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  Jeremy Wakefield  Come missare una canzone pop da zero © 2004 Dreampoint Design and Engineering Ltd. - “How to mix a pop song from scratch” 1 TUTORIAL COME MISSARE UNA CANZONE POP DA ZERO “How to mix a pop song from scratch” di  JEREMY "JEZAR" WAKEFIELD [email protected]

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 Jeremy Wakefield  Come missare una canzone pop da zero

© 2004 Dreampoint Design and Engineering Ltd. - “How to mix a pop song from scratch” 1

TUTORIAL

COME MISSARE

UNA CANZONE POP

DA ZERO

“How to mix a pop song from scratch” 

di

 JEREMY "JEZAR" WAKEFIELD

[email protected]

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INTRODUZIONE 

Scrivo questo articolo perché mi sembra che qui fuori esistano moltissime persone entusiaste che hanno com- 

 prato tutti i "giocattoli" giusti, ma che ancora non han- no potuto raccogliere sufficienti informazioni utili per usarli correttamente. Sicuramente in giro si possono tro- vare un sacco di informazioni, ma io stesso, con tutte queste opinioni contrastanti, mi sento particolarmente confuso.

Il panorama e certamente molto vario e "colorato". Da una parte abbiamo gli sperimentatori pazzoidi che di- chiarano di aver trovato il Sacro Graal: "Ho messo la mia Stratocaster nella radio di mia nonna… Adesso so

 per certo che questo è l’unico modo per ottenere il vero

suono valvolare!".Dall'altra parte abbiamo i puristi: "Non uso mai l'EQ. Mai e poi mai. Prima posizionavo il microfono,ma adesso non faccio più neanche questo. Ora preferiscoevitare qualsiasi apparecchio analogico e quindi ho fattoinfilare una connessione S/PDIF nel cervello del miochitarrista: ora mi connetto direttamente a lui. Lui sem- 

 plicemente pensa gli assoli e questi passano nel mio PC con la purezza del digitale. Il suono ha anche un am- biente naturale causato dalla cavità tra le sue orecchie!" 

 Naturalmente queste sono delle buffe esagerazioni, ma certe affermazioni possono davvero mandare in confusio- ne chi semplicemente vuole sapere le basi delle tecniche che oggi vengono usate nel 99% dei dischi da classifica e che, probabilmente, non verranno cambiate più di tanto

 per molti anni a venire.

Ci sono anche altre dichiarazioni che creano confusione.La gente a volte dice: "Roger Nichols non usa l'EQ".

Date un'occhiata all'equipaggiamento di Roger Nichols sul suo sito e vi accorgerete che usa abbondantemente e- 

qualizzazione e compressione, e pure di frequente. Ep-  pure, come molti tecnici del suono, semplicemente afferma di provare a non utilizzarle, privilegiando, piuttosto,delle ottime tecniche di ripresa, quando possibile. Tuttosommato mi sembra un concetto pratico estremamente ragionevole…

(Roger Nichols è il tecnico del suono degli Steely Dan,di cui l’album “Aja” per molti anni è stato in USAtra i massimi riferimenti per qualità di registrazione e missaggio, n.d.r.)

Se state imparando questa arte, non state lontano da riverberi, EQ e compressione credendo che siano intrin- secamente "cattivi". È evidente che non sia così (perché 

allora gli studi spenderebbero migliaia di dollari equi-  paggiando i loro case con ogni tipo di processore?).

Sono tutte apparecchiature essenziali, e, in determinate situazioni, sono tutte utili.

Certamente, è possibile usarle in malo modo e rovinare tutto, ma, se siete troppo spaventati per usarle, nemmeno

 potrete mai imparare ad usarle bene quando ne avrete bisogno.

 Questo è uno dei motivi perché normalmente gli studi di registrazione assumono ragazzi molto giovani per edu- carli a diventare tecnici del suono. Le persone giovani non hanno pregiudizi, e, rispetto alle persone più matu- 

re, hanno molta meno paura di fare errori. È un equili- brio un po’ delicato, ma il motivo per cui i bambini sonostraordinari nel comprendere apparecchiature complesse come i computer è che non sono corrotti dall’insieme dei 

 propri errori commessi in passato. La paura di fare er- rori impedisce di imparare, e dovete accettare il fatto che 

 per diventare un buon ingegnere del suono dovrete com- mettere molti e molti errori.

Rimango sconcertato quando mi capita di lavorare con chi dichiara di non aver mai commesso errori, perché tut- ti ne facciamo! Perfino Roger Nichols ammette che una 

volta gli Steely Dan hanno dovuto tirare fuori altri 60.000 $ per registrare di nuovo una canzone poiché non avevano fatto la copia del master di una registra- zione digitale... Come si sa, il backup è una cosa fon- damentale e facile da fare quando si lavora con i compu- ter e con l’audio tutti i giorni…

Parliamo ora delle tecniche di base del missaggio, quelle che tutti i tecnici usano tutti i giorni.

 Qui di seguito darò alcune semplici istruzioni su come missare un disco pop. Ho usato queste tecniche con suc- 

cesso per album, singoli, spot televisivi e colonne sonore. Qui non c'è niente di straordinario, è il semplice lavorodi tutti i giorni. Se pensate che ci sia qualcosa di strano,allora prendetevela con l'intera industria discografica,non con me! Così è come procedono i tecnici del suononella musica commerciale.

 Non troverete qui descritta quale sia la "giusta" strada  per missare, perché non esiste. Quello che segue è invece la descrizione di come molti (o la maggior parte?) proce- dono, e ovviamente questa non è la garanzia assoluta di 

ottimi risultati, ma può aiutare ad evitare alcuni pro- blemi. Se seguite con giudizio queste procedure, portan- dole a un buon livello, niente impedirà che otteniate dei 

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super risultati. Molte hit sono state prodotte in camera da letto o in cantina, e non vi servono milioni di dollari 

 per fare questo, solo un po' di conoscenza, senso comune e un bel paio di orecchie.

Spero che troviate questo scritto interessante ed esaurien- te.

PASSO 0LA PARTENZA 

Questo intervento parte dal presupposto cheintendiate spendere seriamente del tempo nel

 vostro mix, parecchie ore, con l'intenzione diottenere un risultato professionale con criterio,più che per caso.

Presuppongo che possediate una registrazionemultitraccia, e che questa registrazione conten-ga circa 8 tracce di batteria, una o più di basso,alcune tastiere e/o chitarre o altri strumenti,una voce solista, magari alcuni cori, forse qual-che traccia di percussioni, e magari anche alcunieffetti speciali che suonano bene e al momentogiusto.

Ovviamente considero che abbiate un buon si-stema di missaggio, come Logic, Sonar o Cuba-se SX. Sono tutti straordinari se paragonati alsetup che usavo una volta ai Solid Bond Studiosin Marble Arch a Londra, che costava, non stoscherzando, un milione di dollari. Niente malecome prospettiva, no?

In alternativa potreste avere a disposizione untradizionale mixer multicanale collegato a unregistratore multitraccia, con un ragionevole set

di outboard quali riverberi, compressori, equa-lizzatori, de-esser e simili. Non avrete bisognodi tutto questo, ma sicuramente qualcosa vi ser-

 virà.

PASSO 1PRENDERE CONFIDENZA 

Inserite un riverbero corto in una mandata ausi-liaria (aux send) ed un riverbero lungo in un'al-tra mandata.

Riproducete la canzone. Magari mettetela inloop, in modo da non dover riavvolgere e pre-mere Play a ogni ascolto.

 Adesso allineate tutti i fader all'incirca in unaposizione intermedia. Esattamente! Ogni fader!

Non cominciate ancora a missare, ma sempli-cemente tirate su tutto. Se il master stereo ètroppo alto, abbassate un po’ tutti i fader. Nonpreoccupatevi di usare gli aux send, ol’equalizzazione, o qualcos’altro. Assicuratevisolo di aver tirato su tutto.

Se da qualche parte sentite un suono che asso-miglia a quello di un oscillatore, allora proba-bilmente avete trovato la traccia del "timeco-de"...

Normalmente si trova sulla traccia 23 o 24 ocomunque in una traccia esterna, nel mixer.Ovunque essa sia, mettetela in mute. Normal-mente non è una traccia destinata all'ascolto(anche se le tracce del timecode sono state stra-namente usate, come effetto, in qualche remix).Se la traccia timecode viene inviata aun’apparecchiatura esterna come una drum ma-chine o un altro registratore multitraccia, assicu-ratevi di averla mutata in modo da non creareproblemi.

 Adesso, mentre la canzone sta suonando, co-minciate a tirar su i fader degli elementi che nonriuscite a sentire, mentre abbassate quelli dellecose troppo alte di volume. Per ora usate i panin maniera abbastanza casuale, spostando dalcentro alcuni elementi per ottenere più spazio.Per ora tenete cassa, rullante, basso e voce per-fettamente al centro.

Non toccate ancora l’equalizzazione o lemandate effetti!

 Ascoltate la canzone un po' di volte. Cercate dicapire quale sia ogni parte e segnatela. Se usateun PC o un mixer digitale il software normal-

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mente vi permette di farlo. Se usate un mixeranalogico, annotate tutto su carta, o, meglio an-cora, scrivete sotto gli stessi fader, facendo inmodo di non rovinare il banco. Se il banco èfatto di metallo o di plastica allora potete scri-

 vere anche sulla superficie stessa del mixer u-sando una matita speciale (che può essere poicancellata); non usate pennarelli indelebili! Se ilbanco ha una fascia in pelle, o non siete sicuridi quanto “permanente” o meno sia il pennarel-lo, allora attaccate una striscia di nastro biancolungo la console e usate quella. Alcuni preferi-scono usare sempre il nastro di carta, in mododa poterlo tenere in studio anche a sessione fi-nita e da poterlo riattaccare sul banco in caso dinecessità. In ogni caso assicuratevi sempre di

non rovinare il banco scrivendoci sopra.Una volta fatto questo, fatevi un rudimentaleschema mentale di come sono disposti i fader,o memorizzateli nel software. Non state ancoracreando un mix, ma solo familiarizzando con ilcontenuto di ogni traccia. In un sequencer tipoCubase Sx, siete parecchio aiutati dal fatto chepotete fisicamente vedere se c'è del contenutosonoro in un qualsiasi punto di ogni tracciasemplicemente guardando la timeline.

In un sistema di registrazione tradizionale pote-te solo ascoltare. Se una traccia sembra vuota,lasciatela accesa a un volume abbastanza alto (emagari spostala col pan completamente da unaparte), in modo da accorgervi subito se im-provvisamente da essa viene fuori qualcosa.

 A volte può succedere, specialmente in caso diun numero limitato di tracce, che una tracciacontenga differenti strumenti in punti diversidella canzone.

Dovreste essere sorpresi dal fatto che non sieteancora pronti per missare, quindi non metteteancora mano a EQ o mandate!

 Anche quando conoscerete a fondo il contenu-to di ogni traccia in ogni punto della canzone,non sarete ancora pronti al mix.

Dovete fare ancora alcune cose, e questa è laparte divertente! E ci vuole del tempo!

 Ascoltate attentamente come ogni elementodella registrazione contribuisce alla canzone.

Ci sono degli strumenti che per avere significa-to devono sicuramente lavorare assieme?

Cosa intendo con questo? Intendo dire che po-treste trovare una parte di percussioni, diciamoun tamburello. Quando ascoltate le tracce dellepercussioni potreste trovare un'altra parte, di-ciamo una cabasa, che “dialoga” con il tambu-

rello. Queste cose di solito lavorano bene instereo, per esempio il tamburello a sinistra e lacabasa dall'altra parte. Controllate quale posi-zionamento stereo e quale livello funziona me-glio per questo tipo di elementi.

 Anche altre parti normalmente "conversano"tra loro. Le parti di chitarra, ad esempio. Prova-te a fare la stessa cosa, con una parte tutta a de-stra ed una tutta a sinistra. Forse suona troppo"dozzinale" così? Provate dei posizionamentipiù accurati. State affinando la conoscenza dellacanzone e dell'arrangiamento in maniera da ca-pire sempre meglio le intenzioni degli artisti edel produttore che hanno messo insieme gli ar-rangiamenti. Non abbiate paura di muoveretroppo i fader, NON state ancora missando.

È estremamente importante che ascoltiatela canzone da diversi punti di vista, come sefoste il chitarrista o il batterista.

Spesso è importante mutare tutto a eccezionedelle chitarre o della batteria, per esempio, inmodo da capire le loro sottili relazioni. Inoltreprendete nota degli strumenti che "cozzano" traloro. A volte durante le registrazioni, a causa diun ascolto provvisorio, non sempre si capisceche alcune parti non funzionano bene assieme.

 Visto che dovete missare la canzone, teneteconto di queste cose.

 Assicuratevi di leggere ogni nota che accompa-gna la canzone. Io uso carta e penna ma moltagente usa il Blocco Note del PC per memoriz-

zare le informazioni. Assicuratevi di aver lettoogni nota presa in fase di registrazione. Potreb-be essere imbarazzante spendere un sacco ditempo per tirare fuori il suono da una traccia epoi scoprire che ti avevano lasciato un appuntocon scritto "La traccia 14 non è da usare, deveessere cancellata!". Inoltre tenete a mente che inparecchi casi non è necessario usare tutte le par-ti registrate. In fondo la band sta anche cercan-do (forse) un briciolo della vostra creatività.

Certe volte, se “ingrossate” un elemento della

canzone, altre parti potrebbero non essere piùnecessarie.

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Un'altra cosa da considerare sono le vecchie"parti", semplicemente “dimenticate” nella regi-strazione, e che non devono essere usate. Sesentite qualcosa di particolarmente strano e ave-te un dubbio, telefonate all’artista o al produtto-

re e chiedete se la traccia in questione è effetti- vamente da usare. Molto spesso non va usata! A volte (specialmente quando alla registrazionehanno partecipato diversi produttori) la genteha paura di cancellare le tracce da una prece-dente versione e magari le lascia "giusto in casoche...". Hugh Padgham (il leggendario produt-tore inglese) una volta ha missato una canzonedegli "The Human League" che era divisa tra 6nastri a 24 tracce, per un totale di 144 tracce (!),semplicemente perché tutti i produttori che in

precedenza ci avevano lavorato sopra eranotroppo spaventati per cancellare il lavoro dei lo-ro predecessori. Ovviamente, il suo primo lavo-ro è stato spendere molte ore per “snellire” leregistrazioni e ridurre il tutto a un multitraccia a24 tracce, decisamente più gestibile. Questo ge-nere di mentalità è scorretta nei confronti del-l'ultimo produttore/tecnico di missaggio, madovete aspettarvi che esista, e allo stesso modoaspettarvi che non necessariamente ogni cosadovrà essere usata nel mix. Per compiere queste

decisioni è opportuno spendere molto tempo efamiliarizzare con il contenuto della registrazio-ne.

Un mixer con fader veri (quelli che muovetecon le dita, non con il mouse) accelera decisa-mente queste procedure. Con un colpetto pote-te spostare rapidamente i fader ovunque e “sen-tire veramente” la canzone tra le mani. Se statemissando nel computer, potreste pensare di ac-quistare uno di quei controller MIDI dotato difader o potenziometri, in modo da muovere ilivelli su e giù con maggior velocità.

Ci sono anche altri controller che ti possonoaiutare. Il mio campionatore Yamaha sul fron-tale ha quattro potenziometri che possono esse-re configurati per funzionare come controllerMIDI e possono essere molto utili, così comeaggeggi strani tipo il Line 6 POD possono esse-re usati come un versatile controller MIDI nelmissaggio, oltre che essere uno strumento perchitarristi.

Se, in un sistema basato sul MIDI, pensate chealcune automazioni stiano soverchiando i mo-

 vimenti del controller esterno, verificate se il

software consente di escluderle. In alternativapotete configurare il controller in modo da usa-re il controllo Expression anziché Volume (poi-ché nessuno automatizza l' "espressione").Questo vi permetterà di controllare i volumi

mantenendo intatti i precedenti dati di automa-zione.

Ugualmente, nel missaggio, se i livelli sono au-tomatizzati, potete ancora regolare i “trim” deisingoli canali, mantenendo i movimenti auto-matizzati dei fader.

 A questo punto dovreste avere una buona ideagenerale di come la canzone è stata pensata peressere “messa insieme” e probabilmente avetepreso qualche appunto, su carta o nella vostra

testa, sulle cose che pensate di fare quando mis-serete davvero. Se ancora non avete uno strac-cio di idea, beh, onestamente credo sia oppor-tuno che ascoltiate ancora un po’ la canzone,perché ancora non avete capito abbastanza perpotere agire facendo tutti i piccoli ritocchi chein realtà costituiscono il vero missaggio.

 Alcune volte ho interrotto il missaggio proprioa questo punto, per dire all’artista: "Guarda,non riesco a capire come mettere insieme gli e-lementi della canzone. Puoi sederti con me eaiutarmi a capire come intendevi fare, visto cheda solo non riesco a capirlo?". Di solito la genteprende al volo questa opportunità, ed è felice diaiutarti.

Siate sicuri, inoltre, di aver ascoltato, e ca- pito, le parole della canzone e di aver com- preso il suo senso emotivo e sonoro.

Una volta che si ha in testa una “mappa” dellacanzone, e “conoscete il territorio”, sarete quasipronti a missare davvero il brano.

E come farete?

Passerò subito alle linee guida, ma, per essereonesti, dopo che avrete fatto quanto descriveròper un po’ di volte, semplicemente “saprete”quello che c’è da fare, e, salvo qualche stranoimprevisto, semplicemente inserirete il pilotaautomatico per periodi di una trentina di minu-ti, quindi vi siederete ad ascoltare cosa avete fat-to, con obiettività, e ripeterete queste procedurea oltranza finché il mix sarà finito.

Spesso può essere utile, a mix concluso, quandotutto è a posto e sono andati tutti a casa, esami-

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nare più da vicino che cosa avete fatto davvero,perché la maggior parte delle volte proprio nonlo si sa, avendo usato esclusivamente le proprieorecchie. È utile fare questo piccolo studio allafine del missaggio, in modo da poter usare que-

ste impostazioni in futuro, nel caso in cui perqualche ragione le vostre orecchie non funzio-nino bene. In questi casi queste impostazioni viserviranno da "paracadute".

Questo non vi piace? Vi sembra di “missarecon i numeri"? Certo, non è proprio un bene,ma a volte non c’è alternativa.

Capita spesso di aver prenotato una sessione dilavoro in un grande studio e tu ti svegli la mat-tina con un maledetto raffreddore e non riesci a

sentire un cavolo. Certo, la cosa migliore sareb-be chiamare un altro tecnico, ma non semprequesto è possibile. Non puoi cancellare la ses-sione (vengono buttate via vagonate di soldi perpagare tutti i musicisti e le sessioni), così avetebisogno di fare l'intera sessione di lavoro con ilpilota automatico inserito, usando impostazioniche vi ricordate possano funzionare e sperandoche nessuno si accorga se state male. Potrestesentirvi sia soddisfatti sia depressi, una voltaterminata una buona sessione pur avendo lavo-

rato praticamente sordi. Il mio vecchio capo midiceva sempre: "Jez, finché avrai due gambe…ti voglio qui ogni mattina senza alcuna eccezio-ne !".

In ogni modo... sto uscendo dal discorso...

PASSO 2CALIBRARE LE ORECCHIE CON UN“ROUGH MIX”

Dopo tutto questo ascoltare e familiarizzarecon la canzone, dovreste cominciare ad avereun’idea di dove mettere i fader per ottenere undiscreto mix provvisorio (rough mix).

Sistemate quindi i fader in modo che tutto suo-ni “circa” bene e spostate il pan degli strumentiin posizioni non definitive, ma accettabili (li si-stemeremo poi con precisione).

 Aggiungete quindi a ogni suono varie quantità

di riverbero, corto o lungo, ove appropriato.Un riverbero corto nel mix porta un suono “in-dietro”. Un riverbero lungo fa “galleggiare” un

suono. Non perdete troppo tempo con questisettaggi.

Ora è giunto il momento di farsi una tazza dicaffè e di riposarsi per qualche minuto (sempreche vi vada, o magari preferite un the?)

Ora tirate fuori la vostra collezione di CD e a-scoltate qualcuno dei vostri dischi preferiti,quelli che pensate suonino meglio. Ascoltatequalcosa che possa suonare simile a quello chepensate di ottenere, ma anche qualcosa di deci-samente diverso. È meglio non fare questa ope-razione se qualcuno della band fosse presente.

 Tendenzialmente tendono ad offendersi… di-rebbero: "Perché ci paragoni a quel gruppo schi-foso?”

 Anche se diceste che state solamente "tarandole orecchie", sarebbero comunque preoccupatie penserebbero o che siate alla ricerca di unsound analogo all’altro gruppo, o, semplicemen-te, che siete impazziti.

Nulla di più falso. State semplicemente usandoaltri dischi per "piantare i paletti", cioè per po-ter dire: "Ok, ecco dove siamo, sulla cartina".Oppure: "Ecco come siamo messi rispetto aglialtri". Questo non significa che state cercando

di copiare i dischi che state ascoltando. Al con-trario, dovreste provare a tenervi molto lontani!

State solo tarando le orecchie e vi state renden-do conto di come suonano le casse in quel de-terminato studio, nel vostro particolare statomentale, nel vostro attuale stato di salute.

Sono veramente serio su questo, davvero! Ilmodo con cui percepite il suono dipende moltodalle vostre condizioni mentali e fisiche. Qual-che volta, anche se le orecchie sembrano a po-

sto, il cervello sembra non riuscire a unire isuoni, o a separarli bene come in altre occasio-ni. Dovete prestare attenzione al vostro ascoltodi oggi, soggettivo, e l’ascoltare dischi ben co-nosciuti vi aiuta a capire dove siete. Non devo-no per forza essere dischi di altri, i vostri prece-denti mix possono benissimo servire allo scopo.

Una volta tarate le orecchie, spegnete il CD eascoltate ancora una volta le tracce che state permissare.

 Alla fine dell'ascolto potresti sentirvi o davveroeccitati o estremamente depressi…

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 Vi sentirete eccitati se verrà fuori la “potenziali-tà” del mix. Vi sentirete depressi se la canzonesuonerà in maniera penosa e capirete che c’è unSACCO di lavoro da fare per portarla a un li-

 vello di qualità accettabile…

PASSO 3INIZIARE IL VERO MIX

Ora cominciamo la vera procedura di missag-gio. Alcuni saranno entusiasticamente saltatidritti qui, ritenendo che questo sia il vero puntodi partenza. Se è così, probabilmente si trove-ranno in grossi guai....

Perché? ecco alcuni motivi (e ce ne sono altri).a) Se saltate direttamente qui senza fare alcuna

familiarizzazione con il brano, potreste met-terci un paio d’ore per ottenere il suono dibatteria più potente del mondo, per poi ac-corgervi che, aggiungendo gli altri strumen-ti, il genere della canzone potrebbe essere,per esempio, una ballata "soft", anziché"hard". Quindi, anche se riuscite a tirarefuori il miglior suono da ogni altro elemen-to, il risultato sarà semplicemente sbagliato.

b) Allo stesso modo, potete missare quasi tut-to il pezzo, ma, una volta aggiunta la voce eascoltato il testo, scoprite di aver trattato lacanzone in modo completamente sbagliatorispetto allo spirito del cantato.

c) Ancora peggio, potete arrivare all'80 o 90%del mix già perfettamente rifinito, con pochistrumenti rimasti da fare (magari solo la vo-ce) e accorgervi che non c’è alcun modo peradattare il resto degli strumenti con il sound

di quanto creato finora. È davvero moltodoloroso e scomodo: dovete decidere se"forzare" gli elementi restanti, stirandoli inogni modo per farli entrare nel mix (e sen-tendovi in colpa per sempre), oppure butta-re via le ultime ore di lavoro e ricominciareda capo.

Nel caso foste sorpresi di questo, in passato hocommesso tutti e tre gli errori, con risultati di-sastrosi…

 A questo punto conoscete la canzone, sapete inche direzione deve andare, ma come fate a por-tarcela? È relativamente semplice da spiegare.

Semplicemente si lavora a modo proprio su o-gni strumento del mix, rifinendo continuamentee con cura il suo suono, verificandolo nel con-testo del mix. Normalmente, dovreste tornaresu ogni strumento almeno due o tre volte (e

spesso anche di più), mentre il mix prende for-ma.

Una volta terminato, ogni cosa dovrebbe suo-nare come parte dello "stesso" brano. È più dif-ficile a farsi che a dirsi, purtroppo. Di solito cisono sempre almeno un paio di cose che nonriescono a “stare” col resto del mix.

Che ordine seguire?

Decidere spetta a voi, ma dal momento chebasso e batteria sono di solito la struttura por-

tante di ogni canzone, con la voce messa sopraogni altro elemento, ha senso costruire il mix intermini di "strati musicali" della canzone.Quando si lavora su ogni suono, si tende ad a-scoltarlo isolato, e “confermare” quindi le mo-difiche ascoltando quella traccia nel contestodel mix svolto finora. L'ordine è pressappocoquesto:

1. Batteria2. Basso3. Accompagnamento principale (tastiere

o chitarre ritmiche)4. Altre parti lead (chitarre o altre tastiere)5. Parti incidentali (sezione fiati - effetti)6. Percussioni7. Voce8. Cori

Come ho detto, potreste per un po’ girare in-torno a questo ordine, ma poi dovrete:

a) programmare ogni "mute" delle suddettetracce

b) comprimere eventualmente tutto il mix(…attenti, però!)

c) regolare finemente ogni livello

d) missare tutto in stereo

e) andare a dormire lasciando tutto così comeè

f) controllare tutto la mattina successiva.

 A volte potreste volere equalizzare l’intero mix,

ma dovete fare molta attenzione nel farlo men-tre missate.

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Non è una buona idea. Potete sempre equaliz-zare il mix un altro giorno, una volta che l’avete“digerito” da un po’. Se lo rovinate, avete sem-pre l’originale.

Se sbagliate l’equalizzazione sul mix stereomentre fate il missaggio potrebbe essere diffici-le aggiustarla in seguito. Questo tipo di cose èmeglio lasciarle ad uno studio di mastering, manon c’è niente di male ad aggiungere una legge-ra compressione (state davvero attenti) mentrefate passare il mix. Una leggera compressionemodifica leggermente il bilanciamento del mix,così molti preferiscono farlo appena prima degliultimi aggiustamenti, "chirurgici", dei fader.

 Adesso vediamo in dettaglio l'intero processo.

LA BATTERIA 

 Alcuni importanti concetti da tenere in mentementre lavorate sui suoni di batteria.

Il suono della batteria deve seguire la natu-ra del pezzo

Il suono dovrebbe essere omogeneo e suonarecome un unico kit di batteria. In particolare cas-sa e rullante dovrebbero suonare insieme comeuna coppia davvero affiatata.

In una traccia pop, gli elementi della batteriadovrebbero suonare solidi e robusti e avere un

 vero impatto.

Il timing della batteria può anche essere "sciol-to", ma mai zoppicante, e il suono stesso in-fluenzerà (davvero!) la percezione del timing.

La batteria deve suonare potente in modo dafarvi avvertire il ritmo, ma senza coprire il restodel pezzo.

La batteria dovrebbe avere una dinamica duran-te tutto il pezzo, ma non risultare monotona.Questo potete ottenerlo con leggeri movimentidei fader.

Consigli per l'immagine stereo della batte-

riaIl posizionamento stereo della batteria può es-sere impostato sia dal punto di vista del batteri-

sta, sia da quello di chi ascolta. Farlo dal puntodi vista del batterista (cioè con un’ampia imma-gine stereo), può risultare oggi artefatto e unpo’ retrò.

Cassa e rullante devono stare al centro, a me-no che non abbiate a che fare con un brano jazzsuonato con le spazzole, mentre di solito gli hi-hat sono spostati a destra o sinistra con un pana circa il 50%.

I due tom alti sono posizionati egualmente ailati opposti del panorama stereo, mentre il floortom è molto più da una parte.

Le rullate e i fill di tom troppo spaziati nel pa-norama stereo possono distrarre l'ascolto.

È utile avere almeno due tipi di piatti, in diverseposizioni stereo.

I piatti, come del resto i tom, non devono maiessere troppo "aperti" nel panorama stereo: èsufficiente collocarli al 50-75% fuori dal centro.

Se avete a disposizione anche delle tracce di ri-presa dell'ambiente, assicuratevi che non scom-paiano quando ascoltate il mix in mono. Se ècosì, riducete la loro apertura stereo.

Sia sulla cassa, sia sul rullante, a volte funziona meglioche uno dei due riverberi sia mono (dà un interessante effetto di alternanza "aperto-chiuso" nell’ immagine ste- reo). Ascoltate diversi brani pop e rendetevi conto di co- me altri usino spesso questo trucco.

Se volete usare i gate sui tom o sui piatti, assicu-ratevi che il loro effetto “aperto-chiuso” noncomprometta l'immagine stereo.

 A seconda di come è stata registrata, una tracciadi piatti stereo spesso deve anche funzionarecome una traccia di “ambiente” stereo. In que-sto caso, regolate l'equalizzazione dei bassi percontrollare il bilanciamento tra "ambiente" epiatti.

Consigli per il suono della batteria

Le grancasse, specialmente quelle vere, sonospesso problematiche e non hanno un sufficien-te impatto. La prima cosa da provare è usarel’EQ per tagliare un po' delle frequenze bassis-

sime e alzare il livello. Questo consente alla cas-sa di "respirare" meglio. Quindi cercate di au-mentare le frequenze intorno ai 3 - 4 Khz. Una

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campanatura (Q) abbastanza stretta dovrebbefunzionare meglio.

Se la cassa è inconsistente, applicate un com-pressore per livellare il suono, ma cercate di u-sare una compressione estrema con un attaccolento. Questo può dare una bella "botta" alsuono della cassa. Se è così, controllate il livellomaster, e preparatevi ad aggiungere un limitersu tutto il mix, se poi si rivelerà necessario.

Questo tipo di compressione sulla cassaspesso lavora meglio prima dell'equalizza-tore (cosa insolita per la compressione).

Se usate un cassa campionata o una batteria e-lettronica (o comunque non suonata realmenteda un batterista) aggiungere un po' di riverberomolto corto serve a dare "aria" alla cassa senzacomprometterne la potenza.

In una canzone pop, la cassa dovrebbe solita-mente colpirti fisicamente in un punto collocatocirca tra i piedi ed il petto, a seconda dello stiledella musica. Nel drum’n’bass la cassa ti colpi-sce tra l'inguine ed i piedi, mentre nei brani rock è più nell'area stomaco - petto.

Un altro trucco per la cassa che vale la penaprovare, è quello di applicare un delay corto al

suono della cassa, e intendo davvero corto, cioènon 20-30 ms, bensì 5, 4, 3, 2, 1 ms. Questoproduce sulla cassa un effetto di filtro a petti-ne ( comb filter  ) che elimina alcune delle frequen-ze basse, aumentando le alte. Provate ad appli-care anche un leggerissimo feedback (sia nega-tivo che positivo, se il vostro delay lo consente).Per essere chiari: qui non stiamo parlando di uneffetto di delay tradizionale. Stiamo usando ildelay come una sorta di “strano equalizzatore”sul suono della cassa. Questa tecnica è abba-

stanza imprevedibile e dipende dal suono origi-nario. Certe volte comunque provatela, per ve-dere cosa tirate fuori.

I rullanti sono famosi per dare dei problemi.La maggior parte dei consigli che ho dato per lacassa valgono anche per il rullante, anche secon il rullante spesso vi troverete, con l’EQ, adaggiungere le basse, piuttosto che sottrarle. Ag-giungere le basse e le alte al rullante porta a unsuono più “aggressivo” rispetto al metodo teo-

ricamente corretto di “togliere le medie”. To-gliere le medie a un rullante tende a suonaretroppo morbido e troppo ristretto. Il rullante

spesso necessita di un misto tra una buonaquantità di riverbero corto e una media quantitàdi riverbero lungo. Nei brani pop il rullante do-

 vrebbe suonare come se colpisse in faccia, perscendere fino al petto. In un brano drum 'n'

bass il rullante dovrebbe essere “fisicamente”più alto e tridimensionale rispetto a quello di unbrano rock.

I tom hanno bisogno di una alleggerita sullebasse frequenze, per dar loro più aria ed impat-to derivante dalle alte. Se avete a che fare con laregistrazione di un kit di batteria vero, cercatedi evitare di enfatizzare troppo le alte frequenzedei tom, visto che questo potrebbe rovinare fa-cilmente la resa degli hi-hat e dei piatti. Tagliarele basse frequenze è l’approccio migliore, unitoa una leggera esaltazione delle medio-alte. Il ri-

 verbero dei tom tende ad essere simile a quellodel rullante, ma con più enfasi sul riverberolungo.

Gli hi-hat e i piatti, a differenza dei tamburi, disolito preferiscono la tecnica di equalizzazione"sottrattiva", anziché quella additiva. In altreparole, per ottenere un suono brillante di piatti,non aumentate le frequenze alte. Viceversa, ta-gliate un po' le basse e togliete pesantemente le

medie. Aggiungere le alte frequenze, anche neibrani rock più "forti", spesso rende i piattitroppo aggressivi, troppo piccoli, esagera le di-namiche dei piatti e spesso sembra introdurreuna distorsione poco musicale che disturba tut-to il resto del mix. Se i piatti invece suonanotroppo “corti”, potete usare un riverbero lungoper allungarli, sebbene questo non funzioni neikit di batteria veri, poiché toglierebbe presenzaal resto del kit, dati i rientri.

Il soundcheck della batteria

Capirete bene quando la batteria suonerà bene,o almeno sarà vicino al farlo. Dovrebbe esserepossibile ascoltare solo la batteria dall'inizio fi-no alla fine, e tutta la performance dovrebbesuonare compatta, dal suono eccellente ed emo-tivamente potente, anche in un brano lento.

 Tutti i tamburi dovrebbero suonare come se la- vorassero in un’unica performance, mentre ognielemento dovrebbe risultare così dettagliato da

poterlo distinguere dal resto del mix ed essereben definito nella propria posizione stereo. O-gni tamburo e piatto dovrebbe essere definito

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in maniera molto precisa nel suo dettaglio e po-sizionamento. Questo non significa che sia, intermini di frequenze, eccessivamente “chiaro”.

Quello che dovete cercare di evitare è lo sparge-re la batteria entro una palude stereo male defi-nita. Questo capita spesso con le batterie vere, acausa dei rientri tra i microfoni, ma con una e-sperta equalizzazione degli stessi, è possibile ot-tenere un suono dettagliato e molto controllatosenza compromettere l'integrità sonoredell’intero kit. La sfida con le drum machine e icampioni di batteria è quella di ottenere il suo-no del kit come se fosse “coeso”, in cui ognielemento è stato scelto per suonare bene insie-me agli altri.

I costruttori di batterie impiegano anni per im-parare l'arte di far suonare bene i loro kit insie-me. Per questo motivo ricordate che è necessa-ria un bel po’ di bravura e pratica per creare unsuono "integrato" da un mucchio di semplicicampioni.

IL BASSO

In un brano pop la parte di basso e quella dellabatteria dovrebbero funzionare così bene in-sieme in modo da sembrare essere suonate con-temporaneamente da un’unica persona. In par-ticolare, il basso e la cassa dovrebbero essere“agganciati” insieme, formando il “peso” delpezzo.

Bassisti scarsi, che eseguono linee melodicheesageratamente spinte, spesso perdono sincro-nismo con la cassa, con il risultato di una perdi-ta di impatto.

Consigli per il basso stereo

Nella maggior parte delle canzoni pop, il bassofunziona meglio in mono e ben fisso al cen-tro. Un po' di riverbero corto può aiutare, mapotrebbe confondere l'immagine stereo del bas-so rendendola complessivamente instabile,quando invece è assolutamente necessario chesia davvero ben agganciata alla cassa.

Nelle ballate rock, il chorus stereo può dare adun basso un suono meravigliosamente ampio ecangiante, in cui l’immagine stereo imprecisa si

presta bene alla natura sognante di una canzoned’amore, e può trasformare il suono di un bassopizzicato in un fretless.

 Troppo stereo nel basso può rendere il mix dif-ficile da stampare su vinile (importante per ibrani club ad alto volume), mettendo in seriopericolo le costose testine di taglio. I tecnici dimastering usavano un filtro ellittico per ridurreeffettivamente in mono le basse frequenze eprevenire tali danni, in modo da lasciare co-munque spazio alle armoniche superiori, perdare l'idea di un basso "esteso". Sebbene sia ve-ro che le testine di taglio moderne non soffronodegli stessi problemi, rimane sempre il caso cheun basso eccessivamente stereo può causare sal-ti di testina durante la riproduzione, in partico-lare nei 12", caratterizzati dagli alti volumi.

 Troppe frequenze basse, a volume troppo alto,possono mangiarsi tutta la dinamica residua delmix, limitando pesantemente il volume finalerisultante dal mastering. Questo può andare be-ne in alcuni tipi di brani, tipo drum’n’bass oreggae, ma in una canzone pop può letteral-mente indebolire tutto il resto del mix, inclusala voce solista, e inoltre rendere difficoltosa lacompressione dell’intero mix, richiedendo l'im-

piego di sofisticati compressori multibanda (oquanto meno di una equalizzazione in side-chain) allo scopo di evitare "gli effetti di modu-lazione", cioè il “pompare” di tutto il mix in ba-se a un basso troppo sbilanciato.

Consigli per il suono del basso

Come per la cassa, la maggior parte delle partidi basso può essere migliorata tagliando le fre-

quenze basse e non aumentandole come si po-trebbe credere. Nel contesto generale del mixun aumento delle armoniche superiori causatoda un taglio alle basse frequenze può far suona-re il basso più potente, e non meno potentecome ci si potrebbe aspettare.

I bassi (veri e sintetizzati) sono spesso abba-stanza rumorosi. Di solito potete tagliare unabella fetta di alte frequenze per eliminare il fru-scio senza influenzare troppo il suono.

 Alcune canzoni hanno due parti di basso: bassosynth e basso elettrico. Fate attenzione, perchéfarli lavorare bene insieme può essere abbastan-

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za complicato. Probabilmente uno dei due do- vrà riservarsi più basse frequenze rispetto all'al-tro. È difficile generalizzare su questa situazio-ne, perché sarebbe un po’ ambizioso. Si può di-re che non è mai facile fare in modo che fun-

zionino bene insieme e potrebbero essere ne-cessari molti tentativi.

Molto spesso il basso elettrico ha bisogno di unpo’ di compressione per mantenere l'energiaugualmente sostenuta per tutta la durata delbrano, altrimenti alcune imperfezioni nell'ese-cuzione, anche leggere, sembreranno lasciaredei “buchi” nella traccia. Spesso dovrete ricor-rere all’automazione per “livellare” queste im-perfezioni.

Come la cassa, spesso le parti di basso possonoavere più "punch" (impatto) con l'aggiunta diun po' di sostanziosa compressione, con un at-tacco lento e un rilascio veloce.

Se comprimete il basso, non impostate un rila-scio troppo veloce o verrà fuori una cosa stranae traballante, dal momento che il compressorecercherà di seguire la forma d'onda del bassostesso, anziché l'ampiezza generale dello stru-mento.

Se la traccia di basso è troppo slegata rispetto alla cassa,c'è un trucco bizzarro che si usa spesso. Provate a 

 far passare il segnale del basso attraverso un noise-gate comandato, nella sua chiusura e apertura, dal segnale della cassa inserito nel suo sidechain, in modo che la cassa "pompi" il basso. Potete regolare l'intensità del "pompaggio" con più o meno "gain reduction" sul noise- 

 gate. Se questo controllo non fosse presente, semplicemen- te missate la parte di basso in uscita noise-gate con quel- la originale. Questo trucco non funziona sempre nei si- stemi digitali, in cui talvolta la compressione sembra ag- 

 giungere un ritardo e causare problemi di fase. Sembra un espediente abbastanza grezzo ed estremo, ma ha già salvato più di un mix, ed è un trucco abbastanza diffu- so.

Il soundcheck del basso

Il suono del basso è giusto quando viene perce-pito forte e solido e sembra sottolineare il restodel mix. Dovrebbe esaltare la batteria ed allo

stesso tempo aggiungere un sostanzioso appor-to al mix. Dovrebbe suonare distinto dalla cas-sa, ma non al punto di sembrare due suoni sle-

gati. Come per la cassa, è più importante la“sensazione” del basso più che il suo suono pu-ro e semplice. Per questo motivo, non otterretemai un buon suono di basso con le cuffie (senon per caso...), visto che il basso deve essere

sentito dal petto fino giù alle ginocchia, e a vol-te anche ai piedi!

Dopo aver lavorato con cassa e basso, questidevono suonare come una "cosa unica".

Riepilogo

Esaminate le basi per iniziare un mix “serio”(per capirci, un mix che durerà qualche ora),abbiamo insistito sull'importanza di familiariz-zare adeguatamente con la canzone ancor primadel solo pensare di iniziarne il missaggio, analiz-zando le linee guida per come trattare le parti dibatteria e basso in modo da farle suonare inmodo corretto. Non c’è dubbio che a questopunto sarete impazienti di passare al resto delmix. Prima di farlo, voglio però affrontare bre-

 vemente un argomento importante che attieneparticolarmente alle batterie "live". Questo ar-gomento è il noise-gate .

 Anche se è vero che potete applicare un gate

alle parti di batteria più avanti, nel mix, questaoperazione di fatto "sbilancerà" il lavoro fattofino qui. Quindi, se avete intenzione di usareil gate, è meglio che lo facciate all'inizio.

PASSO 4IL NOISE-GATE

Un “noise-gate”, come molti di voi già sapran-

no, è un dispositivo che lascia passare il suonoattraverso di sé soltanto se questo suono ha unlivello più alto di una certa soglia. In un certosenso è un po’ come un cavo audio difettoso,che funziona a scatti, salvo che:

- potete regolare con precisione il taglio delsuono;

- non fa crepitìi quando finisce di tagliare (ilsuono sfuma gradualmente in base a un va-lore predeterminato).

I gate vengono usati per tagliare i suoni di fon-do indesiderati, quando uno strumento non sta

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suonando. Naturalmente, quando lo strumentosuona normalmente, insieme ad esso sentirete ilsuono in sottofondo, che entra con lo strumen-to stesso. Di solito questo non è un problema,poiché l’esecuzione dello strumento normal-

mente maschera il rumore di fondo. Potresteutilizzare un gate, per esempio, per tagliare viatutto il ronzio dell’amplificatore e il fruscio trale parti di un assolo di chitarra, certamentesgradevoli da ascoltare per tutta la canzonequando la chitarra non sta suonando.

Ovviamente esiste una certa perdita di qualitàquando il suono passa attraverso un noise-gateanalogico, ma di solito questa non è significati-

 va e non dovrebbe preoccuparvi. Inoltre, se giàstate impiegando un compressore su un certosuono, allora qualsiasi noise-gate incorporato inquel compressore ricorrerà comunque allo stes-so controllo di guadagno, cosicché non ci saràalcuna ulteriore perdita di qualità del segnale. Ilgate in questo caso si può usare “gratis”.

Se state usando un compressore per il maste-ring, allora il suo noise-gate incorporato potràtagliare, in modo facile e veloce, tutti quei ru-mori di fondo che anticipano la prima battutadella canzone. Certamente vi consentirà un no-

tevole risparmio di tempo eliminando la neces-sità di fare in seguito l’editing manuale.

 Tuttavia, nel caso di molti strumenti all'internodi una registrazione multitraccia, potete fare unlavoro migliore “a mano” anziché utilizzare unnoise-gate, cancellando le parti di traccia dovegli strumenti non suonano (con molta attenzio-ne), o semplicemente automatizzando il mix inmaniera da mutare i canali quando i musicistinon suonano.

I noise-gate sono particolarmente adatti quandoprocessano un segnale che va e viene rapida-mente, e la batteria è il primo esempio di que-sto. Ci vorrebbe una quantità di tempo incredi-bile per cancellare con precisione lo spazio traogni colpo di rullante: questo è il tipo di situa-zione dove la caratteristica automatica di unnoise-gate funziona al meglio.

In maniera specifica ci sono cinque utilizzi deinoise-gate che in questo momento penso pos-sano essere messi in diretta relazione con la bat-

teria:

- applicazione del gate a dei campioni di bat-teria per ridurre la loro lunghezza

- creazione di un “gated reverb”

- aiuto per eliminare i rientri

- aiuto per eliminare la risonanza- creazione di un suono di batteria “clinica-

mente pulito”.

Diamo uno sguardo ad ognuno di questi usi neldettaglio.

In ogni caso, quando mettiamo un gate sulla batteria,l’attacco dovrebbe normalmente essere impostato il più rapido possibile  , a meno che non state usando un 

 gate veramente molto veloce (tipo un Drawmer), che po- 

trebbe introdurre un click udibile quando il gate comin- cia ad agire.

 Applicazione di un gate a dei campioni dibatteria per ridurre la loro lunghezza

Non c’è praticamente alcun vantaggionell’applicazione di un gate ai suoni campionatidi una drum machine semplicemente per ri-muovere il rumore, dal momento che questorumore di solito non è significativo (una ovviaeccezione a quanto detto sussiste se avete presoi campioni da un'altra registrazione rumorosa).

 Tuttavia, se state missando un nastro registrato,potete usare un noise-gate per rendere più bre-

 ve, per esempio, la lunghezza di un rullante.Questa è una cosa che non potreste fare in altromodo, senza accedere al campionatore o drummachine originaria. I controlli “hold” e, in ma-niera particolare, “release” sono quelli che rego-lano questo effetto.

Creazione di un “gated reverb”

 Al giorno d’oggi, la maggior parte dei riverberidigitali ha un preset di “gated reverb”, così lanecessità di applicare a mano un gate ad un ri-

 verbero è quasi completamente sparita. In pre-cedenza avreste dovuto prelevare il ritorno delriverbero stereo attraverso una coppia di noise-gate “linkati” e prelevare il “sidechain” del gate,cioè il percorso del segnale che invia, a partiredal suono diretto del rullante, il comando di a-pertura al gate. Avreste avuto bisogno di usareun noise-gate con un preciso controllo “hold”,

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che mantiene il gate aperto dopo che è statotriggerato, allo scopo di specificare il tempo didurata del suono “tagliato”, o “gated”. Un “re-lease” repentino, dopo un “hold” abbastanzalungo, di solito dà un effetto ancora più dram-

matico. I noise-gate Drawmer sono diventatifamosi come i migliori strumenti per ottenerequesto nel mondo analogico.

La compressione di microfoni ambientali (se  presenti nella registrazione multitraccia) può condurre a un suono di batteria spettacolarmente potente, e applica- re un gate su tali segnali stereo, nello stesso modo in cui si può applicare su un riverbero, può ulteriormente in- tensificare questo effetto drammatico.

 Aiuto per eliminare i rientri

Con una batteria vera la maggior parte dei mi-crofoni catturerà una parte significativa delsuono degli altri elementi del kit. Questo puòridurre drasticamente la possibilità di equalizza-re un pezzo della batteria senza condizionare ilbilanciamento complessivo. Applicare un gatesu ogni singolo elemento della batteria vi daràpiù flessibilità. Esistono comunque un paio diproblemi da affrontare.

Per prima cosa, quando equalizzate la batteria,potete facilmente aumentare i rientri degli altrielementi a un punto tale che il gate può agire a

 vuoto e aprirsi quando non dovrebbe. Se au-mentate la soglia (threshold) per compensare,potreste correre il rischio che alcuni colpi im-portanti non diano il trigger. Il problema classi-co, in questo caso, sussiste quando l’alto volu-me dell’hi-hat fa in modo che il gate del rullan-te, equalizzato chiaro e con molte alte, si apra

sul colpo dell’hi-hat anziché su quello del rul-lante. Questo suona particolarmente forte esgradevole, e quando avviene viene percepitocome errore.

Una soluzione è quella di applicare il gate al rul-lante prima di equalizzare. Qualche gate, inol-tre, ha un semplice controllo di EQ separato sulsegnale di trigger, così da permettere di attenua-re, per esempio, le fastidiose alte frequenze delrientro dell’hi-hat, causa di malfunzionamentodel gate. In questa situazione, tuttavia, può es-

serci il problema dell’apertura del gate un po’ inritardo, e questo fa perdere un po’ dell’impattodel rullante.

 Altre volte l’unica soluzione consiste nel duplicare la traccia di rullante, spostare la nuova traccia indietro di pochi millisecondi e usarla come base per il segnale che ali- menta il sidechain del gate. Questo farà in 

modo che il gate si apra prima che arrivi il colpo di rullante, e questo è veramente effi- cace.

 Alcuni gate controllati tramite software (anchequalcuno digitale, hardware) hanno un delay di-sponibile per il percorso diretto del segnale, alloscopo di ottenere lo stesso risultato. Natural-mente, in questo caso, questo significherebbedover spostare la master track indietro di qual-che secondo come compensazione, ma nella re-gistrazione multitraccia digitale questo è relati-

 vamente facile,ed evita l’inconveniente di doverpreparare una traccia di rullante separata soloper triggerare il gate. Nel fare questo, ricordate-

 vi di annotare questo nelle note che accompa-gnano la registrazione, cosicché le persone cheinterverranno in seguito possano rendersi contoche il rullante è fuori tempo con il resto.

 Aiuto per eliminare la risonanza

Collegato al problema dei rientri, c’è il proble-ma della “risonanza”. Una batteria vera ha lepelli dei tamburi che risuonano simpateticamen-te l’una con l’altra. Per esempio, ogni volta cheil batterista usa la cassa, i tom spesso emettonoun debole suono “boo”. Allo stesso modo, adogni colpo di cassa, spesso il rullante ha un irri-tante suono per simpatia, simile a uno scuoti-mento metallico, al punto che il suono nel mixfinale sembra una cassa che crepita. Applicareun gate sulla batteria può aiutare ad eliminarequeste tipologie di rumori indesiderati.

Se il gate rende il suono della batteria troppo pulito, è  possibile, in molti modelli di gate, lasciare un po’ del se-  gnale originario in maniera da non ottenere un totale silenzio quando il gate comincia da agire. Questa tecnica è chiamata qualche volta “ soft gating ”.

Le tecniche di gating per eliminare la risonanzadalla batteria sono simili a quelle usate per eli-minare i rientri. La principale differenza è chequando equalizzerete il segnale di trigger (il si-

dechain), dovreste qualche volta fare l’oppostodi quello che fareste per i rientri. Per esempio,per rimuovere la risonanza sui tom, spesso do-

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 vreste usare un segnale di trigger con un roll-off, sia in alto, sia in basso, altrimenti il suono“boo” della risonanza così come il rientrodell’hi-hat potrebbero causare il malfunziona-mento del gate.

Usando una combinazione di roll-off sulle alte ebasse frequenze (che spesso si trovano neglistessi gate), è normalmente possibile “confina-re” il segnale sidechain, stringendolo nelle fre-quenze fino a trovare l’impostazione che generail trigger del gate al momento giusto, senza ta-gliare l’inizio del colpo.

 Avvertenze nell’applicazione di un gate auna batteria rumorosa

L’applicazione di un noise-gate non è il rimediouniversale per ottenere un suono pulito di bat-teria. La migliore soluzione è una batteria chesuoni già pulita. Quando registrate, è moltomeglio persuadere il batterista a cercare e quindieliminare ogni risonanza nel proprio strumento,piuttosto che pensare a come ovviare in seguitonel mix con dei gate. Certe volte basta accorda-re con cura la batteria per evitare risonanze ecrepitii. In altri casi si può applicare con moltacura un nastro adesivo sulle pelli dei tamburi,trovando il punto giusto per ridurre le frequen-ze di risonanza e rendere così il suono più sotti-le.

In altri casi ancora potreste essere a corto ditempo, e costretti a mettere a posto il suono piùtardi, purtroppo.

Quando le risonanze e i rientri sono importanti,l’applicazione di un gate, ironicamente, puòportare loro attenzione sotto forma di “respiro”(breathing), definizione per l’effetto evidente

dell’uso di gate e compressori. Quando la riso-nanza e i rientri sono così seri, il gate può nonriuscire a risolvere il problema, e dovrete per-correre una strada diversa per cercare una solu-zione.

Il problema più comune che può riguardare ungate, causato da un grave rientro, è quando itom che suonano troppo scuri, debbano essereschiariti nel mix (giusto per rendere il suonoappena accettabile). Se all’interno delle altre

tracce c’è molto rientro dei piatti, potete scopri-re che, se applicate un gate ai tom, quando unfill segue un colpo di piatti molto forte, si veri-

fica un effetto piuttosto spiacevole. È il suonodel rientro del piatto che apre il gate ed è vera-mente brutto da sentire. Forse potete decideredi usare un approccio alternativo per risolvere ilproblema, come rendere il suono dei tom anco-

ra più scuro di prima, applicando un roll-off sulle alte, e quindi usando qualcosa comel’Aphex Aural Exciter per ri-sintetizzare la partealta mancante. Questo vi darà delle nuove alte,senza lo stesso livello di interferenza dei piatti.

Spesso, quando misso, preferisco non usare perniente un gate sui tom. Se sarà necessario ungate, semplicemente automatizzerò il “mute”sul canale dei tom in modo tale da attivarlo so-lamente quando c’è un fill. Se questo dovesserendere il suono della batteria troppo artificiale,userò un leggero movimento dei fader, anzichéabbassare completamente il livello dei tomquando non suonano. Preferisco fare questoanziché usare i gate, perché altrimenti l’interaimmagine stereo della batteria potrebbe cam-biare e spostarsi troppo quando i tom suonanoun fill. Un’altra soluzione potrebbe essere quelladi applicare un gate su una coppia di tom, anzi-ché individualmente. Questa tecnica qualche

 volta funziona, ma non sempre.

Creazione di un suono di batteria “clinica-mente pulito”

In conclusione, anche se risonanze e rientri nonsono in sé un grave problema, potrete utilizzarei gate per eliminarli fino alla fine, trattando conil gate ogni singolo elemento della batteria perisolare il suo suono essenziale. Questo vi daràun suono di batteria “clinicamente pulito”, matenete in mente che toglierà anche una buonaparte della vitalità di questo suono, e probabil-mente avrete bisogno di un buon riverbero cor-to, di alta qualità, per ridargli un po’ di vita. Ilrisultato, probabilmente, sembrerà comunqueancora artificiale.

Riepilogo sull’applicazione di un gate sullabatteria

Come avete visto, i gate possono portare a unbel po’ di lavoro. Se tutto quello che dovete fa-re è solo pulire un po’ il suono della batteria,

pensate semplicemente di mettere in mute itom nei momenti compresi tra i fill usandol’automazione del mixer (accendere e spegnere

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il mute sui colpi di rullante, per esempio, permascherare il cambiamento nel suono). Questoè normalmente quello che serve per rendere piùpreciso il suono di batteria. Il gating applicatoglobalmente di solito non è necessario e può

suonare pianificato e innaturale.Meglio ancora se, per ogni traccia, potete pro-cedere senza applicare un gate o metterla inmute.

In ogni caso, come ho citato all’inizio di questasezione, prendete queste decisioni sulla batterianei momenti iniziali del mix, e non più tardi. Seapplicate i gate sulla batteria verso la fine delmix, l’intera atmosfera può cambiare in modosconcertante.

PASSO 5 AGGIUNGERE I “PAD”

Non tutte le canzoni hanno un suono di “pad”. Alcune canzoni funzionano affidando tutta laresponsabilità agli strumenti principali (lead).

 Tuttavia un buon “pad” aggiunge corpo allatraccia e può anche nascondere una buona par-te degli errori di esecuzione di altre parti musi-cali; è un modo semplice e conveniente di ren-dere “pieno” il suono di una canzone.

Un pad è una semplice parte musicale realizzatasuonando una sequenza di accordi lineare, spes-so molto semplificata, nel registro medio-basso,per tutta la durata del brano. Generalmente vie-ne suonata con una chitarra o una tastiera e ilsuono scelto è normalmente caldo e sottile. Ipad vengono generalmente registrati in stereo,sia come risultato del suono stesso (per esem-

pio una tastiera), sia con l’uso di effetti durantela registrazione (per esempio un chorus stereosulla chitarra). In particolare, nel caso delle chi-tarre, doppiando la traccia in stereo con ognunodei due take spostati con il pan a sinistra e a de-stra.

Se presente, il pad rappresenta assolutamente lachiave del suono e la “sensazione” della canzo-ne: di solito ogni altra parte strumentale è stataprogettata e suonata con il pad già esistente.Esso forma realmente le “fondamenta” sulle

quali è costruito il resto della traccia. Di tanto intanto, mentre state missando, provate a mutarela traccia di pad e ascoltate cosa accade. Vi

sembrerà che qualcuno abbia letteralmente tol-to il tappeto sotto i vostri piedi. Quello che ri-mane della canzone senza la traccia pad, il“tappeto”, appunto, suonerà “sospeso” nellospazio senza un visibile (o udibile) significato di

supporto, e probabilmente suonerà davverostrano.

La sfida nel ottenere un buon suono di pad èrenderlo caldo, ampio e pieno, ma, in qualchemodo, allo stesso tempo trasparente. Avrete bi-sogno di questa trasparenza per lasciare, nel mixuno spazio ove collocare gli altri strumenti. Se ilpad suona in qualche modo “troppo pieno”, in-terferirà con gli altri strumenti che intendereteaggiungere al mix in seguito, e quindi la traspa-renza dovete ottenerla ora, prima di aggiungerele altre parti.

Il pad dovrebbe essere percepito come una“coperta calda” avvolta intorno alla canzone.Non credo che questa analogia sia esagerata ecertamente rappresenta come tutte le parti dipad dovrebbero per me suonare. In questo sen-so, pensare all’esempio della coperta calda po-trebbe aiutarvi. Il pad, in particolare, dovrebberiempire il campo sonoro senza avere un parti-colare carattere definito. Se date al pad una for-

te caratterizzazione, esso vi distrarrà da tutte lealtre cose messe in seguito all’interno del mix.Inoltre, poiché i pad generalmente suonanodall’inizio fino alla fine della canzone, se pre-dominano così tanto possono risultare noiosi.Sono presenti principalmente per dare un sup-porto strutturale alla canzone.

Consigli per i pad stereo

 Verificate i suoni di pad in cuffia. Molti pad ditastiere sono spesso troppo ampi in cuffia, e di-

 ventano poco piacevoli o disorientanti. Perquesto motivo riducete l’ampiezza stereo, inmaniera che possiate sentire che esiste qualcosanel centro, quando ascoltate con le cuffie.

 Alcune tracce usano un parte doppiata, perl’effetto stereo. Questo spesso si verifica sulletracce di chitarre, in cui si hanno due parti indi-pendenti tipo “pennata”, pensate per essere po-sizionate a sinistra e a destra. Queste parti pos-sono suonare davvero bene, ma normalmentelavorano anche meglio quando non sono aperte

con il pan completamente a sinistra - destra,perché in questo modo il suono sarà troppo

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ampio e non otterrete il suono delle due chitar-re che interagiscono insieme.

Se volete davvero che le parti delle due chitarresiano aperte completamente a destra e a sinistra,allora potrete renderle più sottili con una sem-plice tecnica. Per la chitarra a sinistra aggiungeteun semplice ritorno con effetto di chorus(completamente “wet”), spostato verso destra al50% dal centro. In maniera simile, per la chitar-ra a destra, stavolta usate un effetto di chorusspostato verso sinistra al 50% dal centro. Que-sto spesso funziona, ma certe volte è esagerato.Per un effetto più sottile, invertite il posiziona-mento dei pan del suono processato con la suafonte diretta e riducete il livello del suono pro-cessato.

Se avete solo una singola traccia di pad in mo-no, vale la pena spendere un po’ di tempo perconvertire il suono mono in un ampio e avvol-gente suono stereo.

In particolare, per le parti di pad, se avete duestrumenti separati che suonano parti simultane-e, spesso è più efficace lasciarli al centro, inmodo che agiscano come uno solo, e usare unchorus di alta qualità per creare l’ampiezza ste-reo, anziché posizionare semplicemente le dueparti in modo diverso.

Il pad dovrebbe stimolare entrambe le orecchieindipendentemente, ma non così tanto da la-sciare un vuoto al centro. Se siete in dubbio, ri-ducete l’ampiezza stereo, e come già detto, veri-ficate l’effetto in cuffia.

Consigli per il suono del pad

Come avete capito, il chorus è importante per le

parti di pad, ma non dovrebbe diventare un ef-fetto troppo ballerino. Prendetevi del tempoper fare esperimenti con le sue impostazioni perottenere un effetto subdolo. Mantenete cortoil tempo del delay e bassa la velocità di mo-dulazione. In questo modo potrete otteneredei chorus che realmente enfatizzano le altefrequenze di una traccia senza renderla trop-po… “chorus”!

 Alcuni strumenti con il chorus non funzionanoper niente. Il piano è un classico. Mettete un

chorus su un pianoforte. Nella migliore delleipotesi suonerà stonato, mentre nella peggioresembrerà proprio un vecchio ed economico

piano honky-tonk. Lasciate che le vostre orec-chie giudichino se il chorus serve o meno.

Togliete giusto un po’ di 700-800 Hz (circa) e tagliate un po’ le frequenze basse sui suoni di pad, con una Q

abbastanza larga, per renderli più morbidi e dare loro la trasparenza del suono “hi-fi” che funzioni come un buo- no sfondo al resto del mix. Questa operazione “contie- ne” il suono e attenua ogni aggressività. Il fatto che le alte frequenze possano uscire di nuovo può inoltre ag- 

 giungere una lucidità setosa a chitarre e tastiere. Assicuratevi che questo non rovini la parte bassa del mix.

Soundcheck per il pad

 Adesso avete al loro posto batteria, basso e pad. A questo punto la canzone dovrebbe suonarestupendamente. Dovrebbe sembrare davverospeciale solo con questi tre elementi. La tracciadi sottofondo dovrebbe suonare “completa”.

Dovrebbe darvi l’impressione che basti solol’aggiunta della voce.

Questo dovrebbe essere vero per ogni strumen-to che aggiungerete nel mix, ma non voglio ri-peterlo un'altra volta.

Non dimenticate di verificare il suono contutti gli altri elementi rimanenti (del roughmix) già collocati, o potreste avere difficoltàa “conformarli” poi al mix.

PASSO 6È IL MOMENTO DI UN BREAK 

Personalmente considero questo momento ilmio preferito nel mix, poiché è abbastanzatranquillo rispetto al resto dell’azione febbrileche sarà poi necessaria, e a questo punto nondovreste sentirvi troppo stanchi. Dovresteprendere nota di questo mix, salvando il fileoppure semplicemente facendo dei segni a fian-co dei fader per marcare la loro posizione.

Perché? Perché in seguito, se il mix sembrerànon funzionare, potrete usare questo semplicemix come un ottimo punto di riferimento per

comparare ogni singolo strumento, e scopriredove siano i problemi.

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Inoltre, se state facendo un “extended mix”, al-lora questo semplice mix di batteria/basso/padè un modo fantastico per impostare velocemen-te il break di un remix, magari aggiungendo so-pra qualche bella percussione. È solo un sugge-

rimento.Quando avrete questi tre elementi a posto, do-

 vreste prestare davvero molta attenzione a noncambiare più il suono di nessuno di essi, a me-no che si riveli assolutamente necessario.L’equilibrio di basso, batteria e pad è davveroun punto fermo nel missaggio della canzone.

 Adesso è il momento di bere ancora un po’ dicaffè…

Questo è anche un buon momento, se state u-sando un sistema su PC (come Cubase SX), perfare il mixdown di batteria, basso e pad in unasingola traccia stereo. Questa operazione do-

 vrebbe ridare un po’ di aria alla CPU, da riser- vare alle parti “lead”. Ovviamente dovreste ar-chiviare le parti originali per custodirle. Forse ilmodo più semplice consiste nel salvare il pro-getto così come è in un posto sicuro, quindisalvarlo nuovamente nella directory di lavorocorrente prima di rimuovere le parti originalidall’attuale progetto.

PASSO 7 AGGIUNGERE GLI ELEMENTI PRIN-CIPALI

 A questo punto, probabilmente la prima cosada fare è un esame più dettagliato del ruolodell’equalizzazione nel mix.

L’equalizzazioneL’equalizzazione, o EQ nel suo acronimo piùcomune, è fondamentale nella registrazione enel missaggio moderni. La sua applicazione, pe-raltro, viene ancora spesso vista come “arteesoterica”, e molti tecnici non amano parlare afondo di come usano l’EQ per non diffondere ipropri “segreti professionali”.Per confondere ulteriormente le acque, moltedelle linee guida comunemente stabilite neglianni vengono definite, da molti insegnanti, “re-

gole”, da infrangersi solo a proprio rischio e pe-ricolo. Eppure, regole quali “ottenere il giustosuono alla fonte”, se ripetute a oltranza, posso-

no dissuadere un giovane tecnico dalla speri-mentazione nelle applicazioni più sottilidell’equalizzazione, fino al punto di non rischia-re mai nulla di nuovo, il tutto a scapito del mixe della propria cultura.

Questo, unito al fatto che potenzialmente il cat-tivo uso dell’EQ può rovinare un suono giàbuono all’inizio, può anche fare in modo che imoderni produttori discografici diventino para-noici, bacchettando i tecnici del suono che usa-no l’EQ quando il suono è già “accettabile”all’inizio, magari ignorando che il tecnico po-trebbe avere altre ragioni, importanti, per tocca-re l’equalizzazione.L’EQ non è necessariamente una pratica mal-

 vagia; è anzi uno strumento molto versatile, che

può essere utilizzato in una vasta varietà di ap-plicazioni che vanno ben oltre al fatto che untecnico “giochi” col suono. Può essere una sor-presa scoprire che ci sono molti usi diversidell’EQ. Per dimostrarlo, andremo nello speci-fico dei sette usi più diffusi dell’EQ nel missag-gio (nonché nella registrazione).

- eliminazione del rumore- riduzione delle armoniche- miglioramento del suono

- bong, boff e “frizzante”- posizionamento a distanza- creare “spazio” nel mix- livelli automatici nel mix

Spiegherò tutto questo tra un secondo, ma pri-ma parlerò un po’ degli equalizzatori.

Tipi di equalizzatoriPer compiere queste operazioni ci sono moltitipi diversi di equalizzatori.

In ordine di sofisticatezza, sono:

Filtri (roll-off)

I filtri semplici sono molto utili in missaggio ein registrazione. Vengono definiti più corretta-mente come filtri roll-off per le alte (o basse)frequenze, oppure, con un nome opposto chegenera confusione, come filtri “passa basso” o“passa alto” – LPF / HPF.

In entrambi i casi consistono in un singolo pul-sante per eliminare le basse frequenze, o talvol-ta in due potenziometri contrassegnati LF e

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HF. Quando si ruotano le manopole, le alte o lebasse vengono “eliminate” dal segnale. La fre-quenza a cui questo avviene dipende dalla posi-zione del potenziometro. Di solito non potetecontrollare quanto sia ripido il taglio, ma è fisso.

Il manuale per l’equalizzatore, hardware o sof-tware, potrebbe indicare un valore pari a “6dbper ottava” o “12 db per ottava”.

Non tutte le console di missaggio hanno filtrisemplici dedicati. Nei banchi più economici sipresuppone che questa operazione venga ese-guita con un attento uso dell’EQ principale, an-che se questo è un po’ restrittivo, poiché avereanche un solo pulsante per il roll-off delle basseè estremamente utile, soprattutto in registrazio-ne.

Equalizzatori shelf 

I filtri sopradescritti (roll-off) generalmente nonaumentano o diminuiscono i bassi o gli alti; ilsuono viene sostanzialmente “ridotto” elimi-nando le alte o le basse frequenze in esso con-tenute. Questo rende i filtri utili per sbarazzarsidi suoni indesiderati all’esterno del range musi-cale dello strumento (vedi “Uso dell’EQ per ri-durre il rumore”, più avanti).

Sfortunatamente i soli filtri roll-off non vannomolto bene per scolpire musicalmente il suono,ed è qui che servono gli equalizzatori shelf.Proprio come i filtri, esistono in due tipi, a bas-sa e ad alta frequenza. Tuttavia, anziché posse-dere i controlli per la “frequenza”, hanno con-trolli di “gain” (guadagno). Il gain regolal’enfatizzazione o il taglio applicato al segnale.Un EQ shelf sulle alte frequenze di solito iniziaa lavorare da 8 a 12 Khz, mentre uno shelf sulle

basse lavora da 80 a 150 Hz. La caratteristicadegli equalizzatori shelf è che, a differenza deifiltri roll-off, possono alzare tutte le frequenzesuperiori (nello shelf sulle alte frequenze) o in-feriori (nel caso di uno shelf sulle basse fre-quenze) di uno stesso valore, dando risultatimolto più “musicali” rispetto ai filtri roll-off.

 Vengono chiamati equalizzatori shelf (a menso-la) proprio per la forma specifica sul graficodella loro risposta in frequenza.

I controlli "Bass" e "Treble" sui comuni hi-fi

sono di solito equalizzatori shelf con frequenzefisse, pre-impostate e non regolabili.

 Alcuni equalizzatori shelf consentono, vicever-sa, di impostare la frequenza di intervento.

Equalizzatori sweep

Il punto, sia con i filtri roll-off, sia con gli equa-lizzatori shelf, è che sono utili solo agli estremidello spettro audio.

E per i medi?

Bene, se ci pensate, potete aumentare le fre-quenza medie usando un EQ hi-shelf e lo-shelf per abbassare le alte e le basse oppure, in ma-niera analoga, potete toglierle enfatizzando gliestremi. Questo, tuttavia, non dà molta soddi-sfazione ed è difficile da controllare facilmente

e rapidamente.Un equalizzatore sweep è pensato per risolverequesto problema. Nell’equalizzatore sweep

 vengono influenzati solo gli elementi del segna-le attorno all’area selezionata dal controllo dellafrequenza, in base al valore impostato con ilcontrollo del gain. Questo consente di enfatiz-zare (boost) o tagliare (cut) delle porzioni disuono abbastanza facilmente. Non è possibilecontrollare l’ampiezza dell’area controllatadall’EQ, ed essa cambia a seconda del modello.

 Alcuni produttori preferiscono mantenere l’areadi intervento discretamente larga, mentre altripreferiscono mantenerla stretta poiché risultapiù utile nella correzione di problemi armonicicome le risonanze sulla batteria o altri strumen-ti.

Gli equalizzatori sweep di solito si trovano acoppie. Una coppia di equalizzatori sweep spes-so si trova nei migliori “Portastudio”, poichéconsentono un certo controllo sul suono a costi

relativamente bassi. Alcuni produttori assegna-no a ciascun EQ della coppia dei range di fre-quenza totalmente diversi, ipotizzando che que-sto consenta un controllo più preciso su tuttal’area del suono. Questo può essere vero nelmomento in cui l’area predefinita, o “banda”(bandwidth) dell’equalizzatore sia molto ampia.Se l’ampiezza è ridotta (più precisa), allora èmolto più utile che nella coppia di equalizzatoriesista la possibilità di una generosa sovrapposi-zione dei range di frequenza, in modo da poterli

usare entrambi contemporaneamente nelle fre-quenze basse o alte.

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Equalizzatori semi-parametrici

Per rendere gli equalizzatori sweep più efficaci,spesso si può trovare un singolo pulsante checambia la banda o “area di intervento”.

Quando uno o più equalizzatori sweep si trova-no insieme a un paio di equalizzatori shelf per ilcontrollo delle altissime e delle bassissime,l’intero insieme di equalizzatori viene definitoEQ semi-parametrico.

Equalizzatori parametrici

Nelle migliori console di solito si trovaun’equalizzazione totalmente parametrica.

Con un equalizzatore parametrico è possibile

controllare la frequenza, il gain e soprattuttol’ampiezza (bandwidth) dell’equalizzatore. Disolito si trovano quattro equalizzatori con uninterruttore sul primo e l’ultimo, in modo dapoterli usare con l’opzione shelf, rispettivamen-te per le alte e per le basse. Ovviamente sonocostosi.

Per la maggior parte degli strumenti non avetebisogno di questo grado di controllo, e gli equa-lizzatori semi-parametrici vanno benissimo.

 Anche in un sistema professionale potete spes-so colmare ogni esigenza con i semi-parametrici, a patto di avere a disposizione unpaio di parametrici completi per gli strumentipiù complessi. Il problema principale in unbanco con equalizzatori semi-parametrici è chela scelta del produttore di determinate ampiezzedi equalizzazione determina il “suono” dellaconsole, che colora il mix molto di più rispettoa un’equalizzazione totalmente parametrica.

Detto questo, nella maggioranza dei casi il

“suono” dell’EQ è probabilmente la maggiorecaratteristica distintiva tra una o l’altra console.

Equalizzatori grafici

Questi sono spesso superflui. È meglio riservar-li a situazioni in cui si riscontra tutta una serie dialtri problemi, come l’equalizzazione dei moni-tor principali della regia di uno studio di regi-strazione o la delicata equalizzazione finale delmix ultimato, nel mastering, in preparazione di

un CD o altro tipo di release commerciale. Gliequalizzatori grafici sono meno indicati in si-tuazioni in cui la reale correzione richiesta sia

più “normale”; quando cioè consistanell’equalizzazione di strumenti individuali co-me parte di un mix, anche se occorre dire checon alcuni suoni particolarmente difficili si po-trebbe anche dover ricorrere a un equalizzatore

grafico.

Equalizzatori passivi e valvolari

È meglio accennare anche agli equalizzatoripassivi.

La maggior parte degli equalizzatori usa unacircuitazione che taglia o enfatizza il segnalenelle varie bande utilizzando tecniche di feed-back elettronico che spesso possono determina-re “risonanze” udibili nei circuiti. Gli equalizza-tori passivi, invece, lavorano tagliando il segnalein tutte le frequenze, alla base, con semplicicomponenti passivi come resistori, capacitori einduttori. Un singolo stadio, di progettazionesemplice, successivo all’equalizzatore, di solitocompensa la perdita di livello del segnale inmodo da pareggiarlo quando tutti i controlli so-no nella loro posizione “flat” centrale.

Quindi, con un equalizzatore di questo tipo, inrealtà non state enfatizzando nulla, ma state

semplicemente consentendo al segnale di “usci-re” dalla circuitazione passiva. Gli equalizzatori valvolari spesso funzionano esattamente in que-sto modo.

Questo genera un suono molto più morbido.Infatti, gran parte della “morbidezza” attribuitaagli equalizzatori valvolari spesso deriva benpoco dalla presenza delle valvole, bensì è dovu-ta al fatto che la circuitazione dell’equalizzatoreè passiva anziché attiva.

 A questo punto, come si usano, in pratica,tutti questi diversi tipi di equalizzatori?

Ecco alcuni esempi pratici:

a. eliminazione del rumore

b. riduzione delle armoniche

c. miglioramento del suono

d. bong, boff e “frizzante”

e. posizionamento a distanzaf. creare “spazio” nel mix

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g. livelli automatici nel mix

a . Eliminazione del rumore

L’eliminazione del rumore indesiderato da un

segnale è ovviamente un’applicazione in cui èmolto meglio avere un suono corretto alla fon-te. Anche se questo articolo è sul missaggio, va-le la pena ricordare quali possano essere tutti iproblemi, e come possano essere risolti al mo-mento della registrazione.

L’eliminazione dei rumori a bassa frequenza (“rumble”  ) è meglio assicurarla con un correttoposizionamento e montaggio dei microfoni,mentre l’eliminazione del ronzio si ottiene conuna cauta scelta e posizionamento dei cavi, disolito bilanciati.L’eliminazione delle interferenze radio ad altafrequenza si ottiene anch’essa con la buonascelta di cavi bilanciati e con il loro posiziona-mento, ma poiché le alte frequenze sono davve-ro invasive, spesso questo non elimina del tuttoil problema. Spesso i taxi sono una sorgente diinterferenze RF nei cavi microfonici, ancor dipiù se sbilanciati.

Il fruscio che si origina nei microfoni può esse-

re eliminato dall’uso di microfoni ad alta impe-denza d’uscita, uniti a preamplificatori microfo-nici bilanciati e con buone prestazioni, ora pre-senti anche nelle console più economiche.

L’assenza di fruscio in registrazione(nell’analogico) si ottiene utilizzando un buonsistema di riduzione del rumore, come il Dolby,o registrando inizialmente in un buon sistemadigitale. Sfortunatamente, i convertitori digita-le/analogico nei sistemi più economici (tipo al-

cune schede per PC) non si avvicinano neppurelontanamente alle prestazioni teoricamente rag-giunte dai migliori sistemi analogici o digitali.

In pratica, non sempre è possibile evitare ognisorgente di interferenze indesiderate. Anche lostudio meglio isolato nel centro città può accu-sare vibrazioni a bassa frequenza causate datraffico, treni o metropolitane, mentre la vitafrenetica della città porta a molte interferenzeradio, dovute a linee elettriche, telefoni cellularie taxi.

Oltrepassando i nobili scopi dei “puristi” dellaregistrazione, non sempre è una buona idea re-

gistrare tutti i microfoni “flat” (senza EQ). An-che se non riuscite a “sentire” i rumori a bassafrequenza del traffico o altre sorgenti estranee,in realtà riuscite sicuramente ad “avvertirli”, so-prattutto se la registrazione implica un gran

numero di microfoni aperti contemporanea-mente, in cui i “rientri” dalle sorgenti sonore traloro vicine (tipo l’amplificatore del basso) pos-sono essere la norma.

Per questa ragione, quando si registra daun microfono, è sempre una buona idea in-serire il filtro passa alti (HPF) offerto dallemoderne console. Un’eccezione potrebbe es-serci quando state usando un microfono per re-gistrare un suono con frequenze molto basse,tipo un basso elettrico, un violoncello o un altrostrumento simile, in cui sia importante mante-nere le bassissime frequenze.

 Analogamente, nelle alte, ogni strumento musicale che comporti un  pickup elettrico  , tipo una chitarra elet- trica, o un piano elettrico, potrebbe essere soggetta a in- terferenze radio. In particolare, registrando i piani elet- trici, io spesso elimino le altissime fino a sentire che il suono diventa scuro, quindi riapro il filtro fino a trovare l’equilibrio in modo che il suono di base risulti pressoché inalterato. Questo si basa sull’esperienza di molti tristi anni di registrazione, in cui un take “buono” viene di colpo rovinato da un’improvvisa interferenza. Ovvia- mente potrebbe essere facile intervenire più tardi nel mix,ma con questo approccio si devono sopportare mix prov- visori decisamente poco soddisfacenti fino al mix vero e 

 proprio. Meglio registrare bene all’inizio, con un’accorta EQ.

La maggior parte dei filtri passa alti e passa bas-si, nelle console moderne, hanno una risposta

precisa e quindi è generalmente accettabile, an-che se eccessivamente cauto, l’approccio concui si allineino i filtri in modo da “buttare via”tutto il suono che teoricamente è fuori dallospecifico range di frequenze dello strumentoregistrato, operando come un fotografo profes-sionista che “ritaglia” i bordi di una foto la-sciando solo l’area interessante al centrodell’attenzione.

Rimuovere il fruscio da una registrazione multi-traccia dovrebbe ormai essere una cosa del pas-sato. Sfortunatamente, non tutti i tecnici delsuono sono spavaldi come dovrebbe esserequando impostano i livelli di registrazione, an-

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che se, correttamente, occorre dire che in unaregistrazione “in diretta” spesso questo è dovu-to alla mancanza di tempo o alla necessità di unmargine di sicurezza. Non è del tutto strano diquesti tempi dover fare un remix moderno di

un vecchio e frusciante master multitraccia dimolti anni fa.

Il trucco fondamentale per l’EQ, in questi casi,è quello di rimuovere quanto più rumore possi-bile da candidati “ovvi” quali cassa, basso, pia-no elettrico e pickup di chitarra elettrica di bas-sa qualità.

 Anche se questi strumenti possiedono una certa dose di energia nelle alte frequenze, che ovviamente non volete 

 perdere, in pratica l’energia vera e propria è ben sotto gli 8Khz, una frequenza oltre la quale il fruscio è partico- larmente fastidioso. In questi casi, è dunque perfetta- mente corretto tagliare quante più alte possibile, usandoun ripido filtro passa basso (LPF). Non sarà proprio"hi-fi", ma è un approccio pratico che i tecnici hannousato per molti anni. Fa parte della tecnica per ottenere un buon suono.

Per quanto riguarda gli altri strumenti, sarebbemeglio lasciarli stare. Nella maggior parte dei

casi, un’equalizzazione sulle alte per gli stru-menti precedentemente elencati, unita a qualchenoise-gate sulle tracce rimanenti, dovrebbe es-sere più che sufficiente.

Se non siete in questa situazione e pensate chein generale ci sia ancora troppo fruscio, ci sonoaltre tre tecniche come “ultima spiaggia” per lerimanenti e problematiche tracce.

Per prima cosa potete provare una riduzionedel rumore “single-ended”, inserendo cioè sulle

restanti tracce un’unità Dolby o DBX impostatasulla decodifica. Questo è un trucco diffuso trai tecnici del broadcasting e si può ascoltare inmolti notiziari. Il fatto che sia così riconoscibile,dovrebbe dissuadervi dall’utilizzarlo. Il risultatodi solito fa sembrare che il giornalista stia lot-tando per non soffocarsi col cuscino… Ancheun aumento con EQ delle alte frequenze nonattenua questa impressione. È abbastanza schi-fosa.

Una tecnica molto migliore consiste nel togliere con l’equalizzazione tutto il fruscio, finché tutto suoni posi- tivamente ovattato, quindi mandare il suono risultante 

in un  Aphex Aural Exciter  , o un simile enhancer,che sintetizzerà delle nuove frequenze alte, pulite, a par- tire dalle informazioni musicali a bassa frequenza esi- stenti. Questa tecnica funziona molto bene, e ancora di 

 più nel remastering digitale di vecchie opere classiche (an- 

che se i tecnici interessati probabilmente non lo ammette- rebbero mai in pubblico).

Infine, se una determinata traccia è così deva-stata dal rumore che le dueprecedenti tecnichenon funzionano assolutamente, nulla è perduto.

 Anche se dispendioso in termini di tempo, latraccia in questione può essere importata in uncomputer e quindi trattata con un software diriduzione del rumore. I risultati attuali possonolasciarvi discretamente senza parole, anche se èopportuno ricordare che, se esagerate con que-sti sistemi, potreste trovarvi con il suono origi-nale molto artefatto e finto (talvolta con risultatiinteressanti!). Io spesso faccio la riduzione delrumore con il computer non su materiale musi-cale, ma sui notiziari in esterna e su fonti sonoridubbie che sia necessario pulire per la pro-grammazione radio.

b . Riduzione delle armoniche

doink!, doink!, doink!

Riconoscete questo suono?

doink!, doink!, doink!

 Avete mai registrato una batteria vera?

Il suono caratteristico di un rullante che fa"doink" è sufficiente per far diventare pazzo untecnico del suono. È probabilmente il problemapiù diffuso quando si registra o si missa un kitdi batteria. La vera soluzione, ovviamente, è a-

 vere a disposizione un kit di batteria che nonfaccia “doink!", ma non sempre è così facile...

È possibile impiegare un bel po’ di tempo adattaccare del nastro su tutta la superficie dellepelli e avere ancora delle risonanze indesiderate.

Certo è che il rullante, in particolare, è unostrumento risonante per definizione. Non solopotete cambiare il suono del rullante eliminan-do delle brutte armoniche, ma anche, usandoun EQ a banda molto stretta, generare armoni-

che che originariamente non esistono: in realtàstate sentendo il suono dell’equalizzatore. Èl’equalizzatore che sta risuonando.

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Smorzare le armoniche indesiderate da tutte lesorgenti del suono reale usando l’EQ è una co-sa con cui dobbiamo confrontarci obbligato-riamente. Certo è meglio ottenere un suonocorretto alla fonte, magari in qualche caso cam-

biando lo strumento, ma la giornata è fatta solodi 24 ore. Quando il tempo stringe (e quandonon stringe, quando lo studio costa 1500$ algiorno o più semplicemente quando avete pocotempo libero per poter registrare?), sono neces-sarie soluzioni semplici ed efficaci. Dedicate iltempo prezioso per le cose che fanno la veradifferenza, come avere una buona performancenella registrazione dell’artista, o ottenere consuccesso il delicato bilanciamento nel mix.

Un altro importante aspetto della registrazionedi cui i “puristi” non tengono conto è che,quando si registra un kit di batteria, non soloogni tamburo di solito è microfonato da vicino(per esempio con il microfono a circa tre cen-timetri dalla sorgente sonora), ma in più il mi-crofono è impostato ad un pattern di risposta“cardioide”, o per focalizzare quel determinatoelemento della batteria, o perché il pattern, inquel tipo di microfono, non è modificabile.

Cosa succede con i microfoni a cardioide?

Esatto! È il nostro vecchio amico (o nemico?),l’effetto prossimità! Ogni elemento della batte-ria e ogni altro strumento registrato con micro-foni ravvicinati, con pattern a cardioide, avran-no nel suono un livello eccessivo e innaturale dibasse frequenze.

Ecco perché, se registrate e missate una batteria vera,quasi sicuramente dovrete togliere (con roll-off) una di- screta quantità di basse, non per “creare” un suono ine- sistente all’origine, bensì per correggere il suono del mi- 

crofono e quindi ottenere nuovamente il “vero” suonoescludendo la caratteristica propria del microfono.

c . Miglioramento del suono

Si può affermare che la maggior parte deglistrumenti musicali abbia, nell’ordine, il seguentecontenuto:

- Sub-armoniche (componenti a bassissimafrequenza)

- Intervallo della fondamentale della nota 

-  Armoniche intermedie

-  Armoniche alte. 

Nell’uso dell’EQ per un generale “miglioramen-to” del suono, solitamente si agisce ben lontanidall’intervallo della fondamentale e si enfatizza-no o si riducono le frequenze nelle restantibande di frequenza per creare, in generale, que-sti effetti.

L’aumento - diminuzione delle sub-armonicherende un suono più caldo o più freddo.

L’aumento - diminuzione delle armoniche in-termedie fa in modo che un suono sembri piùalto di volume - presente, o più dimesso - lon-tano, senza modificare il livello reale.

L’aumento - diminuzione delle armoniche alte

fa in modo che un suono risulti più o meno“frizzante”.

Sorprendentemente questo tipo di interventi ra-ramente dà come risultato che lo strumento “e-sca” nel mix nelle proprie frequenze alte o bas-se, come ci si potrebbe aspettare. La maggiorparte delle armoniche “interessanti”, basse o al-te, che potrebbero essere “attivate” conun’attenta equalizzazione, sono in realtà: 1)molto più alte rispetto all’intervallo tonale in cuiopera lo strumento, oppure 2) non così in basso

come sono in realtà le sue armoniche basse. Seavete un problema, a questo punto un po’ di“contro-equalizzazione”, con una banda (Q)stretta, agli estremi dell’intervallo della fonda-mentale, può correggerlo senza compromettereil suono generale.

Qualsiasi cosa facciate per “migliorare il suo-no”, tutto deve essere finalizzato a come il suo-no verrà percepito come elemento del mix fina-le, e questo è quello che conta. Non passate

troppo tempo ad ascoltare il suono isolato, poi-ché probabilmente, quando lo rimetterete nelmix con tutto il resto, la maggior parte di quelloche avrete fatto non sarà udibile e comunquenecessiterà di modifiche, più o meno grandi,per l’effetto generale che intendete far sentirenel mix finito.

 Tratterò il “miglioramento del suono” in modopiù dettagliato nel prossimo passo: "Equalizzaree trattare gli elementi principali del mix”.

d . Bong, boff e il “frizzante”

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Scusate, non ho saputo trovare un titolo miglio-re per questa parte, ed è un peccato, perché èdavvero fondamentale, quindi è meglio che mispieghi bene, e in fretta.

Devo anche dire che la parte precedente, sul“miglioramento del suono” con l’EQ, in realtàaffronta l’argomento dal punto di vista dellostrumento individuale.

Ma il suono del singolo strumento non crea unbuon mix. È l’impatto dell’insieme che conta.

Finora ho cercato di enfatizzare l’importanza diascoltare ogni elemento del brano per comecontribuisca all’insieme del mix, e un bel mix,energetico, di un brano pop, anche una ballatalenta, di solito ha questi tre requisiti importanti:

Bong

Il "bong" nel mix è il pulsare della ritmica ( do- wnbeat , n.d.r.). Questo non significa un mix conmolti bassi. Significa solamente che l’impattocontinuo della ritmica deve essere chiaramenteavvertito, fisicamente, nell’ascolto del mix. An-che se generalmente ne sono i maggiori artefici,non sempre il “bong” si crea con la batteria e ilbasso. La pulsazione del ritmo si crea anche con

il piano e le chitarre. È difficile spiegare a paroleuna qualsiasi “formula” che permetta questo ri-sultato, perché ogni caso è a sé. Dovete solo fa-re attenzione a fare in modo che ci sia, e capirecome poterlo controllare (di solito provando eriprovando).

Boff 

Il "boff", nel mix, è di solito il ritmo in alter-nanza ( offbeat , n.d.r). Di solito si crea con il rul-

lante, anche se altri strumenti possono contri-buire significativamente all’effetto, magari inritmiche sincopate che meritano una accentua-zione. L’alternanza "bong/boff" di una canzoneè l’essenza stessa del ritmo del brano e, se si rie-sce a definire con chiarezza, allora la gente an-drà in pista a ballare o almeno inizierà a battereil piede all’ascolto del disco.

Il "bong" in una canzone di solito dovrebbe“sentirsi” (ad alto volume) come se colpisse allo

stomaco, o più in basso, mentre il “boff” do- vrebbe colpire all’altezza dello sterno, o più inalto.

Il frizzante

Piatti? Percussioni? Sì, queste cose contribui-scono sicuramente al “frizzante” di un mix, manon solo. Altri elementi contribuiscono alla par-te alta del mix, tra cui la voce solista e il riverbe-ro della voce. Una buona parte alta del mix fasussurrare “Bel prodotto!”. I mix delle ballad diGeorge Michael (come "Praying for time") illu-strano questo aspetto del riverbero vocale (an-che se sono il primo ad ammettere che i mix diGeorge Michael probabilmente esagerano inquesta caratteristica, che in qualche modo stan-ca). Anche le chitarre, soprattutto quelle acusti-che, possono creare un “lucido” meravigliosose le alte vengono gestite bene, e questo si rie-sce a sentire, nel mix, anche se si ascolta in unaradio di bassa qualità.

La gestione attenta delle frequenze alte del mixè un’arte a sé, ed è un qualcosa che merita unaparticolare attenzione nel mix. Attenti, però. Èun’area pericolosa. Perché? Perché nel mix, seesagerate con le alte, le vostre orecchie si affati-cheranno in fretta. Questo non solo vi farà ve-nire, mentre missate, un vero e doloroso mal ditesta, fisico (che può diventare violento, in que-

sto caso fermatevi subito), ma, quel che è peg-gio, renderà le vostre orecchie sorde alle alte.

Così finirete ad aumentarle, le alte, ancora, eancora, per compensare. Lo si fa anche senzaaccorgersene. Questo è un problema molto no-to nel missaggio, e spesso è il risultato di missa-re a volume troppo alto per troppo tempo. Nonè infrequente ascoltare quello che la sera primasembrava un mix bello e potente, e accorgersiche invece suona come una radiolina! Una rapi-da occhiata ai controlli del banco rivelerà chetutti i potenziometri dell’EQ sono girati troppo

 verso le alte. Di solito a questo punto occorreuna soluzione di emergenza, tutt’altro che per-fetta: o far passare tutto il mix in un equalizza-tore grafico, o abbassare, canale per canale, ilboost delle alte, in cui avete, senza volere, esa-gerato.

 Vale la pena inoltre sottolineare che se vi vienespesso e inaspettatamente un bel mal di testamentre missate, stando generalmente bene in

salute, esiste una buona possibilità che abbiatefatto qualcosa di realmente sbagliato nella partealta del mix. Questo provocherà anche ad altre

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persone lo stesso mal di testa quando lo ascol-teranno. In passato ho partecipato spesso aquesto discorso. Non si è sicuri se sia la presen-za eccessiva delle alte, o se le orecchie cerchinoa tutti i costi di compensare la distorsione di fa-

se che avviene con le eccesso di alte frequenze,ma la gente generalmente riconosce che questoè uno dei principali problemi di alcuni mix.

Ma come pensiero finale...

Bisogna anche dire che nel mix è anche possibi-le esagerare con il bong, il boff e il frizzante.

 Assicuratevi che l’impatto, con la vostra tecnicadi missaggio, non sovrasti il messaggio di base eil contenuto emozionale della canzone. Per fun-zionare bene ogni cosa deve essere bilanciata.

e . Posizionamento a distanza

Ecco un bel trucco da ricordare quando si mis-sa (spesso mai neppure accennato, ed è un pec-cato!).

Quando dobbiamo usare il posizionamento adistanza, entriamo nel campo della equalizza-zione sofisticata, di cui di solito si scrive poco,ma che i tecnici del suono usano molto.

Magari avete provato a creare distanza sempli-cemente con il riverbero o altri effetti di simu-lazione di ambiente. Se avete provato, avete an-che scoperto che questo non funziona così be-ne e il vostro mix diventa un bel pastone.

Questo in parte deriva dal fatto che l’effetto delposizionamento a distanza nell’EQ è stretta-mente connesso ad un fenomeno definito "ef-fetto di prossimità”, caratteristica comune amolti microfoni direzionali, all’orecchio umanoe alla stessa diffusione sonora. Sto usando il

temine “effetto di prossimità” in senso più este-so. Fatemi spiegare meglio.

Quando un esecutore o un cantante si avvicina-no a un microfono o al vostro orecchio, magaritroppo vicino, accadono due cose. Per primacosa, le basse frequenze aumentano moltissimo,poiché a distanza ravvicinata abbiamo moltameno dispersione delle basse e, soprattutto,perché la fisica dei microfoni a cardioide enfa-tizza questo aspetto. Come seconda cosa, anche

il contenuto delle alte frequenze sale molto,poiché la normale dispersione del suononell’aria tende ad assorbirle. Come tecnici del

suono, potete riprodurre questo fenomeno nelmix. Enfatizzando in maniera innaturale le bas-se e le alte frequenze con il controllo dell’EQdel banco, potete creare un suono che sembrimolto più vicino di quello che è in realtà.

Questo effetto è tuttavia stra-usato in molti di-schi, e questo porta a mix che suonano troppo“hi-fi”. Ricordate che è anche possibile farel’esatto opposto, cioè snellire un po’ gli stru-menti (eliminando un po’ di basse e un po’ dialte), allo scopo di metterli “indietro” nel mix efarli sembrare più piccoli e lontani.

Il vero segreto del mix è la "luce e l’ombra”,contrastare cioè un elemento con un altro. U-sando con cura l’EQ sottoforma di sottile bi-

lanciamento tra alte e basse, unitariamente a unriverbero corto come strumento per posiziona-re lo strumento creando l’illusione della distan-za, potete fare in modo che i vostri mix suoni-no in generale “più grandi”, ben di più che pro-

 vando a rendere ogni singolo elemento “gran-de” da solo.

Il “grande” sembra grande solo quando altri e-lementi sembrano piccoli. È facile dimenticar-sene, nell’eccitazione del missaggio.

f . Creare “spazio” nel mix

Non sono un grande fan di questo concetto,anche se so che molti spesso lo usano.

Questa tecnica deriva dalla scuola di missaggiodella “Tamla Motown”, quando per la prima

 volta la gente ha capito che l’EQ poteva essereuno strumento creativo, oltre che tecnico.

L’idea di creare “spazio” nel mix consiste inquesto: quando non riuscite a sentire bene unostrumento, allora cercate altri gruppi di stru-menti che, combinati, stanno oscurando lostrumento che non si sente. A questo punto po-tete, come gruppo, equalizzare in sottrazionequeste parti collettivamente per “lasciare spa-zio” allo strumento che non riuscite a sentire.

Potete “scavare” questo spazio indirizzando nelbanco quegli strumenti in un sotto-gruppo, equindi equalizzando il sotto-gruppo stesso, op-

pure (molto meglio, anche se ci si mette di più)applicando separatamente la stessa EQ sottrat-tiva a ogni strumento.

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Sono abbastanza contrario a questo metodo,perché filosoficamente mi sembra poco musica-le, e per i miei gusti è un rimedio un po’ tropporapido e farraginoso …

Poteva essere utile all’epoca della Tamla Mo-town, in cui le radio erano di scarsa qualità e sidoveva tirare fuori ogni trucco del mestiere perfar suonare il proprio mix meglio degli altri.Penso che al giorno d’oggi, nell’era digitale, siaun metodo meno valido. L’effetto in generalesuona artificiale per me e probabilmente ancheper chiunque ascolti con sistemi digitali di altaqualità, estremamente diffusi nel nuovo millen-nio.

In ogni caso uso anch’io questa tecnica, anche

se molto occasionalmente, come ultima spiag-gia, quando gli strumenti nel mix sembrano co-spirare tutti insieme per coprire la voce, e oc-corre quindi un’azione drastica.

g . Livelli automatici nel mix

 Amo questa tecnica! Ma non l’ho mai vista do-cumentata.

Ogni tecnico del suono ha familiarità con ilproblema di alcune parti del mix che di colpo

“sforino” su alcune note e coprano il mix. Lemoderne console di missaggio offronol’automazione proprio per questo. Ma questa èdavvero la soluzione? Se avete una certa espe-rienza, converrete che spesso questo accade insimili “sezioni” della canzone, e in intervalli dinote simili, che ripropongono ciclicamente ilproblema.

 Anche se potreste ricorrere ai fader automatiz-zati per risolvere questo problema con la forza

bruta (e ci possono volere ore per trovare i li- velli giusti), vi prego seriamente di provare a fa-re questo lavoro con l’EQ. Non solo risparmie-rete un bel po’ di tempo nella programmazionedell’automazione del mix, ma con l’EQ potreteottenere risultati tonalmente migliori con minorsforzo.

Spiegherò meglio l’uso dell’EQ nel paragrafo“Rifinire i livelli principali del mix”. Intanto ri-torniamo a missare il nostro brano. Dopo tuttoquesto era lo scopo, e abbiamo deviato un po’

troppo...

PASSO 8EQUALIZZARE E TRATTARE GLI E-LEMENTI PRINCIPALI DEL MIX

Riepilogando quanto detto finora, e utilizzandole tecniche descritte, spiegherò come applicarlea ogni traccia insieme ad altre tecniche, come lacompressione.

Per prima cosa, per ogni strumento, stabilite sesia necessario operare un’equalizzazione “di si-curezza”. Per equalizzazione “di sicurezza” in-tendo tagliare le basse, le alte, o entrambe, confiltri roll-off in modo da proteggervi da alcunieventi poco desiderabili.

Non dovreste farlo solo se strettamente neces-sario? È corretto inserire sempre i filtri e re-stringere il range sonoro quando potrebbe nonesserci alcun problema?

Forse. Dipende da quanto tempo avete a dispo-sizione. Ah... la magica parola “tempo” ! Quan-do si hanno tempi davvero ristretti potrebbedavvero essere necessario troppo tempo per farpassare ogni traccia e analizzare ogni problemaspecifico.

Generalmente parlando, il tempo in studio diregistrazione è sempre poco, e in ogni caso unaraccomandazione importante è quella di lavora-re in fretta (per fare in modo che le orecchienon si stanchino troppo), quindi non è rarotrovare un tecnico del suono che inserisca i filtriogni volta, come prassi. Non penso che sia“sbagliato”, a patto che non abbia effetti impor-tanti sulla porzione desiderata del suono.

Una volta “confinato “ il range delle frequenzecon i filtri, rimossa ogni armonica indesiderata e

potenzialmente problematica, arriva la parte di- vertente: fermarsi su un solo strumento e inizia-re a giocare con l’EQ su quel suono. Ora, primache qualcuno mi salti addosso, devo essere as-solutamente chiaro su un punto: per ora nonsto dicendo o raccomandando di usare realmen-te l’EQ!

 A questo punto, quello che state facendo non èusare l’EQ come uno strumento per modificareil suono (o almeno, non ancora…). Invece state

usando l’EQ come uno strumento per esplorareil suono, come un microscopio. Sfortunatamen-te questo è molto più difficile usando

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un’interfaccia “software” sullo schermo anzichédei controlli veri e propri. Se state usando unpacchetto integrato di registrazione ed editing multitraccia su PC, è possibile controllare l’EQusando qualche tipo di controller MIDI dotato

di fader o potenziometri veri, trovandolo piùfacile e intuitivo rispetto al fare tutto solo con ilmouse.

Per ogni suono, usate l’EQ per trovare quelloche “caratterizza” un determinato strumento.Muovetevi e stringete per localizzare esattamen-te dove sono le armoniche interessanti. A que-sto punto potete decidere se dovete enfatizzar-le, abbassarle o forse lasciarle completamentecome sono. Non equalizzate qualcosa per il so-lo gusto di farlo. Assicuratevi di capire perchéquello che state facendo può funzionare nellaprospettiva sonora.

Non sovresponete le caratteristiche dello stru-mento, a meno che intendiate posizionarlo mol-to indietro nel mix e a quel volume lo trovatetroppo poco definito. Piuttosto, per gli elementiche stanno suonando parti musicali indipenden-ti, provate ad accentuare “la voce” di ognistrumento in modo che semplicemente man-tenga il suo posto nel mix e allo stesso modo lo

riempia. Separate le parti tra loro usando la tec-nica del “posizionamento a distanza” descrittasopra.

Per elementi che stanno suonando insieme lastessa parte spesso è una buona idea non farlisuonare in maniera indipendente, ma anzi pro-

 vare a combinarli in un unico “grande” suono.Separarli potrebbe risultare difficile, in quantol’orecchio tenderà comunque a unirli. Serve po-co lottare contro le orecchie e il cervello pro-

 vando a convincervi che le due parti sono di-stinte. Dal punto di vista musicale non lo sono,e di solito sono state pensate per essere così eper essere unite in un nuovo suono, più grande.

Questo richiede un certo sforzo, ma può porta-re a risultati davvero notevoli. Provate a pensa-re alla voce “scat” di George Benson, che ac-compagna alcuni dei suoi assoli di chitarra, ecome la voce e la chitarra si mescolino insiemeper formare un nuovo e strano suono di chitar-ra. Ugualmente, missare ad esempio suoni sin-

tetici con archi veri può diventare molto più ef-ficace, e “grosso”, se si prova a creare un uniconuovo suono di violini anziché fare rimanere a

suonare il piccolo synth su una grande orche-stra.

È difficile descrivere solo scrivendo quello chesi può fare quando si lavora con ognuno deisuoni principali; comunque aggiungerò alcunebrevi osservazioni sul tipo di cose che poteteriscontrare lavorando su alcuni degli “elementi”più comuni. È in ogni caso impossibile coprireadeguatamente ogni strumento. Ci ho provato,e sono rimasto esausto dopo due soli esempi,per altro inadeguati… In più, questo interventoè già lungo... Sarebbe comunque sbagliato de-

 viare dallo scopo di questo articolo per parlaredei singoli strumenti, visto che qui sto cercandodi spiegare i principi generali del missaggio.

 A prescindere dallo strumento su cui state lavo-rando, sintetizzerei la procedura della equalizza-zione in questo modo: all’inizio come sorta di“microscopio” per esaminare il suono congrande attenzione al dettaglio per uno o dueminuti, quindi - una volta familiarizzato con leparti che costituiscono quel determinato suono- solo a questo punto potete decidere cometrattarle, e questo non necessariamente deve si-gnificare l’EQ.

Per esempio, giocando con l’EQ come stru-mento di ascolto, potreste scoprire che unostrumento (magari una chitarra) ha potenzial-mente molto “attacco”, finora non sfruttato.Come potete tirarlo fuori, questo attacco? Forsepotreste decidere di usare l’EQ, ma spesso que-sta smagrisce il suono, soprattutto le chitarre,trasformandole in un suono sottile, senza moltocorpo o profondità. Potreste invece decidere diusare un po’ di compressione con un attaccolento proprio per accentuare l’attacco dellostrumento.

Condivisione delle tracce

Infine, se alcune tracce contengono più di unaparte strumentale (la condivisione delle tracce èuna pratica comune se avete un numero di trac-ce limitato), a questo punto sarà molto probabi-le che le diverse parti abbiano bisogno di diversilivelli, EQ ed effetti.

Per mettere in ordine le diverse parti sulla stessatraccia, avete due opzioni:

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a) usare l’automazione in modo che le cor-rette regolazioni “entrino” al punto giustodella canzone;

b) duplicare la traccia e usare impostazionidiverse per la stessa traccia su due canali.

In un normale sistema analogico, l’opzione (b) èfacile, potete usare semplicemente un cavopatch per mettere la traccia su due canali. In al-cuni software per PC di fascia alta potete fare lostesso, ma non sempre. In altri sistemi su PCpotreste essere costretti a duplicare la traccia inmodo da ottenere due diversi canali nel mix.

L’opzione (b) è senza dubbio la più facile neitermini del necessario. Anche se automatizzarelo stesso canale in modo che cambi le imposta-zioni al punto stabilito può sembrare “furbo” e“sicuro”, è anche molto più lungo, e qualche

 volta può essere anche abbastanza difficile. Èmolto più facile mettere gli stessi suoni su duetracce su cui giocare manualmente, senza auto-mazione, in base al feeling. L’unica automazio-ne di cui preoccuparsi è quella dei “mute” chepassano da un canale all’altro nelle parti impor-tanti della canzone.

In un sistema completamente basato su PC, tut-

tavia, potreste trovare che l’opzione (a) sia mi-gliore, poiché potrebbe sfruttare meglio le ri-sorse della CPU, visto che ogni traccia o canaleextra tendono a usare più CPU. Un’alternativaal problema del consumo della CPU potrebbeessere quello di fare il bounce con le diverse im-postazioni delle due tracce e quindi ridurle auna traccia unica, salvando le tracce originali nelcaso possano servire in futuro.

 Aggiungere gli elementi principali: un rie-

 pilogoIl fattore chiave, quando si aggiungono gli ele-menti principali, è di non seguire un approccio“da prescrizione”, osservando ciecamente ogni“regola” sopra evidenziata. Dovete assicurarvidi aver capito davvero cosa ha da raccontareogni elemento, e come gli elementi interagisco-no gli uni con gli altri. Questo vi aiuterà a deci-dere sia il suono, sia la posizione stereo.

Usate le vostre orecchie, e guardate i controlli

solo se pensate di aver fatto qualcosa di sbaglia-to, o se volete ricordarvi alcune impostazioniper una sessione futura.

Ricordatevi: non esistono regole. Quello checonta è come suona alla fine, non la procedurateorica che si è resa necessaria. Soprattutto, perfavore, ricordate che tutto quanto affermatosopra è da intendersi solo come spunto e utile

suggerimento: sentitevi liberi di pensare il con-trario, se vedete che funziona meglio.

Forse potreste avere in testa dei metodi total-mente diversi, quindi sperimentate come volete.Ricordatevi, però, che più passa il tempo, più leorecchie si stancheranno e meno riuscirete aprendere decisioni importanti. Quindi, lavoratepiù presto che potete, e non spendete troppotempo su uno strumento. Altrimenti arrivereteben presto al punto di avere prosciugato total-mente le vostre energie mentali.

Non abbiate paura di usare anche un po’ dicompressione estrema in alcune delle partiprincipali, se dentro di voi credete che sia giustofare così. Spesso rimango stupito di quantacompressione sia necessaria per alcune parti etuttavia quanto l’estrema compressione non siaancora particolarmente avvertibile nel mix (adeccezione della compressione “finale” del mix,che è davvero molto avvertibile, se eccessiva).

Fate comunque in modo che il compressorenon stia comprimendo sempre, altrimenti nonlo state sfruttando bene. Nelle parti a basso vo-lume di una performance non dovrebbe prati-camente essere visibile alcuna gain reduction, opochissima (è molto utile che il compressoreabbia un indicatore della gain reduction). Se iled della gain reduction sono sempre accesi, a-

 vete sicuramente il controllo della threshold(soglia) troppo basso, a meno che stiate usandoapposta il compressore per aggiungere“punch”, e allora siete scusati. Altrimenti, uncompressore con la soglia impostata troppobassa lavora solo come un controllo di volume,ed è semplicemente inutile.

 Aggiungere le percussioni

Non dovete per forza aggiungere le percussionidopo gli elementi principali, certe volte ha sen-so farlo anche prima, quando avete già a postola batteria, il basso e i pad. Dipende dalla can-

zone. Personalmente preferisco aggiungere lepercussioni tardi, nel mix, perché si può avereun’idea più chiara di come le percussioni stesse

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contribuiscano davvero al mix. In più offronola possibilità di una tregua, dopo aver lavoratosulla batteria e il basso, che già hanno picchiatobene sulle vostre orecchie.

I concetti sono simili a quando si lavora suglielementi principali. Ascoltate cosa “ha da dire”ogni parte: questo vi aiuterà nel posizionamentostereo. Alcuni elementi dovranno sembrare ap-partenenti alla batteria (cabasa, tamburello emaracas, che spesso lavorano insieme all’hi-hat). Altri saranno abbastanza diversi (come letimbales) e meriteranno di essere fatti sentireper poco, altrimenti saranno noiosi.

Quando missate, non dovete usare tutte le percussioni. Generalmente è meglio davve-

ro non farlo.La ragione deriva dal fatto che, quando si regi-strano le percussioni, si tende a esagerare. Se nemettono un sacco, con l’idea che “si possanosempre togliere più tardi nel mix”. Questo nonè sbagliato, ma considerate di usare le automa-zioni nel mix per farle sentire solo in determina-ti punti che necessitano di un po’ di colore.

Equalizzando le percussioni, ricordate chese volete più alte, togliendo le basse e le

medie frequenze otterrete delle alte molto più morbide rispetto ad averle tirate su conl’equalizzatore.

Non è che un metodo sia migliore dell’altro;producono semplicemente risultati diversi.

Per esempio, elementi che suonano per tutta la canzone,come congas, maracas, cabasa e simili, per un suonomorbido di solito rispondono bene all’EQ sottrattiva (riducete le basse e le medie frequenze, anziché aumenta- 

re le alte), altrimenti stancano e danno fastidio. Altri elementi che compaiono solo per poco, come le timbales,traggono vantaggio dal "thwack" che si ottiene solo con il boost delle alte frequenze.

Inoltre, nel caso particolare in cui qualcosadebba rinforzare una ritmica importante, tipoun tamburello a tempo con il rullante, questosuono può beneficiare dell’energia supplemen-tare data dal semplice boost delle alte frequen-

ze, per separarlo dal tamburo con cui è in com-petizione.

Generalmente per la maggior parte delle per-cussioni di solito si elimina un discreto quanti-tativo di basse frequenze per fare in modo che“taglino” nel mix. Bonghi e congas, a prescin-dere da come siano stati registrati, di solito

 vanno “snelliti” perché possano sentirsi in undenso mix pop.

Nel missaggio delle percussioni il nostro amicoriverbero corto diventa di particolare impor-tanza. Per ottenere un effetto davvero spettaco-lare, provate ad essere generosi con il riverberocorto e fare in modo che la percussione esca daiconfini del resto del mix, in modo che suoni piùindietro e allo stesso tempo più grande, “cir-condando” il mix anziché rimanere nel mezzo(a meno che stiate ricreando un sound discoanni ’70, in questo caso lasciatela abbastanzaasciutta). Se date questo grande spazio usandoun riverbero corto, spesso è molto più efficacese usato solo su alcune parti del mix (come unbreak di percussioni), altrimenti se rimane cosìper tutta la durata della canzone può stancare edistrarre dal resto del mix.

Bilanciare i livelli delle percussioni è un lavorodelicato, ed è meglio farlo tenendo basso il li-

 vello di ascolto su monitor piccoli, altrimenti si

corre il rischio che uno degli elementi (tipo unaclap, o un tamburello) dominino il mix finale.

La cosa più importante: la voce

Ironicamente, dopo tutti gli sforzi profusi perarrivare a questo punto, c’è una parte musicaleche se sbagliate, a questo punto potete anchebuttare via tutto.

Se non riuscite a fare bene la voce, tutto il tem-po e il denaro spesi fino qui vengono sempli-

cemente buttati nel water.Quindi, quali sono i vostri obiettivi?

Per prima cosa, state cercando di fare in modoche quello che dice il vocalist possa essere senti-to. Non voglio dire solo “sentito fisicamente”,ma anche “sentito emotivamente”. Questo haun impatto sostanziale sul tipo di operazioniche farete alla voce nella procedura di missag-gio.

Poi dovrete fare in modo che la voce “c’entri”con tutto quello su cui avete lavorato nelle ul-time ore.

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© 2004 Dreampoint Design and Engineering Ltd. - “How to mix a pop song from scratch” 29

Fortunatamente, se avete letto fin qui, dovrestericordarvi che ogni elemento è stato missatocon già presente un po’ di tutto. Così dovresteavere già ascoltato la voce per tutto il tempo incui avete missato, o almeno per un po’. Se non

l’avete fatto, quando alzate il fader potreste ave-re una brutta sorpresa. Potrebbe suonare in tut-to o abbastanza diversa da tutto il resto, e po-treste in quel momento capire che ci sarà moltoda fare, al suono, per fare in modo che possaamalgamarsi con il resto.

Ma la voce solista non dovrebbe essere “pura”?Non dovrebbe essere naturale, non compressa,senza EQ, con solo un po’ di riverbero prepara-to apposta?

Beh, all’inizio provate così. Potrebbe funziona-re. Se è così... ehm, allora è stato facile… saltatepure il resto di questo passo!

Con ogni eventualità, non sarà così. Se fin quiavete fatto un buon lavoro nel mix, allora tuttosuonerà in modo impressionante e lucido, men-tre la voce non suonerà bene come il resto.

Non c’è bisogno di dire che ci sono molti modidiversi per trattare una voce solista; si potrebbescrivere un libro solo su questo aspetto. In ogni

caso ecco alcuni suggerimenti.Pensate, per la voce, all’uso di un riverbero di-

 verso da qualsiasi altro riverbero usato sugli altrielementi del brano. Di solito il riverbero sulla

 voce beneficia di molta meno “attenuazione”( dampening  ) rispetto a un riverbero generico. Sepotete, provate a togliere un po’ di basse fre-quenze dalla mandata o dal ritorno del riverbe-ro. Sia la voce, sia il suo riverbero dovrebberoessere chiaramente udibili sopra ogni altro ele-mento della canzone, senza essere troppo alti.

Spesso una buona dose di  pre-delay sul riverbero del- la voce è particolarmente efficace, perché fa sembrare che il riverbero venga riflesso dal retro di un auditorio, op- 

 pure da una montagna o un canyon.

State attenti a non esagerare con il riverberodella voce, perché potrebbe sembrare “vecchio”o retrò, o semplicemente faticoso.

Potreste dovere “smagrire” un po’ la voce, o

aggiungere un po’ di altissime frequenze per da-re alla voce un po’ di lucido. Potreste anche do-

 ver usare un de-esser per compensare l’effetto

di questa EQ. Potreste anche pensare di usareun processore tipo Aural Exciter per aggiungerepiù alte senza sibilanza, o provare a far passarela voce in un encoder Dolby (come se si fossein registrazione), che la renderà più chiara.

“Spegnere i Dolby”, sia sulla voce solista, sia suicori, era una tecnica standard ai tempidell’analogico.

Se la voce necessita di compressione, aspettate- vi di impiegare un certo tempo per regolarla.Nella voce solista la compressione è partico-larmente in evidenza, quindi prendetevi tutto iltempo per ottenere quella giusta. State cercandodi rendere la voce “ presente” per la durata del-la canzone, senza che suoni schiacciata o co-stretta: la voce dovrebbe, di solito, essere spa-ziosa e aperta, nonché libera di muoversi libe-ramente. Una voce overcompressa in realtàsuona claustrofobica! (anche se, naturalmente,talvolta questo può essere l’effetto desiderato).

 Altre volte vi capiterà di dovere “espandere”una voce registrata male e overcompressa, perriportare in essa un po’ di “vita”. Se pensavateche impostare un compressore fosse difficile,allora provate a impostare un expander per cor-reggere una voce solista troppo compressa!

Credetemi, dopo un’esperienza simile, non vor-rete più stra-comprimere una voce in registra-zione!

Spesso uso il chorus sulla voce solista. Cosa? Ma si può  fare? Sì che si può fare. Beh, non sto parlando di rovi- nare la voce o farla sembrare doppiata, bensì mi riferiscoa poco, poco chorus, molto lento e a un livello molto bas- so. Il livello dovrebbe essere tale che l’effetto chorus in sé sia non udibile. L’effetto risultante, in realtà, è che le alte frequenze suonano più “piene” e la voce suona più “grossa” e più potente in un modo che è difficile descrive- re. Dovete provare per capire cosa vi sto dicendo. Mi rac- comando, poco, poco chorus con valori molto blandi.

Certe volte l’uso di un equalizzatore “retrò”come un Pultec, o altri equalizzatori valvolari, vipermette di cambiare il suono della voce, senzafare in modo che sembri equalizzata delibera-tamente. Ho visto personalmente un Pultec“salvare” un mix che sembrava assolutamente

“inchiodato” perché, qualsiasi cosa si facesse, la voce non si inseriva nel resto della canzone.

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Due minuti con un Pultec, e la voce era perfet-ta. Ma non sempre è una cosa così infallibile.

Di solito usate sulla voce solo gli effetti e i pro-cessori di migliore qualità. Se li avete già usatiprima, nel mix, provate a pensare di cambiarli eusarli solo per la voce, mettendo sugli strumentialtre macchine meno importanti.

Un delay con un buon feedback, sincronizzatoalla battuta, o magari in terzine, può funzionaremolto bene sulla voce. Spesso può funzionareper tutta la canzone, altre volte va meglio quan-do accentua qualche parola alla fine di determi-nate frasi. Attenti a non esagerare, o suoneràtutto molto “kitch”....

Fate una verifica finale sul suono della voce eassicuratevi che non sembri “troppo effettata”.L’orecchio umano è particolarmente sensibilealla voce (visto che tutti i giorni probabilmenteascoltiamo la voce umana più di ogni altro suo-no), e le parti vocali possono evidenziare subitocerte brutte scelte di processi o effetti. Quandosuccede questo, sembra che la voce “ricada insé stessa” o “sia stata fatta a pezzi, digitalmen-te” (anche in sistemi analogici !).

I livelli delle voci dovrebbero essere fatti

con un ascolto davvero a basso volume. Assicuratevi che le parole si capiscano benea qualsiasi livello di ascolto.

I cori

Le voci dei cori devono suonare come un bloc-co ben controllato di armonie perfette. Di soli-to, quello che avete prima del mix non è nientedi tutto questo.

Quindi, come le mettete a posto?Supponendo che abbiate delle armonie di rin-forzo registrate su singole tracce, la prima cosada fare è di fare in modo di unirle in modo daottenere un effetto piacevole. Per fare questo,avete bisogno di un certo “orecchio” musicale,quindi fate qualche prova, fino a ottenere unbel suono “corale” tipo accordo.

 Ascoltare i cori da soli, senza nient’altro del mix(a differenza degli altri elementi), è generalmen-

te il modo migliore per iniziare. Fate un piccolomix stereo delle parti vocali, con riverbero indi-

 viduale (in send, n.d.r) su ogni singola parte.

Questo serve perché alcune armonie, nel grup-po, hanno più bisogno di riverbero. Potresteaggiungere un po’ di riverbero individuale, cor-to o lungo, per dare a ognuna di esse un po’ dispazio proprio, ma spesso questa non è una

buona idea, perché state cercando di consoli-darle in un insieme armonioso, non di farlesembrare un gruppo di elementi singoli. Il “pa-norama” spaziale che state cercando di ottenerein stereo si fonda molto di più sul creare un bel“blocco” sonoro, anziché separare i vari ele-menti dell’armonia.

Solitamente i livelli delle voci dei cori nonc’entrano l’uno con l’altro. Quindi comprimetefino alla morte. Sì. Va bene fare così in unbrano pop. Sentitevi liberi di esagerare abba-stanza.

I cori di solito si sentiranno nel mix a un livelloabbastanza basso, quindi la compressione nonsarà evidente, e comunque migliorerà il suono!Dovete vederli come un blocco statico, con po-chissima dinamica. Se necessitano di un po’ didinamica, allora (a differenza di altri strumenti)è meglio comprimere molto le voci una ad unain modo che vadano bene l’una con l’altra,quindi aggiungere un po’ di dinamica a mano,

con movimenti automatizzati del fader sulgruppo intero dei cori.

Se i cori non suonano abbastanza “grossi” osemplicemente suonano “stonati” (un problemacomune), allora spesso una buona idea è ag-giungervi un po’ di chorus.

Se avete un chorus “true stereo” provate a impostarne il ritorno (o la mandata) del chorus in modo che sia oppo- sta. Per esempio: le parti a sinistra con un chorus sulla destra, e viceversa. Questo crea un bel suono stereo per i 

cori senza rischiare un’eccessiva separazione sulle singole  performance.

Verificateli in mono per vedere di non avere aggiuntotroppo chorus (non dovete farle sembrare “effettate”). Un altro buon motivo è l’essere sicuri di mantenere un bel suono “compatto” anche quando il mix viene riprodottoin mono.

Per ingrossare ulteriormente i cori, provate sia ausare un exciter come l’Aphex, sia un encoder

Dolby, o molto semplicemente aggiungete unpo’ di altissime (12 kHz), con un de-esser, se

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necessario, per eliminare ogni sibilanza intro-dotta.

Infine, considerate di comprimere anchel’intero mix stereo dei cori. Sì! Ancora com-pressione! Sono impazzito del tutto?

Per nulla. Comprimere il gruppo ha un effettodiverso rispetto alla compressione individuale, espesso entrambe sono necessarie per ottenerequel “muro di suono” che rende spettacolari ibei cori pop.

Se usate un sistema su PC, a questo punto po-treste dover fare il bounce del mix dei cori perritornare a una CPU un po’ più performante.

Se i cori sono già pre-missati in stereo, dovete

sperare che siano stati combinati usando le tec-niche sopra descritte, altrimenti provate ad ag-giungere alle singole tracce EQ, chorus stereoopposti, exciter, compressori, eccetera, e vedetese funziona. Quando si lavora con un premixstereo dei cori, spesso si dovrà usare l’EQ sullemedie, con una Q stretta a metà del range dellenote delle armonie, per “tirar fuori” o “soppri-mere” le parti delle armonie che non sono statemissate bene insieme.

Che cosa? Pensavate che una cosina come i cori

fosse facile?

PASSO 9RIFINIRE I LIVELLI PRINCIPALI DELMIX

 A questo punto dovreste avere un mix relati- vamente eccellente, certamente molto meglio dicome abbiate mai sentito la canzone in prece-

denza. In alcuni punti, tuttavia, l’equilibrio deglistrumenti potrebbe essere sbilanciato. Vale lapena di tirarsi indietro con la sedia per una pic-cola pausa (altro the e biscotti?) e quindi ria-scoltare il mix, magari su monitor più piccoli e a

 volume molto più basso. Di solito, se sto fa-cendo una piccola pausa del genere, mi piacesedermi in una parte diversa della stanza, maga-ri sul divano in fondo, e ascoltare davvero abasso, basso volume, cercando di non ascoltare.

Magari ascolto anche fuori dalla regia con la

porta chiusa (e non sono l’unico a farlo). Que-sto ti dà un’altra prospettiva e quasi tutti noi

siamo abituati al suono dei dischi di una stanzaaltrui, con la porta chiusa…

 A questo punto prendo appunti su carta o men-talmente.

 Ascoltare a basso volume è sempre un ottimomodo per aprire gli occhi (o dovrei dire le orec-chie?). Per qualche ragione, nonostante non siriesca a sentire il dettaglio dei singoli suoni par-ticolarmente bene, a basso volume si possonocertamente sentire gli squilibri di livello con unaqualità sorprendente.

Questo non vuol dire che non si debba ascolta-re sui (grandi) monitor principali di riferimento,se presenti in studio. I monitor principali instudio sono costosissimi (40.000 $ non è un co-sto inusuale per una coppia di tali monitor) e laragione, in parte, risiede nella qualità e defini-zione nei suoni riprodotti. Per questo i monitorprincipali sono eccezionali per essere sicuri diaver tirato fuori il giusto “dettaglio” nel suono edi aver risolto problemi di conflittualità tra dif-ferenti sorgenti sonore, in particolar modo nellaregione che va dalle frequenze medio-basse allebasse.

La zona delle basse frequenze tende a suo-

nare quasi sempre abbastanza bene sullecasse piccole. Per questo assicuratevi di sentireil brano sui monitor principali per potere capirebene la reale confusione esistente in quelle fre-quenze, lì in basso. Questo diventa particolar-mente importante se il disco deve essere suona-to in club o locali notturni.

Se non si dispone di monitor grandi, allora lamiglior cosa da fare è ascoltare a un volume ra-gionevolmente alto da sentire (e percepire) lefrequenze basse in maniera corretta, quindi ri-

portare i monitor a un livello più basso il piùpresto possibile. Ascoltare ad alto volume perperiodi prolungati stancherà presto le vostre o-recchie e a lungo andare rovinerà l’udito.

Nella maggior parte degli studi non si perdetempo ad ascoltare il mix a basso volume suimonitor grandi.

Di solito i mix suonano un po’ scarsi a basso volume e “diventano vivi” soltanto ascoltandoli

a volumi da medio ad alto. Questi monitor so-no calibrati per livelli medio-alti e spesso sicomportano in maniera molto diversa se spinti

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poco. Se desiderate ascoltare a basso volume,fatelo invece sui monitor piccoli, near-field .

Utilizzare una selezione di diversi monitor a di- versi volumi d’ascolto permette di “esplorare” ilmix a differenti livelli di dettaglio. Scrivete spes-so documenti o fate disegni al computer? Sì?

 Allora potete pensare all’ascolto a basso volumesu casse piccole come a uno “zoom out” delmix così da poter vedere l’insieme complessivo,mentre l’ascolto a volume abbastanza alto suimonitor principali equivale a zoomare in manie-ra ravvicinata sul mix, per vederne il dettaglio.E’ necessario vedere il mix da tante e varie pro-spettive così da avere un risultato rifinito e cu-rato per un ascolto in diversi ambienti.

Un riassunto del monitoraggio potrebbe essere:

• ottenere il suono corretto a volume medio-alto (utilizzando, se possibile, i monitorprincipali)

• ottenere l’equilibrio corretto a volume bas-so (su casse medio-piccole), facendo piccoliaggiustamenti sui suoni quando necessari.

E’ interessante notare che, quando si raggiungeun corretto equilibrio nel mix a volume moltobasso, raramente (o mai?) questo suona malequando lo si ascolterà successivamente a dei vo-lumi più alti. Il contrario non succede quasimai. Se avete mai fatto un mix ad alto volume,sono sicuro che avete già provato un’amara de-lusione quando, riascoltandolo qualche giorno,si scopre che i livelli sono da tutte le parti. Certimix che ho fatto a volume troppo alto suona-

 vano decisamente imbarazzanti a volume nor-male.

 Anche se la vostra musica è destinata ad ascoltiad alto volume (heavy metal o musica da disco-teca), dovreste comunque fare il bilanciamen-to dei livelli a basso volume, altrimenti i mixsuoneranno molto scarsi quando saranno ascol-tati in radio o in macchina.

Solitamente l’unico modo di recuperare un mixfatto male, è quello di comprimerlo ed equaliz-zarlo pesantemente in mastering, cosa che è ve-

ramente poco desiderabile poiché porta a tuttauna serie di effetti collaterali indesiderati.

Dato questo avvertimento, ora possiamo scen-dere nei dettagli sull’arte del bilanciamento deilivelli.

Spesso la prima cosa che gli inesperti fanno aquesto punto e di attivare l’automazione e pro-grammare i movimenti dei fader. Io resisto aquesta tentazione. Attiverò l’automazione eprogrammerò i “mute”, ma per ancora un po’lascerò i fader ancora in modalità manuale.

Il mio punto di partenza preferito è quello dinon automatizzare i fader, bensì ascoltare atten-tamente quale sia davvero la fonte del proble-ma. Se un certo strumento “salta fuori” dal mixsempre in determinati punti melodici del mixstesso (oppure sembra scomparire sempre in

determinati punti) allora ci sono due modi perfar sì che il problema si corregga da solo senzafar ricorso alle automazioni. In primo luogo po-tete provare qualcosa con la compressione: ve-dere se riuscite, con un certo compressore, a ri-solvere automaticamente il problema. In secon-do luogo, potete provare ad equalizzare la partein questione in modo che l’EQ faccia scendereo salire il livello del suono in determinati puntirilevanti del range melodico.

Bisogna notare che questo non è lo stesso uti-lizzo dell’EQ usata finora nel processo di mis-saggio. Fino qui si è utilizzata l’EQ per rimuo-

 vere risonanze spiacevoli, lavorando cioè di finocon una banda molto stretta su frequenze speci-fiche, oppure per esaltare il suono ad un livellopiù generale, giocando cioè con le subsonichedel suono (EQ sulle basse frequenze), oppurerifinendo le armoniche superiori del suono a3Khz o frequenze superiori.

Quello di cui si sta parlando qui è l’utilizzo

dell’EQ in punti molto specifici all’interno delrange melodico, il che implica bande abbastanzastrette proprio nel mezzo del range d’estensionereale dello strumento e non nel range delle ar-moniche superiori (a cui generalmente si associal’EQ per il miglioramento del suono).

L’utilizzo dell’EQ e della compressione comestrumento di bilanciamento dei livelli tende adessere interattivo rispetto alle due tecniche. Lamodifica di uno dei due elementi (compressio-ne o EQ) influenza in un certo modo il risultato

raggiunto dall’altra, così dovete trovare un equi-librio molto delicato tra queste due tecniche per

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fare in modo che lo strumento si comporti adovere.

Perché fare così quando si possono auto-matizzare i fader?

Primo: è considerevolmente più rapido. Utiliz-zare questa tecnica per ottenere il giusto bilan-ciamento in una parte della canzone (control-lando accuratamente di non aver distrutto il li-

 vello nelle altre parti), di solito significa che lostrumento “starà a posto da solo” pur tutta ladurata della canzone. Sebbene sia spesso possi-bile nei sistemi di missaggio automatici copiare imovimenti di uno specifico fader da una parteall’altra della canzone, questo processo spesso è

macchinoso, dispendioso in termini di tempo ecosì noioso che molti preferiscono programma-re l’automazione a mano per tutta la durata del-la canzone, operazione che comunque richiedetempo.

Secondo: l’altra buona ragione per cui utilizzarel’EQ e la compressione come strumenti per ilbilanciamento automatico dei livelli nel mix, èche tende a portare ad un risultato molto piùmusicale. Utilizzare l’automazione dei fader perraggiungere gli stessi risultati implica di solitotanti piccoli movimenti per “seguire” la melo-dia”. L’EQ e la compressione possono farequesto automaticamente, se ben regolati. Anchefacendo un buon lavoro, è ancora abbastanzaprobabile che si abbia bisogno di fare ancoraqualche movimento con i fader, ma comunquequesti movimenti tendono ad essere per loronatura “generali” piuttosto che fini e macchino-si.

Terzo: l’utilizzo dell’EQ e della compressione

per bilanciare i livelli rende la vita considere- volmente più semplice quando non si ha alcunsistema di automazione. Molti hanno fatto ameno dell’automazione per anni, e continuanoa fare ottimi dischi. Questo è uno dei modi gra-zie al quale questo è stato possibile.

 Allora, che fare se non si possiedel’automazione?

Se non si ha un sistema di missaggio automatiz-zato (cosa molto comune nei project studio che

utilizzano banchi di missaggio analogici), nonc’è bisogno di farsi prendere dal panico. Nulla èperduto e potete ancora ottenere ottimi risultati.

Prima del missaggio automatizzato si faceva inquesto modo:

Primo: usate l’EQ e la compressione per lascia-re che il mix si regoli da sé, come sopra descrit-to.

Secondo: anziché registrare le parti generate daun sequencer, potete farle suonare in tempo re-ale, “live”, e usare il sequencer software per au-tomatizzare i livelli del loro mix. Personalmen-te, di solito registro con un sequencer esternosu tracce audio separate, piuttosto che utilizzar-lo in tempo reale”, poiché ho meno errori, unasincronizzazione nettamente migliore (meno“colli di bottiglia” MIDI) e non devo aspettareche il sequencer ogni volta si agganci al sincro-no. Questo rende tutto il lavoro più facile, maanche il “live”, nel mix, è tutto meno che unproblema.

Terzo (il mio metodo preferito e ancora più ra-pido di prima): registrare su tracce audio tutte leparti scritte su sequencer, regolando i volumi diregistrazione a mano mentre si registrano. Que-

sto è molto più veloce rispetto a riprogrammareil sequencer e permette di mettere a posto “al volo” qualsiasi movimento sbagliato dei fader.Permette anche di ottenere una multitraccia dimaggiore qualità, nel caso in cui qualcun altrodovesse remissare il brano.

Quindi, nel caso in cui si siano registrati stru-menti veri (suonati), e abbiate a disposizioneuna console di missaggio “vera”, con fader rea-li, potete prendere una coppia di tracce vuote emissare su queste l’intera canzone, mentre la si

riascolta, intervenendo per registrare nuova-mente sopra le sezioni del mix in cui i livelli so-no diversi. Questa tecnica offre molti dei van-taggi associati al missaggio automatizzato, an-che se magari serve un amico per aiutarvi neimovimenti, nel caso doveste intervenire con-temporaneamente su molti fader. Èun’esperienza divertente per entrambi! Non c’èbisogno che l’amico sia bravo a missare, potetesemplicemente indicargli quali fader muovere,in quale posizione e quando. Per aiutarlo, pote-

te fare dei segni con il pennarello accanto ai fa-der. Questo è stato in passato uno dei tipici la-

 vori da assistente di studio e per molti è stato

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utile per imparare l’arte del missaggio. Ancoraoggi è un compito standard per gli assistenti nelmissaggio di colonne sonore per film, dove soli-tamente si ha molto più personale qualificatodisponibile ad aiutare nella procedura. Questo

rende tutto molto più veloce e godibile rispettoall’uso di un sistema di automazione compute-rizzato.

Infine, processo simile a quanto descritto sopra,utile nel caso in cui non abbiate una coppia ditracce libere su cui porre il mixdown: potetemissare l’intera canzone in sezioni separate suDAT, o su un registratore a bobine, e infine in-collarle tutte insieme, utilizzando se necessario,forbici e nastro adesivo… ottenendo, cioè, conun successivo editing, il mix finale. Sebbene siamolto dispendioso in termini di tempo e richie-da un po’ di lavoro prima che le sezioni possa-no essere ascoltate come un mix finale, si trattacomunque di una possibilità, ed è il modo in cuisi sono ottenuti mix complessi, senza automa-zione, per molti anni. Il lato negativo di questaprocedura è che sistemare eventuali errori di-

 venta un’operazione laboriosa, che implica loscollare le parti e riadattarle con cura su diversesezioni in un computer o su pezzi di nastrosparsi un po’ ovunque. Molti, me compreso,hanno perso un sacco di tempo rovistando sot-to una macchina a bobine per trovare una se-zione da venti secondi di nastro letteralmenteappiccicata sul pavimento insieme alle altre.

Cosa cercate di ottenere, in definitiva?

State cercando di ottenere un mix in cui, perl’intera durata della canzone, i livelli di tutti i di-

 versi strumenti suonino bilanciati. Questo non

significa che debbano essere necessariamente“costanti”, altrimenti si tratterebbe semplice-mente di un mix piatto. Se qualcosa diventa unpo’ alto di volume nel mix, non è per nulla ob-bligatorio abbassarne immediatamente il fader.Magari, il fatto che risalti un po’ in questo pun-to della canzone è giusto. Ascoltate attentamen-te, prima di agire. Potrebbe anche essere chetutti gli altri elementi, in quel punto, debbanoessere leggermente alzati, anziché stoppare quelsuono che in quel passaggio sembra insolente.

Come si fa?

Come già anticipato, il trucco per fare il bilan-ciamento dei livelli, è quello di ascoltare a basso

 volume, su casse piccole. Non è una cosa da fa-re a tutto volume sui monitor principali. Va be-ne fare in modo che il mix iniziale suoni bene

anche sui monitor principali, ma le sottigliezzedei ridotti movimenti dei fader non si riesconoa sentire in maniera appropriata a volumid’ascolto così alti. Cercate quindi di fare il bi-lanciamento dei livelli a un livello leggermenteinferiore a quello di un comune ascolto su unsistema hi-fi domestico.

Bisogna stare attenti a qualcosa?

Sì! L’errore più comune è quello di metterci ore

e ore a missare una canzone con l’automazione,muovendo delicatamente ogni singolo fader pertutto il mix, limando ogni piccola imperfezione.

 Alcuni mettono la traccia in “loop”, impiegan-do così molto tempo su segmenti di dieci o

 venti secondi, muovendo di conseguenza tuttosu e giù, in una “Ola” sudamericana di continuimovimenti dei fader.

Se procedete così, in realtà tutto il sistema diautomazione diventa un gigantesco e complessocompressore, che distrugge nel mix ogni sensodi dinamica e di movimento musicale. Quandolo si riascolterà, il mix non “ecciterà” più nes-suno. Un segnale di questo è che la dimensionedella canzone, in bytes (se si ha la possibilità dimisurarla), diventa enorme, poiché per tutta ladurata della canzone la quasi totalità dei fadercompie dei movimenti, anche se leggeri. Vi so-no movimenti di fader sovrapposti ad altri mo-

 vimenti, e così via. Questa non può essere unabuona cosa, no? Spesso state semplicementecontrastando alcuni movimenti errati fatti inprecedenza, e potrebbe valere la pena riscriverelo spostamento da capo, anziché rifinirlo incontinuazione.

 Tanta confidenza sull’automazione può portarea mix estremamente “blandi”, senza dinamica epoco vitali.

Quindi, non impazzite, ma fate solamente ciòche è necessario per mantenere l’equilibrio delmix ragionevolmente coerente, senza esagerare,in altro modo state sprecando le ore, e ucciden-

do sempre di più la canzone. A meno che unadeterminata band sia assolutamente senza spe-ranza, dovreste provare a lasciare ai musicisti

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l’espressione dinamica. Vengono pagati perquesto…

PASSO 10LA LUCIDATURA FINALE

È di nuovo il momento di una pausa!

Probabilmente a questo punto è meglio pren-dersi una bella pausa e non ascoltare più nulla.Quasi sicuramente sarete pressoché distrutti. Sedavvero vi viene sonno, fatevi un caffè forte. Seandate a letto adesso, le cose domattina suone-ranno diverse, e finirete a impiegare tutta lagiornata a rifare tutto, rendendo quello che ave-

te fatto oggi uno spreco di tempo. Meglio lotta-re e finire tutto oggi.

Quando siete pronti per continuare, ascoltateper pochi minuti qualche altro disco, a basso

 volume. Questo vi rinfrescherà le orecchie e viricorderà di come le cose devono suonare nelgrande mondo della registrazione che esistefuori dal vostro studio. Paragonate canzoni di-

 verse di artisti diversi. Ascoltate i livelli dei varielementi, soprattutto quelli della voce.

 Ascoltate quindi il vostro mix a livelli normali,come un hi-fi casalingo, e quindi ascoltatelo adalto volume (sui monitor principali se li avete).È molto difficile che a questo punto si debbacambiare qualcosa di importante, ma quello chenoterete probabilmente è che qualche parte saràleggermente troppo alta o bassa. Dovrebbe trat-tarsi di una sensazione “generale”. Dal momen-to che avete già equilibrato i livelli, non do-

 vrebbe esserci proprio nulla che necessiti digrandi cambiamenti.

Per cambiare i livelli globali di due o tre partiche abbiano bisogno di una fine regolazione,potete fare in due modi: o programmatenell’automazione generale un “trim” (regolazio-ne del volume globale) per le diverse parti, op-pure, e lo preferisco, semplicemente regolate ipotenziometri dei “trim” in cima al canale o alsuo equivalente software.

Spesso così è molto più rapido rispetto a stare aimpazzire con l’automazione, soprattutto ora

che siete stanchi ed è facile fare davvero qual-che sciocchezza, tipo cancellare il file del mixfinale… Succede davvero!

Una volta che tutto è proprio come lo desidera-te, è il momento di pensare se una compressio-ne generale del mix potrebbe portare qualche

 vantaggio.

Prima di buttarvi giù dalla sedia per far passarein un compressore economico le due settimanedi lacrime e sudore che sono state necessarieper portare la canzone fino qui, pensate se lacompressione sia davvero necessaria.

D’altro canto, non pensate che avendo com-presso individualmente ogni singolo strumento,una compressione generale non serva per nulla.

Le due cose sono abbastanza diverse e il com-pressore su tutto il mix risponderà all’equilibrio

degli strumenti in un modo ben diverso rispettoa un compressore individuale. Può valere la pe-na aggiungere un po’ di compressione sul mix atarda sera, visto che a questo punto conosceteormai intimamente la canzone... più che in pas-sato, ma anche più del giorno dopo. Ovviamen-te, potreste essere troppo stanchi, e rovinarecompletamente il mix.

Sulla compressione avevo scritto un articolo asé, ma in definitiva esiste una serie di ragioniper cui a questo punto potreste desiderare dicomprimere l’intero mix:

• il mix non suona abbastanza “forte”; 

• il mix non ha abbastanza “punch”, cioènon possiede “bong” e “boff”, malgradotutti gli sforzi profusi;

• avete lavorato molto duramente e il mix“c’è” quasi, ma manca ancora qualcosa.

Usare un compressore sul prezioso mix finale èun’operazione delicata, che richiede un ascoltoattento e molta concentrazione. Sarà opportunomettere spesso il compressore in bypass per ve-dere se state davvero facendo la differenza, oinvece state prestando un’attenzione eccessiva adelle minuzie insignificanti, che rendono lacompressione pressoché inutile. Se il compres-sore non crea una certa differenza, allora pro-babilmente non vale la pena usarlo.

Se non ne siete certi (e questo arriverà con

l’esperienza), allora dovreste lasciare tutto cosìcome è. Potete sempre comprimere il mix ste-reo un'altra volta. Se adesso rovinate il mix, do-

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© 2004 Dreampoint Design and Engineering Ltd. - “How to mix a pop song from scratch” 36

 vrete convivere per sempre con questo risulta-to.

Una volta fatto in modo che la compressioneabbia reso il mix il migliore possibile, potresteaddirittura prendere in considerazione un ulti-ma tornata per un lievissimo bilanciamento deisingoli livelli degli strumenti… è un brutto me-stiere, questo, eh? Forse il compressore ha fattoperdere al mix un po’ di basse frequenze? Pro-babile: l’effetto soggettivo del compressore èspesso una perdita delle frequenze bassissime.Forse alcune cose suonano un po’ troppo altedopo la compressione generale? Se pensate chesi rendano necessarie grandi modifiche, alloraprobabilmente non avete impostato bene ilcompressore. Quindi, rivedete le impostazioni osemplicemente scollegatelo: comprimerete ilmix un’altra volta.

La “lucidatura” finale dovrebbe durare da 15minuti a un massimo di 30. Ormai siete sfiniti.

Registrate il mix su DAT o CD ADESSO !

 Anche se pensate di ascoltare il mix nel compu-ter il giorno dopo per prendere le ultime deci-

sioni, fate comunque il mixdown su DAT oCD ! Questa è un’operazione importantissima.

 Tra oggi e domani possono accadere un saccodi cose. Alcune vecchie macchine outboard po-trebbero essersi raffreddate durante la notte esuonare diversamente il giorno dopo. Altre per-sone, o, nel mio caso, animali, potrebbero nonrendersi conto dell’importanza del vostro lavo-ro e cominciare inavvertitamente a cambiaredelle cose. Anche lo stesso mix, che si crede “alsicuro” nel computer, il giorno dopo potrebbe

anche non potersi ricaricare correttamente, o ilcomputer potrebbe andare drammaticamente incrash mentre lo state spegnendo per andare acasa. Ho visto succedere anche questo. Se lo la-sciate acceso, potrebbe prendere fuoco. In que-sto momento tutto funziona, quindi fate il mi-xdown e fatene subito una copia esterna, suDAT o CD. Cosa più importante: mettete al si-curo il master del mix e contrassegnatelo bene,senza possibilità di equivoci.

Ecco un aneddoto poco divertente: "  gash tape " è come vengono definiti i due o tre minuti di nastro vuoto su una bobina metallica lasciata alla fine di un nastro

master. Le bobine costano, quindi, se in studio ne serve una alla svelta, nel momento in cui si vede una bobina con sopra un po’ di “gash”, semplicemente si prende una lametta, la si spinge nel foro della bobina stessa e si ta- 

 gliano al volo tutti i strati del nastro. Tutto il nastro

vuoto finisce in piccoli pezzi sul pavimento o nel cestino,ed ecco, bella e pronta, una bella bobina vuota.

In uno studio di Londra, un mattino, il Produttore e il Tecnico del suono entravano nella regia stanchi e con gli occhi arrossati dopo un missaggio durato fino a tarda notte… solo per scoprire che un assistente aveva tagliuz- zato in pezzi da 6 pollici il master mix di Marvin Ga- 

 ye… scambiandolo per “gash tape”…

Storie orribili esistono anche per i nastri DAT.

Certamente non è raro scoprire che un DAT èandato perso, solo per scoprire molto più tardiche qualcuno della ditta di pulizie l’aveva fattocadere sotto i registratori multitraccia o sottoun rack di effetti. Archiviate sempre in manierasicura.

 Anche se lo studio va in pezzi durante la notte,o succede qualsiasi altra cosa, se avete custoditoal sicuro una copia del mix, rimarrete tranquillie sorridenti. Mi è già successo. Potrebbe esserequalcosa di poco grave, come una semplice in-terruzione di corrente per qualche ora, ma inogni caso vi renderebbe completamente impo-tenti, nel caso non aveste messo tutte le vostreore di lavoro in un supporto portatile tipo DATo CD. Se avete una sessione di mastering pre-notata il mattino stesso, potrebbe essere davve-ro un disastro.

Preparazione importante per il giorno dopo

Non andate a letto. Non ancora.

Senza cambiare nulla relativamente al mix, fatele normali operazioni di pulizia casalinga, tiposvuotare i posacenere o portare le tazze vuotein cucina. Incredibile a dirsi, ma potreste addi-rittura avere ancora voglia di ascoltare della mu-sica. Questo va bene, ma ascoltate a basso vo-lume. Resistete alla voglia di ascoltare di nuovoil mix. Per oggi, su questo avete finito. Perso-nalmente amo suonare il piano a coda Yamahadello studio principale per una mezz’ora, con le

luci abbassate.Perché fare questo? Perché se andate a letto a-desso, direttamente, non sarete rilassati, e, una

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 volta distesi, starete ancora pensando al mix.Quasi sicuramente sognerete il mix: nel sonnosognerete di muovere i fader. Potete fare deisogni strani e confusi sul mix se non vi siete ri-lassati prima di addormentarvi!

Mi è capitato di svegliarmi in piena notte, con ilsudore freddo, urlando: “Ho cancellato il nastromultitraccia! Ho perso tutto! Oddio, che faccioadesso!!!”, per capire, finalmente, che si era trat-tato di un semplice incubo! È un’esperienza or-ribile. Se vi capita di interrompere una notte disonno in questo modo, il giorno dopo sarete inuno stato tale da non potere fare più nulla.Quindi dovete rilassarvi dopo la sessione dimix, in modo da potervi fare una tranquilladormita.

PASSO 11RIEPILOGO

Se possibile, dovreste trovare del tempo per fa-re una “revisione del mix” il mattino successi-

 vo. Prima di parlarne, mi piacerebbe tuttaviaaggiungere dei commenti finali sulla proceduradi missaggio in sé.

La procedura, riassumendo, dovrebbe esserepiù o meno questa:

a) capire tutto della canzone e del materia-le registrato

b) impostare un “rough mix” completo

c) stabilire una buona base con batteria,basso e “pad” in un contesto

d) passare alla fase successiva, attivando le parti soliste e facendole funzionare

e) aggiungere la voce solista e i cori

f) aggiustare il mix in modo che funzioni per tutta la durata del brano

g) fare un’ultima revisione “generale” deilivelli, eventualmente comprimendol’intero mix

h) fare il mixdown

i) rilassarsi

j) dormirci sopraEppure, come ho già detto in precedenza, que-sto è in processo iterativo. Modificate e rivedete

tutto quanto è già stato fatto, facendo in modoche il mix prenda forma. In ogni caso, ad ognipassaggio successivo, le modifiche devono esse-re sempre meno radicali. Dovreste “chiudere” ilmix al “calare” della giornata, seguendo la natu-

ra. Alla fine del mix dovreste sentirvi sicuri diessere “molto vicini” a quanto vi aspettavate diottenere. Non dovreste pensare che qualcosa“potrebbe essere meglio”. Ecco perché le ses-sioni di mix di solito vanno avanti fino a notteinoltrata. Si tende a non vedere la fine, e si lavo-ra a oltranza, si lavora e si lavora fino ad avver-tire che tutto è perfetto. Quindi si va a letto do-po un breve periodo di riposo.

È difficile scrivere di questi argomenti sempli-cemente “sulla memoria” di quanto accade nellarealtà, e sicuramente avrò tralasciato qualcheaspetto importante. Riguarderò questo scritto ditanto in tanto per inserire eventuali commenti,o per aggiornarlo se mi accorgerò di aver di-menticato qualcosa. Per esempio, in una ses-sione di missaggio in analogico ci sono diversecose importanti a cui dovete prestare attenzio-ne.

Oltre all’ovvia importanza di essere sicuri che ilmultitraccia sia correttamente allineato e sma-

gnetizzato prima di iniziare il mix, e di missarecon la testina “repro” anziché con quella“sync” (visto che quest’ultima ha una caratteri-stica di diversa risposta in frequenza sulle alte),è importante ricordare di pulire le testine in al-cuni punti chiave del missaggio. Un nastro ana-logico, durante un mix, si sporca molto e dovre-te usare una bella quantità di cotone per toglierel’ossido sulle testine. L’ossidazione può ancheinfluenzare il nastro. Il master, dopo diverse oredi utilizzo, potrebbe diventare un po’ più scuro

e potreste aver bisogno di compensare. In ognicaso non dovrebbe diventare troppo scuro,poiché questo sarebbe il sintomo di un bruttoproblema, per esempio la magnetizzazione delletestine.

Infine, devo anche dire che le parti di questoscritto rappresentano la mia esperienza perso-nale in diversi anni di missaggio, ma non neces-sariamente corrispondono all’esperienza di tuttele persone nel mondo. Per questo motivo nonaffermo che questo sia il metodo “giusto” pertutte le occasioni. È certamente la mia esperien-za in molte sessioni di mix, e quello che ho de-scritto accade nella realtà nel 99% dei casi.

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Gli unici momenti in cui la procedura si disco-sta notevolmente da quanto descritto, è quandosi prova ad aiutare persone con meno esperien-za, che spesso partono improvvisamente per latangente e modificano radicalmente le tecniche

durante la sessione, finendo presto, in realtà, arifare il mix da zero. Di solito in queste occa-sioni non riesco a resistere a lungo, perché c’è ilreale pericolo che il mix non sia mai finito. Usa-te bene il vostro tempo e tenete d’occhiol’orologio. Non è bello lavorare in missaggi chedurino per più di un giorno.

L’ascolto del mattino dopo

Ora parliamo di cosa dovreste aspettarvi

dall’ascolto di “verifica” del mix, il mattino se-guente.

Per prima cosa, cercate di ascoltare solo voi,con al massimo un’altra persona. Potrebbe esse-re utile qualcuno dotato di esperienza che nonsia stato presente la sera prima. Magari un col-lega tecnico del suono?

L’obiettivo della verifica è semplicemente quel-lo di conefermare che il mix di ieri è sufficien-temente buono. Lo scopo è quello di non fare

alcuna modifica a meno che qualcosa suonidavvero male. Anche se la persona con voi sug-gerisce dei cambiamenti, non fateli così, senzapensarci. Potrebbero anche essere sbagliati.

Se operate in un ambiente di programmazionesoftware, potreste paragonare il lavoro del“mattino dopo” come a una sorta di debuging fi-nale prima di una release importante: dovete fa-re il minimo per mettere a posto un piccolo er-rore, o addirittura fregarvene. Se non è una cosadavvero grave, lasciatela stare. L’ultima cosa che

dovete fare è quella di mettere in discussionetutto. Soprattutto, evitate le reazioni a catena.

Cos’è una “reazione a catena”? Una reazione acatena avviene quando iniziate a fare modifichesu determinate cose, che a loro volta sono inrelazione ad altri elementi, e così via. Di solitoil discorso parte circa in questo modo:

- "Ooh, …alziamo un pochino quella percus-sione?".

- "Okay, facciamolo".- "Ah... adesso il rullante è un po’ basso. Lo

puoi schiarire?".

- "Adesso è più chiaro. Oh... La voce non èpiù “fuori”, adesso...".

- "Hai ragione, tirala su…".

- "Le chitarre sembrano perdere definizio-

ne...".- "Sì. Dovremmo pensare a usare un effetto

diverso...".

Prima che ve ne rendiate conto, avete smantel-lato il mix e rifatto ogni cosa. E tutto questo so-lo perché pensavate che quella percussione fos-se un po’ bassa. Ne valeva la pena? Se permet-tete che questo accada, dovrete restare in studiofino all’alba del giorno dopo, senza alcuna ga-ranzia di un risultato migliore.

La maniera per evitare tutto questo è prima ditutto considerare se è davvero importante faresubito una determinata modifica. Non riuscite asopportare la cosa così com’è? D’accordo esse-re perfezionisti, ma suonare il mix “concluso”può portare a molte decisioni avventate, di cui,nella fredda luce del mattino, non si percepi-scono le conseguenze.

Magari, tornando all’esempio di prima, la per-cussione era un po’ troppo bassa proprio per-

ché era in conflitto con qualcos’altro, la notteprima…

È molto facile dimenticare il motivo di alcunescelte, la mattina dopo. Se potete, lasciate tuttocosì com’è. Se dovete cambiare qualcosa, nelmomento in cui capite che la modifica potrebbeinterferire con qualcos’altro, tornate subito in-dietro lasciando tutto esattamente come eraprima. Non “sbilanciate” tutto il duro lavorofatto finora.

Non solo ho visto accadere questo molte volte,ma spesso ho assistito a situazioni in cui il“nuovo” mix, alla fine della “giornata di verifi-ca” (cioè dopo molte ore di modifiche), suona-

 va molto peggio del mix originale della seraprima!

Imparate a fidarvi di quello che avete fatto lasera prima: le uniche modifiche possibili da faredovrebbero essere quelle per le cose gravi. Lanotte serve per questo: giusto per capire se lasera prima eravate totalmente impazziti a causa

della stanchezza. Se il mix suona generalmentebene, lasciatelo stare. Non iniziate a muovere dinuovo i fader.

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Per questa ragione, cercate di non “invitare”persone importanti all’ascolto del mix al matti-no. Possono ascoltarlo in seguito. La sessionedel mattino è solo per voi, o al massimo per unamico o collega fidato. L’ultima cosa che dovete

desiderare è quella di mettere in pista metà dellaband, magari insieme a qualche discografico. Inbrevissimo tempo vedrete degli squilibrati chegiocano con i fader, nel tentativo di lasciare unapropria impronta sul mix. A questo punto ilmix è finito, ed è da considerarsi sacro, a menodi qualche errore davvero grave.

Se pensate di dover fare delle modifiche al mis-saggio, è vitale che prima di farle compariate ilmix di ieri con quello di oggi. Già: i due mixdevono suonare, ovviamente, identici. Riprodu-ceteli contemporaneamente e passate a casodall’uno all’altro per essere sicuri che siano as-solutamente identici in ogni aspetto, prima ditoccare qualsiasi cosa.

Meglio ancora, in un sistema digitale (truccoche ho scoperto da poco) mettete il primo mixin controfase con quello di oggi. I due dovreb-bero cancellarsi completamente e non dovrestesentire nient’altro che silenzio, salvo qualcheleggerissimo effetto di riverbero dovuto alla ca-sualità degli algoritmi digitali.

In più di un’occasione ho ascoltato un mix a cui“era stata fatta una sola modifica”, giusto perscoprire all’ultimo, proprio mentre stavo aspet-tando il taxi per andare a fare il mastering, che ilmix mancava di uno strumento importante acausa di un “mute” lasciato inserito per sbaglionella “nuova versione”, oppure che mancasseun effetto importante a causa di un cavo difet-

toso… Ora capite perché vi stressi sul lasciare ilmix così com’è, anziché cambiare qualcosa…

Se, dopo un paio di giorni, sentite obiettiva-mente la necessità di fare qualche leggera modi-fica, semplicemente parlatene con il tecnico delmastering, che userà l’EQ, comprimerà o faràqualcos’altro sul mix stereo finale per tirare fuo-ri (o eliminare) ciò che occorre per ottenere ilrisultato che desiderate. A questo punto questeoperazioni producono effetti migliori rispetto aritoccare il mix stesso e, dato che si processal’intero mix, verrà minimizzata la reazione a ca-tena che potrebbe accadere bilanciando di nuo-

 vo il mix con i fader. Un altro beneficio è rap-

presentato dal fatto che il tecnico del mastering ascolterà il mix con delle orecchie fresche, e, seriterrà l’equilibrio sufficiente, potrebbe addirit-tura forzarvi a lasciare il mix com’è, senza ulte-riori processi.

Per certi versi i tecnici del mastering sono i“medici” nel mondo dei tecnici del suono...“Dottore, credo che il mix non stia per nientebene...”. ”Davvero? Mi faccia dare un’occhiata...ecco... non è nulla di grave, cerchi di non pre-occuparsi. Prenda due di queste frequenze, cirivediamo domani...”.

Il mastering può essere davvero un’esperienzarassicurante...

Spero che questo articolo vi abbia fornito delleinformazioni sull’arte del missaggio e che possaaiutarvi a creare dei grandiosi mix in futuro.

Buona fortuna!

 Jeremy Wakefield [email protected]

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 Jeremy Wakefield  Come missare una canzone pop da zero

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Postfazionedi Teetoleevio

Chi è Jezar? 

 Jeremy "Jezar" Wakefield è un noto sound engineer londinese, attivo soprattutto negli anni ’90 tra mix di brani commerciali, colonne sonore e spot televisivi.

È nell’audio engineering professionale da oltre 25 anni.

Ha contribuito, tra le altre realizzazioni, al missaggiodi alcuni album, importanti e caratteristici di un deter- minato sound: 

The Style Council, “Confessions of a Pop Group” The Style Council, “Cost of loving” 

Ha lavorato ai Solid Bond Studios e per molti anni ai Pinewood Studios, London.

L’ultimo suo “indizio” lo si trova nel forum della Nati- ve Instruments.

Conclusioni 

Se siete riusciti a leggere fino qui… ne è valsa la pena,no? 

 Quello che Jezar mette insieme, in questo lunghissimoarticolo, è tutta una serie di concetti validi e di buon sen- so.

 Nel raccontare una procedura consolidata, imparata sul- la propria pelle nell’apprendistato tipico dei vecchi studi di registrazione londinesi, l’autore mette il neofita al ri- 

 paro da gravi errori e suscita, anche nel tecnico del suonodi maggiore esperienza, più di una riflessione sul propriomodo di missare.

 Anziché addentrarsi in tecniche complicate, esoteriche odescritte con parametri specifici e facilmente confutabili,(come confutabile è in definitiva tutta l’arte del missag- 

 gio), Jezar inizia partendo da alcuni punti fermi e pro- segue nel suo racconto della giornata tipica di un mix aggiungendo via via altri elementi preziosi, facendoci evi- tare molti errori già da lui commessi.

“How to mix a pop song from scratch”, oltre che essere una gemma nel frammentario e talvolta contraddittoriomateriale reperibile su Internet, descrive un completo“stile” di missaggio, facilmente adattabile anche a qual- siasi altro genere musicale.

Si tratta di un approccio al mix con caratteristiche e me- 

todi specifici, che corrisponde a ciò che in altri testi del settore è stato definito “London Style”.

Di particolare importanza sono anche le raccomanda- zioni sull’unicità del missaggio, sulla gestione del tempodisponibile e sulla freschezza uditiva, fisica e mentale necessarie per agire bene e ottenere determinati risultati.

Tenete da conto questo articolo e rileggetelo, ogni tanto. A me dà l’effetto di una fresca boccata d’ossigeno.

 Mi fa tornare subito in mente l’utile concettodell’apparente e disarmante semplicità del mix, tantocontrastante con l’enorme potenziale tecnologico che noi tutti abbiamo ormai a disposizione, spesso più che su- 

 perfluo, e di cui è ormai difficile non abusare, magari con risultati poco più che mediocri.

Succede perché ignoriamo quello che in definitiva deter- mina un mix realmente “killer”: un equilibrio perfettodi poche cose, almeno in apparenza…

Il semplice è efficace, il meno è il più.

Teetoleevio [email protected] 

Copyright © 2004

Dreampoint Design and Engineering Ltd.Last revision: 09/03/2004

[email protected]

 Titolo originale:“How to mix a pop song from scratch”

di Jeremy "Jezar" Wakefield

 Versione aggiornata di pubblico dominio,su Digital Audio Service:

http://www.digitalaudioservice.de/cms/show.php?dest=article_mixtricks&type=article&page=1

su Audiomelody:

http://www.audiomelody.com/index.php?/melodic/articles/how_to_mix_a_pop_song_from_scratch

traduzione in italianoNovalium - Matey - Eumir

Teetoleevio - Paco

adattamento e revisione Teetoleevio

elaborazione grafica e pdf Peteau

aprile 2007