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Università degli Studi di Padova
Facoltà di Medicina e Chirurgia
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI
LAVORO
TESI DI LAUREA
“Pane fresco e pane da impasti congelati:diversità organolettiche, nutrizionali e commerciali”
RELATORE: PROF.SSA BASSO BRUNA
LAUREANDO: ZEN STEFANO
ANNO ACCADEMICO 2006 - 2007
Indice
1. Premessa....................................................................... pag. 52. Introduzione.................................................................. pag. 7
2.1 Quadro generale................................................... pag. 82.1.1 Emulsionanti……………………………… pag. 82.1.2 Enzimi come coadiuvanti tecnologici ........ pag. 102.1.3 Il pane congelato…………………….......... pag. 11
2.2 Normativa………………………………………… pag. 13
2.2.1 Livello Nazionale………………………….. pag. 13
2.2.2 Legge 30 aprile 1962 n° 283……………….. pag. 14
2.2.3 D.P.R. 26 marzo 1980 n° 327……………… pag. 15
2.2.4 Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n° 109 pag. 16
2.2.5 Regolamento CE n° 852/2004 del 29/04/2004 pag. 18
2.2.6 Regolamento CE 178/2002…………………. pag. 19
2.2.7 L. 4/07/1967 n° 580 - DPR 30/11/1998 n. 502 pag. 23
2.2.8 DM 27febbraio 1996 n. 209………………… pag. 24
2.2.9 Legislatura 15°- Disegno di legge n. 565...…. pag. 26
3. Studio delle proprietà reologiche del pane……………. pag. 27
3.1 Struttura del pane…………………………………. pag. 27
3.2 Raffermamento del pane………………………….. pag. 30
3.3 Valutazione dei comportamenti viscoelastici degli.. pag. 32
impasti congelati
3.3.1 Piccole e grandi deformazioni dovute al congelamento pag. 34
3.3.2 Prova sperimentale: effetti del congelamento sul pag. 36
contenuto proteico
3.3.3 Alveografo di Chopin………………………… pag. 37
3.3.4 Risultati della sperimentazione……………….. pag. 39
3.3.5 Discussione dei risultati………………………. pag. 42
2
3.3.6 Conclusioni sul test effettuato……………….... pag. 44
4. Formulazione degli impasti di pane…………………….. pag. 45
4.1 Principali analisi chimiche del pane………………... pag. 46
4.2 Aggiunta di sostanze grasse al pane………………… pag. 47
4.3 Determinazione delle sostanze “grasse” in campioni di pane pag. 49
4.3.1 Materiali e metodi……………………………… pag. 49
4.3.2 Risultati………………………………………… pag. 50
4.3.3 Considerazioni e confronto tra pane fresco e congelato pag. 53
5. “Linee guida per ridurre l’acrilammide nei prodotti di... pag. 55
panetteria”
6. Aspetti sulla vendita del pane ottenuto da prodotto congelato pag. 57
6.1 Situazione emersa dai controlli effettuati………….. pag. 57
7. Commento e conclusioni…………………………………. pag. 60
8. Allegati……………………………………………………. pag. 61
8.1 Verbale di prelievo campioni……………………….. pag. 62
8.2 Ceck List di sopralluogo…………………………….. pag. 63
9. Bibliografia……………………………………………….. pag. 64
Indice delle Figure
Figura 1 Complessità dell’impasto…………………………. pag. 28
Figura 2 Fenomeni legati al raffermamento del pane………. pag. 30
Figura 3 Alveografo di Chopin……………………………... pag. 34
Figura 4 Schema di funzionamento dell’Alveografo……….. pag. 38
Figura 5 Alveogrammi………………………………………. pag. 38
Figura 6 Alveogrammi di confronto su farina di forza “Manitoba” pag. 40
Figura 7 Alveogrammi di confronto su farina “Nazionale” pag. 41
Figura 8 Trigliceride insaturo………………………………... pag. 48
Figura 9 Acrilammide………………………………………... pag. 55
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Indice delle Tabelle e dei Grafici
Tabella 1 Effetto dell’alfa-amilasi sulla qualità del pane…….. pag. 11
Tabella 2 Additivi ammessi secondo il principio “quanto basta” pag. 25
Tabella 3 Additivi ammessi secondo condizioni…………….. pag. 26
Tabella 4 Effetto del tempo di stoccaggio sulle proprietà reologiche pag. 35
empiriche degli impasti
Tabella 5 Risultati della prova sperimentale………................ pag. 42
Tabella 6 Analisi su campioni di pane tipo “0”……………... pag. 51
Grafico 1 Quantità % di sostanze grasse aggiunte su pane tipo “0” pag. 52
Tabella 7 Analisi su campioni di pane con aggiunta di grassi.. pag. 52
Grafico 2 Quantità % di sostanze grasse su pane “condito”…. pag. 53
Tabella 8 Aspetti relativi alla vendita del pane ottenuto per “doratura” pag. 60
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1. Premessa
Da quando mi occupo di Igiene degli alimenti e della nutrizione ho
cominciato ad amare i prodotti alimentari più genuini ed i prodotti
alimentari della tradizione, ricercandoli e dando loro l’importanza che
meritano.
Ultimamente, la generazione dei cibi veloci, l’utilizzo di conservanti,
addensanti e miglioratori ha provocato alcuni disturbi alla salute.
In questo contesto, parlando con le persone che mi sono vicine, con le quali
condivido pensieri e sensazioni anche su ciò che mangiamo, mi sono
immerso nel mondo del pane cercando di capire l’evoluzione che sta
avendo questo alimento.
Il pane è l’alimento più conosciuto al mondo, di tradizione millenaria,
simbolo di semplicità e genuinità, legato profondamente anche alla
tradizione cristiana, acquistato e consumato quasi quotidianamente, un
alimento che un italiano su due dichiara “non riuscirebbe a vivere senza” e
con il quale ha un rapporto edonistico legato al suo buon profumo, al suo
sapore ed alla sua consistenza (da molto morbida a croccante).
Anche il pane ha la sua evoluzione, legata all’industrializzazione ed alle
nuove tecniche produttive dettate soprattutto dalla moderna distribuzione
alimentare, il supermercato.
I più grandi supermercati hanno oggi bene in vista panetterie interne che
sembrano, anche nel profumo, forni veri e fanno uscire ondate di pane,
panini, biscotti e torte assortite.
Ai supermercati piacciono perché danno un'atmosfera da vendita al
dettaglio. I consumatori sono comprensibilmente sedotti dai composti
volatili che simulano questi odori di forno.
Se le panetterie nei supermercati hanno un profumo delizioso diamo per
scontato che il loro pane sia buono. L'ambiente sterile e inodore del
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supermercato dà un confortante effetto di calore e nutre l'illusione che ci
siano esperti maestri fornai che preparano un prodotto fresco sul posto.
I due concorrenti del prodotto artigianale sono “il pane industriale” , che
non supera il 28% (media nel Triveneto e nel nord-ovest dove maggiore è il
peso della moderna distribuzione alimentare) e il pane congelato che al
momento non supera il 7% (Astra ricerche per SIAB, 2007).
Sono pani "cotti a distanza" a base di pasta congelata, preparati di fabbrica e
finiti nel supermercato. Per il supermercato, la cottura a distanza è
un'innovazione meravigliosamente redditizia e di successo.
Il pane pronto da infornare viene fuori in forme diverse in varie fasi del
processo di panificazione. Le catene di supermercati possono comprarlo
congelato e non pronto, congelato e pronto, o congelato e parzialmente
cotto. Nella sua forma più veloce, il pane da cuocere può aver bisogno
soltanto di alcuni minuti nel forno per formare la crosta e prendere un po' di
colore. Date un'occhiata all'etichetta del pane del fornaio del vostro
supermercato e vedrete che la data di scadenza è solitamente il giorno stesso
o il giorno successivo all'acquisto. Come forse avete notato, il pane si secca
molto presto e diventa stantio. Lasciato ai suoi naturali processi, il pane
diventa raffermo quando l'amido in esso indurisce.
Ma i supermercati hanno scoperto che anche se il pane che dura una
settimana non può mai essere davvero fresco, può essere fatto sembrare
fresco assicurandosi che rimanga morbido.
I panettieri industriali forniscono ai supermercati pane che rimane soffice
perché è stato fatto con aggiunta di “miglioratori” quali i mono e di-gliceridi
degli acidi grassi o con enzimi ammorbidenti.
La federazione dei panettieri spiega: “ I progressi nella tecnologia degli
enzimi permettono che il pane rimanga fresco più a lungo…”
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2. Introduzione
Accanto al pane prodotto nel modo più tradizionale, dei piccoli panifici a
conduzione soprattutto familiare, sul mercato è possibile comprare
quotidianamente sia pane ottenuto per completamento di cottura, chiamata
anche “doratura”, effettuata direttamente sul punto vendita, sia pane
ottenuto per cottura di impasti congelati o surgelati, che poi sono scongelati
e cotti nel punto vendita.
In tutti questi casi il consumatore, al momento dell’acquisto, difficilmente
riesce a comprendere, senza adeguate segnalazioni, se si tratta di pane fresco
artigianale e non, invece, di pane ottenuto con tecniche di conservazione
prolungata che è stato cotto all’ultimo momento.
Considerati i notevoli sviluppi che stanno avendo all’interno dei
supermercati questi prodotti e che molto spesso il consumatore non è messo
in condizione di distinguere la diverse produzioni, l’obbiettivo della
presente tesi è quello di contribuire ad una maggiore trasparenza a tutela del
consumatore finale, con particolare riguardo all’informazione ed alla
sicurezza igienico - sanitaria dei prodotti come previsto dalle normative
vigenti in materia.
Gli aspetti legati alle diversità organolettiche e nutrizionali dei diversi
prodotti che ho voluto affrontare, sono invece legati ad un aspetto di
valorizzazione e promozione delle tipologie panarie tradizionali per la
salvaguardia di un prodotto “di qualità” legato spesso alla territorialità ed
alla tipicità che nel campo alimentare rimane un nostro punto di forza nel
mercato della Comunità Europea.
Oltre alla valorizzazione dei procedimenti artigianali che richiedono una
professionalità ed un impegno molto più alti per dare al consumatore il
prodotto fragrante e genuino che egli si aspetta di avere, appare necessaria
l’attuazione di un nuovo quadro legislativo più attuale che aggiorni la
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normativa nazionale del settore della panificazione con l’introduzione di
denominazioni precise in termini di “qualità”, tracciabilità, disciplinari e
certificazioni per distinguere il pane fresco da tutti gli altri pani prodotti in
modo “industriale”.
2.1 Quadro Generale
Consumatori e produttori considerano la texture come uno dei più
importanti parametri qualitativi dei prodotti da forno, dove per texture si
intende l’insieme delle caratteristiche chimico-fisiche collegate a quei
parametri sensoriali dipendenti dalla struttura interna degli alimenti.
I cambiamenti in texture e aroma che avvengono durante il raffermamento
del pane vengono comunemente chiamati “staling”: questo fenomeno che
rende il prodotto secco e duro è generalmente attribuito alla retrogradazione
dell’amido, considerata come il principale responsabile dell’indurimento
della mollica nel corso della conservazione.
Poiché con gli studi si è visto che non solo la retrogradazione dell’amido ma
anche il glutine e i lipidi giocano un importante ruolo nel processo di
raffermamento, i produttori di pane si avvalgono, per ovviare ai problemi
appena accennati, di ingredienti miglioratori chimici o naturali che andremo
ora a descrivere.
2.1.1 Emulsionanti
Gli effetti che si ottengono aggiungendo circa lo 0,25%, di mono di-gliceridi
etossilati all'impasto del pane sono descritti nell'autorevole testo “Chimica e
tecnologia del grano” nel modo seguente: "Miglioramenti funzionali nel
volume della pagnotta - molto buoni; Inibizione dell'indurimento - scarso
effetto; Forma fisica - solida, plastica; Commenti: l'effetto principale sembra
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essere sul volume della pagnotta, migliora la manipolabilità dell'impasto e la
tolleranza alle variabili di processo".
Non viene fatto cenno di alcun effetto di questo additivo sulle altre sostanze
del pane, sul suo contributo positivo o negativo, alle qualità nutrizionali
della pagnotta, o le conseguenze sulla salute umana del fatto di ingerire una
dose consistente di monogliceridi etossilati ogni giorno.
Questi effetti secondari, che descriverò più avanti, sono accidentali rispetto
agli obiettivi dichiarati; quindi i tecnologi li ignorano. Per l'industria della
panificazione l'aspetto esteriore del pane, la sua immagine di freschezza, è
estremamente importante. In effetti, il ritardo dell'indurimento sembra
essere la maggior preoccupazione dei fornai odierni.
L'industria ritira dal mercato praticamente tutto il pane che ha più di 2
giorni. Il pane raffermo reso è pari in media all'8% della produzione.
La tecnologia della panificazione affronta il problema della raffermazione
cercando di mantenere la consistenza e apparenza del pane appena sfornato.
Per questo, vengono aggiunti emulsionanti come i mono e di gliceridi degli
acidi grassi (E471) e i loro esteri (E472), che l'industria chiama
“miglioratori”.
Il miglioratore chimico entra nei granuli di amido e forma una molecola
complessa con l'amilosio. Ciò ritarda la migrazione dell'amilosio nella zona
acquosa che sta attorno al granulo, dove solitamente forma una matrice
rigida contribuendo così all'indurimento del pane.
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2.1.2 Enzimi come coadiuvanti tecnologici
Negli anni Settanta si è assistito all'introduzione di nuovi ingredienti
miglioranti. Per esempio, si aggiunge all'impasto dei preparati enzimatici
(ottenuti da pancreas, da funghi e da batteri) che idrolizzano l'amido.
Il trattamento più remoto e attualmente più noto è l’aggiunta di α amilasi
alle farine.
Le finalità principali di queste applicazioni sono:
- miglioramento della self-life nei prodotti “soffici” per la formazione
di destrine, la cui igroscopicità rallenta il raffermamento;
- aumento della quota di zuccheri fermentescibili per i prodotti a
lievitazione biologica;
- riduzione dei tempi di impastamento, per effetto della migliorata
idratabilità provocata dall’idrolisi;
- miglioramento della tenuta degli impasti sottoposti ad impastamento
intensivo;
- miglioramento della ritenzione dell’acqua e conseguentemente della
omogeneità degli impasti, quando questi sono sottoposti a
refrigerazione od a congelamento (impasti surgelati). La
cristallizzazione dell’acqua, che provoca un’alterazione della
struttura anche per migrazione in superficie durante il
raffreddamento lento, viene compensata da una migliore idratazione
provocata dall’idrolisi dell’amido.
Una esemplificazione degli effetti di diverse amilasi sulla struttura del pane è presentata nella Tabella 1 .
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Requisiti sulla crosta Requisiti della mollica
Tipo di
preparato
enzimatico
Attività Volume
del pane
ml
Qualità
organolettiche
Destrine
solubili
Unità
glucosio
nelle
destrine
alveolatura struttura
Senza aggiunte Malto
Amilasi fungina
Amilasi Batterica
-20080020080050200
2450279030002750290026002640
8090909585-60
1,52,23,11,92,1-2,8
9101178-16
MediaBuonaBuonaEccellenteBuonaBuonaScadente
MediaBuonaBuonaEccellenteBuona Scadente
Attività : unità SKB/Kg farina; Qualità Organolettiche: punteggio percentuale
Tabella 1: effetto dell’ alfa-amilasi sulla qualità del pane
Tuttavia bisogna ricordare che una elevata attività dell’alfa-amilasi può
risultare dannosa nella panificazione, perché impartisce appiccicosità della
mollica per accumulo di destrine.
2.1.3 II pane congelato
Nel corso degli ultimi anni, i consumatori e i produttori sono diventati più
consapevoli dell’importanza dei prodotti alimentari di alta qualità.
L’interesse per questo problema è diventato maggiore dal momento che
nuovi prodotti sono stati introdotti nel mercato e sono state utilizzate
moderne tecnologie anche per la produzione di prodotti alimentari
tradizionali, come per esempio l’uso di congelamento nei prodotti di
panetteria.
Il pane perde rapidamente le sue caratteristiche di freschezza, è facilmente
soggetto ad ammuffimento e la sua limitata self-life ha un importante
impatto economico per l’industria panificatoria e per i consumatori.
11
Per questo motivo, assieme al fatto che tale tecnologia permette di
aumentare la varietà delle forme per meglio soddisfare le esigenze dei
clienti, il pane prodotto, precotto e poi congelato si sta diffondendo molto
specialmente nei supermercati poiché la “doratura” finale non comporta
grandi spazi di lavoro né particolari difficoltà per gli addetti alla vendita.
Il processo produttivo si può sintetizzare con il seguente “schema di
produzione del pane (metodo diretto corto)” :
Farina Lievito Acqua Sale Malto Olio Grassi animali Altro (additivi)
Impastamento
Riposo o prima puntata (tempo medio ½ ora)
Cilindratura
Spezzatura
Formatura
Fermentazione (1 ora a 25/30°C)
Precottura (200-280 °C per 20 min)
Congelamento (a -20°C in 45 minuti)
Cottura (doratura)
Prodotto finito
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2.2 Normativa
Sia a scopo informativo sia al fine di inquadrare l’oggetto della
presente tesi nel contesto di riferimento si ritiene opportuno esplicitare le
principali fonti normative, che successivamente permetteranno lo sviluppo
del presente progetto nonché un’analisi più completa dello stesso.
2.2.1 – Livello Nazionale
A tale livello è necessario inizialmente prendere in considerazione la
normativa “orizzontale” di riferimento quale espressione del quadro
d’insieme della disciplina che va ad interessare, in senso generale, i prodotti
alimentari; ad esempio la Legge 30 aprile 1962 n. 283 “Disciplina igienica
della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”
ed il relativo Decreto di attuazione il Decreto del Presidente della
Repubblica 26 marzo 1980 n. 327 “Regolamento di esecuzione della legge
30 aprile 1962 n. 283 e successive modificazioni, in materia di disciplina
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande” ; il Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109 e successive
modificazioni “Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE
concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti
alimentari” ; il Regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del
Consiglio dell'UE che stabilisce le “norme generali in materia di igiene dei
prodotti alimentari”; il Regolamento CE 178/2002 che “stabilisce i
principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce
l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel
campo della sicurezza alimentare”.
L’analisi approfondita prevede quindi, congiuntamente alla
precedente, una lettura della normativa “verticale”, cioè specifica del
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prodotto “pane” ; ad esempio la Legge n° 580 del 4 luglio 1967
“Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati,
del pane (compresi i grissini) e delle paste alimentari”; DM 5 febbraio
1970 “Ingredienti consentiti nella produzione di pane e grissini speciali”;
DM 4 marzo 1970 “ Autorizzazione all’impiego di alcool etilico per pane in
cassetta”; DM 13 aprile 1987 “Norme sulla produzione di pane surgelato”;
DM 2 novembre 1992 “Pane e prodotti similari importati in ambito CEE ”;
DM 13 aprile 1994 “Permesso di aggiunta di glutine alle farine”; DPR 30
novembre 1998 “Regolamento recante norme per la revisione della
normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane”. Decreto 30
aprile 1998 “Regolamento recante aggiornamento del DM 27 febbraio 1996
n. 209, concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella
preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari, in attuazione
delle direttive n. 96/83/CE e n. 96/85/CE e della decisione n. 292/97CE”.
2.2.2 – Legge 30 aprile 1962 n. 283 “Disciplina igienica della produzione
e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” e successive
modificazioni.
• Le attività destinate alla produzione ed al commercio di sostanze
destinate all’alimentazione sono soggette a vigilanza per la tutela della
pubblica salute; a tale scopo è possibile procedere ad ispezione e a
prelievo dei campioni negli stabilimenti ed esercizi pubblici, dove si
producano, si conservino in deposito, si smercino o si consumino le
predette sostanze.
• Il Ministero della Salute con proprio Decreto, sentito il Consiglio
Superiore di Sanità, può consentire la produzione ed il commercio di
sostanze alimentari e bevande che abbiano subito aggiunte o sottrazioni
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o speciali trattamenti prescrivendo anche le indicazioni che debbono
essere riportate sul prodotto finito.
2.2.3 – Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980 n. 327
“Regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962 n° 283 e successive
modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.
• Ai fini della tutela della pubblica salute sono soggetti a vigilanza da
parte degli organi di controllo la produzione, il commercio e l’impiego
delle sostanze destinate all’alimentazione; i locali, gli impianti, gli
apparecchi e le attrezzature usati nelle varie fasi delle produzione e del
commercio degli stessi; il personale addetto alla produzione, al
confezionamento ed al commercio delle sostanze alimentari; i mezzi
adibiti al trasporto delle sostanze alimentari.
• Le modalità e le norme di prelevamento dei campioni da sottoporre ad
analisi sono riportate nell’allegato A del Decreto stesso: in particolare
sono indicate le quantità minime da campionare, da suddividere in
cinque aliquote a seconda della natura del campione, le norme generali
da seguire per il prelievo dei campioni da analizzare e le norme speciali
da seguire per il prelievo di campioni di sostanze particolari.
• Il verbale di prelevamento deve contenere:
- il numero progressivo per ciascun prelievo;
- la data, l’ora ed il luogo del prelievo;
- le generalità e la qualifica delle persone che eseguono il prelievo;
- il nome o la ragione sociale e l’ubicazione dell’attività in cui
viene eseguito il prelievo, nonchè le generalità della persona che
ha assistito allo stesso in qualità di titolare, di legale
rappresentante o di detentore della merce;
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- l’indicazione della natura della merce, la descrizione delle
condizioni di conservazione, le diciture apposte sulle etichette e
la dichiarazione se la merce è posta in vendita sfusa o in
contenitori originali;
- le modalità seguite nel prelievo;
- la dichiarazione che il titolare dell’impresa o un suo
rappresentante o il detentore ha trattenuto una copia del verbale e
un’aliquota del campione;
- la dichiarazione che il verbale è stato letto alla presenza
dell’interessato e che è stato sottoscritto anche dal medesimo o
se in caso contrario si è rifiutato di sottoscriverlo;
- la firma dei verbalizzanti;
- le eventuali dichiarazioni del titolare dell’impresa, del
rappresentante o del detentore;
• Il verbale di prelevamento viene redatto in quattro esemplari, tre dei
quali vengono inviati al Laboratorio che eseguirà gli accertamenti,
mentre un quarto viene rilasciato all’interessato o a chi lo rappresenta.
• In caso di prelievo di campioni confezionati, dovrà essere redatto un
quinto verbale di prelievo che verrà spedito senza ritardo all’impresa
produttrice, con lettera raccomandata.
• Sono inoltre elencati i requisiti minimi obbligatori per gli stabilimenti e
laboratori di produzione e confezionamento, dei depositi all’ingrosso,
degli esercizi di vendita e di somministrazione di sostanze alimentari e
bevande nonchè le norme igieniche per i locali e gli impianti.
2.2.4 – Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109 e successive
modificazioni, “Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE
concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti
alimentari”.
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• Il Decreto disciplina l’etichettatura dei prodotti alimentari, nonchè la
loro presentazione e la relativa pubblicità.
• Per etichettatura si intende l’insieme delle menzioni, delle indicazioni,
dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che
si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente
sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura
o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o sui
documenti di accompagnamento del prodotto alimentare.
• Per prodotto alimentare preconfezionato si intende invece l’unità di
vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alle
collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui
è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente od
in parte da tale imballaggio ma comunque in modo che il contenuto non
possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata.
• I prodotti alimentari preconfezionati, destinati al consumatore, devono
riportare le seguenti indicazioni:
- la denominazione di vendita;
- l’elenco degli ingredienti;
- la quantità netta;
- il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti
deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza;
- il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del
fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella
Comunità Economica Europea;
- la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;
- una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del
prodotto;
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- le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia
necessaria l’adozione di particolari accorgimenti in funzione della
natura del prodotto;
- le istruzione per l’uso, ove necessario;
- il luogo di origine o di provenienza.
2.2.5 - Regolamento CE n. 852/2004 del 29/04/2004 del Parlamento
Europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari “sull'Igiene dei
prodotti alimentari”.
• Il Regolamento stabilisce le norme generali in materia di igiene dei
prodotti alimentari destinate agli operatori del settore alimentare,
tenendo conto in particolare dei seguenti principi:
- la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti incombe
all'operatore del settore alimentare;
- è necessario garantire la sicurezza degli alimenti lungo tutta la catena
alimentare, a cominciare dalla produzione primaria;
- è importante il mantenimento della catena del freddo per gli alimenti
che non possono essere immagazzinati a temperatura ambiente in
condizioni di sicurezza, in particolare per quelli congelati;
- l'applicazione generalizzata di procedure basate sui principi del sistema
HACCP, unitamente all'applicazione di una corretta prassi igienica,
dovrebbe accrescere la responsabilità degli operatori del settore
alimentare;
- i manuali di corretta prassi costituiscono uno strumento prezioso per
aiutare gli operatori del settore alimentare nell'osservanza delle norme
d'igiene a tutti i livelli della catena alimentare e nell'applicazione dei
principi del sistema HACCP;
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- è necessario determinare criteri microbiologici e requisiti in materia di
controllo delle temperature sulla base di una valutazione scientifica
dei rischi;
- è necessario garantire che gli alimenti importati rispondano almeno
agli stessi standard igienici stabiliti per quelli prodotti nella Comunità,
o a norme equivalenti.
• Gli allegati al Regolamento contengono, suddivisi per capitoli, le
indicazioni riferite ai seguenti argomenti:
- requisiti generali per i locali;
- requisiti specifici all’interno dei locali in cui i prodotti alimentari
vengono preparati, lavorati o trasformati;
- requisiti per i locali mobili o temporanei, locali utilizzati
principalmente come abitazione privata, locali utilizzati
occasionalmente a scopo di approvvigionamento e distributori
automatici;
- trasporto;
- requisiti per l’apparecchiatura;
- rifiuti alimentari;
- rifornimento idrico;
- igiene personale;
- requisiti applicabili ai prodotti alimentari;
- requisiti applicabili al confezionamento e all'imballaggio di prodotti
alimentari;
- trattamento termico;
- formazione del personale addetto.
2.2.6 - Regolamento CE 178/2002 che “stabilisce i principi ed i requisiti
generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la
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sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza
alimentare”.
• Con questo Regolamento l’Unione Europea:
- si prefigge di rendere omogenea la Legislazione sulla sicurezza
alimentare fra i vari Paesi membri dell’Unione Europea;
- istituisce l’Agenzia Europea sulla Sicurezza Alimentare;
- definisce alcuni principi come il “principio di precauzione”,
l'importanza dell'informazione che accompagna gli alimenti, i diritti del
consumatore ed infine definisce la procedura della Rintracciabilità.
• Viene definito il Principio di Precauzione: "Qualora, in circostanze
specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili,
venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma
permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico, possono
essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio per
garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità
persegue ...".
• Definisce che anche gli alimenti e i mangimi importati devono
soddisfare le disposizioni della Legislazione Alimentare Comunitaria, e
quindi anche questo Regolamento e la rintracciabilità.
• Vengono definiti alimenti a rischio: se sono dannosi alla salute, se sono
inadatti al consumo umano; si stabilisce che per determinare se un
alimento è a rischio si valutano:
- le condizioni d'uso normali dell'alimento;
- le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le
informazioni riportate sull'etichetta e altre informazioni generalmente
accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi
per la salute provocati da un alimento o categoria di alimento.
20
• Viene affermato che "... l'etichettatura, la pubblicità e la presentazione
di alimenti e mangimi, compresi la loro forma, il loro aspetto, o
confezionamento, i materiali di confezionamento usati, e le informazioni
rese disponibili su di essi attraverso qualsiasi mezzo, non devono trarre
in inganno i consumatori".
• Definisce la Rintracciabilità e le procedure per attuarla: “la possibilità
di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un
animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza
destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento attraverso tutte le
fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.
• Soggetti: gli operatori del settore alimentare.
• Oggetto: la filiera in tutte le sue fasi (produzione, trasformazione e
distribuzione).
• Obiettivi: individuare chi ha fornito alimenti, mangimi, qualsiasi
sostanza, destinati ad entrare a far parte di un alimento o mangime;
individuare a chi sono stati forniti i propri prodotti.
• Mezzi: sistemi e procedure che consentano di mettere a disposizione alle
Autorità Competenti, che le richiedano, le informazioni a riguardo;
procedure di identificazione (gli alimenti e i mangimi che sono immessi
sul mercato comunitario devono essere etichettati o identificati per
agevolare la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni
pertinenti).
La rintracciabilità sarà di "prodotto", dovrà cioè definire in modo certo
l'origine delle materie prime identificando in modo inequivocabile non
solo i luoghi ma anche i terreni da cui provengono.
• Definisce la Tracciabilità come uno strumento che permette di seguire
un prodotto nella filiera, ne individua l'origine, raccoglie informazioni
soprattutto qualificanti, da evidenziare con marchi, etichette o
21
certificazioni; è un intervento volontario dove sono i soggetti stessi di
questa forma di autocontrollo a definirne le caratteristiche.
Appare opportuno segnalare come anche l’indirizzo della Normativa
Comunitaria va a riconfermare l’importanza del controllo e delle verifiche,
sia interne sia esterne al ciclo produttivo, e delle informazioni sia interne al
sistema, ovvero fra le varie aziende coinvolte e fra queste e le istituzioni,
che esterne cioè rivolte al consumatore finale, ponendo come centralità ed
obiettivo la salubrità degli alimenti quale strumento di tutela della salute
pubblica. Nello specifico appare importante ricordare:
Regolamento CE 882/2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a
verificare la conformità alla normativa un materia di mangimi e di
alimenti e alle norme sulla salute ed il benessere degli animali.
DGRV n. 3710 del 20.09.2007, ai sensi dei Regolamenti CE n.853/2004
in materia di igiene degli alimenti di origine animale, e n. 852/2004 già
citato, stabilisce le “Modalità di riconoscimento e registrazione delle
strutture di produzione, lavorazione, deposito, distribuzione, vendita e
somministrazione alimenti”.
Il Decreto emesso dalla Giunta Regionale definisce gli iter
“autorizzativi” comunitari delle strutture che producono, lavorano,
trasformano, distribuiscono e somministrano alimenti che prima erano
obbligate al solo rispetto della normativa nazionale (Legge n. 283/62 art.
2 abrogato dal Decreto Legislativo n. 193 del 06.11.2007).
Decreto legge n. 223/06 (Decreto Bersani) : l’art. 4 abroga la Legge
31 luglio 1956 n. 1002 relativa all’autorizzazione dei panifici destinati
alla produzione di pane congelato e cita al comma 2 : “L'impianto di un
22
nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici
esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al
comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241. La dichiarazione deve essere corredata
dall'autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito
ai requisiti igienico-sanitari e dall'autorizzazione alle emissioni in
atmosfera, dal titolo abilitativo edilizio e dal permesso di agibilità dei
locali”.
Attraverso le direttive “verticali” sotto riportate, viene quindi
evidenziata l’attenzione rivolta dal Servizio Sanitario Nazionale verso la
produzione e la vendita del pane e derivati.
2.2.7 - Legge n. 580 - 4/07/1967 - DPR n. 502 - 30/11/1998, “Disciplina
per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane
(compresi i grissini) e delle paste alimentari”.
• E’ denominato “pane” il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale
di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano,
acqua e lievito, con e senza aggiunta di sale comune.
• Il prodotto ottenuto mediante completamento di cottura da pane
parzialmente cotto, surgelato e non, deve essere distribuito in comparti
separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati, e riportare:
“ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato ”
“ottenuto da pane parzialmente cotto”.
• Nella produzione del pane è consentito l’impiego di farine di cereali
maltati, estratti di malto, alfa e beta amilasi ed altri enzimi naturalmente
23
presenti negli sfarinati, paste acide essiccate, farine pregelatinizzate di
frumento, glutine, amidi alimentari, zuccheri.
• Il contenuto in acqua del pane a cottura completa, con la sola eccezione
del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un
aumento del 25%, è stabilito come appresso :
pezzature sino a 70 grammi, massimo 29%;
pezzature da 100 a 250 grammi, massimo 31%;
pezzature da 300 a 500 grammi, massimo 34%;
pezzature da 600 a 1.000 grammi, massimo 38%;
pezzature oltre i 1.000 grammi, massimo 40%.
• Per i pani ottenuti con sfarinati diversi dal grano, nonché per il pane
con sostanze grasse (>3%), con malto (>4%), con zuccheri (>2%), le
umidità sopraelencate vanno aumentate del 10%.
Fa eccezione il pane di segale che indipendentemente dalla pezzatura
può avere un’umidità massima del 44%.
• Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3
% di sostanza grassa totale riferita a sostanza secca.
• Il pane con aggiunta di malto deve contenere non meno del 4 % di
zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferito a sostanza secca.
• Il pane con aggiunta di zuccheri deve contenere non meno del 2 % di
zuccheri riduttori, riferito a sostanza secca.
2.2.8 - DM 27 febbraio 1996 n. 209, concernente la disciplina degli
additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione
delle sostanze alimentari.
• Prevede nel pane l’aggiunta di additivi in numero limitato e in base al
criterio “quanto basta”; sono tutti composti naturali in quanto
24
componenti abituali di numerosi alimenti e non danno adito a dubbi
sulla loro sicurezza.
Questi additivi, aggiunti secondo il principio “quanto basta” sono riassunti
nella seguente Tabella 2 : SIGLA DENOMINAZIONEE 260 acido aceticoE 261 Acetato di potassioE 262 Acetato di sodioE 263 Acetato di calcioE 270 acido latticoE 300 acido ascorbicoE 301 ascorbato di sodioE 302 ascorbato di calcioE 304 esteri dell’acido ascorbico con acidi grassiE 322 LecitineE 325 lattato di sodioE 326 lattato di potassioE 327 lattato di calcioE 471 mono- e digliceridi degli acidi grassiE 472° esteri acetici di mono- e digliceridi degli
acidi grassiE 472d esteri tartarici di mono- e digliceridi degli
acidi grassiE 472e esteri mono- e diacetiltartarici di mono- e
digliceridi degli acidi grassiE 472f esteri misti acetici-tartarici di mono- e
digliceridi degli acidi grassi
Tabella 2 :additivi ammessi secondo il principio”quanto basta”
Altri additivi ammessi nel pane secondo condizioni sono invece riassunti
nella seguente Tabella 3.
E 200 acido sorbicoE 202 sorbato di potassio
Pane a fette preconfezionate < 2000 mg/kg
25
E 203 sorbato di calcio Pane di segale (espr. Come acido sorbico)
E 280 acido propionico
E 281 propionato di sodio
E 282 propionato di calcio
E 283 propionato di
potassio
Pane a fette preconfezionatePane di segale
< 3000 mg/kg
(espr. Come acido propionico)
Pane a ridotto contenuto calorico
Pane semicotto preconfezionatoRolls, buns e pizza
preconfezionati
< 2000 mg/Kg(espr. come acido
propionico)
Pane Preconfezionato< 1000 mg/Kg(espr. come acido
propionico)
Alcool etilicoPane cotto in stampiPane a fette o in forma
intera in confezione
impermeabile
< 20 g/kg
Tabella 3 : additivi ammessi secondo condizioni
2.2.9 - Legislatura 15°- Disegno di legge n. 565 del 20 giugno
2006,“Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane, nonché di
ammodernamento e rafforzamento strutturale delle imprese della
panificazione”.
• è la proposta ad una regolamentazione delle norme che disciplinano la
produzione e la commercializzazione del pane. Tale proposta di legge
propone la valorizzazione e la promozione delle tipologie panarie
tradizionali, la trasparenza del mercato a tutela del consumatore, la
professionalità degli operatori, l’adozione di disciplinari di produzione
la cui applicazione volontaria sia convalidata da un ente verificatore
riconosciuto.
26
3. Studio delle proprietà reologiche del pane
3.1 Struttura del pane
I cereali sono composti principalmente di amidi, fibre grezze, proteine (5-
15%), e quantità minori di grassi e polisaccaridi non amidacei.
Il componente principale, ed il più importante, è ovviamente l’amido, a sua
volta presente come amilosio (ca. 25% dell’amido totale) e amilopectina
(ca. 75%). Nei cereali e nelle loro farine l’amido si presenta sotto forma di
granuli dall’aspetto caratteristico.
La cellulosa e i pentosani ( noti anche come lignina) costituiscono invece la
parte indigeribile (fibra grezza o dietetica).
Per aggiunta di acqua alla farina di frumento, si ottiene un impasto (dough)
il quale, dopo lavaggio, lascia come residuo la frazione proteica, nota in
genere come glutine. Queste proteine vengono classificate in quattro gruppi:
albumine e globulina, solubili in acqua o sale, sono il 15% del totale e
costituiscono la frazione non-glutine; prolammine (gliadine) e gluteline
(glutenine), solubili in etanolo e acidi diluiti, sono l’85% del totale e
costituiscono il glutine.
Le proprietà viscoelastiche ( consistenza) dell’impasto per la panificazione,
e quindi dei prodotti derivati dalla cottura in forno, sono dovute alla
presenza dell’amido, sebbene la creazione delle strutture che consentono la
lievitazione dipenda dal contenuto di glutine. Nel caso della segale, che non
produce glutine, la panificazione dipende dalla presenza dei pentosani, che
hanno proprietà di rigonfiarsi in acqua.
Una delle proprietà più importanti a livello industriale è legata al
comportamento delle farine nel processo di panificazione infatti, nella
27
lievitazione l’idratazione del glutine deve dare luogo ad un impasto elastico,
estensibile, impermeabile ai gas.
Nell’industria moderna, la struttura dell’impasto viene sviluppata tramite il
forte apporto di energia meccanica per un breve periodo (contrariamente
alla panificazione manuale, molto più lenta).
Sfortunatamente, non vi è alcun semplice indicatore biochimico in grado di
prevedere la qualità dell’impasto a questo riguardo. Pur tuttavia, la
consistenza dell’impasto sembra essere legata ad un alto rapporto glutenine/
gliadine e alla presenza di certe subunità della glutenina ad alto peso
molecolare. In particolare, l’ossidazione dei gruppi tiolici (-SH) a disolfuro
(-S-S-) che avviene spontaneamente per ossidazione della farina durante la
conservazione, provoca la reticolazione delle catene proteiche, con
conseguente aumento del peso molecolare e migliore consistenza
dell’impasto.
Figura 1 : complessità dell’impasto
28
GLUTENINA
GLIADINA
(GLUTINE)
(
S
S
S
S
S
S
S
S
AMIDO
EMICELLULOSA FILM LIPIDICO
ACQUA
ACQUA
I due gruppi di sostanze proteiche sono solitamente considerati
congiuntamente perché – a parte i caratteri di solubilità – le differenze fra di
essi non sono forse sostanziali.
E’ tuttavia notevole il fatto che la gliadina e la glutenina sono suscettibili di
trasformazioni reciproche nel glutine del frumento e a causa della loro
composizione immediata sono da considerare come proteine di pieno valore
alimentare.
Mentre le gliadine conferiscono al glutine il suo elevato potere collante, la
sua elasticità e la sua tenacità, le gluteline (o glutenine) dominano sul valore
nutritivo. Il grado di elasticità, di plasticità e di tenacità del glutine ha
notevole importanza nel processo di panificazione e domina per ovvie
ragioni l’attitudine dei diversi frumenti (specie, razza e varietà) e delle
farine variamente condizionate alla panificazione e alla pastificazione.
Sulla ricchezza, sulla composizione e sulle proprietà dei costituenti del
glutine si fonda essenzialmente la distinzione fra grani duri, ricchi di glutine
e particolarmente adatti alla panificazione e grani teneri, meno ricchi di
glutine e particolarmente adatti alla panificazione.
E’ notevole il fatto che negli impasti da pane addizionati di lieviti, si
compiono, a temperatura opportuna, processi enzimatici e anche
fermentativi per cui la parte della glutinina si converte in gliadina.
Ne deriva inizialmente un miglioramento di attitudine alla panificazione per
le farine povere di gliadina; quando peraltro la gliadina raggiunge
proporzioni soverchianti, si ha invece un peggioramento all’attitudine
stessa, che è definito come collasso degli impasti.
29
3.2 Raffermamento del pane
Figura 2 : fenomeni legati al raffermamento del pane
Il fenomeno del raffermamento del pane, legato alla disidratazione
dell’amido e delle proteine, è stato studiato approfonditamente attraverso
analisi e valutazioni della consistenza della mollica dall’Università di
Bologna – Campus Scienze degli Alimenti.
La mollica del pane è una complessa matrice solida composta
principalmente da glutine, amido, lipidi e acqua, rappresentando così un
tipico biopolimero viscoelastico.
Sono state effettuate quindi analisi dinamo-meccaniche (DMA) e termo-
meccaniche (DTA) utilizzando uno strumento che opera in regime
indurimento con perdita di sofficità maggior tendenza allo sbriciolamento perdita di aroma caratteristicocomparsa di aroma “raffermo”
rammollimento con perdita di
croccantezza
retrogradazione dell’amido migrazione dell’acqua intra e inter-molecolare interazione composti aromatici con macromolecole
migrazione acqua dalla mollica alla
crosta
30
oscillatorio in compressione detto “reometro rotazionale” il quale viene
anche utilizzato per la determinazione delle proprietà reologiche dei
polimeri.
Si è visto che i cambiamenti fisico-strutturali del pane, dovuti
all’invecchiamento, detto anche comportamento viscoelastico, sono dovuti
alla transizione tra consistenza gommosa e vetrosa e viceversa dovuti
rispettivamente all’aumento della frequenza e della temperatura.
Questi studi hanno portato alle diverse considerazioni sull’influenza delle
modalità di confezionamento e conservazione: la temperatura ad esempio
influenza tutti i diversi aspetti del raffermamento del pane, in quanto
l’indurimento della mollica è più rapido se le temperature sono comprese tra
6° e 15° C. Al tempo stesso, però, temperature superiori a 30°C influenzano
negativamente altre proprietà quali aroma e colore. La miglior temperatura
per la conservazione del pane è compresa tra i 20° e i 30°.
Congelando il pane a temperature comprese tra 0° e -6°C si produce un
invecchiamento paragonabile a quello che si avrebbe con un giorno di
conservazione, si ha però il vantaggio che il prodotto è in grado di
mantenere queste sue caratteristiche per tutto il periodo di stoccaggio.
Nel momento in cui viene poi riscaldato è inoltre in grado di recuperare,
quasi totalmente, le caratteristiche tipiche del pane fresco.
Non solo la temperatura, ma anche il contenuto di umidità influenza le
caratteristiche qualitative del prodotto, infatti la migrazione di acqua da un
costituente della mollica ad un altro è riconosciuta come un fattore
contribuente nel processo di raffermamento del pane.
31
3.3 Valutazione dei comportamenti viscoelastici degli impasti
congelati.
Anche se molti studi hanno esaminato i caratteri qualitativi del pane a base
di pasta congelata, l’uso di additivi e lievito nella formulazione può
mascherare cambiamenti nella struttura dell'impasto dovuti al
congelamento.
Sulla valutazione, mediante analisi fisico-strutturali, dell’influenza del
congelamento e del tempo di stoccaggio sulla resa degli impasti
viscoelastici, si andrà a riportare di seguito uno studio effettuato
dall’Università di Bologna e descrivere una sperimentazione condotta
personalmente.
Dato che l’obiettivo di questi esperimenti è stato incentrato solo sulla
valutazione del comportamento degli impasti viscoelastici, alla
composizione dei campioni non sono stati incorporati lievito o additivi.
I dati ottenuti hanno dimostrato che più è lungo il tempo di stoccaggio a
-18°, minore è il rendimento positivo dell’impasto come durezza, elasticità,
adesività. I cambiamenti osservati delle proprietà reologiche degli impasti
non fermentati congelati, dopo lo scongelamento, possono essere attribuiti al
danno sulla reticolazione del glutine prodotto principalmente dalla
cristallizzazione del giaccio.
Negli ultimi anni il mercato degli impasti congelati è cresciuto per la
domanda dei consumatori di prodotti da forno convenienti e di alta qualità.
Questa tendenza ha agito come uno stimolo per la ricerca e lo sviluppo
tecnologico nel settore della panificazione, che sono stati principalmente
finalizzati a: migliorare la qualità, prolungare la durata, organizzare il
lavoro del panettiere in modo più razionale, riducendo (o eliminando) il
turno di notte.
32
Nella produzione di impasti congelati vi sono, tuttavia, implicazioni di
ordine qualitativo che possono comportare alcune carenze nel confronto con
il pane preparato con metodi tradizionali. I possibili difetti del pane
risultante da impasti congelati sono: inferiore aumento di volume durante la
lavorazione; inferiore morbidezza della mollica; formazione di zone, nella
sezione trasversale, con differenti livelli di umidità; formazione di macchie
nere e/o bolle sulla crosta durante la cottura.
Questi problemi sono dovuti ad alcuni fenomeni che possono verificarsi
durante il congelamento e la conservazione come: perdita di integrità della
reticolazione del glutine; riduzione della capacità di fermentazione del
lievito; riduzione del contenuto di acqua nello strato superficiale
dell’impasto dovuto alla sublimazione; irregolare ridistribuzione dell’acqua
nel sistema durante il congelamento. Tuttavia il danno causato dal
congelamento può essere minimizzato mediante l’adozione di opportune
precauzioni durante la formulazione e produzione del processo stesso.
Devono essere opportunamente scelti alcuni parametri tecnologici, in
particolare il congelamento veloce.
Uno dei fattori più importanti per ridurre il danno causato dal freddo è senza
dubbio il congelamento rapido, dato che permette la formazione di
microcristalli di ghiaccio che non compromettono l’integrità della
reticolazione del glutine. Tuttavia un abbassamento troppo rapido della
temperatura potrebbe seriamente compromettere la vitalità del lievito. Ciò
implica che vi sia una velocità ottimale di congelamento che consenta sia
un’intensa nucleazione dei cristalli, sia una riduzione dello shock termico
sulle cellule di lievito.
33
3.3.1 Piccole e grandi deformazioni dovute al congelamento : Test
condotto dall’ Università di Bologna. A. Angioloni, F. Balestra, G.G.
Pinnavaia, M. Dalla Rosa ( novembre 2007 – gennaio 2008).
I materiali utilizzati in questa sperimentazione sono state farine di grano
duro per panificazione (campione A) e di grano tenero per biscotti
(campione B). Le caratteristiche delle analisi della farina (umidità 44-19,
ceneri 08-01, proteine 46-10, contenuto di glutine 38-12, indice Zeleny 56-
61A e numero Falling 56-81B), tracciato alveolare 45-30A e tracciato farine
45-21 , sono stati determinate utilizzando i metodi AACC (1995).
Sono stati utilizzati un Farinografo, che misura la resistenza dell’impasto nei
confronti di una sollecitazione meccanica forte, ed un Alveografo che
misura l’estensibilità e resistenza dell’impasto.
Figura 3 : alveografo di Chopin
34
Dopo l’impastamento, i campioni sono stati congelati a – 18°C per 60 giorni
misurando le variazioni di temperatura durante congelamento al centro del
campione.
Le misurazioni reologiche sugli impasti scongelati a temperatura ambiente
per 90 min. sono state effettuate dopo 15, 30, 45 , 60 giorni di stoccaggio.
I valori ottenuti sono riassunti nella seguente tabella 4.
Campione Tempo
(giorni)
Analisi Profilo Texture dell’impasto
Tenacità- Forza Elasticità Adesività-ViscositàA 0 62.05a 09.5a 25.20bA 15 53.34b 0.83b 25.25bA 30 52.79b 0.78b 25.39bA 45 50.76b 0.74c 25.95bA 60 49.50b 0.73c 31.09aB 0 51.87a 0.93a 39.71bB 15 40.15b 0.91a 39.99bB 30 38.88b 0.84b 40.86bB 45 33.45c 0.75c 50.90aB 60 32.57c 0.75c 52.32a
Tabella 4 : Effetto del tempo di stoccaggio sulle proprietà reologiche empiriche degli impasti (All’interno di colonna, i valori con la stessa seguente lettera non
differiscono in modo significativo gli uni dagli altri).
Dai valori ottenuti si è potuto affermare che più lungo è il periodo di
stoccaggio a -18°, più bassa è la componente di robustezza (tenacità-forza)
dell’impasto e di elasticità (l’adesività è stata l’unica caratteristica per cui è
stato misurato un comportamento contrario).
Considerando che più lungo è il periodo di stoccaggio a -18° e maggiori
sono le dimensioni dei cristalli di ghiaccio, che inoltre alcune variazioni di
temperatura sono inevitabili e perciò l’effetto risulta essere più accentuato
quanto più lunga è la conservazione a temperature di -18°C., i risultati
ottenuti confermano che è molto importante usare impianti di conservazione
(stoccaggio) in grado di mantenere la temperatura più costante possibile.
35
Per questo motivo dovrebbero essere evitati periodi di conservazione
eccessivamente lunghi. In generale, i tempi di stoccaggio non dovrebbero
superare i 45-60 giorni.
3.3.2 Prova sperimentale: effetti del congelamento sul contenuto
proteico. Test di valutazione dell’estensibilità e della resistenza degli
impasti dopo le fasi di congelamento e scongelamento condotto presso un
laboratorio privato di un Molino della provincia di Padova.
A fronte di quanto detto finora sugli effetti dei cristalli di ghiaccio, nella
fase di congelamento di un prodotto alimentare, si è cercato di dimostrare
quantitativamente la componente di rottura delle catene proteiche. Come
già detto, le catene proteiche sono costituite dal glutine cioè di quelle
strutture formate dal rapporto glutenine/gliadine che alla presenza di certe
subunità della glutenina ad alto peso molecolare, attraverso l’ossidazione
dei gruppi tiolici (-SH) a disolfuro (-S-S-), provocano la reticolazione delle
catene proteiche, con conseguente aumento del peso molecolare e migliore
consistenza dell’impasto.
Per la prova sono stati utilizzati sette campioni di farine di grano tenero di
varia qualità (da vari tipi di frumento: nazionale o estero es. Manitoba),
impastati con sola acqua e sale senza aggiunta di lievito.
Sono state effettuate prove di elasticità e forza degli impasti prima e dopo
congelamento.
E’ stato utilizzato un Alveografo NG Chopin riconosciuto in tutto il mondo
e oggetto di norme francesi ed internazionali: - AFNOR N° V03.710 –
AACC N° 5430 A1194 - ISO N°5530/4 1992 – ICC Standard N° 121.
36
3.3.3 Alveografo di Chopin
L’alveografo di Chopin è un apparecchio che serve sostanzialmente a
misurare l’estensibilità di un impasto e la resistenza esercitata dal glutine
dopo lo stress causato nell’impastamento. Tecnicamente si opera formando
un impasto che viene successivamente suddiviso in piccoli dischi rotondi
che, posati su un cilindro, vengono sottoposti ad una pressione e gonfiati
fino a raggiungere il punto di rottura. Tutto questo viene riportato su di un
grafico dal quale vengono estrapolati gli indici.
Gli indici che si rilevano da una analisi di Chopin sono:
a) W = area compresa nella linea, cioè area dell’alveogramma;
b) P = altezza della curva – misura la resistenza dello stiramento;
c) L = lunghezza della curva – corrisponde all’estensilbilità.
L’alveogramma è sicuramente in correlazione con il contenuto proteico
della farina: maggiore è il contenuto proteico, più alta è l’altezza della
curva. Di fondamentale importanza è il rapporto tra l’indice P e l’indice L.
Una farina che abbia un opportuno rapporto tra la resistenza alla
deformazione (P) e l’estensibilità (L), produrrà un impasto con il massimo
di volume ed una struttura interna ben proporzionata.
Un indice equilibrato P/L è compreso tra 0,5 e 0,7 (anche se in tempi più
recenti si è potuto verificare che in molte produzioni, i cui tempi sono stati
accelerati, è gradito un rapporto anche leggermente più alto: es.0,8).
Lettura dell’indice “W”.
W superiore a 280: farina di forza impiegata per impasti a lunga lievitazione
o come rinforzanti di farine più deboli.
W compreso tra 230 e 280: farina equilibrata adatta alla produzione di pane
e buona pasta per pizza.
37
W inferiore a 170: farina con scarse attitudini alla produzione di pane e
pizza destinata soprattutto a produzione di prodotti che non necessitano di
lievitazione (biscotti, cialde ecc..).
Figura 4 : schema di funzionamento dell’alveografo
Figura 5 : Alveogrammi
38
3.3.4 Risultati della sperimentazione
Gli impasti di farina ed acqua sono stati prodotti da impastatrice incorporata
all’ Alveografo a temperatura stabilizzata, utilizzando una quantità di acqua
salata (al 2,5%) in quantità percentuale pari all’umidità relativa della farina
stessa.
Sono state effettuate le misure di estensibilità sugli impasti appena preparati,
poi gli stessi impasti, riposti in sacchetti di polietilene, sono stati congelati
per due giorni a -18 °C.
Dopo lo scongelamento a temperatura ambiente per circa 90 min. è stata
ripetuta la prova con l’alveografo.
Gli impasti scongelati sono stati inseriti prima nell’impastatrice, mantenuti a
temperatura costante (a 25°C per lo stesso tempo che erano stati mantenuti
gli impasti “freschi”) e poi sono state ripetute le misurazioni.
I grafici ottenuti sono stati messi a confronto con quelli degli impasti
ottenuti prima del congelamento.
Nelle figura 6 e 7 vediamo due esempi di grafici ottenuti per confronto dei
due alveogrammi relativi alle prove eseguite prima e dopo congelamento di
un impasto di farina di forza (Manitoba) ed un impasto di farina
“Nazionale”.
Le linee del grafico rappresenta due aree, una che rappresenta l’indice di
forza della farina “W” misurato sull’impasto fresco e l’altra che rappresenta
l’indice su impasto dopo scongelamento.
39
Gli esempi riportati nelle Figure precedenti rappresentano due dei risultati
più evidenti, tuttavia in tutte le prove effettuate, tranne una, l’indice W
ottenuto dopo congelamento dell’impasto è risultato inferiore rispetto
all’indice ottenuto da impasto fresco. I risultati delle prove vengono
riassunti nella seguente Tabella 5.
indici P L W P/LCampioni prima dopo prima dopo prima dopo Prima dopo 1 60 57 133 91 233 172 0,45 0,632 75 75 151 111 403 310 0,50 0,683 63 70 116 107 241 256 0,54 0,654 77 72 113 101 284 249 0,71 0,685 89 72 137 140 441 382 0,65 0,516 78 70 109 107 290 256 0,72 0,657 84 87 143 83 406 292 0,59 1,05
Tabella 5 : risultati della prova sperimentale
3.3.5 Discussione dei risultati
Il test effettuato, come tutte le sperimentazioni scientifiche può presentare
delle minacce alla validità interna dello studio, definite anche Threats, cioè
errori dovuti a problemi metodologici.
Prima di trarre le conclusioni sulle prove effettuate vengono di seguito
esposte alcune problematiche che possono essere causa di errate
interpretazioni dei dati.
Evidenziare alcuni probabili errori, tipici di qualsiasi studio sperimentale, è
necessario al fine di non generalizzare ed estendere il risultato come di
regola per tutti i processi alimentari simili a quello descritto.
42
- Possono esserci delle discrepanze tra i risultati del test ed il reale
comportamento della farina durante il processo tecnologico dovute a tempi,
umidità dell’aria e temperature;
- i parametri ottenuti dai test sono fortemente dipendenti da: errore
dell’apparecchio utilizzato (es. taratura dello strumento), manualità
dell’operatore, dimensioni del campione;
- influenza della velocità di congelamento sulla cristallizzazione dell’acqua
nelle catene proteiche: più veloce è il processo e meno si formano cristalli
grossi che possono danneggiare la texture dell’impasto.
- una critica alla metodologia sta sul fatto che il test è condotto ad umidità
costante, con una idratazione insufficiente nelle farine ad elevato contenuto
proteico: è infatti ritenuto un limite dell’alveografo il fatto che si lavora ad
idratazione costante (50% di assorbimento).
Tuttavia bisogna anche discutere sugli aspetti che definiscono la validità
esterna dello studio. I risultati dello studio sembrano infatti concordare con
gli altri studi citati in precedenza sul raffermamento del pane e sulle
proprietà reologiche empiriche degli impasti legate al tempo di
congelamento.
Si ritiene a questo punto opportuno citare un ulteriore studio tratto da “Atti
del 1° Congresso Italiano di Scienza e tecnologia degli Alimenti” (1993).
Svolgendo indagini calorimetriche sui fenomeni di raffermamento del pane
è stato messo in luce che il congelamento ha un effetto complesso sulle
caratteristiche del pane, promuovendo i processi di aggregazione e
propagazione dei cristalli di amilosio e di amilopectina e quindi
predisponendo in parte il prodotto ad un raffermamento precoce.
43
3.3.6 Conclusioni sul test effettuato
La sperimentazione effettuata ha dato conferma agli altri studi citati in
merito alla reologia e raffermamento degli impasti di pane legati a processi
di congelamento.
Dai risultati ottenuti, ad eccezione di una prova su sette, è emerso che il
valore dell’indice W, dopo scongelamento dell’impasto, è diminuito rispetto
al corrispondente valore misurato su impasto fresco.
Anche i valori di P e di L, rispettivamente della tenacità o resistenza allo
stiramento e di elasticità dell’impasto, tendono a diminuire.
Considerando quindi che la struttura o “texture” degli impasti di pane si
forma dalla reticolazione delle catene proteiche e che la diminuzione dei
valori evidenzia un indebolimento della struttura, si può concludere che
l’azione meccanica data dalla formazione di cristalli di ghiaccio e
dall’aggregazione delle unità dei costituenti del pane (amido e proteine),
porta ad una rottura delle catene proteiche.
Tali deformazioni, anche se di lieve entità, contribuiscono a peggiorare le
proprietà reologiche, organolettiche e nutrizionali del prodotto alimentare
che ha subito un processo di congelamento.
E’ chiaro che l’uso di pasta congelata consente una riduzione del lavoro e
dei costi di produzione, facilitando al tempo stesso il trasporto.
Tuttavia, non si può negare che la qualità del prodotto finale preparata a
partire da impasti o semilavorati precotti e poi congelati, è spesso inferiore
ad uno fresco.
44
4. Formulazione degli impasti di pane
Il pane, riprendendo la definizione che viene data nella Legge 580 è il
“prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta
convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito,
con o senza aggiunta di sale comune”. Se sono presenti solo questi
ingredienti di base, il pane è definito comune, in presenza di altri ingredienti
si parla di pani speciali (pane al latte, all’olio, allo strutto, al sesamo, ecc.).
Il pane comune è ulteriormente classificato in diversi tipi, sulla base della
farina di partenza utilizzata: pane di tipo 00, 0, di semola stanno ad indicare
l’impiego nella produzione del pane rispettivamente di farine 00, 0 e semola
di grano duro.
L’acqua, aggiunta alla farina in misura variabile in funzione del tipo di pane
(generalmente 40-65 parti per 100 parti di farina), ha altre funzioni
fondamentali oltre quella di determinare la formazione del glutine, quali
l’idratazione dei granuli di amido, l’azione solvente per altri ingredienti, la
regolazione dell’attività enzimatica.
Il lievito (generalmente S. Cerevisiae) ha come azione fondamentale di
avviare e permettere lo svolgimento della fermentazione, attraverso la
trasformazione chimica dei carboidrati fermentescibili presenti in alcool
etilico e anidride carbonica.
La funzione del sale (1-2% in peso della farina) è essenzialmente quella di
conferire sapore all’impasto, inoltre, anche se in modo riflesso, può
incrementare la forza dell’impasto, a causa di legami salini con le proteine
del glutine.
L’aggiunta di altri ingredienti, oltre a quelli di base, può avere una funzione
organolettica o tecnologica, in genere ha lo scopo di rendere il prodotto più
appetibile o di migliorarne la qualità. Ad esempio l’aggiunta di malto o
45
farine di cereali maltati ha lo scopo di potenziare il patrimonio enzimatico
dell’impasto, favorendo la scissione dei carboidrati e quindi l’avvio della
fermentazione, lo sviluppo dell’impasto (volume del pane) e, di
conseguenza, l’alveolatura.
L’aggiunta di grassi ha diverse funzioni: di lubrificare, in quanto migliora lo
scorrimento delle macromolecole del glutine e quindi favorisce una
maggiore estensibilità dell’impasto; di stabilizzare, in quanto favorisce la
formazione di bolle d’aria di piccole-medie dimensioni e quindi
un’alveolatura più regolare; di aumentare la conservabilità, in quanto
rallenta la migrazione dell’acqua tra amido e proteine e le interazioni tra i
granuli d’amido, rallentando così il raffermamento del pane.
4.1 Principali analisi chimiche del pane
Le analisi principali che vengono effettuate sul pane sono:
- determinazione dell’umidità: la Legge n. 580/67 prevede, come già detto,
limiti di umidità diversi in base alla pezzatura del pane. Quantità eccedenti
rispetto ai limiti legali favoriscono la formazione di muffe, oltre a
evidenziare una cottura insufficiente;
- determinazione delle ceneri: la quantità di ceneri possono evidenziare
aggiunte fraudolente di sostanze minerali;
- determinazione dei grassi aggiunti: la frazione lipidica viene analizzata al
gascromatografo (dopo idrolisi ed estrazione in etere etilico) e il
cromatogramma ottenuto raffrontato con quelli dell’olio di oliva, del burro e
dello strutto.
Accanto ai picchi caratteristici, si possono ritrovare quelli degli acidi grassi
della farina.
46
4.2 Aggiunta di sostane grasse al pane
Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3% di
materia grassa totale riferito alla sostanza secca, comprensiva dei grassi
presenti nelle farine. Tale valore è riferito all’aggiunta di “grassi solidi”
quali lo strutto, la margarina, il burro. Qualora si produca pane con
l’aggiunta di olio di oliva (denominato “Pane tipo 0 all’olio di oliva”) è
fissata una percentuale minima del 2%.
Il pane così detto “comune”, cioè il prodotto posto in vendita con l’aggiunta
alla denominazione “pane” della specifica del vegetale da cui proviene la
farina impiegata, non è ammessa l’aggiunta di sostanze grasse neanche al di
sotto del valore 3%. Tuttavia è comunque consentito l’impiego di olio per la
cosiddetta “spalmatura” in percentuali minori, ma in tal caso non si figura
come ingrediente, bensì come “coadiuvante tecnologico” e come tale può
non rientrare tra le indicazioni obbligatorie data dal D.Lgs. n. 109/92
sull’etichettatura.
I cosiddetti “miglioratori”, già accennati inizialmente, cioè emulsionanti
denominati “Mono e digliceridi degli acidi grassi” (E471, E472) di
composizione chimica simile ai trigliceridi, essendo considerati “additivi
alimentari” possono essere impiegati anche nel pane “comune”, quindi
senza grassi aggiunti.
Anche se abbiamo visto che le percentuali di sostanze grasse usate nella
fabbricazione del pane sono piuttosto basse e considerando che la grande
maggioranza dei grassi e oli commestibili consiste di trigliceridi o anche
detti triacilgliceroli, ricordiamo cosa comporta a livello salutare
l’assunzione di queste sostanze.
47
C55H98O6
Figura 8 : Formula chimica di un trigliceride insaturo. Parte sinistra: glicerolo,
parte destra dall'alto al basso: acido palmitico, acido oleico, acido alfa-linolenico.
I trigliceridi non possono passare attraverso le membrane cellulari ma una
volta che la Lipasi (enzima pancreatico) ha scisso gli acidi grassi dal
glicerolo, gli acidi grassi vengono assorbiti per semplice diffusione alle
cellule assorbenti dei villi intestinali.
Una volta giunte nelle cellule, tuttavia, le molecole degli acidi grassi sono
riattaccate al glicerolo quindi riconvertite in altri trigliceridi però all’interno
di compartimenti chiusi da membrane. I trigliceridi così confinati nello
spazio vacuolare sono anche forniti di un rivestimento proteico che li aiuta a
rimanere in sospensione nell’acqua.
Mantenere i grassi sospesi in acqua non è una questione priva d’importanza
per l’organismo. E’ importante perché tutti i fluidi tissutali sono acquosi.
I grassi odiano l’acqua, non si sciolgono. Come dice il proverbio, l’olio e
l’acqua non si mescolano.
I grassi che escono dalla soluzione possono depositarsi nelle arterie e
causare l’arteriosclerosi (indurimento delle arterie), con terribili
conseguenze come infarto e ictus.
48
4.3 Determinazione delle sostanze “grasse” in campioni di
pane
Per la valutazione delle sostanze grasse presenti nel pane sono stati raccolti i
dati dei campioni effettuati nell’anno 2008 nel territorio di competenza del
Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) dell’ULSS n. 9 di Treviso ed
analizzati presso il laboratorio ARPAV di Treviso. I campioni fanno parte
del programma di campionamento regionale previsto dal DGRV n.155 del
21.03.2008 “Piano Regionale Integrato dei Controlli 2007-2010”- PRIC
Anno 2008.
4.3.1 Materiali e metodi
I riferimenti legali e la buona tecnica per la realizzazione dei prelievi sono
stati acquisiti dalla Legge 283/62 ed al suo Regolamento di attuazione
D.P.R. 327/80.
La strumentazione utilizzata dal Laboratorio per effettuare la analisi, dopo
Idrolisi ed estrazione in etere etilico delle sostanze grasse dalla matrice di
pane, sono: gascromatografo (GC) con rivelatore a ionizzazione di fiamma
FID su colonna polare in carbovax a rampa termica.
E’ stata usata la metodica definita dall’ISS (Istituto Superiore Sanità) Annali
1967 e da Regolamento CE 2568/1991 (NGDC41 e NGDC 42-71).
Sono stati raccolti venti campioni di pane “ tipo 0” (comune) cioè senza ag-
giunta di sostanze grasse e otto campioni di pane e derivati del pane (grissi-
ni) tipo “0” con aggiunta di grassi o olio extravergine di oliva.
49
I cromatogrammi (ottenuti dall’analisi gascromatografica) hanno permesso
di distinguere la tipologia delle sostanze grasse aggiunte e sono state riporta-
te le percentuali dei diversi acidi grassi sul totale di grasso rilevato.
La composizione in acidi grassi dipende fortemente dalla specie di origine e
la loro determinazione spesso porta ad evidenziare eventuali frodi commer-
ciali. L’analisi GC permette ad esempio di rilevare l’adulterazione dell’olio
di oliva, che contiene solo tracce di acidi grassi a catena corta, con grassi
animali di basso costo che ne contengono in quantità maggiori.
4.3.2 Risultati
Si sono considerate le seguenti tipologie di acidi grassi: acido butirrico, aci-
do stearico e palmitico, nel gruppo di appartenenza agli acidi saturi di origi-
ni prevalentemente animale, acido oleico dall’olio di oliva e linoleico dall’o-
lio di semi nel gruppo degli insaturi.
I risultati delle analisi effettuate sui venti campioni di pane Tipo 0 “comu-
ne” hanno rilevato comunque la presenza di una percentuale di sostanze
grasse (a volte prossimi ed in un caso anche oltre al limite del 3% consenti-
to) e, ancor più importante da sottolineare, spesso non dovute alla semplice
spalmatura superficiale con olio di oliva, ma all’aggiunta, come dimostra
l’alta percentuale presente di acidi grassi saturi, derivanti prevalentemente
da grassi di origine animale.
I risultati ottenuti dall’analisi dei campioni di “pane Tipo 0”, cioè dichiarato
alla vendita privo di grassi, sono riportati nella Tabella 6 e nel grafico 1 se-
guenti:
50
n° cam-
pione
Tot.
Grasso
% s.s.
Acido
butirrico
% e.m.
Acido
palmitico
% e.m.
Acido
stearico
% e.m.
Acido
oleico
% e.m.
Acido li-
noleico
% e.m.
note
1 1,8 - 22,38 6,80 15,41 49,22 S2 1,5 - 21,55 2,07 20,68 47,23 F3 1,9 3,06 17,75 2,80 31,67 34,72 S4 1,8 56,46 9,07 3,26 13,31 13,45 F5 2,2 4,47 22,90 9,38 23,80 30,25 S6 1,6 6,47 18,81 7,60 14,70 40,55 F7 2,1 4,82 19,93 7,92 24,84 32,35 S8 2,9 5,34 20,21 9,50 31,97 21,88 S9 2,4 1,78 14,14 3,04 45,54 27,89 S10 1,9 - 23,67 3,10 31,95 24,02 S11 1,8 - 22,02 8,62 18,79 43,88 S12 2,6 - 22,73 7,52 24,47 37,52 S13 2,2 7,39 15,63 2,87 25,30 30,38 S14 1,7 4,43 13,88 2,61 25,23 45,84 F15 2 23,95 8,17 32,12 24,49 43,38 S16 1,7 23,63 5,25 28,88 20 48,34 F17 1,7 22,7 3,92 26,62 21,42 49,41 F18 2,3 25,64 8,97 34,61 19,97 45,42 S19 3,3 24,37 8,36 32,73 41,56 23,68 S+F20 1,6 19,86 3,45 23,31 27,01 46,98 F
Tabella 6: analisi su pane tipo 0 “comune” (% s.s.= % su sostanza secca; % e.m.= % di
esteri metilici; S= presenza grasso di spalmatura; F= profilo grasso della farina)
51
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19
campione di riferimento
% d
i gra
sso
su s
.s.
Serie1Serie2Serie3
Grafico 1 : quantità % di sostanze grasse aggiunte su Pane tipo 0 ( Serie1= %
grasso totale su s.s. ; Serie2 = %grassi saturi su s.s.; Serie3 = % grassi insaturi su s.s.)
n° cam-
pione
Tot.
Grasso
% s.s.
Acido
butirrico
% e.m.
Acido
palmitico
% e.m.
Acido
stearico
% e.m.
Acido
oleico
% e.m.
Acido li-
noleico
% e.m.
Tipo di
olio o
grasso1 5,2 - 23,93 13,20 35,94 17,63 Strutto2 7,2 - 31,08 16,20 28,70 5,18 Strutto3 10,6 - 23,50 12,62 38,82 14,20 Strutto4 5,5 1,86 21,98 13,03 35,28 14,66 Strutto5 4,6 0,12 11,52 3,07 58,81 15,32 Olio di
oliva6 6,4 2,11 21,48 12,73 35,76 16,34 Strutto7 6,6 1,28 11,15 - 64,44 13,78 Olio di
oliva8 9,5 - 15,02 6,11 60,49 11.25 Olio di
oliva Tabella 7: analisi su pane con aggiunta di grassi (% s.s.= % su sostanza secca; %
e.m.= % di esteri metilici; note= tipo di sostanza grassa aggiunta).
52
0
1
2
3
4
1 2 3 4 5 6 7 8
cam pione di riferim ento
% di
grass
o su s
.s. Serie1
Serie2
Serie3
Grafico 2 : quantità % di sostanze grasse su Pane “Condito” ( Serie1= %
grasso totale su s.s. ; Serie2 = %grassi saturi su s.s.; Serie3 = % grassi insaturi su s.s.)
4.3.3 Considerazioni e confronto tra pane fresco e congelato
I risultati ottenuti evidenziano l’aggiunta di grassi in tutti i campioni, anche
nel pane Tipo 0 “comune” che non ne dovrebbe contenere. Alla vendita,
tale aggiunta, non viene dichiarata se inferiore al valore limite previsto dalla
norma che è il 3%.
Tuttavia tale “consuetudine” di aggiungere sostanze grasse, forse usata sia
per insaporire sia per rendere più morbido il prodotto finale, dovrebbe esse-
re una procedura non consentita specie quando non si tratta di olio di oliva o
extravergine di oliva usati nella spalmatura superficiale ma di aggiunte di
grassi di origine animale in quanto, come già detto, possono dare problemi
ad alcune persone che devono, per problemi salutari, mantenere diete ali-
mentari particolarmente prive di trigliceridi.
53
Tali aggiunte sono risultate essere più evidenti nelle produzioni artigianali
che non in quelle industriali.
Ad esempio si vedano i campioni n. 4 e n. 19 della Tabella 6 ( grafico 1) e n.
2 della Tabella 7 ( grafico 2).
I risultati dei campioni effettuati su pane ottenuto dalla “doratura” di semi-
lavorato precotto e congelato, presentano un maggiore contenuto di acidi
grassi insaturi dati da aggiunta di olio d’oliva ed extravergine di oliva che
non dovuti all’aggiunta di sostanze grasse “solide” contenenti quindi acidi
grassi saturi (es campione n. 14 della Tabella 6 - grafico 1 e campione n. 5
della Tabella 7 - grafico 2).
Concludendo, si può dire che la quantità di sostanze grasse aggiunte (sia per
piccole quantità che quando aggiunte come ingrediente “caratterizzante”)
sembrano essere più un aspetto metologico di preparazione che non un fatto-
re strettamente necessario per ottenere un prodotto con qualità organoletti-
che e commerciali migliori o legato a determinati processi produttivi.
Inoltre l’aspetto della formulazione del pane, che nell’industria è determina-
to da protocolli operativi standard, può dare maggiori garanzie nella compo-
sizione, prevista ed indicata poi nel prodotto finito destinato alla vendita.
54
5. “Linee guida per ridurre l’acrilammide nei prodot-
ti di panetteria”
Un breve cenno ad un problema già conosciuto nei prodotti a base di patate
fritte e nelle patatine fritte ora emergente anche nei prodotti da forno (pro-
dotti di panetteria, biscotti crackers, fette biscottate, cereali): la formazione
di acrilammide.
L'acrilammide è un composto cancerogeno, mutageno, con tossicita' sistemi-
ca ma preferenziale per il sistema nervoso sia centrale che periferico (causa
polineuropatia) e quello riproduttivo. Può provocare il cancro negli animali
e secondo gli esperti è probabile che possa indurlo anche nell'uomo.
L’acrilammide è una sostanza che si forma naturalmente negli alimenti a se-
guito di processi di cottura ad alta temperatura (es. cottura al forno, alla gri-
glia o frittura).
Sebbene l'acrilammide sia probabilmente parte della dieta fin da quando
l'uomo ha cominciato a cuocere i cibi, gli esperti a livello mondiale hanno
raccomandato una riduzione del suo tenore negli alimenti, dati i timori che
questa sostanza suscita sotto il profilo della sicurezza.
CH2CHCONH2
Figura 9: Acrilammide
· L'acrilammide si forma da una reazione tra l'asparagina e gli zuccheri ridu-
centi (entrambi naturalmente presenti nei cereali); in qualche raro caso lo
zucchero viene aggiunto anche come ingrediente secondario del pane.
55
· L'acrilammide si forma a temperature superiori a 120 °C. Quantitativi mo-
desti si formano durante la normale cottura.
· L'acrilammide si concentra nella crosta.
· La quantità di acrilammide che si forma dipende: dalla temperatura; dal
tempo di cottura; dalla quantità di asparagina e zuccheri riducenti presenti
nei cereali.
Il processo che porta alla formazione dell’acrilammide e di altre sostanze è
anche chiamato con il nome di “Reazione di Maillard” ed a volte, per il co-
lore e l’aroma che conferisce ai prodotti da forno viene deliberatamente ri-
cercato. Tale reazione risulta tuttavia ancora oggi oggetto di studio e troppo
complessa per essere approfondita in questo conteso.
Una volta rilevata la presenza di acrilammide negli alimenti, l'attività
dell'industria alimentare e delle altre parti interessate, tra cui le autorità legi-
slative, si è incentrata sullo studio dei meccanismi di formazione della so-
stanza negli alimenti e sui possibili metodi eventualmente utilizzabili per ri-
durne il tenore nei prodotti alimentari.
La Confederazione Europea delle Industrie AgroAlimentari (CIAA) ha
coordinato gli sforzi e raccolto i risultati in modo da predisporre linee guida
sull'acrilammide.
Secondo quanto definito nelle Linee Guida citate, una soluzione che si è ri-
velata efficace per la riduzione dell’acrilammide è la cottura in forno ad una
temperatura più bassa per un tempo più lungo.
Questo breve cenno per ribadire, come già detto in merito alle considerazio-
ni sull’aggiunta di sostanze grasse al pane, l’importanza di applicare delle
tecniche produttive ben definite da procedure o disciplinari di settore.
56
6. Aspetti sulla vendita del pane ottenuto da prodotto
parzialmente cotto surgelato
Il controllo degli aspetti legati alla vendita dei prodotti alimentari fa parte
delle attività del Tecnico della Prevenzione che lavora nei SIAN (Servizio
Igiene Alimenti e Nutrizione) e SVET (Servizi Veterinari) dei Dipartimenti
di Prevenzione delle aziende ULSS.
In merito agli aspetti inerenti l’etichettatura, la normativa nazionale princi-
pale è definita dal Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109, le normative
verticali danno poi le indicazioni specifiche per i vari prodotti: per il pane le
principali sono la Legge n. 580 - 4/07/1967 ed il DPR n. 502 - 30/11/1998.
La normativa specifica ha sicuramente aiutato le Aziende alla corretta mo-
dalità di vendita ma soprattutto ha consentito agli operatori (Tecnici della
Prevenzione) di attivare fasi di controllo per poi procedere, nel caso, con le
specifiche prescrizioni.
6.1 Situazione emersa dai controlli effettuati
Come accennato nella parte riguardante la normativa, con il Decreto legge
n. 223/06 (Decreto Bersani), è stata abrogata la legge 31 luglio 1956, n°
1002, che prevedeva l’apertura delle attività di produzione del pane in rela-
zione alla densità esistenti nella provincia ed al loro volume di produzione.
Attualmente la produzione e vendita del pane si sta così allargando sempre
più anche ai vari punti vendita dei supermercati.
Solitamente una Azienda commerciale con più punti vendita tende ad effet-
tuare, spazio a disposizione permettendo, l’attività di produzione e vendita
del pane in tutte le sue filiali uniformandone le modalità operative.
57
Su circa venti controlli effettuati sono emerse infatti le medesime carenze ri-
scontrate nei punti vendita appartenenti alla stessa azienda commerciale. Ad
esempio la mancanza, nell’etichetta del prodotto confezionato, dell’indica-
zione degli ingredienti e del produttore iniziale, è stata rilevata in due su-
permercati della stessa catena commerciale.
In alcuni le carenze riguardavano le denominazioni di vendita nei cartellini
esposti sui contenitori del prodotto venduto sfuso.
In altri non si sono riscontrate carenze.
In due punti vendita, di piccole dimensioni, non era posto in evidenza il car-
tello con la scritta “ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato” come in-
dicato dalla normativa.
Da questo quadro emerge come spesso l’acquirente sia poco informato del
prodotto che sta acquistando.
Le modalità operative degli addetti, inoltre, risultavano variare da un punto
vendita ad un altro, a volte anche appartenenti alla stessa azienda.
E’ un aspetto rilevante se si considera che tali disomogeneità operative sono
dovute alla mancanza di procedure operative scritte e definite.
Per la maggiore, il prodotto congelato una volta tolto dalle confezioni poste
in cella frigorifera a -18° C, viene posto nei carrelli e direttamente nel forno
di cottura a 220-230 ° C per 20-25 minuti a seconda poi della pezzatura.
In alcuni casi il prodotto viene fatto sostare nei carrelli dai 20 ai 40 minuti
prima della cottura.
In un supermercato il prodotto viene scongelato in cella frigorifero a + 4 ° C
per l’intera notte precedente alla cottura in forno.
In un altro il prodotto dopo l’arrivo è mantenuto a temperatura ambiente
(per mancanza di spazio nella cella frigo), con conseguente graduale scon-
gelamento, fino ad un tempo massimo di 48 ore, oltre il quale la scorta rima-
nente, se ancora presente, viene eliminata).
58
Uno degli aspetti oggetto di valutazione nell’ambito delle attività di vigilan-
za, riguarda il Regolamento CE 178/2002 che definisce le procedure di
Tracciabilità e Rintracciabilità dei prodotti alimentari.
Nei punti vendita al dettaglio cioè direttamente a consumatori finali, la pro-
cedura di Rintracciabilità dei prodotti alimentari preconfezionati viene gesti-
ta sostanzialmente attraverso la correlazione tra documentazione di arrivo
delle merci e numero di lotto riportato nella confezione destinata al consu-
matore.
Questa procedura può essere accettabile per i prodotti preconfezionati ma i
prodotti venduti sfusi necessitano di maggiore attenzione.
Infatti durante i controlli effettuati non era chiaro come, avendo stoccati
svariati lotti congelati, anche appartenenti a più ditte fornitrici, una volta ot-
tenuto il prodotto finale dopo cottura in forno e posto sfuso nei contenitori
dell’area di vendita , gli operatori fossero in grado di individuare a quale lot-
to iniziale appartenesse la singola unità di pane venduta.
Secondo quanto previsto dalla normativa, la gestione delle responsabilità da
parte di un operatore del settore alimentare è un processo che può comporta-
re, per quanto riguarda la sfera di propria competenza e sulla base di scelte
aziendali, l’adozione di un sistema di registrazione e/o documentazione e di
verifica delle attività per le quali è prevedibile o possibile che si venga chia-
mati a rispondere al fine di assicurare che l’alimento immesso sul mercato
risponda ai requisiti di sicurezza.
Come indicato in fase di vigilanza, la procedura di rintracciabilità dovrà
comprendere un sistema di collegamento tra date di produzione e numero
dei lotti corrispettivi di appartenenza.
59
Le “non conformità” rilevate durante i venti controlli vengono riassunti nel-
la seguente tabella 8 :
Tipo di verifica Non con-formità
L'etichetta del prodotto preconfezionato riporta la dicitura "ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato"
4
L'etichetta del prodotto preconfezionato è completa delle in-dicazioni previste dalla normativa vigente
4
Viene esposto un cartello riportante la dicitura di cui al punto 1 chiaramente visibile
2
Locali ed attrezzature sono mantenuti in sufficienti condizio-ni igieniche
1
I prodotti congelati vengono mantenuti alle corrette tempera-ture
1
Piano di Autocontrollo sistema HACCP presente 0
Schede di autocontrollo esistenti correttamente compilate 1
Procedura di Rintracciabilità secondo Reg. CE 178/02 pre-sente
2
La procedura di Tracciabilità del prodotto "pane ottenuto da doratura" presente
10
Tabella 8 : aspetti relativi alla vendita del pane ottenuto per “doratura”
60
7. Commento e Conclusioni
Volendo riassumere i risultati ottenuti dal lavoro svolto con questa tesi, per
definire gli aspetti che differenziano il pane come prodotto fresco artigianale
dal pane prodotto “industrialmente”, è possibile affermare quanto segue:
• Il pane ottenuto da pane parzialmente cotto e congelato, per i trattamen-
ti termici subiti, rafferma prima del pane “fresco”: si può dire che ha un
invecchiamento paragonabile a quello che si avrebbe con un giorno di
conservazione in più.
• La rottura delle catene proteiche date dalla formazione di cristalli di
ghiaccio e dall’aggregazione dell’amido sono dipendenti dai tempi e
modalità di conservazione allo stato congelato e contribuiscono oltre al
raffermamento del pane anche ad attribuire al prodotto finale qualità or-
ganolettiche e nutrizionali inferiori.
• L’aggiunta di sostanze grasse al pane risulta dipendere dalle modalità
operative individuali di chi produce. Le differenze maggiori si notano
nei piccoli panifici artigianali dove è più diffusa la “consuetudine” di
aggiungere sostanze grasse per insaporire il prodotto e perché mantenga
le caratteristiche di morbidezza più a lungo. E’ chiaro altresì che indu-
strialmente, producendo attraverso protocolli operativi, la formulazione
del pane può essere “garantita” rispetto alle produzioni artigianali mag-
giormente soggette a variazioni legate all’esperienza individuale.
• Un collegamento infine al Disegno di Legge del Senato n. 565 del 20
giugno 2006, già citato nella parte normativa, nel quale viene proposta
la regolamentazione nonché il rafforzamento strutturale delle piccole
imprese che esercitano l’attività di panificazione. Il disegno di Legge
senz’altro valido e necessario, alla luce di quanto emerso in questo la-
voro di tesi, risulta a mio avviso incompleto. Le valutazioni fatte sulle
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procedure operative applicate nei supermercati, hanno fatto emergere
l’importanza di definire dei disciplinari di produzione, non solo per le
imprese che producono pane “fresco” ma anche per quelle che impiega-
no pane parzialmente cotto surgelato.
• Come osservazione finale, per quanto riguarda le normative tecniche re-
lative alla produzione e commercializzazione, nei termini di “Tracciabi-
lità” e “Rintracciabilità”, al di là della necessità di regole più restrittive
di quelle previste dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di
prodotti alimentari, si sottolinea l’importanza del lavoro del Tecnico
della Prevenzione negli ambienti di lavoro. L’operatore sanitario, nel
contesto delle normative europee, svolge ancora di più, rispetto al pas-
sato, un ruolo fondamentale nella formazione degli addetti dei settori
alimentari e nel sostegno che può offrire per l’interpretazione e applica-
zione delle normative comunitarie che seppur complesse, risultano esse-
re uno strumento indispensabile per la garanzia ed il mantenimento del-
la salubrità dei prodotti alimentari.
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9. Bibliografia
Alessandro Angioloni, Marco Dalla Rosa Analisi dinamo-termo-meccani-
ca (DTMA) nella valutazione del raffermamento del pane Tecnica Moli-
toria 1 (2005) 16-20
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ficina Grafica Fresching, Parma, 1937
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65
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l’ambiente e nei luoghi di lavoro) A.A. 2006/07
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LA NORMATIVA
Alimentalex 3/2008 aggiornato al 30.6.2008, Normativa di riferimento
Edizioni Scienza e Diritto S.as., Milano
SITI INTERNET
www.ministerosalute.it
www.senato.it
www.siabweb.com
www.efsaeuropa.it
www.ec.europa.eu
www.aita-nazionale.it
www.arpaveneto.it
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UN RINGRAZIAMENTO SINCERO:
Ai miei familiari, in particolare a mia moglie e ai miei figli per avermi
incoraggiato e sostenuto durante il percorso universitario.
A Enrico Munari per avermi aiutato nella parte teorica e negli aspetti
tecnici che solo con l’esperienza si acquisiscono.
A Roberta Munari per avermi aiutato a realizzare la parte pratica-
sperimentale di questo lavoro.
Al Dott. Luca Gino Sbrogiò Direttore del Servizio Igiene degli Alimenti e
della Nutrizione dell’Azienda ULSS 9 di Treviso, per la disponibilità alla
realizzazione di questo progetto.
Ai miei colleghi, ma più che altro amici, che in questi due anni di “semi
latitanza” universitaria si sono fatti carico anche dei miei impegni di lavoro.
Al Dott. Emiliano Coraluppi dell’ARPAV di Treviso per la disponibilità
nel recupero dei dati delle analisi di laboratorio.
A tutti i colleghi del corso universitario, al Coordinatore del corso Lorenzo
Mongarli ed alla Prof.ssa Bruna Basso per l’aiuto datomi.
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