tumori apparato gastrointestinale non colon-rettali prof...
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Oncologia (2015/11/06)
Tumori apparato gastrointestinale non colon-rettali Prof. Altavilla
Tra i tumori dell'apparato gastrointestinale non colon-rettali troviamo i tumori:
• Dell’esofago
• Dello stomaco
Si includono anche i tumori
• Del pancreas
• Del fegato
• Delle vie biliari
Carcinoma Esofago
EPIDEMIOLOGIA: Ha un impatto epidemiologico non così grave come gli altri tumori però, purtroppo, diventa
una causa grave di morte perché l’incidenza è estremamente consonante cioè difficilmente ci si salva. Risulta
all’ottavo posto tra tutti i tumori, ma è la quinta/sesta causa di morte per cancro. In Italia ci sono circa 2000 nuovi
casi ogni anno. Normalmente è una neoplasia che insorge intorno alla sesta/settima decade di vita. Il rapporto tra
maschi/femmine è di 3/1.
FATTORI DI RISCHIO. Distinguiamo tre grossi capitoli: voluttuari, accidentali e genetici.
• Nell’ambito dei voluttuari, si hanno condizioni legate all’abuso di alcune sostanze o di cibi,
troviamo: abuso di alcol, tabacco, soprattutto la masticazione delle foglie di tabacco effettuata in
alcune zone, soprattutto in oriente, dove oltre al tabacco si usa masticare una foglia di un albero
di betel, la quale oltre a causare carcinomi dell’esofago alto, è correlata anche a tumori
dell’orofaringe e della bocca. L’alto contenuto di nitrosamine in alcuni cibo lo trovate comune con
i tumori dello stomaco e coinvolge l’estremità distale dell’esofago, il cardias, oggi abbiamo tutta
una serie di tumori che sono i tumori cardiali che hanno un comportamento intermedio tra quelli
dello stomaco e dell’esofago.
• Accidentali, dovuti ad ingestione di caustici
• Mentre tra quelli genetici; ed è molto raro parlare di un tumore trasmesso con meccanismo
mendeliano, vi è una sindrome la tilosi data da un gene autosomico dominante, che è
contraddistinta dall’ipercheratosi palmo plantare e da una papillomatosi esofagea evolutiva verso
il cancro.
Altri fattori di rischio sono caratterizzati dalla presenza di precedenti patologie esofagee:
• Sindrome di Plummer-Vinson, contraddistinta da esofagite, che è l’infiammazione dell’esofago,
da anemia ferropriva, cheilosi, glossite, fragilità ungueale e il carcinoma esofageo che si è
dimostrato incidere in circa il 10% di questi pazienti.
• Acalasia, mancato rilasciamento dello sfintere inferiore, quindi, la risalita, il reflusso
• Lesioni da caustici, nella cronaca degli ultimi tempi si sono sentiti nominare a seguito di scherzi,
in cui vengono ad essere sostituite alcune sostanze con caustici, e si ottiene un condizionamento
di una lesione a livello all'esofageo che può sembrare risolta una volta usciti dall’ospedale ma in
realtà può condizionare un carcinoma dell’esofago con una latenza varia, fino a 40 anni dal
momento scatenante.
• Virus e batteri, è controverso il ruolo del papilloma virus, che però è sicuramente in correlazione
positiva con i tumori della testa e del collo, mentre non è determinante il ruolo di Helicobacter
Pilori
• Esofago di Barret, sostituzione dell’epitelio dell’esofago distale con l’epitelio colonnare, che
normalmente insorge in presenza di metaplasia intestinale
Riconosciamo due tipi principali di carcinoma dell’esofago: un tipo legato alla presenza del tumore epidermoide,
squamosi che chiaramente vi aspettate nella parte superiore dell’esofago,
Mentre gli adenocarcinomi sono più della parte medio-distale dell’esofago.
I fattori di rischio sono condizionanti l’un l’altro in relazione a queste alterazioni della mucosa: l’abuso di tabacco,
alcol sono in relazione “più struggente” con il carcinoma squamoso,
Mentre il reflusso gastroesofageo, l’esofago di Barret, l’obesità, sindrome metabolica, correlano maggiormente
con un adenocarcinoma dell’esofago basso.
SEDI DI INSORGENZA: nel 20% dei casi insorge nella parte superiore dell’esofago quindi nella zona cervicale
e alto toracica, nel 37% nella parte mediale, nel 43% nella parte più bassa a livello della giunzione gastro-esofagea
ASPETTI MACROSCOPICI: le tipologie macroscopicamente più incidenti sono tre, nel 60% dei casi la lesione
polipoide fungosa a crescita esofitica che cresce simil cavolfiore, la lesione necrotica ulcerosa nel 30% dei casi,
la lesione infiltrativa diffusa nel 10% dei casi che molto spesso è difficile da cogliere con i comuni esami di
diagnostica per immagini.
TIPI ISTOLOGICI:
• Carcinoma spinocellulare nei 2/3 superiori,
• L’adenocarcinoma nel 3° inferiore,
Vi sono forme più rare come
• Il carcinoma adenoide-cistico, mucoepidermoide con possibile incidenza di tumore a piccole cellule,
E anche dei tumori non epiteliali quali il leimiosarcoma (che vedremo tra i tumori dello stomaco ed è possibile
riscontrare nell’esofago distale ma raramente),
• Il linfoma
• Il melanoma con possibile localizzazione a livello esofageo
DIFFUSIONE: diffonde mediante
• Estensione diretta che avviene molto più spesso a livello del mediastino per un motivo chiaro cioè la
caratteristica che l’esofago condivide insieme con il retto di non essere protetto da sierosa, non c’è
peritoneo, quindi in realtà questa diffusione è molto facilitata (assenza di sierosa e vicinanza di organi
mediastinici).
Le altre due possibili diffusioni sono
• Diffusione linfatica con coinvolgimento, a seconda della posizione del tumore dell’esofago, dei linfonodi
cervicali, mediastinici, e nella parte bassa verso quelli celiaci e gastrici (dalla rete linfatica sottomucosa
ai n giugulari, laterocervicali, sopraclaveari, paratracheali, ilari subcarenali, paraesofagei, paraortici,
gastrici, celiaci)
• La diffusione ematogena infine è comune a tutti i tumori.
SEGNI E SINTOMI: il segno che più indirizza è la difficoltà all’ingestione dei cibi , dimagrimento, il senso di
peso retrosternale , dolore toracico irradiato alla colonna (che però è comune con un’altra sintomatologia che
spesso porta gli uomini di una certa età in pronto soccorso in allerta per una patologia cardiologica ma in realtà è
dovuto al reflusso gastroesofageo e all’esofagite ) che è un dato da valorizzare perché aspecifico , altri segni sono
la scialorrea, rigurgiti la possibilità che attraverso l’estensione al mediastino vi sia un coinvolgimento del
ricorrente di destra e quindi una paralisi del laringeo ed una disfonia, una polmonite ab ingestis con conseguente
febbre ed adenopatie cervicali soprattutto per diffusione linfonodale del tumore della parte superiore.
ESAMI DIAGNOSTICI: una volta l’immagine che ci forniva massima informazione era quella dell’ Rx torace
con esofago baritato(fig.1), ora vi sono esami quali TC(fig. 2), RM,PET, non vi è dubbio però che l’esame
endoscopico sia quello che da rilievo del tumore consentendoci di rilevarlo, di bioptizzarlo (fig 3) ma anche
l’ecoendoscopia ci permette ,insieme al prelievo endoscopico, di definire la penetrazione del tumore,
l’interessamento degli organi adiacenti , l’interessamento linfonodale (fig. 4). Nel momento in cui si ha evidenza
di neoplasia dell’esofago il primo organo che si va ad indagare per le metastasi è il fegato con ecografia del
fegato.
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Dopo aver effettuato tali esami al fine della progettazione del nostro intervento terapeutico bisogna prima
stadiare il tumore.
Figura 5
STADIAZIONE: la definizione del T dipende dall’invasione del tumore a livello delle pareti dell’esofago in cui
T1 è un tumore che coinvolge mucosa e sottomucosa,
T2 è esteso a livello della muscolare propria mentre
T3 è arrivato a raggiungere l’avventizia,
Mentre T4 è un tumore che ha sconfinato per estensione diretta in organi vicini. L’assenza o la presenza di
metastasi linfonodali è definita da N0 o N1 e a questo proposito ricordatevi questo schema (fig 5) che ci mostra
come cercare le metastasi linfonodali, ricordando che neoplasie dell’esofago cervicale metastatizzano soprattutto
a livello dei linfonodi cervicali senza trascurare la possibile diffusione ai linfonodi mediastinici, mentre è più
probabile che una neoplasia del medio e basso esofago metastatizzi a livello dei linfonodi mediastinici ma anche
a livello dei linfonodi perigastrici esclusi quelli celiaci che sono propri della metastatizzazione del tumore dello
stomaco.
La classificazione in stadi è legata alla combinazione del T e dell’N [il prof non parla di M]:
• Il primo stadio è rappresentato da T1 senza interessamento linfonodale, (ed M0)
• Il secondo stadio A è rappresentato da un tumore che raggiunge la muscolare T2 o anche l’avventizia T3
con un N0, (M0)
• Il secondo stadio B è rappresentato da un T1 o un T2 con un N1, (M0)
• Il terzo stadio è rappresentato da un T3 N1 (M0) oppure un T4 con qualsiasi tipo di N, (M0)
• Il quarto stadio A ogni T e ogni N (M1a) con una diffusione all’esofago toracico e ai linfonodi celiaci, per
quanto riguarda la diffusione all’esofago toracico superiore e un N+ quando l’esofago toracico
metastatizza ai linfonodi del collo” ed infine
• Il quarto stadio B che è il quarto stadio classico è dato dall’evidenza di metastasi a distanza. (Ogni T ogni
N, M1b)
Questa classificazione in stadi sia per l’adenocarcinoma che per il carcinoma squamoso è importante per la
prognosi, lo stadio è importante perché come vedete (fig 6) si passa da sopravvivenze accettabili in pazienti
operati al primo stadio che hanno circa l’80% di sopravvivenza a 10 anni, in pazienti che invece hanno un secondo
stadio si arriva ad un 55% mentre in pazienti con un terzo stadio a 5 anni si ha una sopravvivenza inferiore al
15%. Il dato quindi va valorizzato ai fini del trattamento.
Figura 6
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Il trattamento chirurgico è il trattamento più importante che può dare realmente veri risultati sostanziali (è
l'unica terapia in grado di guarire). È un intervento pesante che va effettuato in centri selezionati ed con una
stretta collaborazione col chirurgo toracico ed il chirurgo addominale perché entrambi devono esercitare la
propria parte di competenza. Il tumore viene ad essere operato quando è ai primi due stadi perché da un buon
indice di sopravvivenza però comporta anche un rischio di mortalità piuttosto elevato: 4-6% di pazienti
incorrono a morte durante l’intervento chirurgico. (L'intervento radicale prevede una resezione a monte e a
valle della lesione di 10cm, necessita spesso di interventi ricostruttivi come esofagogastrostomia, interposizione
del colon o del digiuno)
Rivedendo il grafico precedente (fig 6) in versione tabellare (fig 7) si nota che nei primi due stadi l’intervento
chirurgico sia abbastanza garantistico di sopravvivenza mentre dal secondo stadio in poi la sopravvivenza in
questi pazienti viene a decadere, ed è una sopravvivenza non limitata alle evoluzioni della tecnica chirurgica ma
è rimasta stabile negli anni ciò indica che non è un problema della tecnica ma della forte probabilità di ricorrenza
di malattia in questi pazienti.
Figura 7
Questi studi giapponesi effettuati su campioni poco consistenti, hanno valutato la possibilità di una
chemioterapia adiuvante ed hanno messo in evidenza che vi è un vantaggio ma risulta essere molto marginale
(linee superiori fig 8)
Figura 8
Se il paziente ad un primo/secondo stadio può avere questa integrazione terapeutica che può esser portata
all’intervento chirurgico con serenità, vedete che il 70% nei nostri n0 hanno un t che è già t4 al momento della
diagnosi quindi bisogna valutare quanti casi vengono realmente operati e quanti esclusi dal tavolo operatorio e
bisogna ricordare che l’inoperabilità dipende anche dalla preparazione del chirurgo.
Contando questa possibilità di resecabilità in questi pz vediamo che circa la metà (40-70%) vengono portati a
resecabilità e la mortalità postoperatoria sale fino al 2-15% e la sopravvivenza a 5 anni dopo la resezione R0 è
del 15-35%.
Ci si pone la questione se tali risultati non possano essere migliorati dall’utilizzo anche di altre terapie, ed in
realtà questa integrazione delle terapia può esser fatta a livello preoperatorio, la prima possibilità, preferita
dall’oncologo è quella di una chemioterapia preoperatoria vs una chirurgia esclusiva, le metanalisi che hanno
affrontato e rivisto gli studi randomizzati di chemio preoperatoria vs chirurgia esclusiva, sono tutte consonanti
nel affermare il miglioramento che si ha, in statistiche di sopravvivenza , nei pz che effettuano chemioterapia
preoperatoria.
Il carcinoma dell’esofago è fortemente radiosensibile, la radioterapia da sola ha un suo impatto determinando una
sopravvivenza mediana del 18% ad 1 anno e del 6% a 5 anni, ma la combinazione di chemioterapia e radioterapia
ed chirurgia ha dimostrato di essere la strada vincente. I pz che hanno uno stadio più avanzato come un T3 /T4
con N3 oggi hanno il loro gold standard in un trattamento neoadiuvante preoperatorio di chemio e radio.
Questo trattamento è più efficace in termini di sopravvivenza del pz quanto più induce risposta, la remissione
completa si può ottenere in modo ottimale soltanto con l’associazione di tali interventi adiuvanti perché con la
sola radioterapia si arriva ad una remissione completa del 3 % con la sola chemioterapia ad una remissione
completa del 5% mentre con radioterapia e chemioterapia si arriva ad una remissione completa del 21-24%.
TRATTAMENTI PALLIATIVI
Talvolta un tumore dell’esofago però risulta inoperabile ed offriamo al paziente una terapia che possa migliorare
la qualità della vita, Questi interventi si tenta di applicarli per via endoscopica e non per via chirurgica, come nel
caso della laserterapia che non è una vera e propria chirurgia e che risulta utile oltre che per ricanalizzare anche
per evitare il sanguinamento. (Gastrostomia, digiunostomia; by-pas; posizionamento di stent; dilatazioni
endoscopiche; laserterapia)
Non abbiamo grosse armi chemioterapiche per tumori in fase avanzata, vi sono farmaci monochemioterapia che
hanno meno del 20% di risposte obiettive con sopravvivenza a 2 anni di questi pazienti metastatici che non supera
il 9 %
Maggiori risultati ci vengono forniti dall’associazione di due farmaci: l’associazione di Cisplatino + Florouracile
(infusione continua), il così detto schema alsavaf??? [32:02] abbiamo avuto la capacità di ridurre in maniera
significativa, un 35-40% in pz con carcinoma dell’esofago di tipo squamoso cellulare, l’altra associazione:
Cisplatino + Taxolo o altre associazioni sono più interessanti nei pazienti con adenocarcinoma. Ricordiamo
sempre che la polichemioterapia determina una sopravvivenza a 2 anni intorno al 20%
Carcinoma Stomaco
INCIDENZA: Il tumore dello stomaco vi ricordo che era la prima causa di morte fino agli anni 50 per poi avere
una caduta dell’incidenza di tale neoplasia e anche negli ultimi 10 anni si ha una continua diminuzione
dell’incidenza e parallelamente della mortalità del tumore dello stomaco, dovuta probabilmente al cambiamento
delle abitudini igieniche ed alimentari che hanno modificato le cause più importanti di cancerogenesi. Tale
neoplasia è la quinta causa di morte più frequente in Italia nonostante la diminuita incidenza, e nel 2015 si
attendono 13200 nuovi casi e circa 10000 morti
FATTORI DI RISCHIO: L’infezione da Helicobacter Pylori rappresenta il principale fattore di rischio, soprattutto
per i carcinomi di tipo intestinale dell’antro gastrico. Vi sono fattori concomitanti come la conservazione di carne
sotto sale, l’abitudine al fumo, le abitudini alimentari non coerenti con la dieta mediterranea, basso consumo di
verdura e frutta, alto consumo di carni rosse, inoltre nitrati ed affumicatura sono associati ad un aumento del
rischio.
Altri fattori di rischio sono la gastrite cronica indotta da HP o da altre cause (incluso il reflusso biliare) che induce
condizioni di stress ossidativo con produzione di ossidi di azoto e calo della concentrazione dei fattori
antiossidanti, la presenza di gastrite inoltre innalza l’attività proliferativa ghiandolare che costituisce una
condizione ulteriore di rischio per lo sviluppo di displasia, fortemente stimolata dal rilascio di ioni ammonio
attraverso la potente azione ureasica di HP.
La netta maggioranza dei carcinomi gastrici, 95-97% è costituita da forme sporadiche. L’associazione in ambito
familiare è molto spesso dovuta a delle identiche abitudini igienico-dietetiche ed è poco frequente: 1-3% dei casi
è determinato da un meccanismo di diffusione mendeliana della malattia ed è caratteristico dei pazienti con
poliposi adenomatosa familiare (FAP), sindrome di Lynch, sindrome di Li-Fraumeni e di Peutz Jeghers.
Recentemente è stata definita una forma di cancro gastrico ereditario diffuso (HDGC) caratterizzata dalla
presenza dell’istotipo “diffuso” che è l’istotipo prognosticamente più “pesante”, tale forma si presenta in
consanguinei di primo e secondo grado e nelle donne risulta associato e carcinoma mammario di tipo lobulare.
SEDI DI INCIDENZA: 7% a livello del cardias
50-51% a livello delle regioni antro e poi pilorica
18% a livello della piccola curva
3% a livello della grande curva
21% a livello del corpo
ISTOPATOLOGIA: tipi macroscopici: ulcero-infiltrante (30-40%)
Fungoide (30%)
Diffusamente infiltrante (10-20%)
Superficiale (4-12%)
Polipoide (8%)
Tipi microscopici, abbiamo due prevalenti istologie rappresentate da:
Intestinale (53%) cellule coese a formare strutture ghiandolari simili a quelle dei carcinomi del colon
Diffuso (35%) cellule ad anello con castone infiltranti (linite plastica), spesso ulcere o masse, prognosi infausta
Da un punto di vista gravità: Misto, epidermoide, adenoacantoma, carcinoide rappresentano circa l’1%
Non parliamo solo di k stomaco perché esistono inoltre il 3-4% delle neoplasie non epiteliali:
Tumori stromali (GIST)
Linfomi (MALT)
STADIAZIONE TNM:
Ti, K in situ, intraepiteliale senza invasione della lamina propria
T1 tumore che invade la lamina propria o la sottomucosa
T2, tumore che invade la muscolare propria o la sottosierosa
T3, tumore che invade la sierosa (peritoneo viscerale) senza invade le strutture adiacenti
T4, tumore che invade le strutture adiacenti
La positività linfonodale è data dal numero dei linfonodi coinvolti:
N1, coinvolgimento fino a 6 linfonodi
N2, da 7 a 15 linfonodi coinvolti
N3, 16 o più linfonodi coinvolti
Per verificare la presenza di metastasi linfonodali bisogna esaminare un gran numero di linfonodi.
Per la prognosi bisogna valutare la distinzione in stadi perché si ha sopravvivenza decrescente verso gli ultimi
stadi. [Non aggiunge altro sugli stadi]
Early Gastric Cancer
È un adenoma limitato alla mucosa sottomucosa,
Indipendente dall’interessamento dei linfonodi (4-14%)
La sua presenza è in crescita a seguito dell’impiego dalla gastroscopia
Difficile da differenziare endoscopicamente dall’ulcera peptica pertanto l’endoscopista ha l’obbligo di effettuare
una biopsia
È endemico nella popolazione giapponese ed ha portato all’effettuazione di esami di screening in pazienti a
rischio
Hanno delle percentuali di tumore elevatissime dopo la chirurgia: 93% di guarigione nei pazienti senza
coinvolgimento linfonodale che abbiano una forma intramucosa, 87% sopravvivenza con interessamento della
sottomucosa ma assenza coinvolgimento linfonodale. Si può notare che questi tumori anche nei casi di
coinvolgimento linfonodale hanno una sopravvivenza maggiore rispetto alle altre neoplasie :91% nelle forme
mucose e 80% nelle forme sottomucose.
K STOMACO SEGNI E SINTOMI:
Abbiamo sintomi precoci che sono estremamente aspecifici che ci rendono difficile una diagnosi precoce
Precoci: vaghi disturbi epigastrici
Lieve oppressione postprandiale
Senso di ripienezza
Epigastralgie
Nausea
Tardivi: anoressia
Rifiuto dei cibi soprattutto verso i cibi proteici, la carne
Calo ponderale
Dolore epigastrico
Vomito
Disfagia
Anemia
I segni e i sintomi diventano più chiari nella fase metastatica:
Epatomegalia
Ittero
Ascite
Adenopatia sovraclaveare sinistra
Tumefazioni ovariche (t. di Krukenberg)
Sindromi paraneoplastiche (acanthosis nigricans: diffusione cutanea scura, dermatomiosite)
ESAMI DIAGNOSTICI
Endoscopia con biopsia (ci dal primo riscontro della neoformazione e deve essere sempre supportata dalla
biopsia)
Esami di diagnostica per immagini: ecografia (che è la meno dispendiosa)
Esami radiologici
Ecotomografia addominale
TC torace- addome
Esami di laboratorio: devono ricercare malfunzioni d’organo sulla base della storia naturale della malattia ,quindi
per un k stomaco che metastatizza spesso al fegato valutiamo la funzionalità epatica (VES) , ricerchiamo inoltre
i marcatori (CEA, GICA) che però non ci forniscono la gravità della malattia, possono esserci situazioni in cui
il K stomaco non si associa alla presenza dei marcatori è però interessante valutare dopo l’operazione la caduta
del marcatore e la sua possibile ricrescita ad indicare una ripresa di malattia
TRATTAMENTO CHIRURGICO: Principale modalità di trattamento nel k gastrico resecabile. L’intervento
radicale garantisce la completa asportazione del tumore primitivo, tale intervento è legato ad:
Una gastrectomia totale (asportazione completa dello stomaco) o subtotale (asportazione parziale dello stomaco)
co n margini di resezione liberi da malattia
L’asportazione in blocco del grande e piccolo omento
L’asportazione in blocco Dei linfonodi loco-regionali
L’asportazione in blocco Degli organi adesi alla neoplasia
È importante, per l’oncologo, in seguito all’intervento, sapere la situazione che permane:
R0 assenza di tumore residuo
R1 presenza residua microscopica (talvolta indicato da un liquido di lavaggio peritoneale positivo)
R2 presenza di residuo macroscopico
L’intervento viene effettuato in chirurgia open, però oggi è sempre più affermata in chirurgia addominale
l’intervento in laparoscopia.
Linfoadenectomia
È un intervento ancora molto discusso, bisogna ricordare che si intende con:
D1 rimozione dei linfonodi solo perigastrici, per l’oncologo, tale rimozione non è sufficiente per avere
testimonianza di malattia in R0
D2 rimozione anche dei linfonodi lungo la parete gastrica sinistra, la vena splenica, l’epatica comune e del tripode
celiaco
D3 oltre ad i linfonodi asportati in d2 si ha in più la rimozione dei linfonodi del legamento epatoduodenale,
retrocefalopancreatico e della radice mesenterica
D4 la rimozione è estesa anche ai linfonodi paraortici
Si raccomanda l’asportazione di almeno 15 N
Linfoadenectomia D2 è l’opzione migliore
La discussione su tale trattamento è insorta a seguito della sopravvivenza tra le casistiche asiatiche (giapponesi)
ed i risultati che si riscontravano nei paesi occidentali in cui si aveva maggiore sopravvivenza e si preferiva fare
una resezione D2, si pensava che grazie a tale intervento vi fosse la maggiore sopravvivenza ma invece si ritiene
attualmente che tale sopravvivenza sia dovuta alle differenze genetiche. In occidente si è voluta valutare la D2
rispetto alla D3 mediante studi randomizzati che convogliavano vari tipi di casistiche operate dagli stessi
chirurghi e si è visto che D2 presentava minori danni iatrogeni post-chirurgia, minore mortalità e quindi oggi la
D2 è il trattamento da effettuare
Radioterapia
La scarsa tollerabilità dello stomaco e delle strutture vicine limita l’uso di RT come singola modalità terapeutica
(non superabili i 50Gy)
Ha un ruolo come trattamento palliativo dei sintomi nei T. inoperabili e recidivanti o nella fase adiuvante post
chirurgica (soprattutto integrata con la chemioterapia) per bonificare le condizioni dichiarate come R0 che però
non sono realmente R0
Figura 9
Questa tabella (fig 9) ci mostra come il “catting age” che è ciò che avviene tra la sopravvivenza a 5 anni con uno
stadio 1 b che hanno il 60% di sopravvivenza e quelli che sono in un secondo stadio con sopravvivenza a 5 anni
del 34%, da tale stadio in poi bisognerà evitare sia le recidive loco-regionali e combattendo la
micrometastatizzazione che vi è già all’esordio con l’ausilio di una chemioterapia post operatoria
Chemioterapia adiuvante
È un trattamento discusso, sono stati valutati studi randomizzati tra sola chirurgia e chirurgia più chemioterapia
si ha avuto un trend positivo ma non si è raggiunto un miglioramento statisticamente significativo della
chemioterapia adiuvante nel migliorare la sopravvivenza globale negli studi clinici di fase III
Un miglioramento assoluto del 4-6% è stato valutato nelle meta-analisi degli studi disponibili
È un trattamento effettuato con la fluoropirimidina, poi vediamo il vecchio fluorouracile
Può essere un farmaco di nuova generazione somministrato per bocca come la capecitabina
Sappiamo anche che le associazioni di farmaci che hanno avuto valenza nel dimostrare una riduzione delle masse
nei pazienti con k stomaco metastatizzato (es combinazione tra etiriticina?? Cisplatino e fluorouracile ad
infusione) un ciclo piuttosto complesso ed estremamente pesante per il paziente.
Discusso è il ruolo della chemio-radioterapia.
Questo perché noi occidentali abbiamo un vantaggio rispetto agli americani, cioè dei chirurghi che sanno condurre
il paziente ad R0 in maggiore numero rispetto a quanto gli americani non abbiano mai fatto, per cui gli americani
erano estremamente preoccupati per la recidiva loco-regionale
Figura 10
Questo schema (fig 10) mostra i risultati in un pazienti che dopo essere stato portato in R0 con intervento
chirurgico, veniva trattato con 2 cicli di fluorouracile che poi veniva combinato con radioterapia e poi altri 2 cicli
di chemioterapia. In Europa abbiamo capito che avendo chirurghi qualificati, l'aggiunta della radioterapia con la
chemioterapia non portava vantaggi. Il problema è che noi non abbiamo la certezza dei risultati della radicalità
del chirurgo.
Parlando col pz non avendo la certezza della radicalizzazione, dopo consenso informato, noi attuiamo chemio-
radioterapia post-operatoria
CHEMIOTERAPIA postoperatoria: questo trattamento non è semplice perché il paziente ha una caduta del suo
performance status , il vantaggio si ha se viene iniziata precocemente , dopo 6 settimane dall'intervento non più
di 2 mesi e molto spesso questi pazienti non si riprendono ed iniziare una chemioterapia è molto difficile e quindi
il piano inclinato dose-risposta non è più valido e il paziente per una mancata intensità di dose finisce per fallire
la chemioterapia ecco che quindi si è pensato ad un trattamento preoperatorio
Chemioterapia preoperatoria: il carcinoma dello stomaco si è dimostrato particolarmente sensibile che permette
di offrire al chirurgo un paziente che è più adeguato ad un intervento resettivo che porti ad R0 quindi si è pensato
ad una chemioterapia perioperatoria perché ha un tempo pre e postoperatorio
Chemioterapia perioperatoria: queste terapie rappresentano uno standard alla base di molti studi di fase III tra cui
uno inglese, il MAGIC ed uno francese l’FFCD, in cui regimi di associazione terapeutica che prevedono entrambi
l'uso di florouracile in infusione continua con cisplatino abbiamo avuto risultati importanti in termini di
sopravvivenza
La storia del k gastrico è molto travagliata, inizialmente l'associazione di pochi farmaci ci faceva ottenere pochi
risultati, arrivammo al 40% di risposte obbiettive, e ci faceva ottenere molto poco in termini di sopravvivenza
con i nuovi regimi con Platino e Fluoro il k gastrico è diventato una malattia chemio sensibile
Le percentuali di risposta (40-73%) non corrispondono purtroppo a risultati significativi sulla sopravvivenza. La
svolta si è avuta con l'introduzione
Del cisplatino, farmaco fondamentale per alcune neoplasie,
Dalla comprensione del fluorouracile che ha una funzione se somministrato in bolo sul DNA, in infusione
sull'Rna sappiamo la sua forza da solo o combinato al florato, la sua modulazione in bolo con l'eucoveorin
Dall’inserimento di nuovi farmaci come lo oxaliplatino,
Dal trattare i pazienti con la capecitabina (farmaco orale)
Col raggiungiamo risposte significative in pazienti con metastasi,
Un’altra svolta nella sopravvivenza è stata data dalla caratterizzazione biologica del tumore, dalla scoperta che
nel k stomaco come nel k mammella si ha in alcuni casi un'iperespressione di Her2 per circa il 20% dei k stomaco.
Se consideriamo l'indice di sopravvivenza dei tumori dello stomaco che abbiano una caratterizzazione in
immunoistochimica di 0,1,2,3+ dell'her2 vedete come le sopravvivenze sono diverse rispetto ai pazienti che non
esprimono o esprimono molto poco questo recettore. Questa evidenza ha portato all'utilizzo del trastuzumab, uno
studio ha utilizzato pazienti her2 positivi in fase avanzata ad essere trattati con fluorouracile cisplatino verso la
stessa associazione insieme con il trastuzumab
Figura 1 1
Queste sono le curve di sopravvivenza globale (fig 11) l'inserimento di trastuzumab sposta la sopravvivenza di
oltre 2 mesi e mezzo quindi è un dato statisticamente significativo e anche in termini di risposta obiettiva vedete
come vengono raddoppiate le risposte complete dal 2,4% passano al 5,4%, sia la risposta parziale che il controllo
di malattia vengono ad essere migliorati dall'utilizzo del trastuzumab che quindi diventa parte integrante della
terapia. Nel k stomaco dobbiamo quindi chiedere anche la caratterizzazione immunoistochimica
GIST: ne parla nello stomaco perché la loro incidenza è molto più elevata nello stomaco che nel resto dell'apparato
gastrointestinale, gist sta per gastrointestinal stromal tumors, sono i più comuni tumori mesenchimali del tratto
gastrointestinale. Vengono a sostituire vecchie definizioni dei tumori non epiteliali dello stomaco, dell'apparato
digerente come i leiomiomi, leiomiosarcomi o schwannoma maligni.
Sono neoplasie mesenchimali con caratteristiche cellule a stella, sono caratterizzate dall’espressione di un
recettore: il c-Kit, un recettore tirosinchinasico che nell'ambito del GIST è costituzionalmente attivato, causando
la proliferazione degli stessi.
Sembrerebbe che originino dalle cellule interstiziali di Cajal che sono delle cellule che vengono ad essere
intercalate nell'apparato gastro-intestinale e servirebbero da pacemaker per la motilità del tratto gastroenterico.
Queste cellule sono quelle che già di per se posseggono questo recettore transmembrana ad estremità terminale
tirosinchinasico, il recettore c-Kit è espresso nel 98% dei tumori stromali gastrointestinali
Tumori stromali (GIST) che troviamo
Nel 70% nello stomaco
Nel 20% nell'intestino
Nel 5% nel colon-retto
Nel meno del 5% nell'esofago
E che nello stomaco si localizzano
Nel 40% nella porzione media
Nel 28% nell'antro
Nel 20% nel piloro
Si situano non sulla superficie mucosa perché non sarebbero tumori mesenchimali ma
Nella sottomucosa nel 60% dei casi
Sottosierosi nel 30% dei casi
Intramurali nel 10% dei casi
Sapere questo dato ci condiziona nella possibilità di fare diagnosi
La peculiarità nella conoscenza del c-kit e la sua funzionalità ha portato allo sviluppo di un nuovo farmaco che è
l'imatinib che viene a bloccare gli eventi che l’attività tirosinchinasica e l'azione dell'ATP a livello della tasca
recettoriale terminale viene a determinare nell'ambito del recettore, quindi blocca i due pathways di proliferazione
di PITK-AKT?? E quello di ras-raf e quindi determina una disfunzione del tumore che nell'ambito del GIST può
essere anche importante tanto importante da doverci far riflettere sulle tecniche di supporto
Figura 1 2
Questa (fig 12) è una riduzione di un GIST che è regredito nel giro di pochissimo tempo sotto terapia con imatinib
e questa riduzione può determinare un'emergenza in oncologia, legata alla lisi cellulare ed alla possibilità di
setticemia, bisogna quindi monitorare i pazienti con molta attenzione
Tumori Pancreas
INCIDENZA: è un'entità importante, nel 2015 sono attesi 12.500 nuovi casi, rappresentano il 3% di tutti i tumori
È un tumore su cui stiamo facendo informazione tramite un progetto che si chiama Pancrea perché si capì che
solo pochi erano a conoscenza di tale patologia
Nell’uomo non è una delle prime 5 cause di morte me lo è nella donna sopra i 70 anni, è la 5 causa di morte
È un tumore che purtroppo sta avendo un forte aumento di incidenza nei maschi ed in realtà abbiamo un aumento
dell'incidenza di 1,1% negli uomini ogni anno e di 0,1 nelle donne
È importante l'atteggiamento dietetico tanto che nel sud che si caratterizza per la dieta mediterranea abbiamo un
incidenza inferiore del 21%
Il tumore del pancreas in tutta la popolazione generale è il 5 tumore per mortalità (6% di tutti i tumori)
E nelle donne è al 4 posto per mortalità con in 6%
Ed anche la mortalità incrementa di anno in anno
La curva della incidenza e la curva della mortalità tendono a seguire un andamento parallelo, diverso dagli altri
tumori in cui si ha un incremento dell'incidenza ma una diminuzione della mortalità, ciò ci indica che dobbiamo
lavorare molto di più sul tumore del pancreas sia come prevenzione che come trattamento
L’indice di mortalità del tumore del pancreas è di 0,88 quindi sostanzialmente si muore e precocemente di tumore
del pancreas
La mortalità al sud come abbiamo detto è inferiore rispetto al nord
Il tumore de pancreas oggi da una sopravvivenza a 5 anni del 7% negli uomini e nel 9% nelle donne, si muore
precocissimamente di tumore al pancreas si muore sostanzialmente nel primo anno dalla diagnosi, perché i
pazienti che hanno superato il primo anno dalla diagnosi, hanno il 24% di possibilità di arrivare al 5 anno, ma i
pochi pazienti (7%) che hanno la possibilità di essere vivi a 5 anni hanno un'alta probabilità addirittura di essere
guariti
FATTORI ETIOLOGICI:
Fattori voluttuari
Fattori dietetici
Fattori associativi a situazioni mediche
Fattori genetici
Fattori voluttuari: alcool e caffè, si è parlato molto ma è un'associazione estremamente controversa
mentre non lo è affatto per quanto riguarda il fumo di sigaretta perché si è visto realmente sia tramite modelli
sperimentali che poi attraverso studi caso controllo in coorti di fumatori un' elevata incidenza di tumori del
pancreas , hanno un rischio dal doppio al triplo rispetto ad i non fumatori e tale incremento cresce al crescere del
numero di sigarette fumate dal paziente ed è anche documentata una riduzione del rischio per quei pz che
smettono di fumare , parrebbe che l'attribuzione di casi si carcinoma del pancreas dovuti al fumo è del 20-30%
negli uomini e del 10% nelle donne
Fattori dietetici: elevato consumo di grassi saturi
Scarsa consumazione di frutta e verdura fresca
Obesità
Sindrome metabolica
Ipertensione
Il tutto affiancato da una ridotta attività fisica che purtroppo ci attanaglia sempre di più
Quindi sorge la domanda se il diabete mellito causi o comunque concorra a causare il k pancreas o al contrario
ne sia una conseguenza, questo è un dibattito ancora molto aperto
Fattori genetici: vi è una trasmissione genica fino al 10 % dei casi ed in alcuni casi vi sono sindromi in cui tale
percentuale cresce: sindromi familiari con nevi atipici multipli (20-30 volte)
La pancreatite ereditaria fino a volte
Sindrome di Lynch
RAPPORTI ANATOMICI:
Figura 1 3
Figura 1 4
Queste slide (fig 13, 14) mostrano i rapporti del pancreas con arterie vene e fasci nervosi per far capire come
neoplasie così piccole possano risultare inoperabili anche se di 1cm
ANATOMIA PATOLOGICA: nei due terzi dei casi il tumore insorge nella testa del pancreas e per compressione
delle ultime vie biliari produce ittero e questo condiziona la possibilità di diagnosi tempestiva perché l'ittero mette
in evidenza qualcosa che poi va ad essere indagato
Laddove il tumore insorga a livello del corpo o della coda del pancreas, lo spazio è molto rilevante perché il
tumore può crescere di grandi dimensioni con invasioni di strutture vicine e con metastasi ai linfonodi di tipo
regionale e il dolore che ne consegue sarà molto vago, i tumori del corpo e della coda raggiungono dimensioni
maggiori di 5 cm prima di dare sintomatologia clinica,
Sono tumori fissi sui piani di clivaggio con tendenza all’invasione di strutture vicine (duodeno, dotti biliari, retro
peritoneo, vasi mesenterici)
Danno metastasi ai linfonodi regionali nel 70% dei casi
CITOLOGIA: nel'80% dei casi si tratta di k a cell duttali
In una piccolissima percentuale di casi (1-2%) il k è a cell acinose
SINTOMATOLOGIA: è molto aspecifica determinando ritardo diagnostico, il dolore è epigastrico, all'ipocondrio
di sinistra (soprattutto nelle forme localizzate a corpo e coda), è progressivo ed ingravescente con irradiazioni al
dorso per invasione delle strutture retroperitoneali e del plesso nervoso splancnico, il pz spesso lo descrive come
sottoscapolare a causa del coinvolgimento dei fasci vasculonervosi che può dare luogo ad una reflessopatia a
livello di una zona non dipendente da tumore. Si ha perdita di peso (>10%) conseguente ad anoressia, al
malassorbimento, all’azione di citochine che accelerano i processi catabolici.
Il sospetto di un tumore viene quando il pz mostra una facies cachettica abbastanza precocemente questo perché
il tumore produce una citochina procachetizzante che rende la qualità di vita poco valida.
Bisogna dire inoltre che questo tumore è tra i più tromboembolizzanti, questo deve spingere ad una ecografia
dell'addome soprattutto nei pz donna.
Tra i sintomi abbiamo quindi: ittero ostruttivo, splenomegalia per invasione o compressione della vena splenica,
tromboflebite migrante, diabete mellito
ESAMI DIAGNOSTICI: L'ecografia è l'esame che ci va a dare le prime informazioni ( sensibilità e specificità
intorno ad 80-90%) di qualcosa che deve essere meglio caratterizzata tramite TAC spirale ( con la ricostruzione
tridimensionale consente di descrivere con precisione >98% la presenza di interessamento vascolare, linfonodale
e l’infiltrazione degli organi vicini) e soprattutto risonanza magnetica nucleare RM che ci consente di avere una
definizione dei rapporti della neoplasia con fascio vascolare e nervoso ( può dare ottima definizione di immagine
per la diagnostica differenziale tra neoplasia e patologia benigna) .
L'ottenimento dell'istologia è spesso un problema, possiamo usare per i tumori della testa del pancreas la colangio-
pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP), l'endoscopia è una diagnostica sempre più raffinata ed
importante, l'endoscopista oggi può ottenere più facilmente una biopsia (con ago sottile) guidata,
STADIAZIONE TNM: T1: tumore minore di 2 cm
T2: tumore maggiore di 2 cm
È importante perché la sopravvivenza varia molto da un T1 ad un T2
TERAPIA CHIRURGICA: si può provare la guarigione con un atto chirurgico di resezione completa, però solo
il 15-20% dei pz risponde ai criteri di resecabilità per estensione di malattia o decadute condizioni generali, vi
sono controindicazioni assolute ad un intervento:
Il coinvolgimento dei vasi del tripode celiaco
Della vena porta
Dei vasi mesenterici superiori
Dei linfonodi paraortici
Del mesentere
TECNICA CHIRURGICA: dipende dalla localizzazione del tumore
Dal' impegno nel preservare il più possibile l'organo
E dal chirurgo
In alcuni casi il chirurgo non si pone come risolutore di patologia ma come chirurgia palliativa
SOPRAVVIVENZA: Sopravvivenza media in pz non trattati: 3 mesi
Sopravvivenza media dopo Whipple procedure: 17 mesi
80% dei carcinomi sono inoperabili alla diagnosi
RUOLO DELL'ONCOLOGO:
L’intervento dell'oncologo si situa come terapia adiuvante e neoadiuvante in fase perioperatoria
Ed in fase della terapia avanzata
Terapia perioperatoria: ne possiamo parlare solo recentemente perché la monochemioterapia con vecchi farmaci
(florouracile) determinava delle risposte obiettive nel carcinoma metastatico localmente avanzato del pancreas in
circa il 15 % dei pz con sopravvivenza mediana a meno di 6 mesi
La polichemioterapia aumentava la risposta obiettiva ma la sopravvivenza mediana non variava eppure la
polichemioterapia agiva in qualche modo, perché se noi la confrontavamo con la best supporting care
incrementava la sopravvivenza anche se di poco, si vedeva anche che nei vari studi si notava che determinava
una aumento della qualità di vita influiva sulla disfagia, peso, il dolore, la nausea, il vomito, l'anoressia
nel 96 viene messa a disposizione dell'oncologo la gemcitabina e si è fatto uno studio randomizzato tra il vecchio
florouracile e la gemcitabina e si vide che quest'ultima agiva meglio : il florouracile raggiunge in 5% di risposte
obiettive mentre la gemcitabina il 6% però sui parametri quali peso , disfagia e i parametri detti prima dava un
vantaggio molto più rilevante rispetto al florouracile, il 24% dei pazienti ha un beneficio clinico dalla
chemioterapia contro il 5% dei pazienti trattati con florouracile e quindi ci si interessa a questo farmaco per la
terapia di supporto
in questo stesso periodo viene ad essere sviluppato un nuovo criterio di valutazione della risposta: quello del
clinical benefit che viene ad essere prodotto da Andersen proprio per i tumori del pancreas, vengono ad essere
misurati due parametri quali il dolore ed uno secondario e afferma che si ottiene un clinical benefit quando si
verifica una riduzione del 50% del dolore ,riduzione del 50% del consumo di analgesici , un miglioramento del
20% del performance status ed in assenza di questi parametri primari da un incremento del 7% del peso che
significa che il pz ricomincia a mangiare o comunque non catabolizza più
Quindi il dato precedente in cui la gemcitabina dava poco in più come risposte obiettive rispetto al florouracile
ma dava un grosso incremento di clinical benefits la fa classificare per la prima volta tra i farmaci oncologici
perché permetteva questo miglioramento della vita.
Nella terapia del tumore del pancreas si utilizza quindi la gemcitabina, si è anche provato ad associarla con altri
farmaci come il florouracile o il cisplatino ma si è visto che nella realtà dei fatti come incremento di sopravvivenza
si hanno avuto risultati negativi. La novità reale si ha avuta solo recentissimamente nel 2011 nello studio Monroy
che esegue un trattamento estremamente aggressivo sui pz: li tratta con gemcitabina in un braccio e con una
triplice associazione floro-flolati oxaliplatino e irinotecan ed ottiene dei risultati sorprendenti in termini di
risposte obbiettive: il 31,6% contro il 10% della gemcitabina, sia in sopravvivenza globale che in sopravvivenza
libera da malattia il folfirinox da un incremento statisticamente significativo
questi dati però vanno letti meglio perché questo studio viene fatto in condizioni che non si ritrovano nella pratica
clinica: con pz che non sono stati mai trattati e sono pz che hanno un performance status ottimo con una bilirubina
sostanzialmente normale , mentre la maggior parte dei pz con k pancreas che giungono da noi si può vedere già
in faccia che hanno il k pancreas per il loro aspetto cachettico , hanno una condizione clinica di ricaduta , i nostri
pz hanno iperbilirubinemia e in questi casi lo portiamo dall'endoscopista che inserisce lo stent e il valore della
bilirubina scende , in questo studio i pz con stent erano veramente pochi tutti questi pz inoltre avevano una
mancata storia di cardiopatia quindi l'insegnamento è che risultati importanti con cicli di chemio aggressive si ma
soltanto in popolazioni isolate che non sono nella vita reale.
Un'altra prospettiva che oggi si è aperta è quella di usare il taxano in particelle di albumina questo perché le cell
del tumore del pancreas avrebbero una maggiore affinità per Nab-paclitaxel. Questo è uno studio reale perché
randomizzato che ha mostrato che i pz trattati con questo farmaco hanno un vantaggio in termini di risposte
obbiettive e di sopravvivenza rispetto alla gemcitabina quindi si è aperto un altro scenario che ci fa pensare alla
possibilità di trattare questi pz in fase avanzata. Dal 90 al 2000 non si ha avuto un miglioramento della chirurgia
e quindi possiamo valutare degli studi che dimostrano che la gemcitabina rispetto alla chirurgia ha un ruolo
importante nel migliorare la sopravvivenza sposta la sopravvivenza globale da 20 a 23 mesi la sopravvivenza
libera da malattia viene raddoppiato da 6 mesi a 13 ed inoltre la gemcitabina agisce ugualmente a come agirebbe
il florouracile ma è un farmaco meno tossico.
Allora la terapia neoadiuvante in un k del pancreas localmente avanzato Qua rimane tutto nel dubbio perché
possiamo pensare sia a radio che chemio sappiamo che la chemio funziona meglio della sola chirurgia e che
chemioradioterapia funzione meglio di sola chemio però sappiamo che la sola chemio non è inferiore alla chemio
e radio che essendo un trattamento combinato è più tossico e quindi le linee guida ci dicono che dove non si può
operare , la chemio radio la usiamo solo in alcuni pz mentre il trattamento di base è la chemio
FINE
GC