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La storia e i miracoli di Fra Elia degli Apostoli di Dio

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UN ANGELO CON LE STIGMATE SI È FERMATO A CASA MIA

Fiorella Turolli Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (12.4-11) E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell' unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.

PAROLA DI Dio

PREFAZIONE "V'è davvero l'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico" (LUDWIG WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus, proposizione 6.522). E certamente una delle vette della ragione è rendersi conto dell'infinità di cose "che la superano" (BLAISE PASCAL, Pensées, 466), che la trascendono. L'assurdo, come il mistico, il miracolo, come il folle o il fenomeno paranormale trascendono spiegazioni istantanee e troppo facili; e la cosa si complica se l'inspiegabile entra di prepotenza nell'ambito esplicito della fede cristiana. La Chiesa Cattolica è estremamente cauta nell'attribuire origine divina e miracolosa a fenomeni paranormali (apparizioni, guarigioni, ecc.) che possono coinvolgere una o più persone. Anche nel nostro caso ci troviamo di fronte a qualcosa di "strano": Elia è al centro di una ricerca a volte affannosa di determinate persone desiderose di guarigione, del corpo o dello spirito poco importa, ma anche di fatti sensazionali; Elia vive momenti estatici, anche dolorosi, che come teologo non posso valutare finché sono in atto; Elia ha comunque una buona parola, un incoraggiamento per molti. Quello che rende interessante il suo caso per la Chiesa Cattolica è il suo riferire a Dio il buono che molti ritengono di aver ricevuto per suo tramite e lo fa nel contesto di una sua adesione personale alla fede cristiana così com'è vissuta nella Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica è chiamata in causa proprio dalla fede chiaramente affermata da Elia, molto più che dal concorso di popolo, il quale talvolta potrebbe essere ritenuto un po' troppo credulone, un po' troppo bisognoso di "pane e miracoli" perché schiacciato dal peso insostenibile della libertà (liberamente da DÓSTOEVSKIJ, La leggenda del Grande inquisitore, ne I fratelli Karamazov). Ma che cosa può fare? Innanzitutto Chiesa Cattolica sono tutti i battezzati che a vario titolo e in varie occasioni possono interagire con persone che, come Elia, si trovano al centro di qualcosa di "inspiegabile", ma che "si mostra". Nella Chiesa Cattolica c'è poi un Magistero ben preciso che ha il compito interno alla comunità cristiana di valutare detti eventi. Qual è l'atteggiamento in genere del Magistero cattolico in ordine a questi fenomeni? Il suo compito principale è quello di ricordare ai fedeli le parole di Gesù a Tommaso: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Gv 20,29). Non è dai fatti straordinari che deve nascere la fede anche se questi talora capitano e possono rientrare in un piano eccezionale di Dio. Quindi oltre all'invito di ricercare i fondamenti della propria fede nella vita ordinaria, costituita soprattutto dal frequente ascolto della Parola di Dio e dall'assiduità ai sacramenti, si aggiunge l'invito alla cautela anche perché un fatto inconsueto non ha necessariamente un'origine divina. All'invito alla cautela si deve poi aggiungere quello alla pazienza: infatti non è possibile esprimere un giudizio definitivo su un avvenimento ancora in corso; per questo motivo i santi sono riconosciuti tali solo dopo la morte. Nel frattempo si raccolgono dati, si cerca di capire, di fare esperienza. Il libro di Fiorella Turolli deve essere inteso come un contributo in questa direzione e il suo stupore non deve travolgere l'attento lettore che non dovrà trarre conclusioni affrettate. Fiorella è una preziosa testimone di alcuni eventi assai rilevanti e il suo libro ne è preziosa narrazione sia per il lettore della strada che per un lettore accreditato dal Magistero ecclesiale: infatti entrambi hanno bisogno di raccogliere elementi, di valutare, di ascoltare le testimonianze; con un'unica attenzione a non farsi coinvolgere troppo dalle emozioni che Fiorella Turolli con il suo stile semplice ed immediato, e pertanto assai comunicativo, riesce a trasmettere. Un'ultima avvertenza: non si chieda alla signora Turolli una precisione teologica meticolosa, essa è un'imprenditrice non una teologa! Si apprezzi piuttosto il suo desiderio di testimoniare quanto ha vissuto in prima persona e quanto ha fatto la fatica di raccogliere da testimonianze altrui in merito alle vicende che hanno Elia come protagonista.

Don Angelo Pellegrini DOCENTE DI TEOLOGIA PRESSO LA FACOLTÀ TEOLOGICA

DELL'ITALIA CENTRALE (FIRENZE) DOCENTE DI FILOSOFIA MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA (ROMA)

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UN ANGELO CON LE STIGMATE SI È FERMATO A CASA MIA

PRIMA PARTE

E’ STATO UN CASO 2 ottobre 2000 "Ciaaoo". Dal mio cellulare usciva una voce suadente, indefinibile, scherzosa di chi attende di essere riconosciuto. "Ciaaoo" rispondo io con lo stesso tono, in attesa di sentire qualche parola che mi permettesse di identificare il mio interlocutore. Sento un'impercettibile risatina e subito lo riconosco. "Elia, ciao come stai, hai fatto buon viaggio... aspetta che mi fermo perché son sulla tangenziale per Milano in un punto critico ecco fatto, dimmi" dico tutto d'un fiato. Il mio cuore calmo da un solo giorno ricomincia a battere all'impazzata. Elia inizia a parlare con tono beato: "Ciao, mamma Fiorella! Mi hanno fatto un'accoglienza meravigliosa, stupenda, non puoi immaginare quanto! Un posto magnifico". "Stai bene? Sei felice?". "Sono in pace. . . Ho già pregato nel coro" e poi, abbassando la voce, in tono più confidenziale, quasi sorpreso aggiunge: "Tu non hai idea degli Angeli che c'erano in chiesa..., tu non puoi nemmeno immaginare quanti!... C'erano moltitudini di Angeli, tanti, tanti... e una luce sfolgorante... vedevo luccichii tutt' intorno..." e in un sussurro aggiunge: "Poi mi sono accorto che ero io: la luce veniva da me!". "Elia, stai prendendo coscienza. Sono felice per te. . . Sei contento della tua scelta?". "Sì". "Elia, ti possiamo telefonare?". "Sì, da pure questo numero anche alle persone che conosco ma solamente nel pomeriggio dalle quattro alle sei. Comunque io terrò acceso anche il mio cellulare... Speriamo che mi chiamino perché io ho bisogno di essere in contatto con voi almeno attraverso un filo...". "Ed io potrò chiamarti tutti i giorni? Non vorrei distoglierti dalle tue meditazioni...". "Facciamo un giorno sì e uno no... Guai se non mi chiami! Ora devo andare. Ciao Mami". Di colpo ridiscendo sulla terra, riparto, raggiungo Milano dove mi attendono impegni di lavoro che ora riesco a sbrigare più facilmente senza la solita ansia. Strano, da quando Elia ha invaso prepotentemente la mia vita, tutto per me si appiana. Mi sembra che tutto sia più facile. 4 ottobre 2000 Sono le 9 e riprendo la scrittura. Questa mattina non vado in ufficio. Non hanno bisogno di me. Suona il telefono. "Ciao Mami!". Che Lui mi chiami mami mi sconvolge. Lui è un Illuminato. Quando parla di Divinità, di amore attraverso parabole stupende, quando tocca argomenti filosofici e teologici, con precisione certosina, quando pretende che tu lo comprenda... che tu cambi... lo fa con un'autorevolezza pacata che non lascia spazio a repliche. Assume un atteggiamento severo ed imponente, i suoi occhi lampeggiano e nella trattazione dell'argomento tiene testa a chiunque con una prontezza sorprendente, anche con persone di certa solidità sia di carattere che di cultura. Eppure con me a volte si trasforma in un candore infantile. "Ciao Mami" ripete "Come stai?". "Bene Elia, sto scrivendo". "Sai che dalla mia finestrella sono entrate due tortore che sto accarezzando?! C'è anche una gazza ladra e un corvo che mi sta beccando sul collo...". "È il giorno di San Francesco..." azzardo smarrita. Elia sembra non ascoltarmi nemmeno e scoppia in una risatina gioiosa. "Prima hanno bussato alla porta ed è entrato un frate. Vedendo il corvo si è spaventato e mi ha detto: 'Attento, quello è tremendo e ti beccherà di sicuro! '... Figurati!..." e ride.

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"Cosa farai questa mattina, Elia?". "Scendo in erboristeria ad aiutare il frate farmacista...". "Allora gli hai già detto che sei un bravo erborista!!". "Sì". Io cerco di assumere un tono normale e continuo: "Se impari qualche nuova ricetta, mi raccomando, mandamela... Veramente sarai tu ad insegnare loro... bravo come sei!...". Lui ride. "Ciao Mami". "Buona giornata Elia". Io mi ritengo una brava erborista. Ho scritto anche un libro in materia. Ho studiato, sperimentato ed esercitato per molti anni. Io sono brava perché ho studiato tanto. Lui è bravo perché "sa". Lui conosce rimedi "suoi" per ogni malattia. Quando indica una pianta o un vegetale, come ad esempio uno champignon crudo in un caso di tumore al fegato, io non comprendo per quale ragione lo faccia. Agisce al di fuori delle mie conoscenze. Manipola le piante con un'abilità rara. Il té alla menta che prepara lui alla maniera marocchina, con i vari travasi per ottenere la schiuma, ha un sapore più che eccellente. E Lui mi chiama Mami! Chiama me, Mami, ma perché io? Agosto 2000 Sulle tracce di Elia Di solito mio marito ed io passiamo le ferie estive al mare, in luoghi isolati, per la maggior parte del tempo riposando pigramente sotto una palma tra lunghe nuotate e altrettanto lunghe letture. Quest'anno invece, avendo un cagnolino di 15 anni, che l'anno scorso aveva sofferto terribilmente per la nostra assenza, abbiamo deciso di rimanere in Italia e di affittare un appartamento per poter portare con noi il nostro piccolo Romeo. Dove andare per trascorrere il mese di agosto relativamente tranquilli? Una sera d'inverno, ritornando da Milano, Gualtiero mi annuncia d'aver trovato un bellissimo appartamento in Puglia, sul mar Ionio, in una località mai sentita nominare e che questa combinazione gliel'aveva proposta Davide, il suo amico del cuore, dove da diversi anni trascorre le vacanze con la sua famiglia. "Com'è il mare?" chiedo. "Stupendo! Ho visto le fotografie... è come il Mar dei Caraibi". "Si può portare Romeo?". "Certamente, altrimenti non avrei preso in considerazione la proposta". "Bene, vada per la Puglia" . Mandiamo immediatamente la caparra e fissiamo per il mese di agosto. Purtroppo il 22-2-2000 (è impossibile dimenticare questa data) il nostro cagnolino muore, ma noi decidiamo ugualmente di andare in Puglia. E così partiamo. I nostri amici Liana e Davide con la loro bimba Maria Vittoria ci attendevano festanti al nostro arrivo. L'indomani visita alla proprietà e presentazione di tutti gli ospiti, inclusi i deliziosi proprietari del nostro appartamento Maria e Vittorio. Maria mi sembra una signora di poche parole, molto gentile ma riservata. La vedo passare la mattina presto, fare un bagno veloce e ritornare immediatamente nel suo patio. Lei non ama né il sole né la folla, e in questo periodo, si sa, la gente è tanta. Dopo una settimana circa, ricordo in un bellissimo pomeriggio dai colori forti e contrastanti, che me ne stavo intenta a leggere il mio libro giallo in riva al mare, quando vedo, poco lontano da me Maria seduta sotto l'ombrellone che mi sorride. "Buon giorno Maria, come mai sulla spiaggia?". "Ogni tanto rimango anch'io!... Ho sentito che siete di Bergamo...". "Sì, abitiamo in Città Alta". "Posso farti una domanda?". "Prego, di' pure...". "Non hai mai sentito parlare di un frate con le stigmate, che vive a Bergamo?". "Sapevo di un Frate che curava la gente con le erbe... ma ora è morto...". "No, quello che dico io si chiama Elia, è oriundo di qua, e pare che sia come Padre Pio: ha il dono della bilocazione, passa attraverso i muri, emana un forte profumo di rose...". "Mai sentito!" interrompo stupita.

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"Sono due anni che lo rincorro" continua Maria "ma non riesco mai ad incontrarlo. L'ho visto una sola volta, molto brevemente. Ora non so dove sia. A volte si mette in contatto con un mio cugino che è un suo amico carissimo. Proprio ieri mi ha detto che deve ritornare in convento. Forse prima, verrà a salutare i suoi genitori che abitano qui... Così spero di incontrarlo... Non so se poi tornerà a Bergamo... Nel caso mi accompagneresti da Lui?". "Volentieri...". "Che strano," penso "Abito a Bergamo da tutta la vita e non ho mai sentito parlare di questa persona! Eppure ne conosco di gente!". Passa altro tempo e tra me e Maria nasce una simpatia, basata anche su una certa comunione di vedute: parliamo dei nostri genitori e figli, dei casi della vita, delle letture che hanno influenzato la nostra educazione... scopriamo che ci interessano le stesse cose e che in fondo coltiviamo anche una certa spiritualità... E così passano una ventina di giorni. Il tempo è sempre meraviglioso, vengono a trovarci alcuni parenti e con loro facciamo gite stupende in questa terra così ricca di fascino e di storia. Naturalmente tutti i Santi finiscono in Gloria: attorno ad un tavolo nelle tipiche trattorie della zona all'insegna delle orecchiette e del vino "primitivo"... Per Ferragosto, tutti gli ospiti di Maria, compresi noi, organizziamo una festa con gara culinaria a premi. Uniamo i tavoli, ognuno prepara un piatto a sorpresa, e pranziamo tutti insieme all'ombra dell'eucalipto e dell'alloro... Poi le premiazioni... Chi vince il cappello da cuoco per il miglior piatto? Io, con le mie orecchiette alla ricotta salata! Certo che, ripensandoci, ho avuto un bel coraggio cimentarmi con un piatto tipico della Puglia, io che pugliese non sono...! Intanto le vacanze scorrono veloci... Manca una settimana alla fine del mese... Molti amici sono già partiti... Una certa malinconia tipica del fine estate ci pervade... Per fortuna che all'indomani vi sarà un'ultima occasione di festa. Maria ci ha infatti invitati tutti per il compleanno di suo marito Vittorio, e vi saranno anche i suoi cugini, amici di Elia. I miei cognati, mio marito ed io saliamo da Maria con una bottiglia di spumante e vediamo che un bel gruppetto di persone si è già accomodato attorno al grande tavolo del patio, stracolmo di torte e dolciumi vari. La padrona di casa ci presenta i suoi cugini Giuseppe e la moglie Pompea, due bei ragazzi di circa trenta anni, che da tre hanno la vita sconvolta da questo frate Elia. Lo racconta Maria, sottolineando che ogni volta che s'incontra con Giuseppe si finisce solo per parlare di Lui, e ora, anche Pompea che da scettica quale era, sembra credere profondamente all'evidenza dei fenomeni straordinari ai quali più volte ha assistito. Anch'io, curiosa come sono, mi intrometto subito nel discorso ponendo le domande più ovvie: quanti anni ha, dove vive, cosa vi fa credere che lui sia una persona speciale, e così via... "Elia ha 38 anni, è proprio come padre Pio, uguale, uguale..." inizia a raccontare Giuseppe. "Ha le stigmate da circa 10 anni e per tutto il periodo della quaresima non riesce a toccare cibo. A partire dal mercoledì della Settimana Santa sanguina dalla testa, dalle piaghe ai polsi ed ai piedi, dal costato, soffrendo terribilmente fino alle quindici del Sabato Santo... poi tutto scompare senza lasciare traccia". "Incredibile" interrompo. "Come mai nessuno ne parla?". "Lui è sempre stato in convento ma non ha mai voluto che si sapesse di questi suoi 'eccezionali accadimenti’. Persino sua madre ne era all'oscuro fino a quando qualche anno fa certe 'autorità ecclesiastiche' l'hanno informata. Dopo di che qui al paese lo hanno saputo tutti". "E ora dov'è?" continuo. "Ha lasciato il convento cinque anni fa nella speranza che quelle 'ferite' scomparissero. Ora vive e lavora a Bergamo. Ogni tanto viene qua... qualche giorno fa ha telefonato comunicandoci che sente molto la nostalgia del monastero e che sta per rientrare...". "Ma cosa fa di così importante per farlo somigliare a padre Pio?". "Innanzi tutto ha un caratterino bonariamente burbero che non te ne fa passare una liscia... Poi ti spiattella in faccia tutto quello che vede in te e che secondo lui non va bene... è un veggente straordinario...". "L'altro giorno," continua Pompea "mi ha telefonato dicendomi: "C'era bisogno di litigare in macchina con Giuseppe? Hai fatto la pace?". "Chi te lo ha detto?" gli ho chiesto come sempre sorpresa. "Non ti preoccupare, hai litigato sì o no?". "Era vero, infatti avevamo discusso animatamente.

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Così accade spesso con noi e altri amici. Ma ci sono dei momenti in cui repentinamente si trasforma e non capiamo come accada. Succede che mentre si stia parlando di un argomento qualsiasi assuma un atteggiamento austero, il suo viso da scherzoso si fa serio, gli occhi pare guardino un punto lontano ed inizia quindi a parlare con un tono di voce diverso ed autorevole... per me non è più lui!". Pompea e Giuseppe si guardano e sono d'accordo nell'ammettere che Elia parla di argomenti meravigliosi e difficili, a volte racconta parabole mai udite prima, comunque sempre inerenti alla grandezza Divina, all'amore, alla fratellanza, alla giustizia... Io ascolto, direi quasi rapita ... I due giovani coniugi continuano: "E poi emana un profumo meraviglioso.. . l'hanno persino visto in due punti diversi, distanti centinaia di chilometri... è stato in ciclo ed è ritornato...". A questo punto azzardo: "Nessuno gli ha mai chiesto dei favori, delle grazie particolari?". "Molte persone qui vanno a trovarlo... l'anno scorso una coppia che da dieci anni aveva fatto l'impossibile per avere un figlio senza mai riuscirci, è venuta da lui, c'ero anch'io, - dice Pompea, - perché sono miei cugini... Elia ha parlato con loro e alla fine ha detto con un sorriso: 'Andate a casa tranquilli, l'anno prossimo quando verrete a trovarmi sarete in 3... e così è accaduto. E poi c'è quel fatto di quel signore disoccupato che aveva 3 figli maschi e ne aspettava un quarto. Giovanni viveva come poteva lavorando saltuariamente... Aveva già 4 bocche da sfamare ed ora la nascita di un altro figlio costituiva per lui un grosso problema. Va da Elia ad esprimere tutta la sua preoccupazione... 'Dove ci sono tre figli, può mangiare anche un quarto ... ' gli dice saggiamente Elia e poi dolcemente aggiunge: 'Perché non ti vedo mai in chiesa? Apri il tuo cuore a Lui, che è più importante di me...'. Continuando la conversazione con Giovanni, Elia capì che la sua vera preoccupazione era quella di avere un altro maschio... e quindi rincuorandolo bonariamente gli disse. 'Vai a casa tranquillo, sarà una femmina'. Dopo qualche tempo Elia lo vide in chiesa con un'espressione raggiante. 'Ciao Giovanni, sei venuto finalmente...'. 'Elia, è bellissima...'. E di questi fatti ce ne sono tanti...". Pompea sembra assorta nel cercare di ricordare qualche altro episodio... "Avete mai pensato di prendere qualche appunto su di lui?" chiedo. "Non ci abbiamo mai pensato,... sì, potremmo farlo...". Giuseppe e Pompea mi sono piaciuti fin dal primo momento. Sono veramente una coppia risplendente di serenità e dolcezza. Lui più pacato e taciturno, lei frizzante e piena d'interessi come il teatro (recita in una filodrammatica), gli studi di medicina ed altre cento cose. È molto indaffarata ed il tempo per lei non basta mai tra la casa, le recite, gli studi, il lavoro... "Elia non vuole che mi dia troppo da fare... ora Lui vuole che faccia un figlio... non era nei nostri progetti immediati... ma Lui insiste...". E sorprendente come questa ragazza così bella, elegante, dalle idee molto chiare, sembri quasi soggiogata dalla personalità di un frate che vuole assolutamente che lei faccia un figlio... "Forse è veramente il momento" dico io. "Hai 30 anni e se continui a vivere così liberamente, sarà più difficile in seguito rientrare nel dolcissimo ma faticosissimo ruolo di madre...". E così si continua a parlare di Elia per tutta la sera. Mi rendo conto come Giuseppe possa provare sentimenti di continuo stupore, enorme rispetto, completa fiducia, totale resa nei confronti di Elia. Tutti i suoi dubbi sono ormai svaniti... Lui è cambiato, la sua vita è cambiata... Elia è per Lui il suo Angelo protettore, la sua guida. Pompea, che fino a poco tempo fa non aveva mai coltivato interessi spirituali, che non si era mai posta il problema della divinità, che era sempre stata scettica circa i presunti "poteri soprannaturali", come lo era stata inizialmente anche nei riguardi di Elia, anche se testimone di alcuni straordinari fenomeni, ora anche Lei ha sgombrato ogni dubbio. "Elia ha faticato con me!" dice scoppiando in un'allegra risatina. E poi continua: "A parte il fatto che Lui mi legge dentro in un modo profondo e inequivocabile, che interviene anche da lontano quando secondo Lui faccio una mossa sbagliata, insieme ai suoi Angeli, ricorre spesso a degli scherzi sorprendenti che mi lasciano senza fiato. Lui non è mai solo. Ovunque vada è sempre accompagnato da Lechitiel, il suo Angelo Custode e da altri angeli che vede e di cui ne percepisce la voce. Un giorno io e Giuseppe siamo andati a Bergamo a trovarlo accompagnati dai suoi cugini Nicola e Rosanna e dalla loro bambina. Allora Elia non abitava proprio a Bergamo, ma in un paesino a pochi chilometri dalla città. Il suo minuscolo appartamento era pulito e ordinato e, per farci

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festa, aveva preparato la tavola con candele, luci soffuse e dolce musica irlandese. L'atmosfera aveva un non so che di particolare e misterioso. A noi tutti sembrava di avvertire qualcosa di strano, forse era solo suggestione. Mentre eravamo a tavola il giradischi si spegne e si sente un clic come se qualcuno lo fermasse... Elia sorride e ritorna ad accenderlo. Dopo qualche istante si rispegne di nuovo ed Elia ritorna a farlo partire, ma il giradischi si spegne di nuovo. 'Scusate' dice Elia con un tono scanzonato, 'Voi sapete che io non sono mai solo, e questa sera loro vogliono giocare...'. Il racconto di Pompea continua: "A Pasqua dell'anno scorso era qui in Puglia e voleva trascorrere il suo Calvario nella sua vecchia camera, nella più completa solitudine. Giace nel suo letto sofferente e sanguinante... ha la schiena come flagellata da terribili frustate, la spalla destra slogata, sulla fronte si vedono nettamente i segni lasciati da una corona di rovi intrecciati. .. una corona alta circa 15 centimetri che gli scende sbieca dall'occhio sinistro all'orecchio destro facendoli sanguinare copiosamente... il cuscino e le lenzuola sono imbrattati di sangue... sui polsi e sui piedi si aprono grosse piaghe purulente come una profonda ferita da lancia sul costato... I suoi occhi sono annebbiati... Di tanto in tanto entra un parente per porgergli un po' d'acqua. Ebbene, durante questo suo martirio, Elia mi ha mandata a chiamare... Lui sapeva che io, nonostante tutto ero ancora scettica... Sono andata, Lui guardandomi dolcemente, ha preso la mia mano e l'ha affondata nella ferita aperta del costato... La mia mano è penetrata fino a toccare le ossa. Pompea non sembra particolarmente sconvolta nel ricordare questo episodio a dir poco traumatico. Glielo faccio notare. "Noi siamo abituati a lui... Nulla ci può più sorprendere". Noi tutti ascoltiamo, sapendo bene che questi fatti sono già accaduti e possono ancora accadere. Da parte mia invece è la prima volta che mi capita di sentirne parlare direttamente da un testimone oculare e sento in me un desiderio di gratitudine per avere avuto modo di conoscere persone senza dubbio degne e meritevoli di queste straordinarie esperienze. "E poi cosa successe la domenica di Pasqua?" incalzo. "Lui è come rinato, tutto è scomparso. Per incanto sta bene". "E così questi avvenimenti si ripetono da dieci anni...!". Ora è Giuseppe che racconta: "Una volta, quando Elia era ancora in convento visto che Elia non voleva nessuno nella sua camera, il priore decise di far sostare un fraticello fuori dalla porta della sua cella per tutto il periodo della passione; in caso di bisogno qualcuno avrebbe così potuto intervenire. Il frate non si mosse mai dal suo posto e durante le sue brevi assenze veniva immediatamente sostituito da un altro frate. Passano le ore, arriva il sabato pomeriggio... tutto tace. Arriva il Priore insieme ad altri frati e pensa: 'A quest'ora Elia dovrebbe star bene' e pian piano socchiude la porta della sua cella... cosa vede? Il letto imbrattato di sangue ma vuoto. Elia era scomparso. Nel trambusto generale i frati si chiedono da dove Elia fosse potuto passare. La finestrella della sua cella è troppo piccola per lasciare passare un uomo... Quindi tutti lo cercano correndo agitati tra i larghi corridoi... E dove lo trovano? Nell'altra ala del convento, avvolto in un asciugamano, a piedi che se ne torna tranquillamente in camera a rivestirsi. Non aveva alcuna traccia di sangue, stava bene". Più avanti, nella mia casa di Bergamo, ricordando questo episodio, lo stesso Elia mi ha detto: "Tu non puoi immaginare la forza che Lui ha... Mi ha preso e caricato sulle spalle come una fascina di legna, trasportandomi senza fatica... mi ha lavato... Poi, quando mi sono risvegliato nel corridoio, ho avvertito il freddo del pavimento sotto i piedi e poi ho visto fra' Gerolamo che mi guardava con gli occhi spalancati. Avevo fame". Ma proseguiamo con ordine. Ritorniamo alla casa di Maria al compleanno di Vittorio. Si brinda, si mangiano i dolci e si continua ancora a raccontare di Elia. Anche mio marito ed i miei cognati ascoltano affascinati. L'atmosfera della serata è calda e serena. Stiamo bene. Pompea, riprende il discorso. "Prima di ritornare a casa vi racconterò ancora un episodio che abbiamo vissuto insieme la notte di Natale di due anni fa". Pompea s'illumina, i suoi occhi si concentrano sforzandosi di visualizzare ogni minimo particolare: "Era la vigilia, il 24 dicembre 1998, il nostro gruppo di amici, una quindicina circa, si era radunato nella masseria di Nicola, il cugino di Elia, per cenare insieme in attesa della messa di mezzanotte. Abbiamo riso, chiacchierato, scherzato come al solito. Verso le undici Elia ci propone di uscire e di andare insieme nell'oliveto. Usciamo. È buio pesto e fa un freddo terribile! 'Rimaniamo in casa, si congela' dice qualcuno. 'Accendiamo le candele' suggerisce dolcemente Elia. Noi non

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discutiamo mai le sue decisioni e quindi rientriamo, accendiamo le candele che Elia aveva portato e ritorniamo nell’oliveto. All'improvviso si alza un vento tiepido e l'aria si riscalda. Noi ci guardiamo stupiti e seguiamo Elia che si dirige verso un olivo al centro del campo... Ancora una folata di vento tiepido e le candele si spengono tranne quella di Elia la cui fiamma si fa più viva e splendente, tanto da illuminare tutto l'albero. Elia passa la candela a qualcuno accanto a lui... Alza e mani verso i rami dell'olivo e ne accarezza le foglie che, drizzandosi verso l'alto, ruotano verso di noi impregnandosi di una luce bianca e fosforescente... Elia unisce poi le mani a coppa sotto le foglie luccicanti, da cui inizia a sgorgare un olio profumato... Quindi passa davanti ad ognuno di noi facendo odorare l'olio dalle sue mani. Insieme recitiamo una preghiera mentre in noi scende un senso di pace e felicità". Il racconto di Pompea si ferma qui. Noi rimaniamo attoniti... Si è fatto tardi, ci salutiamo abbracciandoci calorosamente con la promessa di vederci almeno un'altra volta prima delle rispettive partenze. Ultimo week-end di agosto Tutti sono ormai rientrati... Nel residence di Maria siamo rimasti solo io, mio marito e la sua famiglia. Sto preparando i bagagli quando sento Maria chiamarmi dalla veranda dove Gualtiero sta leggendo i suoi giornali. Esco e vedo Maria in compagnia di Pompea. "Salve! Che piacere rivederti Pompea... buona giornata Maria...". "Ieri Pompea ha visto Elia" dice velocemente Maria. "È venuto qui per una breve visita... Avrei voluto tanto vederlo... ma è ripartito subito... indovina cosa le ha detto?". "Quando è venuto a salutarci" continua Pompea "gli ho raccontato di aver conosciuto una signora di Bergamo... Lui non mi ha lasciato nemmeno terminare il discorso e mi ha interrotto chiedendomi: "È piccolina?" "Sì" "Allora da' alla signora di Bergamo il numero del mio cellulare'... quindi... eccolo... non ha detto altro!". Io e Gualtiero ci guardiamo allibiti, prendo la mia agenda e annoto il numero, Maria e Pompea sembrano più stupite di me. Bergamo, prima settimana di settembre Abbiamo 10 giorni di tempo per prepararci per il Sana, la fiera del naturale di Bologna, dove ogni anno presentiamo le nostre novità. Per noi si tratta di un appuntamento importantissimo specialmente quest'anno con il nuovo stand, 12 metri per 4, le nuove vetrine ed il lancio dei nostri nuovi prodotti. Come sempre molte cose vanno a rilento e questi ritardi mi procurano ansia unitamente alle solite grane quotidiane. Comunque, passato lo shock del rientro, mio marito ed io con il nostro staff, ci diamo freneticamente da fare perché tutto riesca nel miglior modo possibile. Le vacanze sono ormai un ricordo. I nuovi volantini non sono stati ancora consegnati, i contenitori inglesi ritarderanno ancora un paio di giorni, i nuovi espositori saranno consegnati all'ultimo momento, i nuovi "tester" dei rossetti arriveranno direttamente in fiera, i nuovi listini prezzi ecc. ecc. E poi devo pensare anche al look. Non so cosa mettermi... fa ancora caldo, però dopo il 10 settembre il tempo potrebbe cambiare... dovrò portarmi anche qualcosa di pesante... ero assorta in questi banalissimi pensieri, quando in quel sabato pomeriggio di settembre, che non dimenticherò mai più, squilla il telefono. "Ciao Fiorella", mi risponde Maria con tono eccitato, "tutto bene?". "Non direi proprio... stiamo preparandoci per la fiera e siamo in alto mare...". Maria sembra non ascoltarmi e continua: "Mi ha telefonato Pompea per informarmi che Elia è a Bergamo... Io vorrei andare finalmente a trovarlo, ma proprio ieri mi sono slogata un piede e non riesco a camminare. Siccome mi hanno fatto una fasciatura che devo tenere per settimane, penso purtroppo di non riuscire ad incontrarlo: vuoi andare tu?". "Grazie, Maria", rispondo frettolosamente, "non posso proprio, sono in un casino che tu non puoi nemmeno immaginare... e poi non me la sento di andare senza di te!... Telefona tu ad Elia... Spiegagli che ti sei rotta un piede e che io sto partendo per la fiera di Bologna... Dopo la fiera, quando io sarò più rilassata e tu starai bene andremo a trovarlo all'indirizzo che ti darà...". Dopo 5 minuti Maria mi richiama con voce quasi alterata. "Scusa Fiorella, se ti disturbo ancora, ma Elia mi ha quasi imposto di comunicarti che devi

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chiamarlo subito perché è un caso urgente!". "Urgente?" ripeto io, balbettando, "Va bene, lo chiamerò subito" e riattacco cercando con gli occhi Gualtiero per avere conforto. Gualtiero, che aveva sentito tutto, mi guarda e mi dice sorridendo: "Chiamalo!". Mi tremano le gambe mentre frugo nella mia borsa alla ricerca dell'agenda che non trovo mai, eccola qui... compongo il numero... "Pronto". Mi risponde una voce vivace: "Sono Elia". "Pronto, io sono Fiorella di Bergamo, l'amica di Maria, ho avuto il messaggio". "Sei in partenza per la fiera?" mi chiede allegramente. "Non proprio, partirò fra tre giorni,... ma ho ancora molto da fare... Dove sei?". "Sono qui, a Bergamo, davanti alla chiesa di S. Anna". "Sei a 5 minuti da casa mia... io abito in Città Alta. Vuoi che venga subito?". "No, vengo io da te... C'è anche tuo marito?". "Sì, ma non ti preoccupare, lui sta lavorando nello studio, e noi potremo stare tranquilli... Se mi aspetti, scendo a prenderti, in pochi minuti arrivo...". "OK, porto i sandali, ho una maglietta rossa, mi riconoscerai senz'altro...". Gualtiero ed io ci guardiamo increduli e, senza nessun commento, corro giù in garage in preda ad una forte emozione. Ricordo che portavo un vistoso anello e dei braccialetti in cristallo giallo... Ero bardata di tutto punto perché verso sera, sarei dovuta passare dalla boutique di una mia amica per ritirare degli abiti... bene, andrò lunedì, pensavo, mentre il mio cuore aveva accelerato i battiti... Arrivo in Piazza S. Anna, non faccio nemmeno in tempo a rallentare che vedo un ragazzo bruno, con un visetto rotondo e sorridente, due grandi occhi scuri che mi guardavano mentre rapidamente cerca di attraversare la strada. Io gli sorrido, apro la portiera senza nemmeno accostare e riparto velocemente. "Assomiglia a Marcellino pane e vino" penso, mentre ci stringiamo le mani e ci guardiamo come due persone amiche, felici di rivedersi dopo tanto tempo. "Sei proprio il contrario di quello che pensavo" esclamo e poi: "Non ti ho chiamato prima perché non ti volevo disturbare... I miei problemi sono così piccoli in confronto a quelli che sentirai tu ogni giorno, che non mi è sembrato il caso...". Lui mi interrompe e, assumendo un tono austero di chi non ammette repliche esclama: "Non dire mai che il tuo dolore è inferiore ad un altro, né che tu sei inferiore ad un altro!". "Va bene Elia, grazie... guarda come sono bardata" e gli mostro i miei anelli. "Non importa...". Immediatamente mi mette a proprio agio dicendomi con tono vivace: "Lo sai, sono anche io erborista come te, conosco molte ricette che ti passerò...". Eravamo in macchina da qualche minuto ed io ero già ammutolita chiedendomi come facesse a sapere che io ero erborista. "Tuo marito è ancora ribelle?" continua assorto. Per poco non investo qualcuno. In effetti mio marito è sempre stato un bastian contrario, ma non è di questo che si trattava e non voglio nemmeno parlare di questo argomento. E poi dolcemente aggiunge: "Sai che lui mi sta aspettando da più tempo dite?". SECONDA PARTE

LA STORIA DI ELIA Elia nasce trentotto anni fa in Puglia sotto un albero di olivo. Sua mamma "aveva sbagliato il tempo", del resto, dopo sette figli, l'ottavo non costituiva per Lei una particolare preoccupazione. Il bimbo nasce violaceo tanto da crederlo morto ma, dopo averlo massaggiato e avvolto in un sacco di iuta, ben presto si riprende e tutti furono rassicurati dai suoi vagiti forti e decisi che lasciavano già intuire una personalità a dir poco volitiva. Elia crebbe sereno come tutti i bambini di campagna, tra l'affetto della sua numerosa famiglia, i cugini, gli zii e le nonne. Ma verso i sette anni, ogni anno a primavera, cominciò ad accusare inappetenza, nausea, non si reggeva in piedi, dimagriva a vista d'occhio così lo ricoverarono persino in ospedale. Non comprendendo esattamente la causa di questi malanni i medici diagnosticarono: disturbi neurovegetativi oppure disturbi della crescita, nulla di grave, visto poi che dopo la Pasqua, Elia si riprendeva e stava bene per tutto l'anno. Fu proprio in quel periodo che Elia vide per la prima volta gli Angeli... Non si trattava di veri e propri grandi Angeli come quelli

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dipinti nelle chiese, ma piccole teste di bambini sorridenti con due piccole alucce ai lati. Quanti ce n'erano nella sua cameretta! E lui li guardava beato, sorridendo a sua volta... Non ebbe mai paura di loro, anzi li aspettava, pensando ogni volta di essere protagonista di un sogno meraviglioso. Un giorno, in una luce radiosa, arrivò anche Lechitiel, un vero grande angelo a dimensione d'uomo tutto vestito d'avorio che sorridendo dolcemente disse: "Io sono Lechitiel, il tuo Angelo custode, starò sempre con te, ti guiderò, e ti proteggerò dal male". E così Elia da quel giorno non fu mai solo... In compagnia del suo Angelo andava a scuola, giocava, cresceva... Il suo Angelo lo accompagnava anche in luoghi bellissimi e sconosciuti, ed Elia guardava ed ammirava felice tutte le meraviglie che il suo Angelo gli mostrava. "Chi è il padrone di tutto questo?" chiedeva Elia. "Dio" rispondeva l'angelo, "Dio ha fatto tutto questo per te e per tutti gli uomini, che sono tuoi fratelli". E così Elia imparò ad amare Dio e a vedere gli uomini come suoi fratelli. Sebbene Elia si comportasse come un bambino normale, i suoi compagni lo ritenevano speciale e lo trattavano con rispetto ed ammirazione. Per Elia tutti i momenti erano buoni per entrare nella casa del Signore e ci andava spesso in compagnia del suo Angelo, per manifestargli tutto il suo amore. A 12 anni, proprio 40 giorni prima di Pasqua, Elia si ammalò molto gravemente. Giaceva nel suo letto pallido e febbricitante, non avendo nemmeno la forza di bere un bicchiere d'acqua. Non si trattava né di una malattia infettiva né sembrava essere una malattia conosciuta. Lo videro diversi medici, tentarono varie cure ma nessuno riuscì ad aiutarlo. Dopo circa un mese nella famiglia subentrò una dolorosa rassegnazione: ormai sembrava essere giunta la fine e la mamma e la zia si alternavano notte e giorno al suo capezzale piangendo e pregando. Elia si era ridotto ad un lumicino e, alla vigilia di Pasqua sembrava dovesse spegnersi da un momento all'altro. Trascorse la notte, ma sorprendentemente al rintocco gioioso delle campane, Elia aprì gli occhi e disse: "Ho fame". Si alzò dal letto, andò in cucina dove trovò un piatto di melanzane avanzate che divorò letteralmente. Intanto gli anni passavano ed Elia divenne un ragazzo pieno di vita, suonava la chitarra, cantava, era felice e sereno. Gli piaceva molto stare con i suoi amici, partecipare alle feste, cantare e ballare ma non dimenticava mai di andare nella casa del Signore anche dopo una giornata di festa o una notte passata in discoteca... A volte quando si faceva molto tardi il sabato sera, qualche amico del gruppo non si svegliava la mattina dopo per andare alla messa e lui sempre attento a queste cose, interveniva dolcemente dispiaciuto che il Signore così generoso con il mondo intero non avesse l'amore che si meritasse. "Non mi sono svegliata Elia" si giustificò un giorno Rosanna, "anche a te qualche volta può capitare". "È vero, però io lo trovo sempre il tempo per andarlo a trovare! Un'ora la domenica cosa vi costa?". E così parlava con tutti, interveniva dove c'era bisogno, si metteva a disposizione di tutti, sempre in modo semplice e generoso. Il gruppo cresceva, si rinsaldava sempre più ed Elia era felice. Una cosa non piaceva ad Elia: studiare. Sebbene sveglio e intelligente e di facile parola, asseriva che appena si metteva sui libri gli veniva il mal di testa. L'amico del cuore era suo cugino Nicola, della sua stessa età, al quale faceva le sue confidenze. "Ieri ho visto la Madonna" gli raccontava come se fosse la cosa più naturale di questo mondo e Nicola lo guardava incredulo pur sapendo che Elia non gli avrebbe mai mentito. Nicola rimaneva sempre perplesso dinanzi a queste affermazioni, comunque non lo contraddiceva e faceva finta di niente. Ma poi Elia sapeva rapidamente trasformarsi in quel simpatico giocherellone che tutti amavano e non perdeva occasione di fare scherzi a destra e a manca. Ogni tanto, il sabato sera, Elia seguiva i suoi amici in discoteca ma poi li portava anche agli Esercizi spirituali e a poco a poco anche i più scapestrati imparavano a pregare, a comprendere le sue parabole e a riflettere sul valore della vita. Perché siamo qui? Da dove veniamo? Dove andiamo? Un giorno un ragazzo molto colto e istruito gli chiese: "Perché il Signore avrebbe incaricato proprio te, che non hai studiato, che non hai cultura a parlare di Lui alla gente?". Elia senza scomporsi rispose: "Mi sono meravigliato anch'io quando ho saputo che accanto al suo trono Lui preferisce un asino ad un sapiente!". Elia arriva così ai 18 anni e vince un concorso per un posto di lavoro nel nord Italia. Avrebbe fatto il postino in una città lombarda. Tramite conoscenti trova un modesto alloggio alla

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periferia della città, ma molto distante dal posto di lavoro ed inoltre assai costoso per le sue modeste possibilità. Per fortuna l'abitazione si trovava accanto ad una chiesa e così Elia riusciva ad andare a trovare il suo Signore prima di recarsi al lavoro ed anche al pomeriggio al suo ritorno. Poco prima di Natale, Elia viene incaricato di portare un pacco ad un convento vicino: suona il campanello del grande portone, gli viene aperto e, mentre attende di consegnare il pacco al destinatario sente alcuni frati discutere poco distanti da lui, su come allestire il grande presepe. Nessuno di loro sembrava in grado di farlo, chi per mancanza di tempo, chi per mancanza di idee. "Io non posso, io non sono capace, io non ne ho mai fatto uno...". Queste affermazioni colpirono Elia tanto più che l'allestimento del presepio era sempre stata la sua grande passione, quindi immediatamente s'intromise nella discussione dicendo timidamente. "Se volete, ve lo posso fare io...". I tre frati sorpresi, si rivolsero verso questo ragazzo che stava ritto di fronte a loro con un pacco sotto il braccio, si scambiarono una rapida occhiata e uno di loro chiese: "Sai fare presepi tu?". "Sì" rispose Elia "con la cartapesta ed elementi naturali, ho imparato dalle mie parti e ne so creare di bellissimi". "Davvero?! Se hai tempo a disposizione ti daremo l'incarico, però sappi che lo dovrai fare da solo perché noi non possiamo proprio aiutarti". "Va bene, io lavoro qui vicino e solo di mattina, avrei il pomeriggio libero ma l'unico inconveniente è che abito dall'altra parte della città...". "Se tu veramente dimostrerai di essere così bravo nella costruzione dei presepi, ti potremmo ospitare noi per tutto il tempo che ci vorrà, così non perderai tempo tra il venire ed il tornare. Ti potrebbe andare bene?" concluse bonariamente il frate più anziano. Ad Elia parve una proposta meravigliosa tanto più che il convento era vicinissimo al suo posto di lavoro e quei tre frati sembravano così cordiali e gentili. "Accetto" rispose Elia e dall'indomani cominciò la sua opera fantastica, lavorando ogni giorno al grande sfondo roccioso, al ciclo risplendente di stelle luccicanti, all'intubazione dell'acqua che avrebbe dato vita ad un torrentello gorgogliante tra verdi pendii coperti da erba "vera", alle statue di cartapesta che sembravano parlare. E così di giorno in giorno il presepe prendeva forma e pareva animarsi. I frati mentre controllavano il suo lavoro giornaliero, ammirati da tanta abilità e fantasia, avevano anche modo di conoscere meglio quel ragazzo pieno di gioia, buono e volonteroso. Quando il lavoro fu terminato, l'opinione generale fu che non si era mai visto presepio più bello. Moltissima gente venne ad ammirarlo incluse autorità cittadine e giornalisti che fecero anche pubblicare sul giornale la foto di questo straordinario presepe. Elia era pronto per tornare al suo appartamento quando il Priore lo avvicinò e gli disse: "Se vuoi stare qui, potrai darci una mano nei lavori della casa... naturalmente sarai libero di fare quello che vorrai...". Ad Elia non parve nemmeno vero! Che felicità poter rimanere al convento, accanto a persone così meravigliose! Non avrebbe più sofferto la solitudine e inoltre il suo stipendio gli sarebbe bastato per tutto il mese. E così Elia si trasferì presso i frati. Il suo tempo trascorreva tra il suo lavoro e quello scandito dalle regole della confraternita che gli offriva anche la grande opportunità di stare vicino alla chiesa e all'Eucarestia. Passò qualche anno... Elia era felice e non gli mancava nulla: il Priore lo teneva d'occhio e, visto il suo grande amore per la chiesa, si chiedeva se Elia fosse adatto alla vita monastica. Un giorno, mentre passeggiavano in giardino chiacchierando amichevolmente, colse l'occasione per chiedergli se non avesse mai pensato di rimanere nella confraternita come frate e non come ospite. "No, assolutamente" fu la risposta secca di Elia e il discorso finì lì. Un giorno Elia fu trasferito per lavoro. Lo mandarono in una bella cittadina su un lago lombardo lontano dai frati e dalla sua famiglia. Sebbene il nuovo lavoro lo soddisfacesse pienamente, il suo cuore avvertì immediatamente una grande tristezza ed un vuoto incolmabile che con il passare dei giorni diveniva sempre più forte. Comprese che gli mancava la confraternita, la chiesa e l'Eucarestia e che la vita fuori dal convento era per lui priva d'interesse. Si licenziò, tornò dal suo Priore e, con il cuore in tumulto gli chiese di poter iniziare il

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Postulariato. Elia fu trasferito in un altro convento dove per il primo anno la vita monastica si sarebbe svolta tra preghiera, lavoro e studio prima della verifica da parte sua e della comunità dell'autenticità della sua vocazione. Elia era felice e, sempre animato da buona volontà, si faceva in quattro per aiutare tutti, specialmente i padri anziani e malati. Un giorno Elia vide frate Anselmo zoppicare più del solito e gli chiese cosa avesse. "È il mio solito ginocchio, che non mi da pace" si lamentò il frate. "Fammi vedere". Il frate gli mostrò un ginocchio gonfio, tumefatto che, solo a toccarlo, gli procurava un dolore insopportabile. "Te lo curo io" disse semplicemente Elia. Andò nell'orto, colse alcune erbe e radici, preparò un impiastro, lo applicò sul ginocchio dolorante e, dopo poche ore, il ginocchio sembrava migliorato: il gonfiore si era ridotto ed il colore rossastro si era attenuato. H vecchio frate, stupito dall'abilità erboristica di Elia continuò i trattamenti fino alla completa guarigione dell'articolazione. Frate Anselmo guarì tra lo stupore di tutti, e dal quel momento tutti i frati del convento presero l'abitudine di rivolgersi a lui per ogni disturbo che riguardasse la loro salute. "Cosa mi dai Elia per il mio mal di stomaco?". "Ho un mal di schiena che mi impedisce di alzarmi". Elia consigliava allora una pianta o semplicemente un massaggio e il mal di testa se ne andava come il dolore alla schiena e ogni altro disturbo. Ed Elia era felice di poter alleviare le sofferenze dei suoi confratelli. La cosa più incredibile era che lui si accorgeva, ancor prima che lo sapesse l'interessato, dello stato di salute del soggetto che aveva di fronte. ''Come stai?" chiedeva. "Bene" rispondeva la persona. Dopo un po', Elia, non convinto, ripeteva la domanda. "Come stai?". "Ti ho già detto che sto bene". Ripeteva la persona. Alla fine, dopo la terza richiesta, la persona un po' stizzita rispondeva. "Dove sei oggi con la testa, Elia? Ti ho ripetuto già due volte che sto benissimo, non chiedermelo più!". E poi, dopo qualche ora, la stessa persona scopriva d'avere la febbre. E questi fatti si ripetevano spesso tanto è vero che Elia stupito e spaventato da queste sue facoltà cercò di non pensarci e di dedicarsi di più ai lavori manuali incluso la cura degli animali e la pulizia della stalla. Durante questo periodo capitò che, in occasione del ritiro spirituale di tutti i frati, proprio di domenica, Elia fosse tutto solo nella stalla a dar da mangiare alla mucca gravida. Notò subito che la mucca era irrequieta e si lamentava emettendo degli strani muggiti. Elia non si perse d'animo e telefonò subito al veterinario che conosceva, ma questi risultò introvabile. Telefonò allora ad un altro, ma anche questo rispose che non si poteva muovere da casa a causa di una slogatura ad un piede, tuttavia fu disponibile ad ascoltarlo. Il veterinario, rendendosi subito conto che la mucca stava per partorire, diede ad Elia utili indicazioni. "Falle mangiare del sale" gli suggerì. Elia portò allora alla mucca delle grosse manciate di sale che la bestia gradì enormemente. Era calmo e rilassato, mentre eseguiva le indicazioni del veterinario, ma continuava a pregare anche il Signore perché tutto andasse bene. E tutto andò bene. Nacque un vitellino pezzato, bianco e nero, che Elia amò subito teneramente e che da quel giorno accudì come se fosse il suo cagnolino. Lo portava a pascolare, lo andava a salutare la sera prima di dormire, quasi senza rendersene conto, trascorreva con lui tutto il suo tempo libero. Il vitellino lo seguiva dappertutto come un cane ed ubbidiva ai suoi comandi: Elia gli parlava e lui sembrava capire ogni cosa. Intanto il vitello cresceva, gli crebbero le corna ma continuava a seguire Elia come un cucciolotto. Una bella giornata di maggio Elia se ne stava sdraiato sull'erba intento a ripassare una lezione con la testa appoggiata sulla pancia del suo torello, che anche lui si godeva il tepore primaverile. Poco lontano alcuni ragazzi giocavano al pallone. Improvvisamente, di scatto il torello reagì, si rizzò sulle gambe e, veloce come un lampo si mise a correre in direzione di quella meravigliosa sfera variopinta. Anche lui voleva giocare. Elia, senza perdere tempo, tentò allora di raggiungerlo, ma il torello ormai era già là, in mezzo al campo, che prendeva a cornate il pallone tra il fuggi-fuggi generale. Dopo che i ragazzi se l'erano data a gambe levate, il torello continuò ancora per qualche

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istante a infuriare su quella cosa ormai informe, felice di poterla lacerare a piacimento, quando all'improvviso si vide di fronte Elia che lo guardava severamente. Il torello s'arrestò di colpo e, sapendo d'aver commesso una grossa birichinata, abbassò la testa come pentito e, senza bisogno che Elia parlasse, gli si affiancò lentamente, rivolse il muso verso il convento come se volesse dire: "Andiamo a casa, perdonami, non lo faccio più". Naturalmente il Priore, messo subito al corrente dell'accaduto, convocò Elia, ascoltò anche la sua versione e decise che ormai il torello aveva l'età per essere inviato al macello. Elia sentì un tuffo al cuore. Grande fu il suo dolore per la sorte del suo amico che pregò il Priore di lasciarlo in vita, promettendo che sarebbe stato più attento. . . "Noi alleviamo gli animali per la macellazione" gli ricordò il Priore. "Lo so, ma questo è diverso, intelligente, vedrà che le darà delle belle soddisfazioni Lo lasci vivere!" implorò Elia. Implorò, implorò, implorò finché il Priore si commosse e alzando le braccia disse: "Vai, tu ed il tuo torello, prima che cambi idea!". Elia corse via raggiante e, continuò ad accudire tra studio e lavoro al suo torello che diventò col tempo così bello e grosso tanto da essere richiesto dagli allevatori come toro da monta e ciò fece confluire nelle casse del convento molto più denaro di quanto ne avrebbero ricavato se fosse stato inviato al macello. A differenza dei novizi, sia i postulanti che i seminaristi avevano il permesso di telefonare e ricevere visite nei giorni festivi. Purtroppo i parenti di Elia che risiedevano in Puglia, non avevano la possibilità di vedere spesso il loro figlio così lontano, così che Elia trascorreva con molta gioia il proprio tempo libero in chiesa. Una domenica Danilo, un giovane seminarista di appena 14 anni, ricevette la visita di sua mamma Anna, una splendida anima generosa e gentile. Mentre Anna stava parlando con suo figlio, nel tentativo di raccogliere un oggetto che le era caduto dalla borsa, fece un movimento sbagliato, e la sua schiena si bloccò attanagliata da un dolore lancinante. Capì subito che si trattava del cosiddetto "colpo della strega", e subito si preoccupò di come avrebbe fatto a raggiungere la macchina ed arrivare a casa. Danilo fece del suo meglio per aiutarla a rimettersi in piedi, ma ad ogni movimento Anna si lamentava per le dolorose fitte che le toglievano il respiro. Finalmente qualcuno portò una sedia e, piano piano, Anna riuscì a sedersi. Danilo che, come tutti al convento, conosceva le straordinarie capacità guaritrici di Elia, pensò subito che l'unica alternativa per sua madre fosse proprio l'intervento di quel postulante sempre gentile e disponibile con tutti. Andò subito a cercarlo in chiesa e lo trovò. Elia non si fece pregare e in un attimo si trovò accanto a mamma Anna. Subito vide la sua anima e la riconobbe fra quelle che sarebbero appartenute al suo destino. Da quel momento Elia l'adottò come punto di riferimento, adottò Danilo, i suoi fratelli, suo padre e sua nonna. Anche per Anna fu la stessa cosa. Avvertì immediatamente un'ondata d'amore materno per quel ragazzo che sicuramente, in seguito, avrebbe avuto bisogno di lei e da quel momento Elia divenne per lei un altro figlio. Non dissero niente. Elia aiutato da Danilo, condusse Anna nella sua cella, le praticò un leggero massaggio, e la luce irradiante delle sue mani permise ad Anna di rimettersi in piedi, di camminare, raggiungere la sua macchina e ritornare a casa. Da allora Anna, suo marito Battista, i suoi figli Danilo, Mario e Carlo e la nonna Elsa divennero la seconda famiglia di Elia, spontaneamente, naturalmente, come se tutto fosse scritto. Era già novizio da qualche tempo quando Elia si svegliò con un forte dolore alla spalla destra. Non ci fece molto caso pensando che si trattasse di un dolore di stagione. Continuò a lavorare come il solito senza risparmiarsi, anche perché il lavoro era sempre molto: oltre lo studio e la preghiera bisognava tenere perfettamente pulita la chiesa, svolgere e avvolgere pesanti tappeti, pulire e lucidare candelabri, spolverare statue e statuette, tenere in ordine la biblioteca per non parlare poi dei turni in cucina, in lavanderia nonché dei lavori in stireria e nella stalla. Elia era il più svelto di tutti e soprattutto il più disponibile e di questo ne era felice perché faceva tutto con amore. Il suo dolore alla spalla non se ne andava, anzi la scapola che sembrava fuori posto, gli causava delle fitte acutissime, specialmente quando si caricava sulle spalle dei pesanti tavoli che riusciva a trasportare con una forza incredibile. Nelle sue preghiere diceva al Signore: "Tu mi hai insegnato la sofferenza ed anch'io voglio soffrire come te, senza lamentarmi... farò il somaro nel lavoro e lo farò per sentirmi più vicino a te...". E così continuava a lavorare duramente senza lamentarsi con nessuno e senza rifiutare mai nemmeno i lavori più pesanti. Ogni tanto dal suo viso trasparivano smorfie di dolore e qualcuno gli chiedeva: "Elia, che

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cos'hai?". "Niente". "Forse sei stanco...?". Ed Elia sorrideva nascondendo quella sofferenza che lo faceva sentire in compagnia di Dio. Giorno dopo giorno, curiosamente, il braccio malato acquistava più forza mentre rispondeva a tutti, aiutava tutti riconoscendo in tutti il suo Dio. Un giorno, il Priore, un omone alto un metro e 85 cm. si trovava a spostare un grosso termosifone senza peraltro riuscirci. Elia, alto un metro e 65 cm lo vide, lo abbracciò e in un attimo riuscì da solo a spostare tutto quel peso nonostante quel terribile dolore che lo faceva impazzire. "Che forza hai!". Si stupì il Priore. "Sei un piccolo grande mostro". Ma Elia voleva fare sempre di più. Chiedeva a Dio: "Cosa posso fare ancora per te?". Pregava, pregava fino a stancarsi; chiedeva fino a non saper più cosa chiedere... "Dammi un segno!" implorava. Poi il suo Angelo lo portava tra quelle meraviglie tanto che Elia pensava: "Non posso essere io, non sono io quello che può vedere tutto questo". Ma il suo Angelo lo rassicurava dicendogli: "È Dio che sta lavorando su di te!". Tutto cominciò in quel tardo pomeriggio autunnale quando Elia si trovava tutto solo in chiesa intento a stendere un grosso tappeto. Era particolarmente affaticato perché oltre ai soliti lavori aveva anche l'incombenza di assistere un vecchio frate malato. Lo vegliava fino a tardi e la mattina presto era il primo ad entrare nella sua cella per lavarlo e riordinare la sua camera. Elia aveva circa 28 anni e, come tutti i giovani uomini soffriva per la mancanza di sonno ma, incurante delle sue privazioni, si offriva sempre spontaneamente per aiutare chi ne aveva bisogno anche sacrificando ore preziose di riposo. Quel giorno gli occhi gli si chiudevano e si sentiva particolarmente solo e depresso. Pensava: "Sono giovane, sano, lavoro tutto il giorno, obbedisco alle regole, faccio tutto quello che devo fare eppure il Signore non mi vede ancora... gli altri ragazzi fuori si divertono... ed io cosa devo fare di più?". All'improvviso guardò l'altare e vide il tabernacolo risplendente e vibrante di luce, così che d'impulso corse verso di esso, lo aprì e disse. "Vieni un po' fuori Tu... guarda cosa c'è da fare, guarda la mia stanchezza... io non ce la faccio più!...". E Lui uscì, prese Elia fra le braccia, lo consolò finché Elia cadde in un sonno profondo. E mentre dormiva un coro di Angeli spandeva attorno a lui petali di rose profumate. "Quanto dormi Elia?" Si svegliò colpito dal vocione del frate cuciniere che lo chiamava: "Elia, le colazioni...". "Le colazioni?" si ripeté Elia. Si alzò in fretta, si dette una ripulita e corse verso la cucina. Al grande orologio del corridoio vide che suonavano le 8. "Mamma mia, com'è tardi! Come farò a preparare la tavola, il pane tostato, il latte caldo con un'ora di ritardo?". Si preoccupò. Ma con sua grande sorpresa, quando arrivò nel refettorio vide che tutto era già stato fatto. La tavola era apparecchiata a regola d'arte, il latte fumante in tutte le tazze, il pane caldo e croccante. Tutto perfetto come non mai. Elia tirò un sospiro di sollievo, andò subito dal frate cuciniere e lo ringraziò calorosamente. "Grazie di cosa? Per averti chiamato?" "Non sei stato tu a preparare le colazioni?" "Figurati se io ho tempo per aiutare te, non sai che sono già stato anche al mercato?". Elia meravigliato attese allora il suo compagno di banco, il confratello Ottavio con il quale aveva legato più che con gli altri, per ringraziarlo. "Figurati se mi alzo un'ora prima senza avvertirti". "Allora sarà stato il padre spirituale". Ed Elia andò dal Padre Spirituale e lo ringraziò. Nemmeno lui aveva preparato le colazioni. Elia non potendo ringraziare tutti quel mattino, cominciò la sua giornata di lavoro che terminò solo alla sera tardi quando rientrò nella sua cella che odorava di un intenso profumo di rose. Elia spalancò la finestrella e si addormentò. L'alba sopraggiunse in fretta mentre la campana del convento scoccava l'ora della Santa Messa. Elia, ancora insonnolito si precipitò nel coro, al suo solito posto, accanto al suo compagno Ottavio e, mentre apriva il suo breviario, gli occhi gli si chiusero e cadde in un sonno profondo. Mentre il suo corpo fisico dormiva, il suo Angelo Lechitiel avvolse il suo "corpo sottile" in un guscio di luce bianco e, veloce come un fulmine, lo condusse attraverso rocce, ghiacciai, stelle, in un'onda dilagante d'amore che li assorbì totalmente. Elia sentì un tappeto di muschio sotto i piedi e si accorse di essere arrivato in cima ad una collina. Lechitiel era accanto a lui e gli sorrideva mentre gli mostrava la meravigliosa vallata che si apriva dinanzi a loro, circondata da picchi innevati. Poco distante un tortuoso torrentello gorgogliava tra piccole rocce rosate mentre tutt'intorno fiori meravigliosi di un azzurro intenso ondeggiavano mossi da una tiepida brezza. Elia fu colto dal desiderio di cogliere qualche fiore per portarlo a sua madre, ma un essere scaturito dal nulla vestito con una tunica d'oro, gli si accostò e, severamente gli disse: "Tu non puoi toccare nulla qui! Non puoi nemmeno restare. Non è il tuo posto. Devi tornare da dove sei venuto".

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Elia, deluso, tentò di protestare, ma il suo Angelo Lechitiel lo prese per mano, lo sollevò verso un tunnel di luce mentre la meravigliosa vallata svaniva in una nebbia sottile. Attratti da una forza misteriosa ripercorsero a ritroso il tunnel avvolto in trame d'oro e d'argento quando Elia avvertì una leggera gomitata che frate Ottavio gli stava premendo con forza sul fianco mentre bisbigliava: "Elia, le colazioni...". Elia tornò sulla terra, guardò l'orologio e si accorse d'aver di nuovo fatto tardi. Si alzò frettolosamente, pregando dentro di sé di riuscire a rimediare e si precipitò nel refettorio con il fiato sospeso. Come il giorno prima la tavola era perfettamente in ordine, il latte era fumante ed il pane tostato a meraviglia. Elia attese che tutti i frati si sedessero ai loro posti e poi passò davanti ad ognuno di loro per ringraziarli. Ma nessuno aveva fatto il lavoro per lui. La malattia del sonno colpì duramente Elia per tutta la settimana: ma mentre dormiva qualcuno lavorava per lui. Tutti i frati ebbero ogni mattina la loro colazione calda ed abbondante. Ma Elia non si dette per vinto. Andò dal suo Padre Spirituale e gli raccontò l'accaduto volendo assolutamente scoprire l'autore di quel gesto gentile. Ma saggiamente il suo Padre Spirituale, guardando il cielo ed aprendo le braccia gli disse: "Tu ringrazia, e basta". Ed Elia ringraziò. Mentre l'autunno si stava avvicinando con le sue prime piogge, stranamente nel convento si sentiva spesso un intenso profumo di rose. "Non è stagione" pensava il Priore. "Certamente i novizi stanno consumando troppo deodorante". Avvertì il maestro dei novizi, il quale gli precisò che anche lui si era accorto del profumo, ma che forse non si trattava di un deodorante, bensì di un vero e proprio profumo, secondo lui, usato da Elia. Al Priore stupefatto sembrava impossibile che quel fraticello tutto chiesa e lavoro facesse uso di profumo e tanto più profumo di rose, quindi lo avvicinò con un pretesto qualsiasi ed effettivamente ebbe modo di constatare che Elia emanava un profumo meraviglioso. "Con che cosa ti lavi?" gli chiese il Priore. "Con il sapone di Marsiglia" fu la risposta. E scappò via veloce per continuare il suo lavoro. La sera, rientrando nella sua cella, si accorse che alcuni libri erano stati spostati, che la penna era in terra, che l'armadio era socchiuso. Dedusse immediatamente che qualcuno era entrato ed aveva manomesso le sue cose. "Perché mai?" si chiese, mentre usciva precipitosamente dalla sua cella in cerca del Frate responsabile. "Perché sei entrato nella mia cella a frugare tra le mie cose?" gli chiese. "Io non sono stato, chiedi al Priore" gli rispose. Il giorno seguente, Elia abbastanza agitato entrò quasi senza bussare nello studio del Priore e, investendolo come un fiume in piena gli disse: "Come ti sei permesso di ispezionare la mia cella senza prima avermelo chiesto? Io...". "Calma, calma, caro Elia. Qui le domande le faccio io e, siccome i frati non usano profumi...". Seguì un'accesa discussione senza venirne a capo di niente sebbene Elia confermasse che anche nella sua cella si sentiva il profumo, ma che era impossibile che venisse dalla finestra visto che dava sulla stalla... forse qualcuno aveva spruzzato tanto deodorante, proprio per coprire il cattivo odore... e così il mistero del profumo rimase insoluto. Poco tempo dopo, Elia, come ogni mattina, se ne stava seduto nel suo banco alle prese con un problema complicato. Fissava il suo quaderno con la testa tra le mani, rigirellando una penna biro sul lato destro della fronte nella speranza che miracolosamente gli venisse qualche idea. Improvvisamente vide gocciolare sul quaderno delle grosse gocce di sangue. Si rese subito conto che il sangue proveniva dalla sua fronte... Che diamine, come aveva fatto a ferirsi con una penna biro? Il maestro accorse, come pure i suoi compagni, e cercò di tamponare al meglio quella che sembrava una forte emorragia, ma poi non avendo alcun risultato decise di accompagnarlo in ospedale. Il medico lo ripulì, lo visitò e constatò che non c'era traccia di alcuna ferita. Propose di tenerlo in osservazione per qualche giorno ma, alle proteste di Elia, accondiscese a lasciarlo tornare al convento con il suo maestro. Elia non fece molto caso a questo episodio, anche perché fin da bambino si era abituato alle sue strane malattie che poi si risolvevano regolarmente. Il maestro invece era preoccupato ed in preda a mille dubbi si lasciò scappare: "Speriamo che non sia quello che penso io...". "A cosa pensi?" chiese allarmato Elia. "A niente". Intanto Elia riprese la sua solita vita di novizio, ma non riusciva a dimenticare quella strana affermazione del maestro. "Non sarà per caso l'inizio di una malattia incurabile?!" si chiedeva. Così che, dopo 3 giorni, decise di affrontare il maestro per farsi dare tutte le spiegazioni del caso. "Possibile che tu non capisca, Elia?". "Che cosa dovrei capire?".

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"Questo fatto potrebbe essere il preludio delle stigmate!". Elia non aveva mai sentito niente di più ridicolo e, passato il grosso stupore per aver sentito questa enormità, trasse un sospiro di sollievo e non ritornò più sull'argomento. Passò il Natale e già stava per cominciare la quaresima quando Elia cominciò a non stare bene. "Siamo alle solite" pensò. "È quasi primavera... speriamo che la strana malattia non duri così a lungo...". Invece il malessere si manifestò subito in una fase acuta: forte dolore al capo, dolori alle ossa specialmente alle articolazioni delle mani e dei piedi, dolori così tremendi, tanto da non riuscire proprio a sopportarli. Inoltre due macchie scure apparvero improvvisamente all'attaccatura anteriore dei polsi ed Elia si spaventò pensando che questa volta la sua malattia stesse degenerando. D'impulso telefonò a mamma Anna: "Sto malissimo, vieni a vedere cosa mi è successo!". "Non farmi stare male... spiegati meglio...". "Non posso, vieni, ti prego...". Elia era novizio e non poteva ricevere visite, ma Anna intuendo la gravita della cosa, chiese il permesso al Priore, che accondiscese. La ricevette il maestro. L'accompagnò da Elia che agitatissimo la stava aspettando fuori dalla cappella. "Guarda, mamma Anna..." e le mostrò le macchie scure all'attaccatura delle mani. Sollevò anche il saio per mostrarle una zona molto arrossata del torace. "Non so cosa mi succede, ho bruciori atroci dappertutto... penso che mi venga il fuoco di S. Antonio, cosa ne dici?". Anna guardò silenziosa e, mentre un dubbio tremendo le balenò per la mente, cercò di tranquillizzare Elia dicendo: "Potrebbe anche essere, comunque per ora non si può ancora capire. Vai a letto e domani mattina chiama il frate infermiere... comunque non è una malattia grave, anche se molto dolorosa...". Rincuorato, Elia se ne tornò nella sua cella ed Anna corse a casa immersa in una ridda di pensieri contrastanti ai quali non voleva dare retta. Passò qualche giorno ed Elia non la chiamò anche se non si sentiva affatto meglio. Le macchie dei polsi si allargavano e bruciavano come il fuoco così come il torace che sembrava trafitto da un punteruolo, ma Elia continuò a pregare, lavorare, studiare senza lamentarsi e senza dire nulla a nessuno. Non riusciva nemmeno a trangugiare nulla. Di giorno diceva che preferiva mangiare fuori e la sera nascondeva il cibo dentro un sacchetto che regolarmente gettava. Dimagriva a vista d'occhio e ormai anche il suo maestro si preoccupava per lui. "Sei stanco Elia?". "No, non è niente". Una sera, rientrando nella sua cella, non riuscendo a resistere al bruciore insopportabile proprio nella zona sotto il cuore, volle controllare lo stato della pelle e notò che si era aperta una profonda ferita. Grande fu il suo spavento, tanto più che pensò d'essere stato colto non più dal Fuoco di S. Antonio, ma da una malattia ben più grave. Ormai era tardi, non chiamò nessuno, pregò. Ma quella notte il Signore fu sordo ai suoi richiami. Il mattino seguente telefonò a mamma Anna che accorse immediatamente. Stupefatta, esaminò quel taglio profondo, aperto, con i bordi lacerati e fu presa da sgomento, notando che anche ai polsi le macchie si erano tramutate in piaghe sanguinolente. Cercando di controllare la violenta emozione andò subito a chiamare il frate infermiere, il quale, dopo aver visto le lesioni al torace e ai polsi scambiò con mamma Anna un'occhiata apprensiva che allarmò notevolmente Elia. "Ditemi cos'ho!... Voi non me lo volete dire...". Per tutta risposta il frate infermiere sollevò il saio di Elia, si chinò e gli guardò i piedi. Anche sul dorso dei piedi erano apparse delle lesioni rotondeggianti e sanguinanti dai contorni netti. "Mio Dio!" esclamò. "Ditemi cos'ho, tanto lo so che sono grave! Ditemi!". Il frate infermiere gli disse semplicemente: "Sembrano stigmate, Elia...". Ed Elia, spaventato, confuso, smarrito per quell'enorme cosa che forse gli era capitata, non ci voleva credere. "È impossibile, le stigmate no, perché?... no, non, non è possibile! È tutta colpa mia... Ho chiesto al Signore un segno!...". Poi mentre mamma Anna ed il Frate infermiere cercando di rincuorarlo lo accompagnavano nella sua cella, Elia fu colto da una decisa ribellione. No, il Signore non poteva fargli questo! Era nel pieno della sua vita, un giovane uomo di soli 28 anni... quelle cose proprio non le voleva... e poi chi poteva assicurare che si trattava proprio di stigmate? "Hai ragione, Elia, stiamo a vedere... ora calmati... intanto potresti consigliarti con il Priore...". "No, no, vi prego, non ditelo a nessuno, ne parlerò prima con il mio Padre Spirituale...". Mamma Anna ed il frate promisero di non parlare con nessuno e rimasero in attesa che Elia andasse a parlare con il Padre che aveva scelto. Padre Emilio era sulla quarantina, uomo di grande cultura ed esperienza e tutto d'un pezzo, come si suoi dire. Con i Novizi si dimostrava

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abbastanza severo ed inflessibile ma incuteva loro rispetto ed ammirazione. Per Elia, discutere con lui rappresentava una grossa difficoltà, perciò evitò di rigirare attorno alla questione, chiedendogli a bruciapelo: "Cosa ne pensi delle visioni?". "Assolutamente nulla... io sono totalmente scettico a queste cose... perché me lo chiedi?". "Così, tanto per sapere..." si bloccò Elia e sgattaiolò via velocemente tenendosi tutto dentro. Disperato tornò da mamma Anna e dal frate infermiere che lo attendevano trepidanti. "Elia, queste cose accadono... per ora prega e attendi... staremo a vedere cosa succede... se vuoi continuare la tua vita di sempre, rimani nel silenzio finché il Signore ti indicherà la via... ora ritirati nella tua cella ed io dirò che sei malato". Anche mamma Anna fu d'accordo. Così Elia, con la testa che gli scoppiava, le piaghe che bruciavano come il fuoco raggiunse a fatica il suo letto dove, febbricitante e sanguinante rimase in preda alle più atroci sofferenze fino al pomeriggio del sabato santo. Ma in quella notte Elia non fu lasciato solo. Ad un tratto attorno a lui tutte le cose cominciarono ad illuminarsi ed il suo corpo astrale, attratto da quella luce uscì dalla densità della materia. In posizione verticale vedeva nettamente il proprio corpo fisico giacere sofferente ad un metro sotto di lui, poi dopo qualche secondo, accompagnato dal suo Angelo Lechitiel, fu attratto da un mare di luce senza luminosità ma più grande della luce stessa. E in quel mare di beatitudine si lasciò condurre insieme ad altri esseri come lui, sospinto da quell'onda dilagante d'amore e di pace che lui conosceva bene. Tutti insieme compresero di essere tutt'uno con la vita e che non esiste vita senza anima e che tutte le anime sono destinate verso una sola unica meta... Si svegliò e si rese conto d'aver un grande appetito. Sul suo corpo vi erano solamente alcune chiazze rosate indolori che dimostravano che Elia non aveva sognato. Il suo viso era fresco e riposato. Si sentiva bene. Ringraziò Dio e tutti i Santi in Paradiso che quell'incubo fosse terminato. Dio aveva ascoltato le sue preghiere. Raggiante di gioia scese nel coro per i Vespri, poi perfettamente ristabilito si presentò in refettorio dove tutti i confratelli l'accolsero con la più cordiale benevolenza. Intanto Frate infermiere che l'aveva assistito durante i giorni della passione, gli aveva asciugato la fronte, ascoltato i suoi lamenti, bagnato la bocca con poche gocce d'acqua, ritornò nella sua cella, raccolse le lenzuola intrise di sangue profumato di rose, le lavò, mise tutto in ordine e soprattutto spalancò la finestrella per far uscire quell'intenso profumo che ben presto tutti i frati avrebbero percepito. Elia non riusciva a dimenticare quello che gli era successo. Si chiedeva il perché di tutto questo. Gli vennero in mente tutti i periodi pasquali della sua infanzia, della sua adolescenza, il suo continuo star male, le diagnosi affrettate dei medici. Forse c'era un filo conduttore tra tutto questo che lo avrebbe portato chissà dove... e si sentiva solo. Aveva bisogno di parlare con qualcuno che condivideva la sua vita e che soprattutto gli credesse... non con il suo padre spirituale così intransigente che non ammetteva queste cose, non con il frate infermiere che già gli aveva consigliato di attendere... qualcuno a cui potersi aprire totalmente... Ottavio! Sì, il suo compagno Ottavio, che conosceva bene, e che sicuramente l'avrebbe ascoltato con pazienza. Così dopo una settimana di ulteriori riflessioni decise di confidarsi con Ottavio, che l'ascoltò allibito ma che non mise mai in dubbio nemmeno una parola di quell'incredibile storia. "I disegni del Signore a volte sono incomprensibili... Anch'io penso che per il momento tu debba rimanere in silenzio nell'attesa di comprendere... Prega, anch'io pregherò per te". Così Elia si sentì liberato dall'ansia e decise di abbandonarsi completamente alla volontà di Dio: ma Elia era cambiato, la sua preghiera era cambiata. Ogni giorno si sforzava di capire quello che il suo Signore voleva da lui: passava ore e ore in chiesa, seduto, immobile dinanzi a Lui, finché Lui parlava al suo cuore, lo cullava, lo portava nel deserto, lo nutriva e lo faceva sentire il suo preferito. Ed Elia trasmetteva questa muta preghiera ad ogni essere con amore e umiltà. Donava se stesso per i deboli ed era sempre pronto a tutto come nel brano del Vangelo... Intanto il periodo del noviziato finì e, dopo i voti semplici, fu trasferito in un altro convento. Era il mese di febbraio ed Elia cominciava già a preoccuparsi in vista della prossima quaresima. Cosa sarebbe successo? Quelle cose sarebbero riapparse? Come avrebbe fatto senza l'appoggio del frate infermiere che provvedeva a lavare le lenzuola intrise di sangue? E così Elia si mise alla ricerca di un nuovo padre spirituale, che questa volta avrebbe dovuto sapere che "certe cose accadono" ed essere in grado di comprenderlo e di aiutarlo a trovare la via... Lo trovò subito, e in quel momento prese coscienza di saper vedere l'uomo nel suo aspetto trino cioè corpo, anima e mente. Sì, Elia sapeva leggere nel cuore e nella mente delle persone, anche in Padre Giuliano che scelse per la sua umiltà d'animo e per la sua saggezza. Decise di attendere

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prima di parlargli. Voleva prima essere certo che la "sua malattia" si fosse inesorabilmente ripetuta. Altrimenti sarebbe stato inutile. Il giorno della conferma arrivò presto. Con il primo giorno di Quaresima, Elia non riuscì a toccare cibo, avvertì una terribile nausea, dolori atroci alla spalla, ossa, giunture, bruciori lancinanti alla schiena, mani e piedi... Ma Elia non ci voleva credere. Forse la malattia si sarebbe fermata ai soliti disturbi... E così i giorni trascorrevano veloci, mentre Elia sorrideva a tutti nascondendo la sua identità e le sofferenze. Portava con gioia le piaghe che scottavano perché solo così si sentiva completamente unito a Dio. Quel mercoledì pomeriggio, febbricitante e barcollante non fece in tempo a chiamare nessuno. Cadde svenuto accanto al suo vicino di cella che, spaventatissimo, lo trascinò per i piedi dentro la sua cella e lo lasciò così per tre giorni. Ma come sempre Lui venne a consolarlo, fino al sabato santo. Al rintocco delle campane di Pasqua, Elia fresco e riposato decise finalmente di parlare al suo nuovo padre spirituale. Senza tanto scomporsi padre Giuliano lo ascoltò, lo confortò e da allora per lunghi anni, rimasero uniti da questo segreto e da profonda amicizia. Con il mese di maggio tutti al convento erano indaffarati per la celebrazione della festa dedicata a Maria Vergine. Nel giardino del convento fu allestito un altare speciale con la Statua della Madonna appoggiata su un letto di fiori. Anche Elia dette il suo contributo intrecciando ghirlande variopinte destinate alla nicchia che faceva cornice alla Vergine Maria. I parenti dei seminaristi e dei novelli frati erano stati tutti invitati, e così anche mamma Anna e tutta la famiglia raggiunsero Elia fin dal primo mattino per trascorrere insieme quella splendida giornata di sole. Baci, abbracci, felicità poi tutti insieme alla messa solenne all'aperto. All'improvviso, intense ondate di profumo si liberarono nell'aria meravigliando tutti i presenti che si chiesero come fosse possibile che quei teneri fiori emanassero un profumo così intenso. Bouquets di rose, gigli, viole che Anna conosceva fin troppo bene. Notando che molta gente annusava incredula qua e là, specialmente nella direzione di Elia, disse ad alta voce: "Cosa diamine avete spruzzato sui fiori? Mi sembra che abbiate esagerato!". "Non dirlo a me," intervenne padre Giuliano "chiedilo a quel tuo figlio che ha la mania del profumo!". Tutti risero, Elia fu tolto dall'imbarazzo e la festa della Madonna si concluse magnificamente. Come tutti gli anni arrivò il periodo della questua ed anche Elia ed il suo compagno Ottavio furono scelti per il turno di una settimana. Avrebbero dovuto visitare tutti i paesetti circostanti e chiedere agli abitanti offerte per il sostentamento della loro comunità. E così, Elia ed Ottavio a bordo del loro camioncino cominciarono a salire verso quel pugno di case sparse a ridosso della collina. Bussarono alla prima porta. Venne ad aprire una donna piuttosto anziana con un bimbo in braccio. All'interno si scorgeva un vecchio seduto su una poltrona con le gambe coperte. La donna sorrise loro e li fece entrare. Elia, guardandosi attorno, vide che la stanza aveva un aspetto molto povero... scorse nella camera accanto una branda con un materasso macchiato e tutto gli fece pensare che quella povera gente avesse bisogno d'aiuto. Mentre cercava di mascherare il proprio stupore accarezzando il piccolo, disse: "Oggi siamo venuti per una benedizione, domani vi porteremo un materasso nuovo e qualche regalo da parte dei frati del convento". La donna contenne il suo stupore, ringraziò, ricevette la benedizione unitamente al vecchio malato ed Elia ed Ottavio si accomiatarono a mani vuote. "Come facciamo adesso?" si preoccupò fratello Ottavio. "Non ti preoccupare, proviamo con la prossima famiglia...". E così fecero, ma in quel villaggio tutti gli abitanti erano più poveri di loro, così che non ebbero il coraggio di chiedere nulla. La sera tornarono al convento ma per fortuna nessuno chiese loro il resoconto della giornata. Al mattino seguente Elia, aiutato da Ottavio caricò sul furgone qualche materasso, alcune provviste, frutta e verdura dell'orto, e ritornò sulla collina per la distribuzione alle famiglie bisognose. Naturalmente la sera, dovettero raccontare al Priore le loro prodezze. "Padre", cominciò Elia, "è tutta colpa mia, ho avuto vergogna di chiedere a quella gente che aveva più bisogno di noi... anzi mi sono permesso di portare loro quei materassi accatastati nello stanzone che non servivano a nessuno ed anche un po' di riso. Il Priore l'ascoltò pazientemente e stranamente non si arrabbiò, ma gli fece notare che il convento viveva anche per le donazioni dei fedeli e che non era in grado di provvedere alle necessità di tutti... Elia, colmo di gratitudine per la comprensione del Priore, gli promise che in qualche modo avrebbe cercato di rimediare alla mancata questua e che il Signore l'avrebbe ricompensato. Ed Elia infatti trovò un sistema straordinario che gli permise di portare al convento oggetti,

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leccornie prelibate, indumenti nuovi, coperte e cuscini, utensili di ogni tipo, tappeti e vasi. S'informò del giorno di mercato di ogni paese e, prima che arrivassero gli espositori con i loro furgoni, Elia ed Ottavio si preparavano sul posto, si toglievano il saio e s'informavano se qualcuno avesse avuto bisogno di aiuto. Così i due ragazzi lavoravano per tutti, caricavano e scaricavano le merci, montavano le bancarelle e tutti erano felici di regalare loro mercé piuttosto che soldi... La sera, al rientro in convento con il loro furgone carico di mercanzie come mai accaduto prima, i due ragazzi venivano accolti come vincitori. Un giorno Elia trovò tra le cianfrusaglie da buttare una statuetta di Gesù raffigurante il Sacro Cuore, tutta dipinta di nero. Era piuttosto malconcia tanto è vero che i frati la volevano bruciare nel camino. Egli la prese, la ripulì e la sistemò nella sua cella di fronte al suo letto ed accese un lumicino. Improvvisamente la statuetta si illuminò e si mise a pulsare irradiando una luce fosforescente che illuminò tutta la cella. Elia si spaventò e spense subito il lumicino. Sebbene abituato fin da piccolo al suo Angelo ed alle visioni, ora c'era qualcosa di diverso, un oggetto che aveva preso ad animarsi. L'emozione fu talmente violenta che Elia pensò di essere sull'orlo di una malattia mentale. Non disse nulla a nessuno, trascorse la giornata come d'abitudine, ma la sera, emozionatissimo, non seppe resistere alla tentazione e riaccese il lumicino davanti alla statuetta. Anche questa volta la statuetta divenne iridescente, pulsante amore infinito... E così fu per tutte le sere. Elia era felice, il Signore era con lui e forse presto gli avrebbe indicato la via. Intanto continuava a studiare, a lavorare e ad occuparsi di chi aveva bisogno di lui. Ma la sua esuberanza ed intraprendenza cominciavano ad impensierire il Priore. Oltre che a prevedere fatti che puntualmente si avveravano, sembrava che quel ragazzo non perdesse occasione per ficcare il naso anche in fatti che non lo riguardavano affatto, non solo per ciò che concerneva la salute ma in ogni cosa lo impensierisse. "Stai attento al gradino...". E già il frate era rotolato dalle scale. "Perché sei andato a casa a litigare con tua sorella?". "Chi te lo ha detto?" rispondeva la persona e così via. Soprattutto Elia sembrava avere una straordinaria predisposizione alla diagnosi precoce delle malattie, come pure un tocco prodigioso delle mani per risolvere il problema. "Il tuo mal di testa è dovuto a... I tuoi dolori alla schiena non sono artrite ma...". E poi con poche applicazioni delle mani i dolori passavano. La voce si sparse anche fuori dal convento così che cominciarono ad arrivare parenti dei frati, poi amici e quindi gente che aveva sentito parlare di lui. Queste cose non si addicevano ad un frate, tanto più che Elia doveva rimanere concentrato sui suoi studi e sulle sue preghiere in vista dei voti solenni. Questo pensava il Priore. E poi c'era la faccenda del profumo. Figuriamoci se la gente si fosse accorta che Elia emanava profumo di rose! Sarebbe successo il finimondo in quel tranquillo convento dove tutti i confratelli aspiravano alla serenità e alla pace! No, questa storia doveva finire. Quindi il Priore decise di convocare Elia e di proibirgli assolutamente di intromettersi in faccende che non lo riguardavano né di curare malattie nel modo più assoluto, nemmeno i disturbi cronici dei frati. Elia ubbidì anche se gli risultava difficile comprendere la motivazione di tutto questo. Lui era spinto solamente dal desiderio di aiutare ed alleviare le sofferenze di tutti, ma se il Priore era contrario avrebbe cercato di non guardare, di non vedere e di lasciare andare le cose per il loro destino. Un giorno il frate addetto alla portineria si dovette assentare per qualche tempo ed il Priore decise di sostituirlo con Elia. Elia era sempre sorridente e garbato con tutti, quindi adattissimo a ricevere i visitatori, dare informazioni e qualche volta offrire loro una bevanda dissetante o un caffè. Quella mattina il Priore era in attesa di un commercialista, avvertì Elia che qualora fosse arrivato, doveva essere immediatamente accompagnato nel suo studio. Mentre gli stava raccomandando la questione, vide arrivare il commercialista dalla sua finestra e calcolò che in pochi minuti sarebbe stato da lui. "Buon giorno" salutò cordialmente il commercialista. "Sei nuovo?". "No" gli rispose Elia, "sto sostituendo il frate portinaio per tutta la settimana". "Mi faresti un piacere?". "Certamente". "Gradirei un buon caffè prima di salire dal Priore". Ma Elia subito ribatté: "Lei non dovrebbe bere caffè!".

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"Perché?". "Non ha per caso dei bruciori di stomaco?". "Assolutamente no". "Provi a schiacciare la parte qui a destra". E il commercialista si tastò lo stomaco senza peraltro avvertire nulla di doloroso. Intanto il Priore, vedendo che il commercialista tardava a salire si precipitò in portineria temendo fortemente che Elia stesse intervenendo in maniera impropria. Ed infatti li vide confabulare animatamente. Quell'Elia era proprio incorreggibile! Ad ogni modo si avvicinò loro senza batter ciglio, ma non poté fare a meno di udire la conversazione. Elia stava dando dei consigli al commercialista come fosse un medico e il commercialista l'ascoltava attento. Il Priore, tentando di mascherare il suo nervosismo, si mise a camminare avanti e indietro cercando con gli occhi di far comprendere ad Elia che di nuovo aveva disobbedito ai suoi ordini, ma Elia non lo vide neppure e continuò il suo discorso. Ad un certo punto il Priore sbottò: "Che diamine Elia, non sarai mica frate indovino!" e si trattenne dal dire altro. Intanto Elia, sorpreso, accorgendosi di essere ancora una volta entrato in un campo minato si giustificò: "Mi scusi Priore, io non volevo allarmare nessuno... scherzavo..." e il discorso si esaurì senza conseguenze. Dopo una settimana, una signora si presentò in portineria chiedendo di Elia. "Sono io" rispose. "Cosa posso fare per lei?". "Io sono la moglie del commercialista che è stato qui pochi giorni fa... Siccome è stato ricoverato in ospedale con forti dolori allo stomaco, la prego di dirmi se avesse visto qualcosa d'altro...". "No, no," si affrettò a rispondere Elia attento a non rifare lo stesso errore. "No, io scherzavo... mi dispiace per suo marito. Me lo saluti quando lo vedrà...". Dopo un paio di mesi il commercialista morì per un tumore allo stomaco. La cosa lasciò ammutolito il Priore ed Elia stesso che, volendo comunque obbedire pienamente alle regole della comunità si racchiuse in se stesso cercando accuratamente di evitare anche le richieste di aiuto dei suoi confratelli. Se ne stava quasi sempre solo, scambiando ogni tanto qualche parola con un frate anziano che ogni tanto arrivava da un altro convento e gli diceva: "Elia, tu devi curare... il Signore vuole questo da te...". Elia annuiva e taceva chiedendosi come mai quel frate fosse al corrente delle sue capacità. Intanto il tempo passava, le Pasque passavano ed il suo calvario continuava. Ad ogni tappa del suo cammino spirituale, il suo spirito si arricchiva, la sua anima si infiammava sempre più d'amore immenso e puro per il suo Signore. Nei momenti di preghiera più intensi quando Lo vedeva venirgli incontro sorridente, vestito di bianco, con le braccia allargate come se lo volessero abbracciare, il suo cuore si scioglieva e la sua anima, nello slancio di congiungersi con il suo Redentore, faceva sollevare il suo corpo. E la preghiera non aveva mai fine. Elia ringraziava sempre. Elia era sempre pronto. Il figlio dell'Uomo non ha l'ora per essere caritatevole. Ed Elia era felice perché si sentiva figlio di Dio e riconosceva tutti come amatissimi figli di Dio. Era certo che presto il Signore gli avrebbe comunicato la sua volontà. E Dio lo premiò. Una sera, nella sua cella, gli inviò dolcissimi Angeli con dei messaggi meravigliosi che Elia trascrisse come sotto dettatura. Poesie scaturite da menti celestiali che raccontano di Dio, d'amore divino, di verità e che Elia continua ancora oggi a ricevere, a trascrivere e a conservare gelosamente. Era il mese di febbraio quando la Confraternita fu invitata presso la casa madre di Assisi per partecipare ai grandi esercizi spirituali. Il Priore scelse con cura alcuni confratelli sia tra i giovani che tra gli anziani ed Elia fece parte del gruppo. Arrivati ad Assisi, raggiunsero il convento insieme ad altri confratelli venuti da ogni parte d'Italia, e, mentre i frati più anziani si ritirarono nella loro cella, i giovani rimasero nella sala grande a fare amicizia tra loro. Presi da gioia ed entusiasmo per essere finalmente nella città del poverello, decisero di chiedere al Priore il permesso di uscire la sera stessa, dopo cena. Permesso accordato. Non si sa come fu che da qualche angolo sbucò fuori una chitarra, ed Elia senza pensarci troppo se la portò con sé. Giunsero in una bellissima piazza illuminata a giorno, al centro della quale spiccava un'antica fontana. Sullo sfondo si ergevano maestose le chiese di San Francesco e Santa Chiara. I fraticelli erano allegri e sebbene fosse pieno inverno, l'aria era mite ed invitava a rimanere in quella stupenda piazza a godersi quell'austera bellezza. Elia si sedette sul bordo della fontana, fece qualche accordo ed intonò subito un'allegra canzone, seguito da altre voci e altre ancora. Come per incanto, giunsero nella piazza frati da tutti gli angoli che si misero a ballare in cerchio attorno alla fontana mentre Elia continuava a suonare e cantare felice. Giunse anche una troupe televisiva che in men che non si dica filmò quella scena così inusuale e la trasmise in diretta sul primo canale nazionale (ricordo d'averla

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vista anch'io). Ad un tratto Elia guardò l'orologio. Accidenti, erano le 11.30, proprio l'orario pattuito con il Priore per il rientro. Prese la chitarra, ed insieme ai suoi confratelli si mise a correre più che poteva. Trafelati, arrivarono al convento con una ventina di minuti di ritardo mentre il Priore era lì, ad attenderli sulla porta con le braccia conserte ed un viso che non lasciava presagire niente di buono. "I frati non danno spettacolo!" tuonò. "Ma Priore, abbiamo soltanto un quarto d'ora di ritardo... e poi abbiamo solamente cantato...". "Andate immediatamente nella vostra cella, e domani sera non voglio sentir parlare di uscite...". Mortificati, ognuno salì nel proprio alloggio, in silenzio, pensando che quella bella ricreazione non si sarebbe più ripetuta. La sera seguente, alcuni frati di altri conventi, prendendo lo spunto da Elia, si raccolsero con i loro strumenti attorno alla fontana tentando d'improvvisare ancora canti e balli, ma vuoi perché la musica non aveva lo stesso ritmo, vuoi perché le voci non erano così intonate, fatto sta che poche persone parteciparono alla festa che non riuscì come era nelle intenzioni... Intanto Elia e i suoi confratelli se ne stavano mogi nelle loro celle a meditare, quando il Priore, superata l'arrabbiatura, decise di perdonarli e di invitarli a fare una passeggiata verso quella magica città. "Non vengo, grazie" rispose Elia all'invito. "Non fare l'offeso, Elia, vengono anche gli altri...". E così tutto il gruppo s'incamminò silenzioso e senza chitarra nella direzione della piazza. Quando i frati videro gli altri frati indaffarati a ripetere lo spettacolo della sera prima, i loro occhi s'illuminarono mentre il Priore facendo finta di niente, passò oltre. I fraticelli, sgomitando tra loro furono tutti concordi nel constatare che nessuno di quel gruppo poteva reggere il confronto con Elia... ed Elia per quella sera si godette il suo momento di gloria. La Quaresima era alle porte per l'ennesima volta ed Elia non ci voleva pensare. Forse finalmente quest'anno il Signore avrebbe deciso per lui altre vie e perciò intensificava le sue preghiere chiedendogli continuamente: "Perché? Cosa vuoi da me? Cosa devo fare? Quanta pazienza devo ancora avere?". Essendo di carattere irruente e deciso a volte si sentiva come un vulcano in procinto di esplodere... Doveva fare qualcosa per tutte quelle anime la fuori... ma cosa? Una sera, mentre si trovava in chiesa, intento a questa supplica, percepì dietro di sé un'ombra malvagia. Uscì subito dalla chiesa e vide che l'ombra lo seguiva. Raggiunse la sua cella ma la forza del male lo ghermì in una morsa feroce, e con una violenza inaudita lo scaraventò in terra percuotendolo con una forza impossibile da descrivere. Ma Elia rimase sempre vigile ed aggrappato al suo Signore. Il maligno allora infuriato, si tramutò in un grosso serpente e, dalla cima dell'armadio si srotolò verso Elia assumendo pian piano le sembianze di un terribile drago. Mentre con le sue fauci aperte, stava per avvinghiarsi ad Elia, due Angeli luminosissimi scesero dal ciclo, liberarono Elia dal pericolo e, sollevandolo verso l'alto, dissero: "Questo è nostro. Tu non lo puoi toccare". Il maligno allora, impaurito e vinto, se la filò. Padre Giuliano intanto vigilava su Elia e si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lui. Elia sembrava sempre più affranto. Tendeva ad isolarsi stando ore e ore a pregare in meditazione. Alternava periodi di pace apparente a momenti di violenta ribellione. Lui non voleva diventare sacerdote, non era necessario diventare sacerdoti per divulgare la parola di Dio. Ne aveva parlato anche con quel frate anziano che ogni tanto gli faceva visita e anche lui era d'accordo. Elia non voleva barriere tra sé e la gente, voleva muoversi liberamente tra le anime che avevano bisogno di lui, da uguale, senza privilegi... ma come avrebbe fatto con quei marchi tremendi che lo facevano sembrare diverso e distante? E intanto il tempo non passava mai. Fortunatamente Anna e la sua famiglia gli stavano particolarmente vicino avendo notato che quel ragazzo s'intristiva sempre più, come oppresso da un fardello troppo grande per lui. "Non sei il solo" tentava di sdrammatizzare Anna. "Tanti altri hanno ricevuto questi segni dal Signore... fai come loro. Vivi ugualmente la tua vita senza pensarci troppo". Purtroppo anche Anna non stava bene. Soffriva spesso di dolorosissime coliche e, dopo essersi sottoposta ad una radiografia che rivelava un grosso calcolo, decise di sottoporsi ad un intervento chirurgico. Si recò da Elia per informarlo e comunicargli la data del ricovero in ospedale. Elia la guardò e con molta tranquillità le sorrise e le disse: "Vai a casa tranquilla, mamma Anna. Tu non ti dovrai operare, il calcolo non c'è più". Mamma Anna lo abbracciò e se ne tornò a casa incredula. Andò dal suo medico, rifece le lastre ed effettivamente il calcolo era scomparso. Più tardi, proprio da mamma Anna, ho saputo che il calcolo se l'era preso Elia che fu operato al suo posto. Non ci potevo credere. Elia non me lo aveva detto. Lo stesso giorno

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telefonai ad Elia e gli chiesi: "Elia, sei stato operato da un calcolo che hai tolto a mamma Anna?". "Sì". "Perché lo hai fatto?". "Perché è una mamma ed un figlio deve essere sempre disposto a toglierle un dolore" tagliò corto. Come ho già detto, in quel periodo mamma Anna andava spesso a far visita ad Elia e quel giorno condusse con sé una signora che conosceva appena ma le sembrava tanto sola e bisognosa di calore umano. La signora non si fece pregare ed accettò l'invito. Appena vide le due donne, Elia chiese chi fosse la signora. "Una persona che abita vicino a me e che conosco appena...". Trascorsero qualche ora insieme e, al momento del commiato, Elia si tolse un grosso crocifisso che portava al collo e lo mise al collo di Anna. "Non toglierlo per nessun motivo, e quando arriverai a casa, telefonami subito". Mamma Anna non chiese spiegazioni e, con la signora, si diresse verso la macchina. Non appena furono salite la signora, in tono molto sgarbato, chiese: "Fammi vedere cosa ti ha dato". "Non mi ha dato nulla". "Fammi subito vedere cosa ti sei messa al collo". Ed Anna stupita si tolse la catenina con il crocifisso e la porse alla signora. Questa si trasformò all'istante in una furia impazzita urlando improperi di ogni genere e sputando con rabbia sulla croce. "Quel porco, schifoso... lo ammazzo. Per poco Anna non andò a sbattere contro un albero nel tentativo di strappare il crocifisso dalle mani di quella matta. Questa si dibatteva con forza inaudita graffiando Anna sul viso e sul collo. Finalmente Anna riuscì a bloccare la macchina. Alla fine il crocifisso ritornò nelle sue mani e la signora si calmò. Ambedue riuscirono a tornare nelle rispettive case. Anna, sbigottita telefonò subito ad Elia e si meravigliò perché lui non l'avesse avvertita. "Come potevo dirtelo? Tu non avresti più avuto il coraggio di tornare a casa. Il mio crocifisso ti avrebbe protetta. Perché te lo sei tolto?". E così Anna imparò ad avere più fiducia in Elia, cercando di dimenticare al più presto l'accaduto. Una mattina mentre se ne stava nel coro per la preghiera mattutina con tutti i suoi confratelli, vide quel frate anziano che ogni tanto passava per il convento, camminare tranquillamente nella navata centrale. Quando il frate vide Elia, si fermò davanti a lui sorridendo e lo salutò con la mano. Per la prima volta Elia notò che indossava degli strani guanti senza dita. Meravigliato Elia lo salutò a sua volta con la mano e gli chiese: "Cosa fai qui a quest'ora?". Il suo compagno Ottavio, dandogli una gomitata nel fianco lo interruppe preoccupato. "Cosa stai dicendo Elia? Parli anche da solo?". Anche il frate infermiere udì Elia parlare ad alta voce e si preoccupò. Ed Elia comprese che nessuno vedeva quel frate. Probabilmente non esisteva neppure... e lui stava per impazzire. Cosa gli stava succedendo? Ma il suo compagno Ottavio che costantemente vigilava su di lui, intuì che Elia non stava per impazzire ma che sicuramente aveva avuto una visione. Gli si avvicinò cercando di rassicurarlo: "Elia, io ti credo. Tu hai visto qualcuno. Era forse il tuo angelo?". "No, Ottavio, era un frate che forse avrai già visto anche tu qui al convento. Non so da dove venga né cosa ci faccia qui. Quando mi vede mi fa sempre un sacco di raccomandazioni ed io l'ascolto. Questa mattina ho notato che aveva degli strani guanti tagliati sulle dita...". Ottavio avvertì un fremito nella schiena colto dal sospetto che Elia avesse visto un'entità di un padre morto in odore di santità. "Vieni nella mia cella, Elia, ti voglio mostrare una cosa". Salirono di corsa le due rampe di scale e dopo un attimo Ottavio mostrò ad Elia un'immaginetta che teneva nel suo messale. "È lui" confermò subito Elia. "Chi è?". "È Padre Pio" sussurrò Ottavio. Elia rimase a dir poco di stucco. I due ragazzi non aggiunsero altro e ridiscesero di corsa immersi nel turbinio dei loro pensieri, ognuno diretto al lavoro quotidiano. Dopo pochi giorni, Elia era di turno in chiesa intento a spolverare i banchi, quando sentì uno scalpitio di cavalli seguito dal tipico rumore di grosse ruote di legno. Si trattava di una carrozza che si arrestò proprio all'entrata secondaria della chiesa. Dopo pochi secondi qualcuno bussò piuttosto energicamente: "Apri, frate". "Non è questa l'entrata del convento, devi proseguire di una decina di metri" gli gridò Elia. "Voglio parlare con te" replicò il visitatore. Ed Elia stupito aprì il portone. Notò subito una vecchia carrozza coperta come quelle di una volta, trainata da due stupendi cavalli bianchi prima ancora di vedere il frate che gli stava di fronte. "Caspita", pensò, "deve essere ricca la persona che è arrivata!" e poi lo vide e lo riconobbe. "Fammi entrare", gli disse il frate, "devo parlarti". Si sedettero nell'ultimo banco e cominciarono a discorrere come il solito. "Devo dirti anche un'altra cosa... sto andando da tua nonna perché la devo portare con me... starà bene...". Elia ammutolito lo guardava e non credeva ai suoi occhi mentre si dava pizzicotti sul viso e sul

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corpo per sentire se era vivo. "Dimmi almeno chi sei, perché vieni da me...". "Sono Padre Pio... tu sei come me, e anche tu farai cose importanti... ora continua il tuo lavoro... verrò ancora a trovarti". E mentre lo scalpitio dei cavalli si perdeva in lontananza Elia si precipitò in cerca del telefono per chiamare casa. "Mamma, come stai? Come sta la nonna?". "La nonna è morta ora, Elia". Elia, sopraffatto dall'evento ebbe paura, paura di quello che poteva ancora accadere, paura della sua pochezza, paura della sua incapacità, paura di affrontare il suo destino. Andò da Ottavio e gli raccontò l'accaduto aggiungendo anche che se Padre Pio fosse venuto ancora a trovarlo, lo avrebbe chiamato, certo che anche lui l'avrebbe visto. Quando nel mese di dicembre dell'anno 2000 io ebbi modo di intervistare padre Ottavio ormai plurilaureato e sacerdote a Roma, mi confermò ogni cosa, aggiungendo che da quel momento molti oggetti che Elia toccava emettevano un intenso profumo di rose specialmente quelli che regalava. "Quando io non stavo bene, entravo nella sua camera e ne uscivo ristabilito. Se sono sacerdote lo devo in parte a lui. Quando ero in crisi lui mi confortava con una terminologia così oculata e toccante, impossibile non solo per Elia ma anche per qualsiasi altra persona. Bevevo i suoi consigli illuminati derivanti da una conoscenza superiore al di là della normalità... Ricordo che Elia teneva accanto al suo letto una foto del Sacro Cuore che ad ogni venerdì trasudava sangue...". Come ho già detto, padre Ottavio ha conseguito due lauree e continua i suoi studi presso il Vaticano. Mentre ascoltavo tutto questo, Elia era accanto a me e giocherellava imbarazzato con alcuni oggetti posti sul tavolino del salotto. "Il venerdì, è sempre stata per Elia una giornata particolare," continuò padre Ottavio, "le macchie delle stigmate si scurivano provocando bruciori insopportabili e sulla schiena apparivano i segni della flagellazione più o meno evidenti. A volte la sua maglietta rimaneva appiccicata alle ferite e solamente sotto la doccia si riusciva a toglierla...". Mentre padre Ottavio parlava io guardavo Elia, che sembrava assolutamente estraneo alla cosa. "Mi parli ancora di Padre Pio" incalzai. "La storia di Padre Pio durò a lungo ed Elia la confessò sempre al suo Padre spirituale, preoccupato anche di non essere caduto preda del demonio che, come si sa, si serve di moltissimi camuffamenti per sedurre l'anima prescelta. Comunque una sera, Elia venne a chiamarmi: 'Corri, Ottavio, sento la carrozza... fra poco tremerà la finestrella e la parete del corridoio... questo è il segnale che Padre Pio sta arrivando'. In un attimo fui nella sua cella e anch'io vidi la finestrella sussultare come pure le pareti della cella, che si stava impregnando di un intenso profumo di rose... Non rimasi nemmeno sorpreso... Conoscevo Elia, avevo assistito alla sua passione, mi aveva confidato i suoi tormenti, conoscevo le sue sofferenze, mi aveva già mostrato fenomeni che io credo profondamente di origine divina... quindi questo fatto per me era uno dei tanti... Commosso annuii con il capo e lo lasciai, certo che presto sarebbe stato in compagnia di Padre Pio". La nostra conversazione telefonica terminò con la promessa che ci saremmo presto incontrati. Elia mi aveva raccontato poco di Padre Pio, anzi, non voleva neppure che si toccasse l'argomento. "Perché Elia?". "Lascia stare i Santi! Non voglio servirmi di Padre Pio". "Ma Elia, io devo raccontare la tua storia, e Padre Pio è stato ed è ancora molto importante per te... lo vedi ancora, vero?". "Sì". I giorni trascorrevano lenti e non accadeva nulla di nuovo. Anzi, qualcosa accadeva. La storia di Padre Pio cominciava a circolare come pure la faccenda del profumo che molti frati potevano percepire specialmente di venerdì, semplicemente stando accanto ad Elia... un bisbiglio qui, una parola là, fatto sta che al convento cominciarono ad arrivare eminenti figure di prelati, colti sacerdoti che volevano parlare con Elia. Tutti lo mitragliarono di domande, chi direttamente, chi brutalmente, chi delicatamente, ma Elia si irrigidiva e non apriva il suo cuore a nessuno. Non voleva dimostrare nulla a nessuno. Si sentiva un oggetto di curiosità, non percepiva fede intorno a sé, e si stupiva come mai gente di Dio non potesse comprendere che Lui si potesse manifestare come e quando lo avesse ritenuto opportuno servendosi anche di un ragazzo come lui. Tutti avrebbero dovuto sapere che certe cose erano già accadute, accadono e accadranno sempre. Perché dunque questa incredulità? Due persone colpirono particolarmente Elia: padre Marcello, per la sua cultura e per la sua totale incredulità (è autore di numerosi libri, tra cui la biografia di una santa) e padre Maurizio per la sua profonda bontà e saggezza. (Di ambedue i Padri ho testimonianze scritte): padre Maurizio è tutt'ora Priore in un convento nel Centro Italia e seppe instaurare con Elia un rapporto paterno basato sulla fiducia, comprensione e semplicità. A poco a poco Elia con lui si aprì mantenendo uno splendido rapporto che continua ancora oggi. Padre Marcello invece è uno studioso ed i contatti che

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tenne con Elia furono improntati unicamente allo studio dei fenomeni che del resto Elia non volle mai mostrargli... padre Marcello non gli credeva finché un giorno... ma ne parleremo più avanti. Elia comunque voleva essere unicamente un ragazzo normale, che pregava, lavorava come il più umile dei frati. Ma anche se si sentiva diverso, tormentato da dubbi e paure, paure di essere nient'altro che un povero malato di mente come gli avevano fatto intendere alcuni padri che aveva conosciuto. "Chi sono io?" chiese un giorno a padre Maurizio. "Non esiste un luogo dove medici specialisti mi possano esaminare?". E così fu che tre Padri (uno è tuttora missionario in Africa, un altro è deceduto ed il terzo non sono ancora riuscita a rintracciarlo) partirono con Elia per gli Stati Uniti d'America, dove esiste un noto centro di studi e ricerche sulla psicofisiologia degli stati di coscienza, il "Santa Margherita". Elia purtroppo non ricorda né lo Stato né la città, ma conoscendolo, penso che non gliene importi proprio nulla. Comunque i documenti sono rimasti al convento. Dopo questo viaggio Elia fu esaminato anche in Italia e precisamente a Milano in un Centro specialistico dove opera il prof. Marco Margnelli, nota autorità in materia, proprio il Professore che è sempre presente nella trasmissione televisiva "Miracoli". Sull'attestato rilasciato da lui ad Elia si legge fra l'altro: "Ben rappresentata è anche la modalità 'a luminescenza' che, in genere indica doti spirituali e/o parapsicologiche. È molto singolare la radiazione luminescente rossa al centro della palma destra, perché ricorda una stigmate. Nel corso degli anni, avendo eseguito centinaia di queste fotografie, mi è capitato di vedere un segno di questo genere solo una volta, in una ragazza che in seguito ha avuto le stigmate mistiche. Anche nella mano sinistra si osserva un'area di radiazione luminescente rossa che potrebbe ricordare una stigmate, ma si trova spostata rispetto al centro della palma. Esame della miscela cromatica: Ambedue le mani radiano bioplasma blu. In tale colore di fondo si iscrivono i finissimi granuli di radiazione descritti più sopra. CONSIDERANDO CHE QUESTI SONO DI UN BIANCO PURISSIMO e considerando che questo è il colore del bioplasma dotato del MASSIMO POTERE TERAPEUTICO, sembrerebbe che tutta la superficie delle mani emani 'l'energia pranica'. Dato che sono in argomento voglio precisare due cose: 1) - Siamo tutti potenziali guaritori biomagnetici, solo che sono molti gli ostacoli che si possono frapporre tra questa latente potenzialità e la sua effettiva estrinsecazione nella pratica. L'inquinamento che ognuno di noi subisce, come il fumo, una vita sregolata, vizi, cattiverie, debolezze, odio, idee confuse impediscono il manifestarsi di questa energia. Pochi, dunque sono coloro che riescono a mantenersi disponibili. 2) - La vera Pranoterapia è un'arte sacerdotale, e solo pochi sono coloro che possono usarla, tant'è vero che almeno il 90% dei guaritori non sono pranoterapeuti. Valerio Sanfo, noto pranoterapeuta, dice sempre ai suoi allievi che sicuramente, già dopo qualche lezione, saranno in grado di aiutare le altre persone ad alleviare i loro mali, ma far ciò non significa essere pranoterapeutici ma semplicemente dei guaritori. Nelle sue lezioni Valerio sostituisce il termine di Pranoterapia con Biomagnetismo. Il Pranoterapeuta è colui nel quale è avvenuto un cambiamento, una presa di coscienza, l'illuminazione, la trascendenza. Il Pranoterapeuta conosce gli altri e ama gli altri come se stesso. Tutto questo è Elia. Ritornando al viaggio di Elia negli Stati Uniti, Elia racconta che avvenne una decina di giorni prima di Pasqua. Fu visitato e preso in osservazione dal dott. Fisher e da una dottoressa di cui non ricorda il nome. Lui era spossato dal viaggio, dolorante ma sereno. Si sottometteva alla volontà di Dio. Fu accompagnato nella sua camera e fatto stendere su un letto sotto il quale c'era un altro materasso di metallo collegato tramite fili elettrici ad un apparecchio non meglio specificato. Sul soffitto erano appese delle telecamere ad azione continuata e sul suo corpo furono applicate 'delle pinze' collegate ad un apparecchio posto su un carrello accanto al letto". Scuro velo... Celo il segreto dolor dell'alma. Non è tutto ancor compiuto Ma il cuor già avverte Del Figlio suo l'atroce sofferenza. Lenta una lacrima Scende sulla gota Ed altre più non osa Giunto è il momento Temuto e sofferto

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Prima ancora che fosse Ma nel dolor ch'attende Brilla il suo volto Di divina luce E nel Cuor Ancor rinnova II Sì. Strette le mani In dolorosa attesa Traggono forza Nell'Amor che guida e vince Oltre ogni speranza. A te m'affido fonte di salvezza A te il mio grazie o Madre cara, a te il mio amore per la vita intera. Amen – Elia Ed Elia Lo vide ancora, mentre le TV lavoravano, registravano ed i medici facevano il loro dovere. Alle 15 precise del sabato santo, le pinze ed i fili si staccarono da soli come strappati da una forza superiore, la porta della camera di Elia si spalancò ed il carrello si mise a correre per il corridoio mentre tutte le porte si aprivano magicamente per lasciarlo passare... In questi centri specifici per le ricerche sulla psicofisiologia, i medici possono attestare le reali doti e potenzialità del soggetto che solitamente non sono mai sviluppate al 100%. Quindi i medici aiutano le persone veramente dotate a sviluppare totalmente quelle parti ancora in evoluzione o ancora spente per problemi fisici o esistenziali. Nel caso di Elia, i due medici, oltre a rilasciare gli attestati del caso, lo vollero nel loro ufficio e gli dissero: "Caro Elia, tu sei un 'paranormale celestiale' e non possiamo fare niente per te. Sarai tu, che, se vorrai, potrai fare qualcosa per noi". Così Elia, in compagnia dei suoi tre fraticelli, se ne tornò al suo convento sempre più confuso e smarrito. Per lui, la cosa più importante fu la certezza di non essere un malato di mente. Sapeva ora di essere un paranormale celestiale, ma cosa significava? Si riteneva comunque un semplice e un incolto. Cosa avrebbe potuto volere Dio da lui? Passò altro tempo ed Elia non trovava in sé alcuna risposta. Continuava a chiedere al Signore perché. Perché le visioni, perché il dolore, perché quella vita che gli sembrava inutile. Tutti i suoi confratelli sembravano sereni, ognuno destinato ad una meta precisa, anche Ottavio che doveva continuare i suoi studi universitari presto sarebbe stato trasferito a Roma. E quel giorno arrivò lasciando nel cuore di Elia una profonda tristezza. Poco dopo anche il suo amatissimo padre Giuliano fu mandato in un altro convento e così Elia si sentì come abbandonato da tutti, solo, inutile, senza scopi. A volte sembrava un leone in gabbia pronto ad azzannare, a volte in preda ad una depressione profonda. Cosa doveva fare? Il suo destino sarebbe stato solo quello di ricevere ogni anno quell'atroce sofferenza? A che scopo? Lui non aveva bisogno di prove per sapere che Dio esiste, e nemmeno i suoi confratelli. No, no,... lui aveva ben altro da fare e avrebbe fatto in modo che quelle "cose vergognose" non si sarebbero più ripetute. Sapeva lui come... E così, dopo una settimana di notti insonni, di preghiere e di suppliche, Elia decise di abbandonare il convento. TERZA PARTE

II CONQUISTATORE DI ANIME Questa era la soluzione migliore. Certamente, nel mondo, lontano dalla Chiesa e distratto dai vari problemi della vita, il Signore avrebbe capito che lui non era più disponibile. Elia decise di andarsene proprio all'approssimarsi della Quaresima e, in una tiepida mattinata di aprile, mamma Anna se lo vide arrivare con la sua valigia. Aveva un'aria smarrita e confusa così nessuno disse nulla ed accettarono la decisione presa. Dio aveva deciso per Elia e continuò a manifestargli il suo amore attraverso la sua passione che puntualmente arrivò nel giorno da Lui stabilito. Elia gemeva, piangeva, mentre Anna gli teneva una mano e gli bagnava le labbra febbricitanti. Mentre la febbre saliva il termometro

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andò in mille pezzi. Anna si spaventò e chiamò un sacerdote. Forse Elia era grave... forse desiderava ricevere l'Eucarestia... Il sacerdote venne ed entrò nella camera di Elia. Quando ne uscì si sentì mancare e si dovette appoggiare al muro, bianco in volto, per non cadere. Anche quei giorni trascorsero lasciando tutti sconvolti per quello che avevano visto. Elia non si dette per vinto, la sua mente in rivolta voleva ancora combattere... L'avrebbe vinta lui... Dio non poteva insistere... Lui era stanco di tutto questo, voleva vivere normalmente, anche perché ormai aveva capito che Dio non voleva nulla da lui... Pensò di andare a trovare il Frate infermiere, colui che per primo era stato testimone di quei fatti inspiegabili e, piangendo insieme a lui gli manifestò tutto il suo sconforto, il suo smarrimento e anche la sua decisione di farla finita se il Signore non l'avesse liberato da quelle cose. "Dio non mi vede nemmeno, probabilmente mi ha voluto punire per qualcosa che solo lui sa. Io non credo di meritarmi questo... Ho fatto tutto per Lui e Lui mi ha abbandonato...". Il Frate infermiere non riusciva proprio a trovare parole per consolarlo, tentò tutto quello che era possibile fare, ma Elia irremovibile non volle sentire ragioni e disse: "Devo andare, rifletterò ancora, comunque se non mi vedi più significa che sarò andato incontro al mio destino". Se ne andò nonostante le proteste del Frate infermiere. Raggiunse un monte del bergamasco famoso per l'orrido sottostante che, famelico sembrava invitare Elia a buttarsi. Elia guardò a lungo nel vuoto, attese disperato e poi lentamente raggiunse il bordo del burrone. In quel momento apparve Lui. Indossava una tunica rosso mattone, ma il suo viso aveva un'espressione adirata e gli occhi lampeggianti. Senza dire nulla sospinse Elia all'indietro con una forza tale da lasciarlo tramortito a qualche metro di distanza dal ciglio del burrone. Elia si toccò il viso... Gli pareva di aver ricevuto un violento schiaffo... Sorpreso e completamente rinsavito comprese che il Signore gli era vicino, ma che ora era arrabbiato con lui. Raccolse le sue cose e, mentre il suo Angelo Lechitiel gli sorrideva, raggiunse la sua macchina e ritornò sereno da mamma Anna. Ora, non rimaneva che attendere, e nel frattempo avrebbe dovuto attivarsi per iniziare il suo apostolato fra la gente ma prima di tutto bisognava trovare un lavoro che gli permettesse di mantenersi. Elia ancora non lo sapeva, ma da quel momento sarebbe diventato un conquistatore di anime. Mamma Anna gli trovò facilmente un lavoro provvisorio e l'ospitò per qualche tempo in attesa che trovasse una sistemazione adeguata. Un giorno mentre erano alla finestra videro passare quella signora sola, vicina di Anna, con la quale aveva vissuto quell'episodio sconvolgente del crocifisso, ed Elia decise subito di andarla a trovare a casa sua. Anna lo volle accompagnare. Entrarono in un piccolo appartamento ordinato. La signora se ne stava in piedi vicino alla finestra e poco distante da lei altre due signore la guardavano come impotenti. Elia si avvicinò e quando le fu di fronte la signora assunse improvvisamente un'espressione malvagia e gli urlò: "Tu sei un porco, un maiale, una bestia immonda, schifosa...". Elia rimase imperterrito mentre una voce molto chiaramente gli diceva: "Elia, abbracciala". Improvvisamente uno scudo di luce s'innalzo dinanzi ad Elia mentre cercava di afferrarlo con tutta la forza di cui era capace. La donna si dibatteva ed urlava vomitando una bava verde... Ma lui continuava a tenerla stretta attendendo che la voce gli dicesse cosa fare. "Continua così, tienila stretta" ed Elia le diceva "Dio ti ama", mentre la donna lo mordeva e lo graffiava dibattendosi come una forsennata. Alla fine cadde a terra svenuta. Elia le diede due schiaffetti e la signora si rialzò come se niente fosse accaduto. Non si ricordava nulla. Con Anna e la sua famiglia rimase ancora qualche tempo lavorando come autista presso un trasportatore di frutta e verdura e facendo, nel tempo libero, assistenza agli anziani. Intanto al convento s'era sparsa la voce che Elia era uscito per una pausa di riflessione così che molte persone, per problemi diversi, venivano in cerca di Elia per avere da lui anche solo una parola di conforto. Così Elia aiutava tutti come poteva, ma si sentiva imbarazzato da tanta curiosità e dall'importanza che la gente gli dava. Lui non era nessuno. La gente doveva andare in chiesa e chiedere conforto a Lui che tutto può, ma soprattutto per adorarlo e ringraziarlo dell'Amore infinito che dona a tutti gli uomini. Perché la gente non lo capiva? E poi c'era il problema dei suoi genitori. Ancora non sapevano nulla delle stigmate, né del suo abbandono della vita monastica. Cosa avrebbe loro raccontato? Come avrebbe affrontato l'argomento? Intanto si avvicinava la quaresima e la sua salute vacillava al punto che dovette abbandonare il lavoro. Demoralizzato decise di tornare in Puglia e di affrontare la sua famiglia. Si sarebbero vergognati di lui? E sua madre, già delicata di salute, come avrebbe reagito? Ne parlò con

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mamma Anna, ed insieme decisero che questo era un altro passo importante da fare. Quando arrivò alla sua casa nativa subito si rese conto che qualcuno l'aveva preceduto. I suoi genitori già sapevano, come pure le sue sorelle ed i suoi fratelli, le zie, i cugini e gli amici di sempre. Lo accolsero come si accoglie un figlio ma Elia avvertì subito l'incredulità di suo padre, l'angoscia e le paure della madre, l'agitazione ed il tumulto che le notizie di lui avevano provocato. Non avrebbe voluto tutto questo... ma purtroppo era accaduto... "Ma è proprio vero, figlio mio?". "Vedrai tu stessa, madre". Nei giorni che seguirono Elia raccomandò a tutti il più completo silenzio. Lui voleva stare solo in camera sua. Disse a tutti che avrebbe avuto l'assistenza divina e che non aveva bisogno di nessuno. Caso mai gli bagnassero le labbra con un po' d'acqua. Il mercoledì santo andò a trovare suo cugino Nicola. Si sentiva stanco e dolorante, e come sempre, quando aveva bisogno di conforto, l'amicizia e la comprensione di suo cugino lo aiutavano a trovare la forza necessaria per affrontare qualsiasi prova. Lo trovò in compagnia di Rosanna e della loro figlia Cristina. Prese in braccio la bambina, la coccolò un pochino e poi, indicandogli una scultura raffigurante il Sacro Cuore, le disse: "Manda un bacio a Gesù" e, mentre la bambina eseguiva con la sua manina, il volto del Cristo cominciò a lacrimare. Fu Cristina che se ne accorse: "Gesù è bagnato, sta piangendo...", subito dopo Elia si mise le mani sul volto e dalla sua fronte cominciarono a scendere copiose lacrime di sangue. Mentre la stanza si impregnava di un intenso profumo di rose. Corse a casa, la febbre salì fino a rompere il termometro e nella notte si aprirono profonde ferite nel costato, alle mani e ai piedi. Tutto com'era scritto. La famiglia non poteva credere ai suoi occhi, accorsero i vicini, la gente e tutti poterono vedere Elia soffrire la passione del Signore. Mentre il suo corpo giaceva in uno stato di semicoscienza, il suo spirito vagava beato tra lunghe file di esseri vestiti di luce che lentamente si avviavano verso un grande arco oltre il quale si poteva percepire una luce ancora più straordinaria. Elia riconobbe alcuni parenti trapassati ed ebbe l'impulso di seguirli. Si sentiva immerso in una pace totale ed avvertì la certezza che aldilà di quella luce una Forza lo stava guardando. Una giovane donna lo fermò. "Elia, non è ancora il tuo momento". La riconobbe. Era la sua giovane cugina morta qualche mese prima. Ma Elia era troppo attratto da quella luce, da quella Forza, vedeva il suo corpo sofferente e desiderava enormemente lasciarlo. Aldilà dei confini del mondo non avrebbe più sofferto, ma Lechitiel, con il volto severo lo richiamò e in un attimo avvertì il fuoco delle sue piaghe. Alle 15 del sabato santo un enorme orcio di terracotta si sollevò da terra e si schiantò al suolo. Era il segnale che tutto era terminato. Come reagì la famiglia? Continuarono a vedere e a trattare il loro figlio come se nulla fosse accaduto, lui riprese ben presto ad aiutare in campagna, a visitare le sorelle sposate, ad informarsi della loro vita, a riprendere i contatti con i suoi amici d'infanzia ormai sposati e con figli. Tutti erano certi di una cosa: Elia aveva contatti particolari con un mondo superiore, ma non si attendevano da lui cose straordinarie o l'intercessione per particolari favori divini. Del resto Elia non voleva parlare delle sue cose, si vergognava e cercava di vivere la sua vita come aveva sempre fatto, adocchiando qualche pecorella smarrita, cercando di formare gruppi di preghiera, raccontando meravigliose parabole per accrescere il gregge di Dio. Parlando con Nicola che ormai conosco molto bene e ho avuto modo di apprezzare, ho potuto constatare che moltissimi ragazzi del gruppo non credevano, conducevano una vita priva di valori ma, con l'aiuto di Elia, oggi vanno sempre a messa, molti hanno formato una splendida famiglia e ritengono Elia la loro guida spirituale. "Elia è una forza" mi ha detto Nicola. Dove passa lui lascia il segno! E così Elia proseguiva per la sua strada sereno anche se in fondo la vita monastica gli mancava. Gli mancava la quiete, il lento scandire delle ore, la preghiera collettiva nel coro... Ma sentiva anche il richiamo delle anime che fuori avevano bisogno di lui... E mentre rifletteva per l'ennesima volta su cosa gli avrebbe riservato il destino gli capitò tra le mani un giornale che parlava di Missioni in India. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò su un aereo alla volta di Calcutta dove rimase per 8 mesi circa... Imparò a vivere in una comunità di lavoro per bimbi abbandonati, prese contatto con una popolazione mite e gentile che sapeva sopportare le miserie umane con la serena accettazione data dalla fede, che non giudicava Dio, che sapeva praticare la fratellanza umilmente e gioiosamente. Scoprì altri modi di pensare, di amare e di vivere. In altre parole crebbe di un altro gradino. Quando ritornò era di nuovo Pasqua, che trascorse con mamma Anna e la sua famiglia. Si mise subito alla ricerca di un nuovo lavoro. Considerando che nel mese di aprile si sarebbe dovuto sempre assentare, optò

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per lavori provvisori di ogni tipo. Si improvvisò fiorista della parrocchia, poi lavorò in un negozio di bomboniere, in una cooperativa, come barelliere in ospedale, fece persine il cuoco in un carcere di Roma, l'assistente in una comunità per tossicodipendenti, in altre parole imparò mille mestieri, ma soprattutto fece una grande esperienza umana intervenendo sempre là dove ce n'era bisogno, dedicandosi completamente al suo prossimo arrivando fino ad annullarsi. A lui non importavano i sacrifici, gli orati sballati... l'importante era trovare il tempo per il gregge di Dio, che non voleva perdere neppure una pecorella. Nessuno sapeva niente di lui ma, chi aveva modo di conoscerlo, lo considerava una persona speciale. Ormai tutti si rendevano conto che Elia indovinava le loro cose, che aveva sempre il rimedio giusto per la loro salute e che non gli si potevano raccontare bugie perché lui inspiegabilmente conosceva sempre la verità. La cerchia dei suoi amici aumentava di giorno in giorno. Sembrava che tutti avessero bisogno di lui, sicuri di trovare conforto e soprattutto il consiglio giusto. Un giorno una giovane donna gli si accostò e gli disse: "Elia, ho bisogno di un piacere. Sabato e domenica dovrei andare con un mio collega d'ufficio ad un congresso. Diglielo tu a mio marito, che di te si fida". "Sii più precisa... intanto è il tuo amante oltre che collega...". "Assolutamente no, Elia...". "O tu dici la verità o non mi rivolgi più la parola! Cosa facciamo?...". "Chi te lo ha detto? Quell'incosciente mi aveva promesso di non parlare!...". Episodi di questo genere erano così frequenti che la gente si chiedeva come mai Elia fosse sempre al corrente di ogni cosa che li riguardasse. "Faccio le carte" rispondeva Elia scherzando, "ma non davanti alle persone... le faccio a casa solo, altrimenti non mi vengono bene...". Una sera mentre Elia, Gualtiero ed io stavamo discorrendo tranquillamente in casa mia, il cellulare di Elia squillò. Dall'altra parte si poteva udire nettamente una voce alterata di una donna che tra le lacrime e i singhiozzi tentava di spiegare: "Elia, sono disperata, ho litigato ancora con mio marito e questa volta mi vuole lasciare... fammi le carte ti prego... se ne andrà davvero?". Elia, facendoci l'occhiolino prese il giornale che stava sul tavolino, lo stropicciò facendone una pallottola nel tentativo di simulare un carteggio e disse: "Le ho proprio qui le carte... vediamo... il 10 di quadri mi dice che si tratta di una faccenda di denaro...". Naturalmente Elia non aveva nessun mazzo di carte, se ne stava comodamente seduto sul divano guardando nel vuoto. "Tu hai preso dei soldi a tuo marito... tanti soldi vero? È molto grave quello che hai fatto!". "Non glieli volevo rubare, glieli avrei resi presto...". "Quanti soldi gli hai portato via?". "30 milioni!". Elia si fece serio, dicendole che per il momento il marito non sarebbe tornato e consigliandole di cambiare alcuni atteggiamenti veramente inaccettabili ecc. ecc. "Domani andrai in chiesa, aprirai il tuo cuore al Signore e vedrai che Lui ti ascolterà". Finito il consulto riprendemmo la nostra conversazione interrotta quasi subito da un'altra telefonata. La fama di Elia crebbe soprattutto a causa delle sue straordinarie doti di guaritore. Naturalmente lui non operava come professionista, ma si offriva quando sentiva che i suoi amici stavano male. Fu proprio un suo amico che gli diede l'indirizzo del prof. Margnelli e anche la possibilità di frequentare un corso di reflessologia. Così Elia divenne pranoterapeuta e riflessologo. Anch'io l'ho visto più volte trattare persone malate. A volte impone le mani, a volte tocca la parte del corpo interessata con un leggero massaggio, spesso basta un tocco, a volte un'ora. Alcune volte parla soltanto e consiglia una pianta medicinale. Non esiste un suo metodo preciso ma solo il suo intuito. Il suo operare gli viene suggerito di volta in volta dagli Angeli. Una sera, mentre stavo controllando la posta in compagnia di Elia, trovai una partecipazione di nozze scritte su una pergamena... Elia prese la pergamena e se la pose sul palmo di una mano. Con mia grande sorpresa vidi la pergamena accartocciarsi e sollevarsi verso l'alto sospinta dalla formidabile energia della sua mano. Ancora una volta Elia aveva voluto dimostrarmi le sue capacità. Intanto la sua fama veniva divulgata anche dai suoi amici e dagli amici degli amici che sempre più numerosi andavano da lui come all'ultima spiaggia. Per la maggior parte dei casi non si trattava di semplici malattie ma di casi già precedentemente

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trattati con esito sfavorevole. Mi piace sottolineare che Elia non lasciò mai il suo lavoro che rappresentava il suo unico sostentamento, né la chiesa, né il rapporto con il suo padre spirituale, né le persone che avevano bisogno di preghiere. Riceveva i malati quando poteva non rifiutando mai nessuno. Il ciclo dei suoi trattamenti erano comunque brevi. Riuscì a dissolvere tre grosse cisti sulla testa di una signora in sole 3 applicazioni. A volte incontrava persone che solo un miracolo avrebbe potuto salvare. "Io non faccio miracoli. Non sono Dio! È il Signore che può tutto. Pregate...". Ma anche a queste persone dava comunque conforto toccando la loro anima con parole d'amore e di speranza. Eppure veniva colto ancora da dubbi atroci. Cosa sto facendo? Cosa sto dicendo? Chi parla dentro di me? È giusto quello che dico? Fu così che prese l'abitudine di aprire il Vangelo a caso, mettere un dito su una frase qualsiasi e leggerne il significato. Secondo lui, tramite il libro sacro, gli Angeli gli confermavano o smentivano la validità delle sue intuizioni. Anch'io gliel'ho visto fare molte volte e sorprendentemente la frase letta, confermava in modo inequivocabile la diagnosi o la previsione che Elia aveva appena fatto. Leggendo un libro su Francesco d'Assisi ho scoperto che anche lui faceva la stessa cosa sotto ispirazione dello Spirito Santo. Durante le ferie estive Elia ritornava in Puglia nella casa dei suoi genitori. Dopo la partecipazione dell'intero paese alla sua passione, Elia veniva considerato dalla gente come una specie di Frate Indovino con poteri soprannaturali. Spesso i suoi amici lo dovevano difendere dall'assalto della folla, anche se lui si metteva volentieri a disposizione di chi aveva bisogno. I suoi interventi riguardavano soprattutto problemi famigliari, i figli, donne sterili che sorprendentemente partorivano quando Elia lo prevedeva. "A Natale nascerà una bella bambina". Anch'io ho ascoltato diverse telefonate di signore che gli annunciavano di aver avuto un figlio come lui aveva promesso. "Grazie, Elia". "Ringrazia il Signore". Durante le ferie Elia stava spesso con i suoi amici e li seguiva anche al mare o a qualche festa. Il tempo che trascorreva con loro lo ritemprava e lo ricompensava di tutto. Un giorno ad una festa di battesimo Elia vide per la prima volta Rosila, la fidanzata di suo cugino Domenico fratello di Nicola. Racconto di Rosita Io sono l'ultima di 4 sorelle e sono sempre stata la pecora nera della famiglia. Appena arrivata al paese del mio futuro marito, tutti mi parlarono immediatamente di Elia come se fosse un extraterrestre, cosa che mi infastidì moltissimo dato che io ho una forte avversione per tutto ciò che rappresenta il mondo magico come cartomanti, veggenti, sensitivi. Nella mia mente avevo incluso Elia in queste categorie e quando seppi che anche lui sarebbe stato invitato alla festa di battesimo ne fui contrariata al punto che avrei preferito starmene a casa. Dato che non potevo permettermi questo sgarbo ai cugini, andai alla festa ripromettendomi di tenermi alla larga da questo personaggio. Lo individuai subito e già mi fu antipatico, Elia invece sembrava non avermi neppure notato. Dopo pochi secondi mi fu accanto e si mise a parlare a voce alta con qualcuno che non ricordo. Apparentemente raccontava episodi vissuti da persone sconosciute, ma in realtà si trattava di me. Raccontava la mia vita passata, commentandone i punti più delicati che mi avevano fatto soffrire, scavando nelle ferite ormai rimarginate, trovando parole di comprensione e giustificando il mio vissuto come esperienze utili alla crescita. Io cercavo di non tradire la mia emozione mentre Elia passava oltre senza neppure guardarmi, scherzando con tutti e dimostrando di divertirsi immensamente. Da quel giorno, Elia invase la mia vita con estrema dolcezza dimostrandomi la sua amicizia con prove straordinarie che mi fecero riflettere sul perché del nostro incontro. Lo considerai un Angelo inviatomi dal cielo per aiutarmi a capire il senso della vita. Fu molto difficile per lui convincermi. Io resistevo ad ogni stimolo o meglio erano la mia mente ed il mio cuore che lottavano con Dio, finché mi dovetti arrendere all'esigenza della mia vita ulteriore. Mia figlia, sempre malata, guarì all'improvviso dopo che lui l'ebbe toccata. Mio padre, ateo, che doveva subire l'asportazione di due tumoretti sanguinolenti sulle tempie che lo tormentavano da 4 anni, guarì dopo che l'ebbe toccato con le mani. Mia sorella con l'RH positivo uguale a suo marito ebbe un figlio sanissimo, come lui aveva previsto. Tra di noi nacque un'intesa straordinaria. Riesco persino ad avvertire la sua presenza quando mi viene a trovare con il suo corpo astrale. Io gli parlo e lui, quando può, mi telefona per confermarmi che quello che ho percepito è assolutamente reale. Quando ho bisogno di lui lo invoco con il pensiero e lui arriva, e mi aiuta a ritrovare la calma e la forza.

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Naturalmente mio padre si è convertito e quando lo vede s'inginocchia davanti a lui, cosa che irrita Elia, ma non ci posso fare niente. Posso dire che ad ogni mio bisogno Elia accorre, anche fisicamente, anche subito dopo Pasqua con le sue ferite ancora aperte... Lui vive per gli altri, si annulla per gli altri... Oggi mi vanto di essere la meglio della famiglia! Un caso di bilocazione Grazia di Tarante veniva spesso da Elia per partecipare ai suoi gruppi di preghiera. Aveva un cancro al fegato. Una domenica mattina, mentre Elia stava pregando alla messa insieme ai suoi amici, ebbe una visione di lei sofferente e malinconica. La pensò con struggente dolore e desiderò esserle accanto per poterla confortare. Nel medesimo istante la signora lo vide accanto a sé nella sua casa a Tarante, gli sorrise, si parlarono e lui gli impose le mani per darle energia e guarigione. Verso sera Elia le telefonò per chiederle come stava. "Bene, Elia... ti ho visto questa mattina accanto a me... grazie di essere venuto... devo essermi assopita perché non ti ho salutato prima di partire...". Dopo qualche tempo Elia seppe che Grazia era guarita completamente. Poi, per 5 anni, dal suo 33° al 38° anno Elia divise la sua vita tra Bergamo e la Puglia conquistando sempre nuovi amici anzi anime attratte da lui, non dimenticando mai mamma Anna, i suoi confratelli che gli erano stati particolarmente vicini come il Frate infermiere, i suoi padri spirituali compresi padre Maurizio e padre Marcello che nonostante la sua scetticità rimaneva per Elia una persona degna di stima e ammirazione. Un giorno, in occasione di una visita di Elia al suo vecchio convento s'incontrarono nella chiesa vuota dove entrambi si erano recati per una preghiera. Si salutarono cordialmente, pregarono insieme e iniziarono poi la solita conversazione in cui padre Marcello ribadiva per l'ennesima volta che non credeva proprio ai fenomeni carismatici di Elia e che secondo lui non erano di provenienza divina. Elia non disse nulla, si recò davanti ad una statuetta della Vergine situata su un altare minore seguito da padre Marcello. La statuetta cominciò a lacrimare mentre un intenso profumo di rose si diffondeva nell'aria. Padre Marcello, testimone di tale prodigio, cadde in ginocchio invocando Dio... "Che segnale è questo mio Signore? Vuoi che creda ad Elia?... Cosa devo fare?". Oggi sono in possesso di una lettera autografa di padre Marcello inviata a don Pietro, attuale Padre spirituale di Elia che tra l'altro dice: "Fui teste de visu di lacrimazioni di una statuetta della Vergine davanti a lui. Non oso entrare in merito di valutazioni teologiche o soprannaturali. Mi interessava e mi interessa piuttosto il regime spirituale di Elia (vita di preghiera, sacramenti, direzione spirituale). Sono contento che abbia Lei, don Pietro, come guida. Certo la precarietà della sua situazione personale di vita mi preoccupa. Forse che Dio lo chiami come San Giuseppe Benedetto Lobre ad una vita peregrinante? Sono aperto ad ogni valutazione. Non escludo la mano del Signore...". Nella stessa busta segue un biglietto indirizzato ad Elia: "Caro Elia, come ho potuto ho scritto a don Pietro. Purtroppo i nostri contatti si sono un po' rarefatti. Se, nella luce del Signore, hai qualche messaggio per me, ti sarò grato. In comunione di croce e resurrezione ti abbraccio padre Marcello". Un altro sacerdote, padre Domenico, aveva sentito parlare di Elia ed incuriosito dalle numerose "leggende" che si raccontavano su di lui, venne a Bergamo dalla vicina Toscana. Si recò a casa sua dicendo semplicemente che lo voleva conoscere, non accennando minimamente alla sua curiosità circa la fenomenologia di cui aveva sentito parlare. Elia lo ricevette con gentilezza, lo invitò a pranzare con lui, parlarono di tante cose ma non accadde nulla di più che una piacevole ricreazione per entrambi. Padre Domenico rimase a Bergamo per qualche giorno, dimostrò ad Elia un carattere aperto e simpatico ma Elia non gli confidò nulla. Quando se ne tornò in Toscana, nella sua parrocchia sul mare, riflette sul fatto che probabilmente doveva dimostrare più amicizia ad Elia per ottenere da lui le sue confidenze. Quindi decise di mantenere con lui contatti telefonici e di invitarlo, verso l'estate, nella sua città per un breve soggiorno marino. Trascorse qualche mese e mentre la loro amicizia si rinsaldava arrivò il giorno dell'invito che Elia accettò con gioia. Ma anche in questa occasione Elia non gli aprì il suo cuore. Accadde in una giornataccia di libeccio, mentre i due amici stavano passeggiando sul lungomare, che padre Domenico intavolò improvvisamente il discorso che gli premeva tanto... "Ho sentito dire che tu hai poteri soprannaturali, mi hanno detto persine che...". Elia lo interruppe: "Ho capito... prima facciamo il bagno...". "Come puoi avere il desiderio di un bagno con questo mare così agitato?!". "Facciamo il bagno ti prego!". Ed Elia si tolse velocemente la

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maglietta ed i pantaloni e si tuffò alla prima onda. Padre Domenico lo seguì subito, ma appena giunse in acqua il mare si calmò. "Cosa succede, mio Dio?!... Cos'hai fatto Elia?". "Io niente, Dio invece ti ha voluto dimostrare che Lui può tutto". Per restare in tema di sacerdoti, una domenica mattina, durante la messa, Elia fu molto contrariato dal sermone che stava sentendo. Il parroco si accaniva contro i conviventi-divorziati, i divorziati, i divorziati-risposati condannandoli all'abbandono della Chiesa e di conseguenza alla rinuncia dei Sacramenti. Elia, guardandosi attorno, notò che alcune signore piangevano e comprese immediatamente che si trattava di persone che avevano alle spalle un divorzio. A Messa conclusa si recò in Sacrestia, attese il Parroco e lo affrontò. "Come ti permetti di condannare delle persone smarrite, che comunque hanno Dio nel loro cuore? Ricordati che Gesù ha perdonato e amato Maria di Magdala! Dio non condanna nessuno, mentre gli uomini hanno la presunzione di farlo!". Poi continuò a parlare con tono più conciliante e persuasivo e quando se ne andò lasciò il Parroco in lacrime. E così Elia affrontava ogni giorno la vita ed i problemi di coloro che trovava sul suo cammino con grinta e determinazione. Eppure in quel periodo Elia veniva definito da molti un timoroso. Infatti, oltre che a vergognarsi delle stigmate di cui non aveva fatto parola ad alcuno, si agitava se il suo parroco lo invitava a leggere un brano del messale ad alta voce o se doveva trasmettere un messaggio ad una persona che lui riteneva importante. Pensava di non essere all'altezza di nulla, ma diventava un leone quando si trattava di difendere gli altri. In un tardo pomeriggio di settembre, mentre con la sua piccola vettura scendeva da città alta, intravide, in un angolo appartato delle mura, un uomo che sembrava essere in procinto di percuotere una ragazza dall'espressione alquanto spaventata, a lui sconosciuta. In un attimo accostò la macchina e di corsa si diresse verso i due che al momento non si accorsero nemmeno delle sue intenzioni. Elia afferrò rapidamente la ragazza e ponendosi di fronte a lei urlò all'uomo: "Non ti vergogni di prendertela con una povera drogata, che non sa come fare a vivere... Fila via di corsa e non farti più vedere da queste parti. Io ti conosco e non ci metto niente a denunciarti...". L'ira di Elia era così evidente che l'uomo, colto di sorpresa non riuscì nemmeno a reagire e scappò. Poi Elia si rivolse verso la giovane donna, che fino a quel momento non aveva ancora proferito parola, le prese la borsetta e lentamente rovistò fra le sue cose. Ne estrasse una bustina di polvere bianca mentre la ragazza scoppiava in lacrime. Mi piace anche ricordare un episodio riguardante un amico di Elia, Sandro, conosciuto nel campo del volontariato. Anche oggi Sandro assiste gli anziani, gli ammalati di Aids dividendo il suo appartamento con un extossicomane che l'aiuta a pagare le spese d'affitto. Comunque data la precarietà delle sue entrate, Sandro non riesce ad avanzare granché per la spesa quotidiana. Proprio recentemente e per puro caso, ho saputo che Elia, una volta alla settimana, si reca presso un convento di Bergamo a chiedere provviste ai frati, i quali, conoscendolo, lo forniscono generosamente di ogni genere di provviste che Elia porta a Sandro e ad altri che come lui hanno una vita difficile. Di questi fatti ne potrei raccontare un'infinità. Ricordo quello di una giovane e promettente pittrice, Luisa, che dipingeva come un angelo ma non riusciva a vendere nessun quadro. "Perché non dipingi Angeli?" le suggerì un giorno Elia. E così Luisa cominciò a creare immagini di creature celesti così fantastiche tanto da non riuscire a soddisfare tutte le richieste. E poi il caso di quel barbone che in una fredda e piovosa serata autunnale si era assopito sui gradini di una chiesa. Quando Elia gli si avvicinò per verificare che non gli fosse accaduto nulla di spiacevole, il barbone Guido si svegliò dicendo d'aver fame. Elia frugò nelle proprie tasche e gli offrì diecimila lire. "Non voglio i tuoi soldi... preferisco un abbraccio ed un po' di compagnia...". Sorpreso, Elia non se lo fece ripetere due volte. Lo abbracciò con calore infinito e poi, insieme, si recarono in una pizzeria per la cena... E quella coppia di giovani coniugi che non riusciva più a comprendersi. Lui la trascurava e passava quasi tutto il suo tempo libero con gli amici mentre lei delusa e disperatamente sola meditava l'abbandono dell'unico uomo che avesse mai amato. Dopo soli 8 mesi di matrimonio sembrava che ci fosse già il divorzio in vista. Fu il marito a contattare Elia dicendo che la moglie era una scorbutica. Insieme si recarono nella sua abitazione ed effettivamente la signora si presentò molto accigliata e scontrosa. "Come va?" le chiese Elia. "Te lo ha già detto lui come sto" ribatté lei seccamente. Elia dolcemente le sorrise e, come se non avesse udito la sua risposta continuò: "Non si può cedere alle prime difficoltà... Se non sbaglio è stato il primo amore...". "Sì, mi sono sposata per amore, ma presto ho scoperto tutti i suoi difetti... lui non fa altro che vedere le TV e frequentare il bar... e viene

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anche alle mani..." continuò con tono arrogante. A questo punto il carattere "fumino" di Elia ebbe il sopravvento: "E tu come sei? Ti sei mai guardata allo specchio? Qui c'è il bene e non il male... io lo vedo...". Ed effettivamente Elia vedeva un sottile filo di luce che li univa, un legame d'amore non ancora spezzato ma che entrambi non riuscivano a percepire. Elia capì che quel legame era voluto da Dio e che lui doveva assolutamente riportarlo in vita. Uno dei compiti affidato ad Elia è quello di divulgare l'amore di Cristo iniziando dalla famiglia, cioè dall'amore più naturale ed istintivo. Una famiglia che vive secondo la giustizia divina è un esempio per la comunità, è un'espansione di energia positiva che si diffonde e porta gioia a chi la percepisce. La gioia, mi ha spiegato Elia, è come una vela in mezzo all'oceano che si gonfia e va dove vuole. E Dio che la comanda come comanda alle acque di dare tempesta o pace alle anime in cammino. Tutti dobbiamo ricercare la gioia ma se viviamo nella paura, nell'incomprensione e nell'aridità non ne potremo mai godere. Quindi Elia decise d'intervenire sui due coniugi ormai resi ciechi e sordi dalla barriera di incomprensioni da loro stessi costruita. E così, giorno dopo giorno, con costanza ed autorevolezza Elia riuscì ad incidere nel loro profondo, a liberarli dall'ansia, dal rancore, dalla paura e dalla sfiducia e ben presto la giovane coppia si trovò unita ed innamorata come prima. Ora hanno 3 figli, lavorano insieme e sono felici. E Padre Pio contento annuiva e lo incitava a continuare. Anche quando Elia si trovava al capezzale di qualche malato spesso veniva raggiunto da Padre Pio che gli diceva: "II tuo posto è qui, non chiuso in convento!". "Qui in ospedale?". "Non in ospedale, ma ovunque nel mondo, accanto a chi soffre". Elia rifletteva continuamente su queste parole e non capiva se padre Pio intendesse malati nel fisico o nell'anima o tutti e due: "Hai ancora paura di fare quello che Dio vuole da te?" gli chiedeva padre Pio. Ed Elia sgranava gli occhi smarrito. Un'estate, mentre si trovava in Puglia, decise di andare a Pietrelcina a fare un omaggio a Padre Pio. Quando fu accompagnato nella sua cella, Elia se lo sentì particolarmente vicino e lo pregò: "Padre Pio, forse sono pazzo... forse sto immaginando tutto... ho tanti dubbi, tante paure... ora io scatterò una foto della tua stanza... se tu sei veramente qui accanto a me, dammi una prova... lasciala nella mia macchina fotografica...". La foto che Elia mostrò più tardi a me e a Gualtiero ci lasciò senza fiato. Sulla grande parete bianca, ai lati del letto di Padre Pio era rimasta impressa nettamente la gigantografia del noto volto del Santo, lo stesso dell'immagine che tutti conoscono. Sempre nello stesso periodo, durante un violento temporale, un fulmine si abbatté su un olivo nella campagna del padre di Elia, incendiandolo. L'albero bruciò quasi totalmente lasciando i resti monchi di un tronco secco e sfilacciato. Quando Elia ed il padre accorsero, poterono constatare che per fortuna solo quell'olivo era stato abbattuto e che il fulmine non aveva causato altri danni. Ma Elia, ovunque guardasse vedeva il volto di Cristo impresso dappertutto. "Non vedi niente, padre?". "Cosa dovrei vedere?". "Non importa, padre". Ed Elia corse in casa in cerca della sua macchina fotografica per avere ancora una volta prove circa le sue visioni. Anch'io, Fiorella, ho visto la foto dell'albero incendiato dal fulmine e ho potuto vedere chiaramente il volto di Cristo crocifisso impresso nel tronco secco. Tutti in Puglia parlavano ormai di Elia, compreso il vescovo che, una mattina d'estate, appena passata l'alba, si recò da lui in compagnia di un maresciallo dei carabinieri. Elia s'era appena alzato quando se lo vide davanti alla sua porta. Il Vescovo fu molto gentile e chiese ad Elia se fosse in grado di chiarirgli il mistero di certi fatti soprannaturali accaduti alcuni anni prima in un oliveto poco lontano. Elia non poteva rifiutare una cortesia al suo Vescovo, e di buon grado l'accompagnò neh"Oliveto dove alcuni anni prima sembrava fosse apparsa la Madonna. In realtà la motivazione del Vescovo era solamente un pretesto per conoscere Elia e saggiarne le eventuali facoltà paranormali. Appena arrivati nel campo Elia assunse un atteggiamento diverso e prese a camminare come guidato da un'entità invisibile accanto a lui. Il vescovo estrasse una cinepresa e cominciò a riprendere la scena. Elia camminava lentamente guardandosi attorno come se cercasse qualcosa. Ad un tratto si chinò e cominciò a scavare con le mani finché estrasse della terra umida che mostrò al vescovo, come se volesse indicare che nel sottosuolo c'era dell'acqua. Poi si alzò e si diresse verso una pianta d'olivo. Era una mattina serena e senza vento e, data l'ora, non si vedeva nessuno nei dintorni.

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Quando Elia fu a pochi centimetri dalla pianta, alzò le mani per accarezzarne le foglie e tutti i rami si agitarono come scossi da una mano lieve... Ad un tratto, dal ramo accarezzato da Elia grondò una pioggia d'olio profumato che si abbatté su di lui lasciando sulla sua maglietta evidenti macchie oleose. E intanto il vescovo continuava a riprendere la scena con la sua telecamera mentre pregava e ringraziava Dio. Poi Elia cadde svenuto sotto l'albero. Rimase immobile per qualche istante poi aprì gli occhi con un'espressione estasiata sorridendo a qualcuno d'invisibile dinanzi a lui. Elia tese un braccio verso l'alto e dalla sua posizione sdraiata si alzò in modo innaturale come se qualcuno lo stesse tirando. Cominciò a muoversi per il campo come preso per mano, in direzione di un grosso crocifisso di pietra posto sul fondo dell'uliveto. Si volse verso il vescovo e glielo indicò con la mano. Il vescovo rapidamente puntò il suo obiettivo sulla croce per riprenderla in primo piano. Dal filmato si vede che da una mano del Signore sgorga un grosso flusso di sangue mentre si ode il Vescovo pregare. Una copia del film è in mio possesso. Da quel momento il Vescovo prese ad interessarsi di Elia in modo molto garbato consigliando anche ai suoi parenti di fotografarlo durante i giorni della passione per poter controllare eventuali cambiamenti tra un anno e l'altro. Fu un frate ad essere incaricato di eseguire le foto: la schiena, la fronte, il costato, le mani e i piedi. Furono girati 3 o 4 rullini da 36 fotografie ma tutte risultarono opache come sottoposte a troppa luce, tranne alcune, molto nitide che Elia conserva come eventuale prova e che anch'io ho potuto osservare. Sono rimasta molto impressionata dai nitidi marchi infuocati impressi sulla fronte di Elia che disegnano una grossa corona di spine alta almeno 10 cm, calata sbieca all'altezza dell'occhio sinistro, gonfio e tumefatto, fino a coprire l'orecchio destro come trafitto da grossi pungiglioni. Anche la vista della schiena flagellata mi ha traumatizzata. Molteplici, violente frustate sembravano aver colpito Elia dalle spalle ai fianchi lasciando cicatrici profonde mentre la zona del costato largamente arrossata mostrava una profonda ferita di lancia. Alle giunture delle mani e dei piedi larghe piaghe rotondeggianti mentre il suo viso rivelava uno stato di semicoscienza. Meglio di me ha potuto descrivere la passione di Elia il suo amico Curzio Cuccinotta, l'unico bergamasco informato dallo stesso Elia e da lui invitato a seguirlo nella sua casa in Puglia. Anch'io ho voluto conoscere Curzio che gentilmente è venuto a casa mia ed è stato emozionante confrontare le nostre reazioni dal momento che Elia è entrato nelle nostre vite. Il tumulto dei nostri cuori, l'impressione di vibrare ad una dimensione diversa, lo stato di felicità mai provata prima, la coscienza di avere più responsabilità nei confronti di noi stessi e gli altri che ci ha pervaso per lunghissimo tempo, sono state le medesime per entrambi. In altre parole c'è stato concesso di vivere il "vero" stato di grazia, quello che annulla gli affanni del quotidiano, quello che eleva e che appaga totalmente. Mentre tentavamo di spiegarci a vicenda l'intensità dei nostri sentimenti sentivamo di essere nel giusto e di servire la causa di Elia che è quella di riproporre con forza e vigore il messaggio d'amore di Cristo. Testimonianza scritta di Curzio di Bergamo Durante il periodo di Pasqua del 1998 fui invitato da Elia a trascorrere alcuni giorni presso la sua famiglia in Puglia per assisterlo durante la Settimana Santa e per poter così controllare di persona fenomeni a cui lui mi aveva solamente fatto cenno in precedenza. Accettai l'invito spinto da curiosità puramente intellettuale, considerata la mia posizione non fideistica. Il primo fenomeno a cui potei assistere fu un intenso e persistente profumo di rose che si protrasse per tutto il tempo della mia permanenza e che si poteva percepire persine all'esterno dell'abitazione. Anche durante una visita effettuata a casa del cugino di Elia (Nicola), tale profumo venne avvertito dai presenti come se provenisse dalle finestre aperte per cui Elia interpretò il fenomeno come se fosse un invito a rientrare in casa sua. Prima dell'uscita, ci accorgemmo che un quadro raffigurante il volto di Cristo in rilievo aveva cominciato a versare lacrime che producevano lo stesso profumo. Il medesimo fenomeno si verificò in camera di Elia in quanto una statua di legno della Madonna cominciò a versare lacrime profumate e copiose per tutto il tempo della mia permanenza. I fenomeni fisici a cui potei direttamente assistere e che riguardano personalmente Elia furono i seguenti: il mercoledì santo la fronte del soggetto cominciò a produrre gocce di sangue senza che vi fosse alcuna escoriazione. Lo stesso giorno la sua temperatura corporea superò i quaranta gradi tanto che il termometro andò in frantumi per l'eccessivo calore. La notte del giovedì santo si aprirono delle ferite profonde nei polsi, nel costato e nei piedi che lo costrinsero a rimanere a letto fino al sabato. La mattina dopo io stesso potei toccare con

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mano la ferita del costato che presentava dei bordi lacerati: Tutte queste ferite perdevano sangue tanto che le lenzuola ne erano inzuppate. Particolare era l'aspetto di questo sangue che era profumato e poco denso come se fosse mescolato a sudore. Il volto era gonfio e tumefatto ed io stesso ho potuto assistere a lacrimazioni insanguinate. In tutto questo tempo Elia rimase in stato di semicoscienza che durò fino alle ore 15 del sabato santo quando lo abbiamo dovuto lasciare solo per mezz'ora uscendo addirittura dall'abitazione per recarci in casa del cugino. Passato questo tempo, abbiamo ricevuto una telefonata da Elia che c'invitava a tornare in casa dove l'abbiamo visto completamente cambiato non solo perché le piaghe si erano completamente rimarginate ma anche perché il suo volto risultava molto più sgonfio, fresco e luminoso. La cosa che più mi ha colpito in quel momento fu lo sguardo che mi sembrava quello di un'altra persona, pieno di energia e raggiante tanto che stentavo a riconoscerlo anche se può sembrare strano a dirsi. A conclusione vorrei dire che nonostante mi sia dilungato sui fenomeni fisici a cui ho assistito, la parte più intensa di questa esperienza è stata per me la percezione soggettiva che ne ho avuto ovvero la sensazione di una forte energia e sacralità. Per ciò che riguarda quello che ha detto Elia durante i giorni in cui ha vissuto la passione vorrei sottolineare in particolare un concetto: l'esortazione a cercare Dio in chiesa e non in questi fenomeni il cui significato è la spinta ad avvicinarsi di più a quest'ultimo: Dio. Testimonianza scritta di Domenico e Lucia Siamo dei carissimi amici di Elia. Gli episodi da raccontare sono tanti, ma il fatto che ci ha colpito particolarmente è quello che ci è accaduto in chiesa l'anno scorso durante la celebrazione della Messa. Quando stavamo per avvicinarci per ricevere l'Eucarestia avvertimmo il suo profumo di rose che ci avvolse completamente e rimase impregnato nei nostri indumenti per lungo tempo. Poi notammo spostamenti di candelieri all'interno della chiesa tanto da pensare d'avere delle allucinazioni. Non raccontammo nulla ad Elia per evitare che ci prendesse in giro, ma fu lui stesso che ci telefonò raccontandoci nei minimi dettagli tutto ciò che avevamo vissuto. Questo è uno dei tanti episodi di cui siamo stati testimoni. Testimonianza scritta di Carmine In poche parole voglio parlarle della mia conversione. Io ho vissuto una vita ribelle, anzi direi atea e peccaminosa. La settimana santa che precedeva la Pasqua del 1997 e precisamente il sabato mattina sento bussare alla porta. Vado ad aprire e vedo la signora che abita a fianco a me, la mamma di Elia. Mi invita ad andare a casa sua per vedere suo figlio che stava soffrendo la passione di Gesù. La seguo ed appena entrato avverto subito un foltissimo profumo di rose, ma le rose non c'erano. La signora mi conduce nella camera di suo figlio e gli toglie le coperte. A questa vista scoppio in un pianto dirotto. Il sangue usciva da tutte le parti: dalle mani, dai piedi, dal costato e dalla testa. Vidi una realtà cruda ma vera e caddi in ginocchio, mentre piangevo dal dolore e dalla vergogna perché davanti ai miei occhi c'era Gesù e tutto il male che io gli avevo fatto. Adesso sono felice e sereno. Amo la Santissima Trinità e Maria la mamma di Gesù che è la mamma nostra. Di vero cuore auguro la conversione di tutto il mondo e questo a lode e Gloria di Gesù e Maria. Scusate la mia scrittura ma ho fatto solo la quarta elementare.

Testimonianza scritta di Cristina Natale 1998. Con tutti gli amici e parenti eravamo in campagna per festeggiare la vigilia del Santo Natale. Elia aveva scelto un posto dove c'era un albero d'olivo ed aveva preparato un braciere con della carbonella accesa. Ci chiese di metterci in cerchio intorno al braciere. Iniziammo così la veglia a Gesù Bambino. Mentre pregavamo ci accorgemmo che la statuetta di Gesù lacrimava e l'albero di olivo emanava un profumo intenso. Era il suo profumo. Testimonianza scritta di Rosanna (moglie del cugino Nicola) Una sera d'inverno, Nicola aveva deciso di uscire a cena con gli amici ed io rimasi sola a casa con i ragazzi, che dopo aver cenato andarono subito a letto. Io rimasi in cucina davanti alla televisione, in attesa del ritorno di Nicola. Incominciai a sentire degli strani rumori. Andai in salotto e mi guardai intorno. Naturalmente non vidi nessuno. Allora ritornai in cucina e avendo sete mi avvicinai alla credenza per cercare un bicchiere. Improvvisamente le antine del mobile

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si aprirono da sole facendomi vivere un momento di panico ma poi mi dissi: "Rosanna stai tranquilla, Elia vuole giocare". La mattina seguente Elia mi telefonò e mi raccontò la mia serata minuto per minuto. Testimonianza scritta di Carmela Ho solo 21 anni e sono una ragazza molto semplice, una come tante direi, ma con un'unica fortuna: quella di avere conosciuto una persona che in poco tempo mi ha riavvicinata ad una realtà per me molto complessa. C'erano tante cose che all'inizio non capivo ma poi piano piano mi sono resa conto di quanto a volte nella vita si possa essere superficiali, soprattutto alla mia età. Quattro anni fa ho conosciuto Elia grazie a dei miei carissimi amici. Con lui gran parte della mia vita è cambiata, sono rimasta ragazza però ci sono tante cose che riesco a vedere a differenza di tanti altri. Un giorno mentre mi trovavo in villeggiatura insieme ad altri amici, Elia ci venne a trovare. Mi invitò a fare una passeggiata ed io accettai subito. Mi disse di guardare il ciclo e di osservare la luna... ad un tratto vidi un'immagine... quella di Gesù Bambino. Tale fu il mio stupore che non sapevo che dire, ma di una cosa ero certa che da quel momento avrei visto le cose da un altro punto di vista. Elia mi ha fatto capire quanto sia importante la fede ed io spero che riescano a capirlo anche altri ragazzi come me perché la vita non è solo divertimento, a volte bisogna anche rivolgersi ad altre cose e persone che ti diano dei valori. L'unica strada è la fede in Dio. Grazie Elia. Testimonianza scritta di Pompea Martedì 31 ottobre 2000. Solitamente il martedì è giorno di lezione all'Università, ma stranamente quella mattina non ci sono andata. Ero pervasa da un insolito senso d'ansia e inspiegabilmente pensai ad Elia. Avevo un forte bisogno di sentirlo anche se ero cosciente di non poterlo fare per vari motivi. Passai la giornata continuando a pensarlo intensamente. Il pomeriggio, come al solito, avevo il turno in ospedale e intorno alle 19,30, premettendo che continuavo a star male sia fisicamente che psicologicamente, in un momento di una più forte crisi lo invocai. Sentii allora dapprima il suo profumo in maniera lieve tanto che ci feci poco caso, fino a quando diventò più forte e mi avvolse completamente. In quel momento capii che il mio pensiero lo aveva raggiunto e quello era l'unico modo in cui lui poteva rispondermi. La conferma la ricevetti a tarda sera quando mi fu possibile telefonargli e senza che io anticipassi niente, Elia sapeva già tutto. Testimonianza scritta di Dante D'Angela Agosto 1998. Mi trovavo in Puglia in vacanza e anche per uscire da un periodo non tanto sereno. Mi era stato chiesto di fare un lavoro. Mi occupo di costruzioni e vivo in Svizzera. Avrei dovuto creare un piedistallo in pietra naturale in calcestruzzo con una stella di due metri da posarvi sopra. Il tutto doveva servire da basamento alla statua della Vergine Santissima Annunziata. Dopo aver costruito la colonna si doveva posare la grande stella del peso di tre quintali. Con l'aiuto di alcuni amici, provammo a sollevare la stella da porre sulla colonna alta un metro e mezzo, ma il tentativo fallì. Elia che ci osservava da lontano, si avvicinò a noi cinque, guardò il ciclo e ci incitò a riprovare. Riprovammo per la seconda volta e come per magia la stella andò su con una leggerezza unica. Eravamo aiutati da una forte energia che non so definire, un qualcosa di meraviglioso... mentre nell'aria si diffondeva un intenso profumo di rose che ci dava serenità e pace. Era il 14 agosto. Dopo aver posizionato la Madonna, il profumo si diffuse dappertutto lasciando tutti meravigliati ed increduli. La sera del 15 agosto fu celebrata la SS. Messa in onore della Vergine. Il profumo era immenso, qualcosa di grande. Dall'oliveto veniva aria profumata... era la prima volta che assistevo ad un fenomeno del genere. Io e le persone presenti abbiamo potuto vedere anche gocce simili a lacrime scaturire dagli occhi della Madonna. Tutto questo accadeva in compagnia di Elia. Da quel giorno per me sono cambiate tante cose in meglio, anche se alcune volte ci si sbaglia. Testimonianza di Savino Sono un commercialista e ho conosciuto Elia alcuni anni or sono quando ancora lavoravo a

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Bergamo. Poi mi sono sposato e con mia moglie mi sono trasferito in Puglia dove sono nato e cresciuto. Mi ricordo che allora Elia mi fece delle previsioni così stupefacenti che stentai veramente a credergli ma comunque seppe instaurare con me una bella amicizia fatta di attenzioni e argomentazioni che mi affascinavano enormemente. Premetto che non sono mai stato un "buon cristiano" anche se credente, ma sembrava che ad Elia non importasse molto. Mia moglie invece è molto pia e ogni sera, quando la vedevo pregare, mi dicevo: "Ma guarda questa... boh... non ha proprio altro a cui pensare...". Ora invece possiedo una grandissima fede, prego con lei ogni sera facendo di lei la donna più felice del mondo. Poco dopo il mio matrimonio, ho subito due inspiegabili arresti cardiaci. Impiegabili perché non essendo un cardiopatico, nessun medico è riuscito a capirne il motivo. Io mi ritengo un miracolato. Dopo il primo, non afferrai immediatamente il messaggio del Signore, ma dopo il secondo compresi che Dio voleva darmi una seconda possibilità. Con l'aiuto di Elia riuscii a comprendere cosa il Signore voleva da me. Le sue previsioni impossibili si verificarono completamente ed ora mi sento finalmente realizzato e felice. Ieri ho avuto l'occasione di ritornare a Bergamo per lavoro e subito ho telefonato ad Elia per poterlo almeno salutare. Elia mi ha invitato a casa non permettendo nemmeno che mi cercassi un albergo e quindi ti ha chiamata per non lasciarmi cenare tutto solo. Come tu sai è tempo di Quaresima e lui sta digiunando da parecchie settimane così abbiamo avuto modo di conoscerci, io e te, Fiorella, e di scambiare le nostre opinioni circa la nostra "fortuna" per essere tra i privilegiati che hanno conosciuto Elia. Sono certo che noi dobbiamo ritenerci dei fortunati e ringraziare Dio per questo. Questa mattina ti ho voluta richiamare perché devo raccontarti un fatto che sicuramente ti farà "allungare" il tuo libro: come ricorderai, ieri sera abbiamo parlato anche di mia moglie e ti sarai accorta che ne parlavo con un po' di nostalgia. Infatti sono fuori casa da parecchi giorni e mi manca molto. Ebbene, questa notte Elia è entrato nella mia camera avvolto in una luce dorata. L'ho sentito entrare in me e poi, insieme siamo usciti dal mio corpo fisico che a letto, immobile, rimase comunque cosciente. Ricordo che volevo reagire ma non riuscivo a dischiudere le palpebre né a muovere nemmeno un dito. Il mio corpo astrale invece rimase per un attimo sospeso nell'aria prima di volare con Elia verso la mia casa in Puglia. Mi ha portato da mia moglie che ho abbracciato ripetutamente mentre lei stupita mi guardava incredula. Non so quanto sia durato tutto questo... ricordo solo di essere rientrato nel mio corpo con estrema facilità, anche se poi ho avvertito per qualche ora indolenzimento ai muscoli e alle ossa e un vago senso di spossatezza. Sono estremamente felice di questa esperienza e ringrazio Elia d'avermela concessa. Mentre mi raccontava tutto questo negli occhi di Savino si leggeva un'incontenibile gioia. Poco distante Elia trafficava intorno al lavello della sua cucina come se la cosa non lo riguardasse. QUARTA PARTE

ELIA ED IO (settembre 2000) Arrivammo in Città Alta in un attimo. Ero emozionatissima mentre Elia mi parlava tranquillamente di mio marito come se lo conoscesse da sempre. Stava toccando argomenti che solo io conoscevo ed ero letteralmente allibita. Trovammo Gualtiero ad attenderci sul cancello del nostro minuscolo giardino. Elia lo salutò cordialmente poi si guardò attorno e si diresse verso la parte panoramica. Per qualche istante rimase ammutolito davanti la superba vista degli Appennini che facevano da sfondo all'intera Pianura Padana, mentre noi attendevamo il da farsi. Era una serena giornata settembrina di fine estate che conciliava perfettamente con i nostri animi ancora inconsci del desiderio d'incontrarsi. E fu veramente come se tutti e tre attendessimo questo incontro. Elia entrò in casa, ci seguì in salotto e ci sedemmo tranquillamente a discorrere senza nessun imbarazzo, proprio come se ci fossimo visti il giorno prima... Posso dire che per circa un paio d'ore Elia volle parlare con Gualtiero alternando comprensione, partecipazione, suggerimenti ma anche ferma ed amorevole volontà d'affondare nel suo animo e sollecitare risposte. Io, quando capii che la conversazione stava per toccare argomenti più profondi e personali mi alzai per lasciarli soli ma Elia s'interruppe e m'impose di restare. L'emozione era alle stelle. Gualtiero ed io ci comportavamo come se fossimo alla presenza di un Maestro, ne sentivamo il

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fascino e l'autorevolezza. Poi Elia mutò atteggiamento e iniziò a parlare di se stesso. Modestamente e serenamente ci mostrò le macchie scure alle giunture delle mani e ai piedi, ci raccontò dei suoi tormenti, dei suoi dubbi, delle sue lotte con il Supremo per la non accettazione di quei marchi infuocati, delle sue difficoltà psicologiche nel dover nascondere alla gente la sua vera identità ma anche della gioia ritrovata nell'arrendersi alla volontà di Dio. Noi ascoltavamo attoniti quel giovane uomo in jeans e maglietta che si esprimeva come un Illuminato, che inspiegabilmente si stava confidando con noi, che ci sorrideva, raccontandoci con estrema semplicità cose che avevo letto unicamente nelle biografie dei Santi. Mentre Elia parlava non avevo il minimo dubbio della veridicità delle sue parole ma mi chiedevo perché tutto questo accadeva a noi, a noi, e non ai suoi amici o a qualche saggio sacerdote che sicuramente sarebbe stato più adatto e competente. Tranquillamente glielo chiesi e lui rispose sgranando i suoi immensi occhi sui nostri visi: "Lui mi ha detto che lo avrei riconosciuto negli occhi della gente... è vero...". Poi guardò l'orologio: "Si è fatto tardi... devo andare"... e con un incantevole sorriso ci salutò. Mi offersi di accompagnarlo e lui accettò. Mentre scendevamo verso la Città Bassa, mi raccomandò di telefonare a Maria, la persona che per prima mi aveva parlato di lui, e di raccontarle quello che era accaduto e poi pensieroso aggiunse: "Ti sei mai chiesta perché quest'anno avete scelto di passare le vacanze in Puglia?". "Penso proprio che non sia stato un caso" mormorai. Intanto arrivammo a destinazione ma indugiammo ancora un po' a parlare. Io volli sapere ancora di lui e lui rispose pazientemente ad ogni mia domanda. Ad un tratto, non so come, gli chiesi: "Nessuno ha mai scritto la tua storia?". Lui mi guardò, stupito: "Per quale motivo?". D'impulso mi vennero queste parole: "Non certo per inneggiare ad un Santo da venerare, ma perché tu potresti essere d'esempio a molti... Penso d'aver compreso che tu, nonostante sia stato riconosciuto dalla scienza come un 'Paranormale Celestiale' non hai scelto di isolarti dal mondo ma di condividere il destino dei più guadagnandoti di che vivere con il lavoro e affrontando le comuni difficoltà. Vivi fra la gente propagando l'amore ed aiutando il tuo prossimo. Non miri ai beni materiali eppure apprezzi il grande dono della vita, coltivi la gioia e riesci a collegare gli uomini di oggi con Dio. Tu porti Dio con te e dimostri a chi vuoi recepire che Dio esiste ed è qui vivo e vegeto tra di noi...". "È normale quello che faccio..." mi rispose dopo qualche istante. "Non è da tutti" continuai io convinta. Elia rimase assorto e pensieroso giocherellando con il suo rosario e poi finalmente: "Se questo può aiutare...". "Sì, Elia, questo può aiutare a dimostrare che il Signore non è un'entità isolata e distante e che si serve di chi vuole, quando vuole... anche di un ragazzo come te". Mentre parlavo Elia teneva il capo abbassato quasi timoroso e certamente colpito dalle mie parole. Rimanemmo in silenzio ancora per qualche minuto mentre attorno a noi la gente camminava indaffarata e le prime luci si accendevano nelle strade. "Posso scriverlo io il tuo libro?". "Sì". Al mio ritorno non trovai Gualtiero particolarmente agitato. Non commentammo l'accaduto, ognuno in preda alle proprie emozioni. Se ne andò a dormire senza cena. Il giorno seguente lo passammo a preparare le ultime cose per la nostra fiera. Gualtiero provò a telefonare ad Elia ma non lo trovò. Io decisi di non farlo per non disturbare la sua giornata dedicata al Signore. Il lunedì andammo in azienda come al solito, ma verso mezzogiorno decisi di tornare a casa perché mi sentivo un po' confusa. Non riuscivo a distogliere i miei pensieri da Elia, dalla sua semplicità, dalla sua serenità, dalle cose che ci aveva raccontato. Come varcai la porta squillò il telefono. "Ciao, sono Elia... posso venire a portarti alcuni medicinali per Gualtiero?" . "Vieni". Premetto che mio marito si sta occupando di un medico, volontario in Africa, che sta cercando di costruire un ospedale ai confini dell'Etiopia ed il Kenia ed Elia, lavorando al momento in un'azienda farmaceutica si è adoperò subito presso il suo datore di lavoro per ottenere medicinali di ogni tipo. Dopo circa mezz'ora Elia arrivò con tre casse di farmaci che dopo qualche giorno partirono per l'Africa unitamente a mille altre cose. Siccome mi stavo preparando una colazione veloce, invitai Elia a pranzare insieme a me, ma lui rifiutò dicendo che non stava bene. "Stenditi sul divano" gli suggerii. "No, grazie". Non ricordo come avvenne che Elia iniziò a parlare di argomenti meravigliosi, a raccontare parabole mai udite prima, assumendo un atteggiamento completamente diverso, quasi

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austero... il ragazzo semplice e disinvolto che conoscevo si tramutò in un istante in un Maestro dalla voce calda e penetrante che mi assorbì completamente. Le sue parole mi riconducevano ai Vangeli che non leggevo da molto tempo, m'inducevano a riflettere, mi incantavano tanto che dopo un paio d'ore mi ritrovai ad ascoltarlo a mani giunte. Quando Elia si interruppe, mi disse dolcemente: "Adesso mangia qualche cosa". "Non ho più fame" risposi. "Mangerò anch'io con te". Ci sedemmo a tavola, ognuno con un panino imbottito nel piatto. Elia mi sembrava un uccellino. Ruppe il pane e con due dita ne tolse qualche briciola che si mise in bocca masticando poi molto lentamente. Si capiva che non aveva fame e che si sforzava di mangiare per farmi compagnia. Sui suoi polsi si vedevano due grosse macchie scure. Più tardi arrivò anche Gualtiero con gli ultimi oggetti per l'allestimento delle vetrine dello stand: vassoi, specchi, tendine di pizzo che accantonammo vicino ad altri oggetti preparati in precedenza. Elia osservò silenzioso e poi disse: "Non portate in fiera quel vassoio, non vi servirà! Prendete invece quel grosso portavasi in rame che ho visto nella vostra taverna, vi sarà molto utile". Non dissi nulla, andai a prendere il portavasi di rame che secondo me non poteva proprio trovare spazio nel nostro stand, visto che tutto era stato particolarmente studiato, ma non rinunciai al vassoio che avevo scelto per sistemare in vetrina i prodotti nuovi! Intanto Elia ci osservava pensieroso. Quando poco dopo ci salutammo, ricordo che era già uscito dalla porta, ad un tratto si volse verso di noi, ritornò indietro e ci disse: "Ho pensato molto al nostro incontro... non ho saputo spiegarmi per quale motivo sia stato inviato da voi... ho pensato che forse voi siete stati scelti dal Signore per fare qualcosa di grande e che forse io potrei aiutarvi...". Io e Gualtiero ci guardammo allibiti da tanta semplicità e solo dopo qualche attimo riuscii a rispondere: "Sarai tu Elia che dovrai fare qualcosa di grande e forse noi ti potremmo aiutare...". Elia sorrise, mi sembrò perplesso, poi ci salutammo di nuovo ripromettendoci di rivederci subito dopo la fiera per parlare del libro e di tutto quello che poteva servire per la sua pubblicazione. Ma il giorno dopo ritornò. "Ho pensato tutta la notte al nostro incontro e ho avuto delle visioni. Mi trovavo con voi in altri luoghi... c'era molta gente ammalata... Tu Fiorella passavi tra i giacigli e coprivi i più deboli mentre io immergevo gli ammalati in grosse vasche di marmo... Dopo il bagno molti guarivano... mi è stato mostrato un brandello di vita che abbiamo vissuto insieme... Oggi è come se io vi avessi ritrovato... tra di noi c'è un legame al di fuori del tempo e dello spazio... Tra tutte le persone che ho conosciuto ora so che voi siete l'aggancio per la mia vita futura... questo mi è stato detto...". Elia ci guardava raggiante mentre Gualtiero ed io lo ascoltavamo ammutoliti, quasi spaventati da questo annuncio che ci stava scombussolando la vita. Se Dio avesse voluto qualcosa da noi l'avremmo poi certamente capito. Non ricordo cosa avvenne dopo. Lui se ne andò e il giorno dopo partimmo finalmente per Bologna. Arrivammo nell'area del nostro stand e subito ci accorgemmo che le vetrine erano "sbagliate": troppo larghe e profonde, non adatte alle nostre minuscole cose che si sarebbero perse in quell'immensità. Occorreva riempire i grossi vuoti con oggetti che non distogliessero l'attenzione dai prodotti... ma cosa? Mi ricordai subito del grosso portavasi in rame che mi aveva suggerito Elia, comprai quattro grosse felci che vi sistemai perfettamente e lo posizionai tra gli espositori come se fosse stato il suo posto prestabilito. Il tutto risultò perfetto con grande gioia di tutti... ed il piccolo vassoio non servì, proprio come Elia aveva previsto. Ancora una volta aveva avuto ragione. Mentre la confusione e gli impegni della fiera ci costringevano ad occuparci di banali cose commerciali, io mi sforzavo di non pensare ad Elia, ma non vi riuscivo. Fui assalita anche da dubbi atroci. Avevo sentito dire che a volte il Maligno si camuffa sotto svariate forme per conquistare le sue prede... Avrebbe quindi potuto nascondersi anche sotto le spoglie di un mite frate... Poi ripensando agli occhi di Elia, così luminosi che al loro confronto i nostri di comuni mortali sembravano opachi, scacciai questi pensieri tuffandomi nel lavoro. Fu a questo punto che mi venne in mente Rosanna. È una grande carismatica e anche lei da molti anni riesce a vedere e a parlare con gli Angeli. È riuscita persine a fotografarli. I messaggi che da loro riceve sono così ricchi di contenuti strabilianti da indurre veramente a credere che esistano, che vivano accanto a noi e che ci aiutino. Rosanna mi ha aiutato nel passato a superare molti momenti bui ed è per questo che mi sono rivolta a lei con fiducia e con una certa curiosità. Attesi la fine della giornata e le telefonai. "Ciao Rosanna, ho bisogno di un favore...Ho conosciuto un ragazzo straordinario che pare abbia delle facoltà simili alle tue... Chiedi per favore ai tuoi Angeli se c'è qualcosa che io debba sapere su di lui...". Rosanna notò il tono ansioso della mia voce ma non mi chiese nulla. Mi disse solo di telefonarle la sera seguente.

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La sentii felice per me ma anche alquanto stupita quando mi diede la risposta. "Questa persona è una creatura di luce, è come noi, mi hanno detto gli Angeli, e tu lo sai già, Fiorella!" aggiunse con fermezza. "Ti è stata mandata... come lui esistono al mondo solo una o due persone... ed inoltre, non capisco perché, mi hanno detto che è stato segnato da Dio... cosa avranno voluto dire?". A quel punto le raccontai brevemente delle stigmate e la storia del nostro incontro. Rosanna ascoltò attenta e commossa e alla fine manifestò il desiderio di venire a Bergamo a conoscere Elia, cosa che fece subito dopo il mio ritorno da Bologna. Arrivò la domenica fieristica stracolma di visitatori quando tra la gente vidi farsi largo un gruppetto di persone che mi sorrideva. Era Elena sorretta da suo marito e da suo figlio che a fatica cercavano di raggiungere il nostro stand. Elena vive a Verona, per molti anni è stata una mia collaboratrice, poi una mia cliente, ma soprattutto una mia dolce e fantastica amica che io amo molto. È più giovane di me, potrebbe quasi essermi figlia. Negli ultimi 25 anni l'ho vista sposarsi, avere due bei figli, ma purtroppo anche ammalarsi di un male tremendo: lo scleroderma, cioè una malattia sistemica auto immune. I tessuti di tutto il corpo perdono di elasticità al punto di serrare l'organismo come in una rigida corazza che blocca i movimenti. Le mani sembrano ingessate, la bocca chiusa in un rigido cerchio di gomma che le impedisce di aprirsi per assumere il cibo, tutti gli organi interni bloccati compreso l'intestino che, privo di elasticità, non riesce più a svolgere le sue funzioni. Da anni Elena è costretta a frequenti ricoveri in ospedale per disintossicarsi e per sottoporsi a faticose terapie, ma sorretta da una volontà di ferro e da un coraggio da Icone non si è mai lasciata abbattere cercando di trarre dalla sua malattia motivazioni e messaggi positivi per sé e per gli altri. Ormai in ospedale è di casa, conosce bene il reparto, quindi, quando può, con la sua flebo in mano ma sempre con quel suo radioso sorriso sulle labbra, si reca dai più tristi e sfortunati di lei a portare conforto e calore. Scherza e ride come se lei fosse la più fortunata delle donne ed io l'ho sempre ammirata per questo. L'anno scorso è stata molto male tanto da farci temere il peggio e anche quella domenica lessi sul suo viso un'espressione di dolore e di fatica che mi fecero comprendere che s'era ulteriormente aggravata. "Non volevo venire" mi disse, "ma poi era così grande il desiderio di vederti che mi sono fatta accompagnare". L'abbracciai commossa mentre mi affrettai a farla accomodare nel salottino dello stand. Suo marito e suo figlio proseguirono per la fiera, io ed Elena rimanemmo appartate sperando di poterci concedere un po' di tempo. D'impulso le parlai di Elia: "Non so se ti riceverà... lui solo è in grado di sapere se potrà aiutarti...". Gli occhi di Elena parvero accendersi di una luce diversa, la sua voce carica di entusiasmo mi fece promettere di metterla in contatto con Elia non appena fossi ritornata a casa. Nello stesso pomeriggio arrivò a trovarmi un'altra amica-cliente, Rossella da Firenze. Anche con lei ho un ottimo rapporto da tutta la vita e con i nostri rispettivi mariti abbiamo condiviso molte esperienze di studio, lavoro e vacanze. Tra Rossella e me esiste un feeling che trasforma ogni nostro incontro in una festa, ma purtroppo questa volta vidi Rossella disperata. In poche parole mi informò che a Paolo era stato diagnosticato un cancro al fegato, purtroppo già in fase avanzata. Una "mazzata" improvvisa, capitata senza preavviso lasciando la famiglia annichilita ed impotente davanti alla gravita del male. Così le parlai di Elia. Anche sul suo viso apparve una luce di speranza ed anche a lei promisi di farla chiamare da Elia. Finalmente la fiera chiuse i suoi battenti ed io fremente e trepidante per le mie amiche, raggiunsi Bergamo senza nemmeno vedere la strada. Ripensando a quei momenti mi rivedo come ebbra di gioia, come se tutto fosse già risolto, dimentica di ogni problema materiale, desiderosa soltanto di vivere quell'esperienza spirituale che il mio incontro con Elia m'aveva fatto intravedere come unica ed irripetibile. Quando finalmente parlai ad Elia delle mie amiche mi ascoltò assorto scrutando nel vuoto come se cercasse delle risposte poi mi propose di telefonare subito, prima al marito di Rossella e poi ad Elena. Fui io a comporre il numero e dopo aver salutato brevemente Rossella porsi il ricevitore ad Elia. "Ciao Paolo come stai? Sono Elia" lo sentii esordire con tono allegro. "Ciao Elia... ho sentito dire che sei un guaritore incredibile...". A questo punto notai Elia cambiare atteggiamento, mi sembrò stupito anche se la sua voce non lasciava trasparire nulla di diverso dall'inizio della conversazione che continuò banalmente e terminò con la frase: "Se ci sarà l'occasione ci conosceremo o sennò ti benedica Dio". Quando Elia abbassò il ricevitore mi disse: "Non ha fede, non vuole essere aiutato da me... crede che io sia un pranoterapeuta..." sembrava deluso. Io ancora non capivo il significato di

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queste parole e non osai replicare anche se dentro di me c'era la convinzione che, se avesse voluto, Elia avrebbe potuto fare qualcosa per aiutarlo. Poi chiamai Elena che mi rispose immediatamente: "Ho il batticuore... sapevo che mi avresti chiamata subito...". Le passai Elia. Già dopo le prime parole avvertii che tra loro era nata un'intesa. La dolcezza di Elia, il suo viso raggiante, l'intensità del discorso che lentamente si stava sviluppando rappresentavano per me una musica sublime che francamente non m'aspettavo. "Io non sono nessuno" diceva Elia. "Sono solo un tramite... È Lui che vede e decide... Ora ti devo chiedere una cosa: perché l'anno scorso ti sei fatta influenzare da quella persona?... Puoi rimediare se vuoi...". E mentre con estrema dolcezza l'aiutava a ricordare alcuni episodi che avevano inciso nella sua vita, con un gesto della mano mi fece cenno di avvicinarmi. Senza guardarmi prese la mia mano tra le sue e con gesti lievi, appena accennati, cominciò a massaggiarmi le giunture delle dita. "Rilassati Elena... ti sto massaggiando le mani... vedrai che presto starai meglio...". Poi mi chiese di poterla incontrare a casa mia: naturalmente annuii con gioia. Ricordo come se fosse oggi le ultime parole di quella incredibile conversazione: ".. .Ti raccomando Elena, è Lui che può tutto, non io,... la sua casa è vicino alla tua vero? Domani entra in quella chiesa e parlagli. Lui ti ama, ricordalo... vedrai che l'anno prossimo starai bene". Poi Elia sorridendo venne a sedersi accanto a me, si prese la testa tra le mani e riflette per qualche istante. "Sì, l'anno prossimo starà bene" disse quasi soprappensiero. Eravamo nella seconda metà di settembre ed Elia si stava preparando per il suo rientro in convento. Entro il 1° di ottobre avrebbe dovuto lasciare il suo minuscolo monolocale, il suo lavoro, i suoi amici ma anche intensificare il suo rapporto con me non solo per fornirmi tutta la documentazione necessaria compresi gli indirizzi utili per le varie testimonianze ma anche per darmi modo di conoscerlo meglio e poter così scrivere di lui nel modo più obiettivo possibile. Eppure mi sembrava d'averlo sempre conosciuto, di poter comprendere i suoi repentini sbalzi d'umore, a volte la sua intransigenza o la sua tristezza, la sua gioia contagiosa quando i suoi sforzi per raggiungere l'obiettivo di Dio erano stati recepiti. Avevamo una confidenza ed una fiducia l'uno dell'altra illimitata: senza dubbio eravamo sulla stessa lunghezza d'onda, ma non mi sento di definire il nostro rapporto come quello tra madre e figlio o fratello e sorella ma più semplicemente come quello di due anime che hanno scelto di aiutarsi durante un particolare percorso della loro vita. "Ho sempre sognato d'avere accanto una persona come te con cui possa parlare di tutto... che mi ascolti senza sorprendersi... che mi comprenda... che sia allegra... che si possa lavorare e nello stesso tempo toccare argomenti che stanno a cuore a tutti e due..." mi diceva mentre stavamo preparando il minestrone. E mentre lui, in cima ad una scala, mi sostituiva una lampadina, io gli chiedevo a bruciapelo: "Sei stato al quinto ciclo?". "Sì, ma anche al settimo" mi rispondeva indifferente come se gli avessi chiesto che ora fosse. "Com'è il settimo ciclo, Elia?". E lui per tutta risposta mi disegnava nell'aria una spirale che dal basso saliva verso l'alto. "È luce abbagliante, sempre in movimento... è la capacità di vedere ciò che si può diventare... quando ho visto tutto questo, non volevo più tornare sulla terra..." e mentre lui continuava a trafficare con la lampadina ed io gli reggevo la scala scoprivo che da tutta la vita mi ero preparata all'incontro con lui. Avevo letto una quantità di libri inerenti al soprannaturale, le varie vie iniziatiche, la storia delle religioni, le biografie dei Santi e tutte queste letture avevano lasciato in me il desiderio di progredire nella conoscenza. ,.JE man mano procedevo nella ricerca la mia comprensione si allargava, la mia intuizione si affinava, i miei obiettivi della vita cambiavano. "Come sei riuscito a tornare dal settimo cielo che senza dubbio è l'ultima meta del nostro cammino?" "È stato Lechitiel a portarmi via... con prepotenza... e si è anche arrabbiato molto perché io gli resistevo...". Io registravo nella mia mente ogni parola, comprendevo e non avevo bisogno di altre spiegazioni. Sapevo che tutto questo era possibile. Intanto venne il giorno dell'incontro con Elena. Ci accordammo con Elia per l'appuntamento che sarebbe stato per venerdì 19 settembre a casa mia. Per l'occasione io avrei preparato alcune mie specialità culinarie. Ma verso le 18 Elena mi telefonò e con una flebile vocina mi disse: "Sto male Fiorella, questa mattina avrebbero voluto ricoverarmi, ma io mi sono opposta nella speranza di migliorare nel

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pomeriggio e poter raggiungere Elia. Lo desideravo tanto! Non puoi immaginare il mio dispiacere... non ce la faccio...". La consolai come meglio potei promettendole che eventualmente avrei accompagnato io Elia a Verona. Dopo pochi minuti lo squillo del campanello mi annunciò che Elia era arrivato. Gualtiero ed io gli andammo incontro al cancello. Ricordo che era una tiepida e dolce sera settembrina e che mentre informavamo Elia dell'accaduto sostammo brevemente in giardino in attesa che Elia decidesse di rimanere o di andarsene. Dai suoi occhi traspariva un bagliore straordinario, fece un gesto con la mano ed improvvisamente attorno a noi si diffuse un intenso profumo di rose. "Non importa". Disse: "Ora entriamo in casa". Il profumo ci seguì all'interno, in cucina, salotto e rapidamente dalle scale a chiocciola fino allo studio e nelle camere da letto. Io lo inseguivo strabiliata e felice perché era la prima volta che lo percepivo. Gualtiero se ne restava immobile accanto ad Elia tranquillo. Quando ridiscesi non potei trattenermi dal dire: "È un profumo così forte, quasi nauseante...". Mi resi conto subito d'aver parlato a vanvera e di non poter permettermi di definire un profumo di origine divina con tale termine. Infatti Elia mi corresse: "Non è nauseante, è intenso" e poi guardandomi con quei suoi occhioni pieni di luce aggiunse sorridendo: "Tu lo desideravi, vero? Ma non osavi chiedermelo...". "Sì, Elia, grazie... non l'ho fatto perché non avevo bisogno di dimostrazioni per credere in te... ma lo desideravo tanto!". "Ora lasciatemi solo per un momento". Elia entrò in salotto mentre Gualtiero ed io rimanemmo in attesa assaporando quel profumo che non assomigliava a nessun altro anche se mi ricordava una varietà di rose vagamente orientale. Dopo qualche minuto Elia ci chiamò e ci chiese di pregare insieme. Poi compose il numero di Elena. Io feci l'atto di uscire per non invadere la loro intimità, ma Elia mi fece cenno di restare. Si parlarono lungamente e alla fine Elia le raccomandò di massaggiarsi l'addome. Cessata la conversazione Elia si trasformò immediatamente in quel ragazzo brillante che dimostra di essere quando si trova fra amici sinceri. "Quando si cena? Ho una fame da lupo!". Concludemmo la serata tra noi tre cenando allegramente come se nulla fosse accaduto. Il mattino seguente chiamai Elena appena mi svegliai. Mi rispose Giulio, suo marito, che sbalordito ma piacevolmente tranquillo mi informò che Elena stava riposando. "È stata tutta la notte in bagno... s'è finalmente liberata come non capitava da anni... quando si sveglierà ti faccio chiamare...". Quando udii la viva voce di Elena non mi sembrò più la stessa persona: frizzante, vivace, felice... me lo disse: "Sono felice, mi sento in ottima forma, sono sicura di guarire". Non voglio aggiungere commenti né osare interpretazioni su quanto ho vissuto, posso solo dire che oggi, mentre scrivo, Elena sembra veramente guarita. Appena Elena e Giulio poterono liberarsi dai loro impegni vennero a trovarci e con Elia iniziò uno splendido rapporto sia d'affetto che spirituale che cresce ogni giorno di più e porta frutti meravigliosi. Giulio è un appassionato studioso di materie esoteriche, possiede una vasta cultura ed una sana curiosità per il trascendente che approfondisce anche attraverso il confronto diretto con persone che hanno le sue stesse esigenze. Quindi fin dal primo incontro con Elia si sono toccati argomenti di una tale bellezza e profondità che mi fecero volare ad una dimensione irreale. Quella sera provai l'inebriante piacere di godermi quelle anime evolute che mi illuminavano. Giulio chiedeva, esponeva i suoi dubbi e le sue certezze ed Elia rispondeva sicuro demolendo quello che non era corretto e confermando il vero con un'autorevolezza così convincente da non lasciar spazio a repliche. Il seguito della storia non si è ancora concluso. Elena apparendo a tutti i suoi collaboratori e conoscenti come una persona visibilmente trasformata, è stata costretta a fornire spiegazioni. "Ho un padre spirituale che mi aiuta" risponde a chi le chiede la ragione della sua forma smagliante. E così, di bocca in bocca, la fama di Elia si sta diffondendo anche a Verona. E poi tutto è avvenuto naturalmente. Elena ha chiesto ad Elia il permesso di organizzare un incontro tra lui ed una decina di persone bisognose del suo aiuto. Elia ha accettato con gioia sapendo che in questo modo il gregge del Signore sarebbe aumentato. Oggi a Verona il punto di riferimento per Elia è la famiglia Terrazzan, figli compresi. Dimenticavo di dire che il medico , curante di Elena rimase esterrefatto dagli evidenti miglioramenti della sua paziente e quando Elia le disse d'informarlo di tutto, anche del fatto che aveva buttato via un farmaco che usava da anni, al medico vennero le lacrime agli occhi. Ed intanto io continuavo a prendere appunti, contattare persone, cercando di imbastire una storia con un filo cronologico; ma con Elia non è sempre stato facile. Era lui stesso che ogni tanto mi raccontava dei fatti interessanti senza per altro riuscire a collocarli nel tempo giusto e quindi, quando qualcosa non mi tornava dovevo necessariamente risalire alle testimonianze

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dirette. Una sera Elia arrivò a casa nostra con un'aria alquanto divertita. "Cosa ti è successo di bello?" gli chiesi subito. "Questa notte, anzi verso mattina, io ero con Lechitiel in un luogo meraviglioso, così meraviglioso che ancora una volta non volevo più tornare... così Lechitiel adirato mi 'strappò' letteralmente via facendomi male... ho avuto l'impressione che mi tenesse appeso al mio cordone ombelicale... ho sentito un dolore così forte che non lo scorderò per tutta la vita. Nello stesso momento è suonata la sveglia... non so cosa mi sia successo... con la mente mi sono visto correre giù dalle scale perché ero in ritardo per il lavoro... ma sicuramente non sono arrivato fino in fondo... invece di uscire dal portone sono uscito dalla finestra del primo piano verso il cortile e ovviamente ho camminato nell'aria per due o tre metri. Una signora mi ha visto e mi ha chiamato. Come ho udito la prima sillaba del mio nome 'El' mi sono svegliato completamente e sono caduto come una pera matura al centro del cortile. Guarda che lividi...". E mentre Elia mi mostrava i suoi ematomi, io ascoltavo senza stupirmi più di tanto perché ormai mi ero quasi abituata ai suoi racconti. La signora invece era un po' perplessa nel vederlo steso in quel posto inusuale; gli chiese: "Cosa fai lì Elia? Da dove sei sbucato? Ti sei fatto male?". "Non è nulla, grazie, sono caduto dalle scale". "Ma come hai potuto arrivare in mezzo al cortile? Tu non me la racconti giusta... A me sembra che tu sia uscito dalla finestra...". "No assolutamente, signora, sono rotolato proprio dalle scale...". Mentre Elia cercava di ricomporsi la signora insisteva precisando che fosse matematicamente impossibile ecc. ecc. ecc... E di queste storie ne sentivo così tante che per me erano diventate pane quotidiano. Nel frattempo mi documentavo anche su altri stigmatizzati. Acquistai tutta la letteratura che potei trovare in merito e fu molto interessante scoprire che nel 20° secolo furono registrati 137 stigmatizzati, in parte deceduti, tra cui 88 donne (36 religiose, 15 delle quali fondarono nuove congregazioni e 52 laiche); 10 di loro si sposarono di cui 8 diventarono madri di famiglia. Gli stigmatizzati tutt'ora in vita sono oltre 100; 45 di loro presentano una stigmatizzazione incontestabile: 13 uomini e 32 donne di cui solo 3 sono religiose. Elia non è fra questi in quanto non ha mai voluto dimostrare la sua condizione. Oggi, l'opinione della maggior parte dei medici che studiano il problema è che né l'isteria né la psicosomatica possono avere ragione; né l'una né l'altra sono in grado di fornire una spiegazione adeguata all'origine delle stigmate. È quindi necessario cercare altrove poiché, quando non si tratta di inganno, il mistero della stigmatizzazione risponde ad un meccanismo che sfugge completamente alle possibilità degli studiosi. Se si consulta l'elenco dei candidati alla beatificazione si scopre che su 1500 cause avviate una sessantina riguardano degli stigmatizzati i quali senza nessuna eccezione, si sono distinti non tanto per i fenomeni straordinari di cui erano protagonisti quanto per la testimonianza che hanno dato della loro unione con Cristo nello spirito delle Beatitudini: umili adoratori del Padre, promotori di riforme, artefici di pace. Essi sono all'avanguardia della Santità, come esempi del destino soprannaturale, offrendo se stessi a favore dei loro fratelli con lo spirito profetico che li fa attingere dall'intelligenza universale. Dopo aver letto attentamente le tante storie degli stigmatizzati più noti, da Francesco d'Assisi a Padre Pio, da Caterina da Siena a Veronica Giuliani, da Ildegarda a Gemma Galgani, Natuzza Evolo ecc. ho potuto rimarcare molte affinità di Elia con alcuni di loro. Per carattere e fenomenologia Elia assomiglia molto a Padre Pio, mentre per alcune sue abitudini e per l'attitudine allo scrivere a Francesco. Per il modo con cui appaiono le stigmate a Louise Lateau (1850-1883) poiché come lei, poco prima di sanguinare, alle giunture dei polsi e dei piedi appaiono vesciche che a poco a poco sollevano l'epidermide. Quando le vesciche sono completamente sviluppate, si rompono e ne esce un siero limpido misto a sangue... Una volta uscita tutta la sierosità, le piccole ferite dalla forma di una moneta, si rimarginano formando delle crosticine che lasciano poi il posto ad un'area rosata completamente intatta. Dopo qualche giorno si riformano le vesciche, poi le piaghette e la rimarginazione, di settimana in settimana per tutti i 40 giorni che precedono la Pasqua, giorni in cui Elia deve osservare il completo digiuno e patire acute sofferenze in tutto il corpo. Oggi, mentre scrivo, è il 30 marzo 2001 e quest'anno la Pasqua cade il 15 aprile. Posso quindi testimoniare d'aver assistito personalmente a questi stupefacenti fenomeni essendo stata per tutto questo tempo molto vicino a lui. L'altra sera per esempio, mi ha chiamata perché "sentiva" di dovermi mostrare un altro fatto

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incredibile. In 10 minuti sono arrivata a casa sua... dai suoi occhi mi accorsi subito che stava soffrendo terribilmente: era venerdì. Gli toccai la fronte febbricitante mentre lui si teneva la spalla sinistra con la mano destra come per indicare un dolore insopportabile. Istintivamente volli guardare e toccare anch'io. Sulla scapola si vedeva nettamente fuoriuscire un osso come dopo una slogatura e tutto il sistema mi sembrava fuori posto. Elia gemeva e mi fece toccare anche un profondo "affossamento" dietro la schiena all'altezza del rene sinistro. Non vidi una ferita perché Elia portava una camicia ma ebbi l'impressione di affondare le dita fino a 2-3 centimetri dentro la carne. Poi Elia si rimboccò le maniche, tese le braccia davanti a me e quello che vidi non lo dimenticherò mai per tutta la vita. Fu come se qualcuno gli tirasse energicamente le braccia fino a gonfiarne e a indurirne tutti i muscoli. Con un dito gli toccai l'avambraccio: era teso e molto indurito, le vene gli pulsavano mentre i polsi si gonfiavano a vista d'occhio. E lui si lamentava dal dolore chiudendo gli occhi per resistere. Pensai che in quel momento Elia stesse ricevendo una "ricarica di energia celeste" d'inimmaginabile intensità paragonabile a potenti radiazioni che un altro organismo umano ne sarebbe stato distrutto. Ecco perché Elia deve digiunare! Solo bevendo acqua riesce a rinfrescarsi e a scaricare un po' di quella energia a cui è continuamente sottoposto. Questa "cosa" straordinaria durò una decina di secondi e poi tutto ritornò nella normalità. Avevo assistito ad una ricarica di energia che tra breve sarebbe esplosa in lui provocando quei marchi infuocati di cui ho già abbondantemente parlato. Ora ritorniamo al mese di settembre dell'anno 2000. Dopo Elena, arrivarono a casa nostra altri cari amici per conoscere Elia e fra questi Marisa e Guido di Milano, accompagnati da Rosanna la nostra amica sensitiva che vede e percepisce figure angeliche. La nostra amicizia si basa anche su affinità spirituali che approfondiamo ogni qualvolta ne abbiamo la possibilità. Furono loro a farmi conoscere Rosanna così io pensando di far loro un grosso regalo chiesi ad Elia di riceverli. Appena arrivati a casa Rosanna si avvicinò subito ad Elia e fissandolo per un attimo disse: "Io e te ci siamo già incontrati, vero?". Elia socchiuse gli occhi cercando di ricordare. "Non mi pare..." rispose. "Sì, Elia, questa notte... Io sono venuta da te con il mio corpo astrale...". "Ah... eri tu quella signora che mi veniva incontro e mi sorrideva... ed io non volevo perché avevo fretta... era tardi e dovevo alzarmi presto per andare a lavorare...". E mentre loro continuavano a discorrere su questo tono come se nulla fosse ingombrando la mia cucina, gli altri si guardavano esterrefatti ed io attorno ai miei fornelli cercavo di terminare la cena. Poi attorno ad una tavola imbandita trascorremmo piacevolmente qualche ora discorrendo degli argomenti più vari. Rosanna ha una salute molto delicata. Ha subito una lesione all'anca e cammina a fatica, soffre anche di asma congenita che la riduce ad un lumicino e le procura una tale stanchezza da dover trascorrere molto tempo a letto. Quella sera Elia le impose le sue formidabili mani e posso dire che da quel momento Rosanna si sentì molto meglio, ma soprattutto carica di energia che perdurò per molto tempo. Con Marisa e Guido nacque subito un bel rapporto che mi fece supporre che Elia volesse "scegliere" anche loro per un suo futuro programma. Sarebbero stati "un anello" della sua catena? Intanto il tempo passava ed Elia era in attesa della chiamata del convento che doveva arrivare da un giorno all'altro. Aveva deciso di rientrare per un'ultima prova. Sapeva che questa sarebbe stata quella decisiva. Già aveva intuito cosa farne della sua vita ma doveva esserne certo. Lui ed i suoi Angeli gli stavano vicino... non gli imponevano nulla, ma attraverso le visioni gli mostravano un destino che era anche libero di rifiutare. Padre Pio lo sosteneva e gli chiedeva sempre se avesse ancora timore d'affrontare quella strada che gli era stata riservata. Nel dubbio Elia sperava che nella pace e tranquillità di un monastero sarebbe stato più facile capire quello che il Signore voleva veramente da lui. Così si dimise dal suo lavoro, predispose di cedere la sua abitazione completa di tutto ad un suo amico marocchino che aveva famiglia, sistemò i suoi oggetti personali nel mio garage trovando anche il tempo di passare quasi tutte le sere da noi. Ci chiese anche il permesso di ricevere in casa nostra quelle poche persone che, eventualmente, avrebbero avuto bisogno di lui visto che il suo piccolo appartamento ormai non era più presentabile. Ovviamente fummo d'accordo tanto più che Elia voleva che anch'io assistessi agli incontri.

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"Siediti lì" mi diceva, "non ti muovere e ascolta... tu avrai la parte migliore!". Ed io facevo tutto quello che Elia mi diceva: ascoltavo, mi stupivo, apprendevo, gioivo, mi beavo, sussultavo e soprattutto mi elevavo ad una dimensione che mi faceva dimenticare tutto il resto. Mi sembrava di volare alto e mi chiedevo il perché. "Non chiedertelo più" mi diceva sorridendo Elia, "Dio sa quello che vuole... ad ogni modo posso dirti che quando eri bambina avevi manifestato il desiderio di poter scrivere un giorno una storia come questa, sbaglio?". Improvvisamente andai a ritroso nel tempo e mi rividi seduta a tavola nel refettorio del mio collegio... un'educanda leggeva a voce alta la storia di Padre Pio ed io ne rimasi incantata... avrei voluto veramente un giorno scriverne una simile... Come aveva fatto Elia a leggere nei desideri di una bambina in un tempo così lontano che io stessa avevo dimenticato? Rimasi veramente colpita da questo annuncio, direi quasi commossa che il buon Dio m'avesse accontentata e non seppi rispondere altro ad Elia che: "È vero... avevo 14 anni. Elia sei straordinario...". Una sera che Gualtiero era assente per lavoro, Elia passò come il solito da casa per un saluto. Premetto che non avevo ancora cominciato a scrivere questo libro ma semplicemente preso appunti e indirizzi delle persone che avrei dovuto contattare. Elia fin'ora mi aveva solamente informata circa le date di alcuni avvenimenti e raccontato alcuni episodi ma soprattutto risposto alle mie incalzanti domande che a volte lo infastidivano. Ma quella sera era particolarmente allegro. "Dimmi" iniziò subito, "hai già pensato al titolo del libro?". Me lo chiese con un tono scanzonato quasi di sfida come se conoscesse già la risposta. Effettivamente avevo pensato a 3 o 4 possibili titoli provvisori e sinceramente a "cose" piuttosto forti per poter stupire ed invogliare l'acquirente finale. "Devi trovare un titolo che colpisca in modo diretto, un titolo che faccia vendere..." mi diceva sempre il mio editore e perciò anche questa volta avevo cercato di seguire i suoi consigli. "Sì" risposi sorpresa, "ne ho trovati 2 o 3 e tu?". "Dimmi, dimmi cosa hai pensato..." incalzò Elia quasi divertito. Io ero seduta davanti a lui e cercando di trovare una risposta che non lo deludesse, annaspai in cerca di parole convincenti. "Vedi Elia non possiamo mettere un titolo difficile o complicato... Per fare in modo che il libro si noti in una grande vetrina in mezzo agli altri e che poi si venda, occorre trovare un titolo d'effetto, veramente convincente, seguito da un sottotitolo che colpisca l'eventuale lettore... "Dimmi, dimmi". "E tu cosa hai pensato Elia?". "A me piacerebbe il mistero della luce". "È meraviglioso Elia, ma secondo me non ne venderesti neanche un pezzo... è un titolo un po' incomprensibile...". "E allora dimmi quello che hai pensato tu..." continuò Elia sempre sorridendo. "In questo momento mi viene in mente solo il sottotitolo" e mentre lo dicevo mi vergognai un poco, rendendomi conto di sfruttare il nome di un Santo. "C' è un altro Padre Pio tra noi...". Non feci nemmeno in tempo a terminare la frase che, da un angolo del salotto sopraggiunse un ticchettio leggero come se dei bambini pestassero i loro piedini. Io mi girai di scatto in direzione del rumore mentre Elia disse con fare indulgente: "Nemmeno a loro piace questo slogan... e poi, lascia stare i Santi. Dimmi il secondo...". E mentre io rovistavo nella mia mente per ricordare il secondo slogan, dal tavolino accanto al quale eravamo seduti, si udì provenire un fruscio di carte come se qualcuno stesse sfogliando frettolosamente delle pagine di un libro. Guardai Elia allarmata. "Non è niente... sono loro che hanno fretta di sapere... sono curiosi...". A quel punto persi completamente la memoria mentre mi ritrovai a parlare guardando il soffitto rivolta a quelle entità che per la prima volta mi avevano fatto sentire la loro presenza. "Cari Angeli, abbiate pazienza... io non sono ancora abituata a voi. In questo momento sono un po' a disagio... ma sono felice che vi siate rivelati... vi prometto che saprò certamente trovare un titolo e uno slogan che vi soddisferà...". Dopo quella volta vi furono molte altre occasioni in cui gli angeli mi fecero sentire i loro messaggi di approvazione o di diniego tramite lievi rumori che Elia mi insegnò a distinguere da quelli normali. Le prime volte li confondevo con il ticchettio di un tarlo o lo scarico d'acqua dei termosifoni o il volo di un insetto, ma Elia mi diceva: "Sbagli, questo è il rumore del tarlo, forte, acuto... quello degli Angeli è più leggero e delicato". E così imparai scoprendo presto che nella nostra casa abitavano presenze celesti che mi infondevano tanta energia e una gioia immensa. Comunque quella sera non si decise nessun titolo. Continuammo a parlare del libro scegliendo gli episodi da pubblicare e quelli da scartare. La sera seguente ritornò mio marito ed invitammo Elia a cena. Ormai mancavano pochi giorni alla sua partenza ed io volevo approfittare della sua presenza per avere più notizie possibili. Fino a quel momento ero a

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conoscenza di alcuni episodi della sua infanzia e del suo periodo di noviziato oltre a quelli vissuti direttamente da me, ma avevo ancora bisogno di tempo per comprendere meglio la sua complessa personalità. Elia arrivò abbastanza presto. Mi raggiunse in cucina e mi chiese di lasciare a lui il compito di preparare la cena. "Questa sera, pesce!" annunciò. Aprì la sua borsa e ne estrasse tutto l'occorrente che come un cuoco provetto iniziò a preparare. Lo rivedo districarsi abilmente tra pentole e fornelli, rimescolare il sugo, abbrustolire il pane mentre io preparavo la tavola e Gualtiero stappava una buona bottiglia di Prosecco. In breve tempo fummo tutti e tre a tavola a gustarci una fantastica zuppetta di pesce come non ne avevamo mai assaggiata. Più tardi, mentre ce ne stavamo tranquillamente in salotto, Elia ricevette una telefonata. Immediatamente Elia cambiò espressione, che da gioviale e serena diventò tesa ed adirata. I suoi occhi lampeggiarono mentre la sua voce tuonava alle nostre orecchie come un temporale a ciel sereno. "Lei è una bugiarda... Le avevo detto di andare in chiesa e di portare un'offerta mentre lei invece porta un sacco di soldi ai cartomanti... ha avuto beneficio da me? Sì!... E allora perché non ringrazia Dio?... No, lei è una bugiarda... non mi telefoni più. Io non sono più disponibile per lei... Non voglio più sentirla!". Poi bruscamente chiuse la conversazione. Fino a quel momento non avevamo mai visto reagire Elia con tale ira; spazientirsi sì... e a volte rispondere seccatamente, ma solo a persone che lo avevano avvicinato per curiosità o per pretendere un miracolo. Lui questo non lo sopporta. Elia non è un fenomeno da esposizione, non può e non deve dimostrare nulla a nessuno, ma un uomo di pace che cerca non solo d'aiutare come può il suo prossimo ma anche di far comprendere cosa significhi vivere secondo il volere di Dio. Tutto quello che eventualmente potrebbe accadere durante un suo incontro con una o più persone è voluto unicamente dal Signore. Lui solo decide quando, dove e a chi regalare un segno della sua potenza. Elia è solo un tramite. Ad ogni modo Elia non rimase adirato per molto tempo. Trasse un profondo respiro, quasi di rassegnazione, ci disse due parole in merito all'accaduto e poi cambiammo argomento. Ripensando a quelle ultime, dolci, chiare serate di settembre, rivedo Elia, come se fosse oggi, sorridente spingere il cancello del nostro giardino, vestito di jeans e maglietta o camicia a quadrettini bianchi e blu, carico di borse o comunque sempre regali per noi. Una sera arrivò con una grossa cesta di uva americana ed un sacco di castagne. "Sono andato in montagna a salutare i miei amici... quelli della questua..." esordì mentre entrava direttamente in cucina. "Sono stati così felici di vedermi... prima di partire voglio salutarli tutti... abbiamo vendemmiato tutto il pomeriggio e come vedete sono stato premiato... quest'uva me l'hanno regalata per voi...". Il suo viso era raggiante e la sua gioia così contagiosa che ci fece ancora una volta comprendere come sia più facile raggiungere la felicità con le cose semplici e i sentimenti autentici non discostandoci troppo dalla natura piuttosto che rincorrere solamente la realizzazione del proprio ego. Cos'è poi l'ego? Secondo me è semplicemente la "grande" opinione che ognuno ha di se stesso... In pratica è solo vanità... (con tutto rispetto per Freud). Sia lode a te Signore Che hai creato il cielo La terra e il sole. Sia lode a te Signore Che hai creato la luna Le stelle e tutte le cose belle. Sia lode a te Signore Io vedo la tua grandezza Nel filo d'erba Nel calice d'un fiore Sia lode a te Signore Al mattino quando spunta l'Aurora Il cielo di rosa si colora. Sia lode a te Signore Alla sera quando tramonta il sole. Sia lode a te O mio Signore.

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Ma arriviamo all'ultima sera che precede la partenza di Elia. Arrivò con la sua macchina stracolma di grossi pacchi e valige che come precedentemente stabilito mettemmo in garage. Si trattava di quadri, oggetti e documenti personali. Ma le cose a cui teneva di più, la sua Bibbia, i suoi scritti, gli attestati, le foto ed il filmato delle fenomenologie di cui è l'esempio vivente mi furono consegnati con la preghiera di riporti accuratamente in un luogo sicuro. "Ti sto consegnando il mio tesoro" mi disse tranquillamente. "Io non lo toccherò né permetterò che qualcuno lo faccia" gli risposi. "Voi invece dovete vedere tutto..." aggiunse con molta dolcezza. E così con Gualtiero esaminammo le foto scioccanti della sua Passione, guardammo il filmato dell'oliveto ripreso dal Vescovo, sfogliammo la raccolta delle poesie di Elia e ne leggemmo alcune. L'incanto di quelle opere così raffinate traboccanti di sentimento ci lasciò estasiati e commossi. In tutte traspariva il tema dell'immenso amore per il Supremo, per i propri simili, per la natura, per la vita ma soprattutto vi si leggeva una freschezza ed una nobiltà d'animo che fa del poeta un grande. Alcune poesie erano già state trascritte al computer, altre erano scritte a mano sulla sua agenda. Naturalmente chiesi ad Elia il permesso di farle pubblicare. "No, queste no... sono per me... se vorrete tu e Gualtiero le potrete leggere...". "Posso farne delle fotocopie per noi?". "Sì" ... Poi dalla sua valigetta nera estrasse un'icona raffigurante una Madonna con il bambino e me la porse. Contemporaneamente staccò un foglietto da un blocchetto che tenevo sul tavolino, vi scrisse frettolosamente tre righe. "Questa è per te... e questa è la dedica...". La lessi e lo abbracciai. Non riesco a descrivere gli intensi momenti che seguirono. Già appartengono al mondo dei miei più intimi e indelebili ricordi. Quando Elia se ne andò ci salutammo come tutte le altre sere e come sempre Gualtiero ed io aspettammo al cancello prima di vederlo scomparire dietro la curva della nostra stradina. Il giorno seguente Elia sarebbe partito per il convento appartenente ad un ordine diverso dal suo, dove nessuno l'avrebbe riconosciuto, nessuno avrebbe fatto domande. Lì, nel completo anonimato e con estrema umiltà, avrebbe ricominciato la discesa in se stesso per trovare finalmente in fondo al suo cuore le risposte che attendeva. "Questa è l'ultima prova" ci ripeté ancora una volta prima di andarsene. Era il 30 settembre dell'anno 2000. 6 ottobre 2000 Come ogni sera, da quando Elia entrò nel monastero, alle 9 e mezza in punto squillò il telefono. "Hello" risposi io scherzando, sicura di sentire la sua voce. Sentii una risatina sommessa. "Ciao Mami... ti sei riposata oggi visto che sei stata in casa tutto il giorno?". "Sì Elia, questa mattina ho portato la macchina per il tagliando, quindi dovendo rimanere a casa ho approfittato per telefonare a Pompea per alcune precisazioni... non voglio dimenticare nulla. Spero di riuscire a descrivere i fatti nel miglior modo possibile... e che all'editore piaccia il mio stile...". "Stai tranquilla, stai scrivendo bene!". "Grazie Elia" risposi con un sospiro di sollievo. "Tu mi conforti, ma a volte penso di essermi messa in una situazione più grande di me". "No, stai andando bene"... Io non gli chiesi nemmeno come facesse a sapere tutto questo, perché conoscevo già la risposta. Poi cambiando tono Elia esclamò: "Possibile che tu non ti sia accorta di nulla?". "Di che cosa dovevo accorgermi Elia? Non farmi spaventare!". Allora Elia dolcemente e molto lentamente disse: "Oggi c'erano tantissimi Angeli attorno a te e anche questa notte non sarai sola... Ti ricordi oggi, quando ad un certo punto hai cancellato alcune frasi perché credevi d'aver sbagliato?". "Sì Elia... mi sono fermata e ho tolto completamente un episodio che non ritenevo importante..." poi mi ripresi ed aggiunsi: "Ti fanno la spia, eh?". "Come vedi, io so tutto...". E rise divertito. Ormai mi ero abituata ad Elia e non mi sorprendevo quasi più, anche se dopo questa telefonata, ebbi modo di sorprendermi ancora molte altre volte, certo è che, grazie a Lui, volavo spessissimo in una dimensione che riusciva a distogliermi dal quotidiano, spesso molto impegnativo, del quale invece mi dovevo occupare in maniera assidua e continuativa. Per fortuna che provvedeva la mia vita a farmi precipitare velocemente dalla soave nuvoletta in cui mi collocavo quando scrivevo e così, rimettendo i piedi in terra, le violente emozioni che a volte non riuscivo a controllare se ne andavano e ridiventavo una "manager" normale, attenta e responsabile.

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Purtroppo non potevo permettermi di distrarmi molto perché mio marito si trovava da circa una settimana in Sicilia per gli show-rooms annuali... Anche se io e Gualtiero ci sentivamo spessissimo, in quei momenti avevo proprio bisogno di averlo accanto a me perché lui, con la sua calma olimpica, mi sosteneva e mi aiutava specialmente quando sentivo che il mio equilibrio stava per vacillare... e con Elia era proprio facile perderlo... "Gualtiero, perché è toccato a noi?". Mio marito senza scomporsi mi rassicurava: "Prima o poi Elia sarebbe uscito allo scoperto e, se non toccava a noi, sarebbe toccato a qualcun altro". Beato lui che la pensava così! "Gualtiero, non so se nel libro riuscirò a trasmettere quello che voglio dire... forse non sono la persona adatta...". "Stai serena, ti aiuta Elia" mi rispondeva senza un attimo di esitazione. Tempo fa mi sarei meravigliata di questa risposta... Gualtiero non è avvezzo a queste cose, ha una formazione culturale molto diversa dalla mia, è laureato in sociologia e fa l'imprenditore per amore, ma questa è un'altra storia. "Elia, Elia... cosa hai fatto oggi?". "Ho pulito il chiostro e il Priore ha detto che sono stato bravo. Mi sono scelto anche un padre spirituale...". "Con che criterio hai scelto un padre spirituale?". "Ho parlato un po' con tutti, li ho guardati dentro... Il padre che ho scelto mi è piaciuto molto, è buono, ha circa la mia età... Gliel'ho chiesto e lui ha accettato...". "Bene Elia, ora riposa bene...". "Mami, è proprio necessario che tu nel libro usi il mio vero nome?...". "Certo Elia, tu esisti. Anche se io ti chiamassi Matteo, Francesco, Giovanni, prima o poi qualcuno ti troverebbe...". "Ho capito! Ma ho timore che vadano a disturbare tutti i confratelli che hanno avuta a che fare con me, che vengano qui...". "Non temere Elia, non citerò nessuno della tua esperienza nella confraternita. .. Non specificherò le città, i monasteri nei quali sei vissuto... Non voglio che nessuno di loro venga disturbato...". Elia aggiunse: "Ho dimenticato di darti il numero di mio cugino Nicola e sua moglie Rosanna... li chiamerò io e li avvertirò che tu potresti avere bisogno..." . "Bene Elia...". "Il libro sarà un successo?". "È quello che voglio Elia". "E così sarà!... Buona notte Mami". "Buona notte Elia". 7 ottobre 2000 Questa mattina, ripensando ad Elia, mi chiedo di che cosa avrei dovuto accorgermi ieri... come posso aver percepito la presenza degli Angeli? Ad un tratto un flash: mi viene in mente che, proprio ieri sera, prima della telefonata di Elia, sono salita in camera ed ho avvertito un acutissimo profumo di fiori pensando che la mia amica, alla quale affido da anni la mia casa, avesse spruzzato un nuovo deodorante... Questo profumo era così forte che ho dovuto spalancare le finestre. Poi, dopo la telefonata serale di Elia, il profumo si diffuse di nuovo dappertutto. Erano le 3 del mattino ed io ero ancora in giro per la casa ad annusare ogni boccettina, ogni vasetto, detersivi liquidi e solidi per individuare da dove provenisse questo intensissimo profumo che mi impediva di dormire. Pensando sempre che si trattasse di un deodorante molto persistente, non ne parlai ad Elia, nemmeno questa mattina, ma telefonai alla mia amica per chiederle che cosa mai avesse usato ieri di così fortemente profumato. "Nulla" fu la risposta. "Ho semplicemente lavato i pavimenti dei bagni con il solito detersivo viola che sta nell'armadietto bianco, ma lo uso da sempre e tu non hai mai notato che fosse profumato!". "Elia, Elia" pensai io. "Quando mai mi abituerò completamente a te?". Sabato sera del 7 ottobre 2000 Sono a cena da amici, Gualtiero è ancora in Sicilia, finalmente lunedì tornerà a casa. Ho il

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cellulare accanto a me perché sono sicura che alle nove e mezzo Elia mi chiamerà. Infatti puntualissimo il cellulare squilla. Mi alzo e mi apparto in cucina. "Ciao Mami, dove sei?". "Ciao Elia, sono da amici, ho provato ad avvertirti ma eri sempre occupato...". "Sì, mi hanno telefonato in tanti... sono contento che sei in compagnia...". "Toglimi una curiosità, Elia... questa notte, quel profumo intenso...". "Finalmente!" mi interruppe ridendo divertito e poi aggiunse: "Eri irrequieta, continuavi a girarti nel letto, a destra e a sinistra, poi hai alzato i cuscini, ti sei seduta, ti sei alzata, sei scesa in cucina e hai mangiato un dolcetto..." e, mentre elencava tutti i miei spostamenti rideva a crepapelle come un bimbo sorpreso a rubare la marmellata. "Elia, allora eri tu e non gli Angeli...". "Sì, ero io e volevo anche dirtelo prima, ma tu mi hai detto di non spaventarti... comunque mi sono divertito un sacco nel vedere che non capivi!". No comment. Anzi, divertiti ora Elia, intanto che puoi! Domenica 8 ottobre 2000 Sebbene io non voglia parlare di me, ma soltanto di Elia, è necessario che confessi una mia debolezza. Ho sempre sofferto di malinconia tanto che anche da bambina i miei genitori non mi potevano lasciare nemmeno dai nonni poiché piangevo sempre. Più tardi, in collegio, ho pianto tre mesi prima di abituarmici e in seguito ho sempre evitato di rimanere sola... Io e mio marito abbiamo un lavoro che ci porta spesso in giro per l'Italia. A volte andiamo insieme, a volte singolarmente per tre o quattro giorni al massimo, ma mai di domenica, giornata che desideriamo trascorrere tranquillamente in casa. Durante le poche domeniche che sono rimasta sola, mi sono organizzata per trascorrere la giornata al meglio possibile, fuori di casa, per non sentire la mancanza di mio marito. Ma oggi non voglio uscire... sto benissimo, ho molto da fare ed è una magnifica giornata di sole. Elia puntuale mi chiamò alla nove e mezzo. Parlammo di un nostro possibile incontro verso la fine del mese... si informò della mia salute e mi chiese quando Gualtiero sarebbe tornato. "Domani sera", dissi io, "andrò a prenderlo all'aeroporto verso le dieci...". "Bene...". Verso le tredici mentre stavo per mettermi a tavola risquillò il telefono. "Buon appetito, Mami". "Grazie Elia... infatti stavo per...". "Tu ancora non mi credi!... eppure ti sto dando tante dimostrazioni... come ora...". "Io ti credo Elia" tentai di giustificarmi "ma a volte mi sembra di sognare, di percepire solo proiezioni della mia mente, non è di te che dubito ma di me!". E lui con tono molto serio aggiunse: "Ricordati che io sono sempre con te, sempre! Ciao Mami, buona giornata!". Verso le sedici arrivarono due mie amiche che non vedevo da tempo e decidemmo di passare il resto del pomeriggio insieme. Squillò il telefono. Era Elia. "Cosa stai facendo?". "Proprio nulla, sto rispettando il riposo festivo!". "Bravissima!" esclamò contento. "C'è qui Rosanna con me, te la passo...". Parlai brevemente con Rosanna, la mia amica di Firenze e poi con Elia. Arrivarono le ventuno e trenta. "Ciao Mami". "Ciao Elia". "La giornata è finita e vorrei leggerti una cosa, posso?". "Grazie Elia". Mi lesse la parabola del chicco di senape che pur essendo più piccolo del seme di grano, crescendo genera un albero grande e forte la cui farina piccante scalda e guarisce... "Una meraviglia" esclamai. "L'hai presa dalla Bibbia?". "No!". "Dal vangelo?". "Non precisamente". "Allora l'hai scritta tu?". "Sì". Poi continuò a declamare (o leggere) brani meravigliosi di ispirazione divina. Non trovo le parole adatte per descrivere la bellezza e la profondità delle parole che stavo sentendo. Lo ascoltai ammutolita. Già moltissime volte l'avevo sentito parlare come un Maestro, un Iniziato

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ed ogni volta lui riusciva a colpire il mio cuore dandomi quel cibo di cui la mia anima aveva bisogno in quel momento. "Elia" gli chiesi. "Tu vedi la mia anima?". "Sì!". Dopo qualche attimo mi riprendo: "Ti posso fare una domanda Elia?". "Di' pure Mami". "Tu stai facendo o hai fatto delle rinunce, mi spiego meglio: per vivere questa tua vita ti manca qualcosa?". "No, io ho tutto! A volte sono così felice che tocco il ciclo con un dito, ma a volte sono disperato...". "Disperato?...". "Non per me, ma per quello che vedo, per le cose del mondo... Chi mi sta vicino purtroppo lo capisce, anche tu hai visto che a volte non sto bene... Anche oggi, mi dispiace per Rosanna, ero assente e preoccupato. Un mio confratello che ha la cella accanto alla mia ha dovuto correre a casa, a Napoli, perché deve far ricoverare sua madre in ospedale, che è alcolizzata e atea. Anche suo padre è ateo e violento e per causa sua probabilmente ci andrà di mezzo la sua vocazione. Arrivato a Napoli i suoi genitori lo hanno cacciato di casa dicendo che preferiscono avere un figlio morto che in convento. Lui ha dovuto dormire in macchina. Per me è un dolore immenso. Ho cercato di confortarlo al telefono dicendogli che se Dio lo ha scelto, penserà Lui a sua madre, ma il mio amico è così demoralizzato e smarrito che sento il dovere di aiutarlo a tutti i costi. Non so dove abita, non so nulla di Napoli, ma questa notte dovrò andare da lui... Spero che Dio mi aiuti. Tu dormi tranquilla Mami mi raccomando, che domani arriva tuo marito". "Sì Elia, penserò a quando andavi a fare la questua e che invece di prendere, portavi tu doni per tutti ... È una cosa meravigliosa. "A proposito, Mami,... sai che la mia mamma vera non approvava che io mi comportassi in questo modo? Mi diceva: tu pensi soltanto agli altri, non pensi mai a te... mi disprezzava!". "Ma no, Elia, tua madre non ti disprezzava, semplicemente non ti comprendeva....". Qualche attimo di silenzio e poi Elia continuò: "Ma tu hai capito perché ti chiamo Mami?... Perché io ho bisogno di una madre che mi comprenda...". "Lo so Elia", risposi io commossa. "Io ti comprendo e spero di poterti accompagnare ancora per un tratto della tua vita...". Elia non rispose e disse in un soffio: "Buona notte, Mami". E così la mia domenica passò movimentata dalle telefonate di Elia che non mi permisero certamente di avvertire malinconia alcuna. Nei giorni che seguirono la mia mente razionale mi suggerì di verificare la salute del mio cervello e la mia sensibilità olfattiva. Com'era possibile sentire quel profumo inebriante senza la presenza di un'essenza floreale? Si trattava veramente di "profumo di santità"? O era un caso di allucinazione collettiva visto che anche mio marito percepiva le mie stesse sensazioni? Ciò che lessi su di una rivista medica non mi consolò affatto. "Il nostro cervello può sbagliarsi, farci vedere ombre e contorni sfumati che scambiamo per altre cose, può farci udire suoni inesistenti ma non ci inganna con i profumi. Inutile provare a ricordare le note di un profumo, sperando di risentirlo nelle narici. Nel nostro cervello non esiste 'una memoria' olfattiva che può essere risvegliata. Quando vengono percepiti odori senza che esistano veramente, siamo sicuramente davanti ad una situazione patologica: depressione, morbo di Alzheimer o una forma di epilessia". Andiamo bene! ! ! ! Eppure mi sentivo tanto normale, lavoravo, producevo, mangiavo, bevevo, dormivo da sempre senza bisogno di pillole. Non ho e non avevo mai fatto uso di farmaci e fino a quel momento non ero mai stata malata seriamente. "Cerchiamo di stare calmi e di andare avanti" pensai. "Se è Dio che manda quel profumo avrà le sue ragioni! ! ! Speriamo di non essere pazza". Intanto ogni sera tra Elia e me continuava lo scambio di telefonate. A volte chiedevo precisazioni per il libro, spesso era lui stesso che mi forniva spunti interessanti e fortunatamente mi capitava anche di trovarlo in uno stato di particolare elevazione spirituale che mi induceva pensare all'estasi. Quando accadeva, lo intuivo dal tono diverso della sua voce, lento, pacato, quasi assente, sembrava provenisse da un altro pianeta. "Ti ho disturbato Elia?". "No... stavo pregando...". "Mi dispiace". E lui, sempre accomodante si giustificava perché di solito quella non era l'ora stabilita per la preghiera ma l'ora del nostro colloquio. "Oggi ho saputo che la moglie di un mio lontano parente ha un brutto male... hai presente

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cosa avviene quando si schiaccia fra le mani un pomodoro maturo? Ecco, il mio cuore è nelle stesse condizioni...". Elia scandiva le parole molto lentamente tra lunghi respiri, quasi a fatica. "I miei parenti mi hanno telefonato sperando che io possa fare qualcosa... Ma io non sono un medico... Lui sì... Lui può tutto...". Io ascoltavo muta, mentre Elia continuava: "Pregherò tutta la notte... sono certo che Lui mi aiuterà". "E domani non sarai stanco?". "No... sarò beato...". Un venerdì sera percepii immediatamente che Elia non stava bene, non si trattava dei soliti dolori fisici, ma di una desolazione profonda, che si tramutò presto in un pianto disperato. La malinconia e la solitudine avevano avuto il sopravvento sull'uomo che non aveva paura di mostrare la sua debolezza. "Cosa c'è Elia?". Fra i singhiozzi e con un fil di voce mi rispose: "Mi sento solo perché aspetto Lui... non essere turbata... il pianto mi arricchisce... il pianto si tramuterà in saggezza...". Preghiera E ora di che cosa sono in attesa? Soltanto di te mio Dio. Liberami dalle mie deviazioni, non mi esporre al sarcasmo degli sciocchi. Vado per la mia strada in silenzio. So che tu vuoi tutto questo. E così le mie settimane trascorrevano veloci tra il lavoro in azienda, le interviste telefoniche e le visite a quelle persone che Elia mi aveva indicato come fondamentali per la stesura del libro. Andai da mamma Anna, Curzio, Nicola e Rosanna, Pompea e Giuseppe, Rosila. Contattai i padri Ottavio e Marcello ma soprattutto instaurai un rapporto d'amicizia con padre Maurizio, colui che più di tutti gli fu vicino e lo assistette durante le ultime due Pasque trascorse fuori dal convento. Sorprendentemente ricevetti anche molte lettere dalla Puglia senza che io le avessi sollecitate. Come un tam-tam si era sparsa la voce che stavo scrivendo un libro su Elia e i suoi amici inviandomi la loro testimonianza intendevano dimostrare ad Elia la loro fiducia e gratitudine. Arrivammo alla fine di ottobre tra un susseguirsi di emozioni: ogni giorno una scoperta, ogni sera un regalo di Elia. Le giornate erano ancora tiepide e bellissime così che Gualtiero ed io decidemmo di andarlo a trovare prima dell'arrivo delle nebbie. Eravamo elettrizzati all'idea di riabbracciarlo presto. Sentii Elia esplodere di gioia quando glielo comunicai e da quel momento cominciò per tutti noi il conto alla rovescia. Anche Guido e Marisa con Rosanna di Firenze vollero accompagnarci. Decidemmo di partire di sabato, dormire sul posto per poter essere già di buon mattino all'Abbazia e stare con Elia almeno un'ora prima della Messa solenne. I nostri amici ci avrebbero raggiunti più tardi, in tempo per la funzione. Scorgemmo Elia da lontano attenderci in fondo al tortuoso viale. Anche lui ci vide subito e con grandi gesti ci indicò il posteggio. Già nell'abbracciarlo percepii immediatamente il suo profumo, e non potei trattenermi dall'annusarlo meglio come se non fossi certa che quel profumo provenisse da lui. "Non fare così, ti prego..." mi disse allarmato. "Hai ragione Elia... non dobbiamo dare nell'occhio...". Poi ci rilassammo e prendendoci sottobraccio cominciammo la visita di quell'antica dimora dove tutto sembrava immutato nel tempo e così lontano dal mondo. "Questa è l'antica biblioteca, il refettorio... il mio posto è quello... ecco l'erboristeria... Elia era felice di mostrarci dove studiava e dove lavorava ma soprattutto si interessò a noi e alla nostra vita. Ci aveva preparato dei regalini che ci scambiammo felici come dei bambini. Io gli avevo portato la grammatica latina e dei cioccolatini che ogni tanto si concede. "Come va Elia?". "Devo rimanere qui ancora un poco... Sono combattuto tra la pace che trovo qui dentro e le tante anime che mi aspettano fuori... non so ancora come fare ad accontentarle tutte...". Verso le undici ricevemmo una telefonata. Erano Marisa e Guido che ci annunciavano di non poter arrivare per la Messa in quanto non si erano svegliati in tempo. Ricordo ancora il viso di Elia rabbuiarsi e la sua voce alterarsi in un'esclamazione delusa è tristissima. "Perché non hanno pensato a Lui?... Non devono venire per me... questa è la sua casa... Lui ci chiede solo un'ora la domenica...". Nello stesso istante vedemmo sbucare da dietro l'angolo Rosanna, Marisa e Guido che con il cellulare in mano ci stavano guardando per scoprire le nostre reazioni al loro scherzo. "Elia, sono arrivati!" esclamai con un sospiro. Ed Elia, sorpreso e felice, li illuminò con il suo più bel sorriso correndo loro incontro per abbracciarli. Durante la Messa ci

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accomodammo in due file Rosanna, Marisa e Guido davanti, Elia, Gualtiero ed io dietro. "Là in alto ci sono molti cherubini e tanti angeli..." mi sussurrò Elia. "Oggi è la giornata missionaria e loro mi hanno detto che anche il tuo libro sarà missionario...". "Cosa intendi dire?". "Dico che sarà tradotto in molte lingue e che andrà in tutto il mondo... e tu ne dovrai scrivere altri tre...". Non risposi... continuai a guardare verso l'altare pensando che tutto questo sarebbe stato bello, ma che forse Elia confondeva le previsioni degli Angeli con i suoi desideri... "Tu non hai fede!" aggiunse ed io continuai a non rispondere. Dopo la messa, Elia ebbe il permesso di accompagnarci al ristorante dove terminammo la giornata in sana e felice allegria. In quell'occasione consegnai ad Elia le prime 25 cartelle per l'approvazione, sperando che gli argomenti scelti fossero di suo gradimento. Eravamo a metà strada sulla via del ritorno che Elia ci aveva già chiamati. "Va tutto bene... ci sono 3 o 4 punti da correggere: togli la parola "santo" a pag. 5...". Poi mi fece cambiare un paio di aggettivi ed il nome della cantante irlandese; tutto il resto gli era piaciuto. "Continua così, ho lasciato i miei Angeli accanto a te... non temere ti aiuteranno loro". Novembre 2000 Per le feste dei morti Gualtiero ed io andammo in Francia presso un centro macrobiotico dove vive e lavora mio figlio Roberto. Ci fermammo da lui una decina di giorni ed io approfittai di questa vacanza per riposare, meditare e scrivere. Il libro si formava facilmente, a volte mi sembrava di scrivere sotto dettatura e quando tornammo a casa avevo quasi terminato anche la seconda parte. Per il momento, Elia mi aveva proibito di parlare alla gente di lui e tranne per casi urgenti mi tappavo veramente la bocca con tutti. O meglio cercavo di tapparmi la bocca con tutti anche se tenere un segreto come questo per me è stato veramente difficile. A volte mi sembrava mi scoppiasse dentro. Intanto per forza di cose, dovendo ricopiare il manoscritto tramite il computer dell'ufficio, i miei collaboratori ne erano al corrente come pure i miei figli, la signora che lavora nella mia casa, le mie due amiche del cuore, il mio Pi Erre (pubbliche relazioni) che da sempre si interessa dei miei libri presso l'editore, mia suocera che è molto pia... insomma, senza volerlo avevo divulgato la storia troppo presto. Inaccettabile per i gusti di Elia. "Tu parli con troppa facilità di me" si lamentava Elia al telefono. "Non è facile per me vivere a contatto con la gente senza poter parlare di questa cosa così immensa...". "E tu pensi che sia facile per me essere quello che sono?". "Hai ragione Elia... ma tu mi hai scombussolato la vita... pensa che io avevo già deciso di ritirarmi un giorno dall'azienda, di fare semplicemente la nonna tra un bel viaggio e l'altro... poi sei arrivato tu...". "Ma questo lo potrai fare qualche volta... anche se per te ci saranno compiti più importanti... Io ti chiedo solo il 50%!". "Ma Elia, io non sono più giovane...". "Non è vero... da ora tu ringiovanirai perché come ti ho già detto dovrai fare ancora molto...". Queste parole mi turbarono ma non chiesi altro perché compresi che Elia non voleva più aggiungere nulla in merito. Cambiai argomento. " E tu Elia hai già deciso la strada da percorrere?". "Sì, ora sono pronto... Fra qualche giorno ti comunicherò le mie decisioni. Per ora ti raccomando ancora il silenzio...". "Ma Elia... quando uscirà il libro lo sapranno tutti...". "Lo so, ma per ora devo stare ancora un po' qui, tra queste mura, in questa pace... buona notte Mami, saluta Guarderò". "Buona notte Elia". Dopo qualche giorno Elia mi comunicò che sarebbe ritornato definitivamente il 25 novembre. In effetti me lo aspettavo ma non così presto. "Mi puoi fare dormire nel tuo garage finché troverò un alloggio?". "Non dire sciocchezze, tu dormirai da noi per tutto il tempo che sarà necessario". E così Elia tomo a Bergamo e da quel giorno mi fece partecipare alla sua vita in modo totalizzante. Furono 25 giorni di emozioni violente, di gioia profonda, di esperienze indimenticabili. Ogni giorno la provvidenza ci indicava nuove strade da percorrere che ci avrebbero portati a nuove

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conoscenze che a loro volta ci avrebbero aperte nuove strade sulla via della realizzazione di un progetto che ancora io non conoscevo. Tutto capitava senza alcuno sforzo da parte nostra come se fossimo guidati da una mano invisibile. Non avevamo mai dubbi sul da farsi, eravamo sereni e fiduciosi. Io non ero mai stanca eppure andavo in ufficio, mandavo avanti la casa, accompagnavo Elia alle agenzie per trovare casa, la sera dovevamo spostarci spesso in altre città e poi mi dedicavo al libro e agli impegni di ogni giorno. Mi sentivo carica di una formidabile energia che mi rendeva foltissima, quasi invulnerabile. Con Elia non discutevo mai, mi limitavo a svolgere di comune accordo le indicazioni che "il caso" ci proponeva: tutto era positivo, tutto dava dei risultati meravigliosi. Se Elia era stato segnato da Dio ci sarà stata pure una ragione, pensavo, non mi rimaneva quindi che continuare ad avere fiducia in lui ed attendere. "Non torni più in convento Elia?". "No, il mio posto è qui... ci sono troppe anime buone che si sono smarrite... troppe famiglie che si sfasciano... troppe persone che non hanno compreso gli insegnamenti di Cristo... Il Cristianesimo è imparare ad amare, è l'amore vicendevole... non c'è più tempo da perdere...". "Come farai da solo?". "Io non sono mai solo... fra poco vivrò in una grande casa dove verranno famiglie intere... anche le pecore nere... quelle bianche sono già al sicuro... ma io devo riunirle tutte... nella nostra casa si lavorerà e si pregherà... avverranno anche delle guarigioni...". Io ascoltavo attenta ma confesso che a volte dubitavo delle sue previsioni specialmente quando si trattava di grandiosità secondo me alquanto irrealizzabili. In casa ci eravamo sistemati al meglio per non invadere ognuno la libertà degli altri. Elia non aveva voluto dormire ai piani superiori ma aveva preferito stare in soggiorno al piano terra. "Io mi sveglio prestissimo, devo recitare le mie preghiere e a volte uscire prima di voi... qui mi muovo più liberamente". Così si stabilì che ognuno avrebbe avuto le proprie chiavi e avrebbe svolto la propria vita come d'abitudine cercando di ritrovarci tutti e tre insieme almeno per la cena. Chi rientrava prima avrebbe cucinato. Comunque, quasi ogni mattina Elia ed io ci incontravamo in cucina per la colazione. Prima di scendere mi accertavo sempre, scrutando dal ballatoio che Elia si fosse già alzato e quando ero certa di non disturbare, scendevo cercando di non far rumore. Elia era sempre di buon umore, quasi sempre già pronto per uscire. A volte si nascondeva dietro la scala e mi afferrava una caviglia per farmi spaventare. Quante allegre risate ci siamo fatti in quei giorni! Ricordo anche i nostri 4 gatti randagi reclamare la loro pappa appollaiati dietro la vetrata e lui che li faceva giocare mentre rispondeva già alle prime telefonate che immancabilmente arrivavano fin dal primo mattino. Chi era ammalato, chi soffriva nell'anima, chi ringraziava per i favori ottenuti e chi ancora voleva consigli per problemi familiari. Ogni tanto mi raccontava qualche buona notizia ma molto spesso era addolorato per l'enorme fardello che tutta quella sofferenza gli procurava. Una mattina lo vidi arrabbiatissimo mentre componeva un numero telefonico. "Questa notte non ho chiuso occhio per colpa tua" lo udii gridare, mentre camminava su e giù per il corridoio. Dall'altra parte si udiva un balbettio di parole incomprensibili ed Elia che ribatteva: "Se continui così dovrò intervenire io... altrimenti non chiamarmi più... non voglio avere più niente a che fare con te...". Il colloquio proseguì ancora per qualche minuto mentre vedevo Elia stare veramente male per quella persona che evidentemente aveva commesso qualcosa che Elia non approvava. Elia l'aveva intuito durante la notte. Seppi poi che "la persona" sulle prime non ammise la colpa ma che nel pomeriggio gli telefonò confessandogli tutto tra le lacrime. Un'altra mattina, mentre come il solito stavo guardando giù dal ballatoio in cerca di Elia, vidi un'enorme scintilla azzurrognola provenire dalle scale che portano in taverna. Ricordo che mi meravigliai perché non udii lo scoppio che normalmente segue la scintilla quando avviene un cortocircuito. Allarmata mi precipitai di sotto quando m'imbattei in Elia che stava salendo proprio dalla taverna. "Cos'è successo?" gli chiesi. "Niente... sono appena rientrato...". "Sei già uscito con questo freddo?". "Cos'hai capito?" mi rispose ridendo. "Sono appena rientrato da un viaggio astrale...". E mentre prendeva il latte dal frigorifero ed io rimanevo impalata con un pentolino in mano aggiunse: "Sai cosa succede quando io rientro nel corpo?... Avviene una scintilla...". "... ed io l'ho vista Elia... una grossa scintilla blu simile alla fiamma del gas...". "Lo so, così potrai allungare il libro...". Poi come se niente fosse ci sedemmo a tavola e mentre

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lui spezzettava il suo pane ed io sorseggiavo il mio té continuammo la conversazione. "Mi puoi dire dove sei stato questa notte?". "Sono stato dal Papa. È molto affaticato e triste... ha bisogno d'aiuto... Abbiamo pregato insieme a lui... È stato molto bello". "Chi ti ha portato da lui? In quanti eravate?". "Lechitiel mi ha portato e mentre uscivamo da qui (fece cenno alla vetrata della cucina) ho visto mia nipote che ci aspettava in giardino". "Come era vestita?". "Aveva un abito rosso con le maniche corte". "Come hai saputo che il Papa era preoccupato e che aveva bisogno di aiuto?". "Lechitiel lo sapeva ed è lui che ha deciso. Io devo andare dove mi mandano". "Puoi scegliere qualche volta di recarti dove vuoi tu?". "A volte sì... come ad esempio quando desideravo starti accanto per aiutarti nella stesura del libro...". Non avrei mai cessato di fargli domande e di ascoltare le sue fantastiche storie, ma purtroppo i doveri incombevano per tutti e due e dovevamo sbrigarci. Verso le otto e trenta eravamo già fuori, ognuno diretto al proprio luogo di lavoro. Io non ho mai chiesto ad Elia dove andasse. Supponevo che avesse amici da aiutare o qualche lavoretto da sbrigare oppure ancora che andasse a cercare casa. Sapevo che a Bergamo aveva molte conoscenze tra cui i suoi ex colleghi di lavoro con i quali usciva il sabato sera, i frati, un padre spirituale e che in passato si era dedicato molto al volontariato, per cui ero certa che in qualche modo si guadagnasse da vivere in attesa di una sistemazione definitiva. In genere io rientravo a metà pomeriggio; a volte mi capitava di trovare Elia intento a sistemare qualcosa. Un lunedì pomeriggio lo scorsi da lontano attendermi al cancello. Conoscendolo intuii che doveva dirmi o mostrarmi qualcosa d'importante. Infatti, prima ancora di entrare in giardino, vidi sul grande tavolo esterno una quantità di cassette da frutta accuratamente sistemate una accanto all'altra e lui che mi sorrideva. "Guarda cosa ti ho portato...". Ed io guardai. Ebbi l'impressione di trovarmi in un negozio di frutta e verdura: due cassette di stupende arance, una di mele, una di limoni, un sacco di cipolle, uno di patate, verdura verde, navoni, formaggio, pane integrale, una damigiana di vino e altro che non ricordo. Lo guardai allibita. E lui quasi in imbarazzo: "Ho fatto la questua... ora c'è una bocca in più da sfamare...". "Cosa stai dicendo Elia?... Ora porta tutte queste cose a chi ha bisogno...". "L'ho già fatto... questi sono gli avanzi". "Perché hai fatto la questua?". "Non proprio la questua... come tu sai ogni tanto do una mano al mercato. Ho tanti amici qui a Bergamo... Sono stati tutti così contenti di vedermi... queste cose me le hanno regalate". Era il mese di dicembre e mancavano due settimane a Natale: Elia sarebbe partito il venti per passare il Natale con la sua famiglia e sarebbe tornato dopo l'Epifania. Nel frattempo eravamo sempre alla ricerca di un piccolo appartamento anche fuori città ma per il momento nulla da fare. Intanto Elia mi parlava spesso di come sarebbe stata la sua "casa-famiglia": "Sarà una comunità di lavoro e di preghiera... si mangerà tutti insieme, giovani e vecchi nella più completa integrazione... tutti saranno utili gli uni agli altri e soprattutto si imparerà a vivere secondo gli insegnamenti di Gesù...". E mentre io non avevo la più pallida idea di come avrebbe potuto attuare tutto questo, lui si dimostrava sereno ed estremamente fiducioso nella Provvidenza. "Rimarrò a Bergamo ancora per un anno... e nel frattempo sarò a disposizione di chi avrà bisogno di me". Ma come poteva essere così sicuro? Non aveva né una casa, né un lavoro fisso né sapeva a chi rivolgersi per attuare un simile programma, ed io meno di lui. Vedendomi preoccupata mi diceva: "Tu non hai fede... eppure di prove te ne ho date tante...". Io non volevo pensare, vivevo alla giornata accettando quello che capitava e che comunque era sempre tutto così sorprendente da farmi ricordare quel periodo come uno dei più eccitanti della mia vita. Il mio lavoro per il momento non mi preoccupava molto, ormai per il Natale tutto era stato fatto anche se Gualtiero si doveva recare spesso fuori città per le ultime promozioni. Una sera mentre Elia ed io ci stavamo tranquillamente raccontando delle nostre rispettive famiglie soffermandoci sulle tradizioni natalizie, colsi l'occasione per chiedergli cosa avesse desiderato come regalo di Natale. "Non ho bisogno di niente" fu la sua pronta risposta. Mi sentii proprio una sciocca per avergli formulato una domanda del genere, ad ogni modo,

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sapendo che non navigava nell'oro, continuai: "Gualtiero ed io avevamo pensato di regalarti il biglietto dell' aereo...". "Va bene... se vi fa piacere... accetterò solo quello di andata perché al ritorno vorrei passare da padre Maurizio...". Continuammo poi a discorrere tranquillamente di noi, dei nostri gusti, dei nostri rapporti con fratelli, figli ed amici, delle nostre abitudini di vita e non ricordo per quale ragione gli dissi che ero nata vicino ad un lago, che l'acqua era il mio elemento, che per combinazione ero sempre vissuta accanto a corsi d'acqua e che la mia precedente abitazione era accanto ad una fontana e la sera mi addormentavo con il suo canto. Il giorno seguente dovetti assentarmi per tutta la giornata e rientrai abbastanza tardi. Era una gelida e limpidissima notte, già illuminata dai bagliori degli addobbi dorati e dagli abeti festanti sbucare solitari tra una curva e l'altra della collina. "È già Natale" pensai "e non ho ancora preparato nulla. Chiederò ad Elia di aiutarmi a preparare il Presepe...". Arrivata al cancello di casa non potei credere ai miei occhi. Il mio giardino era completamente illuminato da ghirlande di minuscole lampadine intermittenti avvolte tutt'attorno alle inferiate, agli archi, ai fusti nudi, ai pali di sostegno... non avevo mai avuto un giardino così meravigliosamente agghindato né così ben fatto... La porta d'entrata era aperta... Immediatamente sentii un vivace gorgoglio d'acqua provenire dal salotto... Stupita mi avvicinai, mentre Elia mi veniva incontro con un'aria alquanto soddisfatta. "Ho appena finito... vieni a vedere... ti ho preparato una fontanella che ti farà compagnia quando sarai sola, basta inserire la presa...". In un angolo ben illuminato vidi una fantastica scultura composta da un vaso in coccio dentro il quale spiccava un'anfora sbeccata che lasciava sgorgare un festoso piccolo flusso d'acqua saltellante su pietre e rose del deserto...Veramente splendido! Rimasi senza parole, commossa da quel gesto gentile. "Così potrai sentire l'acqua che scorre ogni volta che lo vorrai!". "Grazie Elia... avrai lavorato tutto il giorno... non dovevi disturbarti tanto...". "Sciocchezze... tu mi hai regalato il biglietto aereo ed io gli addobbi di Natale... sei contenta?". "Ma Elia..." cercai di protestare, ma tanto era inutile perché lui era già in cucina a preparare la cena. "Sai cosa ho pensato di fare Elia? Vorrei dare alcune bozze della prima parte del libro ad alcune mie amiche per avere un loro giudizio spassionato, cosa ne dici?". "Va bene, è giusto, a chi le vuoi dare?". "Ho pensato ad Elena di Verona, a mia sorella, alle mie due amiche Liliana e Genni che già sanno di te e stanno aspettando di fare la tua conoscenza e poi vedremo... Posso invitarle?". "Va bene, ma una alla volta...". E mentre ci allungavamo nell'organizzare le nostre prossime serate ricevemmo due telefonate. La prima era di Marisa di Milano. "Ho saputo che Elia è tornato, abbiamo tutti voglia di riabbracciarlo... posso organizzare una serata a Milano con un gruppo di amici che desiderano conoscerlo? Sono tutte persone "scelte" e desiderose di spiritualità...". Elia accettò con piacere a condizione che lo accompagnassi anch'io. La seconda telefonata era di Piera Cattaneo, una mia amica che purtroppo per un sacco di ragioni non vedevo da un paio di anni. Piera si interessa di politica da quando è nata. Figlia di tanto padre ne ha ereditato la stoffa buttandosi con passione in tutte quelle situazioni che necessitano di caparbietà, coraggio e spirito di sacrificio. Il suo curriculum è lunghissimo... so che si occupa anche di volontariato e che ricopre varie cariche tra cui quella del dipartimento Pari Opportunità. Fui stupita di sentirla dopo tanto tempo. "Ciao, spero di non disturbare... ho saputo che Gualtiero si occupa della costruzione di un ospedale in Africa... se una di queste sere mi inviti a cena avrei delle idee...". "Benissimo Piera, vieni domani sera... ci sarà anche Gualtiero che rientra dai suoi giri...". L'indomani, sabato, Elia sarebbe uscito con i suoi amici per tutta la serata e così non sarei stata costretta a dare spiegazioni in merito. Ricordo che per l'occasione preparai un buon cous-cous di cui Piera è ghiotta. Parlammo dell'Africa e le soluzioni che Piera ci propose furono veramente geniali. Ancora una volta la mia amica aveva dimostrato di avere quella marcia in più che sempre la distingue. Ad ogni modo erano soltanto le dieci di sera e già avevamo terminato di argomentare tutte le cose che ci stavano a cuore per cui la conversazione prese un'altra piega. Con mio grande stupore Piera iniziò a parlare del suo Angelo Custode di cui avverte la costante presenza, mi parlò anche di incontri che pur sembrando casuali in realtà non lo sono e dulcis in fundo, per combinazione era riuscita a cambiare casa ottenendo un bellissimo appartamento ad un prezzo

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invidiabile. Io l'ascoltavo attentissima e meravigliata perché non avrei mai pensato che a Piera interessassero certe cose; la ritenevo una "dura", completamente chiusa ad una vita interiore. Quando poi mi descrisse il suo nuovo appartamento non potei trattenermi dal parlarle di Elia. In breve le raccontai quanto necessario per farle comprendere la complessità del personaggio e poi le chiesi di aiutarmi a trovargli un appartamento. Lei mi ascoltò silenziosa commentando ogni tanto con frasi di gratitudine per il Supremo per averle concesso di trascorrere una serata come questa. Poco più tardi sentimmo le chiavi di Elia girare nella serratura. "Buona sera a tutti...". "Questo è Elia... e questa è Piera, la mia amica 'politica' di cui ti avevo parlato". Elia accostò una sedia al nostro tavolo, guardò intensamente Piera e poi i suoi occhi incrociarono i miei che attendevano di comprendere se vi era stata o meno la sua approvazione. Gli era piaciuta la mia amica? La risposta arrivò subito. "Sei brava... stai facendo bene... continua così... il mondo politico ha bisogno di donne come te... arriverai lontano...". Piera, liberandosi all'istante della sua maschera di donna forte e grintosa lo ringraziò con una voce dolce come il miele e con il cuore in mano iniziò a parlargli dei suoi problemi mentre io e Gualtiero li lasciammo soli senza che loro se ne accorgessero. Ci sedemmo in salotto davanti alla fontanella che zampillava festosa. Ad un tratto avvertii un lieve profumo di rose che mi sembrava provenisse proprio da quell'angolo. Seguendo il mio naso mi chinai sul piccolo flusso d'acqua scoprendo che il profumo proveniva proprio dall'acqua stessa. "Venite!" gridai esterrefatta "l'acqua profuma di rose!". Piera accorse ed Elia non si mosse. La scena che seguì fu indescrivibile: Piera che voleva una bottiglia per asportare l'acqua, io che sostenevo che quella non era l'acqua di Lourdes, Gualtiero che sorrideva come pietrificato ed Elia che si limitava ad assistere. Alla fine ci calmammo tutti ringraziando Dio per il regalo ricevuto mentre Elia si limitò a dire: "A volte certe cose accadono a volte no... è Lui che decide". Nel giro di una settimana Piera trovò ad Elia un bellissimo piccolo appartamento che sembrava fatto apposta per lui, lontano dalla strada, in mezzo al verde, al prezzo giusto e, cosa molto importante, a 10 minuti sia da casa nostra che da quella di Piera. Gliel' avrebbero consegnato dopo l'Epifania al suo ritorno dalla Puglia. Una fortuna sfacciata, pensai. Dopo qualche giorno avremmo dovuto recarci a Milano per la famosa serata organizzata da Marisa. Mi telefonò nel pomeriggio per proporci di partire presto e di passare dal suo negozio d'abbigliamento dove le sue due figlie avrebbero avuto piacere di conoscere Elia. "Sonia è al sesto mese di gravidanza e non sta affatto bene, non vorrei che le succedesse qualcosa... e poi devo raccontarti un fatto molto strano. Questa mattina arrivando in negozio ho trovato la mia commessa che mi attendeva ansiosa di raccontarmi un sogno. Senti, mi ha detto, questa notte si è presentato da me un signore dicendo di chiamarsi Elia. Non molto alto, giovane, con i capelli scuri e con un bel viso. 'Perché sei venuto da me?' gli chiesi. 'Perché è venuto il momento di sapere come si comporta il tuo fidanzato. Vieni con me'. Mi prese per mano e non so come mi parve di volare insieme a lui in un luogo sconosciuto. Guardai verso il basso e vidi il mio fidanzato che faceva l'amore con un'altra donna. 'Vedi?' mi diceva Elia, 'tu continui a credere alle sue bugie e ti ostini a volerlo... eppure sai già in cuor tuo che non ti ama... '. Poco dopo mi svegliai ancora sconvolta per quello che avevo visto...". Marisa continuò: "Anch'io sono rimasta sconvolta dal suo racconto e le ho fatto ripetere il nome dell'uomo sconosciuto più volte. Sei sicura che si chiamasse Elia?". "Certamente... non è un nome comune e per questo me lo ricordo bene...". Le ho chiesto anche se avesse problemi con il fidanzato e la cosa più sorprendente è che lei mi ha ammesso di averne. "Sono quattro anni che mi promette di trasferirsi qui a Milano ma poi c'è sempre di mezzo sua mamma che ha bisogno di lui e quindi riusciamo a vederci una volta al mese quando va bene...". Marisa si dilungava sui particolari mentre io già pensavo al confronto della commessa con Elia. Non gli riferii nulla di questa conversazione e gli accennai soltanto dei problemi della figlia gravida di Marisa. Arrivammo a Milano che già faceva buio. Il negozio era brillantemente agghindato per le feste e da fuori potevamo vedere Marisa e le sue collaboratrici muoversi indaffarate tra scaffali e clienti. Rimanemmo a guardare per un po' di tempo poi Elia mi invitò ad entrare dicendomi: "La figlia di Marisa sta bene, al momento giusto avrà un bel bambino sano e senza complicazioni". Marisa ci accolse con grande gioia e poi rivolgendosi subito alla commessa le chiese: "È lui?". La ragazza lo scrutò per qualche secondo. "Mi sembrava diverso

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nel sogno... ma se lo guardo meglio... sì, mi sembra proprio lui...". Elia non proferiva parola mentre noi eravamo tutte in attesa. Senza scomporsi Elia raggiunse la commessa dietro il banco ed iniziarono a discorrere come due vecchi amici. Intanto io mi trattenni con Marisa e le sue figlie, risposi alle loro domande che naturalmente riguardavano Elia finché lui non ci raggiunse sorridente e soddisfatto. Parlò brevemente con tutti e poi si appartò con Sonia, la figlia incinta. "Sono proprio preoccupata per Sonia" continuò Marisa "non tanto per la creatura che deve nascere ma per la cattiveria di sua suocera che le sta veramente rovinando la vita. Figurati che è arrivata persine a maledire il bimbo che deve nascere... Preferisce morire piuttosto che vedere il loro figlio, ha detto, eppure i due ragazzi stanno così bene insieme... e aspettano questo figlio come una benedizione...". Quando Elia ci raggiunse mi sembrava dispiaciuto e alquanto pensieroso. "Deve stare attenta quella signora... non può maledire un bimbo innocente... Dio non lo permette... Dio vuole che il bimbo nasca... e forse si prenderà lei così non potrà fargli del male...". Non prestammo molto caso alla parte finale del discorso ma sia Marisa che io ritornammo su questa frase quando circa un mese dopo la suocera di Sonia morì all'improvviso per un attacco cardiaco poco prima della nascita di Marco, un bimbo perfetto. Quella sera invece, dopo la chiusura del negozio, raggiungemmo il ristorante dove erano in attesa di Guido con una quindicina di persone. Io ero abbastanza agitata per Elia perché sapevo che nel gruppo vi erano persone appassionate di Cristologia che probabilmente avrebbero tartassato Elia per tutta la serata. Infatti non appena lo videro lo accerchiarono nel tentativo di accaparrarselo ma io più veloce di loro feci in modo di farlo sedere accanto a me al centro della lunga tavolata. Come previsto il signore che gli sedeva di fronte lo bersagliò a raffica con una serie di quesiti ultramodo impegnativi che gli impedirono di rivolgersi anche solo per un momento alle altre persone presenti. Ed Elia paziente rispondeva magnificamente a tutto, sicuro e tranquillo senza dar segno di disagio o insofferenza come me, che ad un certo punto fui costretta ad intervenire per liberarlo da quella pressione e poter contattare anche gli altri. Alla fine Elia riuscì a sganciarsi e a stabilire una speciale intesa con tutti intuendo e comprendendo quello che ognuno voleva da lui. Fu una serata impegnativa ed intensa di emozioni. Ancora una volta avevo potuto constatare come ogni colloquio, ogni gesto, ogni sguardo tra Elia e gli altri riuscì a creare serenità, fiducia e soprattutto sollievo per tutti. Così Elia si conquistò altri amici che attirati dal suo magnetismo vennero in seguito a trovarlo a Bergamo perché, come dicevano loro, soltanto accanto a lui riuscivano a stare bene. Durante il viaggio di ritorno Elia mi chiese: "Come sono andato? Ho risposto bene a quel signore?". "Magnificamente Elia, come il solito sei stato grande". Finalmente, venne il turno della mia mica Liliana che stava aspettando già da molto tempo e alla quale dovevo consegnare la prima parte del libro. L'incontro avvenne in casa mia senza particolari risvolti. Non si toccarono argomenti precisi ma fu semplicemente una serata rilassante tra amici. Dopo cena, mentre Elia mi aiutava a sparecchiare, invitai Liliana ad accomodarsi in salotto e a servirsi un limoncello. All'improvviso la sentii gridare. Allarmata mi precipitai da lei e la scena che vidi mi lasciò interdetta per qualche secondo: Liliana inginocchiata davanti alla fontanella si intingeva le dita nell'acqua passandosele poi sul viso e sul collo nell'intento di farsi un segno di croce. "Quest'acqua profuma di rose... non senti?" mi diceva con gli occhi sgranati. In effetti il profumo s'era già diffuso in tutta la stanza e non feci altro che annuire. "L'hai profumata tu?". "No, Liliana...". Nel frattempo chiamai Elia che ci raggiunse quasi imbarazzato. Non ricordo cosa avvenne dopo, forse rimanemmo a parlare ancora un poco, ma poi quando Liliana se ne andò Elia mi disse una cosa che non avrei mai supposto: "La tua amica è schiacciata da troppe negatività, le hanno fatto molto male... qualcuno la voleva addirittura morta... si porta addosso un fardello che non riesce più a sopportare... Mi spiace per lei... se vorrà io la potrei aiutare...". Sapevo che Liliana stava passando un brutto periodo ma non potevo certo immaginare che qualcuno la volesse morta. Il giorno dopo le telefonai e le ripetei quello che Elia mi aveva detto. "È vero Fiorella, l'ho saputo anch'io... non ho mai creduto ai malefici ma da come mi sento e da quello che mi succede comincio a crederci. Ringrazia Elia e chiedigli cosa debbo fare". Per parlare con Elia avrei dovuto attendere la sera, al suo ritorno. Intanto, quella mattina non andai in ufficio ma rimasi in casa per dedicarmi finalmente agli addobbi natalizi. Preparai le statuette del presepio, i festoni dorati e le stelle ed un piccolo abete sperando che

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Elia tornasse presto a darmi una mano. Gualtiero era ancora fuori sede per lavoro ed io volevo fargli trovare la bella sorpresa. Fortuna volle che Elia rientrasse nelle prime ore del pomeriggio. In un battibaleno decise dove collocare l'albero, dove il presepio e come sistemare i festoni e le stelle. "Hai della carta da pacchi?... portami qui le piante grasse... e le forbici... faccio tutto io, non ti preoccupare...". Lo vidi trafficare, tagliare, prendere dal camino dei ciocchi per la piccola impalcatura di sostegno, costruire ponticelli tra la fontanella e la montagna, deviare l'acqua verso un piccolo laghetto... Il presepe si stava sviluppando in altezza verso la luna ed il sole mentre due angeli lo ammiravano dall'alto.... Poi, fu la volta delle ghirlande e delle stelle che avvolgemmo tutt'attorno a ciò che le poteva esaltare, compresa una lunga barra di ferro che anticamente fungeva da sostegno alla volta ricurva del soffitto. Alla fine, soddisfatti della splendida riuscita dell'insieme ci sedemmo sul divano ad ammirare l'opera. "Ci sono molti angeli qui con noi" esordì Elia guardandosi attorno. "Davvero Elia?... dove sono?". "Uno è steso sul bordo del camino e ci sta guardando, un altro è qui accanto a te e l'altro ancora è seduto là in fondo al divano... guarda la catena del camino...". Guardai e vidi che stava girando lentamente su se stessa... "Hai visto bene... sta girando... ed ora guarda in alto...". Anche i festoni appesi alla barra di ferro cominciarono a muoversi in maniera innaturale. Quello che pendeva girava su se stesso mentre quello "a collana" dondolava avanti e indietro come fosse un'altalena. Non credevo ai miei occhi ma mi sentivo felice da scoppiare. Poi Elia continuò: "Loro ti stanno dimostrando il loro amore e ti faranno ancora dei regali... ma tu non hai fede...". "Certo che ho fede" replicai "e li ringrazio tutti". Di queste serate ne ricordo molte, tutte dolcissime, tutte pregnanti di grazia infinita. Un'altra sera che eravamo ancora solo noi due, Elia mi invitò a guardare un quadro nel nostro soggiorno. Ricordo che eravamo in salotto e scendemmo alcuni gradini per poterlo vedere da vicino. Elia si trovava davanti a me e mentre io lo seguivo concentrandomi sul punto che lui mi indicava, sentii nitidamente una mano accarezzarmi i capelli. Sembrava una grossa mano da uomo. "Oddio Elia, qualcuno mi sta accarezzando!". ...E alzai la mano per toccarmi la testa, nel punto dove avevo sentito la carezza.. Elia si rivolse e sorrise. "Vedi, donna di poca fede?... È il tuo angelo...". Poi mi spiegò che si possono percepire molte cose del soprannaturale con la tecnica del rilassamento... "Tu, mentre guardavi il quadro, hai liberato la mente e in quell'attimo hai potuto sentire la carezza...". Un'altra sera mi descrisse mio padre che aveva conosciuto in altri mondi, un'altra ancora mi disse che stava salendo le scale di casa nostra seguito da una mia sorellina defunta in tenera età. "Questa notte tuo padre ti insegnerà una preghiera...". E quella notte in sogno ricevetti un messaggio magnifico che purtroppo non feci in tempo a trascrivere. Ogni tanto mi parlava anche dei miei figli senza rivelarmi i loro eventuali segreti ma mi faceva capire di saper tutto di loro e di volerli aiutare. Quando poi mio figlio ebbe occasione di conoscerlo al suo rientro dalla Francia, posso dire d'aver assistito ad un incontro a dir poco stupefacente. Mio genero invece, pur venendo spesso a casa nostra e per conseguenza, sentito il profumo più volte, rimase per lungo tempo scettico. Volendo rispettare le sue idee non gli accennai più nulla a riguardo, limitandomi solo a confermare che stavo continuando a scrivere un libro su Elia. Da molti anni mio genero soffriva di disturbi allo stomaco, con acuti dolori e violente nausee che lo costringevano a rimanere a letto per giorni. Queste crisi si ripetevano con regolarità e nonostante mio genero abbia consultato vari specialisti e tentato ogni cura possibile, nessuno era mai riuscito a guarirlo. Proprio in quel periodo, mia figlia, non sapendo più come lenire i disturbi di suo marito, mi telefonò per chiedermi se Elia, nonostante sapesse che suo marito non gli credeva, fosse disponibile a curarlo. "Fallo venire... lo stavo aspettando, sapevo che sarebbe venuto..." mi rispose Elia con un sorriso di soddisfazione. Inutile dire che mio genero ora sta benissimo e da quando Elia gli impose le mani non soffre più di alcun disturbo. Naturalmente ne parlò con i suoi amici cominciando anche ad ammettere che certi inspiegabili fenomeni a volte possono succedere. E così dopo mio genero vennero da Elia la sorella, i colleghi di lavoro, altri amici ed Elia li conquistò tutti con la sua capacità di creare armonia e serenità a macchia d'olio. Ciò che mi colpì moltissimo fu la fermezza con cui Elia rifiutava coloro che soffrivano del così detto "esaurimento nervoso". Nonostante le mie raccomandazioni e le preghiere dei suoi più cari amici non ne voleva proprio sapere. Si stizziva al solo sentirne parlare. "Non portatemi gli

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esauriti! Non li voglio vedere!". "Perché Elia? Non sono malati come gli altri?". "Loro sono i soli responsabili del loro male... se vogliono essere malati, cosa ci posso fare io?... l'esaurimento causato dalla loro corsa al possesso, non è guaribile. È giusto desiderare una casa, l'automobile, migliorare la propria esistenza ma non può essere solo questo lo scopo della vita... l'esaurimento che può essere guarito è solo quello causato dal dolore delle proprie esperienze...". Per una serie di circostanze l'ultima della famiglia ad essere presentata ad Elia fu mia sorella Sandra. Accadde nel mese di dicembre dopo il suo ritorno dall'Africa. Ricordo che la sera prima del suo arrivo Elia mi disse: "Domani tua sorella ti dirà che non sta bene... Non preoccuparti, il peggio è passato... È stata male per tutto il periodo delle vacanze... ora qui si rimetterà...". Il giorno dopo Sandra mi telefonò e le sue prime parole furono proprio quelle previste da Elia. "Sai che sono stata male tutta la settimana? Ho avuto sempre febbre e non ho potuto fare nemmeno un bagno...". Non mi stupii più di tanto, perché come il solito Elia aveva indovinato. Le dissi che già lo sapevo e la invitai a venirmi a trovare non appena si fosse sentita meglio. In quell'occasione le avrei finalmente presentato Elia. L'incontro avvenne qualche giorno più tardi, e come sempre Elia fu cordialissimo e prodigo di consigli. Non avvenne però nulla di prodigioso come io mi sarei aspettata e ancora una volta mi chiesi perché. Comunque si parlò di tante cose interessanti compreso il fatto che prima di partire per l'Africa mia sorella era stata invitata ad una cerimonia per il varo di una nave. Fra le personalità presenti aveva conosciuto anche un "Alto Prelato" della zona e, dato che a tavola era seduta proprio accanto a lui, avevano avuto modo di parlare per tutta la serata. "Monsignor... è una persona di grande umanità e cultura" ci raccontò Sandra. "Poche volte mi è capitato di conoscere uomini come lui... è stato molto disponibile con me soddisfacendo tutte le mie curiosità di carattere spirituale... gli ho anche parlato di Elia e mi sono permessa di chiedergli se desiderasse conoscerlo". Elia ascoltava attento come se volesse bere ogni parola. Ad un tratto ci disse: "Sì, io andrò presto a trovare questo Monsignore... se Sandra mi darà il suo numero telefonico. ..". "Perché lui e non altri?" gli chiesi stupita. "Perché devo parlare con lui" tagliò corto. E la serata terminò senza ulteriori spiegazioni né particolari emozioni. In seguito avvennero altri incontri più o meno interessanti, alcuni addirittura sublimi ed altri sterili, a volte iniziava un processo di guarigione inarrestabile a volte nulla. Eppure tutte le persone accolte da Elia mi sembravano ugualmente meritevoli. Poi ho capito che ogni guarigione deve passare attraverso l'anima perché infatti Dio non concede nessuna grazia al corpo senza farla principalmente all'anima. Se l'anima non si apre per accogliere la luce, se non vi è fede, se non si crea sintonia fra la propria corrente d'energia e quella di Elia che funge da tramite, il prodigio della guarigione non avviene. Anche Gesù disse al Centurione: È la tua fede che ti ha salvato. E così è. Ciò di cui sono assolutamente certa è che stando accanto ad Elia assorbo la sua straordinaria energia nel senso di forza. Ormai lo posso constatare ogni giorno. Se per qualche motivo non abbiamo l'occasione di stare insieme mi sento più stanca, non appena torna mi sento come rigenerata. Mi basta andare insieme a lui al supermercato o sedermi accanto a lui alla messa o ancora accudire insieme ai fiori. Lui è fonte di energia ed io l'assorbo. A proposito di messa: una domenica mattina mentre eravamo uno accanto all'altra in piedi negli ultimi banchi mi parve di vedere il grande lampadario a sinistra dell'altare oscillare leggermente. Guardai meglio e prima di parlare volli assicurarmi di non avere le traveggole. Notai che la parete dietro il lampadario era coperta da una tappezzeria a larghe righe verticali e che il lampadario, se avesse oscillato veramente, avrebbe dovuto coprirne una... Infatti, dondolando a destra e a sinistra, passò davanti alla riga che io avevo fissato. Intanto Elia senza scomporsi mi bisbigliò: "Guarda il lampadario...". "Ho visto..." e rimasi in attesa di chiarimenti. "Sono segnali per me", mi disse senza aggiungere altro. Ma il lampadario continuò ad oscillare per molte domeniche ancora, anche quando Elia non era accanto a me facendomi sentire una sorta di felice complice del ciclo. Stando con Elia ogni ora era quella giusta per aumentare la mia conoscenza. Anche in casa mentre si parlava e si lavorava ogni argomento era sempre giusto e perfetto. "Elia, sei stato all'inferno?...". "L'ho visto passando... è un grande buco nero...". "Tu Elia alludi sempre a quello che Gesù vuole da noi... vuoi che impariamo a vivere secondo i suoi insegnamenti...". E lui: "Ricordi qual'è stato il suo insegnamento principale? Amatevi gli uni e gli altri come io vi ho amato... non è difficile... Se tu ci pensi, occupandoci soltanto di noi

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stessi si finisce per annoiarsi, bisogna occuparsi di sé solo per essere in grado di aiutare gli altri. Non coltivate l'egocentrismo che è la sorgente di tutte le disgrazie. Coltivate l'amore di Dio imparando innanzi tutto dalla propria famiglia. Il Cristianesimo non è altro che imparare ad amare. Duemila anni fa Dio non è stato compreso. I Santi non sono delle creature eccezionali. Tutti abbiamo la possibilità di esserlo scegliendo la liberazione, il mondo. Il mondo è un dono, la luce, i prodotti della terra, i colori, le stagioni. Il mondo è gioia. Gratitudine è gioia. Se viviamo nella paura e nell'aridità non avremo la gioia. La verità esiste, l'importante è riuscire a farla valere". E queste cose me le diceva mentre preparava il limoncello con i limoni della questua o mentre sbucciavamo i lupini per preparare un rimedio antidiabetico. Una delle ultime sere che precedevano la sua partenza mi lesse una poesia che aveva scritto nel pomeriggio mentre mi aspettava. "Questa la puoi mettere nel libro...". La cosa mi colse di sorpresa dato che Elia aveva deciso di non pubblicarne nessuna. "Grazie Elia, perché proprio questa?". "Non è ancora tempo per le altre", mi rispose pensieroso, "forse un giorno... Ma questa è adatta perché può far riflettere...". Quando nacqui Trovai una coppa, La bevvi e in fondo Trovai una perla: LA GIOVINEZZA. La giovinezza mi offrì Una coppa scintillante, La bevvi e in fondo Trovai un rubino L'AMORE. L'amore mi offrì Una coppa stupenda La bevvi e in fondo, Trovai un diamante IL DOLORE. Anche il dolore mi porse La sua coppa: disperato la bevvi fino all'ultima goccia. Oh gioia suprema In fondo vi trovai Dio. "Hai capito allora quali sono i regali della vita? Il primo è la giovinezza con relativa spensieratezza, il secondo l'Amore con l'A maiuscola e il terzo il dolore, che è il regalo più grande perché attraverso il dolore si incontra la propria anima". Ma parlavamo anche di cose più prosaiche del tipo: "Elia, visto che i tuoi amici non sanno nulla di te, non hanno mai tentato di portarti 'a donne'?". E lui per nulla imbarazzato: "Certo che sì!...". "Raccontami". "Un sabato sera mi proposero di andare con loro in una certa via... forse mi volevano mettere alla prova... (e rise). Io accettai a condizione di andare tutti insieme con la mia macchina. Giunti a destinazione aprii la portiera e li pregai di scendere dicendo che preferivo andare a mangiare un gelato in Città Alta ma che più tardi sarei ripassato a prenderli... Figurati loro... Brutto Terrone dell'ostrega (come si sfotte a Bergamo) noi l'avevamo fatto per te... mi gridarono. "E tu non glielo hai spiegato che certe cose non si fanno?". "Perché?... loro devono saper distinguere il bene dal male facendo esperienza...". "Nessuna donna si è mai innamorata di te, Elia?" "Sì... e si è anche dichiarata...". "E cosa le hai risposto?". "Che sono già sposato... quasi sveniva...". E scoppiò in una bella risata. Elia non finiva mai di stupirmi. La sua splendida naturalezza neh" affrontare qualsiasi

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argomento, la sua incapacità di vedere il male e di concepirlo solo come assenza del bene, il non voler giudicare nessuno, il saper amare passando attraverso la tolleranza di ciò che è diverso ed infine il donarsi incondizionatamente con benevolenza, generosità e comprensione l'hanno reso ai miei occhi non solo come un raro e luminoso esempio da seguire, ma come un Angelo inviatomi da Dio. Cosa posso dire ancora di Elia? Io lo vedo come un mistico di lunghe e sublimi meditazioni e di scrosci gioviali di parole, di speciali e segreti contatti individuali e di perfetta integrazione con qualsiasi realtà sociale. Ma che parli o taccia è un uomo di pace sempre pronto all'attacco. Attaccare per difendere la verità e la giustizia troppo spesso calpestata, e per combattere pregiudizi ed invidie anche solo sul nascere. Possiede un'emotività elettrica, ipertesa, stimolata dalla sua capacità di percepire la totale realtà che lo circonda in maniera tridimensionale. Capta gli ultrasuoni e legge le emozioni, i sentimenti e le intenzioni di chiunque. Per non parlare delle loro malattie. È difficile comprendere questa sua complessa personalità perché chi lo avvicina può avere l'impressione di trovarsi davanti ad un tranquillo ragazzo (dimostra meno della sua età) quasi ingenuo, cordiale e sorridente e sebbene dotato di straordinarie facoltà, comunque semplice e genuino. Nulla di più sbagliato. Lui è un guerriero solitario e la battaglia che caparbiamente porta avanti per seguire la via del Signore riguarda solo lui ed è per lui questione di vita o di morte. Ogni passo, ogni gradino gli viene indicato dal suo Angelo un po' alla volta come pure le persone da scegliere utili al progetto. E dopo averle scelte pretende da loro dedizione assoluta. Chi ha avuto la fortuna e la fatica di stargli accanto penso sia stato più volte tentato di abbandonare l'impresa. Sì, perché lui non ha pazienza, non ha tempo da perdere, Dio non può aspettare. Eppure diventa l'uomo più paziente del mondo quando deve salvare un'anima. Io stessa ho avuto con lui accese discussioni perché non riuscivo ancora a capire il suo punto di vista. Ora credo d'aver compreso anche se a volte è molto faticoso. La sua intransigenza è dovuta al fatto che ci ostiniamo a non voler vedere la verità e a persistere nell'errore e in questi casi ci lascia liberi ma senza di lui. Si trasforma comunque nell'uomo più tollerante del mondo di fronte ad una pecorella smarrita. "Dio vuole da te la perfezione" mi ha detto molte volte e pur essendo con me particolarmente severo mi ripaga con dolcissime attenzioni e con una fiducia illimitata. Non gli piacciono cene e pranzi al ristorante, lo considera tempo perso ma ama essere invitato nelle famiglie dove non perde occasione per unire o riunire, correggere e consolare, guarire e pacificare. Tutto questo è Elia, l'Angelo che mi è stato mandato. La sera prima che partisse per le vacanze natalizie non potei fare a meno di chiedergli ancora una volta: "Perché sei venuto proprio da me Elia? Non credo sia solo per il fatto che quando ero piccola desideravo scrivere un libro su un personaggio simile a Padre Pio...". Francamente mi sarei aspettata che si spazientisse, che mi rispondesse per l'ennesima volta che Dio sa cosa vuole ed invece, guardandomi dolcemente mi disse: «Era più di un anno che ti aspettavo... durante una visione Lechitiel mi mostrò la tua immagine dicendomi: "Guarda bene questa donna, fra poco dovrai incontrarla perché sarà fondamentale per il .tuo destino...". "Una donna?" gli chiesi stupito. "Io devo incontrare una donna?...". "Sì, lei sarà l'aggancio che ti aprirà ogni porta...". Da quel momento cominciai ad aspettarti e quando Pompea mi disse che sua zia voleva venirmi a trovare insieme ad una signora di Bergamo le chiesi subito: "È piccolina?". "Sì" mi rispose. "È lei" pensai. E così ti mandai il mio numero di telefono... ma tu non mi chiamavi ed io cominciavo a preoccuparmi...» Il giorno seguente Elia partì per la Puglia. Durante le vacanze approfittai per dedicarmi alla famiglia, scrivere e rilassarmi con buone letture. Leggendo un libro sugli Esseni, una comunità vissuta sulle rive del Mar Morto 2000 anni or sono, rimasi veramente allibita nell'apprendere che in questa comunità visse anche la famiglia di un bambino chiamato Gesù. Aveva 6 anni e come tutti i bambini giocava con quelli della sua età ed in particolare con Myriam e Simone i suoi amichetti del cuore. Gesù veniva considerato un bambino un po' strano perché spesso si appartava in cima ad una collina e vi restava molte ore. Quando ritornava i suoi amici lo vedevano precedere da una fiammella blu simile ad una grossa scintilla. Solo Simone non l'aveva mai vista e si chiedeva se ciò che si diceva su Gesù potesse essere vero. Ma un giorno mentre Gesù saltellava tra i sassi Simone lo vide all'improvviso circondato da una sottile luce azzurra che sembrava crepitare in silenzio... Allora Simone credette e...

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Questa descrizione mi ricordò la grossa scintilla blu che una mattina d'inverno in casa mia vidi nettamente precedere Elia che saliva dalle scale della taverna... Allora è vero, certe cose sono già accadute e possono ancora accadere! Allora non ho sognato! Subito dopo Natale mi telefonò Marisa per chiedermi notizie di Elia. "È a casa sua in Puglia... hai bisogno di qualcosa?". "Vorrei chiedergli un favore. Una mia amica di Roma sta molto male. Dovrebbe sottoporsi ad un intervento chirurgico ma essendo allergica all'anestesia non potrebbe sopportare l'operazione. Pensi che Elia accetterebbe di venire a Roma per aiutarla?". "Non so... se vuoi posso chiederglielo io...". "Dimenticavo di dirti che la mia amica è un grosso personaggio politico... è anche atea e non vuole sentir parlare né di frati né di miracoli... Ma nonostante questo penso proprio che Elia sia l'unica persona in grado di fare qualcosa per lei. Informalo di tutto e pregalo di chiamarmi". La sera stessa telefonai ad Elia. "Te la senti di curare una signora molto importante, non credente, che appartiene al mondo politico e abita a Roma?". "Sì" mi rispose Elia senza pensarci un attimo, e poi aggiunse: "Io non ho paura e vado volentieri". Seppi poi che Marisa lo attese all'aeroporto di Roma e lo condusse personalmente a destinazione. L'incontro fu molto proficuo. Prima ancora che Elia iniziasse il trattamento di pranoterapia avvenne fra loro un incontro di anime che si accolsero, si compresero e si elevarono ad uno stato di grazia meraviglioso con conseguente profumo di rose che avvolse tutti i presenti. E così la guarigione avvenne. La signora strabiliata e commossa non sapendo come dimostrare ad Elia la sua gratitudine ed incondizionata fiducia gli chiese quali erano i suoi progetti per il futuro. Quando seppe che il sogno di Elia era quello di poter aprire una casa-famiglia per accogliere tutte le persone bisognose d'aiuto, giovani e vecchi, sani e malati nell'anima e nel corpo, la signora piena d'entusiasmo esclamò: "Io non ti prometto una comunità Elia, io te la dono!". E da quel giorno la signora si interessò attivamente alla realizzazione del sogno di Elia. Dopo pochi giorni venne a Bergamo ed insieme andammo a conoscere i responsabili di molte Comunità del Veneto. Risultato: se e quando Elia lo riterrà opportuno, in una splendida città veneta c'è una grande casa che lo aspetta. Ma allora non era ancora venuto il momento. Intanto tra me ed Elia continuava il solito vivace scambio di telefonate: "Ti ho lasciato i miei Angeli... tu non sarai mai sola...". Ed i miei festoni dorati non potevano che confermare roteando allegramente anche in presenza di Gualtiero e di Piera. Com'ero felice per tutto questo! Avevo anche preso l'abitudine di interrogarli ogni qualvolta ero in dubbio sul da farsi e loro mi rispondevano immediatamente roteando il festone perpendicolare verso destra se la risposta era affermativa o verso sinistra in caso contrario. Quando Elia voleva mettersi in comunicazione con me e non ne aveva la possibilità, mi mandava il suo profumo che io avvertivo anche in macchina, così poi lo chiamavo dicendogli che avevo recepito il messaggio. "Sono contento, questo è il profumo della conversione..." mi diceva. Eppure io mi sentivo convertita da molto tempo...! Capodanno arrivò in un baleno e Gualtiero ed io lo passammo felicemente a Milano con Maria e tutto il gruppo della Puglia. Naturalmente li aggiornai su Elia che per altro nessuno era ancora riuscito a conoscere. Anche Maria, pur essendo al corrente di tutto, era ancora in attesa del tanto sospirato incontro, e mi fece promettere che glielo avrei condotto non appena fosse ritornato. Aveva ragione, era proprio arrivato il momento! Durante le feste approfittai anche per andare ad un interessante convegno sull"'Umanità e la ricerca del Sacro" e quando uno degli oratori, docente di filosofia medioevale, toccò un argomento che mi stava particolarmente a cuore e cioè parlò di Santa Ildegarda, una celebre stigmatizzata vissuta nel dodicesimo secolo aventi le stesse caratteristiche di Elia, mi venne il forte desiderio di saperne di più e di poter confrontare le conoscenze del famoso teologo, esperto in materia con le mie esperienze dirette. Così, a fine convegno, attesi il prof. don Angelo Pellegrino e gli parlai a cuore aperto, confidandogli anche le mie ansie ed i miei dubbi, di persona comune. Don Angelo mi ascoltò con pazienza e grande interesse e alla fine tra di noi non rimasero più segreti. Don Angelo mi conquistò non solo per la sua apertura mentale, ma soprattutto per la sua umiltà e per la sua disponibilità a collaborare. La sera stessa telefonai ad Elia informandolo di tutto e rimanemmo d'accordo che non appena fosse tornato ci saremmo incontrati tutti e tre. La sera, quando rientrai a casa, chiesi agli Angeli se avessi fatto

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bene a parlare con don Angelo e loro tramite i soliti festoni, mi risposero in senso affermativo. Sempre, durante le vacanze, frequentai anche un corso di conoscenza sulle svariate forme di guarigione insieme a due amici, Lucia e Gianpaolo. Da molti anni coltiviamo interessi comuni che spaziano dalla pittura alla musica, dall'altra medicina alle filosofie orientali. Insieme ad altri amici ci frequentiamo abbastanza spesso non disdegnando simpatici pranzetti nella loro casa di campagna dove Gianpaolo si è riservato anche un ampio spazio per dipingere. A loro, come a tutti gli altri, non avevo ancora parlato di Elia, ma durante il corso, quando improvvisamente la nostra insegnante ci chiese a bruciapelo se qualcuno di noi conoscesse una persona con le stigmate, non potei fare a meno di alzare la mano e dire: "Io ne conosco una!". Così Lucia e Gian Paolo e i miei compagni di corso vennero a conoscenza della storia impegnandosi comunque a mantenere il più rigoroso silenzio. Intanto i giorni passarono molto velocemente ed il 9 gennaio mi ritrovai all'aeroporto di Malpensa in attesa di Elia. Quando ci riabbracciammo fu una festa per tutti e due. Elia era carico di borse stracolme di leccornie pugliesi compreso un grande vaso di melanzane sott'olio preparate da sua madre e tarallucci croccanti. Non vedevamo l'ora di ritornare a casa. Quando finalmente aprimmo la porta si udì provenire dalla cucina un inconfondibile squillante suono di tromba, una piccola tromba da bambino. Elia si rivolse verso di me con occhi brillanti di gioia dicendomi: "Sono loro che festeggiano perché sono ritornato...". E così le emozionanti sorprese stavano ricominciando e si sarebbero susseguite in crescendo giorno dopo giorno. Cominciammo subito ad organizzarci per mantenere tutti gli impegni presi in precedenza e per avere anche il tempo di sistemare la nuova casa di Elia. C'era Maria che attendeva da tempo, Liliana che premeva perché non si sentiva bene, il mio amico Pi Erre Mario Torelli che ci attendeva per la promozione del libro, il padrone di casa che voleva una firma sul contratto d'affitto, padre Angelo che lo voleva conosce ed ancora il famoso Monsignore che Elia doveva assolutamente contattare, oltre che ad un numero imprecisato di persone bisognose d'aiuto. Decidemmo di iniziare con la firma del contratto d'affitto e poi via via tutti gli altri. L'appartamento fu consegnato ad Elia a metà gennaio e con l'aiuto del padre e del marito di Rosila iniziò subito a tinteggiarlo e a sistemarlo con delle mensole e piccoli pannelli in legno che servivano anche per coprire i buchi lasciati dagli inquilini precedenti. Di mobili invece non se ne parlava ancora. Intanto Liliana e Genni avevano letto tutta la prima parte del libro e come sempre avevano espresso il loro saggio parere che ritenni molto costruttivo. L'appartamento stava prendendo forma e personalità, abbellito con colori tenui, quadri, libri, piccole sculture, angioletti ma niente cucina, letto, tavolo e sedie. Un giorno Elia mi chiese d'accompagnarlo alla San Vincenzo per vedere di trovare dei mobili usati, ma a parte qualche armadietto mal ridotto e alcune cianfrusaglie di scarsa utilità non trovammo null'altro da scegliere. Elia non si scompose e sereno e fiducioso come sempre disse: "Cercheremo da qualche altra parte...". Io invece mi scartabellavo il cervello in cerca di idee. Provai ancora a telefonare a Liliana e Genni. Chissà se nelle loro cantine fosse rimasto qualcosa di utile per Elia?! Genni mi invitò subito a passare da lei. Aveva un armadio molto capiente, piccoli armadietti, varie mensole e un completo "arredo-bagno" oltre che ad altre cose molto belle e utili. Il tutto era già smontato ed imballato e così con l'aiuto di alcuni amici caricammo tutto sulla mia station-wagon ed in dieci minuti arrivò tutto a destinazione. Liliana mi chiese come mai non glielo avessi chiesto prima. "Devo parlare con una persona... per combinazione la vedrò proprio oggi... questa sera ti darò una risposta". L'amica di Liliana, Tina, proprietaria di un noto mobilificio, non solo completò magnificamente l'appartamento ma inviò tutti gli arredi con i suoi mezzi ed i suoi uomini, aggiungendo anche stoviglie e biancheria. Non mancava proprio nulla, neppure il frigorifero e la televisione. Tutto avvenne con una facilità incredibile ed Elia non fece altro che dire: "Loro (gli Angeli) pensano a me, perché io possa fare quello che loro desiderano! Perché eri preoccupata?!". No comment. Nel frattempo cercavamo anche di mantenere tutti gli impegni urgenti e così ogni pomeriggio ci recavamo dove la sorte ci indicava. Con padre Angelo ci accordammo di vederci un sabato pomeriggio in un chiesa appena fuori Bergamo. Anche a lui avevo inviato la storia di Elia in modo che potesse farsene un'idea più precisa. Ricordo che il giorno dopo questo incontro Elia avrebbe avuto ospiti esperti in falegnameria per aiutarlo a terminare alcuni lavori. Siccome il tempo era limitato Elia decise di preparare delle grosse frittate di verdure e di pranzare in casa

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con panini e birre. Quindi, quel sabato prima di uscire per l'appuntamento con padre Angelo, acquistammo tutto l'occorrente, compresi carciofi e patate e cominciammo a portarci avanti perché poi non ci sarebbe stato più tempo per cucinare. Elia è veramente un maestro fra i fornelli. Con il mio arnese per tartufi, tagliò le patate a sottilissime lamelle che amalgamò delicatamente con le uova montate a neve per farne una sofficissima frittata. Pulimmo e cuocemmo i carciofi così quando finalmente fummo pronti per uscire, il più era stato fatto. Ad ogni modo io non ero affatto tranquilla. Vivevo l'incontro con padre Angelo come un esame d'ammissione e quantunque fossi certa delle doti carismatiche di Elia c'era sempre l'incognita del suo imprevedibile carattere che avrebbe potuto dar luogo ad altrettanto imprevedibili risultati. Uscimmo da casa verso le tredici. "Guido io!" disse allacciandosi la cintura, tutto assorto nei suoi pensieri. "Sono proprio contento, la frittata più complicata è pronta, i carciofi sono cotti...". "Ma Elia", sbottai, "non hai proprio altro da pensare? Perché non ti prepari all'incontro con padre Angelo?". Lui mi guardò stupito e con l'aria più serafica di questo mondo scoppiò in una delle sue solite risate. Padre Angelo puntualissimo arrivò pochi minuti dopo di noi. Ci sedemmo nell'ultimo banco dell'immensa chiesa vuota e dopo i consueti convenevoli esordì: "Io se non vedo, non credo"... Ricordo anche altre domande come: "Tu Elia, sei in grado di vedere anche le malattie delle persone?". "Sì". "Allora concentrati su di me...". Fu a quel punto che mi alzai e li lasciai soli. Quando ritornai passai da un'entrata secondaria e senza dare nell'occhio mi inoltrai verso l'altare maggiore. Poi mi girai lentamente per vedere cosa stesse succedendo. Elia stava imponendo le mani sulla testa di padre Angelo seduto davanti a lui guardandosi attorno probabilmente per cercarmi. Non appena mi vide mi fece cenno di avvicinarmi e ambedue mi accolsero con un gran sorriso. "Tutto bene?". "Benissimo" fu l'ovvia risposta. Non feci altre domande, ma dalla conversazione capii che erano rimasti soddisfatti dell'incontro e che si sarebbero rivisti presto. "Com'è andata?" chiesi ad Elia non appena saliti in macchina. "Gli ho trovato tutti i suoi disturbi e anche qualcosa d'altro..." mi rispose sornione. "Forse verrà a vedermi durante la mia prossima passione... a proposito... vuoi assistermi tu per tutto quel periodo?"... Poi fermò la macchina e si rivolse verso di me con un'aria quasi timorosa come se temesse un rifiuto, mentre io commossa e felice, lo ringraziai per l'onore e la grazia ricevuta. "Questa volta loro vogliono che mi esponga come carne da macello perché forse sarà l'ultima... l'ultima passione vissuta a letto. Però i segni mi rimarranno ed io li dovrò portare per sempre... Ricordami che ti dovrò dare i nomi delle persone che potranno venire a vedermi... Monsignore, padre Angelo, l'editore, tua figlia...". Dopo un paio di giorni venne il turno di Liliana. Elia stesso telefonò alla mia amica per l'appuntamento spiegandole anche approssimativamente come si sarebbe svolto il rito liberatorio, quindi in un bel pomeriggio di sole ci recammo tutti e tre al Santuario di Caravaggio. Era la prima volta che andavo in quel luogo sacro e fui alquanto meravigliata di trovare anche là una sorgente d'acqua che i fedeli ritenevano miracolosa. Elia aveva portato con sé due grosse taniche che riempì perché sarebbero servite per Liliana. Poi visitammo la basilica e dopo aver pregato ce ne tornammo tranquillamente a casa di Elia. Appena arrivati fece indossare a Liliana una tunica bianca, riempì la vasca del bagno con dell'acqua calda e vi aggiunse l'acqua di Caravaggio. E mentre lui accendeva alcune candele io controllai che il bagno fosse in ordine e preparai degli asciugamani puliti. "Accompagna Liliana in bagno e aiutala ad immergersi nella vasca... quando sarà pronta avvertimi. Io verrò, e insieme reciteremo una preghiera...". Eseguii e chiamai Elia. Mentre Liliana se ne stava distesa nell'acqua con la sua tunica bianca Elia arrivò con una candela in mano ed iniziò a pregare. In quel medesimo istante dai piedi di Liliana cominciarono ad uscire dei piccoli granuli marroni e poi rapidamente a raggerà da tutto il corpo, come se si trattasse di sabbia scurissima e appiccicosa. Sulle prime pensai che Liliana avesse inavvertitamente calpestato della terra, ma poi quando vidi che quelle strane palline scure e maleodoranti uscivano da tutto il corpo esclamai: "Cosa succede?... Guarda tu stessa Liliana!...". E Liliana afferrando gli occhiali che avevo appoggiato sui bordi della vasca si rizzò ad osservare senza per altro capire nulla. Elia continuava a pregare mentre l'acqua si tingeva di giallo. Poi Elia uscì dal bagno dicendo: "Liliana si è liberata... ora starà meglio... sentite l'odore di morte?". E mentre Liliana continuava a non capire ciò che era successo, toccava e annusava l'acqua chiedendo spiegazioni... "Che cattivo odore! È possibile che queste cose siano uscite da me?". Anch'io ancora confusa da ciò che avevo visto non seppi fare altro che aiutare Liliana a sollevarsi e ad

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uscire dall'acqua farfugliando qualche parola di conforto. Non trovando l'accappatoio che avevo preparato uscii per cercarlo e vidi Elia inginocchiato nello studio pregare con il viso a terra. Presi l'accappatoio che avevo lasciato sulla sedia e ritornai rapidamente in bagno... All'improvviso una piccola saetta luminosa mi abbagliò facendomi trasalire. "Cos'è stato?" chiese Liliana, "Mi sembra d'aver visto un lampo...". "Anch'io l'ho visto" risposi sbigottita. E poi un altro e un altro ancora, a destra e a sinistra della stanza, e ancora in alto sei o sette, uno dietro l'altro mentre io e Liliana li seguivamo con lo sguardo. "Elia" chiamai. "Non vi preoccupate... è soltanto energia...". Inutile dire come ci sentimmo dopo aver vissuto questa sconcertante esperienza che, nonostante il nostro sbigottimento iniziale, ci lasciò come svuotate da ogni male e piene di quella magica energia rinnovatrice ed appagante che perdura ancora. La vita di Liliana cambiò subito in positivo a cominciare dalla salute, poi dal lavoro e dalla voglia di vivere. "Mi sembra siano tornati i bei tempi" mi diceva quasi timorosa che non fosse possibile. E invece era vero e lei lo raccontava a tutte le sue amiche descrivendo Elia come il suo salvatore. Anch'io ero felice per quello che stavo vivendo e per quello che Elia ed io riuscivamo ogni giorno a fare. A volte la sera tornavamo stanchissimi Ria cercavamo sempre di cenare insieme prima di andare a letto presto come le galline. Per il momento Elia non abitava ancora nella sua nuova casa per problemi di riscaldamento ma vi si sarebbe trasferito entro pochissimi giorni. Una delle ultime sere, ricordo che stavamo guardando il telegiornale, lo vidi impallidire ed asciugarsi la fronte con il fazzoletto... "Cos'hai" gli chiesi allarmata. "Niente di speciale... Senti come sono gelato...". Gli passai la mano sulle tempie e le sentii.gelate e sudate. "Temo che anche questa sera me ne debba andare... non ci voleva, sono proprio stanco...". E mi guardò tra il serio ed il faceto chiedendosi se io avessi capito. Ma io non avevo capito affatto. "Forse dovrò fare un viaggio" mi ripeté sorridendo. "Mamma mia, Elia, non farmi spaventare...". "Non ti preoccupare, è normale per me.. .Vai a letto così non vedrai. "Cosa ti succederà Elia?". "Nulla di allarmante... io mi sdraierò qui, mi rilasserò completamente e mentre il mio corpo fisico si raffredderà, quello astrale si solleverà, poi...". Mi fece un gesto con la mano per indicarmi che sarebbe volato lontano. "Vai ora, buona notte". Ed io me ne andai lasciandolo solo con i suoi Angeli. Un'altra sera mi parlò di un abito bianco che un giorno avrebbe dovuto indossare. "Ho fatto un sogno" iniziò a raccontarmi, "c'erano molti monaci con degli abiti bianchi e il mio Angelo mi diceva che anch'io dovevo indossarne uno... ma non proprio come quello...". Poi continuò: "Ho pensato che nella mia casa famiglia non potrò stare con degli abiti normali. In qualche modo dovrò pur distinguermi dagli altri, e poi io sono un uomo di Dio... e fratello di tutti... nella mia casa si lavorerà e si pregherà e tutti dovranno sapere che Elia avrà le sue regole da rispettare secondo la volontà del Signore...". "Mi stai dicendo che vorresti fondare una nuova congregazione religiosa?". "Forse sì". Elia scrutava nel vuoto come se cercasse di leggere delle risposte e poi mi ripeté: "Io devo farlo". "Sarai anche sacerdote?". "No, soltanto fratello, fra' Elia". Nei giorni che seguirono parlammo ancora a lungo del suo futuro abito e di come doveva essere il mantello. Grigio? Marrone? Elia disegnò il modello e mi chiese anche di accompagnarlo a cercare la stoffa per il primo prototipo. "Che ne dici di mettere dei bordini verdi ai polsi e sulla copri-tonaca? Così si noterà la differenza con gli altri ordini...". "Come vuoi tu Elia. Sì, i bordini staranno certamente bene". Intanto avevo ripreso il lavoro in azienda a tempo pieno e mi avanzavano ben pochi pomeriggi per scrivere o per stare con Elia. Per fortuna che la sua casa era in ordine e adattissima per ricevere chi aveva bisogno di lui. Purtroppo, però, non trovavamo mai il tempo per cercare la famosa stoffa, ma ancora una volta la Provvidenza ci venne in aiuto. La mia amica Liliana presentò ad Elia un'altra sua amica, Myriam, che per caso, venuta a conoscenza del problema di Elia si offrì di accompagnarlo in un magazzino speciale dove avrebbe avuto un'ampia scelta. Poi lo condusse dalla sua bravissima sarta che in pochi giorni seppe confezionare l'abito esattamente secondo il disegno, con le pieghe, le tasche ed i relativi bordini verdi. Elia fu molto soddisfatto del risultato e quando giunse il momento di andarlo a ritirare mi invitò ad andare con lui da Myriam per la prova generale. E così lo vidi per la prima volta, felice come non mai, vestito di bianco quasi intimidito dall'importanza di quel simbolo. A me invece sembrava di vedere un bimbo alla sua prima comunione. "Come stai bene Elia!" furono le uniche parole che riuscii a sillabare mentre

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gli andai incontro per abbracciarlo. Pochi giorni dopo ricevetti una telefonata da Gianpaolo, il pittore. "Ciao,... è molto tempo che non ti fai vedere... come va il libro? Quando mi presenti fra' Elia?". (Disse proprio così, fra' Elia). "Glielo chiederò, Gianpaolo...". "Volevo dirti anche un'altra cosa... Lucy ha un lettino da 'studio medico' che non usa più. È seminuovo, vorrebbe darlo a Gualtiero per l'Africa: se vi interessa venite a prenderlo, sarà un'occasione per cenare insieme...". "Grazie Gianpaolo, ti farò sapere". Gualtiero s'informò, ma per l'Africa il lettino non andava bene visto che era l'unico genere di articolo di cui ne avevano in abbondanza. Elia invece ne fu entusiasta. "Se non c'è nessun altro che lo vuole lo prenderò io... mi servirà per la pranoterapia... ma soprattutto mi servirà presto un pittore e Gianpaolo è la persona adatta...". Un pittore?" replicai, e lui: "Nella mia casa famiglia ci sarà una chiesa da affrescare e poi vedrai che il pittore mi occorrerà anche prima...". "Bene Elia, allora posso fissare anche per la cena?". " Sì". Gianpaolo emozionatissimo ci attendeva al portone ma Elia con la sua cordiale semplicità stabilì immediatamente una corrente d'energia benefica e rassicurante. Caricammo subito il lettino sulla macchina e poi 1 ci sedemmo attorno al grande tavolo apparecchiato per la cena. Si toccarono molti argomenti interessanti e come il solito Elia si lasciava ascoltare con grande attenzione... Sembrava perfettamente a suo agio grande cucina affrescata da Gianpaolo e si guardava attorno ammirando le belle composizioni raffiguranti nature morte che sembravano voler "uscire" dal muro bianco. "Guarda come dipinge Gianpaolo" gli dissi. E lui accondiscese con il capo. Poi improvvisamente gli chiese: "Vuoi dipingere la copertina del libro di Fiorella?". Gli occhi di Gianpaolo si illuminarono di gioia. "Con immenso piacere, Elia". "Presto Fiorella ti farà sapere come dovrà essere". E così fu. Di lì a pochi giorni Gualtiero sarebbe partito per l'Africa e precisamente diretto verso Sololo, zona calda e pericolosa sul confine Etiopia-Kenia dove si stava costruendo un ospedale. La carenza d'acqua ed i disagi di ogni tipo non facilitavano certamente le cose, ma Gualtiero voleva accertarsi personalmente delle reali necessità di quella gente per poterli aiutare in modo concreto e continuativo. Io avrei approfittato di quel periodo per accelerare la stesura del libro ed eventualmente accompagnare Elia dal famoso Monsignore in Toscana. Ma mia sorella faticava ad avere il suo numero privato. Gli unici amici che la potessero aiutare erano all'estero e non si sapeva quando sarebbero tornati. E sebbene Elia avesse molta fretta bisognava attendere ancora. Nel frattempo Elia continuava a svolgere la sua attività di "pastore" in parte a casa sua e in parte dove lo chiamavano, come ad esempio a casa di Mario Torelli il mio Pi Erre. Mario era preparato alla visita di Elia perché anche lui aveva letto buona parte della storia ed essendo molto emotivo, lo attendeva con trepidazione. Quella sera avremmo dovuto discutere del libro e della sua promozione, ma soprattutto Mario desiderava parlare con Elia privatamente. Arrivammo a Milano verso le sei di sera ed era buio pesto. Non appena varcammo la soglia di casa vidi Elia sussultare leggermente ma pensai d'aver visto male. In silenzio seguimmo Mario nel suo grande salone di rappresentanza e dopo i soliti saluti iniziammo subito a discorrere delle nostre cose. Ma Elia sembrava distratto, roteava gli occhi a destra e a manca evidentemente intimorito da una situazione che al momento mi sfuggiva. Poi Mario cambiò argomento ed iniziò a parlare di sé e dei suoi tormenti... da anni, ogni notte, avvertiva in casa delle presenze misteriose che lo spaventavano e gli facevano passare delle notti insonni passandogli ragnatele sul viso, gemendo e provocando sinistri rumori... Elia non gli permise di continuare... "Sì, Mario... qui abitano delle larve che non trovano pace... non si tratta proprio del maligno ma di presenze negative che non sanno dove andare... io le vedo...". Un brivido mi serpeggiò lungo la schiena ma subito mi ripresi e, mossa da curiosità, chiesi ad Elia come queste larve si presentassero. "Sono come delle grosse lingue di fumo nero...". Mi rispose pazientemente Elia. Poi Mario visibilmente agitato ci informò che già diverse volte aveva fatto benedire la casa ma che le larve non se ne erano andate. "Non temere Mario" lo rincuorò Elia. "Se tu vorrai le manderò via io...". Mario tirò un sospiro di sollievo, finalmente qualcuno lo avrebbe realmente liberato da quel supplizio. "Dio sia ringraziato" esclamò. "Quando interverrai?". "Subito, e voi due mi aiuterete!... ora Mario portami qui l'acqua di Lourdes che tieni in camera, anche il ramoscello d'ulivo e dell'incenso... "Come farà a sapere che in camera ho dell'acqua di Lourdes ed un ramoscello d'ulivo?" si chiese Mario mentre andava a prendere ciò che Elia gli aveva chiesto. Poi tornò ma senza l'incenso che non

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ricordava più dove l'avesse messo. "Guarda in quel cassetto" disse Elia "in fondo a destra...". Mario rovistò nel cassetto e vi trovò l'incenso che mancava. "Ora dammi la grossa candela riposta nella credenza e dei fiammiferi... intanto tu Fiorella va' in tutte le stanze e socchiudi le finestre, poi torna qui". Elia accese la grossa candela rossa e me la porse. "Ora andremo insieme in tutte le stanze, tu Mario mi precederai e tu Fiorella mi seguirai con la candela accesa. Non impressionatevi per quello che potrebbe accadere...". Io e Mario ci scambiammo delle occhiate d'intesa ed iniziammo il rito. In genere io sono una che si spaventa di fronte ad ogni genere di occulto, persine davanti alla TV cambio rapidamente canale ogni volta che appare un film dell'orrore o anche vagamente misterioso. Eppure in quella circostanza mi sentivo stranamente calma, dovuta certamente alla grande fiducia che riponevo in Elia. Dalla cucina passammo alla camera successiva dove Elia benediva ogni angolo recitando delle preghiere. Arrivati nel soggiorno Elia si arrestò improvvisamente. Tentò di proseguire ma una forza misteriosa glielo impedì. Mario ed io alquanto impressionati ci scostammo verso la parete mentre lui cercava di abbattere quella barriera invisibile che gli stava davanti. Con una smorfia di disappunto si mise le mani sullo stomaco come in preda ad una forte nausea cominciando anche ad emettere dei violenti ; conati. "Cosa sta succedendo? Cosa dobbiamo fare?" gridò Mario allertato. Ma Elia non lo sentiva mentre io tentai di dare delle spiegazioni: "Sono gli spiriti del male che stanno agendo su di lui". Poi Elia corse verso a il bagno e vomitò. Quando ritornò tentò di riprendere il cammino ma il percorso sembrava pieno di ostacoli che lo fecero più volte inciampare. Elia comunque non si arrese e continuò a insistere incurante delle difficoltà. Camminava, pregava e benediva. Uscimmo dal soggiorno ed entrammo nella camera da letto. Qui gli ostacoli sembravano raddoppiati ma Elia riuscì a superarli e passando davanti al televisore raggiunse il letto e lo benedì. Ritornando verso l'esterno, quando aveva quasi raggiunto la porta, un grosso e pesante soprammobile in ferro raffigurante un dio egizio si autosollevò dal mobile d'angolo a quattro cinque metri di distanza e come un fulmine si scagliò contro Elia che al momento si trovava di spalle. Ma non arrivò a colpirlo perché giunto a pochi centimetri dalla sua testa una forza misteriosa lo costrinse a cadere perpendicolarmente al suolo provocando un rumore assordante. Mario ed io, che attendevamo Elia appena fuori dalla camera da letto, l'avevamo proprio davanti e vedemmo ogni cosa. Elia non si accorse di nulla tanto era assorto nelle sue preghiere. Mario invece spaventatissimo scoppiò a piangere ed ad urlare. "Calmati Mario, sono loro che non se ne vogliono andare e temono che Elia li costringa a farlo... sta tranquillo, Elia è ben protetto e non riusciranno a fargli del male..." lo rassicurai. Intanto Elia avendo terminato il suo giro si diresse nuovamente verso il soggiorno mentre Mario in preda al terrore tremava come una foglia. Elia si fermò sulla soglia, dette una rapida occhiata e poi entrò continuando a pregare. Anche qui, dall'angolo opposto da dove si trovava lui partì il telecomando come una raffica e attraversando la sala lo colpì in piena nuca frantumandosi in mille pezzi. In quel momento, ebbi l'impressione che Elia si risvegliasse da uno stato di semicoscienza mentre con una smorfia di dolore si strofinò lentamente il punto colpito. Mario rimase impietrito mentre io tranquillamente controllai la testa di Elia dove gli era già cresciuto un evidente bitorzolo. Poi Elia disse: "Non sono sicuro che se ne siano andati tutti... ritornerò la settimana prossima per controllare...". Per quanto lo riguardava il rito era finito e si poteva anche tornare a casa. Erano ormai le venti e sia io che Elia sentivamo un grande appetito per nulla sconvolti dall'accaduto. Mario invece un po' meno. Ad ogni modo dopo una mezz'eretta sedevamo tutti e tre a tavola a gustarci una buona pizza. Ritornammo che era quasi mezzanotte e già in macchina programmavamo i prossimi appuntamenti. La domenica seguente saremmo andati da Maria ed i suoi amici, poi avremmo invitato mia figlia con la sua famiglia a cena, poi c'era Genni e tanti altri ancora. Con tutte queste persone nacque poi un bellissimo rapporto d'amicizia che aumenta e si consolida ogni giorno. Potrei raccontare anche le loro storie ma non farei che ripetermi quindi preferisco passare oltre. Una mattina mi chiamò la direttrice della mia casa editrice per un colloquio. Esordì dicendo: "La commissione di lettura ha decretato che il suo libro è molto intrigante... anche a me è piaciuto... l'unico problema è che per questo genere di storie non abbiamo la collana. Mi spiego meglio: il nostro metodo consiste solo nel pubblicare libri inerenti le nostre collane come quella del mare, della scienza, ecc. Le poche volte che abbiamo pubblicato un outsider non ha ottenuto successo... Ad ogni modo visto che questo genere 'tira' vorrei aspettare il ritorno dell'editore in persona. Io non ho l'autorità per decidere...".

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"Va bene, aspetteremo" replicai, "quando torna?". "Fra un paio di settimane... calcoli una ventina di giorni...". Me ne tornai a casa pensando che tanto il libro non era ancora finito e che sicuramente avrei convinto io l'editore a fare uno strappo alla regola, visto che anche Elia aveva previsto che avrebbe avuto successo... Intanto Sandra continuava a darsi da fare per ottenere il famoso numero privato del Monsignore ed Elia scalpitava, perché diceva che non c'era più tempo da perdere. Il 12 di febbraio Gualtiero ritornò dall'Africa stanco ma pieno d'entusiasmo. Per fortuna, tutto era andato bene e presto avrebbe messo in atto un progetto per aiutare concretamente quella gente così bisognosa di tutto. Dopo pochi giorni però iniziò a non star bene: brividi di freddo, grande spossatezza e difficoltà di respirazione. "Hai preso l'influenza" diagnosticai, "cerca di fumare di meno e rimani a letto". Ma nonostante l'assenza di febbre Gualtiero si sentiva completamente privo di energia e non si reggeva in piedi. Elia gli impose le mani, più volte riuscì anche a rianimarlo per qualche giorno ma poi le forze se ne andarono di nuovo lasciandolo stanco e infreddolito. Il 20 febbraio anche Elia non si sentì bene. Ricordo la data perché era il giorno del suo compleanno. Anche lui avvertì mancamento di respiro e forte oppressione al torace. Ma a me non disse nulla. Mi avvertì Piera che l'aveva sentito al telefono. "Quel ragazzo ha fatto troppi sforzi per la sua casa... ha dei sintomi che non mi piacciono... non vuole chiamare il medico... quasi quasi vado a trovarlo con un mio amico cardiologo... che ne dici?". "Perfetto, Piera... che strano... ci siamo appena sentiti e non mi ha fatto il minimo accenno alla cosa... forse non voleva preoccuparmi a causa di Gualtiero... dopo la visita del cardiologo chiamami, ti prego...". Intanto Gualtiero si curava con aspirine e rimedi per malattie da raffreddamento così che dopo qualche giorno, pur non essendosi rimesso completamente, pensò di partire per la Puglia per un viaggio di lavoro. Il cardiologo invece, dopo aver visitato Elia, gli consigliò di recarsi immediatamente in ospedale per un elettrocardiogramma. Fu il medico stesso a fissargli un appuntamento perché, come disse a Piera, aveva il forte sospetto che avesse subito un'ischemia. Però Elia non ne era stato ancora messo al corrente e dato che ora si sentiva bene continuò serenamente la sua vita di sempre lavorando e pregando per tutti noi. Un giorno Lechitiel gli disse: "Dio ha ascoltato le tue preghiere... Gualtiero ha avuto un'ischemia, ma non così violenta come doveva essere... altrimenti... Tu gliel'hai portata via in parte e il tuo cuore ne porta i segni, ma non temere starai presto bene...". Elia ringraziò Lechitiel e attese il giorno dell'elettrocardiogramma con comprensibile curiosità. Gualtiero tornò dalla Puglia a fine febbraio. Sembrava uno straccio tanto aveva l'aspetto sofferente. "Non riesco proprio a rimettermi da questa influenza" mi disse alquanto scoraggiato. "Dovrò proprio rimanere a letto per qualche giorno...". "Chiama il medico" gli suggerii, e lui: "Se domani mattina non starò meglio lo farò". Era giovedì sera. Trascorse una nottata infernale, con una crisi d'asma (così pensai) violentissima e oppressione del torace. Verso mattina la crisi passò ma Gualtiero aveva un aspetto terribile. "Perché non chiamiamo il medico?" gli ricordai. E così telefonammo al nostro dottore che purtroppo era assente. La sua segreteria telefonica ci informò che sarebbe tornato lunedì. Che fare? Secondo me Gualtiero non poteva aspettare e gli proposi di accompagnarlo al pronto soccorso. Stranamente accondiscese. Lo trattennero per una serie di esami nel reparto di medicina generale e non ci fornirono molte spiegazioni. Probabilmente si trattava di un prolasso cardiaco. Il giorno dopo Gualtiero stava già meglio, aveva trascorso una notte tranquilla predisponendosi di buon grado alla trafila delle appropriate indagini. Anch'io ero più sollevata e non modificai né gli impegni di lavoro né quelli presi con Elia. Finalmente Sandra era riuscita ad avere il numero del Monsignore così gli telefonai subito. "Perché vuoi proprio parlare con me?" mi chiese stupito. "Non so spiegarlo Monsignore, Elia lo desidera da molto tempo...". E in poche parole gli fornii le informazioni più importanti compresa l'opinione che mi ero fatta su di lui: "È molto bello quello che mi dice" aggiunse alla fine del mio racconto, "Mi mandi la storia e poi la richiamerò io". Dopo una settimana la sua segretaria mi telefonò: "Monsignore l'attende alle dieci di venerdì prossimo. Mi raccomando la puntualità perché Monsignore può concedervi solamente un'ora...". Emozionatissima avvertii sia Elia che Gualtiero che si trovava ancora in ospedale. Mio marito stava decisamente meglio e tra un esame e l'altro era in grado di fare anche qualche passeggiatina in giardino. "Quando ti dimetteranno Gualtiero?". "Non certamente questo fine settimana, perché lunedì

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dovrò fare la scintigrafia...". "Allora posso accompagnare Elia dal Monsignore? Approfitterei anche per raggiungere padre Maurizio in Umbria per l'ultima intervista... Sabato sera sarei di nuovo a casa". Prima di partire, Elia riuscì a fare il suo elettrocardiogramma ed effettivamente risultò "probabile ischemia". Questo responso richiedeva un'ulteriore esame che al momento era impossibile fare. Ma lui non si preoccupò affatto, convinto che tutto sarebbe passato presto. Andò anche un giorno a Verona per verificare i progressi di Elena e fu in questa circostanza che Elena si accorse che Elia si portava frequentemente le mani al petto respirando profondamente. "Cos'hai Elia?". "Forse ho avuto una piccola ischemia, ma passerà presto...". A questo punto, come mi raccontò Elena la sera stessa, le si accese una lampadina. "Non è che per caso tu ti sia presa l'ischemia al posto di Gualtiero?". Preso alla sprovvista Elia non poté che ammettere... 'Sì, in parte...anche Gualtiero l'ha avuta... diciamo che l'abbiamo divisa in due... (e rise). Ma non dirlo a Fiorella, lei non deve saperlo...'. Naturalmente - continuò Elena - io te l'ho voluto raccontare per dimostrarti ancora una volta quanto Elia vi voglia bene...". "Grazie, Elena" balbettai. Il venerdì Elia ed io partimmo prestissimo per poter essere puntuali all'appuntamento con il Monsignore. Notai subito che Elia, oltre alla sua borsa da viaggio aveva con sé anche un grosso sacchetto. "Ho portato l'abito bianco perché vorrei che Monsignore me lo benedicesse...". E mentre Elia caricava i bagagli non potei fare a meno di vedere che zoppicava e che i suoi polsi erano gonfi e tumefatti. "È venerdì" pensai. "Avrà anche dolore alla schiena". Elia si mise alla guida e nonostante tutto sembrava molto allegro. Anch'io ero contenta di partire due giorni con Elia e di concludere finalmente tutti gli incontri previsti. Però l'idea della benedizione dell'abito mi sembrava alquanto azzardata. Come poteva chiedere a Monsignore una cosa del genere? Monsignore avrebbe potuto rispondere: "Tu l'avevi già un abito, perché lo hai rifiutato?". Elia si accorse dei miei turbamenti e mi rincuorò con un bel sorriso. Arrivammo all'appuntamento con una mezz'oretta di anticipo avendo anche il tempo per ammirare le bellezze del luogo. Mentre ci incamminavamo verso il vescovado Elia mi fece le solite raccomandazioni: "Ti prego, fai la brava, non cominciare a dire guardi qui e guardi là.... ti raccomando... e poi non essere così agitata... le cose andranno come Lui vuole, vedrai!". Monsignore ci accolse nel modo più semplice e cordiale possibile, ci fece accomodare di fronte a sé davanti alla sua scrivania e dopo averci ben guardato ci sorrise: "Allora eccovi qui... ho letto... è proprio una bella storia!...". Io, sentendomi perfettamente a mio agio e notando che nell'incrociare le braccia Elia aveva sollevato la maniche lasciando i polsi scoperti, mi rivolsi a Monsignore indicandogli le ferite infiammate: "Guardi Monsignore... nessuno potrebbe affermare che queste tumefazioni siano state provocate dallo stesso Elia...". E mentre parlavo vidi Elia fulminarmi con lo sguardo. "Ho visto, ho visto..." ripeté Monsignore e poi tutto si pianificò come fosse scritto. "Chiamami per nome Elia" aggiunse. Monsignore domandava ed Elia rispondeva. Monsignore consigliava ed Elia annuiva. Monsignore lo incoraggiava ed Elia sorrideva. Io ascoltavo e a poco a poco la mia ansia svaniva lasciando il posto ad un'immensa gioia. Siccome mi sembrava tutto troppo giusto e perfetto pensai bene di interromperli: "Monsignore,volevo dirle che Elia ha un caratterino che si infiamma facilmente...". "Anche Gesù l'aveva" replicò. "Monsignore, Elia ha le stigmate ai polsi e non al centro delle mani...". "Anche Gesù le aveva ai polsi. "Monsignore...". "Anche Gesù...". "Ma lui non è Gesù" e ridemmo allegramente per la battuta. Poi Monsignore si rivolse ancora ad Elia: "Tu non vuoi essere sacerdote, vero?" "No". "Allora potresti essere diacono permanente... Sai chi sono i diaconi? Erano persone scelte dagli apostoli per aiutarli... quando avrai la tua casa famiglia, come diacono avresti il diritto di portare una tunica, un abito speciale... nessuno potrebbe negarti questo diritto e nessuno potrebbe negarti una benedizione all'abito...". Appena udite queste parole non potei fare altro che estrarre rapidamente dal sacchetto l'abito bianco di Elia dicendo: "Allora lo benedica Lei, Monsignore...". Monsignore non sembrò per nulla sorpreso dal mio gesto e con un sorriso

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angelico ci benedì unitamente all'abito con i bordini verdi. "Perché questi bordi?" chiese Monsignore. "Per distinguermi dagli altri" rispose Elia. "Sai cosa significa il colore verde, Elia? È il colore della Chiesa, il colore della speranza...". E mentre io riponevo l'abito nel sacchetto Monsignore abbracciò Elia porgendogli in dono un bellissimo libro. Poi si rivolse a me dandomi un biglietto. "Le ho annotato il numero di telefono del nostro editore... Lui è un grande esperto di queste cose. È a contatto con gli uomini più carismatici del mondo... ne sa più di me a riguardo... gli telefoni!". Quando lasciammo il vescovado, Elia ed io eravamo ebbri di felicità, Elia aveva ottenuto tutto quello che voleva ed io il nome di un editore esperto in materia che mi avrebbe potuto consigliare. Erano soltanto le undici e nel primo pomeriggio saremmo già arrivati al convento di padre Maurizio. Furono due giorni meravigliosi: Monsignore, padre Maurizio, il convento, il verde di quella natura rigogliosa, il tempo splendido e la compagnia di Elia che improvvisamente mi sembrava diventato più maturo e consapevole. Verso mezzogiorno del sabato mio marito mi telefonò: "Devo dirti una cosa... mi hanno detto che ho avuto un'ischemia senza essermene accorto... non allarmarti... sto già meglio... ora mi ricovereranno in cardiologia per ulteriori indagini... non correre, tanto dovrò rimanere qui ancora per qualche giorno...". Rimasi senza fiato: "...io lo sapevo già Gualtiero, ma non ci volevo credere..." e gli raccontai brevemente ciò che Elena mi aveva riferito. Guardai Elia e vidi che mi stava scrutando con interesse... naturalmente comprese che da tempo ero al corrente di tutto e scosse la testa. Ripartimmo presto. Durante il viaggio Elia sembrava completamente assorto nei suoi pensieri. Rimase in silenzio per molto tempo e poi mi disse che si sentiva addosso un grosso fardello. In un attimo aveva rivisto tutta la sua vita, le sue sofferenze, le sue lotte, le incomprensioni e le difficoltà nel suo procedere e all'improvviso si sentì solo e stanco. "Perché io?" si chiedeva. "Per che cosa?". Poi ruppe in un pianto liberatorio. Io gli parlavo tentando di rassicurarlo: "Ora hai quasi raggiunto la meta Elia... è normale avere dei momenti di scoramento e di paura... ora ci siamo anche noi e non ti abbandoneremo...". Quando Elia si riprese si ricordò del biglietto che mi aveva dato Monsignore. "Vedrai che il libro lo vorrà pubblicare questo signore... io lo preferirei..." affermò. Il resto è storia. Chiamai Pietro Maniero delle edizioni "Segno", mi presentai a nome di Monsignore, gli inviai tutto quello che ero riuscita a scrivere fino a quel momento e alla fine ebbi la soddisfazione di avere i suoi complimenti unitamente alla sua proposta per la pubblicazione che accettai. E così siamo arrivati agli sgoccioli della storia. Purtroppo e nonostante l'aiuto di Elia, Gualtiero risultò abbastanza grave. Non aveva altra alternativa che un lungo e rischioso intervento chirurgico e a causa di complicazioni di ogni tipo rimase in ospedale per due lunghissimi mesi tra un'alternarsi di situazioni stressanti sia per lui che per noi tutti. Una domenica pomeriggio, sola e particolarmente depressa, me ne stavo distrattamente davanti alla TV in attesa dell'ora della visita in ospedale. Ero molto stanca e guardavo il programma senza seguirlo cercando solo di rilassarmi un poco. Guardai l'orologio, erano le quindici... avevo un paio d'ore per ricaricarmi... Elia si trovava a Milano fin dal mattino ospite di persone amiche, sarebbe rientrato la sera per cenare con me. Ad un tratto me lo vidi davanti... con il suo impermeabile nero e con la sua borsa... esattamente come l'avevo visto partire il mattino. La sua figura, contornata da un'aureola d'oro, era ad un metro da me e copriva il televisore acceso. Mi guardava con un'espressione accorata e mi disse: "Non essere così triste... tutto andrà bene... quando lo apriranno lo troveranno meno grave di quello che avevano pensato... ho messo a posto tutto io...". E poi svanì. Fino a quel momento ero rimasta impietrita e poi mi alzai fregandomi gli occhi: Elia era venuto da me in un uovo d'oro! L'avevo visto molto bene... non dormivo, stavo guardando la televisione! E lui l'aveva coperta con il suo corpo... La sera quando Elia tornò non gli dissi nulla, aspettai che fosse lui a parlare... ma non accennò minimamente all'accaduto. Allora presi il discorso alla larga: "Dove eri oggi alle tre, Elia?". "Ero in una chiesa di Milano a pregare... mentre loro facevano un sonnellino ho pensato di uscire...". "Hai pregato anche per me?". "Come sempre... e ho visto anche il tuo dolore...". "Ed io ho visto te, Elia, che mi consolavi". E lui guardandomi con i suoi occhioni pieni di luce non disse altro che: "Come tu sai, succede anche questo...". Dopo due mesi Gualtiero fu operato e tutto si svolse come Elia aveva previsto. I medici nel comunicarmi l'esito dell'intervento usarono le stesse parole di Elia: "Era meglio di quanto noi pensassimo...". Comunque prima dell'intervento Gualtiero rimase in ospedale per tutto il mese

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di aprile tranne un piccolo intervallo per Pasqua che festeggiammo poi insieme ad Elia. Così per la sua "Passione" io rimasi libera di stargli accanto per tutto il periodo e di assisterlo come lui aveva voluto. Nel frattempo anche Elia fece il suo esame di controllo e risultò che non vi era alcuna traccia di ischemia. Dimenticavo di aggiungere che ad Elia furono offerte molte opportunità per attuare il suo programma. In pratica potrebbe formare la sua prima casa famiglia anche domani, ma al momento non ha ancora scelto. "Non sono io che dovrò decidere... al momento giusto sarà Lui che mi indicherà dove andare...". E mentre sto per terminare la mia storia vorrei poter fare una sintesi degli insegnamenti di Elia, di quello che mi ha trasmesso con il suo esempio. Il suo tema costante è stato l'amore. "Come l'acqua zampillante l'amore ti porta lontano...". È vero Elia, ed io ho capito attraverso te che lo scopo dell'amore umano è quello di dimostrare l'ultimo, il vero amore. Questo solo è l'amore cosciente. L'altro è quello che rende l'uomo inconsapevole di se stesso. Settimana di Pasqua 2001 Lunedì sera Elia mi chiamò. In 5 minuti arrivai a casa sua. Aveva il viso sconvolto, gli occhi febbricitanti. Era scalzo così che potei vedere subito sul collo dei piedi due profondi tagli verticali di circa un centimetro di colore rosato. Fui colpita dal fatto che non sanguinavano ma erano ricoperti da un velo di pelle trasparente. Ai polsi, da parte a parte, due piaghette rotondeggianti cominciavano a perdere del siero. "Fammi vedere il costato!" gli chiesi. Elia si sollevò la maglietta. Sul lato destro spiccava nettamente una striatura rossa, lunga circa 8-10 cm. che mi ricordava un perfetto taglio da chirurgo già rimarginato. L'area della ferita era notevolmente infiammata, simile ad una scottatura solare. Elia mi prese una mano e mi fece toccare sulla testa delle protuberanze callose simili a delle capocchie di piccolo chiodo. Ritrassi subito la mano perché ebbi l'impressione di procurargli dolore. Gli toccai la fronte. Mi sembrò bollente. "Vai a letto" gli suggerii. "No, preferisco muovermi e distraimi". Così lo aiutai ad appendere alcuni quadri e a sistemare degli oggetti... accendemmo anche il televisore... ricordo che vedemmo dei cartoni animati... Ogni tanto Elia si lamentava, si massaggiava la spalla dolorante e fuori posto, si piegava su se stesso ma continuava a trafficare per la casa dicendo: "Non è niente... passerà". Il martedì mattina volli passare a salutarlo prima di andare in ufficio. Suonai il campanello e la serratura della porta scattò ma non lo vidi sulla soglia ad aspettarmi come il solito. Mi venne incontro. Zoppicava. Aveva le maniche della camicia rimboccate che mettevano in evidenza un enorme livido che si allargava a tutto l'avambraccio. Sul collo una lunga striatura rossa che partiva da dietro l'orecchio sinistro e che lui cercava di nascondere alzando il colletto. "Ti ha picchiato un'altra volta!" azzardai. Lui abbassò lo sguardo e non rispose. "Fammi vedere la schiena...". "No". Insistetti. Niente da fare. "Dimmi almeno cosa ti ha fatto...". L'ansia e la fermezza che trasparivano dalla mia voce indussero Elia a raccontarmi quello che aveva vissuto. "Con una violenza inimmaginabile, il maligno mi ha buttato ripetutamente contro il muro... per fortuna che mi proteggevo la testa con le mani... Intanto pregavo e lo lasciavo fare sicuro che non sarebbe riuscito ad uccidermi... Il mio comportamento lo irritò al punto che mi prese la testa e la infilò tra la porta e lo stipite nel tentativo di strozzarmi... io non avevo paura". Ascoltavo il suo racconto cercando di imprimermi nella mente ogni parola per poterle trascrivere fedelmente. "Devo rimanere qui con te, Elia?". "No, assolutamente... oggi pomeriggio devo ricevere una persona... sarò disponibile fino all'ultimo... ci vediamo questa sera...". Il martedì sera ritornai e lo trovai abbastanza rilassato anche se dolorante. "Quest'anno sarà l'ultima volta che mi lascia a letto...". Gli comunicai che alcune persone, non comprese nella sua lista precedente, mi avevano manifestato il desiderio di vederlo durante la sua passione. Esaminò scrupolosamente i nominativi che gli sottoposi ed accondiscese di riceverne una quindicina tra cui il suo cardiologo ed il nuovo editore del libro che non aveva ancora conosciuto. Verso le ventuno e trenta volle che ritornassi a casa mia. Il mercoledì mattina gli telefonai: "Ti ha picchiato un'altra volta?". "No... questa notte c'erano i cherubini attorno a me... vedevo le loro alucce... sono riuscito anche a riposare un pochino... sono contento...". "Devo venire Elia?". "No... sto bene... è meglio oggi pomeriggio". Dalla testimonianza di Curzio sapevo che il mercoledì pomeriggio sarebbe salita la febbre, allargate le piaghe e che avrebbe avuto inizio la passione vera e propria. Feci in modo d'arrivare da lui verso le quindici e trenta. Lo trovai sul terrazzo mentre si stava tamponando

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un rivolo di sangue che gli rigava la guancia. Attorno a noi regnava un silenzio sconcertante... nemmeno gli uccellini facevano sentire il loro canto. "Sono uscito sul terrazzo per sentire un po' d'aria fresca... lo senti questo silenzio d'attesa?". "Sì, Elia... ti devo aiutare a fare qualcosa?". "Sì, stendiamo i panni...". Insieme togliemmo la biancheria dalla lavatrice e uscimmo sul terrazzo. Poi Elia si mise a riordinare dicendomi: "Lasciami fare... ho bisogno di distrarmi". Ed io rimasi ad osservarlo seduta sul divano. Poi mi disse: "Quando rimarremo soli, fammi delle foto... probabilmente saranno le ultime..." ed io annuii. Intanto il tempo passava e i segni che attendevamo si rivelarono ben presto in tutta la loro crudezza. Mentre ero al telefono senza perderlo di vista, vidi all'improvviso scaturire dalla cima della sua testa (letteralmente) uno zampillo di sangue che gli ricadde sugli occhi, sulla fronte e sulle orecchie. Andai subito a guardare ma sulla testa non vi era alcuna ferita. Poi in rapida sequenza gli occhi si gonfiarono, l'orecchio sinistro assunse un colore violaceo evidenziando graffiature ed escoriazioni. Faticava a deglutire... mi diceva che qualcuno gli aveva messo una corda al collo e lo stava tirando. Gli occhi cominciarono ad appannarsi. "Stai tranquilla" mi diceva. "Non ti spaventare per quello che vedrai domani... poi passa...". Per il momento mi mantenevo calma, consapevole di essere accanto ad un uomo inviato da Dio. Ricevetti le ultime telefonate dai suoi parenti che tranquillizzai promettendo loro di non lasciarlo mai per nessun motivo. Invece, secondo i nostri accordi, verso le ventidue andai a casa lasciando Elia solo per tutta la notte. Lo chiusi a doppia mandata e portai via le chiavi. Dopo mezz'ora Elia mi telefonò. "So che sei agitata, cerca di dormire...". "Grazie Elia, pensa a te soltanto ora... io sto bene!". Verso le undici e trenta un'altra telefonata di Elia: "Perché non dormi? Tutto si deve compiere come stabilito... non mi accadrà nulla di male... Dormi ora. Naturalmente non trascorsi una notte tranquilla... ogni ora mi svegliavo in attesa delle primi luci dell'alba... Mi riappisolai verso il mattino finché fui svegliata da uno squillante suono di trombetta da bambino... Elia mi aveva fatto promettere di non recarmi da lui prima delle nove ed esattamente a quell'ora varcai il cancello del suo giardino. Con il cuore in gola aprii la porta del condominio. Immediatamente avvertii un intenso profumo di rose. Salii le scale, girai le chiavi nella serratura... una violenta ondata di fragranza fiorita mi avvolse totalmente. Entrai. In un profondo silenzio avvertii la presenza di energie intelligenti che mi stavano osservando... Rimasi immobile per qualche secondo per gustarmi l'ebbrezza di quella sensazione. Poi con grande calma mi diressi verso la camera di Elia. La porta era semiaperta e lo vidi. Giaceva immobile nel suo letto coperto fino alle spalle. Mi avvicinai al letto, la sua testa era appoggiata su un asciugamano di spugna completamente intriso del suo profumatissimo sangue rosato. Grossi rivoli gli rigavano il viso. Provenivano dalla testa e dagli occhi. Glieli asciugai con un fazzoletto. Si svegliò, mi vide e mi sorrise. Scostai le coperte. In un lago di sangue il suo corpo martoriato si presentava immobile con il costato avvolto da una larga fasciatura intrisa di sangue, anche le mani ed i piedi erano avvolti in fasciature sanguinanti che sgocciolavano sporcando i polsi e le maniche della sua maglietta bianca a sua volta abbondantemente chiazzata. Ressi al colpo e lui capì. "Brava" mi sussurrò, "sei forte". "Tu mi hai resa forte, Elia". Poi prese la mia mano e l'affondò nella profonda ferita del costato. Un'intensa commozione mi pervase unitamente ad un immenso senso di gratitudine per quello che mi era stato concesso di vivere. Cosa avrei potuto vedere ancora di più grande nella vita? Fu un lungo attimo di dolce smarrimento in cui incontrai la mia anima beata. Quando mi ripresi vidi Elia che mi sorrideva. "Senti l'usignolo!"... mi sussurrò. Ed effettivamente sentii provenire da poco lontano un soavissimo canto che sovrastava quello dei passeri... "Sì Elia, lo sento...". "È qui sul davanzale...". "Io mi avvicinai alla finestra ma l'usignolo era scomparso...". Sabato Santo - 14 aprile 2001 - ore 14 Ora sono nel mio studio e con il pensiero ritorno alla mattina di giovedì santo al dolce canto dell'usignolo e alle intense ondate di fragranza di rose... mi sembra sia passata un'eternità... troppe cose sono successe e troppo violente sono state le emozioni... Cerco di rilassarmi e di rivivere con ragionevole distacco il susseguirsi di quegli eventi inspiegabili che puntualmente si ripetono da molti anni, sempre alla stessa ora, sempre secondo un'identica ed immutata regia. Mi rendo perfettamente conto che solo io, tra tutti ho avuto la grazia, il privilegio, il dono di poter assistere per tre giorni consecutivi alla flagellazione, passione morte e rinascita di un uomo che per volere divino ha dovuto rivivere esattamente quella di Cristo sul Golgota, con gli identici tormenti e lo stesso martirio. Ora per ora ho assistito agli sconvolgenti mutamenti di una rappresentazione che testimonia i reali avvenimenti di allora evidenziati da punte di

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estrema intensità come l'agonia, la morte, il viaggio in Paradiso, il ritorno, la rinascita. Sarò in grado di raccontare i fatti senza lasciarmi trasportare dal tumulto del mio cuore? Ciò che esattamente mi sento di affermare è che per tre giorni ho vissuto di beatitudine e di pace infinita e che non mi sarei mai mossa da quel letto di dolore che inspiegabilmente mi infondeva una grande serenità e gioia. Avevo fatto in modo che le visite si susseguissero a piccoli gruppi e divise in diverse fasce orarie per non affaticare Elia e far si, che tra un incontro e l'altro, si potesse riposare. Non era sempre cosciente ma quando "ritornava" si interessava di tutti i presenti preoccupandosi persine se avessero fatto un lungo viaggio per venirlo a trovare. Per tutti aveva messaggi personali e parole di conforto. Ad un signore che aveva mal di stomaco gli impose addirittura le mani per qualche minuto. Ricordo che in quel momento ero in salotto con altre persone e che lui mi chiamò: "Fiorella... vai nel mio studio, troverai una piccola tanica con dell'acqua della Madonna di Caravaggio... riempi un bicchiere e portalo qui". Portai il bicchiere. Elia mi fece cenno di porgerlo al signore. "Bevi" gli ordinò. "La prossima settimana torna qui e sistemeremo tutto...". Il signore esterrefatto bevve l'acqua e più tardi, commentando con me l'accaduto mi disse di non riuscire a capacitarsi di come Elia abbia avuto la forza di accorgersi di lui...". Elia è la pratica vivente degli insegnamenti di Gesù, egli vive per il prossimo e ama il prossimo suo forse più di se stesso, senza sforzo, senza fatica perché in lui arde la scintilla divina. Nei momenti in cui ero sola con lui mi accucciavo sul pavimento accanto al suo capezzale e lo guardavo a volte gemere, a volte sorridere ai suoi Angeli ma nella maggior parte dei casi ascoltavo le sue flebili parole descrivere i mondi che vedeva... "C'è ANCHE UN FIUME... VEDO L'ARCOBALENO... E LE AQUILE... Lechitiel". Sono anche riuscita a trascrivere brandelli dei suoi splendidi messaggi: Elia non vuole essere invitato al ristorante ma nel calore della famiglia a parlare del Signore... per dare parole di conforto alle famiglie in crisi... Che la pace di Dio entri in questa casa!... Se una famiglia sta bene, divide il sogno con gli altri, la sua mensa con gli altri e non si nasconde dietro un mondo di bugie... Si deve aprire la porta con gioia... Quasi nessuno è capace di vivere in questo modo... Bisogna dialogare ed avere un buon rapporto con tutti... Questo è l'insegnamento di Gesù... crescere insieme vivendo in comunione. Dio ci accompagnerà giorno per giorno e ci istruirà perché ci vuole tutti buoni discepoli... Gli scattai anche delle foto. Quando si svegliava mi spiegava ciò che sarebbe accaduto nelle ore successive. "Domani, venerdì, alle 15 io me ne dovrò andare. Loro mi porteranno via... a quell'ora chiudi la porta e lasciami solo per un po' di tempo... poi io parlerò ma non sarò io, dentro di me ci sarà qualcuno con la mia voce e la mia stessa natura, ma io sarò lontano...". Ascoltavo attenta per poter eseguire alla lettera tutto quello che Elia esigeva da me. Quando alle ventuno lo lasciai sapevo che non sarebbe rimasto solo. I suoi Angeli gli avrebbero rifatto il letto in attesa delle anime dei suoi cari defunti che come ogni venerdì notte l'avrebbero accompagnato nella valle dell'Eden a ristorarsi d'amore e di pace. Venerdì mattina Elia era particolarmente agitato. Il sangue colava copioso da tutte le ferite. All'angolo degli occhi un grosso rivolo gli ostruiva la palpebra. Cercai di asciugarglielo mentre si ritraeva con una smorfia di dolore. "Sto male... che ore sono?". "Sono le undici, Elia". "Ancora quattro ore... e poi finalmente me ne andrò... loro sono già qui che mi aspettano... due sono seduti sull'armadio e due qui sul letto...". Posso cambiarti la spugna sotto la testa Elia". "No, ti prego... ho troppo dolore...". E mentre parlava volse il suo viso verso sinistra, alzò una mano e accarezzò una presenza misteriosa... Nel primo pomeriggio arrivò Pietro, il nostro nuovo editore che non essendo pratico della città sbagliò due volte prima di trovare il cancello di Elia dove io l'attendevo impaziente da qualche minuto. Era la prima volta che ci vedevamo ed entrambi eravamo in attesa di percepire qualcosa l'uno dell'altra che ci facesse dire "sì" o "no": ci sarebbe stata intesa? Il nostro progetto sarebbe stato possibile? Sì o no? Ambedue avevamo un progetto che ancora non ci eravamo confidati. Comunque dentro di me dissi subito quel "si" e mentre ci stringevamo le mani Pietro mi disse che la mia essenza di rose era stupenda. "Io non uso essenza di rose" gli risposi meravigliata "Viene dal giardino...". E lui, più meravigliato di me, mi ripeté che ero proprio io che emanavo quello straordinario profumo persino troppo intenso... Intanto aprimmo la porta del condominio e la solita fragrantissima ondata ci avvolse prima ancora di quella più forte che regnava in tutto l'appartamento. Non badai molto allo sbigottimento di Pietro, avevo fretta di condurlo da Elia e che potesse constatare di persona l'evidenza di quella celestiale fenomenologia. Pietro rimase con noi quattro ore e oltre che

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vedere riuscì anche a parlare con Elia e persino lui rimase scioccato non tanto per quello che aveva visto ma soprattutto per la benevolenza di Elia nei suoi riguardi e per la preoccupazione che aveva avuto per il suo lungo viaggio. Intanto il tempo passava ed Elia iniziò la sua lenta e dolorosa agonia. Si portò le mani al costato gemendo, il respiro si fece affannoso, gli occhi vitrei ed il viso terreo. "Ho freddo" si lamentò. L'ora era vicina. Come promesso verso le quindici ci allontanammo da lui e chiusi la porta. Ricordo ancora le sue parole: "Senza la sofferenza non vi è la vera gloria; .. .lui consola chi lo ama... E mentre noi attendevamo nell'altra stanza Elia volò in ciclo con i suoi Angeli che gli mostrarono ciò che alla fine si diventa: pura luce, pura vita, puro pensiero. Incredibili bagliori di luce bianchissima più della neve, risplendenti più di tutte le stelle lo avvolsero in una spirale in movimento verso l'alto ancora più lucente della luce stessa... Si abbandonò a quell'abbraccio di beatitudine mentre una voce gli diceva: "Hai ancora paura Elia?". "No, sono pronto". "Finora ti ho portato sempre per mano, ora dovrai proseguire da solo, ma io sarò sempre con te, sei pronto?". "Sì". Elia si rivoltò e vide una moltitudine di persone che lo seguivano. E poi tutto si svolse come previsto: il suo ritorno, il suo colloquiare con le persone, meno dolore, meno sangue, lacrime gelatinose e biancastre. Verso sera mi sembrò che il suo guanciale fosse quasi asciutto. Sabato mattina Appena arrivata ebbi la fortuna di rivedere Elia ricevere la consueta "carica di luce" che dall'inizio della sua passione riceve regolarmente ad intervalli di due-tre ore circa. Quando avviene Elia, immobile nel suo letto, si ripara gli occhi con le mani oppure gira il capo chiudendo gli occhi "Che rabbia... non riesco a tenere gli occhi aperti... questa luce è accecante..." mormora. "Togli le mani dagli occhi... abbandonati alla luce divina, Elia..." osai suggerirgli e lui docilmente obbedì. Subito dopo Elia si assopì ed io approfittai per andarmene in soggiorno a buttar giù qualche appunto. Ad un tratto un grido: "Aiuto, aiuto mi stanno tirando per i piedi ! ! !". Accorsi... Con una smorfia di dolore Elia mi indicò di sollevare le coperte. I suoi piedi erano contratti ed irrigiditi nella posizione dei ballerini quando danzano sulle punte. Li toccai, erano gelati ed insensibili. Un altro urlo... "Che dolore... mi stanno tirando...". E mentre goffamente cercavo di ripararlo con il mio corpo nel tentativo di proteggerlo da chissà quale entità anch'io gridavo. "Andate via... lasciatelo stare!". Poi all'improvviso si rilassò quasi sollevato. "Mi sento più leggero" mi disse, anche se il suo viso era l'espressione stessa della sofferenza. Erano le 10,10 e fuori si scatenò l'inferno. Una violenta gelida grandine si abbatté sulla città mentre il ciclo minacciosamente nero sembrava volersi nascondere in una notte profonda. Il campanello mi annunciò l'arrivo di Giorgio, il cardiologo. Lo condussi subito da Elia che proprio in quel momento avvertì un'altra violenta e dolorosa contrazione. Il medico seguì il fenomeno con evidente interesse e professionalità. Mi chiese uno spillo che non trovai. Gli porsi il mio orecchino e Giorgio glielo infilò ripetutamente prima nel tallone, poi nelle dita e in tutto il piede. Ma Elia non sentiva nulla e ripeteva soltanto d'avere freddo. "L'hanno tirato giù dalla croce..." mi ritrovai a dire e mentre Giorgio annuiva pensieroso uscì dalla camera e se ne andò in soggiorno per abbandonarsi smarrito sul divano. "Questi fenomeni non si possono spiegare...". Poi si riprese e mi disse: "Mi raccomando, tieni tutte le bende e le spugne intrise di sangue... domani potrebbero servire...". Ma io che conosco bene Elia sapevo benissimo che avrebbe occultato ogni cosa. Sorrisi e glielo dissi. "E tu disubbidisci!" mi suggerì. Comunque più tardi provai ad accennarlo ad Elia ma naturalmente non ne volle sapere. "Lasciami per ricordo almeno il fazzoletto con le lacrime..." insistetti. "Anche il dottore ne ha portato uno...". "No" fu la sua risposta secca. "Ci sono io con voi, e questo basta". Poi Giorgio ritornò nella stanza, lo ricontrollò di nuovo e sedutosi accanto a lui gli domandò: "Elia, perché c'è tanto male nel mondo?". Elia: "I figli non rispettano più i genitori, i genitori non si rispettano tra di loro e non sanno educare più i figli... le famiglie si sgretolano... si è incapaci di comprendere cos'è l'amore. Ma Dio non vuole il male... è il mondo che lo crea per la sua cupidigia e sete di potere... scoppiano le guerre per la bramosia del trono di Dio, ma questo Dio non lo permette. Chi non si merita 'la poltrona', chi non è adatto alla guida, si punirà con le sue stesse mani... non si può conquistare il potere senza la volontà di Dio... La Chiesa deve unirsi...". Il bellissimo dialogo si allargò in temi più vasti ed universali che sorprendentemente Elia mi fece cancellare... "Queste cose le scriverai nel prossimo libro...". Poi Giorgio gli asciugò una lacrima rosata e se ne andò. Erano

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le undici. Verso mezzogiorno anch'io me ne sarei andata secondo le istruzioni. Da quell'ora in poi solo i suoi Angeli l'avrebbero accudito ed aiutato a rinascere. "Torna a prendermi alle quattro" mi disse quando lo lasciai. Gli avrei fatto bere il primo brodo caldo dopo oltre quaranta giorni di digiuno... "Sarà dimagrito dieci chili... speriamo si riprenda presto...". Ore 16 Con 5 minuti di anticipo e con il cuore a mille salii di corsa le scale e bussai. Nessuno rispose. Entrai... "Eliaaa!" Silenzio. Mi diressi verso la camera. Vidi il letto rifatto, il bagno, la cucina, il soggiorno perfettamente in ordine ma lui non c'era. Ebbi un attimo di panico. Ad un tratto la porta d'ingresso si aprì e comparve lui, raggiante come non mai, sorridente e fresco come una rosa. Sembrava veramente risorto... Non proferii parola. "Beh,... è così che mi saluti?". "Come stai?" balbettai. "Benissimo e tu?". "Dove sei stato?". "A buttare la pattumiera...". I miei occhi caddero sui suoi polsi segnati da due piccole crosticine rosse. Gli guardai i piedi scalzi e anche sul loro dorso spiccavano due tagli verticali di colore rosa. Elia sospirò e si sollevò la camicia. Sul costato una lunga cicatrice completamente rimarginata si allargava su una vasta area arrossata. Poi aprì il cassettino del mobiletto in anticamera e ne estrasse un fazzoletto di lino imbevuto del suo siero profumato avvolto in una spugna. "Tieni" mi disse sorridendo "... e ne ho un altro anche per il dottore... Andiamo?". "Hai fame?". "Non è ancora il momento... Domani festeggeremo... se devi fare la spesa per Pasqua, vengo anch'io con te... sento il bisogno di camminare...". E mentre pensavo che in frigo avevo ancora l'ultimo limone e l'ultima cipolla della questua di Elia lo presi sottobraccio e me lo portai via cosciente che il mio Angelo sarebbe rimasto con me ancora per poco... Non si può fermare il fiume che scorre!

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