walter genua - oltre la realtà - catalogo della personale
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"OLTRE LA REALTA’"Personale diWALTER GENUAa cura di Francesca Della Ventura e Tommaso Evangelista25 ottobre / 23 novembre 2013Inaugurazione venerdì 25 ottobre 2013 ore 18.00Apertura tutti i giorni 10.00-13.000/15.00-19.00Ingresso liberoGalleria Artes ContemporaneaViale Elena, 60 – CampobassoTorna ad esporre a Campobasso, dopo due anni dall’ultima mostra, da venerdì 26 ottobre il maestro Walter Genua in una personale alla galleria Artes Contemporanea di Vincenzo Manocchio. Il pittore molisano, storico esponente del gruppo di artisti campobassani, sempre in prima linea in lotte e scontri per l’affermazione di un’arte libera da dilettantismi e stereotipi, per l’occasione presenterà un ciclo con le nuove pitture di carattere metafisico. Contemporaneamente sarà allestita anche una piccola retrospettiva di lavori storici che farà vedere inedite opere scultoree e del periodo pop. Il rapporto di Genua con la metafisica inizia negli anni Novanta e si sviluppa secondo indirizzi di originalità e individualità, con un’attenzione all’analisi e allo studio degli elementi della storia artistica locale. Affascinanti ed evocative le tele del maestro aprono a nascosti orizzonti di senso, in sospesi equilibri di tempo e di spazio. La mostra, curata dai critici e storici dell’arte Francesca Della Ventura e Tommaso Evangelista, sarà inaugurata da un convegno dove diverse personalità del mondo dell’arte e della cultura indagheranno la vicenda artistica e umana del pittore. Interverranno il prof. Augusto Massa, l’arch. Emilio Natarelli, il dott. Giuseppe Pittà, la prof.ssa Lucia Lagioia, la dott.ssa Francesca Della Ventura.TRANSCRIPT
Contro la metafisica
Omaggio a Walter Genua
Il percorso di Walter Genua è estremamente complesso e affascinante poiché è tipico dei grandi maestri,
degli sperimentatori sulla forma e sul linguaggio, una perenne ricerca che li conduce per le vie nascoste della
poetica che ognuno si porta dentro e che matura, con fasi e intervalli diversi, ad ogni cambiamento del sistema
e dei fattori. L’artista ad ogni modificazione del contesto sociale e politico ha risposto con un’indagine differente
cercando di cogliere, nello spirito del tempo, frammenti di un discorso ispirato iniziato dai tempi della forma-
zione a Napoli, prima presso l’Istituto d’Arte e successivamente presso la gloriosa Accademia di Belle Arti,
quando lo studio sulla forma significante, portatrice di istanze collettive di riscatto e liberazione, andava a sca-
vare nel cuore pulsante di una resistenza da compiere e mettere in pratica anche e soprattutto con i mezzi
dell’arte. Per essere cittadini e artisti consapevoli bisognava sporcarsi le mani con la terra e il vissuto, e il ritorno
alle origini era il momento più importante di ogni nuovo inizio. Il periodo della contestazione, pertanto, è stato
illuminante, quando si è voluti uscire dal “sottobosco” della Provincia esclusivamente con la forza della parola
e dell’azione. Insieme ad Antonio Pettinicchi, altro grande padre dell’arte molisana e in lotta perenne contro
la disgregazione del corpo infermo degli ultimi, aveva contrastato già nel 1959 le mostre ENAL che si organiz-
zavano a Campobasso come vuoti contenitori di maniera: «Purtroppo, quello che qui è esposto in pompa
magna, non è altro che una marea di quadri e quadretti che non dicono niente perché in essi non è racchiuso
nessun messaggio, dato che gli autori o sono dei pedissequi imitatori della natura o sono cattivi imitatori di
quei capi scuola»1. Il risveglio dell’ambiente avviene attraverso la parola, senza retorica o programmatica rot-
tura ma seguendo una critica lucida e un contrasto stimolante: la “pseudo-cultura” di matrice borghese viene
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1 In A. Cirino, Il Sottobosco, Campobasso 1965, p. 82.
a cedere sotto i colpi e i corpi dell’arte, e le sculture di Genua, materiche, monumentali, arcaiche, dolci e in-
quietanti allo stesso tempo, come le incisioni scavate dal nero di Pettinicchi, sono delle icone perfette di quegli
anni. Il Gruppo ’70 (Genua, Massa, Mastropaolo, Pettinicchi) è il primo gruppo con un manifesto e un intento
programmatico nato in terra molisana. Nel testo, ricollegandosi a istanze socio-politiche e alle tante battaglie
progressiste che sempre più spesso influenzavano l’arte del periodo, intesa ora come autentico campo di lotta
e liberazione contro sperimentalismi di stampo ludico-scientifico ritenuti espressioni della cultura neo-capi-
talista, gli artisti tracciano poche ma incisive idee legate alla funzione della pittura nella società: «Crediamo
insomma all’artista come produttore di cultura o messaggi che metta a disposizione della società il suo lavoro
in un continuo rapporto dialettico e con-creativo». In quell’occasione si era scoperto Pop nella serialità arti-
gianale delle forme sovrapposte. Escluso dalla XIV Mostra Contemporanea di Termoli, nel 1969, per la scultura
iperrealista di un incidente stradale, con un morto coperto dal lenzuolo, anticipando le post-moderne instal-
lazioni ironico-surreali di Cattelan, con Mastropaolo aveva trasfigurato a Campobasso il Presepe in un’ambien-
tazione di confine, al grido di “Lasciate cadere le armi”, per protestare contro gli orrori delle guerre. La lotta
di trincea, fatta con le armi della pittura e della scultura, accende lo sguardo degli ignari fruitori, pur essendo,
nei fatti, postdatata: «Forse siamo stati e siamo un po’ cattivi, perché senza peli sulla lingua, abbiamo sviscerato
tutto quello che pensavamo e pensiamo dell’ambiente artistico ufficiale. Sappiamo che la nostra, nonostante
tutto è una battaglia di retroguardia, ma noi dobbiamo assolutamente vincere la nostra, per aprire più ampi
orizzonti alla nostra regione»2. Ciò che manca in generale all’arte di oggi è quella forza di fare sistema, di creare
gruppi e dibattiti, anche feroci e ingiusti, ma di essere nello spazio immateriale di confine tra realtà e imma-
ginazione; ciò che mancano sono i gruppi di artisti che si ritrovano dietro istanze “politiche” di scontro poiché
ogni azione, come ogni segno sulla tela o sulla pietra, è prima di tutto gesto ed evento indissolubilmente legato
al territorio e al contesto in cui avviene. L’arte molisana deve molto, nei principi generali, alle opere e alle bat-
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2 W. Genua, Scritti corsari di un artista di provincia, Campobasso 2003, p. 69.
taglie di Genua per questo il titolo, volutamente polemico, è contro la Metafisica che ha sottratto l’artista dal
campo di battaglia. Dagli anni Novanta Walter, sia per problemi di salute sia per nuove ricerche, scopre prima
i principi dell’alchimia, come teorizzati da Calvesi in un celebre testo, per poi innamorarsi della Metafisica di
De Chirico. E’ una scelta radicale, tutta incentrata sulla pittura, che lo allontana dalla lotta per una riflessione
intima, quasi una ricapitolazione, di un’intera esistenza sacrificata sull’altare delle Muse. I contesti e le condi-
zioni erano cambiate, gli artisti anche, ma la ricerca nello spazio ossessivo dato da prospettive inesatte stimola
un distacco dall’ambiente contingente, con relative lotte e dichiarazioni, per un’accettazione totale della me-
moria come canale unico di riflessione sull’Idea. La memoria delle forme ma soprattutto della Storia, che si
traduce in palinsesti densi come manuali d’arte, dove l’antico, nella sua condizione di nume originario e ar-
chetipico, domina con la ieraticità degli sguardi e delle strutture le distanze tra le opere, creando l’asettico si-
stema di oggetti che ci conducono allo spaesamento. L’ignoto celato nell’accumulo e il mito che si veste delle
fogge del contemporaneo per continuare a raccontare storie, come quelle di un’arte molisana che Genua ha
sempre studiato per viverla appieno nel momento creativo. Come nel ciclo delle Allegorie di Guttuso le citazioni
di opere diventano grammatica vivente, che pulsa nella raccolta e nella narrazione, nella geometria e nel per-
turbante, per mascherare i silenzi del passato. «Tutto ciò che può essere immaginato è reale» diceva Picasso.
In questo caso tutto ciò che è riprodotto, accumulato, celato o nascosto, è l’autentico reale per Genua in questo
periodo della sua esistenza. Lontano dall’azione, e dalla resistenza che metteva a fuoco le contraddizioni della
società consumistica, scopertosi isolato e solo si è rivolto alla Metafisica sublimando la terra molisana in una
scena di maniera che si giova del tempo per diventare reminiscenza. Dal campo e dalle gallerie alla scatola
prospettica dechirichiana, antirinascimentale e assoluta nell’annichilimento dello spazio. E’ forse l’estrema ri-
flessione di un grande artista molisano. In fin dei conti ogni lotta conduce prima o poi alla vertigine della lista.
Tommaso Evangelista
Raccontare l’Oltrerealtà
Walter Genua e la Metafisica
Seppur la metafisica sia la stagione artistica attorno alla quale ruotano gli ultimi anni di sperimentazione
pittorica del molisano Walter Genua, nel percorso della mostra sono state inserite altre opere che riconducono
alle diverse fasi del suo itinerario artistico.
Le sculture rimandano al periodo di formazione presso l’Accademia di Napoli con Lelio Gelli ed Emilio Greco;
due opere attestano, invece, la sua adesione verso la metà degli anni Sessanta alla Pop Art, linea di unione, in
quegli anni, tra la scultura e la pittura, tra il tridimensionale e il bidimensionale; un’opera degli anni Novanta
evoca lo studio sul disegno effettuato durante gli anni dell’Accademia, base imprescindibile per lo sviluppo di
quella linearità e plasticità che si ritrovano in tutte le opere di Genua, qualsiasi sia il mezzo tecnico pittorico
utilizzato.
Le sperimentazioni pittoriche di Walter hanno toccato quasi tutti i punti salienti dell’arte italiana del secondo
dopoguerra, imponendosi anche come espressioni vive e fedeli dei suoi operare e sentire politici e sociali, in-
dissolubilmente legati alla terra molisana, genitrice dei soggetti contadini, colti nella loro umile, ma dignitosa
attività quotidiana.
La sua arte è frutto di attente riflessioni e meditazioni sul contesto artistico contemporaneo molisano ed
extraregionale, sui movimenti storici del primo Novecento e tutto ciò che ha contribuito a fornire le basi ideo-
logiche e pittoriche degli artisti che maggiormente lo hanno colpito.
E’ il caso della metafisica, su cui l’attenzione di Genua è rivolta oramai da oltre vent’anni e che ha significato
per lui uno studio approfondito dell’opera dei due fratelli De Chirico, Giorgio e Alberto Savino, di Carrà e delle
radici che sono alla base dei loro percorsi pittorici: la pittura mitologica tardoromantica di Böcklin e la filosofia
del mondo dionisiaco di Nitzsche. Il mondo costruito da Genua è ermetico, difficile da comprendere se non vi
fossero i titoli delle opere a esplicarne una parte. L’osservazione di ogni tela necessita di un proprio tempo e
ciò conduce il visitatore in un’atmosfera sospesa, la stessa che avvolgeva le architetture mentali di De Chirico,
costituite da diruti templi greci, favole degli dei, larghe piazze, chiese. Quella di Genua è, però, un’atmosfera so-
spesa positiva e non inquietante: i colori scelti sono brillanti e luminosi e fanno risplendere l’oltre realtà raccon-
tataci. La magia alchemica che tanto lo ha appassionato negli ultimi anni di studio e di cui la metafisica è il suo
approdo naturale si estende alla superficie intera del quadro e nessuno dei suoi colori ne perde la luce.
La “pietra filosofale” alchemica , così come egli stesso la definisce, è alla base di ogni composizione meta-
fisica la cui figurazione vuole essere riduzione della materia dall’informe alla forma, possibile mediante un
processo “spirituale” di ascesa verso la bellezza e la liberazione dell’idea. “L’artista dunque nel suo operare
procede come l’alchimista, in quanto anch’egli svolge la sua azione per fasi successive fino a raggiungere la
“sublimazione” della materia, che per l’alchimista è l’ “opus” .
Il superamento del tempo e dello spazio che viola le costrizioni delle coordinate fisiche si raggiunge attra-
verso più stati meditativi attraverso la tensione all’ascolto della realtà “altra” nel silenzio e nell’immobilità, e
lo spaesamento ottenuto attraverso le immagini della sospensione del tempo, il mescolarsi dell’antico e del
moderno, lo spazio architettonico vuoto ma pieno di riflessioni sulla storia dell’arte – come possono esempli-
ficare le tele di Picasso – e particolari ricordi, quali possono essere i frammenti di antico tratti da monumenti
storici della città di Campobasso e dei paesi molisani o le vedute del Castello Monforte che accompagnano i
templi greci e le divinità delle sue tele.
Lo spazio metafisico è costruito con una prospettiva geometrica che ha più punti di vista e di fuga, confon-
dendosi con gli stessi personaggi e oggetti rappresentati. Il principio logico della realtà si ribalta nel principio
del non logico e contribuisce a creare nel visitatore un ulteriore spaesamento dovuto sia alla prospettiva uti-
lizzata, sia all’accostamento di elementi appartenenti ad epoche diverse, e sia, infine, alla presenza di elementi
alchemici e “metafisici” come l’ouroboros (l’onnipresente serpente che si morde la coda, simbolo dell’infinito),
il pesce - simboleggiante il dio greco Hermes, protettore degli artisti -, scatole enigmatiche, manichini… I vari
elementi sono raffigurati nel loro volume essenziale, plasticamente definiti da un contorno netto e da un
colore appena contrastato da luce e ombra. La grande quantità di oggetti, edifici, personaggi desunti dall’an-
tichità classica sono scelti dal pittore a seguito di un’attenta indagine nell’archeologia greca e romana da cui
ha desunto molti dei frammenti antichi dell’”età d’oro” raffigurati nelle sue tele
La ricerca pittorica in corso di Walter si pone all’interno di una rivalutazione della stessa arte metafisica
iniziata soltanto negli anni Settanta ad opera di Renato Guttuso, che scrisse un lungo articolo sulla figura di
De Chirico. A distanza di cinquant’anni affermò che De Chirico era il solo pittore italiano ad aver parlato delle
cose senza alienarsi da esse e ad aver detto parole nuove agli uomini attraverso le cose. Guttuso nel 1976 ri-
torna sul tema della metafisica a cui dedica le due versioni del Caffè Greco, e lo stesso Guttuso sarà più volte
in Molise influenzando i giovani pittori locali aperti ai nuovi venti dell’astrattismo e della neoavanguardia ita-
liana. Persino Andy Warhol, negli anni Ottanta, definirà proprio la Metafisica come la matrice linguistica della
Pop Art: il prelievo dal quotidiano degli oggetti e nello spostamento di questi su una sfera più alta dell’arte è
esattamente ciò che avviene nel processo subito dagli oggetti raffigurati da Warhol. La metafisica, quindi, di-
viene un approdo naturale per Genua, non solo per gli studi alchemici, ma anche perché corona un percorso
di sperimentazione costituito da diverse stagioni pittoriche di cui, in Molise, è stato protagonista insieme a
personalità come Pettinicchi, Mastropaolo, Massa, Pizzanelli.
La comprensione dei soggetti metafisici non è così scontata come sembrerebbe. De Chirico, infatti, conscio
di tali complicazioni, scrisse nel settembre del 1915, al gallerista Paul Guillaume che quella dei “metafisici” è
una condizione superiore e rara perché per entusiasmarsi delle cose metafisiche bisogna avere “un’intelligenza
rara”, un vero e proprio “dono degli Dei”, i quali permettono all’uomo di vedere la dolce e divina felicità qua-
lunque sia il destino della vita. Ed è questa la condizione ultima in cui si trova l’osservatore di fronte alle opere
metafisiche di Walter Genua.
Francesca Della Ventura