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CANCRO PRIMO AIUTO DONA UN’AUTO A VIVERE Anno XXIII - Numero 2 - Dicembre 2019 VIVERE VIVERE aiutando a IN QUESTO NUMERO n Pag. 3 Fiocco azzurro in ASST. Nato il registro delle associazioni di Volon- tariato e di promozione sociale. n Pag. 4 XXVI Congresso SICP. Vivere Aiutando a Vivere svolge un ruolo im- portante nella realizzazione del mantello di San Martino. n Pag. 5 Cure palliative, un mondo da conoscere. Una riflessione sul significato del termine. n Pag. 6 Core business: trasporto presidi e tanta riservatezza. n Pag. 7 L’importanza del dialogo nel rapporto me- dico-paziente. n INSERTO SPECIALE Un salto nel tempo per ripercorrere la sto- ria dell’Associazione. 1 VIVERE aiutando a VIVERE “L a telefonata è arrivata ve- nerdì 6 settembre, volevano donarci un’automobile nuo- va, avremmo dovuto ritirarla durante una cerimonia, al termine di un torneo, presso il Golf Club Usmate dome- nica 14 settembre. A chiamare è Marisa, segretaria di Cancro Primo Aiuto, mi fac- cio ripetere i dati, telefono e istruzioni, ma la mia incredulità è palese. Quando mai qualcuno ci ha fatto una donazione da 10mila euro senza chiedere nulla?” Sembrava quasi uno scherzo, ma poi la vicepresidente, Mariagrazia Nava e i suoi collaboratori della sede di Usmate hanno iniziato ad accertarsi che il contenuto della chiamata fosse reale. Ebbene sì. Lo era. E già dalla prime ricerche online, in- fatti, arrivano le conferme. Il mezzo sarà utilizzato per fornire cure domiciliari ai malati terminali. n continua a pagina 12 n continua a pagina 2 Venticinque anni aiutando a Vivere Un soffio nel tempo, ma tanta strada percorsa insieme di GIORGIO GALLIOLI di GIUSEPPE BORGANTI C arissimi, 25 anni di vita sono ben… un quarto di secolo! A tanto è arrivata la nostra amata Associazione di cui sono l’onorato Presidente da alcuni anni e questo credo che, al- dilà di tutto, sia già di per sé un tra- guardo eccezionale. Infatti di Associazioni in giro ve ne sono molte, ma, essendo formate da umani, ben difficilmente raggiun- gono la nostra età a causa di dissidi interni; anche noi abbiamo avuto i nostri momenti difficili, ma alla fine siamo sempre riusciti a trovare la quadra, anteponendo il bene dei nostri pazienti agli interessi perso- nali. Lascio al nostro vice-presi- dente, Mariagrazia Nava, presente sin dalla fondazione dell’Associa- zione, l’onere e l’onore di ripercor- rere parte della nostra storia nell’articolo che apre l’inserto, mentre io mi limito a spiegare qual è , secondo me, il principale segreto di tanta longevità e cioè la capacità di rinnovarsi costantemente. Un’Associazione che non è in grado di stare al passo con i tempi è un’Associazione destinata a morire, mentre noi abbiamo sempre cer- cato di rinnovarci, pur rimanendo all’interno del nostro mandato sta- tutario; abbiamo, per esempio, rin- novato non senza fatica tutta la parte di comunicazione esterna che oggi giorno è fondamentale per la raccolta fondi, abbiamo sempre cercato di aggiornare anche la tipo- logia di materiale che viene portato VIVERE N. 2 - 2019 23/11/19 16:41 Pagina 1

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CANCROPRIMO AIUTODONAUN’AUTO AVIVERE

Anno XXIII - Numero 2 - Dicembre 2019

VIVEREVIVERE

aiutando a

IN QUESTO NUMERO

n Pag. 3Fiocco azzurro in ASST.Nato il registro delle associazioni di Volon-tariato e di promozione sociale.

n Pag. 4XXVI Congresso SICP.Vivere Aiutando a Vivere svolge un ruolo im-portante nella realizzazione del mantellodi San Martino.

n Pag. 5Cure palliative, un mondo da conoscere.Una riflessione sul significato del termine.

n Pag. 6Core business:trasporto presidi e tanta riservatezza.

n Pag. 7L’importanza del dialogo nel rapporto me-dico-paziente.

n INSERTO SPECIALEUn salto nel tempo per ripercorrere la sto-ria dell’Associazione.

1VIVERE aiutando a VIVERE

“La telefonata è arrivata ve-nerdì 6 settembre, volevanodonarci un’automobile nuo-va, avremmo dovuto ritirarla

durante una cerimonia, al termine di untorneo, presso il Golf Club Usmate dome-nica 14 settembre. A chiamare è Marisa,segretaria di Cancro Primo Aiuto, mi fac-cio ripetere i dati, telefono e istruzioni, mala mia incredulità è palese. Quando maiqualcuno ci ha fatto una donazione da10mila euro senza chiedere nulla?”

Sembrava quasi uno scherzo, ma poi lavicepresidente, Mariagrazia Nava e i suoicollaboratori della sede di Usmate hannoiniziato ad accertarsi che il contenutodella chiamata fosse reale. Ebbene sì. Loera. E già dalla prime ricerche online, in-fatti, arrivano le conferme.

Il mezzo saràutilizzato per fornirecure domiciliari aimalati terminali.

n continua a pagina 12 n continua a pagina 2

Venticinque anni aiutando a Vivere

Un soffio nel tempo,ma tanta stradapercorsa insieme✒ di GIORGIO GALLIOLI ✒

✒ di GIUSEPPE BORGANTI ✒

Carissimi, 25 anni di vitasono ben… un quarto disecolo! A tanto è arrivata lanostra amata Associazione

di cui sono l’onorato Presidente daalcuni anni e questo credo che, al-dilà di tutto, sia già di per sé un tra-guardo eccezionale. Infatti diAssociazioni in giro ve ne sonomolte, ma, essendo formate daumani, ben difficilmente raggiun-gono la nostra età a causa di dissidiinterni; anche noi abbiamo avuto inostri momenti difficili, ma allafine siamo sempre riusciti a trovarela quadra, anteponendo il bene deinostri pazienti agli interessi perso-nali. Lascio al nostro vice-presi-dente, Mariagrazia Nava, presentesin dalla fondazione dell’Associa-zione, l’onere e l’onore di ripercor-rere parte della nostra storianell’articolo che apre l’inserto,mentre io mi limito a spiegare qualè , secondo me, il principale segretodi tanta longevità e cioè la capacitàdi rinnovarsi costantemente.Un’Associazione che non è in gradodi stare al passo con i tempi èun’Associazione destinata a morire,mentre noi abbiamo sempre cer-cato di rinnovarci, pur rimanendoall’interno del nostro mandato sta-tutario; abbiamo, per esempio, rin-novato non senza fatica tutta laparte di comunicazione esterna cheoggi giorno è fondamentale per laraccolta fondi, abbiamo semprecercato di aggiornare anche la tipo-logia di materiale che viene portato

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2 VIVERE aiutando a VIVERE

L’Associazione Cancro PrimoAiuto, persegue finalità di soli-darietà nel campo dell’assi-

stenza sociale e socio sanitaria infavore prevalentemente degli amma-lati di cancro e delle loro famiglie: trale attività portate avanti dai volontari,la prevenzione, la cura, l’assistenzapsicologica, medica e domiciliare prin-cipalmente nell’ambito territorialedella Regione Lombardia.

Numerose le iniziative attivate dadiversi anni, quali il famoso “Progettoparrucche”, oppure le raccolte di fondiper l’acquisto di strumentazioni medi-che, o ancora il “Progetto trasporto”,teso a garantire i trasferimenti dei ma-lati oncologici negli ospedali e nei cen-tri di cura in Valtellina.

Sostenuta da circa centocinquantasponsor, tra enti pubblici e aziendeprivate, l’associazione estende la pro-pria azione in tutta la Lombardia e inuna cinquantina di strutture sanitarie,con collegamenti anche con il Policli-nico San Martino di Genova e conl’Istituto Oncologico del Mediterraneodi Catania.

n continua da pagina 1

“Vado in Internet e scoproun mondo che non tutticonoscono – a parlare èMariagrazia Nava, vice-

presidente di Vivere Aiutando a VIvere –.È noto il “progetto parrucche”, che ven-gono donate a donne operate di cancro,in chemioterapia e con il problema dellacaduta dei capelli, ma Cancro PrimoAiuto, svolge anche un compito di soste-gno economico ad ampio raggio, coniniziative a favore delle Associazioni le-gate alla cura dei malati, oltre a soste-nere progetti ospedalieri moltoimportanti”.

La manifestazione dal titolo “GolfChallenge CPA 2019, Trofeo Caloni Tra-sporti”, è giunta al terzo anno di vita erientra fra i progetti con cui CancroPrimo Aiuto persegue l’obiettivo di co-niugare in modo efficace l’attività soli-dale con quella sportiva, sia a livelloagonistico sia a livello amatoriale, perpromuovere le attività a favore dei pa-zienti oncologici. L’iniziativa consiste inun circuito-torneo di tredici gare di golfper giocatori non professionisti che que-st’anno si è conclusa il 6 ottobre. E unadelle tappe si è svolta proprio al GolfClub di Usmate Velate.

“Quest’anno, nell’ambito del ‘ProgettoTrasporto Malati’, che caratterizza unaparte delle attività sociali di CPA, è statascelta proprio la nostra Associazione –prosegue la vicepresidente di Vivere –. Ciòè stato possibile grazie al popolo dei gol-fisti e dei circoli che accompagna nume-roso il torneo, ma soprattutto grazie alcontributo delle aziende sponsor del Net-work CPA”.

L’auto, una Kia Picanto, porta già illogo dell’Associazione oltre a quelli deglisponsor.

“Siamo presenti oggi con la soddisfa-zione di contribuire con il nostro lavoro aqualcosa di importante”, ha dichiarato Ni-cola Caloni, titolare dell’omonima societàdi trasporti. L’auto verrà utilizzata dal-l’Equipe di Cure Palliative dell’Ospedaledi Vimercate per le visite a domicilio deipazienti, in sostituzione di un’auto già in

La solidarietà si giocasul greenNell'ambito della manifestazione“3° Golf Challenge CPA 2019”,l’associazione Cancro Primo Aiutoha donato un’auto a VivereAiutando a Vivere,che sarà utilizzata dall'Equipedi Cure Palliative di Vimercate.

CHI È CANCRO PRIMO AIUTO

“Siamo solo uominiche aiutanoaltri uomini”

dotazione, che tuttavia stava iniziando amostrare i suoi anni. «Essere tra coloroche consegnano le chiavi di questa autoall’associazione Vivere Aiutando a Vivereci onora e ci fa sentire parte diun importante progetto di soli-darietà, a cui rinnoviamo vo-lentieri il nostro sostegno», haquindi sottolineato RobertoSpiller, di KPMG, che è ancheconsigliere di CPA.

“Nel portare avanti i nostriprogetti di Cancro Primo Aiuto,ci rendiamo conto sempre dipiù che l’attenzione verso lepersone che hanno bisogno everso le realtà sociali del territo-rio, che operano quotidiana-mente al loro fianco sia il modomigliore di dare un senso al no-stro lavoro”, ha detto Paolo

Bassi, responsabile della sede Autotorinodi Cosio Valtellino.

La manifestazione realizzata da Can-cro Primo Aiuto è stata realizzata anchecon un contributo di Regione Lombardia.

Giuseppe Borganti

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3VIVERE aiutando a VIVERE

Un mondo che spesso svolge lapropria opera in silenzio,senza clamori, con uno spi-rito di servizio che fa bene

alla pubblica amministrazione; unmondo animato e vissuto da oltre 6,5milioni di persone che si impegnanogratuitamente per gli altri e per il benecomune. È il mondo del volontariato.Quattro milioni di donne e uomini or-ganizzati in associazione; un milione e200 mila occupati nel campo dei servizisociali, della protezione civile e della sa-nità. Sono numeri ISTAT.

L’ASST di Vimercate vanta una sto-rica collaborazione con il mondo delvolontariato: diverse sono le associa-zioni che operano all’interno dei nostripresidi ospedalieri, a fianco, a sostegnoe a supporto dei nostri pazienti e deiloro familiari. Associazioni che parteci-pano ai progetti di umanizzazionedell’ospedale, di divulgazione e promo-zione di cultura della salute.

Per l’ASST il volontariato socio-sani-tario rappresenta un vero e proprio va-lore aggiunto, una risorsa insostituibilein termini di relazione e integrazionecon l’attività ospedaliera. Di più: consi-deriamo le associazioni di volontariatoportatrici di interessi diffusi, le cui at-tese, in uno spirito di condivisione, de-vono essere orientate ad un confrontoriconosciuto con la Direzione strategicadell’Azienda Socio Sanitaria.

Le associazioni di volontariato ospe-daliero non sono soltanto una bella te-stimonianza: sono anche il segno di unaalleanza decisiva tra le nostre strutturedi cura e assistenza e il territorio su cuiinsiste la nostra offerta di salute.

Fiocco azzurro in ASSTÈ nato il Registro delleAssociazioni di Volontariato e diPromozione sociale: un modopiù efficiente per collaborare conl’Azienda SociosanitariaTerritoriale.

Per dare maggiore sostanza alla col-laborazione fra ASST e mondo del vo-lontariato, per dare maggiore valore aquesto rapporto, è stato costituito il Re-gistro Aziendale delle Associazioni diVolontariato e di Promozione Sociale. Èsempre bene ricordare Il valore ag-giunto che esso rappresenta. Ebbene, ilRegistro vuole essere la migliore con-ferma di tutto ciò; la migliore confermadell’attenzione degli ospedali nel dare

risposta alle domande e alle attese deivolontari, a fare nostre alcune loroistanze.

Insomma, con il Registro, l’ASST Vi-mercate vuole dare loro giusta visibilitàe riconoscenza contribuendo al conso-lidamento e alla crescita delle sue asso-ciazioni.

Antonio Urti(Direttore Comunicazione e Relazioni

Esterne - ASST di Vimercate)

SAVE THE DATE

Torna la “Foglia di cioccolato” edizione 2020. Per tutti i golosi di buona volontàche vogliono fare un’opera di solidarietà, appuntamento da non perdere sullepiazze delle Chiese della Brianza vimercatese e non solo. Schiere di volontari

di Vivere aiutando a Vivere sono già al lavoro per preparare la ormai tradizionale ma-nifestazione che consentirà all’associazione di finanziare le attività dell’Equipe dicure palliative dell’Ospedale di Vimercate.

Sulle pagine di Facebook (Fb: Vivere Aiutando a Vivere Sede Centrale) e di Insta-gram (@vivereaiutandoavivere) dell’Associazione, a partire da gennaio, potrete averemaggiori dettagli sugli stand per la distribuzione delle favolose tavolette di cioccolato.E allora, via segnatevi in agenda la data: 23 febbraio 2020. Vietato perdersi la foglia!

Il prossimo 23 febbraiotorna la foglia di cioccolato

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Una mail. La richiesta di un quadratino di 20x20 centimetri, lavorato congli aghi da maglia n° 5, con cotone a colori caldi, magari con il logo dellapropria Associazione. Questa la richiesta della FCP Federazione CurePalliative Nazionale, di cui Vivere è socio fondatore. Dalla nascita ad

oggi, le associazioni iscritte alla Federazione, in tutta Italia, sono ben novantuno eil direttivo ha deciso di realizzare un “mantello di San Martino” con altrettanti qua-dratini che rappresentino appunto ogni Associazione di Cure Palliative in un unicogrande simbolo di “protezione”.

La concomitanza con San Martino, santo protettore delle cure palliative, nonè frutto di una scelta casuale, ma si riallaccia alla leggenda del santo stesso. Fuinfatti più di 1500 anni fa che Martino, giovane soldato della Pannonia, tagliò ilsuo mantello con la spada per offrirne una metà ad un vecchio, sfinito dalla stan-chezza e dal freddo. La leggenda vuole che, dopo quest'atto di spontanea gene-rosità, il tempo mutò improvvisamente: si schiarì il cielo e l'aria si fece

incredibilmentemite. Era l’Estatedi S. Martino. Unachiara analogiatra la leggenda e ilmondo delle curepalliative è poi of-ferta dal termine“palliativo”.

L’etimologia delvocabolo risiedeproprio nel ter-mine latino “pal-lium” che significamantello o, insenso più ampio,protezione.

Due telefonateed un messaggioin “chat volontari”ha provocato l’ar-

rivo di oltre settanta quadratini, tra cui quello a fondo grigio, fatto da Pinuccia,sul quale Silvana ha ricamato la foglia del Logo dell’Associazione Vivere Aiutandoa Vivere.

Ma non finisce qui, perché non tutte le 91 associazioni hanno a disposizionetante mani operose, quindi oltre a donare i quadratini per chi non li aveva, ci siamoofferte di assemblarli e quindi di “costruire il Mantello”.

Un lavoro immane, che ha fatto letteralmente esplodere tutta la buona volontà,la passione, la generosità delle volontarie di Vivere, che hanno occupato il pavi-mento della sede di Usmate con un grande foglio da 160x280 centimetri e quindicollocando tutti i quadratini sino a coprirlo. Poi con chiacchiere gioiose, mani in-stancabili, ago e filo, li hanno uniti sino a completare il Mantello, giusto in tempoper l’esposizione al Congresso SICP di Riccione del 14 novembre 2019.

Al Congresso, Stefania Bastianello – Presidente FCP – che ha presentato e in-dossato il Mantello, ringraziando per l’intensa partecipazione a questo preziosolavoro, simbolo dell’unione di tutti gli associati che, pur distanti sul territorio, siimpegnano con l’unico scopo di “palliare” la sofferenza dei malati inguaribili.

IL MANTELLO DISAN MARTINO CUCITODALLE VOLONTARIEDI VIVEREÈ stato assemblato presso la sede di Usmate il simbolodella manifestazione 2019, organizzato dall’AssociazioneNazionale Cure Palliative a Riccione.

4 VIVERE aiutando a VIVERE

Tra il 14 e il 16 novembre si è svoltoa Riccione il XXVI Congresso Na-zionale della Società Italiana diCure Palliative. Realizzato sotto

l’alto patronato della Presidenza della Re-pubblica e del CNR, oltre che da una seriedi associazioni di area medico-infermieri-stica, l’evento ha avuto come fil-rouge iltema “Le Cure Palliative sono un dirittoumano”, poiché il pronunciamento in talsenso dell’Organizzazione Mondiale dellaSanità sancisce l’ingresso delle Cure Pallia-tive nel novero dei diritti fondamentalidelle persone. “Tale riconoscimento daparte della massima istituzione che presi-dia a livello internazionale i diritti e i bi-sogni sanitari, completa sul piano teoricoun faticoso percorso storico che le Cure Pal-liative hanno iniziato nel secondo dopo-guerra partendo dai margini dellamedicina e delle istituzioni per entrareprogressivamente dentro di esse – si leggenella lettera di saluti che il Presidente delCongresso, Italo Penco, e il coordinatore delBoard scientifico, Luciano Orsi, hanno re-datto per la manifestazione –. Infatti, affer-mare un diritto significa, sotto il profiloetico-giuridico, stabilire un dovere per chideve rispondere a tale diritto. Le sfide peraffermare questo diritto in modo omoge-neo sul territorio nazionale e per estenderloa tutti i malati che ne hanno bisogno, in-dipendentemente dalla loro patologia, dalloro stadio di malattie e dal setting di curache li ospita non mancheranno poichémolto è ancora da compiere. Questa è lapremessa per approfondire sul piano cli-nico, terapeutico, assistenziale, psicologico,sociale, bioetico, deontologico, giuridico esociologico il tema del diritto alle Cure Pal-liative con il contributo dei relatori e deipartecipanti”.

Un momento di incontro, di dialogo e dicondivisione su un tema importante, cheha visto tra i partecipanti anche una dele-gazione dei volontari dell’Associazione Vi-vere Aiutando a Vivere, che hannopresentato un manifesto con la loro storiae le loro esperienze di domiciliari.

✒ di MYRIAM RUSSO ✒

Le Cure Palliativesono un dirittoumano

È il tema che ha guidato i lavoridel XXVI Congresso di Riccioneorganizzato dalla SICP.

Gruppo mantello di San Martino.

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delle Cure Palliative, curare nel li-mite del possibile i sintomi dolorosiche accompagnano il fine vita.

Nel 1998 abbia-mo ristrutturatoi locali delle Cure Palliative nel-l’Ospedale Vecchio di Vimercate:un risultato eccellente per il lavorodell’Equipe Medica che è passatada due stanzoni fatiscenti, dovepiù malati venivano curati, sempli-cemente separati da paraventi, adun reparto all’avanguardia, conpiccoli studi nel rispetto della pri-vacy, il tutto di un caldo colorerosa, con stampe d’autore alle pa-reti e finalmente un bagno solo peri pazienti.

Poi è stato un susseguirsi diDARE: le auto alle infermiere perandare al domicilio dei pazienti, unfurgone nuovo per portare ai pa-zienti presidi medici su richiestadell’Equipe, casi bisognosi di unintervento anche economico e unufficio di amministrazione e coor-dinamento che impegna quantoquello di un’azienda.

Infatti il lunedì mattina alle 9 i vo-

IVIVERE aiutando a VIVERE

UN PO’ DI STORIADELL’ASSOCIAZIONE

VIVERE AIUTANDO A VIVERE

Èimpossibile raccogliere inpoche righe venticinque annidi ansie, di preoccupazioni,di esplosioni di gioia, di

paure, di commozione, di contrasti,ore di riunioni, abbracci, lacrime,battesimi e funerali.A partire dal Notaio, Alfredo Aquaro,che gratuitamente ha costituito l’As-sociazione il 14 aprile 1995.

E, andando con la memoria, non sipuò non ricordare il primo congressoin Liguria a cui con orgoglio abbiamoaccompagnato i nostri medici; o allaprima offerta dei familiari di un ma-lato assistito, che ci ha permesso dicomperare un letto. Ricordi indele-bili come la salita dal sindaco diUsmate per chiedere una sede e la di-scesa saltando i gradini per la gioia diaverla ottenuta.

Poi, via via, l’inserimento di nuovivolontari e i corsi di formazione percapire: capire come entrare nelle fa-miglie, capire le reazioni dei fami-liari, capire come approcciarsi almalato, capire le necessità di medicie infermiere per as-sistere al meglio inostri malati, ma so-prattutto per capirenoi stessi e per ca-pire come non an-dare in crisi di frontea tanto dolore di chise ne va, ma anchedi chi resta.

Il volontario nonpuò permettersi disoffrire, di crollare,altrimenti non potràpiù essere utile a nes-suno: deve essere

UN QUARTO DI SECOLO DI SOLIDARIETÀ

✒ di MARIA GRAZIA NAVA ✒

pronto a dire addio ad un ammalatoe col sorriso suonare il campanello diun’altra porta dove c’è bisogno di lui.

Importante obiettivo era, fin dal-l’inizio, di far conoscere ai cittadinil’esistenza di questa assistenza domi-ciliare gratuita. Quindi, alla sera, siandava in giro per i paesi per organiz-zare, nei primi anni, ben quarantaseiincontri presso parrocchie e comuni,e per tappezzare la Brianza con mani-festi informativi e per distribuire i pie-ghevoli dell’Associazione.

Spesso in queste serate ci siamoscontrati con medici di base chesostenevano chesi nasce nel do-lore e soffrendosi deve morire.Ma proprio no!

Le personedovevano sapereche quando unloro caro venivamandato a casacon le parole“non c’è più

niente da fare”,allora quello èproprio il mo-mento di faretutto il possibileper aiutarlo a vi-vere sino all’ul-timo come avevasempre vissuto:questo lo scopo

Alcuni momentidella vitadell’Associa-zione:una riunionedel Consigliodirettivo;l'assembleaannuale deivolontari e iltaglio delnastro all’inau-gurazionedella nuovasede delleCure Palliativenel novembre1998.

lontari sempre in sede, nel bel localeche ci è stato assegnato venticinqueanni fa, sopra la polizia locale diUsmate. Con entusiasmo e spiritocostruttivo affrontiamo ogni pro-blema che si presenta, ogni richiestache arriva, dall’Ospedale, dai Co-muni, dalla popolazione, ciascuno dinoi con i propri compiti, ma insiemeper ogni decisione.

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II VIVERE aiutando a VIVERE

I MILLE VOLTI DI UNAASSOCIAZIONE

Dalle varie sedi, la testimonianza di chi vivel’esperienza di Vivere Aiutando a Vivere

Usmate. Il centro di controllo di un corpodalle mille membra.

La sede centrale di Usmate può essere paragonata adun centro di controllo. Qui si svolgono attività operativedi carattere sia organizzativo, che pratico e qui si trovaanche il magazzino centrale dove sono custoditi e gestitii presidi per i malati.

“Sono entrata in Associazione nel 1996 e mi è stato subitoaffidato il compito di gestire il magazzino della sede diUsmate, oltre agli acquisti per le altre sedi dell’Associa-

zione. Compriamo tovaglie, lenzuolini, asciugamani, ba-vaglini da ricamare e da esporre ai mercatini per la raccoltafondi che facciamo nelle sagre e nell’atrio dell’ospedale diVimercate. Inoltre, con materiali vari realiziamo lavorettianche con piccoli oggetti che ci regalano le ditte – raccontaAngela Fusé, Responsabile laboratorio/mercatini –. Pren-diamo di tutto e tutto è utile. Il martedì alcune volontarievengono in sede a ricamare e altre vengono a prendere illavoro da eseguire a casa. Inizialmente era più facile: i vo-lontari erano più numerosi e il materiale più abbondante,ma i tempi cambiano e dobbiamo adeguarci”.

Essere volontario diventa spesso uno stile di vita: aiu-tare chi soffre è così totalizzante che chi viene coinvoltospesso finisce per dedicarvi ogni momento libero. Ov-viamente senza nulla chiedere in cambio.

“Sono entrata in Vivere Aiutando a Vivere 24 anni fa esubito ho capito che non avrei più lasciato questa Asso-ciazione – spiega Maria De Palma, membro direttivo esegretaria dell’Associazione –. I primi tempi non volevofrequentare la sede, preferendo lavorare da casa, ma poimi sono ricreduta, perché ho sentito la voglia di con-frontarmi con gli altri, di condividere i problemi e le dif-ficoltà che incontravo. Così, da quel momento ci sonosempre stata. Abbiamo vissuto anche momenti difficili,ma li abbiamo superati insieme, mettendo sempre inevidenza che sopra ogni cosa c’erano i malati, che ave-vano bisogno di noi. Allora la fatica, la stanchezza, lapaura di non farcela passavano pensando che loro me-ritano tutta la nostra dedizione”.

Cologno. Fuori dal comprensorio del Vimer-catese, ma dentro l’Associazione.

Cologno Monzese collabora con Vivere da 20 anni. Ungrande cambiamento è avvenuto nel 2009 con la forma-zione della provincia di Monza, che ha escluso la città dalVimercatese. Ma i suoi cittadini sono molto legati all’As-sociazione, per l’aiuto ricevuto in passato, e lo dimostranopartecipando ad ogni manifestazione, soprattutto a quelladella Foglia. “Il gruppo di volontarie che, a nome di Vivere,si è inserito dal 2018 anche nella Rete di Volontariato di Co-logno, vive la realtà locale sensibilizzando la popolazionesul servizio di Cure Palliative a cui ogni cittadino, in faseterminale, può accedere indipendentemente dall’ospedaledi riferimento”, spiega la responsabile, Alda Legori”.

Concorezzo. Creatività al femminile,ma anche al maschile, per la solidarietà.

Il gruppo di Concorezzo, nato nel 2005, si appoggia adei locali concessi dal Comune in via Verdi. “Qui ab-biamo uno spazio per le signore che preparano lavori dicucito e piccole creazioni quali orecchini e braccialetti– spiega il coordinatore Germano Sabbatini –. C’è ancheun laboratorio per i volontari uomini, che in questogruppo si sono specializzati nella lavorazione del legno:costruiscono casette per gli uccellini, giochi per bimbi,poggiamestoli e quanto la creatività suggerisce loro.Tutto questo viene esposto in dicembre, in piazza dellachiesa, nei mercatini di Natale nati per sostenere VivereAiutando a Vivere”.

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IIIVIVERE aiutando a VIVERE

Vivere Aiutando a Vivere conta decine e decine di volontari che daventicinque anni lavorano in silenzio, senza nulla chiedere e, spesso,molto refrattari a qualsiasi genere di pubblicità. In molti casi, questepersone sono segnate da un’esperienza dolorosa di perdita di personecare, in altri casi, semplicemente hanno deciso di dare una mano achi soffre. Abbiamo raccolto le testimonianze di chi vive giorno dopogiorno questa forte esperienza di solidarietà e di raccontare la vitadei vari gruppi.

Cavenago Brianza. Serietà e buona volontàper aiutare i malati con piccoli gesti.

Quello di Cavenago è nato tra i primi gruppi di Vivereaiutando a Vivere: ancora prima del 1996, anno in cui èstata data la sede di villa Stucchi, in cui i volontari tuttorasi trovano ed operano.

“All’inizio eravamo una quindicina, ora siamo una de-cina di persone che lavorano tra la sede e le proprie case– spiega la responsabile, Silvana Crippa, che fa parteanche del Gruppo Direttivo dell’Associazione –. Tra levarie attività che svolgiamo, c’è il ricamo, il cucito crea-tivo a macchina e realizziamo oggetti utili per la casa ela cucina: asciugapiatti, presine, grembiuli, tutti rica-mati dalle mani delle nostre volontarie. Inoltre siamo

impegnate anche nella distribuzione del Notiziariodell’Associazione”.

Inoltre, le signore che fanno parte del gruppo realiz-zano oggettistica per Natale: bambole e candele,usando asciugamani e asciugapiatti, e per i bambini cu-ciono e ricamano piccoli capolavori di precisione, qualilenzuolini, copertine ricamati, copriabiti. Grazie allavendita delle foglie di cioccolato e con un impegnoserio e costante, sono riuscite a guadagnarsi un’eccel-lente reputazione, che porta gli abitanti di Cavenago adavere grande fiducia: per questo motivo riescono a rac-cogliere numerose donazioni utili per le attività dell’As-sociazione.

Colnago. Mostre di abiti da sposa e di scarpe in aiuto alle Cure Palliative.Nato tra il 1990 e il 2000 con una ventina di volontari, il

gruppo colnaghese nel tempo si è ridotto, ma negli anniha organizzato iniziative importanti, con la volontà di aiu-tare chi soffre: “Abbiamo organizzato una mostra di abitida sposa – racconta Sabrina Arlati, che con Gianna Annoniha il timone del gruppo colnaghese – che risalivano, in al-cuni casi, anche a due secoli fa.

Abbiamo anche organizzato mostre di abiti di bambini,di culle, anch’essi risalenti all’Ottocento.

Per realizzare una mostra di scarpe, poi, siamo an-dati fino agli studi di Mediaset, che ci ha fornito pezzistraordinari”.

Vimercate. AAA. Giovani volontari cercasiper ridare nuova linfa.

Il gruppo di Vimercate cerca forze giovani, studenti,casalinghe o neo-pensionati che possano dare unamano nelle loro attività. “Purtroppo il nostro team si stariducendo per “raggiunti limiti di età” e vorrei quindifare un appello, affinché “nuove linfe” possano unirsi anoi”, dice la responsabile, Giovanna Gerosa, che è anchemembro del Consiglio direttivo.

“Succede spesso che non sia la persona a cercare ilvolontario, ma il volontario a proporsi a seguito di unevento, anche doloroso – racconta –. È quanto è suc-cesso a me, in occasione della malattia e poi al decessodi una persona a me molto cara, che mi ha creato un do-

lore immenso. E proprio allora sono venuta a cono-scenza dell’esistenza delle Cure Palliative e,conseguentemente, del gruppo di volontari di Vivere.Dopo qualche anno, abbiamo dovuto rivolgerci nuova-mente ai medici dell’Equipe per la mia mamma. È statoallora che la mia amica Livia, in quel periodo responsa-bile del gruppo di Vimercate, mi ha invitato ad entrarenell’Associazione. Mi sono dunque “aggregata” algruppo con entusiasmo e continuo il mio volontariatoda ormai dieci anni”. Ma per entrare a far parte dell’as-sociazione non è necessario avere vissuto un evento do-loroso sulla propria pelle: basta un po’ di buona volontàe di tempo da donare gratuitamente a chi soffre.

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IV VIVERE aiutando a VIVERE

Franchina, era la mitica inossidabilepiccola grande donna d’acciaio.Quando si è saputa la triste notizia ivolontari hanno subito pensato alvuoto che avrebbe lasciato, ma in re-altà si sono accorti che ha lasciato ungrande insegnamento di vita. Era unadonna libera, estremamente indipen-dente, con un carattere forte, che lot-

tava per ottenere ciò che voleva: sa-peva stare sola, ma era piacevolissimain compagnia e sapeva dare tutta sestessa con semplicità pretendendoperò che chi l’affiancava sapesse do-nare come faceva lei, senza mezze mi-sure e con infinita umiltà.

Autoironica, autocritica, estrema-mente consapevole dei suoi limiti edelle sue grandi capacità, FrancescaRonzio Cometti è stata l’esempio diquanto può essere importante man-tenere sana e lucida la mente graziead un’ intelligenza brillante, frutto ditantissima attenzione a tutto ciò chela circondava e soprattutto agli altriper evitare di chiedere, di infastidire odi dipendere.

Le hanno fatto demolire la sua vec-chia Polo, con cui per anni si era pre-sentata in Associazione, ma c’è chil’ha incontrata alla guida del gipponedella figlia. Poi le ginocchia hanno de-ciso di farle male ed è arrivato il mo-mento di lasciare la patente, ma chipoteva fermarla? Con una carrozzinaelettrica andava, come diceva lei, “amanetta” dalle amiche del GruppoVolontarie di Burago. Qualcuno, conil sorriso sulle labbra e tanto amorenel cuore ha anche detto che era un“pericolo pubblico”.

Evvaiiii, che persona meravigliosasei stata, sarà impossibile dimenti-carti Franchina.

CI HA LASCIATO FRANCHINA

Burago. Un impegno che dura nel tempo.Il Gruppo di Burago è nato in seguito ad un incontro, quello legato alla

malattia e poi alla scomparsa del padre dell’attuale responsabile, RosannaVisconti. “Vivere è entrata nella mia famiglia nel 1995 quando i medici hannoaiutato mio padre e poi anche mia madre – spiega –. Da quell’incontro si ècreato un piccolo gruppo di volontarie, tra cui l’ex responsabile, Franchinache proprio quest’anno ci ha lasciati. All’inizio, giovani e più numerose, citrovavamo la sera per preparare lavoretti da esporre nei banchetti per la rac-

colta fondi. Poi,visto il moltipli-carsi delle asso-ciazioni sul ter-ritorio, l’inte-resse ed il contri-buto della genteè venuto a man-care”.

Ora non sonorimaste in molte,ma chi ancoraopera nel grup-po svolge un la-voro prezioso,perché continuanel tempo.

UNA VITA PER VIVEREAIUTANDO A VIVERE

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’’E

ra con noi dalla nascita di Vi-vere e pareva normale che ri-manesse sempre con noi, maaveva quasi 97 anni, anche se

parlare con lei era un normale chiac-chierare con un’amica: uno scambiodi pareri e battute, qualche risatacome se non ci fosse differenza d’età.

Francesca Ronzio, ma per tutte noi

Da ragazza ho conosciuto coluiche poi diventò mio marito, il mioamatissimo Gianni, da lui tuttoho imparato, in quantomolto sportivo, bravoe pratico di montagna.Mi ha iniziato allo sci,alle escursioni ed allearrampicate e io conmolta volontà seguivotutto contanta passione

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5VIVERE aiutando a VIVERE

Èormai risaputo come il ter-mine palliativo derivi dal la-tino pallium, ovvero mantello.L'immagine del manto a si-

gnificare l'abbraccio di cure atte ad av-volgere e proteggere il paziente e lasua famiglia, è insita nello stesso sen-tire degli operatori di cure palliative enon può che conferire lustro al ter-mine palliativo, se riflettiamo che infondo gran parte della nostra opera ècostituita dal “caricarsi” sulle spalle ilpaziente e la sua famiglia. Il pallioquindi, non solo ci comunica l'im-portanza di avvolgere il malato e lasua famiglia con le nostre cure: ci diceanche di caricarseli sulle spalle. Èun'immagine di profondo significato,che ci richiama alla responsabilità dicura, che è responsus-habilitas: capa-cità di dare una risposta alla do-manda.

Se il termine palliativo può quindiritenersi soddisfatto di tali e tante in-dagini riguardo la propria origine eti-mologica, non altrettanto si puòaffermare riguardo il termine cureche lo precede, che ahimè pare quasinon godere dello stesso prestigio, im-portanza e tutela, delle lettere che loseguono. Le cure palliative infatti,sussistono in quanto sostantivo e ag-gettivo qualificativo sono uniti inuna forma di originale simbiosi on-tologico-linguistica: due terminisono inscindibili. È quindi lecitochiedersi: senza una Cura a prece-dere, esisterebbe qualcosa di vera-mente Palliativo? Probabilmente no.I malati, centro e ragione d'esseredelle nostre cure, li Curiamo, non liPalliamo come tante palline da ten-nistavolo; anche se la cosa ahimè tal-volta avviene, nella medicinaultraspecialistica che ha smarritol'unità del sapere.

Bello allora scoprire come il ter-

“CURE PALLIATIVE”,UN MONDODA CONOSCEREItinerari etimologicie riflessioni alla ricercadi parole che educano

mine Cura si riveli affascinante, stra-ordinario, carico anch'esso di mil-lenni di storia e di significato. Derivada Ku-Kav, un termine sanscrito chesignifica Osservare. Alla mente ritornauna famosissima frase di Alexis Car-rel, premio Nobel per la medicina nel1912, il quale affermò che molta os-servazione e poco ragionamento,conducono alla verità. L'osservazioneè infatti base del processo medico: al-trimenti non si parlerebbe di “Occhio”clinico, bensì di “Orecchio” clinico, ochissà che altro. Cur è la radice del vo-cabolo curiosità: cur-iositas, ovvero lanecessità, il bisogno, il desiderio ine-stinguibile di chiedersi il perchè delle

cose, indagarne l'origine e il fine.Senza esagerare però: irrequietezzadel sapere sì, ansia di conoscenza vabene, ma se si esagera e la ricerca èsolo fine a sè stessa... Dante insegna,si rischia di fare la fine di Odisseo, Di-vina Commedia, inferno, canto XXVI.E' un messaggio importante, fonda-mentale: le cure non si spingano mai“Più in là”... E non si tratta di solo ac-canimento terapeutico, vero? Perchénon fare un esame di autocoscienzasull'accanimento palliativo? Ma que-sta è un'altra faccenda.

Quanto al “Desiderio” di curare...Desiderio è vocabolo che deriva dade-sidera, che potremmo tradurrecosì: Senza stelle. Pare che gli antichiaruspici, nel rivolgere lo sguardoverso la volta stellata tentando di in-terpretarne i messaggi, si disperas-sero letteralmente, quando una coltredi nuvole nascondeva lo splendoredel firmamento, ovvero quando ilcielo diventava de-sidera, cioè senza-stelle. Desiderare di curare un pa-ziente assume allora il significato diun progetto costituito già in origineda uno sguardo verso l'alto, anche secon i piedi ben piantati a terra; quasia dire che, seppure partendo da os-servazione, saggezza e ragionamento,non può esistere cura senza un dise-gno di profonda umanità: disposto,ovvero “Posto in atteggiamento diservizio”, a condividere con il pa-ziente lo smarrimento di stelle oscu-rate dalla coltre di sofferenza dellamalattia e del dolore. Ecco perché èfondamentale relazionarsi e con-side-rare il paziente, cioè Ridargli le stelle

L’INTERVENTO

✒ di MATTEO BERETTA* ✒

n continua a pagina 6

Matteo Beretta.

Ambulatorio di cure palliative.

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6 VIVERE aiutando a VIVERE

guardandole insieme: costruire unarelazione con il paziente, mio pros-simo nell'attimo presente della rela-zione curativa, per riconsegnare nellesue mani una speranza smarrita. Ilprossimo, scrisse ancora il cardinalMartini, non è solo una persona, maanche e soprattutto un atteggia-mento proattivo verso l'altro, comenella parabola evangelica del buonsamaritano: non a caso, alle cure pal-liative è specificamente richiesto unatteggiamento proattivo. Oltre a SanMartino come patrono delle cure pal-liative, l'icona del buon samaritanopotrebbe forse fare al caso nostro,quanto a immagine rappresentativadella nostra realtà di cura: personal-mente trovo per nulla denigrante,tutt'altro, che si parli spesso delleunità di cure palliative come di servizispecialistici.

In una visione di unità del sapere,un filo unico lega ogni cosa: cura, de-siderio, speranza, osservazione, soli-darietà, relazione, ascolto... Poniamotutto ciò sulla superficie di una sferaideale che rappresenti la relazione dicura: l'uomo è sempre al centro. Ciòche collega il centro di quella sfera atutto ciò che sta sulla sua superficie, èrelazione curativa.

Ogni relazione è un viaggio nuovo,unico e irripetibile: così è il viaggio in-sieme al paziente, così è la relazionedi cura. È bello pensare che nell'unitàdel sapere, scienza ed etimologia, sto-ria e medicina, filosofia e arte... Tuttoconcorre al bene. Chissà: come nelDiario di un curato di campagna, po-tremo arrivare ad affermare con Ber-nanos che infine, “Tutto è grazia”.Avanti così, amatissime cure pallia-tive: voi siete chi abbiamo curato, chistiamo curando e chi cureremo. Do-nateci curiosità, desiderio, unosguardo verso l'alto; donateci paroleche curino. Parole che educhino.

* Direttore Unità Operativa Cure Pal-liative ASST Vimercate / Hospice Gius-sano.

Continua da pagina 5

“CUREPALLIATIVE”,UN MONDO DACONOSCERE

Raccontano le loro esperienze tra una battuta di spirito e uno sguardo ve-lato di tristezza. Giuliano, Remo, Paolo, Roberto, Franco, Maurizio, Marco,Erino e Adriano sono gli uomini addetti al trasporto presidi: sono il primovolto dell’associazione che giunge nelle case dei malati e pertanto svol-

gono un ruolo fondamentale. Vedono situazioni gravissime, famiglie nella dispe-razione, uomini, donne che stanno arrivando al capolinea della loro vita, eproprio per questo devono agire con professionalità e tanta discrezione. Una pa-rola, uno sguardo fuori posto e il rapporto con la famiglia è già compromesso. Maloro continuano a mantenere un alone di serenità: è necessario mostrarsi tran-quilli e sorridere con chi soffre. Dà speranza.

E quando escono dalle case dei pazienti, ciò che hanno visto e sentito deve ri-manere sepolto nella loro memoria, a volte in una sofferenza silenziosa, che nonesce quasi mai, tranne quando c’è la condivisione con lo psicologo dell’associa-zione. “Quando ho iniziato a svolgere questa attività, sono rimasto colpito in parti-colare da contesti in cui il malato era una mamma o un papà di bambini piccoli –racconta con un velo di tristezza Remo Nava –. Era un turbamento forte che mi fa-ceva male. Ora va un po’ meglio, ma certe situazioni sono difficili da sostenere.Quando arriviamo nelle case dobbiamo pesare ogni parola, entrare in punta dipiedi, renderci quasi invisibili, anche se so che il nostro arrivo porta un po’ di sollievoalle famiglie, poiché portiamo presidi che facilitano un poco la vita quotidiana: letti,carrozzine, staffe, comode, sollevatori e tutto ciò che serve al paziente allettato”.

Il gruppo opera dal 1997. All’inizio erano solo in due, ma poi il numero è aumen-tato con il crescere delle necessità. Ora sono nove. Sono tutti in pensione, disponi-bili e del volontariato hanno fatto uno stile di vita: attraverso una gestioneintelligente di turni, non accade mai che la segreteria del Reparto di Cure Palliativechiami e non ci sia qualcuno disponibile a portare i presidi ai malati. Il responsabile,coadiuvato da Mariagrazia Nava, la vicepresidente, è Giuliano Sarti, che si occupadel magazzino come se fosse una sua creatura. È schivo a parlare e per fargli unafoto bisogna insistere. “Noi non possiamo toccare i malati – spiega – e neppure faredelle manovre su di loro: sono persone molto delicate e noi non siamo formaticome OSS e quindi potremmo fare loro del male. Se le famiglie ce lo chiedono,siamo costretti a rifiutare. A questo pensano gli infermieri mandati dall’Ospedale”.

“Noi dobbiamo arrivare subito – dice Paolo Cantù –. I nostri pazienti nonhanno il tempo di aspettare: un nostro ritardo farebbe risultare inutile qualsiasiintervento. Una volta ci è capitato di arrivare in una casa di una persona. Sem-brava che dormisse, ma qualcosa appariva strano e così abbiamo chiamato il me-dico, che non ha potuto fare altro che constatarne il decesso. Siamo qui peraiutare e le persone ci sono molto riconoscenti sia quando arriviamo la primavolta, sia quando dobbiamo portare via i presidi: ci ringraziano per il nostro lavoroe a noi, in tutta la sofferenza, resta tuttavia il senso di avere fatto qualcosa per glialtri senza nulla chiedere in cambio”.

L’INTERVENTO

Da sinistra:Remo Nava,RobertoPerego,Giuliano Sarti,FrancoPerego,MaurizioCereda, PaoloCantù, MarcoPerego. Nonsono presentinella foto, masonoaltrettantopreziosi: ErinoPerego eAdrianoSattin.

✒ di MYRIAM RUSSO ✒

CORE BUSINESS:TRASPORTO PRESIDIE TANTA RISERVATEZZAChi sono e cosa fanno gli uomini addettial magazzino

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L’IMPORTANZADEL DIALOGO

La comunicazione tramedico e pazienteè un passaggiofondamentale per ilbenessere del malato.

7VIVERE aiutando a VIVERE

La comunicazione col malato è untema davvero delicato, centrale esempre attuale. È chiaro che coni nostri malati una parte impor-

tante della comunicazione è occupatadal dare cattive notizie e questo richiedeuna particolare attenzione, per fare sìche lo scambio sia esauriente, ma nontraumatico. Questa capacità si ap-prende tramite un percorso che consi-ste in un parte tecnica, che si puòacquisire anche sui libri ed una partepiù personale di confronto interiore contemi difficili, quali la malattia e la morte.

Oggi leggi e protocolli, supportati dadecenni di ricerche e interviste, consi-derano un dovere etico e legale quellodi informare i pazienti rispetto alle lorocondizioni di salute.

Se volessimo tracciare una storia diquesta materia, potremmo risalire al1993 con i primi protocolli sistematicisu come dare cattive notizie, quandol’Organizzazione Mondiale della Sanitàha pubblicato un documento Commu-nicating bad news (“Comunicare cat-tive notizie”); possiamo considerarecome centrale in questa riflessione ilpiù recente Protocollo SPIKES, del2000, che ha articolato in sei passi fon-damentali il comunicare cattive notizie,passi che vanno dal prepararsi interior-mente a farlo, al valutare cosa il pa-ziente conosce già, al chiedere allapersona se desidera essere ulterior-mente informata su diagnosi e pro-gnosi, al lasciare spazio a espressioniemotive e ulteriori chiarimenti. Le ac-cortezze sono soprattutto quelle diusare un linguaggio chiaro e compren-sibile per la persona che si ha di fronte,cercando di non traumatizzarla du-rante la comunicazione.

C’è da dire che in questo dibattito,già nel 1997 la Fondazione Florianiaveva redatto la celebre Carta dei Dirittidel Morente, con l’intento di valorizzarela fase informativa per evitare di “mi-nare alla base la fiducia reciproca” traoperatore e paziente.

Arrivando ad una prospettiva più at-tuale, la recente Legge, ovvero la

219/2017 del gennaio 2018, meglio co-nosciuta come “Legge sul consenso in-formato e testamento biologico”, benrisponde all’importante esigenza di tu-telare quello che è un diritto del malato.Questa normativa sviluppa i concettiespressi dall’articolo 32 della Costitu-zione, in cui si tutela la libertà di sce-gliere o rifiutare un determinatotrattamento sanitario, prendendo inconsiderazione le varie casistiche, ov-vero il paziente lucido, il paziente inca-pace ed il minore.

Un argomento molto interessante atal proposito è proprio la comunica-zione col minore: si pensa che il bam-bino in particolare non debba essereesposto a contenuti dolorosi rispettoalla propria salute e che non abbia glistrumenti per potersi esprimere in unascelta. Storicamente questo dibattito haconosciuto una fase molto significativanegli anni Ottanta, quando l’oncoema-tologo Jankovic iniziò a Monza, perprimo in Italia, a creare un metodo perpoter comunicare la diagnosi di leuce-mia ai bambini, utilizzando appositi di-segni e metafore. Lo scopo era quello dipoter ascoltare e, con la giusta guida,coinvolgere il bambino di qualsiasi etànel percorso di cura. Sarebbe infatti

✒ di EDOARDO RIVA* ✒

oggi anacronistico iniziare un tratta-mento sanitario anche importante suun minore senza averlo informato econsultato, con parole e concetti com-prensibili alla sua età.

Per completare infine questo qua-dro, citerei un altro importante docu-mento, australiano, ma adottato dallaSocietà Italiana di Cure Palliative, dal ti-tolo Linee guida per la comunicazionedella prognosi e di argomenti connessialla fine della vita con adulti affetti dapatologie in fase avanzata e a limitataaspettativa di vita e con i loro familiari.Si elencano, nel contributo, esempi difrasi e domande da porre al pazienteper raggiungere quello che viene vistocome obiettivo, ovvero un livello diconsapevolezza del proprio stato di sa-lute soddisfacente per il paziente.

Lo scopo di tutto questo è quello dipermettere al paziente, con il giustosupporto e accompagnamento umanoe professionale, di esercitare i suoi di-ritti nel partecipare alle scelte di curache lo riguardano ed esprimere i suoidesideri rispetto a come valorizzarequella che per lei o lui è qualità di vita.

* Psicologo dell’Unità di Cure Palliativedell’Ospedale di Vimercate

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CURE PALLIATIVE DOMICILIARISono cure rivolte a pazienti in fase terminale di malattia.

Vengono attivate su richiesta del Medico di Medicina Generale, dello Specialista o su richiesta del paziente stessoo suo familiare e vengono erogate dopo valutazione da parte dell’equipe medica.

Per informazioni chiamare lo 039 6654422 da lunedì a venerdì dalle ore 8.30 alle ore 15.30.ATTENZIONE!!!

NESSUNO È AUTORIZZATO A RACCOGLIERE DENARO A DOMICILIO A NOME DI “VIVERE AIUTANDO A VIVERE”

8 VIVERE aiutando a VIVERE

nContinua da pagina 1

Un soffio nel tempo,ma tanta stradapercorsa insiemeai pazienti e via così. Ovvia-mente tutto questo è stato possi-bile solo in presenza di personemeravigliose, che hanno dedi-cato parte del loro tempo all’As-sociazione, persone senza lequali non potremmo esistere edalle quali va il mio più profondoringraziamento, perché se oggisiamo ancora qui è certamentedovuto a loro e non certo a me.

Termino con l’augurio che iprossimi 25 anni siano così ricchidi soddisfazione, come lo sonostati i primi, perché è fondamen-tale… Vivere aiutando a vivere!!

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