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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano Distillazione in corrente di vapore assistita da pretrattamento con ultrasuoni: caso studio su Mentha x piperita fresca e secca Relatore: Dr.ssa Gigliola Borgonovo Correlatore: Dr. Simone Virginio Marai Tesi di Laurea di Stefano Afric Matricola 794303 Anno accademico 2013-2014

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  • UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

    Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari

    Corso di Laurea in

    Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano

    Distillazione in corrente di vapore assistita da pretrattamento con ultrasuoni:

    caso studio su Mentha x piperita fresca e secca

    Relatore: Dr.ssa Gigliola Borgonovo

    Correlatore: Dr. Simone Virginio Marai

    Tesi di Laurea di

    Stefano Afric

    Matricola 794303

    Anno accademico 2013-2014

  • 2

    A mia nonna Valeria,

    per l’insostituibile sostegno e consiglio

    nell’avventura della vita

  • 3

    INDICE

    1. INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 4

    1.1 I METABOLITI SECONDARI DELLE PIANTE OFFICINALI ............................................................................... 4

    1.2 GLI OLI ESSENZIALI ............................................................................................................................................ 5

    1.3 FATTORI CHE INFLUENZANO LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ DI UN OLIO ESSENZIALE .......................... 8

    1.4 GLI ULTRASUONI .............................................................................................................................................. 13

    1.5 IL GENERE MENTHA ......................................................................................................................................... 19

    2. SCOPO DELLA TESI ............................................................................................................. 24

    3. MATERIALI E METODI ....................................................................................................... 25

    3.1 MATERIALI E TECNICHE ANALITICHE .......................................................................................................... 25

    3.2 METODO SPERIMENTALE ................................................................................................................................ 26

    3.3 MATERIALE VEGETALE ................................................................................................................................... 27

    3.4 PREPARAZIONE DEL MATERIALE VEGETALE DA DISTILLARE ................................................................. 28

    3.5 BAGNO A ULTRASUONI .................................................................................................................................... 28

    3.6 DISTILLAZIONE IN CORRENTE DI VAPORE ................................................................................................... 29

    3.7 ANALISI SU OLI ESSENZIALI DI MENTA ........................................................................................................ 29

    3.8 CARATTERIZZAZIONE STRUTTURALE DEL METABOLITA PRESENTE NELL’OLIO ESSENZIALE ......... 31

    3.9 PURIFICAZIONE DEL ROTUDIFOLONE ........................................................................................................... 38

    4. RISULTATI E DISCUSSIONE .............................................................................................. 39

    4.1 RESE E TEMPI DI DISTILLAZIONE ................................................................................................................... 39

    4.2 ANALISI DELLA COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO ESSENZIALE....................................................... 46

    4.3 IL ROTUNDIFOLONE .......................................................................................................................................... 46

    5. CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 49

    6. APPENDICE ............................................................................................................................ 51

    7. BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 65

    8. RIASSUNTO ............................................................................................................................ 73

    9. RINGRAZIAMENTI ............................................................................................................... 75

  • 4

    1. INTRODUZIONE

    1.1 I metaboliti secondari delle piante officinali

    I metaboliti secondari sono composti organici naturali, distintivi per la caratterizzazione fitochimica

    delle piante officinali, sono espressione dell’individualità della specie e costituiscono i cosiddetti

    “principi attivi” [1]. I metaboliti secondari non sono necessariamente prodotti in tutte le condizioni e

    di essi, nella grande maggioranza dei casi, non sono ancora noti né la funzione né i vantaggi che

    apporterebbero all’organismo che li produce. È proprio il metabolismo secondario che fornisce

    sostanze naturali farmacologicamente attive. La suddivisione dei metaboliti in primari (ubiquitari ed

    essenziali per la vita) e secondari (di occorrenza più limitata) è spesso risultata arbitraria.

    L’interesse verso i composti naturali risale al XX secolo e, nel corso degli anni, sono stati isolati ed

    identificati un’ampia gamma di componenti: alcaloidi, terpeni, polieni, fenoli, ecc., per i quali è

    difficile stabilire un ruolo preciso nella vita degli organismi vegetali.

    Sembrerebbe che la funzione dei metaboliti secondari sia di tipo ecologico [2], infatti essi

    intervengono nella difesa della pianta da stress biotici e abiotici, giocano un ruolo fondamentale

    nella difesa e nell’interazione tra la pianta e il proprio ambiente, gli erbivori, i patogeni [3],

    attraggono gli impollinatori [4] e gli animali in grado di disperdere i frutti e sono responsabili dei

    fenomeni di allelopatia [5]. Non hanno un’implicazione diretta sulla crescita e lo sviluppo delle

    piante e spesso sono sintetizzati a partire dai metaboliti primari. Frequentemente hanno differenti

    siti di accumulo e produzione e possono essere immagazzinati nei vacuoli in forma glucosidica o in

    speciali strutture secretorie, quali tricomi, dotti e lattiferi [3].

    Numerosi studi hanno evidenziato un importante ruolo dei metaboliti secondari nell’attività

    antiossidante, prevenendo danni irreversibili ai tessuti vegetali causati da condizioni di stress

    generati da luce, gelo, siccità, disponibilità di nutrienti, patogeni, ecc. [6]. Tali sostanze esercitano il

    loro ruolo benefico anche negli animali che le assumono [7]. Sull’uomo è stato dimostrato che

    l’assunzione di cibi ricchi di antiossidanti aiuta a prevenire le malattie degenerative, il cancro [8] e

    le malattie cardiovascolari [9]. Ad oggi, dei circa 50 000 metaboliti secondari individuati, 6 400

    sono flavonoidi [10], la più vasta classe di composti fenolici vegetali, molti dei quali hanno attività

    antiossidante [7]. Alcuni monoterpeni hanno trovato un largo impiego per le numerose attività

    farmacologiche e biologiche.

    Gli oli essenziali sono una forma particolare di metaboliti secondari.

  • 5

    1.2 Gli oli essenziali

    Gli oli essenziali sono miscele di molecole organiche volatili (monoterpeni, sesquiterpeni o fenoli),

    solubili nei solventi organici poco polari ed insolubili in acqua, liquidi a temperatura ambiente,

    aventi aroma intenso caratteristico della pianta da cui derivano. Le Apiaceae, Asteraceae,

    Lamiaceae, Lauraceae, Rutaceae, Liliaceae, Magnoliaceae, Cupressaceae, Pinaceae,

    Hypericaceae, Fabaceae, Malvaceae, Myrtaceae, e Oleaceae sono le famiglie botaniche più ricche

    di oli essenziali. Nella Tabella 1 sono riportate le principali famiglie e specie di piante importanti

    per la produzione di oli essenziali.

    Le principali famiglie in termini di valore economico

    Lamiaceae Myrtaceae

    Rutaceae Lauraceae

    Apiaceae Abietaceae

    Le principali famiglie in termini di volume di produzione Lamiaceae Oleaceae

    Rutaceae Rosaceae

    Poaceae Santalaceae

    Lauraceae Abietaceae

    Myrtaceae

    Le specie principali in termini di valore economico

    Mentha x piperita Santalum albumMentha viridis Cymbopogob citratus

    Rosa spp. Vetiveria zizanoidesMentha spicata Pogostemon cablin

    Citrus limon Lavandula x intermedia

    Citrus aurantium var. amara Cedrus atlanticaLitsea cubeba Citrus limonium

    Eucalyptus globulus Citrus aurantium var. bergamiaJasminum spp. Pelargonium spp.

    Le specie principali in termini di volume di produzione Cedrus atlantica Mentha spicata

    Citrus aurantium var. bergamia Mentha x piperitaCitrus limon Pogostemon cablin

    Citrus limonium Rosa damascena

    Cymbopogob citratus Santalum album

    Eucaliptus Sassfras albidum

    Jasminum Syzygyum aromaticum

    Lavandula vera Thuja occidentalis

    Litsea cubeba Vetiveria zizanoide

    Mentha arvensis

    Tabella 1 principali famiglie e specie di piante importanti per la produzione di oli essenziali [11]

    Le essenze, nome utilizzato per gli oli essenziali quando ancora contenuti nella pianta, sono

    generate ed immagazzinate in vari organi delle piante: nei fiori come nella rosa, nelle foglie come

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    nella menta piperita, nei frutti come nel limone, nei semi come nel finocchio, nelle radici e nei

    rizomi come nello zenzero, nel legno come nel cedro, nella corteccia come nella cannella, nei bulbi

    come negl’agli, e così via. In questo studio, il termine essenza viene considerato sinonimo di olio

    essenziale.

    Le cellule che sintetizzano e accumulano gli oli essenziali sono specializzate e differenti da famiglia

    a famiglia. Nelle Lamiaceae (menta, timo, rosmarino, salvia e origano) sono presenti ghiandole

    epidermiche che producono e raccolgono le essenze. Nelle Myrtaceae (eucalipto, mirto e tea tree) si

    trovano cellule all’interno della foglia che generano le essenze, le quali sono poi immagazzinate in

    una sacca centrale che cresce di dimensioni all’aumentare del volume della essenza. Alcune piante

    hanno dotti oleosi e resinosi costituiti da spazi cavi nel tessuto che possono raccogliere essenze o

    resine. Con il riempirsi di tali dotti, le cellule confinanti regrediscono e il dotto si allarga. Questa

    struttura si trova nelle Apiaceae (sedano, cumino, finocchio) e in alberi come il pino. I frutti citrici

    hanno riserve d’essenze che si formano quando le pareti delle cellule che sintetizzano gli oli si

    dissolvono. Le piante del genere Citrus, nelle Rutaceae, producono le essenze anche in altre parti

    della pianta; l’arancio amaro, per esempio, produce essenze nelle foglie, nei fiori e nella scorza [11].

    Gli oli essenziali possono essere miscele semplici o “monomolecolari” come nel caso di Aniba

    roseodora D., Mentha pulegium L., Gaultheria procumbens L. oppure più frequentemente miscele

    complesse o “polimolecolari” che contengono sino a centinaia di molecole. Rientrano in questa

    seconda categoria, per esempio, Origanum majorana L., Lavandula angustifolia Mill., Melaleuca

    quinquenervia S.T.Blake, tutte con più di 110 molecole.

    Sono state ipotizzate diverse teorie sulla funzione degli oli essenziali all’interno della pianta.

    Una prima ipotesi considera gli oli essenziali come un prodotto di scarto nei processi vitali senza

    alcun ruolo funzionale [3]. L’idea che gli oli essenziali siano solamente degli scarti metabolici non

    può più essere sostenuta seriamente in quanto essi sono sintetizzati e raccolti nel periodo giovanile

    della pianta, mentre questo processo rallenta e si ferma nelle piante mature, e questa modalità è

    difficile da giustificare se i terpeni sono considerati scarti; inoltre gli oli essenziali sono prodotti da

    molte specie vegetali appartenenti a taxa anche lontani tassonomicamente, e a un consumo elevato

    in termini di DNA, enzimi, fotosintesi ed energia. Tale dispendio energetico non sarebbe

    giustificato se non conferisse un vantaggio selettivo [11].

    Un’altra ipotesi suppone che le essenze rivestano una funzione di riserva alimentare. I risultati degli

    studi sul tema sono però ambigui; infatti i terpeni non vengono trasferititi dalla foglia al corpo della

    pianta prima dell’abscissione fogliare, come accade per le altre sostanze di riserva; inoltre, gli oli

    essenziali sono immagazzinati in comparti isolati dai normali processi fisiologici e ciò sembra

    confermare l’ipotesi che essi non svolgano alcun ruolo nella fisiologia della pianta [11].

  • 7

    D’altro canto nelle piante poste al buio gli oli essenziali spariscono, forse utilizzati come riserva

    dalla pianta in mancanza di energia luminosa [3]. Oggi la maggior parte dei ricercatori sostiene che

    gli oli essenziali siano coinvolti in numerose funzioni come l’attrazione degli insetti impollinatori,

    l’allelopatia, la difesa dagli erbivori e la protezione dall’attacco di patogeni [1].

    Gli oli essenziali hanno numerosi impieghi: sono utilizzati nel campo dei profumi, in aromaterapia,

    come modificatori di sapore e odore in campo alimentare e nelle preparazioni farmaceutiche, come

    antifeedant ossia repellenti e come insetticidi e, dato che molti oli hanno attività antibatterica e

    antifungina, spesso sono impiegati come agenti antimicrobici e/o antifungini.

    Non esiste una definizione univoca di olio essenziale e ciò risulta problematico per il consumatore

    perché non permette una facile distinzione tra materiali prodotti ai fini di un utilizzo alimentare o

    terapeutico e materiali prodotti ai fini di un utilizzo cosmetico o per altri usi.

    Una prima definizione ufficiale si ritrova negli standard ISO secondo i quali l’olio essenziale è “Un

    prodotto ottenuto a partire da una materia prima vegetale, sia per distillazione con vapore, con

    processi meccanici, a partire dall’epicarpo dei Citrus, sia per distillazione a secco. L’olio essenziale

    viene poi separato dalla fase acquosa per mezzo di processi fisici”.

    Molti autori sono però in disaccordo con l’inclusione della distillazione a secco nelle tecniche

    estrattive in quanto essa genera fenoli, benzo-pireni e catrami, derivanti dalla distruzione termica

    dei tessuti vegetali.

    Una definizione più generica è stata coniata dal congresso di Ginevra per la soppressione delle

    frodi: “Gli oli essenziali sono il prodotto esclusivo dell’estrazione dei principi aromatici contenuti

    nelle sostanze di origine vegetale delle quali portano il nome”. Questa definizione, però, non

    specifica i metodi con cui è lecito ottenere gli oli essenziali.

    Nel campo dell’aromaterapia i vincoli sono maggiori. Secondo l’Aromatherapy Trade Council

    (1996): “Un olio essenziale è un composto aromatico e volatile usualmente estratto per distillazione

    o spremitura di una specie botanica singola. Una volta che il processo principale di distillazione o

    spremitura sia stato completato, niente dovrebbe essere aggiunto”.

    Alla luce di queste definizioni in questo lavoro è considerato olio essenziale “Il prodotto volatile

    della distillazione in corrente di vapore o dell’idrodistillazione di materiale vegetale aromatico. La

    condensazione dei vapori porta alla raccolta di un’acqua aromatica e di un olio essenziale che

    vengono separati con diverse tecniche (estrazione con solventi, per gravità, ecc.)”.

  • 8

    1.3 Fattori che influenzano la quantità e la qualità di un olio essenziale

    Le piante aromatiche sono caratterizzate da un’altissima variabilità in morfologia, fisiologia e

    chimica degli oli essenziali prodotti. Inoltre, vi è una bassa correlazione tra morfologia e profilo

    fitochimico.

    Il contenuto di olio essenziale nel materiale vegetale aromatico è di solito intorno all’1-2%, anche

    se in casi come la rosa il contenuto si aggira attorno allo 0,015% [11].

    La quantità e la qualità dell’olio essenziale ricavabile da una pianta può variare secondo molti

    fattori.

    I costituenti chimici di un olio essenziale possono subire profonde modificazioni quanti-qualitative

    in relazione a una serie di variabili connesse alla pianta, all’ambiente circostante o ad interventi

    esterni.

    I principali fattori che possono influenzare la quantità e la qualità di un olio essenziale sono la

    specie botanica, il chemotipo, il periodo di raccolta, i fattori ambientali, la coltivazione, la

    conservazione e le tecniche estrattive.

    La specie botanica

    La caratterizzazione fitochimica è correlata alla specie botanica utilizzata. A questo proposito è

    opportuno sottolineare che non è sufficiente conoscere il nome comune della pianta da distillare, ma

    è necessario specificare il nome botanico; infatti il nome volgare generalmente raggruppa più specie

    vegetali che presentano una qualche affinità, talora anche lontane tassonomicamente. Ad esempio il

    termine generico di origano raggruppa in realtà piante botanicamente diverse come origano

    messicano (Lippia graveolens H.B.K.), origano turco (Origanum onites L.), origano greco (Thymus

    capitatus L.) e origano spagnolo (Origanum vulgare L.). Talvolta, inoltre, è necessario specificare

    anche la sottospecie.

    Chemotipo

    La diversità fenotipica è riscontrabile sia in specie botaniche correlate tassonomicamente che in

    piante appartenenti alla stessa specie. Tale variazione si riscontra anche nei caratteri chimici ed è

    ampiamente dimostrato dalla variabilità intraspecifica degli oli essenziali. Significative variazioni

    nella produzione e nella composizione dell’olio essenziale si riscontrano non solo nei taxa a elevata

    variabilità morfologica come Thymus spp., ma anche in specie abbastanza stabili come Matricaria

    recutita L. In generale non vi è correlazione tra caratteri morfologici e chimici.

    La estesa distribuzione geografica delle specie aromatiche implica un loro adattamento alle varie

    condizioni ambientali con cambiamenti permanenti del genotipo [11].

  • 9

    Tale cambiamento si ripercuote anche in una variazione stabile dei rapporti tra i metaboliti

    secondari all’interno della stessa specie. Pertanto vi possono essere differenti chemotipi all’interno

    di una specie botanica. Il termine chemotipo si riferisce a specie fenotipicamente simili che però

    differiscono nella composizione chimica. Il variare delle condizioni ambientali può modificare le

    proporzioni dei vari componenti ma sempre all’interno di intervalli che permettano di distinguere

    una specie dalle altre.

    Inoltre, esistono naturali fluttuazioni anche all’interno del chemotipo.

    Alcune piante aromatiche presentano un gran numero di chemotipi. Tipici esempi sono Thymus

    vulgaris L. (otto chemotipi), Pimenta racemosa L. (tre chemotipi) e Rosmarinus officinalis L. (tre

    chemotipi).

    La parte della pianta utilizzata per l’estrazione dell’olio essenziale viene chiamata droga vegetale.

    Periodo di raccolta

    Esiste una variabilità quanti-qualitativa dell’olio essenziale in relazione al momento di raccolta

    della pianta. Il periodo migliore per la raccolta varia da specie a specie ed è indicato con il termine

    di “tempo balsamico” ovvero quel momento dello sviluppo vegetativo in cui si ottiene la maggiore

    resa in olio essenziale. Oggi, tuttavia, questo termine è considerato relativo perché pur essendo la

    concentrazione dell’essenza maggiore al tempo balsamico, è risaputo che molto diversa è la

    composizione dell’olio che è possibile estrarre dalla pianta in funzione del momento di raccolta. La

    composizione di un estratto, quindi, può variare non solo nel quantitativo totale dei principi attivi

    ma anche nel rapporto tra i vari costituenti chimici. Raccogliere e distillare una pianta in un mese

    dell’anno piuttosto che in un altro, significa ottenere oli essenziali completamente diversi.

    La resa e la composizione in olio essenziale dipendono dallo stadio fenologico e non esistono regole

    fisse, ma variano da specie a specie e talvolta anche all’interno della stessa specie.

    Fattori ambientali

    I principali fattori ambientali che possono modificare la composizione chimica di una pianta e dei

    relativi estratti sono la radiazione luminosa e la temperatura.

    Per quanto riguarda la radiazione luminosa, uno studio condotto da Croteau e collaboratori [11]

    sostiene che un aumento della stessa determina una maggiore produzione di terpeni influendo sulla

    loro produzione e degradazione [12]. In piante che crescono in alta montagna, dove le funzioni

    clorofilliane sono più attive per effetto della maggiore radiazione luminosa, si nota che gli oli

    essenziali sono più ricchi in esteri di quelle che si trovano ad altitudini minori; ciò è importante

    perché il pregio di un’essenza è dato proprio da un’elevata presenza di composti ossigenati [12]. In

    Matricaria recutita è stato osservato come al diminuire dell’intensità luminosa diminuisca la

  • 10

    produzione in olio essenziale [13].

    Per quanto riguarda la temperatura, alcuni ricercatori riportano che in Matricaria recutita, grandi

    variazioni di temperatura non comportano variazioni significative, quantitative o qualitative, del

    contenuto di olio essenziale [11]. In Mentha x piperita L. è stato osservato che l’innalzamento della

    temperatura media diurna determina un aumento della produzione di olio essenziale con una

    diminuzione percentuale di mentolo [11]. È probabile che l’abbassamento della temperatura

    favorisca la sintesi di composti ridotti a causa di una diminuzione della respirazione e del

    conseguente aumento dei prodotti di fotosintesi.

    Pratiche agronomiche

    Le pratiche agronomiche influenzano la disponibilità di elementi nutritivi e di acqua nel suolo. In

    relazione alle diverse pratiche agronomiche esiste una notevole variabilità nella risposta delle

    specie.

    La letteratura riporta che per Matricaria recutita una fertilizzazione con azoto e fosforo diminuisce

    la percentuale di proazulene ma aumenta la resa in olio essenziale. Altri autori riportano che per

    Valeriana spp. e Matricaria recutita un aumento dell’alcalinità del terreno porta ad una maggiore

    produzione di olio essenziale [11].

    La relazione tra irrigazione e produzione di olio essenziale è dipendente dall’adattamento della

    pianta al proprio ambiente. Nel caso di Mentha x piperita, l’irrigazione aumenta la percentuale di

    olio essenziale, mentre in Matricaria recutita, non si osservano differenze.

    Conservazione

    La conservazione ha lo scopo di evitare alterazioni della droga che determinino perdita del

    contenuto di principi attivi e delle caratteristiche organolettiche come ossidazione di legami

    insaturi, polimerizzazione, idrolisi enzimatica e/o chimica e attacchi da microrganismi.

    Esistono diversi tipi di conservazione, il metodo più diffuso è l’essicazione. Essa consiste in un

    trattamento per eliminare gran parte del contenuto acquoso delle piante, in modo da bloccarne la

    composizione chimica e le proprietà connesse.

    Attraverso l’essiccazione della droga si evitano le fermentazioni, gli ammuffimenti, le variazioni di

    colore ed organolettiche (odore e sapore).

    L’essiccazione può essere effettuata sfruttando la temperatura ambientale, oppure compiuta a

    temperatura artificiale. Si distingue pertanto:

    Essiccazione a calore naturale sia al sole che all’ombra;

    Essiccazione a calore artificiale in essiccatoio o in stufe a 55-60°C.

  • 11

    Un altro metodo di conservazione è la liofilizzazione. Con questa tecnica la droga viene congelata e

    successivamente posta sottovuoto a basse temperature (-40, -60°C), provocando la sublimazione

    dell’acqua contenuta nelle cellule.

    Nonostante i metodi di conservazione la droga nel tempo va incontro a degradazione e pertanto

    solitamente è necessario utilizzarla entro un anno dalla raccolta.

    Tecniche estrattive

    La quantità e la qualità dell’olio essenziale variano anche in base al metodo che viene utilizzato per

    estrarre le essenze; ogni tecnica estrae una gamma di sostanze leggermente differente e ciò

    condiziona la quantità e la qualità dell’estratto ottenuto.

    La scelta della tecnica di estrazione dell’olio essenziale varia in funzione della natura, delle

    proprietà e del tessuto della droga utilizzata. Le più comuni sono sei:

    1. Spremitura;

    2. Enfleurage;

    3. Estrazione mediante solventi;

    4. Idrodistillazione e distillazione in corrente di vapore;

    5. Estrazione con fluidi supercritici.

    1. Spremitura

    La spremitura è impiegata in caso di droga fresca e, in particolare, per le scorze degli agrumi. La

    droga viene sottoposta ad elevata pressione mediante un torchio, determinando la fuoriuscita

    dell’olio. Oltre all’olio fuoriesce l’acqua e sostane non volatili, inodori, insapori e colorate come la

    clorofilla.

    2. Enfleurage o estrazione mediante grassi

    L’enfleurage è una tecnica utilizzata per estrarre gli oli essenziali da materiale vegetale delicato

    come i petali dei fiori. Consiste nel depositare un sottile strato di grasso animale (sego o sugna) su

    una lastra e porre sopra di esso i petali. Questi ultimi cederanno l’olio essenziale al grasso che può

    essere via via arricchito ripetendo l’operazione con fiori freschi. Si forma così la pommade (grasso

    saturo dell’essenza). Al termine l’olio essenziale estratto dal grasso viene recuperato attraverso

    l’estrazione con opportuni solventi, in genere alcool a temperatura ambiente.

    3. Estrazione mediante solventi

    L’estrazione mediante solventi avviene per gli oli essenziali facilmente alterabili al calore. Impiega

  • 12

    solventi bassobollenti alla temperatura più bassa possibile. L’estratto viene filtrato e la stessa

    operazione ripetuta più volte. Al termine il solvente viene eliminato per evaporazione a pressione

    ridotta.

    4. Idrodistillazione e distillazione in corrente di vapore

    L’idrodistillazione è anche nota come distillazione in acqua o distillazione in corrente di vapore

    generato in situ. In essa, la droga viene ricoperta di acqua e riscaldata (distillatore di Clevenger).

    La distillazione in corrente di vapore è la modalità più diffusa per ottenere gli oli essenziali. In essa

    il vapore generato con una caldaia esterna invade il materiale vegetale ed estrae l’olio essenziale

    dalla droga.

    Il tempo di distillazione può avere conseguenze importanti sul prodotto finale. Nella maggior parte

    dei casi le componenti più pesanti dell’olio essenziale si estraggono nelle ultime fasi di

    distillazione; di conseguenza, partendo dalla stessa materia prima, a tempi di distillazione differenti

    si otterranno oli essenziali diversi sia chimicamente che dal punto di vista organolettico [11].

    5. Estrazione con fluidi supercritici

    L’estrazione avviene con l’impiego di CO2 supercritica in condizioni di pressione moderata (75-150

    bar); in questo modo lo stress termico è ridotto e si ottiene un olio ricco di componenti. La resa

    dell’estrazione in flusso di CO2 varia con le temperature e pressioni utilizzate [11].

    Da quanto sopraddetto si conclude che i fattori che influenzano la quantità e la qualità di un olio

    essenziale sono molteplici e pertanto è necessario standardizzare il più possibile i processi per poter

    ottenere oli essenziali simili.

  • 13

    1.4 Gli ultrasuoni

    Introduzione

    Le vibrazioni dell’aria che possono essere percepite dall’orecchio umano sono chiamate suoni. Ogni

    suono è caratterizzato da un’intensità e da una frequenza. Nella realtà i suoni che percepiamo sono

    l’insieme di più frequenze prodotte contemporaneamente, ognuna con una propria intensità

    caratteristica. Pertanto ciò che distingue un suono dagli altri è la distribuzione temporale delle varie

    frequenze e delle rispettive intensità.

    Studi fonometrici hanno dimostrato che mediamente l’uomo è in grado di udire suoni la cui

    frequenza è compresa tra i 20 e i 20 000 Hz. Tale gamma di frequenze è chiamata campo di

    udibilità dello spettro sonoro.

    Sotto e sopra l’intervallo di udibilità esistono altre vibrazioni che, seppur non percepite dall’uomo,

    giocano un ruolo importante in numerosi fenomeni fisici. Tra questi menzioniamo gli ultrasuoni.

    Gli ultrasuoni sono perturbazioni di tipo ondulatorio la cui frequenza è superiore al limite massimo

    di udibilità dell’essere umano (20 kHz).

    All’interno dell’intervallo ultrasonoro è possibile compiere una ulteriore sommaria suddivisione

    degli ultrasuoni in base alla frequenza a cui sono generati [14]:

    - ultrasuoni a bassa frequenza: da 20 a 100 kHz

    - ultrasuoni a media frequenza: da 100 kHz a 1 MHz

    - ultrasuoni ad alta frequenza: da 1 a 10 MHz

    Gli ultrasuoni possono essere descritti come

    fenomeni di compressione e rarefazione della

    materia (grafico A in Figura 1) ovvero,

    rappresentati su un piano cartesiano, con una linea

    sinusoidale in cui i picchi positivi coincidono con

    la massima compressione e quelli negativi con la

    massima rarefazione (grafico B in Figura 1).

    Come ogni altro fenomeno ondulatorio, sono soggetti a riflessione, rifrazione e diffrazione e

    possono essere definiti mediante parametri quali la frequenza (in Hertz, ovvero il numero di cicli al

    secondo), la lunghezza d'onda (in metri, ovvero la distanza tra i due picchi di compressione o

    rarefazione, ), la velocità di propagazione (in metri al secondo, ottenuta dal prodotto tra frequenza

    e lunghezza d’onda), l'intensità o ampiezza delle onde (in watt/cm2 o in Pascal o in deciBel, I), il

    periodo (in secondi, ovvero il tempo che intercorre tra il passaggio di due fronti d’onda nello stesso

    punto).

    Gli ultrasuoni godono di importanti proprietà fisiche. Data la loro corta lunghezza d’onda, sotto

    Figura 1 rappresentazione grafica delle onde sonore

  • 14

    certe condizioni limitative, si propagano in modo rettilineo, le intensità ottenibili sono molto elevate

    e possono essere assorbiti nei vari mezzi.

    In natura molti animali utilizzano gli ultrasuoni per vari scopi. I pipistrelli ad esempio, pur essendo

    privi di vista, riescono ad orientarsi grazie ad essi; diversi animali marini comunicano tra loro con le

    onde ultrasonore. Anche l’uomo, da circa un secolo, ha scoperto l’esistenza degli ultrasuoni ed ha

    saputo realizzare dispositivi che li sfruttano in molte applicazioni.

    I più importanti utilizzi si hanno in campo medico, dove viene sfruttata la capacità di penetrazione

    nei tessuti, dando la possibilità di utilizzare tecniche diagnostiche come l’ecografia e l’ecodoppler.

    Gli stessi principi sono usati per l’analisi dei materiali e per la ricerca delle difettosità dei prodotti

    dell’industria meccanica. Inoltre, esistono numerose applicazioni in ambito marino, di cui le più

    importanti sono il SONAR (SOund Navigation And Ranging), che montato sulle navi, consente

    l’individuazione di ostacoli naturali o artificiali e l’ecoscandaglio, che permette la misurazione della

    profondità del mare.

    Le onde ultrasonore sono altresì sfruttate per miscelare rapidamente liquidi diversi, sciogliere

    sostanze poco solubili nei liquidi, realizzare sensori di parcheggio e misuratori della distanza.

    Il primo studio effettuato sugli ultrasuoni risale al 1927 ed è intitolato “Gli effetti chimici delle onde

    sonore ad alta frequenza”. Tale lavoro scientifico presentava l’applicazione degli ultrasuoni per

    l’emulsione e la pulizia di superfici [15]. Nel 1959, le onde ultrasonore trovarono applicazione per

    la disgregazione delle cellule grazie alla progettazione dei primi processori ultrasonici del tipo a

    sonda, che attualmente vengono utilizzati per numerosi fini: catalisi, omogeneizzazione,

    sospensione, disaggregazione, scissione, dispersione, solubilizzazione, polimerizzazione e

    degassamento [16]. Dagli anni sessanta l’uso degli ultrasuoni nei processi industriali iniziò a trovare

    riscontro positivo e l’interesse per questa tecnologia è aumentato fino ai numerosi impieghi attuali

    [17] [18] [19].

    Generazione degli ultrasuoni

    La tecnica comunemente adottata per generare ultrasuoni, è quella di trasformare delle oscillazioni

    elettriche in oscillazioni meccaniche per mezzo di un opportuno trasduttore, ossia di un dispositivo

    atto a convertire energia in forme diverse [20].

    Le vibrazioni sono poi trasmesse al mezzo a cui è accoppiato il trasduttore, propagandosi sotto

    forma di onde [16] [20].

    Esistono diversi tipi di trasduttori per la generazione di ultrasuoni di cui i principali sono sotto

    elencati.

    Trasduttori meccanici, nei quali l'ultrasuono è generato dall'uscita di un getto di aria da orifizi, che

    vengono periodicamente interrotti mediante la rotazione di un disco forato. Questi trasduttori

  • 15

    possono fornire potenze acustiche fino a 30 kW per frequenze comprese fra 20 e 100 kHz [20].

    Trasduttori piezoelettrici, nei quali il cristallo o la ceramica vengono eccitati da un campo elettrico

    alternato a entrare in vibrazione alla frequenza di risonanza meccanica. Se lungo l’asse di un

    cristallo piezoelettrico si applica un campo elettrico alternato, il cristallo si espande e si contrae

    lungo l’asse. Quando la frequenza del campo elettrico applicato si avvicina alla frequenza naturale

    di un generico modo di vibrazione longitudinale del cristallo, l’ampiezza della risultante vibrazione

    meccanica diventa significativa. Questi tipi di trasduttori sono usati per produrre ultrasuoni con

    limite superiore di frequenza fino a 200 kHz [20].

    Trasduttori elettrostrittivi, anch'essi usati in risonanza, sfruttano l'elettrostrizione (fenomeno in cui

    il cristallo, sottoposto a un campo elettrico, quindi sede di una polarizzazione dielettrica P, si

    deforma proporzionalmente a P) di materiali come il titanato di Bario, aventi come caratteristiche

    positive un'elevata sensibilità e la possibilità di assumere le forme più varie, oltre a esser atti a

    concentrare elevata potenza in spazi ristretti.

    Trasduttori magnetostrittivi, usati in risonanza, sfruttano la magnetostrizione ossia la deformazione

    che subisce un corpo solido cristallino per effetto della magnetizzazione. I trasduttori a

    magnetostrizione sono generalmente fatti di leghe di ferro, nichel e cobalto. Sono meccanicamente

    resistenti e capaci di produrre grandi potenze acustiche con un rendimento di circa il 60%. Il loro

    principale difetto è il basso limite superiore di frequenza, limitato a 100 kHz [20] [21].

    La tipologia di trasduttore più utilizzata nella costruzione dei bagni a ultrasuoni impiegati nel nostro

    lavoro è quella piezoelettrica.

    Con il termine piezoelettricità si intende il fenomeno manifestato da alcune classi di materiali

    cristallini, chiamati genericamente cristalli piezoelettrici, i quali si polarizzano elettricamente per

    effetto di deformazioni meccaniche di tipo elastico, mentre, viceversa, gli stessi si deformano

    elasticamente se sono sottoposti a un campo elettrico.

    Nel primo caso, quando cioè si produce una tensione proporzionale alla pressione (o trazione)

    applicata, si parla di effetto piezoelettrico diretto, nel secondo caso, quando si genera un

    cambiamento nella struttura cristallina a causa del campo elettrico applicato, si parla di effetto

    piezoelettrico inverso o effetto Lippmann.

    I materiali comunemente utilizzati per la costruzione di trasduttori piezoelettrici sono il titanato di

    Bario, solfonato di Litio, metagnobato di Bario, zirconato di Bario e zirconato di Piombo. I primi

    due citati sono i più abitualmente utilizzati.

    Gli ultrasuoni sono quindi generati ponendo un piezoelettrico fra due superfici metalliche collegate

    con un generatore di corrente alternata di opportuna frequenza, il cristallo entra in vibrazione

    irradiando nel mezzo circostante onde elastiche di frequenza uguale a quella della corrente.

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  • 17

    più possibile le caratteristiche naturali. Un altro aspetto molto importante che deve essere tenuto in

    considerazione è la riduzione del fabbisogno energetico dei processi, in modo da ridurre sia i costi

    economici che ambientali.

    Nel settore alimentare la tecnologia degli ultrasuoni trova molteplici applicazioni, di seguito sono

    elencate le principali.

    Estrazione: molta attenzione è stata attribuita all’applicazione degli ultrasuoni per l’estrazione di

    composti naturali. L’utilizzo di tecniche convenzionali richiede tempi lunghi per completare il

    processo, mentre l’utilizzo della tecnica a ultrasuoni li riduce drasticamente. D’altro lato gli

    ultrasuoni possono essere utilizzati come tecnica di diagnosi per controllare i processi alimentari

    e vengono sfruttati per il loro miglioramento, influenzando la cinetica, il rendimento e la qualità

    del prodotto finito. Diverse classi di composti come aromi, polifenoli, sostanze organiche e

    minerali vengono estratte in modo efficiente da numerose matrici. L’estrazione avviene grazie

    al fenomeno della cavitazione sopra descritto [24].

    Antibatterico e sanitizzante: sfrutta le alte temperature ed il fenomeno della cavitazione per

    distruggere la membrana cellulare dei microrganismi. Una maggiore efficacia risulta a

    temperature maggiori di 50°C [25] [26]. I risultati mostrano effetti positivi dal punto di vista

    delle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto trattato (come colore, sapore, ecc.), rispetto a

    quelli che si ottengono con tecniche convenzionali, come ad esempio la pastorizzazione che

    sfrutta temperature più elevate. Un’altra applicazione degli ultrasuoni relativa alla

    sanitizzazione si riscontra nel trattamento delle barrique infestate da lieviti appartenenti alla

    specie Brettanomyces. L’efficacia sanitizzante degli ultrasuoni è risultata superiore rispetto alle

    tecniche di pulizia convenzionali. Questa applicazione comporta inoltre la riduzione dei costi

    del trattamento, l’allungamento della vita della barrique, la diminuzione dell’impiego di

    composti chimici e l’eliminazione degli antociani assorbiti dal legno, che potrebbero essere

    utilizzati dai Brettanomyces come fonte di carbonio.

    Emulsione: se una bolla di cavitazione implode lungo la superficie di contatto fra due liquidi

    immiscibili, è in grado di formare una miscelazione stabile tra i due liquidi [27]. L’emulsione

    generata dagli ultrasuoni è stata sfruttata soprattutto nel settore petrolchimico, chimico,

    cosmetico e farmaceutico, ma anche in quello alimentare nella tecnologia dei succhi di frutta,

    della maionese e del ketchup [28].

    Cristallizzazione: uno dei problemi della conservazione degli alimenti è la formazione lenta dei

    cristalli di ghiaccio. Questo fenomeno si manifesta con cristalli grossolani che possono causare

    la rottura delle cellule e il conseguente ammorbidimento dei tessuti (ad es. carne, vegetali, ecc.).

    Gli ultrasuoni ad alta potenza influenzano il processo di cristallizzazione, attraverso l’avvio

  • 18

    della nucleazione, lo sviluppo e la formazione di piccoli cristalli [29] [30]. Il congelamento

    assistito con ultrasuoni permette pertanto di ridurre i tempi di formazione dei cristalli e di

    ottenere cristalli omogenei di piccole dimensioni, preservando l’integrità del prodotto [31].

    Filtrazione: i moti vibrazionali generati dagli ultrasuoni permettono di lasciare libere le superfici

    dei filtri, consentendo il passaggio del liquido [32].

    Separazione: se gli ultrasuoni vengono usati a bassa frequenza (30 kHz) possono separare i

    componenti di un’emulsione acquosa (ad es. acqua ed olio). A frequenze maggiori i componenti

    si miscelano [33].

    Viscosità: gli ultrasuoni sono applicati sia per aumentare che per diminuire la viscosità di un

    fluido ed, in base all’intensità, l’effetto può risultare permanente o temporaneo.

    Antischiuma: applicata soprattutto su bevande gassate, permette di evitare l’insorgere di

    caratteri negativi, che influenzano la qualità del prodotto, limita le perdite e riduce i costi di

    gestione per vasche supplementari [34] [35].

  • 1.5 Il gen

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  • 20

    Le specie appartenenti al genere Mentha presentano fusto tetragono, foglie semplici e opposte,

    sessili o picciolate e di forma molto variabile; i fiori si formano alla ascella delle foglie o in spighe

    alla sommità dei fusti; il calice è campanulato. Tutte le specie di questo genere hanno corolla con

    quattro lobi poco diseguali tra loro e di aspetto scarsamente bilabiato, colore dal rosa al purpureo e

    talora bianco, odore aromatico penetrante, con leggere sfumature, che possono venire agevolmente

    percepite anche tra l’una e l’altra popolazione [36] [37].

    Le piante di questo genere si propagano e diffondono con estrema facilità perché abbondantemente

    stolonifere e la divisione del cespo rappresenta un facile mezzo di moltiplicazione. Per la

    coltivazione sono richiesti terreni sciolti, fertili, profondi e freschi. Anche allo stato spontaneo si

    trova più facilmente in queste condizioni pedologiche [36].

    La specie di maggiore interesse industriale è Mentha x piperita.

    Specie di minore importanza sono Mentha pulegium, una piccola pianta che raramente arriva a

    cinquanta centimetri di altezza, con fiori riuniti in verticillastri di color rosa o viola, talora bianco e

    che viene impiegata come pianta aromatizzante in cucina; Mentha spicata che viene usata come

    aromatizzante per il suo profumo intenso; Mentha requienii Benth. di interesse ornamentale in

    quanto molto bassa, stolonifera, con fusti filiformi, piccole foglie e fiori purpurei che formano

    graziosi tappeti.

    Mentha x piperita

    Mentha x piperita rappresenta un complesso di

    piante ottenute per ibridazione tra Mentha

    aquatica e Mentha spicata ed esistenti solo allo

    stato coltivato. Di questa specie esistono tre

    subibridi che sono piperita L., citrata Ehrh e

    nepetoides Lej. [37].

    La pianta di Mentha x piperita (Figura 5) presenta

    robusti stoloni da cui si ergono fusti quadrangolari,

    spesso rosa-violacei, che portano foglie semplici,

    opposte, brevemente picciolate, ovate-oblunghe,

    acute all’apice, arrotondate alla base,

    irregolarmente seghettate al margine, glabre,

    munite nella pagina inferiore di peli corti e rigidi e

    di tipici peli ghiandolari di tipo peltato e capitato.

    Le infiorescenze, a spicastro, hanno fiori debolmente bilabiati, con corolla rosa-violacea.

    Mentha x piperita necessita di clima temperato con acqua e sole sufficienti.

    Figura 5 pianta di Mentha x piperita

  • 21

    La raccolta è meccanizzata e viene effettuata all’inizio della fioritura. Sono presenti coltivazioni di

    menta in varie regioni europee, in Italia soprattutto in Piemonte. Il maggiore produttore mondiale

    sono gli Stati Uniti [38].

    L’olio essenziale di menta piperita è ottenuto distillando in corrente di vapore o in acqua le foglie.

    L’essenza di Mentha x piperita è contenuta in misura preponderante nelle foglie e in quantità minori

    nelle sommità fiorite e negli steli [39]. A conferma di quanto detto, la letteratura indica che in

    Mentha aquatica, una delle specie dell’ibrido Mentha x piperita, l’organo con il maggior contenuto

    di essenza è la foglia (0,13%) data la maggiore densità di ghiandole dell’olio essenziale, seguita

    dalle parti aeree (0,07%) e dagli steli (0,01%) [40].

    Anche nelle foglie il quantitativo di olio essenziale e dei relativi costituenti varia a seconda della

    loro posizione sulla pianta. L’olio delle foglie poste ad altezze maggiori contiene fino a tredici volte

    più mentone (Figura 6) rispetto alle foglie poste nella parte basale. Le foglie più vecchie, e quindi

    nella parte bassa della pianta, forniscono olio più ricco di mentolo (Figura 7) rispetto a quelle più

    giovani [39].

    Figura 6 L-(-)-mentone Figura 7 L-(-)-mentolo

    Le specie officinali sono caratterizzate da una concentrazione di principi attivi, variabile nel corso

    del proprio ciclo di crescita e sviluppo. Di conseguenza, l’esatto momento della raccolta ricopre una

    importanza fondamentale nel determinare la costanza di composizione degli oli essenziali estratti da

    una pianta. Ogni droga ha uno specifico tempo balsamico di raccolta, ossia quel momento dello

    sviluppo vegetativo in cui la pianta raggiunge la massima concentrazione di sostanze attive.

    Trattando Mentha x piperita la Farmacopea Ufficiale Italiana indica che il momento ottimale di

    raccolta, allo scopo di ottenere il più alto rendimento in olio essenziale, è qualche giorno prima

    della fioritura. Altri autori sostengono che la migliore epoca per il raccolto, è il momento della

    piena fioritura, in quanto la pianta di menta raccoglie sempre maggiori quantità di olio essenziale

    entro le cellule oleifere delle foglie fino a completa fioritura [39].

    L’olio essenziale si presenta sotto forma di un liquido dal colore giallo chiaro, giallo paglierino, e

    talvolta giallo verdastro. Il suo odore e sapore è molto rinfrescante anche in minime quantità.

  • 22

    La quantità di olio essenziale ottenibile varia tra i 10 e i 30 ml/kg di droga secca [38]. La

    Farmacopea Ufficiale Italiana considera accettabile una Mentha x piperita il cui contenuto in olio

    essenziale sia pari o superiore a 12 ml/kg di droga secca. La resa media in percentuale varia tra lo

    0,09% e l’1,2% del peso della droga secca [41]. La quantità è comunque molto variabile in funzione

    dei motivi indicati nel paragrafo “Fattori che influenzano la resa quantitativa e qualitativa in olio

    essenziale”.

    Dalla letteratura emerge che il componente principale dell’olio essenziale di Menta x piperita è il

    mentolo (42%) con i relativi esteri di mentolo (acetato e isovalerianato di mentolo), seguito da

    mentone (12%), mentofurano (1-2%) ed altri monoterpeni e sesquiterpeni [42].

    L’olio essenziale di menta ricopre un’importanza economica a livello globale in quanto è tra gli oli

    maggiormente impiegati nell’industria alimentare (dolciumi, bibite gassate, sciroppi e liquori),

    cosmetica (per aromatizzare quanto concerne l’igiene della bocca e le creme da barba), profumiera

    (per le acque da toeletta che necessitano di una nota fresca), farmaceutica (per l’aromatizzazione dei

    preparati), come pure in campo medico.

    La menta è da sempre usata come rimedio nei disturbi dell’apparato gastrointestinale per le

    proprietà stomachiche, coleretiche, antispasmodiche e carminative. A ciò si aggiunge un’azione di

    stimolo generale a carico del sistema nervoso, determinando un’attività corroborante. L’olio

    essenziale di menta piperita ha dimostrato un’azione antispasmodica a livello della muscolatura

    liscia intestinale. La droga viene tradizionalmente utilizzata per la cura di disturbi digestivi,

    flatulenza, eruttazioni; per facilitare le funzioni di eliminazione urinaria e digestiva. Il mentolo

    possiede un’attività decongestionante delle mucose nasali e per questo è utilizzato in caso di

    raffreddore e naso chiuso. Applicato sulla pelle dona una sensazione di freddo e viene utilizzato in

    varie affezioni dermatologiche e nei massaggi.

    Alle foglie di menta sono attribuite proprietà tonico-eupeptiche, carminative e blandamente

    analgesiche, che la rendono particolarmente utile in caso di atonia del tubo digerente, specialmente

    se associata ad altre piante che ne condividono le proprietà (melissa, camomilla, finocchio e così

    via). La menta è infatti in grado di ridurre il tono dello sfintere esofageo e di facilitare l’eruttazione.

    La menta è anche usata per combattere la nausea, in particolare quella che dipende da discinesia

    delle vie biliari e quella della gravidanza. Il mentolo esercita un’azione stimolante dell’appetito.

    L’attività diuretica della menta è giudicata debole. Alla dose di 1000 mg/kg si nota oliguria a

    testimonianza di una probabile nefrotossicità della pianta. Alla dose di 1000 mg/kg la pianta

    manifesta un effetto sedativo bifasico, effetto stimolante seguito da depressione. L’olio essenziale

    presenta valenza antimicrobica ed interessanti proprietà immunomodulanti ed antiinfiammatorie

    [42]. L’olio essenziale viene infatti impiegato nelle flogosi delle vie aeree superiori: vaporizzazioni

  • 23

    di olio essenziale, aspirate attraverso le narici, possono risolvere alcuni stati infiammatori dei seni

    frontali e possono risultare utili come antisettico bronchiale. L’infuso di menta viene consigliato

    quale calmante della tosse ed espettorante nei postumi di bronchiti influenzali.

    La menta applicata sulla pelle e sulle mucose determina un senso di freddo localizzato e anestesia

    locale più o meno marcata. L’azione anestetica locale sarebbe dovuta al blocco dei canali del calcio;

    risulta, inoltre, antisettica. Rientra nelle preparazioni per l’igiene della bocca, degli antalgici

    dell’orofaringe, e dei composti addolcenti e antipruriginosi per le affezioni dermatologiche. Piccole

    quantità di olio essenziale frizionate sulle tempie manifestano azione anticefalica, in altre parti

    interessate hanno effetto antireumatico e rilassante della muscolatura. Essa presenta anche una

    discreta azione antimicotica che rende utile l’olio essenziale come coadiuvante nelle malattie

    cutanee da funghi. L’olio essenziale risulta irritante per mucose e cute e pertanto va sempre diluito

    prima dell’uso [42].

  • 24

    2. SCOPO DELLA TESI

    Le onde ultrasonore ad elevata intensità hanno destato notevole interesse nei processi industriali in

    cui la promozione di reazioni chimico-fisiche può comportare un vantaggio strategico mantenendo

    un’elevata riproducibilità, ottimizzando i costi di trasformazione, semplificando il lavoro, dando

    maggiore purezza al prodotto ed usando solo una frazione del tempo e dell’energia necessaria

    rispetto ai processi convenzionali. Molta attenzione è stata attribuita all’applicazione degli

    ultrasuoni per l’estrazione di composti naturali che agiscono in tempi più rapidi rispetto alle

    tecniche convenzionali.

    Il nostro interesse è stato indirizzato verso lo studio di un’applicazione specifica degli ultrasuoni

    che riguarda la distillazione in corrente di vapore di piante aromatiche.

    Lo scopo della tesi è stato comparare le estrazioni di olio essenziale da foglie di Mentha x piperita,

    sia fresche che secche; tali estrazioni sono state ottenute con due tecniche: la distillazione in

    corrente di vapore tradizionale e la distillazione in corrente di vapore assistita da pretrattamento con

    ultrasuoni.

    Il confronto ha avuto l’obiettivo di comprendere se il pretrattamento con ultrasuoni migliorasse il

    processo estrattivo. A tal fine è stata verificata l’influenza del pretrattamento riguardo a rese, tempi

    di distillazione e qualità degli oli essenziali. Gli oli essenziali ottenuti con le due tecniche sono stati

    sottoposti ad analisi compositiva per accertare che l’utilizzo degli ultrasuoni non comporti alcuna

    alterazione dell’olio.

    Inoltre, nel corso del lavoro sperimentale è sorta l’esigenza di caratterizzare strutturalmente il

    metabolita secondario presente in maggior quantità negli oli essenziali. Grazie ad una

    collaborazione con il CNR di Napoli un campione di olio essenziale di Mentha x piperita è stato

    sottoposto a saggi di binding con recettori clonati della famiglia TRP (Transient Receptor

    Potential), canali ionici coinvolti in numerosi meccanismi di percezione sensoriale.

    La scelta di distillare menta è stata dettata dall’importanza commerciale dell’olio essenziale in essa

    contenuto e dalla disponibilità di materiale vegetale.

    La sperimentazione è stata condotta a scala di laboratorio, lavorando con quantità di materiale

    vegetale dell’ordine di 10-20 g, standardizzando le operazioni di raccolta ed estrazione e applicando

    un protocollo unico per il trattamento con ultrasuoni. Il possibile miglioramento del processo di

    estrazione potrebbe comportare risparmi in termini economici ed energetici tali da giustificare una

    estensione del metodo su impianti di maggiore dimensione.

    Sono carenti in letteratura lavori scientifici che accoppiano il trattamento ad ultrasuoni con la

    distillazione in corrente di vapore e i risultati di tali studi sono difficilmente interpretabili.

  • 25

    3. MATERIALI E METODI

    3.1 Materiali e tecniche analitiche

    Abbreviazioni

    DCM: Diclorometano

    US: Ultrasuoni

    UV: Ultravioletto

    TLC: Thin Layer Chromatography (cromatografia su strato sottile)

    HPLC: High Pressure Liquid Chromatography (cromatografia liquida ad alta pressione)

    Rf: Fattore di ritenzione

    TLC

    Per eseguire le cromatografie su strato sottile sono state utilizzate piastre di silice 60 F254 dello

    spessore di 0,25 mm (Merck).

    Per visualizzare le macchie presenti sulla lastrina TLC è stato utilizzato un rivelatore a UV a 254

    nm e 365 nm e un colorante a base di cerio ammonio nitrato.

    HPLC

    Per eseguire le cromatografie liquide ad alta pressione è stata utilizzata una colonna in fase inversa

    C18 Altima (Alltech), 250 mm x 4,6 mm, 3 m.

    Condizioni di analisi: Altima C18, flusso 1 ml/min, fase isocratica seguita da un gradiente con

    incremento di metanolo, rivelatore UV =254 nm (Tabella 2)

    Tempo (min) Acqua % Metanolo %

    0 30 70

    15 30 70

    25 0 100

    45 0 100

    Tabella 2 condizioni HPLC

    1H-NMR, 13C-NMR

    Gli spettri 1H-NMR e 13C-NMR sono stati registrati con strumenti Bruker AMX-300 operante a 300

    MHz e Bruker ADVANCE operante a 600 MHz.

  • 26

    I dati riportati sono:

    - Chemical shift

    - Integrazione

    - Molteplicità

    Sigla Molteplicità

    S Singoletto

    D Doppietto

    T Tripletto

    Q Quartetto

    Quint Quintetto

    Dd Doppietto di doppietto

    Ddd Doppietto di doppietto di doppietto

    Dt Doppietto di tripletto

    M Multipletto

    B Broad

    - Costanti di accopiamento (J) in Hz

    3.2 Metodo sperimentale

    Nel corso di questo lavoro sono stati indagati gli effetti che un pretrattamento con ultrasuoni,

    abbinato alla distillazione in corrente di vapore, comporta in termini di rese, tempi di distillazione e

    composizione chimica dell’olio essenziale ottenuto da foglie di Mentha x piperita. A tal fine è stato

    intrapreso un confronto tra la classica distillazione in corrente di vapore e la distillazione in corrente

    di vapore abbinata a un pretrattamento con ultrasuoni.

    Nella fase iniziale è stato necessario mettere a punto il metodo d’indagine in modo da

    standardizzare il processo per ottenere risultati confrontabili tra loro. Prima di procedere con le

    distillazioni è stata decisa la durata della distillazione, la quantità di materiale vegetale da distillare,

    i volumi di raccolta della fase aromatica e la tipologia e il volume di solvente utilizzato per

    l’estrazione. Quest’ultimo è stato scelto dopo un’accurata verifica sull’efficacia estraente,

    controllando la fase acquosa in HPLC e TLC prima e dopo l’estrazione.

    Consultando la Farmacopea Ufficiale Italiana si è deciso di assumere un tempo di distillazione pari

    a 120 minuti. Tale tempo è sufficiente per estrarre tutto l’olio essenziale dal materiale vegetale

    come attestato dalle analisi HPLC effettuate sulle fasi acquose, che mostrano assenza di componenti

    organici oltre le due ore.

  • 27

    Sono state svolte complessivamente 20 distillazioni così suddivise:

    - 5 distillazioni su foglie di menta fresca;

    - 5 distillazioni su foglie di menta fresca con pretrattamento a ultrasuoni;

    - 5 distillazioni su foglie di menta secca;

    - 5 distillazioni su foglie di menta secca con pretrattamento a ultrasuoni.

    3.3 Materiale vegetale

    Le prove per valutare il possibile effetto degli ultrasuoni nell’ottenimento dell’olio essenziale di

    Mentha x piperita sono state condotte sia su foglie fresche che su foglie secche di menta.

    Le foglie di menta secche sono state fornite da “Il

    giardino delle erbe: viaggio tra forme profumi colori e la

    storia del loro uso in montagna” (Figura 8) realizzato

    nell’anno 2010 dall’Associazione Val.Te.Mo. presso il

    centro Edolo, dove si trova la sede universitaria con il

    Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela

    dell’Ambiente e del Territorio Montano e il Centro di

    Ricerca per gli Studi e la Gestione Sostenibile delle Aree

    Montane (GESDIMONT).

    Le piante di menta sono state raccolte nel giusto tempo balsamico durante l’estate 2013 e lasciate

    essiccare all’ombra e a temperatura ambiente in un luogo areato sino a peso costante (umidità

    massima 10-15%). Settimanalmete è stato registrato il peso in modo da quantificare la perdita di

    acqua. Per ottenere un essiccamento uniforme la droga è stata rovesciata periodicamente.

    La differenza tra il peso della droga fresca e quello della droga secca ha determinato il contenuto

    d’acqua, utile per confrontare i quantitativi di olio essenziale ottenuti da foglie secche rispetto a

    quelli ottenuti da foglie fresche. Tutte le rese in olio essenziale sono state riferite ai grammi di

    foglie fresche. La differenza di peso riscontrata corrisponde ad un contenuto di acqua pari al

    78,26%. Le piante wild-type di Mentha x piperita fresche sono state raccolte a San Pellegrino

    Terme poco prima della distillazione.

    Data la diversità dei luoghi di raccolta della droga, è stata verificata, in collaborazione con il

    botanico Dr. Luca Giupponi, l’omogeneità della specie botanica, utilizzando le chiavi tassonomiche

    indicate da Pignatti [37]. La determinazione ha accertato che i materiali vegetali raccolti

    appartengono alla specie botanica Mentha x piperita (chiave 3249/b, volume 2, pag. 497). Anche le

    indagini compositive condotte sugli oli essenziali ottenuti dalle piante di menta di Edolo e di San

    Pellegrino Terme non hanno evidenziato differenze per il profilo fitochimico.

    Figura 8 “Il giardino delle erbe: viaggio tra forme

    profumi colori e la storia del loro uso in montagna”

  • 28

    3.4 Preparazione del materiale vegetale da distillare

    Sono state sottoposte a distillazione solo foglie di Mentha x piperita.

    Il materiale vegetale da distillare è stato preparato recidendo le

    foglie dagli steli (Figura 9). Le foglie, dell’ordine di 10 grammi,

    sono state sminuzzate e sottoposte a distillazione in corrente di

    vapore. Nelle piante di menta fresca è stato notato che spesso le

    foglie più basse, e quindi più vecchie, erano ingiallite e malformate.

    Si è cercato pertanto di scartare tutto quel materiale vegetale che

    avesse una qualche alterazione di forma o colore in modo da non

    compromettere i risultati.

    3.5 Bagno a ultrasuoni

    Lo strumento utilizzato per sottoporre la droga all’azione delle onde ultrasonore è stato un bagno ad

    ultrasuoni (Figura 10).

    I bagni a ultrasuoni sono utilizzati per la pulizia di microfessure che non sono raggiungibili con

    l’azione di strofinamento manuale. L'energia meccanica delle onde ultrasonore

    si propaga uniformemente all'interno di un contenitore e l'alta frequenza

    produce il caratteristico fenomeno della cavitazione. Durante il fenomeno

    cavitativo si formano microscopiche bolle che implodono liberando enormi

    quantità di energia e onde d’urto. L'energia d'urto di queste implosioni aumenta

    l'efficacia del sistema di pulitura penetrando anche nei pori più piccoli, nelle

    fessure e cavità di oggetti, anche di geometria irregolare e complessa e

    impossibili da trattare in modo soddisfacente con i metodi tradizionali.

    Le applicazioni sono svariatissime e interessano il settore industriale, orafo, ottico, elettronico, del

    restauro, chimico, della strumentazione chirurgica e molti altri.

    In questo studio il bagno a ultrasuoni è stato utilizzato per sottoporre le foglie di Mentha x piperita,

    sia fresche che secche, all’azione ultrasonora e valutare l’effetto sull’estrazione di olio essenziale in

    termini di resa, tempi di distillazione e composizione chimica dell’olio.

    Per la nostra sperimentazione è stato utilizzato il bagno ad ultrasuoni Eurosonic 22 in acciaio inox

    con le seguenti caratteristiche tecniche:

    -capacità della vasca di 3,5 litri e timer da 1 a 30 minuti;

    -forma rettangolare della vasca di dimensioni 250x140x100 mm;

    -frequenza 50 kHz;

    -produzione degli ultrasuoni con trasduttore piezoelettrico;

    -potenza 50 W.

    Figura 10 bagno a

    ultrasuoni

    Figura 9 materiale vegetale da

    distillare

  • 29

    Il bagno a ultrasuoni è stato attivato per 10 minuti con sola acqua distillata dopodiché sono stati

    messi in stazionamento 10 grammi di foglie di menta per ulteriori 10 minuti.

    È stata registrata una variazione di temperatura media di 6°C tra l’avvio e lo spegnimento dello

    strumento.

    A fine trattamento le foglie e l’acqua di pretrattamento sono state poste nella caldaia di distillazione

    e sottoposte alla distillazione in corrente di vapore.

    3.6 Distillazione in corrente di vapore

    Le distillazioni sono state condotte con apparecchiatura in vetro e il vapore, generato con caldaia da

    1 litro di capacità, è stato convogliato sul materiale vegetale posto in un pallone da 500 ml.

    Il processo ha avuto durata di 2 ore (calcolate dalla caduta della prima goccia di distillato) e le fasi

    aromatiche sono state raccolte in volumi di 100 ml. Per ciascun distillato acquoso è stato annotato il

    tempo di distillazione. Ogni fase aromatica è stata estratta separatamente con solvente (DCM) in

    imbuto separatore. Ciascuna fase acquosa è stata estratta per 3 volte con 30 ml di solvente,

    anidrificata sopra Na2SO4 anidro e il solvente è stato rimosso in vuoto.

    Inoltre, sono state condotte distillazioni con generazione di vapore in situ nelle quali le foglie sono

    state messe direttamente in caldaia. La distillazione in acqua non ha evidenziato differenze di rese,

    tempi di distillazione o di qualità degli oli essenziali rispetto alla distillazione in corrente di vapore.

    L’idrodistillazione è solitamente sconsigliata per componenti termicamente labili. Dal punto di vista

    pratico operare con generazione di vapore in situ è molto più comodo se si devono eseguire

    distillazioni successive dato che non è necessario a fine distillazione sostituire la caldaia ma è

    sufficiente aggiungere una idonea quantità di acqua distillata.

    L’olio essenziale ottenuto è stato stoccato in frigorifero a 4°C per le successive analisi.

    3.7 Analisi su oli essenziali di menta

    Gli oli essenziali ottenuti dalle distillazioni sono stati analizzati mediante TLC e HPLC e risultano

    contenere un metabolita secondario come componente presente in maggiore quantità. Come

    standard di riferimento è stato utilizzato il mentolo, noto metabolita monoterpenico presente in oli

    essenziali di Mentha x piperita. Tale componente non è stato ritrovato in nessuno degli oli

    essenziali ottenuti.

  • 30

    In Figura 11 è stata riportata una TLC di 4 oli essenziali (1-4) in confronto con lo standard L-(-)-

    mentolo (5):

    1- Olio essenziale di menta fresca (AS12), 2- olio essenziale di

    menta fresca con US (AS13), 3- olio essenziale di menta secca

    (AS16), 4-olio essenziale di menta secca con US (AS19), 5- L-(-)-

    mentolo.

    La TLC è stata ottenuta utilizzando come eluente una miscela di

    toluene/acetato d’etile in rapporto 93/7 e colorata con reagente a

    base di cerio ammonio nitrato. Il componente principale negli oli

    essenziali di menta è risultato lo stesso in tutti i campioni, visibile a

    254 nm e con un Rf di 0,50, mentre il mentolo ha un valore di Rf di

    0,58.

    I campioni di olio essenziale sono stati analizzati in HPLC, NMR e

    GC-MS e risultano paragonabili tra loro.

    Figura 11 analisi TLC di oli essenziali

    (1-4) e L-(-)-mentolo (5)

    1 2 3 4 5

  • 3.8 Carat

    Per ricavar

    stato neces

    di massa.

    Dall’analis

    struttura de

    sciogliendo

    deuterato s

    dello spet

    disaccoppi

    tterizzazion

    re informaz

    ssario ricorr

    si degli spe

    el metaboli

    o il campio

    si era notata

    ttro. Nelle

    iato, DEPT

    F

    ne struttura

    zioni struttu

    rere a tecni

    ettri 1H e

    ita incognito

    one di olio

    a una sovra

    Figure 1

    135, COSY

    Figura 12 spettr

    ale del met

    urali sul com

    che spettros

    13C NMR

    o un monot

    essenziale

    apposizione

    2-17 sono

    Y e di etero c

    ro 1H NMR in C

    31

    tabolita sec

    mponente p

    scopiche qu

    monodime

    terpene oss

    in due div

    e di segnali

    riportati

    correlazion

    CDCl3 dell’olio

    ondario pr

    revalente ch

    uali la spett

    ensionali è

    igenato. Gl

    versi solven

    che rendev

    rispettivam

    e one-bond

    o essenziale di M

    revalente ne

    he caratteri

    troscopia N

    stata ipoti

    li spettri NM

    ti, in quant

    vano diffico

    ente gli sp

    e long-rang

    Mentha x piperi

    ell’olio esse

    izza l’olio e

    NMR e la sp

    izzata com

    MR sono st

    to in solo c

    oltosa l’inte

    pettri 1H,

    ge.

    ita

    enziale

    essenziale è

    pettrometria

    me possibile

    tati eseguiti

    cloroformio

    erpretazione13C NMR

    è

    a

    e

    i

    o

    e

    R

  • Figgura 13 spettro 13C NMR (acet

    32

    tone-d6) dell’ollio essenziale ddi Mentha x pipe

    erita

  • Figura 14 spe

    CH3)

    ettro DEPT 1355 (acetone-d6) dell’olio essenz

    33

    ziale di Menthaa x piperita (segnali negativi p

    per i CH2 e poositivi per CH ee

  • F

    Figura

    Figura 15 spettr

    a 16 spettro HM

    ro COSY (aceto

    MBC (acetone-d

    34

    one-d6) dell’olio

    d6) one-bond de

    o essenziale di M

    ell’olio essenzia

    Mentha x piper

    ale di Mentha x p

    rita

    piperita

  • Figura 117 spettro HMB

    BC (acetone-d6

    35

    6) long-range ddell’olio essenziaale di Mentha x

    x piperita

  • 36

    Nello spettro 13C NMR (Figura 13) si evidenziano 10 carboni, di cui 5 di tipo alifatico, risuonanti a

    campi alti (21-29 ppm) con 2 sistemi metilenici che nell’esperimento DEPT (Figura 14) si

    presentano come picchi negativi (23,76 e 28,50 ppm), e tre gruppi metilici (21,91, 23,14 e 23,10

    ppm). Altri segnali identificati sono 2 carboni legati ad un ossigeno risuonanti a 63,62 e 63,85 ppm,

    un gruppo chetonico a 198,10 ppm e due segnali di carboni quaternari a 128,71 e 148,57 ppm

    associabili ad un doppio legame.

    Al fine della corretta identificazione della struttura è stata eseguita un’analisi GC-MS (Figura 18)

    in collaborazione con la Dr.ssa Sara Panseri del Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica

    dell’Università di Milano. Anche da questa analisi emerge la presenza di un unico componente con

    Tr 9,75 min.

    Figura 18 spettro GC-MS dell’olio essenziale di Mentha x piperita

    Le indicazioni ricavate dallo spettro di massa hanno confermato l’ipotesi di un composto con

    formula bruta C10H14O2 con peso molecolare 166 uma.

    C:\Xcalibur\...\olio-ess-AS3A-12-06-2014 6/12/2014 4:46:17 PM olio ess

    RT: 5.09 - 38.50

    6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38

    Time (min)

    0

    10

    20

    30

    40

    50

    60

    70

    80

    90

    100

    Rela

    tive A

    bundance

    9.75

    38.4437.6136.14

    34.5831.2631.0629.5628.0725.9924.3223.0221.779.11 20.2810.56 18.848.20 16.7114.5013.55

    NL:

    7.01E7

    TIC MS

    olio-ess-

    AS3A-12-

    06-2014

    olio-ess-AS3A-12-06-2014 #262 RT: 9.76 AV: 1 SB: 2 9.61 , 10.01 NL: 9.26E6

    T: + c EI Full ms [50.000-450.000]

    50 100 150 200 250 300 350 400

    m/z

    0

    10

    20

    30

    40

    50

    60

    70

    80

    90

    100

    Rela

    tive A

    bundance

    138

    67

    68

    13779

    123109

    53 81 9516669 15155 91

    139133120

    167152 293207180 199 277221 250 341268 322236 400312 428349 387 419366

  • 37

    Calcolando il grado di insaturazione (g.i.), applicando la formula

    che è valida per molecole contenenti soltanto C, H e O, dove (2a+2) rappresenta l’idrocarburo

    saturo corrispondente e b rappresenta gli atomi di idrogeno, è risultato un valore di 4. Il grado di

    insaturazione così calcolato è servito come valida guida nella formulazione delle strutture chimiche

    compatibili con la formula bruta; nello specifico 4 insaturazioni sono compatibili con un gruppo

    carbonilico, un doppio legame e due sistemi ciclici.

    Tutti i dati sono in accordo con la struttura del monoterpene ossigenato rotundifolone, noto anche

    come piperitenone ossido o lippione (Figura 19).

    Figura 19 struttura del rotundifolone

    In letteratura sono riportati, per lo spettro MS (impatto elettronico 70 eV) [40], i seguenti frammenti

    m/z (intensità relativa): 166 (M+, 23), 138 (100), 137 (39), 109 (28), 95 (19), 79 (30), 67 (72), 41

    (16) e sono in buon accordo con il nostro dato sperimentale.

    I dati NMR sperimentali e di letteratura sono stati riportati nella Tabella 3. La corretta attribuzione

    dei segnali 13C è stata eseguita in base ad esperimenti bidimensionali di eterocorrelazione one-bond

    e long-range.

    (2a+2)-b

    2g.i.=

  • 38

    n 1H CDCl3,

    (molteplicità)

    1H acetone-

    d6

    1H CDCl3

    Letteratura

    (500 MHz)

    [40]

    13C

    CDCl3

    13C

    acetone-

    d6

    13C CDCl3

    Letteratura

    (125 MHz)

    [40]

    HMBC

    Acetone-

    d6

    1 63,39 63,62 63,28

    2 3,24 (s) 3,14 (s) 3,23 (s) 63,44 63,85 63,25 C3;C4;C10

    3 198,41 198,19 198,19

    4 127,66 127,58 127,58

    5 2,35-2,49 (m) 2,09-2,43

    (m)

    2,35-2,49

    (m)

    23,10 23,03 23,03 C3;C4;C7

    6 1,81-2,16 (m) 1,94-2,12

    (m)

    1,84-2,16

    (m)

    27,91 27,91 27,86 C3;C4

    7 149,22 149,03 149,03

    8 1,78 (s) 1,81 (s) 1,80 (s) 23,11 23,10 23,01 C4

    9 2,10 (s) 2,10 (s) 2,11 (s) 23,14 23,14 23,01 C2;C3;C4

    10 1,46 (s) 1,46 (s) 1,46 (s) 21,80 21,91 21,69 C1;C2;C6

    Tabella 3 dati NMR

    3.9 Purificazione del rotudifolone

    Un campione di olio essenziale del peso di 22 mg è stato purificato mediante cromatografia flash su

    colonna eluendo con una miscela di esano/acetato d’etile 8/2. La purezza del prodotto ottenuto (Rf

    0,42) è stata valutata mediante TLC, HPLC e NMR. Da analisi polarimetrica il potere ottico

    rotatorio specifico è risultato + 139° (c=0,573, CHCl3), in buon accordo con il dato di letteratura

    (+148° c=0,3 in CHCl3) [46].

  • 39

    4. RISULTATI E DISCUSSIONE

    Le distillazioni assistite dal pretrattamento con ultrasuoni sono state confrontate con quelle

    tradizionali in termini di rese, tempi di distillazione e profilo chimico dell’olio essenziale, in modo

    da comprendere l’influenza degli ultrasuoni nel processo estrattivo.

    Tutte le elaborazioni contenute in questo capitolo sono riferite a grammi di foglie di menta fresca.

    4.1 Rese e tempi di distillazione

    I dati ottenuti dalle distillazioni sono stati riassunti nelle Tabelle 4, 5, 6, 7, in cui vengono riportati

    la sigla identificativa del campione ed il luogo di raccolta, la massa vegetale (in grammi), la sigla

    del distillato con la relativa quantità (in millilitri) ed il tempo impiegato per raccoglierlo (in minuti),

    l’olio essenziale ottenuto (in milligrammi) e la resa (in percentuale)1.

    1 La resa è stata calcolata dividendo i grammi di olio essenziale con i grammi di foglie di menta fresca sottoposti a distillazione e moltiplicando per 100. Nel caso della distillazione su materiale vegetale secco i grammi di foglie di menta secca sono stati convertiti in grammi di foglie di menta fresca considerando la perdita di peso dovuto al contenuto di acqua ricavato in fase di essiccamento.

  • 40

    Tabella 4 distillazioni su foglie di menta fresca

    MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 50 15B 50 14C 50 13D 50 19E 50 15F 50 13G 70 31 3,2

    A 100 23 40,2B 100 22 0C 100 22 0D 100 23 0E 100 30 0

    A 100 25 30,8B 100 20 0C 100 20 0D 100 20 0E 100 20 0

    A 100 20 30,6B 100 20 1,4C 100 20 0,1D 100 20 0E 100 20 0F 100 20 0

    A 100 20 25,2B 100 20 4,1C 100 20 0D 100 20 0E 100 20 0F 100 20 0

    DISTILLAZIONI SU MENTA FRESCAM

    enta

    fre

    sca

    S.P

    .T.2

    014

    AS

    24M

    enta

    fre

    sca

    S.P

    .T.2

    014

    AS

    6

    Men

    ta f

    resc

    a S

    .P.T

    .201

    4 A

    S12

    Men

    ta f

    resc

    a S

    .P.T

    .201

    4 A

    S15

    Men

    ta f

    resc

    a S

    .P.T

    .201

    4 A

    S22

    0,31

    0,32

    45,9

    14,4

    9,1

    0,36

    0,4010,00

    10,00

    10,00

    10,00 0,29

    20,37

  • 41

    Tabella 5 distillazioni su foglie di menta fresca con ultrasuoni

    MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 100 15 15,9B 100 15 21,8C 100 15 17,2D 100 15 9,2E 100 15 0,6F 100 20 3,5G 100 25 4,9

    A 100 20 17,8B 100 20 8C 100 20 4,8D 100 20 2,6E 100 20 1,4F 100 20 0,9

    A 100 15 22,4B 100 15 8,8C 100 15 1,2D 100 15 0,1E 100 15 0F 100 15 0G 100 15 0

    A 100 15 29,8B 100 15 6,8C 100 15 6,2D 100 15 4,1E 100 15 0F 100 15 0G 100 15 0

    A 100 20 24,9B 100 20 3,6C 100 20 3,6D 100 20 3,1E 100 20 0,6F 100 20 0

    Men

    ta f

    resc

    a U

    S

    S.P

    .T.2

    014

    AS

    14M

    enta

    fre

    sca

    US

    S

    .P.T

    .201

    4 A

    S23

    DISTILLAZIONI SU MENTA FRESCA CON ULTRASUONIM

    enta

    fre

    sca

    US

    S

    .P.T

    .201

    4 A

    S8

    Men

    ta f

    resc

    a U

    S

    S.P

    .T.2

    014

    AS

    11M

    enta

    fre

    sca

    US

    S

    .P.T

    .201

    4 A

    S13

    20,00 0,37

    10,00 0,36

    10,00 0,33

    10,00 0,47

    10,00 0,36

  • 42

    Tabella 6 distillazioni su foglie di menta secca

    MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 50 17 50,8B 51 14 27,5C 50 13 13,2D 50 13 8,4E 50 14 3,4F 50 14 0G 75 25 0

    A 100 20 55,9B 100 20 16,3C 100 20 7,5D 100 20 2,7E 100 20 0,2F 75 20 0

    A 100 20 56,8B 100 20 16,9C 100 20 8,5D 100 20 2,1E 100 20 0F 100 20 0

    A 100 20 56,1B 100 20 21,6C 100 20 5,2D 100 20 2,6E 100 20 0F 100 20 0

    A 100 20 54,9B 100 20 16,9C 100 20 9,8D 100 20 2,4E 100 20 0F 100 20 0

    DISTILLAZIONI SU MENTA SECCAM

    enta

    sec

    ca

    Edo

    lo20

    13 A

    S3

    0,18

    Men

    ta s

    ecca

    E

    dolo

    2013

    AS

    16M

    enta

    sec

    ca

    Edo

    lo20

    13 A

    S17

    Men

    ta s

    ecca

    E

    dolo

    2013

    AS

    18M

    enta

    sec

    ca

    Edo

    lo20

    13 A

    S25

    10,00

    20,10 0,11

    10,00 0,18

    10,02 0,18

    10,02 0,19

  • 43

    Tabella 7 distillazioni su foglie di menta secca con ultrasuoni

    MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 27 9 28,1B 25 6 19,4C 32 9 14,4D 26 6 8,7E 32 8 12,3F 26 6 5,5G 26 7 3H 47 13 8,7I 32 7L 28 6M 35 10N 35 10P 36 12Q 48 25

    A 100 20 60,2B 100 20 21,4C 100 20 8,9D 100 20 4,7E 100 20 1,2F 100 20 0,4

    A 100 20 55,3B 100 20 22,1C 100 20 9D 100 20 4,9E 100 20 3,6F 100 20 0,8

    A 100 20 52,1B 100 20 17,5C 100 20 7,2D 100 20 4,6E 100 20 3,3F 100 20 0,2

    A 100 20 58,8B 100 20 16,7C 100 20 8,9D 100 20 2,1E 100 20 0F 100 20 0

    Men

    ta s

    ecca

    US

    Edo

    lo20

    13 A

    S5

    0,24

    Men

    ta s

    ecca

    US

    E

    dolo

    2013

    AS

    19M

    enta

    sec

    ca U

    S

    Edo

    lo20

    13 A

    S20

    Men

    ta s

    ecca

    US

    E

    dolo

    2013

    AS

    21

    10,01 0,21

    10,04 0,21

    10,00 0,18

    DISTILLAZIONI SU MENTA SECCA CON ULTRASUONI

    8

    3,5

    10,00

    10,00 0,19

    Men

    ta s

    ecca

    US

    E

    dolo

    2013

    AS

    26

  • 44

    Per comprendere l’effetto del pretrattamento con ultrasuoni nei confronti delle rese sono state

    calcolate e riportate in Tabella 8 le rese medie percentuali e le relative deviazioni standard.

    CONFRONTE RESE DI DISTILLAZIONE CON E SENZA US

    RESE MEDIE

    % DEV. STAND.

    RESE MEDIE

    % DEV. STAND.

    Menta fresca 0,34 0,04 Menta secca 0,17 0,03

    Menta fresca US 0,37 0,06 Menta secca US 0,21 0,02

    Tabella 8 rese medie percentuali e relative deviazioni standard

    Dalla Tabella 8 si evince che le distillazioni precedute dal trattamento con ultrasuoni comportano

    rese maggiori delle distillazioni ottenute secondo lo schema classico. Le rese ricavate dal materiale

    vegetale secco sono inferiori a quelle ottenute da materiale vegetale fresco. L’effetto migliorativo

    del pretrattamento ultrasonoro è stato riscontrato per entrambe le matrici ed è stato più consistente

    nel caso di materiale vegetale secco con un incremento di resa del 23,5%, mentre su materiale

    vegetale fresco l’incremento di resa si attesta all’8,8% (Tabella 9).

    INCREMENTO DI RESA DOVUTO AGLI ULTRASUONI

    MENTA FRESCA MENTA SECCA

    8,8% 23,5%

    Tabella 9 incremento di resa dovuto al pretrattamento con ultrasuoni

    Tale risultato è in parziale disaccordo con studi precedenti a riguardo. Nello studio pubblicato da

    Pingret e collaboratori [43], sono state confrontate la distillazione in corrente di vapore classica con

    quella coadiuvata da ultrasuoni su bucce di limone. Le onde ultrasonore sono state applicate durante

    l’intero processo utilizzando un apparato di Clevenger modificato, in cui è stata inserita, nel pallone

    d’ebollizione, una sonda a ultrasuoni. I ris