertivano ogni presenza potesse impensierirlo. Giorni a far sparire traccedi sé da quel che era accaduto a Calavron. Giorni a mentire, ma era palese che Aman sospettassedi lui. Dannata ragazzina! Con questo si era giocata tutta la sua fiducia. Tutta! Non importavanole memorie che portava dentro di sé, poteva essere anche la più potente tra i Prescelti, ma ora era

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e si comportava come una dannata ragazzina! E lui lʹavrebbe trattata come tale. Aveva voglia dimordere qualcosa.

«Io ti porterò dal Sommo Signore e sarò io a spiegargli quanto è successo a Calavron» non tardòmolto a chiarire la situazione, quando Norah riaprì gli occhi «Tu non hai più voce in capitolo,chiaro?»La ragazza annuì, docile come forse non lo era mai stata. Era spaventata, questo era evidente. E loera perchè il suo Potere pareva essere diminuito dopo quello che aveva fatto a Calavron. Potevaessere una questione temporanea, ma al momento lei stessa aveva fatto la scoperta e ne erarimasta allibita. Dorian non poteva constatarlo, ma dallʹespressione della ragazza era apparsochiaro che non mentiva. Da un certo punto di vista era certamente un bene perchè quellacondizione la rendeva insicura e succube nei suoi confronti, dallʹaltra parte Dorian aveva contatosulla sua alleanza e il suo Potere era parte integrante di quel sodalizio. Forse era meglio che fossepiù malleabile. Guardò di nuovo gli occhi della ragazza, quello sguardo da cui era scomparsalʹimpudente traccia di arroganza che lʹaveva contraddistinto. Si, era meglio averla docile.«E ora veniamo alle spiegazioni»Sembrava essere diventata lenta a reagire, o forse le ci era voluto un po per ricordare di averdimenticato qualcosa a Calavron.«Che intenzioni avevi con Neves?»Era cambiata, era vero, ma non tanto da diventare una stupida codarda.«Non cʹè bisogno che te lo spieghi» disse guardandolo negli occhi senza paura.«Non ti fidavi di me, è così?»«Avresti fatto lo stesso al posto mio»«Vero, forse. Infatti non è tanto il fatto che la volessi interrogare che mi ha infastidito»«Cosa allora?»«Il fatto che tu mi credessi tanto stupido da confidare parte dei miei piani ad unʹinsignificantepedina come lei»Dopo una pausa di silenzio continuò«E il fatto che sono quasi morto per superare le trappole che avevi intessuto nella Colonna»«Il fatto che tu ne sia sopravvissuto è segno che si, ti avevo sottovalutato»Abbassò lo sguardo e continuò«Credo di dover apprendere da te»Dorian sorrise incredulo, colpito dallʹodore di vergogna che emanava la ragazza. Si, era un beneche si fosse indebolita.

A Kabanil piaceva domandarsi come dovesse sentirsi un prigioniero mentre percorreva queicorridoi labirintici: il senso di smarrimento doveva essere portato all esasperazione dopo pochi

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passi, a volte lo si vedeva chiaramente dipinto negli occhi di chi era appena arrivato. A voltesembrava rimanervi impresso per tutta la durata della reclusione.Kabanil andava fiero dei metodi di detenzione dei Geinzana ed era oltremodo orgoglioso diportare quel nome. Molti abitanti delle altre Città della Notte li criticavano, anche aspramente,alcuni abitanti di Acarvende stessa non erano pienamente dʹaccordo sullʹoperato dei Guardiani,eppure erano loro e la loro severità a vegliare sulla sicurezza di tutti. Il tempo avrebbe dato lororagione.Alcune Famiglie erano avventate nei giudizi e sottovalutavano i pericoli, altre si erano rammollitenel corso dei secoli: se non fosse stato per la tenacia dei Geinzana ormai i Figli della Lucesarebbero tra le Montagne della Nebbia a far pascolare le loro greggi in piena libertà e i cosiddettiRibelli sarebbero diventati i loro schiavi. Era incredibile che fosse impossibile trovare coesionecontro il nemico comune, eppure i confini della Confederazione non erano poi così distanti dailoro territori: come potevano le altre città non avvertirne il pericolo? Quante volte i Geinzanaavevano scoperto casi di sconosciuti lasciati liberamente entrare nelle città! Due domande e iKathienne giù a Hama ti ritenevano loro fratello: avevano dovuto perdere tutto il Consiglio degliAnziani in un attacco nemico per imparare quella semplice lezione. Dannati stolti!Ma ora le prigioni erano più piene del solito, finalmente la situazione stava cambiando e Kabanilsorrideva soddisfatto passando in rassegna le celle tutte occupate del primo piano maschile. Occhispenti ricambiavano il suo sguardo finchè non uscì dal portone in fondo al corridoio.Il Nucleo era lʹunico punto interno alle prigioni che metteva in collegamento diretto i due piani,era stato ricavato levigando le pareti di una gola naturale e ora aveva lʹaspetto di un ovaleavvolgente. Era stato separato artificialmente dai cunicoli laterali e poi era stato diviso a metàorizzontalmente per dividere i due piani: la creazione della scala a chiocciola che scendeva al suocentro era stata costruita per comodità, ma ancora dopo centinaia dʹanni cʹera chi pensava fosseuna falla enorme per la sicurezza. Cʹerano sempre sei Guardiani per piano a sorvegliarla: perquanto effettivamente fosse un varco facile per salire dove non cʹera schermatura dallʹUnicoPotere, per un prigioniero accedervi era impensabile. Kabanil dubitava che i reclusi fossero tantopazzi da arrovellarsi il cervello cercando una via di fuga: quel posto, ogni suo dettaglio, era fattoper impedire contatti con lʹesterno. Tutta Acarvende era un po così, ma nelle prigioni si eracalcata la mano per accentuare certi aspetti, un po per motivi di sicurezza, un po per smorzarevane velleità nei prigionieri.Nonostante quel senso di chiusura, secondo Kabanil Acarvende era la più affascinante tra le Cittàdella Notte: il centro abitato era stato costruito allʹinterno di un cratere lasciato da un lago, la cittàera quindi circondata da alte mura naturali di roccia frastagliata, che lasciavano aperta una solabreccia profonda che dava sul lato della montagna in cui era praticamente incastonata.Nonostante quellʹenorme crepa, alla cui base sfociava in una ripida cascata il fiume che orascorreva sotto la città, Acarvende era invisibile a chiunque avesse guardato la montagna. Tantomeno era accessibile, se non attraverso i tunnel artificiali che avevano creato i suoi antenati infondo ad una gola ai piedi del monte. Poi la bellezza di tutti quei tunnel, quelle gallerie intricate escavate dentro la roccia inizialmente opera dellʹerosione di acqua e vento ai tempi in cuiquellʹimmenso lago, che ora era il bacino della città, doveva essere collassato forse a causa di unqualche cataclisma. Quei cunicoli contorti erano stati i primi rifugi dei suoi antenati, poi i picconi eil Potere li avevano trasformati in centinaia dʹanni in ciò che Acarvende era oggi, la città fortezzache Kabanil era felice di proteggere.Ssus e Tinas varcarono il portone del reparto femminile accompagnando una prigioniera. Cʹeraqualcosa in quella donna che agitava Kabanil e non era solo il fatto che Shawna fosse bella operchè avesse tentato più di una volta di ribellarsi o addirittura di aggredire i Guardiani, cʹeraqualcosa in lei di particolare che non era capace di mettere a fuoco. Dopo mesi e mesi di

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reclusione e i numerosi interrogatori che aveva subito, non si era ancora riusciti ad avere unquadro preciso della sua identità: sembrava esserci qualcosa in lei che fuggiva persino al Dominiodella Mente, esame a cui era stata sottoposta forse più di ogni altro prigioniero da che lui avessememoria. Kabanil aveva anche partecipato a qualcuno dei suoi interrogatori, ma né la violenza, nélʹuso del Potere le avevano fatto svelare cose chiare sulla sua identità o sulla sua provenienza.Persino sotto tortura o coercizione era stata capace di dare versioni differenti alle stesse identichedomande, un comportamento più unico che raro. Per questo la sua reclusione durava da cosìtanto tempo e nessuno aveva intenzione di lasciarla uscire. Col tempo Shawna era diventatasempre più violenta e irascibile, poi ultimamente sembrava si stesse calmando o forse si stavasemplicemente arrendendo, ad ogni modo la sua recente buona condotta era il motivo per cuioggi veniva portata alla Buca, per la prima volta dopo mesi, le si leggeva chiaramente il desideriomorboso nello sguardo.La presenza di Kabanil era stata richiesta comunque per garantire lʹincolumità di Ssus, chelʹavrebbe dovuta accompagnare: visti i precedenti di Shawna, i suoi spostamenti venivano semprescortati da un Guardiano uomo, il più grosso possibile. Kabanil rientrava bene in quelladescrizione, motivo per cui si era trovato spesso ad accompagnarla, a volte anche da solo,nonostante la cosa lo inquietasse, come non gli era mai capitato. Non aveva fatto parola connessuno di questa sensazione ovviamente, ne sarebbe valsa della sua reputazione: era unGuardiano e per giunta Geinzana di nascita!Le due colleghe lo salutarono, purtroppo Tinas rientrò nel reparto femminile, mentre fu Ssus aguidare Shawna sulla destra, verso lʹingresso della galleria che portava alla Buca. Kabanil le seguìsilenzioso, sarebbe stato un tormento fare la guardia in compagnia di Ssus.La luce in quelle gallerie era volutamente bassa in modo che i prigionieri faticassero il più possibilea memorizzare il percorso. Quel piano era interamente schermato, quindi non era possibile usarealtri mezzi per garantire la sicurezza, ma la tortuosità di quei corridoi era certamente sufficientead impedire che qualcuno potesse districarsene: i Guardiani impiegavano mesi per imparare,studiando le mappe quotidianamente.Gli occhi di Shawna lo distrassero dai suoi pensieri: la donna aveva leggermente girato la testa egli aveva gettato uno sguardo da sopra la spalla. Deglutì cercando di capirne il significato. Loaveva solo guardato o aveva voluto comunicargli qualcosa? La donna tornò a guardare avanti,lasciandolo a chiedersi perchè gli importasse tanto sapere il significato di quellʹocchiata.Kabanil non pensò ad altro finchè giunsero alla Buca. Il corridoio finiva allʹimprovviso conunʹapertura ad arco alta un paio di metri da cui proveniva la debole luce che dal mondo esterno sispingeva fino a quella profondità. Era una luce fioca, ma totalmente diversa da quella a cui ci sidoveva abituare là sotto: Shawna varcò lʹarco schermandosi gli occhi e sorridendo deliziata alcontatto con la Fonte.Ssus la osservava, ma poteva vedere solo il bagliore che circondava chi incanalava, la schermaturale impediva di vedere eventuali flussi che avrebbe usato. Poco importava: la possibilità diincanalare nella Buca era data da una sorta di bolla dʹaria creata allʹinterno della schermatura, unospazio isolato in cui era possibile accedere alla Fonte che però si restringeva in base alla quantitàdi Potere incanalato. Alcuni prigionieri erano morti soffocati cercando di attingere troppo Potere.Anche Shawna ci aveva provato mesi prima, come poi quasi tutti i prigionieri, ma la Buca sidifendeva da sola.Ssus distolse lo sguardo dalla donna e lo rivolse a lui.«Allora Kabanil, ci sono novità?»Ssus aveva una decina dʹanni più di lui, era una donna piacente, con un modo di fare piuttostoschietto e autoritario. Era una persona piacevole e disponibile, ma era la zia di Raina e da quandosi era messa in testa che fosse giunto il tempo per Kabanil di decidersi a sposare sua nipote o

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lasciarla in pace, gli dava il tormento«Sai che saresti la prima a saperlo»«Probabilmente anche prima di Raina, questo lo so. Ma dimmi, quanto ancora hai in mente difarmi attendere?»«Non sono cose che si possono decidere dallʹoggi al domani...»«Kabanil, tesoro, mia nipote è tua promessa sposa da che aveva quindici anni. So che hai avutoaltre proposte e potevi anche rifiutarla se non ti piaceva... in quante scarpe vuoi ballare?»«Ssus non pensare male di me»«Non penso male Kabanil, penso malissimo! Sei un uomo fatto! Guarda che spalle hai messo su:ogni ragazza in età da marito ti ha messo gli occhi addosso e a te piace lasciare a tutte qualchesperanza!»«Bè... no... non è cos컫Ah no? Credo sia ormai giunto il tempo che dia a mia nipote qualche lezioncina sugli uomini. Daquando in qua sono le donne a correre dietro ai pantaloni? Mio marito ha fatto a coltellate peravermi ed è così che deve andare il mondo!»Kabanil conosceva quella storia e sapeva che non era andata esattamente così, ma non replicò.«Le ho sentito parlare di un certo Yarel. Lʹha accompagnata a casa qualche volta dopo le lezioni.Sai chi è?»Anche Ssus sapeva bene chi fosse Yarel dannatissimo Ardolrian noʹGeinzana, un damerinomezzo sangue che stava per prestare il giuramento da Guardiano dopo aver superato gli esami apieni voti. Non cʹera nessuno in città che non sapesse chi era Yarel.«Lʹho sentito nominare» rispose tuttavia. Se pensava di farlo ingelosire così, si sbagliava di grosso.Kabanil aveva già deciso da tempo di sposare Raina. Non lo faceva mica per portarla via a lui.«Ho sentito dire che sia un ottimo partito, oltre che un bel giovane»«E piuttosto basso e non è nemmeno un Geinzana»«Lo è suo zio, se non ho sentito male»«Con cui non ha legami di sangue»Ssus alzò le spalle «Meglio sposata ad un mezzo sangue, che nubile»Kabanil alzò gli occhi e replicò «Questo lo dovrebbe dire lei»Ssus non rispose, quando Kabanil la guardò vide i suoi occhi sbarrati, la sua posizione ferma inmodo innaturale e i suoi piedi sollevati da terra. Si girò verso sinistra, verso la Buca: Shawna lofissava sorridendo, calma, dolce, bellissima.«Colpiscila, ma non ucciderla»Che strano, pensò, la Buca avrebbe dovuto isolare i suoni, avrebbe dovuto impedirgli di sentire lavoce di Shawna.«Avanti tesoro, colpiscila» lo invitò avvicinandosi.Cosa stava indugiando? Perchè non lʹaveva ancora fatto?«Si, mia padrona» si affrettò a dire.Ssus volò a terra priva di sensi. Shawna la fissava sorridendo compiaciuta. Kabanil attendevaimpaziente un ringraziamento per quello, un premio. Era stato bravo.Finalmente lei lo guardò, lentamente allungò le mani verso la sua testa facendolo abbassare«E giunto il momento, sei pronto a morire per me?»«Si, mia padrona»Shawna gli sorrise di nuovo, prima di baciarlo appassionatamente.

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I suoi occhi scuri la guardarono come a volerle strappare i vestiti di dosso, mentre si avvicinavalentamente con passo felino fino a sfiorarle una guancia con la mano.Luce era così sensuale! Avrebbe potuto baciarlo fino a non sentire più le labbra, accarezzargli icapelli fino a non sentire più le dita, e poi…«Ti amo Brienne,» disse l’uomo distraendola dai suoi loschi pensieri. «Ti ho sempre amata, soloche… sono stato troppo cieco da non riuscire a capirlo.»Brienne avrebbe voluto schiaffeggiarlo, come poteva essere stato così stupido? Ma non poteva,non doveva, non ora. Attendeva quel momento da anni, e ora che la moglie non era più nei suoipensieri, non poteva di certo sprecare l’unica occasione che aveva per colpa delle sue bruschemaniere!«Anch’io ti amo Rohedric.»L’uomo le sorrise dolcemente, la strinse a sé con delicatezza e poi la baciò: un bacio lungo eappassionato, come mai ve ne erano stati nella sua memoria.«Perdonami se ti ho fatto soffrire,» disse poi.«Non hai nulla da perdonare,» rispose lei comprensiva.«Voglio che tu sappia che tra me ed Ariel non c’è stato nulla. E’ stato solo un modo per fartiingelosire, per arrivare a te.»Brienne rispose prendendolo tra le braccia, stringendolo come se avesse avuto paura di perderlo.«Oh Rohedric…»

«Brienne, Brienne svegliati! Sono tornati.» La voce di Ariel arrivò puntuale e stridula come unasuocera indesiderata.Dannazione! Stava facendo un così bel sogno!«Dì la verità, Ariel,» chiese aprendo un occhio, «tu mi odi non è così?»La donna la guardò per un istante senza capire e un attimo dopo allontanò il pensieroscacciandolo con una mano.«Alza il tuo prezioso fondoschiena da quella sedia, non è il momento di riposare!»Con un grugnito Brienne fece come diceva l’altra donna, odiava ammetterlo ma aveva ragione.Si alzò dalla sedia e seguì Ariel verso i nuovi arrivati: Rohedric sembrava stanco - ma non perquesto meno attraente – e Merian aveva l’aria di una che aveva preso un forte colpo in testa.Un’altra donna le stava alle calcagna, una scorta fornita gentilmente dai Ribelli per evitare cheMerian potesse Incanalare anche una sola goccia di Potere. Era una ragazza giovane, all’incircadell’età di Merian, eppure i suoi occhi, il suo viso, il suo stesso portamento sicuro, rivelavano moltipiù anni di quanti Brienne potesse immaginare. Era così che ti riduceva una vita da reietta?La Ribelle li fece entrare nella piccola stanza nella quale erano stati confinati e si accomodò fuoridella porta come una sentinella silenziosa.«Tutto si può dire di questi Ribelli, tranne che non sanno come trattare gli ospiti!» fece Rohedricironico accomodandosi su una delle sedie. Merian si sedette a terra, sconsolata, lo sguardo personel vuoto. Non proferì parola.L’uomo la guardò per un momento corrugando la fronte quasi fosse lui il colpevole di quella

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situazione e Brienne, suo malgrado, provò una fitta di rimorso per quanto anche lei aveva fatto.Ma doveva andare così. Allontanarsi da Siadon era necessario, a qualunque costo. Merian perònon l’avrebbe mai accettato. Era stato giusto mentirle.E allora perché mi sento così in colpa?«Cosa vi hanno fatto?» chiese Ariel puntando lo sguardo sulla ragazza.«Mi hanno tempestato di domande,» rispose Rohedric, «ma nulla di più. Per loro nonrappresentiamo che una vacua minaccia, il problema maggiore credo sia Merian.»La ragazza non alzò lo sguardo, ma quello di tutti gli altri era fisso su di lei.Brienne aveva detto a quell’uomo che non erano nemici, che cercavano i Ribelli e che volevanoallearsi con loro, facendoli allontanare dal gruppo di Incanalatori che per caso era comparso sulloro cammino.Avevano fatto la loro parte: Siadon e gli altri erano stati catturati, o uccisi, e loro erano stati salvati.Ma avevano sottovalutato un aspetto di questi Ribelli.Rohedric e il suo bisogno di salvare il mondo avevano prevalso sul buon senso, non si erapreparato ad affrontare un’ostilità che per lui non aveva alcun motivo di esistere, non se entrambele parti affrontavano lo stesso nemico.Nella radura erano stati liberati solo per poi essere lasciati privi di sensi fino a quella mattina,quando si erano risvegliati tutti insieme in quella stanza in chissà quale luogo dimenticato dalCreatore!La porta era però chiusa a chiave e al di fuori un uomo armato montava la guardia, ma per stranoche fosse a nessuno era stato torto un capello. Avevano persino avuto da mangiare e da bere maovviamente erano stati spogliati di tutte le loro armi – Brienne sentiva la mancanza dei suoi coltellisulla pelle, si sentiva nuda e indifesa senza i suoi piccoli amici. Anche Neal mostrava una certaapprensione sapendosi rinchiuso senza una via di fuga. I suoi occhi saettavano da una parteall’altra della stanza quasi si aspettasse l’assalto di un nemico da un momento all’altro; ma il suocorpo non dava altri segni di quella inquietudine: immobile come una statua era rimasto nel suoangolo di mondo per tutta la mattina da che si erano svegliati.Kain invece era di altro stampo. Scoperto che i Ribelli gli avevano lasciato i suoi preziosi dadi,aveva sfidato il povero Jon per delle ore, mascherando la sua inquietudine con il suo solito sorrisoirriverente.Ogni tanto lanciava un’occhiata a Brienne e lei, suo malgrado, rispondeva a quegli sguardi carichidi desiderio con altrettanta passione.Il momento successivo si malediceva e tornava a guardare fuori della finestra.Il risveglio quel giorno era stato tra i più interessanti e inaspettati della sua vita.La sera prima si era trovata in un bosco dimenticato dalla Luce, e la mattina dopo ecco che sisvegliava in quella che sembrava in tutto e per tutto una città brulicante di vita.Non sapeva con esattezza dove si trovassero – e come ci fossero arrivati in così breve tempo! – maerano senza dubbio in una delle tanto ricercate Città della Notte!La stanza nella quale si trovavano era abbastanza ampia e confortevole ma vi era una sola piccolafinestra che si affacciava su una strada stretta e delimitata da uno spesso muro. La finestra stessaera inchiodata in modo da non poteva essere aperta, ma non c’erano sbarre. Brienne era inqualche modo convinta che nessuno sforzo sarebbe stato in grado di spaccare quel vetro.Oltre a ciò la visuale era oltremodo ostacolata da quella che sembrava essere una parete rocciosa:la sua conformazione ricordava la parete di una montagna ma allo stesso tempo era tropposquadrata e minuziosamente intagliata, qua e là lasciando ampi spazi lisci e privi di qualsivogliaappiglio.Ai due lati del vetro non riusciva a scorgere molto altro, l’edificio sembrava infatti ripiegarsi su séstesso dando a tutto l’insieme un senso di soffocamento difficile da sostenere con lo sguardo.

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Eppure Brienne non riusciva a smettere di guardare.Con un tempismo che sfiorava la perfezione, uomini in strane uniformi si avviavano lungo lastrada con passo deciso e cadenzato, salutando di tanto in tanto un uomo o una donna da vestialtrettanto strane ma decisamente di una foggia migliore. Per quanto non riuscisse a distinguernebene i dettagli non era difficile intuire la differenza tra un soldato e un capo.Si trovavano dunque all’interno di una fortezza? Di un palazzo di una qualche regalità dei Ribelli?Qualunque cosa fosse era ben protetta e nascosta alla vista di occhi estranei.Seppur mattina inoltrata, Brienne non era riuscita a scorgere un filo di luce oltrepassare quellespesse pareti di dura pietra.Dannata Confederazione! pensò per la centesima volta. Non fosse stato per loro nessun uomo,donna o bambino sarebbe stato costretto a nascondersi in città che, a giudicare adesso dall’aspettocupo e buio, valevano bene il loro soprannome!La stanza poteva anche essere calda e accogliente, loro trattati con cordialità, ma bastava unosguardo all’esterno per ricordargli che erano reclusi.« ...non credo che le faranno del male,» continuò Rohedric riportandola al presente. «Ma laterranno comunque schermata finché non saranno certi di potersi fidare. In quanto a noi,scopriremo la nostra sorte a breve, temo. Non appena decideranno se quanto ho detto loro lisoddisfa o meno.»L’uomo era stranamente calmo, sembrava convinto che nulla gli sarebbe potuto accadere, non orache avevano raggiunto la loro meta. A volte Brienne invidiava il suo temperamento, così distantedal suo tanto da completarlo. Come concordato in precedenza avevano deciso di rivelare la loromissione senza omettere nulla tranne il loro mandante. Nominare Lord Mat in qualche modoturbava Rohedric e Brienne aveva deciso di assecondare l’uomo. Non lo faceva notare quasi maima si affidava a lui anima e corpo senza mai dubitare delle sue decisioni. Sarebbe andata inbattaglia a mani nude e bendata se solo lui glielo avesse chiesto, perché sapeva sempre quello chefaceva e riusciva a infondere quella fiducia nelle persone che lo circondavano. Ora che il pericololi seguiva dappresso come un cane col padrone, aveva bisogno di dirgli quanto importante fosseper lei, doveva dirglielo… prima della fine.Un cupo presagio le attanagliò il cuore, un’ombra incombeva sull’uomo, ma Rohedric incrociò ilsuo sguardo e le sorrise incoraggiante come a scacciarne i cupi pensieri: riuscì nell’impresa,l’ombra si dissolse e Brienne si rilassò.In quel momento la porta si aprì di nuovo e una bellissima donna dai lunghi capelli neri entrònella stanza con passo solenne, seguita da un uomo alto e slanciato che somigliava in tutto e pertutto a un soldato.A quella vista Merian si alzò di scatto, guardando l’uomo sgomenta. Brienne non capì quellareazione, ma dopo un’occhiata veloce intorno si rese conto di non essere l’unica.Oltre a quella strana coppia, altre due persone entrarono nella stanza già affollata: uno era l’uomodella radura, solo adesso non era coperto di fango, l’altra la ragazza che schermava Merian.«State comodi, signori,» disse l’uomo del bosco con ironia. Aveva un accento strano, biascicava leparole come se masticasse costantemente qualcosa, e aveva un senso dell’umorismo tutto suo. Daquel poco che aveva parlato con lui la notte prima, Brienne pensò che fosse un po’ matto. I capelligrigi lasciati crescere più in altezza che in lunghezza, insieme alla corta barba dello stesso colore,gli davano un’aria accuratamente trasandata. Non era bello, e nemmeno tanto giovane, ma era asuo modo attraente; trasmetteva quella forza passionale che solo alcuni uomini posseggono senzaperò la consapevolezza di averla, e che riescono a infrangere i cuori di qualsiasi donna pur nonvolendolo: erano uomini da cui bisognava tenersi alla larga!«Siete venuti a informarci della nostra sorte?» chiese Rohedric andando incontro all’uomo comefosse il padrone di casa.

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«Non spetta a noi decidere della sorte degli uomini, signor al’ Caer, ma se non fa subito un passoindietro prometto che le anticiperò la dipartita.» L’uomo sorrise beffardo mentre si portava unamano all’elsa della spada al suo fianco. I due si guardarono per un lungo momento in una mutasfida, e nonostante la situazione fosse tutt’altro che favorevole, Brienne non poté fare a meno disentire un brivido di piacere lungo la schiena.«Signori, vi prego!» Era stata la donna dai capelli neri a parlare. Il tono imperioso con il qualel’aveva fatto non lasciava dubbi riguardo la sua autorità e, sebbene si fosse rivolta ai due uomini,era Merian che stava guardando. La ragazza era come pietrificata, continuava a fissare l’uomoche accompagnava la donna e Brienne all’improvviso si rese conto del perché: assomigliava intutto e per tutto a quel Morgan Neglentine che Merian aveva così spesso sognato e di cui le avevaraccontato durante le sue notti insonni. Possibile che fosse…«Forse ti starai domandando perché mai quest’uomo ti è così familiare, ragazza,» continuò ladonna interrompendo i pensieri di Brienne, un sorriso leggero a sfiorarle il volto pallido.Merian annuì con la testa.La donna si guardò per la prima volta intorno prima di risponderle.«Le persone con cui viaggi forse non sono a conoscenza di quanto potente sia il tuo dono,Merian. Nemmeno io me ne ero resa conto dal principio…» La donna abbassò la testa, sembravaturbata.Che diamine stava succedendo? Brienne azzardò un rapido sguardo alle sue spalle, dove sapevaessere Kain. Trovò nei suoi occhi il suo stesso smarrimento e per una volta fu contenta di sentirsiin comunione con l’uomo. Anche il resto del gruppo sembrava altrettanto confuso ma non tuttivolevano darlo a vedere: Ariel giocherellava con la sua collana accompagnando ogni suomovimento a provocanti occhiate all’uomo dallo strano accento. Quella donna non aveva proprioritegno, pensare al sesso in momenti come questo! Eppure Brienne sapeva che anche lei erapreoccupata, quel gioco era il suo modo bizzarro di tranquillizzarsi.Solo la Luce sapeva se anche Merian aveva bisogno di calmarsi! Se ne stava lì in piedi come unpaletto come in attesa di una sentenza di morte. Non aveva aperto bocca da quando era rientrata.Che stava aspettando?L’uomo che sembrava un soldato si schiarì la gola e la donna riprese a parlare, non prima di averemesso un lungo sospiro.«Mi chiamo Eloise Ladrielle,» disse orgogliosamente, «e questo è mio marito, Roran Neglentine.Siamo i genitori di Morgan, il ragazzo che hai incontrato nei tuoi sogni.»Se possibile la stanza si fece ancor più silenziosa. Con una punta di soddisfazione, Brienne notòche Ariel aveva smesso di muoversi, e che nessun altro all’infuori di lei - e senza dubbio dellastessa Merian – aveva anche solo pensato a una simile ipotesi. Persino Rohedric sembravasorpreso, ma era impossibile a dirsi. Da quando Siadon era entrato nelle loro vite l’uomo eradiventato più schivo, e sembrava persino capace di nascondere i suoi sentimenti più di quantonon facesse già.«Dov’è Morgan?» Per la prima volta Merian aprì bocca, la voce sicura non combaciava per nientecon le emozioni che le si dipingevano in volto.Anche lei era cambiata.«Speravamo ce lo dicessi tu, ragazza.» Il padre di Morgan si fece avanti con passo deciso. Il tonocalmo e suadente, in netto contrasto con l’aspetto di rude soldato, sorpresero ancora una voltaBrienne: forse non era poi così brava a giudicare le persone!«L’ultima volta che ho avvertito mio figlio si stava dirigendo verso Coraman in compagnia di unragazzo.»Avvertito?«Era ancora con lui quando è arrivato nei pressi della città, ne sono certa, ma dopo… il nulla.»

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La donna abbassò di nuovo lo sguardo a terra, e il marito si avvicinò per sorreggerla con il suoabbraccio.«Che vuole dire? Che lei è…»«Attenzione a quel che dici, ragazza,» interruppe di nuovo l’uomo dallo strano accento. «Staiparlando con una delle persone più rilevanti della città, nonché con una Camminatrice dei Sogni,e la più potente.»«Forse un tempo, Gedwin. Una nuova Epoca sta nascendo, e a che serve essere saggi se nonriusciamo a capire quando è ora di farsi da parte per coloro che hanno il dono di mutare le cose?»La donna guardò Merian con uno strano sguardo e le sorrise rassicurante.La ragazza però sembrava tutt’altro che rinfrancata.«Spaventarti è l’ultima cosa che voglio, Merian,» proseguì Eloise, «ma la verità è necessaria sevogliamo aiutarci gli uni con gli altri.»«Vi ho già detto tutto quello che so…»«Ed è proprio questo il punto. Ero presente durante l’interrogatorio, sebbene tu non potessivedermi, e so che hai detto la verità. Tu sai cosa significhi Camminare nei Sogni, avere delleVisioni, percepire le cose in modo diverso dagli altri… era destino che tu incontrassi Morgan, cosìcome era destino che io incontrassi te. E ora tu sei qui e mio figlio è sparito, e temo che sia inpericolo e che tu sia la sola che possa aiutarmi a trovarlo e salvarlo.»«Io…? Perché io dovrei riuscire a trovarlo se lei, sua madre, non può?»La donna sospirò di nuovo.«Hai mai sentito parlare della parola Ta’vereen?»A quel suono Rohedric fece una smorfia, riportando l’attenzione di Brienne su di lui. Questa voltatutta la sua abilità non riuscì a mascherare a fondo i suoi sentimenti: la fronte aggrottata, lamascella contratta… tutto indicava una forte rabbia da tempo repressa, e una grande frustrazione.Frustrazione per cosa? Possibile che anche lui avesse dei segreti? Lo conosceva da tutta la vita,erano amici sin da bambini, e si dicevano tutto, tutto! Certo il loro rapporto era cambiato quandolui si era innamorato di quella dannata donna – gli uomini tendono a distaccarsi sempre dagliamici quando trovano una compagna – ma lei gli era rimasta accanto comunque. Persino il giornodelle sue nozze, consumandosi di gelosia per colpa dell’altra, le era rimasta accanto.E lui osava avere dei segreti?«Forse non è il caso, Eloise…» Rohedric fece sentire la sua voce, guadagnandosi un’occhiata intralice di Merian. Questo gli bastò per non aggiungere altro.«Ta’vereen è una persona attorno a cui il Disegno si piega secondo la sua volontà. Non è una cosache viene fatta con coscienza, ma in qualche modo accade che le cose cambino, nel bene o nelmale, in presenza di un Ta’vereen. Lui, o lei, è destinato a fare qualcosa di importante in grado ditessere il Disegno in modi che nessuno è in grado di fare, se non il Drago Rinato in persona.Non so in che modo tu possa riuscirci, ma so che troverai mio figlio, e quando accadrà dovraiavvertirlo del pericolo che si trova sul suo cammino… ma sono certa che anche tu lo senta.»Le due donne si scambiarono uno sguardo carico di significato, un significato noto solo a loro, eMerian annuì decisa, pronta ad assolvere a un compito che, ancora una volta, qualcuno avevacreato per lei.

Lʹaria allʹinterno della locanda era fredda, il camino nella grande sala comune spento da tempoimmemore. Non cʹerano avventori, al solito, e la familiare figura ammantata seduta allʹangolo piùremoto e buio a fumare la sua pipa era svanita anch’essa.Dove sei? gridò silenziosamente nella sua testa. L’ultima volta che lo aveva visto era finita in unalitigata, con lui che l’accusava di cose che non voleva nemmeno sentire. Ma aveva avuto ragione eogni notte si era presentata alla loro locanda, quella in cui l’aveva conosciuto, nella speranza di

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poterlo trovare e chiedergli scusa. Era passata una settimana ormai e ancora di lui nessuna traccia.Che sia sparito per sempre?«Ho preferito tenermi in disparte fintanto che eravate in cattive compagnie. Ma ora che siete dinuovo liberi…» Alle sue spalle l’uomo giocava con i suoi preziosi dadi, lanciandoli in aria conindifferenza, privo di divertimento.«Mat! Sei proprio tu?» Merian si lanciò verso di lui per abbracciarlo ma dopo due passi si fermò.«Aspetta un attimo, come fai a saperlo?»L’uomo si bloccò nel mezzo di un lancio e Merian ebbe la netta sensazione di averlo colto allasprovvista, ma l’altro si riprese subito.«Io so molte cose, ragazza» disse con un tono fin troppo solenne.Merian sospettava che gli nascondesse qualcosa ma era talmente felice di vederlo che decise disoprassedere… almeno per il momento.Fece gli ultimi due passi che lo allontanavano da lui e gli si avvinghiò al petto.«Arlene è morta, Siadon se ne andato e tra me e Rohedric sembra si sia spezzato qualcosa. Nonmi sono mai sentita così sola in vita mia.» Le lacrime avevano cominciato a scorrere: lacrime che siera imposta di non versare ma che ora non riusciva a fermare, ora che aveva ritrovato la solapersona che riuscisse a capirla davvero, la sola persona che sapeva come si sentisse, la solapersona che gli desse conforto con la sua sola presenza. Non si era accorta di quanto l’amassefinché non aveva rischiato di perderlo per sempre. Lo guardò dritto in quegli occhi scuri semprecosì attenti e vivaci, ora pieni della più totale e cieca comprensione.«Mi sei mancato.»«Mi sei mancata anche tu,» rispose Mat con un sorriso, «e stavolta sono tornato per nonandarmene.» L’uomo le prese la testa tra le mani e il sorriso svanì, e posò su di lei uno sguardocosì intenso che ne ebbe paura.«Merian, si avvicina l’ora dei lupi. La guerra incombe e presto ogni cosa sarà travoltadall’imminente marea. Il mondo sta per cambiare di nuovo. Dovete essere pronti.»«Che vuoi dire?» La ragazza non sapeva se essere più perplessa o spaventata.«Quando il Drago si sveglierà, che la Luce ci protegga, perché il suo passaggio sarà causa didevastazione di questa terra.»«Ma lui dovrebbe esserne il Salvatore… non capisco…»«Questo è ciò che è scritto, e così dovrà essere, ma la pace esiste solo se esiste la guerra, così comeil bene esiste con il male. Non possiamo salvare il mondo se prima esso non viene distrutto… mapossiamo fare in modo di limitare i danni,» disse infine con uno scaltro sorriso.«E come credi che ciò sia possibile?»«Non lo so ancora, ma so che tu sei la chiave. Innanzitutto, dobbiamo trovare il Drago Rinato…»«Ecco, a questo proposito… » lo interruppe Merian, «E’ proprio lui che devo trovare . Sua madremi ha chiesto di…»«Ferma, ferma, ferma. Sua madre?» Mat si tirò su il cappello, segno che c’era qualcosa che nonriusciva a capire.«Sì, la madre di Morgan…»Una risata da parte dell’altro la fece sentire, se possibile, ancora più perplessa.«Tu pensi che Morgan Neglentine sia il Drago Rinato?»Ancora una volta, come diamine faceva a conoscere Morgan? Non ricordava di avergli mai detto ilcognome… In ogni caso non fece in tempo a fargli alcuna domanda.«Non è certo lui il Prescelto, ma hai ragione su una cosa, dobbiamo assolutamente trovarlo.»«Da dove cominciamo?»«Dove l’hai visto l’ultima volta?»Merian ci pensò su solo un istante.

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«Non ho un’immagine chiara, sono comparsa nel suo sogno dal nulla e scomparsa l’attimosuccessivo senza nemmeno avere avuto il tempo di dire “ciao”. Ricordo una radura e dei lupi,nient’altro, mi dispiace…»«Uhm… non ci aiuta molto…»«Bè, scusa tanto se qualcuno mi ha svegliata prima di potere chiedere a Morgan dove si trovasseperché sua madre mi avrebbe interrogato!»«D’accordo,» fece Mat stizzito, calcandosi il cappello in testa. «Cerchiamo di usare la logica.Quando lo hai incontrato la prima volta era diretto verso Coraman giusto? Ebbene, ammesso checi sia mai arrivato, prima o poi sarebbe dovuto tornare indietro.» Sospirò disperato e si afflosciò alsuolo.«Sangue e maledettissime ceneri, dovremo metterci a cercare lungo tutta la strada tra Coraman eTsorovarin, e questo solo se abbiamo avuto la giusta intuizione! Senza contare poi che si saràaccampato lontano dalla strada, il che aumenta notevolmente il campo di ricerca!»«Ti stai dimenticando di una cosa importante,» disse Merian con una strana luce negli occhi. Matla guardò incuriosito e senza dubbio leggermente preoccupato: sopracciglia aggrottate, occhisocchiusi e sguardo in tralice, assumeva sempre quella espressione a metà tra il pensieroso el’arrabbiato quando qualcosa gli sfuggiva, come se avesse sempre paura che qualcuno si stessepreparando a fargli una beffa al quale lui non si era preparato.Merian non gli diede comunque il tempo di fare alcuna domanda.«Io sono Ta’vereen, posso contare sul Disegno ad aiutarmi a trovare il Drago…»«Ah, Merian non funziona così…»«…e tu puoi contare sulla tua dannata fortuna!»Questo sembrò più di suo gradimento, tanto che si alzò di scatto e un sorriso da mascalzone –quel sorriso per cui Merian si sarebbe dimenticata persino del Tenebroso in persona – comparvesul suo viso illuminato come fosse pieno giorno.«Dovienya,» disse poi tirando fuori i suoi preziosi dadi, «non mi abbandonare proprio ora. »Fattosi improvvisamente serio, Mat li lanciò in aria e, scordandosi di tutto e tutti, diede le spalle aMerian e si in incamminò verso una direzione apparentemente a caso. Lei non poté fare altro cheseguirlo, domandandosi se non fosse impazzito.

Le ricerche furono estenuanti, il tempo sembrava trascorrere senza logica: saltavano da un postoall’altro impiegando meno di un battito di cuore, raggiungendo luoghi a prima vista così lontani!Merian avrebbe voluto fargli mille domande ma Mat sembrava concentrato solo sulla stradadavanti a sé, tirando di quando in quando i dadi e decidendo la direzione da prendere. L’unicacosa di cui era certa, era che stavano seguendo la pista di cui avevano congetturato, scegliendosolo di andare a destra o sinistra, indietro o avanti, prendere un sentiero piuttosto che una strada,con l’aiuto della fortuna… o del Disegno, questo a Merian non era ancora ben chiaro.Inutile comunque pensarci, probabilmente non ne sarebbe mai venuta a capo. Incredibile laquantità di cose che imparava ogni giorno, e che ogni giorno le facevano realizzare che in fondonon ne sapeva nulla!Aveva cominciato in parte a farsene una ragione: certe cose forse non avrebbero dovuto averespiegazione, forse la mente delle persone era troppo semplice per capirle… o di sicuro lo era lasua.“C’è un tempo per ogni cosa,” usava dirle Arlene, “c’è un tempo per capire e un tempo per ignorare.”Merian non aveva mai compreso il senso di quella frase per lei così assurda, ma ora ne deducevala grande verità: ci sono cose al mondo che devono essere lasciate al loro posto, inutile chiedersi ilperché o il come, saperlo non cambierà la loro natura, semmai aiuterà a sconvolgere di più la tua!Perciò, se pur presa da curiosità e voglia di sapere, Merian lasciò Mat fare il proprio lavoro

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cercando di contribuire quanto più possibile con ciò che poteva intuire, aprendo la bocca solo perindicare qualcosa che poteva essere utile, e rispondendo alle scarse domande di Mat su questa oquella cosa riguardante Morgan, il Drago o i sogni di entrambi.Dopo quella che sembrò un’eternità Mat si fermò all’improvviso e si voltò verso Merian.«Vedi anche tu quello che vedo io?» chiese con un sorriso scaltro in volto.Merian guardò nella direzione da lui indicata, e quasi le si mozzò il respiro nel vedere di fronte asé, poco oltre la strada sulla sua destra, una figura che guardava dritto verso di loro. La luce erafioca, l’uomo aveva il cappuccio tirato sulla testa, ma non c’erano dubbi sulla sua identità: dueinquietanti, eppur familiari occhi gialli, spuntavano da sotto la cappa e guardavano Merian conl’aria di non credere a ciò che vedevano. Eccitata, coprì la distanza tra lei e Morgan con un solopasso, dando a quello sguardo già di per sé sorpreso, un motivo in più per essere scosso.L’uomo sembrava abbattuto e al tempo stesso felice di vederla, tanto che inizialmente non fececaso all’altra presenza in sua compagnia. Merian si affrettò a presentarli, ma prima che potessetirare in ballo il Drago, Mat la interruppe chiedendogli delle sue condizioni.«Sto bene,» disse impacciato, «sono solo sorpreso di vedere Merian, e proprio nel momento in cuiavrei voluto parlare con lei.» Si girò verso di lei e Merian poté scorgere un lampo di gelosia negliocchi di Mat. Cercò di non compiacersene troppo.«Che vuoi dire?» le chiese lei forse un po’ troppo seriamente.Lui non rispose subito, si guardava intorno pensieroso e osservava Mat con sospetto: aveva l’ariadi uno appena scampato a una rissa!«Non saprei, mi è parso di vederti in sogno appena due notti fa ma sei sfuggita prima che potessidirti “ciao”, e ho sperato di riuscire a rincontrarti ma… ho… qualche difficoltà… a entrare nelMondo dei Sogni,» disse infine quasi imbarazzato.«Perché la cercavi?» si intromise Mat.Morgan dimenticò per un attimo i suoi turbamenti e guardò l’altro con sguardo omicida.«Non credo di aver ben capito chi tu sia…»«Non ti basterebbe un’Era per capire davvero chi io sia,» rispose Mat con ostentata boria, «masono dalla tua parte ed è l’unica cosa che devi sapere in questo momento.»«Ma davvero? E sentiamo, da quale parte starei io?»Ecco, ci mancava solo questo, pensò Merian. Possibile che gli uomini siano tutti uguali!Era ora di finirla, ne aveva già avuto abbastanza, che Mat si tenesse i suoi segreti! Lei era venuta acercare Morgan per un motivo e glielo avrebbe detto seduta stante senza troppi giri di parole,dannazione!«In questo momento mi trovo a Tsorovarin, chiusa in una stanza insieme ai miei amici. Non hoancora ben capito se siamo prigionieri o no ma siamo stati interrogati e non possiamo uscire,quindi deduco che sia così sebbene ci trattino molto bene e nessuno ci punti delle armi o…comunque… stamattina ho avuto l’onore di incontrare un’altra Camminatrice dei Sogni, eindovina un po’ chi era? Tua madre, Morgan, la signora Eloise Ladrielle in persona, accompagnatadal suo prestante marito Roran Neglentine.E sai cosa mi ha chiesto tua madre, che in qualche strano modo sapeva chi o cosa fossi?Mi ha detto, “devi trovare mio figlio Merian, è in pericolo, riportalo a casa”… più o meno… equesto senza nemmeno darmi una pacca di incoraggiamento sulla spalla! E sai cos’altro?Lord Mat, qui presente, sostiene che non sia tu il Drago Rinato ma che in qualche modo questafigura leggendaria c’entri con te e tu sappia qualcosa. Ora, mi chiedo, è così? Sai dove diamine sitrovi il Drago Rinato? E, cosa forse ancora più importante, hai intenzione o no di tornare a casa?»I due uomini la guardarono impietriti, per la prima volta Mat senza parole!Le espressioni che passarono sul volto di Morgan in quei lunghi istanti successivi al suosproloquio erano indefinibili, e probabilmente il povero ragazzo stava tentando indubbiamente di

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fare ordine nella sua mente alle mille domande che aveva da porle.Mat provò ad andargli in soccorso.«Morgan, quello che Merian, qui presente, vuole sapere…»«Ho compreso perfettamente la questione, grazie,» sbottò infine il Ribelle alzando una mano perzittire l’uomo.«Tutta questa storia è a dir poco assurda. Se penso a nemmeno una luna fa mi sembra di essereentrato in un nuovo mondo. Sono un Ribelle, conosco abbastanza le leggende sul Drago Rinato esono stato preparato per affrontare i nemici della Confederazione e dell’Ombra; ma nessunastoria o addestramento può competere con questo.» Fece un ampio gesto con entrambe le mani,fermandosi un solo istante. «Ho sempre desiderato far parte della leggenda che accompagna larinascita del Drago, e non nascondo che sin da bambino speravo accadesse in quest’era, e ora…voi qui non fate altro che confermare i miei sospetti a riguardo e mi chiedo, è così allora, è davveroquesta l’era del Drago?»Non c’era bisogno di alcuna risposta ma sia Merian che Mat annuirono entrambi silenziosamente.Merian poteva sentire l’infinita serie di sentimenti che scorrevano in Morgan in quel momento:felicità, rabbia, frustrazione… erano gli stessi che aveva sentito, e continuava a sentire, anche lei.Provò un moto di compassione per quell’uomo così forte, e al contempo così fragile, di fronte adavvenimenti più grandi di lui. Attese che Morgan continuasse a parlare, in qualche modo sapevache si sarebbe fidato di lei rivelandole ciò che poteva: erano spiriti affini lei e lui, anche Morganpoteva sentirlo, su questo non aveva dubbi.«Ero diretto a Coraman con il ragazzo, Davrath, per consegnarlo nelle mani degli Anziani elasciare sbrigare le solite faccende burocratiche a loro. Ho fatto quello che era mio dovere, ma…»Di nuovo un’ombra di sospetto gli comparve sul viso quando incrociò lo sguardo di Mat. Lui cercòdi metterlo a proprio agio mostrandogli un sorriso che avrebbe funzionato senz’altro meglio seMorgan fosse stata una donna. In ogni caso, Morgan continuò. Opera della dannata fortuna?«Avevo la netta sensazione che il ragazzo mi stesse nascondendo qualcosa, e quando l’hoconsegnato all’Anziano Dazar, confessandogli i miei dubbi, i miei sospetti sono di gran lungaaumentati. Qualcosa non mi quadrava… Volevo rimanere in città ma cosa avrei potuto fare? Sonoun soldato e avevo degli ordini da eseguire, ho pensato che avrei potuto essere maggiormented’aiuto tornando a casa e parlandone con mia madre e con te. Tu sei stata la prima a parlare delDrago Rinato e sapevo che mi avresti creduto e che avresti potuto sostenere quanto dicevo io, sì,perché prima di oggi avevo solo il forte dubbio che Davrath potesse essere il Drago Rinato maora… la vostra presenza mi dice che questa è la verità nuda e semplice.»Merian si sentì una stupida. Aveva creduto e sostenuto che fosse Morgan il Drago Rinato, nonimportava cosa dicesse Mat, era stata così sicura! Che idiota, probabilmente anche la madre diMorgan, e suo padre, e persino tutti i dannati Neglentine sapevano che non poteva essere lui, cierano arrivati tutti prima di lei, che stupida, stupida idiota!«E il Ribelle dagli occhi gialli si è appena guadagnato una mano vincente!» esplose Mat dando unamanata sulla spalla a Morgan, distogliendo Merian dai suoi pensieri.Morgan guardò Mat senza capire ma innervosito dall’improvviso slancio emotivo dell’altro.«Lascia perdere,» disse Mat con una smorfia di delusione, «l’importante è sapere che ora tuttisappiamo. Ma… dove sono i tuoi compagni, non viaggiavi da solo vero?»Già, si chiese Merian, dov’erano spariti?«Gli ho lasciati poco fuori le porte della città prima di scortarvi Davrath, ma quando sonoritornato al luogo dell’accampamento non c’era più nessuno. Suppongo abbiano deciso di tornarea casa…»«Ed è una cosa normale per voi Ribelli che una squadra di esploratori o combattenti abbandoni ilproprio superiore per tornare alle loro case?» chiese Mat sospettoso.

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Morgan aggrottò la fronte. «Pensavano rimanessi a Coraman con il ragazzo, anche loro avevano iloro ordini a cui assolvere.»«Ah, questo spiega tutto!» fece l’altro sarcastico.«Non ha importanza ora,» si intromise Merian di nuovo sicura di sé. «Morgan, hai sentito quelche ha detto tua madre: sei in pericolo, devi tornare immediatamente a casa.»«E’ quello che sto facendo ma… perché tutti continuate a dirmi che la mia vita è in pericolo?»chiese quasi stizzito.Merian corrugo la fronte a quelle parole. Tutti? Ma Mat sembrò non preoccuparsene.«Hai dato voce ai tuoi dubbi un po’ troppo apertamente, e forse la tua precipitosa affermazioneha colpito più di quanto tu possa immaginare,» rispose l’uomo solenne. «Dove ti trovi esattamentein questo momento?»Morgan non esitò un solo istante per rispondere: era a solo un giorno di viaggio da Coraman, unatrentina di miglia oltre il luogo dell’accampamento dei suoi compagni, nascosto in unavvallamento del terreno.«Bene, trovati un nascondiglio decente e rimanici finché uno di noi due tornerà a parlarti,» poi dicolpo si rivolse a Merian: «Tu, devi assolutamente svegliarti e riferire ogni singola parola ad Eloise,dille di mandare qualcuno ad aprire un Portale dove ti ha appena detto Morgan, non c’è tempo daperdere.»

Rilasciò il flusso e la bolla che le permetteva di incanalare fluì dietro di lei raggiungendo di nuovola base della Buca alle sue spalle. Non aveva più bisogno del Potere per portare a termine il suopiano: il più era già stato fatto, suggellato dal contatto con le labbra di Kabanil.Quanto amava quei minuscoli dettagli! Capricci che altri avrebbero definito insignificanti,superflui o addirittura inutilmente pericolosi. Forse non avrebbero avuto tutti i torti, loammetteva, ma quel genere di cose rendevano Shawna mostruosamente fiera di ciò che era, nonsoltanto uno degli esemplari migliori dellʹOrdine Sacro. A Kiserai aveva guadagnato enorme famaper non aver mai fallito una missione e questo poteva già essere sufficiente. Ma non per lei, amavaconcedersi un finale in grande stile, tutto esclusivamente per lei, un appagamento tutto personale:chiunque altro avesse avuto lʹonore di assistere alla messa in scena di quei suoi squisiti dettagli,non lo aveva mai potuto raccontare. Un vero peccato.Era stremata dallo sforzo di quei pochi momenti, ma così orgogliosa di sé ed elettrizzata da nonfarci caso più di tanto. Andava tutto alla perfezione. Baciare Kabanil stava attivando il definitivomeccanismo mentale che per mesi gli aveva intessuto nella mente, poco per volta, così come avevafatto in parte minore ad altri addetti alle carceri. Un lavoro meticoloso, complesso allʹinverosimilee tuttora comunque fragile, ma lʹordigno che ne era risultato finalmente sarebbe entrato in azione,lo stava facendo proprio in quel momento. La mente di Kabanil era sua, dʹora in poi avrebbeobbedito a comandi che lei gli aveva assegnato già da tempo, lui sarebbe stato la chiave di volta.

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Tra poco. Ora andava in scena il suo personale spettacolo, ora il ragazzo era solo un piacevolegingillo. Le dispiaceva sempre prendersi quei lussuriosi piaceri forzando la mente altrui,rinunciando così a parte del gusto della caccia. E onestamente le dispiaceva anche che quelpoveretto non potesse godere a pieno di quello che con tanto vigore le stava facendo. Era un belragazzo, alto, con un torace robusto e muscoli ben torniti, il fatto che fosse tanto focoso potevaanche essere frutto dellʹeffetto della compulsione. Ma non era affatto un male. Affatto.Lo sguardo di Kabanil era pieno di reverenziale adorazione quando, esausto e ancora ansimante,si scostò e la lasciò libera di posare i piedi a terra. Lei gli sorrise e gli accarezzò il volto,osservandolo crogiolarsi in quel gesto.«Ora vai» gli disse.Il ragazzo si ricompose e si avviò meccanicamente, scavalcando il corpo di Suus come se fosse lacosa più normale del mondo. Soddisfatta, Shawna guardò le spalle larghe di Kabanil allontanarsi,poi trascinò la donna priva di sensi verso la Buca, dove imbrigliò anche il suo cervello al propriovolere con una tessitura e con unʹaltra la Guarì in modo che potesse scortarla nuovamente alla suacella senza destare sospetti. Procedeva tutto alla perfezione. Era solo più stanca del previsto.Molto più stanca, ora che ci faceva caso.Mentre camminava ripercorreva con la mente tutto il suo piano: tutte le pedine sarebbero cadute,una dopo lʹaltra, con un ordine preciso. Aveva impiegato mesi a capire come aggirare gli schermidurante i momenti fuori dalla cella, non le era riuscito sempre e questo lʹaveva portata a cercare difarsi sottoporre a continui ed estenuanti interrogatori. Era stato un lavoro così snervante, ma celʹaveva fatta e ora era giunto il momento di mettere tutto in opera.A quel punto si trattava solo di aspettare, e purtroppo non poteva sapere quanto: ci aveva provatoin tutti i modi, ma non era riuscita a scoprire sufficienti dettagli per poter calcolare quanto tempoKabanil avrebbe impiegato ad attivare tutte gli altri inneschi mentali. In quel momento lui stavagirando per i corridoi seguendo uno schema di incontri che doveva fare e non si sarebbe fermatofinchè non lʹavesse completato. Jeshic poi avrebbe trovato Restell, una dei Terah, i trediciIncanalatori che tenevano schermato il piano inferiore delle prigioni. Lei era stata lʹunica dei Terahla cui mente avesse ceduto ai tentativi di Shawna di intaccarla e lei aveva il compito piùdeterminante, quello di interrompere il circolo, mentre le sue preziose pedine, radunate fuori dalTerahtan in seguito ad un comando di Kabanil, sarebbero entrate e avrebbero ucciso, o almenoavrebbero provato a farlo. Distruggere tutto il Terah era impensabile, Shawna non si era mai illusadi questo anche se aveva istruito i suoi Guardiani a farlo. Ma il solo tentativo avrebbe creato unasituazione tanto inattesa da far saltare la schermatura quel tanto che le sarebbe stato sufficiente afuggire. La fragilità del piano era evidente, ma la meticolosità con cui lʹaveva intessuto era per leigaranzia che nemmeno questa volta avrebbe fallito. Per il resto i Guardiani di Acarvende, equesto era fin troppo palese, erano tanto tranquilli della sicurezza di quel luogo e dei loro stupidisistemi di sorveglianza che sarebbe bastato un niente per mettere tutto a soqquadro.Si, era indubbiamente un ingranaggio complesso, un piano al limite dellʹimpossibile, ma Shawnalʹavrebbe portato a termine e presto sarebbe tornata a Kiserai. Era pronta a morire se questo nonfosse accaduto e anche per questo cʹerano già menti corrotte al fine di adempiere a tale compitoda lì a poche ore. Se il piano fosse fallito il rischio di essere scoperta sarebbe stato troppo elevato:aveva già rischiato enormemente tra un interrogatorio e lʹaltro e se tutto questo lavoro logorantenon avesse funzionato, nientʹaltro avrebbe potuto farlo. La morte sarebbe stata lʹunica via in quelcaso.Non aveva immaginato che si sarebbe stancata in quel modo: camminava a fatica verso la cella,tanto che Suus si girò un paio di volte chiaramente stupita di doverla quasi trascinare per farsiseguire. Quando entrò in cella, si lasciò cadere sul pagliericcio in cui era solita dormire. Non unaparola, le poche energie concentrate ad attendere il momento in cui la schermatura sarebbe

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venuta meno. Stanca comʹera si augurò di tutto cuore che accadesse il più tardi possibile: temevainfatti di non essere in grado di aprire un portale in quel momento, in quelle condizioni. Sarebbestata una situazione davvero ironica.Una risata involontaria le gorgogliò in gola, abbastanza forte da catturare lʹattenzione perplessadelle sue compagne. Le guardò e sorrise loro, subito prima di chiudere gli occhi. Chissà che fineavrebbero fatto loro?Mab era davvero una persona strana: dopo anni di soprusi e crudeltà, continuava a fidarsi delprossimo. Era davvero unʹassurdità. Una parte di lei, quella più ferita e lacerata dalle esperienzeche aveva vissuto, tentava chiaramente di frenarla, ma la sua vera indole la portava in definitiva alasciarsi andare. Tradita fin dalla nascita dal mondo intero, costretta a lottare quasi ogni giornoper la sopravvivenza, invece dellʹaggressività, aveva sviluppato un disperato bisogno diprotezione, che continuava a cercare in chiunque. Era disposta a consegnare il proprio cuore alprimo che le avrebbe dimostrato un briciolo di compassione, e a quanto le aveva strappato dibocca, doveva essere proprio ciò che era accaduto con quel capitano dei Figli della Luce cheblaterava dʹodiare. Suscitava una certa tenerezza, quasi le dispiaceva lasciarla lì, ma cʹera da direche le era già andata bene fin troppe volte: se non fosse sopravvissuta a quello che stava peraccadere, era il giusto scorrere degli eventi a volerlo. Per quanto fosse scaltra e abile nellʹadattarsialle situazioni scomode in cui si veniva a trovare, prima o poi quella sua spiccata ingenuità lesarebbe stata fatale. Era inevitabile.Thea a modo suo era una persona ben più normale, con i suoi misteri e le sue falsità pur nel voleressere esplicita. Era un soggetto interessante, un peccato non aver avuto modo di approfondirnemeglio la conoscenza: dietro i tanti dettagli che spontaneamente aveva raccontato sulla propriaidentità, era chiaro ci fosse un mondo sommerso che sarebbe valsa la pena scoprire. Shawna si erafatta lʹidea che Thea appartenesse ad un ordine alla fin fine non troppo diverso da quello cuiapparteneva lei stessa. Un ordine ristretto, i cui membri venivano selezionati naturalmente conuna disciplina troppo dura per essere sopportata da tutti. Lo si vedeva in tanti piccoli gesti chesarebbero sfuggiti a chiunque non osservasse con attenzione: Thea non era un semplice soldato, ilsuo fisico e le sue movenze rivelavano un addestramento mirato alla lotta corpo a corpo, allarapidità e alla discrezione. Un soldato, sì, ma forgiato per uccidere senza lasciar traccia. La suaidentità era impressa nella sua gestualità come un marchio a fuoco sul bestiame per gli occhi diShawna. Con la stessa limpida chiarezza era certa che Thea avesse capito presto che lei era unaspia, come volgarmente sarebbero stati definiti i membri dellʹOrdine Sacro fuori da Kiserai.Non le importava che fine avrebbero fatto. Su entrambe ci sarebbe stato altro da scoprire,abbastanza da meritare altre missioni dedicate. Ma Shawna si era spinta tanto a nord per cercare iRibelli e indagare i loro sistemi di sicurezza e queste erano le informazioni che avrebbe riportatoda lì a poco a Kiserai: le animosità tra le città e le loro famiglie fondatrici, il conservatorismo dialcuni contro il desiderio di cambiamento di altri, la generale disorganizzazione come entità unicae fondamentalmente il fatto che le loro conoscenze sul Potere fossero ampiamentesopravvalutate. Shawna aveva riso dei sistemi di sicurezza e di reclusione, vanto della città diAcarvende, in cui era stata prigioniera abbastanza a lungo da scoprirne quasi ogni segreto: i flussipiù potenti erano in possesso di pochi e poco si faceva per diffonderli, principalmente per timoredi consegnarli così alle altre città. Lʹincapacità di unire tutti i nuclei faceva dei Ribelli un nemico danon temere, ma semmai una risorsa da conquistare e sfruttare per muovere finalmente i fili dellariconquista delle terre da cui il suo popolo era stato costretto a fuggire. Il Drago Rinato stava perpalesarsi e presto li avrebbe condotti alla gloria.La possibilità di Incanalare la rapì brutalmente da quei pensieri. Aprì gli occhi e inspiròprofondamente prima di aprire il passaggio. Non si stupì nel rendersi conto che non riusciva afarlo come voleva: andare direttamente a Kiserai era impensabile per le energie che aveva. Non

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sprecò tempo nel cercare una soluzione, ma si concentrò in modo da lasciare almeno la prigione.Varcò la soglia luminosa che aveva creato, lasciando le sue compagne a fissarla ad occhi sgranati,incredule e incapaci di comprendere in quei pochi istanti cosa stesse accadendo.Shawna uscì dal passaggio sulle mura naturali della città, il posto più lontano a cui aveva potutomirare. Questo significava che si sarebbe dovuta poi allontanare senza usare il potere, scalando laroccia della montagna in cui era incastonata Acarvende. Avrebbe raggiunto un punto sicuro in cuiriposarsi fino a riprendere le energie sufficienti per incanalare un portale in grado di farlagiungere a casa.Nel colore crepuscolare della sera che avanzava osservò ai suoi piedi la conca profonda in cui erasorta quella città fortezza. Era una città affascinante, doveva ammetterlo: nelle mani giustesarebbe stata inespugnabile. Stava sorridendo al pensiero, quando la parete nord della cittàesplose in una nuvola di polvere e detriti. Quando la foschia si dissipò, il calare della sera lasciòintravedere alcune persone che si affacciavano ad uno squarcio prodotto nella parete rocciosa cheseparava le carceri dalla città. Evidentemente lʹassenza dello schermo era stata sufficientementeduratura da far reagire i prigionieri. Questo avrebbe potuto sconvolgere la città e creare più dannidi quanto Shawna avesse ipotizzato, ma non poteva curarsene. Raccolse le ultime forze ecominciò a scendere oltre la parete che delimitava la città, pregando la Luce di trovare quantoprima un pertugio sufficientemente grande da poterle offrire riparo per la notte.

«Che ti piaccia o meno, ragazzo, è la pura e semplice verità»Siadon fissò il vecchio a lungo, senza nascondere perplessità e stupore. Quanto aveva appenaascoltato avrebbe scosso anche il freddo assassino che stava interpretando. Era una dellemaschere più semplici che avesse mai indossato, bastava mostrare di odiare tutto e tutti e di nonprovare alcuna emozione positiva. In pratica, far vedere quello che solitamente nascondeva etenere per sé le uniche cose che lo facevano assomigliare ad un uomo: la speranza in una vitamigliore e quello che provava per Thea.«Dei Ribelli. I fondatori della setta di DeʹDomorashi... erano dei Ribelli? Vecchio, è assurdo.Capisco raccontare storie stravolgenti per creare dubbi ma ora esageri. Hai bisogno di riposare unpoco? Possiamo vederci anche domani, dovrei essere libero.»Negli ultimi interrogatori aveva iniziato a reagire con lʹarroganza alle sorprese, gli era sembrato unmetodo efficace per provare ad indirizzare le domande dove preferiva. Funzionava, a volte. Maicon quel dannato vecchio ma ormai doveva continuare a mantenere anche quell aspetto delpersonaggio.Lʹanziano non si scompose. «Non so se siano stati loro i veri fondatori. Stando a quanto ci è datosapere, le persone che lasciarono questa città erano interventiste, spesso violente, ma votate allanostra causa non dei mercenari. Fondatori o gregari non cambia molto. Tu stesso hai ammessoche la setta ha variato forma e metodi molte volte, potrebbero averne preso il controllo in un

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secondo momento. Il punto è che le similitudini nelle nostre tradizioni sono numerose, non puòessere un caso.»Siadon alzò le spalle, o almeno ci provò prima di venir bloccato dal laccio con cui era legato e chegli impediva di usare il Potere. Erano in una stanza molto piccola e per la prima volta da quando sitrovava in quelle carceri, cʹera un solo Ribelle con lui. Lo stesso vecchio che aveva assistito ad ognisuo interrogatorio, tanto da far temere a Siadon di essere diventato il suo oggetto di studio. Eraintrigante, addirittura esaltante per certi versi. Lʹanziano conosceva molto bene il suo mestiere,tenergli testa era sempre più difficile per lʹassassino. Intrigante ed esaltante, sì, ma moltopericoloso. Come se non bastasse, sembrava rispettato in modo che andava oltre lʹammirazione olʹinvidia per le sue capacità. Quellʹuomo doveva ricoprire un ruolo importante per le carceri,probabilmente per lʹintera città. Forse faceva parte di quel Consiglio degli Anziani a cui avevaaccennato Taril.Certo cʹera anche la possibilità che fosse tutto un trucco. Magari per spingelo a credere che laparte di storia dei Ribelli, che lʹanziano gli aveva appena raccontato, non andasse rivelata agli altri.Siadon non riusciva a decidere se fosse unʹidea valida o il frutto delle paranoie scatenatedallʹastinenza alla radice.«O più semplicemente, i modi più efficaci di usare il Potere per ottenere informazioni sono quelli.Secoli di pratica hanno portato due gruppi distinti alle medesime conclusioni. In effettifunzionano piuttosto bene, cosa aspettate ad usarli su di me?»«Similitudini di intenti, forse. Non di modi.» il volto rugoso rimase inespressivo. I pozzi neri cheaveva al posto degli occhi continuavano a scrutarlo come sempre ma la pausa durò un istante ditroppo. Siadon annotò mentalmente di tornare sul punto mentre cercava di non far trasparire lasensazione di aver raggiunto una piccola vittoria dopo numerosi incontri «Ma il rituale del tuomatrimonio come lo spieghi?»Oh no vecchio, non era questo che volevi dirmi!«Andiamo non sono così stupido! Avete capito subito che si trattava di una cosa moltoparticolare, mi avete chiesto i dettagli ed ora volete farmi credere che fa parte delle vostretradizioni? Non ne avevate mai sentito parlare, è solo un modo per creare dei punti in comune.»Anche se non ne capisco il motivo... sarebbe più facile sfruttare le cose conosciute.«E perché dovrei volerti spingere a credere questo, se non fosse la verità?» Chiese il Ribelleaggrottando la fronte, moltiplicando le già numerose rughe che gli solcavano il volto.Brucia! «E che ne so? Magari è solo un modo per confondermi, oppure è lʹetà che avanza.» nonebbe bisogno di fingere per caricare dʹodio il suo sguardo.In risposta ebbe solo due grandi occhi neri che lo trapassavano, calmi e pazienti come il tempostesso. Da qualche parte, nel corridoio oltre la porta chiusa, una goccia dʹacqua cadevaritmicamente sulla pietra, tagliando il silenzio opprimente in intervalli regolari.«Sei stato addestrato bene, mi piacerebbe molto conoscere di più su quel monastero.» disse infineil vecchio, stirandosi la schiena mentre cercava una posizione più comoda sulla sedia imbottita.«Ma cʹè qualcosa che ti complica la situazione. Tutta questa paranoia non può convivere con lealtre abilità e non può nemmeno essere finta come lʹarroganza. Da dove viene? Non puoi esseretanto preparato ed avere allo stesso tempo tutti questi dubbi. Di certo te ne sei reso conto anchetu, quindi non è un comportamenteo che adotti di proposito.»Dannato bastardo! E dannatissima radice!Siadon sorrise sinceramente, era arrabbiato con sé stesso per la debolezza che gli impediva dipensare lucidamente ma si sentiva anche euforico per il confronto con un esperto negliinterrogatori. Stimava lʹanziano e una parte di lui lo avrebbe voluto come maestro. Certo moltealtre parti non vedevano lʹora di farlo a pezzi, in diversi modi tutti molto dolorosi, ma lo rispettava.E temeva. Quanto poteva andare avanti a mentire? I Ribelli non usavano la radice per tenere a

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bada i prigionieri. Gli effetti dellʹastinenza non sarebbero dovuti durare per più di un mese o duema lui non aveva tutto quel tempo, non con quel vecchio tanto bravo a leggere i suoi pensieri.«Bene, un problema in meno, in realtà detesto lʹarroganza. Di che modi parlavi prima?» sapeva dinon dover aggiungere altro, entrambi stavano misurando ogni parola.Lʹanziano non mostrò alcuna sorpresa, con ogni probabilità si aspettava la domanda.«Durante gli interrogatori, cerchiamo di usare il Potere solo se siamo sicuri di non danneggiaretroppo i prigionieri.» cambiò posizione, lasciandosi sfuggire qualche gemito «mentre, da quantoho intuito, voi usate tali tecniche senza preoccuparvi delle conseguenze.»Siadon annuì. «E usandolo su di me temete di attivare una Trappola Mentale, perdendo leinformazioni che cercate. Il tempo per ottenerle normalmente invece non vi manca.»Il vecchio sorrise «Vero, tuttavia non ti ho mentito. Conosciamo le Tessiture, ci addestriamo nelloro uso e cerchiamo sempre di perfezionarle. Ma evitiamo di usarle quando in realtà sarebberodavvero utili, quando potremmo ridurre i giorni di prigionia dei nostri ospiti innocenti.»Confusione. Cambiando discorso ho ammesso di essere paranoico e ora batte questa strada. Memorizza eignora, se rifletti ora sei fregato.«Ma per quanto perfezionata sia la tecnica, i rischi rimangono. Tutto sommato è meglio qualchegiorno in più in prigione rispetto al trovarsi la mente trasformata in poltiglia.» concluse Siadon.Qualcuno si avvicinò alla porta, si fermò a controllare la stanza con discrezione, come le volteprecedenti, per poi allontanarsi subito dopo. Le guardie seguivano uno schema semplice mapreciso, dovevano essere due gruppi su altrettanti percorsi distinti. Il primo passava allʹincirca ognicentocinquanta gocce dʹacqua, mentre il secondo compiva un giro più breve, impiegadoci pocomeno della metà del tempo, una settantina di ticchettii.«Dunque, da dove viene?»La verità è la miglior menzogna era un frammento di una specie di mantra della Setta, scolpito nellasua mente. Era anche un ottimo suggerimento.«Le mie armi erano ricoperte di veleno e nelle tasche avevo altri impasti. La paranoia è lʹeffetto diuna di quelle droghe.» Che non mi avete lasciato il tempo di assumere.Il vecchio annuì «Finalmente un mistero risolto. Cosa hai capito dei tuoi compagni di cella?»Ancora confusione indotta, o forse vuole capire quanto le paranoie distorcono la mia percezione persfruttarle meglio. Non conosce i veleni e tornerà sulla questione dopo essersi informato, ora ha cambiatodiscorso per farmi credere di aver chiuso la questione... Ah dannazione, rispondi e basta!«Taril è un giovane viziato, pieno di ideologia da caserma sul come combattere in modo onorevole,qualcosa di simile ad un gioco tra nobili. Dubito abbia mai faticato veramente per ottenerequalcosa, ha provato diverse volte ad entrare nel reparto che tanto ammira ma lʹhanno scartato.Credo che una ragazza abbia subito lo sfogo delle sue frustrazioni, probabilmente ne faceva parte.Dopo lʹennesimo rifiuto lui ha perso la testa. Ma non è stato un incidente, ha iniziato senzavolerlo ma cʹè stato un preciso momento in cui lui ha deciso di ucciderla. Di certo non è pentitoper quello che ha fatto a lei, è per sé stesso che sta soffrendo: per la sua prigionia e per comeviene trattato. Varald invece è quasi lʹopposto, niente ideali nobili, gli piace sporcarsi le mani erisolvere da sé i problemi. E un gran bastardo che non vede lʹora di sfogarsi in una rissa maalmeno si assume le sue colpe. Non sʹè mai lamentato di essere qui, sa di meritarselo e pesta Tarilcon metodo come se fosse suo preciso compito. Credo lo veda quasi come un dovere, lo ritienecolpevole e si è eletto boia.Poi cʹè Manador. Passa il tempo ad evitare di far capire qualcosa di sé a Varald, per paura di farcompagnia a Taril. Se la sta passando molto male, non reggerà a lungo. Sembra calmo econtrollato ma è distrutto, una notte uscirà di testa e attaccherà quella che ritiene la minaccia piùgrande: il colosso biondo. Con ogni probabilità ci rimarrà secco, Varald è sempre allʹerta perché sache Taril non vede lʹora di ucciderlo nel sonno, quindi lo sentirà arrivare. Se per qualche miracolo

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Manador riuscirà nel suo intento, magari aiutato da Taril che sfrutterebbe subito la possibilità diliberarsi del suo aguzzino, vedrebbe in me la nuova minaccia. Ucciso me penserà al giovane edinfine si spaccherà la testa contro le pareti, cercando di sfondarle. Non credo manchi molto, unpaio di settimane al massimo.»Lʹanziano fissò Siadon perplesso, per la prima volta lʹassassino riuscì a leggerne le emozioni.Stupore e sospetto. Forse aveva parlato troppo, in tal caso però si sarebbe aspettato anche... cosa?Timore? Perché un personaggio tanto importante avrebbe dovuto temere un inoffensivoprigioniero paranoico?In fondo non sono uscito dal personaggio, ho parlato molto, facendo meno caso del solito alle parole manon sono andato tanto male... Forse... Dovevo sottolineare che mi difenderei? Ha capito che non miimporta di morire? Ad un assassino freddo e spietato importa di morire? Dì qualcosa maledettobastardo!Gli occhi scuri tornarono ad essere due pozzi insondabili e continuarono a fissarlo a lungo, senzalasciar trasparire alcuna emozione. Siadon avrebbe tanto voluto schiantare la propria testa drittasu quel naso grinzoso ma si concentrò al massimo per rimanere impassibile, lasciando che ilticchettio della goccia dʹacqua sostituisse i suoi pensieri. Era tentato di creare il vuoto nella suamente ma sarebbe stato impossibile riprodurre con precisione i modi di fare dellʹassassino chestava impersonificando, almeno agli occhi dellʹanziano.«Piuttosto preciso» ammise infine il Ribelle «saresti disposto a descrivermi lʹaddestramento e imetodi usati dalla tua setta per forgiare i propri membri?»Siadon non si scompose, sapeva che il vecchio lo stava studiando per ottenere quelle informazionie sperava in una domanda esplicita da giorni.«Avremo bisogno di molto tempo»«Potrebbe aiutarti a tenere la testa attaccata al collo per tutto quel tempo»«Userete quelle informazioni per distruggerli?»Lʹanziano sospirò, tradendo un velo di frustrazione che Siadon annotò mentalmente.«Temo di no.» i pozzi scuri fissarono la porta chiusa a lungo, solo quando furono certi dell assenzadi guardie continuò a parlare «Alcuni di noi vorrebbero intervenire, far qualcosa per contrastarela Confederazione, liberare tutti quei poveretti braccati peggio di bestie. Ma la maggior partepreferisce mantenere lʹisolamento, persino ora che lʹOmbra si è manifestata. Forse addirittura orapiù di prima.»Siadon ripercorse mentalmente ogni passaggio di quel discorso. Era assurdo, perché gli stavarivelando quelle informazioni? Se era un modo per confonderlo, stavolta cʹera riuscito. Di nuovo,fece lʹunica cosa che poteva fare per non cadere troppo malamente nella trappola: memorizzò leparole e le ignorò. Una volta tornato in cella avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per riflettere.«Dimostrami che userai la tua influenza per dare la caccia alle sette e farò qualsiasi cosa peraiutarti.»Il vecchio sorrise «Credo che tu sopravvaluti la mia... influenza. Ad ogni modo, come potreidimostrarti qualcosa?»«Ti dirò lʹesatta ubicazione della setta più debole che conosco. Quella a Nord di Jendal. Le lorodifese, punti di forza e debolezze. Almeno per come erano fino a circa tre mesi fa. Come Thea,Elsa ed anche Tomas avranno di certo ammesso, sono un Manto Bianco. Conosco come siidentificano alle sette e posso dirvi come fingervi Figli della Luce abbastanza bene da ingannarli.Portami le prove della loro sconfitta e ti dirò tutto ciò che so riguardo alle altre.»Lʹanziano si portò una mano al mento, lisciandosi la lunga barba. «Hai detto che le sette sonoisolate tra loro, che non si conoscono. Come puoi avere queste informazioni?»«Quando una setta rischia di diventare troppo pericolosa per i Manti Bianchi, è compito diDeʹDomorashi occuparsene. Sei mesi fa sono stato incaricato di preparare un piano per

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annientare quei luoghi. Che io sappia esistono ancora. In caso contrario sarà più faciledimostrarmi che ci siete andati.»

Sdraiato sul pagliericcio nella sua cella, Siadon stava fissando la muffa attaccata al soffitto,battendosi ritmicamente le dita di una mano sul petto. Lʹanziano Ribelle aveva annotato ognidettaglio su numerose pergamene che si era fatto portare, obbligandolo a ripetere tutto numerosevolte. Era stanco, ma felice. Molto felice, con ogni probabilità quel pomeriggio aveva dato il via allafine di una setta, un bel passo in avanti. Certo quel vecchio bastardo poteva anche averlo preso ingiro ma in ogni caso ora sapeva di avere del tempo per progettare le prossime mosse. Avrebbedetto tutto ciò che sapeva, quasi tutto, dosando le informazioni e usandole per cercare dimanovrare i suoi carcerieri. Non si aspettava molti risultati ma anche solo una setta in menosarebbe stato un traguardo impossibile da raggiungere se non si fosse fatto catturare.Peccato solo che il suo obiettivo più importante, in quel momento, fosse trovare il Padre, nondistruggere le sette. Come poteva riuscirci? Di certo non lo avrebbero mai fatto uscire, avrebbedovuto cercare di farselo presentare in prigione? Il vecchio aveva un ruolo importante nellapolitica ma Siadon non aveva idea di quanta influenza fosse necessaria per incontrare il Padre,sapeva solo che anche i Ribelli lo stavano cercando ma poteva benissimo trovarsi nellaConfederazione.Come spostare lʹattenzione dalle sette al Padre? Dovrei propormi di addestrarlo per difendersi da loro?Non accetteranno mai. Però già sanno che lo sto cercando, tantovale provarci. Tamara mi ha avvertito diricordarmi che è anche un ragazzino... quindi inesperto? Che diamine significa? Devo sfruttare questacosa per incontrarlo o voleva solo dire di portare pazienza quando ci avrò a che fare? ... Luce ora viammazzo tutti e due, piantatela di fare casino!Taril piangeva come un bambino, implorando pietà con una patetica voce stridula ad ogni pugnodi Varald. Siadon li fissò con odio ma solo il giovane si accorse di lui, per un attimo i suoi occhi siallargarono dal terrore poi un pugno più forte degli altri attirò tutta la sua attenzione. In qualchemodo le grida sembrarono ancora più acute di prima.Lʹassassino sbuffò frustrato. Se li avesse uccisi, i Ribelli non lʹavrebbero presa bene. Manovrarlisarebbe stato ancora più difficile. Creò una sfera mentale per creare un vuoto in cui isolare i suoiragionamenti. I lamenti e i tonfi scivolarono ai confini delle sue percezioni, così come tutti gli altrirumori, luci, odori e sensazioni.Si godette quella pace per parecchio tempo, ammirando bramoso quello che era la Fonte,allontanata e resa irraggiungibile dalla barriera di quelle carceri. Da quanto non incanalava? Glipareva una vita. In fondo era abituato allʹassenza del contatto col Potere, al Monastero rimanevain quella situazione per settimane. Esserne abituato però non voleva dire che gli piacesse, perquanto odiasse quella cosa sapeva di aveverne bisogno, come una droga. Più di una droga.Poi accadde lʹimpossibile. Qualcuno stava incanalando Saidin, qualcuno di molto vicino. Nonperse tempo a domandarsi come o perché, era circondato da Incanalatori in astinenzaimprigionati per anni, forse alcuni addirittura da secoli, allʹinterno di mura che ora potevanoabbattere. Doveva andarsene al più presto.Aprì gli occhi e una piccola sfera di fuoco sprofondò nella testa di Madanor, riempiendo la piccolacella di un odore nauseabondo.«Dobbiamo andarcene, subito» disse calmo agli altri, che lo fissavano come due ebeti.Varald fu il primo a riprendersi, nel modo sbagliato. Era troppo abituato a combattere con le maniper rendersi subito conto del pericolo. «Sei impazzito? Perché lʹhai ammazzato?»Lʹattimo dopo si piegò in due, colpito da Flussi di ogni tipo comandati senza una logica benprecisa da Taril, che gridava come un folle. Con un tremito che sembrava il lamento di unamontagna, il pavimento si sollevò e parte del soffitto crollò sul corpo di Madanor, seppellendolo e

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avvolgendo tutto con una nube di polvere.«IDIOTI!» Siadon schermò i due compagni di cella, bloccandoli poi con dei Flussi di aria. «Oranon posso più aprire un portale da qui! Non vi ammazzo come due cani solo perché mi servonodei bersagli.»Impallidirono entrambi, nessuno dei due osò respirare per alcuni istanti, trattenendo persino icolpi di tosse. Il giovane sembrava sul punto di svenire e la polvere sollevata dalla frana nonbastava a nascondere lʹodore di urina che iniziava a diffondere. La grata che bloccava lʹingressoera già scardinata per metà, non servì molto Potere per abbatterla del tutto. Era successo così infretta che la maggior parte dei prigionieri erano ancora nelle proprie celle, speranzosi ma anchespaventati. Altri invece stavano già combattendo con le guardie, le Tessiture erano sempre piùnumerose, i bagliori, le grida e i boati da sporadici si facevano sempre più frequenti, così come iltremore del pavimento diveniva sempre più intenso.Prima di uscire dalla cella Siadon manovrò i propri Flussi, spingendo Taril oltre la grata abbattutae tenendolo bloccato lì, in piena vista quasi al centro del corridoio. Poi si avvicinò a Varald.«Obbedisci senza esitare e ce ne andremo da qui.»Il colosso si era già ripreso. Annuì deciso, dimostrando di aver capito che la situazione imponevadecisioni rapide. Siadon lo liberò ma non rimosse lo schermo che gli impediva di incanalare. Lofissò negli occhi per un istante, soddisfatto dallʹassenza di proteste dellʹuomo, poi si girò versoTaril. La testa del giovane scattava continuamente, gli occhi terrorizzati cercavano di seguire ogniFlusso che si manifestava nel suo campo visivo, nellʹinutile speranza di poter schivare quelli che lopotevano colpire. Un tremito più intenso degli altri costrinse Siadon ad appoggiarsi alla parete,mentre unʹintera porzione della volta si piegava su sé stessa come argilla bagnata. Vomitando unacascata di rocce, acqua e calcinacci non molto distante da Taril. Investendo il ragazzo con unviolento spostamento dʹaria.«Libera quei disgraziati.» ordinò Siadon mentre rilasciava lo schermo di Varald, prima di dirigersiverso un altro gruppo di celle ancora chiuse.«Chi? Non vedo un cazzo di nessuno!»Lʹassassino fissò perplesso il gigante, poi si rese conto che cʹera ben poca luce nella galleria. Lamaggior parte delle torce si era spenta, alcune spazzate dalle onde dʹurto, altre sepolte dai detriti.Lʹunica fonte luminosa decente era una grata tanto incandescente da deformarsi per il suo stessopeso. Siadon aveva meccanicamente usato il Potere per muoversi nelloscurità ma Varald,evidentemente, non era in grado di farlo.«Sai creare una sfera luminosa?»La cella, o meglio la polvere sospesa dentro e fuori di essa, si colorò di azzurro. «Da che parte?»Chiese il Ribelle tenendo la Tessitura lontano dagli occhi e fasciandosi la bocca con un brandellodi stoffa.Siadon indicò la parete opposta. «Sono rimaste tre celle» aggiunse, mentre lʹaltro stava giàcorrendo.Dopo pochi passi Varald si gettò dietro alcuni detriti, evitando per un soffio due palle di fuoco chequalcuno gli aveva scagliato contro.Ma siete davvero così stupidi?Avvolse Taril con alcune strisce luminose. Poco dopo un gruppo di guardie sbucò da un angolo,bersagliando il ragazzo con tre proiettili infuocati. Il giovane avvampò come un albero secco,ancora schermato e immobilizzato non potè fare altro che gridare. Era uno spettacoloraccapricciante, tanto che una guardia vomitò. Piegata dai conati, fu lʹunica a salvarsi. Le teste deisuoi compagni esplosero, colpite da piccole sfere di ghiaccio create con Tessiture invertite,invisibili in quellʹoscurità. Appena si rese conto dellʹaccaduto, scappò urlando terrorizzata.«Vai!»

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Varald lanciò la sfera luminosa in avanti, lasciando il nascondiglio solo dopo aver verificatolʹassenza di altri proiettili. I prigionieri ancora intrappolati gridavano per incitarlo, superando iboati che provenivano da oltre il cumulo di macerie che ostruiva la galleria. Proprio nella direzioneche conduceva allʹunica uscita, o per lo meno in quella che conducevano Siadon per gliinterrogatori. Per quanto ne sapeva di quel labirinto di cunicoli, la scala poteva benissimo esserenella direzione opposta, poco oltre le guardie che aveva appena ucciso. Sempre ammesso che cene fosse solo una.Scardinò le grate di due celle, liberando cinque prigionieri malconci, troppo stanchi o incapaci perfarlo con le proprie forze. Non era compassione, aveva bisogno di bersagli e confusione perdistrarre le guardie che avrebbe incontrato.«Non ce ne sono altri» Varald dovette gridare per sovrastare il frastuono di un crollo pocodistante, tanto forte da convincere Siadon che sarebbero morti sepolti di lì a poco.Studiò per alcuni istanti la galleria libera, cosparsa di sangue e resti ben più disgustosi. Inutile. Unbudello sconosciuto, forse chiuso, sicuramente cosparso di guardie e prigionieri resi folli dalritrovato contatto col Potere. Come se i continui crolli non gli creassero già abbastanza problemi.Per aprire un portale doveva conoscere il luogo di partenza. La sua cella era perfetta, prima cheTaril la distruggesse. Ora doveva trovare un altro posto visto che anche il corridoio erairriconoscibile. Lʹalternativa era creare un passaggio instabile e ben poco preciso, col rischio ditrovarsi dentro un lago o in una dannatissima nuvola in mezzo al cielo.Le stanze degli interrogatori. Alcune le conosco abbastanza bene.Peccato che fossero tutte al piano superiore. Osservò con attenzione la frana che bloccava lagalleria. Si avvicinò, studiando il buco che aveva lasciato nel soffitto. Lo esplorò attraverso ilPotere e ringraziò la Luce quando trovò un soffitto levigato sopra la voragine. La frana avevacreato un passaggio verso il livello superiore, trascinando e schiacciando numerosi prigionieri i cuicorpi ora spuntavano dalle macerie come strani arbusti ricoperti di polvere e sporcizia.«Di qua» disse senza badare alle proteste degli altri uomini.Da quanto aveva intuito, sopra di loro non cʹerano prigionieri in grado di incanalare, altrimentinon si sarebbe spiegato il senso di quei bracciali solo una volta raggiunta la scala. Sperava che leguardie si stessero concentrando sul pericolo maggiore. Certo non aveva modo di sapere se iRibelli la pensassero allo stesso modo su quale fosse la minaccia più concreta, o magari l attaccovero e proprio si stava svolgendo allʹesterno... ma sperò che queste fossero solo delle dannateparanoie senza fondamento.I blocchi di pietra erano grandi e instabili. Bastava sfiorarli per farli precipitare sulle teste deifuggiaschi che lo seguivano, spaccandole come meloni maturi, ma il Potere facilitò la scalata. Benpresto Siadon, Varald e unʹaltra decina di prigionieri raggiunsero il tunnel del livello superiore. Lafortuna li abbandonò quasi subito, quando i prigionieri comuni, attratti dal bagliore delle sfereluminose, si accorsero della loro presenza. Richieste di aiuto, grida spaventate, insulti e promessedi ricompense. La cacofonia di voci avrebbe presto attirato lʹattenzione delle guardie.Dannazione! «Liberateli! Tutti quanti, voglio questo buco pieno di persone che corrono da ogniparte»«Forza! Avete sentito!» Varald incitò gli altri Incanalatori.Quelli si limitarono a scambiarsi occhiate perplesse, tentati dallʹidea di scappare prima dellʹarrivodelle guardie. Quando il primo pugno del colosso frantumò il naso dellʹidiota più vicino, gli altriiniziarono ad annuire. Ma furono i lamenti del secondo malcapitato a far scattare tutti verso legrate chiuse.Siadon osservò la scena divertito. Lasciò che i primi prigionieri sparissero nei cunicoli, aspettandodi capire dove fossero le guardie più vicine.«Andiamo!» ordinò quando avvertì un uomo incanalare poco distante.

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Questa volta non servirono incentivi, Varald rise di gusto vedendo gli altri scattare. Non ci vollemolto prima di raggiungere due guardie impegnate a scortare un gruppo di prigionieri lungo ilcunicolo.Perfetto. Le schermò entrambe, usando dei Flussi dʹaria per impedire loro la fuga. Stava perparlare quando la parete accanto alle guardie esplose, dilaniando la più vicina e alcuni prigionieri.Siadon si girò di scatto verso lʹincanalatore che aveva sferrato lʹattacco, tranciando brutalmente ilsuo legame con la Fonte. Un uomo magro e basso, dalla pelle bruciata dal sole come quella deimarinai, lo fissava con occhi colmi di terrore, urlando distrutto da quanto Siadon gli aveva appenafatto.«Io comando, voi obbedite. Mi servivano vivi.» Si assicurò che tutti avessero sentito, riconobbe seidei prigionieri del livello inferiore, oltre a Varald. Cʹera anche un gruppo di disgraziati appenaliberati, una ventina in tutto. Ricevette subito dei cenni di assenso, incoraggiati dai lamentidisperati del poveretto. «Bene» annuì convinto, prima di spezzare il collo allʹuomo.Alcuni, tra i più distanti, se ne andarono di corsa ma meno di quanti Siadon sperasse. Avevabisogno di bersagli da sacrificare ma tutta quella gente rischiava di attirare troppe attenzioni.La seconda guardia era ferita ma ancora in vita, era una ragazza robusta dai capelli castani e ilnaso largo. In altre occasioni avrebbe cercato di limitare i danni alla sua mente ma lʹennesimascossa gli mise fretta.«Accompagnaci alle stanze degli interrogatori, quelle piccole. Dove un Geinzana molto anziano èsolito tenere gli incontri privati con i prigionieri che ritiene interessanti. Sai dove sono?»La ragazza annuì sorridendo «Certo»«Molto bene» rispose Siadon aiutandola gentilmente ad alzarsi. «Riesci a camminare?» le chiesetra gli sguardi increduli degli altri prigionieri. Alcuni lo fissavano terrorizzati ma nessuno di lorolasciò il gruppo.Lei annuì di nuovo ma non appena caricò la gamba destra dovette aggrapparsi a Siadon per noncadere.«Se mi volevi abbracciare bastava chiedere!» disse lui sorridendole affettuoso, cingendole il fiancoper aiutarla a stare in piedi. Lei arrossì. «Da che parte sono le stanze? Dobbiamo anche cercare dievitare le altre guardie.»«Di qua allora. Allungheremo un poco ma procedendo dritti passeremmo in mezzo allebarricate.»«Benissimo! Te lʹho mai detto che sei adorabile?»«No...» rispose lei imbarazzata, guardandolo negli occhi, un istante, prima di abbassare lo sguardo«Ma è bello...» sussurrò incamminandosi, trattenendo il dolore alla gamba.Siadon guardò Varald, gelido.«Vi seguiamo in silenzio e controlliamo che nessuno ci scopra?» chiese l omone con un sussurro,senza degnare di unʹocchiata la ragazza.Bravo il mio capitano! Pensò Siadon euforico, quel gigante iniziava a piacergli. Annuì.Devo trovare il Padre... ma non posso lasciarmi sfuggire unʹoccasione del genere... Se i Manti Bianchisapessero come arrivare qui sarebbe uno spasso. Il vecchio sa come distruggere una setta, tutto questocasino gli impedirà di agire ora ma prima o poi qualcuno dei suoi userà quegli appunti, spero. Seriuscissi a dire ai Figli come arrivare qui anche loro potrebbero attaccare i Ribelli. Di certomanderebbero le sette ancora sotto il loro controllo e tutti quei dannati bastardi si ammazzeranno avicenda! Nel frattempo cercherò il Padre, tra il casino che sta succedendo qui e i Manti Bianchi chedimostrano di sapere come trovare i Ribelli, dovrà pur presentarsi qualche buona occasione perinfiltrarsi. Varald è della capitale, o qualcosa del genere... potrei obbligarlo a collaborare. Anche se orasembra divertirsi dubito che mi aiuterebbe... un tentativo non nuoce.«Questa... va bene?» Chiese la ragazza guardandolo negli occhi, per poi chinare il capo e arrossire

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subito dopo averli incrociati.Siadon studiò la stanza con attenzione, contrariato dallʹessersi distratto tanto durante quel breveviaggio. Aveva prestato attenzione ai corridoi e si era accorto di aver raggiunto dei passaggi forsefamiliari ma si era affidato troppo al caso. Se qualcuno avesse preparato una trappola,probabilmente ci si sarebbe cascato senza accorgersene. Era molto più stanco di quando pensasse,tutte le possibilità che gli si erano aperte davanti in un solo giorno lo rendevano attivo ed euforicoma doveva sbrigarsi. Presto lʹeffetto sarebbe svanito e lui si sarebbe trovato sfinito, senzapossibilità di fuga.«Perfetta, è proprio quella a cui pensavo!» rispose con un sorriso, prima di baciarla sulla guancia.Lei lo strinse tanto forte che temette di trovarsi con qualche costola rotta.Luce! E se ti baciavo le labbra cosa mi facevi?!La allontanò dolcemente, chiedendo a Varald di aiutarla. Allʹinizio pensava di ucciderla appenatrovata la stanza ma ora si era reso conto di aver guadagnato una buona fonte di informazioni. Sì,doveva essere davvero stanco per non averci pensato prima.Si concentrò più del necessario, assicurandosi di attingere sufficiente Potere per riuscire nel suointento. Non poteva permettersi un errore proprio ora.Un avamposto dei Figli a Nord, sul confine. Abbastanza preparati da fronteggiare sette incanalatori egestire diversi prigionieri comuni. Ufficiali che sono disposti ad ascoltare un incanalatore se capisconoche possono scovare i Ribelli. Sorrise Sì, tra Shaidarshain e Elligai dovrebbe andare, di certo stannoancora cercando i Ribelli che hanno massacrato tutti quei Manti Bianchi... non abbiamo lasciatotestimoni, gli unici sopravvissuti possono aver visto solo delle ombre.La sottile linea argentea si allargò lentamente, fino a formare un passaggio abbastanza largo perdue persone. Adatto anche a Varald.Dallʹaltra parte le luci della sera illuminavano un bosco fitto, selvaggio, pieno di rocce bianche epiante alte, ricoperte da spessi strati di muschio.«Lei viene con noi» disse al gigante, mentre il boato di un altro scossone rimbombava tra le pareti.Siadon non attese di scoprire se sarebbe stato quello decisivo o meno, si gettò letteralmenteattraverso il portale, seguito dalla ragazza, lanciata senza tante cerimonie, Varald e chiunque fosseriuscito a guadagnare le prime posizioni dellʹammasso di corpi urlanti, che si spintonavano perfuggire.

All’apparenza non pareva aver subito danni fisici, ma era evidente che le condizioni di Shawnafossero tuttʹaltro che buone. Mab l’aveva vista tornare in cella tumefatta con una frequenza cosìelevata che ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma questa volta esteriormente non riportava alcuntipo di lesione. Dovevano averle fatto qualcosa di diverso e di devastante: oltre il fatto che si fossepraticamente dovuta far trascinare lungo il corridoio fino alla cella e il suono sinistro dell’amararisata che le era sfociata appena era crollata sul pagliericcio, era stato il suo sguardo ad aver

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lasciato Mab a bocca aperta. Un profondo abisso torbido che le aveva gelato le ossa.Anche Thea aveva mostrato un insolito stupore osservandola, ma aveva risposto all’occhiatainterrogativa che Mab le aveva gettato con una semplice scrollata di spalle. Più passavano i giorni,più l’atteggiamento della nuova arrivata si faceva disinteressato, come se non le importasse nulladi quello che le accadeva attorno. Era placidamente pronta ad accettare tutto e a non nasconderenulla, neppure tutto ciò che la faceva apparire come un potenziale pericolo per i suoi carcerieri,verso i quali si prodigava pronta a collaborare in ogni modo. Un comportamento così apertamentedisarmante da renderne difficile un’interpretazione logica. Mab la lasciò perdere poco dopo.Per quanto il ritorno della loro compagna in cella le avesse stupite, il tedio tornò ben presto,pesante ed impossibile da sopportare. Mab si sforzava di tenere la mente attiva, congetturando,ma dopo ormai circa tre mesi trascorsi là dentro, senza contatti di alcun tipo con il mondo esterno,senza alcuna notizia o un solo argomento che non fossero futili confidenze con le sue compagne,faticava a stare concentrata sui proprio pensieri. Aveva la netta impressione che ogni singologiorno là sotto le sottraesse pian piano le facoltà mentali, avendole impigrito il cervello con ilriposo forzato dovuto al trascorrere del tempo nel totale nichilismo.Come se quella sensazione non fosse già sufficientemente sgradevole, l’inesorabile perdita di ognisperanza di uscire di lì si faceva sempre più pressante: i carcerieri non lasciavano mai trasparirenulla in proposito, continuavano a non rispondere alle domande e neppure l’aver incontratoalcuni Terah, la cerchia dei più autorevoli Incanalatori della città, aveva portato informazioni chele potessero servire. Lo sconforto era un pessimo compagno, quasi peggiore degli sbalzi d’umoredi Hilda, che la tormentava attraverso il legame con i suoi scatti d’ira e la frustrazione chemalamente tentava di gestire.Sbuffò appoggiandosi alla parete irregolare che le offriva uno scomodo schienale. Si risollevò dopopoco, quando Shawna si scosse bruscamente dal sonno in cui pensava fosse piombata e, senzaalzarsi completamente, creò un varco argenteo davanti a sè. Mab aveva già visto cose del genereda quando era giunta tra i ribelli e sapeva che si trattava di un passaggio per Viaggiare, ma comepoteva averlo incanalato? Il tempo di riaversi dallo stupore e sondò la Fonte per accorgersi dipoterla toccare e potervi attingere. Lo fece subito, avidamente. Shawna oltrepassò il passaggiocon gambe malferme, il varco si richiuse alle sue spalle in uno scintillio luminoso. Thea, di fianco alei, pareva altrettanto sbalordita oltre che già circondata dal bagliore di Saidar. Si guardaronoperplesse per un lungo istante in cui evidentemente nessuna delle due riusciva a dar voce aipropri pensieri.Il clangore del pesante portone del corridoio si sovrappose alla percezione delle tante persone checominciavano ad incanalare lì attorno. Di Shawna non c’era già più alcuna traccia, ma Theacontinuava a fissare il punto in cui era sparita.«Posso farlo» bisbigliò all’improvviso.«Cosa?» chiese Mab mentre correva alle sbarre per osservare cosa stesse accadendo nel corridoio.«Siadon me l’ha spiegato. Ora ho visto come… posso farlo» la voce era bassa, erano pensieri avoce alta quelli che stavano uscendo dalla bocca della sua compagna.Mab si girò a guardarla, incerta se essere speranzosa o spaventata. Rumori metallici, lo sgretolarsidella roccia, un vociare sempre più chiassoso riempivano l aria in un crescente frastuono. Gli occhidi Thea si spostarono per un attimo oltre Mab, a guardare il corridoio che si stava affollando didetenute e Guardiani, poi una linea argentata tagliò l’aria davanti a lei.«Portami con te»Thea guardò Mab ponderando la possibilità, che chiaramente non aveva dato per scontata.«Per favore»«La mia destinazione è la Confederazione» confessò.Mab deglutì. Una prigione certa per una probabile. Ad ogni modo non poteva certo rimanere lì

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ora. Annuì mentre allʹimprovviso colse lo spavento di Hilda.«Aspetta!»«Cosa c’è?»Si maledisse nel momento stesso in cui si rese conto che le parole che stava per dire eranol’inesorabile verità.«Non posso andarmene senza di lei»«Chi?»«Hilda. E’ imprigionata al piano di sopra»«Non è un’incanalatrice quindi...»«E’ una Figlia della Luce»Thea alzò le sopracciglia e piegò leggermente la testa.«E tu che c’entri?»«E’ una lunga storia, ma non posso proprio permettere che le capiti qualcosa» Mab prestò piùattenzione alla tessitura che la donna stava ancora tessendo, comprendendone in parte lacomposizione. Incanalò e intessè flussi che si unirono a quelli di Thea. Comprese meglio, ma dasola non avrebbe saputo farlo «Posso raggiungerla facilmente. Poi ce ne andremo dove vuoi tu.Per favore»Lʹaltra non rispose, ma lasciò che Mab prendesse il controllo dei flussi.Raggiungere Hilda fu semplice, bastò lasciarsi guidare dal legame e oltrepassare il passaggio. Mabfu pervasa da un gradevole senso di conforto nel rivedere la sua compagna, subito annientatodall’orrore per quello che il passaggio aveva causato: una pozza di sangue si stava allargando sottoi suoi piedi, là dove giaceva una Guardiana, la cui gamba sinistra era stata tagliata con innaturaleprecisione per quasi tutta la sua lunghezza. Lo stomaco di Mab sobbalzò, pronto ad espellere ognicosa contenesse. Per poco non lo fece. Le grida della donna coprivano ogni altra cosa.Istintivamente Mab si abbassò per soccorrerla, ma una mano le strinse un braccioimpedendoglielo: era Thea che contemporaneamente teneva lontane altre guardie con flussid’aria.«Lascia perdere. Dov’è lei?» chiese brusca alzando la voce per superare le grida della donnaferita.«E’ lei» rispose Mab avvicinandosi alla cella da cui Hilda la fissava sgomenta «Spostati» le disse,poco prima di incanalare terra per piegare le sbarre quel tanto che bastava a far uscire le donneimprigionate.«Lady Al’Kishira»Thea, ancora impegnata a fermare le guardie che si avvicinavano, non toglieva gli occhi sgranatida Hilda, la quale rispose con un tacito saluto militare, mentre un turbine di paura e vergognainondava il legame. Mab spostò lo sguardo dallʹuna allʹaltra. In fondo erano entrambe MantiBianchi e Hilda era un capitano, il giovanissimo capitano donna AlʹKishira: era più che normaleche Thea, che aveva tranquillamente ammesso di essere una Figlia, la conoscesse. Quello chestupiva Mab erano il timore e la vergogna che strattonavano il tentativo della sua compagna distare calma.Non era il momento per farsi certe domande. Smise di guardare le due donne e si concentrò sullasituazione che le circondava: unʹaltra prigioniera era uscita dalla cella, impaurita fino alle lacrime;lungo il corridoio, da ogni lato, giungevano Guardiani che tentavano invano di varcare i flussi diThea; a terra un lago di sangue assorbito dalla pietra circondava il corpo ormai esanime delladonna ferita, che aveva perso i sensi. Le sue urla strazianti erano finalmente cessate, per lasciarposto alle donne che imploravano dalle altre celle di essere liberate e le Guardiane cheimprecavano per ristabilire lʹordine. Mab cominciò ad incanalare in aiuto a Thea,Tremò tutto per qualche secondo, tanto forte che le gambe dolevano e la testa le prese a girare,

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dandole qualche problema a stare in equilibro. Il boato si propagò quasi contemporaneamente.Infine le urla, provenienti dal fondo del corridoio, oltre il portone che era stato richiuso.Mab gridò soltanto«Riapri il passaggio!»Prima di farlo Thea intrappolò in flussi dʹaria un paio di Guardiani, forzò le sbarre di varie celle esolo quando ci fu sufficiente confusione nel corridoio da tenere impegnati i rinforzi chearrivavano, cominciò la tessitura per Viaggiare. Mab lʹaiutò, si scambiò uno sguardo con Hilda, incui si dimenava un groviglio di emozioni capace di far star male entrambe, poi si mosse pervarcare il passaggio. Hilda la bloccò prendendole un braccio«Aspetta! Non possiamo!» disse guardando dietro le altre donne uscite dalle celle.«Lady Al’Kishira, io non so se...» lʹatteggiamento reverenziale di Thea era impressionante. Hildala guardò soltanto per farla tacere.«Da questa parte» disse, aiutando una mezza dozzina di donne a varcare la soglia davanti a loro.Poi anche Mab passò, seguita da Thea e il portale si chiuse alle sue spalle, mozzando una spada inuno stridente suono di metallo.

Il sole era tramontato e il cielo, già plumbeo, stava scurendo maggiormente per lʹavanzare dellasera, mentre le donne fuggite con lei da Acarvende se ne stavano ancora ferme, a poche centinaiadi passi dal luogo in cui erano letteralmente precipitate. Il passaggio si era aperto a più di unmetro da terra, facendo cadere violentemente le fuggiasche che l avevano oltrepassato,inconsapevoli che dallʹaltra parte i loro piedi avrebbero vagato nel vuoto. Fortunatamente ilterreno gonfio di pioggia aveva attutito lʹatterraggio, che si era risolto con lesioni di poco conto,fatta eccezione per una ragazza: Pafes, che per ironia della sorte si rivelò essere la terza Figliadella Luce del gruppo, si doveva essere rotta una gamba.Il lento spostamento da lì era dovuto principalmente a quellʹincidente, aggravato dal fatto cheHilda e la ferita stessa avevano vietato categoricamente lʹuso del Potere per guarirla, poi laresistenza di una delle donne ad essere consegnata ai Manti Bianchi non aveva certo aiutato,costringendo le altre a legarla con mezzi di fortuna. Infine cʹera il continuo discutere tra Hilda eThea, che si appartavano, il più delle volte portandosi dietro anche Mab, come in quel momento.La reclusione aveva segnato la sua compagna di viaggio più pesantemente di quanto Mab avessesospettato: i lineamenti del viso si erano fatti spigolosi per lʹeccessiva magrezza e quello che mesiprima era stato un colorito candido, ora appariva piuttosto un malsano pallore. Le avevano ancheparzialmente tagliato i capelli, per motivi igienici probabilmente: ora non erano molto più lunghidi quelli di Mab, oltre che rovinati e arruffati nello stesso modo. Il suo aspetto insomma eracambiato, facendola apparire più fragile ad una prima occhiata, ma ciò non intaccavaminimamente quellʹaria autoritaria e sicura che portava tutti a seguirla. Nonostante gli abiti logorie inzuppati di fango, nonostante la posizione scomoda in cui la metteva il fatto di essere una Figlia

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della Luce salvata da unʹincanalatrice, era riuscita ad ottenere lʹobbedienza delle altre fuggiasche.La spaventosa intensità del suo sguardo non era per nulla sminuita dallʹaspetto smunto del viso incui era incastonato: Mab era quasi sconvolta nel notare addirittura con che sfrontatezza loposasse su Thea mentre chiarivano il da farsi, con quel tipico distaccato disgusto da Manto Biancoche faceva rabbrividire.Ciò che Hilda provava davvero era tutta unʹaltra storia, che solo Mab poteva sapere: se non fossestata lei stessa ad aver creato quel maledetto legame, avrebbe giurato fossero le emozioni diqualcunʹaltra, non di quellʹarrogante statua di ghiaccio li davanti a lei.«Sarò onesta con te» disse dopo una lunga pausa di silenzio «Sto svolgendo una missione difondamentale importanza, lei è con me per questo. Non ho la minima intenzione di farmiintralciare da te»Thea non battè ciglio.«So perfettamente che a questo punto non ti fidi della mia parola, motivo per cui non starò asprecare altro tempo con inutili spiegazioni» la posizione di Hilda era pericolosa da qualsiasiangolazione la si volesse osservare, eppure continuava sprezzante a guardare Thea dallʹalto inbasso «Se hai qualcosa da ridire, lo fai ora, oppure fai quello che dico io»Lʹaltra donna continuava a guardarla inespressiva.«Non fare giochetti con me, drinʹtsang.»Drinʹtsang. Qualsiasi cosa significasse, fu dʹimpatto su Thea, perchè finalmente alzò le sopraccigliachiaramente stupita.«Non ne ho il tempo. Ora ascoltami»Thea annuì lentamente.Mab fissò prima lʹuna poi lʹaltra interdetta: le due non avevano abbassato per un attimo lo sguardoche si puntavano reciprocamente addosso, era più che evidente che non avrebbero volutocollaborare, ma a quanto pareva lo avrebbero fatto. Hilda era spaventata come mai lʹaveva sentita.Mai.«Prima di tutto, e parlo ad entrambe» comprese anche Mab nel gesto che fece con la mano, manon la guardò «Evitate di incanalare a meno che non ve lo dica io. Le motivazioni sono due. Se haidetto il vero e ci troviamo a sud di Elligai, anche se siamo entro i confini della Confederazione,non siamo così lontane dalle Città della Notte da poterci ritenere al sicuro, dal momento che,come voi mi insegnate, un incanalatore può sentire altri che incanalano. Il secondo motivo è cheho subito abbastanza lʹuso del Potere da farmelo bastare e avanzare per tutta la vita. Quindi nonfatelo»Thea annuì. Un attimo dopo Mab si trovò trafitta dagli occhi glaciali di Hilda che attendevano cheanche lei facesse altrettanto. Lo fece.«Ora cerchiamo un riparo prima che ricominci a piovere, attendiamo la notte e domani mattinafaremo una parte del viaggio insieme per poi dividerci come ho spiegato. Tu e Pafes porterete ledonne alla guarnigione più vicina. Io e Mab andremo per la nostra strada»Era su quel punto che Thea aveva palesato per la prima volta la sua disapprovazione,costringendo Hilda a spiegazioni che non avrebbe svelato nemmeno a Mab, se avesse potuto, maquesta volta non fu su questo che obiettò.«Pafes ha una gamba rotta e io da sola potrei avere difficoltà a gestire le altre»«A parte la prigioniera, nessuna oppone resistenza, anzi mi pare che due non vedano lʹora ditornare a casa. Non ci vedo nulla di così complicato»«E curioso che prima abbiate voluto tirar fuori quelle donne e ora non mi possiate aiutare aportarle alla prima guarnigione...»Hilda sorrise «Anche questo fa di me una Serva dellʹOmbra?»«Non farei dellʹironia sullʹargomento»

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Hilda sorrise di nuovo«Temo che tu non abbia ben chiaro a chi stai parlando» Attese un lungo istante prima diriprendere «Hai usato le donne rinchiuse là dentro come scudi mentre aprivi quella cosa perfuggire, donne che potevano essere innocenti come me, come Jajaline, come Pafes. Io non hoavuto il coraggio di lasciarle lì a farsi flagellare dalle Guardiane non appena ce ne saremmoandate. Mi sento anche in colpa per quelle che non ho potuto salvare. Ma che ne può sapere diumanità una come te?»«Non è delle mie colpe che stiamo parlando» battè le ciglia una volta «E agli Inquisitori che spettagiudicare la nostra colpa o la nostra innocenza»«Magari verrà il tempo, ma non è ora. Tu vuoi tornare a fare rapporto, hai testimoni e unaprigioniera da spremere. Non è stupendo? Fai ciò che vuoi, ma non intralciare me.»«Avete anche voi informazioni utilissime da riferire alla Confederazione, inoltre immagino siatestremata da settimane di reclusione, perchè non concedersi un paio di giorni alla guarnigione?Vien quasi da pensare che voi il giudizio degli Inquisitori lo vogliate proprio evitare» gli occhi diThea, se possibile, si fecero ancora più acuti nel dire quelle ultime parole.Come potesse Hilda mantenere quellʹaria di algida arroganza, mentre dentro ribolliva di paura edi rabbia, Mab non riusciva a spiegarselo.Per tutta risposta, la Figlia della Luce sorrise ancora una volta.«E unʹaccusa?»«Come ho già detto, spetta agli Inquisitori questa parte»«Pensa quello che vuoi, riferisci quello che vuoi, basta che ora non mi intralci. Intesi?» Hildainterruppe solo in quel momento il contatto visivo con lʹaltra donna, spostandolo verso le altre,sedute a qualche metro da loro «Sperando che tu abbia finito, possiamo metterci in marcia: nonvoglio dover camminare troppo a lungo al buio in questo terreno fangoso. Coordinati con Pafes efatevi aiutare dalle altre con la prigioniera.»Incredibilmente Thea le obbedì, allontanandosi.«Come lʹhai chiamata?» chiese Mab, appena Thea fu abbastanza lontana.«Non sono cose che ti riguardano» rispose secca lʹaltra, lo sguardo pensieroso fisso sulla schienadella donna con cui aveva parlato fino ad un attimo prima.Mab alzò gli occhi al cielo e sospirò.«Mi dirai almeno dove stiamo andando?»Le emozioni di Hilda tamburellavano ancora in preda ad un panico insolito. Attese unʹinfinitàprima di rispondere.«Ne parleremo meglio domani. Tu tienila sempre dʹocchio. Hai modo di capire quando usa ilPotere?»«A meno che non usi protezioni, si.»«E pericolosa, Mab. E follemente pericolosa. Mi serve il tuo aiuto» solo in quel momento si girò afissarla, dritto negli occhi. Il legame sembrava crepitare, mentre Hilda finalmente cercava diammansire il proprio irrequieto turbamento. «Dovrai aiutarmi se vogliamo salvarci. Devi fidarti dime, qualsiasi cosa ti chieda»«Che intenzioni hai?» chiese Mab allarmata.«Fidati di me»«Lo rendi sempre più difficile»Hilda abbassò la testa e sospirò«Hai ragione. Ti chiedo sempre di darmi fiducia, ma io non faccio altrettanto con te. Dovreidopo... dopo oggi. Forse ti dovrei anche delle scuse. E difficile... per me è difficile avere a che farecon te. Ad ogni modo siamo sulla stessa barca ora e non possiamo far altro che spalleggiarci,quindi dobbiamo fidarci lʹuna dellʹaltra»

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Mab si rese conto di aver la bocca aperta: Hilda praticamente le aveva chiesto scusa, si poteva direche lʹavesse ringraziata. Richiuse la bocca di scatto e sentì con stupore la propria risata. Nontrovando parole per replicare, raggiunse le altre.Il gruppo era pronto a rimettersi in marcia: Thea faceva strada procedendo tra lʹerba alta e lescivolose pozze dʹacqua che vi si celavano; Pafes, con la sua gamba malamente steccata, la seguivaaiutata da Jajaline, una donna sulla quarantina capitata in una sorta di retata dei Ribelli in unpaese al confine nord della Confederazione; destino che la accomunava a grandi linee alle duedonne che, dietro di lei, scortavano Azlae Benʹcron, una Ribelle interventista che avevaorganizzato operazioni clandestine in cui erano stati uccisi o catturati tanti suoi compagni, e FenraKelislys, una spia ribelle scoperta a vendere informazioni ai Manti Bianchi. Hilda e Mabchiudevano la fila.«Potresti almeno permetterci di Guarirla»Hilda la trapassò con lo sguardo.«Che senso ha ormai che tu continui a disprezzare lʹuso del Potere?»«Mab, renditi conto... sono nata pensando che il Potere fosse unʹarma del Male, credendo inquesto sono stata cresciuta e poi sono stata educata per combatterlo. Per quanto poi io sia dovutascendere a patti con me stessa su tante di quelle cose da non aver più ben chiaro lo stessoconcetto di Bene e Male, la sola idea del Potere è associata in me ad un impulso negativo. Non sose riuscirò mai a superarlo.»Mab scosse la testa.«Non ha alcun senso»«Non dico che abbia senso, ma io fino a poco tempo fa non ero troppo diversa da Thea, da uncerto punto di vista. Sono una Figlia della Luce, devota allʹOrdine e alla Luce sopra ogni altracosa. Così sono cresciuta. La Confederazione insegna a vedere le cose bianche o nere, io peròvedevo sfumature a cui ho sentito il bisogno di dare una spiegazione. Una parte di me, quella piùrazionale, ti ha visto innocente dieci anni fa, ma unʹaltra, quella frutto dalla mia educazione e dallamia cultura, ti vede solo come unʹincanalatrice, un pericolo, un errore, qualcosa di innaturale chenon dovrebbe esistere. Lotto da anni per mantenere un equilibrio tra queste parti, incapace diliberarmi di una delle due, e la Luce solo sa quanto sia stato difficile, quanto lo è tuttora. Nonchiedermi troppo»Mab osservò Hilda con la coda dellʹocchio: camminava fiera come un soldato, elegante come unaregina, sporca come il più lurido dei mendicanti. Quante contraddizioni! I contrasti avvolgevanoquella donna fin nel profondo del suo essere, fin dalla prima immagine che Mab aveva di lei: lapresa forte sulla spada sguainata contro di lei e il volto rigato dalle lacrime. Solo ora, grazie aquelle parole, realizzava quanto la decisione di risparmiarle la vita quel giorno a Daing dovesseaver pesato sulla coscienza della Figlia della Luce, un tormento forse pari a quello che poi avevainferto a lei vendendola come schiava. Per poi salvarla di nuovo, Mab ricordava ciò che avevaappreso durante gli interrogatori ad Acarvende. Un giorno le avrebbe strappato tutta la verità. Eforse quel giorno non era così lontano: Hilda ancora non lo aveva ammesso a sé stessa, ma il suodisprezzo nei suoi confronti stava venendo meno e quella fiducia, che Mab per chissà qualestupida ragione si sentiva di concederle, veniva pian piano ricambiata.

Quando Mab aprì gli occhi, il chiarore del giorno inondava i ruderi tra cui avevano trovato unminimo di riparo per la notte. Mentre si alzava striracchiando i muscoli indolenziti dalla scomoditàdel giaciglio e dal movimento insolito del giorno precedente, sentì la voce di Hilda bassa, pocodistante. Si girò seguendola, vedendo le tre Figlie della Luce già sveglie, che discutevano tra loro.«Prima partiamo, meglio è» concluse Hilda, facendo annuire le altre due.«Sveglio le altre» disse Thea, alzandosi.

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Dopo un attimo Hilda chiese a Pafes«Sei sicura di potercela fare?»«Preferisco essere abbandonata qui, piuttosto che essere Guarita da loro» rispose lʹaltra,caricando di disprezzo la parte finale della frase.Hilda annuì.«Farei lo stesso» aggiunse dandole un lieve colpetto di incoraggiamento su una spalla.«Lady AlʹKishira» la voce incerta di Pafes fermò Hilda mentre si alzava «Allora perchè...?»Non cʹera bisogno che terminasse la frase: se per Thea la presenza di Mab al suo fianco era unaprova del fatto che Hilda fosse una traditrice, per Pafes era ancora solo una cosa incomprensibile,ma certamente tuttʹaltro che positiva. Era evidente il rispetto che la Figlia provava verso il suosuperiore ed era allo stesso modo palese quanto questo stridesse con il sospetto che provava neisuoi confronti, probabilmente fomentato anche dalla stessa Thea.Hilda si riabbassò per guardare meglio Pafes negli occhi, con quel suo fare sicuro e disinvolto.«Se ti fidi di lei, potresti anche fidarti di me»«In realtà... in realtà non mi fido di nessuna di voi due: lei è un Manto Bianco che può incanalare,Luce! E voi... voi sembra stiate partecipando ad una battuta di caccia, usando quella donna comefosse il vostro cane. Non cʹè molta differenza per me. Vi ho sempre stimata, pensavo voi foste...»Hilda sospirò e la interruppe.«Temo non ci siano spiegazioni che possano giustificare quello che sto facendo ai tuoi occhi. Mene dispiace. Per me stessa, per il nome della mia famiglia e per quello stesso dei Figli della Luce,che rappresento. Al posto tuo avrei le stesse perplessità. Ad ogni modo non vi chiedo molto, solodi rientrare senza di me»Pafes abbassò lo sguardo«Obbedirò, in nome della stima che ho provato per voi obbedirò. Per questo e soltanto a patto chenon ci chiediate altro»«Saremo ad una vallata di distanza entro sera»Quando Pafes alzò gli occhi, seguendo il movimento di Hilda che si rimetteva in piedi, Mab videche luccicavano di lacrime.«Vorrei poterti promettere che un giorno comprenderai tutto questo» furono le ultime parole chele disse Hilda prima di allontanarsi, immersa come non mai in ondate di tristezza e vergogna chedebellò a fatica.In poco tempo erano tutte pronte a partire.Il terreno non si presentava meno insidioso rispetto al giorno prima, ma la luce del sole rendevaun po più semplice attraversare le praterie in pendenza che si trovavano davanti a perditadʹocchio.Lʹaria era frizzante a quellʹora del mattino, ma lʹestate era imminente, era palese per i colorisgargianti della natura, perciò appena il sole si fosse alzato avrebbe fatto un po più caldo. Gli abitistrisciavano fastidiosamente sulla pelle, rigidi per il fango del giorno prima che si era seccato. Theaguidava ancora il gruppo e aveva pronosticato una mezza giornata prima di giungereallʹavamposto che conosceva in quella zona. Non era molto distante in realtà, ma Pafes e laprigioniera erano una zavorra che rendeva il cammino più lento e difficoltoso. Hilda avevaconcordato che avrebbero fatto metà strada insieme, poi si sarebbero divise: quale sarebbe stata laloro destinazione, Mab ancora non lo sapeva, ma probabilmente la Figlia della Luce attendeva chefossero sole per dirglielo. Almeno questo era ciò che si augurava.Si erano messe da poco in viaggio, quando Hilda cominciò a rallentare per rimanere indietro queltanto che le serviva per mettere Mab al corrente del proprio piano di fuga senza essere udita dallealtre. Parlava a voce bassa, mantenendo una calma concentrazione che rendeva ancora piùagghiacciante quanto stava proponendo.

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«No» rispose secca Mab, cercando a sua volta di non lasciarsi trasportare dallo sconvolgimentoche provava.«Ho cercato tutta notte unʹaltra soluzione, ma non ho scelta Mab. Non abbiamo scelta. Deviaiutarmi»Era terribilmente difficile mantenere la calma, fingere di avere una conversazione normale,quando avrebbe voluto urlarle che era una pazza. Respirò a fondo, rilassando nervi tesi allospasimo.«Non puoi chiedermi questo»«Non pensare che per me sia facile. Devo Mab, dobbiamo!»«Devʹesserci un altro modo. Io non posso...»«Ascoltami» la voce si era leggermente alzata, svelando ciò che Mab percepiva tramite il legame.Si calmò, si accertò che le altre non si fossero accorte di nulla e riprese «Quella donna non dubitache siamo Serve dellʹOmbra. Quella donna ha la totale certezza che io e te siamo ServedellʹOmbra. E il suo compito è annientare Servi dellʹOmbra. So fin troppo bene cosʹè lei, uno deglistrumenti più potenti ed oscuri dellʹInquisizione, addestrata per non fallire. Le ho fatto credereche anche tu sia una cosa del genere, una Maledetta, una drinʹtsang, ma non so quanto la cosapossa mitigare il suo assoluto senso della giustizia. Non ci permetterà di allontanarci. Lo so»Mab quasi si spaventò quando Hilda le prese una mano, stringendola con forza.«Non ci darà scelta. Mab per favore, ho bisogno del tuo aiuto. Non te lo chiederei se potessi farnea meno»Come si poteva affrontare una cosa del genere? Mab si sforzava di continuare a camminare,guardando fisso davanti a sé, ma le gambe erano incerte, la vista vacua, la mente vacillava alpensiero di quanto le era stato chiesto.«Ti giuro Mab, vorrei evitarlo... Luce, è terribile! Lo so! Ho provato ad analizzare ogni alternativa,ma non abbiamo altra scelta»Le strinse ancora la mano, avvicinandosi.«Devi aiutarmi. Dimmi che lo farai»«Non hai voluto usare il Potere nemmeno per Guarire Pafes e ora mi chiedi questo? Che razza dimostro sei?»«Mab ti prego, ti scongiuro, credimi. E la disperazione che mi costringe. Non possiamosemplicemente scappare, non ce la faremmo. Credimi»«No» Mab aveva voglia di mettersi a piangere.Hilda strinse la sua mano ancora più forte e caricò di disperazione il modo in cui semplicementedisse il suo nome.«Mab» suonò come una supplica.«Io... lasciami almeno il tempo per...»«Non abbiamo tempo, Mab. Credo di aver capito dove siamo, grazie alla Luce conosco piuttostobene queste zone. Voglio fare in modo di avvicinarmi allʹavamposto quel tanto che basti a quelledonne per poterci arrivare anche senza una guida, non manca molto. Se ci avviciniamo troppo,rischiamo di essere viste mentre andiamo nella direzione opposta ed essere prese per fuggitive.Non ti chiedo molto, solo di bloccare Thea e Pafes quando le prenderò da parte per dar loro gliultimi ordini. Sto cercando il punto giusto. Poi farò io il resto, non tu»«Credi basti così poco per quietare la mia coscienza?»«Non credere che sia diverso per me, per la Luce!» Anche questa volta la voce era leggermentesalita. Attese un lungo respiro prima di riprendere a parlare «Non rendere le cose più difficili diquanto già non lo siano. La Luce solo sa quanto mi pesi, ma se vogliamo salvarci, questo è lunicomodo»«Perchè anche Pafes?»

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«Luce Mab, siamo nella Confederazione! Ogni parola contro di me a questo punto, mi condurràdritta al patibolo. E tu con me! Anzi tu mi aprirai la strada! Dovrei eliminare tutte queste donneper poter stare davvero tranquilla che non facciano il mio nome. Luce! Non voglio nemmenopensare alle conseguenze... Aiutami Mab, ti prego»Lo sforzo di star calma era vanificato dal suo tremore, reso ancora più evidente dal contatto tra leloro mani. Era sincera. Se cʹera una cosa utile nellʹaver intessuto il flusso che le aveva legate, era ilfatto che Mab poteva capire quando Hilda le mentiva. Non era questo il caso. Era davveroterrorizzata da Thea, lo aveva sentito sin dal primo momento.Non servì una risposta vera e propria a quella folle richiesta dʹaiuto: ad un certo punto Hildadoveva aver compreso che Mab si era arresa all idea. La cosa non la tranquillizzò, la rese solomortalmente triste, ma risoluta. Strinse unʹultima volta la sua mano, prima di lasciarla.«Credimi Mab, tutto questo per me è molto più difficile di quanto tu possa immaginare. E nonparlo solo di quanto sto per fare. Che mi piaccia o no, ho solo te, posso contare solo su di te efidarmi soltanto di te. E siamo sole contro tutti per ora. Ogni cosa è più difficile di quanto io stessapotessi immaginare quando ho deciso di affrontare tutto questo» Stordita dallʹorrore per ciò chedoveva fare, Mab venne colta di sorpresa dallʹallarme che Thea lanciò allʹimprovviso.«Pericolo!»Tutte le donne si fermarono di scatto. Hilda soltanto corse avanti per raggiungere la capogruppo.Poi anche Mab colse lʹentità di quel pericolo: cʹerano Incanalatori a breve distanza da loro.La decisione di Hilda fu rapida e lʹordine quello di muoversi in fretta nella direzione opposta.Cominciarono a scendere la collina sul lato più scosceso, issando Pafes e la prigioniera in spallacon non poche difficoltà. Dietro di loro un numero imprecisato di donne stava incanalando Saidarin modo massiccio, forse per cercare lei e Thea, sebbene evitassero apposta luso del Potere.Una sgradevole vista le sorprese oltre il ciglio dellʹaltura: un accampamento militare semidesertopoteva solo significare pattuglie in circolazione in quellʹarea. Furono avvistate poco dopo. Ilrumore degli zoccoli in avvicinamento scatenò presto il panico, dividendo le fuggiasche. Thea eMab rimasero accanto e incanalarono per potersi difendere, ma attirando così il gruppo diincanalatori.«Ora Mab!»Il comando di Hilda la colse impreparata per un attimo, ma poi capì. Imbrigliò Thea con flussidʹaria e la schermò appena in tempo perchè la donna, troppo impegnata a lanciare stranetessiture che scomparivano appena venivano scagliate, potesse controbattere. Anche se troppotardi, ci provò comunque, così rapida e furente che a stento Mab riuscì nellʹimpresa. Poi vide ilsuo sorriso gelido e sprezzante accogliere lʹavvicinarsi di Hilda, prima di distogliere lo sguardo,incapace di assistere a ciò a cui stava collaborando.«Lo sapevo» rise Thea «E il mio collo che ti interessa, vero, puttana dellʹombra?»Lʹorrendo suono di ossa fratturate giunse un attimo dopo, gonfiando di lacrime gli occhi di Mab.Rilasciò immediatamente il flusso ormai inutile, abbandonò la Fonte stessa e un attimo dopo sisentì strattonare con violenza per un braccio. Seguì Hilda in una corsa alla ricerca di un rifugio,trovandosi poi ad assistere, da una posizione relativamente riparata tra un gruppetto di fittebetulle, alla carica di una pattuglia di Figli a cavallo su alcune di quelle che erano fino a pocoprima le loro compagne di viaggio. Pafes gridava il proprio nome, nel tentativo di farsi riconoscereed evitare lʹirruenza con cui quei soldati si stavano scagliando verso di loro. Lʹavanzata fu peròbloccata da una pioggia di fuoco: ne seguì la vista di uomini e donne con le divise dei Guardiani diAcarvende che scendevano la collina intessendo colpi devastanti.Altri Manti Bianchi giunsero dalla vallata e forse anche da qualche altra direzione, perchè in menche non si dica quellʹincontro si trasformò in un vero e proprio scontro tra Ribelli e Figli dellaLuce. Cavalli, lance, spade e frecce potevano poco contro i flussi del Potere, ma il numero giocava

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a favore dei Manti Bianchi, bilanciando quella che altrimenti sarebbe stata una battaglia dallʹesitoscontato.Mab si vedeva bene dallʹattingere alla Fonte, ora accucciata insieme a Hilda tra una pareterocciosa, un fitto groviglio di alti tronchi dʹalbero e il corpo di un cavallo in agonia. La visibilitàsugli eventi attorno a loro era definitivamente compromessa, in cambio però di un riparo quasisicuro. Al di fuori di quel fortuito rifugio, la battaglia rombava tra boati e grida feroci. Mab sistrinse la testa tra le mani e pregò solo che finisse presto.

Attese che anche lʹultimo uomo attraversasse il portale. Paziente, autoritario, senza lasciartrasparire la stanchezza e lo sforzo che gli costava mantenere quella Tessitura. Sei incanalatori. PiùVarald, la Guardiana e altri tredici uomini. Un bel casino.Avrebbe voluto lasciarne nelle prigioni buona parte ma non aveva idea di come avrebbero reagito iprigionieri che già erano lì con lui. Probabilmente lo stesso Varald, che si era dimostrato tantoobbediente, avrebbe avuto qualcosa da ridire sulla catena di comando. Non poteva permettersi dicreare malumori. Contava su un bel crollo per ridimensionare il gruppo, ma non avvenne nulla delgenere ed anche il ventiduesimo uomo attraversò il portale indenne.Bravi, incanalate quanto volete, i Traditori dei Manti Bianchi staranno già indicando dove ci troviamosu una mappa. Pensò Siadon, rallegrato dallʹidea di poter consegnare tutta quella gente ai Figlidella Luce.«Ripariamoci sotto quelle rocce. Questa notte riposeremo e domani decideremo cosa fare dauomini liberi.»Diversi prigionieri urlarono di gioia, lasciandosi andare in pacche sulle spalle, canti e risate. Sisistemarono sotto una grande parete strapiombante. Qualcuno si lamentò per la somiglianza con icunicoli delle prigioni, ma le grosse nubi che coprivano il tramonto non promettevano nulla dibuono per la notte. Ben presto venne acceso un grande fuoco e non passò molto tempo prima cheun paio di incanalatori riuscissero ad abbattere un cervo. Siadon stava ancora cercando dirimuovere i sassi dal buco che aveva scelto per sé, continuamente interrotto da qualcuno chevoleva ringraziarlo, sdebitarsi o raccontare la propria storia, forse nella speranza di scoprirequalcosa in più su di lui.Peccato non avere del buon vino. Pensò allegro quando un piacevole odore di selvaggina alla braceiniziò a diffondersi in quello che iniziava a sembrare un accampamento.«Ma dove siamo?» Chiese Varald quando finalmente rimasero soli. Fatta eccezione per la ragazza,che ormai era diventata lʹombra dellʹassassino.Siadon sistemò un altro sasso, saggiando la resistenza del muretto che stava costruendo. Osservògli uomini che cantavano e ballavano attorno al fuoco prima di rispondere.«Tu ne conosci qualcuno?» chiese infine, ignorando la domanda del gigante.Varald grugnì, guardando sospettoso la piccola trincea eretta da Siadon.

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«Di alcuni ho sentito delle storie. Uno però lo conosco, tra tutti i bastardi che potevamo liberare èlʹunico che avrei volentieri lasciato a marcire in quel buco.»«Ha tutta lʹaria di essere una questione personale.» rispose Siadon incuriosito.«Lo è» annuì lʹaltro, fissando con odio un biondino alto e snello che cantava e batteva le mani,seguito e incitato da chi gli stava attorno.Siadon attese incuriosito alcuni momenti, cercando di tenere a bada il suo lato paranoico chestava già producendo una serie di ipotesi più o meno plausibili. La prima cosa che avrebbe fattolʹindomani, sarebbe stata cercare quella dannatissima radice.«Si chiama Tevor, vero?» chiese la ragazza, che continuò a parlare senza attendere una conferma«è di Tsorovarin, condannato per cospirazione e incitamento alla guerra. La sua collaborazione ciha permesso di azzerare lʹintero gruppo. Volevano costringere le Città della Notte in una spirale diattacchi che avrebbe portato alla guerra aperta contro la Confederazione... Non è un bene che siain libertà, andrebbe rinchiuso. O eliminato...» la Ribelle si concentrò poi su Varald, sgranando gliocchi preoccupata «e lui è uno di loro!»Siadon si affrettò ad intervenire, prima che le emozioni della ragazza potessero scontrarsi troppoduramente con la sua tessitura, distruggendole la mente e i suoi preziosi ricordi con essa«Calmati... va tutto bene, Varald è nostro amico ora». La abbracciò come se fosse una bambinaimpaurita. Di fatto lo era, la Compulsione lʹaveva ridotta a qualcosa di molto simile. Lei chiuse gliocchi e si lasciò accarezzare, persa in un mondo tutto suo, nel quale la fiducia e la fedeltà versoSiadon erano le uniche certezze.Lʹassassino continuò a stringerla, sedendosi su di un masso e guardando Varald da sopra la testadella ragazza.«Ah brucia!» imprecò Varald dopo alcuni istanti «eravamo solo un gruppo di stupidi mocciosi,ecco cosa eravamo! Convinti che bastasse entrare in qualche villaggio e scacciare quattro MantiBianchi per liberare degli Incanalatori oppressi... Beh, non è andata così. I quattro Manti Bianchierano parecchi di più e gli Incanalatori oppressi non provarono nemmeno a ribellarsi. Per nonparlare poi della gente comune, pronta a mettere al rogo sia noi che quei disgraziati in catene cheaiutavano i Figli a darci la caccia. Alcuni di noi rimasero ammazzati, gli altri tornarono a Calavronper scoprire di essere ricercati. Tevor venne preso subito, noi riuscimmo a scappare ma sapevamoche avrebbe ammesso tutto e collaborato volentieri, pur di alleggerire la propria pena. Nel giro diun paio di mesi, anche io ero ad Acarvende.»Siadon annuì pensieroso. Dunque lʹanziano non ha mentito, ci sono davvero dei Ribelli interventisti.Tra tutti, loro dovrebbero avere meno problemi ad accettare uno come me.«Non devono essere molti quelli che la pensano come voi.»Varald sbuffò infastidito, aprì la bocca ma la richiuse subito dopo squotendo la testa e cercandoun sasso abbastanza comodo su cui sedersi. Siadon non gli mise fretta. Osservò distrattamente gliuomini che festeggiavano chiassosi, analizzando al contempo il comportamento del gigante fino aquando non lo vide sistemarsi su di un masso piatto.«Sono una massa di donnicciole.» sentenziò Varald con tono rassegnato «Persino i Neglentine e iLadrielle. Donnicciole! Giocano a fare i grandi condottieri ma cosa fanno davvero? Si nascondono.Come tutti gli altri.» Siadon ascoltò Varald senza dire una parola, ignorando il silenzio della pausafino a renderlo pesante, spingendo lʹaltro a colmarlo col resto del discorso «E come se nonbastasse, oltre a nasconderci non riusciamo nemmeno a collaborare decentemente tra noi. Tirendi conto? Avremmo la forza per porre fine allʹInquisizione, per salvare unʹinfinità di innocentie vivere liberi allʹaperto e invece no. Ce ne stiamo rintanati nei nostri buchi a litigare comebambini, a nascondere segreti gli uni agli altri. Che senso ha? Siamo più liberi degli Incanalatoriche vivono nella Confederazione, certo, ma davvero tanto quanto crediamo? Io dico di no.»Siadon annuì lentamente «E sei disposto a sacrificare delle vite, molte vite, per cambiare le cose?»

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«Sì» rispose Varald senza esitare.Ovviamente ti aspettavi la domanda, volevi che te la facessi.«Il Vecchio nelle prigioni, un Guardiano di alto rango molto anziano, è lui che mi ha messo nellatua cella, vero?»Varald sbatté le palpebre stupito. «E io che ne sò? Chiedi a lei!» indicò con un cenno di capo laragazza addormentata.Lo prendo come un sì «Sono convinto che quel vecchio la pensi più o meno come te. Mi haaccennato a qualcosa del genere, sarebbe interessante andarci a parlare.»«Stai scherzando! Vorresti tornare ad Acarvende? Dopo aver ucciso e... dopo qualunque cosa tuabbia fatto a lei?»Siadon alzò le spalle «Altre idee su chi potrebbe vederla allo stesso modo?»«Forse. Ma perché dovrei dirlo a te?» chiese Varald sospettoso.Come spia fai davvero pietà pensò lʹassassino notando diversi dettagli che indicavano quantolʹuomo sperasse di trovare in lui un alleato.«Siamo nella Confederazione.»Varald lo fissò più impaurito di quanto volesse mostrare «Stai scherzando?»«No.» sorrise Siadon «Sono un Manto Bianco, o meglio, lo ero. Ora tanto la Confederazionequanto i Ribelli vogliono la mia testa. Per non parlare dei Tiranni. Lʹunica cosa che mi è rimasta èla lotta contro lʹOmbra» e Thea. Adorava avere quella consapevolezza incrollabile della presenzadi sua... moglie, là fuori, da qualche parte. Gli dava un senso di appartenenza che non aveva maiprovato in vita sua. Era bellissimo, anche ora che lei non era lì vicino poteva sentirne la presenza.A volte credeva di udirne la voce o di percepirne il profumo.«Ma perché la Confederazione?!» chiese Varald con un sussurro, osservando sospettoso il boscoavvolto dalle tenebre, appena oltre il chiarore dei fuochi.Siadon si prese qualche momento prima di rispondere «Davvero non noti alcuna similitudine?»Varald corrugò la fronte sospettoso, tentato dallʹidea di dare lʹallarme.Non dirai nulla. Non sai dove sei e lʹunica volta che hai visitato la Confederazione chiunque volevaucciderti. Hai bisogno di me per sopravvivere qui. Pensò Siadon divertito.«Vuoi sapere cosa sarebbe successo se foste riusciti a liberare quel villaggio? Se gli Incanalatori viavessero seguito, non denunciato, e se la gente comune vi avesse visto come salvatori, non comenemici mortali? Nulla, non sarebbe successo nulla. Nemmeno liberando diversi villaggi, nulla. IManti Bianchi avrebbero insabbiato la cosa, probabilmente avrebbero bruciato quei luoghi per poidiffondere un sacco di nuove storie, alimentando la paura verso gli Incanalatori.»Varald sbuffò «Magari! Ci hanno solo preso a calci. Ma non mi hai risposto, perché qui?»Ti facevo più sveglio. Non sarà unʹidea troppo contorta? Sembra tutto così semplice ma forse dal suopunto di vista non ha proprio senso. Eppure dice di non aver problemi a sacrificare delle vite e non puòpensare che io abbia una gran morale, mi ha visto sacrificare e uccidere prigionieri senza battere ciglio.Quello che ho fatto a questa qui poi va ben al di là della violenza fisica. Eppure ho almeno un briciolodella sua fiducia. Certo, adesso sa anche che gli servo per sopravvivere ma era qui anche prima di sapereche siamo nella Confederazione.«Allora? Niente balle, non è un caso se hai scelto questo posto.»Siadon sbatté le palpebre, mettendo a fuoco il volto di Varald. Era troppo stanco, iniziava ad averedifficoltà a gestire la paranoia provocata dallʹastinenza. La mattina seguente avrebbe trovatoquella maledetta radice, avrebbe obbligato tutti a scavare, se necessario. Certo poi avrebbe anchedovuto ucciderli, non gli piaceva che qualcuno conoscesse certi suoi segreti. Sospirò lentamente,concentrandosi sul dialogo con Varald.«Se vuoi costringere qualcuno a combattere, non puoi lasciargli alternative. Attaccare i villaggi diconfine è inutile, perché in poco tempo tutto tornerebbe come prima. I Ribelli dovrebbero

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scegliere tra la guerra aperta e il rinchiudere gli interventisti per continuare a vivere in pace.Preferiscono la seconda.» indicò Varald per sottolineare il concetto «Se invece i Manti Bianchisapessero come trovare i Ribelli, se conoscessero anche solo la posizione delle loro città. Non cisarebbero alternative, la guerra aperta sarebbe inevitabile. Ecco perché siamo qui.»«Pazzo bastardo...» sussurrò Varald fissandolo inebetito «Niente balle, vuoi solo venderci incambio della grazia!»Siadon sorrise amaro «Per quelli come me non esiste alcuna grazia, solo la tortura. Infinite tortureper estorcere anche il dettaglio più insignificante, poi altre torture per ottenere tutte le confessioniche vogliono e solo allora, se sei fortunato, la morte.» lo fissò negli occhi lasciando trasparire tuttala sua determinazione «Non sono così pazzo. Noi tre torneremo ad Acarvende appena saròsicuro di aver consegnato gli altri.»«Acarvende! Ti rendi conto? E non dovrei crederti pazzo?»«Dubito che raccontando il resto ti convincerei del contrario. Comunque, sei tu che non vuoidirmi da chi altri potremmo andare.» rispose Siadon alzandosi, dopo aver fatto sdraiare laragazza. «Credo che la cena sia pronta.»Varald lo scrutò preoccupato. Era evidente che detestava essere costretto a seguire le suedecisioni.«Nemmeno loro ti perdoneranno»«Il perdono è lʹultima cosa che cerco» rispose Siadon con una scrollata di spalle, prima di dirigersiverso il fuoco.

Siadon tornò allʹaccampamento quando le prime luci dellʹalba iniziavano a disperdere le nuvoleche ancora incombevano su di loro.«Dannazione! Dove sei stato?» gli chiese Varald senza preoccuparsi di tenere la voce bassa,svegliando così diversi uomini.«Avevo bisogno di schiarirmi le idee» rispose allegro. Cercare quelle maledette radici di notte nonera stato semplice, ma non poteva rivelare agli altri quella sua debolezza. Era stato fortunato, neaveva trovate abbastanza da farsene anche una buona scorta, ora aveva davvero le idee chiare.«Signori, sveglia!» gridò Siadon prima che Varald potesse replicare «E tempo di trovare un tetto,vesti asciutte, vino, donne e qualsiasi altra comodità che un villaggio possa offrire a uomini libericome noi!»Forse non tutti, ma di certo la maggior parte dei suoi compagni erano dei criminali. Il fatto di nonavere del denaro con loro non sarebbe stato un grosso ostacolo.La conferma furono le urla entusiaste, accompagnate da vigorose pacche sulle spalle, chericevette in risposta a quellʹannuncio.Varald scosse la testa contrariato, aiutando la ragazza ad alzarsi e preoccupandosi addirittura dichiederle come stava. Non era un buon segno, si sentiva un suo burattino e in lei vedeva qualcunonella sua stessa situazione. Dovevano tornare al più presto dai Ribelli, lì si sarebbe sentito piùlibero e Siadon non avrebbe corso il rischio di trovarsi accoltellato nel sonno. Almeno non da lui.La promessa di un posto caldo e accogliente diede a tutti la spinta necessaria a partirevelocemente, il sole non era ancora sorto quando il gruppo lasciò la caverna per dirigersi versoquello che Siadon sapeva essere il Sud. Non aveva mentito, stavano davvero andando verso unvillaggio.Un villaggio trasformato in accampamento di Figli della Luce, ma pur sempre un villaggio. Pensòallegro, valutando che di quel passo sarebbero bastate poche ore di cammino.La sua felicità però non durò a lungo. Erano più o meno a metà del viaggio, la forseta stavalasciando spazio a radure sempre più ampie ed a praterie. Erano sul fondo di unʹampioavvallamento, al riparo di alcune vecchie querce, quando percepì incanalare una gran quantità di

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Potere, oltre la bassa collina che bloccava la loro visuale.«Fermi. Non incanalate e state al riparo.»Poco dopo un corno lanciò un segnale che conosceva bene: cavalleria dei Figli della Luceallʹattacco. I Manti Bianchi stavano caricando un gruppo di Incanalatori, non cʹerano dubbi.Dannazione, mai una volta che fili tutto liscio!Erano al riparo, la battaglia si stava svolgendo oltre la collina, se avessero continuato per la lorostrada nessuno li avrebbe notati. Però cʹera molto Potere in gioco e lui poteva percepirne solo laparte maschile. Chi erano quegli Incanalatori? Possibile che i Ribelli li avessero trovati tantofacilmente? E se avessero sconfitto i Figli, avrebbero potuto seguirli fino al villaggio e a quel puntoil suo piano sarebbe andato in fumo. Doveva farsi unʹidea più precisa.Si voltò verso Varald, voleva ordinare a tutti gli altri di rimanere nascosti mentre loro avrebberorisalito la collina per studiare la situazione. Aprì la bocca ma improvvisamente gli mancò il fiato. Sistrinse lʹaddome, convinto di non trovare altro che poltiglia da quanto doleva. Lʹattimo dopo sistava contorcendo a terra, incapace di sputare il fango e le foglie che gli entravano in bocca.Avrebbe voluto urlare come mai in vita sua ma non riusciva nemmeno a respirare. I polmoni sierano trasformati in due fornaci e gli occhi sembravano volergli schizzare fuori dalle orbite, tantoera contratto ogni suo nervo. Lontano, da qualche parte, delle voci lo stavano chiamando malʹunica cosa reale, in quel momento, era il dolore.Thea... Thea! THEAAAA!!

C’era qualcosa di stranamente appagante nello svegliarsi con il sole già alto. Mentre si alzavapigramente dal letto, Davrath assaporava il piacere, nuovo per lui, che derivava dallaconsapevolezza di non essere atteso, né in ritardo per i compiti quotidiani, e di godere dellamassima libertà nell’organizzare la propria giornata. La camera profumava di essenze primaverili:qualcuno aveva portato una catino d’acqua tiepida in cui erano immersi fiori ed erbe aromatiche.Davrath provò d’istinto un senso di vergogna per non essersi svegliato al rumore di un estraneoche entrava nella stanza: ad Adendath non sarebbe mai successo. Se uno degli allievi venivasorpreso a dormire oltre la veglia, i suoi compagni venivano lasciati liberi di svegliarlo in qualsiasimaniera volessero, e i ragazzi avevano una fantasia infinita. Ora però era diverso: nessuno loavrebbe criticato per avere oziato, anzi nessuno sarebbe venuto a disturbarlo per tutta la giornata,a meno che non fosse lui a desiderare qualcosa. Represse quindi la vergogna e si impose invece digodere delle piccole piacevolezze che non aveva mai conosciuto durante la sua vita da recluta deiFigli della Luce.Indossò quindi le sue soffici pantofole e andò a sedersi allo scrittoio, posto di fronte all’ampiafinestra ad arcate, dove i suoi servitori invisibili avevano lasciato un portavivande di terracotta. Idomestici del Palazzo dovevano essere i più discreti del mondo: Davrath non era mai riuscito afermare uno per parlarci. Unica eccezione era la ragazza muta che appariva quasi magicamente

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ogni volta che Davrath desiderava qualcosa; come facesse ad essere sempre presente senza farsivedere rimaneva un mistero. Era stato Dazar a spiegargli che la fanciulla non era dotata dellaparola, dopo che Davrath in più di un’occasione le aveva rivolto delle domande sul Palazzo, sullacittà e sui Ribelli; domande che, per una ragione o per un’altra, non avrebbe invece rivoltoall’uomo del quale in principio aveva diffidato. E’ naturale che non mi fidassi di lui, si disse il ragazzo giustificandosi mentre sollevava il coperchiodel contenitore e assaporava la fragranza del pane fresco. Per lui i Ribelli erano sempre stati i suoinemici e Dazar avrebbe capito se non mostrava completo affidamento sulla sua parola. Inoltre, se il trattamento che gli era stato riservato in seguito aveva sicuramente rassicuratoDavrath, le circostanze in cui era stato condotto al Palazzo gli avevano fatto inizialmente presagireuna brutta sorte.Il giorno in cui era stato prelevato le guardie erano giunte all’accampamento un paio d’ore primadell’alba. Davrath si ricordava di avere assistito al confronto tra i guerrieri del gruppo che loscortava, tutti ragazzi poco più anziani di lui, e i soldati della guardia cittadina, che al confrontosembravano veterani. Alla finenessuno aveva messo mano alle armi, anche se la discussione che si era accesa aveva fatto pensareal peggio. Davrath aveva intuito subito di essere al centro della disputa e che si stava decidendodella sua sorte. L’assenza di Morgan, l’unico del gruppo che pareva avere un grado rilevante nellagerarchia di questo popolo, aveva senza dubbio pesato sul successo delle guardie, che avevanoinfine preso Davrath in consegna. Durante il tragitto fino al Palazzo, Davrath era stato bendatoper cui non conosceva nulla dell’ubicazione della città in cui si trovava. Aveva poi trascorso icinque giorni seguenti negli sfarzosi alloggi che Dazar gli aveva generosamente offerto. Il senso dipericolo si era progressivamente ridimensionato man mano che il vecchio gli aveva illustrato lasituazione, anche se Davrath non dubitava, nonostante gli agi e le comodità che gli venivanoconcessi, di essere pur sempre un prigioniero.La colazione consisteva in alcune croccanti fette di pane tostato e imburrato accompagnate dauna confettura di frutta che Davrath non riuscì a riconoscere. Il ragazzo ignorò il coltello da burropreparato accanto al paniere e chiuse gli occhi, concentrandosi. Gli bastò un attimo per trovare laFonte, anch’essa silenziosa ma onnipresente come la servitrice muta. Riaprendo gli occhi, siconcentrò sulla marmellata, poi sul pane: una fetta dopo l’altra furono ricoperte da uno stratorosso e gelatinoso.Davrath osservò la copertura di marmellata: non proprio uniforme... posso faremeglio.La libertà di incanalare a piacere era la cosa più sorprendente di questa sua prigionia: non solonon gli venivano imposti limiti, ma Dazar lo aveva addirittura incoraggiato ad usare il Potere! Erabastato poco per convincere il ragazzo a cedere al richiamo della Fonte. Da quando avevaaccidentalmente incanalato, quel disgraziato giorno in cui era stato scoperto, Davrath era statocostantemente tormentato dal desiderio di abbracciare di nuovo quel meraviglioso flussod’energia che lo faceva sentire onnipotente. Mentre consumava tranquillamente la sua colazione,il ricordo di quei brevi attimi in cui la sua esistenza era cambiata per sempre riapparve alle sogliedella sua mente; non si oppose, naturalmente: era solo un triste evento del passato, che ora nonpoteva più nuocergli.Quel giorno – quant’era passato? Una settimana? Due? Aveva ormai perso il conto del tempotrascorso...

...era un giorno come un altro, in cui al duro allenamento mattutino era seguita una battuta dicaccia con suo padre, niente di meno che il Comandante dell’esercito dei Figli della Luce diAdendath.Era un uomo duro e con un elevato senso del dovere, e aveva allevato Davrath alla stessa rigida

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maniera con cui si istruisce un soldato. Andare a caccia per lui non era una distrazione dalla vitamilitare, un modo per trascorrere più tempo col figlio, no per lui era un altro allenamento, un altromodo per permettere a Davrath di mostrare le sue qualità. Quel giorno, iniziato come tanti altri,sarebbe finito nel peggiore dei modi, e il ragazzo avrebbe mostrato a suo padre non già le qualitàtanto cercate, ma forse il lato più oscuro che un soldato della Confederazione non vorrebbe maivedere, soprattutto in un figlio.Era un pensiero che Davrath aveva condiviso per tutta la sua giovane vita, era stato addestratoper combattere l’Ombra, il tetro dono del Potere che poteva insinuarsi in qualunque momento ein chiunque, e non biasimava suo padre per la sua indissolubile tenacia a voler fare di lui unsoldato perfetto: era anche il desiderio di Davrath… fino a quel giorno.Erano arrivati al limitare di un radura nel bel mezzo del piccolo boschetto che si estendeva oltrel’accampamento. Suo padre era profondamente concentrato e Davrath ricordò di sentirsistranamente inquieto, spaventato ma anche eccitato. Non sapeva ancora cosa stesse accadendo inlui, ovviamente, ma forse in qualche modo il suo corpo lo aveva già avvertito e stava cercando didargli dei segnali? Difficile dirlo, senz’altro in quel momento tutta la sua concentrazione era voltaall’unico scopo di braccare e uccidere un cervo prima che lo facesse suo padre.L’animale si trovava di fronte a loro, all’estremità opposta della radura, ignaro del pericolo cosìcome lo era Davrath, mentre si preparava a scoccare la freccia che avrebbe cambiato per semprela sua vita.Un fruscio alla sua destra lo costrinse a spostare lo sguardo verso la fonte del rumore: qualcosa simuoveva oltre gli alberi, e quando Davrath si voltò di nuovo verso la sua preda si accorse chequesta era già scappata, probabilmente allertata dallo stesso suono. Suo padre, ovviamente, non si era lasciato cogliere di sorpresa: aveva capito prima di Davrath checosa era accaduto, ed era pronto a prepararsi ad affrontare qualunque cosa fosse uscita da queglialberi.Fece un cenno al figlio, indicandogli di spostarsi lungo il bordo della radura per aggirare il pericoloimminente, mentre lui sarebbe rimasto ad attendere che l’animale gli si parasse di fronte.Davrath ebbe appena il tempo di posizionarsi quando un grosso lupo uscì dal suo nascondiglioper avventarsi dritto su suo padre. L’uomo non esitò, scoccò la freccia nell’attimo stesso in cui videil muso dell’animale emergere dagli alberi, ma nonostante il colpo fosse andato a segno non riuscìa fermare la corsa frenetica del lupo. Davrath vide suo padre estrarre allora la spada e prepararsia un corpo a corpo ma il ragazzo non gliene diede il tempo: agendo d’istinto aveva scagliato la suadi freccia, che si conficcò nel cranio dell’animale facendolo stramazzare al suolo a pochi passi dasuo padre. Davrath trasse un sospiro di sollievo, ma quando si avvicinò all’uomo per sincerarsidelle sue condizioni lo trovò che guardava impallidito la minaccia appena abbattuta, senzaavvedersi immediatamente della presenza del figlio. Allora guardò nella sua stessa direzione e unsenso di panico ma misto a una forte eccitazione lo colse: una punta di freccia emergeva dallafronte, perfettamente a metà strada tra quelli che un tempo erano stati gli occhi, lasciando il restoa sciogliersi insieme a quello che doveva essere il cervello. Del vapore esalava da quella massainforme e un lieve sfrigolio di carne bruciata dava l’impressione che la testa dell’animale avessepreso fuoco. Ma non c’erano fiamme. La punta della freccia cadde al suolo, liberata da tendini e muscoli ormai sciolti, e Davrath allungòuna mano per toccarla. Fu allora che suo padre si riprese.«Che cosa hai fatto?» gli chiese in un flebile sussurro.Davrath non disse nulla, sapeva con certezza di essere stato lui la causa e discolparsi non sarebbeservito a nulla.

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Ma non aveva idea di come aveva fatto e anche sapendolo non sarebbe comunque servito anulla…In quel preciso istante seppe che la sua vita di soldato della Confederazione era finita. Le suevesti bianche di Figlio della Luce sarebbero state tolte per sempre, e al loro posto sarebberovenute quelle di un fuggitivo, un fuggitivo servo dell’Ombra.«Che cosa hai fatto?» incalzò suo padre alzando la voce. Davrath si scosse dal torpore per vedere suo padre minacciarlo con la spada sguainata, il palloredi poco prima sostituito con il rosso di una rabbia furente.Lo guardò negli occhi per un istante, ben consapevole che quello sarebbe stato il loro ultimosguardo.«Perdonami,» mormorò tra le lacrime, e poi corse come non aveva mai fatto prima, lasciandosiindietro le urla di suo padre che già chiamavano aiuto per cominciare una caccia all’uomo chesarebbe finita solo con la sua morte.

Davrath tornò con la mente al presente, a quella nuova vita a cui si era sorprendentementeadattato in modo così naturale. Il repentino cambiamento in lui talvolta lo sconcertava, quasiintimorendolo, ma era quello il segreto della sopravvivenza: i più forti andavano avanti, e i piùforti erano coloro che si sapevano adattare.Non era ancora del tutto a suo agio in quelle sue nuove vesti, ancora il pensiero di suo padrefaceva capolino nella sua mente, ma era poco più di un prurito, e il mondo della Confederazione ei Figli della Luce stava via via sbiadendo dai suoi ricordi per fare spazio a quello che era ormai ilsuo futuro.Si lavò e indossò abiti puliti, poi scese nel cortile. Il giardino era piuttosto ampio e la vegetazioneera folta, benché disposta in modo ordinato, per cui Davrath poteva facilmente fingere a se stessodi trovarsi all’esterno, piuttosto che confinato in un quartiere privato di un palazzo. In quellaprimavera benedetta dalla Luce Davrath non avrebbe potuto trascorrere un minuto più delnecessario al chiuso, per cui aveva richiesto che alcuni mobili e comodità fossero spostati nelcortile, in modo da passarvi il maggior tempo possibile. Quel giorno si sentiva pienamente vigoroso e in forma, per cui sganciò il fodero che era appeso aduna delle pareti e ne estrasse una spada da esercitazione. Mentre ripassava alcune forme, glitornarono in mente i movimenti innaturalmente fluidi e rapidi con cui Morgan si era destreggiatosul campo di battaglia contro i Trolloc. Darei il mio braccio destro per sapere come faceva!Quel giorno, mentre il guerriero Ribelle volteggiava nella sua danza mortale, Davrath aveva visto iflussi di Potere creare delle scie intorno a lui, come i nastri colorati usati dalle danzatrici. Letessiture, però, venivano create e scomparivano così velocemente che non era riuscito a capirne ilfunzionamento. Ora il ragazzo avrebbe potuto chiedere informazioni a riguardo a Dazar, matemeva di innervosire il vecchio pressandolo con troppe domande. Ad un tratto, mentre affinavala coordinazione degli arti nell’esecuzione di La quercia scuote i suoi rami, decise di fare untentativo improvvisato; attinse quindi un minimo frammento di Potere dalla Fonte, che non avevamai rilasciato, e intessé come meglio poteva dei flussi d’Aria in modo che sospingessero il propriobraccio destro in un affondo eccezionalmente veloce.La tessitura funzionò, anzi, la sua spinta si rivelò talmente potente che Davrath temette per unistante che gli venisse staccato il braccio dal tronco. Travolto da quell’artificiosa corrente d’aria, ilragazzo perse l’equilibrio e finì lungo disteso nell’erba. Mentre si risollevava rabbiosamente daterra, si sentì improvvisamente osservato. Pregando che si trattasse solo della ragazza muta, sivoltò di scatto verso il porticato alle sue spalle, la lama nuovamente in resta. Invece, con suogrande sconcerto, Davrath mise a fuoco i lineamenti del vecchio Dazar.

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Perfetto, si disse sarcastico, gran bella figura! La sua considerazione nei miei confronti sarà senz’altroaumentata vedendomi capitombolare come un idiota nel goffo tentativo di imitare una tecnica dicombattimento che sicuramente è antica quanto esclusiva.L’attempato gerarca Ribelle uscì dal cono d’ombra della colonna dove si era piazzato per seguire leesercitazioni del suo ospite e avanzò verso quest’ultimo con la sua andatura calma e dignitosa. Ilsorriso sul suo volto rugoso non pareva ironico o derisorio, anzi tradiva un certo compiacimento.«Vedo che hai colto l’essenza della tecnica dei Neglentine. Molti si immaginano chissà qualisegreti o tessiture complicate nascosti dietro a questo pretenzioso stile di combattimento... Nienteaffatto. Occorre molto banalmente manovrare gli elementi in armonia con le proprie membra, inmodo da infondere forza e rapidità ai movimenti.».«Chiedo scusa, non vi avevo visto arrivare.», disse Davrath esitante: non era ancora del tuttosicuro se il vecchio dicesse sul serio o se lo stesse prendendo in giro. «Voi praticate questatecnica?».Dazar rise sonoramente: «No, non la pratico. Le mie stanche membra non me lo permettono.».Nonostante il suo aspetto fosse reso fragile dall’età, e sebbene la sua posizione di comando nelclan locale gli imponesse di mantenere un certo contegno, il Ribelle dava segno di avere unapersonalità forte e decisa. Il suo tono era sempre risoluto e quello che diceva non assumeva laforma di opinioni, ma di sentenze inconfutabili. La personalità giusta per un uomo di potere, riflettè Davrath. Anche suo padre aveva un caratteresimile: Davrath non dubitava che egli avrebbe potuto ambire al grado di Capitano ed ottenere ilcomando dell’avamposto di Adendath. «E, se anche potessi, non mi cimenterei. E’ una perdita di tempo: una tecnica spettacolare quantoinutile!» aggiunse Dazar.Davrath rimase interdetto: «Ma... l’ho vista mettere in pratica da Morgan mentre combattevamo iTrolloc... sembrava alquanto efficace.».«Chi? Quel giovane soldato che ti ha trovato?», e fece un gesto seccato. «Lascialo perdere! Unrampollo della famiglia Neglentine a cui hanno affidato una missione solo perché ha qualcheaggancio nel Consiglio del loro clan. E adesso, solo perché ha avuto la meglio su un branco distupide bestie pelose, pensa di aver compiuto un’impresa e si dà un sacco d’arie. Ma ha fatto soloil suo dovere! Bah... Qualche altra pattuglia e imparerà a tenere i piedi per terra, credimi.».L’Anziano prese Davrath per un braccio e lo accompagnò al centro del cortile: «Vedi quell’albero?Il salice? E’ morto lo scorso inverno, per il gelo.».Mentre il ragazzo cercava di capire il nesso con la tecnica Neglentine, flussi di Potere comparverobrevemente attorno al tronco della pianta. Poi, con uno schianto secco, l’albero esplose scagliandotutto intorno frammenti di legno, corteccia e fronde.«Avevo detto al giardiniere di abbatterlo... bah!», mormorò tra sé Dazar. «Beh, comunque... haicapito cosa intendo? Posso eliminare nemici con la stessa, ridicola semplicità, senza muovere undito. E non uno solo, ma decine per volta.».Davrath provò l’istinto di scostarsi dal vecchio, dal cui corpo percepiva irradiarsi una straordinariamisura di Potere, ma si costrinse a rimanere al suo fianco, dandosi del codardo. E’ vero: possediamo un’arma micidiale, imbattibile, pensò. Ma può essere considerata onorevole?Il vecchio ora lo stava fissando, studiando la sua reazione; Davrath non ebbe il coraggio diconfessargli il suo dubbio, ma l’altro sembrò comunque leggergli nel pensiero: «Troppo facile perte, Davrath? Preferisci sporcarti le mani? Guardami: sono gobbo e claudicante. Eppure, da solo,potrei tenere a bada un assalto nemico alla città: potrei dare il tempo ai nostri soldati diorganizzare le difese, o di mettere in salvo la gente... In guerra non esiste il rispetto per il nemico:se sai di essere più forte, schiaccialo!» e accompagnò l’espressione battendo le mani tra loro.«Non ascoltare quelli come il giovane Neglentine, Davrath.», aggiunse dirigendosi di nuovo verso

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il porticato. «Onore, nobiltà, dignità: sono belle parole, ma non hanno sostanza. Quel genere diindividui cercherà sempre di confonderti con questi concetti fumosi. E sai perchè? Perchè titemono, hanno paura di te. Quel Neglentine, ti ha forse detto di essere un Ribelle? Ha forseammesso di fronte a te di essere il tuo nemico?».No, mi ha mentito. Mi ha fatto credere che il suo contingente fosse un piccolo gruppo di incanalatori infuga. Mi ha condotto qui dicendo che questo era il loro villaggio. «Per non parlare delle sue stranezze... Hai notato il colore dei suoi occhi?», soggiunse Dazar conun bisbiglio all’orecchio di Davrath.Mentre, invitato dal vecchio, si accomodava al tavolinetto di marmo sotto al porticato, Davrathripensò a qualcosa che Morgan gli aveva detto durante il viaggio. «Morgan mi voleva fare credereche io avessi una capacità particolare per fare avvenire cose inconsapevolmente. O qualcosa delgenere... non fu molto preciso. Usò un termine strano: Taʹveren.»«Una parola dall’origine antica, il significato dimenticato dai più», mormorò pensieroso l’Anziano.«Una parola che i giovani ignoranti come quel Neglentine non dovrebbero usare a vanvera, senzanemmeno conoscerne l’importanza... Ma, per fortuna, noi Ribelli non siamo tutti così.» Dazarsorrise allargando le braccia in un gesto di discolpa. «Anzi, per scusarmi del cattivo trattamentoiniziale, ho una proposta per te.» Il vecchio chiamò la servitrice muta con uno schiocco delle dita erichiese che venisse portato loro qualcosa di fresco da bere.Una volta che fu loro servita una bevanda rinfrescata in ghiaccio, Dazar cominciò a spiegargliquale fossero le circostanze presenti in cui si trovava il popolo dei Ribelli, un insiemeframmentario e disorganizzato di comunità più o meno numerose, disseminate nel lungo arcoformato dalla catena delle Montagne della Nebbia. Più di ogni altra cosa quel giorno, Davrath fucolpito da questa candida e fiduciosa apertura da parte del vecchio Ribelle, che sembravaimprovvisamente dimentico di parlare ad un Figlio della Luce, nemico atavico della sua gente. Ilragazzo venne quindi a sapere i nomi delle varie Città della Notte, nonché dei clan che leabitavano, le loro principali occupazioni e le loro caratteristice peculiari.Quando Dazar s’interruppe, invitandolo con un gesto ad esprimersi, Davrath dovette ammetterein tutta onestà: «Queste sono informazioni preziose. Qualunque dei miei ex superioriall’avamposto pagherebbe il proprio peso in oro per venirne in possesso!».Ridacchiando, il vecchio rispose: «Beh allora spero che gli ufficiali di Adendath siano benpasciuti!» Poi ritornando serio: «No, francamente a questo punto non temo un tuo voltafaccia,Davrath. I Figli della Luce non comprerebbero mai informazioni da un Incanalatore, nemmeno sequeste notizie potessero portarli dritti dritti su di noi – cosa di cui peraltro dubito molto. Inoltrecredo che tu sia un ragazzo intelligente e non penso che baratteresti un trattamento come quelloche ti riserviamo qui per una cella di Cab’inde, senza contare tutto quello che potresti imparare danoi...»Lo sguardo che gli rivolse il vecchio era così innocente e onesto che Davrath si sentì in colpa.Non era quello che intendevo, pensò, cercando di pensare a qualcos’altro su cui indirizzare ildiscorso. «Chiedo scusa, ma mi sembra che abbiate menzionato una proposta che dovevatefarmi?»«Mmm... sì, ci stavo arrivando infatti.», disse Dazar sorseggiando la bibita ghiacciata. «Ecco, laragione stessa per cui ti ho parlato dei clan, è che mi piacerebbe accoglierti tra noi, non più comeprigioniero, ma come Ribelle, con tutti i diritti di ogni altro membro dei clan.»Davrath rimase a bocca aperta, senza sapere cosa ribattere. Il vecchio quindi proseguì, con untono pacato e ordinario che suonò in contrasto con le sue parole impreviste quanto sorprendenti:«Non mi fraintendere, non ho il potere di prendere da solo una decisione senza precedenti comequesta. Tutto quanto ti sto dicendo dovrebbe passare poi al vaglio del Consiglio degli Anziani.Tuttavia, penso che ci siano buone possibilità di convincere gli Anziani degli altri clan, posto che

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riusciamo a mostrare loro il vantaggio di avere qualità indubbie come le tue dalla nostra parte.»Finalmente, riprendendosi dalla sorpresa iniziale, Davrath risucì a formulare una domanda: «Faredi me un Ribelle? Ma... cosa esattamente trovate in me che possa valere una scelta simile?»«Oh, più di quanto immagini, ragazzo,» rispose l’attempato Ribelle con un sorriso misterioso. «Latua abilità con il Potere, per cominciare. Tu probabilmente pensi che un novellino come quelrampollo dei Neglentine sia più forte di te. Niente affatto. Il tuo potenziale è enormementemaggiore del suo, per non dire di gran parte della popolazione Ribelle che detiene il Dono. Devisolo apprendere come sfruttarlo, poi sarai stimato e rispettato tra noi come solo pochi lo sono. E,credimi, sotto la mia guida imparerai in fretta.»Davrath si distese contro lo schienale del canapè e prese un sorso dal proprio calice. Era unabevanda chiara, leggermente alcoolica, il cui aroma ricordava la lavanda. Non eccezionale, maforse lo avrebbe aiutato a rinfrescargli le idee. Se da un lato, la magnaminità dell’offerta lo avevapositivamente stupito, dall’altro non era sicuro di essere davvero riuscito a cancellare del tutto ilsuo passato all’avamposto senza provare un minimo di vergogna al ricordo dei compagni cadutiproprio per mano ribelle, e senza provare un minimo di rimorso per la causa che tradiva.«Non so se...» iniziò in tono di scusa.«Aspetta, non essere precipitoso.», lo invitò Dazar con un gesto della mano, «So bene a cosa staipensando. Ma non temere, non ti sto chiedendo di diventare un traditore. Lascia però che tiracconti un paio di cose riguardo alla benemerita Confederazione...»E così il vecchio iniziò una lunga tirata il cui scopo non troppo velato era quello di screditare ilgoverno di Daishar Deyenieye, riportando a titolo di esempi alcuni fatti di ingiustizia e corruzioneda parte dei Figli della Luce, dei quali i Ribelli erano chissà come venuti a conoscenza. Nessuna diquelle notizie riuscì a catturare davvero l’attenzione di Davrath: anche ad Adendath erano girate,a volte, voci che volevano alti ufficiali, giù nelle città, invischiati in faccende immorali o addiritturacriminali, ma per lo più erano storie troppo grosse per essere vere; Davrath non era più unbambino: sapeva riconoscere le notizie gonfiate da quelle verosimili. Certo, non potevanascondere che anche lui, come tutti i suoi ex-compagni degli avamposti di montagna, nutrivaun’innata diffidenza per i colleghi delle grandi città, un sentimento che di tanto in tanto sfociavain vero e proprio disprezzo per quei Figli che non avevano mai provato cosa voleva dire vivere inun piccolo distaccamento isolato nelle Montagne della Nebbia, lontano dalle seducenti comoditàe ricchezze della pianura. Ma, in fondo, se anche i fatti di malgoverno si fossero rivelati veri, lacausa della Confederazione non ne sarebbe uscita minimamente sminuita.Il ragazzo ascoltò pazientemente per un tratto, poi approfittò di una pausa del vecchio perinterrompere il suo monologo: «Mi dispiace togliervi la parola, Anziano Dazar, ma devo avvertirvi:queste notizie non mi colpiscono più di quanto il fuoco bruci l’acqua.».Davrath non sapeva come gli fosse venuto il paragone, ma vide che il suo intervento deciso avevaimpressionato il suo interlocutore, che accettò l’interruzione con un gesto pacificatore ed unsorriso. Pensò quindi che fosse una buona idea proseguire in chiave metaforica: «Vedete... in ognicesto di mele ce n’è qualcuna marcia, l’importante è assicurarsi di togliere i frutti cattivi dal cesto,in modo che non facciano marcire il resto. Alle mele marce ci pensano gli Inquisitori: tutti hannola massima fiducia nella loro giustizia. Gli errori di pochi individui non possono comprometterel’immagine della Confederazione! Come potete ignorare la pace e la prosperità che essa haportato in gran parte del continente?».Forse si era fatto prendere un po’ dall’entusiasmo, ma vide che comunque Dazar non sembravacontrariato, anzi il suo sorriso si stava allargando.«Ah! Bene, bene. Vedo che nonostante la giovane età hai già le idee chiare. Credimi, però, se tidico che ci sono tante cose che non conosci... Esperienze del vasto mondo che, a causa del tuoconfinamento in un avamposto isolato, non hai potuto fare. Ti assicuro che so di cosa parlo

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quando ti dico che la corruzione si diffonde tra i potenti molto più velocemente che il marciumetra le mele!»E, a quel punto, il buonumore del vecchio sfociò in una risata, che per qualche motivo mandò unbrivido su per la schiena di Davrath.«Quanto agli Inquisitori, sinceramente...» proseguì Dazar tornando serio «...non credo proprioche tu li abbia mai visti in azione, eh figliolo? No, altrimenti sapresti come viene applicata la“giustizia della Luce”. Ma, dimmi: esattamente in che modo, secondo te, la Confederazionegarantisce la pace alla propria gente?»«Ecco, beh... è il compito dei Figli difendere la gente dalle minacce esterne, come i Tiranni, iRibelli, ma anche mantenere l’ordine nelle città, catturare i comuni malviventi, e anche... anche lepersone...».«... macchiate dal Potere? E’ questa la definizione che stavi cercando?» intervenne Dazar conveemente sarcasmo. Seguì un lungo silenzio durante il quale il ragazzo abbassò lo sguardo,improvvisamente conscio di essere stato attirato in una trappola verbale; era consapevole delsorriso soddisfatto che l’Anziano del clan Faine gli stava rivolgendo, ma non aveva il coraggio diaffrontare la propria sconfitta guardando l’altro negli occhi.«Ragazzo, non è colpa tua se ti senti confuso.», il tono del vecchio era ora gentile e confortante.«Hai avuto solo pochi giorni per adattarti a questa nuova realtà. Hai già accettato il fatto che ilPotere è tutt’altro che una contaminazione deprecabile e sono sicuro che col tempo arriveraianche ad accettare che la Confederazione non è una terra di pace e prosperità, ma piuttosto unfragile compromesso stipulato tra una minoranza benestante e un’oligarchia militare.»Forse non ha tutti i torti... pensò dubbioso Davrath.«Ti renderai conto che la tanto vantata potenza dei Figli è puramente aleatoria,» proseguì lʹuomosenza notare lʹespressione pensosa del ragazzo.«Pensi veramente, dopo aver visto in azione le creature dell’Ombra, che i Figli potrebberodifendere le loro città da un attacco in forze di Trolloc e Myrdraal? Quando parlo di “attacco inforze” non penso al centinaio di bestie che ti hanno sorpreso durante la fuga, ma parlo di decinedi migliaia. Centinaia di migliaia! Sì, figliolo, è questa la minaccia che dovremo probabilmenteaffrontare. Peccato che i valorosi Capitani Comandanti laggiù nella gloriosa Daishar Deyenieyenon ne sospettino nemmeno l’esistenza, e che l’invincibile esercito dei Figli della Luce non siaminimamente preparato ad un simile confronto.»Centinaia di migliaia? Il ragazzo alzò lo sguardo sconcertato a quella rivelazione. Forse Dazarstava solo tentando di impressionarlo - e se così era ci era pienamente riuscito - ma che bisognoaveva di farlo? Che diventasse un Ribelli a tutti gli effetti o rimanesse soltanto un loro ʺospite , noncambiava il fatto che comunque quellʹorda di creature dellʹOmbra, piccola o grande che fosse,andava combattuta, e per farlo non avrebbe potuto schierarsi dalla parte dei Figli della Luce, nonpiù oramai. Per cui che senso aveva ingigantire gli eventi?No, Dazar gli stava solo narrando dei fatti, che gli piacessero o meno, e non importava che luifosse una semplice recluta o un comandante: a differenza della Confederazione, qui la veritàveniva condivisa con tutti i soldati.Forse non se ne era ancora reso conto, ma quellʹofferta così precipitosamente giudicata errata sifece strada nella sua mente con crescente forza, e alla fine della giornata era già entrataprepotentemente nei suoi pensieri come se fosse sempre stata sua.

*** Fine del terzo capitolo ***

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I Personaggi e i loro Giocatori:Aaron Gaeleaf Selohim di -wsDavrath di NeslepaksDorian di MercutiaMabien Asuka di MercutiaMerian Elen Syana di SilmaCauthonMorgan Neglentine di NeslepaksNorah di MercutiaSiadon di -wsToras Skellig di Neslepaks

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