un nuovo scenario del mondo

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Cose mai viste Galileo: fascino e travaglio di un nuovo sguardo sul mondo __________________________________________________________ Un nuovo scenario del mondo Venerdì 16 aprile 2010 Prof. Marco Gozzi [email protected]

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Page 1: un nuovo scenario del mondo

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Cose mai visteGalileo: fascino e travaglio di un nuovo sguardo sul mondo__________________________________________________________

Un nuovo scenario del mondo

Venerdì 16 aprile 2010

Prof. Marco [email protected]

Page 2: un nuovo scenario del mondo

Torquato Tasso (1544-1595)

Giovan Battista Marino (1569-1625)

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (1571-1619)

Claudio Monteverdi (1567-1643)

Page 3: un nuovo scenario del mondo

O bella età de l’oro, non già perché di latte se n’ corse il fiume e stillò mele il bosco; [ …] ma sol perché quel vano nome senza soggetto, quell’idolo d’errori, idol d’inganno, quel che dal volgo insano onor poscia fu detto, che di nostra natura ‘l feo tiranno, non mischiava il suo affanno fra le liete dolcezze de l’amoroso gregge; né fu sua dura legge nota a quell’alme in libertate avvezze, ma legge aurea e felice che natura scolpì: «S’EI PIACE, EI LICE». Allor tra fiori e linfe traean dolci carole gli Amoretti senz’archi e senza faci; sedean pastori e ninfe meschiando a le parole vezzi e susurri, ed ai susurri i baci strettamente tenaci; la verginella ignude scopria sue fresche rose, ch’or tien nel velo ascose, e le poma del seno acerbe e crude; e spesso in fonte o in lago scherzar si vide con l’amata il vago.

Tu prima, Onor, velasti la fonte dei diletti, negando l’onde a l’amorosa sete; tu a’ begli occhi insegnasti di starne in sé ristretti, e tener lor bellezze altrui secrete; tu raccogliesti in rete le chiome a l’aura sparte; tu i dolci atti lascivi festi ritrosi e schivi; ai detti il fren ponesti, ai passi l’arte; opra è tua sola, o Onore, che furto sia quel che fu don d’Amore. E son tuoi fatti egregi le pene e i pianti nostri. Ma tu, d’Amore e di Natura donno, tu domator de’ Regi, che fai tra questi chiostri, che la grandezza tua capir non ponno? Vattene, e turba il sonno agl’illustri e potenti: noi qui, negletta e bassa turba, senza te lassa viver ne l’uso de l’antiche genti. Amiam, ché non ha tregua con gli anni umana vita, e si dilegua. Amiam, ché’l sol si muore e poi rinasce: a noi sua breve luce s’asconde, e’l sonno eterna notte adduce.

Page 4: un nuovo scenario del mondo

Lo sguardo sul mondo

MEDIOEVO EPOCA MODERNA

Dio percepito come consistenza ultima di tutto. Dio, se c’è, non c’entra.

La propria personalità e dunque la storia dipendono da una realtà più grande, talvolta misteriosa, ma presente e viva, ed è con questo criterio che si guardano le cose e si manipola la realtà. Tutto è segno.

Dio diventa astratto, sostituito da un particolare. L’uomo è impegnato con le proprie energie nel mondo; basandosi sulla sua capacità e intelligenza guarda e manipola la realtà.

Ogni aspetto dell’esistenza si lega con un valore globale determinante, ogni energia è convogliata a qualcosa di più grande, nella consapevolezza della fragilità e miseria umana.

Ideale della santità.

Efficientismo: ricerca del successo, della riuscita, del potere, della fama, di visibilità, gloria e fortuna. Divismo. L’uomo è padrone del suo destino.

Ideale della riuscita umana.

Naturalismo Senso religioso

Razionalismo

Page 5: un nuovo scenario del mondo

Apre l’uomo infelice, allor che nasce in questa vita di miserie piena, pria ch’al sol, gli occhi al pianto, e, nato a pena, va prigionier fra le tenaci fasce. Fanciullo, poi che non più latte il pasce, sotto rigida sferza i giorni mena; indi, in età più ferma e più serena, tra Fortuna ed Amor more e rinasce. Quante poscia sostien, tristo e mendico, fatiche e morti, infin che curvo e lasso appoggia a debil legno il fianco antico? Chiude alfin le sue spoglie angusto sasso,ratto così, che sospirando io dico: «Da la cuna a la tomba è un breve passo!»

Page 6: un nuovo scenario del mondo

Lo sguardo sul mondo

MEDIOEVO EPOCA MODERNA

Dio percepito come consistenza ultima di tutto. Dio, se c’è, non c’entra.

La propria personalità e dunque la storia dipendono da una realtà più grande, talvolta misteriosa, ma presente e viva, ed è con questo criterio che si guardano le cose e si manipola la realtà. Tutto è segno.

Dio diventa astratto, sostituito da un particolare. L’uomo è impegnato con le proprie energie nel mondo; basandosi sulla sua capacità e intelligenza guarda e manipola la realtà.

Ogni aspetto dell’esistenza si lega con un valore globale determinante, ogni energia è convogliata a qualcosa di più grande, nella consapevolezza della fragilità e miseria umana.

Ideale della santità.

Efficientismo: ricerca del successo, della riuscita, del potere, della fama, di visibilità, gloria e fortuna. Divismo. L’uomo è padrone del suo destino.

Ideale della riuscita umana.

Naturalismo Senso religioso

Razionalismo

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Anna Bianchini (1580-1604)

Maddalena penitente, 1597Riposo durante la fuga in Egitto, 1597 Marta e Maria Maddalena, ca. 1598Morte della Vergine, 1604

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Quam pulchra eset quam decora,charissima, in deliciis!Statura tua assimilata est palmaeet ubera tua botris.Caput tuum ut Carmelus,collum tuum sicut turris eburnea.

Veni, dilecte mi, egrediamur in agrum;videamus si flores fructus parturiunt,si florebunt mala punica;ibi dabo tibi ubera mea. Amen.

Quanto sei bella e quanto sei graziosa,o amore, nelle delizie!La tua statura rassomiglia a una palmae i tuoi seni ai grappoli.Il tuo capo si erge come il Carmelo,il tuo collo come una torre d'avorio.

Vieni, o mio diletto, andiamo nei campi,vedremo se sbocciano i fiori,se fioriscono i melograni,là sarò tua. Amen.

Cantico dei Cantici, cap. 7, 7-8, 6, 5, 12-13

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O chiome erranti, o chiomedorate, innanellate,o come belle, o comee volate e scherzate:ben voi scherzando erratee son dolci gli errori,ma non errate in allacciando i cori.

G. B. MARINO, Amori, n. 4

Quam pulchra eset quam decora,charissima, in deliciis!

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GUARINI MONTEVERDI

Quell'augellin, che canta sì dolcemente e lascivetto vola or dall'abete al faggio ed or dal faggio al mirto, s'avesse umano spirto direbbe: "Ardo d'amore, ardo d'amore." Ma ben arde nel core e parla in sua favella, sì che l'intende il suo dolce desio. Ed odi a punto, Silvio, il suo dolce desio che gli risponde: "Ardo d'amore anch'io."

Quell'augellin, che canta sì dolcemente e lascivetto vola or dall'abete al faggio ed or dal faggio al mirto, s'avesse umano spirto direbb’: "Ardo d'amore, ardo d'amore." Ma ben arde nel core e chiama il suo desio che gli rispond’: "Ardo d'amore anch'io." Che sii tu benedetto, amoroso, gentil, vago augelletto.

Da: Giovan Battista Guarini, Il pastor fido, in Il teatro italiano II: La tragedia del Cinquecento, a cura di Marco Ariani, Torino, Einaudi, 1977

Da: Claudio Monteverdi, Il quarto libro di madrigali a cinque voci, Venezia, Ricciardo Amadino, 1603

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SENECA Amici è giunta l'ora Di praticare in fatti Quella virtù, che tanto celebrai. Breve angoscia è la morte; Un sospir peregrino esce dal core, Ov’è stato molt’anni, Quasi in ospizio, come forastiero, E se ne vola all’Olimpo, Della felicità soggiorno vero. FAMIGLIARI Non morir, Seneca, no. Io per me morir non vo’. RITORNELLO

I°: Questa vita è dolce troppo, II°: Questo ciel troppo è sereno, III°: Ogni amar, ogni veleno I TRE Finalmente è lieve intoppo. RITORNELLO I°: Se mi corco al sonno lieve, II°: Mi risveglio in sul mattino, III°: Ma un avel di marmo fino, I TRE mai non dà quel che riceve. FAMIGLIARI Non morir, Seneca, no. Io per me morir non vo’.

Coronatione di Poppea, libretto di Gian Francesco Busenello, prima esecuzione: Venezia 1643

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SCENA V NERONE, LUCANO. Nerone intesa la morte di Seneca, canta amorosamente con Lucano, poeta suo famigliare, deliriando nell’amor di Poppea. NERONE Or che Seneca è morto, cantiam, cantiam Lucano, amorose canzoni in lode d’un bel viso, che di sua mano Amor nel cor m’ha inciso. LUCANO Cantiam, signor, cantiamo, NERONE e LUCANO di quel viso ridente, che spira glorie, ed influisce amori; <cantiam> di quel viso beato, LUCANO in cui l'idea d'Amor se stessa pose, NERONE e LUCANO e seppe su le nevi

con nova meraviglia, animar, incantar la granatiglia. Cantiam, di quella bocca a cui l’India e l’Arabia le perle consacrò, donò gli odori. LUCANO Bocca che, se ragiona o ride, con invisibil arme punge, e all’alma dona felicità mentre l’uccide. Bocca, che se mi porge lasciveggiando il tenero rubino m’inebria il cor di nettare divino. NERONE Bocca, ahi, destino !

Coronatione di Poppea, libretto di Gian Francesco Busenello, musica di Claudio Monteverdi; prima esecuzione: Venezia, 1643

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Non al so amante più Diana piacquequando, per tal ventura, tutta nudala vidi in mezo delle gelid’acque,ch’a me la pastorella alpestra e crudafissa a bagnare un legiadretto veloche ’l sole a l’aura el vago capel chiuda.Tal che mi fece quando egli arde ’l cielotutto tremar d’un amoroso gelo.

Francesco Petrarca

Page 21: un nuovo scenario del mondo

Zefiro torna, e di soavi accentiL’aer fa grato e il pié discioglie a l’ondee, mormorando tra le verdi fronde,fa danzar al bel suon sul prato i fiori.

Inghirlandato il crin, Fillide e Clorinote temprando lor care e gioconde;e da monti e da valli ime e profonderaddoppian l’armonia gli antri canori.

Sorge più vaga in ciel l’aurora, e ’l solesparge più lucid’or; più puro argentofregia di Teti il bel ceruleo manto.

Sol io, per selve abbandonate e sole,l’ardor di due begli occhi e ’l mio tormento,come vuol mia ventura, or piango or canto.

Ottavio RinucciniZefiro torna.flv

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FINISDEO GRATIAS

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Salmo 122 1 Lætatus sum in his quæ dicta sunt mihi: In domum Domini ibimus. 2 Stantes erant pedes nostri in atriis tuis, Jerusalem. 3 Jerusalem, quæ ædificatur ut civitas, cujus participatio ejus in idipsum. 4 Illuc enim ascenderunt tribus, tribus Domini : testimonium Israël, ad confitendum nomini Domini. 5 Quia illic sederunt sedes in judicio, sedes super domum David. 6 Rogate quæ ad pacem sunt Jerusalem, et abundantia diligentibus te. 7 Fiat pax in virtute tua, et abundantia in turribus tuis. 8 Propter fratres meos et proximos meos, loquebar pacem de te. 9 Propter domum Domini Dei nostri, quæsivi bona tibi.

1 Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore». 2 E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme! 3 Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. 4 Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore. 5 Là sono posti i seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide. 6 Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, 7 sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. 8 Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!». 9 Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.

Agnus in ‘stile antico’

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LAMENTO D’ARI ANNA Lasciatemi morire. Lasciatemi morire! E chi volete voi che mi conforte in cosi dura sorte in cosi gran martire? Lasciatemi morire. O Teseo, o Teseo mio, sì, che ‘mio’ ti vo’ dir, che mio pur sei, benché t’involi, ahi crudo, agli occhi miei. Volgiti Teseo mio, volgiti Teseo, o Dio! Volgiti indietro a rimirar colei che lasciato ha per te la patria e il regno, e in queste arene ancora cibo di fere dispietate e crude lascierà l’ossa ignude.

PI ANTO DELLA MADONNA Iam moriar, mi fili. Iam moriar, mi fili. Quis nam poterit matrem consolari in hoc fero dolore, in hoc tam duro tormento? Iam moriar, mi fili. O mi Jesu, O Jesu, mi sponse, mi dilecte, mea spes, mea vita, me deferis: heu vulnus cordis mei! Respice Jesu mi, respice precor, respice matrem tuam quae gemendo pro te pallida languet atque in morte funesta, in hac tam dura et tam immani cruce tecum petit affigi!

Che possa anch’io morire, o figlio mio! Che possa anch’io morire. Chi potrebbe ormai consolare una madre in un dolore tanto feroce, in un tormento così insopportabile? Che possa anch’io morore, o figlio mio! O mio Gesù, o mio sposo, o mio amato, mia speranza e mia vita, tu mi uccidi: ahi, la ferita del mio cuore! Guarda, o mio Gesù, ti prego, guarda La madre tua che, pallida, innanzi a te languisce nel pianto e, condividendo la tua sorte crudele, desidera d’esser sospesa assieme a te in questa croce così dura, così disumana!

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