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Università degli Studi di Siena Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale Anno Accademico 2010/2011 IL BUSINESS PROCESS REENGINEERING COME STRUMENTO PER LA REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI GLOBAL SERVICE:IL CASO DEI SERVIZI DI FACILITY MANAGEMENT DELL’OSPEDALE “SANTA MARIA” DI TERNI. Tesi di Laurea di : Relatore: ELENA MANGONI Prof. GIANLUCA MURGIA

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Università degli Studi di Siena

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale

Anno Accademico

2010/2011

IL BUSINESS PROCESS REENGINEERING COME

STRUMENTO PER LA REALIZZAZIONE DI UN

SISTEMA DI GLOBAL SERVICE:IL CASO DEI

SERVIZI DI FACILITY MANAGEMENT

DELL’OSPEDALE “SANTA MARIA” DI TERNI.

Tesi di Laurea di : Relatore:

ELENA MANGONI Prof. GIANLUCA MURGIA

“Il successo di un'azienda si esprime nella ricerca di un’ integrazione

profonda ed efficiente delle attività svolte dalle diverse unità organizzative

verso il miglioramento globale dell'offerta dei prodotti e dei servizi al

cliente/utente.

La capacità di raggiungere e sostenere nel tempo il successo richiede,

pertanto, il miglioramento continuo di tutte le attività e di tutti i processi

gestionali e non soltanto delle componenti materiali e tangibili del servizio

che viene proposto al cliente”.

[Brimson e Antos, 1994]

Ringraziamenti

Sono “finalmente” giunta al termine di questo bellissimo quanto faticosissimo percorso che

in quanto tale, merita sentiti ringraziamenti.

Il GRAZIE più grande va ai miei genitori, Gabriele e Daniela, per il loro aiuto morale ed

economico. Il loro sostegno costante, accompagnato sempre da sinceri consigli, ha

permesso il raggiungimento di questo traguardo. Grazie quindi alle mie due colonne

portanti per l’amore che mi dimostrano ogni giorno, per quell’amore che mi fa andare

avanti e mi fa affrontare ogni fase della vita a testa alta e con coraggio.

Un GRAZIE grande come una casa a Giacomo per essermi sempre accanto, per avermi

sempre spronata a fare meglio in ogni momento, per avermi incoraggiata, consolata e mai

giudicata nei momenti di tristezza. Grazie per la tua dolcezza e per il tuo amore che ti ha

fatto trascorrere con me week-end sui libri e nottate a sopportare le mie lamentele o i miei

sfoghi. Sei davvero un angelo, il mio punto di riferimento per la vita.

Grazie a tutta la mia famiglia ed in particolare a mia nonna Adelfina, per avermi

rimpinzato di cose buone da mangiare ad ogni mia partenza per Siena e per avermi accolto

con affetto e tenerezza in altrettanto modo ad ogni mio ritorno. Inoltre anche se non ci sono

più, un grande grazie è rivolto anche a i miei nonni Bruno, Guido e Rina che mi guidano e

proteggono dall’alto, avendo sempre un posto ed un pensiero speciale nel mio cuore.

Grazie al mio Prof. Ing. Gianluca Murgia, relatore di questo lavoro di tesi, per la cortesia,

la disponibilità e la pazienza che ha avuto con me in questi mesi. Grazie di cuore.

Desidero ringraziare il Sig. Massimo Piacenti, Amministratore Delegato All Foods s.r.l,

persona davvero squisita, nella sua umiltà, professionalità ed intelligenza.

Ringrazio, tutti i referenti e dipendenti delle varie aziende, che hanno permesso il

raggiungimento di questo lavoro di tesi nei tempi adeguati, in particolar modo, voglio

ringraziare, il Dott. Gianluca Mora, Responsabile del Global Service del “Santa Maria” di

Terni, la Sig.ra Antonella Mazzoli, Responsabile del Servizio Cosp, e la Dott. Annamaria

Floro Responsabile del Servizio di Ristorazione, per la loro disponibilità e gentilezza.

Grazie ad Irene e Veronica, per essere le mie amiche da sempre e per poter per sempre

contare su di loro. Siete la mia forza. Grazie anche ai vostri rispettivi, Matteo e Riccardo,

compagni di avventure e sventure.

Grazie a Vanessa, per esserci sempre in ogni momento importante e per la sua sincerità.

Grazie a Gianluca e Nicolò per riempirmi il cuore ogni volta che li vedo con la loro

infinita tenerezza.

Grazie a tutti i miei amici dell’università, nessuno escluso, in particolare Angelo, Nicola e

Dario per essere miei amici prima di tutto oltre che tremendi e favolosi compagni di studio.

Grazie a tutte le mie stupende amichette, Chiara C., Veronica, Chiara R. e Beatrice ma

anche ai loro piccolini Emma e Francesco per regalarmi sempre un sorriso tutte le volte

che stiamo insieme e quella spensieratezza che solo le vere amiche sanno dare.

Ed infine chiudo con un grande Grazie rivolto alle mie meravigliose coinquiline Alice,

Claudia, Marta ed Elena per le belle serate passate insieme, per la dolce amicizia che ci

lega e per il rispetto mai venuto a mancare in questi anni di convivenza.

E’ stata davvero una grande fortuna avervi potuto vivere e conoscere.

Indice

Capitolo 1

IL BUSINESS PROCESS MANAGEMENT E LA GESTIONE DEI PROCESSI

AZIENDALI ........................................................................................................................ 11

1.1 Definizione di processo......................................................................................... 12

1.2 Il ciclo di vita di un processo ................................................................................ 14

1.3 Analisi dei processi aziendali................................................................................ 15

1.4 Dalle funzioni ai processi...................................................................................... 16

1.5 I presupposti strategici e organizzativi per l'analisi delle attività aziendali e la

mappatura dei processi gestionali .................................................................................... 18

1.6 I modelli per la rappresentazione dei processi ...................................................... 21

1.6.1 Carte di processo ........................................................................................... 22

1.6.2 Diagramma SIPOC ....................................................................................... 23

1.6.3 Data Flow Diagram ....................................................................................... 24

1.6.4 Diagramma di flusso ...................................................................................... 26

1.6.5 Diagramma a catena ...................................................................................... 27

1.6.6 La tecnica IDEF0 ........................................................................................... 28

1.6.7 La matrice di assegnazione delle responsabilità di processo ......................... 32

1.6.8 Action Diagram Workflow ............................................................................ 33

1.6.9 Diagramma delle attività UML...................................................................... 35

Capitolo 2

LA REINGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI ...................................... 37

2.1 Gli sviluppi del BPR ............................................................................................. 39

2.2 La reingegnerizzazione dei processi e l'approccio per processi............................ 40

2.3 Gli elementi di fondo della reingegnerizzazione dei processi .............................. 42

2.4 Obiettivi della reingegnerizzazione dei processi .................................................. 43

2.5 La revisione degli “strumenti di gestione” aziendale ........................................... 44

2.5.1 BPR dei processi aziendali ed intragruppo, secondo principi di Qualità Totale

....................................................................................................................... 45

2.5.2 Revisione organizzazione del lavoro e individuazione dei Centri di

Responsabilità ................................................................................................ 48

2.5.3 Definizione dei fattori chiave di controllo della gestione.............................. 49

2.5.4 Impostazione degli schemi di Contabilità Direzionale .................................. 50

2.5.5 Revisione Sistemi Informativi e pianificazione del loro adeguamento

strategico ...................................................................................................................... 51

Capitolo 3

IL FACILITY MANAGEMENT E IL GLOBAL SERVICE ............................................. 52

3.1 Cosa si intende per Facility Management? ........................................................... 52

3.2 I servizi no-core .................................................................................................... 53

3.2.1 Servizi di Facility Management ..................................................................... 54

3.2.2 Servizi di Property ......................................................................................... 55

3.2.3 Servizi di Asset e Portafoglio Management .................................................. 55

3.2.4 Altri Servizi ................................................................................................... 56

3.3 Tipologie di relazione tra il cliente e il fornitore .................................................. 56

3.4 Modelli organizzativi di gestione dei servizi no-core ........................................... 57

3.4.1 Modelli organizzativi per la strategia “in-house management” .................... 59

3.4.2 Modelli organizzativi per la strategia “management by agent” .................... 60

3.4.3 Modelli organizzativi per la strategia “direct outsourcing” ........................... 60

3.4.4 Modelli organizzativi per la strategia “management by contractor” ............. 61

3.4.5 Modelli organizzativi per la strategia “(integrated) facility management” ... 62

3.5 Accezione estesa di Facility Management ............................................................ 63

3.6 Perché nasce un contratto di Global Service? ....................................................... 64

3.7 Obiettivi ................................................................................................................ 65

3.8 Le fasi di attivazione di un Global Service ........................................................... 66

3.9 Il sistema informativo su base integrata................................................................ 67

3.10 Documentazione esemplificativa in un contratto di Global Service ................. 68

3.11 Tipologie di compensi ....................................................................................... 70

3.12 Misurazione del Global Service inteso come pluralita’ di servizi .................... 70

3.13 Vantaggi di un Global Service .......................................................................... 71

3.14 Svantaggi di un Global Service ......................................................................... 74

3.15 Criticita’ di un Global Service .......................................................................... 75

3.16 AFFIDAMENTO E GESTIONE DEL GLOBAL SERVICE PRESSO IL

“SANTA MARIA” DI TERNI ........................................................................................ 77

3.16.1 Consorzio Nazionale dei Servizi ................................................................... 78

3.16.2 L’Associazione Temporanea di Imprese ....................................................... 78

3.16.3 I Servizi in convenzione ................................................................................ 80

Capitolo 4

MODELLAZIONE DEI PROCESSI: METODOLOGIA IDEF0 APPLICATA AL CASO

AZIENDALE....................................................................................................................... 84

4.1 Mappatura dei processi di ALL FOODS .............................................................. 85

4.1.1 Attività e componenti del processo di: “produzione della colazione” ........... 86

4.1.2 Attività e componenti del processo di: “produzione del pranzo” ................ 103

4.1.3 Attività e componenti del processo di: “produzione della cena e ripasso

serale” .......................................................................................................... 122

4.2 Mappatura dei processi Cosp .............................................................................. 127

4.2.1 Trasporto pazienti ........................................................................................ 127

4.2.2 Facchinaggio spot (su chiamata) ................................................................. 135

4.2.3 Pulizie .......................................................................................................... 138

4.2.4 Gestione del magazzino della farmacia: ...................................................... 139

4.3 Mappatura dei processi Centro ........................................................................... 140

Capitolo 5

ELABORAZIONE DELLA PROPOSTA DI INTEGRAZIONE CON L’ANALYTIC

HIERARCHY PROCESS.................................................................................................. 141

Introduzione: ...................................................................................................................... 141

5.1 Analytic Hierarchy Process................................................................................. 142

5.1.1 Sviluppo della gerarchia .............................................................................. 143

5.1.2 Confronti a coppie tra criteri e tra alternative in relazione a ciascun criterio ...

..................................................................................................................... 150

5.1.3 Analisi di sensitività .................................................................................... 164

5.2 Riepilogo dei risultati ottenuti ............................................................................ 168

Conclusioni e sviluppi futuri ............................................................................................. 175

Bibliografia e Sitografia .................................................................................................... 176

Indice delle figure

Capitolo 1

Figura 1.1 - Descrizione generica di un processo ................................................................ 12

Figura 1.2 - Schema per il miglioramento della qualità dei processi .................................. 13

Figura 1.3 - Processi di realizzazione .................................................................................. 15

Figura 1.4 - Struttura funzionale classica ............................................................................ 17

Figura 1.5 - Processi trasversali alle strutture organizzative ............................................... 17

Figura 1.6 - Studio di variabilità .......................................................................................... 23

Figura 1.7 - Diagramma Sipoc ............................................................................................ 24

Figura 1.8 - Notazione grafica per diagrammi di flussi di dati ............................................ 25

Figura 1.9 - I diversi diagrammi di flusso ........................................................................... 27

Figura 1.10 - Diagramma a catena....................................................................................... 27

Figura 1.11- Elementi caratterizzanti di una rappresentazione IDEF0 ............................... 30

Figura 1.12 - Esempio di approfondimento dei dettagli del sistema ................................... 31

Figura 1.13 - Matrice di assegnazione delle responsabilità ................................................. 32

Figura 1.14 - Attività Action Workflow .............................................................................. 34

Figura 1.15 - Action Workflow ........................................................................................... 35

Capitolo 2

Figura 2.1 - Schema di riferimento per reingegnerizzazione .............................................. 38

Figura 2.2 - Fasi della reingegnerizzazione ......................................................................... 41

Capitolo 3

Figura 3.1 - Associazione Temporanea d’Impresa (ATI) .................................................... 80

Figura 3.2 - Componenti ATI e relative specializzazioni .................................................... 80

Figura 3.3 - Struttura Organizzativa Matriciale ................................................................... 81

Figura 3.4 - Sistema Integrato ATI ...................................................................................... 83

Capitolo 4

Figura 4.1 - Le fasi del BPR ................................................................................................ 84

Figura 4.2 - Diagramma A0: processo di produzione della colazione ................................ 87

Figura 4.3 - Carrelli porta-colazione ................................................................................... 89

Figura 4.4 - Riscaldatori per liquidi..................................................................................... 89

Figura 4.5 - Diagramma A1: Le attività del processo di produzione .................................. 90

Figura 4.6 – Percorsi su planimetria: Piano Terra ............................................................... 93

Figura 4.7 – Percorsi su planimetria: Piano Primo .............................................................. 94

Figura 4.8 – Percorsi su planimetria: Piano Secondo .......................................................... 95

Figura 4.9 – Percorsi su planimetria: Piano Terzo .............................................................. 96

Figura 4.10 – Percorsi su planimetria: Piano Quarto........................................................... 97

Figura 4.11 – Percorsi su planimetria: Piano Quinto........................................................... 98

Figura 4.12 – Percorsi su planimetria: Piano Sesto ............................................................. 99

Figura 4.13 - Diagramma A2: Attività del processo distribuzione della

colazione ............................................................................................................................ 101

Figura 4.14 - Diagramma A3: Attività del processo di lavaggio della

colazione ............................................................................................................................ 103

Figura 4.15 - Diagramma A0: processo di produzione del pranzo .................................... 105

Figura 4.16 - Diagramma A1: Attività del processo di stoccaggio ................................... 108

Figura 4.17 - Diagramma A2: Attività del processo di produzione del pranzo ................. 109

Figura 4.18 - Burlodge....................................................................................................... 112

Figura 4.19 - Diagramma A3: Attività del processo di distribuzione ............................... 114

Figura 4.20 Diagramma A33: Sotto-Attività del ritiro ...................................................... 118

Figura 4.21- Diagramma A4: Attività del processo di distribuzione delle

merende ............................................................................................................................. 120

Figura 4.22 - Diagramma A5: Attività del processo di lavaggio ....................................... 121

Figura 4.23 - Diagramma A0: Processo di produzione della cena e del

ripasso serale...................................................................................................................... 123

Figura 4.24 - Diagramma A2: Attività del processo di produzione del

ripasso serale...................................................................................................................... 126

Figura 4.25 - Diagramma A0: Processo del trasporto pazienti.......................................... 128

Figura 4.26 - Diagramma A2: Attività del processo di attuazione trasporto

pazienti............................................................................................................................... 132

Figura 4.27 Diagramma A0: Processo di facchinaggio spot ............................................. 138

Figura 4.28 - Attività Centro ............................................................................................. 140

Capitolo 5

Figura 5.1 – Struttura gerarchica del caso di studio .......................................................... 143

Figura 5.2 – Pesi dei criteri rispetto al Goal ...................................................................... 156

Figura 5.3 – Pesi normalizzati dei criteri rispetto al Goal ................................................. 156

Figura 5.4 – Pesi delle alternative rispetto a C1 ................................................................ 158

Figura 5.5 – Pesi delle alternative normalizzati rispetto a C1 ........................................... 158

Figura 5.6 – Pesi delle alternative rispetto a C2 ................................................................ 159

Figura 5.7 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C2 ........................................... 160

Figura 5.8 – Pesi delle alternative rispetto a C3 ................................................................ 161

Figura 5.9 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C3 ........................................... 162

Figura 5.10 – Pesi delle alternative rispetto a C4 .............................................................. 163

Figura 5.11 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C4 ......................................... 163

Figura 5.12 – Dynamic Sensitivity Analysis – pesi originali ............................................ 166

Figura 5.13 – Dynamic Sensitivity Analysis – pesi variati ............................................... 166

Figura 5.14 – Performance Sensitivity Analysis – pesi originali ...................................... 167

Figura 5.15 – Performance Sensitivity Analysis – pesi variati.......................................... 168

Figura 5.16 – Riepilogo grafici di sintesi dei pesi dei criteri per singolo

intervistato rispetto al Goal................................................................................................ 169

Figura 5.17 – Riepilogo grafici di sintesi dei pesi delle alternative per

singolo intervistato rispetto al Goal ................................................................................... 171

Figura 5.18 – Importanza criteri rispetto al Goal .............................................................. 172

Figura 5.19 – Preferenza alternative rispetto al Goal ........................................................ 173

9

Introduzione

In un mondo in cui l’apertura di nuovi mercati e la congiuntura socio-economica instabile,

crea continuamente nuove opportunità e nuovi rischi, risulta essere di fondamentale

importanza per un’azienda saper prevedere e adattarsi al cambiamento. Occorre velocità e

precisione per essere sempre in grado di stare al passo con i tempi e competere con la

concorrenza.

L’attenzione in questo lavoro di tesi, è rivolta soprattutto ad i cambiamenti del mercato

nell’ambito delle aziende pubbliche, più precisamente quelli che hanno interessato i sistemi

sanitari.

In tutti i Paesi sviluppati si è cercato di razionalizzare l’uso delle risorse e di garantire una

migliore organizzazione e gestione dei servizi sanitari. La sanità è stata vista in passato

esclusivamente come un servizio solidaristico offerto ai cittadini; oggi può essere

concepita come motore di sviluppo, capace di alimentare la ricerca e l’occupazione

qualificata, produrre servizi esportabili a livello internazionale e promuovere lo sviluppo di

intere aree sempre mantenendo il valore di servizio solidaristico. Concepire la sanità come

motore di sviluppo impone una rivoluzione culturale, la spesa sanitaria in questa

prospettiva non comprime gli investimenti e i consumi ma essa stessa si configura come un

investimento produttivo e una qualificazione dei consumi.

Questa nuova visione della sanità implica una modificazione dell’ organizzazione sanitaria,

che concili valori etici e obiettivi economici.

Uno dei principali strumenti di razionalizzazione organizzativa e snellimento delle strutture

operative risulta essere il ricorso alla scelta di esternalizzare parte dell’attività aziendale.

Si può dire più in generale che le scelte strategiche che hanno intensificato il rapporto fra

impresa ed ambiente esterno, costituiscono un percorso attivo nel mercato ormai da più di

decenni. E’ necessario quindi oltre che una mirata e consapevole azione di governo dei

diffusi processi di esternalizzazione che ormai caratterizzano l’ambito della gestione delle

strutture ospedaliere e sanitarie pubbliche, considerare un nuovo mercato in crescita

esponenziale nel nostro paese, quello dei servizi integrati di Facility Management e Global

Service. Quest’ultimo è un mercato con il quale le Aziende Sanitarie e Ospedaliere devono

confrontarsi ed interagire in un’ottica di partnership pubblico-privato, delegando anche in

toto a qualificati soggetti privati le funzioni di gestione prettamente “operativa” dei servizi,

seppur mantenendo, anzi potenziando responsabilmente le funzioni strategiche di indirizzo,

programmazione e controllo dei processi che oggi più che mai devono essere considerate

Introduzione

10

del tutto “inesternalizzabili” e rispetto alle quali le stesse Aziende Sanitarie e Ospedaliere

devono acquisire al più presto esperienza, competenza e know-how.

Pertanto, la pratica dell’esternalizzazione oltre che essere uno dei principali strumenti di

razionalizzazione organizzativa, consente a volte anche contemporaneamente, di ottenere

un contenimento dei costi, un innalzamento della qualità dei servizi oltrechè una

complessiva riorganizzazione delle strutture e delle procedure.

Proprio in quest’ottica si inserisce il lavoro di tesi di seguito riportato.

Quest’ultimo è generato da un rapporto di collaborazione con l’ATI (Associazione

Temporanea di Imprese) costituita da un raggruppamento di imprese private, specializzate

in diversi settori che lavorano presso l’Ospedale Santa Maria di Terni.

Per descrivere l’ATI in modo più accurato, è necessario introdurre brevemente le aziende

che lo costituiscono e le loro attività principali: All Foods (Ristorazione Ospedaliera)

So.ge.si (Lavanolo e Sterilizzazione), Cosp (Pulizie, Sanificazione, Servizi Logistici e

Gestione Magazzino Farmaci) e Centro (Portierato ed Accoglienza non Armata).

L’obiettivo di questo lavoro, mira a sviluppare un progetto innovativo, che ha l’intento di

realizzare una proposta di integrazione dei servizi svolti dall’ATI in Global Service e

rivolta all’Azienda Ospedaliera; dato che, ad oggi, ogni azienda svolge in totale autonomia

il proprio servizio senza alcun tipo di integrazione.

Per l’analisi e lo studio di tutto ciò, si è dapprima operato un esame dello svolgimento dei

principali processi aziendali modellati con la tecnica IDEF0. Tale tecnica, ha strutturato le

basi della proposta di integrazione dei servizi di Facility Management svolti dalle aziende

del Raggruppamento. La metodologia AHP, è stato lo strumento per mezzo del quale è

stata sviluppata tale proposta di integrazione, operata secondo i criteri di: efficacia,

efficienza e livello di innovazione.

Proseguendo con la trattazione, si può concludere la premessa ricordando che attualmente

il tema della “governance” dei servizi integrati nel settore della sanità pubblica è di

strettissima attualità rispetto ad una situazione nazionale che esprime diffuse e peculiari

criticità nella gestione delle strutture del sistema della sanità italiana, nella

razionalizzazione della relativa spesa e nella garanzia di adeguati livelli di qualità per i

cittadini. In questo specifico campo infatti, le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere e così

anche il “Santa Maria” di Terni, sono chiamate oggi ad avviare un processo di sostanziale

ridefinizione del proprio ruolo, dei propri compiti e delle proprie competenze settoriali.

11

Capitolo 1

IL BUSINESS PROCESS MANAGEMENT E LA GESTIONE

DEI PROCESSI AZIENDALI

Introduzione:

Un processo è quell’insieme di attività coordinate logicamente, attraverso cui

un’organizzazione crea valore cioè consegue i suoi obiettivi.

Ovviamente, non tutti i processi hanno la stessa importanza. Alcuni sono fondamentali

nella realizzazione dei prodotti o servizi che l’azienda crea, altri sono di supporto ai

precedenti, nel senso che hanno il compito di facilitare, rendere efficienti e procurare le

risorse necessarie al funzionamento.

In ogni caso i processi devono essere gestiti, nel senso che devono essere accuratamente

pianificati, disegnati e documentati, devono essere supportati dalle infrastrutture giuste e

più in generale, deve essere garantito l’apporto di tutto ciò che è necessario alla loro

corretta esecuzione e misurazione, nel senso che si deve ben definire una serie di

grandezze, oggetto di misura, che permettano di capire quanto bene gli obiettivi di un

processo vengano raggiunti.

Lo scopo della gestione, è il miglioramento continuo del processo e quindi l’aumento

dell’efficienza e dell’efficacia nonché della soddisfazione del cliente, della diminuzione

dei costi, dei difetti e del time-to-market.

Inoltre, deve essere chiaro il fatto che gestire i processi, non vuol dire soltanto selezionare

un vendor e comprare un software ma anche e soprattutto, adottare una serie di

metodologie, un modo di pensare e di organizzare il lavoro e acquisire delle competenze,

aspetti che spesso vengono sottovalutati.

Occorre essere consapevoli dei tempi e dei costi necessari ed avere un forte supporto da

parte del management. Quest’ultimo aspetto è fondamentale dal momento che pensare ”a

processi” scardina le strutture organizzative aziendali che vengono spesso costruite in

modo funzionale, cioè con un reparto commerciale, uno di marketing, risorse umane,

amministrazione, ecc..

Il risultato di un processo è trasmesso ad uno o più processi subordinati; a sua volta, il

risultato viene trasmesso ulteriormente fino ad ottenere l’output finale dell’azienda,

rilevante per il mercato.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

12

Pensare a processi vuol dire quindi concentrarsi sugli obiettivi, i prodotti realizzati o i

servizi erogati e aggregare intorno ad essi le attività che li realizzano, dando poi la

responsabilità sul processo end-to-end e non più sulla funzione che, a questo punto diventa

solo accessoria.

Pertanto, partendo dai fornitori esterni, che danno gli input al processo, la catena del valore

che si identifica con il processo in esame, percorre tutta l’azienda passando di funzione in

funzione, che è di volta in volta fornitore nei confronti dello step successivo e cliente dello

step precedente, fino ad arrivare al cliente finale a cui spetta l‘output del processo

complessivo, cioè il prodotto o il servizio.

In quest’ottica, il paradigma da seguire nell’avvicinarsi al Business Process Managment

(BPM), è “Think Big, Start Small” nel senso che è importante avere una visione

complessiva del problema ma passare all’implementazione con gradualità, generando

consenso nell’organizzazione, affinando le metodologie e creando un centro di eccellenza

interno con persone con le competenze adeguate. Innovazione e apprendimento quindi

devono guidare tutta la metodologia ma l’obiettivo prefissato non si raggiunge

immediatamente, questo è infatti il frutto di un percorso di maturità, in cui

l’organizzazione impara a gestire sempre meglio i propri processi [Sinibadi A., 2009].

1.1 Definizione di processo

Un processo aziendale è caratterizzato da un insieme di attività collegate tra loro, per

fornire un certo output a partire da input definiti. L’output può essere un prodotto o un

servizio e viene utilizzato da determinati clienti o utilizzatori. Il processo aziendale nella

sua esecuzione, può richiedere l’interazione con diverse fonti di informazioni [Casati F.,

Pernici B.].

Uno schema generale di processo aziendale è illustrato in figura 1.1:

Figura 1.1 - Descrizione generica di un processo

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

13

I processi vengono in generale descritti a diversi livelli di dettaglio. Si può parlare di

macroprocessi quando si tratta di processi complessi che al loro interno possono essere

scomposti in altri sottoprocessi e attività.

Una famosa classificazione, distingue le componenti principali di un processo nelle “sette

M”, ovvero:

Materials (materiali);

Manpower (manodopera);

Methods (metodi);

Measurement (misurazioni);

Machines (macchine);

Maintenance (manutenzione);

Management (gestione).

Modificare anche solo una di queste condizioni potrebbe voler dire apportare cambiamenti

sostanziali al processo, con basilari conseguenze nei risultati della trasformazione.

Il miglioramento nella qualità dei processi, deve opportunamente seguire un metodo

scientifico di analisi che partendo dallo studio sulle criticità, consenta di individuare e

verificare possibili soluzioni alle problematiche riscontrate. Questo approccio

metodologico sarà utilizzato anche nell’affrontare un’analisi dettagliata dei processi

dell’aziende in questione seguendo uno schema generale composto da 6 fasi fondamentali.

A seguire si indicano le fasi e gli strumenti utilizzati per il miglioramento dei processi.

Figura 1.2 - Schema per il miglioramento della qualità dei processi

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

14

1.2 Il ciclo di vita di un processo

Un processo è caratterizzato principalmente da:

un prodotto (risultato definito e misurabile) che trasferendo valore al cliente,

rappresenta il vero obiettivo dell'organizzazione;

un insieme di attività interrelate (flusso operativo del processo).

Il ridisegno dei processi aziendali quindi, può risultare da: un migliore utilizzo delle

potenzialità dei sistemi informativi, una migliore gestione della qualità ed una migliore

efficienza dell’organizzazione.

Tutti i processi aziendali e i processi laterali (sistemi informativi, qualità, costi) devono

arrivare a convergere verso un obiettivo unico e condiviso, il soddisfacimento dei

fabbisogni del mercato.

Perseguire l’obiettivo di migliorare l’orientamento al cliente vuol dire perseguire un

miglioramento nelle prestazioni dei tempi di consegna, qualità e costo [Lazi G., 1999].

Pertanto, l’obiettivo del BPM in merito a quanto appena detto, è quello di gestire il ciclo di

vita di un processo in tutte le sue fasi:

Modellazione: gli obiettivi di questa fase sono quelli di documentare e disegnare il

processo, selezionando eventuali modelli, best practice e standard. Inoltre devono essere

chiaramente espressi gli obiettivi di business e i misuratori di performance;

Simulazione: consiste nella valutazione di qual è il miglior modello da implementare sulla

base dei dati di monitoraggio di precedenti esecuzioni di processo e dei misuratori di

performance;

Implementazione: è la traduzione di ogni step del modello scelto, in procedure operative;

Esecuzione: in questa fase il processo è finalmente pronto per essere messo in produzione

e viene eseguito nelle sue fasi operative;

Monitoraggio: consiste nella definizione delle grandezze relative al processo misurato,

nella misurazione dei misuratori di performance e nella valutazione di cosa funziona e cosa

no;

Ottimizzazione: è questo il momento in cui “si tirano le somme” e si identificano le aree

di miglioramento, quantificando i benefici ottenuti.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

15

A seguire viene fornita una prima schematica rappresentazione di un processo, che

evidenzia un insieme di attività (con le loro relazioni di sequenzialità e di parallelismo)

finalizzate alla produzione del risultato finale.

Figura 1.3 - Processi di realizzazione

Per la produzione dei prodotti/servizi (e quindi nello svolgimento delle attività interrelate)

sono in genere coinvolte una o più strutture organizzative (funzioni aziendali), attraverso

una distribuzione di compiti e responsabilità, spesso codificata in norme o procedure che

regolano il processo [Sinibaldi A., 2009].

Un elemento di grande importanza di questa definizione, è proprio il fatto che i processi

spesso coinvolgono più strutture organizzative.

1.3 Analisi dei processi aziendali

I processi, come già ampiamente descritto, sono un insieme di attività elementari che

vengono svolte per raggiungere un certo obiettivo nel sistema.

I processi possono essere di diverse tipologie:

processi fisici: descrivono attività di elaborazione di oggetti fisici del sistema. Ad

esempio, possiamo avere descrizioni di flussi di materiali all’interno di un processo

di produzione;

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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processi informativi: funzioni che creano, gestiscono, elaborano e forniscono

informazioni. Ad esempio, un processo informativo in un’organizzazione sarà

quello di gestire le informazioni relative all’emissione di un ordine per l’acquisto di

materiali;

processi aziendali (o business process): rappresentano funzioni legate all’attività

complessiva dell’organizzazione o dell’impresa, quale la produzione di

un’automobile, la pubblicazione di un libro, la gestione di una compagnia aerea, la

consegna della posta ecc..

La rappresentazione dei processi aziendali, assumerà un’importanza particolare in questo

lavoro di tesi dato che, sarà il punto di partenza per una descrizione dettagliata delle attività

delle aziende o delle organizzazioni e quindi per la definizione dei requisiti del sistema.

I processi aziendali sono infatti legati alla missione aziendale e quindi agli obiettivi globali

dell’organizzazione. Per questo motivo sarà spesso opportuno legare i processi aziendali a

una loro valutazione e quindi a una riorganizzazione dei processi per una migliore

efficienza e efficacia delle attività aziendali [Casati F., Pernici B.].

1.4 Dalle funzioni ai processi

Le aziende di servizi pubblici, devono agire in ambienti sempre più complessi e turbolenti

a causa dell'aumento della varietà e della variabilità dei contesti in cui le aziende si trovano

ad operare. Il tutto, ha portato con il trascorrere degli anni al "passaggio dal mercato del

produttore a quello del consumatore".

Con questa espressione quindi, si indica un ribaltamento dei rapporti di forza.

La maggior presa di coscienza dei consumatori infatti, ha permesso a quest’ultimi di

richiedere prodotti e servizi sempre più personalizzati, influenzando così la produzione.

In quest’ottica, le aziende che prima spingevano verso un consumo massificato, si

apprestano oggi ad una maggiore attenzione sulle richieste dei clienti, improntando il

proprio agire secondo criteri di flessibilità ed innovatività gestionale.

L’approccio organizzativo per “funzioni”, raggruppa le attività per similitudine,

intendendo con ciò, l’appartenenza ad uno stesso ambito seguita dal coinvolgimento di

persone che hanno le stesso tipo di skill.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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Questo tipo di approccio porta ad una struttura funzionale dell’azienda che ha il difetto

però, di tendere alla creazione di “regni” caratterizzati da: difficoltà di interazione,

procedure diverse con un’eccessiva staticità e pesantezza della struttura.

A seguire, verrà illustrata una struttura funzionale classica con unità di staff e di line.

Figura 1.4 - Struttura funzionale classica

Le relazioni esistenti fra le varie attività di uno stesso processo gestionale ma controllate da

funzione aziendali differenti, hanno fatto nascere la necessità di un approccio incentrato sui

processi.

L’approccio per “processi”, centrato sul valore, si focalizza sui prodotti o i servizi forniti

al cliente e aggrega progressivamente attorno ad essi tutte le attività correlate.

In tal modo, vengono definite le attività primarie (attività che concorrono direttamente alla

produzione del bene o servizio) e le attività di supporto.

Un processo è perciò trasversale ad una struttura funzionale, come si può vedere in figura .

Figura 1.5 - Processi trasversali alle strutture organizzative

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Un processo inoltre, raggruppa tutte le strutture, le funzioni e i ruoli necessari al

compimento dei suoi obiettivi, cosicchè ci si concentri maggiormente sull’esito del

processo e sulla catena del valore, in quanto la soddisfazione del cliente è legata

direttamente ai processi e solo indirettamente alle funzioni [Lazi G., 1999].

L’organizzazione è complessivamente più snella, i gruppi di lavoro sono multifunzionali e

in grado di controllare tutti gli aspetti del processo.

Partendo dai fornitori e arrivando al cliente finale, ogni funzione è internamente fornitore e

cliente di un’altra. Infine, il monitoraggio delle prestazioni è più semplice, perché

direttamente collegato agli obiettivi aziendali. Quindi, per essere competitive le aziende

devono rivedere la loro organizzazione e progettare l’intera azienda lungo la catena del

valore in modo da velocizzare i processi aziendali. Inoltre, gli approcci organizzativi basati

sui processi permettono l'introduzione di una nuova figura gestionale a cui è assegnato il

compito di responsabile unico del processo, il process owner.

A questa figura, è affidato il compito di predisporre e formalizzare il nuovo flusso delle

attività, identificare i mezzi e le risorse necessarie per ciascun processo oltrechè

sorvegliare le prestazioni del processo nel tempo ed intervenire con le modifiche

organizzative, qualora necessarie.

La focalizzazione sul prodotto e sul processo complessivo che porta alla sua realizzazione,

tende quindi a ricostruire una visione complessiva delle problematiche, superando l'ottica

di ogni specifica unità organizzativa definita funzionalmente che molto spesso tende a

concentrarsi sui propri compiti e responsabilità, perdendo di vista il risultato finale.

Pertanto, un'organizzazione completamente dedicata ai processi aziendali, comporta un

cambiamento strutturale complesso ma molto vantaggioso, porta le aziende a rispondere in

modo più veloce a quelle che sono le esigenze dei clienti e assicura l'esigenza interna di

competitività nel mercato di interesse, ritenuta presupposto comunque indispensabile.

1.5 I presupposti strategici e organizzativi per l'analisi delle attività aziendali e la mappatura dei processi gestionali

Con l'espressione “analisi delle attività e dei processi aziendali (Process Mapping)”, si

intende l'applicazione di una metodologia formalizzata di identificazione degli output

principali (prodotti, servizi, informazioni, regole, procedure, principi, norme) di una

determinata impresa, con il fine ultimo di ricostruire i processi che li hanno generati.

Si tratta di scomporre un'organizzazione complessa in attività elementari facili da gestire,

di definire un modello di riferimento per i processi gestionali e di ricostruire, attraverso

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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appropriate tecniche di modellizzazione, una mappa dei legami logici tra le attività dei

processi gestionali.

Attraverso la mappatura di un processo, si cerca di capire qual è il suo stato attuale e, di

conseguenza, quali sono i cambiamenti da introdurre per migliorarne i risultati ed

accrescerne la soddisfazione del cliente.

In particolare, gli obiettivi che stanno alla base della mappatura dei processi gestionali

possono essere così riassunti:

comprendere in che modo le risorse aziendali (umane, tecnologiche e di struttura)

vengono impiegate (ciò che realmente viene fatto - what is done);

rendere esplicite le interdipendenze che esistono tra le differenti attività anche se

svolte da funzioni aziendali distinte;

valutare la convenienza economica di differenti corsi d'azione (per esempio,

produrre all'interno o acquistare all'esterno, avvalersi di un determinato canale

distributivo, entrare in nuovo business ecc.) attraverso la determinazione dei costi

delle attività connesse all'alternativa prescelta;

imputare i costi delle attività aziendali, soprattutto quelle legate a processi di natura

manageriale e di supporto, agli oggetti ultimi di calcolo, quali i prodotti, i servizi, le

tipologie di clienti, i canali distributivi, le aree geografiche;

determinare il mix e il livello di risorse da assegnare ai processi (budgeting di

processo);

semplificare i processi gestionali identificando le attività che non aggiungono

valore alla soddisfazione del cliente, ovvero quelle attività ridondanti e non

necessarie, che assorbono risorse ed aumentano i costi aziendali senza generare

benefici significativi in termini di posizione competitiva detenuta dall'azienda.

In senso ampio, è possibile affermare che la costruzione di un modello delle attività e dei

processi aziendali spazia: dalla revisione del sistema di contabilità direzionale, alla

riprogettazione dei flussi di processo e delle relative procedure informativo-informatiche,

al ridisegno dei ruoli organizzativi e delle professionalità (identificazione di Business

Process Owner e di team interfunzionali permanenti di processo).

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

20

Se questi sono gli obiettivi, il successo della fase di mappatura è garantito dalla presenza

nell'azienda di alcuni presupposti di carattere sia organizzativo sia strategico, quali:

la sponsorship da parte dell'alta direzione;

la definizione della missione dell'azienda e degli obiettivi di medio-lungo termine;

la programmazione degli interventi e dei relativi tempi di realizzazione;

la scelta della metodologia da seguire;

la costituzione del gruppo di lavoro;

la formazione del gruppo di lavoro alle tecniche di mappatura dei processi;

la raccolta e la condivisione delle informazioni esistenti.

In primo luogo, è necessario che l'alta direzione creda nel progetto e che sia disposta a

dedicare tutte le risorse necessarie al suo sviluppo. La mappatura dei processi gestionali

deve portare tutto il corpo aziendale a «pensare e vivere» per processi.

Per creare motivazione e coinvolgimento è auspicabile che l'iniziativa venga diffusa a tutti

i livelli aziendali attraverso incontri di presentazione degli obiettivi del progetto e di

formazione sulle metodologie e gli approcci da seguire.

In secondo luogo, alla direzione aziendale è richiesto il massimo coinvolgimento per la

formulazione e la convalida degli obiettivi di carattere strategico, espressi in termini di

natura del prodotto, penetrazione del mercato e crescita della redditività, delle diverse aree

di business nonché dell'azienda nel suo insieme [Ostinelli C.].

In questi termini, nessun intervento di innovazione industriale, di semplificazione e di

integrazione dei processi gestionali, può essere progettato e realizzato in maniera efficace

se non sono chiari i principali indirizzi strategici dell'impresa.

La fase di raccolta delle informazioni sulle attività e sui processi è importante quanto il

momento della loro analisi e della definizione delle azioni di miglioramento.

Ecco perché deve esserle riservato il tempo necessario, impedendo che sullo slancio dei

primi risultati si pongano in essere interventi a carattere locale, che avrebbero il solo scopo

di spostare il problema in un'altra area o di ritardarne la comparsa.

Dati gli obiettivi del progetto, altri elementi concorrono alla definizione delle sue

caratteristiche. Si tratta in particolare, della cultura e del clima aziendale in termini di

resistenza al cambiamento e natura dello stile di direzione.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

21

Il numero e il profilo professionale delle persone coinvolte, la strumentazione hardware e

software resa disponibile nonché, le fasi e le modalità di conduzione dell'analisi (la

partecipazione al progetto di consulenti esterni, lo svolgimento di incontri di formazione

sulle metodologie e sulle finalità dell'analisi, l'impiego di un questionario, lo svolgimento

di interviste personali ai responsabili d'ufficio e ad alcuni loro collaboratori) possono

variare da azienda a azienda appunto per le peculiarità distintive di ciascuna.

A prescindere però dalle scelte che ciascuna impresa fa, un progetto di mappatura, data la

natura transfunzionale che lo caratterizza, rende sempre necessaria la costituzione di

almeno un gruppo di lavoro composto da persone appartenenti a unità organizzative

distinte, con bagagli culturali ed esperienze proprie della specializzazione delle funzioni

aziendali di appartenenza. In relazione agli obiettivi specifici del progetto, un'adeguata

capacità critica e una buona dose di creatività sono da apprezzare nella scelta delle persone

chiamate a costituire il team di lavoro.

Da ultimo, è utile sottolineare che, a chi è chiamato alla raccolta e alla sistematizzazione

dei dati sulle attività e sui processi, devono essere messe a disposizione almeno le seguenti

informazioni:

la struttura dei ruoli e delle responsabilità organizzative (spesso formalizzata in

organigrammi e mansionari),

le piantine delle aree produttive, dei magazzini e degli uffici, la struttura del

database aziendale, le procedure informatiche esistenti disponibili su mainfraim o

disponibili in rete

il piano dei conti di contabilità generale e di contabilità analitica,

il manuale del sistema qualità.

1.6 I modelli per la rappresentazione dei processi

Modellizzare un processo aziendale, equivale ad identificare gli input e gli output del

processo, comprendere quale sia la procedura che consente di passare dagli input agli

output, comprendere quali siano gli attori e quali siano gli strumenti di cui questi si

avvalgono per mettere in atto la procedura.

Fin ora, è stato detto che un approccio per processi prevede una visione basata

sull'integrazione di tutte quelle attività che concorrono all'ottenimento dello stesso output,

indipendentemente dalla funzione aziendale a cui appartengono.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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Per poter operare sui processi, è necessario poterli rappresentare ed analizzare attraverso

una mappatura, ossia una cognizione della situazione attuale dei processi

dell'organizzazione al giusto livello di dettaglio. L’identificazione dei processi infatti, sarà

utile per individuare i processi rilevanti nella realizzazione del prodotto/servizio sui quali

saranno incentrate le risorse aziendali e per permettere l'avvio di una eventuale

reingegnerizzazione.

Esistono ovviamente parecchie tecniche di modellazione dei processi che consentono la

visualizzazione dei risultati di un Business Modelling (metodologia utilizzata per la

mappatura dei business process e delle strategie aziendali, con la quale è possibile

visualizzare gli attori, le attività svolte, le loro relazioni e le loro responsabilità,

contestualmente ad un determinato livello di approfondimento). Tra queste, si annoverano

sia modelli "tradizionali", mutuati dall'analisi organizzativa e dall'analisi dei sistemi

informativi, quali le carte di processo, i diagrammi SIPOC, i data flow diagram–DFD, i

diagrammi di flusso, i diagrammi a catena, la tecnica IDEF0, la matrice di assegnazione

delle responsabilità di processo ecc..; sia modelli più "innovativi" quali ad esempio:

l'Action Diagram Workflow o il diagramma delle attività UML [Lazi G., 1999].

Quello che è importante puntualizzare è che, la scelta del modello dovrà essere guidata

principalmente dall’individuazione degli aspetti che è più importante evidenziare in

funzione degli obiettivi dell'intervento, ricercando di conseguenza il modello più adatto ad

evidenziarli.

1.6.1 Carte di processo

Le carte di processo sono uno strumento per mantenere sotto controllo i vari parametri di

un processo. Su una tipica carta di processo vengono riportate ad esempio, le medie delle

misurazioni fatte durante il processo di produzione. Questa carta ha una linea centrale

(Central Line), che rappresenta il valore attorno al quale dovrebbero trovarsi le misurazioni

della caratteristica che si vuole analizzare. L’obiettivo, è quello di individuare la presenza

nel processo di variabilità sistematica (distorsioni nel processo che possono essere dovute a

macchine non regolari, materie prime difettose, errori degli operatori, ecc.) poiché la

presenza della variabilità naturale (effetto cumulato di un gran numero di piccole cause

inevitabili ed incontrollabili) è impossibile da eliminare e non influenza particolarmente la

produzione. Inoltre, se all’interno di un processo di produzione è presente solo una

variabilità naturale, il processo si dice “in controllo” mentre in presenza di variabilità

sistematica il processo è detto “fuori controllo”.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

23

Oltre alla linea centrale, nella carta sono presenti due limiti, uno inferiore (Lower Control

Limit) ed uno superiore (Upper Control Limit), che sono determinati tramite varie

considerazioni statistiche.

Figura 1.6 - Studio di variabilità

Inoltre, se all’interno del processo è presente una variabilità sistematica e quindi qualcosa

che determina errori nella produzione, uno o più punti verranno plottati all’esterno

dell’area delimitata dai limiti di controllo.

Questo segnale permetterà di scoprire la causa dell’errore e rimuoverla velocemente dal

processo, la bontà degli strumenti utilizzati si misurerà anche in base alla velocità con cui

questi saranno in grado di individuare gli improvvisi cambiamenti di stato (da in-controllo

a fuori-controllo) in modo da intervenire velocemente nell’individuazione delle cause ed

attivarsi per la correzione.

1.6.2 Diagramma SIPOC

Un diagramma SIPOC è uno strumento che serve a documentare un processo, ad alto

livello. Il diagramma inoltre, mette in evidenza alcuni aspetti fondamentali, dalle cui

iniziali tra l’altro deriva il nome [Sinibaldi A., 2009]:

Supplier: è l’elenco dei fornitori del processo, cioè di coloro che forniscono gli input che il

processo elaborerà o di cui il processo si serve per funzionare. Possono essere persone, altri

processi, aziende, sistemi o applicazioni. Infine possono essere interni o esterni

all’organizzazione;

Input: è l’insieme delle risorse necessarie al processo. Possono essere persone, materiali,

equipaggiamenti, informazioni;

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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Process: è una descrizione del processo insieme alle attività che lo compongono;

Output: è l’insieme dei prodotti generati dal processo;

Customers: sono i clienti del processo, che riceveranno gli output. Possono essere

persone, altri processi, aziende, sistemi o applicazioni. Infine possono essere interni o

esterni all’organizzazzione.

Spesso si usa una versione leggermente modificata, che consiste nell’aggiungere anche i

requisiti di processo, come si vede in figura 1.8.

Figura 1.7 - Diagramma Sipoc

1.6.3 Data Flow Diagram

I Data Flow Diagram (DFD) sono un insieme di notazioni per la descrizione dei processi,

utilizzate soprattutto nell’ambito della progettazione di sistemi informativi e in particolare

nella progettazione congiunta di dati/funzioni e nella progettazione di software per

descrivere le funzionalità del sistema [Casati F., Pernice B].

Il concetto su cui si basano i DFD è quello di processo che elabora dati in ingresso e

produce dati in uscita. Il sistema, viene visto come un insieme di processi collegati tra loro

da flussi di dati. Quest’ultimi, indicano a loro volta come i dati prodotti da un processo

vengono utilizzati da altri processi.

La tecnica dei DFD, è di larga diffusione soprattutto grazie alla sua notazione grafica che

rende agevole la lettura delle specifiche del sistema anche agli utenti e ai fornitori dei

requisiti per il sistema stesso.

La notazione grafica utilizzata per i DFD, viene inoltre complementata da informazioni

contenute in un dizionario dei dati.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

25

Gli elementi che caratterizzano un diagramma DFD sono i seguenti:

processi: rappresentano le unità di elaborazione dei dati;

flussi di dati: indicano scambi di dati tra i processi;

archivi (o file): rappresentano informazioni memorizzate in modo permanente nel

sistema;

sorgenti e pozzi (o destinazioni) di dati: rappresentano i fornitori dei dati e i

destinatari dei dati esterni al sistema.

Una notazione grafica adottata nei diagrammi per rappresentare questi elementi è illustrata

in figura:

Figura 1.8 - Notazione grafica per diagrammi di flussi di dati

A ciascun elemento grafico è associato un nome che deve essere univoco e che deve

rappresentare in modo chiaro per il lettore del diagramma, l’uso dell’elemento nel sistema.

Per i processi, il nome deve essere un verbo o un verbo con oggetto, per indicare il tipo di

trasformazione di dati svolta dal processo. Per i flussi di dati, vengono utilizzati sostantivi,

sostantivi composti oppure con attributi. Anche in questo caso il nome del flusso è

determinante per la comprensione del diagramma e deve essere univoco. È necessario

inoltre, evitare l’uso di nomi di tipo generico, quali “elabora” per i processi o “dato” per i

flussi di dati, in quanto il loro uso non renderebbe chiara la lettura dei diagrammi.

Ai processi inoltre, è associato un numero identificativo univoco che ha significato anche

nell’ambito della scomposizione gerarchica dei processi.

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1.6.4 Diagramma di flusso

Il diagramma di flusso, anche conosciuto come flowchart, rappresenta graficamente un

processo, un progetto o una procedura di lavoro ed è un semplice strumento per descrivere

con un basso livello di dettaglio una logica decisionale o algoritmo.

Solitamente, i diagrammi di flusso procedono verticalmente dall’alto verso il basso e si

utilizzano quattro figure fondamentali connesse da frecce che indicano la direzione del

flusso. Ogni punto decisionale generalmente, pone la questione in modo che sia possibile

rispondere con un si o con un no, dando di conseguenza luogo ad una diramazione del

flusso di processo.

Nella tabella seguente vengono illustrati i diversi tipi di diagrammi di flusso più adatti al

processo aziendale che si desidera documentare e presentare.

Tipo di

diagramma di

flusso dei processi

aziendali

Esempi di

diagrammi Scopo

Diagramma di audit

Documentare e analizzare i processi che

comportano transazioni finanziarie e gestione

dell'inventario.

Diagramma di

flusso base

Descrivere o analizzare processi, documentare

procedure, indicare il flusso di lavoro o delle

informazioni, tenere traccia dei costi e

dell'efficienza. Utilizzare questo tipo di diagramma

per documentare i miglioramenti ottenuti nei

processi e la gestione dei processi in progetti Six

Sigma.

Diagramma causa-

effetto

Documentare i fattori che contribuiscono a un

risultato particolare. Utilizzare questo tipo di

diagramma per analizzare i fattori che

contribuiscono a una situazione specifica e per

documentare processi Six Sigma e ISO 9000.

Diagramma di

flusso

interfunzionale

Mostrare la relazione tra un processo aziendale e le

unità organizzative o funzionali responsabili del

processo.

Diagramma di

flusso dei dati

Documentare il flusso logico dei dati tramite un

insieme di processi o procedure, includendo origini

e destinazioni di dati esterne, attività per la

trasformazione dei dati e archivi o raccolte nei

quali sono custoditi i dati.

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Diagramma EPC

(Event-driven

Process Chain)

Creare diagrammi EPC (Event-driven Process

Chain) per illustrare processi aziendali SAP/R3.

Diagramma analisi

alberi di guasto

Mostrare gli eventi che possono provocare esiti

negativi in modo da evitarli. Viene comunemente

utilizzato nei processi Six Sigma.

Diagramma TQM

Creare diagrammi TQM (Total Quality

Management, Gestione totale della qualità) per la

riprogettazione dei processi aziendali, la gestione

della qualità totale, il miglioramento continuo e la

creazione di soluzioni di qualità.

Diagramma del

flusso di lavoro

Descrivere, analizzare e documentare il flusso

delle informazioni, l'automazione dei processi

aziendali e le attività relative a contabilità,

gestione e risorse umane.

Figura 1.9 - I diversi diagrammi di flusso

1.6.5 Diagramma a catena

Il diagramma a catena rappresenta il processo suddiviso nelle sue fasi, o sottoprocessi

come una successione di frecce orientate.

Nell’area sottostante c’è la lista delle attività costituenti. E’ una forma di rappresentazione

molto semplice e di livello di dettaglio bassissimo che si applica solo a processi che

possono essere scomposti in macro-blocchi sequenziali.

Un esempio relativo ad una mappatura del personale impiegato nei processi tecnico–

amministrativi delle Aziende Sanitarie è mostrato nella figura a seguire.

Figura 1.10 - Diagramma a catena

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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1.6.6 La tecnica IDEF0

Molti metodi di analisi di processi che si sono guadagnati una certa diffusione, sono

accomunati dal fatto di usare lo stesso linguaggio IDEF (linguaggio di Definizione ICAM,

dove quest’ultima sigla a sua volta sta per: Integrated Computer Aided Manufacturing).

I metodi e i concetti che stanno alla base di IDEF (Integrated Definition Methods), hanno

compiuto notevoli progressi nel processo di accreditazione come standard riconosciuti

ufficialmente e sono sottoposti ad un costante scrutinio da parte di centri di ricerca sia

universitari che non.

Questo linguaggio si è imposto per la sua capacità di catturare le relazioni funzionali che

esistono tra le diverse fasi di un processo e di darne una rappresentazione adeguata.

Un tale linguaggio è essenziale sia durante la fase di analisi di un processo, sia in quella di

sintesi finale, dal momento che consente la creazione di adeguate strutture della

conoscenza disponibile (modelli).

A loro volta, questi modelli consentono l’implementazione dei processi ridisegnati ed

infine una gestione efficace delle operazioni produttive.

IDEF, risulta essere quindi un approccio strutturato alla modellazione dei processi, in

particolare vengono proposti 15 tipi di diagrammi diversi che coprono tutte le necessità di

documentazione di un’organizzazione, dal modello dei processi, al modello dati, al

modello dell’informazione, a quello di rete ecc..

Quello che maggiormente ci interessa in questo contesto è IDEF0 (Function Modelling),

che prevede una rappresentazione dei processi secondo un approccio top-down di

scomposizione dell’azienda in sotto-sistemi, processi, sotto-processi e attività. IDEF0

risulta essere una tecnica di modellazione nata durante un programma di sviluppo delle

forze aereonautiche militari americane negli anni ‘70 del secolo scorso.

La tecnica in questione, è un linguaggio di modellazione grafica utilizzato per

rappresentare un qualsiasi sistema individuandone funzioni, attività, azioni, processi,

operazioni elementari e le relazioni funzionali tra questi elementi, nonché i flussi di dati ed

informazioni che attraversano il sistema.

Inoltre, il principale punto di forza di IDEF0 è che questo metodo ha dimostrato di essere

molto efficace nel dettagliare e modellare le attività di sistema per poterne esaminare le

criticità e per riuscire a definire la natura e la struttura delle attività che in certa misura

contribuiscono al soddisfacimento dei fabbisogni del cliente.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

29

L'utilizzo di IDEF0 fornisce diversi vantaggi:

Consente l'analisi e la rappresentazione di tutti i livelli di un sistema, sia esso

composto da uomini, macchine, materiali, calcolatori o informazioni di qualunque

genere e sia esso esteso ad un'impresa, un settore produttivo o un'area particolare;

Durante lo sviluppo del modello viene prodotta una documentazione che può essere

utilizzata per il miglioramento o l'integrazione dei sistemi;

Viene incrementato lo scambio di informazioni tra analisti, progettisti, utenti e

gestori;

Consente la condivisione degli obiettivi mediante una reale comprensione e

diffusione dell'informazione;

Consente la gestione di progetti di grandi dimensioni e complessità, fornendo

misure qualitative degli avanzamenti;

Fornisce un'architettura di riferimento per l'analisi di impresa, l'ingegnerizzazione

dell'informazione e la gestione delle risorse.

IDEF0 è una tecnica di modellizzazione basata sulla combinazione di grafici e testi

presentati in modo organico e sistematico. Il risultato della sua applicazione è un modello,

cioè una rappresentazione di un insieme di componenti di un sistema, utile per supportare

la comprensione, l'analisi, il miglioramento o la sostituzione del sistema.

Il modello prodotto da IDEF0 è costituito da una serie gerarchica di diagrammi, testo e

glossari che illustrano, con livello di dettaglio via via crescente, le funzioni del sistema e il

loro interfacciamento. Gli elementi principali dei diagrammi sono le funzioni,

rappresentate mediante scatole e i dati o gli oggetti che collegano tali funzioni,

rappresentate mediante frecce.

Il testo e il glossario forniscono informazioni aggiuntive utili alla comprensione dei

diagrammi.

Ogni scatola rappresenta una funzione del sistema:

la scatola deve essere di forma rettangolare;

deve possedere un nome o una frase che esprime un'azione;

deve essere identificata da un numero posto nell'angolo in basso a destra.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

30

Le frecce (verticali e orizzontali, mai diagonali) rappresentano oggetti o dati collegati alle

funzioni e devono essere identificate mediante un nome:

le frecce entranti nel lato sinistro della scatola sono gli ingressi, trasformati dal

processo per produrre gli output;

le frecce entranti nel lato superiore della scatola sono i controlli, una particolare

categoria di input che interviene sul processo vincolandone il comportamento;

le frecce uscenti dal dato destro della scatola sono le uscite, cioè i dati o gli oggetti

prodotti dalla funzione;

le frecce entranti nel lato inferiore della scatola rappresentano le risorse necessarie

alla funzione (es. persone, attrezzature, budget, ecc.);

Figura 1.11- Elementi caratterizzanti di una rappresentazione IDEF0

Il primo passo dell'analisi consiste nel definire i contorni del contesto per creare il

diagramma A0 che contiene una sola scatola il cui nome definisce completamente la parte

di sistema descritta dal modello. Le frecce di ingresso, uscita e controllo rappresentano le

interfacce per i dati e gli oggetti trasferiti tra il sistema e l'ambiente. Il diagramma A0 deve

essere completato indicando lo scopo e il punto di vista. La creazione del diagramma A0

consente di dettagliare mediante 3-6 sotto-funzioni, numerate progressivamente, l'oggetto

del modello che era rappresentato nel diagramma di contesto A0 mediante una sola

funzione di livello superiore.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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Ciascuna sotto-funzione del diagramma figlio può essere ulteriormente decomposta

mediante un altro diagramma figlio e così via come si può vedere nella figura che segue.

Figura 1.12 - Esempio di approfondimento dei dettagli del sistema

Si può dire quindi che questo diagramma A0, è il vero punto di partenza del modello.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

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1.6.7 La matrice di assegnazione delle responsabilità di processo

La matrice di assegnazione delle responsabilità di processo (Responsabilità Assignment

Matrix o RACI Matrix) è una tecnica per documentare le responsabilità (ad esempio, chi è

responsabile, chi deve essere consultato, chi informato e chi ha la responsabilità

economica) e identificare le aree funzionali dove ci sono ambiguità di processo.

Il suo scopo, è quello di documentare in modo sistematico la rete di relazioni che supporta

la comunicazione organizzativa, l’iter di approvazione e il processo decisionale.

Viene costruita mettendo sulle righe l’elenco dei processi, o delle singole attività o dei

deliverable e sulle colonne l’elenco dei ruoli funzionali, o degli individui, coinvolti nella

gestione/organizzazione del processo [Sinibaldi A., 2009].

In ogni cella, è indicato il tipo di responsabilità (tramite l’iniziale o la lista di iniziali

separate da virgole), che quel ruolo ha su quella attività.

Un esempio è mostrato in figura, in cui la notazione usata è la seguente:

A approva l’attività;

R fa un review del deliverable e fornisce un feedback;

C crea il deliverable o è l’owner dell’attività, cioè di fatto, ne è il responsabile;

I fornisce gli input;

N viene informato del deliverable o del termine del processo;

M gestisce il deliverable, cioè la persona incaricata della sua conservazione e ne

regola l’accesso e la consultazione.

Modello di

Processo

Ruolo

funzionale 1

Ruolo

funzionale 2

Ruolo

funzionale 3

Ruolo

funzionale 4

Attività/Deliverable A, R C, N I, C M

Attività/Deliverable N I I, A, R

Attività/Deliverable

Attività/Deliverable Figura 1.13 - Matrice di assegnazione delle responsabilità

L’obiettivo della matrice è quello di esprimere chiaramente chi fa cosa ed evitare così

scoperture, sovrapposizioni o sovraccarichi decisionali.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

33

1.6.8 Action Diagram Workflow

L’Action Diagram Workflow rappresenta un processo attraverso l'interrelazione dei vari

cicli cliente-fornitore da cui è composto, sia modelli più legati alla possibilità di immediata

automazione con strumenti di gestione del flusso.

Nell’approccio proposto negli Action Workflow, il flusso di lavoro (ed il processo

correlato) non è fatto soltanto di azioni ed attività finalizzate alla trasformazione di

informazioni, ma è fatto soprattutto di interazioni tra persone che comportano reciproche

richieste, promesse e assunzioni di impegni [Sinibaldi A., 2009]. L’enfasi, viene quindi

posta sull’interazione tra fornitori e clienti di servizi nell’esecuzione del processo.

Gli elementi principali del modello Action Workflow sono i seguenti:

Attività - Ogni compito lavorativo svolto dalle persone;

Azione - Ciò che le persone fanno quando chiedono o prendono reciprocamente

impegni le une con le altre con l'obiettivo di ottenere una condizione di

soddisfazione;

Impegno - Modalità di interazione tra cliente e fornitore;

Processo - Insieme di attività scatenati da azioni, sotto la responsabilità di un

operatore, e che avvengono in un determinato spazio o tempo.

Un processo, è dunque una rete di transazioni tra persone (clienti ed esecutori) che produce

azioni coordinate ai fini della soddisfazione del cliente.

I processi nell’action workflow sono descritti gerarchicamente tramite cicli di interazioni

tra clienti e esecutori. Ciascun ciclo quindi, descrive compiutamente il processo di

interazione tra il cliente che richiede il servizio e l’esecutore dello stesso.

Un ciclo è composto da quattro fasi, a ciascuna delle quali possono essere associati uno o

più cicli per descrivere i dettagli dello svolgimento del processo.

Ciascuna di queste fasi fa parte di un ciclo di negoziazione, che parte da una richiesta di un

cliente e arriva all’accettazione del lavoro svolto dall’esecutore o fornitore del servizio.

All’interno di ciascuna di queste fasi, ulteriori cicli di negoziazione possono essere iniziati

e svolti (in alternativa o in sequenza tra loro), ottenendo così una scomposizione gerarchica

delle attività in successivi livelli di dettaglio.

In tal caso, si parla di annidamento gerarchico dei cicli e i cicli annidati, vengono

denominati workflow secondari.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

34

Ciascun ciclo di descrizione di un processo nell’action workflow prevede la suddivisione

del processo in quattro fasi distinte:

Preparazione/richiesta - Cliente o esecutore propongono che l'esecutore esegua il

lavoro;

Negoziazione/accettazione - Cliente e esecutore raggiungono un accordo;

Esecuzione o produzione - L'esecutore esegue il lavoro e lo completa;

Soddisfazione/erogazione - Il cliente valuta il lavoro ed il livello di soddisfazione.

In ciascuna fase, cliente e esecutore interagiscono secondo una serie di modalità di

interazione prestabilite nel modello, che determinano l’evoluzione del processo.

Si viene così a definire una rete di impegni tra cliente e esecutore che porta all’esecuzione

del processo.

Le modalità di interazione previste dal modello sono indicate nella tabella seguente:

Figura 1.14 - Attività Action Workflow

Un esempio generico di action workflow è presentato nella figura a seguire, in cui la fase

di richiesta presenta un workflow secondario per gestire una richiesta di chiarimento, la

fase di accettazione è dettagliata nelle fasi di negoziazione e autorizzazione, la fase di

produzione comporta una delega nell’esecuzione di tutto o parte del processo e la fase di

soddisfazione o erogazione comporta la necessità di una conferma da parte dell’operatore

[Casati F., Pernici B.].

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

35

Figura 1.15 - Action Workflow

1.6.9 Diagramma delle attività UML

Tra le differenti tecniche di mappatura, può essere posta particolare attenzione sulla tecnica

UML con la quale è possibile creare visualizzazione grafiche con cui rappresentare la

realtà di interesse, documentandone i processi e gli attori che interagiscono con essi.

L'UML, è uno strumento di comunicazione tra l'organizzazione aziendale e i vari

stakeholders. Quest’ultimo, permette diverse viste del problema a vari livelli di astrazione.

Nel campo business, anche la tecnica UML è in piena implementazione e necessita ancora

di miglioramenti, dovuti principalmente al fatto che, alcune viste sono poco integrate.

Nonostante ciò, tra i 13 diagrammi che costituiscono la tecnica, l'UML Activity Diagram è

ritenuto un ottimo strumento per modellare un processo di business come insieme di

attività e di transizioni tra queste attività. Le attività possono essere di due tipi: atomiche o

non atomiche. Le attività atomiche, chiamate azioni in UML, descrivono operazioni

elementari, concettualmente non decomponibili in azioni più semplici. Esse sono

graficamente rappresentate da una losanga ed hanno un'etichetta associata che indica

l'azione da svolgere. Le attività vere e proprie rappresentano invece azioni composte,

costituite da altre attività o azioni. La loro struttura viene dettagliata separatamente, tramite

un ulteriore diagramma delle attività più di dettaglio. Le attività sono utili quando il

processo è complesso e non è possibile o non è conveniente rappresentarlo nel dettaglio in

un unico diagramma.

Capitolo 1 – Il Business Process Management e la gestione dei processi aziendali

36

Un UML Activity Diagram, traccia il business workflow e fornisce aspetti dinamici di

esso, in modo da avere informazioni sui flussi di lavoro, sulle attività fatte in parallelo e

sulle azioni alternative. E' anche possibile partizionare il workflow in colonne per ruoli e/o

responsabilità (corsie), in modo da poter immediatamente individuare le responsabilità non

solo per ogni processo aziendale, ma anche per ogni attività ed operazione di cui il

processo è composto. Infine nell'UML Activity Diagram possono anche essere aggiunte le

business entity coinvolte. Nella metodologia di modellazione dei business process si è

soliti affiancare alle consuete tecniche grafiche, altri strumenti complementari grazie ai

quali fornire differenti informazioni e diverse viste della realtà. Tra queste, si segnala la

Matrice delle Responsabilità o Matrice RACI sopra descritta, che può essere utilizzata in

una logica di progettazione o riprogettazione della struttura organizzativa, come strumento

per l'individuazione di assenze, eccessive frammentazioni o conflitti di responsabilità

(ossia, serie di problemi di un’organizzazione che a lungo andare si ribaltano in negativo

sulla qualità finale del prodotto/servizio).

37

Capitolo 2

LA REINGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI

Introduzione

Il capitolo a seguire è dedicato al Business Process Reengineering (BPR) o

Reingegnerizzazione dei Processi. Una volta che questi sono stati creati e messi in

produzione, inizia la raccolta delle misure di performance e potrebbe perciò rendersi

necessario un ripensamento della struttura del processo.

Ci sono a tale scopo dei principi ispiratori e dei suggerimenti, tra cui: automatizzazione di

attività manuali, virtualizzazione, decentramento, cooperazione e così via. Sono per questo

disponibili delle metodologie come: Six Sigma, Balanced Scorecard o Lean Manufactoring

che aiutano a individuare i problemi, a concentrarsi sulle attività veramente necessarie e a

dare delle priorità alle cose da modificare.

Dato che talvolta, si tratta proprio di inventarsi nuove soluzioni ai problemi, anche

metodologie dedicate all’innovazione potrebbero essere d’aiuto. Una volta che il processo

è in produzione e vengono costantemente raccolti i dati di performance, può darsi (anzi, in

nome del miglioramento continuo, ciò è altamente auspicabile) che arrivi l’esigenza di fare

delle modifiche. Le motivazioni possono essere diverse:

insoddisfazione dei clienti per il prodotto/servizio;

mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità;

cambiamenti nel business valutare l’apertura verso nuovi mercati, nuovi

concorrenti che offrono prodotti simili a prezzi più bassi ecc.;

cambiamenti nella tecnologia che possono essere a loro volta motore di nuovo

business e di nuovi processi.

Una volta che è nata l’esigenza del cambiamento, inizia la fase di analisi.

Il primo passo, è ottenere la sponsorizzazione e il supporto del top management che deve

garantire le risorse necessarie.

Occorre poi individuare dei progetti pilota, su cui sperimentare l’impatto dei cambiamenti

prima di affrontare ambiti più grandi e impegnativi.

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

38

L’obiettivo dei progetti pilota è quello di dare il modo di metabolizzare le metodologie e

sperimentare strategie, tattiche e tecnologie, riducendo il più possibile le eventuali

conseguenze negative che potrebbero esserci.

Le modifiche al processo possono essere condotte in due modalità diverse:

incrementale e in tal caso si parla di Business Process Improvement (BPI);

radicale e in tal caso si parla, più propriamente, di Business Process Reengineering

(BPR).

Inoltre, è stato diffuso negli anni, dal governo federale degli Stati Uniti, uno schema di

riferimento che cerca di sintetizzare le caratteristiche principali dei vari approcci alla

revisione dei processi [Sinibaldi A., 2009].

Si riporta qui di seguito la matrice proposta.

Figura 2.1 - Schema di riferimento per reingegnerizzazione

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

39

2.1 Gli sviluppi del BPR

L’attività di reingegnerizzazione dei processi, intesa nella definizione originale del suo

ideatore Michael Hammer, è la riprogettazione radicale dei processi d'impresa.

Il BPR è nato come risposta alla crisi di competitività delle aziende private, relativamente

ad un cambiamento radicale nel contesto esterno del mercato.

Più precisamente la globalizzazione e la crescente concorrenza, hanno spinto le società a

ricercare livelli di efficienza e di qualità sempre maggiori, rendendo i propri processi

altamente inefficienti ed inefficaci rispetto alle strategie ultime aziendali.

Inizialmente il BPR è stato utilizzato prevalentemente per obiettivi di efficienza e di

riduzione dei costi, tanto da diventare spesso sinonimo di perdita di posti di lavoro.

Negli ultimi anni tuttavia, si sono diffuse esperienze più orientate alla crescita, alla

conquista di quote di mercato e all'incremento della qualità dei servizi.

Anche sulla base di questa diversificazione delle esperienze, si sono registrati sviluppi

dell'elaborazione in varie direzioni quali:

il rapporto tra pianificazione strategica e BPR, attività che presentano

problematiche contigue e talvolta tendenti a sovrapporsi. In realtà le considerazioni

e gli obiettivi di un piano strategico dovrebbero costituire un input alla

reingegnerizzazione (soprattutto in termini di scelta dell'ambito in cui operare).

È inevitabile peraltro, una zona grigia di confine soprattutto rispetto al grado di

dettaglio nell'identificazione e quantificazione degli obiettivi di prestazione;

il rapporto tra singole iniziative di reingegnerizzazione dei processi e la necessità di

continue trasformazioni, ha portato molte organizzazioni a non considerare più il

BPR come una attività "one shot" ma come una attività continuativa che necessita

di specifiche modalità per la capitalizzazione di conoscenze, esperienze e

informazioni;

il livello di dettaglio dell'analisi da condurre sui processi esistenti e, in maniera

correlata, il dettaglio nella riprogettazione. È evidente sia il pericolo della "paralisi

da troppa analisi" sia quello di analisi e progetti troppo poveri che si traduce in

inattendibilità degli obiettivi e dei risultati previsti;

l'importanza della definizione di sistemi efficaci di misurazione delle prestazioni

che, se esistenti e normalmente utilizzati, costituiscono una notevole facilitazione

degli interventi di reingegnerizzazione;

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

40

la crescente attenzione alle problematiche di "gestione del cambiamento", tese a

superare gli inevitabili fenomeni di resistenza che si generano nelle organizzazioni

e a costruire il consenso di organizzazioni e singoli che sono cointeressati alle

tematiche coinvolte.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante nel settore pubblico, dove è quasi

sempre indispensabile un intervento legislativo e dove assumono particolare rilievo gli

atteggiamenti dei corpi legislativi, delle funzioni istituzionali di controllo/supervisione e

dei sindacati. Per il successo delle iniziative di reingegnerizzazione, diventa pertanto

essenziale una adeguata azione di marketing tesa al coinvolgimento di questi soggetti.

Si può dire quindi, che la reingegnerizzazione rappresenta l'anello di congiunzione tra il

piano strategico di un’organizzazione (la sua visione, le sue direzioni di intervento, i suoi

obiettivi generali) ed il piano di sviluppo dei sistemi informativi automatizzati. Su questa

base sarà possibile individuare le nuove iniziative (i nuovi progetti) che comporranno il

piano di sviluppo e che saranno successivamente approfondite dal punto di vista

tecnologico ed operativo attraverso studi di fattibilità.

2.2 La reingegnerizzazione dei processi e l'approccio per processi

La reingegnerizzazione dei processi, è una specifica modalità di cambiamento

organizzativo caratterizzata schematicamente dai seguenti elementi:

interviene su uno o più processi di servizio tra loro correlati;

è guidata dagli obiettivi strategici dell'organizzazione;

non è vincolata nell'individuazione delle nuove soluzioni, dalla situazione esistente,

ma mira ad un cambiamento radicale che assicuri un "salto" nei risultati;

opera in maniera integrata su tutte le componenti del processo;

vede le tecnologie come "fattore abilitante" di un cambiamento complessivo;

è verificato attraverso un sistema di metriche.

La reingegnerizzazione dei processi presuppone pertanto, l'individuazione dei processi

primari di un’organizzazione ossia, quelli legati al "core business" (o alla missione

istituzionale in una amministrazione pubblica, che creano valore riconosciuto all'esterno

dai clienti e che pertanto sono critici per avere successo).

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

41

Su questi processi, viene effettuata una diagnosi volta a:

individuare le aree di criticità e di possibile miglioramento (attività a nullo o scarso

valore aggiunto che possono essere eliminate, flussi operativi irrazionali,

frammentazione di responsabilità e operatività, carenze informative ecc.);

definire i valori obiettivo in termini di metriche di prestazione.

Sulla base di tale diagnosi, viene effettuata la vera e propria riprogettazione che come si è

detto, interverrà in genere su tutte le componenti dando origine a un insieme di interventi

operativi tra loro correlati (ridefinizione dei flussi, ridistribuzione delle responsabilità,

realizzazione nuovi sistemi informativi e utilizzo di nuove tecnologie, formazione e

incentivazione del personale ecc.).

La figura seguente illustra schematicamente quanto descritto.

Figura 2.2 - Fasi della reingegnerizzazione

La reingegnerizzazione si caratterizza pertanto, come una specifica modalità di

cambiamento di un’organizzazione. Essa si colloca peraltro all'interno di un approccio più

generale, descritto precedentemente e citato come "approccio per processi".

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

42

Questo approccio, si basa su una rappresentazione dell'organizzazione basata sui processi e

indirizza in maniera coerente a questa visione, le scelte di intervento e di gestione

organizzativa.

Dall'approccio per processi derivano infatti:

l'evoluzione verso una "organizzazione per processi", che definisce strutture

organizzative responsabili interamente dei processi, individuando pertanto il

"proprietario" del processo ("process owner") e collocate in genere all'interno di

una distribuzione matriciale delle responsabilità per aree di business, funzioni e

appunto processi;

lo snellimento dell'organizzazione, anche attraverso la creazione di gruppi di lavoro

interfunzionali, responsabilizzati su obiettivi comuni e capaci di governare

direttamente tutte le leve che determinano la prestazione;

la ricomposizione del lavoro e delle professionalità richieste, superando la

parcellizzazione di compiti e competenze;

l'instaurazione di modalità formali di gestione dei processi con l'adozione di

metriche e di sistemi di rilevazione delle prestazioni continuamente operanti ed

integrate con il sistema di controllo di gestione;

l'adozione di modalità di gestione della qualità e di miglioramento continuo, basate

sull'osservazione dei risultati e sulla partecipazione "bottom-up" di tutti gli attori

interessati.

2.3 Gli elementi di fondo della reingegnerizzazione dei processi

Il punto fondamentale è pertanto il "ragionare per processi".

Ogni processo (o “processo di servizio”, nei contesti come la Pubblica Amministrazione

tesi all’erogazione dei servizi) è caratterizzato dalla compresenza di una pluralità di

componenti (o dimensioni) tra le quali:

la natura e le caratteristiche del prodotto/servizio erogato;

il flusso operativo del processo (le attività componenti e le loro relazioni);

le strutture organizzative coinvolte e la distribuzione delle responsabilità;

le regole (norme) che regolano il processo;

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

43

le varie risorse utilizzate tra cui:

le risorse umane coinvolte (quantità, distribuzione e caratteristiche professionali);

la logistica;

le risorse materiali e strumentali;

le informazioni;

le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

E’ necessario pertanto individuare prodotti/servizi e processi tesi alla loro produzione ed

erogazione, diagnosticarne le criticità e successivamente intervenire per cambiare e

migliorare. Intervenire su un processo di servizio significa invece, modificare una delle sue

componenti o un insieme di esse.

2.4 Obiettivi della reingegnerizzazione dei processi

La reingegnerizzazione dei processi aziendali ha come obiettivi uno o più dei seguenti:

automatizzazione di un’attività che prima era svolta in modalità manuale;

integrazione e interoperabilità tra sistemi più o meno eterogenei allo scopo di

costruire processi complessi che sfruttino la funzionalità di tutti in modo

trasparente ed efficiente;

rimozione delle ridondanze e consolidamento spesso in un’organizzazione

esistono sovrapposizioni funzionali, cioè processi o sistemi diversi che compiono

parzialmente gli stessi compiti;

standardizzazione e uso delle best practice un’organizzazione potrebbe voler

ricostruire un processo sfruttando i modelli esistenti sul mercato. La

standardizzazione facilita il confronto tra aziende diverse, rende più semplice

l’analisi delle performance e migliora l’interoperabilità e la sostituzione di parti del

processo o dei sistemi coinvolti con altri;

riallocazione delle risorse facendo si che arrivino dove e quando veramente

servono, riducendo in tal modo gli sprechi ed evitando i blocchi;

passaggio da un modello informativo/documentale ad un altro allo scopo di

diminuire i tempi o i costi di produzione o aumentare la qualità o anche per

sfruttare delle opportunità di mercato;

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

44

passaggio da un modello organizzativo ad un altro ad esempio si può

immaginare di passare da un’organizzazione aziendale di tipo funzionale ad una

matriciale per ridurre la burocratizzazione dei processi o le inefficienze, che

derivano dalla comunicazione tra le funzioni.

Indipendentemente da questa raccolta di principi, guidata dal buon senso e dall’esperienza

collettiva, servono delle metodologie che permettano di analizzare il processo nel dettaglio

ed andare ad operare in modo dettagliato solo su quegli aspetti che, effettivamente, portano

inefficienze [Sinibaldi A., 2009].

2.5 La revisione degli “strumenti di gestione” aziendale

La revisione degli “strumenti di gestione” aziendale, viene generalmente inserita in un più

ampio programma di sviluppo strategico dell’impresa e si articola nelle seguenti aree

principali di intervento [Fonte: Reingegnerizzazione dei Processi nella Pubblica

Amministrazione]:

1. Reingegnerizzazione dei processi aziendali ed intragruppo (se l’azienda appartiene ad un

gruppo integrato di imprese), secondo principi di Qualità Totale;

2. Revisione della organizzazione del lavoro e individuazione dei Centri di Responsabilità

aziendali (competenze, professionalità richieste e primo dimensionamento) della

microstruttura (Servizi/Uffici all’interno delle Direzioni o Dipartimenti);

3. Definizione dei fattori chiave di controllo della gestione (secondo la visione per

processi);

4. Impostazione degli schemi di Contabilità Direzionale (analitica ed industriale), secondo

principi di Activity Based Costing (costi per attività);

5. Revisione dei Sistemi Informativi e pianificazione del loro adeguamento strategico

(architettura tecnologica, priorità applicative, posizionamento organizzativo e opzioni

di esternalizzazione).

Vengono di seguito esposte, per ciascuna delle aree di intervento indicate, le principali

finalità e linee guida di intervento e, ove ritenuto opportuno per la chiarezza della

esposizione, saranno evidenziate in modo più dettagliato le:

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

45

metodologie di lavoro che è opportuno seguire nell’espletamento della revisione in

oggetto;

attività da svolgere ed i risultati da fornire con lo specifico intervento.

Nel seguito si intenderà come "azienda" l'insieme dell'Impresa e delle Società

(eventualmente) da essa controllate.

2.5.1 BPR dei processi aziendali ed intragruppo, secondo principi di Qualità Totale

L'enfasi è posta sulla semplificazione delle procedure gestionali, riesaminando criticamente

regole e procedimenti tradizionali (la prassi), per costruire la qualità entro i prodotti/servizi

forniti, in modo di aderire pienamente alle aspettative del "cliente", sia esso esterno

(imprese, P.A., utenti, ecc.) che interno (vertici azienda, altre unità).

Con l'approccio proposto si evitano i rischi di una “analisi delle procedure” di tipo

tradizionale, che partendo da una visione ristretta (anche organizzativa), induce a

giustificare l'esistente e porta ad ottenere cambiamenti di ridotta rilevanza.

2.5.1.1 Metodologia di lavoro

I principali strumenti metodologici sono:

a) analisi dei processi: si basa sulla rappresentazione del ciclo standard “transazione

cliente/fornitore”:

prodotto/servizio inerente il processo in esame: rappresenta l’oggetto della

transazione (il prodotto “a catalogo” o realizzato “ad-hoc”, l’intervento

manutentivo, l’accesso ad un servizio informativo);

attori considerati: il cliente (che richiede ed ottiene il prodotto/servizio) ed il

fornitore (che lo distribuisce/eroga);

fasi della transazione (richiesta, accettazione richiesta, produzione/erogazione,

accettazione e chiusura), che sono standard, in quanto ogni processo può essere

ricondotto alla sequenza di queste fasi.

Un processo complesso può essere decomposto in n sotto-processi, ciascuno dei quali

viene rappresentato ed analizzato secondo questo schema, creando così una catena di n

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

46

cicli cliente-fornitore (dove il cliente in un ciclo può diventare il fornitore in un altro e

viceversa).

L’analisi dei processi significa pertanto identificare:

il prodotto, il cliente ed il fornitore principale di ogni processo aziendalmente

rilevante;

i sotto-processi che compongono il processo, gli elementi che li rappresentano

(prodotto, cliente, fornitore) ed i collegamenti tra essi;

le fasi del ciclo corrispondente ad ogni sotto-processo, descrivendone le attività.

b) identificazione dei problemi: per ogni fase del ciclo standard “rapporto cliente/fornitore”

sono descritte:

le esigenze del cliente e del fornitore (disponibilità del prodotto e/o tempi di

consegna);

i problemi che si frappongono alla piena soddisfazione di queste esigenze

(mancanza della informazione richiesta, condizione non prevista nelle

procedure/prassi aziendali).

L’identificazione dei problemi è ottenuta attraverso la presa di conoscenza del processo,

così come svolto attualmente, e dell’esperienza delle persone coinvolte.

c) correlazione problemi/componenti del processo: i problemi riscontrati sono posti in

relazione (non univoca) con le componenti del (sotto) processo, utilizzando una matrice di

correlazione appositamente strutturata (il problema di mancanza della informazione è

correlato al sistema informativo e/o alla professionalità del personale).

d) riprogettazione del processo: l’insieme dei sotto-processi viene ripensato globalmente, e

di conseguenza alcuni di questi (ed anche le singole fasi dei relativi cicli) possono essere

eliminati, accorpati, posti in diversa sequenza, ecc., in modo da ottenere migliori risultati.

e) riprogettazione delle singole componenti del processo: alla luce della ristrutturazione del

processo, la visione integrata delle problematiche emerse (relative alle singole

componenti), rende generalmente fattibile la soluzione ai problemi individuati.

2.5.1.2 Attività da svolgere e prodotti previsti

Le attività da svolgere in questa fase del lavoro sono quelle tipiche della revisione e

progettazione organizzativo-procedurale:

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

47

a) analisi dei "valori" ed obiettivi aziendali: per l'allineamento dei processi ai valori

aziendali (approccio top-down); le risposte che saranno fornite sono:

chiarezza delle priorità degli operatori aziendali;

attività effettivamente focalizzate sulla "missione" aziendale;

un adeguato il mix di risorse;

risorse disperse su troppi fronti;

colli di bottiglia;

presenza di troppi "stop&go" decisionali;

ritardi dovuti a verifiche non appropriate.

b) esame dei processi: attraverso la "visione per processi" descritta nella metodologia, si

otterrà:

la costruzione del "modello" dei processi:

identificazione del processo: fonte (da dove arriva), generatore (cosa lo

avvia), attività (come si svolge), prodotto (risultato della attività), cliente

(destinatario del prodotto);

classificazione dei componenti: fattori interni (controllabili), fattori esterni

(non controllabili).

la valutazione del prodotto/servizio risultato del processo:

"costo" del processo;

necessità del processo;

allineamento rispetto agli obiettivi aziendali;

grado di controllabilità interna sul prodotto/servizio e sul processo.

la analisi del "contributo" delle attività al processo:

rilevanza rispetto al processo;

compiti di routine/eccezioni connesse alla attività;

controllabilità sulla attività.

c) approccio alla semplificazione: la redazione delle proposte di intervento è ottenuta

attraverso:

la selezione dei prodotti e processi più "promettenti" (in base alla matrice

costo/contributo);

l’individuazione dei generatori e delle cause di eccezioni nelle attività

riduzione del volume di eventi;

eliminabilità generatori di eccezioni.

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

48

la valutazione della fattibilità del lavoro per "nuclei" di processo, modificando

l’organizzazione e la localizzazione del personale;

il layout fisico degli uffici;

le opportunità di contenimento costi (cost saving) su:

personale;

immobili, impianti, attrezzature;

materiali, forniture;

altro (trasporti, assicurazioni, ecc.).

d) identificazione delle opportunità di innovazione, espresse in termini di:

il miglioramento della qualità dei processi:

qualità intrinseca (visibilità della non-qualità) nei processi gestionali;

commisurata alle specifiche del prodotto/aspettative del "cliente", definite in

modo chiaro e misurabile, condivise e corrispondenti alle effettive esigenze.

la valutazione selettiva sull'impiego delle risorse:

contributo della risorsa al valore aggiunto della attività;

alternative di esternalizzazione (make/buy);

analisi costi/benefici.

la applicabilità ipotesi di automazione (dopo la semplificazione dei processi!).

e) selezione degli interventi immediati (pilota).

f) programma di attuazione progressiva degli interventi di medio periodo.

2.5.2 Revisione organizzazione del lavoro e individuazione dei Centri di Responsabilità

Le ipotesi di riorganizzazione del lavoro emerse dallo studio di reingegnerizzazione dei

processi devono essere opportunamente approfondite e (per le aree aziendali

eventualmente non impattate dalla reingegnerizzazione) completate, in modo da poter

disegnare un quadro coerente dei Centri di Responsabilità aziendali, ad un adeguato livello

di delega gestionale. Gli elementi che devono essere delineati sono:

le competenze in ambito aziendale (e verso l'esterno);

le professionalità richieste (disponibili o da formare/acquisire);

il dimensionamento (in prima approssimazione) dell'organico.

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

49

La mappa dei processi/attori aziendali, fornisce i requisiti delle professionalità richieste per

l'espletamento della singola attività.

Per la definizione della struttura micro-organizzativa (competenze, professionalità,

dimensionamento), corrispondente ai Centri di responsabilità, i principali passi

metodologici da seguire sono di seguito sintetizzati.

a) individuazione dei Centri di responsabilità secondo criteri di:

massima aderenza alla visione per "processi": responsabilità complessiva su uno

o più sotto-processi (o almeno su più attività concatenate in un processo);

adeguato decentramento delle decisioni il più vicino possibile (inteso come

livello gerarchico) a dove si svolgono le attività operative;

chiara individuazione dei "risultati" del processo assegnati alla responsabilità del

Centro (prodotti della catena di attività svolte dal Centro), rivolti ad altri Centri

aziendali od all'esterno.

b) accorpamento delle professionalità richieste secondo "figure professionali":

assegnabili a uno o (meglio) più compiti da svolgere entro le attività del Centro;

compatibili con le nomenclature di inquadramento del personale;

"popolabili" secondo una prevedibile progressione delle carriere professionali.

c) dimensionamento degli organici attraverso la applicazione "ragionata" delle tecniche di

attribuzione di tempi standard e di valutazione dei carichi di lavoro (recentemente

utilizzate anche dalla Pubblica Amministrazione), e che hanno trovato, con gli

opportuni correttivi, elementi di validità anche per ambienti con attività non di "routine"

(ricerca, progetti, ecc.)

d) individuazione degli interventi sulle Risorse Umane, in funzione delle esigenze di

personale soddisfatte/da soddisfare nei singoli Centri di responsabilità ed in totale, per

quanto riguarda sia gli organici (esuberi/carenze) che le professionalità delle singole

persone classificate nelle varie figure professionali definite per il Centro.

2.5.3 Definizione dei fattori chiave di controllo della gestione

I fattori chiave rappresentano le leve fondamentali per governare la gestione dell’azienda,

sono specifici del settore economico (o dei settori) in cui essa opera (qualità della

progettazione/produzione “ad hoc”, competitività dell'offerta “a catalogo”, soddisfazione

utente dei servizi manutentivi o informativi); questi vengono misurati attraverso opportuni

indicatori delle prestazioni aziendali e dei singoli Centri di responsabilità (quote

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

50

produzione prenotate in anticipo, margine dei contratti già acquisiti per

progettazione/produzione “ad hoc”, diffusione servizi manutentivi, ricavi netti per accesso

ai servizi informativi).

Secondo la visione per "processi" precedentemente delineata, tali indicatori hanno una

dimensione economico-finanziaria o quella di una grandezza "fisica" più aderente a

misurare le performance del processo, in termini di efficienza, efficacia e produttività (n°

unità di prodotto/ora operatore, n° consegne entro i termini, volumi annui).

Pertanto il principale criterio per la progettazione è l'allineamento e la significatività degli

indicatori, affinchè siano:

finalizzati agli obiettivi aziendali ed ai suoi fattori chiave di successo;

oggettivi e controllabili all'interno della azienda;

applicabili coerentemente nell'organizzazione;

attribuibili ad un Centro di responsabilità o a livelli superiori della organizzazione

aziendale;

rendicontabili in modo consistente e tempestivo e di stimolo verso il

"miglioramento continuo" nelle dimensioni della qualità, tempestività ed

economicità dei prodotti/servizi offerti sul mercato.

2.5.4 Impostazione degli schemi di Contabilità Direzionale

La raccolta, elaborazione e rappresentazione degli indicatori di controllo gestionale, per la

parte a dimensione economico-finanziaria, è ottenibile attraverso l'impianto di un sistema

di Contabilità Direzionale, che, opportunamente integrato/collegato con il sistema

contabile dell'Impresa, consente di ottenere la visibilità dei costi e ricavi (ed eventualmente

del patrimonio investito) almeno per:

prodotto/linea di prodotto (contabilità industriale);

centro di responsabilità/livelli gerarchici superiori (contabilità analitica);

natura (contabilità generale).

La sempre maggiore rilevanza che i costi indiretti (ma comunque controllabili dalla

struttura aziendale) assumono nel bilancio complessivo delle risorse necessarie per la

realizzazione dei prodotti/servizi induce ad utilizzare, nell'impianto della contabilità

Capitolo 2 – La reingegnerizzazione dei processi aziendali

51

direzionale, i principi della contabilità dei costi per attività (Activity Based Costing), che

mira ad individuare e quantificare le principali componenti di costo di un prodotto/servizio

e a correlarle alle attività componenti il processo realizzativo.

2.5.5 Revisione Sistemi Informativi e pianificazione del loro adeguamento strategico

La pianificazione dei Sistemi Informativi ha l’obiettivo di individuare (in un quadro

sostenibile di utilizzo delle risorse aziendali) le opportunità offerte dalle tecnologie

informatiche e dalle telecomunicazioni per il raggiungimento delle finalità strategiche

dell’Impresa.

Nel momento di revisione critica dell’organizzazione e dei processi aziendali, il Piano dei

Sistemi Informativi deve fornire le linee guida e le priorità di azione (in una stretta logica

di costi/benefici) su:

applicazioni informatiche-telematiche cruciali a supporto delle attività aziendali

(sia operative che direzionali);

architettura tecnologica più adeguata da adottare per l’esercizio di tali applicazioni

informatiche;

organizzazione della funzione aziendale preposta ai Sistemi Informativi e

competenze necessarie;

politiche di eventuale esternalizzazione delle attività informatiche (p.e.:

sviluppo/manutenzione applicazioni, esercizio/gestione tecnico-operativa,

“outsourcing” complessivo).

52

Capitolo 3

IL FACILITY MANAGEMENT E IL GLOBAL SERVICE

Introduzione:

Il Facility Management, è la scienza aziendale che controlla tutte le attività che non

riguardano il core business di un'azienda (produttività d'ufficio, utilities, sicurezza,

telecomunicazioni, servizio mensa, manutenzioni, vigilanza, pulizia ecc.).

Per Facility Management dunque, si intende ogni prodotto (tangibile) o servizio

(intangibile) atto a supportare i processi primari di un’organizzazione.

Si tratta quindi, di un approccio integrato che presuppone lo sviluppo e l’implementazione

di politiche, standard e processi che supportano le attività primarie, rendendo

l’organizzazione in grado di adattarsi ai cambiamenti e di migliorare l’efficacia.

Recentemente, una delle principali forme contrattuali per la realizzazione di servizi di

Facility Management è sicuramente rappresentata dal Global Service (formula contrattuale

adottata come soluzione gestionale all'interno della disciplina manageriale del Facility

Management). Trattandosi di un contratto molto particolare e complesso si rende

necessario, nello sviluppo del seguente capitolo, effettuare significative considerazioni.

3.1 Cosa si intende per Facility Management?

Il Facility Management nasce negli anni '70 negli Stati Uniti come pratica gestionale

interna alle organizzazioni, in particolare nel momento in cui le grandi multinazionali,

hanno riconosciuto ai servizi no-core, un ruolo strategico per il conseguimento degli

obiettivi aziendali.

Per quanto riguarda l’Europa, il Facility Management divenne una pratica gestionale

ricorrente solo a partire dagli anni ’80, inizialmente nel Regno Unito e successivamente in

tutti gli altri paesi.

In Italia si parla di Facility Management solo negli anni ’90.

In Italia, così come nel resto del mondo, l’attenzione delle organizzazioni pubbliche e

private alla gestione efficiente ed efficace dei servizi di Facility Management ha generato

una forte espansione del settore di imprese specializzate nell’erogazione dei servizi in

outsourcing.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

53

Fino a tempi recenti inoltre, il Facility Management ha concentrato la sua attenzione sulla

gestione del patrimonio immobiliare, con l'obiettivo di contenere i costi di gestione e

mantenere il valore. Attualmente, è mutato lo scenario e il focus d'azione del Facility

Management che si è orientato dal prodotto al "cliente", portando l'attenzione sui servizi e

sull'organizzazione degli stessi.

Oggi quindi, il Facility Management viene interpretato come un approccio

multidisciplinare di progettazione, pianificazione e gestione, integrata e coordinata, dei

servizi agli edifici, ma anche agli spazi e alle persone, che non rientrano nel core business

di un'organizzazione.

3.2 I servizi no-core

In passato, le organizzazioni gestivano la maggior parte, o addirittura la totalità dei servizi

a supporto dei processi interni (servizi no-core) con personale proprio e solo in alcuni casi

affidavano ad imprese esterne attività quali le pulizie, la vigilanza, ristorazione, ecc..

Attualmente invece, con lo sviluppo dell’esternalizzazione strategica, il Facility

Management e le corrispondenti pratiche gestionali comprendono un numero consistente di

servizi alle imprese. Partendo dall’ambito immobiliare, si possono riconoscere diverse

categorie di servizi no-core associate a tre diversi ambiti di gestione [De Toni A., 2007]:

Servizi di Facility Management per una Gestione tecnico-funzionale;

1. Servizi ausiliari

Servizi alle persone

Servizi agli edifici

Servizi allo spazio

2. Servizi di utility

3. Servizi tecnici

Servizi di Property Management per una Gestione tecnico-amministrativa;

4. Servizi di property

Tecnici

Commerciali

Amministrativi

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

54

Servizi di Asset e Portafoglio Management per una Gestione strategico-finanziaria.

5. Servizi di selezione del portafoglio immobiliare

6. Servizi strategici di asset

Altri Servizi

7. Servizi di application;

8. Servizi amministrativi e legali.

3.2.1 Servizi di Facility Management

I servizi ausiliari, possono essere ripartiti in tre gruppi a seconda che siano diretti a:

persone: attività di reception, catering, ristorazione, pulizie, trasporti del personale,

facchinaggio, corriere, distribuzione posta e corrispondenza ecc.

edifici: manutenzione edile, ristrutturazioni, smaltimenti, pulizia, manutenzione

delle aree verdi, gestione dei guasti e delle emergenze, supporto logistico ecc.

spazio fisico: allocazione, configurazione degli spazi, segnaletica, monitoraggio e

verifica dell’utilizzo dello spazio, servizi a supporto dell’attività di ufficio, gestione

degli archivi cartacei, layout dell’ufficio, arredi e attrezzature per l’ufficio ecc.

I servizi di utility, sono attività finalizzate alla gestione e all’ottimizzazione delle

utilities, ovvero acqua, elettricità e gas per un edificio o per un patrimonio

immobiliare. L’obiettivo di tali attività è la messa in efficienza degli impianti e

delle reti e l’eliminazione degli sprechi durante l’utilizzo.

Questi servizi, attraversano i confini delle singole BU e sono infatti trasversali e

comuni a gran parte dei processi aziendali.

I servizi tecnici, sono riproducibili a uno o a pochi processi aziendali in ambito

produttivo e logistico. Riguardano tutte le attività e le funzioni che, pur mantenendo

caratteristiche no-core, impattano direttamente e indirettamente sul servizio al

cliente finale di un’organizzazione. Questi servizi, sono ad esempio: la

manutenzione dei sistemi produttivi e degli impianti tecnologici, le riparazioni e

l’assistenza tecnica, il trasporto interno di materiale, la gestione del magazzino, lo

smaltimento dei rifiuti industriali ecc.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

55

3.2.2 Servizi di Property

Le attività di property, sono orientate al mantenimento e alla creazione di valore

della proprietà, tramite la gestione operativa e il coordinamento di tutti i processi

commerciali, amministrativi e tecnici relativi al patrimonio immobiliare.

Attività tecniche: analisi delle caratteristiche tecniche e funzionali di un edificio,

gestione delle attività tecnico-manutentive ordinarie e delle attività di monitoraggio

dell’immobile, progettazione e gestione di attività di manutenzione straordinaria

ecc..

Attività commerciali: gestione dei rapporti con i gestori e con i fornitori,

assistenza compravendita, stima del valore commerciale di un immobile,

predisposizione della documentazione necessaria alla sua vendita ecc..

Attività amministrative: predisposizione, gestione e rinnovo dei contratti di

locazione e di tutte le scadenze a questi connesse, riscossione dei canoni, gestione

dei depositi cauzionali, controllo di gestione, gestione della contabilità e della

fiscalità immobiliare, dell’archivio amministrativo, cartaceo e informatico, gestione

assicurativa ecc..

3.2.3 Servizi di Asset e Portafoglio Management

I servizi di selezione del portafoglio immobiliare riguardano l’attività di selezione

di una combinazione di immobili riuniti a formare un portafoglio, che assicuri

determinate caratteristiche in termini di rischio o potenziale reddito. Si tratta perciò

di una pratica di determinazione e attuazione delle strategie d’investimento volte

alla composizione ottimale di un portafoglio immobiliare, attraverso decisioni che

coinvolgono aspetti di tipo meramente economico-finanziario e sulla base di una

valutazione delle opportunità di incremento di valore e redditività.

I servizi strategici di asset, racchiudono un insieme di linee strategiche che

discendono dalla proprietà immobiliare e prevede una gestione manageriale del

complesso di strategie ed attività di investimento a medio-lungo termine, finalizzate

alla massimizzazione del valore di un portafoglio immobiliare attraverso

l’allocazione dei capitali in progetti e/o immobili.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

56

3.2.4 Altri Servizi

I servizi di application management, sono rivolti alla gestione dei sistemi

informativi e degli applicativi software a supporto dell’utente tramite formazione

ed assistenza, gestione della manutenzione ordinaria, gestione delle licenze ecc..

I servizi amministrativi e legali sono connessi ai flussi finanziari

dell’organizzazione non legati all’edificio come: allocazione del budget,

contabilità, previsioni finanziarie, pagamento dei contratti, tasse, gestione dei flussi

di cassa, servizi di tesoreria ecc.. Connesse a tale tipologia di attività molto spesso

vi sono le consulenze di tipo legale legate a tutti gli aspetti contrattuali, per esempio

nelle assunzioni o nei contenziosi con fornitori e clienti. Le attività di tipo

amministrativo/legale e la gestione delle pratiche burocratiche, sono servizi che

supportano le attività operative aziendali e sono necessarie al funzionamento

dell’organizzazione.

3.3 Tipologie di relazione tra il cliente e il fornitore

Le relazioni tra cliente e fornitore di un servizio si possono distinguere in quattro diverse

categorie.

1. Relazione Normale: la relazione normale si caratterizza di una bassa intensità

comunicativa. I servizi erogati non si differenzino in modo significativo ed il driver

adottato per la selezione dei fornitori è solamente il minor prezzo. Questa relazione,

garantisce un livello di servizio minimo e non distingue significativamente i diversi

fornitori. La durata della relazione è normalmente predeterminata e al termine della

stessa non vi è nessuna garanzia di rinnovo della fornitura.

2. Relazione Preferenziale: Il crescente numero di fornitori di servizi, ha determinato

lo sviluppo di nuovi servizi e il miglioramento delle condizioni di fornitura.

Alcuni fornitori pro-attivi sono stati capaci di proporre soluzioni adeguate alle

mutevoli esigenze dei clienti. I clienti possono dunque stabilire relazioni preferenziali

con questa categoria di fornitori attraverso contratti di lungo termine. Il fattore

essenziale in questa tipologia di relazione, è il clima di fiducia tra le parti coinvolte.

L’aspetto centrale di questo rapporto di fiducia riguarda la garanzia degli standard

qualitativi dei servizi, riducendo al contempo l’influenza del costo del servizio.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

57

3. Relazione Alleanza: La crescita nel livello di fiducia tra fornitore e cliente, si può

esplicitare nella condivisione dei margini di profitto tra i soggetti coinvolti in sede di

negoziazione dei contratti. Questa pratica intende motivare i fornitori a erogare

servizi a maggior valore aggiunto.

4. Relazione Alleanza Strategica: Un rapporto di alleanza tra fornitore e cliente si può

definire strategica quando i soggetti coinvolti instaurano relazioni di reciproca

dipendenza anche per la progettazione degli stessi servizi. In caso di completa

alleanza strategica, il criterio di misura del rispetto delle condizioni contrattuali si

traduce nella valutazione del valore per la proprietà o gli azionisti.

3.4 Modelli organizzativi di gestione dei servizi no-core

Nell’ambito dei servizi no-core, la definizione del modello organizzativo da adottare per

l’impresa cliente, può essere molto differente a seconda della complessità di esecuzione dei

servizi e della volontà da parte dell’impresa stessa di gestirli con proprie risorse.

Come già detto prima, in passato generalmente, le organizzazioni svolgevano con risorse

interne i servizi no-core; nell’ultimo decennio invece, è emersa la tendenza ad

esternalizzarli con l’obiettivo di focalizzarsi sui processi a maggior valore aggiunto.

Allo scopo di valutare le caratteristiche, le opportunità e i limiti delle differenti

configurazioni, risulta utile sintetizzare i modelli organizzativi attraverso una

classificazione, alla base della quale, ci sono due macro-variabili fondamentali:

il soggetto erogatore del servizio; le facilities aziendali possono essere gestite dalle

seguenti tipologie di soggetti:

operatori della singola business unit: per esempio quando gli operai di un

reparto dedicano parte del proprio turno di lavoro alla pulizia o alla

manutenzione delle macchine;

business unit dedicata all’interno dell’azienda: unità dedicata

all’erogazione di uno o più servizi no-core, quali per esempio, la pulizia, la

manutenzione edile, degli impianti ecc.;

impresa di servizi no-core in outsourcing non integrato: società

specializzate nell’erogazione dei servizi no-core; in questo caso si è in

presenza di fornitori diversificati ed operatori parziali e di settore. Questo

soggetto può assumere forme diverse: impresa, consorzio di cooperative,

associazione temporanea d’impresa ecc.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

58

impresa di servizi no-core in outsourcing integrato: in questo caso, il

fornitore di servizi di Facility Management, si assume la responsabilità di

erogazione di tutte le prestazioni richieste.

il ruolo organizzativo del facility manager (risorsa che si occupa del

coordinamento, integrazione e gestione dei servizi no-core di un’organizzazione,

esso può essere in carico all’organizzazione cliente, advisor di una società di

consulenza o dipendente del fornitore di servizi no-core).

assente: non esiste alcun soggetto che ha la responsabilità di coordinare

l’erogazione dei servizi no-core;

manager in organico all’organizzazione del cliente: il facility manager è un

dipendente del cliente;

consulente per l’organizzazione cliente: il facility manager è un individuo

autonomo rispetto al cliente, legato da un contratto di carattere temporaneo

allo scopo di organizzare di coordinare l’erogazione dei servizi no-core.

manager in organico all’organizzazione dell’assuntore: il facility manager

è sostanzialmente un soggetto alle dipendenze dell’azienda di facility

management ed è quindi completamente autonomo rispetto al cliente.

L’erogatore dei servizi inoltre, può essere interno o esterno all’impresa.

Nel primo caso, sono impiegate risorse dell’azienda, in particolare nelle grandi

organizzazioni, è possibile identificare un’intera funzione aziendale di Facility

Management.

Questa funzione è generalmente amministrata dal facility manager che ha il compito di

amministrare e coordinare l’esecuzione dei lavori.

Per questo tipo di soluzione è possibile individuare due strategie:

in-house management;

management by agent.

Nel secondo caso invece, l’azienda cliente si rivolge a fornitori in grado di svolgere in

modo efficiente i servizi no-core. Tali organizzazioni passano quindi, da una scelta di

integrazione verticale ad una caratterizzata dall’approvvigionamento da fonti esterne

(outsourcing) di servizi no-core.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

59

L’outsourcing può riguardare alcuni o tutti i servizi no-core e può coinvolgere uno o più

fornitori. In tal caso, è possibile individuare tre strategie in cui è possibile instaurare tutte

le tipologie di relazione tra cliente e fornitore:

direct outsourcing;

management by contractor;

(integrated) facility management.

3.4.1 Modelli organizzativi per la strategia “in-house management”

La strategia in questione, si verifica quando le business unit provvedono a soddisfare al

proprio interno i servizi no-core e non è previsto alcun facility manager oppure

quest’ultimo risulta essere un dipendente dell’organizzazione.

Si possono individuare tre diversi modelli:

1. Il primo modello, viene impiegato nel caso in cui la natura dei servizi no-core è

scarsamente specializzata e la frequenza di intervento è bassa. Al crescere della

frequenza, della complessità, della specializzazione delle attività o della necessità

di impiegare particolari strumentazioni, questo modello organizzativo presenta

alcuni limiti derivanti dall’assenza di coordinamento dei servizi.

2. Il secondo modello è impiegato nel caso in cui, il cliente è dotato di personale

proprio per l’erogazione dei servizi no-core; per questo motivo risulta opportuno

introdurre una figura di coordinamento (facility manager) interna

all’organizzazione, per esempio un dirigente o un quadro.

3. Il terzo modello è applicato nel caso in cui cresce l’importanza dei servizi no-core

per il cliente, può risultare quindi opportuno costituire una business unit interna

all’azienda, dedicata all’erogazione di tali attività.

Nella pratica, tale business unit è diretta dal facility manager che come per il

secondo modello organizzativo sopra descritto, gode dell’autorità di gestire e

coordinare tale unità.

Anche in questo caso, con riferimento alla struttura organizzativa, è opportuno

prevedere che il facility manager risponda direttamente al top management così da

poter esercitare una certa autorità nei confronti delle singole business unit.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

60

3.4.2 Modelli organizzativi per la strategia “management by agent”

La seconda strategia, viene introdotta nel caso in cui l’organizzazione non possieda le

capacità e le competenze per gestire e coordinare in modo autonomo, efficace ed efficiente

i servizi no-core. Per questo a volte, è necessario incaricare un consulente esterno che

svolga le attività di facility manager.

4. Nel quarto modello organizzativo, associato appunto alla strategia in questione,

l’organizzazione affida ad un consulente esterno, attraverso un contratto di medio o

lungo periodo, l’incarico di coordinare l’erogazione dei servizi no-core all’interno

delle singole business unit. Tale strategia (e modello associato) è caratterizzata

dalla presenza di una figura, denominata “managing agent”, che funge da

consulente per il cliente, supportandolo nel gestire e nel monitorare le unità di

erogazione dei servizi di proprietà del cliente stesso. Anche questo approccio è

caratterizzato dallo svolgimento dei servizi no-core da parte di personale interno

all’azienda. Rispetto al secondo modello, presenta il vantaggio di potenziare la

qualità dei servizi, ma comporta maggiori costi dovuti alla presenza di un

consulente esterno. Pertanto, la differenza sostanziale tra il secondo ed il quarto

modello, consiste nella natura della relazione tra l’organizzazione e il facility

manager.

Il management by agent fornisce quindi un giudizio neutrale e competente sull’operato

delle unità interne, valutando anche l’eventuale vantaggio nell’esternalizzare alcune

attività.

Di conseguenza, l’organizzazione cliente ha la flessibilità di scegliere se incaricare le

proprie unità interne o acquistare dall’esterno servizi occorrenti.

Il successo di questa soluzione dipende dalle competenze e dall’autorevolezza del

consulente esterno. Il rischio per il cliente che utilizza questa strategia, deriva dalla

potenziale perdita delle competenze organizzative in materia di gestione dei servizi no-

core, pur conservando le risorse in termini operativi all’interno delle singole business unit.

3.4.3 Modelli organizzativi per la strategia “direct outsourcing”

Al crescere della specializzazione e della complessità dei servizi no-core, il cliente può

decidere di rivolgersi a fornitori in outsourcing non integrato.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

61

Tali fornitori possono essere imprese, consorzi di società o Associazioni Temporanee di

Impresa. L’outsourcing dei servizi no-core consente, da un lato, una riduzione delle risorse

interne all’azienda e un aumento della flessibilità organizzativa interna e dall’altro, un

controllo maggiore sui costi di ogni singolo servizio.

A seguire, vengono richiamati i due modelli subordinati a tale strategia.

5. In questo quinto modello, così come nel sesto che si riporterà subito dopo, l’azienda

fa ricorso a diversi fornitori specifici per ogni singolo servizio o famiglie di servizi

no-core. Tali fornitori altamente diversificati offrono quindi solamente una

tipologia di servizi ad una o più business unit del cliente.

Lo svantaggio di questo modello deriva dall’elevato numero di fornitori che sfocia

nella necessità di un loro coordinamento.

6. In questo modello, in analogia con la strategia in-house management, il cliente può

dotarsi di un facility manager interno con il compito di guidare il processo di

coordinamento dei fornitori esterni e di ottimizzazione della gestione.

La presenza del facility manager agevola la comunicazione con gli erogatori dei

servizi dal momento che questi interagiscono con un interfaccia unica.

3.4.4 Modelli organizzativi per la strategia “management by contractor”

L’azienda fa ricorso a fornitori integrati, nella maggior parte dei casi operatori parziale e di

settore. Comune a questi modelli è la stipula di contratti tra il cliente e il facilty manager

scelto per la gestione e il coordinamento dei servizi.

A sua volta, il facility manager, stipula diversi contratti con differenti sub-contraenti.

Questi ultimi non necessitano di un contratto diretto con il cliente che, viceversa, si

interfaccia con un unico interlocutore: il facility manager.

7. In analogia a quanto descritto con il terzo modello, il coordinamento degli erogatori

dei servizi, nel modello in analisi, può essere invece affidato ad un consulente

esterno.

8. Nel caso in cui si verifica altresì, che il facility manager è in organico

all’organizzazione dell’assuntore, si parla di un altro tipo di modello ancora,

l’ottavo di questa successione.

Proprio quest’ultimo modello organizzativo è spesso utilizzato da aziende fornitrici

di servizi di Facility Management come per esempio in Italia, il Consorzio

Nazionale dei Servizi (CNS).

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

62

Si conclude la trattazione relativa ai modelli organizzativi per la strategia “management by

contractor”, dicendo che, i modelli 7 e 8, sono accomunati dal fatto che il cliente, ha la

facoltà di scegliere se ricorrere a fornitori di servizi no-core o a un facility manager

proveniente dall’esterno. Generalmente comunque, per questa strategia, il facility manager

ha autonomia nel selezionare e gestire i fornitori dei singoli servizi no-core, ovvero i sub-

contraenti a cui ricorrere, sollevando da questo onere il cliente che può così concentrare le

risorse sul proprio core business.

3.4.5 Modelli organizzativi per la strategia “(integrated) facility management”

In questo caso, l’azienda, fa ricorso a fornitori integrati; grandi operatori di Facility

Management.

In questo caso si possono individuare tre modelli.

9. Il nono modello prevede un facility manager interno al cliente che costituisce

l’interfaccia con il facility manager dell’azienda fornitrice. Questa duplicazione di

ruoli di facility manager, se da un lato genera maggiori costi, dall’altro consente al

cliente di mantenere parte delle competenze e delle conoscenze sui servizi no-core

esternalizzati. Questo aspetto diventa particolarmente interessante per il cliente nel

momento in cui si trova nella necessità di rinegoziare i contratti di fornitura dei

servizi a intervalli regolari. Infatti, nell’ipotesi che il cliente si rivolga

esclusivamente a fornitori esterni di servizi no-core, sia per gli aspetti operativi che

per quelli di definizione, coordinamento e gestione degli stessi, si genera un

problema particolarmente critico (nel medio-lungo periodo), in cui il cliente, rischia

di perdere le capacità di stimare i costi effettivi, i tempi di intervento e gli standard

qualitativi dei servizi di Facility Management.

10. Questo modello prevede un facility manager esterno, autonomo rispetto al cliente e

all’azienda fornitrice dei servizi no-core.

11. Quest’ultimo modello delega completamente la gestione e il coordinamento dei

servizi no-core dell’azienda fornitrice e presenta costi di transazione inferiori

rispetto agli altri modelli presentati. Infatti, l’assenza di sub-contraenti riduce il

numero di livelli e il network dell’impresa di facility management, con conseguente

snellimento gestionale.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

63

Tuttavia si sottolinea, come l’assenza di figure professionali per la gestione dei

servizi no-core controllate dal cliente, espongono il cliente a rischi illustrati

precedentemente per le strategie di management by contractor.

3.5 Accezione estesa di Facility Management

Le imprese di Facility Management amministrano in maniera integrata e coordinata

numerosi servizi no-core connessi al patrimonio immobiliare, ma non la totalità.

Infatti, la gestione strategica del patrimonio immobiliare è stata, fino al recente passato,

oggetto di altre pratiche gestionali: il capital asset management e il real estate

management [De Toni A., 2007].

Recentemente i confini del Facility Management si sono però ulteriormente allargati

comprendendo anche attività di carattere maggiormente strategico e pervenendo a quello

che è definito total facility management.

Capital asset management: processo logico e continuo di valutazione delle

condizioni (fisiche, qualità dei servizi offerti, necessità e priorità di intervento

manutentivo, di riqualificazione e contrattuali) e delle performance (economiche e

finanziarie) dell'asset immobiliare di una organizzazione e di definizione delle

priorità di cambiamento di gestione, di cessione o in termini strategici di

investimento, nell'obiettivo di massimizzare il rendimento economico del

patrimonio.

Capital asset management = property + portafoglio + asset

Real estate management: pratica che ha come obiettivo l’ottimizzazione del real

estate (il terreno, sopra e sotto la superficie terrestre, incluse tutte le cose

permanentemente connesse fisicamente ad esso, sia naturali che artificiali), tramite

le attività legate alla gestione del patrimonio immobiliare a livello strategico,

amministrativo, tecnico e commerciale.

Con “cose” si intende inoltre l’insieme dei singoli edifici o complessi di edifici,

compresi gli spazi esterni, le attrezzature e le infrastrutture.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

64

Total Facility Management (TFM) o Integrated Facility Management (IFM):

pratica che prevede di affidare l’intera responsabilità nella gestione delle facilities

ad una singola organizzazione e ad un prezzo fissato a partire dallo sviluppo della

strategia di property, spinta dai bisogni di business, fino alla gestione operativa

quotidiana delle facilities.

3.6 Perché nasce un contratto di Global Service?

E’ importante sottolineare quando si parla di total facility management o integrated facility

management, l’utilizzo del contratto di Global Service. Con Global Service (norma UNI

10685) si indica comunemente un contratto per la fornitura di un insieme di servizi/attività

tesi a soddisfare le esigenze complessive di un Committente/Cliente nell’ambito della

manutenzione e della gestione. Negli ultimi anni le attività svolte all’interno di un Global

Service hanno cambiato volto, discostandosi sempre più dalla concezione di semplici

attività riparative. Contributo non indifferente a questo mutamento di impostazione

concettuale è stato dato dalla Legge Finanziaria del 2000 (art. 30, comma 8/e), che ha

individuato proprio nel Global Service la formula contrattuale più adatta per far conseguire

elevati livelli di efficienza ed economicità gestionale alle amministrazioni locali. Si può

dire quindi, che, le attività di manutenzione rappresentano solo una parte delle attività

oggetto di un contratto di Global Service e forse neppure la più importante in quanto

assumono grande rilievo altri elementi quali: la conoscenza anagrafica degli oggetti su cui

si opera, il rapporto con l’utente, una corretta gestione delle informazioni ed il

monitoraggio per evitare pericoli alla pubblica incolumità.

In particolare, si parla di Global Service quando si affida ad un’unica azienda esterna

(outsourcing) la gestione, la progettazione e l’erogazione unitaria, di molteplici servizi

gestionali e manutentivi di un patrimonio immobiliare e delle attività che in esso vi si

svolgono, con piena responsabilità sul raggiungimento di obiettivi prefissati e con lo scopo

di creare economie di scala, ma anche efficienza nel coordinamento e nel controllo da parte

dell’utente, sia esso un privato che un Ente Pubblico. Sotto diversi punti di vista, la

gestione in Global Service rappresenta un esempio di incontro tra pubblico e privato ove

ognuno pone in essere le attività in cui riesce al meglio: la pubblica amministrazione

committente svolge le funzioni di impulso, supervisione e controllo della qualità del

servizio mentre l’imprenditore svolge le funzioni di progettazione, programmazione,

organizzazione ed esecuzione degli interventi. L’aspetto più rilevante è, in definitiva,

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

65

l’inglobamento in un unico soggetto di tutte le funzioni di dialogo con il Committente, sia

per quanto riguarda gli aspetti contrattualistici che contabili, sia gestionali che operativi.

Inoltre, il crescente interesse e utilizzo delle modalità contrattuali del Global Service è

dovuto principalmente all’esigenza di nuove modalità di gestione dei patrimoni

immobiliari. Il GS infatti risponde a domande sempre più complesse: di coordinamento, di

gestione tecnica e amministrativa, di ottimizzazione delle risorse finanziarie, di

competizione e, sostanzialmente, di offerta di un servizio di qualità. Per questo, un

management bilanciato ed efficace di progetti gestionali e manutentivi, deve sempre più

garantire procedure e budget standardizzati, dato che, trovandosi in un contesto altamente

competitivo c’è sempre l’esigenza di migliorare le proprie prestazioni, sia in termini

organizzativi che operativi: ecco perché è nato il Global Service.

3.7 Obiettivi

Con questi tipi di contratto, nonostante le difficoltà che si esamineranno nel seguito, si

perseguono una pluralità di obiettivi sia per il committente, pubblico o privato, che per

l’affidatario [Fonte: “L’esternalizzazione strategica nelle amministrazioni pubbliche –

analisi e strumenti per l’innovazione”]. Il Global Service infatti, si propone di:

coordinare in un’unica organizzazione tutte le diverse attività gestionali-operative

operanti con metodologie e tempistiche differenti fra loro;

gestire contemporaneamente sia le problematiche tecniche che quelle

amministrative, anche con il supporto di strumenti informativi ad hoc;

ottimizzare le risorse finanziarie ripartendo i costi in relazione al budget

preventivato;

supplire alla carenza di competenze adeguate per la gestione di problematiche e

normative sempre più specifiche.

Per quanto riguarda specificamente l’Amministrazione Pubblica:

ricercare un solido soggetto imprenditoriale privato capace di affiancare il

committente/cliente, rilevando da esso tutti i compiti "estranei" alla funzione

pubblica e particolarmente consueti invece nell'ambito delle attività imprenditoriali;

offrire un servizio di qualità al cittadino/utente, sempre più centrale nel confronto

politico.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

66

3.8 Le fasi di attivazione di un Global Service

La fase iniziale di un contratto di Global Service sarà molto probabilmente impiegata

nell’acquisizione di tutte le informazioni necessarie all’avvio vero e proprio delle attività

gestionali. E’ possibile infatti, soprattutto se si stipulano contratti in Global Service per la

prima volta, che il Committente stesso non sia in possesso di tutte le informazioni

necessarie alla trasmissione all’assuntore delle caratteristiche quali-quantitative del proprio

patrimonio immobiliare. In un contratto di Global Service poliennale è opportuno quindi

prevedere una prima fase di impostazione generale, durante la quale le parti hanno

entrambe facoltà di recesso.

In questa prima fase si procederà a:

raccogliere sistematicamente tutte le informazioni relative al patrimonio

immobiliare;

approntare un sistema informativo adeguato;

definire i livelli prestazionali;

Tra le fasi basilari per l'impostazione di un contratto in regime di Global Service le attività

preliminari diventano fondamentali. Per questo, sarà bene da parte della Committenza

definire i parametri per il controllo gestionale; si tratta di indicatori che possono derivare

da un’analisi dei costi sostenuti negli anni immediatamente precedenti, nonché da

un’analisi del mercato (benchmarking). Si dovranno inoltre definire gli interventi da

eseguirsi sotto programmazione, quelli a seguito di risultanze predittive e quelli a seguito

di chiamata. Inoltre, ai fini di una preventiva verifica di fattibilità, i potenziali assuntori di

un contratto di Global Service immobiliare dovrebbero sviluppare internamente un’analisi

che tenga conto di alcuni fattori chiave [GlobalService.tv]:

la configurazione del sistema di attività comprese nell’ambito del Global Service;

i criteri di progettazione per l’organizzazione e l’integrazione sistematica di ogni

attività prevista dal contratto;

il sistema organizzativo e strumentale per la gestione del Global Service, sia nel

suo complesso che dettagliatamente per ogni singola attività;

l’autovalutazione delle proprie caratteristiche e capacità tecniche, organizzative,

professionali, strumentali, operative…;

i sistemi di qualità adottabili per la gestione di ogni singola attività;

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

67

eventuali proposte, correzioni o variazioni del capitolato proposto dal

Committente.

L'appaltatore ha inoltre necessità di un periodo di rodaggio per attivare al meglio il

servizio. Una volta chiaramente definito il proprio obiettivo strategico, simulando quale

organizzazione e quali strutture operative ed esecutive sono necessarie, sarà possibile

prefigurare la soluzione ottimale, la più razionale.

3.9 Il sistema informativo su base integrata

Una delle attività più ricorrenti in un Global service è la gestione delle banche dati

(procedure e funzioni finalizzate a raccogliere, archiviare, elaborare, utilizzare ed

aggiornare le informazioni necessarie per l’impostazione, l’attuazione e la gestione dei vari

servizi (UNI 10951)) su supporto informatico. Solitamente il sistema informativo è fornito,

nella prima applicazione di un Global Service, dall’Assuntore. Essendo comunque legato

al patrimonio immobiliare, la proprietà del sistema (proprietà giuridica e gestionale),

rimane sempre della Committenza: è infatti il Committente che deve gestire l’intero

processo attraverso il sistema informativo. Proprio per questo motivo, è bene, che, le

caratteristiche del sistema, siano specificate quanto più dettagliatamente già in fase di

richiesta di offerta (o quantomeno all’atto dell’implementazione del sistema stesso). E’

necessario stabilire quali dati raccogliere, a quali costi e l’utilizzo degli stessi, nonché il

livello di approfondimento della raccolta, i criteri organizzativi e gestionali delle

informazioni. Nel caso specifico dell’Ospedale di Terni è infatti l’ATI che ha fornito ed

installato con oneri a proprio carico un hardware. La postazione comprende la creazione

e/o fornitura del software gestionale, la cessione all’Ospedale di una licenza d’uso,

l’addestramento del personale all’uso del software e la manutenzione annua sino al termine

della durata dell’appalto.

Oltre alla proprietà inoltre, la Committenza deve garantirsi, nel capitolato, la futura

disponibilità del sistema informativo per tutta la durata del contratto e la facoltà di

ottenerne eventuali modifiche che si rendessero necessarie. L’importanza di implementare

un valido sistema informativo non ricade solamente sulla raccolta, più o meno puntuale,

dei dati relativi al patrimonio immobiliare, ma, se gestito correttamente, è lo strumento

cardine per il controllo delle attività esternalizzate [Curcio S., 2005, "I sistemi informativi

per il Global Service"].

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

68

L’esperienza insegna che i sistemi informativi preconfezionati non riescono a supportare le

esigenze amministrative specifiche: è bene quindi progettarne la struttura (internamente o

con l’ausilio di consulenti esterni). Partecipare alla progettazione dello strumento

informativo consente alla Committenza un maggiore controllo sulla sua futura efficacia,

ma anche un’opportunità per acquisire utili capacità gestionali dello stesso.

L’implementazione di un sistema informativo ad hoc costituisce, nell’ambito del Global

Service, contemporaneamente un obiettivo e uno strumento gestionale:

costituisce un elemento di continuità tra le informazioni preliminari e quelle

acquisite in fase di esercizio;

consente l’archiviazione delle informazioni di ritorno e tutti i dati relativi agli

interventi effettuati;

rappresenta un importante supporto gestionale per l’assuntore del servizio di

Global Service;

rappresenta lo strumento di controllo quali-quantitativo da parte della

Committenza.

la conoscenza puntuale del patrimonio, la distribuzione territoriale, l’inventario,

lo stato tecnico-prestazionale;

l’analisi dei servizi erogati e/o da erogare;

Bisognerà poi ottimizzare il sistema tarando le possibili gerarchie organizzative delle

risorse umane, le procedure stabilite e i mansionari. L’analisi dovrà procedere disegnando

un modello di riferimento circa le competenze e il numero di addetti necessari in grado di

verificare costantemente la propria economicità e gestire in termini funzionali e qualitativi

i vari servizi no-core.

3.10 Documentazione esemplificativa in un contratto di Global Service

Capitolato d’appalto

Capitolato d’oneri

Capitolato tecnico

Bando di gara

Avviso di gara

Disciplinare di gara

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

69

Una volta definiti in un capitolato d’appalto attività e processi da inserire nel contratto di

Global Service, bisognerà procedere con la richiesta di offerta (secondo la norma UNI

10685, la richiesta di offerta, è l’atto con cui il Committente chiede ai potenziali assuntori

la disponibilità a svolgere un servizio manutentivo-gestionale a determinate condizioni

prefissate appunto nella medesima richiesta). La richiesta di offerta sarà corredata dei

relativi capitolato d’oneri e capitolato tecnico, tramite un bando di gara.

Il capitolato tecnico nella richiesta di offerta in Global Service è, in sintesi, un documento

nel quale il Committente descrive l’entità dei beni oggetto del Global Service, le sue

richieste, le metodologie di verifica delle prestazioni, i criteri e gli effetti delle migliorie

mentre il capitolato d’oneri, descrive le condizioni che regolano il contratto dal punto di

vista gestionale, raccogliendo le clausole che definiscono gli impegni presi in corso di

appalto. Il Committente dovrà formulare la richiesta di offerta prevedendo oggetto e

obiettivi del contratto. Esistono diverse forme di organizzazione per la gestione delle

attività [Curcio S., 2005, "Il Global Service: da strumento contrattuale a processo

gestionale"]:

la creazione di un settore specializzato interno, con la razionalizzazione delle

funzioni pianificatorie, organizzative e di controllo;

la terziarizzazione delle attività manutentive-gestionali, con la pianificazione e il

controllo del Committente tramite sistema informativo che comporti una vera

integrazione con l’assuntore;

l’esternalizzazione totale delle attività manutentive-gestionali con corresponsabilità

economica da parte dell’assuntore.

In particolare il Cliente dovrà farsi carico di una serie di attività preventive, tra le quali:

1. definizione degli obiettivi da raggiungere e, conseguentemente, delle attività da

esternalizzare;

2. individuazione del fornitore dei servizi (outsourcer), che diventerà un vero e

proprio partner della Proprietà, tramite:

il mercato - per gli appalti privati;

bandi di gara – nel caso di Committenti pubblici.

3. delega a terzi, da parte del Property Management, di una serie di attività

precedentemente espletate da risorse interne

4. definizione di ruolo e competenze;

5. definizione degli strumenti per il monitoraggio delle performance.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

70

3.11 Tipologie di compensi

Il Committente specifica nel capitolato in modo dettagliato i compensi e l’offerta si

articolerà di conseguenza, prevedendo diverse tipologie di compensi [GlobalService.tv]:

compensi a corpo (o a forfait o a canone): nel caso in cui il pagamento di servizi

o lavori è calcolato sulla totalità del servizio/lavoro stesso, solitamente su base

annua e a fronte di una prestazione complessiva. Nonostante questo tipo di

contabilizzazione non sempre è facilmente attuabile, sembra la più diffusa in un

contratto di Global Service. Molto spesso infatti l’ente Committente non conosce

nel dettaglio i propri beni; a volte poi è anche complesso calcolare gli importi senza

una pregressa esperienza similare; difficoltà di quantificazione economica

preliminare dipendono inoltre, molto spesso, da situazioni di partenza, al di sotto

degli standard prefissati, che impongono sforzi iniziali eccezionali. I compensi a

corpo inoltre, possono essere collegati ad attività definite e circoscritte nel tempo

oppure connessi ad attività permanenti (diventando quindi un canone legato alla

temporalità dell’attività).

compensi a misura: pagamento di servizi o lavori il cui costo è calcolato secondo

una data unità di misura (mc, ml, lt, kg, etc.), che verranno compensati sulla base di

un elenco prezzi unitari individuato nel capitolato stesso.

3.12 Misurazione del Global Service inteso come pluralita’ di servizi

Per misurare la qualità di un servizio fornito in regime di Global Service in definitiva (e in

modo generale) si possono individuare alcuni parametri:

la soddisfazione dell’utenza (solitamente i cittadini), è un indicatore di carattere

soggettivo, relativo soprattutto alla qualità percepita e viene rilevato attraverso

questionari ed indagini mirate rivolte sia agli utenti che al responsabile della

gestione del contratto. Solitamente è l’Assuntore che provvede alla preparazione,

distribuzione ed al ritiro dei questionari, alla adeguata impostazione del sistema

informativo e alla registrazione dei dati. Gli intervistati saranno invitati a dare un

punteggio a svariate voci, come ad esempio, qualità dell’ambiente, disponibilità

degli spazi, correttezza del personale e qualità del servizio pulizia ed igiene

ambientale.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

71

L’indicatore complessivo annuo relativo alla soddisfazione degli utenti è la media

ponderata dei singoli indicatori;

la riduzione dei tempi di risposta riguardo alle singole problematiche;

un aumento di rendimento degli impianti, con conseguente riduzione dei

consumi;

l’attendibilità dei dati inseriti nel sistema informativo;

il rispetto delle norme di sicurezza, mensilmente verranno rilevati giudizi,

soggettivi, articolati in scale di merito, espressi dai responsabili dei servizi

preventivi e di sicurezza, in merito, ad esempio, al rispetto delle procedure, ai

mezzi di protezione adottati. I dati oggettivi saranno rilevati dagli stessi

responsabili della sicurezza a seguito di gravi infrazioni alle norme

3.13 Vantaggi di un Global Service

I vantaggi organizzativi derivanti dall’attuazione di un contratto di Global Service (GS)

rispetto ad un unico contratto, si possono così riassumere [Armistead C. e Pettigrew P.,

2008]:

razionalizzazione funzionale del personale interno all’ente Committente che si

concentra sui servizi core, tipicamente più profittevoli e strategici;

le esigenze del cliente/utente sono prioritarie in un GS a differenza di quanto

stabilito in un unico contratto dove si predilige maggiormente l’adesione e il

rispetto dei vincoli del contratto stesso;

apprendimento reciproco e focus sullo sviluppo delle relazioni di partnership tra

committente ed appaltatore mentre invece nel caso di un unico contratto questo

aspetto può essere altamente limitativo;

delega da parte del Committente di tutte le funzioni che esulino dalle indicazioni

progettuali e dal controllo, dato che, il rapporto tra Committente e Assuntore si

configura come una partnership, in cui entrambe le parti mantengono indipendenza

e autonomia, sia operativa che gestionale;

unicità contrattuale con conseguente riduzione di tempi ed energie profuse;

snellimento procedurale derivante dall’unicità dei contraenti/partner;

acquisizione di know-how gestionale derivante da esperienze specializzate, infatti,

grazie alla più rapida acquisizione di conoscenze (indotta dal fornitore) si può

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

72

ridurre il tempo di sviluppo di nuovi servizi, a vantaggio del time to market (il

tempo che intercorre tra l'idea del nuovo servizio e la prima vendita) cosa che

consente a sua volta un ampliamento di gamma riducendo gli investimenti;

ottimizzazione nella gestione dei mutamenti tecnologici;

garanzie sul mantenimento degli standard prestazionali, diventa molto facile fare

benchmarking, ovvero confrontare le prestazioni di un servizio esternalizzato

rispetto agli standard di riferimento;

delega ad un unico soggetto esterno di tutte le attività gestionali, contrattuali,

contabili e di relazione relative alla manutenzione di un patrimonio immobiliare;

con conseguenti economie di scala sia per il Committente che per l’assuntore;

I vantaggi operativi derivanti dall’attuazione di un contratto di Global Service si possono

così riassumere:

garanzia della continuità del servizio e degli standard quantitativi-qualitativi

concordati rispetto ad un unico contratto che invece si basa solo su misure

quantitative dei risultati del servizio;

garanzia dei tempi di intervento pattuiti, il contratto di Global Service infatti ha di

preferenza una durata prolungata, almeno triennale (meglio se quinquennale), in

modo da verificare nel tempo comportamenti e prestazioni rese. In un contratto

unico invece c’è una specificazione dettagliata in merito ai tempi di consegna del

servizio;

maggiore flessibilità poiché si trasformano costi fissi in variabili e si ritiene in

generale che si possa creare o interrompere un legame con un fornitore più

velocemente e facilmente rispetto all'apertura (o chiusura) di una funzione o

reparto, a tutto vantaggio della snellezza organizzativa;

semplificazione delle procedure di comunicazione, flessibile ed aperto alle

variazioni sulla base dell’esperienza del fornitore dei servizi a differenza di un solo

contratto che risulta essere inflessibile nonostante le clausole contrattuali,

giustifichino eventuali variazioni;

potenziale semplificazione dei contenziosi, infatti, qualora si utilizzi un solo

fornitore per più servizi, si possono attivare sinergie tra servizi, a differenza invece

di un unico contratto in cui il tutto viene risolto sulla base di una specificazione del

contratto sostenuta da una normativa contrattuale. Si può dire quindi, che, nel caso

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

73

di un contratto di Global Service il fallimento di un servizio può essere visto come

un’opportunità di collaborazione per entrambe le parti affinchè possano risolvere in

partnership i problemi, a beneficio degli utenti del servizio;

razionalizzazione dei tempi e delle risorse per il fornitore dei servizi;

Visione operativa a lungo termine, in ottica di relazioni win-win (ossia lo scopo

della negoziazione win-win “io vinco- tu vinci” è trovare una soluzione accettabile

da entrambe le parti, che lasci a tutte e due la sensazione di aver vinto, di aver

ottenuto, almeno in parte, di ciò che si desidera). Nel caso di un unico contratto c’è

una visione a breve termine e si adotta una relazione di negoziazione win or lose

(ossia è solo una delle due parti ad ottenere vantaggi e a raggiungere l’obiettivo che

si è posta. Questo tipo di negoziazioni solitamente, dura per un breve periodo di

tempo e origina risultati che, a lungo termine, sono negativi. Quando una delle parti

in gioco sente di avere perso qualcosa infatti, sviluppa reazioni negative nei

confronti dell’altra parte che ha partecipato alla trattativa).

I vantaggi di tipo economico-finanziario derivanti dall’attuazione di un contratto di

Global Service si possono così riassumere:

contrazione dei costi di personale per il Committente;

contrazione dei costi amministrativi;

distribuzione su più annualità delle spese e degli ammortamenti per il fornitore del

servizio;

fruizione di sconti su forniture di entità elevate;

semplificazione della contabilità derivante dall’unicità del partner;

contrazione degli investimenti fissi con risparmio complessivo sui costi di gestione

per il Committente;

controllo costante delle spese;

possibilità di programmazione finanziaria per l’assuntore derivante da un flusso di

entrate prevedibile;

incremento del valore del patrimonio;

semplificazione nella redazione del bilancio per l’ente Committente;

possibilità di sfruttare le economie di scala del fornitore su acquisti e investimenti

in competenze e tecnologie ecc. con: riduzione dei costi d'acquisto per effetto sia

del maggiore volume sia del maggiore potere contrattuale del fornitore. Questo

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

74

fatto, traina risparmi anche per quanto riguarda i servizi non caratterizzati da

economie di scala produttive in senso proprio e l'accesso a competenze più

avanzate, per effetto della maggiore capacità del fornitore di investire nei servizi

offerti;

Dispute legali meno costose in caso di non conformità rispetto ad un unico

contratto dato che il tutto viene diluito nel corso del periodo di partnership. Per

questo, il contratto di Global Service viene visto come backstop.

3.14 Svantaggi di un Global Service

nel caso in cui l'outsourcing, ossia la delega dell'organizzazione, erogazione e

gestione di uno o più servizi funzionali all'attività dell'impresa ad un soggetto

esterno ad essa, è vissuto come la liberazione da un problema, potrebbe risultare

difficile mantenere il controllo dei servizi. In tale circostanza infatti, il fornitore

diventa solo un reparto esterno all'azienda che svolge non sempre in modo

efficiente le attività di un processo sostanzialmente identico a quello svolto in

precedenza all'interno. Logicamente, controllare un fornitore di servizi che ha

l'obiettivo di fare margine sulla fornitura dei servizi stessi è cosa ben diversa dal

controllare una parte spesso percepita come periferica della propria organizzazione

[Figuiera J., 2005];

nel caso in cui il rapporto che si instaura nell'ambito dei processi di outsourcing è

meramente di tipo cliente-fornitore, entrambi tendono a ragionare con logiche

negoziali di posizione, mentre solo con un certo grado di partnership (ovvero

ragionando con logiche negoziali di principio) si possono sfruttare appieno le

opportunità, con il chiaro obiettivo di costruire insieme una relazione al tempo

stesso flessibile, efficiente, efficace e duratura [Armistead C. e Pettigrew P., 2008];

confusione e identità di ruolo: la proprietà decida, l’impresa esegua; il contratto di

Global Service deve prevedere i compiti e le responsabilità della Committenza e

quelli dell’appaltatore. La questione delle responsabilità è più delicata rispetto ai

tradizionali appalti perché i rapporti di partnership sono maggiormente vincolanti e

il rispetto dei ruoli è fondamentale. Le responsabilità riguardo il raggiungimento

degli obiettivi prefissati ricadono sull’appaltatore. Quindi il sistema delle garanzie

si orienta verso forme di impegno (fideiussioni), da parte dell’appaltatore,

vincolanti all’ottenimento dei risultati.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

75

l’effettiva possibilità di instaurare un rapporto fiduciario tra proprietà ed impresa,

che sia sufficientemente solido e che permanga nel tempo; tale rapporto va

regolamentato compiutamente con i documenti di gara (schema di contratto,

capitolato, identificazione delle prestazioni, ecc.);

il rispetto della normativa in materia di diritto sul lavoro e/o sindacale;

l’elevato grado di irreversibilità del processo, dovuto sia alla durata del contratto,

che alla tipologia stessa della prestazione;

il rischio per la proprietà di perdere il know-how aziendale, in quanto la gestione è

affidata all’esterno;

resistenza al cambiamento;

la necessità di disporre di un’adeguata struttura di controllo in fase di gestione.

3.15 Criticita’ di un Global Service

Procedere ad un appalto di Global Service non è una soluzione sempre di facile attuazione:

la conoscenza e la valutazione delle problematiche in gioco richiede un grande impegno di

analisi.

I fattori di criticità che sembrano condizionare maggiormente l'attuale scenario del Global

Service nel nostro Paese [Curcio S., 2005, "Il Global Service: da strumento contrattuale a

processo gestionale"], sono:

la definizione e il controllo dei livelli di qualità dei servizi erogati in Global

Service;

il fatto che, nel codice civile italiano non è prevista una forma di contratto

denominata Global Service e, conseguentemente, non è prevista una disciplina ad

hoc. Il Global Service è un contratto "atipico", che in sé contiene elementi di altri

contratti previsti dal codice (molto utile l'intervento dell'Ente di Unificazione

(UNI);

nel caso in cui il Committente non sia in grado di fornire ai potenziali assuntori un

puntuale quadro di consistenza quali-quantitativa del patrimonio in proprio

possesso si potrà prevedere in alternativa un iniziale contratto “sperimentale”, con

durata limitata (uno o due anni), finalizzata in particolare alla raccolta delle

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

76

informazioni di base relative allo stato fisico, manutentivo e prestazionale degli

immobili.

giungere al Global Service è un grande risultato per un ente pubblico o privato.

Nonostante ciò, si ritiene necessario porre particolari attenzioni nella sua fase

iniziale e nei successivi controlli durante il corso dell’appalto, per evitare da un

lato, di aver escluso alcuni servizi o aver sbagliato la stima del costo del servizio e

dall’altro lato rischiare di non ottenere gli effetti desiderati in quanto l’impresa è

portata ad incrementare il proprio profitto magari a scapito della qualità dei servizi

erogati. A tal proposito, in diverse occasioni sarebbe opportuno fare degli step di

avvicinamento al Global Service attraverso forme sperimentali adeguabili alle

diverse circostanze.

l’esigenza di realizzare consistenti risparmi, di fatto si scontra con gli elevati livelli

di servizio richiesti dalla obbligazione di risultato ed il committente determina in

genere una base d’asta bassa inserendo altresì interventi strutturali di considerevole

valore a carico dell’imprenditore che vincerà l’appalto.

l’analisi del fornitore, normalmente, non si concentra sulla tipologia dei servizi e

sui livelli prestazionali richiesti, quanto piuttosto, sui criteri di valutazione del

progetto inseriti dalla pubblica amministrazione nel bando e si rende conto che

spesso a elevati livelli di servizio e ad importanti investimenti da effettuare,

corrisponde un accento eccessivo sulla componente prezzo. In queste condizioni

chiaramente, può diventare difficile erogare servizi di qualità ed il dover abbassare

fortemente i prezzi implica necessariamente un’oggettiva difficoltà a garantire

un’obbligazione di risultato.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

77

3.16 AFFIDAMENTO E GESTIONE DEL GLOBAL SERVICE PRESSO IL “SANTA MARIA” DI TERNI

Dopo aver analizzato la letteratura connessa ai vari aspetti del Facility Management, si

descriverà di seguito, il contesto in cui è inserito l’appalto in Global Service nel caso

specifico dell’Azienda Ospedaliera nel ternano. Il contratto che sancisce l’affidamento e la

gestione del Global Service, è stato stipulato il 7 maggio del 2009 tra la committente,

l’Azienda Ospedaliera “Santa Maria” di Terni e l’appaltatore, l’Associazione Temporanea

di Imprese (ATI) aggiudicataria dell’appalto, di cui il Consorzio Nazionale dei Servizi

(CNS) è la Capogruppo.

Tornando a riprendere i temi espressi nel capitolo precedente, si può affermare quindi che

con la stipula del contratto, il “Santa Maria” di Terni ha adottato nei confronti del loro

fornitore ATI, una strategia di ”management by contractor”, attraverso la quale l’Azienda

Ospedaliera, facendo ricorso all’ATI, affida alcuni operati ad un impresa di servizi no-core

in outsourcing integrato (dove i fornitori nella maggior parte dei casi, sono operatori di

settore). In passato invece, i modelli organizzativi che più si addicevano all’Azienda

Ospedaliera, risultano essere quelli relativi alla strategia “direct outsourcing” dato che, al

crescere della specializzazione e della complessità dei servizi no-core, il cliente ha deciso

di rivolgersi a fornitori in outsourcing integrati (ATI in questo caso, ma potrebbero essere

anche imprese o consorzi di società). Questo perché, l’outsourcing dei servizi no-core

consente da un lato, una riduzione delle risorse interne all’azienda e un aumento della

flessibilità organizzativa interna, e dall’altro, un controllo maggiore sui costi di ogni

singolo servizio.

Inoltre, si può dire che il ruolo organizzativo del facility manager nel Global Service

dell’Ospedale di Terni (risorsa che si occupa del coordinamento, integrazione e gestione

dei servizi no-core di un’organizzazione), è sostanzialmente in organico all’organizzazione

dell’assuntore ed è quindi completamente autonomo rispetto al cliente.

Dopo questa parentesi, si continua la trattazione affermando che l’appalto in Global

Service della durata di 9 anni che fa parte del caso di studio, ha come oggetto

l’affidamento dei servizi aziendali, della gestione e manutenzione integrata del patrimonio

immobiliare e degli impianti di proprietà ed in disponibilità dell’azienda. In altre parole, il

committente ha chiesto la realizzazione di un puntuale, efficace ed articolato sistema di

gestione dei servizi aziendali e di manutenzione delle strutture utilizzate, per lo

svolgimento delle proprie attività.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

78

La limitatezza dei fondi messi a disposizione dalla Azienda Ospedaliera "Santa Maria" di

Terni, in relazione alle specifiche tecniche imposte nei documenti gara (lettera di invito,

disciplinare di gara, capitolato tecnico ecc.), ha indotto però il raggruppamento, ad

effettuare una accurata ed attenta analisi finanziaria sulla possibile offerta da produrre.

L'analisi ovviamente, è stata effettuata nell'ottica di individuare una soluzione gestionale,

in termini di efficienza ed efficacia degli attori produttivi, tale da garantire il

raggiungimento di tutti i livelli prestazionali richiesti dall'amministrazione.

Il raggruppamento pertanto, piuttosto che proporre forniture e prestazioni aggiuntive non

strettamente indispensabili ai servizi in gara, ha offerto in aderenza alle normative

vigenti ed ai vincoli strutturali esistenti, investimenti ed attività in grado di garantire un

adeguato livello qualitativo dei servizi .

3.16.1 Consorzio Nazionale dei Servizi

Il Consorzio Nazionale dei Servizi (CNS), rappresenta oggi una realtà di assoluta rilevanza

nel panorama dell'imprenditoria cooperativa dei servizi.

Il CNS comprende oltre 200 cooperative associate ed opera per la maggiore nel settore dei

Servizi di Facility Management e Global Service.

A tal proposito, si ricorda che con Facility Management, devono intendersi i servizi

ausiliari integrati resi ad una organizzazione privata o pubblica; con Global Service deve

intendersi invece, la fornitura di un servizio completo di manutenzione e gestione

imprenditoriale con responsabilità totale anche legislativa del risultato contrattuale.

Il consorzio pertanto, lavorando nell’ambito del settore sopra citato, acquisisce appalti o

commesse di lavoro per conto delle imprese associate e stipula contratti, per poi

assicurare le prestazioni attraverso: struttura tecnica, organizzativa, gestionale,

attrezzature e manodopera delle associate alle quali affida in esecuzione il lavoro.

3.16.2 L’Associazione Temporanea di Imprese

Il raggruppamento in questione, costituito da aziende ben integrate nei servizi erogati, si

propone con una struttura complessa ma nello stesso tempo snella dal punto di vista

gestionale, capace di rispondere con efficacia alle specifiche ed alle attese presentate nel

bando di gara.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

79

Un’unica azienda infatti, anche se di grandi dimensioni, difficilmente avrebbe potuto

raggiungere obiettivi performanti per il servizio richiesto.

In particolare, la logica seguita nella composizione dell’ATI, è stata quella di raggruppare

in un unico soggetto concorrente, aziende aventi comprovata esperienza nel campo delle

attività previste nella gara.

La scelta dei soggetti componenti il raggruppamento, è stata effettuata in considerazione di

alcuni parametri significativi per il raggiungimento degli obiettivi previsti

dall'amministrazione.

Particolare attenzione è stata data alla capacità dell’ATI di gestire:

il contratto con l'Azienda Ospedaliera “Santa Maria” di Terni, secondo le logiche

del coordinamento centralizzato di tutte le attività di governo in forma aggregata e

non puntuale;

l'erogazione di tutti i servizi oggetto dell'appalto attraverso un decentramento di

tutte le attività operative alle risorse presenti sul territorio, che ben conoscono le

realtà operative e centralizzando invece sulle unità di coordinamento dell’ATI, le

attività di controllo, qualità e contabili.

La scelta del raggruppamento pertanto, è stata fatta tra aziende aventi:

una già consolidata esperienza con la Azienda Ospedaliera "Santa Maria" di Terni,

nella gestione dei servizi messi in gara, al fine di garantire una immediata gestione

delle attività, anche alla luce delle già esistenti relazioni formali ed interpersonali

(operatori e management);

una tendenza a costituirsi in ATI, al fine di presentare una valida offerta globale

dove vengono espresse le consolidate competenze delle aziende/cooperative

raggruppate;

specifici elementi di sinergia (strutturali, territoriali e di competenza) idonei a

costruire e rendere operativo un progetto che garantisca l’Azienda Ospedaliera, in

termini di: stabilità temporale, governabilità nei rapporti interaziendali, omogeneità

e flessibilità dei servizi e dei risultati.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

80

Si mostra di seguito come è costituito il raggruppamento temporaneo di imprese.

Figura 3.1 - Associazione Temporanea d’Impresa (ATI)

3.16.3 I Servizi in convenzione

L’Azienda Ospedaliera "Santa Maria" dì Terni, ha esternalizzato in favore dell’ATI

prima descritto, i servizi di: pulizie, facchinaggio, lavanolo, ristorazione e vigilanza.

Si mostra di seguito una tabella riepilogativa che sottolinea quali siano le competenze

specifiche di ciascuna azienda.

Figura 3.2 - Componenti ATI e relative specializzazioni

In particolare, il raggruppamento si propone con una struttura organizzativa matriciale del

tipo divisionale/funzionale.

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

81

I rami divisionali sono rappresentati dalle aree di competenza delle aziende raggruppate e

coincidono con i servizi erogati, mentre i rami funzionali sono gestiti centralmente

dall’intero raggruppamento e rappresentano le attività di supporto alla gestione

complessiva dell’appalto.

ATI Direzione ATI

(Area Coordinamento e

controllo)

Area produzione

Sevizio

Pulizia

Sevizio

Lavanolo

Sevizio

Ristorazione

Sevizio

Vigilanza

Se

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i ce

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pp

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o

Amministrazione

Call Center

Sistema Informativo

Area MarketingCommerciale

Area Tecnica

Qualità e Sicurezza

Formazione

I servizi centrali interagiscono trasversalmente con tutti i servizi appaltati e possono essere

raggruppati nel seguente modo:

X X X X X X X

X X X X

Centrale

Periferica

Attiv

ità

Am

min

istr

azio

ne

Sis

tem

i In

form

ativi

Ca

ll C

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Fo

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Pro

du

zio

ne

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erv

izi)

Figura 3.3 - Struttura Organizzativa Matriciale

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

82

Tra i servizi centrali, ha particolare importanza il “coordinamento e il controllo”, con il

compito di garantire il livello di qualità atteso dall’Azienda Ospedaliera.

Le attività periferiche riguardano invece, l’erogazione dei singoli servizi appaltati e

vengono direttamente gestite dai Responsabili dei servizi stessi.

Nell’area produzione vengono individuati quindi, dei responsabili unici dei servizi posti a

base di gara che rappresentano in sede di Direzione Centrale dell’ATI le cariche di:

Responsabile del Servizio di Pulizia e Facchinaggio per i servizi a base di gara di:

pulizia, sanificazione e disinfezione giornaliera e periodica dei locali e delle aree di

pertinenza dell’Azienda Ospedaliera;

facchinaggio e trasloco beni materiali dell’Azienda Ospedaliera.

Responsabile del Servizio di Lavanolo e Sterilizzazione per i servizi a base di gara di:

noleggio e lavaggio biancheria piana e sagomata e materasseria;

fornitura di noleggio di kit sterili in cotone e/o tessuto tecnico riutilizzabile per

sedute operatorie;

sterilizzazione strumentario chirurgico;

realizzazione, allestimento e gestione della centrale di sterilizzazione nei locali di

proprietà dell’Azienda Ospedaliera.

Responsabile del Servizio di Ristorazione per i servizi a base di gara di:

ristorazione per degenti;

gestione della mensa aziendale;

adeguamento della cucina.

Responsabile del Servizio di Vigilanza per i servizi a base di gara di:

vigilanza non armata;

accoglienza;

portierato.

L’Area Tecnica centrale, composta da personale altamente qualificato, cura tutti i rapporti

di interfaccia tecnica con l’Azienda Ospedaliera e con le aree tecniche localmente

operative, fornendo supporto decisionale in fase di avviamento dei singoli servizi.

Nell’Area Tecnica viene individuata infine, la figura del Coordinatore delle Attività, che

Capitolo 3 – Il Facility Management e il Global Service

83

costituisce l’interfaccia operativa con i responsabili dell’Amministrazione dell’Azienda

Ospedaliera. Il compito di quest’ultimo infatti, è quello di coordinare in piena autonomia

tutti i responsabili unici dei servizi. E’ possibile vedere in figura 4.4 quanto appena detto.

Sed

i Per

ifer

ich

eSe

de

Cen

tral

e

Responsabile Area

Coordinamento e Controllo

(Direzione Generale)

Responsabile di

Servizio Pulizia

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Responsabile di

Zona Lavanolo

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Responsabile di Zona Ristorazione

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Responsabile di Zona Vigilanza

Capo

Squadra

1

Capo

Squadra

1

Figura 3.4 - Sistema Integrato ATI

Inoltre, ogni tipologia a base di appalto, è espletata da più “Squadre di Lavoro” composte

da personale specializzato e qualificato. Nell’organico poi, vengono individuati i

“Caposquadra” che riferiscono direttamente con il loro Responsabile Unico.

Pertanto, al fine di perseguire gli obiettivi di qualità del lavoro e di quantità, il personale

viene selezionato in base ad una razionale suddivisione delle funzioni e delle qualifiche

delle risorse umane.

84

Capitolo 4

MODELLAZIONE DEI PROCESSI: METODOLOGIA IDEF0

APPLICATA AL CASO AZIENDALE

Introduzione

Il Business Process Reengineering (BPR), come già ampiamente descritto nel secondo

capitolo, è una nota modalità di cambiamento organizzativo con il fine ultimo di innovare

l’organizzazione aziendale, non solo proponendo azioni di riprogettazione radicale ma

anche interventi di miglioramento incrementale. Alla base di tutto questo, si pone la

realizzazione della proposta di integrazione dei servizi di Facility Management rivolta al

“Santa Maria”. L’obiettivo principe che si pone, è quello di conseguire un forte

miglioramento, accompagnato da un’ottimizzazione in termini di qualità oltrechè del

tempo di realizzazione relativo al servizio/prodotto finale (sempre nel rispetto degli

obiettivi strategici prefissati dall'organizzazione aziendale). Alla luce di tutto ciò, è stato

deciso di operare la modellazione dei processi aziendali con la tecnica IDEF0 poiché la

modellazione a livelli, così come propone la metodologia in questione, è molto utile per

gestire la complessità delle organizzazioni aziendali. Pertanto, si sviluppa a tal fine un

progetto che, partendo dalla rappresentazione del processo così come è attualmente (As-Is)

e proseguendo con l’individuazione del modello, fino a raggiungere il processo migliorato

(To-Be), sia in grado di rendere la metodologia più chiara e immediatamente

comprensibile per chi ha la necessità di comprenderla, studiarla ed analizzarla.

A seguire, si riportano schematicamente le varie fasi del modello di analisi BPR con cui si

continuerà l’analisi.

Figura 4.1 - Le fasi del BPR

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

85

Si procede l’elaborato specificando che il BPR, si compone di una prima fase di analisi

critica con l’individuazione dei processi e delle attività aziendali connesse ad essi che in

certa misura contribuiscono al soddisfacimento dei fabbisogni del degente/cliente.

Il tutto, viene svolto mediante la modellazione IDEF0.

Quanto detto fin ora, viene applicato a seguire per le aziende dell’ATI che è stato deciso di

prendere in considerazione. Si ricorda inoltre, che dell’organismo analizzato, composto da:

All Foods, Cosp, So.ge.si e Centro, lo studio verte su tutte le aziende in questione ad

esclusione di So.ge.si, che non avendo aderito all’indagine non può essere inclusa nella

trattazione. Da specificare inoltre che la cooperativa Centro, posta alla fine di questo

capitolo, non è stata studiata approfonditamente come le altre, poiché le attività che la

caratterizzano, ossia portierato, vigilanza non armata ed accoglienza, non sono facilmente

integrabili con le attività delle organizzazioni del raggruppamento.

A seguire, si indica dapprima l’analisi dell’azienda All Foods, più complessa dal punto di

vista organizzativo e successivamente si descrivono i processi Cosp.

4.1 Mappatura dei processi di ALL FOODS

Eseguire un’analisi approfondita di ogni azienda con la mappatura di tutte le informazioni

d’interesse, è il primo passo per essere in grado di ipotizzare scenari futuri di possibile

miglioramento.

Inoltre, risulta necessario specificare che per lo sviluppo e l’implementazione della

metodologia IDEF0 è stato necessario procedere secondo determinati step iterativi.

Dapprima infatti, si è operata una raccolta dettagliata delle informazioni e dei dati del

know-how relativi all’organizzazione in analisi, e successivamente si è arrivati ad una

mappatura schematizzata dei processi principali secondo il metodo sopra riportato. Ad ogni

modo, venire a conoscenza degli aspetti generali che caratterizzano il contesto aziendale è

stato di grande aiuto per la stesura dell’elaborato.

Le informazioni e i dati resi, sono stati consultati in varia documentazione fornitami, dal

capitolato alla relazione tecnica (documento di gara relativo all’affidamento da parte del

“Santa Maria” di alcuni servizi aziendali in Global Service). Inoltre, le informazioni e i dati

che sono di seguito inseriti, sono supportati e dimostrati da vari colloqui con i referenti e i

dipendenti dell’azienda e approfonditi attraverso una supervisione diretta dei processi di

maggiore interesse.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

86

E’ stata proprio l’osservazione “fisica” delle varie attività aziendali che ha permesso di

ricostruire più attentamente il flusso delle informazioni, dei materiali, delle attrezzature e

delle risorse che caratterizzano i processi di analisi.

Ricordando che l’All Foods, è la cooperativa che si occupa della ristorazione ospedaliera,

si procede con il descrivere i principali macro-processi giornalieri.

Lo studio, ha permesso di ottenere la mappatura a seguire.

4.1.1 Attività e componenti del processo di: “produzione della colazione”

Per l’elaborazione del caso di studio, sono stati creati degli schemi funzionali ossia,

rappresentazioni grafiche, inerenti le varie attività svolte dalle aziende in analisi nell’arco

della giornata e delle relative turnazioni che gli competono.

Di seguito vengono spiegati e riportati graficamente i processi, le attività e le sotto-attività

a loro annesse; limitatamente per il momento, ad un processo standard di produzione della

colazione.

Si è pensato di tradurre il processo in analisi sostanzialmente, in tre processi principali

secondo un analisi AS-IS (così com'è). Quest’ultima si basa sulla definizione,

documentazione e misurazione di una situazione aziendale generalmente a fronte di un

futuro cambiamento.

Coerentemente con quanto detto finora, viene di seguito riportata la modellazione esaustiva

e particolareggiata del processo AS-IS inerente alla produzione della colazione,

concretizzata mediante l’utilizzo di IDEF0.

Come si può chiaramente notare dal successivo grafico, la scomposizione effettuata è stata

la seguente:

Produzione;

Distribuzione;

Lavaggio.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

87

A1

PRODUZIONE

A2

DISTRIBUZIONE

A3

LAVAGGIO

Cibi caldi liquidi

Cibi secchi

Bustine di zucchero

Marmellata

AttrezzatureGeneriche

Riscaldatori per liquidi

Armadio carrellato chiuso

ASM1 ASM2

Carrelli assettati per distibuzione

Istruzioni di trasporto

Istruzioni di corretta consegna

Montacarichi

ASM3 ASM4 ASM5

Carrelli pronti per riassetto

Regole di sanificazione

Occorrente pulito

Lavapentole

Detrgenti/DisinfettantiPURPOSE: Processo di produzione standard della colazioneVIEWPOINT: Esterno, non esperto del settore

HACCP

TITOLO:NODO: N.:A0 PRODUZIONE DELLA COLAZIONE

Figura 4.2 - Diagramma A0: processo di produzione della colazione

A questo punto, per la lettura del primo livello di dettaglio del processo, denominato con la

sigla A0 e per la sua successiva interpretazione, risulta necessario specificare che si tratta

di una rappresentazione in una sequenza logica delle attività del processo. Riepilogando

quindi, il primo passo in questa analisi è stato quello di definire i contorni del contesto per

creare il diagramma A0.

Inoltre, dato che il diagramma A0 deve essere completato indicando lo scopo e il punto di

vista, si può dire che la modellazione del processo di produzione della colazione è quella di

un tecnico, esterno all’azienda e di conseguenza non esperto del settore.

A1 – PRODUZIONE

Il processo di produzione è facilmente riassumibile e non assolutamente complesso da un

punto di vista tecnico. A dimostrazione di questo concetto, si può passare all’ introduzione

dei suoi input e dei suoi output. Una colazione quotidiana per i degenti del “Santa Maria”,

si compone di: cibi caldi liquidi (latte, thè e caffè d’orzo), cibi secchi (fette biscottate,

cornetti ecc.) con aggiunta di marmellata confezionata in vaschetta monouso e bustine di

zucchero. Tutto l’occorrente finora citato, è fornito dai magazzinieri e viene posizionato da

un operatore su appositi armadi carrellati chiusi.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

88

Proprio quest’ultimi, adeguatamente assettati per la veicolazione ai reparti di degenza,

possono essere considerati gli output del processo. Per comprendere in modo migliore le

fasi del processo di produzione, si inseriscono di seguito le attività di cui è costituito ossia:

Riempimento carrelli;

Preparazione.

In tutte le varie fasi del ciclo produttivo del processo in analisi ma anche in quelli che

seguiranno nel corso della trattazione, relativamente al processo di: produzione del pranzo,

della cena e del ripasso serale, è necessario applicare la metodologia HACCP.

L’HACCP è un sistema di autocontrollo che ogni operatore nel settore della produzione di

alimenti, deve mettere in atto al fine di valutare e stimare pericoli e rischi e stabilire misure

di controllo per prevenire l'insorgere di problemi igienici e sanitari. Quest’ultimo, risulta

essere infatti un importante e diffuso metodo di controllo degli alimenti, delle fasi di

produzione, delle metodologie di conservazione, dei locali e del personale della cucina.

Da non dimenticare il fatto che, nel rispetto delle esigenze e della qualità complessiva del

servizio richiesta dal capitolato, nonché nel rispetto della soddisfazione del paziente

concernente ai vari pasti, è necessario applicare le adeguate procedure ed istruzioni per il

mantenimento delle migliori condizioni igienico sanitarie garantite dal possesso di

certificazione ISO 9001 e ISO 22000.

Con ISO 9001, si identifica una serie di norme e linee guida che propongono un sistema di

gestione per la qualità, pensato per gestire i processi aziendali affinché siano indirizzati al

miglioramento della efficacia e dell'efficienza della organizzazione, oltre che alla

soddisfazione del cliente. Lo Standard ISO 22000 invece, è uno standard applicato su base

volontaria dagli operatori del settore alimentare. È stato pubblicato dall'Ente di

Normazione Internazionale ISO nel settembre 2005 al fine di armonizzare gli standard

nazionali e internazionali preesistenti in materia di sicurezza alimentare e HACCP.

Pertanto, un servizio di ristorazione ospedaliera, in quanto industria ove si preparano,

manipolano e distribuiscono alimenti, è direttamente coinvolto nell’applicazione

dell’autocontrollo e questo coinvolgimento è ancora più sentito in relazione alla particolare

tipologia di consumatori a cui sono diretti gli alimenti.

A11 - RIEMPIMENTO CARRELLI

L’ attività in esame, viene compiuta da un solo operatore o ASM (acronimo che nel corso

della trattazione indicherà un addetto al servizio mensa). L’operazione, viene eseguita

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

89

quotidianamente alla fine della distribuzione delle colazioni del giorno precedente a quello

che si sta considerando. L’addetto al servizio, riempie di cibi secchi (fette biscottate,

cornetti ecc.), bustine di zucchero e marmellata, considerati gli input dell’attività, gli

armadi carrellati chiusi utilizzati per la veicolazione ai reparti, che adeguatamente assettati

per il giorno successivo, ne costituiscono l’output. Gli appositi carrelli porta-colazione, di

cui di seguito se ne riporta un’immagine, sono dotati di tre thermos mobili posizionati nel

piano d’appoggio superiore e scomparti per i solidi. Gli input dell’attività infatti, una volta

inseriti nell’apposito spazio per i solidi, vengono posti sotto chiave per evitare qualunque

pericolo di contaminazione nel rispetto delle istruzioni fornite dalla committenza.

In conclusione, i carrelli predisposti per il giorno successivo, vengono adagiati nella parete

attigua all’area appositamente adibita alla preparazione della colazione.

Figura 4.3 - Carrelli porta-colazione

A12 – PREPARAZIONE

La funzione in esame, è compiuta con l’ausilio di due ASM che preparano dalle 6.00 alle

7.00 di ogni giorno la colazione per i degenti del “Santa Maria” in un’area della cucina

appositamente dedicata.

Il loro lavoro riguarda principalmente la preparazione di caffè

d’orzo, thè e latte comunemente definiti cibi caldi liquidi. Per far

ciò, i due ASM si avvalgono di tre riscaldatori per liquidi (definiti in

gergo tecnico: pentoloncini fissi). L’attività di cui si occupano, si

compone semplicemente del riscaldamento dei liquidi utilizzando il

mezzo indicato nella figura di fianco riportata.

Figura 4.4 - Riscaldatori per liquidi

I pentoloncini in Figura 4.4, sono strutture dotate di un rubinetto, posizionato sulla parte

superiore, da cui esce acqua che va a riempire il cestello interno.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

90

Una volta raggiunta la temperatura desiderata, per mezzo del secondo rubinetto ossia

quello posto nella parte inferiore dei pentoloncini, fuoriesce acqua adeguatamente

riscaldata che i due operatori inseriscono poi nei thermos mobili posizionati sui carrelli

utilizzati per la veicolazione sopra descritti. Inoltre, l’area della cucina riservata alla

preparazione della colazione, è munita anche di attrezzature generiche come: utensili da

cucina (ad esempio taglieri o coltelli utilizzati per affettare il limone da mettere nel thè),

banchi di acciaio (utilizzati invece per lo stoccaggio dei cibi secchi, delle bustine di

zucchero ecc.) ed di un lavello con una piccola vasca).

A questo punto, si può vedere lo schema dettagliato di quanto appena descritto.

Figura 4.5 - Diagramma A1: Le attività del processo di produzione

A2 - DISTRIBUZIONE

Il processo di distribuzione della colazione avviene giornalmente ed è effettuato da cinque

ASM, tre di questi iniziano la loro attività lavorativa alle 7.00 e continuano la distribuzione

fino al termine della consegna che avviene dalle 8.15 alle 8.45. A questi, si aggiungono

inoltre i due operatori che precedentemente si erano occupati della preparazione delle

colazioni. Gli operatori che svolgono il servizio secondo le turnazioni indicate dalla

committenza, trasportano i cibi secchi e i cibi liquidi attraverso gli armadi carrellati chiusi

sopra descritti. Quest’ultimi, adeguatamente assettati, output del processo di produzione,

sono considerati gli input del processo di distribuzione. Gli output invece, risultano essere

gli stessi carrelli utilizzati per la veicolazione, sui quali però, una volta rientrati in cucina si

opera il riassetto. Si ricorda inoltre che quest’ultimi, dopo un iniziale riordinamento,

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

91

vengono riportati nello spazio di stazionamento a loro dedicato, riempiti dei cibi secchi e

ripreparati così per il giorno successivo.

Per una maggiore chiarezza nella descrizione del processo, è necessario specificare che i

reparti oggetto di valutazione sono sia gli interni che gli esterni. I reparti del “Santa Maria”

oggetto di studio, sono indicati nella tabella a seguire e risultano essere così disposti:

REPARTI

PIANO TERRA DEGENZA ONCOLOGICA, DH ONCOLOGICO, MEDICINA

INTERNA MEDICINA D’URGENZA e RIANIMAZIONE-

OSSERVAZIONE BREVE.

PRIMO PIANO CHIRURGIA UROLOGICA PLASTICA, UNITA’ FEGATO,

CHIRURGIA GENERALE E D’URGENZA (Sezione A) E

PEDIATRIA.

SECONDO

PIANO

DAY SURGERY, CHIRURGIA GENERALE E D’URGENZA

(Sezione B), TESTA/COLLO.

TERZO PIANO DH OCULISTICO, UROLOGIA, DIVISIONE OSTETRICA E

DIVISIONE GINECOLOGICA.

QUARTO PIANO NEUROLOGIA, DIVISIONE ORTOPEDICA E CHIRURGIA

DELLA MANO.

QUINTO PIANO DH MEDICO, DH DERMATOLOGICO, CHIRURGIA

TORACICA, GERIATRIA, CLINICA MEDICA U/D E

MALATTIE APPARATO RESPIRATORIO.

SESTO PIANO UTIC-TIPO, WEEK HOSPITAL E CARDIOLOGIA.

ESTERNO MALATTIE INFETTIVE SIM E DIALISI.

Con l’intento di operare un’ottimizzazione dei percorsi, è stato ritenuto necessario avere

informazioni relative al numero dei degenti per ogni reparto, considerando questo dato

variabile di giorno in giorno all’interno di una struttura ospedaliera. Alla luce di quanto

appena detto, è possibile ricostruire in modo più accurato una stima attinente al periodo

preso come campione e relativo alla mia supervisione diretta. Si riportano di seguito i

percorsi effettuati da ciascun operatore e il tempo impiegato per la consegna in ogni

reparto. Di media, il tempo considerato per gli spostamenti varia dai 6 ai 16 minuti, quello

di consegna ai reparti dai 7 ai 20 minuti. Facendone una stima approssimativa quindi, ogni

operatore impiega per la consegna delle colazioni dai 40 ai 50 secondi a persona.

Si riportano di seguito i dettagli inerenti la logica distributiva aziendale e i percorsi

effettuati dagli operatori. Quest’ultimi, sono appositamente tracciati sulle planimetrie.

La logica distributiva adottata risulta essere la seguente:

1 ASM, sale dalla cucina al piano terra utilizzando il montacarichi dedicato ed

impiegando di media dai 3 ai 5 minuti; distribuisce le colazioni al piano indicatogli,

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

92

secondo questo ordine: DH Oncologico (17 minuti), Degenza Oncologica (7

minuti), Medicina Interna (14 minuti) e Medicina d’Urgenza (13 minuti), poi sale

nuovamente, raggiunge il primo piano, utilizzando sempre il montacarichi e

distribuisce in due reparti, Chirurgia Generale d’Urgenza (Sezione A) (12 minuti) e

Pediatria (7 minuti).

Il tutto avviene dalle 7.00 alle 8.30 di ogni giorno, dettagli dell’orario di partenza

dalla cucina e del relativo rientro. Nella mappatura a seguire, il percorso compiuto

da questo primo ASM, è identificato con il colore rosso.

1 ASM, distribuisce le colazioni al secondo piano, inizia dal Testa/Collo, reparto

che al momento accoglie anche i pazienti del Day Surgery a causa di lavori di

ristrutturazione di quest’ultimo (14 minuti), Chirurgia Generale e d’Urgenza

(Sezione B) (11 minuti), poi scende al primo piano, completa la distribuzione nei

reparti rimanenti Unità Fegato (10 minuti) e Chirurgia Urologica Plastica (9

minuti), poi scende di nuovo e consegna la colazione al pronto soccorso, nei reparti

di Rianimazione e Osservazione Breve (13 minuti) ultimando così il suo giro ed

impiegando come il precedente ASM, 1.30 h, sempre dalle 7.00 alle 8.30.

L’operatore in questione è indicato nella planimetria con il colore verde.

1 ASM, distribuisce le colazioni al terzo piano, Urologia (13 minuti), Ostetricia (14

minuti) e Ginecologia (8 minuti), lasciando al DH Oculistico soltanto il foglio di

prenotazione dei pasti e al sesto piano Cardiologia (20 minuti), Week Hospital (10

minuti) e Utic-Tipo (8 minuti), impiegando 15 minuti in più degli altri, iniziando

sempre alle 7.00 ma terminando all’incirca intorno alle 8.45. L’ASM in questione è

rappresentato dal colore blu.

1 ASM, distribuisce le colazioni al quarto piano: Divisione Ortopedica (15 minuti),

Chirurgia della mano (19 minuti) e Neurologia (20 minuti), impiegando 1.15 h.

Dalle 7.00 alle 8.15. Il colore che lo contraddistingue è il rosa.

1 ASM, distribuisce le colazioni al quinto piano; inizia dalla Chirurgia Toracica (20

minuti), Mar (7 minuti), Clinica Medica U/D (16 minuti) e Geriatria (19 minuti).

Anche in questo caso, ai DH presenti nel piano, vengono lasciati soltanto i fogli di

prenotazione dei successivi pasti per l’indomani. Il tutto avviene dalle 7.00 alle

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

93

8.30 di ogni giorno. Il percorso di quest’ultimo operatore è indicato con il colore

arancione.

1 ASM, dalle 7.00 alle 8.00 consegna invece ai reparti esterni.

L’ordine è il rispettivo: Malattie Infettive, Dialisi e Sim (reparto in cui non vengono

lasciati i cibi caldi liquidi poiché la preparazione di questi è a cura della struttura

stessa). Il mezzo utilizzato per la seguente distribuzione è un furgoncino di

proprietà dell’azienda.

Da specificare inoltre che nelle planimetrie di seguito inserite, si riportano i

percorsi compiuti da ciascun operatore, indicando con:

a. Il pallino rosso, il punto di partenza e di arrivo, rappresentato

sostanzialmente dal montacarichi;

b. Le frecce invece definiscono l’ordine di percorrenza.

Figura 4.6 – Percorsi su planimetria: Piano Terra

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

94

Figura 4.7 – Percorsi su planimetria: Piano Primo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

95

PIANO SECONDO

TESTA/COLLO CHIRURGIA GENERALE E D’URGENZA (Sezione B)

DAY SURGERY CHIRURGIA PLASTICA

Figura 4.8 – Percorsi su planimetria: Piano Secondo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

96

PIANO TERZO

UROLOGIACELLULE STAMINALI -

DAY PEDIATRICO

GINECOLOGIA OSTETRICIA

Figura 4.9 – Percorsi su planimetria: Piano Terzo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

97

PIANO QUARTO

CHIRURGIA DELLA MANO DIVISIONE ORTOPEDICA

DH NEUROLOGICO DH ORTOPEDICO

NEUROLOGIA

Figura 4.10 – Percorsi su planimetria: Piano Quarto

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

98

PIANO QUINTO

GERIATRIA CLINICA MEDICA U/D

CHIRURGIA TORACICA MAR

DH DERMATOLOGICO E DH MEDICO

Figura 4.11 – Percorsi su planimetria: Piano Quinto

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

99

PIANO SESTO

UTIC E TIPO DH CARDIOLOGICO

WEEK HOSPITAL CARDIOLOGIA

Figura 4.12 – Percorsi su planimetria: Piano Sesto

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

100

Generalmente, seguendo un processo di distribuzione della colazione, l’organizzazione del

lavoro è quella sopra riportata per tutti i giorni della settimana ad esclusione della

domenica, che presenta lievi variazioni per quanto riguarda l’organizzazione dell’ordine di

consegna ai reparti. Infatti, un ASM distribuisce il piano terra ed il primo piano, un altro si

occupa della consegna al secondo e al quarto piano, un altro ancora si occupa del quinto,

un operatore distribuisce ai reparti presenti nel terzo e nel sesto piano del Santa Maria, e un

ultimo ASM consegna gli esterni. Si ricorda inoltre che i Day Hospital la domenica non

vengono effettuati e quindi non sono considerati nella lista dei reparti.

A21 – TRASPORTO

Per il trasporto dei carrelli dalla cucina ai reparti, gli operatori (cinque in tutto) utilizzano

un solo montacarichi posizionato al primo piano interrato, stesso luogo in cui si trovano i

locali della cucina. Il montacarichi utilizzato, è lo stesso che poi verrà impiegato per la

consegna e il ritiro del pranzo e della cena, per la consegna delle merende e per il ripasso

serale. Pertanto, ogni operatore trasporta un apposito carrello assettato per la distribuzione

delle colazioni, input dell’attività, fino ad arrivare ai reparti assegnatigli, fine ultimo del

trasporto. Nel corso dello svolgimento dell’attività in questione, ogni operatore si attiene

alle istruzioni, vincoli quindi, del loro responsabile.

A22 – CONSEGNA

Gli stessi cinque operatori sopra citati, si pongono come input la consegna delle colazioni

attraverso gli appositi carrelli sui quali vengono posizionati anche dei giornali e come

output, la soddisfazione del degente nell’adempimento dell’attività. Da specificare inoltre

che i giornali sono proporzionali al numero di stanze per ogni reparto. A differenza di

quanto avviene per la consegna del pranzo e della cena, nella distribuzione delle colazioni,

non viene effettuato alcun tipo di ritiro, dato che viene fornito materiale che poi viene

gettato. Solitamente, ciascun operatore, vincolato dalle istruzioni di consegna della

committenza, effettua al degente la richiesta di preferenze su i cibi caldi liquidi e sui cibi

secchi. Successivamente, procede nel riempimento della tazza/bicchiere di proprietà del

degente, fornita dal degente stesso o dalla relativa assistenza privata; in caso contrario,

l’ASM consegna al paziente un bicchiere termico insieme ai cibi secchi richiesti. Al

termine del consumo poi, il materiale a perdere, viene gettato all’interno dell’apposito

getta-rifiuti posizionato in ogni stanza dei vari reparti del “Santa Maria”. Da menzionare

inoltre che un solo operatore consegna le colazioni per ogni reparto. Limitatamente a

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

101

questa attività del processo di produzione della colazione, è possibile riscontrare una

criticità legata agli innumerevoli disguidi tra paziente o la relativa assistenza privata per la

richiesta di una maggiore quantità di cibi e bevande.

A23 – RITORNO IN CUCINA

Una volta avvenuta la consegna delle colazioni, output dell’attività precedente ed input di

quella in questione, gli operatori coinvolti nella distribuzione rientrano in cucina con i

carrelli pronti per il riassetto output appunto, dell’analisi di quest’ultima attività di cui si

compone il processo di distribuzione della colazione. La risorsa utilizzata anche in questo

caso, così come avveniva per il trasporto, risulta essere il già ampiamente citato

montacarichi. Quanto appena motivato e descritto come spiegazione del processo di

distribuzione, è di seguito riportato nello schema realizzato con la metodologia IDEF0:

A21

TRASPORTO

A22

CONSEGNA AI REPARTI

A23

RITORNO IN CUCINA

Carrelli assettati per distibuzione

Montacarichi

ASM1 ASM2 ASM3 ASM4 ASM5

Giornali

Istruzioni di trasporto

Arrivo operatore

Colazione consegnata

Istruzioni di corretta consegna

Carrelli pronti per riassetto

TITOLO:NODO: N.:A2 ATTIVITA' DELLA DISTRIBUZIONE

HACCP

Figura 4.13 - Diagramma A2: Attività del processo distribuzione della colazione

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

102

A3 – LAVAGGIO

Il lavaggio risulta essere l’ultimo processo con cui si chiude la filiera logistica inerente alla

produzione della colazione. In quest’ultimo, viene operato principalmente il riassetto dei

carrelli successivo alla fase di distribuzione e la sanificazione di tutte le attrezzature

utilizzate durante il processo di preparazione. I carrelli quindi e le attrezzature generiche,

risultano essere gli input del processo in questione. Il tutto, è effettuato da tre operatori nel

rispetto delle regole di sanificazione imposte dal metodo HACCP. Per questo, le operazioni

di pulizia devono essere programmate in modo da definire esplicitamente tempi e modi

delle operazioni. La programmazione delle operazioni di pulizia e disinfezione determina

infatti il mantenimento di livelli igienici ottimali nei locali di lavorazione e conservazione

degli alimenti. Proseguendo con la descrizione delle attività, si può dire che gli operatori

addetti al processo di lavaggio, in un primo momento operano una pulizia del materiale

utilizzato in fase di preparazione all’interno di vasche, effettuando su questi un primo

lavaggio con acqua e detergenti/disinfettanti appropriati ed in un secondo momento invece,

si avvalgono dell’uso di lavapentole al fine di operare una sanificazione accurata ed avere

come output l’occorrente sterilizzato.

Al termine del processo, il materiale opportunatamente sanificato e pronto per un nuovo

utilizzo, viene riposto nelle aree appositamente dedicate all’interno della cucina.

Il materiale adoperato durante il processo di produzione, viene risistemato all’interno della

stanza adibita esclusivamente alla preparazione della colazione così come i carrelli

utilizzati per la veicolazione ai reparti, vengono riposti lungo la parete attigua alla stanza

appena citata. E’ buona norma specificare affinchè sia più chiara la comprensione delle

varie fasi del processo, che la risistemazione dei carrelli e delle varie attrezzature utilizzate

(taglieri, coltelli e thermos mobili), viene effettuata dallo stesso personale che ha effettuato

il lavaggio. Per meglio dire, tre ASM operano il riassetto dei carrelli e li risistemano fino al

termine della loro turnazione, il materiale a lavaggio nella lavapentole invece viene

risistemato dall’unico operatore che poi prosegue il suo turno fino alle 13.20, quest’ultimo

quindi si occupa di sanificazione e riordino fino alle 11.00.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

103

A31

LAVAGGIO STANDARD

A32

RIORDINAMENTO MATERIALE

Attrezzaturegeneriche

Carrelli pronti per riassetto

Regole di Sanificazione

Occorrente pulito

Occorrente pronto per nuovo utilizzo

Riscaldatori perliquidi

ASM3ASM4ASM5

Lavapentole

Detrgenti/Disinfettanti

TITOLO:NODO: N.:A3 ATTIVITA' DEL LAVAGGIO

Figura 4.14 - Diagramma A3: Attività del processo di lavaggio della colazione

4.1.2 Attività e componenti del processo di: “produzione del pranzo”

A seguire, l’attenzione si sposta su una descrizione ed una spiegazione delle attività e delle

relative componenti (input, output, vincoli e risorse) che le caratterizzano, limitatamente ad

un contesto più ampio, concernente la preparazione dei pasti ai degenti del “Santa Maria”

per il consumo del loro pranzo. I principali processi sui quali si è deciso di realizzare la

modellazione IDEF0, risultano essere:

Stoccaggio;

Produzione;

Distribuzione;

Lavaggio.

Ad esclusione dello stoccaggio, vengono utilizzati gli stessi identificativi adottati nella

modellazione precedente, nonostante le attività e le sotto-attività inglobate nei macro-

processi considerati presentino notevoli differenze.

Al fine di un migliore svolgimento del servizio al cliente/degente, risulta importante non

perdere mai di vista la qualità complessiva del servizio (linee progettuali e standard

qualitativi), l’ottimizzazione del lay-out operativo, l’organizzazione della produzione,

l’organizzazione del lavoro, il piano di produzione (tempi e metodi), il piano degli acquisti

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

104

(le merci, vengono ordinate in quantità limitata ma sufficiente a ricoprire il fabbisogno di

consumo fino al giorno successivo alla prevista consegna) e l’igiene complessiva del

servizio.

Tutto ciò, con l’obiettivo di rispettare: tipo di utenza da soddisfare, dimensioni, orari di

distribuzione dei pasti, sistema di distribuzione previsto e qualità del servizio complessiva

espressa nel capitolato. L’operato, eseguito nelle varie attività di processo, è svolto sotto la

supervisione e il coordinamento di dietologi, biologi, sociologi e nutrizionisti che si

occupano della preparazione giornaliera dei menù per i degenti del “Santa Maria”, sia per

quelli soggetti a diete speciali sia per quelli soggetti a diete ordinarie.

L’approvvigionamento delle materie prime invece, processo non meno importante ma non

riportato nella schematizzazione successiva, viene realizzato sulla base di un’accurata

scelta dei fornitori ad opera dell’ufficio acquisti centrale e del direttore di servizio.

Quest’ultimi infatti, selezionano i fornitori migliori presenti sul mercato nazionale o della

CEE (riconosciuti da: certificazione di qualità UNI EN ISO 9000:2000).

Quindi, come già precedentemente detto, nell’ambito della ristorazione ospedaliera, la

filosofia della Qualità Totale prevede per il servizio di ristorazione erogato, la

soddisfazione di standard di sicurezza igienica, di equilibrio nutrizionale, di qualità

sensoriale del pasto e di completezza del servizio sempre nel rispetto dell’HACCP.

Nei riguardi infatti del DECRETO LEGISLATIVO 26 maggio 1997 n. 155: attuazione

delle Direttive 93/43 CEE e 96/3/CE concernente l’igiene dei prodotti alimentari, si

prescrive l’obbligo di attuazione da parte del personale responsabile dell’industria

alimentare, di un’attività di autocontrollo sulle diverse fasi della produzione, ad esempio:

modalità di conservazione e stoccaggio degli alimenti, rintracciabilità interna dei prodotti,

corrette norme di pulizia e sanificazione, igiene del personale, gestione delle diete,

gestione e conservazione dei test campione, corrette norme di sanificazione per i

contenitori, per i mezzi di trasporto, corrette norme nel trasporto e somministrazione delle

pietanze alle giuste temperature, attività tipiche in fase di distribuzione ecc..

L’assicurazione della qualità igienico-sanitaria di un alimento quindi, non deriva più

soltanto da un controllo del prodotto finito, ma è correlata ad una vigilanza continua

(monitoraggio) sul processo produttivo.

La finalità del sistema non è più quella di intervenire sulle non conformità rilevate, ma

quella di prevenirne le cause di insorgenza prima che si verifichino gli eventi negativi e, in

ogni caso, applicare sempre le opportune azioni correttive in modo da minimizzare i rischi.

Si tratta di una profonda innovazione all’interno del comparto agroalimentare italiano, che

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

105

ha avuto ed ha tuttora grandi ripercussioni, poiché evidenzia che la sicurezza di un

prodotto alimentare può essere raggiunta non solo mediante il controllo del prodotto da

parte di un Ente ispettivo esterno, ma anche e soprattutto mediante il controllo del processo

produttivo da parte dello stesso produttore.

Si prosegue l’elaborato in modo similare con quanto svolto in precedenza, relativamente al

processo di produzione della colazione e viene di seguito riportata la modellazione

completa e dettagliata del processo AS-IS inerente la produzione del pranzo.

Si riporta di seguito il diagramma di contesto A0 inerente allo studio in questione.

Figura 4.15 - Diagramma A0: processo di produzione del pranzo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

106

A1 – STOCCAGGIO

Il processo in analisi, presenta come input il trattamento delle merci in arrivo e come

output, il deposito temporaneo della merce adeguatamente stoccata in apposite celle prima

dell’effettiva lavorazione.

Le attività inglobate nel processo di stoccaggio, risultano essere:

Scarico;

Controllo e Accettazione;

Sconfezionamento;

Deposito.

Tutte le attività appena citate, avvengono in un apposita area della cucina, l’area

stoccaggio. Quest’ultima, è dotata di una zona ingresso per il controllo delle derrate in

arrivo e di una zona sconfezionamento in cui allontanare gli imballi prima di entrare in

area stoccaggio. Il tutto, è effettuato da due magazzinieri che svolgono il loro lavoro dal

lunedì alla domenica iniziando alle 6.00 e proseguendo fino alle 12.20 nel rispetto delle

tecniche di manipolazione imposte dal metodo HACCP.

A11 – SCARICO

All’ingresso della zona adibita allo stoccaggio ed in particolare all’ingresso delle merci

(spazio esterno), viene allestita una pedana idraulica in modo da facilitare lo scarico senza

deteriorare le merci. Le materie prime in arrivo attraverso appositi mezzi di trasporto, input

dell’attività, vengono scaricate dai due magazzinieri. Conseguentemente, le derrate

deperibili e non deperibili scaricate, output dell’attività, vengono sottoposte ad un

immediato controllo.

A12- CONTROLLO E ACCETTAZIONE

Le derrate consegnate, input dell’attività, vengono immediatamente controllate, con il fine

ultimo di verificare la conformità degli ordinativi o l’eventuale non conformità. A tal fine,

vengono compilati dai magazzinieri dei moduli HACCP relativi a ciascun fornitore. Da

specificare, che tutti i prodotti utilizzati presentano garanzie di qualità a garanzia della

certificazione della provenienza dei prodotti dai fornitori.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

107

Inoltre, nell’ottica di offrire un efficace sistema di rintracciabilità nella filiera alimentare,

ad ogni prodotto è abbinato un codice di tracciabilità attraverso il quale si può risalire

all’origine produttiva, sia essa azienda agricola o allevamento. In accordo con quanto

appena detto, il controllo effettuato sulla merce appena scaricata, verte principalmente su

un riscontro visivo della qualità delle forniture, su un controllo fisico dei quantitativi

attraverso bilance elettroniche e su una verifica della temperatura dei cibi attraverso dei

termometri. Una volta effettuate le operazioni di controllo sull’entità degli ordinativi ed

effettuate tutte le registrazioni necessarie per il sistema di tracciabilità, i due magazzinieri

passano alla fase di accettazione firmando la bolla di consegna.

A13 – SCONFEZIONAMENTO

La merce conforme, input dell’attività, prevede un successivo sconfezionamento con il fine

ultimo di produrre come output, derrate pronte per essere stoccate. L’attività, viene

effettuata in un apposito spazio dell’area stoccaggio, denominata appunto area

sconfezionamento. In quest’ultima, avviene il conclusivo disimballaggio delle merci prima

di passare allo stoccaggio nelle apposite celle frigorifere.

A14 – DEPOSITO

A questo punto, la merce sconfezionata, input di quest’ultima attività, viene

opportunatamente riposta nelle celle frigorifere producendo come output la merce stoccata

che sarà poi utilizzata nella successiva fase di lavorazione.

Le operazioni dei due magazzinieri in questo caso, sono vincolate da determinate tecniche

di manipolazione che vertono nel badare per esempio ad: una accurata pulizia dei

contenitori in cui sono risposti gli alimenti che devono essere adeguatamente protetti, ad

una buona pulizia della dispensa e della cella frigorifera in cui vengono posizionati gli

alimenti deperibili refrigerati o congelati, ad una adeguata temperatura di conservazione

dei cibi una volta sconfezionati, ecc..

L’ insieme delle attività finora descritte, rappresentative del processo di stoccaggio, sono

riportate di seguito nel seguente schema di modellazione IDEF0.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

108

A11

SCARICO

A12

CONTROLLO E ACCETTAZIONE

A13

SCONFEZIONAMENTO

A15

DEPOSITO

Merce in arrivo

2 MagazzinieriPedana Idaraulica

HACCP

Modulo HACCP

Derrata deperibili e non deperibili

Bilanciaelettronica

Termometri

Merce Conforme

Bolla

Mercesconfezionata

Merce stoccata

Celle frigorifere

TITOLO:NODO: N.:A1 ATTIVITA' DELLO STOCCAGGIO

Figura 4.16 - Diagramma A1: Attività del processo di stoccaggio

A2 – PRODUZIONE

Il processo di produzione si basa principalmente sulla realizzazione di un’accurata

lavorazione degli input ossia delle materie prime adeguatamente stoccate, con il fine

ultimo di produrre come output, un pasto che risulti di alta qualità per i degenti

dell’azienda ospedaliera. All Foods, secondo i termini del contratto di appalto, attraverso il

quale l’ospedale “Santa Maria” di Terni affida all’azienda la completa gestione del servizio

di ristorazione degenti e dipendenti, svolge un servizio che porta come output, la

produzione di circa 950/1000 pasti al giorno con vassoio personalizzato. L’attività di

produzione, è eseguita ogni giorno da un capocuoco, quattro cuochi, un macellaio ed ASM,

sotto la supervisione del direttore di servizio. Da specificare inoltre che il capocuoco,

esegue i suoi compiti in stretta collaborazione con il direttore del servizio di ristorazione

con il quale giornalmente programma anche la produzione stessa in tutti i suoi aspetti. Al

fine di ottenere un servizio qualitativamente eccellente, si seguono le normative espresse

con il sistema qualità ISO 9000:VISION 2000.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

109

Il sistema si compone di procedure ed istruzioni che attraverso opportuni monitoraggi

possono garantire il mantenimento delle migliori condizioni igienico sanitarie e

nutrizionali. La qualità igienico sanitaria alimentare è l’insieme di tutte le misure atte ad

assicurare il valore nutritivo degli alimenti e l’innocuità dei medesimi, in tutte le fasi

(arrivo, stoccaggio, lavorazione e consumo). La salubrità degli alimenti è fondamentale per

evitare gravi problemi di salute associati a fenomeni di contaminazione biologica e chimica

degli alimenti. Se le norme non vengono rispettate, si possono ottenere infatti effetti

deleteri per la salute umana, per prevenire questo, è importante attuare l’autocontrollo

secondo il metodo HACCP costantemente in ogni singola fase del ciclo produttivo.

Le attività in cui è stato suddiviso il processo di produzione sono risultate le seguenti:

Preparazione;

Confezionamento;

Gestione prenotazioni.

La figura a seguire, mostra i dettagli di quanto appena citato.

A21

PREPARAZIONE

A22

CONFEZIONAMENTO

A23

GESTIONE PRENOTAZIONI

Merce stoccata

Vitto

HACCP

AttrezzatureGeneriche

AttrezzatureFisse

Altro

4 Cuochi1 Macellaio

Nastro

Burlodge

1 Cuoco

4 ASM

1 Impiegata

Vassoio personalizzatoIn burlodge

Ordine daireparti

Server

TerminaliDispositivi di

rete

Dispositivi generici

Tempistica committenza

Alta qualità del servizio

TITOLO:NODO: N.:A2 ATTIVITA' DELLA PRODUZIONE

Figura 4.17 - Diagramma A2: Attività del processo di produzione del pranzo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

110

A21 - PREPARAZIONE

Nell’apposita area della cucina denominata “zona di preparazione e confezionamento”, le

derrate stoccate, input dell’attività, vengono lavorate da quattro cuochi (un cuoco, 6.40-

13.00, per reparto geriatrico, un cuoco 7.30 – 13.50 per primi, contorni e vitti comuni, un

cuoco 7.00-13.20 per i secondi ed un cuoco 6.30-12.50 per le diete; tutti i giorni della

settimana) e da un macellaio (7.00-13.00 dal lunedì al sabato) che si occupa

esclusivamente della lavorazione delle carni in uno spazio dedicato della zona della cucina

in questione. I cuochi ed il macellaio, nel loro quotidiano, utilizzano per la preparazione

del vitto, output dell’attività, attrezzature generiche (pentolame per cottura dei cibi in vetro

o in acciaio inox di varia misura, utensili di diverso genere utilizzati in fase di cottura o

durante la preparazione, ad esempio: mestoli, fruste ecc. oltre che, taglieri, frullatori,

spremiagrumi e via dicendo), attrezzature fisse (lavaverdure, piastre, forni con diversi

sistemi di cottura per abolire i grassi, diminuire al minimo la perdita dei principi nutritivi e

rendere gli alimenti più digeribili: a termoconvenzione, a vapore, fry-top ed ad acqua,

brasiere, pentoloncini fissi per la produzione di pietanze in grandi quantitativi, ad esempio:

sughi, vegetale, purè ecc. e un abbattitore delle temperature dove vengono inserite teglie di

cibo appena cotto, al fine di far scendere le temperature dell’alimento, per esempio dai

180°C fino ai 4-5C°. Questa procedura, è utilizzata appunto per abbattere le eventuali

proliferazioni batteriche e garantire la salubrità delle vivande) e altro (affettatrici per la

lavorazione delle carni o dei piatti freddi, cuocipasta, tritacarne, pelapatate, carrelli

armadio chiusi con termostato scalda-vivande per riportare il cibo in uscita dall’abbattitore,

alla giusta gradazione ecc.). Il sevizio di preparazione dei pasti avviene nella cucina con

sistema in legame fresco-caldo con cui si intende che la preparazione dei cibi deve essere

completata non prima delle due ore che precedono il consumo. Tra i vincoli principali del

processo di preparazione, oltre al rispetto del metodo HACCP, risulta essere di

fondamentale importanza il rispetto delle istruzioni relative alle tecniche di manipolazione

per la preparazione e cottura dei cibi. Qualora infatti non si rispettassero le giuste norme,

l’alimento integro all’orgine potrebbe trasformarsi in un alimento contaminato. I fattori di

rischio nella manipolazione degli alimenti sono legati per la preparazione e per la cottura al

contatto con: piani di lavoro, utensili non adeguatamente sanificati, insetti o animali in

genere, tra prodotti crudi e cotti, tra cibi sporchi e puliti, utensili e contenitori non

pefettamente puliti, temperature/tempi di cottura non adeguati e contemporanea cottura di

cibi crudi e cotti. Per evitare tutto ciò, nel corso della preparazione, il personale deve

eseguire le seguenti disposizioni oltre a quanto imposto dal piano di autocontrollo:

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

111

utilizzare superfici di taglio diverse per prodotti di origine diversa (carne/verdura) e di

stato diverso (crudo/cotto) e non utilizzarli come appoggi, prelevare i prodotti deperibili

dal frigo solo immediatamente prima di usarli e riporre in frigo le quantità non utilizzate

sempre riparate con coperchi, alluminio o altro materiale. Inoltre il personale, durante

l’evacuazione dei sacchi della spazzatura prodotta, deve evitare il passaggio nella zona di

preparazione, di cottura e distribuzione, utilizzando appositi corridoi e percorsi consentiti,

dirigendosi verso l’appropriata zona sporco. Prima dell’applicazione della tecnica IDEF0

sulle varie attività dei processi presi in esame ed analizzati a seguire, si inserisce una

tabella riassuntiva dei dati riguardanti le tempistiche legate alle attività svolte (momento di

inizio e fine) e contenente informazioni sul numero delle risorse utilizzate nelle rispettive

turnazioni.

Addetto

Servizio

Mensa

Confezionamento Consegna Ritiro Consegna

Merende

Lavaggio

Stoviglie

ASM1

(10.15-13.00)

11.00 - 12.30

ASM3

(11.30-13.30)

11.30 – 13.00 13.00 – 13.30

ASM4

(10.45-12.45)

11.00 – 12.00 12.00 – 12.45

ASM5

(7.00-13.00)

11.00 – 12.30

ASM7

(10.45-17.05)

11.00 – 12.30 12.30 – 13.00 13.00 – 14.00 14.00 – 17.05

ASM8

(11.30-15.30)

11.30 – 13.00 13.00 – 14.00 14.00 – 15.30

ASM9

(11.30-15.30)

11.30 – 13.00 13.00 – 14.00 14.00 – 15.30

ASM10

(12.00-18.20)

12.00 – 13.00 13.00 – 14.30 14.30 – 15.30 15.30 – 16.45

Impiegata 11.00 - 12.30

Tabella 4.1 - Le attività degli ASM coinvolti nella distribuzione

A22 – CONFEZIONAMENTO

Il confezionamento prende in ingresso il vitto da confezionare, output del processo di

preparazione, e presenta in uscita la realizzazione di vassoi personalizzati all’interno degli

appositi burlodge. I burlodge riportati nell’immagine a seguire, sono speciali armadi

carrellati chiusi dotati di una zona calda che mantiene la temperatura del pasto a +65°C e

di una parte fredda che invece viene refrigerata per mantenere la temperatura inferiore ai

10°C.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

112

Figura 4.18 - Burlodge

Il personale che confeziona i vassoi, è costituito da: quattro ASM, un cuoco e da

un’impiegata; tutti gli attivi occupati, indossano una divisa, un copricapo e mascherine che

coprono bocca e naso. L’attività viene eseguita al nastro trasportatore alla fine del quale, i

vassoi vengono inseriti negli appositi burlodge divisi in zona calda e fredda. Quest’ultimi,

vengono poi attaccati alla corrente nella zona di stazionamento a loro dedicata prima della

veicolazione ai reparti. Le diete ordinarie, quelle speciali e quelle ricettate sono

confezionate in piatti di porcellana all’interno di vassoi personalizzati. Ogni vassoio

contiene: il primo piatto (servito in tazze con coperchio a tenuta, per evitare che i liquidi

fuoriescano durante il trasporto), il secondo piatto con il contorno se compatibile, il

contorno, la frutta, una bottiglietta d’acqua, le posate in acciaio inox e il tovagliolo

imbustati insieme, il pane singolarmente confezionato e il cartellino riportante le

prenotazione effettuata con il numero di posto letto del degente e il reparto.

A23 - GESTIONE PRENOTAZIONE

Il sistema di prenotazione dei pasti è eseguito utilizzando una rete wireless per la

comunicazione tra i reparti e le cucine. Il sistema informativo utilizzato prevede

l’informatizzazione di tutto il sistema di gestione del servizio, tra cui: gestione degli ordini,

gestione del magazzino, delle prenotazioni pasti degenti e dipendenti, gestione della

movimentazione merci per la cucina, gestione dei generi di confort, della contabilità dei

pasti, dei moduli HACCP, gestione dei monitoraggi automatici delle temperature dei

frigoriferi e gestione degli storici e delle statistiche. Il software di prenotazione pasti è un

programma per la prenotazione personalizzata di ciascun degente, indipendentemente dal

fatto che questi sia assoggettato ad un regime di dieta normale o speciale; anche chi ha

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

113

particolari esigenze alimentari infatti ha la possibilità di scegliere fra più alternative sempre

nel rispetto delle proprie esigenze terapeutiche. La struttura generale del software è quella

di un database relazionale che consente quindi la gestione globale di un servizio di

ristorazione ospedaliera. In questo contesto, interviene anche il ruolo della dietista, la

dietista provvede infatti ad esaminare ed evadere le richieste dando al personale di cucina

le giuste indicazioni necessarie all’elaborazione dello specifico menù. Abitualmente, la

prenotazione dei pasti, sia per i degenti a dieta libera che per i degenti in regime dietetico,

avviene utilizzando un sistema cartaceo. Ogni reparto è dotato di fogli di prenotazione

pasti, attraverso i quali è possibile inoltrare l’ordine alla cucina. Quest’ultimi, vengono

rilasciati ai degenti ospedalieri dagli operatori aziendali, la mattina, al momento di

distribuzione della colazione. Ciascun foglio, contiene il nome delle vivande ed un codice

a barre ad esse associato. Riepilogando quindi, la prenotazione dei pasti è effettuata

direttamente dal personale ospedaliero di ogni reparto, nel pomeriggio, del giorno

precedente a quello che si sta considerando. Ogni divisione ospedaliera pertanto è dotata di

un computer con un lettore di codici a barre utilizzato per caricare i dati relativi alle

prenotazioni effettuate da trasmettere alla cucina, dove vengono poi stampati i tagliandini

distintivi di ogni vassoio. Inoltre, sempre lo stesso personale di reparto ha la possibilità di

effettuare variazioni, ossia modifiche e disdette, consentendo di aggiornare in tempo reale i

dati fino a qualche minuto prima del confezionamento (entro i 30 minuti precedenti

l’inizio). Assieme ai pasti prenotati, vengono altresì effettuate le richieste di generi extra ,

da selezionare in base ad un elenco preventivamente specificato per ogni reparto.

Schematizzando quindi l’attività esaminata, si può dire che quest’ultima, prenda in

ingresso gli ordini provenienti dai vari reparti e si ponga come output la realizzazione di un

servizio ottimale. Per lo svolgimento dell’attività in questione, sono necessari quindi: un

server, terminali (wireless e via cavo), dispositivi di rete (router, modem, access-point,

switch e cavi di rete) oltre che dispositivi generici (scanner e stampanti).

A2 - DISTRIBUZIONE

La distribuzione del pasto, deve concentrare tutte le risorse e le sinergie per garantire la

migliore realizzazione possibile del servizio, presentando come input i burlodge contenenti

i vassoi personalizzati e come ouput il rientro in cucina di quest’ultimi su cui poi viene

effettuato il riasseto.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

114

Le attività che compongono il macro-processo in questione e le sotto-attività relative ad

alcune di queste, sono enunciate di seguito:

Trasporto;

Consegna e Accettazione;

Ritiro;

Ritiro Vassoio;

Trasporto al Montacarichi;

Ritorno in cucina.

Consegna Merende

La veicolazione dei carrelli è effettuata con l’utilizzo del montacarichi dedicato già citato

in precedenza. Per mezzo del montacarichi, i moduli di trasporto vengono poi veicolati ai

piani dove viene effettuata la consegna dei vassoi, quest’ultimo inoltre, può contenere fino

ad un massimo di due burlodge (poiché non c’è proprio altro spazio materiale), pertanto

può capitare che nel montacarichi ci siano al massimo due persone e due burlodge.

Per avere una visione più chiara, si specifica inoltre che la consegna viene effettuata dalle

11.30 alle 13.00, il ritiro dalle 13.00 alle 14.00 (tranne un ASM che prosegue fino alle

14.30) e la consegna delle merende dalle 14.30 alle 15.30.

La schematizzazione delle attività di processo è riportata nello schema a seguire:

A31

TRASPORTO

A32

CONSEGNA E ACCETTAZIONE

A33

RITIRO

Vassoio personalizzatoIn burlodge

Istruzioni ditrasporto

Arrivo ASMa reparto

Giornali

Istruzioni diconsegna

Bolla validata

ASM3ASM4ASM7ASM8ASM9

ASM10

Montacarichi

Burlodge

Vassoio personalizzatoconsumato

ASM3ASM7ASM8ASM9

ASM10

Burlodge pronti per riasseto

TITOLO:NODO: N.:A3 DISTRIBUZIONE

Figura 4.19 - Diagramma A3: Attività del processo di distribuzione

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

115

A31 – TRASPORTO

In entrata, l’attività di trasporto presenta i vassoi personalizzati all’interno degli appositi

burlodge, mentre considera come uscita, l’arrivo di ciascun operatore al reparto

assegnatogli secondo le istruzioni guida della logica distributiva che prevedono sempre lo

stesso ordine di consegna e ritiro. Tendenzialmente, seguendo una distribuzione, si può

notare che per gli spostamenti gli operatori impiegano le seguenti tempistiche: per salire ai

primi reparti, dalla cucina, partendo dal piano terra fino ai reparti posizionati al terzo

piano, gli operatori impiegano dai 3 ai 7 minuti; dal quarto piano al sesto, dai 5 agli 8

minuti. Da specificare inoltre che per salire dalla cucina ai vari reparti utilizzano il

montacarichi, per scendere invece utilizzano il più delle volte le scale. L’utilizzo di un solo

montacarichi, è proprio una delle cause di maggiore ritardo dell’attività di trasporto.

A32 – CONSEGNA E ACCETTAZIONE

Una volta raggiunto il reparto di destinazione, ciascun operatore (sei in tutto ed uno per

ogni reparto) effettua la consegna. Generalmente, il tutto accade dopo l’avvenuta

accettazione da parte del personale infermieristico, che compie la validazione dell’attività

firmando la bolla di consegna. Successivamente, gli operatori consegnano per ogni reparto

sia i vassoi personalizzati sia i giornali spettanti a ciascun reparto rispettando le opportune

istruzioni di consegna, secondo cui ciascun ASM una volta individuato il numero di letto

del paziente, prende l’esatto vassoio ordinato, leggendo tale informazione dal tagliandino

presente in ogni vassoio personalizzato e lo consegna. Per la consegna ai reparti,

considerando la distribuzione ai pazienti e l’attesa del personale infermieristico per la firma

della bolla, gli operatori impiegano dai 3 ai 23 minuti, sulla base di quanti pazienti si

trovano nel giorno esaminato in quel preciso reparto. A volte capita che gli operatori

effettuano soltanto la consegna ma non la distribuzione, quindi in quel caso il tempo

scende, impiegano infatti circa 3 minuti. Una criticità legata all’espletamento di questo

servizio, è data dal fatto che, in alcuni reparti ad esempio la pediatria, in cui per questa

attività è previsto l’affiancamento del personale infermieristico, si possono generare ritardi

causati dalla difficile sincronizzazione tra l’operato degli ASM e quello degli infermieri.

Di media comunque, riscontrando i dati su verifiche dirette, si stima un tempo di consegna

per ogni paziente che va dai 40 ai 60 secondi.

A quanto verificato, gli operatori rispettano di gran lunga il tempo massimo previsto dalla

committenza ed espresso nella relazione tecnica limitatamente alla consegna, che risulta

essere non superiore ai 30 minuti (come riportato in Tabella 4.2). In tale lasso di tempo

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

116

infatti il decadimento termico è inferiore ai 5°C e può garantire il pieno superamento dei

65°C di legge. Nella tabella a seguire, si inseriscono i percorsi relativi a ciascun ASM e la

tempistica di consegna per ogni reparto. Le informazioni, sono riferite all’analisi dei

percorsi e delle tempistiche effettuate dai diversi operatori per il compimento del processo,

seguendo la logica distributiva indicata dalla committenza. Gli operatori, vengono definiti

nel rispetto della normativa sulla privacy semplicemente come un numero di matricola. Gli

ASM coinvolti sono: ASM3, ASM4, ASM7, ASM8, ASM9 E ASM 10.

PIANO REPARTO TEMPO DI CONSEGNA(min)

6 UTIC E TIPO 7 minuti

6 WEEK HOSPITAL 8 minuti

5 DH MEDICO E DH

DERMATOLOGICO

5 minuti

3 DH OCULISTICO 3 minuti

PT DH ONCOLOGICO Consegna effettuata da personale

infermieristico.

PT DEGENZA ONCOLOGICA 14 minuti

4 NEUROLOGIA 23 minuti

5 CHIRURGIA TORACICA 14 minuti

4 DIVISIONE ORTOPEDICA 9 minuti

4 CHIRURGIA DELLA MANO 16 minuti

3 UROLOGIA 12 minuti

3 DIVISIONE OSTETRICA 13 minuti

3 DIVISIONE GINECOLOGICA 8 minuti

2 CHIRURGIA GENERALE E

D’URGENZA SEZ (B)

11 minuti

PT RIANIMAZIONE E

OSSERVAZIONE BREVE

Consegna effettuata da personale

infermieristico.

2 TESTA COLLO – DAY

SURGERY

12 minuti

1 CHIRURGIA UROLOGICA E

PLASTICA

9 minuti

1 UNITA’ FEGATO 8 minuti

1 CHIRURGIA GENERALE E

D’URGENZA SEZ (A)

Consegna effettuata da personale

infermieristico.

1 PEDIATRIA 5 minuti

6 CARDIOLOGIA 17 minuti

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

117

5 CLINICA MEDICA U/D 18 minuti

5 GERIATRIA 9 minuti

5 MAR 4 minuti

PT MEDICINA INTERNA 16 minuti

PT MEDICINA D’URGENZA 10 minuti

EST MALATTIE INFETTIVE 13 minuti

Tabella 4.2 – Tempi di consegna

Da specificare inoltre che i reparti esterni in cui si consegna il pranzo sono il Sim e le

Malattie Infettive. Al Sim consegna l’operatore che si occupa delle commissioni esterne

utilizzando l’apposito mezzo aziendale. L’operatore in questione, non viene mai

menzionato nella trattazione poiché impiegato in attività di non interesse per la stesura del

lavoro. Al reparto di Malattie Infettive invece, consegna lo stesso operatore incaricato di

riportare tutti i carrelli in cucina una volta terminato il ritiro. Quest’ultimo, effettua la

consegna percorrendo il tragitto dalla cucina al reparto a piedi, il reparto infatti si trova

all’incirca a 100 metri dalla cucina, impiegando circa 13 minuti per lo spostamento, ossia

per andare e tornare. Da specificare inoltre che i vassoi per i reparti infettivi sono a

perdere così come i piatti e le posate.

A33 - RITIRO

Per l’espletamento di questa attività, gli operatori (5 in numero) ritirano i vassoi consumati

per ogni reparto e li reinseriscono negli appositi burlodge, li trasportano al montacarichi, li

accostano alla parete di ogni piano adiacente al montacarichi ed un solo operatore si

occupa poi di riportare i burlodge pronti per il riassetto in cucina, proseguendo il ritiro fino

alle 14.30. Le cause di ritardo in questa attività sono principalmente dovute al fatto che può

capitare che il paziente non sia in stanza e che quindi non abbia ancora consumato il pasto

al momento del ritiro. In questo caso, il ritiro del vassoio viene effettuato dagli operatori

che si occupano di questa attività nella turnazione serale, oppure può essere causa di

ritardo, il fatto che i vassoi vengano spostati dal personale infermieristico e che quindi non

si trovino al posto giusto nel momento in cui l’operatore si trova ad eseguire l’operazione

in questione.

Al di là di delle cause di ritardo appena citate, il tempo impiegato per il ritiro in ogni

reparto, orientativamente va dai 3 ai 10 minuti.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

118

Il tutto è schematizzato a seguire:

TITOLO:NODO: N.:A33 RITIRO

A331

RITIRO

A332

TRASPORTO AL MONTACARICHI

A333

RITORNO IN CUCINA

Vassoio personalizzatoconsumato

Istruzioni di trasporto

Burlodge ritirati

Burlodge posizionatia parete

Burlodge pronti per riassetto

ASM3ASM7ASM8ASM9

ASM10Montacarichi

Figura 4.20 Diagramma A33: Sotto-Attività del ritiro

Inoltre il ritiro è effettuato con tale sistema:

PIANO REPARTO TEMPO DI RITIRO (min)

6 UTIC E TIPO 5 minuti

6 WEEK HOSPITAL 4 minuti

5 DH MEDICO E DH

DERMATOLOGICO

3 minuti

3 DH OCULISTICO 5 minuti

PT DH ONCOLOGICO 6 minuti

PT DEGENZA ONCOLOGICA 4 minuti

4 NEUROLOGIA 10 minuti

5 CHIRURGIA TORACICA 8 minuti

4 DIVISIONE ORTOPEDICA 6 minuti

4 CHIRURGIA DELLA MANO 6 minuti

3 UROLOGIA 6 minuti

3 DIVISIONE OSTETRICA 6 minuti

3 DIVISIONE GINECOLOGICA 4 minuti

2 CHIRURGIA GENERALE E

D’URGENZA SEZ (B)

6 minuti

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

119

2 TESTA COLLO – DAY

SURGERY

5 minuti

1 CHIRURGIA UROLOGICA E

PLASTICA

5 minuti

1 UNITA’ FEGATO 4 minuti

1 CHIRURGIA GENERALE E

D’URGENZA SEZ (A)

7 minuti

1 PEDIATRIA 3 minuti

6 CARDIOLOGIA 9 minuti

5 CLINICA MEDICA U/D 10 minuti

5 GERIATRIA 6 minuti

5 MAR 8 minuti

PT MEDICINA INTERNA 6 minuti

PT MEDICINA D’URGENZA 7 minuti

PT RIANIMAZIONE E

OSSERVAZIONE BREVE

5 minuti

EST MALATTIE INFETTIVE 7 minuti

Tabella 4.3 - Tempi di ritiro per ogni reparto

A35 – CONSEGNA MERENDE

L’attività in questione viene svolta dallo stesso operatore che conclude il ritiro alle 14.30 e

preparata dall’addetto alle diete. Da specificare inoltre che la consegna delle merende

viene eseguita esclusivamente per i degenti soggetti a diete speciali nel pieno rispetto

quindi delle istruzioni fornite dal servizio dietetico. Per questo motivo, la tempistica

dell’attività varia di giorno in giorno dato che quotidianamente cambia la tipologia ed il

numero dei reparti su cui effettuare la consegna.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

120

Di seguito se ne riporta la schematizzazione delle attività:

Consegna merende;

Consegna;

Rientro in Cucina.

La distribuzione delle merende ha come input i seguenti generi di confort: frutta in

sacchetti, yogurt o thè in bicchieri termici e come output il rientro in cucina dei generici

carrelli utilizzati per la consegna che vengono immediatamente riposti nello spazio a loro

dedicato dallo stesso operatore che ha effettuato la distribuzione.

Il carrello utilizzato per la consegna delle merende, a differenza di quelli utilizzati nella

distribuzione della colazione, risulta essere strutturalmente molto semplice, dotato

unicamente di ruote e di un piano di appoggio dove vengono posizionate le vivande. Da

ricordare inoltre, che quest’ultimo viene sempre trasportato attraverso il montacarichi

dedicato.

A41

CONSEGNA

A42

RIENTRO IN CUCINA

Istruzioni di trasporto

TITOLO:NODO: N.:A4 DISTRIBUZIONE MERENDE

Carrello riposizionato

Generi di confort

ASM10

Montacarichi

Carrellogenerico

Merende consegnate

Figura 4.21- Diagramma A4: Attività del processo di distribuzione delle merende

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

121

A4 - LAVAGGIO

Il lavaggio, viene effettuato nella zona della cucina appositamente ricavata da tre operatori

o quattro a seconda delle loro turnazioni. L’area lavaggio, è dotata della

compartimentazione di tutti i carrelli porta-vassoi nell’anti lavaggio e fornita di un sistema

di dissipazione dei rifiuti in modo da ridurre il volume dei residui da eliminare, oltre che

di: griglie a pavimento, lavastoviglie (per attrezzature generiche precedentemente citate) e

lavastoviglie a nastro (per vassoi e piatti per derrate).

Le fasi del processo di seguito schematizzate, sono svolte nel rispetto delle regole di

sanificazione secondo il metodo HACCP.

Il processo termina nel momento in cui, gli operatori addetti al servizio, ripongono

l’occorrente sterilizzato negli appositi spazi all’interno della cucina.

Le attività individuate all’interno del processo, risultano essere:

Sanificazione;

Riordinamento Materiale.

In conclusione, la schematizzazione delle attività è riportata nello schema a seguire.

TITOLO:NODO: N.:A5 LAVAGGIO

A51

LAVAGGIO STANDARD

A52

RIORDINAMENTO MATERIALE

Attrezzaturegeneriche

Burlodge pronti per riassetto

Regole di Sanificazione

Occorrente pulito

Occorrente pronto per nuovo utilizzo

ASM7-8-9

Lavastoviglie anastro

LavastoviglieDissipatore per

rifiuti

Figura 4.22 - Diagramma A5: Attività del processo di lavaggio

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

122

4.1.3 Attività e componenti del processo di: “produzione della cena e ripasso serale”

Nel proseguo del documento, viene effettuata un’analisi dettagliata delle attività All Foods

inerenti al processo di distribuzione della cena e del ripasso serale. I due processi, vengono

analizzati all’interno di una stessa modellazione dato che, le risorse impiegate sono le

stesse. I processi di produzione e lavaggio con le annesse attività, ad esclusione dello

stoccaggio che in questo caso non è previsto, sono gli stessi del pranzo. Lo stoccaggio non

è presente tra le attività di processo poiché le materie prime utilizzate per la produzione

della cena ed i generi di confort impiegati per il ripasso, sono forniti dai magazzinieri nel

corso della loro turnazione giornaliera. Sia la consegna che il ritiro della cena, oltrechè il

ripasso serale, sono attività eseguite giornalmente nei reparti del “Santa Maria” all’inizio

citati, ad eccezione del DH MEDICO, DH DERMATOLOGICO, DH ONCOLOGICO e

DH OCULUSTICO, reparti in cui viene servito il vitto a pranzo ma non alla cena e in tutti

i giorni della settimana ad esclusione della domenica dato che i day-hospital non vengono

effettuati.

Inoltre, per una maggiore chiarezza, è necessario specificare che nell’analisi, i reparti

oggetto di valutazione sono sia gli interni che gli esterni. Per quanto riguarda quest’ultimi,

occorre fare una precisazione relativa al reparto di Dialisi, si può dire infatti che

quest’ultimo è presente solo nella lista dei reparti di distribuzione della colazione ma non

in quella del pranzo o della cena.

Si passa ora, alla citazione e alla rappresentazione dei principali processi sui quali si è

deciso di conseguire la modellazione IDEF0. Si riporta di seguito il diagramma di contesto

iniziale A0:

Produzione;

Distribuzione Cena;

Ripasso;

Lavaggio.

Ad esclusione dello stoccaggio e della consegna merende, come già preannunciato,

vengono modellati sostanzialmente gli stessi processi già utilizzati nello schema relativo al

processo di produzione del pranzo. Inoltre, si prosegue l’elaborato ribadendo il fatto che le

informazioni inerenti le tempistiche, la logica distributiva ed i relativi percorsi legati al

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

123

processo di distribuzione della cena e del ripasso serale sono gli stessi precedentemente

citati, ad eccezione del ritiro vassoi del pasto serale che presenta un diverso ordinamento.

A1

PRODUZIONE

Alta qualità del servizio

A2

DISTRIBUZIONE CENA

Vassoio personalizzatoIn burlodge

HACCP

Istruzioni Tempistica committenza

Merce stoccata

AttrezzatureGeneriche

AttrezzatureFisse Altro

4 Cuochi1 Macellaio

Nastro

Burlodge

4 ASM

1 Impiegata

Server

Terminali

Dispositivi direte

Dispositivi genericI

Istruzioni di trasporto

Istruzioni di consegna

Montacarichi A4

RIPASSO

A5

LAVAGGIO

3ASMCarrelli

Cibi caldi liquidi Avvenuta consegna

Regole di Sanificazione

Burlodge pronti per riassetto

Carrello da sistemare

Lavastoviglie anastro

Dissipatore perrifiuti

6 ASM

Lavastoviglie 3ASM

Occorrente prontoPer nuovo utilizzo

TITOLO:NODO: N.:A0 PRODUZIONE CENA E RIPASSO SERALE

Riscaldatori per liquidi e Attrezzature

Zucchero

Figura 4.23 - Diagramma A0: Processo di produzione della cena e del ripasso serale

A2 - DISTRIBUZIONE CENA

Tendenzialmente, la consegna viene effettuata dalle 17.30 alle 19.00 di ogni giorno, il

ritiro invece, viene effettuato dalle 19.00 alle 20.00 (tranne un ASM che prosegue fino alle

20.30) concludendo così il processo in esame con il ritiro di due reparti, Malattie Infettive

e Rianimazione ed Osservazione Breve. La distribuzione del pasto serale, così come

avveniva per la consegna ed il ritiro del vitto a pranzo, viene effettuata da sei ASM che

operano la consegna ai vari reparti. Dei sei ASM appena indicati, il ritiro è altresì

effettuato da cinque di questi. Il processo, anche in questo caso, si apre prendendo in

ingresso i burlodge contenenti i vassoi personalizzati e si conclude, con il rientro in cucina

di quest’ultimi.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

124

Le attività che compongono il processo in questione, le stesse del pranzo, risultano essere

di seguito indicate:

Trasporto;

Consegna e Accettazione;

Ritiro;

Ritiro Vassoio;

Trasporto al Montacarichi;

Ritorno in cucina.

La veicolazione dei carrelli è chiaramente effettuata con l’utilizzo del montacarichi

dedicato tranne per il reparto esterno di Malattie Infettive che invece viene raggiunto a

piedi da un operatore, secondo le istruzioni fornite dal Responsabile del servizio. E’ stato

deciso inoltre di non inserire né la sintesi grafica né la spiegazione relativa alle varie

attività di processo dato che è totalmente analoga a quella già precedentemente citata nella

distribuzione del pranzo (come si può da subito notare dagli identificativi degli operati di

processo). Anche la tempistica e i percorsi per quanto riguarda le attività di consegna e

accettazione e ritiro sono totalmente analoghi, nonostante la precisazione precedente in cui

si specifica che i day hospital: DH MEDICO, DH DERMATOLOGICO, DH

ONCOLOGICO E DH OCULUSTICO non fanno parte della lista dei reparti per la

distribuzione della cena e del ripasso serale.

A3 - RIPASSO

Ci si concentra ora nell’esaminare il processo di produzione del ripasso serale, descrivendo

sempre per ogni attività di cui si compone, input, output, risorse e vincoli. Pertanto, alla

luce di tutto questo, il processo di distribuzione in esame, svolto da tre operatori dalle

20.00 alle 21.30, può essere scomposto nelle seguenti attività:

Preparazione;

Distribuzione Ripasso;

Il ripasso serale, come si può vedere da A0, presenta come input i cibi caldi liquidi (thè,

camomilla e orzo) e bustine di zucchero e come output la riconsegna in cucina dei carrelli

utilizzati in fase di distribuzione che vengono inizialmente sottoposti a riassetto e poi

riposti nello spazio a loro dedicato da due degli operatori che hanno effettuato il ripasso.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

125

A31- PREPARAZIONE

Un solo operatore, una volta terminato il ritiro dei vassoi personalizzati, consumati durante

il pasto serale, si occupa della preparazione dei generi di confort dalle 19.15 alle 20.00, per

poi passare alla successiva fase di distribuzione. L’operatore che si occupa della attività in

questione, effettua la preparazione del ripasso nello stesso luogo in cui si effettua la

preparazione della colazione ed utilizza sempre le stesse attrezzature e gli stessi riscaldatori

per liquidi (pentoloncini fissi), citati e riportati graficamente nella descrizione del processo

di produzione della colazione. Gli input forniti dai magazzinieri durante la loro turnazione

giornaliera, si possono riassumere in: camomilla, thè orzo e bustine di zucchero mentre gli

output risultanti dall’attività sono i carrelli adeguatamente assettati per la veicolazione ai

reparti. Il lavoro dell’operatore nell’attività in esame si compone semplicemente del

riscaldamento dei liquidi.

Una ulteriore nozione da enunciare, specificata nel contratto d’appalto inerente la gestione

in global service dei servizi integrati aziendali, è relativa all’ambito economico. Si indica

infatti che il servizio di ristorazione degenti e mensa aziendale, propone nei nove anni di

contratto stipulati con l’azienda ospedaliera, un prezzo di 2.98 € + IVA per la colazione e il

ripasso serale.

A32 – DISTRIBUZIONE RIPASSO

Il processo di distribuzione relativo al ripasso dei generi di confort serale, avviene

giornalmente ed è effettuato da tre ASM dalle 20.00 alle 21.30 come citato

precedentemente. Gli operatori che svolgono il servizio secondo le turnazioni indicate

dalla committenza, trasportano i cibi caldi liquidi attraverso appositi carrelli. Proprio

quest’ultimi, una volta assettati per la distribuzione, sono pensati come input del processo

di distribuzione. Gli output invece ragionati per questa attività, appaiono gli stessi carrelli

utilizzati per la veicolazione ai reparti, sui quali però, viene effettuato il riassetto

conseguente al ritorno in cucina degli ASM. Si ricorda inoltre che quest’ultimi, dopo un

iniziale riordinamento, vengono riportati nello spazio di stazionamento a loro dedicato.

La logica distributiva secondo la quale si organizza l’operato degli ASM inerente al

processo di ripasso serale, risulta essere la seguente.

1 ASM, opera il ripasso al reparto esterno di Malattie Infettive (12 minuti), il

reparto infatti è ubicato all’interno di una palazzina di fronte al primo piano

interrato, luogo in cui si trova l’area della cucina che permette di raggiungerla. Una

volta effettuata la distribuzione, l’operatore torna in cucina, prende un altro carrello

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

126

e opera la distribuzione nei reparti del terzo e del sesto piano, nel seguente ordine:

Urologia (10 minuti), Ginecologia (7 minuti), Divisione Ostetrica (11 minuti),

Cardiologia (14 minuti), Week Hospital (5 minuti) e Utic-Tipo (6 minuti).

1 ASM, distribuisce il ripasso nei reparti del piano terra, del primo piano e in due

reparti del quinto piano, partendo dal quinto piano, seguendo rispettivamente il

seguente ordine: Mar (3 minuti), Chirurgia Toracica (11 minuti), Degenza

Oncologica (4 minuti), Medicina d’Urgenza (9 minuti), Medicina Interna (11

minuti), Unità Fegato (6 minuti), Chirurgia Urologica e Plastica (7 minuti),

Pediatria (3 minuti) e Chirurgia Generale e d’Urgenza sezione (A) (9 minuti).

1 ASM, opera il ripasso invece nei due reparti rimanenti del quinto piano, al

secondo piano e al quarto piano: Geriatria (7 minuti), Clinica Medica U/D (12

minuti), Testa/Collo-Day Surgery (8 minuti), Chirurgia Generale e d’Urgenza

sezione (B) (7 minuti), Neurologia (15 minuti), Divisione Ortopedica (6 minuti) e

Chirurgia della mano(8 minuti).

Si riportano di seguito i dettagli grafici di quanto appena descritto e spiegato.

A31

PREPARAZIONE

A32

DISTRIBUZIONE RIPASSO

1 ASM

AttrezzatureGeneriche

Riscaldatori per liquidi

Cibi caldiliquidi

Bustine di zucchero

Carrelli assettati perveicololazione

HACCP

Istruzionidi consegnaIstruzioni Trasporto

2 ASM

Carrelli pronti per riassetto

Montacarichi

Avvenuta consegna

TITOLO:NODO: N.:A2 ATTIVITA' DEL RIPASSO

Figura 4.24 - Diagramma A2: Attività del processo di produzione del ripasso serale

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

127

A3 – LAVAGGIO

Così come per gli altri processi descritti sopra, il lavaggio del materiale utilizzato in fase di

preparazione e distribuzione risulta essere l’ultimo processo con cui si chiude il cerchio

delle attività. Si specifica inoltre che il lavaggio dell’occorrente utilizzato nella produzione

della cena, coincide con quello di produzione del pranzo, mentre quello relativo al ripasso

serale, si può considerare del tutto analogo a quello di produzione della colazione. In

conclusione, al termine del processo, il materiale opportunatamente sanificato e pronto per

un nuovo utilizzo, viene riposto nelle aree appositamente dedicate all’interno della cucina

da due degli ASM che terminano la turnazione della giornata.

4.2 Mappatura dei processi Cosp

Si ricorda innanzitutto che i servizi di: pulizie locali, aree esterne, facchinaggio, trasporto

pazienti e gestione del magazzino della farmacia, vengono espletati per conto del CNS

dalla Cosp Tecno Service. Analizzando nel dettaglio, la Cosp si occupa di processi

altamente diversi nelle loro procedure e nella loro composizione. Per tal motivo, nella

trattazione vengono analizzati principalmente due dei processi sopra citati: il Trasporto

pazienti e il Facchinaggio spot.

Per entrambi i processi oggetto di analisi, così come precedentemente fatto per l’All Foods,

viene operata un’analisi AS-IS mentre per gli altri processi citati, vengono solo indicate

sommariamente le operazioni che li caratterizzano.

4.2.1 Trasporto pazienti

Il trasporto dei pazienti, è un servizio relativamente nuovo operato da Cosp a partire dalla

data di inizio dell’appalto, risale quindi a Giugno 2009.

Il personale è costituito giornalmente da 17 persone, tra cui:

2 impiegate alla centrale operativa;

15 operatori (ma anche austisti) che effettuano fisicamente il trasporto (alternandosi

tra mattina e pomeriggio).

Di questi, alcuni sono fissi ai centri diagnostici, altri mobili e pronti per urgenze o

per interventi su chiamata.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

128

Da specificare inoltre che il servizio è effettuato ogni giorno (ad esclusione dei festivi),

dalle 7.00 alle 20.00. Elaborando un analisi “AS-IS” si può dire che le attività di cui si

compone il servizio, riportate di seguito nel diagramma di contesto A0, risultano essere:

A1

ELABORAZIONE ORDINE DI LAVORO

A2

ATTUAZIONE TRASFERIMENTO

Prenotazione dai reparti

Impiegata

Apparati telefonici (fissi e mobili)

Scheda di lavoro

DispositiviDi rete

Dispositivigenerici

Terminali

Fax

Servizioespletato

Procedure

Operatori

Mezzi specifici

Ascensori

TITOLO:NODO: N.:A0 TRASPORTO PAZIENTI

PURPOSE: Processo di Trasporto PazientiVIEWPOINT: Esterno, non esperto del settore

Figura 4.25 - Diagramma A0: Processo del trasporto pazienti

A1 – ELABORAZIONE ORDINE DI LAVORO

La gestione del servizio è affidata ad una centrale operativa posizionata al secondo piano

interrato del “Santa Maria”, quest’ultima smista le varie prenotazioni relative al

trasferimento dei pazienti da un reparto ad un altro della struttura ospedaliera, input

dell’attività. Le richieste di prenotazione possono essere ricevute tramite fax, chiamata o

on-line.

L’elaborazione degli ordini e lo smistamento delle richieste di trasporto pazienti, viene

svolto da due impiegate che eseguono tale funzione, rispettivamente nelle seguenti

turnazioni, dalle 7.00 alle 13.00 e dalle 13.30 alle 20.00.

Operativamente pertanto, il personale dell’azienda, effettua il servizio sia nel caso di un

trasporto programmato sia nel caso di un trasporto urgente.

La differenza sostanziale tra i due, è che, il primo, prevede l’arrivo della richiesta di

trasporto pazienti da parte dei reparti il giorno precedente a quello che si sta considerando.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

129

In entrambi i casi comunque, l’azienda condivide le informazioni relative alla prenotazione

del servizio con la struttura ospedaliera per mezzo di un sistema informativo adeguato.

Successivamente, il personale impiegatizio elabora le adeguate schede di lavoro caricando

i dati condivisi per mezzo del sistema informativo all’interno di un’apposita scheda

preimpostata, per poi stamparla e consegnarla agli operatori per l’effettuazione del

servizio. Ad ogni modo, le schede di lavoro costituiscono l’output della prestazione.

Pertanto, sia i reparti, che la centrale operativa, sono dotati di terminali (wireless e via

cavo) attraverso cui inserire i dati relativi ai pazienti che devono usufruire del servizio, un

server, dispositivi di rete (router, modem, access-point, switch e cavi di rete) e dispositivi

generici (scanner e stampanti).

La gestione delle emergenze e non delle urgenze viene invece affidata al personale

ospedaliero.

A2 – ATTUAZIONE TRASFERIMENTO

L’attività centrale di questo processo prende in ingresso le schede di lavoro

opportunamente elaborate dalle impiegate e presenta come output l’espletamento del

servizio, ossia l’effettuazione del trasporto dal reparto che ha inviato la richiesta, al reparto

di destinazione.

I reparti oggetto del servizio sono:

SECONDO PIANO INTERRATO

RISONANZA MAGNETICA – TAC

TAC ECO

RADIOTERAPIA

PRIMO PIANO INTERRATO

MEDICINA NUCLEARE

LITROTRISSIA

DIABETOLOGIA

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

130

PIANO TERRA

MEDICINA D’URGENZA

LABORATORIO ANALISI

ONCOLOGIA

PRIMO PIANO

PEDIATRIA

CHIURUGIA GENERALE E D’URGENZA SEZIONE (A)

ENDOSCOPIA

UNITA’ FEGATO

DENTISTI

SECONDO PIANO

CHIURURGIA UROLOGICA E PLASTICA

RADIOLOGIA

SALA OPERATORIA CHIRURGICA

CHIRURGIA GENRALE E D’URGENZA SEZIONE (B)

TESTA COLLO E DAY SURGERY

AMBULATORIO OTORINO

TERZO PIANO GINECOLOGIA ED OSTETRICIA

OCULISTICA

SALA OPERATORIA GINECOLOGICA

DH PEDIATRICO

RAD. NEUROLOGICA

QUARTO PIANO

DH ORTOPEDICO

NEUROFISIOPATOLOGIA

DH NEUROLOGICO

NEUROLOGIA

DIVISIONE ORTOPEDICA

CLINICA ORTOPEDICA

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

131

QUINTO PIANO

MAR

CHIRURGIA TORACICA E VASCOLARE

DH MEDICO

DERMATOLOGIA

AMBULATORIA VASCOLARE – DOPPLER

CLINICA MEDICA MISTA

GERIATRIA

SESTO PIANO

CARDIO CHIRURGIA

CARDIOLOGIA MISTA

WEEK HOSPITAL

UTIC E TIPO

EMODINAMICA

Tendenzialmente il servizio è svolto da 15 operatori che si alternano nell’arco della

giornata secondo le seguenti turnazioni, ad esempio:

1 operatore dalle 7.00 alle 13.48;

4 operatori dalle 8.30 alle 15.18;

4 operatori dalle 8.15 alle 15.03;

1 operatore dalle 10.00 alle 17.00;

1 operatore dalle 11.00 alle 19.18;

2 operatori dalle 13.00 alle 20.00;

1 operatore dalle 14.15 alle 20.00;

1 operatore dalle 14.00 alle 20.00;

A seguire si indicano dapprima graficamente e poi a livello testuale le varie sotto attività

della funzione in analisi.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

132

A21

DISTRIBUZIONE SCHEDE

Scheda di lavoro

Operatori

A22

SPOSTAMENTO

Operatore dotatodi scheda di lavoro

AscensoriMezzi

specificiA23

PRESA IN CONSEGNA PAZIENTE E ACCETTAZIONE

Arrivo operatore a repartodi prelievo

Procedure

A24

TRASFERIMENTO E ACCETTAZIONE

Trasporto effettuato a repartoDi destinazione

A25

RIENTRO IN CENTRALE

Servizioespletato

TITOLO:NODO: N.:A2 ATTIVITA' DI ATTUAZIONE TRASPORTO

Figura 4.26 - Diagramma A2: Attività del processo di attuazione trasporto pazienti

A21 – DISTRIBUZIONE SCHEDE

L’attività in analisi, presenta come input le schede di lavoro elaborate dalle impiegate

posizionate all’interno di apposite cartelline e come output la distribuzione di quest’ultime

ai vari operatori che devono dirigersi al reparto mittente, ossia allo stesso che ha inviato la

richiesta.

A22 – SPOSTAMENTO

Dei 15 operatori esecutori del servizio, alcuni sono mobili ossia coprono il servizio

spostandosi da un reparto all’altro ed altri sono fissi, rispettivamente ai servizi cardiologici

(6 piano), in endoscopia (1 piano), in tac1–tac2 (2 piano interrato) e in radiologia (2 piano).

Nei loro spostamenti, gli operatori utilizzano esattamente quattro ascensori, due sono

posizionati nella parte centrale dell’ospedale e arrivano fino al 5 piano, uno è posizionato

in ala nord ed è dotato di telecontrollo ed uno in ala sud.

Gli operatori inoltre sono forniti per l’espletamento del servizio di mezzi specifici come:

barellini/barellini magnetici, sedie, letti ecc. ed anche di un’ambulanza attrezzata per il

trasporto dei pazienti dalle palazzine esterne (ad esempio: malattie infettive o dialisi) ai

reparti interni e viceversa. A volte, seppur raramente, nel caso soprattutto di un

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

133

sovraccarico di chiamate per trasferimento pazienti ai reparti esterni, una sola ambulanza

potrebbe non essere sufficiente per il compimento del servizio.

Ad ogni modo comunque, gli operatori, dotati delle schede di lavoro input dell’attività,

raggiungono il reparto mittente, ultimando così l’output del servizio.

A23 – PRESA IN CONSEGNA PAZIENTE E ACCETTAZIONE

Gli operatori, una volta giunti al reparto da cui hanno ricevuto la richiesta di prenotazione,

consegnano al personale medico le opportune schede di lavoro ed è proprio quest’ultimo

che ha il compito di effettuare la validazione del servizio, output dell’attività, firmando la

scheda. Successivamente, prendono in consegna il paziente e la documentazione clinica

che lo segue per poi trasportarlo al reparto di consegna indicato nella scheda di lavoro.

Nonostante la committenza abbia stimato un tempo di circa 20 minuti a trasferimento, è

proprio in questa specifica funzione che si possono riscontrare le maggiori criticità legate

al processo in analisi. Quest’ultime possono essere legate a determinati fattori di ritardo, ad

esempio:

Condivisione degli ascensori con personale ospedaliero o con altro personale di

aziende inerenti l’ATI;

Rallentamenti dovuti al fatto che il personale infermieristico non prepara il paziente

al momento dell’arrivo dell’operatore al reparto mittente o che il paziente stesso

stia mangiando;

Rallentamenti dovuti al fatto che nel caso in cui ci si trova di fronte a pazienti che

necessitano di ossigeno, può capitare che il reparto non abbia lo stroller carico e

l’operatore Cosp, si deve adoperare per recuperarlo in altri reparti;

Disguidi con personale infermieristico su orari;

Rallentamenti dovuti ad esempio ad azioni problematiche, come traferire il paziente

da un mezzo ad un altro, nel caso quindi di un passaggio da un letto ad una barella

o da un letto ad una sedia. Generalmente questa azione viene effettuata da un

operatore Cosp in affiancamento dal personale di reparto.

Rallentamenti dovuti al fatto che non venga richiesto dal reparto mittente alcun

mezzo di trasporto, nonostante sia necessario o che venga richiesto un mezzo non

adeguato.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

134

Inoltre gli operatori, per l’ottimale svolgimento del servizio, devono attenersi al rispetto di

varie procedure impostagli dalla committenza, come ad esempio:

Essere sempre dotati di propria divisa;

Parlare con un tono di voce basso;

Rivolgersi ai pazienti ed ai parenti dando sempre del Lei;

Avere massima cura delle esigenze del paziente;

Seguire le indicazioni fornite dal personale medico-infermieristico sul trasporto e

sul posizionamento posturale dei pazienti;

Non dare mai notizie al paziente o a chi per lui, nel rispetto del codice del

trattamento dei dati personali;

Prestare attenzione nel caso di reparti, sottoposti a radiazioni ionizzanti o da campo

magnetico;

Non usare impropriamente chiavi o altri mezzi di programmazione ascensori.

A24 – TRASFERIMENTO ED ACCETTAZIONE

Gli operatori, nella seguente attività, vincolati sempre dal rispetto delle procedure sopra

riportate, traportano il paziente dal reparto di prelievo, al reparto di consegna. All’arrivo al

reparto di destinazione, output dell’attività, l’operatore Cosp, deve nuovamente far validare

dal responsabile di reparto la scheda di lavoro, solo dopo l’avvenuta accettazione infatti

l’operatore può far ritorno alla centrale operativa. Anche in questo caso si possono

incontrare criticità legate a determinati fattori di ritardo, ad esempio, alcune volte, potrebbe

essere causa di ritardo il fatto che, l’operatore Cosp arrivi ai centri diagnostici laddove però

non è presente il tecnico che deve effettuare l’esame.

A25 – RIENTRO IN CENTRALE

Gli operatori, una volta effettuato e concluso il trasporto del paziente al reparto adeguato,

fanno ritorno al secondo piano interrato, luogo in cui si trova la centrale operativa.

L’output quindi che questa attività si pone, è l’adeguato espletamento del servizio sempre

nel rispetto delle procedure sopra elencate. A questo punto, ciascun operatore, effettua un

nuovo servizio ripetendo il ciclo operativo e logistico fin ora descritto.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

135

4.2.2 Facchinaggio spot (su chiamata)

All’interno del sevizio sono fornite prestazioni relative al coordinamento del servizio

traslochi interno/esterno;

traslochi interni:

1. organizzazione del trasporto di suppellettili, attrezzature e arredi;

2. imballo/smontaggio del contenuto degli arredi;

3. smontaggio arredi;

4. trasporto e consegna al luogo di destinazione;

5. rimontaggio degli arredi;

6. riposizionamento degli arredi;

7. verifica allocazione spazi;

8. interazioni di arredi ed attrezzature.

traslochi esterni (movimentazione e trasloco di dotazioni di ufficio e/o altro

materiale dall’immobile di partenza all’immobile di destinazione):

1. Organizzazione trasporto suppellettili, attrezzature e arredi;

2. smontaggio di suppellettili, attrezzature e arredi;

3. imballo del contenuto degli arredi;

4. prelevamento degli arredi, suppellettili, attrezzature;

5. movimentazione, trasporto e consegna al luogo di destinazione;

6. rimontaggio degli arredi;

7. riposizionamento degli arredi;

Premesso che l’ATI si impegna a garantire il servizio di facchinaggio e traslochi,

l’esecuzione del facchinaggio e del trasloco dei beni materiali del “Santa Maria”, è un

attività subordinata al programma giornaliero delle richieste effettuate

dall’amministrazione. Gli interventi su chiamata, sono da considerarsi come gli interventi

straordinari da eseguire in maniera non continuativa nelle aree in oggetto, per questo

motivo infatti non esiste un numero fisso di addetti ma variabile, stando alla mia

supervisione, prendendo come campione le ultime quattro settimane, Cosp, ogni giorno ha

potuto contare per le relative attività di facchinaggio di quattro operatori fissi.

In questo mese infatti, all’interno dell’ospedale sono state fatte diverse chiusure di reparti,

spostamenti di quest’ultimi, spostamenti di studi, ristrutturazioni, costruzioni ecc..

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

136

Per la gestione delle emergenze invece, degli eventi eccezionali e imprevedibili, l’azienda

si impegna a garantire la copertura del servizio nel più breve tempo possibile

predisponendo specifici turni di reperibilità del personale in uso presso il cantiere e presso

altri cantieri, oppure facendo ricorso al prolungamento del normale turno di lavoro,

consentendo di sopperire ad esigenze di servizio riferite a periodi di breve e media durata.

Da specificare inoltre che, il materiale che viene manovrato dai facchini, o viene spostato

direttamente nel luogo in cui verrà momentaneamente disposto il reparto o uno studio

medico ecc.; oppure, viene portato all’interno del deposito (DEO) posizionato al secondo

piano interrato. Per gli spostamenti, vengono sempre utilizzati il montacarichi, i due

ascensori del blocco centrale e quello dell’ala sud.

Si può dire quindi che gli interventi su chiamata e quindi per la loro stessa natura

straordinari sono così gestiti.

A1 – RACCOLTA RICHIESTE

Le prenotazioni del servizio da parte del Committente vengono inoltrate attraverso fax,

telefono o e-mail, vengono raccolte ed analizzate dal Responsabile del servizio Cosp,

coordinatore delle operazioni di facchinaggio, che predispone in seguito alla richiesta, un

“ordine di servizio” che contiene tutti i dati per identificare correttamente la

movimentazione richiesta.

Per lo svolgimento dell’attività in questione, sono necessari quindi: apparecchi telefonici,

fax, un server, terminali (wireless e via cavo), dispositivi di rete (router, modem, access-

point, switch e cavi di rete) oltre che dispositivi generici (scanner e stampanti).

A2 – SOPRALLUOGO

Il responsabile del servizio, dopo aver elaborato il cosiddetto “ordine di servizio” input

dell’attività, comunica la necessità di effettuare un sopralluogo per stimare e prendere

visione dei beni, dei materiali e delle dotazioni da movimentare.

Questa funzione quindi, avrà come output una stima ed una visione delle dotazioni su cui

effettuare il servizio di facchinaggio.

A3 – PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE ATTIVITA’

Il responsabile di servizio, successivamente presa visione delle dotazioni da movimentare,

pianifica e programma le attività, predispone la squadra di lavoro, opera la richiesta delle

autorizzazioni necessarie presso le unità competenti, opera il noleggio dei mezzi e delle

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

137

attrezzature necessarie, opera la consegna dei contenitori e del materiale da imballaggio ed

opera la preparazione delle schede di movimentazione dei beni.

A4 - TRASMISSIONE ALLA COMMITTENZA

Una volta redatta la scheda di movimentazione dei beni, il responsabile del servizio,

trasmette il tutto alla committenza affinchè l’attività possa essere eseguita nei tempi

previsti.

L’output di quest’ultima fase sarà quindi, il rilascio del permesso da parte della

committenza che dà il via alla movimentazione dei beni.

Inoltre, nel caso di movimentazione mediante l’uso di automezzi, verrà redatto dal

caposquadra il documento di trasporto.

A5 - ESECUZIONE

Questa attività, viene portata a termine dalla squadra di lavoro predisposta dal

Responsabile di servizio in fase di programmazione e pianificazione e solo dopo l’assenso

della committenza, presentando come output quindi l’avvenuta movimentazione.

Si utilizza inoltre un registro delle attività in cui il caposquadra annota nome, cognome,

data, ora, inizio attività, composizione della squadra di lavoro, annotazioni di rilievo e

attraverso il quale si fornirà un riscontro immediato delle attività svolte, delle

movimentazioni dei beni fornendo tutte le informazioni utili per garantire un controllo

generale e un servizio efficiente.

Pertanto, il caposquadra della squadra di lavoro incaricata, controlla le operazioni di

carico/scarico delle postazioni ed arredi durante il trasloco, verifica la corrispondenza dei

documenti di trasporto, controlla l’integrità e garantisce la rimozione di eventuali

imballaggi.

Da specificare infine, che il servizio viene espletato utilizzando il montacarichi dedicato

all’azienda All Foods solo al di fuori degli orari di distribuzione dei pasti, i due ascensori

dell’ala centrale e quello dell’ala sud, oltrechè, mezzi come ad esempio: muletto, traspallet,

bravetta ed attrezzature generiche per montaggio e smontaggio.

Nel grafico di seguito, vengono riportate le procedure che vengono attivate dalla richiesta

fino alla consuntivazione delle attività:

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

138

A1

RACCOLTA RICHIESTE

Richiesta di prenotazione

ApparatiTelefonici/fax

Server Dispositivi di rete

Dispositivi generici

Terminali

ResponsabileCosp

A2

SOPRALLUOGO

Ordine di Servizio

A3

PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE

ATTIVITA'

Stima e Visionedotazioni

Squadra di lavoro

Richiesta autorizzazioni

Noleggio mezzi ed attrezzature

Consegna contenitori e materiale da imballare

Schede di movimentazione beni

A4

TRASMISSIONE ALLA

COMMITTENZA

A5

ESECUZIONE

Rilascio permesso Avvenuta movimentazione

TITOLO:NODO: N.:A0 FACCHINAGGIO SPOT

PURPOSE: Processo di Facchinaggio SpotVIEWPOINT: Esterno, non esperto del settore Montacarichi/Ascensori

Mezzi/Attrezzature

Figura 4.27 Diagramma A0: Processo di facchinaggio spot

4.2.3 Pulizie

Le pulizie sono effettuate quotidianamente all’incirca da 70 persone distribuite nelle

diverse aree del Presidio Ospedaliero, classificate in:

AREA A BASSO RISCHIO

AREA A MEDIO RISCHIO

AREA AD ALTO RISCHIO

AREE ESTERNE

Il personale svolge i compiti assegnatagli secondo due turnazioni precise:

6.00-12.40 e 14.00-21.00. Nell’ambito del servizio di pulizie, bisogna anche valutare la

consegna dei materiali alle operatrici, la consegna dell’abbigliamento adeguato e dei

dispositivi di sicurezza (nel caso per esempio di pulizie nel reparto di malattie infettive).

Il servizio inoltre comprende l’assenso degli operatori alla reperibilità nel caso in cui per

esempio si deve ripulire la sala operatoria successivamente ad un intervento urgente.

Inoltre, lo stesso personale delle pulizie si occupa anche di: raccolta e allontanamento dei

rifiuti speciali.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

139

4.2.4 Gestione del magazzino della farmacia:

Il servizio è effettuato da 6 operatori così disposti:

2 operatori gestiscono il magazzino dei farmaci;

1 operatore è addetto al: carico/scarico merci, controllo della bolla dei materiali di

consegna e passaggio dell’ordine alla farmacia. Quest’ultimo deve controllare

inoltre la temperatura all’interno dei mezzi di trasporto addetti alla consegna

oltrechè la scadenza dei farmaci;

2 operatori si occupano del trasporto dei farmaci all’interno del Presidio

Ospedaliero;

1 capogruppo coordina il personale interno a tale funzione e fa da tramite tra lo

svolgimento del servizio ed il capo-area.

Il Responsabile del magazzino inoltre, mantiene aggiornato l’elenco delle tipologie dei

materiali e delle attrezzature depositate in ogni magazzino di cantiere e gestisce i dati di

carico e scarico degli stessi sulla base di quanto consegnato dai fornitori e riportato nel

“Documento di Trasporto”.

I dati di carico e scarico dei materiali e delle attrezzature sono gestiti con un foglio di

“Gestione delle Scorte” in forma cartacea.

Riassumendo, le diverse fasi di cui si compone il servizio pertanto, sono:

FASE1: ARRIVO DELLE RICHIESTE DAI REPARTI

FASE2: VISIONE DA PARTE DEL MEDICO DELLA FARMACIA

FASE3: PASSAGGIO AD OPERATORI

FASE4: PREPARAZIONE DEI FARMACI DESTINATI A REPARTI O SERVIZI

FASE5: CONSEGNA (CON ROLLER O CESTE DI TRASPORTO)

Da specificare inoltre che gli operatori addetti al trasporto, eseguono il servizio con

frequenza continua, impiegando circa dai 20 ai 30 minuti a trasporto, usufruendo

principalmente di traspallet, bravetta e muletto, in misura al volume del materiale da

consegnare.

Per la consegna ai reparti si servono sempre dei due ascensori in ala centrale,

dell’ascensore dell’ala sud e del montacarichi utilizzato per la distribuzione dei pasti nelle

ore in cui è possibile usufruirne.

Capitolo 4 – Modellazione dei processi: metodologia IDEF0 applicata al caso aziendale

140

4.3 Mappatura dei processi Centro

Il servizio di vigilanza non armata, accoglienza e portierato viene espletato per conto della

mandataria CNS dalla assegnataria Società Cooperativa CENTRO.

Come già preannunciato nella fase introduttiva, per quanto riguarda lo studio della

cooperativa in questione, la mappatura dei processi si limita alla sola raccolta delle

informazioni inerenti le attività svolte, le risorse umane impiegate giornalmente, le risorse

tecnologiche utilizzate oltrechè la cadenza con cui vengono svolte le varie attività e le ore

di lavoro di ciascun operatore.

Per realizzare un servizio unico di vigilanza non armata, portierato ed accoglienza, è

necessaria la realizzazione presso tutte le strutture, di un presidio costante. Questo, si

traduce nella presenza continua durante l’orario di apertura di addetti qualificati che per

essere immediatamente riconosciuti, indossano divise con targhetta identificativa secondo

le direttive del Committente.

Il tutto è riportato nella schema a seguire.

Figura 4.28 - Attività Centro

141

Capitolo 5

5 ELABORAZIONE DELLA PROPOSTA DI

INTEGRAZIONE CON L’ANALYTIC HIERARCHY

PROCESS

Introduzione:

Dopo aver svolto un’analisi “AS-IS” per mappare i diversi processi aziendali no-core, si

sviluppa nel seguente capitolo l’ultima fase di elaborazione di un BPR, identificata come

“TO-BE”. Quest’ultima è stata sviluppata con il supporto della metodologia di analisi

multicriterio denominata: Analytic Hierarchy Process (AHP). L’obiettivo dello sviluppo di

questa fase è quello di migliorare le strategie di performance aziendali, utilizzando a tal

proposito uno strumento di analisi multicriterio in grado di supportare il decisore nella fase

di organizzazione e sintesi di informazioni complesse e spesso di natura eterogenea. Tale

metodologia infatti, permette al decisore di analizzare e valutare diverse alternative,

monitorandone l’impatto sui differenti attori del processo decisionale.

In particolare, viene mostrato come l’AHP consenta di tradurre in termini quantitativi

valutazioni di tipo qualitativo, mettere in diretta relazione giudizi qualitativi ed indicatori

quantitativi altrimenti non direttamente confrontabili e combinare scale multiple di misure

in una singola scala di priorità [Saaty, 1980; Figueira 2005]

Il seguente capitolo affronta quindi, il metodo di analisi multicriterio applicato al caso del

“Santa Maria” di Terni, oltreché la descrizione del metodo, gli elementi di base che lo

caratterizzano e l’implementazione di quest’ultimo. Per elaborare la fase di

implementazione, ci si è avvalsi dell’utilizzo del software Expert Choice. Tramite l’utilizzo

di questo software, impiegato come strumento decisionale per l’analisi della gerarchia

analitica AHP, è possibile automatizzare le procedure di sviluppo di tale metodologia e

quindi individuare l’alternativa migliore tra quelle che verranno di seguito riportate. Come

nell’AHP, il funzionamento alla base del software è individuare l’alternativa migliore tra

quelle indicate in riferimento ai pesi attribuiti dai decisori ai vari criteri considerando la

relazione tra le alternative messe a confronto. Expert Choice, permette di rappresentare il

problema in una struttura gerarchica composta dal Goal (al livello più alto), dai criteri e

dalle alternative.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

142

I pesi (priorità) associati a ciascuna alternativa o criterio sono ottenuti per mezzo di matrici

di confronti a coppie, la cui comparazione può essere effettuata esprimendo giudizi di

natura verbale, numerica o utilizzando dei metodi grafici. Il software Expert Choice

permette inoltre di ottenere una misura dell’inconsistenza dei giudizi espressi dal decisore:

questa misura è l’Inconsistency Ratio (secondo cui, valori minori o uguali a 0,1 sono

ritenuti accettabili).

5.1 Analytic Hierarchy Process

L’Analytic Hierarchy Process o analisi gerarchica, è uno strumento di supporto al processo

decisionale sviluppato dal matematico Thomas Lorie Saaty in Pennsylvania verso la fine

degli anni settanta.

Prima di passare alla descrizione del metodo, si procede alla spiegazione dell’acronimo:

Analytic: è una forma della parola analisi, che indica la separazione di un

qualunque problema complesso in elementi costituenti. L’analisi è l’opposto della

sintesi, la quale combina le parti di un insieme. In un certo senso si dovrebbe

parlare di processo gerarchico di sintesi perché AHP aiuta a misurare e sintetizzare

il gran numero di fattori che entrano in gioco nelle decisioni complesse.

Hierarchy: è una gerarchia (piramide), al cui vertice è posto l’obiettivo generale e

sotto di esso, disposti in livelli successivi, i criteri, gli eventuali sub-criteri e le

alternative.

Process: serie di azioni o funzioni che portano ad un fine o ad un risultato.

L’AHP è un processo che permette al valutatore di arrivare alla decisione che

meglio soddisfa l’obiettivo da raggiungere, consentendo la misura e la sintesi della

moltitudine di fattori/criteri.

La procedura dell’Analytic Hierarchy Process si sviluppa in tre fasi fondamentali:

1. Sviluppo della gerarchia;

2. Confronti a coppie tra criteri e tra alternative in relazione a ciascun criterio;

3. Analisi della sensitività;

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

143

5.1.1 Sviluppo della gerarchia

In questa prima fase dell’AHP il decisore analizza tutti gli aspetti del problema e

successivamente lo struttura in una gerarchia composta da più livelli.

Una tale decomposizione del problema porta ad una sua notevole semplificazione e

permette al decisore di concentrare la propria analisi su un numero ristretto di decisioni.

Al vertice della gerarchia vi è il Goal (Obiettivo) che il decisore si pone; al livello inferiore

vi sono i Criteri che portano alla realizzazione degli obiettivi; i criteri a loro volta, se

necessario, possono essere suddivisi in sotto-criteri ed infine vi sono le Alternative tra cui

viene scelta quella che meglio rappresenta la realizzazione dell’obiettivo/goal imposto.

La struttura gerarchica definita dal decisore dipenderà non solo dalla natura del problema,

ma anche dalle informazioni in suo possesso, dai suoi giudizi, dalle sue opinioni e dalle sue

volontà.

È importante sottolineare che la struttura gerarchica non è rigida ma può essere modificata

con la modifica di criteri e sotto-criteri in origine non considerati che possono essere

aggiunti, tolti o modificati. A seguire, la struttura gerarchica applicata al caso di studio

rivolto al “Santa Maria”.

Figura 5.1 – Struttura gerarchica del caso di studio

Per impostare e realizzare la struttura gerarchica sopra riportata, si è partiti da un insieme

generale di caratteristiche del problema e successivamente quest’ultime sono state ripartite

in una serie di criteri ed alternative sulla base di operazioni di carattere deduttivo.

Il tipo di procedimento attuato è definito come “top-down”, ossia dall’alto verso il basso.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

144

Da specificare inoltre che quest’ultimo, è stato preferito ad un procedimento denominato

invece “bottom-up”, ovvero dal basso verso l’alto, che, partendo da tutte le possibili

alternative analizzate in termini di costi/benefici e attraverso operazioni di carattere

induttivo, identifica gli obiettivi ed i criteri da raggruppare.

5.1.1.1 Spiegazione degli elementi della struttura gerarchica

Per valorare le tesi fin qui esposte e per l’implementazione dei vari confronti a coppie, si

procede con lo sviluppo della metodologia applicata al caso aziendale, partendo

dall’identificativo dell’obiettivo che ci si è posti in questo lavoro di tesi e procedendo con

la definizione e spiegazione dei criteri e delle alternative.

L’obiettivo che si vuole puntare a raggiungere, è quello di migliorare le strategie di

performance aziendali. Per far ciò e per rendere più semplice la trattazione è stato deciso di

dividere i criteri nel seguente modo:

Criteri di Efficacia: misura del livello di ottenimento dei risultati conseguiti, messi

a confronto con gli obiettivi prefissati:

RISULTATI

OBIETTIVI

C1 - EFFICACIA QUALITATIVA

Il criterio C1 è una misura degli aspetti qualitativi delle attività svolte. Nel caso specifico,

si può tradurre con il livello di soddisfacimento degli utenti/degenti in merito ai servizi

forniti dall’ATI.

Facendo riferimento all’All Foods, si potrebbe parlare di soddisfazione del paziente per il

servizio di ristorazione erogato, in termini di: qualità del cibo fornitogli e qualità del

servizio in sé, avendo come obiettivo il rispetto di norme comportamentali, di condizioni

igienico-sanitarie e nutrizionali; riduzione delle lamentele dovute ad errori nella fornitura

dei pasti, come ad esempio, sottoporre un piatto freddo ad una elevata temperatura, poiché

posizionato erroneamente all’interno dei burlodge o sopperire ad errori di prenotazione del

pasto.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

145

Per quanto riguarda i servizi espletati da Cosp e facendo riferimento al processo di

trasporto pazienti, la soddisfazione del servizio da parte del degente ma anche del

committente è legata principalmente ad evitare sbagli o problemi nell’adozione di tecniche

di manipolazione per movimentare il paziente oltrechè prontezza, cortesia e affidabilità del

personale.

C2 - EFFICACIA QUANTITATIVA

Grado di soddisfazione del cliente/utente, rispetto agli obiettivi determinati nei documenti

di programmazione dei servizi riportati nel capitolato. Nel caso specifico del “Santa

Maria” di Terni, l’efficacia quantitativa dei servizi offerti da All Foods e Cosp, si può

tradurre nell’accuratezza e completezza dei risultati raggiunti in merito a: tempestività

degli interventi, modalità e tempi di effettuazione del servizio.

Per quanto riguarda il servizio di ristorazione si può esplicitare l’efficacia quantitativa, ad

esempio: nella prontezza delle revisioni o modifiche di prenotazione dei pasti, che da

capitolato, devono avvenire entro i 30 minuti dall’inizio del confezionamento del vassoio

personalizzato ad ogni degente, dato che in questo caso, trascorsi all’incirca 40 minuti dal

confezionamento, il pasto di norma può essere sottoposto a proliferazione batterica a causa

del decadimento delle temperature dei cibi all’interno dei burlodge (strumenti utilizzati in

fase di distribuzione).

In merito al servizio Cosp, l’Efficienza quantitativa si può tradurre invece nel rispetto dei

tempi di effettuazione del trasporto pazienti, che, non dovrebbero essere superiori ai 20

minuti e nella capacità di servire tempestivamente con i mezzi adeguati e nelle corrette

modalità, le richieste urgenti del trasporto pazienti provenienti dai vari reparti della

struttura ospedaliera.

Criteri di Efficienza: capacità di raggiungere gli obiettivi in termini di azione o di

produzione con la minima allocazione possibile di spesa, di risorse e di tempo.

RISULTATI

RISORSE

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

146

C3 - EFFICIENZA OPERATIVA ED ECONOMICA

La spiegazione di questo criterio di efficienza è da intendersi come la valutazione delle

risorse, dei tempi e dei costi impiegati nell’ottenimento dei risultati, in merito alla misura

dei servizi ottenuti.

Nell’ambito del caso di studio e facendo riferimento ai processi di produzione della

colazione, del pranzo, della cena e del ripasso serale (espressi precedentemente ed inseriti

nella mappatura del capitolo precedente), si può valutare l’efficienza, andando per esempio

ad analizzare il processo specifico di distribuzione, ponendosi come standard di riferimento

circa 1 minuto a persona per la consegna del pranzo o della cena che sia e valutando il

rapporto tra il numero dei degenti per ogni reparto, con la stima dei tempi impiegati per lo

svolgimento del servizio. Oppure, in senso più ampio, si potrebbe valutare ai fini

dell’efficienza di un servizio, il rapporto tra il numero dei degenti forniti, variabile di

giorno in giorno, con il numero totale delle risorse impiegate per l’espletamento del

servizio in fase di produzione, distribuzione e lavaggio, relative alle varie turnazioni.

Oppure, facendo riferimento al servizio trasporti, si potrebbe mettere in relazione il numero

dei trasporti effettuati, sui costi impiegati per l’espletamento del servizio offerto, in merito

a: risorse impiegate, attrezzature e mezzi specifici.

Criteri del livello di Innovazione: per quest’ultimo criterio di analisi non si parla

né di efficacia né di efficienza dato che, l’innovazione è una dimensione non legata

alle performance attuale ma bensì a quelle future.

C4 - LIVELLO DI INNOVAZIONE

Capacità di misurare le prestazioni offerte dall’utilizzo di sistemi di comunicazione

integrata, basandosi principalmente sull’immediatezza delle funzionalità fornite

all’utilizzatore.

E’ importante quindi capire quanto le innovazioni tecnologiche possano influire nella

misura del grado di attività dei servizi di Facility Management dell’Ospedale o meglio

quanto possano incidere nel livello produttivo delle aziende del Global Service.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

147

Facendo riferimento ai servizi inerenti l’Ospedale, si potrebbe valutare l’importanza

nell’utilizzo costante di un portale attraverso cui è possibile accedere ad informazioni

relative al lavoro svolto, con la possibilità di consultare dati e/o informazioni in modo

semplice ed intuitivo da qualunque postazione.

Terminata la descrizione dei criteri si passa ora alla spiegazione delle alternative proposte

volte a migliorare le strategie di performance aziendali. Quest’ultime, risultano essere le

seguenti.

A1 - RAFFORZAMENTO DELLA PARTNERSHIP

Nell’ottica di massimizzare l’efficacia e l’efficienza complessiva dell’appalto, potrebbero

essere necessari maggiori incontri dei vertici delle aziende con conseguente brainstorming

per velocizzare eventuali risoluzioni di criticità e per un miglioramento nella scelta di

decisioni operative e organizzative. Si può citare in merito all’ambito operativo-

organizzativo il cosiddetto “Tavolo di Partnership”, quest’ultimo propone l’adozione di un

confronto sistematico tra i contraenti, al fine di giungere verso rapporti che prevedono la

progettazione congiunta dei servizi [De Toni A., 2007].

Inoltre, lo strumento in questione prevede e quantifica appropriatamente le diverse

circostanze che possono verificarsi nel corso di un appalto e specifica il modus agendi dei

contraenti in ogni possibile occasione. Proprio per superare le criticità che caratterizzano i

contratti di appalto lunghi e complessi come quello tra l’ATI e il “Santa Maria” di Terni, lo

strumento “Tavolo di Partnership”, si basa su due elementi principali, ovvero: i membri

partecipanti (rappresentanti nominati dal committente e rappresentanti nominati

dall’assuntore) e gli intervalli di tempo tra le riunioni con cadenza temporale definita al

bisogno, dalle parti interessate.

A2 - INTEGRAZIONE LOGISTICA-DISTRIBUTIVA:

Questa alternativa è da intendersi soprattutto nell’ottica di razionalizzare la spesa e di

ottimizzare l’utilizzo delle risorse interne impiegate nei servizi.

Ad esempio, si potrebbe pensare all’introduzione di una “squadra di lavoro” specializzata

nello svolgimento di più servizi affini al Global Service, cosicchè si riesca a strutturare una

organizzazione integrata e coordinata delle attività più efficiente e più efficace.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

148

A3 - INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE DI COMUNICAZIONE INTERNE-

ESTERNE

In prospettiva interna, l’alternativa proposta si basa sull’ottimizzazione del sistema di

comunicazione integrata. Ad oggi, il sistema in questione è utilizzato esclusivamente per:

il monitoraggio costante dei dati relativi ai quantitativi entranti ed uscenti inerenti le varie

aziende e per la consultazione di informazioni relative alla gestione/organizzazione delle

aziende del raggruppamento e dei reparti della struttura ospedaliera.

Le politiche di comunicazione interna in questo senso, prevedono l’implementazione di

nuovi servizi, ad esempio, il servizio di lavanolo e sterilizzazione utilizza la tracciabilità

del materiale attraverso una tecnologia rfid (identificazione a radiofrequenza), quindi, si

potrebbe pensare di integrare questa modalità di monitoraggio e controllo dei materiali

anche alle altre aziende che costituiscono il Global Service all’interno dell’ospedale.

Tutto questo consentirebbe di unificare le varie comunicazioni, il monitoraggio ed il

controllo di tutti i materiali del Global Service all’interno del portale.

Si potrebbe pensare ipoteticamente di estendere il servizio all’All Foods, migliorando così

la qualità del servizio e la riduzione degli sprechi.

Il tutto, mantenendo sempre, la profilatura utente secondo la quale si ha la possibilità di

accedere ad una determinata area, avendo così una visione totale delle attività svolte

dall’ATI, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Oppure, si potrebbe integrare

al portale una sezione dedicata ai clienti/degenti, inerente il servizio di customer

satisfaction, in cui è possibile esprimere il livello di soddisfacimento, le critiche, le

problematiche ed anche eventuali condizioni di miglioramento.

La prospettiva esterna si basa invece su politiche di comunicazione volte a migliorare

l’immagine del raggruppamento con il fine di proporsi sul mercato come sistema

affermato di servizi integrati, capace di competere sullo scenario nazionale, acquisendo un

posizionamento di rilievo tra le prime aziende di multiservizi italiane.

A4 - INVESTIMENTI INFRASTRUTTURALI E IN NUOVE TECNOLOGIE

Per migliorare le strategie di performance aziendali, la mutevolezza dell’ambiente in cui

opera il Facility Management porta dei cambiamenti soprattutto nell’ambito delle

opportunità tecnologiche che si potrebbero apportare.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

149

In questo senso, si potrebbe pensare ad investimenti nella realizzazione di un sistema

informativo unico ed integrato, attraverso il quale rendere disponibili in tempo reale alle

varie aziende, funzionalità ed informazioni attraverso cui, i vari reparti della struttura

ospedaliera potrebbero avere accesso per mezzo di un’unica interfaccia ed avere così modo

di effettuare le varie richieste di prenotazione dei diversi servizi offerti, evitando il fatto

che ciascuna azienda, utilizzi software di proprietà ed uniformando in tal modo i vari

servizi offerti dall’ATI.

Si potrebbe inserire anche un metodo innovativo di tracciabilità real-time del personale

principalmente in fase di distribuzione delle varie attività al fine di ottenere un maggior

controllo delle attività stesse ed in caso di necessità localizzare in tempo reale personale e

materiali. Tutto ciò potrebbe portare anche ad ottimizzare i tempi di distribuzione dei vari

servizi. Il tutto, si potrebbe concretizzare nella possibilità di disporre di funzionalità del

sistema informativo attraverso un’opportuna combinazione di terminali mobili/sensori

(smartphone e/o tablet con localizzazione tramite wi-fi, sistemi rfid o altro).

Ulteriori benefici si potrebbero ottenere con l’automatizzazione delle procedure, ad

esempio con l’inserimento di robot AGV (Automated Guided Vehicle - veicoli a guida

automatica) in grado di trasportare pasti, biancheria e materiale economale (ad esempio

farmaci). Ad oggi, esistono modelli di tali robot che permettono di trasportare fino a 450

kg di carico, effettuando oltre 350 viaggi al giorno. Il loro sistema di guida, combina

tecnologia laser (che mantiene i robot nella loro marcia a distanza da pareti, persone e

ostacoli) e wi-fi (che permette invece il controllo di posizione all’interno dell’edificio,

tramite la mappatura della struttura contenuta nella memoria del robot stesso).

Possono essere necessari quindi investimenti per l’attivazione della rete wi-fi in eventuali

aree non ancora coperte all’interno dell’ospedale, l’installazione di nuovi ascensori e

l’adeguamento della pavimentazione.

Per tal motivo, è stato deciso di unire queste due tipologie di investimento in questa

medesima alternativa, così da integrare le varie attività svolte e colmare in modo

innovativo le maggiori criticità legate agli spostamenti nell’espletamento dei servizi forniti.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

150

A5–INVESTIMENTI IN CORSI DI FORMAZIONE MIRATI

ALL’ANTEGRAZIONE

Dati i lunghi orizzonti temporali del servizio stipulati con il contratto di Global Service,

per poter gestire efficacemente ed efficientemente i servizi sulla base anche delle

alternative proposte (che potrebbero portare incrementi radicali o incrementali all’interno

dell’ATI e della struttura ospedaliera in sé), si è pensato di proporre come ultima

alternativa, l’investimento in una formazione mirata all’integrazione.

Per meglio dire, una formazione mirata sia all’ottimizzazione della gestione delle attività

no-core, che all’apprendimento ed alla motivazione del personale per svolgere al meglio i

vari servizi forniti; il tutto, nell’ottica di una maggiore integrazione dei servizi erogati e di

un’ottimizzazione qualitativa nell’approccio relazionale fra degente ed erogatori del

servizio. La gestione di un’ampia e profonda gamma di servizi, presuppone non solo un

costante aggiornamento delle approfondite competenze ed abilità, ma anche la capacità di

adeguarsi agli aspetti dinamici del Facility Management.

Inoltre, si potrebbe realizzare anche una formazione legata all’apertura verso le nuove

opportunità tecnologiche, che comporta necessariamente un continuo aggiornamento

professionale del personale addetto, che deve rapportarsi con le mutate tecniche di

intervento.

5.1.2 Confronti a coppie tra criteri e tra alternative in relazione a ciascun criterio

Questa fase consiste nell’individuare una stima dei pesi da associare a ciascun criterio

presente nel problema gerarchico, tramite l’utilizzo di una matrice di valutazione i cui

singoli elementi sono ottenuti da comparazioni a coppie tra i criteri del problema.

Il metodo quindi, si basa su una serie di confronti a coppie fra i criteri, attribuendo ad essi

un punteggio di importanza relativa; successivamente vengono realizzati un confronto a

coppie tra le alternative in relazione a ciascun criterio. Nel caso specifico del “Santa

Maria” di Terni i vari pesi attribuiti, sono stati valutati in base alle preferenze fornite dai

membri più rappresentativi dell’ATI e della struttura ospedaliera in sé ed estrapolati dalla

compilazione di un questionario che gli è stato sottoposto, riportato di seguito in allegato.

Nella tecnica del confronto a coppie i vari criteri sono comparati l’un l’altro ed i valori

ottenuti sono riportati su di una matrice quadrata, positiva e reciproca denominata “matrice

dei confronti a coppie”.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

151

La reciprocità dei valori presenti nella matrice determina la sua simmetria rispetto alla

diagonale principale. Si definisce quindi A1, …, Am ciascuna alternativa e C1,…, Cn ciascun

criterio; facendo i confronti a coppie fra i vari criteri, si ottiene come risultato un

coefficiente di dominanza indicato con cij.

Considerando un numero di criteri pari a n, il numero di tutti i confronti si ottiene con la

seguente formula:

Questo, permetterà di generare la matrice Cnxn che verrà poi utilizzata per creare il vettore

dei pesi percentuali (priorità) di ogni singolo criterio.

Nel caso trattato in questo capitolo è stata presa in considerazione una scala di valutazione

che varia da 1 a 9, dove ogni livello della scala corrisponde alla seguente valutazione

descritta da Saaty:

Valore cij Interpretazione

1 i e j sono equamente importanti

3 i è poco più importante di j

5 i è abbastanza più importante di j

7 i è decisamente più importante di j

9 i è assolutamente più importante di j

1/3 i è poco meno importante di j

1/5 i è abbastanza meno importante di j

1/7 i è decisamente meno importante di j

1/9 i è assolutamente meno importante di j

Tabella 5.1- Scala Semantica di Saaty

Naturalmente è possibile assegnare, nel caso sia necessaria maggior precisione, anche

valori intermedi non presentati nella tabella (2, 4, 6, 8, 1/2, 1/4, ecc.) quando è necessario

un compromesso. I valori cij della matrice C, sono caratterizzati dalle seguenti proprietà:

se cij = c, allora, cji = 1/c con c > 0 ;

se l’alternativa Ai è giudicata essere di uguale intensità relativa ad Aj, allora, cij = cji =

1. In particolare, la diagonale principale della matrice C è composta interamente da

valori unitari, ovvero cii = 1.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

152

Per maggior chiarezza, facendo un esempio relativo ad una matrice C3x3 e precisando che

l’indice i rappresenta le righe della matrice dei confronti a coppie, mentre l’indice j indica

le colonne, si può vedere come vengono effettuati i vari confronti tra gli elementi della

matrice. In pratica quindi, vengono effettuati confronti tra gli elementi della regione

triangolare superiore della matrice (in giallo) utilizzando poi i reciproci per la parte

triangolare inferiore (in celeste), mentre gli elementi della diagonale sono tutti valori

unitari (in verde) [Fei M., Giovannoni E., Mocenni C., Sparacino E., 2008].

Tabella 5.2 – Esempio di una matrice 3x3

Ottenuta la matrice C dei confronti a coppie, per calcolare il vettore dei pesi percentuali da

assegnare ad ogni alternativa basta determinare il massimo autovalore λ e il relativo

autovettore vλ di C stessa [Kardi, 2006]. Normalizzando l’autovettore vλ in modo che la

somma dei suoi elementi sia pari a 1 (qualora sia necessario), si ottiene il vettore dei pesi

percentuali (P) o delle priorità relative alle alternative Ai.

Occorre precisare che il vettore dei pesi mantiene l’ordine delle righe della matrice dei

confronti a coppie (impostato dal decisore). Una volta determinato il vettore delle priorità,

è importante capire se la matrice dei confronti a coppie è consistente o meno, ovvero si

cerca di “misurare” se i giudizi soggettivi del decisore ad ogni confronto sono consistenti o

meno. A volte però non sempre è possibile ottenere confronti perfettamente consistenti per

questo si rende necessario determinare degli indici di consistenza e dei valori di tolleranza

per poter gestire e considerare anche casi meno semplici e immediati.

Si definiscono di seguito gli indici utilizzati per determinare la consistenza di una matrice e

soprattutto le soglie di tolleranza adottate per determinare se, una matrice dei confronti a

coppie, possa essere ben posta o meno.

Innanzitutto è necessario specificare che la letteratura in merito alla metodologia, consiglia

di non realizzare matrici dei confronti con dimensione maggiore di 7, anche se poi come

limite massimo viene generalmente indicato 10.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

153

Alla luce di quanto detto fin ora, per verificare se una matrice è consistente o meno occorre

calcolarsi il cosiddetto Consistency Index (CI), ottenuto dalla seguente formula:

dove λ è il massimo autovalore della matrice A ed n rappresenta la dimensione della

matrice stessa.

Successivamente, si procede con la definizione del Random Consistency Index (RI)

secondo la seguente tabella, dove alla dimensione della matrice C è associato il relativo

valore di RI:

RI 0 0 0.58 0.9 1.12 1.24 1.32 1.41 1.45 1.49

N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Tabella 5.3 - Valori del Random Consistency Index

Infine si determina il rapporto di consistenza (Consistency Ratio, CR):

Nel caso meno restrittivo, per poter considerare la matrice C consistente, viene posto come

vincolo CR < 0.1 (10%). Volendo determinare in modo più preciso e in funzione della

dimensione di C la soglia entro la quale considerare consistente la matrice, si possono

utilizzare i valori presenti nella tabella seguente:

Tabella 5.4 – Valori di soglia.

Come si può capire analizzando i valori di RI in funzione della dimensione, è inutile

definire una soglia per la consistenza nel caso di matrici dei confronti a coppie di

dimensione n = 2 in quanto confrontando solamente 2 stimoli, non sarebbe possibile

ottenere inconsistenza.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

154

5.1.2.1 I confronto: confronto a coppie fra criteri

Per elaborare i risultati relativi a questa prima parte implementativa dell’AHP, viene

utilizzato il software Expert Choice, spiegato nella parte introduttiva di questo capitolo.

Come detto in precedenza, l’AHP è un metodo di analisi multicriterio che consente

prevalentemente di mettere in relazione i criteri, operando un confronto a coppie tra questi.

Il metodo in questione, si basa su una serie di confronti a coppie fra i criteri a cui i decisori

attribuiscono un punteggio di importanza relativa e termina con l’assegnazione di un peso

percentuale, specificando che la somma di tutti i pesi deve naturalmente essere pari al

100%. Si ricorda brevemente, che il confronto tra due elementi è effettuato, utilizzando

una scala di numeri da 1 a 9, quest’ultimi sono numeri assoluti che permettono di stabilire

quante volte un elemento è più importante di un altro. Ai numeri assoluti, sono collegate

delle valutazioni, definite “giudizi verbali” della Scala semantica di Saaty.

In questo caso, riportando di seguito gli identificativi dei criteri (n = 4) sopra spiegati, si

può dire che il numero dei confronti, effettuato con la formula standard prima citata, risulta

essere pari a 6:

C1 – EFFICIENZA OPERATIVA ED ECONOMICA

C2 – EFFICIENZA DEL LIVELLO DI INNOVAZIONE

C3 – EFFICACIA QUALITATIVA

C4 – EFFICACIA QUANTITATIVA

Si ricorda inoltre, che i punteggi riportati nella matrice di seguito inserita, sono una media

aritmetica dei punteggi, estrapolati dall’analisi delle risposte ottenute dai decisori per

mezzo del questionario.

Inoltre, per far sì che il questionario risultasse più in linea possibile con i principi

dell’AHP, è stato realizzato secondo una struttura, che prevede come risposte dei confronti

a coppia formulate ai vari decisori, le valutazioni verbali proposte dalla scala di priorità di

Saaty.

Si ricorda che i risultati ottenuti in merito al raggiungimento di migliori strategie di

performance aziendali, sono frutto di giudizi attribuiti ai confronti formulati per mezzo di

questionario cartaceo dai membri più rappresentativi del contratto di Global Service, in

modo particolare, nelle cariche di: Amministratore Delegato All Foods, Responsabile del

Global Service per l’Ospedale di Terni e Responsabile del Servizio Cosp.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

155

Si procede a questo punto, inserendo la matrice dei confronti a coppie tra i criteri.

Confronto a coppie tra i criteri rispetto al Goal: Miglioramento delle strategie di

performance aziendali

EFFICIENZA

OPERATIVA ED

ECONOMICA

LIVELLO DI

INNOVAZIONE

EFFICACIA

QUALITATIVA

EFFICACIA

QUANTITATIVA

EFFICIENZA OPERATIVA ED

ECONOMICA

1 2 1 1

LIVELLO DI

INNOVAZIONE 1 1/3 1/3

EFFICACIA

QUALITATIVA 1 1

EFFICACIA

QUANTITATIVA 1

Tabella 5.5 – Matrice dei confronti a coppie tra i Criteri rispetto al Goal

Come si può vedere, la matrice inserita risulta essere una matrice C4x4 che verrà poi

utilizzata per creare il vettore dei pesi percentuali (priorità) di ogni singolo criterio di cui di

seguito se ne riportano i risultati grafici.

Da quanto è possibile vedere in Tabella 5.5, tutti i confronti a coppie tra i criteri sono

valutati dai decisori di uguale importanza, tranne il criterio C1- Efficienza operativa-

economica che è risultato essere più importante di C2-Livello di innovazione (assumendo

un valore intermedio pari a 2, laddove quindi si predilige un compromesso tra i due criteri)

ed i criteri C3-Efficacia qualitativa e C4-Efficacia quantitativa che a loro volta, sono

risultati essere poco più importanti di C2. I grafici utilizzati per effettuare i confronti tra gli

elementi in analisi, sono diagrammi a barre dato in quanto la letteratura ci consiglia che, se

devono essere comparati due criteri è bene esprimere un giudizio in base alla maggiore

importanza (Importance) di uno rispetto all’altro, mentre se ad essere comparate sono due

alternative, si parlerà di preferenza (Preference) di una rispetto all’altra in merito al criterio

posto al livello superiore [Saaty, 1980].

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

156

Figura 5.2 – Pesi dei criteri rispetto al Goal

Figura 5.3 – Pesi normalizzati dei criteri rispetto al Goal

Dai grafici, ma anche dai valori dei pesi riportati sui diagrammi a barre, si può facilmente

notare che i criteri a cui i decisori hanno attribuito sempre una maggiore importanza,

risultano essere l’Efficacia qualitativa e l’Efficacia quantitativa, rispettivamente C3 e C4.

Come si può vedere nei grafici sopra riportati, il software Expert Choice permette inoltre di

ottenere una misura dell’inconsistenza dei giudizi espressi dai decisori (valori minori o

uguali a 0,1 dell’inconsistenza, sono ritenuti accettabili), più precisamente in questo caso,

considerando i criteri, la soglia entro la quale considerare consistente la matrice risulta

essere minore o uguale a 0.08 (vedi Tabella 5.4).

Si può concludere questo paragrafo dicendo che, le cause che rendono i giudizi

inconsistenti possono essere molteplici; un esempio potrebbe essere legato ad errori

compiuti nel riportare giudizi espressi (magari trascrivendoli in modo errato) provocati il

più delle volte da una mancanza di attenzione e/o di interesse riguardo al problema che si

sta affrontando. E’ importante quindi sottolineare che un valore non elevato

dell’Inconsistency Ratio è necessario ma non sufficiente per giungere ad una buona

decisione.

È preferibile per tal scopo, essere precisi nell’esprimere i propri giudizi piuttosto che

ricercare a tutti i costi una perfetta consistenza [Kardi, 2006].

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

157

5.1.2.2 II confronto: confronto a coppie fra alternative e criterio

Il secondo passo nel proseguire lo sviluppo dell’AHP, avvalendosi sempre dell’apporto del

software Expert Choice, è stato quello di elaborare i confronti a coppie tra le alternative

rispetto a ciascun criterio, con la stessa procedura con cui sono stati realizzati i confronti a

coppie tra i criteri.

Di seguito si riportano gli identificativi delle alternative spiegate nel paragrafo 6.1.1.1.

A1 – RAFFORZAMENTO DELLA PARTNERSHIP

A2 – INTEGRAZIONE LOGISTICA-DISTRIBUTIVA

A3 – INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE DI COMUNICAZIONE INTERNE

ED ESTERNE

A4 – INVESTIMENTI IN INFRASTRUTTURE ED IN NUOVE TECNOLOGIE

A5 – INVESTIMENTI IN CORSI DI FORMAZIONE ED APPRENDIMENTO

MIRATI ALL’INTEGRAZIONE

Una volta ottenute le preferenze dei decisori sulle alternative rispetto al primo criterio C1,

si è passati alla costruzione della matrice dei confronti a coppie di seguito riportata.

Confronto a coppie tra alternative rispetto a C1- Efficienza Operativa-Economica

A1 A2 A3 A4 A5

A1 1 4 1 3 3

A2 1 1/3 1/3 1/3

A3 1 2 1

A4 1 1

A5 1

Tabella 5.6 – Matrice dei confronti a coppie tra alternative rispetto a C1

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

158

Figura 5.4 – Pesi delle alternative rispetto a C1

Figura 5.5 – Pesi delle alternative normalizzati rispetto a C1

Dall’analisi dei valori ottenuti è possibile vedere che il valore dell’Inconsistency Ratio è

accettabile (0.03, quindi di molto inferiore a 0.1) e l’alternativa più importante tra quelle

utilizzate per i confronti rispetto al criterio C1, risulta essere la A1-Rafforzamento della

partnership, seguita da A3, A5, A4 e A2. Pertanto, il pensiero dei decisori è coerente sul

fatto che per un miglioramento dell’efficienza in termini di risorse, tempi e costi aziendali

sarebbe opportuno intensificare i rapporti di partnership tra committente e affidatari di

questo contratto di Global Service. Quest’ultima alternativa infatti è proprio vista come

uno dei principali vantaggi organizzativi derivanti dall’attuazione di un Global Service,

quanto detto, si può ritrovare anche nel paragrafo 3.13.

Non sembrano essere molto rilevanti in merito a questo criterio, sulla base delle preferenze

ricevute, A2-Integrazione logistica-distributiva in primis ma anche A4-Investimenti in

infrastrutture ed in nuove tecnologie ed A5-Formazione mirata all’integrazione.

Nonostante ciò, pensare ad un’integrazione tra il personale nello svolgimento dei vari

servizi affini al Global, seguito da una formazione per motivarlo e educarlo a nuove

procedure per sfruttare così le sinergie che si potrebbero venire a creare con lo svolgimento

di un servizio da parte di un fornitore unico (ATI in questo caso), potrebbe portare ad una

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

159

razionalizzazione della spesa, accompagnata da una maggiore razionalizzazione funzionale

del personale, che svolge i servizi no-core all’interno dell’ente committente.

A seguire, si prosegue il secondo confronto, quello tra coppie di alternative con il criterio

C2-Livello di innovazione.

Si riportano di seguito la matrice dei confronti a coppie ed i risultati ottenuti.

Confronto a coppie tra alternative rispetto a C2- Livello di Innovazione

A1 A2 A3 A4 A5

A1 1 2 1 1/3 1

A2 1 1/3 1/3 1/3

A3 1 2 2

A4 1 2

A5 1

Tabella 5.7 – Matrice dei confronti a coppie tra alternative rispetto a C2

Figura 5.6 – Pesi delle alternative rispetto a C2

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

160

Figura 5.7 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C2

Anche in questo caso, dato che il livello di inconsistenza è sempre minore della soglia

massima 0.1, si può dire che i giudizi dei decisori risultano essere abbastanza coerenti.

Per far si quindi, che l’utilizzo di tecnologie appropriate risulti essere di maggiore

immediatezza e possa apportare dei miglioramenti nei servizi produttivi dell’ATI, le

alternative valutate, risultano secondo questo ordine di preferenza: A3, A4, A1, A5 e A2.

Dalle risposte ottenute infatti, è vista di buon occhio un’implementazione delle funzionalità

in merito ai servizi offerti dall’utilizzo di un sistema di comunicazione integrata, oltrechè

un investimento volto alla realizzazione di un sistema informativo unico che unisca nella

pratica, i servizi offerti dalle aziende del raggruppamento.

La semplificazione delle procedure di comunicazione, flessibile ed aperta alle variazioni va

di pari passo con l’automatizzazione delle procedure tramite, ad esempio, l’inserimento di

robot AGV riportati precedentemente nella spiegazione dell’alternativa A4.

Le risposte quindi, sono coerenti con uno dei vantaggi caratterizzanti il Global Service, che

mostra quanto sia importante l’ottimizzazione nella gestione dei mutamenti tecnologici per

stare al passo con i tempi ed evolversi verso orizzonti sempre migliori.

Al contrario di quanto sarebbe scontato pensare, una formazione mirata allo sviluppo di

nuove tecnologie o a nuove procedure automatizzate, non sembra avere molta importanza

rispetto a questo secondo criterio in analisi.

Di seguito, si prosegue il confronto tra alternative rispetto al criterio C3–Efficacia

qualitativa. La misura degli aspetti qualitativi delle attività svolte, nel rispetto del livello di

soddisfacimento del cliente/degente (prioritario in un questo contratto di Global Service),

ha un peso molto importante per i decisori.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

161

I risultati ottenuti mostrati a seguire, indicano un’importanza relativamente bassa in

relazione a due delle alternative proposte ossia A2-Integrazione logistica-distributiva e A5-

Formazione mirata all’ integrazione. Si pensa invece che C3-Efficacia qualitativa possa

migliorare, sostenuta da A1-Rafforzamento della partnership garante della continuità del

servizio e degli standard qualitativi, seguito poi da A3-Integrazione delle politiche di

comunicazione interne ed esterne oltrechè, da A4-Investimenti in nuove tecnologie ed

infrastrutturali che potrebbero far accrescere l’immagine dell’ospedale, attribuendogli ad

esempio l’etichetta di una struttura all’avanguardia ed innovativa.

Confronto a coppie tra alternative rispetto a C3- Efficacia Qualitativa

A1 A2 A3 A4 A5

A1 1 3 1 2 2

A2 1 1/3 1/3 1/3

A3 1 2 1

A4 1 2

A5 1

Tabella 5.8 – Matrice dei confronti a coppie tra alternative rispetto a C3

Figura 5.8 – Pesi delle alternative rispetto a C3

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

162

Figura 5.9 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C3

Infine, si riportano di seguito, i risultati ottenuti nel confronto tra le alternative rispetto a

quest’ultimo criterio C4-Efficacia quantitativa .

Confronto a coppie tra alternative rispetto a C4 - Efficacia Quantitativa

A1 A2 A3 A4 A5

A1 1 3 2 1 2

A2 1 1/3 1/3 1

A3 1 1 1

A4 1 1

A5 1

Tabella 5.9 – Matrice dei confronti a coppie tra alternative rispetto a C4

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

163

Figura 5.10 – Pesi delle alternative rispetto a C4

Figura 5.11 – Pesi normalizzati delle alternative rispetto a C4

Anche per la valutazione delle alternative rispetto a quest’ultimo criterio C4-Efficacia

quantitativa, che è stato deciso di tradurre nella trattazione di questo lavoro di tesi come

efficacia del grado di soddisfazione del degente rispetto agli obiettivi prefissati in termini

di tempestività degli interventi, modalità e tempi di effettuazione dei servizi in analisi, si

può vedere che, un posizionamento di maggiore rilevanza sembra essere affidato ad A1-

Rafforzamento della partnership, seguito da A4-Investimenti infrastrutturali ed in nuove

tecnologie.

Le alternative A2, A3 ed A5 hanno invece un peso minore nel raggiungimento di un

servizio più accurato e completo rispetto agli obiettivi fissati da capitolato.

E’ proprio in relazione all’alternativa A2-Integrazione logistica-distributiva che vengono

espresse le principali criticità esplicitate nel momento in cui venivano formulate le

domande inerenti al questionario; il pensiero dei decisori, reputa molto interessante l’idea

di integrazione tra i vari servizi proposti dall’ATI ma al contempo molto difficile da

realizzare per i vincoli imposti soprattutto dai precisi dettagli di orario nel rispetto delle

tempistiche indicate da capitolato.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

164

5.1.3 Analisi di sensitività

A questo punto, si può elaborare l’ultima fase prevista per l’implementazione della tecnica

AHP, denominata Analisi di Sensitività.

Infatti, per verificare se si è effettuata una corretta valutazione dei criteri, è possibile

effettuare un’analisi di sensitività.

Quest’ultima, permette di analizzare i pesi delle alternative ottenuti in precedenza e

rilevare la loro sensitività ad un eventuale mutamento dell’importanza attribuita ai criteri

del modello.

Con l’utilizzo di Expert Choice è possibile realizzare cinque diverse tipologie di analisi:

Dynamic Sensitivity Analysis: utilizzata per determinare come i cambiamenti dei

pesi dei criteri influenzino i pesi delle alternative;

Performance Sensitivity Analysis: mostra i pesi associati a ciascuna alternativa

rispetto ai vari criteri presenti nel problema;

Gradient Sensitivity Graph: permette di visualizzare attraverso un grafo, i pesi

associati a ciascuna alternativa rispetto ad un criterio alla volta;

Two-Dimensional (2D Plot): mostra i pesi associati a ciascuna alternativa rispetto a

due criteri alla volta. L’area del grafo è divisa in quadranti. L’alternativa migliore

viene mostrata nel quadrante in alto a destra mentre l’alternativa peggiore è situata

nel quadrante in basso a sinistra.

Head-to-Head Graph: mette a confronto due alternative rispetto ai criteri del

problema. Una alternativa è mostrata sulla sinistra del grafo e l’altra sulla destra: se

la prima alternativa è preferita alla seconda, rispetto ad uno specifico criterio, allora

una barra orizzontale è presente nella parte sinistra del grafo.

Queste sono le caratteristiche e le funzionalità principali offerte dal software Expert Choice

in merito a quest’ultima fase di indagine.

A seguire, viene riportata l’analisi di sensitività operata ai fini dell’analisi del caso

aziendale, inerente allo sviluppo delle prime due tipologie applicative tra le cinque appena

citate, in quanto ritenute le più adatte in questa tipologia di analisi.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

165

5.1.3.1 Dynamic Sensitive Analysis

Dall’implementazione della metodologia fin qui svolta, è possibile vedere in linea con le

aspettative di pensiero, come C3 e C4, rispettivamente Efficacia qualitativa ed Efficacia

quantitativa, siano risultati essere i criteri più importanti.

Quest’ultimi inoltre, stando ai dati ottenuti nei grafici di sintesi, sono subito seguiti da C1-

Efficienza operativa-economica.

A dimostrazione di questo risultato, si inserisce il fatto che, nell’ambito delle Pubbliche

Amministrazioni, tipicamente “rigide”, si tende fortemente ad attenersi agli obiettivi fissati

in sede di capitolato.

La loro predominanza inoltre, è data dal fatto che all’interno di una struttura “particolare”

come può essere un ospedale, è prioritaria la valutazione delle esigenze e delle aspettative

della delicata classe di persone destinatarie del servizio offerto ossia, i pazienti ospedalieri.

Analizzando questo preciso ambito, potrebbe risultare importante introdurre dei concetti

proposti dal modello Open Facility Management (OFM) espressi da De Toni A. nel libro

omonimo del modello in questione.

L’OFM, modello organizzativo attinente un contratto di Global Service ed utilizzato molto

spesso tra gli enti pubblici come gli ospedali, coinvolge un insieme di innovazioni

organizzative e gestionali finalizzate al contenimento nel tempo dei costi dei servizi

esternalizzati e al miglioramento della loro qualità espressa anche in termini di livello di

innovazione a sostegno di un monitoraggio e controllo costante delle varie attività di

processo svolte.

In accordo con quanto detto fin ora, si potrebbe per esempio andare ad aumentare la

priorità del criterio C2 nonostante quest’ultimo sia risultato in assoluto il criterio meno

dominante, al fine di vedere quali cambiamenti di contesto si potrebbero ottenere.

Secondo i principi dell’OFM infatti, l’efficienza delle innovazioni tecnologiche (espresse

nella misura del grado di attività dei servizi di Facility Management di una struttura

pubblica quale un ospedale), costituiscono una prerogativa molto importante volta ad un

miglioramento del livello produttivo delle aziende del Global Service. Utilizzando la

Dynamic Sensitivity Analysis, per eseguire l’analisi in questione, sono stati raggiunti i

seguenti risultati.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

166

Figura 5.12 – Dynamic Sensitivity Analysis – pesi originali

Dall’analisi di questo primo grafico che mostra la sintesi dei criteri con i pesi originali, si

può vedere chiaramente che, i criteri C3-Efficacia qualitativa e C4-Efficacia quantitativa

seppure si discostino di poco da C1-Efficienza operativa-economica, abbiano un

posizionamento più rilevante rispetto a C2-Livello di innovazione e che l’alternativa

migliore risulti essere A1-Rafforzamento della partnership.

Attribuendo invece maggior peso ai criteri C2-Livello di innovazione e C1-Efficienza

operativa-economica, prestando attenzione ai principi espressi nell’OFM (sopra riportati)

sono stati raggiunti i risultati presenti nel seguente grafico.

Figura 5.13 – Dynamic Sensitivity Analysis – pesi variati

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

167

Da quest’ultimo grafico, dando arbitrariamente un peso molto più elevato rispetto

all’originale al criterio C2, si può vedere come l’alternativa migliore risulterebbe essere

A3-Integrazione delle politiche di comunicazione interne ed esterne.

5.1.3.2 Performance Sensitivity Analysis

Questa tipologia di analisi, mostra i pesi associati a ciascuna alternativa rispetto ai vari

criteri presenti nel problema.

Inoltre, le alternative sono riportate sull’asse delle ordinate mentre i criteri sono riportati

sull’asse delle ascisse. Il peso di ciascuna alternativa rispetto ai criteri del problema è

rappresentato dall’intersezione della curva dell’alternativa con la linea verticale relativa al

criterio. L’importanza del criterio invece, è rappresentata da barre verticali di lunghezza

pari al valore dei pesi relativi.

Figura 5.14 – Performance Sensitivity Analysis – pesi originali

Considerando i pesi originali derivati dall’interviste effettuate ai Manager, questo grafico

mostra come l’alternativa A1-Rafforzamento delle partnership (a cui viene attribuito un

peso più rilevante) presenti il più alto valore in merito al criterio C1-Efficienza operativa-

economica, seguito da C3-Efficacia qualitativa e C4-Efficacia quantitativa. Inoltre, si può

vedere che l’alternativa A3-Integrazione delle politiche di comunicazione interne ed

esterne ottenga invece un alto valore in concomitanza del criterio C2-Livello di

innovazione.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

168

L’alternativa A2-Integrazione logistica-distributiva invece, presenta valori molto bassi in

base a tutti i criteri selezionati.

Variando i pesi così come era stato fatto precedentemente, si ottengono i seguenti risultati:

Figura 5.15 – Performance Sensitivity Analysis – pesi variati

Tra le cinque alternative proposte quindi, l’utilizzo del software Expert Choice, ha

mostrato, come il Rafforzamento della Partnership sia l’alternativa “migliore” sulla base di

tre dei criteri proposti, rispettivamente in merito a C1-Efficienza operativa-economica, C3-

Efficacia qualitativa e C4-Efficacia quantitativa.

5.2 Riepilogo dei risultati ottenuti

Al termine di quest’ultimo capitolo, si inseriscono nella trattazione, i grafici inerenti la

sintesi dei risultati fin ora ottenuti, analizzandoli dapprima sulla base delle risposte dei

singoli intervistati e successivamente valutandoli secondo una media aritmetica dei singoli

giudizi accorpati insieme.

Si procede ora nel mostrare i risultati relativi alla prima analisi (risposte dei singoli

intervistati) ed inerenti il confronto a coppie tra i 4 criteri proposti.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

169

Figura 5.16 – Riepilogo grafici di sintesi dei pesi dei criteri per singolo intervistato rispetto al Goal

Come è chiaramente mostrato dagli andamenti dei grafici di sintesi sopra riportati, tutti i

Manager intervistati attribuiscono una maggiore priorità ai criteri C3-Efficacia qualitativa e

C4-Efficacia quantitativa. Due di questi inoltre, mostrano anche una forte propensione

rispetto al criterio C1-Efficienza operativa-economica mentre tutti, accordano il giudizio

sul fatto che il criterio C2-Livello di innovazione, sia il meno dominante tra quelli

presentati.

Questo dimostra quanto in un ambiente restio al cambiamento come un ospedale, fornire

un servizio qualitativamente soddisfacente sia dal punto di vista del committente che dal

punto di vista del degente oltrechè, il rispetto dei vincoli imposti da capitolato (inerenti la

tempestività degli interventi associata ad un’accurata effettuazione del servizio nei tempi e

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

170

nelle modalità adeguate), sia prioritario, rispetto ai vantaggi che possono invece venire

dall’utilizzo di sistemi di comunicazione integrata più avanzati.

Si può dire dunque che il lavoro svolto, avviene principalmente nel massimo rispetto dei

criteri di efficacia ed efficienza, non perdendo mai di vista il grado con cui l’azienda stessa

(ATI) debba soddisfare le esigenze dei propri clienti (degenti) e del committente.

A questo punto, rifacendosi alla letteratura (come già riportato nel paragrafo 3.2.4), si può

dire che i servizi definiti come “application management” rivolti principalmente alla

gestione dei sistemi informativi e degli applicativi software non siano basilari per

migliorare i vari servizi svolti dall’ATI.

Tutti i membri dell’ATI intervistati ritengono infatti, che i benefici attesi dai responsabili

della struttura ospedaliera nel passaggio al Global Service, sono molto lontani dal

raggiungere un livello di innovazione più avanzato.

Bensì, tra i benefici attesi da questi, vi è maggiormente quello di rendere meno “rigida” la

struttura dell’azienda sanitaria nel senso di ridurre il numero di appalti affidati a singoli

fornitori di servizi esterni, di ridurre le procedure e i documenti utilizzati per assicurare il

corretto svolgimento delle attività, oltrechè raggiungere una migliore comunicazione tra

committente e erogatori del servizio, relazionandosi direttamente e continuamente con

un’unica interfaccia.

A questo punto, si inseriscono di seguito i grafici di sintesi dei confronti tra le alternative

rispetto a ciascun criterio (risposte dei singoli intervistati).

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

171

Figura 5.17 – Riepilogo grafici di sintesi dei pesi delle alternative per singolo intervistato rispetto al Goal

E’ interessante vedere da questi grafici riassuntivi, come in relazione ai criteri proposti e

sopra spiegati, l’alternativa A1-Rafforzamento della partnership predomini in due delle

risposte riportate ed abbia molto valore per uno dei Manager intervistati, seppur non il

maggiore.

Nonostante i decisori diano a quest’ultima molta rilevanza e quindi reputino un maggior

dialogo fondamentale per migliorare le strategie di performance aziendali, non sembrano

quasi per niente interessati ad una possibile forma di integrazione tra i vari servizi, dato

che, l’alternativa A2-Integrazione logistica-distributiva mostra un peso veramente esiguo

rispetto alle altre.

Questo quindi dimostra che nonostante siano aperti ad un’integrazione nel dialogo, siano

invece molto rigidi in un’eventuale integrazione dei servizi. Per meglio dire, in contrasto

con “l’impresa dei servizi no-core in outsourcing integrato”, appositamente formata per

svolgere i servizi di Facility Management presso l’ospedale di Terni, i Manager Cosp e All

Foods sono poco inclini ad una eventuale forma di integrazione dei servizi, scettici sul

fatto che un’integrazione di questo tipo, ovviamente applicabile unicamente ai servizi

distributivi e non specialistici (come ad esempio la preparazione dei cibi o la gestione del

magazzino dei farmaci ecc.) potrebbe essere auspicabile ma non efficiente.

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

172

Quest’ultima infatti, dal loro punto di vista, potrebbe apportare dei problemi in merito a:

ritardi/rallentamenti nella tempistica di erogazione del servizio e maggiori contrasti tra il

personale piuttosto che un’ottimizzazione del servizio logistico-distributivo.

Da quanto emerge quindi, le imprese, tendono a chiudersi “proteggendo” il rispettivo

know-how. Aprirsi dunque ad un approccio innovativo come quello prima citato

nell’analisi di sensitività, ossia l’OFM, che mira ad apportare dei cambiamenti ed una

razionalizzazione operativa-funzionale, sembra ancora molto lontano.

Nonostante ciò, le risposte dei singoli intervistati, indicano invece una apertura al

cambiamento per quanto riguarda i contenuti relativi ad A3-Integrazione delle politiche di

comunicazione interne ed esterne ed A4-Investimenti infrastrutturali ed in nuove

tecnologie, presentando quindi delle discrepanze di pensiero per quanto concerne il loro

giudizio in merito al criterio C2-Livello di innovazione. Dalla precedente analisi infatti era

emerso che, nel rispetto della “relazione di alleanza strategica” tra questi (paragrafo 3.3), il

criterio C2, non comportasse un grande valore né per la proprietà né per gli affidatari

stessi.

La discrepanza quindi è data dal fatto che sono scettici dal punto di vista del livello di

innovazione, ma allo stesso tempo, investirebbero nell’apportare migliorie ai sistemi già

esistenti o crearne addirittura di nuovi. Si può vedere invece come siano tutti piuttosto

d’accordo nel valutare importante A5-Investimenti in una formazione mirata

all’integrazione.

Infine, andando a valutare i risultati inseriti in Expert Choice, sulla base di una media

aritmetica delle risposte ottenute dai tre Manager intervistati, si ottengono i seguenti

risultati:

Figura 5.18 – Importanza criteri rispetto al Goal

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

173

Da quanto è possibile vedere in Figura 5.18, la sintesi dei confronti a coppie tra i criteri, ha

portato ad una equa preferenza riguardo i criteri C3-Efficacia qualitativa e C4-Efficacia

quantitativa.

Un’importanza moderata a C1-Efficienza Operativa-Economica e un importanza scarsa a

C2-Livello di innovazione.

Figura 5.19 – Preferenza alternative rispetto al Goal

Operando una spiegazione del grafico di sintesi sopra riportato, si può dire che l’alternativa

di gran lunga preferita in ottica di raggiungimento del goal prefissato, ovvero in ottica del

miglioramento delle strategie di performance aziendali, risulta puntare su A1-

Rafforzamento della Partnership.

Ad ogni modo, ad avvalorare le opinioni raccolte e discusse in sede di somministrazione

del questionario ai vari Manager, si pone l’ottenimento di questo risultato che, se poi viene

valutato in prospettiva futura, assume ancor più valore.

Considerando i lunghi orizzonti temporali dell’appalto e la dinamicità dell’ambiente in cui

opera il Facility Management infatti, potrebbe essere importante intensificare l’alternativa

proposta, per evitare la generazione di eventuali contenziosi tra committente ed assuntore.

Quest’ultimi, possono essere dovuti ad esempio a: cambiamenti dei bisogni del

consumatore/degente che sviluppa nel tempo la necessità di un servizio migliore o a

cambiamenti delle esigenze del committente in merito ad una migliore qualità del servizio.

Proprio in quest’ambito, maggiori brainstorming tra i partner, porterebbero più

velocemente identificare i gap tra le prestazioni reali del servizio (percezioni) e le

prestazioni che dovrebbero essere erogate (aspettative).

Capitolo 5 –Elaborazione della proposta di integrazione con l’Analytic Hierarchy Process

174

Questa prima alternativa, è seguita in linea generale da: A4-Integrazione delle politiche di

comunicazione interne ed esterne e subito dopo da A3-Investimenti in infrastrutture ed in

nuove tecnologie. Nonostante i contratti pubblici non diano molto spazio all’ambito delle

innovazioni (come dichiarato dai Manager intervistati), i cambiamenti e le

implementazioni nelle opportunità tecnologiche ed infrastrutturali, contribuiscono

fortemente alla dinamicità dell’ambiente in cui opera il Facility Management. In questo

lavoro di tesi, le alternative proposte, vertono nell’introduzione di sistemi di

comunicazione unici e integrati e procedure automatizzate di ultima generazione.

Quest’ultime forse non sono di immediata comprensione, ma banalmente, per dare valore

all’importanza dei cambiamenti tecnologici ed infrastrutturali non valutando in questa sede

il rapporto tra costi ed efficienza, basti pensare a quanto in passato le macchine

automatiche (aspirapolvere, monospazzola ecc.) abbiano modificato e migliorato di gran

lunga gli interventi per la pulizia delle pavimentazioni.

Tutto questo per dire che, i cambiamenti nella conduzione delle attività, nell’evoluzione

delle logiche organizzative e nei sistemi di gestione comportano una “difficile”

accettazione di nuovi modelli e pratiche che intaccano gli approcci tradizionali alla

gestione e impattano sulla cultura aziendale [De Toni A., 2007]. Le aziende in questo

senso, sono molto restie ai cambiamenti, a dimostrazione del fatto che, l’alternativa A2-

Integrazione logistica-distributiva, ha un peso molto esiguo rispetto alle altre, questo

perché le logiche organizzative e i sistemi di gestione sono composti da norme ed

atteggiamenti che è spesso complesso modificare. A2 è vista poco plausibile dato che, per

supportare il cambiamento nell’erogazione dei servizi di Facility Management, sarebbe

necessaria una maggiore flessibilità culturale per ridisegnare i processi organizzativi e gli

stili direzionali.

Per questi motivi, in ottica di integrazione dei servizi offerti da un’organizzazione unica,

come l’ATI in questo caso, la più grande problematica è proprio l’integrazione dei servizi

fra loro differenti ma comunque integrabili e la resistenza al cambiamento delle varie

aziende che costituiscono l’ATI. Un’altra motivazione che può giustificare l’inadesione a

questa alternativa dipende dal fatto che nelle Pubbliche Amministrazioni si tende

fortemente ad attenersi a quanto fissato in fase di programmazione, ossia si pone

l’attenzione esclusivamente a quanto fissato in sede di capitolato.

175

Conclusioni e sviluppi futuri

Per quanto riguarda lo scopo generale di questo lavoro di tesi, grazie ai dati ed alle

riflessioni evidenziate nei capitoli precedenti, si pensa di aver dato tutte le informazioni

necessarie a dimostrare con evidenza oggettiva sia lo svolgimento dei servizi no-core

all’interno del “Santa Maria” di Terni, sia una eventuale proposta di integrazione dei

servizi in grado di ipotizzare scenari futuri di possibile miglioramento.

Ripercorrendo quanto svolto, per raggiungere l’obiettivo impostosi, ossia il miglioramento

delle strategie di performance aziendali, si è operato un Business Process Reengineering

(BPR), conosciuto come una nota modalità di cambiamento organizzativo.

Alla luce di quanto detto, è stato deciso di operare la modellazione dei processi aziendali

con la tecnica IDEF0.

L’apporto di questa metodologia, ha consentito di rappresentare schematicamente i

processi e le attività aziendali connesse ad essi, che hanno contribuito ad una più completa

formulazione del modello AHP proposto poi nella fase di “TO-BE”, con il fine ultimo di

pervenire verso un più elevato standard qualitativo e vantaggio competitivo.

La metodologia AHP in questo senso, ha permesso di valutare in base a quattro criteri

proposti, riguardanti l’area di efficacia, di efficienza e il livello di innovazione, le migliori

alternative volte a raggiungere l’obiettivo impostosi.

Tra le cinque alternative proposte, l’utilizzo del software Expert Choice, ha mostrato come

il Rafforzamento della Partnership è risultata essere l’alternativa “migliore” sulla base di

tre dei criteri proposti.

Ricordando che, ciò che contraddistingue il rapporto di partnership, è una discussione tra i

contraenti non più finalizzata solamente sugli aspetti di prezzo, qualità e tempo, ma sulla

progettazione (o riprogettazione) di prodotti/servizi, per poter rispondere prontamente alle

variabili dinamiche del mercato.

Ci si augura quindi che il risultato conseguito da questo lavoro, possa apportare evidenti

benefici all’azienda, sia in termini di gestione ed erogazione dei servizi oggetto di gara, sia

per la creazione di sinergie gestionali in grado di permettere l’integrazione delle

potenzialità delle società raggruppate, in quanto la domanda dei servizi forniti e garantiti

dall’ATI è in continua crescita ed evoluzione. Pertanto, si può concludere con il dire che

l’aumento del rafforzamento della partnership, permetterà all’azienda di allargare i propri

orizzonti, e conseguentemente ottenere maggiori ritorni economici.

176

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