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FEDERICO ZERI UN INTERVENTO SU FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI L A 'NATIVITÀ' del Metropolitan Museum di New York, già nella Collezione George Blumenthal , è fra le cose più note del non vasto catalogo pittorico di Francesco di Gior- gio Martini (fig . I). Spesse volte pubblicata , la sua componente stilistica è stata sottoposta ad una diagnosi dal cui referto non si è ma ncato di trarre le giuste conclusioni rispetto al suo mo - mento nel percorso del pittore. 1) È tuttavia singo- lare che il ripetuto es ame da parte della cntlca e della filologia abbia mancato di rilevare il punto più essenziale, e che cioè l'opera non è giunta sino a noi allo stato integro, ma quale frammento. possiamo ancora leggere nella loro integrità. L'abuso del " dettaglio " in molte pubblicazioni degli ultimi trenta cinque anni (e specie in quelle italiane e fran- cesi uscite da ambienti più o meno intinti di lette- ratura) mi pare un tratto molto sintomatico di tale condizione; intendendo quel genere di " particolare " presentato non quale strumento chiarificatore ed ausi- liario per una lettura di più esauriente precisione, ma piuttosto quale persuasore occulto sul quale ap- poggiare ed avvallare le esegesi più arbitrarie e de- formanti. Non fa dunque meraviglia che il gusto per il frammento sia giunto al punto da accettare come integre (anche per essere incapace di avvertirne la Fra le limitazioni di vario genere cui, nella lettura degli antichi pit- tori, il nostro occhio è stato viziato dalle estetiche dell' idealismo, della pura visibilità, e, in genere, del tardo Romanticismo decadente e letterario, non sta per ultima l'indif- ferenza per tutto ciò che nel testo figurativo concerne l'impianto ob- bligato cui l'artista sotto stava nel- l'ideare ed eseguire materialmente le sue opere. Il modulo o, se si preferisce, lo schema preciso di sagoma e di formato cui ubbidi- scono i fatti pittorici delle diverse epoche (secondo uno svolgimento storico che non la -cede in rigorosa coerenza a quello più propriamente stilistico) non poteva sortire che un posto affatto periferico negli inte- ressi di una critica cui la lettura in chiave esclusivamente formale pa- reva la più esauriente ed esclusiva; tanto più che la logica, inevitabile conseguenza di quella critica è stato un frammentarismo così spinto e zelante da non appagarsi dei molti casi : in cui l'opera d' arte ci è effettivamente pervenuta allo stato mutilo, ma esercitandosi anche sui monument i che, per buona sorte, FIG. I - NEW YORK, METROPOLITAN MUSEUM - FRANCESCO DI GIORGIO: NATIVITÀ 4 1 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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Page 1: UN INTERVENTO SU FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI · plessità, cui non cede, per forza di impegno, l'inter pretazione nei modi personali del pittore. Il rapporto con Gerolamo da Cremona,

FEDERICO ZERI

UN INTERVENTO SU FRANCESCO

DI GIORGIO MARTINI

L A 'NATIVITÀ' del Metropolitan Museum di New York, già nella Collezione George Blumenthal, è fra le cose più note del

non vasto catalogo pittorico di Francesco di Gior­gio Martini (fig. I). Spesse volte pubblicata, la sua componente stilistica è stata sottoposta ad una diagnosi dal cui referto non si è mancato di trarre le giuste conclusioni rispetto al suo mo­mento nel percorso del pittore. 1) È tuttavia singo­lare che il ripetuto esame da parte della cntlca e della filologia abbia mancato di rilevare il punto più essenziale, e che cioè l'opera non è giunta sino a noi allo stato integro, ma quale frammento.

possiamo ancora leggere nella loro integrità. L 'abuso del " dettaglio " in molte pubblicazioni degli ultimi trenta cinque anni (e specie in quelle italiane e fran­cesi uscite da ambienti più o meno intinti di lette­ratura) mi pare un tratto molto sintomatico di tale condizione ; intendendo quel genere di " particolare " presentato non quale strumento chiarificatore ed ausi­liario per una lettura di più esauriente precisione, ma piuttosto quale persuasore occulto sul quale ap­poggiare ed avvallare le esegesi più arbitrarie e de­formanti . Non fa dunque meraviglia che il gusto per il frammento sia giunto al punto da accettare come integre (anche per essere incapace di avvertirne la

Fra le limitazioni di vario genere cui, nella lettura degli antichi pit­tori, il nostro occhio è stato viziato dalle estetiche dell ' idealismo, della pura visibilità, e, in genere, del tardo Romanticismo decadente e letterario, non sta per ultima l'indif­ferenza per tutto ciò che nel testo figurativo concerne l'impianto ob­bligato cui l'artista sotto stava nel­l'ideare ed eseguire materialmente le sue opere. Il modulo o, se si preferisce, lo schema preciso di sagoma e di formato cui ubbidi­scono i fatti pittorici delle diverse epoche (secondo uno svolgimento storico che non la -cede in rigorosa coerenza a quello più propriamente stilistico) non poteva sortire che un posto affatto periferico negli inte­ressi di una critica cui la lettura in chiave esclusivamente formale pa­reva la più esauriente ed esclusiva ; tanto più che la logica, inevitabile conseguenza di quella critica è stato un frammentarismo così spinto e zelante da non appagarsi dei molti casi : in cui l'opera d ' arte ci è effettivamente pervenuta allo stato mutilo, ma esercitandosi anche sui monumenti che, per buona sorte, FIG. I - NEW YORK, METROPOLITAN MUSEUM - FRANCESCO DI GIORGIO: NATIVITÀ

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FIG. 2 - WASHINGTON, NATIONAL GALLERY, COLLo KRESS - FRANCESCO DI GIORGIO :

Fu solo nel 1962 che il pro­blema si presentò alla soluzione; quando, nel preparare il Cata­logo dei quadri italiani nel Me­tropolitan Museum, mi fu neces­sario esaminare minutamente il dipinto. Mi avvidi allora che i miei sospetti trovavano una precisa conferma nelle condizioni della tempera: condizioni eccellenti in tutta la superficie, salvo che una striscia alta circa IO centimetri lungo il bordo superiore, in cui il pigmento ha la sorda opacità di un pennello ottocentesco. L'analisi della tavola ha poi provato che, in corrispondenza del colore mo­derno, anche il legno non fa parte del supporto originale; la porzione genuina dell'opera mostra di es­sere stata segata orizzontalmente, lasciando fuori parte dell' accon-PADRE ETERNO E ANGELI

condizione inconclusiva) opere che, ad esaminarle nel contesto del periodo in cui nacquero, e non dimen­ticando i precisi limiti di impaginatura cui i rispettivi autori non potevano sottrarsi (la situazione di totale autonomia di cui gode l'artista oggi è un fatto assai recente), sollecitano interrogativi non dissimili da quelli di un tempio senza frontone, di un sonetto senza terzina finale, o di una cornice vuota.

Ora, la ' Natività' in questione mi era spesso sem­brata da doversi porre fra le questioni in sospeso; in­contrata in riproduzione la si può anche accettare senza dubbi di sorta, ma una volta conosciutane le misure (cm, 62,2 X 59,1) non si può che domandarsi quale ne fosse l'aspetto originario. Troppo grande infatti per essere il pannello di una predella, le sue caratteri­stiche risultano d'altra parte troppo piccole per una anconetta, cui contrasta anche il formato rettangolare. E, in effetti, l'occhio abituato alla continua frequenza con gli originali del Quattrocento senese, e di continuo assillato dalla problematica della datazione e della si­tuazione storica delle opere esaminate, non potrà man­care di risentire l'inesplicabile vuoto che chiude in alto la composizione; tanto più che, dal punto di vista ico­nografico e compositivo, il rapporto, più volte accen­nato dalla letteratura, fra questo pannello e Gerolamo da Cremona (per non dire poi del confronto con innu­merevoli esempi di 'Natività' del Fungai, di Benve­nuto di Giovanni, di Gerolamo di Benvenuto e di altri) presuppone non solo una chiusura superiore a centina, ma anche una figura dell'Eterno Benedicente, secondo uno schema tipico e immutabile della Siena della se­conda metà del secolo. 2)

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ciatura e del nimbo della Vergine, tagliando la punta della collina di destra, e spezzando tutta la parte superiore della capanna e del muricciolo che chiude il dipinto alla sinistra.

Lascio al lettore di individuare le moltissime ragioni che indicano, quale completamento della tavola del Me­tropolitan Museum, il frammento già nelle Colle­zioni Alphonse Kann di Parigi e Philip Lehman di New York, oggi entrato nella National Gallery di Washington con la Collezione Samuel H . Kress (fig. 2). In questo caso la condizione lacunosa era troppo evi­dente per poter sfuggire ai commentatori, che, più di una volta, hanno suggerito trattarsi della parte supe­riore di una perduta 'Natività'. 3) Ma gli autori della manipolazione (eseguita, come al solito, a scopo com­merciale, e con risultati che le successive vicende dei due frammenti provano assai felici, almeno per l'esita­bilità) non si erano accontentati di resecare la parte superiore del dipinto, compromettendone irrimediabil­mente il significato; sistemato il frammento principale con l'aggiunta di una striscia superiore, la loro cura si era rivolta al brano del Padre Eterno con gli Angeli. E questo, ove lo si fosse lasciato così come era, avrebbe troppo facilmente ostentato di essere soltanto la cen­tina di una più importante composizione; il fram­mento minore venne così ridotto ad ovale, in parte sfruttando l'arcatura originaria, in parte resecandone i due lati, e aggiungendo in basso due frammenti, an­ch'essi accuratamente profilati, del legno e della pit­tura staccati nei fianchi: il tutto dopo aver ricoperto accuratamente le tracce dell'acconciatura e del nimbo della Vergine, della collina e della capanna che, nel­l'operazione, erano restati al di là del nuovo confine.

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Ciò non toglie che il frammento oggi a Washington mostrasse, ai tempi in cui apparteneva alla Collezione Kann, i segni ben visibili delle diverse aggiunte lungo il bordo inferiore; 4) ed è indicativo che gli autori dello scempio, in vista di nascondere la palmare fram­mentarietà della tavola, ne riducessero la sagoma da un tipo prettamente rinascimentale (come è la lu­netta) a una forma che è quanto mai estranea alla tipo­logia di Francesco di Giorgio, quale è appunto l'ovale. Questa è la ragione che rende così sgradevole la lettura del quadro di Washington e che ostacola di apprezzarne le grandi qualità: giacchè oggi cono­sciamo i dati e i limiti della grammatica e della sintassi quattrocentesca meglio di quanto non lo po­tessero gli autori di questa rovina, che, proprio per la loro ingenua presunzione di voler ridurre ad un deno­minatore comune due fattori così inconciliabili, rive­lano di avere operato, con ogni probabilità, intorno alla metà dell' Ottocento o poco dopo.

Nell'impossibilità di rivedere riuniti i due fram­menti un fotomontaggio, completato mentalmente nelle parti oggi ricoperte del pannello minore, pre­senta abbastanza fedelmente l'opera quale doveva mo­strarsi nella sua integrità (fig. 3): ed è davvero de­plorevole che un guasto tanto grave sia toccato proprio ad uno dei numeri più cospicui dell'intero catalogo di Francesco di Giorgio pittore. Riacquistata la sua chiusura ed il giro di frase, il dipinto viene infatti ad arricchirsi di un tessuto culturale di eccezionale com­plessità, cui non cede, per forza di impegno, l'inter­pretazione nei modi personali del pittore. Il rapporto con Gerolamo da Cremona, già accennato dalla let­teratura per il solo frammento inferiore, si riconferma con precisa esattezza, e non solo per via di schema compositivo, dato che la figura del Padre Eterno accenna, anche nel tipo fisico, allo studio dei mo­delli di quel grande miniatore; riproponendo così la possibilità che Francesco di Giorgio abbia qui avuto presente un'opera non molto distante dalla 'Na­tività' di Gerolamo oggi a New Haven. Altrettanto palese è l'eco, nell' accezione fisionomica del San Giu­seppe e del Gesù Bambino, del repertorio del Vec­chietta: con un' insistenza così diretta da consigliare a non spingere la data di esecuzione al di qua del 1470, al massimo. Ma sotto una parlata di un senesismo quin­tessenziale, spunti e notazioni di fonte fiorentina si in­trecciano l'uno accanto all'altro, sebbene lo schermo della rielaborazione ne smussi la nitidezza dei profili. Sono accenni a fatti lippeschi, di cui pare sorretto lo schema delle tre figure nella parte inferiore ; e allu­sioni continue a famosi esempi di Alessio Baldovinetti e dei Pollaiolo che, nel paesaggio, condizionano il volto geografico dei fiumi, delle colline e dei monti. Ma, soprattutto, nel gruppo di Angeli di cui è circon­dato il Padre Eterno (fig. 4), l'elemento fiorentino agisce

FIG. 3 - RICOSTRUZIONE GRAFICA DELLA " NATIVITÀ" DI FRANCESCO DI GIORGIO CON I FRAMMENTI

DI NEW YORK E WASHINGTON

con particolare mordente; e più quale spinta ad affrontare certi temi propri del Rinascimento a Fi­renze che come latore di dati e di fatti precisi. Con­dizionati da ricordi di Donatello, di Luca della Robbia, dei Pollaiolo e persino, si direbbe, di Paolo Uccello, gli Angeli si raggruppano attorno all' Eterno, dispo­nendosi, nel loro svincolato movimento, in una serie di posizioni, dove l' " ignudo" sortisce i più speri­colati problemi di scorcio, di prospettiva, di sottinsù e di notazione anatomica. E non sto a caratterizzare verbalmente la soluzione che tutti questi interroga­tivi della mente fiorentina trovano in Francesco di Giorgio ; a ripercorrere questi corpi schiacciati, rac­corciati e allungati, questi repentini scatti di una fan­tasia cui la "ragione" rinascimentale è estranea per un fatto di condizionamento congenito, ci si chiede se la posizione di Francesco di Giorgio nei confronti del Rinascimento non sia su per giù la stessa, mutatis mu­tandis, di un Van Orley o di un Jan van Hemessen nei rispetti delle "Stanze" e della volta della Sistina. Si intende, naturalmente, il Francesco di Giorgio pittore, e non lo scultore o l'architetto, due capitoli

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affatto diversi da quello pittorico, e nei quali prende a volte il sopravvento un razionalismo così acuto e scintillante da rendere la sua persona, giudicata nell' interezza, uno dei casi più singolari e inespli­cabili di bivalenza, le due facce in totale contrasto l'una contro l'altra.

I) Il dipinto del Metropolitan (già nelle Collezioni Charles Butler e R. H. Benson di Londra, poi George Blumenthal a New York) reca il numero 41.100.2. Si veda specialmente A. MCCOMB, Art America, XI, 1923, p . 107; e Art Studies, II, 1924,

p. 18; G. H. EDGELL, Sienese Ptg., 1932, p. 242; S. BRINTON, Francesco di Giorgio Martini 01 Siena, I, 1934, p. 109; R. VAN

MARLE, Development ecc., XVI, 1937, p . 273; A. S. WELLER, Francesco di Giorgio, 1943, p. 63.

2) Il rapporto con Gerolamo da Cremona venne sottolineato dal McComb, dall 'Edgell e dal Weller.

3) Il dipinto di Washington (n. 799; coli. Kress n. 1356) mi­sura cm. 36,5 X 51,8, e venne pubblicato da F. M . PERKINS, in Rassegna d'Arte, XIV, 1914, p. 102, che accennò all'ipotesi di un frammento da una • Natività' , secondo che poi fu ripetuto dal WELLER (op. cit., p. 67) .

4) Si veda, ad esempio, la riproduzione fornita dal Perkins nell'articolo citato del 1914: ivi appaiono non soltanto le giun­ture, ma anche parte del tetto della capanna.

FIG. 4 - WASHINGTON, NATIONAL GALLERY, COLLo KRE5S FRANCESCO DI GIORGIO: PADRE ETERNO E ANGELI (PARTICOLARE)

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