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la LetteraturaLaterza Dal Seicento al Primo Ottocento LETTERATURA DI BASE 2 2

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Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

laLetteraturaLaterza

Dal Seicentoal PrimoOttocento

In copertina: Caravaggio, Canestro di frutta,

1596 ca., Pinacoteca Am

brosiana, Milano

Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (oopportunamente punzonato o altrimenti contrassegnato),è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUI-TO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizionevietati: art. 17, c.2 l. 433/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R.26-10-1972, n. 633, art. 2, lett. d). Esente da bolla diaccompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n. 627, art. 4, n.6). Euro 30,00 (i.i.)

LETTERATURA DI BASE

Editori Laterza

0832

LETTERATURA DI BASE

2

2

laLetteraturaLaterza

laLetteraturaLaterza

Dal Seicentoal PrimoOttocento

2

Dal Seicentoal Primo Ottocento2

ISBN 978-88-421-0832-0

laLetteraturaLaterza

Dal SecondoOttocentoa oggi

3

Dal SecondoOttocento a oggi3

ISBN 978-88-421-0833-7

laLetteraturaLaterza

Dalle Originial Cinquecento

1

ISBN 978-88-421-0831-3

Dalle Originial Cinquecento1Antologia della«Divina Commedia»+

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Secondo SettecentoLo scenario

Età delle riforme in vari Stati europei; i despoti 1750-1780 illuminati.1751-1766 Diderot e d’Alembert pubblicano l’Enciclopedia.1773-1776 Guerra di Indipendenza delle colonie americane.1788 Costituzione degli Stati Uniti d’America.1789 Stati generali in Francia.

Inizia la Rivoluzione francese: abolizione del regime feudale, Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, monarchia

1789-1791 costituzionale.Seconda fase: esecuzione di Luigi XVI, è

1791-1793 proclamata la repubblica.Terza fase: Robespierre e i giacobini al potere;

1793-1794 il Terrore.Quarta fase: Robespierre è ghigliottinato;

1794 il potere passa alle forze borghesi.1796 Napoleone in Italia.1797-1799 Repubbliche giacobine in Italia.

Repubblica Partenopea a Napoli; reazione borbonica a Napoli; colpo di Stato in Francia;

1799 Napoleone primo console.Codice civile napoleonico; Napoleone

1804 imperatore.Napoleone sposa Maria Luisa d’Austria; l’Europa

1810 continentale è sotto il controllo francese.Inizia la campagna di Russia; Napoleone a

1812 Mosca. Inizia la ritirata.1813 Napoleone sconfitto a Lipsia.

Napoleone esule nell’Isola d’Elba; i sovrani 1814 rientrano nei loro regni. Congresso di Vienna.

Napoleone rientra in Francia e riconquista il potere. Battaglia di Waterloo (giugno).Napoleone esiliato a Sant’Elena. Si chiude

1815 il Congresso di Vienna.

GLI EVENTI

La seconda parte del Settecento segnò, pertanti aspetti, la nascita del mondo moderno;

infatti alcuni eventi aprirono nuove prospettivestoriche e culturali: la rivoluzione industriale, iltrionfo della ragione illuminista, la crescita dellaborghesia, la rivoluzione e l’indipendenza degliStati Uniti d’America, la Rivoluzione francese.Le conquiste del pensiero scientifico e filosoficofecero crescere nel corso del XVIII secolo unatteggiamento razionalistico che coinvolse stratirilevanti della borghesia europea: nasce cosìl’Illuminismo, che conobbe il massimo svilupponei decenni tra il 1750 e il 1780. Esso trae ilnome dal compito chiarificatore affidato all’usocritico della ragione, in grado di sottoporre larealtà ad un’analisi libera dai condizionamentidella religione, dell’autorità degli antichi o dellatradizione, e può contribuire alla «felicitàpubblica». In nome di questi convincimenti gliilluministi lottarono per le riforme, la diffusionedel sapere, il miglioramento delle condizioni divita e per l’emancipazione dalla superstizione,dal fanatismo.Protagonista dell’Illuminismo fu un nuovointellettuale, il philosophe, che riassume in sé glielementi del nuovo ideale umano, le qualitàmorali, le virtù civili, la curiosità, l’indipendenzadi giudizio. Al centro dell’esperienza illuministac’è la grande impresa dell’Enciclopedia did’Alembert e Diderot.A partire dal 1780 la forza innovativadell’Illuminismo si esaurisce; la crisi si manifestacon la Rivoluzione francese: la Dichiarazione deidiritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 riprendeidee illuministe, ma gli eventi successivimettono in crisi l’ideologia delle riforme.La Rivoluzione francese, dopo la prima fase allaquale parteciparono le masse popolari e che siconcluse con l’esecuzione di Luigi XVI e il Terroregiacobino, imboccò decisamente una stradanuova dal 1795: emarginate le forze popolari, la

IN QUESTA SEZIONEModuli Storico-culturali• L’Età dei Lumi e delle rivoluzioni / L’eredità del periodo• L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo / L’ereditàdel periodo

Autori• Carlo Goldoni • Vittorio Alfieri • Ugo Foscolo

Opere• Enciclopedia / dall’opera al tema L’importanza sociale della «virtù»(ma anche del «vizio») nel Settecento• Il Giorno di Giuseppe Parini

Genere• Le origini del romanzo

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Illuminismo È il movimento culturale che domina laseconda metà del Settecento; il «Lume» al quale rimanda ilnome è quello della ragione, che squarcia le tenebredell’ignoranza e della superstizione. Gli illuministi ebbero loscopo di creare un sapere capace di migliorare le condizionidell’umanità e di incidere sulla vita pubblica; per questo alcunidi loro collaborarono con i monarchi europei per avviareriforme che furono un importante passo verso lamodernizzazione della società. Tutti gli illuministi si sentivanopartecipi di questo comune slancio culturale, al di là dellediverse componenti nazionali, e il movimento fu cosmopolita,in quanto questi intellettuali si sentivano «cittadini del mondo».

Rivoluzione industriale Negli ultimi decenni delSettecento, in Inghilterra, si mise in moto il processo ditrasformazione del modo di produrre manufatti che va sotto ilnome di rivoluzione industriale. Essa si fonda sullaconcentrazione nella fabbrica di una forza lavoro (operai) fra iquali viene suddivisa la lavorazione, «smembrata» in numeroseoperazioni semplici e ripetitive. La nascita della fabbricamoderna fu dovuta a vari fattori: la possibilità di utilizzare ilvapore come forza motrice delle macchine, le numeroseinnovazioni tecniche e tecnologiche, la presenza di capitalistiche investivano in vista di un profitto.

Sensismo Fu la filosofia che costituì la base teoricadell’Illuminismo. Essa si fonda sulla convinzione che ilpensiero nasce dalla rielaborazione, compiuta dalla mente, deidati che le giungono dai cinque sensi; la mente quindi creacollegamenti fra le «idee semplici» e autonomamente crea le«idee complesse», come i concetti generali e astratti (p. es.quelli di libertà, amicizia, ecc.). Una delle maggiori novità delsensismo fu lo sforzo di spiegare il formarsi del pensierosenza ricorrere a elementi soprannaturali.

Tolleranza È una delle maggiori conquiste intellettualidell’Illuminismo; consiste in un atteggiamento culturale ementale che permette agli individui di non provare disagio e dinon manifestare aggressività in presenza di un pensierodiverso dal proprio. La tolleranza comporta il confronto e ildialogo, lo sforzo di capire le ragioni degli altri, senza perquesto rinunciare a sostenere le proprie.

Pedagogia Nell’ambito del pensiero illuminista fu riservatouno spazio notevole alla revisione del concetto di educazionedei bambini e dei giovani. La conquista maggiore (dovuta ingran parte a Rousseau) fu quella di non considerare più ilbambino un «uomo in miniatura», ma un essere diversodall’adulto, con propri modi di rapportarsi con gli altri e conl’ambiente. Per cui la pedagogia deve sforzarsi per prima cosadi far crescere le naturali propensioni dell’individuo, prima diimporre regole e divieti. Questa è la base di tutta la pedagogiamoderna.

borghesia consolidò le conquiste compiute e ilpotere sull’intera società. In questa fase emerge lafigura di Napoleone; l’Impero che egli riuscì acreare da una parte fu «figlio» della rivoluzione edelle sue idee, dall’altro ne segnò la conclusione conla formazione di uno Stato borghese, fortementeaccentrato. Il crollo dell’Impero napoleonico segnòla rivincita delle potenze europee che siapprestarono a dare un nuovo assetto all’Europanel Congresso di Vienna (1814-15). Il secondo Settecento fu contraddistinto dal trionfodell’arte neoclassica, teorizzata da Johann J.Winckelmann. Il Neoclassicismo ebbe i suoi puntidi forza nelle arti figurative, ma vi fu anche unNeoclassicismo letterario. Tuttavia, questaconcezione artistica non fu univoca: accanto adun recupero dei modelli classici, si affermò unNeoclassicismo che esaltava l’antichità comepatria dei valori civili e morali che tornavano inauge nella società moderna. La Grecia classica fuvista da molti poeti e scrittori come l’immagineideale di una situazione in cui l’individuo era statoveramente libero, come non poteva più esserlo nelmondo moderno. Contemporaneamente simanifestarono, soprattutto in Germania eInghilterra, movimenti artistici e letterari checontestavano quel modo di concepire l’arte; alcunipoeti, critici e scrittori rivendicavano un’idea diarte libera da regole e da modelli da imitare eprodussero quei fenomeni culturali e letterari chesi indicano solitamente come preromantici.

I CONCETTI

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L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo

MATERIALI

CONTENUTI

ModuloStoricoculturale

✔ L’ascesa di Napoleone: dalla campagna in Italia all’Impero.

✔ Le repubbliche giacobine in Italia, cause della loro fragilità.

✔ La proclamazione del Regno d’Italia.

✔ La fine del potere napoleonico e il Congresso di Vienna.

✔ La Francia napoleonica, esempio di Stato moderno e accentrato.

✔ La nascita dell’estetica come disciplina autonoma.

✔ Il Neoclassicismo, un’estetica che non è solo riproposizione di antiche idee, ma sforzo per creare un’arte moderna.

✔ Diversi esiti del Neoclassicismo.

✔ L’estetica del «sublime», una prospettiva diversa.

✔ Il cosiddetto «preromanticismo»: l’anticlassicismo tedesco e il movimento dello Sturm und Drang.

✔ La letteratura in Italia nell’età napoleonica: Parini, Monti, Foscolo.

T1 La Repubblica Partenopea nacqueda una «rivoluzione passiva», da Saggiostorico sulla rivoluzione napoletana del 1799,capp. XV-XVI, di Vincenzo Cuoco

T2 Un generale che nel giorno della vit-toria non dimentica la politica, da Procla-ma di Austerlitz di Napoleone

T3 Il giudizio di un grande storico sul Co-dice napoleonico, da Napoleone di GeorgesLefebvre

l’eredità del periodoT4 Dopo gli «evviva», subito grane per ilLiberatore, da «Gazzetta di Bologna», n. 79,Sabato 22 ottobre 1796T5 La liberazione di Milano nell’entusia-stico ricordo di Stendhal, da La Certosa diParma di StendhalT6 La Grecia antica, patria del bello, diJohann J. WinckelmannT7 Il canto del destino, da Poesie di Friedrich Hölderlin

T8 La notte, I, dai Canti di Ossian tradotti daMelchiorre Cesarotti

T9 Al signor di Montgolfier, da Odi di Vin-cenzo Monti

l’eredità del periodoT10 Prometeo, da Poesie di Johann W.Goethe

T11 Un grande scrittore del Novecentoripensa il mito di Prometeo, da L’estate diAlbert Camus

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I CONTESTI Il contestostorico-politico

1 I La nuova fase della Rivoluzione francese

Terminato, nel luglio del 1794, il predominio giaco-bino con l’esecuzione di Robespierre, le forze politi-che moderate che presero il potere si impegnarono inun lavoro di stabilizzazione e di pacificazione interna, fa-vorito dalla disgregazione dei club giacobini, messi albando. Questa operazione si concretizzò nel 1795con la promulgazione della Costituzione dell’an-no III (della repubblica) che prevedeva il diritto di vo-to solo per coloro che dimostravano di avere un red-dito piuttosto elevato. Il potere esecutivo veniva affi-dato ad un Direttorio di 5 membri che nominava i mi-nistri e che conservava il controllo sulle assembleeelettive che detenevano il potere legislativo. Per certiversi si può dire che la Costituzione del 1795 ha ca-rattere antipopolare e antidemocratico e mira aconsolidare il predominio dei proprietari terrieri, del-le borghesie imprenditoriali e delle professioni: si an-dava così formando la nuova classe dirigente del pae-se, che vedeva emergere al suo interno un gruppo im-portante di banchieri e affaristi che dovevano la lorofortuna alle forniture per l’esercito. La politica del Di-rettorio ebbe un indirizzo chiaro: da una parte la pra-tica di una certa tolleranza verso le diverse posizionipolitiche (ricomparvero sulla scena personaggi chenascostamente o moderatamente si professavanomonarchici, così come si lasciò spazio alla rinascitadi gruppi giacobini); dall’altra l’inflessibile repressio-ne di tutti i movimenti «estremisti». Furono presi acannonate, nelle strade di Parigi, migliaia di insortifavorevoli alla restaurazione della monarchia (otto-bre 1795, operazione in cui si mise in luce Napoleo-ne Bonaparte, allora ufficiale di artiglieria), così co-me fu repressa nel sangue la Congiura degli Eguali, untentativo insurrezionale di ispirazione democraticaradicale che richiedeva l’abolizione della proprietàprivata e di ogni privilegio; Gracco Babeuf, il capo del-la congiura, venne ghigliottinato nel maggio 1797.

2 I L’ascesa di Napoleone Bonaparte

La politica della giovane Repubblica Francese conti-nuava a poggiare fortemente sulla guerra. Da un la-

to, la situazione di continuo scontro militare con lepotenze europee era dovuta al fatto che i sovrani eu-ropei cercavano in ogni modo di scardinare un’espe-rienza rivoluzionaria da loro ritenuta pericolosa,poiché capace di provocare turbamenti negli ordi-namenti politici; dall’altro lato, la classe dirigentefrancese vedeva nella guerra uno strumento perconvogliare l’attenzione delle masse popolari all’e-sterno, per creare una situazione di continua emer-genza che rendeva più facile il governo interno delpaese. D’altra parte, la sicurezza della Francia dipen-deva dalla capacità di creare sui confini dello Statouna condizione favorevole. Le due situazioni da tene-re sotto controllo erano principalmente quelle dellaGermania, dove una serie di piccoli Stati vivevanosotto l’ombra della Prussia e dell’Impero austriaco,e quella dell’Italia. In quest’ottica era necessariosconfiggere l’Austria (la Prussia aveva firmato conla Francia la pace di Basilea nel 1795); per fare que-sto il Direttorio preparò un grande esercito da invia-re in Germania (l’«Armata del Reno») e un’Armatad’Italia, molto meno importante, affidata al giovanegenerale Napoleone Bonaparte (1769-1821). Ingioventù Napoleone aveva assunto posizioni giaco-bine, ma era riuscito a sopravvivere alla caduta diRobespierre soprattutto per le sue capacità di legar-si a personaggi importanti e per l’appoggio di Giusep-pina Beauharnais, vedova di un visconte, ex amante diuno dei membri del Direttorio. La donna, che diven-ne moglie di Napoleone, guidò i primi passi nel diffi-cile mondo della politica parigina del giovane gene-rale, che intanto aveva dimostrato fermezza nellarepressione delle sommosse filomonarchiche. CosìNapoleone ottenne il comando della campagnad’Italia (marzo 1796). La sua armata doveva ave-re, secondo i piani del Direttorio, la funzione di disto-gliere le forze austriache dal fronte principale, quel-lo del Reno, e di fare bottino. Napoleone non si fecescappare l’occasione per mettersi in mostra: le suevittorie furono clamorose, velocissime e straordina-rie per qualità strategica e tattica militare. Sconfittii piemontesi (il re di Sardegna, Vittorio Amedeo III, fucostretto a cedere alla Francia la Savoia e Nizza),batté gli austriaci a Lodi e il 15 maggio 1796 entra-va già a Milano. L’imperatore d’Austria compì untentativo di riconquistare la Lombardia, ma Napo-leone sconfisse i suoi eserciti ad Arcole (novembre),entrò nel territorio della repubblica Veneta (dove siformò una repubblica sul modello francese), riportòun’altra grande vittoria a Rivoli (gennaio 1797),passò le Alpi e giunse fino a 100 chilometri da Vien-

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na. L’Austria chiese la tregua; il papa Pio VI (1775-98) riconobbe il potere francese sull’Emilia e sullaRomagna. Fu Napoleone a dettare le condizioni del-la pace con l’Impero austriaco che fu firmata aCampoformio nell’ottobre del 1797: la Franciaportava i suoi confini fino al Reno; veniva ricono-sciuta l’annessione del Belgio; la Lombardia e l’Emi-lia-Romagna restavano sotto il controllo francese,ma in compenso l’Austria otteneva i territori dellaRepubblica Veneta (tranne Bergamo e Brescia chepassavano alla Lombardia), che perdeva così la suasecolare indipendenza.

Tornato a Parigi da trionfatore e con un peso poli-tico ormai di primo piano, Napoleone, che fin da allo-ra aveva intuito che il vero grande nemico della Fran-cia sarebbe stata l’Inghilterra, ottenne dal Direttoriodi organizzare l’occupazione dell’Egitto. Il paese for-malmente faceva parte dell’Impero ottomano (tur-co), ma in realtà era uno Stato indipendente sotto iMamelucchi, un gruppo di militari. Acquisendo il con-trollo dell’Egitto, Napoleone cercava di interromperele vie commerciali con l’Oriente, fondamentali per l’e-conomia inglese. Sbarcato nel luglio del 1798, il gene-rale condusse il suo esercito al Cairo, dove sconfisse iMamelucchi (battaglia delle Piramidi), ma pochi gior-ni dopo la flotta inglese, comandata dall’ammiraglioNelson, distrusse quella francese davanti ad Abukir,isolando l’esercito di Napoleone, che intanto comin-ciava ad essere decimato dalla peste. Intanto in Euro-pa si era formata la II Coalizione antifrancese (Russia,Austria, Inghilterra, Regno di Napoli), che riuscì acancellare quasi tutte le conquiste francesi in Italia ein Germania e minacciava la stessa Francia. Napoleo-ne abbandonò l’armata d’Egitto e tornò a Parigi, dovela situazione politica era in grande fermento: si parla-va di colpo di Stato da parte del Direttorio per rafforza-re ulteriormente l’esecutivo e modificare la Costitu-zione ritenuta troppo liberale, ma i deputati delle as-semblee elettive si opponevano, forti dell’appoggiopopolare dei parigini. Napoleone, che era ormai l’uo-mo forte grazie al controllo sull’esercito, favorì il col-po di Stato: fra il 9 e il 10 novembre le assemblee elet-tive furono costrette a votare, sotto la minaccia del-l’intervento militare, una riforma della Costituzioneche affidava i pieni poteri a tre consoli (Sieyès, Ducose lo stesso Bonaparte). Nel giro di poco più di un annoNapoleone risolse definitivamente a suo favore laquestione del potere; alla fine del 1799 fu promulga-ta la Costituzione dell’anno VIII, confermata da un ple-biscito (cioè da un voto dei cittadini che la approvaro-no: s L’eredità del periodo, p. 434): Bonaparte era no-

minato Primo Console e riuniva nella sua persona ilpotere esecutivo e legislativo (vari organismi, peraltrocontrollati da lui, avevano solo funzioni consultive odi facciata). Di fatto, la Francia era sotto la dittatura diun solo uomo.

3 I In Italia nascono le «Repubbliche sorelle»

Dopo che nel 1796 le truppe di Napoleone scesero dal-le Alpi e si affacciarono sulla Pianura Padana, la si-tuazione politica nella nostra penisola mutò radical-mente: realtà che si erano mantenute per secoli spari-rono, altre se ne crearono, e indubbiamente si mise inmoto un processo che influì fortemente sul successivodestino dell’Italia. I francesi perseguirono un obietti-vo preciso, quello di creare una serie di Stati satelliteche si reggevano sulla forza dell’Armata d’Italia, le co-siddette «Repubbliche sorelle», che erano sorelle diquella francese solo nel nome, in realtà erano territo-ri di conquista. Nel maggio del 1796, con l’ingresso diNapoleone a Milano, si formò la Repubblica Tran-spadana nei territori lombardi strappati all’Austriae, nel 1797, la Repubblica Cispadana, che com-prendeva il territorio dell’ex ducato di Modena e Reg-gio e quelli tolti allo Stato della Chiesa (Bologna, Forlìe Ferrara). Fu proprio quest’ultima repubblica adadottare per prima il tricolore, bianco, rosso e verde,con una delibera presa a Reggio Emilia. Nello stesso1797 le due repubbliche si univano nella Repubbli-ca Cisalpinacon capitale Milano, mentre nascevanola Repubblica Ligure, la Repubblica Veneta e laRepubblica di Lucca. Col trattato di Campoformiodel 1797 Napoleone aveva deluso fortemente tutti gliitaliani che avevano accolto i francesi con favore, nonsolo per la cancellazione della millenaria Repubblicadi Venezia, ceduta all’Austria, ma anche perché regio-ni importanti come il Piemonte e la Toscana eranostate annesse direttamente alla Francia. Nel 1798 ifrancesi trovarono il pretesto per entrare a Roma e perinstaurare una Repubblica Romana che compren-deva Lazio, Umbria e Marche; il papa Pio VI fu costret-to a trasferirsi in Toscana. Tutte queste repubblichefurono definite giacobine; in realtà non esiste un le-game con l’ideologia giacobina, semplicemente il ter-mine fu usato, soprattutto da chi si opponeva allo stra-potere francese, per indicare i governi favorevoli allaRivoluzione e a Napoleone. La loro vita fu breve e dif-ficile, perché queste «minirivoluzioni» furono quasisempre appoggiate da una cerchia ristretta di intellet-

422 Secondo Settecento

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IMPEROOTTOMANO

IMPEROAUSTRIACO

VENETO

REGNODI

SARDEGNA

DUCATODI PARMA

SVIZZERA

CORSICA

TOSCANA

REPUBBLICA PARTENOPEA

REGNODI SICILIA

REP. DI LUCCA

VESC.DI

TRENTO

REP.LIG

URE

REP. ROM

ANA

Roma

Venezia

MilanoTorino

Firenze

Napoli

Mantova

Genova

Verona

Campoformio

M A RT I R R E N O

M A RI O N I O

M A RA D R I A T I C O

PIEMONTE

REPUBBLICA CISALPINA

domìni austriaciterritori sottol’influenza francese

tuali e di membri della borghesia cittadina che vedevanell’arrivo dei francesi un’occasione per conquistarenuove posizioni di potere e nuove ricchezze. Coloroche inizialmente aderirono alle repubbliche in buonafede, spinti da ideali di rinnovamento e di libertà, pre-sto rimasero delusi, dal momento che i governi forma-ti da italiani agivano sotto tutela dei generali francesiche comandavano le truppe d’occupazione; inoltre, lapopolazione fu costretta a mantenere l’Armata d’Ita-lia, a fornire alloggi e vitto ai francesi. Napoleone poi,per farsi propaganda in patria, diede inizio ad una ve-ra razzia di opere d’arte: carovane di carri viaggiaronoverso Parigi cariche di statue, dipinti, codici antichi,reperti archeologici. Gli italiani acculturati piangeva-no la perdita di tanti capolavori di cui erano stati spo-

gliati palazzi e chiese, ma anche la gente comune di-ventava ostile nei confronti di chi stava rubando im-magini sacre da secoli oggetto di culto e di ammirazio-ne. Questo sentimento popolare antifrancese rendevaancor più isolata la minoranza che cercava di collabo-rare coi francesi e salutava come un bene l’arrivo inItalia degli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità af-fermati dalla Rivoluzione francese. Esemplare, a que-sto riguardo, è la storia della Repubblica Parteno-pea. Mentre Napoleone era in Egitto si era formata laII Coalizione antifrancese che aveva iniziato le ostilità;nelle primissime fasi della guerra i francesi avevanoinvaso il Regno di Napoli, il re, Ferdinando IV, si era ri-fugiato in Sicilia ed era stata instaurata la repubblica(gennaio 1799). Quando le truppe francesi dovettero

Modulostoricoculturale L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 423

L’Italia nel 1799

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ritirarsi, il governo napoletano si trovò ad operarenell’ostilità delle classi popolari, soprattutto dei con-tadini, che non vedevano immediati vantaggi nellanuova situazione (solo nell’aprile fu abolito il regimefeudale e si iniziò una riforma agraria) e furono gui-dati dalla propaganda borbonica, che fece passarel’immagine distorta di un potere repubblicano anti-popolare e antireligioso. In Calabria il cardinale Fa-brizio Ruffo riuscì a raccogliere un esercito di contadi-ni scontenti, ma anche di briganti e avventurieri, fi-nanziato dal re e dagli inglesi, che chiamò Esercitodella Santa Fede; con i sanfedisti risalì verso Napoli, checonquistò nel giugno del 1799. Il re, ripreso posses-so del trono, avviò una repressione durissima, con-

dannando a morte i massimi esponenti della repub-blica; morirono così alcuni degli intellettuali che ave-vano reso vivo il dibattito sulle riforme e sulla moder-nizzazione del Sud d’Italia, come Mario Pagano,Vincenzio Russo, Eleonora Pimentel e France-sco Caracciolo. Altri scamparono alla morte an-dando in esilio in altri Stati italiani o europei. Dalla ri-voluzione napoletana, e dal suo rapidissimo declino,prese spunto lo scrittore politico Vincenzo Cuoco(1770-1823) per denunciare, nel Saggio storico sullarivoluzione napoletana del 1799 (1801) l’astrattezzadell’azione dei patrioti napoletani e il carattere «pas-sivo» della rivoluzione napoletana [s T1], voluta dauna esigua minoranza.

424 Secondo Settecento

VincenzoCuoco, Saggiostorico sullarivoluzionenapoletana del 1799,capp. XV-XVI

La Repubblica PartenopeaT1 nacque da una «rivoluzione passiva»

Vincenzo Cuoco nacque a Civitacampomarano nel 1770; dopo gli studi esercitò l’avvocatura a Napolifino allo scoppio della rivoluzione ed alla proclamazione della Repubblica Partenopea (1799). Ebbe inca-richi governativi, cosa che gli costò la condanna all’esilio quando i Borboni tornarono sul trono (1800).Dopo alcuni viaggi in Francia e in Piemonte, si stabilì a Milano e divenne funzionario della Repubblica Ci-salpina. Dal 1803 al 1806 fu direttore del «Giornale italiano», organo semiufficiale del governo repubbli-cano. Dal 1806 tornò a Napoli, dove era salito al trono Giuseppe Bonaparte che aveva fatto entrare il re-gno nel sistema di alleanze della Francia napoleonica. Quando Giuseppe fu sostituito con GioacchinoMurat, Cuoco collaborò attivamente con lui, occupandosi soprattutto dell’organizzazione giuridica e del-l’istruzione. Traccia di questo impegno si trova nel Rapporto al re Gioacchino Murat per l’organizzazionedella pubblica istruzione nel Regno di Napoli (1809). La fine di Napoleone e la restaurazione dei Borbonifurono un colpo durissimo per Cuoco che, allontanato dalla vita pubblica, impazzì. Morì nel 1823.La sua opera più importante è il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, pubblicato nel 1801e ripubblicato con profonde modifiche nel 1806.Di seguito presentiamo due brevi passi tratti da quest’opera. Nel primo, tratto dal capitolo XV, Cuocoindica alcune delle cause del fallimento della Repubblica Partenopea; in primo luogo, l’eccessivo radi-calismo delle posizioni rivoluzionarie, quindi, gli errori della classe dirigente, che non si rese conto delfatto che la Costituzione francese poteva essere giusta per quel popolo, ma non poteva corrisponderealle esigenze di una nazione diversissima per costumi e tradizioni, come quella napoletana. Il secondopasso, tratto dal capitolo XVI, è una delle pagine di maggiore interesse storico dell’intera opera: l’ana-lisi della situazione politica e sociale della nazione napoletana si allarga all’esame delle due culture se-parate e non comunicanti, quella dell’élite illuminista e quella delle masse. Viene anche introdotto il fon-damentale concetto di «rivoluzione passiva», cioè voluta e provocata da una minoranza; per Cuoco que-sto tipo di rivoluzione non è destinato ad un inevitabile fallimento, a patto che la minoranza rivoluziona-ria sappia e voglia interpretare la volontà della maggioranza, eseguirla e darle uno sbocco sicuro. La ri-voluzione passiva di Napoli fallì perché la classe dirigente non fu in grado di fare tutto questo.

Siccome1 in ogni operazione umana vi si richiede la forza e l’idea2, così per produrreuna rivoluzione è necessario il numero e sono necessari i conduttori3, i quali presenti-

1. Siccome: come.2. in ogni… forza e l’idea: in ogni attivitàumana è necessaria la forza per compier-

la e l’idea che guida la realizzazione.3. è necessario… i conduttori: sono ne-cessari sia la forza delle masse (numero),

sia le idee dei capi che guidino le masse.

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no al popolo quelle idee, che egli talora travede quasi per istinto4, che molte volte se-gue con entusiasmo, ma che di rado sa da se stesso formarsi. (…)

Le idee della rivoluzione di Napoli avrebbero potuto esser popolari5, ove si avesse vo-luto trarle dal fondo istesso della nazione6. Tratte da una costituzione straniera7, era-no lontanissime dalla nostra; fondate sopra massime troppo astratte, erano lontanis-sime da’ sensi, e, quel ch’è più, si aggiungevano ad esse, come leggi, tutti gli usi, tutt’icapricci e talora tutt’i difetti di un altro popolo8, lontanissimi dai nostri difetti, da’ no-stri capricci, dagli usi nostri. Le contrarietà ed i dispareri si moltiplicavano in ragionedel numero delle cose superflue, che non doveano entrar nel piano dell’operazione, eche intanto vi entrarono9. (…)

La nostra rivoluzione essendo una rivoluzione passiva10, l’unico mezzo di condurlaa buon fine era quello di guadagnare l’opinione del popolo. Ma le vedute de’ patrioti11

e quelle del popolo non erano le stesse: essi aveano12 diverse idee, diversi costumi e fi-nanche due lingue diverse13. Quella stessa ammirazione per gli stranieri, che avea ri-tardata la nostra coltura ne’ tempi del re, quell’istessa formò, nel principio della nostrarepubblica, il più grande ostacolo allo stabilimento della libertà14. (…) Siccome la par-te colta si era formata sopra modelli stranieri, così la sua coltura era diversa da quelladi cui abbisognava15 la nazione intera, e che potea sperarsi16 solamente dallo svilup-po delle nostre facoltà. Alcuni erano divenuti francesi, altri inglesi; e coloro che eranorimasti napolitani, che componevano il massimo numero, erano ancora incolti. Cosìla coltura di pochi non avea giovato alla nazione intera; e questa, a vicenda, quasi di-sprezzava una coltura che non l’era utile e che non intendeva17.

Le disgrazie de’ popoli sono spesso le più evidenti dimostrazioni delle più utili ve-rità18. Non si può mai giovare alla patria se non si ama, e non si può mai amare la pa-tria se non si stima la nazione19.

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4. egli talora… per istinto: il popolo riescea intravedere per istinto, non razional-mente. Compare l’impostazione paterna-listica che vede nel popolo qualità legateall’istinto e ai buoni sentimenti, ma gli ne-ga ogni forma di intelligenza politica ra-zionale. Nei pensatori riformisti e mode-ratamente progressisti come il Cuoco pre-vale la considerazione della «genuinità»dei sentimenti popolari, cosa che determi-na la completa responsabilità, nel bene enel male, della classe dirigente.5. popolari: ben accette dal popolo.6. ove si avesse… della nazione: nel casoin cui (ove) ci fosse stata la volontà di de-rivare le idee guida della rivoluzione dal-la base stessa (istesso) della nazione.7. tratte… straniera: (le idee) derivate in-vece da una Costituzione straniera, quel-la francese.8. erano lontanissime dalla nostra… di-fetti di un altro popolo: queste idee eranodel tutto diverse da quelle del nostro po-polo, basate su princìpi (massime) troppoastratti, ed erano lontanissime dalla no-stra sensibilità e, cosa ancor più grave, siaggiungevano a quelle idee, con valore dilegge, tutte le usanze, le stranezze e a vol-te i difetti del popolo francese.

9. Le contrarietà ed i dispareri… vi entra-

rono: le opposizioni e i pareri contrari simoltiplicavano in proporzione alla quan-tità di provvedimenti superflui, inutili,che non dovevano rientrare nel pianodella rivoluzione, ma che intanto vi rien-trarono.10. rivoluzione passiva: è l’espressione sucui ruota idealmente tutta l’opera delCuoco. Con questa egli vuole indicare chela rivoluzione a Napoli non riuscì a coin-volgere le masse, in quanto fu voluta, or-ganizzata e capita solo da un gruppo di in-tellettuali di formazione illuminista. Il ca-rattere di «passività» risultava poi accen-tuato dal fatto che si trattò di una rivolu-zione importata dall’esterno e non si ori-ginò da un moto spontaneo del popolo na-poletano. Infatti, come viene spiegato inaltra parte dell’opera, la rivoluzione «atti-va», per il Cuoco, è quella che nasce dallanazione, secondo una volontà comune, etrova la sua naturale guida nelle classi su-periori.11. le vedute de’ patrioti: il modo di vede-re le cose dei fautori della repubblica edella rivoluzione.12. aveano: avevano.13. diversi costumi e finanche due linguediverse: diversi stili di vita e addiritturaparlavano due lingue diverse; le classi col-

te, infatti, parlavano in italiano o anche infrancese, mentre il popolo usava solo lalingua napoletana.14. Quella stessa… della libertà: l’ammi-razione che le classi colte avevano per leculture straniere, e che già nel periododella monarchia era stata un ostacolo al-lo sviluppo di una cultura autonoma enazionale, costituì anche nel momentoiniziale della Repubblica Partenopea l’o-stacolo più grande all’affermazione dellalibertà.15. abbisognava: aveva bisogno.16. che potea sperarsi: che si poteva spe-rare di ottenere.17. e questa, a vicenda… non intendeva:e la cultura popolare, a sua volta (a vicen-da), quasi disprezzava la cultura delleclassi colte, che non le era di nessuna uti-lità e che non capiva.18. Le disgrazie de’ popoli… più utili ve-rità: le disgrazie che incontrano i popolisono spesso un esempio chiaro delle ve-rità più utili.19. Non si può… stima la nazione: non èpossibile essere utili alla patria se non lasi ama, e non si ama la patria se non si hastima e fiducia nel popolo.

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426 Secondo Settecento

1 Nella prima riga Cuoco parla diforza e di idea: a che cosa corrispondono,nella realtà politica?

2 Quali sono le qualità che Cuocoattribuisce al popolo, e quali i limiti?

3 Perché fu sbagliato accogliere leidee contenute nella Costituzione franceseper fondare la Repubblica Partenopea?

a. Perché era troppo radicale e avanzata.b. Perché era il frutto di esperienze trop-po diverse.c. Perché conteneva idee sbagliate e pe-ricolose.d. Perché era scritta in una lingua incom-prensibile.

4 Cuoco definisce passiva la rivo-

luzione che portò alla Repubblica Parte-nopea; questo significa che:

a. i patrioti che la fecero copiarono le ideefrancesi senza sforzarsi di crearne dellenuove;b. fu voluta dai francesi, che la imposerocon la forza ai napoletani;c. fu voluta dalla minoranza di intellettua-li e le masse popolari rimasero estranee;d. il governo repubblicano ebbe un atteg-giamento passivo e privo di iniziativa;e. i capi non seppero svolgere fino in fon-do una funzione attiva.

5 Cuoco giudica l’ammirazione chele classi colte avevano per le culture stra-niere:

a. in maniera totalmente positiva;b. in maniera totalmente negativa;c. in maniera negativa, perché impedì lanascita di una cultura nazionale;d. in maniera positiva, ma nello stessotempo la giudica esagerata;e. in maniera positiva, perché altrimenti inapoletani sarebbero stati troppo ignoran-ti.Motiva la tua risposta.

6 Non si può mai giovare alla patriase non si ama, e non si può mai amare lapatria se non si stima la nazione: commen-ta brevemente questa affermazione diCuoco.

Lavoraresultesto

4 I Napoleone imperatore: l’apoteosi

La presa del potere da parte di Napoleone coincisecon un momento di grande pericolo per la Francia,visto che le truppe della II Coalizione stavano per in-vaderla. Formati due eserciti, Napoleone mandò ilprimo a combattere sul confine tedesco al comandodel generale Moreau, col secondo scese in Italia. Inpochi mesi una serie ininterrotta di vittorie francesi(la più famosa a Marengo, in Piemonte, nel giugnodel 1800) costrinse i nemici a desistere dalla guerra:la Russia si ritirò dal conflitto e l’Austria firmò la pa-ce di Luneville (1801): la Francia riconquistava i ter-ritori fino al Reno, si annetteva Piemonte, Liguria,Toscana e faceva risorgere la Repubblica Cisalpina,che nel 1802 divenne Repubblica Italiana (il cui pre-sidente era lo stesso Napoleone), annettendosi il Ve-neto. Rimasta sola, l’Inghilterra firmò la pace diAmiens (1802), riconoscendo le conquiste effettua-te dalla Francia. Si aprì un periodo di pace che Na-poleone utilizzò per consolidare il suo potere e ren-derlo ereditario; nel 1802 fece approvare con un ple-biscito una nuova Costituzione in base alla quale eglidivenne Console a vita con poteri accresciuti e la pos-sibilità di nominare il successore; due anni dopo,con ulteriore cambiamento costituzionale, fu pro-clamato imperatore dei francesi, istituendo unadinastia, in quanto il titolo veniva trasmesso per viamaschile ai suoi discendenti. Il 2 dicembre 1804 av-venne la solenne incoronazione nella cattedrale di

Notre Dame di Parigi, alla quale fu costretto a parte-cipare anche il papa Pio VII. Le potenze europee cer-carono di bloccare il trionfo travolgente di Napoleo-ne; formatasi la III Coalizione (Inghilterra, Russia,Austria, Svezia, Regno di Napoli), si combatté in tut-ta Europa e sui mari. Non bastò che l’ammiraglioNelson distruggesse la flotta francese a Trafalgar,perché le continue e fulminanti vittorie di Napoleo-ne a Ulma (Napoleone occupò la stessa capitale del-l’Impero austriaco, Vienna) e soprattutto ad Au-sterlitz, in Moravia, nel dicembre 1805 [s T2], co-strinsero tutti i nemici alla resa, tranne l’Inghilter-ra. Anche la IV Coalizione (che riuniva Prussia, Rus-sia, Inghilterra, Svezia) subì la grave sconfitta di Je-na, dove venne distrutto l’esercito prussiano. Intan-to la politica dell’imperatore francese era mutata:non più Stati satellite repubblicani, i territori con-quistati divenivano regni affidati a familiari e a ge-nerali fedeli. Così, nel 1805 la Repubblica Italianadivenne il Regno d’Italia e Napoleone ne divenne ilre; nel 1806, cacciati ancora una volta i Borboni daNapoli, Napoleone mise sul trono del Regno di Na-poli il fratello Giuseppe, trasformò la Repubblica Ba-tava in Regno d’Olanda e la corona andò al fratelloLuigi; poi creò in Germania il Regno di Vestfalia e loaffidò all’altro fratello Gerolamo. Nel 1808 invase laSpagna e vi chiamò a regnare Giuseppe, mentre ilRegno di Napoli veniva affidato al generale Gioac-chino Murat; dopo che, nel 1809, si era formata laV Coalizione (Austria e Gran Bretagna), nel 1810impose sul trono di Svezia il generale Bernadotte.

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L’Europa continentale era ormai in mano ai france-si e le altre potenze rimaste indipendenti (Imperoaustriaco, Russia, Prussia) avevano dovuto accetta-re di essere alleate di Napoleone. Per dare stabilità a

questo quadro politico-militare, dopo aver ripudiatoGiuseppina Beauharnais che non gli aveva dato figlimaschi, Napoleone sposò Maria Luisa d’Austria,figlia dell’imperatore.

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Napoleone,Proclama di Austerlitz, in Documentistorici, antologiaa c. di R. Romeoe G. Talamo, vol. Il, L’età moderna,Loescher, Torino 1972

Un generale che nel giorno della vittoria T2 non dimentica la politica

La battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805) fu una delle più grandi vittorie di Napoleone che, di fronte adun esercito nemico assai più numeroso, scelse con cura la posizione da assumere sul terreno e utilizzòun piano audacissimo che prevedeva il fattore sorpresa. Il piano stava per fallire perché, a causa dellanebbia, la cavalleria francese non riusciva a localizzare esattamente i nemici, ma quando finalmente ilsole apparve, la vittoria divenne trionfale. Napoleone da quel giorno ricordò spesso il «sole di Auster-litz» come segno della sua buona fortuna e del suo destino di dominatore. Quello che riportiamo è il pro-clama che l’imperatore indirizzò all’esercito dopo la vittoria; è certo un esempio di «retorica di guerra»,poiché ogni generale vittorioso ha sempre manifestato riconoscenza al valore dei propri soldati, però inumeri della vittoria non sono gonfiati, perché nella realtà tanti furono i cannoni catturati e i prigionieri;ma fra le righe Napoleone comunica anche altro ai suoi soldati. In primo luogo, dice una grande verità,cioè che il suo Impero poggia sulla forza e la fedeltà dell’esercito.

Soldati, io sono contento di voi. Nella giornata di Austerlitz voi avete giustificato tuttociò che mi attendevo dalla vostra intrepidezza1; voi avete decorato le vostre aquile2 diuna gloria immortale. Un esercito di 100.000 uomini, comandato dagli imperatori diRussia e d’Austria3, in meno di quattr’ore è stato fatto a pezzi o disperso. Coloro che so-no sfuggiti alle vostre armi si sono annegati nei laghi. Quaranta bandiere, gli stendar-di della guardia imperiale di Russia, centoventi cannoni, venti generali, più di 30.000prigionieri, sono il risultato di questa giornata, che resterà celebre per sempre. Questafanteria così vantata4, e in numero superiore, non ha potuto resistere al vostro urto, eormai voi non avete più da temere rivali. Così, in due mesi, questa terza coalizione5 èstata vinta e dissolta. La pace non può più essere lontana; ma, come ho promesso almio popolo prima di passare il Reno, io farò solo una pace che ci dia delle garanzie, eche assicuri ricompense ai nostri alleati.

Soldati, quando il popolo francese pose sulla mia testa la corona imperiale, io mi af-fidai a voi per mantenerla sempre in quell’alto splendore di gloria che solo poteva dar-le pregio ai miei occhi6. Ma nello stesso momento i nostri nemici pensavano a distrug-gerla e ad avvilirla! E quella corona di ferro, conquistata col sangue di tanti francesi,volevano obbligarmi a porla sulla testa dei nostri più crudeli nemici!7 Progetti temera-ri e insensati che, nel giorno stesso dell’anniversario dell’incoronazione del vostro im-

1. intrepidezza: coraggio senza tenten-namenti.2. le vostre aquile: l’aquila, simbolo im-periale, sovrastava le aste delle bandierefrancesi.3. comandato… d’Austria: Austerlitz pas-sò alla storia come «la battaglia dei treimperatori»; il terzo era ovviamente Na-poleone.4. questa… vantata: particolarmente te-muta era la fanteria russa.

5. terza coalizione: l’alleanza antifrance-se era costituita da Inghilterra (che otten-ne la vittoria navale di Trafalgar), Russia,Austria, Svezia e Regno di Napoli.

6. io mi affidai… miei occhi: io mi affidaia voi soldati perché la corona imperialesplendesse di quell’alta gloria che è l’uni-ca qualità che le dava valore (pregio) aimiei occhi.

7. E quella… nemici: e i nostri nemici pre-tendevano che io ponessi sulla loro testa

la Corona d’Italia, che era stata conqui-stata col sacrificio di tanti francesi. La co-rona di ferro deve il suo nome al fatto cheall’interno presenta un cerchio di ferro ri-cavato, secondo la tradizione, da un chio-do con cui era stato crocifisso Gesù. Sa-rebbe poi stata donata dalla regina lon-gobarda Teodolinda al Duomo di Monza,dove è ancora conservata servì per inco-ronare tutti coloro che ebbero il titolo dire d’Italia, da Berengario (888) fino a Na-poleone.

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peratore8, voi avete annientati e confusi! Voi avete insegnato loro che è più facile sfi-darci e minacciarci che non vincerci.

Soldati, quando tutto ciò che è necessario per assicurare la felicità e la prosperitàdella nostra patria sarà compiuto, io vi ricondurrò in Francia; là voi sarete l’oggettodelle mie più tenere sollecitudini. Il mio popolo vi rivedrà con gioia, e vi basterà dire Ioero alla battaglia di Austerlitz, perché si risponda, Ecco un valoroso.

428 Secondo Settecento

8. nel giorno… imperatore: la battaglia avvenne il 2 dicembre 1805 ed esattamente un anno prima Napoleone era stato incoronatoimperatore a Parigi.

1 La prima frase del proclama (Sol-dati, io sono contento di voi) è alquantosemplice, quasi in contrasto col resto deldocumento. Secondo te Napoleone lausa perché:

a. vuol fare il falso modesto;b. si rivolge ai soldati e non agli ufficiali eai generali;c. vuole esordire con un linguaggio diret-to, quello che si usa tra commilitoni;d. non vuole che i soldati si montino la te-sta.Motiva brevemente la tua risposta.

2 Secondo te, nel proclama Napo-leone tende a sminuire il nemico sconfit-to? Motiva la tua risposta.

3 Individua nel testo la frase con laquale Napoleone informa i suoi soldatiche non potranno tornare a casa subito,pur dopo una vittoria così clamorosa. Inche modo giustifica la necessità di conti-nuare la guerra?

4 In quale modo Napoleone diceche il suo destino di imperatore è legatoall’esercito? Individua la frase del testoche sottintende questo concetto.

5 Napoleone coglie anche l’occa-sione per ribadire la legittimità del suo tito-lo di re d’Italia; su che cosa egli basa que-sta legittimità? Ancora una volta, quindi,riafferma l’importanza …………………….per la sua politica.

6 Nelle ultime righe Napoleone fa

una promessa ai suoi soldati: quale? Egliusa un tono da:

a. buon padre;b. generale burbero, ma in fondo buono;c. capo di Stato giusto.

7 Considera la frase: Il mio popolovi rivedrà con gioia: noti qualche cosa diparticolare? Ragiona soprattutto sullacontrapposizione fra mio popolo e vi.

8 Ti risulta che qualche generaleo capo di governo, nel corso della storia,non abbia detto che occorre fare la guer-ra perché è necessario per assicurare lafelicità e la prosperità della nostra pa-tria? Fai una riflessione su questo argo-mento.

Lavoraresultesto

5 I La lotta mortale con l’Inghilterra e la fine di Napoleone

L’unica potenza che Napoleone non era riuscito apiegare era l’Inghilterra. Forte della sua superioritàsui mari, garantita dalla flotta da guerra che avevainflitto tremende sconfitte a quella francese, conun’economia in pieno sviluppo che non veniva in-tralciata dalla guerra perché le navi inglesi erano li-bere di commerciare in tutte le parti del mondo, ilRegno Unito era l’unico in grado di contrastare Na-poleone. Questi aveva progettato l’invasione delleIsole britanniche per far valere così la superiorità delsuo esercito sul suolo nemico, ma l’impresa nonpoté essere realizzata proprio per l’inferiorità france-se sul mare. Perciò, fin dal 1806, Napoleone avevaproclamato il blocco continentale, proibendo atutti i paesi europei di accogliere navi inglesi nei lo-

ro porti o di inviare loro navi in Inghilterra. Appar-ve subito chiara l’impossibilità di far applicare questoprovvedimento in maniera rigorosa: il danno econo-mico inflitto all’Inghilterra avrebbe avuto conse-guenze negative in tutti i paesi che con essa avevanorapporti commerciali. Quando la Russia dichiarò chenon avrebbe rispettato più il blocco, Napoleone le di-chiarò guerra; raccolse quella che chiamò la Gran-de Armata, formata da francesi, dagli alleati prus-siani e austriaci e da migliaia di uomini arruolati neiregni satellite e alleati: in tutto, un esercito enorme,di 600.000 uomini. Le operazioni cominciarononell’estate del 1812 e l’avanzata, favorita da alcunevittorie parziali e non decisive, fu rapidissima. I rus-si applicarono la tattica della «terra bruciata», riti-randosi e distruggendo i raccolti e il bestiame cosìche la Grande Armata si trovasse sempre più lonta-na dalle sue basi e priva di rifornimenti. Il 15 settem-bre Napoleone era a Mosca, una città vuota, che fu

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incendiata dopo pochi giorni; cominciò forzatamen-te la ritirata che avvenne nell’inverno e fu una mar-cia tormentata dai continui attacchi dei russi. Peraprirsi la strada verso ovest la Grande Armata do-vette combattere duramente per attraversare il fiu-me Beresina (novembre 1812), e fu ridotta a100.000 uomini. Napoleone riuscì a tornare a Pari-gi, ma la sua tremenda sconfitta ricompattò il fron-te dei nemici di sempre: Inghilterra, Prussia, Russiae Austria diedero vita alla VI Coalizione che mise incampo un grosso esercito, assai più grande di quel-lo francese; lo scontro campale avvenne a Lipsia(16-18 ottobre 1813). La sconfitta di Napoleoneaprì le porte della Francia agli eserciti alleati, chegiunsero a Parigi; l’imperatore fu costretto ad abdi-care e gli fu assegnata l’Isola d’Elba: un modo peresiliarlo e controllarlo; sul trono di Francia fu messoil fratello di Luigi XVI, il re ghigliottinato, che assun-se il nome di Luigi XVIII. Nel 1814 si riunì il Con-gresso di Vienna, col quale tutti i paesi europei siposero come obiettivo quello di dare un nuovo ordi-namento al continente dopo la «tempesta» napoleo-nica. Ma in Francia la maggioranza della popolazio-ne e soprattutto l’esercito spingevano Napoleone atornare. Questi tentò di nuovo l’avventura del pote-re: sfuggito alle navi che pattugliavano l’Elba, sbarcònel Sud della Francia e la sua marcia verso la capi-tale fu un trionfo; Luigi XVIII fuggì e Napoleone rien-trò nei suoi pieni poteri. Ma immediatamente dovet-te affrontare gli eserciti delle potenze nemiche; a Wa-terloo, in Belgio, si ebbe lo scontro finale il 18 giu-gno 1815; bloccato dagli inglesi guidati dal duca diWellington, Napoleone fu assalito anche dall’eserci-to prussiano e fu sconfitto. Consegnatosi agli inglesi,fu confinato in un’isoletta in mezzo all’Atlantico,Sant’Elena, dove morì il 5 maggio 1821.

6 I Il Congresso di Vienna e la Restaurazione

Lo sconvolgimento causato dalla Rivoluzione fran-cese e da Napoleone aveva prodotto la coscienza chel’Europa aveva vissuto un’età di avvenimenti ecce-zionali, al termine della quale bisognava ricostruireun equilibrio. Il Congresso che si aprì a Vienna nel1814 dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia ebbequesto compito. Dopo una pausa (ritorno di Napo-leone in Francia, battaglia di Waterloo) riprese i la-vori e vi parteciparono decine di delegazioni, ma adominarlo furono Metternich, rappresentante del-

l’Impero d’Austria, lo zar Alessandro I, Castlereagh,ministro inglese, e Talleyrand, il plenipotenziario fran-cese che riuscì a far passare l’idea che la Francia eLuigi XVIII erano «vittime» di Napoleone. Il Con-gresso volle dare l’idea di agire in nome dei popoli edelle nazioni, fissando princìpi ideali ai quali ispirar-si, come il principio di legittimità in base al qua-le occorreva ripristinare i diritti «legittimi» dei so-vrani e dei popoli, violati dalla Rivoluzione e da Na-poleone; di conseguenza, furono rimesse sul trono levecchie dinastie (ma vi furono scambi ed eccezioniche dimostravano come il principio fosse interpreta-to in modo «elastico»). Lo zar Alessandro I, pervasoda un atteggiamento mistico, propose una Santa Al-leanza che impegnasse tutte le potenze a vegliare suipopoli e imporre una pace fondata sui princìpi cri-stiani; l’Inghilterra rifiutò di farne parte e Metterni-ch trasformò il progetto in impegno di reciproca assi-stenza militare fra Austria, Prussia e Russia per soffo-care eventuali nuove rivoluzioni. Quanto all’assettoterritoriale, la carta d’Europa non fu sconvolta, mariportata alla situazione precedente le grandi cam-pagne napoleoniche. Il Congresso, che si chiuse conla convinzione dei partecipanti di aver dato un asset-to durevole al Vecchio Continente, rimane un eventoimportante nella storia: inaugurò, infatti, la stagionedelle grandi «conferenze» fra potenze che dura anco-ra oggi. Anche queste riunioni hanno l’obiettivo e,potremmo dire, l’illusione di instaurare una convi-venza pacifica fra i popoli mediante la creazione di un«ordine internazionale».

I CONTESTI Il contestoeconomico e sociale

1 I La Francia di Napoleone: un modello di Stato moderno

Gli storici si sono chiesti in quale misura l’esperien-za napoleonica si debba considerare, nel suo insie-me, il compimento della Rivoluzione francese o ilsuo affossamento. La risposta è: né l’una né l’altracosa, perché lo Stato che Napoleone creò era assaidistante dai progetti democratici più avanzati, manello stesso tempo era cosa totalmente diversa dalle

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monarchie assolute, anche se alcuni dei loro carat-teri furono accolti nella nuova organizzazione. Sipuò affermare che lo Stato, come lo intendiamo an-cora oggi, è nato con Napoleone. Vediamo alcunielementi fondamentali.

● Forte accentramento e presenza costantedel potere centrale nelle realtà locali Napoleo-ne ereditò la divisione della Francia in dipartimenti(territori che corrispondono alle nostre province)dall’esperienza rivoluzionaria; la razionalizzò e, so-prattutto, creò una nuova figura, quella del prefetto,che dipendeva direttamente dal governo centrale, lorappresentava a livello locale, ne attuava gli ordini,svolgeva opera di sorveglianza politica e di polizia,costituiva, cioè, l’occhio, l’orecchio e la mano del go-verno. I prefetti furono lo strumento fondamentaleper sorvegliare che le leggi fossero applicate in ma-niera uniforme su tutto il territorio.● Creazione di un’amministrazione e di unaburocrazia di alto livello Napoleone ebbe chia-rissima l’idea che uno Stato moderno è una macchi-na complessa, difficile da gestire, e per questo sipreoccupò di creare scuole superiori nelle quali for-mare le alte gerarchie dello Stato, amministratori eburocrati che conoscessero perfettamente tutte lecomponenti della «macchina-Stato» e i segreti delsuo funzionamento. Nacque così la figura del funzio-nario fedele al governo e competente, in grado diprendere iniziative e di dare attuazione alle direttivepolitiche.● Assunzione da parte dello Stato di funzionitradizionalmente svolte dalla Chiesa e da pri-vati Napoleone aveva ereditato dalla prima fasedella Rivoluzione i risultati della lotta contro i privi-legi e i benefici ecclesiastici. La continuazione diquesta politica lo portò su posizioni di duro scontrocol papa e gli ecclesiastici, per l’abolizione di ordinimonastici, la sconsacrazione di chiese e la decisa vo-lontà di sottomettere il clero alle direttive dello Sta-to. D’altra parte, accanto alla necessità di «fare cas-sa», spogliando la Chiesa e soprattutto gli ordini mo-nastici delle loro immense proprietà per venderle aiprivati, c’era l’esigenza di rendere fruttuose enormiricchezze che per secoli erano rimaste ai marginidella dinamica economica (le proprietà ecclesiasti-che non potevano essere vendute, erano cioè fuoridal mercato). Naturalmente, lo Stato dovette fornirequei servizi che tradizionalmente erano offerti ai ce-ti più poveri dalla Chiesa: nacque così la sanitàpubblica, con strutture ospedaliere e mediche [sL’eredità del periodo, p. 437]. Così si avviarono anche

le prime esperienze di pubblica assistenza per gli in-digenti, i disoccupati. ● Potenziamento dell’istruzione pubblica edell’università Anche in questo caso lo Stato sisostituì alla Chiesa, soprattutto a partire dall’istru-zione successiva a quella elementare. Napoleone co-struì una scuola pubblica fortemente accentrata, conprogrammi decisi dal governo, nomina diretta deiprofessori, controllo centralizzato dei risultati. L’im-peratore si vantò del fatto che in una determinataora del giorno si poteva esattamente sapere che co-sa si stesse facendo in tutte le scuole di Francia. Ilgioiello di questo sistema fu il liceo, destinato a forni-re un’ampia preparazione di base fondata sull’inse-gnamento di materie letterarie (greco, latino, lette-ratura, storia, filosofia) e mirato a formare la classedirigente. Un’altra punta di diamante del sistema fula Scuola politecnica, che aveva il compito di formarei tecnici destinati ad agire nei settori delle costruzio-ni, delle miniere e dell’artiglieria; a Napoleone si de-ve inoltre il potenziamento delle Accademie militari,trasformate in scuole di livello universitario dove ifuturi ufficiali ricevevano un’educazione completa euna specializzazione tecnica di alta qualità.

Tale modello di Stato non fu importante solo per laFrancia, ma per l’intero mondo occidentale. Infatti, bi-sogna tenere presente che se le «imitazioni» che nevennero fatte nei paesi conquistati da Napoleone ebbe-ro spesso una portata limitata, molto più vasta fu l’in-fluenza che questo modello ebbe nel tempo. Alcunesue parti (per esempio il sistema scolastico) furono ri-create in realtà anche assai diverse e soprattutto ilbuon funzionamento dell’amministrazione e della bu-rocrazia francesi fece sì che molti altri Stati, anche adistanza di decenni, adottassero soluzioni simili.

2 I Il Codice civile di Napoleonediventa la base della moderna giurisprudenza

La fama di Napoleone ancora oggi rimane legata allapromulgazione del Codice civile, avvenuta nel mar-zo 1804 [sL’eredità del periodo, p. 436]. Una commis-sione lavorava fin dal 1794 alla stesura di questo do-cumento che doveva rispecchiare il nuovo rapportofra cittadino e legge nato dalla Rivoluzione. Laprima grande novità fu proprio quella di riunire in uncodice tutte le norme che regolavano i rapporti fra icittadini e fra il singolo cittadino e lo Stato; infatti, fi-

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no ad allora esisteva una frammentazione di regolevalide a livello locale, in parte scritte, in parte affidatealla «consuetudine», alla tradizione non scritta. Que-sta frammentarietà derivava dall’antica strutturafeudale e il nuovo codice ebbe come primo compito lafissazione di norme per una società in cui il feudalesi-mo, con i suoi privilegi, era stato abolito. Un altro ele-mento decisivo fu l’adattamento delle leggi alla realtàeconomica e sociale contemporanea; mantenuta bensalda l’idea che alla base del vivere civile c’è l’inviola-bilità della proprietà privata, il Codice si articola avendocome punto di riferimento una concezione liberaledell’economia, proteggendo la libera iniziativa, favo-rendo le attività imprenditoriali, commerciali, profes-sionali [sT3], tanto da limitare al minimo i diritti deilavoratori dipendenti; ad essi veniva negato, peresempio, il diritto di sciopero. Il capitolo dei diritti ci-vili è importante, perché fissa in maniera definitiva etraduce in norme pratiche i princìpi di eguaglianza frai cittadini e libertà di espressione delle convinzioni reli-

giose e politiche. Questo non significa che il regimenapoleonico non conservasse strumenti anche fortidi controllo sociale e di repressione, che anzi usò concontinuità e decisione, tuttavia, fu ribadita la situa-zione nuova che si era creata dopo la Rivoluzione, nel-la quale ad ognuno era garantito il diritto di lavorare,arricchirsi e vivere senza essere discriminato per leproprie idee. Alcune norme furono decisamente in-novative, come quelle che eliminavano i privilegi delfiglio primogenito nei confronti dei fratelli minori oquelle che ammettevano e regolavano il divorzio.

Napoleone completò l’opera di codificazione ema-nando, dopo quello civile, il Codice di procedura civile(1806), il Codice di Commercio (1807, con le normeper la costituzione delle società, per la contabilità, ilfallimento, ecc.) e il Codice penale (1810).

L’importanza dei codici napoleonici si desume dalfatto che, adottati in tutti paesi che caddero nell’or-bita francese, rimasero in vigore anche dopo la ca-duta di Napoleone.

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GeorgesLefebvre,Napoleone,Laterza, Bari1960

T3 Il giudizio di un grande storico sul Codice napoleonicoGeorges Lefebvre (1874-1959) fu uno dei più importanti storici della Rivoluzione francese e dell’età na-poleonica; la sua formazione risentì delle teorie storiche del marxismo, ma soprattutto egli fu fautore diuna ricostruzione «dal basso» degli avvenimenti, in cui, cioè, si prendevano come punto di osservazio-ne i fenomeni sociali.Le sue opere fondamentali sono La rivoluzione francese e Napoleone. Lefebvre, sottolineando l’impor-tanza storica del Codice napoleonico, intende chiarire anche in che senso esso si presenta come por-tatore di una ideologia borghese e come, fatti salvi i princìpi «rivoluzionari», in realtà esso miri al conso-lidamento del potere della borghesia sia in ambito economico sia sociale.

Come tutta l’opera di Napoleone, il Codice presenta un doppio carattere. Conferma lascomparsa dell’aristocrazia feudale1 e adotta i principi sociali del 1789: la libertà per-sonale, l’eguaglianza davanti alla legge, la laicità dello Stato e la libertà di coscienza, lalibertà del lavoro. A questo titolo2 esso apparve in Europa come il simbolo della Rivolu-zione, e ha fornito, dovunque sia stato introdotto, le regole essenziali della società mo-derna. Se tale aspetto oggi è divenuto frusto3, si falserebbe la storia dell’età napoleoni-ca se non gli si restituisse tutta la sua freschezza, e ci si condannerebbe a non compren-dere la portata della dominazione francese. Ma esso conferma anche la reazione control’opera democratica della Repubblica4: concepito in funzione degli interessi della bor-ghesia, esso si occupa innanzitutto di consacrare e sanzionare il diritto di proprietà, con-siderato come naturale, anteriore alla società5, assoluto e individualista (...).

1. Conferma la scomparsa dell’aristocra-zia feudale: l’abolizione del sistema feu-dale era stato uno dei primi atti della Ri-voluzione nel 1789.2. A questo titolo: sotto questo aspetto.

3. oggi è divenuto frusto: oggi si è ormaiconsumato, non ha più forza.4. la reazione… della Repubblica: la rea-zione contro gli aspetti più democraticidella Rivoluzione francese, in particolare

del periodo giacobino.5. come naturale… società: come dirittonaturale, cioè presente fin dall’originedell’uomo, ancor prima che si formasse-ro le più antiche società.

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La famiglia è preziosa per lo Stato, poiché essa costituisce uno dei corpi sociali chedisciplinano l’attività degli individui. L’autorità del padre, indebolita dalla Rivoluzio-ne, viene dunque rafforzata: egli può fare imprigionare i suoi figli per una durata di seimesi senza controllo dell’autorità giudiziaria; è padrone dei loro beni; allo stesso mo-do amministra quelli della moglie (...). Ma come tutti i gruppi, la famiglia può diventa-re troppo potente di fronte allo Stato, e tanto più facilmente in quanto, generata spon-taneamente dalla natura, la sua coesione è fortissima; attraverso di essa, potrebbe ri-costituirsi un’aristocrazia indipendente. Così essa vien posta sotto tutela; al padre, ildiritto di testare6 viene limitato dal ristabilimento della «legittima»7, e il diritto di suc-cessione, dichiarato d’ordine sociale, è regolato dalla legge. Sotto questo aspetto, il Co-dice fu amaramente criticato dall’antica nobiltà e da una parte della borghesia, di cuiesso limitò la potenza assicurando la divisione dei patrimoni8.

Tuttavia, di coloro che non posseggono nulla esso non parla se non per difendere la lo-ro libertà personale proibendo i contratti e la locazione d’opera a titolo perpetuo9. Pro-clamando libero il lavoro e uguali i cittadini in diritto, esso abbandona in realtà il lavorosalariato a tutti i rischi della concorrenza economica10 e non scorge in esso che una mer-ce come un’altra. (...) Contro il salariato, esso deroga persino al principio dell’eguaglian-za giuridica11, poiché, in materia di salari, solo il padrone è creduto sulla parola. (...)

Il Codice si presenta dunque come il frutto dell’evoluzione della società francese inquanto essa ha prodotto la borghesia e l’ha portata al potere.

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6. testare: fare testamento.7. legittima: è la parte di eredità alla qua-le per legge hanno diritto il coniuge so-pravvissuto e i figli, anche se il testamen-to desse indicazioni diverse.8. assicurando la divisione dei patrimo-ni: la vecchia nobiltà feudale (imitata an-che dalla più ricca borghesia) riusciva aperpetuare il suo potere non dividendo ilpatrimonio di famiglia, che andava in

massima parte al primogenito (questanorma si definisce «maggiorascato»). Di-videndo il patrimonio fra tutti i figli si ri-duceva il potere delle famiglie più ricche. 9. proibendo… a titolo perpetuo: proiben-do i contratti e l’affitto di manodoperasenza limiti di tempo: sarebbe stata unaforma di servitù della gleba o di schiavitù.10. abbandona in realtà... concorrenzaeconomica: lascia che la parte più debole,

quella del lavoratore, corra tutti i rischiderivanti dalla concorrenza, per esempio,che uno venga licenziato e venga assuntoun altro che si accontenta di un salario in-feriore.11. esso deroga… giuridica: il Codice faun’eccezione al principio che tutti sonouguali di fronte alla legge.

1 Secondo l’autore, il Codice diNapoleone accoglie due «conquiste» del-la Rivoluzione: quali?

2 Il Codice apparve in Europa co-me il simbolo della Rivoluzione, e ha forni-to, dovunque sia stato introdotto, le rego-le essenziali della società moderna. Spie-ga questa affermazione dell’autore. Checosa intende per dovunque sia stato intro-

dotto?3 Quale atteggiamento rivela il Co-

dice nei confronti della famiglia?

a. La valorizza, anche in termini economi-ci, ma ne limita il potere.b. La rende completamente sottopostaagli interessi dello Stato.c. Ne fa il nucleo fondamentale della so-

cietà e la sottrae al controllo statale.Motiva la tua risposta.

4 Quali diritti garantisce il Codiceai lavoratori salariati?

5 In che cosa il Codice favorisce ildatore di lavoro rispetto ai suoi dipenden-ti?

Lavoraresultesto

3 I L’esercito e la coscrizione obbligatoria

Il potere di Napoleone si basò in gran parte sull’eser-cito, che gli permise per molti anni di trionfare in Eu-ropa. Ma qui vogliamo soffermarci sulla funzione so-

ciale dell’esercito, che divenne uno strumento im-portante nella dinamica sociale. Napoleone indicòchiaramente ai francesi e ai popoli da lui sottomessiche la carriera militare poteva essere uno strumen-to di avanzamento nella scala sociale, un’occasioneche si offriva ai cittadini, anche provenienti dai cetiinferiori, di entrare a far parte della classe dirigente.

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Non mancava l’aspetto «propagandistico», rintrac-ciabile nelle numerose promozioni sul campo in pre-senza di atti di valore: sottufficiali diventavano uffi-ciali, ufficiali inferiori diventavano superiori, colon-nelli passavano al grado di generale; cose che alza-vano il morale delle truppe e che permettevano aNapoleone di dire che nello zaino di ogni soldato del-le sue armate si nascondeva il bastone da marescial-lo di Francia (il simbolo che contraddistingueva i ge-nerali di maggior grado). Rilevante era, inoltre, lacura dedicata alla preparazione tecnica e culturaledegli ufficiali, in modo che questi, una volta fuori dalservizio attivo, potevano diventare funzionari effi-cienti e fedeli.

Tuttavia, vi è un carattere ancora più importantenell’esercito napoleonico: già dal 1793, di fronte aiprimi attacchi delle potenze europee, la Francia re-pubblicana aveva fatto ricorso alla coscrizione ob-bligatoria, cioè all’obbligo per ogni cittadino ma-schio di una certa età di trasformarsi in soldato dellarepubblica. Napoleone rese stabile questa leva di mas-sa, sia per le necessità delle continue guerre, sia per-ché il servizio militare era un periodo di vita in cuil’individuo poteva essere formato e controllato inmodo che, una volta tornato alla vita civile, rimanes-se un cittadino legato allo Stato, avesse il senso della

gerarchia e dell’autorità. La superiorità dell’esercitonazionale di cittadini sugli eserciti «vecchi» delle altrepotenze, formati da mercenari o da uomini costrettia combattere in base ad antichi vincoli feudali, fece sìche anche in questo campo l’esempio francese venis-se seguito in Europa anche dagli altri Stati nemici diNapoleone. Bisogna però ricordare che la coscrizio-ne obbligatoria colpiva in particolare le classi povere,mentre c’erano molte possibilità per un giovane di fa-miglia abbiente di evitare il servizio militare (la piùfrequente: quella di pagare un poveraccio che lo fa-cesse al posto suo).

La coscrizione obbligatoria fu accettata in Fran-cia, anche se suscitava resistenza e opposizione tracoloro che dovevano abbandonare il lavoro proprionel momento in cui diventavano «produttivi»; costi-tuì invece un motivo di grande malcontento e a vol-te di vera ribellione negli Stati satellite, come gli Sta-ti tedeschi e l’Italia: migliaia di giovani furono co-stretti ad arruolarsi nelle armate napoleoniche e acombattere per anni lontano da casa, senza ottene-re poi i vantaggi ai quali potevano aspirare i commi-litoni francesi. Perciò la leva obbligatoria fu tra i mo-tivi che più alimentarono la diffusione di un senti-mento anti-francese fra i popoli sottomessi a Napo-leone.

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Il concetto di cittadinanza

«Io sono un cittadino italiano.» Ciascuno di noi può dire questa semplice frase, ammessoche abbia la cittadinanza italiana; altrimenti dirà di essere cittadino francese o ucraino osenegalese. Queste cose sono talmente ovvie che ci sembra che siano state sempre così; in-vece il concetto di cittadinanza è uno dei più complessi da definire sia da un punto di vistapratico sia giuridico sia culturale, ed è una delle eredità più rilevanti della Rivoluzionefrancese e della successiva sistemazione ed elaborazione giuridica avvenuta in età napo-leonica. Possiamo dire che la cittadinanza è lo stato giuridico in base al quale un individuo «ap-partiene» (nel senso che fa parte di) a uno Stato e per questo gode di diritti e ha dei doveri. Ogniuomo o donna che vive sul territorio di uno Stato gode dei diritti civili che gli sono garan-titi dall’essere uomo o donna, ma il cittadino gode anche dei diritti politici (come, per esem-pio, quello di votare o essere eletto). Tuttavia sarebbe sbagliato limitare il concetto di cit-tadinanza al dato politico, perché esso comprende anche un aspetto sociale (un cittadi-no ha il senso di appartenenza ad una struttura sociale di cui accetta le regole), un aspet-to culturale (un cittadino si riconosce in certi modelli di vita che sente come caratteri«nazionali»), un aspetto economico (il cittadino è inserito in un sistema economico cheha certe regole o almeno le conosce), un aspetto giuridico (il cittadino riconosce un or-dinamento codificato di diritti e doveri). L’idea di cittadinanza è stata fondamentale percostruire l’idea di Stato nazionale, così come trova attuazione nel pensiero e nella realtàstorica dell’Ottocento. Fino ad oggi, almeno nella cultura occidentale e in quelle parti delmondo che da tale cultura sono state influenzate, la vita degli individui si è sviluppata fa-cendo costante riferimento alla presenza di Stati nazionali e al concetto di cittadinanza.Tuttavia, negli ultimi decenni questi punti di riferimento sono entrati in crisi. Possiamodire che una causa certamente rilevante di ciò risiede in quell’insieme di fenomeni che ri-guardano sia la politica, sia l’economia, sia la cultura che indichiamo con il termine glo-balizzazione, intendendo far riferimento alla diffusione su scala planetaria del sistema diproduzione, dei modelli culturali e sociali, degli stili di vita propri dell’Occidente capitali-sta e alla creazione di un unico sistema mondiale all’interno del quale sono frequentissi-me le relazioni economiche, sociali, culturali. Un italiano che ha fatto l’università negliUsa, si è specializzato in Inghilterra e lavora ad Hong Kong potrà rimanere cittadino ita-liano da un punto di vista giuridico-politico, ma sarà sicuramente «meno italiano» da unpunto di vista sociale e culturale. Attualmente noi italiani abbiamo già almeno due citta-dinanze, quella italiana e quella europea, tanto è vero che siamo chiamati a votare pereleggere dei rappresentanti al Parlamento europeo e sul nostro passaporto risulta che so-no due le istituzioni che ce lo rilasciano, l’Unione Europea e la Repubblica Italiana.

434 Secondo Settecento

INDIVIDUI E SOCIETÀ

L’eredità del periodo

Plebiscito

Il termine plebiscito deriva da plebe, ed era un’istituzione della Roma repubblicana, unaconquista appunto della plebe, che aveva ottenuto che alcune delibere votate dal popoloavessero valore di legge dello Stato. Il plebiscito tornò a vivere durante la Rivoluzione fran-cese, ma con un significato profondamente modificato: infatti, si definì in questo modo laconvocazione di una votazione che approvasse o meno un provvedimento proposto e pre-sentato dal governo o da un’assemblea legislativa. Naturalmente, questo procedimento siapplica soltanto alle leggi fondamentali dello Stato, come appunto la Costituzione, che de-

LE IDEE

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finisce l’ordinamento politico, giuridico, sociale ed economico, fissando quei princìpi ge-nerali ai quali le leggi devono adeguarsi. Se la Costituzione stabilisce che le leggi vengonofatte da un Parlamento, quando una nuova legge viene fatta non ha bisogno di essere con-fermata da un plebiscito. L’idea di chiamare il popolo ad esprimere il suo parere ha le sueradici nel pensiero illuminista e in particolare in quello di Jean-Jacques Rousseau, il qua-le aveva sostenuto che alla base del governo delle società dovesse esserci l’espressione del-la volontà generale, risultante dalla somma delle volontà individuali dei cittadini. Senzadubbio il plebiscito è una forma di democrazia diretta, cioè una possibilità che il po-polo prenda una decisione politica senza la mediazione dei suoi rappresentanti eletti nelParlamento; tuttavia, si deve anche riflettere sul fatto che se lo strumento è di per sé de-mocratico, non sempre lo è l’uso che se ne fa. Intanto, il plebiscito ebbe nel Settecento enell’Ottocento i limiti che erano comuni anche alle altre votazioni, perché votava solouna minoranza della popolazione, in quanto erano escluse le donne e altre categoriedi persone. Inoltre, il plebiscito viene indetto da chi detiene il potere e ciò raramente acca-de senza che il promotore abbia una fondata convinzione che una larga maggioranza vo-terà per l’approvazione del provvedimento sottoposto a plebiscito. Napoleone lo sapevabene, e usò questo strumento per dare legittimità alla sua conquista del potere assoluto,prima come Primo Console, poi come imperatore. Infatti, se una modifica della Costitu-zione viene approvata a larga o larghissima maggioranza, chi ha indetto il plebiscito haun potente mezzo per far tacere le opposizioni, vantando l’appoggio del popolo.

I plebisciti furono utilizzati largamente nell’Ottocento, quando si formarono nuovi Sta-ti, si trasformarono regni in repubbliche e viceversa; per esempio, tutto il processo stori-co che portò all’unità d’Italia fu sancito da plebisciti: quando il Regno di Sardegna, sot-to la guida del re Vittorio Emanuele II prese possesso dell’Emilia-Romagna, della Toscana,dell’Umbria, delle Marche e via via degli altri Stati della penisola, gli abitanti vennero chia-mati ad esprimere con un «sì» o con un «no» la loro volontà di entrare o meno a far partedel Regno d’Italia. Tutte le votazioni ebbero risultati simili: la quasi totalità si espresse afavore e i voti contrari furono poche centinaia, anche perché il voto era palese, cioè il cit-tadino doveva chiedere davanti a tutti la scheda che intendeva infilare nell’urna; in que-sto modo i notabili, gli uomini del governo e dei poteri locali erano in grado di controllareil voto di tutti. Anche Mussolini fece ricorso al plebiscito per dare una legittimità popo-lare alla trasformazione del governo italiano in una dittatura; i cittadini votarono in seg-gi presidiati dalle squadre fasciste, pronte all’intimidazione e alla violenza fisica. L’ultimoplebiscito che si è svolto in Italia è stato quello del 1946, quando gli italiani, dopo la cadu-ta del fascismo, la sconfitta nella guerra e la dissoluzione del vecchio potere politico, furo-no chiamati a decidere se l’Italia doveva continuare ad essere una monarchia o diventa-re una repubblica. In quel caso si trattò di un «vero» plebiscito, perché l’esito non era scon-tato, il voto era segreto e per la prima volta il diritto di voto veniva esteso a tutti i cittadinimaggiorenni, senza distinzioni di sesso. Tanto è vero che la repubblica vinse solo per po-che centinaia di migliaia di voti. Oggi il ricorso al plebiscito è limitato; per lo più vie-ne utilizzato da regimi dittatoriali o autoritari, per legittimarsi a livello internazionale. Nellinguaggio politico il termine «plebiscitario» ha ormai un significato negativo, nel sensoche si usa per indicare la ricerca di un appoggio popolare che elimina la possibilità di di-scutere, il confronto fra maggioranza e opposizione e la mediazione e il compromesso frale varie esigenze e richieste politiche.

I «liberatori»

La storia dell’umanità è sempre stata segnata da guerre intraprese per motivi economi-ci e di potere, ma giustificate con le più diverse motivazioni di carattere ideologico, reli-gioso, culturale: un evento terribile come la guerra ha sempre necessitato di un «vesti-

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LE IDEE

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to» che la rendesse presentabile agli occhi della gente. Fino alla Rivoluzione americana ealla Rivoluzione francese le cause delle guerre spesso erano rappresentate da motivi di-nastici: quando in un regno si esauriva una dinastia, si facevano avanti diversi preten-denti, ognuno vantando legami di parentela con la dinastia estinta. La Rivoluzioneamericana fu una novità: anche se è possibile trovare nei secoli precedenti qualche ana-logia, era la prima volta che un popolo dichiarava guerra per rendersi indipendente daun altro; la bandiera che veniva alzata era quella della «libertà». La Francia rivoluzio-naria dovette affrontare gli eserciti delle potenze europee che intendevano invaderla «perrimettere sul trono il legittimo re» ed anch’essa lottò in nome della libertà e dell’indi-pendenza da conservare. Ma a partire dal 1796 gli eserciti della Repubblica Francese mar-ciarono fuori dai confini dello Stato e invasero paesi stranieri. Allora non si poteva piùaffermare di fare la guerra per la libertà e l’indipendenza e si cominciò a proclamare che«si portava la libertà ai popoli oppressi dalla tirannide». Soprattutto con Napoleone pre-se forma l’immagine del liberatore, ossia, di colui che, con la forza degli eserciti, permet-teva ad un altro popolo di essere libero; tuttavia, già con lo stesso Bonaparte divenneroevidenti i limiti di questa figura ideale. In Italia, inizialmente, buona parte della classe di-rigente accolse positivamente l’occasione di abbattere governi inefficienti o autoritari,anche se le masse contadine rimanevano piuttosto estranee al mutamento o comunquenutrivano la speranza che questo avrebbe alleviato le loro condizioni di miseria e di fati-ca. Ma un esercito straniero, anche se «liberatore», ha dei costi economici, sociali e poli-tici rilevanti (va mantenuto e alloggiato), e, soprattutto, vuole portare la «sua» libertà:non può certo permettere che i popoli liberati facciano scelte incompatibili con le proprieesigenze di sicurezza, di potere, di conquista. Esso finisce per imporre un regime politico,economico e sociale simile al proprio, come avvenne in Italia con le cosiddette «repubbli-che giacobine».

La difesa della libertà e della democrazia contro le dittature e i totalitarismi sono moti-vazioni che si usano ancora oggi per dare una giustificazione alle guerre e agli interventimilitari nelle varie parti del mondo. Non si può affermare che i «liberatori» agiscano sem-pre e soltanto per interessi economici o di predominio, rimane però il fatto che è molto piùfacile vincere delle battaglie che costruire dall’esterno, in un paese straniero, una situa-zione di reale libertà e democrazia.

436 Secondo Settecento

LE IDEE

La legge è uguale per tutti

Una delle caratteristiche dei Codici voluti da Napoleone fu l’unificazione delle leggi. Inprecedenza, infatti, in Francia, come nelle altre monarchie europee, c’era una sovrappo-sizione delle norme, perché la giustizia veniva amministrata a livello locale. Poche eranole leggi emanate dal re che avessero valore per tutti i sudditi, mentre la maggior parte era-no norme, in vigore nei vari territori e nelle diverse città. Inoltre, in alcune zone sottopo-ste al potere di un nobile feudatario, questi era anche il giudice e applicava le leggi o in-fliggeva le pene a suo arbitrio. Una vera e propria «selva» di privilegi proteggeva i nobili egli ecclesiastici: avevano tribunali a loro riservati, potevano essere giudicati solo da un lo-ro pari o superiore nella gerarchia, rispetto ad alcune leggi godevano dell’immunità e nonpotevano essere sottoposti a pene considerate degradanti, riservate solo ai ceti inferiori. Aciò si aggiunge il fatto che una delle fonti del diritto è la consuetudine, cioè la tradizione cheassume valore di legge senza essere scritta. In queste condizioni la certezza del diritto eraun’utopia. I Codici napoleonici stabilirono invece il principio che la legge era uguale pertutti, e se è vero che non tutte le leggi erano «giuste» e che non tutti i cittadini erano dav-vero uguali di fronte alla legge, poiché le classi abbienti e gli imprenditori erano ancoraavvantaggiati rispetto ai salariati, è però vero che da allora vi fu una raccolta delle leggiscritte, valide su tutto il territorio nazionale e fatte applicare da giudici che erano funzio-

LE ISTITUZIONI

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nari dello Stato e che trovavano già fissate nei codici il massimo e il minimo di pena che sipoteva infliggere per ciascun crimine commesso.

Dall’epoca napoleonica iniziò il processo di modernizzazione della giustizia cheha dato origine ai sistemi ancora in uso nei paesi democratici: al di là delle manchevolez-ze e delle deficienze dei singoli giudici e della qualità delle leggi che ogni nazione si dà, daallora vige il principio espresso in quasi tutte le aule giudiziarie dalla scritta «La Legge èuguale per tutti».

L’ospedale

Gli ospedali pubblici non furono un’invenzione dell’epoca napoleonica, perché già in pre-cedenza i monarchi avevano dovuto dotare le grandi città, e in particolare le capitali, do-ve si concentrava un numero di persone sempre crescente, di strutture nelle quali racco-gliere e curare i malati, anche per limitare i pericoli di gravi contagi ed epidemie. Si trat-tava spesso di costruzioni immense, che dovevano testimoniare la «bontà» e la sollecitu-dine del sovrano nei confronti dei suoi sudditi, ma che quasi sempre erano solo enormicontenitori, privi di organizzazione razionale: i malati vi erano ammassati senza un pre-ciso criterio e le cure affidate a personale privo di adeguata preparazione. Già gli illumini-sti francesi si erano posti il problema di come rendere efficienti queste strutture e un gran-de impulso fu dato a questa riflessione da un incendio che, nel 1772, distrusse l’Hôtel Dieu,l’enorme ospedale di Parigi. Nel 1784 il governo francese si rivolse all’Accademia delleScienze, l’istituzione che raccoglieva gli scienziati più illustri del tempo, e chiese di forma-re una commissione che facesse una proposta su come ricostruire l’ospedale. Fecero par-te di quella commissione i medici, i fisici, i matematici, gli economisti che hanno lasciatouna traccia indelebile nella storia delle rispettive discipline: tra gli altri, il fondatore dellachimica moderna Lavoisier, i fisici La Place e Coulomb, l’economista Condorcet. La pro-posta avanzata da quella commissione costituisce l’atto di nascita della clinica moderna:l’Hôtel Dieu non doveva essere ricostruito e al suo posto dovevano sorgere quattro ospe-dali più piccoli secondo questi indirizzi:

● ogni ospedale non doveva superare i 1200-1500 posti letto;● doveva essere organizzato per padiglioni: edifici separati fra loro, in ciascuno dei qualidovevano essere curate specifiche malattie;● si dovevano istituire reparti distinti per uomini e donne e ciascun malato doveva avereun suo posto letto (cosa non garantita in precedenza);● l’assistenza infermieristica doveva essere fornita da personale differenziato a secondadelle funzioni (chi lava o viene a contatto con gli ammalati non può dedicarsi anche allapulizia dei bagni o alla cucina).

Cose che oggi diamo per scontate, dunque, sono in realtà il risultato di una politica real-mente innovativa avviata in epoca illuministica.

Fu poi la legislazione della nuova repubblica nata dalla Rivoluzione a sancire il princi-pio secondo cui la salute è un bene primario dell’uomo ed è anche un diritto-dovere del cittadi-no di cui lo Stato deve assumere la tutela. Su questa base si fece strada l’idea che la clinica de-ve essere nello stesso tempo luogo di cura e luogo di studio e di formazione poiché inessa medici e studenti possono osservare le più diverse patologie, studiarne le cause, veri-ficare i rimedi e stabilire nuovi metodi di cura. In epoca napoleonica tutto questo vennerealizzato su larga scala e fu reso organico il rapporto fra l’ospedale e le Ecoles de santé, lefacoltà universitarie di medicina. Come per tanti altri aspetti, anche queste fondamenta-li innovazioni in campo medico furono diffuse in Europa dalle armate napoleoniche e l’e-sperienza francese costituì il modello di riferimento in tutto l’Occidente nel corso dell’Ot-tocento e, per buona parte, sopravvive ancora oggi, negli Stati in cui esiste una sanità pub-blica.

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LE ISTITUZIONI

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Una nuova figura: i «liberatori»L’eredità del periodo

Laboratorio

«Gazzetta di Bologna», n. 79, Sabato 22 ottobre 1796

T4 Dopo gli «evviva», subito grane per il LiberatoreQuando, nel 1796, l’Armata di Napoleone si affacciò sulle Alpi promettendo di portare la libertà e di cac-ciare i «tiranni», tutti capirono che se i francesi avessero vinto non ci sarebbe stato scampo per i gover-nanti in carica, che sarebbero stati sostituiti. Ma quale regime sarebbe stato imposto dai «liberatori»?Alcuni intellettuali entusiasti (come Ugo Foscolo) pensavano che Napoleone avrebbe lasciato l’Italia agliitaliani; altri speravano che le repubbliche che sarebbero sorte si sarebbero ispirate ai princìpi di «Li-bertà Uguaglianza Fraternità» (le parole d’ordine della Rivoluzione); altri ancora speravano invece che inuovi governi si sarebbero poggiati sulle classi dei possidenti e dei borghesi. Il popolo, in genere sottol’influenza della Chiesa, temeva l’arrivo dei francesi ma sperava ugualmente di poter trarre giovamentoimmediato dalla nuova situazione. Il «Liberatore» che giungeva in Italia, però, era un generale del Diret-torio che con la Costituzione dell’anno III aveva impresso alla Rivoluzione francese una svolta antide-mocratica e antipopolare e che perciò non solo cercava l’appoggio delle classi dirigenti locali, ma, so-prattutto, era pronto a ricorrere alla forza per reprimere ogni accenno di rivolta popolare, ogni sommos-sa che turbasse l’ordine pubblico.Riportiamo qui un articolo apparso su una gazzetta di una delle tante città italiane liberate durante la cam-pagna del 1796; in questo caso si tratta di Bologna, che passava dallo Stato della Chiesa alla nuova realtà.Avvertiamo che il linguaggio della «Gazzetta di Bologna» è abbastanza incerto, l’uso delle maiuscole èpiuttosto singolare (spesso vengono usate per i nomi comuni, anche per attirare l’attenzione del lettoresulle parole chiave del testo), la punteggiatura precaria: si tratta comunque di un fatto normale per i gior-nali dell’epoca, che venivano redatti da dilettanti, spesso privi di una solida preparazione linguistica.

Circa le ore 5. e mezza pomeridiane dello scorsoMartedì, siccome fu accennato, giunse in questaCittà il Generalissimo Bonaparte, il quale posciapartì poco dopo il mezzogiorno del seguente Mer-cordì, prendendo la strada di Ferrara.

Nella stessa sera di Martedì, fu piantato im-provvisamente in questa pubblica Piazza l’Alberodella Libertà1, ed il Senato2 in seguito con suo Pro-clama espose: Che questo segno denotava non lalicenza, sempre detestabile; ma soltanto la vera li-bertà sotto l’autorità, e la protezione delle Leggi3.Quindi ordinava, che questo Albero fosse da cia-scuno rispettato; e che se alcuno avesse osato

d’insultarlo, sarebbe giudicato reo di lesa Nazio-ne4, e soggetto alle più gravi pene, ed anche dimorte, secondo i casi.

Occorso però qualche disordine in quella istes-sa notte5, per una troppo popolare effervescenza6,benché senza la minima percossa, o ferita, il Sena-to, eccitato7 dal Supremo Comandante Bonapartea prendere le più forti, e più opportune provviden-ze8, formò sull’istante una provvisoria GuardiaCivica; ordinando ad ognuno di doverla rispetta-re, e comminando le pene più rigorose, fino allamorte, a chiunque ardisse di farle il più minimoinsulto9.

1. l’Albero della Libertà: fin dalle primefasi della Rivoluzione francese si imposel’usanza di innalzare in una piazza un al-bero ornato dei simboli della Rivoluzione,attorno al quale si dava luogo a una festaper celebrare la libertà ritrovata. Si trat-tava di un rito laico, che fu esportato neipaesi conquistati dalle armate francesi.

2. Senato: si tratta dell’organismo di go-verno della città.

3. Che questo… Leggi: il proclama del Se-nato afferma che l’Albero della Libertà nonera un simbolo di distruzione dell’ordinecostituito (licenza), cosa sempre da con-

dannare, ma della vera libertà che si realiz-za nel rispetto delle autorità e nell’ambitodelle leggi. È chiaro che l’Albero era statoinnalzato da quei cittadini che erano entu-siasti dell’arrivo dei francesi e che il Senatofa buon viso a cattiva sorte e cerca di man-tenere il controllo della situazione.4. sarebbe… Nazione: sarebbe stato giudi-cato colpevole di offesa alla nazione. Neiregimi monarchici il delitto di «lesa mae-stà» era il più grave e, per analogia, nellenascenti repubbliche si «inventò» il delit-to di «lesa nazione».5. Occorso… notte: capitato quella stessanotte qualche disordine. Il cronista è qui

reticente, ma da quanto detto in seguitosi capisce che alcuni popolani avevanocominciato a rivendicare la «loro» liber-tà, intesa come richiesta di maggiore egua-glianza, di ridistribuzione delle ricchezze,e quindi avevano tentato qualche sac-cheggio.6. per una… effervescenza: per un’ecces-siva eccitazione del popolo. 7. eccitato: sollecitato.8. provvidenze: provvedimenti.9. comminando… insulto: minacciandodi infliggere le pene più rigorose a chiun-que avesse osato compiere il minimo atto

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Finalmente, venne pubblicata sù di ciò10 la se-guente Lettera del Generalissimo Bonaparte.

REPUBBLICA FRANCESELIBERTÀ EGUAGLIANZA

Dal Quartier Generale di Bologna28. Vendemmiatore (19 Ottob.)11

Bonaparte, Generale in capite12 dell’Armatad’Italia al Popolo di Bologna.«Entrando nella vostra Città ho veduto con pia-

cere l’entusiasmo, che anima i Cittadini, e la fer-ma risoluzione, in cui sono di conservare la loro li-bertà13. La Costituzione, e la vostra Guardia Nazio-nale saranno prontamente organizzate14; ma so-no rimasto afflitto di vedere qualche eccesso, a cuisi sono abbandonati alcuni cattivi soggetti, inde-gni di essere Bolognesi.»

«Un Popolo, che commette degli eccessi è inde-gno della Libertà. Un Popolo libero è quello, che ri-spetta le persone, e le proprietà. L’Anarchia pro-

duce la Guerra intestina, e tutte le pubbliche cala-mità.»15

«Io sono nemico dei Tiranni; ma sopra tutto so-no il nemico giurato degli scellerati, dei Saccheg-giatori, e degli Anarchisti. Faccio fucilare i mieiSoldati, quando saccheggiano: Farò fucilare quel-li, che rovesciando l’ordine Sociale, sono nati perl’obbrobrio, e per la disgrazia del Mondo»16.

«Popolo di Bologna. Volete voi, che la RepubblicaFrancese vi protegga? Volete, che l’Armata France-se vi stimi, e si pregi di fare la vostra felicità?17 Vo-lete, ch’io mi vanti qualche volta dell’amicizia,che mi avete dimostrata? Reprimete questo picciolnumero di Scellerati, fate, che nessuno sia oppres-so, qualunque sia la sua opinione: nessuno puòessere arrestato, che in virtù della Legge18… fatesoprattutto, che le Proprietà siano rispettate.»

Firmato BONAPARTE.P.S. Un Saccheggiatore arrestato viene sull’istante

condannato alla Galera19.

di ostilità e resistenza contro la GuardiaCivica. La durezza delle pene fa intuirequello che il cronista aveva cercato di ad-dolcire, parlando di popolare effervescenza:i disordini in città dovevano essere statipiuttosto pesanti, anche se non c’era sta-to spargimento di sangue.10. venne… di ciò: venne resa pubblica ri-guardo ai disordini e ai saccheggi. Eviden-temente l’autorità del Senato non era suf-ficiente e si dovette far sentire la voce delvero padrone della situazione, Napoleone.11. 28. Vendemmiatore (19 Ottob.): i go-verni rivoluzionari giacobini, per elimi-nare qualsiasi riferimento alla religione,avevano cambiato il calendario e asse-gnato nuovi nomi ai mesi; fu un provve-dimento che venne poi abolito proprio daNapoleone. Il 28 vendemmiaio corri-spondeva dunque al 19 ottobre.12. Generale in capite: generale in capo.13. la ferma… libertà: la sintassi è un po’traballante, ma il senso è chiaro: Napo-

leone manifesta l’intenzione di conserva-re la libertà dei bolognesi, cioè di lasciarein vita le loro istituzioni amministrative. 14. La Costituzione… organizzate: prestoavrete una Costituzione e un esercito na-zionale: Bologna era destinata ad entrarea far parte della Repubblica Cispadanache sarebbe stata organizzata secondo ilmodello della Repubblica Francese.15. L’Anarchia… calamità: il mancatorispetto delle leggi e dell’autorità (Anar-chia) produce la guerra civile e tutti i ma-li che possono affliggere la società (pubbli-che calamità).16. quelli… Mondo: coloro che, volendorovesciare le gerarchie sociali, sono lavergogna (obbrobrio) e la disgrazia delmondo. Si ricordi che in Francia proprioNapoleone era stato protagonista nellarepressione dei movimenti democraticiradicali che chiedevano l’abolizione dellaproprietà privata.17. Volete, che l’Armata… felicità?: volete

che l’Armata francese provi stima per voi esi onori di farvi felici? Sono domande reto-riche: i bolognesi non avevano certo la pos-sibilità di rispondere di no! Bonaparte il «Li-beratore» non vuole apparire il più forte,colui che ha occupato un territorio stranie-ro, ma l’amico, il fratello maggiore che sipreoccupa della felicità dei bolognesi.18. Reprimete… in virtù della Legge: bloc-cate l’azione di questo piccolo numero didelinquenti, fate in modo che nessuno siaperseguitato per le sue opinioni, perchénessuno può essere messo agli arresti senon lo ordini la legge. Dopo l’ordine difermare i saccheggiatori Napoleone sipremura di ricordare alcune norme fissa-te nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomoe del Cittadino [smodulo L’Età dei Lumi edelle rivoluzioni, T2], per evitare che si ve-rifichino eccessi nella repressione.19. Un Saccheggiatore… Galera: il croni-sta conclude con un esempio degli effettidell’intervento di Napoleone.

Stendhal, La Certosa di Parma, trad. di E. Tapini,Garzanti, Milano 1985

T5 La liberazione di Milano nell’entusiastico ricordo di StendhalStendhal (1783-1842) è l’autore di due romanzi fra i più belli e importanti dell’Ottocento, Il rosso e il ne-ro (1830) e La Certosa di Parma (1839) [smodulo Il romanzo nel Primo Ottocento, p. 703], quest’ulti-mo ambientato in Italia dal momento dell’arrivo di Napoleone e del suo trionfo in Europa fino alla Re-staurazione, successiva alla battaglia di Waterloo. L’autore, che si chiamava in realtà Henri Beyle(Stendhal era lo pseudonimo che volle assumere come scrittore), era nato a Grenoble nel 1783 e a 17anni giunse per la prima volta in Italia come sottotenente dei dragoni nell’Armata napoleonica, ma con

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incarichi amministrativi e diplomatici, per cui poté frequentare assiduamente la società colta e lettera-ria di Milano e il teatro alla Scala dove si appassionò al melodramma. Continuò poi a seguire, con inca-richi amministrativi, Napoleone nelle sue campagne in tutta Europa; dopo la sua caduta si stabilì di nuo-vo a Milano e vi rimase per sette anni, ma nel 1821 dovette tornare a Parigi, sempre aspettando l’occa-sione di tornare in Italia, cosa che accadde nel 1830, quando divenne console francese a Civitavecchia.Tornò a Parigi solo per morirvi, nel 1842; volle che sulla sua tomba fosse scritto: «Enrico Beyle – mila-nese – visse, scrisse, amò. Amò Cimarosa, Mozart, Shakespeare». Stendhal pone all’inizio della Certo-sa di Parma la rievocazione della liberazione di Milano da parte di Napoleone. Non si tratta di un docu-mento storico, ma piuttosto di un atto d’amore per gli ideali che Stendhal aveva nutrito nella giovinez-za, un ricordo affettuoso della città che tanto amava, una visione nostalgica per un mondo che, secon-do lui, era morto con l’uscita di scena di Napoleone, sostituito da un’atmosfera grigia, priva di slanciideali e di atti di eroismo.

Il 15 maggio 1796 il generale Bonaparte entrò inMilano alla testa di quel giovane esercito1 cheaveva passato il ponte di Lodi2 e dimostrato almondo che, dopo tanti secoli, Cesare e Alessan-dro avevano un successore3. I miracoli di corag-gio e di genialità di cui l’Italia fu testimone, in po-chi mesi risvegliarono un popolo addormentato.Appena otto giorni prima dell’arrivo dei francesi,i milanesi li consideravano nient’altro che unabanda di briganti, abituati a scappare regolar-mente davanti alle truppe di Sua Maestà Imperia-le e Reale4: questo almeno era quanto continua-va a ripetergli tre volte la settimana un certo gior-naletto non più grande di un palmo, stampato sucarta grigiastra.

Nel medio evo i lombardi repubblicani avevanodato prova di un coraggio non inferiore a quellodei francesi, e si erano meritati la distruzione del-la loro città ad opera degli imperatori tedeschi5.Una volta diventati fedeli sudditi, la loro grande oc-cupazione fu di stampare sonetti su fazzolettini di

taffetà rosa quando si sposava qualche ragazzanobile o ricca6. Quanto a lei, la ragazza, due o treanni dopo quel memorabile giorno si prendeva uncavalier servente7: e certe volte il nome del cici-sbeo, scelto dalla famiglia del marito, aveva un po-sto d’onore nel contratto di matrimonio. Tra queicostumi effeminati e le emozioni profonde susci-tate dall’arrivo imprevisto dell’esercito francese,c’era senza dubbio un abisso. La vita cambiò, lepassioni si risvegliarono. Il 15 maggio 1796 tuttoun popolo si rese conto di quanto fosse straordina-riamente ridicolo, e in certi casi odioso, tutto ciòche aveva rispettato fino a quel giorno. La parten-za dell’ultimo reggimento austriaco segnò la finedelle vecchie idee. Rischiare la vita diventò di mo-da. Si capì che per poter di nuovo essere felici, do-po secoli di torpide sensazioni degradanti8, biso-gnava amare la patria d’un amore concreto e cer-car di fare qualcosa di eroico. Il chiuso dispotismodi Carlo V e poi di Filippo II9 li avevano sprofonda-ti nel buio: buttarono giù le loro statue e furono di

1. giovane esercito: l’Armata d’Italia,che avrebbe dovuto esercitare un’azionedi disturbo contro l’Austria, mentre loscontro principale sarebbe avvenuto suiconfini segnati dal fiume Reno, tra Fran-cia e Germania; perciò era stata formatain gran parte di giovani chiamati da pocoalla leva.2. aveva… Lodi: nella battaglia che aprìloro le porte di Milano i francesi dovette-ro passare un ponte battuto dal fuoco ne-mico; lì Napoleone in persona guidò l’as-salto.3. dimostrato… un successore: quel gio-vane esercito aveva dimostrato al mondointero che dopo tanti secoli era ricompar-so un condottiero, Napoleone, degno diessere paragonato ai più grandi e genialicondottieri dell’antichità, Giulio Cesare eAlessandro Magno.

4. alle truppe di Sua Maestà Imperiale eReale: di fronte all’esercito austriaco, cioèdell’imperatore d’Austria e re di Ungheriae della Lombardia.5. Nel medio evo… degli imperatori tede-schi: il riferimento è alla Lega lombarda,l’alleanza di comuni lombardi e piemon-tesi che si opposero a Federico Barbaros-sa (1123 ca.-1190), l’imperatore tedescoche, avuto in un primo tempo il soprav-vento, distrusse Milano come esempioper le città ribelli. 6. la loro grande… nobile o ricca: quiStendhal prende in giro alcuni costumidiffusi nei ceti più alti della popolazioneitaliana, non solo milanese, e che stupi-vano molto gli stranieri; in questo caso sitratta della moda di stampare poesie,scritte in occasione di matrimoni, su tes-suto di seta (taffetà) ricamato e tagliato in

varie forme. 7. un cavalier servente: quasi sempre imatrimoni delle ragazze altolocate eranoil frutto di trattative tra le famiglie e spes-so lo sposo era molto più anziano, per cuinel contratto che si firmava prima dellacerimonia a volte veniva indicato già ilnome del giovane cavaliere che avrebbefatto compagnia alla dama senza che ilmarito potesse protestare o ingelosirsi.Quella del cavalier servente, comunemen-te chiamato «cicisbeo», era una consue-tudine italiana che scandalizzava moltogli stranieri.8. torpide sensazioni degradanti: senti-menti intorpiditi e vergognosi.9. Carlo V... Filippo II: sono i due impera-tori che diedero inizio al lungo dominiospagnolo sulla Lombardia.

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colpo inondati dalla luce. Da una cinquantinad’anni, mentre in Francia esplodevano l’Enciclo-pedia e le idee di Voltaire, i preti continuavano a ri-petere ai buoni milanesi che non valeva proprio lapena di imparare a leggere o altre cose del genere,che ci si poteva assicurare un bel posto in paradi-so pagando regolarmente le decime10 e raccon-tando per bene al parroco tutti i propri peccatuc-ci. Per avvilire fino in fondo quel popolo che inpassato aveva dimostrato tale energia e tanta ca-pacità di ragionare, l’Austria gli aveva venduto abuon mercato il privilegio di non dover fornire re-clute al suo esercito.

Nel 1796 l’esercito milanese era composto diventiquattro poveracci vestiti di rosso, i quali pre-sidiavano la città in collaborazione con quattrosplendidi reggimenti di granatieri ungheresi. C’e-ra una grande libertà di costumi, ma la passioneera cosa rara. D’altra parte, oltre alla noia di doverraccontare tutto al prevosto11, se non volevano ri-schiare di finir male anche in questo mondo, i buo-ni milanesi dovevano sottomettersi a certe piccoleimposizioni monarchiche decisamente fastidiose.

[Segue il racconto di un episodio: il 18 maggio un fran-cese scarabocchiò una caricatura satirica del Viceréaustriaco e fu tanto l’entusiasmo per una forma di co-municazione fino ad allora sconosciuta, che il disegnofu stampato e se ne vendettero 20.000 copie.]

Lo stesso giorno12 fu affisso l’annuncio che erastata decisa una imposta di guerra di sei milioni.

Doveva servire all’esercito francese, che, reducedall’aver vinto sei battaglie e dall’aver conquista-to venti province, aveva bisogno soltanto di scar-pe, pantaloni, giubbe, cappelli.

Fu tanta la gioia, la voglia di divertirsi, che ir-ruppe in Lombardia al seguito di quei francesi co-sì poveri, che solo i preti e qualche nobile si rese-ro conto di quanto fosse pesante quell’imposta disei milioni – a cui ben presto ne seguirono altre.Quei soldati francesi non facevano che ridere ecantare. Avevano meno di venticinque anni, e illoro generale in capo13, che ne aveva ventisette,passava per il più anziano di tutto l’esercito. La lo-ro vivacità, la loro giovinezza, la loro libera disin-voltura erano una risposta davvero divertente al-le furibonde prediche dei preti, i quali da sei mesiavevano continuato a proclamare dal pulpito chei francesi erano dei mostri, obbligati sotto pena dimorte a incendiare e a tagliare teste – e che ognireggimento marciava preceduto da una ghigliot-tina.

Nelle campagne, sulla soglia dei cascinali, si ve-devano soldati francesi tutti intenti a cullare ilbambino della padrona di casa, e la sera c’erasempre qualche tamburino che con il suo violinoimprovvisava un ballo. La contraddanza14 eratroppo raffinata e complicata perché i soldati –che d’altra parte non la conoscevano – potesseroinsegnarla alle ragazze del paese, e allora erano leragazze che insegnavano ai giovanotti francesi lamonferrina, il galoppo e altri balli italiani.

10. decime: la parte di raccolto o di rendi-ta che dovevano essere pagati alla Chiesa.11. prevosto: il parroco.

12. Lo stesso giorno: il 18 maggio: i fran-cesi non persero tempo!13. generale in capo: Napoleone.

14. La contraddanza: ballo in voga inFrancia e fra le classi superiori di tuttaEuropa.

1 I due testi sopra riportati sonomolto diversi fra loro: individua e definiscidi ciascuno di essi la tipologia.

2 Rispetto agli avvenimenti narra-ti, quando sono stati scritti i due testi?

3 Per gli storici l’articolo della «Gaz-zetta di Bologna» è un documento. Fai unelenco di tutte le notizie esplicite e impli-cite che da esso puoi ricavare riguardo al-l’ingresso dei francesi a Bologna.

4 Il passo di Stendhal è l’inizio diun romanzo, quindi non è propriamenteun documento storico; secondo te, gli

storici possono comunque ricavare qual-che indicazione utile da un testo comequesto? Considera che Stendhal visse al-l’epoca delle vicende narrate.

5 Mettiamoci da un altro punto divista: se volessimo capire cosa succede-va veramente nelle città italiane all’arrivodell’Armata di Napoleone potremmo ser-virci delle testimonianze sopra riportate?Rispetto a questi due testi tu pensi:

a.che l’articolo di giornale racconta comeandarono le cose ed è credibile, mentre lapagina di romanzo non è di alcuna utilità;

b.che l’articolo di giornale fornisce una vi-sione parziale (l’articolista riporta solo al-cuni fatti e ne nasconde altri), per cui risul-ta più significativo il racconto di Stendhal;c. che nessuno dei due testi è attendibilee non si potrà mai venire a conoscenzadella verità;d. che bisogna tener conto della naturadiversa dei due documenti per ricavare daciascuno di essi le notizie che sono in gra-do di fornire.Motiva la tua risposta.

Lavoraresuitesti

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METTI A FUOCO

■ Date ed eventi

1. Quando ebbe inizio la campagna d’Italia guidata da Na-poleone?2. Quando fu firmato il trattato di Campoformio?3. Quando Napoleone condusse la campagna d’Egitto?Con quale scopo?4. Quando fu creata la Repubblica Partenopea?5. Quando Napoleone fu proclamato imperatore dei france-si?6. Quando fu istituito il Regno d’Italia di cui Napoleone fure?7. Quando si aprì il Congresso di Vienna?8. Quando vi fu la definitiva sconfitta di Napoleone a Water-loo?9. Chi rappresentava la Francia al Congresso di Vienna?10. Quando fu promulgato il Codice civile napoleonico?

■ Concetti

11. Che cosa prevedeva la Costituzione dell’anno III? Qua-li importanti cambiamenti introdusse rispetto a quella pre-cedente?12. Col trattato di Campoformio quali città e territori appar-tenuti da secoli alla Repubblica Veneta passarono alla Lom-bardia?13. Quale regime venne instaurato in Francia con la Costi-tuzione dell’anno VIII? Quali poteri erano attribuiti a Napo-leone?14. Quali erano i fattori di debolezza delle cosiddette Re-pubbliche giacobine, che si formarono in Italia con l’arrivodegli eserciti di Napoleone?15. Descrivi la situazione dell’Europa nel 1810.16. Perché l’Inghilterra rimase sempre il nemico più temibi-le per Napoleone?17. Da chi era formata la VI Coalizione che sconfisse Napo-leone a Lipsia?18. Con quali finalità fu indetto il Congresso di Vienna? Chivi partecipò?19. Che cosa si intende per Restaurazione?20. La Francia di Napoleone fu un modello coerente di Sta-to centralizzato: che cosa significa?21. Quali furono i punti di forza dello Stato voluto da Napo-leone?22. Quali importanti novità introdusse il Codice civile napo-leonico?

23. Quali funzioni aveva, oltre a quella strettamente milita-re, l’esercito napoleonico?

PREPARA L’INTERROGAZIONE

24. Seguendo i punti della scaletta qui proposta, presentaoralmente il contesto storico e il contesto sociale ed econo-mico del periodo:

a. l’ascesa di Napoleone Bonaparte e le campagne d’Italiae d’Egitto;b. la nascita delle «Repubbliche sorelle» in Italia e il fallimen-to della Repubblica Partenopea;c. Napoleone diventa imperatore di Francia: organizzazionedell’Impero e suoi principali avversari;d. la caduta di Napoleone e il Congresso di Vienna;e. il modello di Stato centralizzato creato da Napoleone inFrancia;f. le innovazioni del Codice civile napoleonico;g. in Francia si afferma per la prima volta la leva di massa del-l’esercito.

PREPARA LA RELAZIONE SCRITTA

25. Rispondendo per iscritto alle seguenti domande, af-fronta e illustra i contenuti fondamentali del contesto stori-co, sociale ed economico dell’età napoleonica.

a. Per quali aspetti Napoleone fu colui che portò avanti e dif-fuse gli ideali della Rivoluzione francese?b. Per quali altri aspetti fu invece colui che la concluse e la«tradì»?c. Quali eredità lasciò all’Europa l’esperienza napoleonica?

26. In un testo di 20 righe spiega perché l’Inghilterra non fumai sconfitta da Napoleone.27. In un testo di 30 righe esponi le cause della sconfitta fi-nale di Napoleone.28. Scrivi un testo di 30 righe sull’Italia nel periodo 1796-1815, utilizzando correttamente i termini che seguono:

entusiasmo iniziale di molti intellettuali • Campoformio •amministrazione francese • opere d’arte • coscrizione ob-bligatoria

29. Esponi prima oralmente, poi per iscritto, quanto hai ap-preso riguardo a questo tema: «Alcuni aspetti dell’opera diNapoleone produssero oggettivamente una modernizza-zione della società e degli apparati statali e non poterono es-sere cancellati neppure dal Congresso di Vienna».

VERIFICAintermedia

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I CONTESTI Il contestoculturale e letterario

1 I La nascita dell’estetica

Nel corso del Settecento il pensiero attorno all’arte, almodo di definirla, agli effetti che essa provoca ebbe unsalto di qualità: le impostazioni tradizionali, basatesostanzialmente sulla accettazione o meno delle re-gole del classicismo (idea dell’arte come «imitazione»della natura e dei modelli antichi, l’opera d’arte comerisultato sia dell’ispirazione sia dello studio e dell’e-sercizio, ecc.) cominciavano ad apparire non più ade-guate alla completa comprensione dei processi men-tali ed emotivi che l’opera d’arte (di qualsiasi arte sitratti) «scatena» nell’individuo. La filosofia razionali-sta di Cartesio e dei suoi seguaci [smodulo Società,scienza e cultura fra Seicento e Primo Settecento, p. 31] eil pensiero empirista e sensista [s modulo L’Età deiLumi e delle rivoluzioni, p. 203] avevano modificato eallargato in maniera eccezionale le conoscenze e leipotesi relative al modo di percepire la realtà e avevanoaperto la strada a vari tentativi di dare una definizio-ne anche fisiologica delle emozioni, dei sentimenti,degli atteggiamenti di fronte ai diversi fenomeni, an-che quelli artistici. Tra Seicento e Settecento il dibat-tito su questi temi si era sviluppato e in particolarel’indagine si era soffermata sul concetto di gusto,quella capacità che permetteva all’artista di «produr-re opere d’arte» e agli altri di «riconoscere le opered’arte» e di trarne un piacere. Uno dei risultati più im-portanti di tutto questo ragionare, cercare di capire edare definizioni soddisfacenti fu che nacque l’esteticamoderna, cioè si riconobbe, passo dopo passo, chel’arte è un fenomeno che occupa uno spaziospecifico e che possiede una sua autonomia rispet-to agli altri fenomeni culturali. Il nome stesso di este-tica, per indicare questo settore di studio, fu inventa-to nel 1750 da Alexander G. Baumgarten (1714-1762), un filosofo tedesco che riprese il termine gre-co àisthesische significava «percezione» o «conoscen-za ottenuta attraverso i sensi» e lo applicò al campodelle arti. Nella seconda metà del XVIII secolo duetendenze si affermarono e influirono in modo direttosulla letteratura e sulle arti figurative, il Neoclassi-cismo e l’estetica del «sublime». Il teorico del Neo-classicismo fu un tedesco che visse e lavorò a Roma ein Italia, Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), mentre l’estetica del «sublime» fu elaborata

dall’inglese Edmund Burke (1729-1797), autoredella fondamentale Indagine filosofica sull’origine dellenostre idee sul sublime e sul bello (1756). Si trattava divisioni diverse dell’arte, ma i poeti, gli scrittori, i pitto-ri e gli scultori dei decenni fra la fine del Settecento el’inizio dell’Ottocento spesso le tennero presenti en-trambe ed entrambe influirono sulle loro opere.

2 I Il trionfo del Neoclassicismo

Anche se la teorizzazione e lo sviluppo dell’arte che sidefinì neoclassica erano iniziati nella seconda metàdel Settecento, la sua massima fioritura si ebbe versola fine del secolo e durante l’Impero napoleonico. Iltedesco Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) diede il contributo più importante per la diffu-sione dell’estetica neoclassica. Studioso appassiona-to e curioso dell’antichità, pubblicò nel 1755 le Con-siderazioni sull’imitazione delle opere greche nella pittu-ra e nella scultura, in cui trova già forte espressionequel radicale culto per l’antichità che costituisce unodegli assi portanti di tutto il Neoclassicismo. Nellostesso 1755, convertitosi al cattolicesimo, Winckel-mann si trasferì a Roma. Tra il 1758 e il 1762 compìalcune visite ad Ercolano e Pompei, spingendosi finoa Paestum, dove ammirò e studiò i resti dei templigreci. Nel 1764 comparve la Storia dell’arte nel-l’antichità, opera che ebbe un’immediata risonan-za europea anche perché subito tradotta in francesee in italiano. Con questo trattato ebbe realmente ini-zio un nuovo modo di studiare l’arte, perché l’operadi Winckelmann fu la prima «storia dell’arte». Perquanto l’interesse per il passato artistico non nasces-se certo con lo studioso tedesco, egli fu il primo a rea-lizzare una ricostruzione storica di un periodo artisti-co mettendolo in relazione con lo sviluppo comples-sivo di una società e di una cultura e non solo con lepersonalità individuali degli artisti. Riprendendoconcetti già presenti nell’Illuminismo, Winckel-mann affermava che l’arte è espressione di un modo dipensare che si sviluppa in determinate condizioni stori-che, antropologiche e culturali. Al ritorno da un viaggioin Germania e Austria soggiornò a Trieste, dove ven-ne assassinato per motivi oscuri nella locanda doverisiedeva nel 1768.

L’opera di Winckelmann diede organicità e forzaal movimento neoclassico che si riconobbe in alcu-ni punti fissati dallo studioso:

● l’arte è un punto di vista privilegiato pergiudicare una civiltà Winckelmann considerava

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l’arte capace di esprimere nelle forme più alte tuttele qualità umane, individuali e collettive, tanto dadivenire la vera chiave di lettura della storia della ci-viltà. Fare storia dell’arte per Winckelmann signifi-ca, quindi, fare una storia dell’uomo. Sotto questoaspetto la sua opera riveste un’importanza fonda-mentale per la nostra cultura, perché essa diedel’avvio alla grande stagione delle storie particolari(come le storie della letteratura, della filosofia, ecc.)che poi trovarono il loro massimo sviluppo nella cul-tura ottocentesca e romantica;● definizione dell’arte e del «bello»: la bellezza,secondo Winckelmann, è il risultato dell’armoniadelle parti di cui si compone una figura, un paesag-gio, ecc. L’arte, quindi, deve imitare la natura e ri-crearne l’armonia. Tuttavia, egli distingue fra il bellodi natura, che si coglie attraverso i sensi e determinauna soddisfazione superficiale, e il bello d’arte, che èil frutto di un’operazione che coinvolge sia i sensi sial’intelletto. L’artista, infatti, deve cercare di raggiun-gere e realizzare nella sua opera il bello ideale, chenon esiste in natura: egli non deve limitarsi a copia-re l’esistente, ma riunire nell’opera d’arte i partico-lari perfetti presenti e disseminati nei diversi indivi-dui e forme che compongono la natura;● l’arte e la civiltà greche classiche sono il mo-

dello supremo: attraverso la creazione di forme ar-moniche l’arte deve saper trasmettere un senso di se-renità e di equilibrio, che ha come effetto la capacitàdi controllare le passioni, di ricondurre anche le piùforti emozioni all’interno della razionalità. In questogli artisti hanno un esempio nell’arte (in particolarenella scultura e nell’architettura) che si realizzò nel-l’antica Grecia, soprattutto nel corso del V secolo a.C.È quella la forma artistica che fa trasparire «nobilesemplicità e tranquilla grandezza» [s T6].

Il Neoclassicismo europeo trionfò perché seppeesprimere un concetto di bellezza ed eleganza che fuaccolto non solo dagli artisti e dagli scrittori, tantoda divenire moda. A questo risultato contribuironoin maniera decisiva gli scavi archeologici di Pom-pei ed Ercolano, le città romane sommerse dallalava del Vesuvio nel 79 d.C. che cominciarono a tor-nare alla luce a partire dal 1748 e che con i loro mo-bili, gli ornamenti delle pareti, gli affreschi trovatiintatti fornirono modelli per gli artigiani di tutta Eu-ropa. Durante le ultime fasi della Rivoluzione fran-cese e l’età napoleonica fiorì lo stile Impero: sedie,tavoli, lampadari, specchiere ed anche i vestiti delledame assunsero forme derivate da quelle dell’anti-chità romana. Si può quindi dire che il Neoclassici-smo divenne un gusto diffuso.

444 Secondo Settecento

Johann J.Winckelmann,Il bello nell’arte.Scritti sull’arteantica, a c. di F. Pfister,Einaudi, Torino 1973

T6 La Grecia antica, patria del belloWinckelmann indicò nella Grecia la vera culla dell’arte occidentale, contribuendo enormemente a crea-re il mito della Grecia classica. Presentiamo qui alcuni passi tratti dai suoi scritti sull’arte. Come si ve-drà, il discorso sulle statue e sulla rappresentazione della bellezza si intreccia continuamente, perWinckelmann, con quello sulla letteratura, in una visione in cui tutte le forme di manifestazione artisticaconcorrono a dare l’immagine di una civiltà.

Il buon gusto che si va sempre più diffondendo nel mondo1, ebbe origine in terra gre-ca. Le invenzioni dei popoli stranieri non pervennero nella Grecia se non come un pri-mo seme2, e presero nuova natura e nuova forma in questo paese «che si dice Miner-va assegnasse come dimora ai Greci, a preferenza d’ogni altro, per le miti stagioni chevi trovò, visto che esso avrebbe potuto produrre menti intelligenti»3.

1. Il buon gusto… nel mondo: nel Sette-cento predominò l’idea che l’arte stesserinascendo proprio grazie alla sconfittadel «cattivo gusto», ossia delle esagera-

zioni e distorsioni che avevano dominatonel Seicento. 2. Le invenzioni… primo seme: ciò chegiunse in Grecia dagli altri popoli (quelli

del Medio Oriente e dell’Egitto) agì solocome uno spunto iniziale (primo seme).3. «che si dice Minerva... menti intelli-genti»: la citazione è tratta da un’opera, il

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Il gusto che questo popolo ha manifestato nellesue opere, è rimasto un suo privilegio; raramente siè allontanato dalla Grecia senza perdere qualchecosa, e solo tardi è stato conosciuto in regioni lon-tane.

Per noi, l’unica via per divenire grandi e, se pos-sibile, inimitabili4, è l’imitazione degli antichi5, eciò che si disse di Omero6, che impara ad ammirar-lo chi imparò ad intenderlo, vale anche per le operedegli antichi, particolarmente dei Greci. Bisognaconoscerle come si conosce un amico, per poter tro-vare il Laocoonte7 inimitabile al pari di Omero.

L’imitazione del bello della natura8 o si attiene adun solo modello o è data dalle osservazioni fatte suvari modelli riunite in un soggetto solo9. Nel primocaso si fa una copia somigliante, un ritratto: è il mo-do che conduce alle forme ed alle figure olandesi10.Nel secondo caso invece si prende la via del bellouniversale11 e delle immagini ideali di questo bello;ed è questa la via che presero i Greci.

La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità euna quieta grandezza12, sia nella posizione che nell’espressione. Come la profonditàdel mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressio-ne delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima gran-de e posata13.

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Timeo, di Platone, il grande filosofo grecovissuto fra il V e il IV secolo a.C.4. inimitabili: non imitabili in quanto per-fetti, o quasi.5. l’imitazione degli antichi: per Winckel-mann il concetto di «imitazione» è diversoe distante da quello di «copiatura»; imita-re gli antichi significa capire il loro mododi concepire l’arte e di realizzarla e tenta-re di ricreare la ricerca della bellezza idea-le e assoluta. Su questa strada i modernipossono competere e anche superare gliantichi.6. Omero: l’autore dell’Iliade e dell’Odis-sea fu oggetto di un vero culto nella cul-tura settecentesca e fu considerato l’im-magine stessa della poesia.7. Laocoonte: sacerdote di Apollo ricor-dato nel mito relativo alla guerra di Troia.Per far volgere al termine la guerra controTroia i Greci si servirono di un inganno:un grande cavallo di legno, nel quale sierano nascosti alcuni guerrieri guidati daUlisse, fu abbandonato davanti alle muradi Troia mentre i Greci fingevano di parti-re con le navi. I Troiani volevano portareil cavallo dentro la città come simbolo del-la loro vittoria; l’unico ad opporsi fu Lao-

coonte, che intuì l’inganno e cercò di dis-suadere i suoi concittadini dal loro propo-sito, ma due serpenti usciti dal mare, in-viati da Atena (la dea protettrice dei Grecie nemica dei Troiani) si avventarono suLaocoonte e sui suoi due giovani figli e lisoffocarono fra le loro spire. Così l’ingan-no del cavallo si poté compiere. La storia ciè stata tramandata da vari scrittori, il piùimportante dei quali è il poeta latino Vir-gilio, che fa raccontare l’episodio ad Eneanel poema Eneide (libro II). Nel corso delCinquecento, a Roma, sul colle Esquilino,fu ritrovato un gruppo marmoreo cherappresenta il momento in cui Laocoontee i suoi due figli vengono avvinghiati daiserpenti; l’opera destò l’ammirazione ditutti coloro che la videro e divenne uno deisimboli dell’arte antica. Essa risale al I se-colo a.C., ma Winckelmann riteneva chefosse molto più antica.8. L’imitazione del bello della natura: duesono le fonti della bellezza che si posso-no imitare: una è l’arte classica, l’altra èla natura intesa non solo come paesag-gio, ma anche come creatrice delle formeumane e animali.9. o si attiene… soggetto solo: o si limita

(si attiene) ad un unico modello, oppure sirealizza attraverso l’osservazione dei par-ticolari più belli presenti in modelli diver-si, riuniti poi in un’unica opera d’arte.

10. olandesi: si riferisce alla pittura cheoggi chiamiamo fiamminga, perché si svi-luppò nei paesi fiamminghi (Olanda, Bel-gio) e rimane famosa per l’esattezza nellariproduzione dei particolari anche piùminuti.

11. bello universale: una forma di bellez-za rielaborata, che non esiste in natura eche si avvicina il più possibile all’idea dibello assoluto.

12. una nobile semplicità e una quietagrandezza: sono le parole di Winckel-mann che divennero la definizione del-l’arte neoclassica. Le due coppie di nome+ aggettivo esprimono i seguenti concet-ti: quello di una naturalezza (semplicità)che non scade mai nel banale o nel volga-re, ma si presenta nobile, e quello di unagrandezza, d’animo oltre che di forme,che si accompagna alla serenità di espres-sione, propria di chi è consapevole dellapropria forza e della propria bellezza.

13. posata: tranquilla, serena.

Laocoonte, II sec. a.C., Musei Vaticani, Roma

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Quest’anima, nonostante le più atroci sofferenze, si palesa nel volto del Laocoonte, enon nel volto solo. Il dolore che si mostra in ogni muscolo e in ogni tendine del corpo,non si esprime affatto con segni di rabbia nel volto o nell’atteggiamento. Il Laocoontenon grida orribilmente come nel canto di Virgilio14: il modo con cui la bocca è apertanon lo permette; piuttosto ne può uscire un sospiro angoscioso e oppresso. Il dolore delcorpo e la grandezza dell’anima sono distribuiti con eguale misura per tutto il corpo esembrano tenersi in equilibrio. Laocoonte soffre (…): il suo patire ci tocca il cuore, manoi desidereremmo poter sopportare il dolore come quest’uomo sublime lo sopporta.

Più tranquilla è la posizione del corpo e più è in grado di esprimere il vero caratteredell’anima.

L’anima si fa più facilmente conoscere ed è più caratteristica nelle forti passioni, magrande e nobile è solo in istato d’armonia15, cioè di riposo. In questo riposo l’anima de-ve apparire calma ma nello stesso tempo attiva, quieta ma non indifferente né addor-mentata.

446 Secondo Settecento

14. non grida… di Virgilio: come lo pre-senta Virgilio nel libro II dell’Eneide.15. L’anima si fa… istato d’armonia: noipossiamo conoscere meglio l’animo uma-

no quando esprime ed è scosso da passio-ni violente: allora gli individui si mostranodavvero per quello che sono; ma l’animomostra la sua grandezza e nobiltà quando

è in uno stato di quieta, pacificata armo-nia.

1 Secondo le parole di Platone ri-portate da Winckelmann, a quale fine Mi-nerva diede ai Greci proprio quel paese daabitare?

2 Che cosa intende Winckelmannper imitazione degli antichi?

3 Le «fonti» del bello sono due:quali?

4 Seguendo quale processo, se-condo Winckelmann, l’artista può arriva-

re al bello universale?5 Secondo Winckelmann, nell’o-

pera d’arte:a. deve essere assente ogni manifesta-zione di forti passioni;b. l’espressione serena del volto deve co-municare l’assenza di passioni;c. l’espressione delle passioni deve co-munque essere composta;d. l’espressione deve nascondere qual-

siasi forma di passione.6 A quale similitudine ricorre Win-

ckelmann per spiegare la nobile semplicitàe la quieta grandezza dell’opera d’arte?

7 Dopo aver osservato la riprodu-zione del Laocoonte, prova a dire se le tuesensazioni sono simili a quelle descritteda Winckelmann oppure se l’opera susci-ta in te reazioni diverse.

Lavoraresultesto

3 I I diversi esiti dell’estetica neoclassica

Il «fenomeno Neoclassicismo» fu ben lontano dal co-stituire una cultura estetica chiusa entro regole rigi-de; la sua modernità lo rendeva un modo «aperto» dirapportarsi all’arte e alla realtà. Fatte salve alcuneidee di fondo (l’idealizzazione del mondo antico, l’i-dentificazione della bellezza con l’armonia esprimen-te una tranquilla grandezza, il recupero di forme clas-siche), il Neoclassicismo si prestava alle più diverse in-terpretazioni culturali e ideologiche. Di seguito indi-chiamo alcune delle tendenze artistico-culturali cheebbero più rilievo nella seconda metà del Settecento.

● Neoclassicismo accademico e archeologicoÈ uno degli aspetti insieme più diffusi e meno interes-santi dell’estetica neoclassica, pur essendo ravvisa-bile in molta parte della produzione pittorica, sculto-rea e architettonica europea. Il recupero della clas-sicità dà luogo ad una produzione artistica che si li-mita a rilanciare temi e figure desunti dalla storia anti-ca e dall’arte greco-romana. Negli artisti e letteratiche sposano questa linea non manca affatto il con-tatto con la realtà del proprio tempo, anzi, la mag-gior parte delle loro opere ha come soggetto la mo-dernità, solo che il loro modo di rappresentarla èbloccato sullo schema logico di un continuo raffron-to con l’antico. Tutto quanto vi è di bello e grandenell’oggi è rappresentabile attraverso un «travesti-

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mento» antico, che appare elemento necessario esufficiente per strappare l’avvenimento o il perso-naggio alla banalità del quotidiano e trasportarlo inun’atmosfera austera e solenne. I miti degli dèi e de-gli eroi diventano un repertorio d’immagini belle [sL’eredità del periodo, p. 461]; Napoleone è potente egrande come un imperatore romano e quindi moltipittori e scultori lo rappresentano nelle vesti di anti-co romano.● Neoclassicismo etico-civile Con questa espres-sione si può indicare quell’arte e quella letteraturache coglievano nelle espressioni artistiche dell’anti-ca Grecia e Roma soprattutto il prodotto di una cul-tura in cui l’individuo e la società avevano trovato unpunto d’incontro in una morale fondata su valori ci-vili: l’eroe, il cittadino dotato di virtù, il poeta e l’arti-sta capaci di provocare il miglioramento della vita so-ciale sono le «figure» centrali di questo Neoclassici-smo. Questa interpretazione del Neoclassicismo sifonde con grande facilità e naturalezza con tutti queimovimenti culturali e ideologici settecenteschi che siimpegnarono nella trasformazione della società, inparticolare l’Illuminismo riformista e utopista, il gia-cobinismo rivoluzionario e libertario, ma anche il bo-napartismo e l’antibonapartismo. Non può certostupire che tendenze opposte si ispirassero a idealicomuni, se si pensa che la figura di Napoleone ebbesempre una doppia interpretazione da parte dei con-temporanei: da un lato, quale erede della Rivoluzio-ne e distruttore degli antichi regimi feudali, quindi

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fondatore di un nuovo ordine; dall’altro, quale affos-satore della repubblica, oppressore delle nazioni eu-ropee e tiranno imperiale. Esempio di grande effica-cia di questo Neoclassicismo è l’opera pittorica delfrancese Jacques-Louis David (1748-1825), che,in una prima fase, si fece banditore attraverso i suoiquadri della moralità e dell’ideologia giacobina e ri-voluzionaria e, nella seconda fase, divenne il pittoreufficiale di Napoleone, che ritrasse sia in veste di con-dottiero, sia in veste di imperatore. Per quanto ri-guarda la poesia, un grande prodotto di questo Neo-classicismo furono i Sepolcri (1807) di Foscolo [smodulo Ugo Foscolo, p. 497].● Neoclassicismo come sentimento nostalgi-co di un mondo perduto L’antichità, e in parti-colare la Grecia, con i suoi dèi ed eroi, il suo paesag-gio solare e mediterraneo che favoriva l’armonia trauomo e natura, assume in tutta la sua potenza laconfigurazione di una patria ideale dell’uomo, irrime-diabilmente perduta a causa della civiltà moderna,della scienza, della violenta banalità e volgarità delquotidiano. L’Ellade (nome antico della Grecia) di-venta quindi l’espressione di una libertà spiritualeassoluta, oggetto di una continua tensione, ma de-stinata ad essere frustrata; di qui il melanconico de-siderio, la «nostalgia struggente» (Sehnsucht in tede-sco) per un modo di vivere che avvicinava gli esseriumani ad una condizione semidivina. Uno dei cen-tri di questo modo di intendere il Neoclassicismo,che ebbe vasta risonanza anche in Europa, fu la città

accademico-archeologica

la modernità vienerappresentata in rapporto

con l’antico(i miti diventano repertorio

di immagini belle)

Neoclassicismotendenze

artistico-culturali

etico-civile

l’arte antica viene vista come il prodotto di unacultura in cui individuo

e società avevano trovato un punto d’incontro in una

morale civile

sentimentale-nostalgica

il mondo antico, comearmonia tra uomo e

natura, viene percepitocome irrimediabilmente

perduto (causa la banalitàe la volgarità moderne)

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tedesca di Weimar, dove il grande Johann Wolf-gang Goethe (1749-1832) iniziò un rapporto d’a-micizia e di collaborazione con il poeta e dramma-turgo tedesco Friedrich Schiller (1759-1805). Inquesta atmosfera nacquero le grandi opere «classi-che» di Goethe, come la tragedia Ifigenia in Tauride(1787), gli inni di Schiller, tra i quali il famosissimoGli dei della Grecia (1788), gli inni di FriedrichHölderlin (1770-1843), come Natura e Arte o Sa-turno e Giove e le sue odi Alle Parche, Canto del destino

di Iperione [s T7 e modulo La lirica romantica in Eu-ropa, p. 587], ed anche le Grazie di Foscolo.

L’aver indicato queste tre tendenze del Neoclassi-cismo naturalmente non significa che esse vadanoconsiderate in modo autonomo e separato, perchéspesso, al contrario, convivono o segnano fasi diver-se dell’opera di uno stesso artista o letterato – come,per esempio, in Foscolo – ed anche nel gusto genera-le si intrecciano e si influenzano reciprocamente.

FriedrichHölderlin,Poesie, trad. di G. Vigolo,Einaudi, Torino1976

T7 Il canto del destinoFriedrich Hölderlin (1770-1843) è, accanto a Goethe, il più alto esponente della poesia lirica tedescafra Sette e Ottocento. Il canto del destino è una delle liriche più note del poeta e fu composta fra il 1797e il 1799. La visione dell’Olimpo, la sede nella quale gli dèi vivono la loro esistenza priva di affanni e disconvolgimenti, in un’atmosfera di luminosa serenità, si contrappone al destino degli uomini, esiliati nelmondo e privi di speranza. Metro: nel testo tedesco i versi sono liberi* e il traduttore ha cercato di riprodurre graficamente l’aspet-to che le strofe hanno nell’originale.

Voi andate lassù nella lucesu molle suolo, beati genii!

Splendenti brezze di dèivi sfiorano lievi

5 come dita ispiratele sacre corde.

Senza destino, come lattanteche dorma, respirano i superi;

serbato casto10 in umile gemma

è in eterno fiorire per loro lo spirito

e gli occhi beatibrillano in tacita

15 eterna chiarità.

Ma a noi non è datoin luogo nessun posare;

dileguano, cadonosoffrendo gli uomini

20 alla cieca, da unaora nell’altra

come acqua da scoglioa scoglio gettata

per anni nell’incerto giù.

1-2. Voi… genii: voi, divinità (genii) bea-te, vi muovete lassù, sul soffice manto delcielo.3-6. Splendenti… corde: vi accarezzanoleggeri venti luminosi e degni degli dèi,come le dita ispirate del musico sfioranole corde della cetra, sacra al dio Apollo.7-8. Senza… i superi: gli dèi (superi) vivo-no (respirano) senza che incomba su di lo-ro il destino di morte, con la tranquillitàdi un bimbo addormentato.9-15. serbato casto… chiarità: per loro lospirito, mantenuto puro come un fioreancora in bocciolo, fiorisce in eterno e iloro occhi beati brillano in un’atmosferadi luce e in una calma eterne.16-17. Ma a noi… posare: invece a noiuomini non è concesso aver pace (posare)in nessun luogo.18-24. dileguano… nell’incerto giù: gliuomini si dissolvono, cadono alla ciecanel dolore, ora da una parte ora dall’al-tra, come acqua sbattuta per anni da unoscoglio all’altro, verso un baratro di cuinon si conosce la fine (incerto giù).

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1 Quali sono gli elementi fisici cheil poeta evoca per descrivere la situazionedi beatitudine degli dèi?

2 L’ultima strofa comincia con unMa: quale segnale intende dare l’autore allettore con questo stacco marcato?

3 La rappresentazione del mondo

degli uomini corrisponde, in un certo sen-so, al ribaltamento del mondo divino. Fa’un elenco degli elementi che sono in evi-dente contrapposizione.

4 In questa poesia Hölderlin espri-me:

a. un sentimento di invidia per un mondo

eccessivamente felice;b. un sentimento di estraneità verso unmondo non umano;c. un sentimento di nostalgia per un mon-do perduto;d. un sentimento di avversione per unmondo dove tutto è troppo perfetto.

Lavoraresultesto

4 I L’estetica del «sublime»

A fianco del Neoclassicismo (a volte in contrasto, avolte unendosi ad esso) si sviluppò, nel Settecento,una concezione artistica che si identificava nella ca-pacità di trasmettere smarrimento, inquietudine, sgo-mento: si metteva così a fuoco il concetto di sublime,intendendo così individuare gli aspetti dell’arte capa-ci di colpire profondamente le passioni dello spettato-re o del lettore. Il termine deriva da un piccolo tratta-to greco, Sul sublime, giunto anonimo, che già unumanista italiano, Francesco Robortello, aveva pub-blicato nel 1554, ma che fino al Settecento era passa-to quasi inosservato. Fu Edmund Burke a dare unavisione più completa della questione nella sua Inchie-sta [s p. 443]; egli cominciò a distinguere due cate-gorie di piacere: il piacere positivo, che si prova quandosi hanno esperienze positive e si vedono o sentono«cose belle», e il diletto, che corrisponde alla sensazio-ne che si prova per la cessazione di un dolore. Tra tutte lepassioni quelle che provocano maggiori emozioni esono più forti sono quelle che ci vengono ispirate daldolore o dal pericolo, mentre quelle destate dal piace-re sono meno violente; da qui la definizione data daBurke dell’origine del sublime: «Tutto ciò che può de-stare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che èin un certo senso terribile, o che riguarda oggetti ter-ribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è unafonte del sublime». L’idea che si ricava dal discorso è illegame, istituito da Burke, fra il sentimento del subli-me e una serie di esperienze che hanno come comundenominatore il fatto che l’individuo prova terrorequando «sente» la propria inadeguatezza, fragilità,debolezza, di fronte a fenomeni che non può control-lare. In ultima analisi, si tratta del sentimento che na-sce dalla coscienza della limitatezza delle forze (fisi-che e psichiche) dell’uomo nei confronti dell’infinito,situazione che provoca la paura di essere sopraffatti edistrutti, produce cioè un dolore. Questo è un mo-

mento psicologicamente insopportabile, che si tra-muta però in diletto allorché le esperienze non vengo-no vissute direttamente, ma contemplate attraversola rappresentazione che di tali fenomeni fornisce l’arte.Burke definisce gli elementi che producono il senti-mento del sublime e, di conseguenza, il diletto; moltedi queste componenti entrano a far parte del gustoestetico nel corso del Settecento; tra queste hannoparticolare importanza l’oscurità, il sentimento di pri-vazione, la vastità, l’infinito, la grandezza delle costruzio-ni, il non-finito, i colori tetri, i suoni intermittenti, gli ur-li degli animali, il maleodorante.

Per riassumere possiamo fissare alcuni punti chel’Inchiesta di Burke consegnò ai critici e agli artistidella fine del Settecento e che ebbero ampia applica-zione e sviluppo:

● la distinzione fra il bello e il sublime, in basealla diversità degli effetti che essi provocano, il primoun piacere, il secondo un’inquietudine e uno smar-rimento che confina con la paura;● il sentimento del sublime viene prodotto nonsolo dall’arte, ma anche dalla natura: i paesaggiselvaggi, le oscurità tenebrose della notte, l’ampiezzasmisurata dei deserti, la solitudine triste dei laghi el’altezza aspra delle montagne fanno nascere nell’uo-mo un senso di sgomento che tende a trasformarsi inun piacere, ma completamente diverso da quello chesi prova per la contemplazione della bellezza;● collegamento tra arte e passione: la distinzionetra bello e sublime si fonda anche sul fatto che mentreil bello va posto in relazione con l’immaginazione (ca-pacità di dare forma alle idee), il sublime è invece in-sieme effetto e causa di passione; è su questa base cheil gusto settecentesco accolse sempre più ampiamen-te un’idea di arte capace di suscitare passioni.

Per cogliere appieno i risultati di queste elabora-zioni bisogna giungere alla metà del Settecento, pe-riodo in cui comparvero le elegie di Edward Young

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(Il lamento: ovvero pensieri notturni sulla vita, la mortee l’immortalità, 1742-46), che furono quasi subitotradotte nelle più importanti lingue europee e diven-nero universalmente note come Le notti. In quei ver-si si davano i primi esempi di sublime ottenuto attra-verso la descrizione di paesaggi notturni, spettrali,espressione di una sensibilità tenebrosa che si oppo-neva a quella «solare» tipica della poesia classicheg-giante. Di qui nacque una tendenza, quella dellapoesia sepolcrale, che divenne anche una modaeuropea [smodulo L’Età dei Lumi e delle rivoluzioni,p. 217].

5 I Elementi di un’estetica alternativa:il cosiddetto «Preromanticismo»

Tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocen-to si mise in luce, soprattutto nella cultura tedesca enordica, un modo di concepire l’arte e la letteraturache alcuni critici hanno proposto di chiamare «Pre-romanticismo», perché vi si colgono alcune antici-pazioni della cultura romantica che dominerà la pri-ma parte del XIX secolo [smodulo Il Romanticismo ela formazione dell’Europa contemporanea, p. 526]. De-finire il Preromanticismo è difficile; si può certamen-te fare un elenco di temi letterari e pittorici: poe-sia sepolcrale, paesaggi notturni e cimiteriali, «rovi-nismo» (cioè gusto per le rovine degli antichi edifici,meglio se perduti nella solitudine della campagna),predilezione per gli aspetti orridi e tempestosi dellanatura. Allo stesso modo, è possibile individuare unelenco di stati d’animo comuni, sentimenti e atteg-giamenti irrazionali e di ribellione contro il mondo ela società: amori impossibili, solitudine dell’indivi-duo di fronte all’incomprensione di una società vota-ta al denaro e alle convenzioni, nostalgia di uno sta-to di felicità e di purezza primordiale, visione pessimi-stica del destino umano, ecc. Non è comunque possi-bile mettere dei confini rigidi fra il Neoclassicismo ela produzione poetica e artistica preromantica.

Fatte queste debite precisazioni, si possono indi-care i principali punti di riferimento culturali che so-litamente vengono chiamati in causa quando si par-la di Preromanticismo.

● Esiti irrazionalistici della «poetica del subli-me» In particolare, si può intravedere la presenzadi una concezione artistica e poetica sempre più di-stante dal razionalismo in quegli autori che dellapoetica del sublime potenziarono soprattutto due

aspetti: la centralità dell’ispirazione, fino a giungerealla idealizzazione dell’artista come creatore assolu-to, al di là di ogni regola, e la predilezione per i temidell’orrido, del notturno, del misterioso.● Culto del primitivo come espressione più altadella spontaneità Si trattò di una moda che vedevanell’espressione poetica delle antiche popolazioni, nel-la fase della civiltà in cui ancora non esisteva la scrittu-ra, l’esito di una spontaneità primitiva, di un rapportospesso drammatico con la natura, ma autentico ed im-mediato, ormai sconosciuto alla società civilizzata. Lamoda prese avvio dalla pubblicazione di alcuni poemiriuniti nel 1765 sotto il titolo I canti di Ossian, di JamesMacpherson (1736-1796), un maestro di scuolascozzese. L’autore li presentò come una rielaborazio-ne di antichi canti dei druidi delle Highlands scozzesi,raccolti da Ossian, figlio di Fingal; in realtà, come sichiarì poco dopo, si trattava di poemi scritti dallo stes-so Macpherson in cui egli aveva inserito frammenti dicanti popolari. La scoperta del «falso» fece decadere,verso la fine del secolo, il prestigio dell’opera, ma ormaila sua diffusione era stata travolgente e aveva influen-zato scrittori della statura di Goethe, Foscolo, Herder.Ma a parte questa vicenda, Ossian inaugurò una sta-gione di grande interesse per la poesia e la letteratura«popolare», intesa anche come ricerca delle radici cul-turali della nazione: si possono citare come indizi di que-sta tendenza le Reliquie dell’antica poesia inglese (1765),una raccolta di testi fatta da Thomas Percy (1729-1811), e i Canti popolari pubblicati dal tedesco JohannGottfried Herder (1744-1803) tra il 1778 e il 1779.● «Estetica del sentimento» Si tratta di un atteg-giamento culturale che rende il sentimento, il contat-to con la natura, la libera espressione della persona-lità individuale predominanti sugli aspetti razionali esulla convenzionalità delle norme sociali ed artisti-che. Verso la fine del secolo questa tendenza fu rappre-sentata in Francia e in Europa soprattutto dalla filoso-fia e dall’opera letteraria di Rousseau: il romanzoGiulia o la nuova Eloisa (1761), le autobiografiche Con-fessioni (1781-88) sono capisaldi di una sensibilitàche spesso si manifesta in aperta polemica col razio-nalismo illuminista. Nel mondo tedesco questa ten-denza «sentimentale» fu rappresentata soprattuttodal poeta Friedrich Gottlieb Klopstock (1724-1803), che nel lungo poema in venti canti Messiade(1748-73) sviluppò temi religiosi e morali che sfocia-vano in un’esaltazione dell’individuo e dell’etica del-la responsabilità personale, all’interno della qualeaveva un posto di grande rilievo l’idea che non si deb-bono soffocare i sentimenti più spontanei ed intimi,fonte principale della vita spirituale.

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La vita e le opere Nato a Padova nel 1730, Mel-chiorre Cesarotti dimostrò presto una notevolevastità di interessi; diventò esperto delle lingue e let-terature antiche e conobbe i più importanti scrittoriilluministi d’Europa. Fu un grande intellettuale, fon-damentale per la cultura italiana, che attraverso lasua opera e mediazione venne a conoscenza delle piùrilevanti novità delle letterature straniere, in parti-colare di quelle francese e inglese.Nel 1760 lasciò Padova per Venezia, dove composele sue due prime opere notevoli, i ragionamenti Soprail diletto della tragedia (1762) e Sopra l’origine e i pro-gressi dell’arte poetica (1762), che accompagnavanola traduzione della Morte di Cesare e del Maometto o ilfanatismo di Voltaire. Nella prima si affronta l’analisipsicologica del piacere che occupa lo spettatore du-rante la rappresentazione di un dramma, nella se-conda si dibatte la questione dell’imitazione poetica.Cesarotti intendeva combattere il cieco ossequio aimodelli antichi, perché l’imitazione poetica non puòessere costretta entro limiti determinati, e difendevail «genio» poetico individuale e l’istinto fantastico co-me fondamenti della poesia.Questa concezione è alla base dell’impresa poetico-critica più famosa di Cesarotti: la traduzione e illu-strazione dei Canti di Ossian di Macpherson. Cesarot-

ti scelse di rendere la prosa ritmica dell’originale(non veri e propri versi, ma sequenze con accenti chesi ripetono nelle stesse posizioni) con versi della tra-dizione italiana (endecasillabi*, settenari*, novena-ri*, ecc.) mescolandoli liberamente e facendo com-parire la rima quando lo riteneva opportuno; inrealtà quella di Cesarotti più che una traduzione èuna vera riscrittura. I canti di Ossian, il «modernoOmero», apparivano a Cesarotti esemplari di un’epi-ca diversa da quella greca antica, ma di uguale, anzisuperiore valore estetico; l’impresa della traduzionenasceva, inoltre, dall’intenzione di arricchire e rin-novare il linguaggio poetico italiano.Nel 1768 Cesarotti fu nominato professore di lin-gua greca ed ebraica presso lo Studio di Padova. Al-la sua attività di docente sono legati il Corso ragiona-to di letteratura greca (1781) e la versione (letterale ein prosa) dell’Iliade di Omero. Al periodo della matu-rità dello scrittore appartengono il Saggio sulla filo-sofia del gusto (1785) e il Saggio sulla filosofia delle lin-gue (1800), le sue opere teoriche più importanti. Mo-derato estimatore della Rivoluzione francese, Cesa-rotti scrisse negli anni della vecchiaia alcuni opusco-li politici, fra i quali Il patriottismo illuminato (1797).Morì nella sua villa di Selvaggiano (Padova) il 4 no-vembre 1808.

MELCHIORRE CESAROTTI

Canti di Ossian, La notte, I

T8 La notteIl successo dei Canti di Ossian era stato travolgente e contagiò tutta Europa. Quello che colpiva fu il rie-mergere, dalle nebbie della storia, della civiltà celtica, che si era sviluppata in Galles, Irlanda, Scozia eparte della Francia, di cui rimanevano scarsissime tracce, e che non aveva lasciato testimonianze scrit-te. Era un mondo diversissimo da quello classico: vi si trovavano non Giove, Minerva, Apollo, ma divi-nità come Teutates e personificazioni dei venti e delle tempeste, non paesaggi mediterranei, ma fore-ste, dirupi, lande battute dalla pioggia e sommerse dalla nebbia, non eroi rivestiti delle loro armature, el-mi e scudi, ma selvaggi guerrieri coperti di pelli. Nella civiltà celtica la religione era amministrata da sa-cerdoti-maghi, i druidi, e all’interno dei clan o tribù avevano una notevole rilevanza sociale i bardi, i can-tori che tramandavano le gesta degli eroi e degli dèi. I Canti, tradotti in tutte le principali lingue, ebberoil merito di introdurre nella tradizione poetica europea un nuovo linguaggio e una serie di immagini inu-suali. Essi non si presentano come un insieme organico, ma sono divisi in vari poemetti che Macphersonpubblicò a varie riprese. I testi che costituiscono il poemetto La notte sono immaginati come canti dicinque bardi che, riuniti in casa di un capoclan, improvvisano sul tema della notte di ottobre; alla fine c’èun sesto canto, che è quello dell’ospite, anch’egli poeta. Qui riportiamo il primo canto.Metro: successione di versi di diversa misura, variamente rimati. Prevalgono gli endecasillabi*, ora ri-mati, ora liberi.

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Trista è la notte, tenebria s’aduna,tingesi il cielo di color di morte:qui non si vede né stella né luna,che metta il capo fuor delle sue porte.

5 Torbido è ’l lago, e minaccia fortuna;odo il vento nel bosco a ruggir forte:giù dalla balza va scorrendo il rio con roco lamentevol mormorio.

Su quell’alber colà, sopra quel tufo, 10 che copre quella pietra sepolcrale,

il lungo-urlante ed inamabil gufo l’aer funesta col canto ferale.

Ve’ ve’:fosca forma la piaggia adombra:

15 quella è un’ombra:striscia, sibila, vola via. Per questa viatosto passar dovrà persona morta:quella meteora de’ suoi passi è scorta.

20 Il can dalla capanna ulula e freme,il cervo geme – sul musco del monte, l’arborea fronte – il vento gli percote; spesso ei si scuote – e si ricorca spesso. Entro d’un fesso – il cavriol s’acquatta,

25 tra l’ale appiatta – il francolin la testa.Teme tempesta – ogni uccello, ogni belva, ciascun s’inselva – e sbucar non ardisce; solo stridisce – entro una nube ascoso gufo odioso;

30 e la volpe colà da quella piantabrulla di frondecon orrid’urli a’ suoi strilli risponde.

Palpitante, ansante, tremanteil peregrin

35 va per sterpi, per bronchi, per spine,per rovine,ché ha smarrito il suo cammin.

Palude di qua, dirupi di là,

40 teme i sassi, teme le grotte,teme l’ombre della notte, lungo il ruscello incespicando, brancolando, ci strascina l’incerto suo piè.

45 Fiaccasi or questa or quella pianta,il sasso rotola, il ramo si schianta, l’aride lappole strascica il vento;

452 Secondo Settecento

1. Trista: non vuol dire «triste», piutto-sto, desolata, carica di oscuri presagi. –tenebria s’aduna: le tenebre s’addensa-no, si radunano.4. che metta il capo fuor delle sue porte:che spunti dalla sua casa, il luogo miste-rioso in cui si rifugia la luna quando nonsi vede.5. Torbido… fortuna: il lago è limacciosoe minaccia un fortunale, una tempesta.6. a ruggir forte: violento nel suo ululato.7-8. giù dalla balza… mormorio: il fiume(rio) scorre giù dal fianco della montagna(balza) con un mormorio sordo, quasi unlamento.9. tufo: qui genericamente per roccia (de-ve far rima con gufo!).11-12. lungo-urlante... ferale: il gufo,che fa un verso simile ad un lungo urlo eche è odiato in quanto si ritiene che sia dimalaugurio (inamabil), riempie l’aria con-ferendole un’atmosfera lugubre (l’aer fu-nesta) con il suo canto che annuncia mor-te (ferale). Spesso Cesarotti non solo man-tiene il doppio aggettivo, frequente nel te-sto inglese, ma risolve col doppio aggetti-vo un paragone. L’intero periodo è carat-terizzato da un’espressione sintetica chedà rilievo ad alcune parole tematiche: fu-nesta, ferale.13. Ve’ ve’: guarda, guarda.14-15. fosca... un’ombra: una formascura proietta la sua ombra (adombra) sulterreno (piaggia): è uno spirito (ombra).17-18. Per questa… morta: presto (tosto)per questa via dovrà passare un fantasma.19. quella... scorta: quella forma scurache è passata (meteora, nel significato ge-nerico di fenomeno atmosferico) fa dascorta al suo passaggio.21. sul musco del monte: sul muschioche ricopre il monte.22. arborea fronte: la fronte del cervo,con le corna ramificate come un albero.23. spesso... spesso: si alza e si riadagiacontinuamente.24. un fesso: una spaccatura della roc-cia. – cavriol: capriolo.25. tra l’ale… la testa: il francolino, unpiccolo uccello, ripara il capo sotto le ali.27. s’inselva: si rifugia dove la selva è piùfitta.28-29. solo… odioso: soltanto l’odiosogufo, nascosto in una nuvola, fa sentire ilsuo stridulo verso. L’accanimento controil gufo deriva dalla credenza che il suo can-to, come quello della civetta, porti male.31. brulla di fronde: spoglia.34. il peregrin: il viandante. 35-36. va per... rovine: cammina in mez-zo a sterpi, cespugli spinosi (bronchi), luo-ghi scoscesi (rovine).44. piè: piede.45. Fiaccasi: si spezza.47. l’aride... vento: il vento porta via le

erbe secche. In particolare, le lappole so-no infiorescenze uncinate: ciò che impor-ta è creare un’atmosfera in cui la natura

aggredisce e fa paura e quindi il ventonon fa turbinare delle foglie ma le lappo-le, che si attaccano ai vestiti.

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ecco un’ombra, la veggo, la sento:trema di tutto, né sa di che.

50 Notte pregna di nembi e di venti,notte gravida d’urli e spaventi! L’ombre mi volano a fronte e a tergo:aprimi, amico, il tuo notturno albergo.

50. pregna di nembi: gravida, carica dinubi che portano pioggia.52. a fronte e a tergo: davanti e dietro.53. il tuo notturno albergo: la tua casa,dove possa trovare rifugio per la notte.

1 Il linguaggio che trovi in questapoesia è un’invenzione più di Cesarotti chedi Macpherson; tuttavia il traduttore ha cer-cato le parole per rendere un’atmosfera edelle immagini desolate e paurose. In que-sto testo si racconta qualcosa? Vengonoesposti dei fatti? Oppure non esiste un rac-conto? Cerca di dare una risposta motivata.

2 Il paesaggio è popolato di ani-mali e, ad un certo punto, compare unviandante. Vi sono altre presenze in que-sto paesaggio? Quali? Indica i versi in cuicompaiono.

3 Il gufo viene ricordato due volte:indica con quali aggettivi si fa riferimentoall’uccello e al suo canto.

4 Quale altro elemento comparenel testo che contribuisce a trasmettereun’idea di morte?

5 Prova a scrivere l’inizio di un rac-conto o, comunque, di un testo di qualsia-si genere, cercando di creare un’atmosfe-ra simile a quella che ritrovi nella poesiache hai letto.

Lavoraresultesto

6 I «Sturm und Drang»:l’anticlassicismo tedesco

Un movimento artistico-intellettuale, sviluppatosiin Germania, che va sotto il nome di Sturm undDrang («Tempesta ed impeto») caratterizzò la cultu-ra tedesca per un paio di decenni e si può considera-re concluso verso il 1785. Ne fecero parte alcunigiovani scrittori che vollero muovere il loro assaltoagli ambienti culturali che nelle corti tedesche ave-vano accolto l’Illuminismo francese al punto da ne-gare o cancellare l’originaria matrice germanica.

I punti fermi di questo movimento erano:

● l’esaltazione individualistica;● la rappresentazione tragica del conflitto tra ragio-ne e sentimento;● la ricerca di una nuova morale autentica e non con-venzionale;● la polemica contro la società che isola e condanna aduna sorta di esilio l’artista di genio;● il recupero dei valori spirituali in opposizione almaterialismo.

Come si vede, confluivano in questi atteggiamenti,in primo luogo, l’aperta ribellione all’egemonia dell’e-stetica classicista; in secondo luogo, la stretta correla-zione tra la cultura di una nazione e i caratteri origi-nari della nazione stessa. Perciò, se da un punto di vi-sta strettamente artistico e letterario le cose miglioriprodotte nell’ambito del gruppo furono quelle scritte

da Goethe – come il romanzo I dolori del giovaneWerther del 1774 [s modulo Le origini del romanzo,T5] e il dramma Götz von Berlichingen – e da Schiller (ildramma I masnadieri, del 1782), vi furono altre opereche ebbero una vasta risonanza nell’Ottocento ro-mantico, perché le idee espresse in esse costituironoun fondamento importante per la nuova cultura.

In particolare, Johann Georg Hamann (1730-1788) inaugurò un tipo di scrittura fortemente al-lusiva, fondata sulla successione di immagini e cita-zioni che danno al testo un carattere di oscurità pro-fetica. L’identificazione dell’arte con l’atto di crea-zione del genio è il punto focale delle tesi di Hamann,accompagnato dalla contestazione di ogni «regola»che pretenda di porre le redini alla fantasia, allo spi-rito, all’immaginazione.

Ancora più rilevante l’opera di Johann GottfriedHerder (1744-1803); amico di Goethe e di Ha-mann, compì un viaggio in Francia, di cui lasciò unDiario del mio viaggio nell’anno 1769: è una ricostru-zione più di un percorso spirituale e culturale che mate-riale, nel quale Herder espone quasi tutte le idee chesvilupperà in seguito, come la riscoperta della cultu-ra, dei miti e della lingua dei paesi del Nord, con la vi-sione di una Germania che diventerà la «nuova Ate-ne». Nel 1773 uscì una raccolta di scritti di intellet-tuali che facevano parte del gruppo dello Sturm undDrang o erano ad esso vicini, Intorno al carattere e al-l’arte tedeschi. Essa conteneva anche due saggi di Her-der, uno su Ossian e la poesia popolare, l’altro suShakespeare, che ormai aveva assunto nella cultura

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tedesca il ruolo di emblema nella lotta contro il tea-tro tragico francese ispirato al classicismo. Al 1774risale, poi, Idee sulla filosofia della storia dell’umanità,una confutazione dell’idea illuministica di «progres-so» fondato unicamente sulla ragione: per Herder lastoria degli uomini avanza per il contributo specificoed originale che ogni nazione riesce a dare nei diver-si momenti storici; in questa impostazione viene ri-conosciuta l’anticipazione di quell’atteggiamentoculturale che va sotto il nome di storicismo, che costi-tuirà uno dei fondamenti della cultura romanticaeuropea. In base a questa impostazione Herder riva-luta il Medioevo germanico e cristiano ed esalta lapoesia, vista come espressione dell’anima collettivadelle nazioni. La sua distinzione tra una poesia natu-rale (Naturpoesie), che si identifica con quella primiti-va e popolare, e una poesia d’arte (Kunstpoesie), che èquella colta, regolata da norme intellettualistiche,divenne un punto di riferimento per tutte le successi-ve polemiche romantiche contro il classicismo.

7 I L’arte e la letteratura in Italianell’età napoleonica

Negli ultimi anni del Settecento era ormai scompar-sa la generazione di grandi intellettuali illuministiche erano stati attivi soprattutto in Lombardia, inToscana e a Napoli. La cultura italiana rimaneva at-tenta a quanto succedeva in Europa, ma risentivadel fatto che molta parte delle novità più interessan-ti dal punto di vista filosofico e letterario venivaespressa nell’area tedesca e inglese, mentre i nostriintellettuali restavano legati alla cultura francese.Perciò, l’estetica neoclassica ebbe una rapida e im-portante diffusione anche in Italia, mentre meno di-retto fu il contatto con le correnti anticlassiciste epreromantiche. Tuttavia, anche da noi la moda del-la poesia cimiteriale e notturna si diffuse, se pur conrisultati modesti. Fa eccezione Ippolito Pindemon-te (1753-1828), un nobile veronese amico di UgoFoscolo che compì lunghi viaggi, soggiornando an-che in Inghilterra; è a queste sue esperienze che sideve il valore piuttosto elevato di questo tipo di pro-duzione poetica ispirato alla poesia campestre e ci-miteriale, come le Poesie campestri (1788) e l’incom-piuto poemetto I cimiteri (1806).

La maggior parte degli intellettuali e degli scritto-ri italiani avevano accolto con favore l’arrivo in Ita-lia dell’armata francese guidata da Napoleone; tra diloro erano diffuse e accettate le idee illuministe e la

Rivoluzione francese aveva suscitato entusiasmo epartecipazione in molti, in tutti interesse con qual-che riserva. Per esempio Vittorio Alfieri [smodu-lo Vittorio Alfieri, p. 343], aveva salutato la rivolta cheaveva portato all’esecuzione di Luigi XVI come unmomento eroico, culminato nell’uccisione del «tiran-no», ma le sue valutazioni erano molto più letterarieed estetiche che politiche, e vedendo i rivoluzionari al-l’opera direttamente, mentre era in Francia, si eracompletamente disamorato di quel movimento chegli pareva dominato dalla «plebaglia». Diverso fu l’at-teggiamento di Giuseppe Parini [smodulo Il Gior-no, p. 266]: il sacerdote che aveva accolto con mode-razione e perplessità la ventata rivoluzionaria fu peròdisposto a collaborare con i francesi, per ritirarsi poidalla vita pubblica quando si rese conto che i «libera-tori» erano ben decisi a fare della sua Lombardia edell’Italia un paese satellite della Francia. Questopassaggio dall’entusiasmo e dall’adesione alla disil-lusione e al rifiuto è ben rappresentato dalla figuradominante nel periodo, quella di Ugo Foscolo(1778-1827: smodulo Ugo Foscolo, p. 468). Trasfe-ritosi assai giovane a Venezia dalla nativa isola diZante, si accostò con spirito passionale ed entusiastaai circoli repubblicani e giacobini e accolse Napoleo-ne con l’ode A Bonaparte liberatore (1797). Foscolo,come tanti altri giovani intellettuali italiani, vedeva-no nell’arrivo dei francesi l’occasione per romperecon una società «vecchia», immobile, incapace or-mai di rinnovarsi: era un’ansia che si nutriva di desi-derio di riscatto, di cambiamento, ma priva sostan-zialmente di un progetto politico. Tutti si aspettava-no la liberazione dell’Italia, ma se era chiaro da chi eda cosa volevano che fosse liberata, non era altret-tanto chiaro che cosa l’Italia dovesse diventare; l’i-dea stessa d’Italia, in quel periodo, era un concettoastratto, che nasceva più dalla tradizione letterariache da reali esigenze presenti nelle classi dirigenti ita-liane. Foscolo nel giro di pochi mesi, soprattutto do-po il trattato di Campoformio (1797) col quale Napo-leone fece morire la Repubblica di Venezia conse-gnandola all’Austria in cambio della Lombardia,passò dall’entusiasmo alla delusione più profonda,vedendo in Napoleone il traditore degli ideali che ave-va proclamato affacciandosi al di qua delle Alpi. Que-sta delusione è uno dei temi principali delle Ultimelettere di Jacopo Ortis (1798), il primo romanzo dipregio della nostra letteratura. Foscolo, come tantialtri intellettuali e scrittori italiani, fu condannato adassumere una posizione di stallo: impossibilitato acollaborare pienamente con i francesi che si erano ri-

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velati dei nuovi conquistatori, era nello stesso tempoassolutamente distante da posizioni reazionarie cheripugnavano alla sua sensibilità e cultura. Infatti, nelmomento in cui Napoleone fu sconfitto e in Italia tor-narono a dominare gli austriaci, Foscolo preferì anda-re in esilio a Londra. Dopo le delusioni politiche, Fo-scolo sviluppò la sua vena artistica verso interessi ditipo morale, che trovarono espressione nel carme DeiSepolcri (1807) e verso una sempre più marcata esal-tazione della letteratura e dell’arte come elementi dieducazione civile, etica ed estetica, come si coglie nellesue odi, e nel poema incompiuto Le Grazie [smoduloUgo Foscolo, p. 516]. La rilevanza culturale dell’ope-ra foscoliana, oltre che artistica, sta nel fatto chel’autore sperimentò tutte le tendenze del periodo,ispirandosi all’estetica del sublime, al Neoclassici-smo eroico e civile e al Neoclassicismo romantico,riuscendo sempre ad ottenere risultati di alto livello.Inoltre, Foscolo è l’esempio più significativo dell’at-teggiamento dell’intellettuale italiano di fronte allaRivoluzione francese prima, all’esperienza napoleo-nica poi e quindi alla Restaurazione.

L’altro letterato che emerse in quegli anni fu Vin-cenzo Monti (1754-1828). Anch’egli attraversò va-

rie fasi nella sua attività poetica: fu amico di Goethe,fu in contatto con molti intellettuali europei, fu poe-ta alla corte papale di Roma, si dedicò ad una lette-ratura ispirata al Neoclassicismo civile, di pieno soste-gno alla politica napoleonica, ma cantò anche il ri-torno degli austriaci a Milano. Monti rimane nellastoria della letteratura italiana perché fu un grandeorganizzatore culturale, un poeta non disprezzabile[s T9] e soprattutto perché tradusse in maniera as-sai efficace l’Iliade di Omero.

La personalità italiana che ebbe maggior succes-so in Europa non fu un letterato, ma uno scultore earchitetto, Antonio Canova (1757-1822); la suastatuaria divenne un simbolo internazionale delNeoclassicismo e committenti di tutti i paesi fecero agara per avere le sue opere. Lavorò molto al serviziodei papi, ma anche di Napoleone, dello zar di Russia,sempre accolto come un maestro capace di rivaleg-giare con i grandi scultori greci nel creare forme ar-moniose. Canova fu anche un teorico del Neoclassi-cismo e un grande uomo di cultura; si deve al suoimpegno se moltissime delle opere che Napoleoneaveva trafugato e portato in Francia tornarono inItalia dopo il 1815.

Modulostoricoculturale L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 455

La vita e le opere Nato ad Alfonsine, nel Raven-nate, Vincenzo Monti (1754-1828) poté studia-re entrando in seminario; seguì l’insegnamento diMedicina all’Università di Ferrara, ma la sua pas-sione era la poesia. Con i primi componimenti siguadagnò la protezione del cardinale Scipione Bor-ghese che favorì il suo trasferimento a Roma. Lì co-nobbe il successo con un poemetto, La bellezza del-l’universo (1781), scritto per le nozze del duca Lui-gi Braschi, nipote del papa. Capace di assimilare ve-locemente gli influssi e le mode che provenivanodall’estero, Monti produsse molte opere in versi, fracui Sciolti al principe don Sigismondo Chigi (1783; iltermine Sciolti è riferito ai versi usati), il poemettoFeroniade (1784), In morte di Ugo di Bassville (1793),quest’ultima composta dopo l’uccisione di un ad-detto dell’ambasciata francese a Roma, atto di accu-sa contro le violenze promosse dalla Rivoluzionefrancese. Quando era ormai famoso e sembrava av-viato a diventare il poeta ufficiale della corte papa-le, Monti, quasi all’improvviso e di nascosto, nel1797 partì da Roma: si era avvicinato agli ideali ri-voluzionari e aveva voluto spostarsi a Milano, la ca-

pitale della Repubblica Cisalpina, dove, grazie allasua fama, ottenne incarichi nell’amministrazione.Nel 1799, cacciati i francesi dall’Italia, Monti si ri-fugiò a Parigi, da cui tornò nel 1801, ormai affasci-nato dalla figura di Napoleone che lo nominò pro-fessore all’Università di Pavia. È questo il periodo incui il poeta si esercita nelle forme del Neoclassici-smo etico-civile; di lì a poco nascono le opere elogia-tive nei confronti di Napoleone: il poemetto Prome-teo, l’ode Per la liberazione d’Italia (1801), Il bardo del-la Selva Nera (1806). Risale a questi anni anche latraduzione in versi dell’Iliade di Omero, il vero capo-lavoro di questo autore. Caduto Napoleone e torna-ti gli austriaci a Milano, Monti compose Il ritorno diAstrea (1816) e L’invito a Pallade (1819), opere in cuiesaltava il ritorno della serenità e della giustizia do-po la tempesta napoleonica. Ma le giovani genera-zioni gli voltavano ormai le spalle, vedendo in lui ilrappresentante di una letteratura ormai vecchia esuperata. A questo proposito, di lui si ricorda ancheun intervento in prosa, Sermone sulla mitologia(1825), in cui difendeva il modo di far poesia cheaveva praticato per tutta la vita.

VINCENZO MONTI

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Quando Giason dal Pelio spinse nel mar gli abeti, e primo corse a fendere co’ remi il seno a Teti;

5 su l’alta poppa intrepidocol fior del sangue acheo vide la Grecia ascendere il giovinetto Orfeo.

Stendea le dita eburnee 10 su la materna lira;

e al tracio suon chetavasi de’ venti il fischio e l’ira.

Meravigliando accorsero di Doride le figlie,

15 Nettuno ai verdi alipedilasciò cader le briglie.

Cantava il vate odrisio d’Argo la gloria intanto,

e dolce errar sentivasi 20 su l’alme greche il canto.

O della Senna, ascoltami, novello Tifi invitto: vinse i portenti argolici l’aereo tuo tragitto.

25 Tentar del mare i vorticiforse è sì gran pensiero, come occupar de’ fulmini l’invïolato impero?

Deh! perché al nostro secolo 30 non diè propizio il fato

d’un altro Orfeo la cetera, se Montgolfier n’ha dato?

Maggior del prode Esònide surse di Gallia il figlio.

35 Applaudi, Europa attonita,al volator naviglio.

456 Secondo Settecento

Odi

T9 Al signor di MontgolfierNel giugno del 1783 i due fratelli Montgolfier, portando a termine i loro esperimenti, fecero salire in ariaun pallone riempito di aria calda; l’effetto fu enorme e le gazzette di tutta Europa gridarono al miracolo;solo nel dicembre dello stesso anno salì la prima mongolfiera, portando, questa volta, due uomini a bor-do. Monti nel 1784 pubblicò questa ode, dedicandola a uno solo dei due fratelli, Étienne, a cui si devein particolare il primo volo con equipaggio umano. La poesia ebbe anch’essa un successo clamoroso,e non solo in Italia, sia per l’elegante unione fra mitologia e cronaca, sia perché Monti seppe fare di que-sta ode un vero manifesto in versi del trionfo della scienza settecentesca. Metro: ode* di quartine* di settenari*, dei quali sono in rima solo il secondo e il quarto; il primo e il terzosono settenari sdruccioli*.

1-4. Quando Giason… Teti: quando Gia-sone spinse nel mare le navi costruite congli abeti che nascono sul monte Pelio (inTessaglia) e per primo si slanciò a fenderecon i remi il seno della dea Teti, cioè il ma-re di cui Teti è personificazione. Giasone èl’eroe che guidò gli Argonauti alla ricer-ca del vello d’oro e, secondo il mito, percompiere l’impresa costruì la prima na-ve, chiamata Argo.5-8. su l’alta… Orfeo: tutta la Grecia videsalire sull’alta poppa della nave, assiemeal fior fiore della gioventù greca (sangueacheo), il giovane, intrepido Orfeo. Questi,secondo il mito, era figlio di Apollo, diodell’arte, della poesia e della musica, e del-la musa Calliope; nacque in Tracia, fu ilprimo poeta e cantò l’impresa di Giasone.9-16. Stendea… le briglie: Orfeo stende-va le dita bianche come l’avorio (eburnee)sulla lira donatagli dalla madre, e al suo-

no del poeta che veniva dalla Tracia si ac-quietavano l’ululato e la rabbia dei venti.Per la meraviglia accorsero le Nereidi,ninfe marine figlie di Nereo e di Doride, edanche il dio del mare Nettuno lasciò ca-dere le briglie dei suoi cavalli alati (alipe-di, letteralmente «con le ali ai piedi»).17-20. Cantava… il canto: il poeta dell’O-drisia (altro nome della Tracia), intanto,cantava la gloria della nave Argo, e si sen-tiva il canto giungere all’anima dei Greci.21-24. O della Senna… tragitto: o tu, chesei come l’invincibile (invitto) Tifi, timo-niere parigino (della Senna), il tuo viaggioper l’aria superò il portento dell’impresadegli Argonauti. Non è chiaro a chi Mon-ti rivolga l’invocazione: se al signore diMontgolfier, che però non compì l’ascen-sione, oppure a Robert, che fu uno deidue uomini che per primi salirono su unamongolfiera.

25-28. Tentar del mare… impero?: forseche affrontare (Tentar) i vorticosi flutti delmare è concepire un’impresa così grandecome entrare nel regno dei fulmini, il cie-lo ancora non violato?29-32. Deh! perché… n’ha dato?: ahimè!Perché il destino (fato) generoso non ha(n’ha, ne=ci) concesso al nostro secolo unnuovo Orfeo, se ci ha concesso Montgol-fier? Con questa domanda retorica Mon-ti in realtà si candida ad essere lui il nuo-vo Orfeo, capace di cantare le grandi im-prese del pensiero umano dell’epoca.33-36. Maggior del prode… naviglio: il fi-glio di Francia (Gallia), Montgolfier, su-però per gloria (Maggior… surse) il corag-gioso Giasone, figlio di Esone. Tutta l’Eu-ropa applaudì piena di meraviglia, davan-ti alla navicella volante.

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Modulostoricoculturale L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 457

Non mai natura, all’ordine delle sue leggi intesa, dalla potenza chimica

40 soffrì più bella offesa.

Mirabil arte, ond’alzasi di Sthallio e Black la fama, pèra lo stolto cinico che frenesia ti chiama!

45 De’ corpi entro le visceretu l’acre sguardo avventi, e invan celarsi tentano gl’indocili elementi:

dalle tenaci tenebre 50 la verità traesti,

e delle rauche ipotesi tregua al furor ponesti:

brillò Sofia più fulgida del tuo splendor vestita,

55 e le sorgenti apparvero,onde il creato ha vita.

(…)

Umano ardir, pacifica

filosofia sicura, qual forza mai, qual limite

60 il tuo poter misura?

Rapisti al ciel le folgori, che debellate innante con tronche ali ti caddero e ti lambîr le piante.

65 Frenò guidato il calcolodal tuo pensiero ardito degli astri il moto e l’orbite, l’olimpo e l’infinito.

Svelâro il volto incognito 70 le più rimote stelle,

ed appressâr le timide lor vergini fiammelle.

Del sole i rai dividere, pesar quest’aria osasti:

75 la terra, il foco, il pelago,le fere e l’uom domasti.

Oggi a calcar le nuvole giunse la tua virtute, e di natura stettero

80 le leggi inerti e mute.

37-40. Non mai natura… offesa: mai lanatura, sempre protesa (intesa) a difende-re l’immutabilità delle sue leggi, dovettesoffrire una violenza, che però è bella, dalpotere della scienza chimica. Monti creaun’immagine della natura «offesa» per-ché viene violata la legge secondo cui icorpi che hanno una massa non si posso-no alzare da terra. In realtà gli uccelli di-mostrano che la legge è un po’ più com-plessa e l’invenzione della mongolfierasfrutta proprio la legge naturale, in quan-to il pallone sale perché riempito di ariacalda, più leggera di quella dell’atmosfe-ra.41-44. Mirabil arte… ti chiama: o chimi-ca, scienza ammirevole, grazie alla qualesi innalza la fama di F. Sthal (1660-1734)e di G. Black (1728-1799) – si tratta didue chimici, l’uno tedesco, l’altro scozze-se – possa perire (pèra) lo sciocco incredu-lo che ti definisce un capriccio pazzo (fre-nesia).45-56. De’ corpi entro… ha vita: tu, oscienza chimica, lanci (avventi) il tuo acu-to (acre) sguardo all’interno dei corpi e in-vano gli elementi chimici, che non voglio-

no essere svelati (indocili), tentano di na-scondersi: tu hai tirato fuori dalle oscuritàdell’ignoranza che opponevano resisten-za (tenaci tenebre) la verità scientifica e haiposto fine alla follia di ipotesi incapaci dispiegare i fenomeni (rauche, inefficaci): laScienza (Sofia, la conoscenza personifica-ta) brillò, resa ancora più bella per losplendore della veste che tu le hai dato, eapparve la vera origine da cui prende vitail mondo.57-60. Umano ardir… misura?: audaciadell’umano pensiero, scienza tranquilla esicura dei propri risultati, quale forza, oquale confine, potrà rivelare i limiti deltuo potere?61-64. Rapisti… le piante: hai rapito alcielo i fulmini che, resi innocui (debellate)con le ali spezzate ti caddero davanti (in-nante) e ti sfiorarono i piedi (piante). Il ri-ferimento è all’invenzione del parafulmi-ne, di Benjamin Franklin (1706-1790).

65-68. Frenò… l’infinito: i calcoli arditidel tuo pensiero hanno dato una defini-zione (Frenò) al moto e alle orbite degliastri, al cielo (olimpo) e all’infinità dell’u-niverso. Il riferimento è alle leggi di gra-

vitazione universale del fisico e matema-tico inglese Isaac Newton (1643-1727).

69-72. Svelâro… vergini fiammelle: lestelle più lontane svelarono il loro voltosconosciuto e le loro luci, che fino ad allo-ra si erano nascoste, quasi come verginipudiche, si avvicinarono ai nostri occhi.

73-76. Del sole… domasti: tu, o scienza,hai osato separare nelle sue componentila luce del sole e calcolare il peso dell’aria.Si riferisce alla scomposizione di un rag-gio di luce fatto passare attraverso un pri-sma di cristallo nelle sue componenti che,a causa della diversa lunghezza d’onda,assumono colori diversi; è il risultato diesperimenti condotti da vari studiosi, fracui Newton. L’altro riferimento è alla mi-surazione della pressione atmosferica, re-sa possibile dal barometro del matemati-co e fisico Evangelista Torricelli (1608-1647).77-80. Oggi… mute: oggi la tua virtù ègiunta a cavalcare sulle nuvole: con lamongolfiera le leggi di natura giaccionoimpotenti e mute.

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458 Secondo Settecento

Che più ti resta? Infrangere anche alla morte il tèlo,

e della vita il nèttare libar con Giove in cielo.

81-84. Che più… in cielo: che cosa ti re-sta ormai da fare? Spezzare la freccia con

cui la morte colpisce gli uomini e assag-giare in cielo, assieme a Giove, la bevanda

(nèttare) degli dèi che rende immortali.

1 Perché Monti evoca il mito diGiasone e degli Argonauti? Quali analogietrovi tra l’impresa di Giasone e quella diMontgolfier?

2 Quali motivi spingono Monti aintrodurre anche la figura di Orfeo? Per-ché Giasone è stato più fortunato di Mont-golfier?

3 Monti afferma che l’impresa diMontgolfier è più grande di quella di Gia-sone; sai dire in quale strofa della poesiaè contenuta questa affermazione?

4 Dal verso 37 l’ode si trasforma inun inno alla scienza; Monti lo organizza se-condo lo schema illuministico: la ragionerischiara le menti e vince le tenebre dell’i-

gnoranza che oppongono resistenza. Se-gnala tutte le espressioni che indicano laresistenza della natura a svelare i suoi se-greti.

5 L’utilizzazione del mito in questapoesia aggiunge qualcosa al messaggioche l’autore ha voluto trasmettere, oppu-re è solo un abbellimento esteriore?

Lavoraresultesto

METTI A FUOCO

1. Quando fu usato per la prima volta il termine estetica nelsenso moderno, che ancora oggi gli attribuiamo?2. In che anno fu pubblicata la Storia dell’arte nell’antichitàdi Winckelmann?3. Anni di nascita e di morte di Goethe.4. Anno di pubblicazione dell’Inchiesta filosofica sull’origi-ne delle nostre idee sul sublime e sul bello di Edmund Burke.5. Data di nascita e di morte di Ugo Foscolo.6. Data di pubblicazione dei Sepolcri di Foscolo.

■ Concetti7. Che cosa si intende per «estetica»?8. Quale importanza culturale ebbe la Storia dell’arte nel-l’antichità?9. Che cosa intende Winckelmann quando indica il bellouniversale come fine dell’arte?10. Che cosa si intende per Neoclassicismo etico-civile?11. Quale sentimento per l’antichità viene espresso da al-cuni autori tedeschi col termine Sehnsucht?12. Secondo Burke (e tanti altri scrittori, poeti e filosofi) qua-li sono le fonti del sublime?13. Che cosa differenzia il sentimento del sublime da quel-lo del bello?14. Che cosa sono I canti di Ossian? A quali fenomeni cul-turali sono riconducibili?

15. Quali opere di Rousseau si possono considerare allabase dell’estetica del sentimento?16. Che cos’è lo Sturm und Drang, in cosa consiste?17. Perché alla fine del Settecento nacque un interesse deltutto nuovo per la poesia e le tradizioni popolari?18. L’evoluzione dell’atteggiamento di Foscolo nei con-fronti di Napoleone e la conseguente posizione ideologicadi Foscolo sono comuni a tanti intellettuali italiani. Quale fuquesto mutamento?

PREPARA L’INTERROGAZIONE

19. Seguendo i punti della scaletta qui proposta, presentaoralmente il contesto culturale e letterario dell’età napoleo-nica:

a. la nascita dell’«estetica» secondo la teoria di AlexanderG. Baumgarten;b. il sentimento del «sublime» elaborato da Edmund Burke;c. i caratteri principali del Neoclassicismo, nell’arte e in let-teratura;d. la Storia dell’arte nell’antichità di J.J. Winckelmann;e. le alternative allo stile neoclassico: il «Preromanticismo»e lo Sturm und Drang;f. la letteratura italiana nell’età napoleonica: Ippolito Pinde-monte e Vincenzo Monti;g. l’opera di Foscolo in rapporto alle vicende politiche del-l’Italia sotto Napoleone: dall’entusiasmo all’esilio.

VERIFICAintermedia

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Modulostoricoculturale L’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 459

PREPARA LA RELAZIONE SCRITTA

20. Il Neoclassicismo fu l’estetica dominante nel periodo.

a. Si trattò di un’estetica rivolta esclusivamente al passatoo ebbe al suo interno alcuni elementi di modernità?b. In che modo il Neoclassicismo si distingue dalla tradizio-ne classicista?c. In quali modi la cultura neoclassica si rapportò con il mon-do antico?d. Perché l’arte greca venne presa come modello col qualerapportarsi?

21. Per Winckelmann l’arte era uno strumento indispensa-bile per conoscere una civiltà. Perché?22. In un testo di non più di 15 righe spiega la differenza frabello e sublime.23. Componi una tabella nella quale indicare i diversi esitidell’estetica del sublime e i loro rapporti con ciò che si defi-nisce Preromanticismo.24. In un testo di 30 righe confronta le due personalità di Fo-scolo e Monti, mettendo in luce analogie e diversità.25. Cerca di descrivere il rapporto fra cultura italiana e cul-tura europea nell’età napoleonica.

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Il diritto d’autore

Il diritto d’autore è il riconoscimento legale della proprietà di un’opera di lette-ratura, d’arte, scientifica da parte dell’autore e dell’editore. Per estensione si definiscecosì anche la percentuale che l’autore percepisce sul prezzo di copertina di un li-bro la cui vendita è curata dall’editore. Questo riconoscimento legale cominciò ad esserericonosciuto, tramite una legislazione specifica, a partire dal Settecento. Fino al XV se-colo, quando fu inventata la stampa a caratteri mobili, i libri copiati a mano erano tal-mente costosi e rari che non era neppure pensabile che l’autore percepisse un compen-so per ogni copia: era l’epoca in cui artisti e letterati vivevano nelle corti, al servizio deire e dei signori, i quali li accoglievano ben volentieri perché davano prestigio e dignità al-la corte stessa. Dopo l’invenzione della stampa le copie di un libro potevano essere mol-tiplicate all’infinito, ma non c’era nessun controllo e l’autore veniva pagato dall’editoreche per primo stampava l’opera, nessuno poteva però impedire che altri, in Stati diversio anche nello stesso, stampasse il medesimo libro e lo vendesse. L’unica protezione perl’autore e l’editore era, in alcuni casi rari, il privilegio concesso dal re, che doveva garan-tire che su ogni copia del libro venduta ci fosse un compenso: questo, però, non era undiritto, ma solo una benevola concessione, che il sovrano poteva anche non concedere.Solo all’inizio del XVIII secolo fu emanata in Inghilterra (il paese allora più moderno, an-che nell’ambito delle istituzioni culturali) una legge per tutelare i diritti d’autore (in in-glese copyright), che impediva la riproduzione di opere senza la corresponsione di unpagamento ad autori e editori. Il diritto d’autore entrò a far parte della legislazione dellaFrancia nei primi anni della Rivoluzione (leggi del 1791 e 1793) e venne definitivamen-te sancito e specificato nei Codici napoleonici, diffondendosi poi in Europa. Si trattò diuna novità rilevante nella storia della cultura letteraria e artistica: nel Settecento stavaormai scomparendo l’uso che istituzioni come la Chiesa e le corti mantenessero gli scrit-tori e gli artisti; la cultura si diffondeva tra la borghesia e il diritto d’autore permise a chisi dedicava all’attività intellettuale di mantenersi. Ben inteso, erano pochissimi gli scrit-tori che potevano vivere coi diritti, e quasi tutti dovevano avere un altro lavoro; inoltre,se il vivere nelle corti o a carico delle Chiese poteva limitare la libertà dei letterati, anchela nuova situazione non era priva di condizionamenti, perché cominciarono ad essere ilettori a determinare il successo o l’insuccesso dei libri, e gli editori tendevano a privile-giare la stampa delle opere che, a loro parere, potevano avere una più larga diffusione.Per di più, in assenza di accordi commerciali internazionali, il diritto d’autore aveva effi-cacia solo sul territorio di uno Stato, come verificò a sue spese, per esempio, AlessandroManzoni, l’autore dei Promessi Sposi. Quando l’opera fu pubblicata, nonostante il succes-so immediato, i proventi furono scarsi, perché, mentre nel Lombardo-Veneto i diritti del-lo scrittore erano in qualche modo tutelati, negli altri Stati italiani, come il Granducatodi Toscana, il Regno di Napoli, ecc., migliaia di copie del romanzo furono stampate a co-sti inferiori, e queste edizioni (che oggi definiremmo «pirata») vennero introdotte di con-trabbando anche in Lombardia. Solo dopo il raggiungimento dell’unità fu adottata in Ita-lia, nel 1865, una legge nazionale a tutela del diritto d’autore. Nel corso dell’Ottocentoe ancor più nel Novecento il copyright si è internazionalizzato. Tuttavia, negli ultimi de-cenni sono sorti grossi problemi per la sua reale applicazione: in un primo tempo a se-guito della diffusione delle fotocopiatrici, che permettono la riproduzione di interi libri;più di recente, anche a seguito della diffusione di Internet, la rete che permette di inse-

460 Secondo Settecento

GLI INTELLETTUALIE LE ISTITUZIONI

L’eredità del periodo

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rire e di scaricare qualsiasi tipo di testo. Sono fenomeni che, proprio per la loro diffusio-ne di massa, vanificano le possibilità di controllo. L’esempio più clamoroso è rappresen-tato dalla lotta fra case discografiche e siti da cui si può scaricare musica gratuitamente:i compromessi raggiunti, le sanzioni, le nuove norme hanno attualmente una dubbia ef-ficacia ed è iniziata una fase in cui le industrie editoriali, sia di libri sia di musica, devo-no ripensare completamente l’idea stessa di diritto d’autore.

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GLI INTELLETTUALIE LE ISTITUZIONI

La mitologia

Il fondamento del Neoclassicismo è l’assunzione come modello dell’arte e della letteraturaprodotte in epoca classica, nella Grecia dal VII al IV secolo a.C. e nell’ambito della civiltàromana a partire dal II secolo a.C. fino al II-III d.C. La cultura classica si caratterizzava perla presenza di una religione ufficiale politeistica, fondata sulle figure di divinità comeZeus-Giove (la prima è la dizione greca – la seconda, latina), Era-Giunone, Atena-Miner-va, Apollo, Dioniso-Bacco, Ermes-Mercurio, ecc. La convergenza tra la religione greca equella romana avvenne proprio partendo da una base comune, che si rafforzò quando iRomani conquistarono la Grecia e furono sempre più influenzati dalla sua cultura. Parteintegrante di questo tipo di religione erano i miti, storie di dèi, semidèi ed eroi che furonouna presenza costante e vastissima nell’arte e nella letteratura delle due civiltà.

L’imitazione dei classici comprendeva quindi anche l’assunzione, all’interno dellaletteratura settecentesca, di questo vastissimo patrimonio di storie, immagini, personag-gi. Per comprendere il senso di questa operazione bisogna definire che cosa è un mito e con-siderare che esso affonda le sue radici in epoche assai antiche, quando non esisteva anco-ra la scrittura e si utilizzava il mezzo della trasmissione orale. Possiamo fare ricorso ad unadefinizione di un grande studioso del mito, Mircea Eliade, che ne fissa tre caratteri fonda-mentali:

● il mito racconta, cioè, si presenta come «storia» di un avvenimento o di un insieme diavvenimenti con protagonisti soprannaturali (dèi, semidèi, eroi). Nel corso dei secoli lastoria poteva essere arricchita di particolari e mostrarsi in varie versioni;● il mito spiega e insegna: le storie mitiche hanno la funzione di spiegare l’origine delmondo (miti cosmologici), degli dèi, degli uomini, della civiltà. Nell’antichità il mito hasempre un valore conoscitivo, serve a dare risposte alle eterne domande dell’uomo sulproprio destino, sull’esistenza del male, sul rapporto fra uomo e divinità, ecc.;● il mito rivela: ha, cioè, una dimensione religiosa, accresciuta dal fatto che, non aven-do un autore preciso ed essendo tramandato da secoli, esso appare come una forma di ri-velazione della divinità.

Una volta chiusa l’epoca classica, il mito greco e latino perse la dimensione religiosa emantenne un valore artistico e culturale. Se pensiamo al Settecento, epoca di critica ra-zionale delle religioni e di grande entusiasmo per i progressi della scienza, l’utilizzazioneletteraria e artistica dei miti antichi poteva avvenire in due direzioni, la prima delle qualisi può individuare nella ripresa di «favole» belle, stilisticamente eleganti, già usate dagrandi poeti e scrittori per conferire decoro e nobiltà all’opera d’arte (come avvenne nel-l’ambito del cosiddetto «Neoclassicismo accademico e archeologico»). La seconda consi-steva nel recupero del valore conoscitivo del mito: le storie e i personaggi antichi eranoconsiderati espressione di atteggiamenti, passioni, incertezze, dubbi, valori, problemi esi-stenziali e culturali che si sono mantenuti vivi nell’umanità; in questo senso il mito clas-sico veniva rivisitato, assumeva una nuova vita, dava indicazioni riferibili all’attualità, almomento storico contemporaneo. Per esempio, il peregrinare continuo di Ulisse, la suaspasmodica volontà di tornare ad Itaca, la necessità di affrontare mille difficoltà e perico-li assumevano nella modernità altri significati, divenivano simboli della sofferenza per l’e-

LE IDEE E LE POETICHE

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silio, della ricerca di una patria, della vita intesa come un viaggio infinito alla ricerca diqualcosa. In questo modo, le storie degli antichi dèi ed eroi tornavano a parlare agli uo-mini, le antiche favole tornavano a esprimere le idee allora attuali. Questo secondo mododi intendere il mito (quello adottato dagli artisti e dagli scrittori più importanti del Neo-classicismo) costituisce una delle eredità lasciate dalla cultura neoclassica all’Ottocento eal Novecento. Ancora oggi sono molti gli artisti, anche d’avanguardia e sperimentali, chetraggono ispirazione dai miti classici, magari per modificarli, darne un’interpretazionenuova e inaspettata, farne ancora un’occasione, per gli uomini, per riflettere sul loro de-stino.

Le statue «bianche» e «senza occhi»

Nell’epoca rinascimentale, quando si sviluppò la cultura che si definì classicismo e che po-se alla base della produzione artistica l’imitazione dei modelli antichi, greci e roma-ni, gli scultori cominciarono a studiare, a disegnare e a riprodurre le statue che emerge-vano dagli scavi soprattutto a Roma. Proprio la scultura era la testimonianza più impor-tante delle arti figurative antiche, perché tranne quella sui vasi, la pittura era tutta per-duta (solo più tardi gli scavi a Pompei e ad Ercolano fecero emergere testimonianze di ri-lievo di quest’arte) e i mosaici, con la loro tecnica particolare, potevano solo fornire un’i-dea approssimativa del modo di dipingere degli antichi. Donatello e Michelangelo (per ci-tare solo i più grandi scultori rinascimentali) ebbero davanti agli occhi statue romane ecopie romane di statue greche di marmo bianco: il loro interesse fu concentrato sullo «sti-le», sul modo di rappresentare e modellare la figura umana, sulla precisione della ripro-duzione dei particolari anatomici, sulle proporzioni e sull’equilibrio armonico fra le va-rie parti del corpo rappresentato. Da questo studio nacque la grande scultura rinasci-mentale che utilizzò essenzialmente due materiali: il marmo bianco e il bronzo. Le statueerano di colore uniforme (anche se il marmo presenta sempre qualche venatura) e sononote le spedizioni di Michelangelo e di altri scultori nelle cave di marmo di Carrara allaricerca di blocchi «perfetti», cioè senza venature troppo evidenti né macchie. Il David, ilMosè o la Pietà di Michelangelo sono capolavori «candidi», che presentano però una di-versità rispetto alle statue antiche: tra le palpebre lo scultore riprodusse l’iride e la pupil-la, mentre le statue greche e romane presentano una superficie levigata o solo un foro alposto della pupilla che le conferisce quel particolare «sguardo vuoto». In realtà le statueantiche erano colorate, perciò capelli, occhi, vesti venivano dipinti e apparvero come so-no ora a chi cominciò a studiarle perché le intemperie e il tempo avevano cancellato lapittura. Johann Joachim Winckelmann [s p. 443], il grande teorico del Neoclassici-smo, ignorava questo particolare che emerse solo in seguito, in base a nuove scoperte ar-cheologiche e a restauri più accurati che misero in evidenza le tracce della pittura. Per-ciò l’idea di Winckelmann sull’arte antica come ricerca ideale di una bellezza assoluta sibasava anche su questo errore: lo studioso tedesco teorizzava infatti che le statue grechee romane e i templi fossero di marmo bianco, cioè privi di colore proprio perché gli arti-sti usavano un materiale «neutro», che non doveva distrarre l’occhio dello spettatore dal-la contemplazione delle forme pure e delle linee esatte dell’opera d’arte. D’altra parte l’er-rore di Winckelmann si inseriva su una tradizione già consolidata dalla scultura rinasci-mentale e delle epoche successive che aveva creato un’«idea forte» della scultura allaquale lo studioso non fece altro che aggiungere un spiegazione di carattere culturale edestetico. Resta il fatto che ancora oggi l’idea di classicità, nell’ambito della scultura e del-l’architettura, rimane legata all’immagine dello splendore immacolato dei marmi e al-l’assenza di colori.

462 Secondo Settecento

LE IDEE E LE POETICHE

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Quello di Prometeo è uno dei miti piùantichi della cultura greca. Egli era unodei Titani, le divinità esistenti già primadella signoria di Zeus sugli altri dèiolimpici, conquistata con la detroniz-zazione del padre; Prometeo viveva fragli uomini ed insegnò loro l’arte e latecnica. Quando Zeus volle che gli uo-mini gli sacrificassero un bove, Prome-teo suggerì loro di dedicare al dio solole ossa e il grasso dell’animale lascian-do per sé la carne. Zeus si vendicò su-

gli uomini togliendo loro il fuoco; Pro-meteo, allora, rubò una scintilla e resti-tuì il fuoco ai mortali. La punizione diZeus fu terribile: Prometeo fu condan-nato a restare incatenato ad un montedel Caucaso mentre un’aquila gli divo-rava ogni giorno il fegato che continua-va a ricrescere. Solo dopo molte gene-razioni Zeus consentì a Ercole di ucci-dere l’aquila e di liberare Prometeo. Questo mito ispirò numerosi scrittorigreci e latini, tra i quali ricordiamo il

grande tragediografo Eschilo, vissutoad Atene fra il VI e il V secolo a.C., chene fece l’argomento della sua tragediaPrometeo incatenato.Il mito che ha come protagonista il tita-no Prometeo ha dato il nome al «titani-smo», un atteggiamento di aperta sfi-da al potere da parte di un individuoche, pur consapevole della inevitabilesconfitta contro forze superiori, non ri-nuncia a lottare in nome dei propriprincìpi.

Un grande mito: la storia di PrometeoL’eredità del periodo

Laboratorio

JohannWolfgangGoethe, Opere, a c. di V. Santoli, trad.di D. Valeri,Sansoni, Firenze 1970

T10 PrometeoJohann Wolfgang Goethe è uno degli scrittori più completi ed importanti del periodo compreso fra Set-te e Ottocento [smodulo Le origini del romanzo, p. 379]. Nato a Francoforte nel 1749, visse in diversecittà tedesche, riuscendo sempre a raccogliere attorno a sé le menti e i talenti più vivaci. Il periodo piùimportante della sua vita fu quello trascorso dal 1775 al 1786 a Weimar, capitale di un piccolo ducatotedesco, dove si poté dedicare ad alcune delle sue opere più importanti. Dal 1786 al 1788 fu in Italia edi questa esperienza rese testimonianza nel suo Viaggio in Italia, libro piacevolissimo e ricco di notazio-ni acute e spiritose sulla vita quotidiana e intellettuale nel nostro paese. Tornato a Weimar, strinse unagrande amicizia e un’attiva collaborazione intellettuale e artistica con Friedrich Schiller. Ormai famosoin tutta Europa, riverito e riconosciuto come il più grande poeta vivente, Goethe si isolò a poco a pocodal mondo. Morì nel 1832. Nella sua opera, che attraversa i più diversi generi letterari, egli ha sempreraggiunto livelli di eccellenza, lasciando una traccia fondamentale per gli esiti letterari successivi. Bastiricordare i romanzi I dolori del giovane Werther, Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, Le affinitàelettive, le tragedie, le liriche e il suo capolavoro Faust.Presentiamo qui una lirica in cui Goethe ripercorre il mito di Prometeo, visto come l’uomo che si ribellaad una divinità assente e indifferente ai destini umani.

Zeus, puoi coprire il tuo cielo di nembi fumanti, e, simile al bimbo che stronca dei cardi le cime, sfogarti

5 su querce e vette di monti! Ma a me la mia terra non devi toccare, né questa capanna che tu non facesti, né il mio focolare

10 che per la sua fiamma m’invidi.Più misera cosa non sodi voi sotto il sole,o iddii, che la vostra potenzapenosamente nutrite

15 di vittime e fiato di preci; di voi che perduti sareste, non fossero i bimbi e i mendichi invasi di pazza speranza.

1-2. Zeus… fumanti: o Zeus, tu puoi co-prire il cielo che ti appartiene di fulminifumanti.3-4. e, simile… le cime: e come un bimboche con un bastone spezza le cime dei

cardi (si tratta di una pianta selvatica).8. che tu non facesti: che è opera solomia.11-13. Più misera… iddii: io non cono-sco nessuna cosa che esista sotto il cielo

che sia più miserevole di voi divinità.13-18. che la vostra… speranza: voi, chenutrite il vostro potere penosamente dianimali che fate sacrificare e del fiato del-le preghiere; di voi, che sareste perduti se

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Che significato ha Prometeo per l’uomo d’oggi?Senza dubbio si potrebbe dire che questo ribelleche insorge contro gli dèi è il modello dell’uomocontemporaneo e che la protesta, elevata migliaiadi anni fa nei deserti della Scizia1, termina oggi inuna convulsione storica che non ha l’eguale. Maal tempo stesso qualcosa ci dice che questo perse-guitato continua ad essere tale fra noi e che noi

siamo ancora sordi al gran grido della rivoltaumana di cui egli dà il segnale solitario.

L’uomo d’oggi è infatti colui che soffre in masseprodigiose2 sulla stretta superficie di questa terra,l’uomo privato di fuoco e di cibo, per il quale la li-bertà non è altro che un lusso che può aspettare; eper quest’uomo si tratta ancora di soffrire un po’ dipiù, come per la libertà e per gli ultimi suoi testimo-

464 Secondo Settecento

Quand’ero un ignaro fanciullo, 20 volgevo l’errante occhio al sole,

credendo vi fosse un orecchio lassù, per udire il mio pianto, e un cuor come il mio per compatire all’oppresso. (…)

25 Io te onorare? Perché? Hai tu alleviato i dolori dell’infelice? chetato le lagrime mai dell’afflitto? Non m’hanno uomo costrutto

30 l’onnipotenza del Tempo e l’immortale Destino

che a me e a te soprastanno?Credi tu forse ch’io debba odiare la vita,

35 fuggir nei deserti, perché non vennero tutti maturi i sogni del tempo fiorito?Qui resto, qui uomini formoa immagine mia,

40 un genere che mi somigli, e soffra e si dolga,e goda e s’allegri,né cura si prenda di te:com’io.

non ci fossero i bambini e i mendicantiche sono presi da una folle fiducia in voi.20. l’errante occhio: il mio sguardo chevagava verso il cielo.24. per compatire all’oppresso: per averepietà di chi era afflitto da qualche male.27-28. chetato… dell’afflitto?: tu hai maicalmato il pianto di chi soffre?

29-32. Non m’hanno… soprastanno?:forse che chi mi ha creato uomo non sonoil Tempo onnipotente e il Destino immor-tale, due entità superiori che hanno pote-re sia su di me che su di te? Nella religionegreca Zeus è il signore degli dèi e degli uo-mini, ma non ne è il creatore e nemmenolui può opporsi allo scorrere del tempo ealla necessità fissata dal destino.

35-37. perché… fiorito?: perché non sirealizzarono tutti i sogni nutriti in gio-ventù?38-39. qui uomini formo… mia: qui in-segno ai mortali ad essere uomini secon-do il mio modello.43-44. né cura… com’io: e non si curi dite, come faccio io.

Albert Camus,L’estate, inOpere. Romanzi,racconti, saggi,trad. di S.Morando,Bompiani,Milano 1988

Un grande scrittore del Novecento T11 ripensa il mito di Prometeo

Albert Camus (1913-1960) è stato uno dei protagonisti della vita intellettuale e della letteratura succes-sive alla seconda guerra mondiale. Nato in Algeria da famiglia francese, visse ad Algeri fino al 1940; rien-trato in Francia, partecipò alla Resistenza contro i nazisti. Fu giornalista, ma raggiunse presto la famacon i due romanzi Lo straniero (1942) e La peste (1947). Si dedicò anche all’approfondimento degli stu-di filosofici, scrivendo alcuni importanti saggi sulla condizione umana nel mondo industrializzato, comeL’uomo in rivolta (1951). Compose anche opere teatrali e racconti; nel 1957 fu insignito del premio No-bel per la letteratura. Morì precocemente in un incidente automobilistico.Il passo che presentiamo è tratto da una raccolta di brevi prose di vario argomento intitolata L’estate.Qui Camus dà un’interpretazione nuova e moderna del mito di Prometeo.

1. nei deserti della Scizia: Scizia era il no-me antico della regione in cui sorge la ca-tena montuosa del Caucaso, dove Pro-

meteo fu incatenato.2. che soffre in masse prodigiose: che sof-fre in masse enormi, mai viste prima. Ca-

mus non si riferisce soltanto al numerodegli uomini, ma ai mali della «società dimassa».

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3. come per la libertà… un po’ di più: co-me si tratta di soffrire e di scomparire unpo’ di più da parte della libertà e dei pochiuomini che sono gli ultimi testimoni del-la vita libera.4. Si ribella… di servaggio: chiuso all’in-terno delle sue macchine l’uomo di oggi siribella, e considera l’arte e tutto ciò che ri-chiede l’amore per l’arte un ostacolo daabbattere e un segno di schiavitù. Camussostiene che per l’uomo moderno quelloche conta è ciò che procura un benesseremateriale, mentre l’arte viene proprio per

questo rinnegata.5. Ma può lo spirito… provvisoriamente?:domanda retorica per affermare che unavolta che lo spirito muore non può più es-sere richiamato in vita. Camus chiamaspirito la vita intellettuale, artistica.6. proprio in nome… simbolo: proprio innome di quella cultura che pone al cen-tro di tutto l’uomo, l’umanesimo di cuiPrometeo fu il primo simbolo. Camus in-tende dire che l’umanesimo contempo-raneo si basa solo sulla ricerca del benes-sere materiale e sulla tecnica.

7. le stesse che… tragedia eschilea: quel-le voci che parlano all’inizio della trage-dia Prometeo incatenato di Eschilo.8. della Forza e della Violenza: sono i duepersonaggi che all’inizio della tragedia,per ordine di Zeus, incatenano Prometeoalla roccia.9. Risponda alla loro… intatta: anche seun solo uomo dovesse rispondere al mes-saggio contenuto nei miti, essi ci offrireb-bero anche oggi intatto il loro insegna-mento.

1 Quali sono i motivi di rivolta delPrometeo di Goethe e di quello di Camus?Sono identici? Se ritieni che siano diversi,in che cosa identifichi gli elementi di diver-sità?

2 Entrambi gli autori ricordano idoni fatti da Prometeo agli uomini: qualisono?

3 Il mito di Prometeo racconta diuna sconfitta dell’uomo? Oppure hai col-to altri significati? Illustrali.

4 Quale dei doni di Prometeo ri-schia di cancellare l’altro, nella civiltà mo-derna?

5 Sei d’accordo sull’affermazionedi Camus secondo cui: I miti non hanno vi-ta per se stessi. Attendono che noi li incar-niamo? Secondo te questa affermazionesignifica che:

a. i miti sono ormai morti e noi uomini mo-derni ne dobbiamo creare di nuovi;b. i miti non hanno una vita autonoma, marestano vivi se gli uomini di qualsiasi età lifanno vivere nella loro cultura;c. i miti hanno valore per capire cosa pen-savano e come vivevano i popoli che lihanno inventati;

d. i miti possono avere valore per noi mo-derni solo se entriamo nella mentalità de-gli antichi.Motiva la tua risposta.

6 Hai in mente una storia che ri-guarda un personaggio a te caro e che tuconsideri un mito? Raccontala brevemen-te e spiega perché, secondo te, è una sto-ria «mitica» e quali insegnamenti se nepossono trarre.

Lavoraresuitesti

ni si tratta ancora di scomparire un po’ di più3. Pro-meteo è l’eroe che amò tanto gli uomini da dare lo-ro al tempo stesso il fuoco e la libertà, le tecniche ele arti. L’umanità, oggi, non ha bisogno e non si cu-ra che delle tecniche. Si ribella nelle sue macchine,considera l’arte e quello che l’arte suppone comeun ostacolo e un segno di servaggio4. La caratteri-stica di Prometeo invece è di non poter separare lamacchina dall’arte. Egli pensa che si possano libe-rare al tempo stesso i corpi e le anime. L’uomo at-tuale crede che sia necessario prima liberare il cor-po, anche se lo spirito debba provvisoriamente mo-rire. Ma può lo spirito morire provvisoriamente?5

In realtà, se Prometeo tornasse, gli uomini d’oggifarebbero come gli dèi di allora: lo inchioderebbe-

ro alla roccia, proprio in nome di quell’umanesimodi cui egli è il primo simbolo6. Le voci nemiche cheallora insulterebbero il vinto sarebbero le stesseche echeggiano alla soglia della tragedia eschilea7:quelle della Forza e della Violenza8. (…)

I miti non hanno vita per se stessi. Attendonoche noi li incarniamo. Risponda alla loro voce unsolo uomo, ed essi ci offriranno la loro linfa intat-ta9. Dobbiamo preservare quest’uomo e fare inmodo che il suo sonno non sia mortale, affinché laresurrezione diventi possibile. A volte dubito se siapermesso salvare l’uomo di oggi. Ma è ancora pos-sibile salvarne i figli, nel corpo e nello spirito. Sipossono offrire loro al tempo stesso le possibilitàdella felicità e quelle della bellezza.

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PER RIPRENDERE IL FILO DEL DISCORSO

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Nel ca-so di affermazioni false, riscrivi la frase in maniera corretta.

a. La Costituzione dell’anno III limitò fortemente i diritti democratici affermati nella precedente fase della Rivoluzione francese. v� f�___________________________________________________

b. Napoleone cominciò a mettersi in luce come ufficiale di cavalleria nella guerra contro l’Austria. v� f�___________________________________________________

c. Il successo nella campagna d’Italia del 1796-97 fu il trampolino di lancio per l’ingresso in politica di Napoleone. v� f�___________________________________________________

d. La vittoria dell’ammiraglio Nelson a Trafalgar sulla flotta francese non portò a risultati importanti. v� f�___________________________________________________

e. Napoleone divenne uno dei tre consoli che ebbero pieni poteri con un colpo di Stato. v� f�___________________________________________________

f. La Repubblica Romana fu istituita dai francesi grazie ad un accordo col papa. v� f�___________________________________________________

g. Le repubbliche istituite in Italia furono chiamate giacobine perché si ispiravano alle idee e all’ordinamento democratico radicale propri dei giacobini francesi. v� f�___________________________________________________

h. L’esercito della Santa Fede che abbatté la Repubblica Partenopea era formato dalle truppe dello Stato della Chiesa e appoggiato dalla flotta inglese. v� f�___________________________________________________

i. Cuoco sostiene che la Rivoluzione napoletana era stata una rivoluzione passiva perché dopo i primi momenti di entusiasmo il popolo si lasciò andare all’inerzia. v� f�___________________________________________________

j. Napoleone riuscì ad essere nominato Console a vita grazie ad un plebiscito. v� f�___________________________________________________

k. Napoleone dichiarò guerra alla Russia nel 1812 perché lo zar non voleva rispettare il blocco continentale. v� f�___________________________________________________

l. Napoleone diede un notevole impulso allo sviluppo

dell’università, specialmente per i settori tecnico-scientifici. v� f�___________________________________________________

m. Nel Codice civile napoleonico venivano riconosciuti ampi diritti ai lavoratori, fra cui il diritto di sciopero. v� f�___________________________________________________

n. La coscrizione obbligatoria fu applicata in Francia ma non negli altri Stati satellite che la rifiutarono. v� f�___________________________________________________

o. Solo verso la metà del Settecento si cominciò a cercare di definire che cosa fosse l’arte; così nacque l’estetica. v� f�___________________________________________________

p. Winckelmann riteneva che l’artista dovesse imitare la natura per ricrearne l’armonia, ma dovesse perseguire un «bello ideale» che è cosa diversa dal «bello di natura». v� f�___________________________________________________

q. Secondo gli artisti che perseguirono un’idea accademica e archeologica del Neoclassicismo il mondo moderno non offriva spunti e ideali degni di elaborazione artistica. v� f�___________________________________________________

r. Secondo le teorie di Burke il «sublime» è nettamente superiore al «bello». v� f�___________________________________________________

s. I canti di Ossian riprendono temi della mitologia nordica, in particolare della civiltà celtica. v� f�___________________________________________________

t. Lo Sturm und Drang si opponeva all’estetica neoclassica e rivendicava l’origine nazionale delle diverse culture. v� f�___________________________________________________

u. Johann Gottfried Herder è considerato un precursore dello storicismo perché sosteneva l’esistenza di un continuo e irreversibile progresso nella storia umana. v� f�___________________________________________________

v. Ugo Foscolo fu un grande poeta e scrittore che rivalutò la tradizione della nostra letteratura senza avere contatti con la cultura europea a lui contemporanea. v� f�___________________________________________________

w. Le opere di Vincenzo Monti testimoniano la sua attiva partecipazione alle vicende storiche del suo tempo. v� f�___________________________________________________

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x. Lo scultore Antonio Canova ebbe un ruolo fondamentale nel riportare in Italia gran parte dei capolavori trafugati da Napoleone. v� f�___________________________________________________

SAGGI BREVI

2. Prendendo in considerazione il periodo 1796-1815,esponi quali sono state le conseguenze dell’arrivo dei fran-cesi e del dominio napoleonico in Italia. Analizza sia gliaspetti civili e ideologici, sia quelli culturali.3. Prendendo come punti di partenza e di confronto i due te-sti Il canto del destino di Hölderlin e Al signor di Montgolfierdi Monti, illustra come entrambi possano essere messi in re-lazione col Neoclassicismo, ma siano assai diversi fra loro.4. Il Neoclassicismo produsse un tipo di architettura che

continuò ad essere diffusa nel corso di tutto l’Ottocento eoltre: soprattutto per gli edifici pubblici l’uso di colonne, difrontoni, di forme desunte da quelle antiche, greche e ro-mane, rimase un punto fermo. Sapresti spiegare quali pos-sono essere le motivazioni di tale «successo»? Se conosciqualche edificio neoclassico o ve n’è qualcuno nella tuacittà, potresti partire da lì.5. Tenendo presente la definizione di estetica del sublimee in particolare quelle che vengono definite da Burke le fon-ti del sublime e come esse agiscano sulla mente e sui sen-timenti, descrivi le tue emozioni e sensazioni di fronte aqualcosa che ha suscitato in te reazioni di tal genere. Puoipensare alla visione di un panorama, di un tramonto, di uncielo stellato, ma puoi anche ragionare sul successo deifilm che hanno come soggetto «catastrofi naturali» (comemega-tempeste, cicloni, terremoti, ecc.).

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Ugo Foscolo

MATERIALI

CONTENUTI

ModuloAutore

✔ La vita e l’opera di Ugo Foscolo testimoniano con grande risalto il particolare momento storico tra fineSettecento e primo Ottocento, quando alla crisi della cultura illuminista fece seguito la nascita e la diffusione dellanuova cultura romantica.

✔ Come altri intellettuali del suo tempo Foscolo visse drammaticamente il conflitto fra ansie dirinnovamento e delusione. L’autore aderì agli ideali della Rivoluzione francese e appoggiò le imprese napoleonichesino alla delusione per il trattato di Campoformio (1797). La sua partecipazione agli eventi contemporanei avvenne sulpiano dell’impegno personale, ma soprattutto su quello letterario.

✔ All’origine della produzione artistica di Foscolo c’è una tensione a tradurre in immagini letterarie laricerca del proprio io; nella sua opera trovano eco i contrasti che caratterizzarono il passaggio dalla cultura illuminista aquella romantica; da un lato la fedeltà al materialismo meccanicistico, dall’altro la tensione verso l’ideale.

✔ Dal contrasto tra le aspirazioni ideali dell’individuo e la realtà prende corpo per Foscolo la necessitàdelle illusioni, valori che danno un senso alla vita (come l’amore, l’amicizia, la famiglia, l’idea di patria).

✔ Con il romanzo Le ultime lettere di Jacopo Ortis Foscolo diede vita al personaggio del patriota deluso,esule e pronto a morire per la patria. Con il carme Dei Sepolcri si propose di ricoprire il ruolo di poeta civile.

✔ Nella sua poesia, Foscolo derivò dal Neoclassicismo l’idealizzazione del mondo antico, il concetto di bellezzacome armonia; dal Romanticismo, la concezione del fare artistico come creazione ed espressione. La poesia,secondo la teorizzazione foscoliana deve parlare alle menti attraverso il meraviglioso e colpire il cuore con le passioni.

✔ Ancora oggi Foscolo attira l’interesse dei lettori con l’immagine che ha lasciato di sé: artista e scrittore inperenne contrasto con la società.

T1 Sulla poesia e sull’arte, dalle Lezionilondinesi

T2 Le prime pagine del romanzo, Ultimelettere di Jacopo Ortis, parte I

T3 La bellezza e l’amore, Ultime lettere diJacopo Ortis, parte I

T4 Una riflessione senza speranza, Ulti-me lettere di Jacopo Ortis, parte II

T5 Alla sera, Poesie. Sonetti, I

guida all’analisi del testoT6 A Zacinto, Poesie. Sonetti, IX

T7 In morte del fratello Giovanni, Poesie.Sonetti, X

T8 All’amica risanata, Poesie. Odi

T9 Il sepolcro come nodo d’affetti, DeiSepolcri, vv. 1-50

T10 Una società degradata non sa daredegna sepoltura ai suoi figli migliori, DeiSepolcri, vv. 51-90

T11 La storia del sepolcro è la storiadella civiltà, Dei Sepolcri, vv. 91-150

T12 L’identità e il futuro della nazione

sono consegnati alla memoria, Dei Sepol-cri, vv. 151-225

T13 Solo la poesia può dare l’immorta-lità, Dei Sepolcri, vv. 226-295

T14 La comparsa di Venere e delle Gra-zie agli uomini primitivi, Le Grazie, Innoprimo, vv. 82-150

il gusto di leggereT15 Un ritratto ironico, da Le confessionidi un italiano, cap. XI, di Ippolito Nievo

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lebra gli eroi. Le testimonianze di questo modo disentire e di concepire il suo ruolo di scrittore furonoprecocissime. Intorno al 1795, a diciassette anni,scrisse una tragedia, Tieste, dominata da forti accen-ti antitirannici, che fu rappresentata con successo aVenezia nel gennaio del 1797 e che fu, per il giova-ne poeta, una sorta di consacrazione letteraria. Nel-lo stesso anno Foscolo pubblicò l’ode A Bonaparte li-beratore in cui prediva all’Italia un futuro di libertàgrazie all’esercito dell’«Eroe», del «Guerriero», del«Liberatore» che aveva portato nella penisola i valo-ri di uguaglianza e libertà della Rivoluzione france-se. Dopo la delusione di Campoformio, il romanzo Leultime lettere di Jacopo Ortis diede vita al personaggiodel patriota deluso, esule e pronto a morire per la pa-tria. Il costante trasferimento nei testi letterari dellecircostanze autobiografiche, la teatralità degli inter-venti pubblici dell’autore, il suo stesso carattere e ilsuo modo di essere gli attirarono grandi amori, maanche vive antipatie. Egli incarnava le figure idealiassolute che davano vita alle sue opere letterarie: ilpatriota, l’amante, l’eroe infelice e disilluso, l’esule,il poeta vate. Tutto questo trova un riscontro e unatestimonianza nei giudizi dei suoi contemporanei:alcuni ne esaltavano gli aneliti verso la libertà e lagrandezza, le manifestazioni di patriottismo, la ge-nerosa idealità, la decisione esemplare dell’esilio nel1815 dopo il ritorno degli austriaci, ma c’era anchechi ne sottolineava la vanità, l’attrazione per il belmondo, l’immagine dell’amante infaticabile e ap-passionato che passava da una nobildonna all’altra.

L’autore e il nostro tempo

Ancora oggi Foscolo attira l’interesse dei lettori, pri-ma ancora che con la sua opera, con l’immagine cheha lasciato di sé. Egli incarna la figura dell’artista edello scrittore che si sente in contrasto con la societàperché ha la coscienza di essere «eccezionale» e «di-verso», sradicato, si direbbe oggi. L’irrequietezza, lapassionalità, la precarietà, furono i tratti costantidella biografia di Foscolo. Nonostante il successo neisalotti e negli ambienti letterari dell’Ottocento, nonebbe mai una sistemazione sociale ed economicastabile, e fu sempre, come poeta e letterato, alla ri-cerca di un ruolo. In particolare dopo il 1802, quan-do era difficile nell’Italia napoleonica conciliare gliideali di libertà e di patria con l’accettazione di com-piti che comportavano una dipendenza dal potere,Foscolo si sentì un isolato e accentuò certe asprezze

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Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;labbri tumidi, arguti, al riso lenti,capo chino, bel collo, irsuto petto.(Ugo Foscolo, Poesie)

FoscoloIERI E OGGI

L’autore e il suo tempo

I tempi in cui Foscolo visse furono tali da suscitare intanti intellettuali, artisti e scrittori un continuo con-flitto fra ansie di rinnovamento e delusione. In que-sto Foscolo è rappresentativo di un’evoluzione chefu comune a molti intellettuali e patrioti italiani. LaRivoluzione francese rappresentò per lui la spe-ranza di una vita rinnovata, più intensa e liberatadalle polverose e antiquate abitudini che caratteriz-zavano il mondo sociale e culturale italiano. Giova-nissimo, si schierò su posizioni giacobine (così eranochiamate le istanze estreme nate dalla Rivoluzione),tanto da destare i sospetti della polizia. Quando, nel1796, con la discesa di Napoleone in Italia e lacreazione della Repubblica Transpadana nei territorilombardi strappati all’Austria, sembrarono aprirsinell’Italia settentrionale prospettive repubblicano-democratiche, lo scrittore condivise, con slancio epersonale impegno, la speranza in una rinascita del-la vita civile e di una società nuova. Seguì un’ama-ra disillusione a causa del trattato di Campofor-mio (1797) col quale Napoleone annetteva allaFrancia il Piemonte e la Toscana e cancellava la Re-pubblica di Venezia data come risarcimento all’Au-stria. Contribuirono ad accrescere questa disillusio-ne la caduta di tutte le repubbliche che i francesiavevano instaurato in Italia e la svolta della politicanapoleonica nel 1802 con l’istituzione del consola-to a vita che risultava, agli occhi dei contemporanei,un tradimento degli ideali egalitari della Rivoluzio-ne francese. La partecipazione di Foscolo a questieventi avvenne sul piano dell’impegno personale(Foscolo si arruolò come volontario nel 1799), masoprattutto su quello letterario. Egli, trasferendonelle sue opere l’esperienza che andava facendo del-le cose della politica, fece anche da «megafono» e dainterprete a quegli eventi attribuendosi il ruolo dipoeta civile, cioè di colui che indica i valori, che ce-

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del suo carattere. Rammentiamo, in proposito, unepisodio emblematico: la lite con Vincenzo Monti, ilpoeta più in auge in quegli anni. Essa ebbe origineda un giudizio critico di Monti su Alfieri, che rappre-sentava per Foscolo un modello e un ideale, e scop-piò nel salotto del ministro Veneri, per proseguirepoi sui giornali, nelle recensioni, negli epigrammi.

Si opponevano due diverse concezioni del compitodella letteratura e due diverse scelte di vita: una di col-laborazione, di compromesso col potere, l’altra di op-posizione. Fu pertanto naturale, per la generazionesuccessiva, quella degli intellettuali impegnati nel Ri-sorgimento, vedere in Foscolo il testimone dellanuova Italia che nasceva. Sono in proposito emble-matiche le parole con le quali il grande critico France-sco De Sanctis nel 24 giugno del 1871 salutò il trasfe-rimento delle spoglie del poeta dall’Inghilterra a Firen-ze: «Come uomo lungamente amato e desiderato chetorna in patria, l’Italia rivede Ugo Foscolo. Il grandeesule viene a prendere il suo posto accanto a VittorioAlfieri, nel tempio de’ suoi Sepolcri, nella città delle sueGrazie (...). Anche oggi, se parli ai giovani di Foscolo,non odono ragionamenti, non ammettono discussio-ni, credono in Foscolo, amano Foscolo, e lo amano per-ché lo amano, per una forza occulta, come si spiegavatutto in una volta. È questo grido universale di simpa-tia, che pone oggi sul suo piedistallo il gran’uomo, affo-gando nell’immenso plauso le voci ostili e anche im-parziali. Io stesso non mi sento libero, o per dir meglio,mi sento attrarre da questa universale simpatia, e conriverenza di discepolo mi accosto al gran’uomo, e lo in-terrogo, cerco di comprenderlo, cerco di strappargli ilsegreto di una grandezza così popolare».

Oggi i giudizi sono più distaccati, ma Foscolo rima-ne comunque, anche per i lettori contemporanei,una figura emblematica che riassume in sé la sensi-bilità e il gusto del suo tempo, un letterato e un poe-ta drammaticamente partecipe della realtà delsuo tempo.

FoscoloIL PROFILO DELL’AUTORE

La vita

A Venezia. Gli anni della formazione NiccolòFoscolo (scelse di farsi chiamare Ugo solo nel 1795)

nasce il 6 febbraio del 1778 a Zacinto, un’isola delMar Ionio di sovranità della Repubblica di Venezia,da padre veneziano e da madre greca (DiamantinaSpathis), primogenito di quattro figli. Nel 1785 la fa-miglia si trasferisce a Spalato, dove il padre è chiama-to a esercitare la sua professione di medico. Ugo com-pie i primi studi nel seminario della città. Nel 1788 lamorte del padre costringe la famiglia a dividersi: Dia-mantina a Venezia, per curare gli affari lasciati so-spesi dal marito, i figli a Zacinto, ospiti di una zia ma-terna. Le poche testimonianze che l’autore ci ha la-sciato intorno a questi anni raccontano un’infanziae un’adolescenza piuttosto tristi, segnate dalla pre-coce scomparsa del padre, ma soprattutto esaltano ilprivilegio della nascita in terra greca: «Non oblieròmai che nacqui greco da madre greca, che fui allat-tato da greca nutrice e che vidi il primo raggio di solenella chiara e selvosa Zacinto, risuonante ancora de’versi con che Omero e Teocrito la celebravano».

A Venezia, dove, nel 1792, raggiunge la madre, hainizio la vera formazione del poeta. Frequenta lascuola del collegio di San Cipriano e presto anche cir-coli, salotti, teatri, cioè tutti quegli ambienti che face-vano ancora di Venezia una città dalla vita culturaleabbastanza vivace. Povero, eccentrico negli atteggia-menti, appassionato in ogni sua manifestazione, su-scita l’interesse della nobildonna veneziana IsabellaTeotochi Albrizzi, che lo accoglie nel suo salotto e glifa conoscere i letterati più famosi del tempo. Ella netraccia un ritratto eloquente: «L’animo è caldo, forte,disprezzatore della fortuna e della morte; l’ingegno èfervido, rapido, nutrito di sublimi e forti idee; semi ec-cellenti in eccellente terreno coltivati e cresciuti (...).Libertà e indipendenza sono gl’idoli dell’anima sua.Si strapperebbe il cuore dal petto, se liberissimi nongli paressero i moti tutti del suo cuore».

È il 1795 e l’amicizia di Isabella Teotochi rappre-senta nella vita del poeta l’ingresso nella società enella cultura veneziana e la prima significativa rela-zione amorosa. Di grande importanza per lui è il rap-porto con Melchiorre Cesarotti, del quale segue le le-zioni all’Università di Padova e che lo indirizzò allaconoscenza della filosofia illuminista. Schierato suposizioni giacobine, partecipa alle speranze repub-blicano-democratiche che sembravano aprirsi conla discesa di Napoleone. La passione politica Nell’aprile 1797 si reca aBologna, capitale della neonata Repubblica Cispa-dana (che comprendeva il territorio dell’ex Ducatodi Modena e Reggio con le città di Bologna, Forlì eFerrara) e chiede di arruolarsi nei Cacciatori a ca-

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vallo. Dopo il trattato di Campoformio (17 ottobre1797) lascia Venezia. Ad un impegno tanto appas-sionato, segue una delusione altrettanto fervida: laesprime nel romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis,che inizia a scrivere nel 1798. Come tanti altri intel-lettuali e patrioti che avevano appoggiato Napoleo-ne nutrendo speranze e ideali repubblicani, egli ritie-ne che nonostante il «tradimento» di Campoformio,la Repubblica Cisalpina (che era stata appena fonda-ta, il 29 giugno 1797, dall’unione delle due repub-bliche Transpadana e Cispadana) rappresenti la si-tuazione più favorevole, e si rifugia a Milano. Quan-do gli eserciti austro-russi attaccano i territori dellaRepubblica Cisalpina, si arruola volontario nellaGuardia nazionale di Bologna e combatte in Emi-lia e poi a Genova. Intanto, dopo la svolta della poli-tica napoleonica, resa evidente dalla istituzione delconsolato a vita (1802), la delusione storica e po-litica appare definitiva. Foscolo sente profonda-mente la precarietà e lo sradicamento della sua con-dizione di intellettuale rispetto a una realtà nellaquale non trova uno spazio d’azione in accordo coni suoi ideali. A questo disagio di fondo si aggiungel’amore infelice per Isabella Roncioni, già promessasposa, e il suicidio del fratello Giovanni Dionigi. An-che il nuovo amore intrecciato a Milano con la con-tessa Fagnani Arese si rivela un’esperienza agitata eper certi aspetti tormentosa. Gli studi letterari e la poesia Per la necessità digarantirsi uno stipendio, mantiene l’incarico di uffi-ciale, ma rinuncia ad un ruolo di primo piano nellasocietà letteraria milanese e si dedica piuttosto aglistudi e alla composizione poetica (pubblicando nel1803 la raccolta delle Poesie). Nel 1804 su sua ri-chiesta viene riammesso al servizio attivo e destina-to al seguito del generale Pino, che sulla Manica pre-parava lo sbarco di Napoleone in Inghilterra. Rima-ne così in Francia per due anni, durante i quali si im-pegna soprattutto in opere di traduzione, in partico-lare, traduce il Viaggio sentimentale del romanziereinglese Laurence Sterne (1713-1768).

Nel 1808 ottiene la cattedra di professore diEloquenza a Pavia, ma la cattedra viene soppres-sa dopo pochi mesi. Foscolo pronuncia comunquel’orazione inaugurale Dell’origine e dell’ufficio dellaletteratura il 22 gennaio 1809 e tiene altre sei lezio-ni. Erano anni difficili per chi, come Foscolo, nonfosse politicamente e culturalmente allineato, così,dopo alcuni attacchi pubblici sui giornali milanesi,anche gli amici gli consigliano di lasciare Milano. Sicongeda dall’amministrazione militare (del resto, da

dieci anni era nell’esercito più di nome che di fatto)e tra il 1812-13 soggiorna a Firenze, dove frequen-ta il salotto della contessa d’Albany, la compagna diAlfieri, e ha una relazione amorosa con Quirina Mo-cenni Magiotti. Aveva già pubblicato la sua operapoetica maggiore, il carme Dei Sepolcri (1807).

Gli eventi tumultuosi che tra la fine del 1813 el’abdicazione di Napoleone fecero intravedere a mol-ti patrioti italiani la possibilità di dar vita a uno Statoindipendente, sono vissuti da Foscolo come un’ulti-ma illusione a cui votarsi, più per uno slancio idealeche per una razionale fiducia di successo. Scrive inquei giorni: «Or dunque che in Italia il peggior parti-to, secondo me, si è lo starsi per avere poi il vergogno-so piacere di querelarsi degli uni e degli altri ho cre-duto bene di risalire a cavallo, e d’avere la spada inmano. Starò vigilando e parato. Non mi mancheràtempo a tornare alla mia prima pace studiosa; e v’èpur sempre la pace eterna santissima del sepolcro».L’esilio Nel 1815 gli austriaci, tornati a Milano,propongono a Foscolo la direzione di un giornale, la«Biblioteca Italiana»: è il segno di una politica diconciliazione con gli intellettuali che Foscolo, in unprimo momento, sembra poter accettare. L’Austriachiede agli ex ufficiali napoleonici il giuramento difedeltà; Foscolo, dopo alcune esitazioni, nella nottetra il 30 e il 31 marzo lascia segretamente l’Italia.Scrive alla famiglia: «L’onore mio, e la mia coscien-za, mi vietano di dare un giuramento che il presen-te governo domanda per obbligarmi a servire nellamilizia, dalla quale le mie occupazioni e l’età mia e imiei interessi m’hanno tolta ogni vocazione. Inoltretradirei la nobiltà incontaminata fino ad ora del miocarattere col giurare cose che non potrei attenere, econ vendermi a qualunque governo».

Cominciano così gli anni dell’esilio, prima inSvizzera (fino al 1816), poi in Inghilterra. Ben ac-colto a Londra, ha presto problemi economici e con-duce una ingloriosa vita di espedienti. Non riesce afare della nuova realtà della sua vita una condizioneper un ripensamento ideologico e per una nuovastagione creativa.

Muore il 10 settembre del 1827 a quarantanoveanni. Nel 1871 i suoi resti sono trasportati nellachiesa di Santa Croce a Firenze.

Le opere

All’origine di tutta l’opera di Foscolo c’è un atteggia-mento culturale ed esistenziale che possiamo defini-

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re tensione a tradurre in immagini letterarie la ricerca delproprio io, il vissuto interiore, in relazione ai fatti del-l’esperienza biografica e storica. Da un lato l’espe-rienza di vita dello scrittore offrì un apporto conside-revole alla stesura delle sue opere, dall’altro la riela-borazione letteraria tende ad attribuire all’esperien-za personale un valore e un significato universali.Le opere poetiche Foscolo esordì giovanissimocon versi di modesto valore; a diciannove anni sipropose come poeta civile con l’ode* A Bonaparte li-beratore pubblicata a Bologna nel 1797 a spese del-la Giunta di Difesa come ufficiale omaggio a Napo-leone, ripubblicata a Venezia prima di Campoformioe nuovamente a Venezia nel 1799, accompagnatada una dedica nella quale Foscolo invitava il «con-quistatore» e il «despota» a cancellare dalla sua fa-ma la macchia del trattato di Campoformio e a darela libertà all’Italia.

Nel 1803 si rivela poeta maturo e originale con lapubblicazione della raccolta Poesie, che comprendedodici sonetti* e due odi. Le due odi, A Luisa Pallavi-cini caduta da cavallo e All’amica risanata, sono omag-gi a due donne amate dal poeta (rispettivamente laPallavicini, che un incidente aveva deturpato nellasua bellezza, e Antonietta Fagnani Arese, che torna-va alla vita consueta dopo un lungo periodo di ma-lattia). Come si vede, l’occasione è legata alla vita ga-lante di Foscolo, alla sua frequentazione dei salotti.Tuttavia, in entrambe le odi, l’omaggio cede prestoil campo a temi più alti e generali che investono so-prattutto l’esaltazione della bellezza e della poesia eter-natrice della bellezza. Ma è soprattutto nei sonetti checompare il «poeta nuovo». Nei testi che solitamentesono citati come Alla sera, A Zacinto e In morte del fra-tello Giovanni [s T5-7] sono perfettamente realizza-ti e compiuti i tratti stilistici e tematici che caratte-rizzano la grande poesia foscoliana: l’amore, gli af-fetti familiari, la patria e l’esilio, il mondo classico, lafunzione della poesia espressi in componimenti per-corsi da una forte tensione formale.

Nel 1806 compone, tra giugno e settembre, il car-me Dei Sepolcri [s p. 497]. Il tema del sepolcro eraallora di moda sia come argomento letterario, sia inconseguenza di alcune recenti decisioni in campopolitico. Nel 1804, infatti, Napoleone con l’editto diSaint-Cloud imponeva la sepoltura al di fuori dellemura cittadine e nel 1806 questo editto veniva este-so anche all’Italia creando grossi dibattiti al riguar-do. Foscolo, però, parlando di sé in terza persona, ri-vendica per la sua opera significati più alti. Scrive in-fatti: «l’autore considera i sepolcri politicamente; ed

ha per iscopo di animare l’emulazione politica degliitaliani con gli esempi delle nazioni che onorano lamemoria e i sepolcri degli uomini grandi».

Nel carme Foscolo esprime l’idea di una poesiaconnessa al presente storico, portatrice di un messag-gio che riguarda il senso della vita degli uomini, mache si rivolge anche alla coscienza politica e nazio-nale degli italiani, in nome di una tradizione di valo-ri di cui è custode.

A Firenze, tra il 1812 e il 1813 lavora alla com-posizione delle Grazie, un poemetto* lasciato in-compiuto. Le Grazie, divinità della mitologia antica,sono, secondo Foscolo, entità «intermedie tra il cie-lo e la terra, dotate della beatitudine e della immor-talità degli dèi, ed abitatrici invisibili fra i mortali perdiffondere sovr’essi i favori de’ Numi». Esse educanogli uomini al dominio delle passioni, alla benevolen-za e al pudore. Su tutto questo si fonda l’intento di-dattico del carme, che dovrebbe mostrare la funzionecivilizzatrice delle Grazie. Nelle Grazie compare l’ideadi una poesia consolatrice rispetto ad una realtà cheha chiuso ogni strada alle illusioni. Non è tanto unasvolta nel modo di concepire la poesia, ma piuttostoun mutamento tematico che nasce dall’ulteriore ap-profondirsi della visione negativa dell’uomo e dellastoria, che induce a rifugiarsi in altri miti come labellezza e l’armonia.La prosa narrativa L’opera narrativa più impor-tante di Foscolo è il romanzo epistolare Ultime let-tere di Jacopo Ortis (pubblicato nel 1802) natodalla delusione e dallo sdegno suscitato nello scrit-tore dal trattato di Campoformio. Per la struttura delromanzo Foscolo attinse a modelli settecenteschi ein particolare all’opera di Goethe I dolori del giovaneWerther.

L’opera fu un autentico best-seller per il fascino cheaveva una così accesa e insistita esibizione di senti-menti, passioni, moti interiori che, insieme all’am-bientazione nel presente e ai riconoscibilissimi ele-menti autobiografici, si presentava non come finzio-ne letteraria ma come verità. Foscolo non mancò dialimentare questa lettura. Scrive infatti all’anticomaestro Melchiorre Cesarotti: «Fra un mese avrai innitida edizione (...) una mia fatica di due anni, ch’iochiamo il libro del mio cuore. Posso dire di averloscritto col mio sangue; tu ergo ut mea viscera suscipe[prendilo quindi come fosse la mia stessa carne]»; e lostesso concetto ribadisce in una lettera a Isabella Teo-tochi: «Vi mando le Ultime Lettere – io vi prego di ser-barle religiosamente. Scriverò meglio forse come Au-tore – ma l’Uomo non scriverà più come in quel libro».

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poeti moderni a conservare la memoria storica, a in-dicare agli uomini i valori, a educare i sentimenti ele passioni. Negli anni dell’esilio a Londra, lontanodalle polemiche letterarie che opponevano in Italiaclassici e romantici, Foscolo scrisse alcuni dei suoisaggi più significativi tra i quali ricordiamo: Saggiosullo stato della letteratura contemporanea in Italia(1818), Saggi su Petrarca (1821), Epoche della linguaitaliana (1823), Discorso sul testo del poema di Dante(1825).

FoscoloIL PENSIERO E LA POETICA

Nella visione del mondo e nell’opera di Foscolo tro-vano eco tutte le tensioni ideologiche che caratteriz-zarono il passaggio dalla cultura illuminista a quel-la romantica. Dopo che la cultura illuminista avevasviluppato l’analisi razionale della realtà nei suoivari aspetti valorizzando la forza conoscitiva dellaragione, una nuova tensione verso l’ideale ripropo-neva le grandi domande e con esse la riscoperta deivalori dello spirito, la ripresa della visione religiosadell’uomo e del mondo.

Foscolo è un emblematico protagonista di questomomento di transizione tra due culture. Egli ere-dita e fa propri i princìpi del materialismo mecca-nicistico settecentesco, una concezione che partedal presupposto che tutto è materia e considera lanatura una grande macchina dominata da un mo-to incessante di trasformazione che non ha uno sco-po, né un disegno preordinato. Ma nella sua espe-rienza intellettuale questa concezione contrasta conil bisogno di grandezza e di idealità dell’individuo, siscontra con la tensione verso l’ideale, con l’an-sia, a volte drammatica, di andare oltre le spiegazio-ni razionali. La «ragione» degli illuministi, che asso-ciava alle concezioni materialistiche e meccanicisti-che l’accettazione serena dei limiti dell’uomo, è in-fatti per Foscolo vera ma disperante.

A partire da queste considerazioni, possiamo in-dividuare alcune linee fondamentali del pensiero diFoscolo.L’individualismo e il pessimismo della ragioneCome abbiamo visto, Foscolo fa propri i princìpi delmaterialismo meccanicistico elaborati dalla culturasettecentesca sottolineandone tuttavia gli aspetti

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i temi e le opere di Foscolo

il mito dell’eroe infelice

il mito della bellezza

il messaggio etico-filosofico

Ortis

Sonetti

Sepolcri

Odi

Grazie

Sepolcri

Nel 1813 pubblica la traduzione del Viaggio senti-mentale di Yorik di Laurence Sterne che risaliva aglianni 1804 e 1806 e vi aggiunge in appendice la No-tizia intorno a Didimo Chierico, nella quale costruisceun personaggio a cui Foscolo attribuisce la traduzio-ne dell’opera di Sterne. La figura di Didimo è unasorta di ritratto autobiografico antitetico a quelloprecedentemente consegnato alla figura di JacopoOrtis.

Un altro interessante saggio di prosa narrativad’argomento autobiografico è il Sesto tomo dell’Io,una serie di frammenti in cui è riflessa la vita delloscrittore tra il 1799 e il 1800.Le tragedie Ancora giovanissimo, intorno al1795, Foscolo scrisse sul modello della tragedia al-fieriana, il Tieste, rappresentata a Venezia nel 1797.Solo dopo quindici anni tornò al teatro tragico conAjace, composta tra il 1809 e il 1811, rappresenta-ta alla Scala con la regia dello stesso autore e subitoproibita in tutti i teatri del regno. Dietro la trama e ipersonaggi della tragedia gli spettatori del tempo po-tevano facilmente cogliere allusioni ostili al regimenapoleonico. L’ultima tragedia Ricciarda, incentratasulla figura femminile della protagonista, fu scrittaa Firenze e messa in scena Bologna nel 1813.Gli scritti di critica letteraria Foscolo fu autoredi studi critici importanti, che segnarono un rinno-vamento negli studi letterari italiani; fra questi si de-ve citare il discorso che egli pronunciò nel 1809 co-me inaugurazione del corso universitario che nonpoté in realtà tenere: Dell’origine e dell’ufficio della let-teratura. Nel discorso Foscolo afferma che la lettera-tura, con l’esercizio della parola, arriva ai sensi, uni-sce passione e ragione e di qui fonda la sua capacitàdi persuadere. Entro questa idea di letteratura, lapoesia secondo Foscolo continua anche nei versi dei

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che portano a una visione pessimistica del mondo.All’idea di un fatale meccanicismo che governa lanatura si associa la teorizzazione, sempre di deriva-zione illuminista, di una società dominata dalla for-za nella quale prevalgono le ragioni dell’utile. En-trambe queste concezioni contrastano con i bisognidi grandezza e di ideali dell’individuo e pertanto locondannano all’infelicità. Su queste basi prendecorpo il contrasto tra le aspirazioni dell’indivi-duo e la realtà, e il solo modo in cui può manife-starsi l’affermazione individuale sembra essere ilconflitto con il mondo, con la società, che porta all’i-solamento aristocratico, all’individualismo ribelle.La necessità delle illusioni Dal contrasto tra larealtà, regolata dal meccanicismo e dal principiodell’utile, e le aspirazioni dell’uomo, nasce la neces-sità, per Foscolo, delle illusioni. Create dal senti-mento in conflitto con la ragione, le illusioni sonocostruzioni dell’uomo, valori ideali che rendonopossibile la vita e le danno un senso: si tratta dell’a-more, della bellezza, dell’amicizia, della fami-glia, della patria, della compassione: valori chesono il centro tematico della produzione letteraria epoetica foscoliana.

Anche nell’ambito della riflessione sulla poesiaFoscolo rielaborò le molteplici tendenze che si mani-festarono fra Sette e Ottocento. Dal Neoclassicismoderivò l’idealizzazione del mondo antico, l’identificazio-ne della bellezza con l’armonia, ma non l’utilizzo dei te-mi e delle figure della classicità come repertorio diimmagini belle. Del Neoclassicismo rifiutò invece iprincìpi di regolarità, ordine, modello, mentre poseal centro della sua produzione poetica la concezioneromantica del fare artistico come creazione origi-nale ed espressione delle passioni dell’animoumano.

I concetti fondamentali intorno ai quali Foscolocostruisce il suo ideale di poesia sono il mirabile e ilpassionato.Il mirabile Con il termine mirabile Foscolo in-tende l’elemento meraviglioso, mitologico, favolosocon il quale la poesia ha la facoltà di colpire i sensi.I poeti antichi trovavano il mirabile nella loro stessareligione, che si presentava come raffigurazionemitica di valori, princìpi e realtà del mondo fisico ein quanto tale costituiva il fondamento stesso dellapoesia. Il poeta moderno, invece, ha la necessità dicrearsi un proprio «meraviglioso». Questo deve ave-re la stessa capacità d’espressione del meravigliosodegli antichi, non deve cioè essere invenzione «fal-sa», bensì espressione di una verità. Attraverso il

meraviglioso, vale a dire l’immagine, la figura in-ventata, la poesia trasmette valori e princìpi,idee e significati. Su questo concetto si misura la di-stanza tra l’ammirazione degli scrittori neoclassiciper la mitologia antica e la presenza di figure mito-logiche nella poesia foscoliana. Quando Foscolo in-troduce nei suoi versi l’immagine di Venere che sor-ge dalle acque del mare o quella di Ulisse che baciala sua terra dopo il lungo esilio, fa ricorso a figuredella mitologia e dell’epica classica, ma le riempiedi un significato del tutto attuale, le carica di idee evalori moderni. La poesia deve, infatti, parlare allementi col meraviglioso e colpire al cuore con le pas-sioni.Il passionato È questa l’altra qualità che Foscolochiede alla poesia: il passionato, la capacità, cioè,di «risvegliare» il cuore con le passioni. Di qui la cen-tralità, nella poesia di Foscolo, dell’immagine: le im-magini, le figure poetiche, mentre trasmettono deisignificati coinvolgono emotivamente il lettore. An-che il passionato deve fondarsi sulla verità, il che va-le a dire che le passioni espresse debbono avere il lo-ro fondamento nella società stessa.

L’idea di poesia che abbiamo tracciato si realizzasoprattutto nell’esperienza lirica della scrittura deisonetti e delle odi. Dopo il 1803, anno di pubblica-zione delle Poesie, Foscolo non scrisse più poesia liri-ca. In varie occasioni tornò a riflettere sulla poesiadegli antichi e in particolare sul mirabile, sulla possi-bilità di trarre dal presente l’elemento meravigliosonecessario alla poesia. Si affaccia così l’idea di unapoesia che abbia i caratteri dell’epica ma che at-tinga al presente e sia portatrice di un messaggioetico-filosofico che riguarda il senso della vita de-gli uomini. In particolare pensa ad una poesia chesappia rivolgersi anche alla coscienza politica e na-zionale degli italiani in nome di una tradizione di cuiessa è custode. Ciò non implica semplicemente unintento didascalico, poiché non viene meno l’esi-genza del mirabile, dell’immagine e della fantasia,ma questi strumenti sono visti come strettamentelegati all’impegno dimostrativo e alla persuasione.Queste convinzioni che possiamo sintetizzare nell’e-sigenza di attribuire alla poesia anche una funzio-ne etico-civile approda alla composizione dei Se-polcri.

Con l’esilio si interrompe anche il dialogo con lasituazione politica e culturale italiana: da LondraFoscolo non interverrà nel dibattito fra classicisti eromantici e non presterà nemmeno la sua parolapoetica al nascente movimento risorgimentale.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 475

la poetica di Foscolo

● idealizzazione del mondo antico● identificazione della bellezza con l’armonia

la poesia deve creare immagini(il mirabile)

Lezionilondinesi

T1 Sulla poesia e sull’arteNei primi anni dell’esilio londinese Foscolo tenne una serie di conferenze a pagamento sulla lingua e laletteratura italiana che vanno sotto il nome di Lezioni londinesi. Ritenne necessario iniziare con due te-sti che formulassero le premesse teoriche delle sue analisi; questi furono i Princìpi di critica poetica conspeciale riferimento alla letteratura italiana e le Origini e vicissitudini della lingua italiana. Come per lesuccessive lezioni, anche per queste l’autore preparò un testo in italiano che venne affidato ad un tra-duttore per la pubblicazione. Il passo che presentiamo, tratto dai Princìpi, pur appartenendo all’ultimafase della riflessione foscoliana sulla poesia, rende con precisione l’ambito concettuale in cui si delineal’idea di poesia e di letteratura che sta alla base di tutta l’opera di questo autore.

Tutte le arti d’immaginazione, e soprattutto la poesia, che è la più antica e l’origine ditutte le altre1, nacquero dal bisogno di abbellire e variare e aggrandire2 tutti gli ogget-ti ed i sentimenti che attraggono irresistibilmente i sensi, il cuore e la fantasia de’ mor-tali. Il poeta, il pittore e lo scultore non imitano copiando, – ma scelgono, combinanoe immaginano, perfette e riunite in una sola, molte belle varietà che forse realmenteesistono sparse e commiste a cose volgari e spiacevoli, ma che non esistono, o almenonon si veggono mai né perfette né riunite in natura3 (...).

Il mondo in cui viviamo ci affatica, ci affligge e, quel che è peggio, ci annoia; però lapoesia crea per noi oggetti e mondi diversi. E se imitasse fedelissimamente le cose esi-stenti e il mondo qual’è4, cesserebbe d’essere poesia, perché ci porrebbe davanti agli oc-chi la fredda, trista, monotona realtà. Or che necessità, che desiderio abbiamo noi di ve-derla dipinta e descritta, se già ne siamo assediati, volere o non volere5, dì e notte? La im-maginazione dell’artista corregge idealmente la Natura anche quando sa cogliere e rap-presentare la gioventù e la bellezza nel più bel punto della lor maggior perfezione. (...)

1. che è... altre: detto in polemica con itanti che affermavano che le prime artierano state quelle della scultura e dellapittura; tutto questo rientra nel settecen-tesco dibattito sulla differenza fra le variearti. Foscolo ribadisce, qui e in altri passidel testo, la superiorità e la primogenitu-ra della poesia.

2. aggrandire: ingrandire.3. Il poeta, il pittore... in natura: tutto ilpasso, necessario passaggio del ragiona-mento, è una perfetta riproduzione dell’i-dea fondamentale dell’estetica neoclassi-ca. Foscolo non introduce alcun elemen-to nuovo nella poetica dell’armonia e nel-la proclamazione della superiorità del-

l’arte sulla natura, già teorizzate dal Neo-classicismo.4. qual’è: è una grafia caduta in disuso;oggi bisogna scrivere «qual è», senza apo-strofo.5. volere o non volere: che ci piaccia o no.

● concezione del fare artistico comecreazione originale

● concezione del fare artistico comeespressione delle passioni

la poesia deve parlare al cuore(passionato)

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476 Secondo Settecento

Esiste nel mondo una universale secreta armonia, che l’uomo anela di ritrovare co-me necessaria a ristorare le fatiche e i dolori della sua esistenza; e quanto più trova sì fat-ta armonia, quanto più la sente e ne gode, tanto più le sue passioni si destano ad esaltar-si e a purificarsi, e quindi la sua ragione si perfeziona. Questa armonia nondimeno di cuil’esistenza è sì evidente, e di cui la necessità è sì fortemente esperimentata più o meno datutti i mortali, vedesi (come tutte le cose che la natura offre all’uomo) commista6 a unadisarmonia di cose, le quali cozzano e si attraversano7, e spesso si distruggono fra di lo-ro. Però8 nella musica più che nelle altre arti appare evidentemente che l’immaginazio-ne umana trovò il modo di combinare i suoni, ch’esistono in natura onde produrre me-lodia ed armonia, sottraendone tutti i suoni rincrescevoli o discordi9. Il potere univer-sale della musica è prova evidente della necessità che noi sentiamo dell’armonia. L’ef-fetto dell’armonia che la musica produce all’anima per gli orecchi, per mezzo di suoniuniti con diversi modi e gradi, vien pure egualmente prodotto dalla scultura, dalla pit-tura, e dalla architettura per la via degli occhi e per mezzo di forme, di tinte e di propor-zioni che armonizzano fra di loro. Ma la poesia unisce l’armonia delle note musicali permezzo della melodia delle parole e della misura del verso; e l’armonia delle forme, de’ co-lori e delle proporzioni per mezzo delle immagini e delle descrizioni. Vero è che la specied’armonia propria a ciascuna delle altre arti è più espressa, e conseguentemente più ef-ficace10; tuttavia l’efficacia della poesia è più potente, tanto a cagione della riunione ditutti i generi d’armonia, quanto per la simultaneità e rapidità del loro progresso11.

6. vedesi... commista: si vede mescolata,la vediamo continuamente unita.

7. cozzano e si attraversano: si scontranoe si contrastano.

8. Però: perciò.

9. rincrescevoli o discordi: che disturba-no, spiacevoli; oppure dissonanti, disar-

monici.10. Vero è... efficace: è pur vero che il ti-po particolare proprio di ogni singola ar-te (in quanto legata a uno solo dei sensi)risulta più compiutamente realizzato e,di conseguenza, ha un’efficacia più im-mediata, più diretta. Come dirà subitodopo, l’efficacia della poesia è forse meno

acuta, ma è più «potente», ha potenzia-lità più vaste.11. quanto... progresso: quanto ancheper la contemporaneità e la velocità concui si sviluppano e diventano «efficaci»,in grado di provocare gli effetti dell’armo-nia sui sensi e sul pensiero.

AnalisideltestoLa natura e la poesia Del complesso ragionamento che Foscolosviluppa in queste pagine dei Princìpi, ab-biamo isolato alcuni momenti decisivi. Inprimo luogo compare l’affermazione chegli uomini hanno bisogno della bellezza eche l’arte, la poesia in particolare, rispondea questo bisogno. L’autore riprende, poi, ilconcetto di imitazione elaborato dal

Neoclassicismo, secondo il quale l’arteimita, sì, la natura, ma rendendo perfettociò che in natura è imperfetto, in quanto ilbello naturale non è mai assoluto ma con-vive col meno bello o addirittura col brutto.Da una parte, quindi, la Natura, la realtàche affligge l’uomo, dall’altra la poesiache «crea... mondi diversi» capaci di con-solare. Lo stesso concetto viene espres-

so col termine di «armonia», nel quale Fo-scolo sintetizza nuovamente la capacitàdell’arte di dar vita a qualcosa di assolu-to che non esiste in natura. La poesia, in-fine, rispetto alle altre arti, ha degli stru-menti in più, poiché può contare sull’ar-monia del suono, della struttura, delle im-magini. Solo la poesia parla nello stessotempo ai sensi, al cuore e alla mente.

lavoraresultestoComprensione

1.Prendi in considerazione le prime righe,nelle quali Foscolo dice che la poesia sod-disfa il bisogno di bellezza degli uomini.Compaiono parole quali attraggono, sen-si, cuore, fantasia. Ritieni che questi termi-ni si riferiscano ad un bisogno astratto, in-

tellettualistico, o ad una esperienza fisica(visiva, auditiva)?2. Rintraccia in altri momenti del discor-so foscoliano l’impiego di parole che ri-conducono il valore della bellezza, dell’ar-monia, della poesia, a esperienze del sen-timento e dei sensi, vale a dire ad un’espe-rienza che, se pure espressa in termini di-

versi, corrisponde alla fruizione che noitutti possiamo avere della musica, dell’ar-te, della poesia.

Analisi1. Con quali sinonimi potresti sostituire iltermine immaginazione che compare neltesto?

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METTI A FUOCO

■ Date ed eventi

1. Nascita e morte di Foscolo.2. Il trattato di Campoformio.3. Anno d’inizio della composizione delle Ultime lettere di Jaco-po Ortis.4. Napoleone istituisce il consolato a vita.5. Anno di pubblicazione delle Poesie.6. La pubblicazione dei Sepolcri.7. Il governo austriaco offre a Foscolo la possibilità di collabora-re alla politica culturale.8. Anni dell’esilio.

LA FIGURA DELL’AUTORE

9. Gli esordi di Foscolo nella società veneziana.10. L’illusione repubblicana e giacobina. Ripercorri le tappeprincipali di questa esperienza.11. Foscolo professore a Pavia.

12. Coerenza o contrasto tra l’immagine di sé stesso come eroeinfelice e le esperienze biografiche.

IL PENSIERO E LE OPERE

13. Collega i temi sottoelencati all’opera foscoliana nella qualetrovano una maggiore espressione.L’eroe infelice ...........................................................................Il tradimento della patria ...........................................................La poesia e la sua funzione etico-civile.....................................14. Sotto quale aspetto il pensiero di Foscolo è erede dell’Illu-minismo?

PREPARA L’INTERROGAZIONE

15. Seguendo i punti elencati nella scaletta, esponi oralmentela concezione della poesia di Foscolo e la sua evoluzione:

a. individualismo e pessimismo della ragione;b. la necessità delle illusioni;c. i concetti di mirabile e passionato;d. la funzione etico-civile della poesia.

VERIFICAintermedia

FoscoloLE OPERE E I TESTI

La struttura Nella storia artistica di Foscolo le Ul-time lettere di Jacopo Ortis occupano un posto diparticolare rilievo. Quando furono pubblicate, nel1802, ebbero un grande successo di pubblico e susci-tarono una vasta eco intorno al giovane autore. Fo-scolo amava questa sua opera al punto che ne curòuna nuova edizione, nel 1816, alla quale aggiunseuna lettera dai toni fortemente antinapoleonici.L’autore finge che il romanzo sia composto da lette-re scritte dal protagonista all’amico Lorenzo Aldera-ni, che le pubblica dopo il suicidio di Jacopo. La scel-ta della struttura epistolare conferisce al protagoni-sta il massimo rilievo: non ci sono altre voci al di fuo-ri di Jacopo e il destinatario delle sue lettere, che hasolo una funzione di «spalla», interviene esclusiva-

mente per rendere comprensibili alcuni salti nel rac-conto. Questa soluzione dà largo spazio alla riflessio-ne del protagonista. Al centro del racconto sta Jaco-po, non la narrazione degli eventi, che siano privatio storici. Il romanzo presuppone una concezione delracconto inteso unicamente come vicenda e ana-lisi di un individuo eccezionale: il riflesso che glieventi storici hanno su di lui è più importante dellastoria stessa. Temi e soluzioni narrative I temi fondamentalidel romanzo sono l’amor di patria e l’amore perTeresa. Entrambi sono amori infelici e, in quanto ta-li, si inscrivono nella più ampia tematica dell’interaopera foscoliana. Jacopo è un eroe isolato, che vive inconflitto con la realtà nella persuasione che tutto è

ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS

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illusione tranne la morte. Egli si dibatte entro questacondizione esistenziale di pessimismo che, però, nonsi traduce in passività: Jacopo sente fortemente i va-lori della bellezza, polemizza con la mediocrità e ilperbenismo borghese, vive l’esaltazione dei forti sen-timenti, la grandezza dell’infelicità; ma proprio perl’eccezionalità del suo animo non può accettare icompromessi che aiutano a vivere e deve di necessitàgiungere al suicidio. Le soluzioni narrative si accor-dano efficacemente con questa tematica poiché lascansione del romanzo in lettere dà spazio a stati d’a-nimo diversi e a volte contrapposti: l’esaltazione perun momento di illusione, la drammaticità della ri-flessione sui destini dell’Italia, la struggente nostal-gia di un ricordo. Tutti questi moti dell’animo, questipensieri, sono racchiusi in una narrazione che findalla prima pagina indica la morte come unica solu-zione liberatoria per il protagonista.Lingua e stile L’esperienza eccezionale di Jacopotrova adeguata espressione in una prosa dai toni al-ti, caratterizzata da scelte lessicali che privilegianotermini «forti», che appartengono prevalentementealla sfera del sentimento, anche se il discorso si rife-risce ad un fatto politico. Non a caso Jacopo usa lestesse parole per esprimere la passione politica equella amorosa, e sono parole che connotano la suavita interiore ai livelli dell’enfasi, dell’eccitazione, diun sentire troppo forte per essere dominato dalla ra-gione. Alle stesse esigenze espressive risponde una

sintassi concitata e caratterizzata da continue varia-zioni di ritmo. Si tratta di un linguaggio lirico in pro-sa, di un modo di raccontare che procede a sobbalzi,seguendo i moti alterni della commozione di Jacopo.La trama La storia raccontata nel romanzo (divisoin due parti) si svolge tra l’ottobre 1797 e il marzo1799 ed è racchiusa in 62 lettere che il protagonista,Jacopo Ortis, indirizza all’amico Lorenzo Alderani.Nella prima parte Jacopo, studente veneziano di sen-timenti democratici e repubblicani, dopo il trattato diCampoformio è costretto ad abbandonare la patria ea rifugiarsi sui Colli Euganei, dove conosce Teresa, fi-glia di un altro rifugiato e già promessa sposa aOdoardo. Nasce così un amore ricambiato ma infeli-ce, che Jacopo tenta inutilmente di soffocare fino aquando la realtà non impone le sue leggi: il matrimo-nio tra Odoardo e Teresa, voluto per ragioni di interes-se, è un impegno cui la fanciulla non può sottrarsi.Comincia così la seconda parte del romanzo, occu-pata quasi interamente sia dal racconto del peregri-nare di Jacopo e dalle riflessioni che i luoghi raggiun-ti e gli incontri sollecitano in lui, sia dall’espressionedelle due passioni che lo consumano, l’amore per lapatria e quello per Teresa. Il giovane torna infine aVenezia per salutare la madre e l’amico Lorenzo e quirivede brevemente Teresa, già sposa. Si uccide la not-te del 25 marzo con un pugnale, dopo aver affidato aLorenzo le sue ultime volontà, tra le quali la preghie-ra che il ritratto di Teresa sia sepolto con lui.

Ultime letteredi JacopoOrtis, parte I

T2 Le prime pagine del romanzoLa finzione narrativa vuole che le lettere di Jacopo siano pubblicate dopo la sua morte dall’amico Lo-renzo, al quale erano indirizzate; pertanto il romanzo si apre con le parole che Lorenzo rivolge al lettoreper spiegare le ragioni che lo inducono a far conoscere la storia infelice dell’amico. Seguono le primelettere di Jacopo, che annunciano la sua condizione di esule e di patriota deluso.

Al lettorePubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciu-

ta; e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime, che ora mi si vietadi spargere su la sua sepoltura1. E tu, o Lettore, se uno non sei di coloro che esigono da-gli altri quell’eroismo di cui non sono eglino2 stessi capaci, darai, spero, la tua compas-sione al giovine infelice dal quale potrai forse trarre esempio e conforto.

Lorenzo Alderani.

1. che ora mi si vieta... sepoltura: anche Lorenzo è esule per ragioni politiche.2. eglino: essi.

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Da’ colli Euganei, 11 ottobre 1797.Il sacrificio della patria nostra è consumato3: tutto è perduto; e la vita, seppure ne4

verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia.Il mio nome è nella lista di proscrizione5, lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chim’opprime mi commetta a chi mi ha tradito?6 Consola mia madre: vinto dalle sue la-grime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più fe-roci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica7, dove, senza perde-re dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tumi fai raccapricciare8, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo,noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’italiani. Per me segua9 che può.Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e lamorte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome saràsommessamente compianto da’ pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; ele mie ossa poseranno su la terra de’ miei padri.

13 ottobre.Ti scongiuro, Lorenzo; non ribattere10 più. Ho deliberato di non allontanarmi da

questi colli. È vero ch’io aveva11 promesso a mia madre di rifuggirmi12 in qualche al-tro paese; ma non mi è bastato il cuore13: e mi perdonerà, spero. Merita poi questa vi-ta di essere conservata con la viltà, e con l’esilio? Oh quanti de’ nostri concittadini ge-meranno pentiti, lontani dalle loro case! perché, e che potremmo aspettarci noi se nonse indigenza e disprezzo; o al più, breve e sterile compassione, solo conforto che le na-zioni incivilite offrono al profugo straniero? Ma dove cercherò asilo? In Italia? terraprostituita premio sempre della vittoria. Potrò io vedermi dinanzi agli occhi coloro14

che ci hanno spogliati, derisi, venduti, e non piangere d’ira? Devastatori de’ popoli, siservono della libertà come i Papi si servivano delle crociate. Ahi! sovente disperando divendicarmi15 mi caccerei un coltello nel cuore per versare tutto il mio sangue fra le ul-time strida della mia patria.

E questi altri?16 – hanno comperato la nostra schiavitù, racquistando17 con l’oroquello che stolidamente e vilmente hanno perduto con le armi. – Davvero ch’io somi-glio un di que’ malavventurati18 che spacciati morti19 furono sepolti vivi, e che poi rin-venuti, si sono trovati nel sepolcro fra le tenebre e gli scheletri, certi di vivere, ma di-sperati del dolce lume della vita20, e costretti a morire fra le bestemmie e la fame. E per-ché farci vedere e sentire la libertà, e poi ritorcela21 per sempre? e infamemente!

ModuloAutore Ugo Foscolo 479

3. Il sacrificio... consumato: le trattativedi Campoformio si conclusero il 17 otto-bre, ma la notizia della cessione di Vene-zia all’Austria era già nota.4. ne: ci.5. lista di proscrizione: l’elenco di coloroche erano condannati all’esilio per la lo-ro partecipazione alla nascita della Re-pubblica democratica veneziana.6. mi commetta... tradito?: mi consegniai francesi, i traditori di Campoformio?7. solitudine antica: il podere paterno suiColli Euganei.8. Tu... raccapricciare: si finge che l’ami-co gli abbia inviato una lettera nella qua-

le dà notizia dei primi provvedimenti con-tro i patrioti. È un espediente che Foscolousa spesso, anche se le lettere di Lorenzonon compaiono nel romanzo.9. segua: accada.10. non ribattere: si finge che Lorenzo in-sista perché Jacopo abbandoni i Colli Eu-ganei per un più sicuro rifugio.11. aveva: avevo; la forma «aveva» dellaprima persona singolare dell’imperfettoera consueta nella lingua del tempo.12. rifuggirmi: rifugiarmi.13. non... cuore: non ne ho avuto il co-raggio; intende il coraggio di sopportareil dolore di allontanarsi ancora di più dal-

la patria, anche se ciò comporta per luidei gravi rischi.14. coloro: i francesi.15. disperando di vendicarmi: poichénon posso sperare di vendicarmi.16. questi altri: gli austriaci.17. racquistando: riconquistando.18. Davvero... malavventurati: sonoproprio come uno di quegli sventurati.19. spacciati morti: dati per morti.20. disperati... vita: senza la speranza dipotere mai rivedere la dolce luce vitale.21. ritorcela: riprendercela.

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480 Secondo Settecento

AnalisideltestoBiografia e trasfigurazione letteraria

«Il sacrificio della patria nostra è consu-mato: tutto è perduto»: inizia con questeaccorate parole la lettera di apertura delromanzo. Il giovane Jacopo, vinto dallelacrime della madre ha lasciato Venezia,per sfuggire alle persecuzioni dei patriotie si è rifugiato sui Colli Euganei in unaproprietà di famiglia. Da lì, nonostante lepressioni dell’amico Lorenzo, deciderà dinon muoversi, benché si tratti di un rifu-gio pericoloso. La prospettiva dell’esilio,di una vita nella condizione di profugo, lospaventa più della morte. Intanto, nella sua solitudine, Jacopo con-suma la delusione per il tradimento deifrancesi, che prima hanno portato la li-bertà, e poi hanno svenduto Venezia aglioppressori austriaci.Nelle prime lettere emerge uno dei temidominanti del romanzo: l’amore per lapatria e il sacrificio dell’esilio. Nell’ope-ra è ben riconoscibile un nucleo autobio-

grafico, in quanto lo stesso Foscolo do-vette lasciare Venezia nel 1797, anche se,a differenza di Jacopo, arruolandosi nel-l’esercito napoleonico, accettò una for-ma di compromesso.Tener conto delle circostanze storiche,oltre che delle vicende private che fannoda sfondo al romanzo, è indispensabile inquanto, fin dalle prime pagine, risultachiaro che ciò che è perduto non è sola-mente la libertà di Venezia, ma l’illusionedi una collaborazione tra intellettuali epotere politico, che era sembrata possi-bile all’indomani della creazione delle Re-pubbliche italiane; da ciò deriva un’ac-centuazione della condizione di «sradi-cato» che caratterizza lo stesso autore.La contaminazione tra vita e letteratura nel-l’Ortis, non deve però ingannarci. L’operanon va letta come un’autobiografia del gio-vane Foscolo, anche se egli ha attinto lar-gamente dalla propria esperienza perso-nale, in quanto Jacopo è un personaggioletterario, una creazione dell’autore.

Di fronte al disinganno di Campoformio,Foscolo lascia Venezia per Bologna e quicerca qualche forma di inserimento; Ja-copo vede come unica soluzione la mor-te, concepita, fin dalle prime pagine, nonsolo come esito negativo, ma come for-ma di sopravvivenza nella memoria e dipossibile ritorno alle radici nella terra deipadri.

Un linguaggio «eccitato»

Caratteristico di tutta l’opera, e già evi-dente nelle prime lettere, è lo stile enfa-tico, quasi oratorio. Si noti la presenza difrasi brevi, secche, intervallate dal fre-quente ricorso alla punteggiatura, l’incal-zare delle interrogazioni retoriche («Madove cercherò asilo? In Italia?»), la pre-senza di antitesi* in funzione persuasiva(«vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’op-prime mi commetta a chi mi ha tradito?»).Più che della pagina di un romanzo sem-bra trattarsi del monologo di un eroe tra-gico.

lavoraresultestoComprensione

1. Perché Foscolo intitola il romanzo Leultime lettere di Jacopo Ortis?2. Chi è Lorenzo Alderani?3. Quali sono gli elementi autobiograficidel romanzo?

Analisi

1. Da quali elementi testuali risulta chiaroche si tratta di un romanzo epistolare?

Sintesi

1. Elenca gli argomenti con i quali Jaco-po sostiene di non aver più ragioni per vi-vere.

Produzione

1. Il sacrificio della patria nostra è consu-mato: tutto è perduto: con queste paroleJacopo annuncia il trattato di Campofor-mio. Per quali ragioni storiche lo definiscesacrificio consumato?2. Trascrivi le espressioni che a tuo pare-re caratterizzano, fin da queste prime pa-gine, il protagonista.

Ultime letteredi JacopoOrtis, parte I

T3 La bellezza e l’amoreDopo l’incontro con Teresa, Jacopo cerca di soffocare l’amore che sta nascendo e per questo si trasfe-risce a Padova, dove rimane un mese sentendosi estraneo e indifferente a tutto. Torna da Teresa e de-cide di non tentare più di reprimere l’amore che sente per la fanciulla. Intanto Odoardo è assente per af-fari e Jacopo, che passa molto tempo con Teresa, ne ottiene un bacio che segna il momento culminan-te dell’esaltazione amorosa del giovane.

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26 ottobre.La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla1; e te ne ringrazio. La trovai seduta mi-

niando il proprio ritratto2. Si rizzò salutandomi come s’ella mi conoscesse, e ordinò aun servitore che andasse a cercar di suo padre. Egli non si sperava3, mi diss’ella, chevoi sareste venuto; sarà per la campagna; né starà molto a tornare. Una ragazzina4 lecorse fra le ginocchia dicendole non so che all’orecchio. È un amico di Lorenzo, le ri-spose Teresa, è quello che il babbo andò a trovare l’altr’jeri. Tornò frattanto il signoreT***5: m’accoglieva famigliarmente, ringraziandomi che io mi fossi sovvenuto6 di lui.Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina, partiva. Vedete, mi diss’egli, ad-ditandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza; eccoci tutti. Proferì, parmi, que-ste parole come se volesse farmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò.Si ciarlò lunga pezza. Mentr’io stava per congedarmi, tornò Teresa: Non siamo tantolontani, mi disse; venite qualche sera a veglia con noi.

Io tornava a casa col cuore in festa. – Che? lo spettacolo della bellezza basta forse adaddormentare in noi tristi mortali tutti i dolori?7 vedi per me una sorgente di vita: uni-ca certo, e chi sa! fatale. Ma se io sono predestinato ad avere l’anima perpetuamentein tempesta, non è tutt’uno?

14 maggio [1798], ore 11.Sì, Lorenzo! – dianzi io meditai di tacertelo – or odilo, la mia bocca è tuttavia rugia-

dosa – d’un suo bacio – e le mie guance sono state innondate dalle lagrime di Teresa.Mi ama – lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso.

14 maggio, a sera.O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un po’

calmato e torno a scriverti. – Teresa giacea sotto il gelso – ma e che posso dirti che nonsia tutto racchiuso in queste parole: Vi amo? A queste parole tutto ciò ch’io vedeva misembrava un riso dell’universo: io mirava con occhi di riconoscenza il cielo, e mi pareach’egli si spalancasse per accoglierci! deh! a che18 non venne la morte? e l’ho invoca-ta. Sì, ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave;le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose s’abbelliva-no allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Glielementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore – ho baciata e ri-baciata quella mano – e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi so-spiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co’ suoi gran-di occhi languenti, mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su lemie – ahi! che ad un tratto mi si è staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorel-la e s’alzò correndole incontro. Io me le sono prostrato, e tendeva le braccia come perafferrar le sue vesti – ma non ho ardito di rattenerla19, né richiamarla. La sua virtù –e non tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva e sento rimor-so di averla io primo eccitata20 nel suo cuore innocente. Ed è rimorso – rimorso di tra-dimento! Ahi mio cuore codardo! – Me le sono accostato tremando. – Non posso esse-re vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con

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1. la divina fanciulla: Teresa, figlia del si-gnore T***, amico di Lorenzo Alderani.2. miniando... ritratto: dipingendo la mi-niatura del suo ritratto; l’occupazione diTeresa riflette una moda ed una consuetu-dine in voga tra le fanciulle aristocratiche.3. non si sperava: non sperava.4. Una ragazzina: Isabellina, sorella di

Teresa.5. il signore T***: anche il padre di Teresaè esule e pertanto la finzione del roman-zo impone che non si riveli il suo nome.6. sovvenuto: ricordato.7. lo spettacolo... dolori?: la domanda in-troduce il tema della bellezza che ha la fa-coltà di rasserenare gli animi; un tema

che s’incontra più volte nell’opera fosco-liana e appartiene alla cultura del tempo.18. a che: perché.19. non ho... rattenerla: non ho osatotrattenerla.20. di averla... eccitata: di averle, per pri-mo, suscitato questa passione.

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cui parea rimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la via, non miguardò più; né io avea più cuore21 di dirle parola. Giunta alla ferriata22 del giardino miprese di mano la Isabellina e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi dopo pochipassi, – addio.

Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de’ suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoicapelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appe-na il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeg-gianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché l’ebbi perduta, tende-va l’orecchio sperando di udire la sua voce. – E partendo, mi volsi con le braccia aper-te, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito.

15 maggio.Dopo quel bacio io son fatto divino. Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio aspet-

to più gajo, il mio cuore più compassionevole23. Mi pare che tutto s’abbellisca a’ mieisguardi; il lamentar degli augelli, e il bisbiglio de’ zefiri24 fra le frondi son oggi più soa-vi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a’ miei piedi; non fuggo piùgli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno25 è tutto bellezza e armo-nia26. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io sdegnando ogni modello terreno la tro-verei nella mia immaginazione. O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai gui-dato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animi generosi che tramandanodalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole conle voci e co’ pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese27: tu raccendi ne’ nostri pet-ti la sola virtù utile a’ mortali, la Pietà28, per cui sorride talvolta il labbro dell’infelicecondannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senzadel quale tutto sarebbe caos e morte29. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata; glianimali, nemici fra loro; il Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzioneuniversale. Adesso che l’anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le miesventure; io rido delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell’avvenire. –O Lorenzo! sto spesso sdrajato su la riva del lago de’ cinque fonti30: mi sento vezzeggia-re la faccia e le chiome dai venticelli che alitando31 sommovono l’erba, e allegrano ifiori, e increspano le limpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente miveggo dinanzi le Ninfe32 ignude, saltanti, inghirlandate di rose, e invoco in lor compa-gnia le Muse33 e l’Amore; e fuor dei rivi che cascano sonanti e spumosi, vedo uscir si-no al petto con le chiome stillanti sparse su le spalle rugiadose, e con gli occhi ridentile Najadi34, amabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il filosofo35. – Or non è tuttoillusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’ baci delle immortali dive delcielo36; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore del-

482 Secondo Settecento

21. cuore: coraggio.22. ferriata: cancello.23. compassionevole: la compassione è ilsegno della solidarietà tra gli uomini, lavirtù somma, l’unica capace di dare con-solazione.24. zefiri: venti primaverili; tutto il perio-do è costruito con materiale della piùconsueta tradizione lirica.25. ingegno: mente, anima.26. bellezza e armonia: armonia e bellez-za sono inscindibili e l’amore le rivela.27. O Amore... imprese: l’Amore, inquanto ha rivelato l’armonia del mondo,

è padre delle arti e ha dato per primo almondo la poesia, l’unico nutrimento de-gli animi generosi che dalla propria soli-tudine fanno giungere fino alle genera-zioni future i loro canti che ispiranograndi imprese. Sono qui sintetizzati dueconcetti fondamentali del pensiero fosco-liano: la poesia è espressione di armoniae celebra i valori più alti dell’uomo.28. Pietà: concetto non dissimile da quel-lo di compassione.29. piacere... morte: il piacere che è fontedi vita per ogni essere vivente, senza il qua-le ci sarebbero solo il caos e la morte; Fosco-lo riprende questo concetto dalla filosofia

del Settecento ma lo ritrovava anche in unpoeta latino a lui molto caro, Lucrezio.30. lago de’ cinque fonti: il luogo già de-scritto in una precedente lettera.31. alitando: spirando dolcemente.32. Ninfe: divinità dei boschi.33. Muse: divinità protettrici delle arti edella poesia.34. Najadi: le ninfe delle fonti.35. il filosofo: vale a dire, la ragione.36. Beati gli antichi... del cielo: nella tra-dizione classica sono numerosi i miti cheriferiscono di unioni tra uomini e divi-nità.

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la divinità su le imperfezioni37 dell’uomo, e che trovavano il BELLO ed il VERO accarez-zando gli idoli della lor fantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vi-ta che nel dolore, o (che mi spaventa ancor più) nella rigida e nojosa indolenza: e sequesto cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e locaccerò come un servo infedele.

ModuloAutore Ugo Foscolo 483

37. imperfezioni: le divinità antiche erano antropomorfe, avevano sembianze umane.

AnalisideltestoLa storia d’amore

La storia d’amore tra Jacopo e Teresa hauno sviluppo narrativo assai scarno: l’in-contro, una gita ad Arquà, alcune ore pas-sate assieme a leggere o a passeggiare, ilbacio, l’addio. La parte più cospicua è in-vece rappresentata da quello che Jacoposcrive del suo amore: dalla confessione diuno stato ora di esaltazione, ora di mestamalinconia, ora di cupa disperazione. ConJacopo si affaccia nella nostra letteratural’amore che sconvolge, che occupa to-talmente l’anima, che ha continuamentebisogno di effondersi in lacrime, parole,gesti irrazionali. Compare anche il tema deldissidio tra sentimento e ragione comeuna delle forme in cui si manifesta il contra-sto tra individuo e società. Ma il tema amo-roso offre soprattutto la possibilità di espri-mere una individualità forte, una capacitàdi sentire che trasporta ogni esperienza adun livello di assoluta eccezione.

L’esaltazione amorosa

Nelle pagine che abbiamo letto Jacopovive un momento di esaltazione; lo spet-tacolo della bellezza, unito alla grazia, èsentito come conforto e oblio dalla vitadolorosa. Compare qui Il tema della «bel-lezza serenatrice» che è uno dei miti del-la poesia foscoliana e che sarà sviluppa-to in particolare nelle Odi.L’amore è teorizzato come forza positiva,capace di mettere Jacopo in uno stato diarmonia con il mondo, ricomponendoquella lacerazione con la realtà che si ècreata dopo il fallimento politico e la disil-lusione ideale. Dalla passione Jacopotrae slancio e vitalità, dall’amore nasconole arti e la poesia, si riaccendono le virtù ebenché l’amore, come le immagini mito-logiche delle Ninfe, delle Muse, delleNaiadi evocate dalla fantasia del poeta,siano riconosciute come illusioni, senzadi esse il mondo sarebbe «caos e morte».

Le illusioni create dal sentimento, incontrasto con ciò che grida il filosofo (laragione), altro non sono se non una via disalvezza necessaria all’uomo, per ren-dere meno amara e crudele la vita, perdare un senso a una realtà che appare al-trimenti dominata unicamente dalla forzae dalla ricerca dell’utile, da un meccani-smo che travolge tutte le cose e pieganell’indolente inattività la volontà degliuomini. Il linguaggio appassionato conil quale Jacopo si esprime segue le oscil-lazioni del suo animo e della sua mente,ora abbandonandosi all’illusione, ora al-lontanandola come non vera. All’esalta-zione che caratterizza la confessione e ilricordo, si contrappone l’immagine tuttaletteraria di Teresa, che nei gesti, neicomportamenti, nelle stesse virtù astrat-te della benevolenza e del pudore cheJacopo le attribuisce, rimane un perso-naggio privo di spessore e di realismo.

lavoraresultestoComprensione

1. Considerando le prime due lettere, ri-costruisci in ordine cronologico ciò cheavviene tra Jacopo e Teresa dal primo in-contro al fatidico bacio.

2. Perché Jacopo, nella lettera del 26 ot-tobre, definisce sé stesso un’anima per-petuamente in tempesta?3. In che modo Jacopo vive la sua espe-rienza amorosa con Teresa?

Analisi

1. Sottolinea nel testo tutte le esclama-zioni e le costruzioni interrogative.2. trascrivi le espressioni più appassiona-te.

Ultime letteredi JacopoOrtis, parte II

T4 Una riflessione senza speranzaNelle sue peregrinazioni per l’Italia, Jacopo giunge a Ventimiglia, al confine con la Francia, dove, secon-do le insistenze dell’amico e della madre, dovrebbe cercare un rifugio più sicuro. Invece, proprio qui, Ja-copo decide di tornare e di morire nella sua patria. La lettera è divisa in due parti; nella prima, che nonriportiamo, Jacopo difende e giustifica la sua decisione di suicidarsi. Compare, anche se appena ac-cennata, la tematica del sepolcro inteso come luogo della memoria della grandezza del passato e co-me stimolo per gli uomini del suo tempo.

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Ventimiglia, 19 e 20 febbraio [1799].Alfine eccomi in pace! – Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura1. Ho vagato per

queste montagne. Non v’è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi2; aspri e li-vidi macigni; e qua e là molte croci che segnano il sito de’ viandanti assassinati. – Làgiù è il Roja3, un torrente che quando si disfanno i ghiacci precipita dalle viscere delleAlpi, e per gran tratto ha spaccato in due questa immensa montagna. V’è un pontepresso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte, e hospinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime ru-pi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell’Alpi altre Alpi dineve4 che s’immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde – da quelle spalan-cate Alpi5 cala e passeggia ondeggiando la tramontana, e per quelle fauci invade il Me-diterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regnotutti i viventi.

I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì sormontati d’ogni parte dalla per-tinace avarizia delle nazioni6. Ove sono dunque i tuoi figli?7 Nulla ti manca se non laforza della concordia. Allora io spenderei gloriosamente la mia vita infelice per te: mache può fare il solo mio braccio e la nuda mia voce? – Ov’è l’antico terrore della tua glo-ria? Miseri! noi andiamo ogni dì memorando8 la libertà e la gloria degli avi, le qualiquanto più splendono tanto più scoprono9 la nostra abbietta schiavitù. Mentre invo-chiamo quelle ombre magnanime, i nostri nemici calpestano i loro sepolcri. E verràforse giorno che noi perdendo e le sostanze, e l’intelletto, e la voce, sarem fatti similiagli schiavi domestici degli antichi, o trafficati come i miseri Negri, e vedremo i nostripadroni schiudere le tombe e disseppellire, e disperdere al vento le ceneri di que’ Gran-di per annientarne le ignude memorie: poiché oggi i nostri fasti ci sono cagione di su-perbia, ma non eccitamento dall’antico letargo10.

Così grido quand’io mi sento insuperbire nel petto il nome Italiano, e rivolgendomiintorno io cerco, né trovo più la mia patria. – Ma poi dico: Pare che gli uomini sienofabbri delle proprie sciagure; ma le sciagure derivano dall’ordine universale, e il gene-re umano serve orgogliosamente e ciecamente a’ destini11. Noi argomentiamo su glieventi di pochi secoli12: che sono eglino13 nell’immenso spazio del tempo? Pari alle sta-gioni della nostra vita mortale, pajono talvolta gravi di straordinarie vicende, le qualipur sono comuni e necessarj effetti del tutto. L’universo si controbilancia14. Le nazio-ni si divorano perché una non potrebbe sussistere senza i cadaveri dell’altra. Io guar-dando da queste Alpi l’Italia piango e fremo, e invoco contro agl’invasori vendetta; mala mia voce si perde tra il fremito ancora vivo di tanti popoli trapassati, quando i Ro-mani rapivano il mondo, cercavano oltre a’ mari e a’ deserti nuovi imperi da devasta-

1. Alfine... sepoltura: allude alle medita-zioni espresse nella prima parte della let-tera e alla decisione di morire.

2. bronchi: sterpi.

3. Roja: torrente che nasce sul col di Ten-da e sfocia vicino a Ventimiglia.

4. imposte... neve: sovrastare le cime(cervici) delle Alpi altre cime coperte dineve.

5. spalancate Alpi: i burroni di cui ha ap-pena detto.

6. sono... nazioni: ma sono ancor oggi va-licati dall’avidità delle nazioni straniere.7. Ove... figli?: è un primo interrogativoche introduce il duro giudizio sulla igna-

via degli italiani, sulla loro incapacità direagire. Questa stessa domanda riecheg-gia nella canzone All’Italia di Leopardi,che aveva in mente la pagina foscoliana.8. memorando: ricordando.9. quanto più... scoprono: quanto più es-se (la libertà e la gloria degli antichi) ri-splendono, tanto più rendono evidente,per contrasto, lo stato di sottomissione acui è sottoposta l’Italia.10. i nostri... letargo: la grandezza delnostro passato genera in noi superbia enon ci stimola a ridestarci dalla ignavia.11. Pare... destini: sembra che gli uomi-ni siano artefici del loro destino, ma nonè così; le sciagure derivano da una legge

universale che li sovrasta e il genere uma-no ubbidisce ciecamente al destino e lo facon orgoglio perché non si rende conto diquesta sua condizione. È l’approdo a unaconcezione pessimistica che lascia dietrodi sé le fiducie del pensiero settecentesco.

12. argomentiamo... secoli: noi ragio-niamo sulla base degli eventi di pochi se-coli.

13. eglino: essi.

14. L’universo si controbilancia: bastaallargare la prospettiva da cui si guardaper rendersi conto che i grandi eventi sicontrobilanciano secondo un equilibriodi azioni e di reazioni.

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re, manomettevano gl’Iddii de’ vinti, incatenavano principi e popoli liberissimi15, fin-ché non trovando più dove insanguinare i lor ferri, li ritorceano contro le proprie vi-scere16. Così gli Israeliti trucidavano i pacifici abitatori di Canaan, e i Babilonesi poistrascinarono nella schiavitù i sacerdoti, le madri, e i figliuoli del popolo di Giuda17.Così Alessandro rovesciò l’impero di Babilonia18, e dopo avere passando arsa gran par-te della terra, si corrucciava che non vi fosse un altro universo. Così gli Spartani trevolte smantellarono Messene19 e tre volte cacciarono dalla Grecia i Messeni che purGreci erano e della stessa religione e nipoti de’ medesimi antenati. Così sbranavansi gliantichi Italiani finché furono ingojati dalla fortuna di Roma. Ma in pochissimi secolila regina del mondo divenne preda de’ Cesari, de’ Neroni, de’ Costantini, de’ Vandali,e de’ Papi. Oh quanto fumo di umani roghi ingombrò il Cielo della America20, oh quan-to sangue d’innumerabili popoli che né timore né invidia recavano agli Europei, fu dal-l’Oceano portato a contaminare d’infamia le nostre spiagge! ma quel sangue sarà undì vendicato e si rovescerà su i figli degli Europei! Tutte le nazioni hanno le loro età21.Oggi sono tiranne, per maturare la propria schiavitù di domani: e quei che pagavanodianzi vilmente il tributo, lo imporranno un giorno col ferro e col fuoco. La Terra è unaforesta di belve. La fame, i diluvj, e la peste sono ne’ provvedimenti della Natura comela sterilità di un campo che prepara l’abbondanza per l’anno vegnente: e chi sa? for-s’anche le sciagure di questo globo apparecchiano la prosperità di un altro.

Frattanto noi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano allasicurezza di chi comanda, e alla paura di chi serve. I governi impongono giustizia: mapotrebbero eglino imporla se per regnare non l’avessero prima violata? Chi ha deruba-to per ambizione le intere province, manda solennemente alle forche chi per fame in-vola22 del pane. Onde quando la forza ha rotti tutti gli altrui diritti, per serbarli posciaa sé stessa inganna i mortali con le apparenze del giusto, finché un’altra forza non ladistrugga. Eccoti il mondo, e gli uomini. Sorgono frattanto d’ora in ora alcuni più ar-diti mortali; prima derisi come frenetici23, e sovente come malfattori, decapitati: che sepoi vengono patrocinati24 dalla fortuna ch’essi credono lor propria, ma che in sommanon è che il moto prepotente delle cose, allora sono obbediti e temuti, e dopo morte dei-ficati. Questa è la razza degli eroi, de’ capisette, e de’ fondatori delle nazioni i quali dalloro orgoglio e dalla stupidità de’ volghi si stimano saliti tant’alto per proprio valore; esono cieche ruote dell’oriuolo25. Quando una rivoluzione nel globo è matura, neces-sariamente vi sono gli uomini che la incominciano, e che fanno de’ loro teschj sgabel-lo al trono di chi la compie. E perché l’umana schiatta26 non trova né felicità né giu-stizia gli Dei si vestirono in tutti i secoli delle armi de’ conquistatori; e opprimono legenti con le passioni, i furori, e le astuzie di chi vuole regnare27.

Lorenzo, sai tu dove vive ancora la vera virtù? in noi pochi deboli o sventurati; innoi, che dopo avere sperimentati tutti gli errori, e sentiti tutti i guai della vita, sappia-mo compiangerli e soccorrerli. Tu, o Compassione28, sei la sola virtù! tutte le altre so-no virtù usuraje29.

ModuloAutore Ugo Foscolo 485

15. quando i Romani... liberissimi: Fosco-lo, qui e in altre pagine, manifesta unaconcezione negativa dell’imperialismo ro-mano.16. li ritorceano... viscere: qui si alludealle guerre civili di Roma.17. Così... Giuda: gli Israeliti hanno oc-cupato con la violenza la Palestina e a lo-ro volta sono stati conquistati con la vio-lenza dai Babilonesi.18. Alessandro... Babilonia: AlessandroMagno, che spinse le sue conquiste fino a

Babilonia.19. Spartani... Messene: fa riferimentoalla lunga guerra condotta dai Dori con-tro la Messenia.20. Oh... America: allude alle stragi dei«conquistadores» in Messico e in Perù.21. hanno le loro età: hanno i momentidi vittoria e quelli di sconfitta.22. invola: ruba.23. frenetici: pazzi.24. patrocinati: favoriti.25. cieche... oriuolo: ingranaggi di un

meccanismo che è governato non da loroma dal destino.26. umana schiatta: la stirpe umana.27. gli Dei... regnare: anche la religioneviene usata come strumento di potere.28. Compassione: è il sentimento di soli-darietà che può unire gli uomini nella con-sapevolezza della comune infelicità [cfr.anche nota 23, p. 482]. Dalla compassio-ne nasce la pietà per il vinto, per i morti, esu essa si fonda una civile convivenza.29. usuraje: interessate.

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Ma mentre io guardo dall’alto le follie e le fatali sciagure dell’umanità, non mi sen-to forse tutte le passioni e la debolezza ed il pianto, soli elementi dell’uomo? Non sospi-ro ogni dì la mia patria? Non dico a me lagrimando: Tu hai una madre e un amico – tuami – te aspetta una turba di miseri, a cui se’ caro, e che forse sperano in te – dove fug-gi? anche nelle terre straniere ti perseguiranno la perfidia degli uomini e i dolori e lamorte: qui cadrai forse, e niuno30 avrà compassione di te; e tu senti pure nel suo mise-ro petto il piacere di essere compianto. Abbandonato da tutti, non chiedi tu ajuto dalCielo? non t’ascolta; eppure nelle tue afflizioni il tuo cuore torna involontario a lui –va, prostrati; ma all’are domestiche31.

O Natura! hai tu forse bisogno di noi sciagurati, e ci consideri come i vermi e gl’in-setti che vediamo brulicare e moltiplicarsi senza sapere a che vivano?32 Ma se tu ci haidotati del funesto istinto della vita sì che il mortale non cada sotto la soma delle sue in-fermità33 ed ubbidisca irrepugnabilmente a tutte le tue leggi, perché poi darci questodono ancor più funesto della ragione? Noi tocchiamo con mano tutte le nostre cala-mità ignorando sempre il modo di ristorarle34.

Perché dunque io fuggo? e in quali lontane contrade io vado a perdermi? dove maitroverò gli uomini diversi dagli uomini? O non presento35 io forse i disastri, le infermità,e la indigenza che fuori della mia patria mi aspettano? – Ah no! Io tornerò a voi, o sa-cre terre36, che prime udiste i miei vagiti, dove tante volte ho riposato queste mie mem-bra affaticate, dove ho trovato nella oscurità e nella pace i miei pochi diletti, dove neldolore ho confidato i miei pianti. Poiché tutto è vestito di tristezza per me, se null’altroposso ancora sperare che il sonno eterno della morte – voi sole, o mie selve, udirete ilmio ultimo lamento, e voi sole coprirete con le vostre ombre pacifiche il mio freddo ca-davere. Mi piangeranno quegli infelici che sono compagni delle mie disgrazie – e se lepassioni vivono dopo il sepolcro, il mio spirito doloroso sarà confortato da’ sospiri diquella celeste fanciulla37 ch’io credeva nata per me, ma che gl’interessi degli uomini eil mio destino feroce mi hanno strappata dal petto.

486 Secondo Settecento

30. niuno: nessuno.31. non t’ascolta... all’are domestiche:poiché il cielo non ascolta, non essendociper Jacopo il conforto della religione, l’ul-tima speranza è la religione degli affettifamiliari.

32. a che vivano?: per quale scopo viva-no, quale senso o utilità abbia la loro esi-stenza.33. sì che... infermità: in modo che l’uo-mo non soccomba sotto il peso delle suedebolezze e dei suoi dolori.

34. ristorarle: sanarle.

35. presento: presagisco, prevedo.

36. sacre terre: Venezia per Jacopo, Zan-te per Ugo.

37. celeste fanciulla: Teresa.

AnalisideltestoIl pessimismo di JacopoLa lettera si apre con la lunga descrizionedi un paesaggio aspro e lugubre: sterpi,rocce e croci in cui si proietta, secondo lasensibilità romantica, lo stato d’animodel protagonista.Alla descrizione fa seguito una medita-zione filosofico-politica sul destino del-l’Italia, sul meccanismo di forza e violen-za che domina la storia delle nazioni, ri-ducendo la Terra a «una foresta di belve»,sull’inutilità di ciò che chiamiamo virtù,sulla creazione di eroi e capipopolo checredono di aver raggiunto il potere per i

propri meriti, mentre sono anch’essi stru-menti di un cieco ingranaggio.A queste desolanti considerazioni fa daspettatrice una Natura malvagia, che,interrogata dal protagonista sul sensodella vita, non risponde.La requisitoria contro l’ottimismo illu-ministico termina con la speranza dellamorte, intesa ancora una volta come pos-sibilità di sopravvivere nel ricordo dei vi-vi: gli amici, compagni di sventura, e ladonna amata.«Le passioni vivono dopo il sepolcro»: èquesto ciò che resta, l’ultima illusione che

si contrappone all’annullamento totale,alla distruzione di tutte le cose: il ricordodel defunto sopravvive solo nella memo-ria dei vivi.La prospettiva dalla quale Jacopo ragio-na è sempre quella di un estremo indivi-dualismo, che tra l’altro permette all’au-tore di mettere insieme tanti pensieri sen-za che questi si dispongano necessaria-mente secondo uno sviluppo logico coe-rente. Eppure il carattere di questa lette-ra è soprattutto filosofico, e ciò si rifletteanche in una maggiore pacatezza di lin-guaggio.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 487

lavoraresultestoComprensione

1. Una delle conseguenze che Jacopotrae dalla sua concezione pessimisticadella storia è l’impossibilità della virtù.Una sola virtù è ancora possibile per gliuomini. Quale?2. La fuga da una realtà tanto crudele èinutile, perché ogni luogo è dominato dal-la violenza delle stesse leggi. C’è un unico

conforto possibile in cui cercare rifugio.Quale?

Analisi

1. Ricostruisci le argomentazioni intro-dotte da Jacopo per dimostrare che lastoria delle nazioni e quella degli uominisono dominate dalla forza e dalla sopraf-fazione.

2. Lorenzo, sai tu dove vive ancora la ve-ra virtù? in noi pochi deboli o sventura-ti... Quale tema viene riproposto in que-sto passaggio delle riflessioni di Jacopo?

Produzione

1. Indica in un breve testo in che modo leriflessioni di Jacopo uniscono il dato per-sonale al giudizio storico-politico.

Composizione Con il titolo Poesie Foscolo pub-blicava nel 1803 una piccola raccolta formata dadue odi* (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, giàpubblicata nel 1800, e All’amica risanata) e dodicisonetti*, tre dei quali, quelli definiti «maggiori», finoa quel momento inediti. Nei testi della raccolta com-paiono caratteri di forte originalità e trova realizza-zione una poesia che riassume in sé il mirabile e ilpassionato [s p. 474], vale a dire l’idea di poesiache lo scrittore aveva elaborato in quegli anni. Lapubblicazione venne curata dallo stesso autore, checon questa edizione dei suoi versi intese, secondo lesue parole, «rifiutare tutti gli altri da me per vanitàgiovanile già divolgati».Struttura e temi Incontrando, dopo aver lettol’Ortis, questi testi, e in particolare i sonetti «mag-giori»che qui antologizziamo, si rimane innanzitut-to colpiti dalla diversità con cui gli stessi temi del ro-manzo si realizzano in poesia. L’amore infelice, ladelusione di fronte a un presente che spegne ognisperanza di grandezza, l’esilio, la nostalgia della pa-tria e degli affetti, l’esaltazione della bellezza e dellapoesia sono alcuni dei temi comuni all’Ortis e ai so-netti, ma in questi ultimi invece di essere declamaticon l’enfasi del romanzo, sono distanziati in unacontemplazione che li riconduce entro un atteggia-mento di riflessione. La voce che parla nei sonettinon riproduce più il lamento, le lacrime, lo sdegno,la disperazione di Jacopo; esprime piuttosto la dolo-

rosa constatazione che quegli stessi mali appar-tengono al destino dell’uomo. Ciò non rendemeno incisivo il carattere autobiografico dei sonet-ti rispetto all’Ortis, piuttosto lo approfondisce, fa-cendone la condizione esistenziale che conferisceverità alla riflessione. In questo modo Foscolo intro-duce contenuti impegnativi, mostrando di conside-rare la poesia una voce alta, un’espressione che in-veste la vita più intima dell’autore ed è pertanto le-gata alla verità e all’autenticità dei grandi temi. Lingua e stile Lo scrittore sente la necessità distaccarsi dalla tradizione di una poesia costruita se-condo ritmi armoniosi, melodie facili e cantabili, perrecuperare invece al ritmo* la funzione espressiva dipotenziamento e creazione di significati. Si tratta diuna poesia percorsa da forti tensioni formali. Il ritmosupera sistematicamente la misura del verso con fre-quentissimi enjambement*; l’andamento stesso del-l’endecasillabo* trova soluzioni diverse e insolite nel-la successione degli accenti; la sintassi è complessa eha andamenti assai vari. L’altro carattere che si impone all’attenzione del let-tore è l’uso delle immagini. Foscolo le ritiene unacomponente essenziale del linguaggio poetico: nel-le sue poesie le immagini sono solitamente isolate,poste in forte rilievo, poiché tendono ad assumeresignificati simbolici e a presentarsi come nuovi miticarichi di significato, così come lo erano i miti del-l’antichità.

POESIE

Poesie, Sonetti, I

T5 Alla sera Scritto negli ultimi mesi del 1802, il sonetto riprende un tema caro alla tradizione della poesia lirica: l’in-vocazione del sonno che porta oblio e pace. Negli anni in cui Foscolo scriveva questi versi, erano di mo-

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da i temi notturni introdotti dai poeti inglesi, che furono accolti con successo anche in Italia, ma il nostroautore, più che alle suggestioni di questa poesia, sembra attingere alla memoria dei poeti latini e di quel-li italiani del Cinquecento.Metro: sonetto con rime che seguono lo schema ABAB, ABAB; CDC, DCD.

Forse perché della fatal quïetetu sei l’immago a me sì cara vienio Sera! E quando ti corteggian liete

4 le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïetetenebre e lunghe all’universo menisempre scendi invocata, e le secrete

8 vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensieri su l’ormeche vanno al nulla eterno; e intanto fugge

11 questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;e mentre io guardo la tua pace, dorme

14 quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

1-2. Forse... immago: forse perché tu seil’immagine della pace che ci è destinatadal fato, cioè la morte; l’uso di quïete perdire morte è di derivazione classica.3-8. E quando... tieni: sia quando ti ac-compagnano come in un corteo festoso(ti corteggian liete) le nubi estive e le brez-ze di una giornata serena, sia quandoconduci sulla terra (all’universo meni) dalcielo nevoso notti lunghe che danno in-quietudini e timore, sempre giungi da meinvocata e occupi (o percorri) dolcemen-te le vie più intime del mio cuore. I versiriecheggiano immagini del poeta latino

Virgilio: «Insomma, cosa porti il tardo ve-spero, di dove il vento sospinga le nubi delbel tempo, cosa prepari l’Austro piovoso»(Georgiche, I, 461-462). Innumerevoli lememorie poetiche sulle quali nascono lealtre immagini; ad esempio l’invocazionealla notte, il motivo delle lunghe notti chela sera porta agli uomini dall’universo.9-10. Vagar... eterno: mi fai andare colpensiero verso la strada (orme) che con-duce alla meditazione sul nulla eterno.10-12. e intanto... si strugge: e intantotrascorre questo tempo malvagio, colpe-vole (reo) di darmi il dolore in cui vivo, e

insieme a lui si allontanano, passano, imolti e affannosi pensieri (le torme dellecure) in mezzo ai quali (onde) esso (il tem-po) si consuma (si strugge) insieme conme. Foscolo intende dire che il tempo,scorrendo, consuma sé stesso e contem-poraneamente gli affanni del poeta, con iquali lo affligge distruggendo la sua vita;per il fatto che il tempo è portatore di af-fanni, il poeta lo definisce colpevole.13-14. e mentre... rugge: e mentre con-templo la tua pace, o sera, si acquietaquello spirito travagliato dalle passioniche mi ruggisce dentro.

AnalisideltestoLa sera come immagine della morte

Nella prima parte del sonetto si annunciail tema della morte, identificata nella se-ra, che il poeta descrive in due differentimomenti stagionali. Nella seconda parteil poeta chiarisce perché la sera, in quan-to immagine della morte, gli sia cara equasi invocata. La morte rappresenta in-fatti l’annullamento dei conflitti interiori,il superamento delle sofferenze («le tor-me delle cure»). Essa è intesa, secondola concezione materialistica della vita,come approdo al «nulla eterno», comeraggiungimento di una pace interiore incui finalmente si placa «quello spirto

guerrier ch’entro mi rugge». Il tema dellasera, che racchiude in sé quello del flui-re del tempo verso la morte, non è cer-to nuovo nella nostra tradizione lettera-ria; tuttavia Foscolo ne dà una interpre-tazione inedita, soprattutto perché l’in-vocazione alla sera come immagine del-la morte che si conclude con una espli-cita dichiarazione di materialismo, an-nulla la possibilità di vedere nella sera ilmomento dell’oblio, della consolazioneche nasce da una temporanea sospen-sione degli affanni, vale a dire i senti-menti che più solitamente erano espres-si dal tema. Inoltre sono del tutto assen-ti la nostalgia, la meditazione sulla vanità

delle cose umane che accompagnavanotradizionalmente l’immagine dello scor-rere del tempo.

L’andamento ritmico e le scelte lessicali

Il sonetto presenta una struttura formalearmonica organizzata in due blocchitematici e sintattici, conclusi dal pun-to, che corrispondono alle due quarti-ne* e alle due terzine*. La sintassi e l’u-so frequente degli enjambements* (bennove) creano un andamento ritmico am-pio, che tende a dominare i contenutidrammatici del testo. Il lessico* è carat-terizzato dalla ricerca dell’espressione

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lavoraresultestoComprensione

1. Perché Foscolo definisce reo il tempoin cui vive? A quale contesto storico si ri-ferisce?

Analisi

1. Nei versi 1-2 il poeta definisce la sera

fatal quïete. Di che figura retorica si tratta?2. I temi principali del sonetto, la pacedella sera e il tormento interiore, sonosottolineati anche dagli effetti fonici delleparole. Verifica quali vocali prevalgononelle prime due quartine, quali consonan-ti nelle due terzine, e che effetto produco-no.

Produzione

1. Il sonetto si chiude con un verso nelquale la ripetizione della lettera r vuolesottolineare il significato del verso stesso.Commenta brevemente.

Poesie, Sonetti, IX

GUIDAall’AnalisideltestoT6 A Zacinto

Composto tra l’agosto del 1802 e i primi mesi del 1803, il sonetto è dedicato a Zacinto, l’isola nataleda cui il poeta si sente diviso per sempre. Ma la celebrazione della terra natìa è per Foscolo un puntod’incontro di molte esperienze: gli affetti, l’esilio, il rapporto con la cultura classica vissuto come par-te significativa della propria vita, come eredità che lo aiuta a vivere e a capire il presente. Compaionoanche qui le immagini del sepolcro e appare, inoltre, il mito di Ulisse, personaggio che in Foscolo èassunto come mito per eccellenza della condizione dell’esule.Metro: sonetto con rime che seguono lo schema ABAB, ABAB; CDE, CED.

1 Né più mai toccherò le sacre sponde2 ove il mio corpo fanciulletto giacque,3 Zacinto mia, che te specchi nell’onde4 del greco mar da cui vergine nacque

5 Venere, e fea quelle isole feconde6 col suo primo sorriso, onde non tacque7 le tue limpide nubi e le tue fronde8 l’inclito verso di colui che l’acque

9 cantò fatali, ed il diverso esiglio10 per cui bello di fama e di sventura11 baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

12 Tu non altro che il canto avrai del figlio,13 o materna mia terra; a noi prescrisse14 il fato illacrimata sepoltura.

sintetica che fissa nell’immagine, nel-l’aggettivo, un contenuto di pensiero edi esperienza. Ad esempio «fatal quïe-te», «inquïete tenebre», «reo tempo», so-

no qualificazioni assolute di una condi-zione di vita che Foscolo presenta comeimmutabile, vista appunto nella prospet-tiva del nulla eterno. Elaborata anche la

tessitura dei suoni: si noti ad esempio laripetizione della lettera «r» (allitterazio-ne*), che richiama la tormentata interio-rità del poeta.

1-11. Né più mai... Ulisse: il lungo perio-do va così ricostruito e inteso: Non toc-cherò mai più le tue sacre rive dove il miocorpo, nell’infanzia, riposò in culla, o miaZacinto (oggi Zante), che ti specchi nelleonde del mare greco nel quale nacquegiovinetta (vergine) Venere, che rendevafertili quelle isole col suo primo sorriso,per cui (onde) celebrò (non tacque) il tuocielo (limpide nubi) e la tua natura verde (letue fronde) l’illustre poesia (inclito verso) dicolui (Omero) che cantò le peregrinazioniper mare volute dal destino (acque... fatali),e l’errare in luoghi diversi (diverso esiglio)grazie al quale Ulisse, reso illustre dalla fa-ma e dalla sventura (bello di fama e di sven-tura), giunse a baciare la sua Itaca petrosa.Secondo il mito Venere nacque dalla spu-ma del Mar Ionio e successivamente fu so-spinta da Zefiro verso Cipro. Omero è quiindicato come autore dell’Odissea e quindicome il poeta che ha cantato il lungo viag-gio, contrastato dagli dèi, di Ulisse verso lasua patria, l’isola di Itaca. L’aggettivo di-verso (v. 9) è un latinismo col significato di«sospinto or qua or là»; l’espressione sitrova anche in Virgilio (Eneide, III, 4), ed è

pronunciata da Enea: «diversa exsilia». Ilgesto di Ulisse che bacia la sua terra è nel-l’Odissea (XIII, 353-354): «Allora gioìOdisseo costante, glorioso / salutando lapatria, baciò le zolle dono di biade». An-

che Omero chiama Itaca «irta di sassi».12-14. Tu non altro... illacrimata sepol-tura: tu, o terra che mi sei madre, avraisoltanto il canto del tuo figlio; a me il fatoha destinato una sepoltura senza lacrime.

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L’analisi verrà condotta seguendo questo schema:

1. Comprensione del testoa. Lessico2. Aspetti principali del testoa. Metro, ritmo, suonob. Il ruolo ritmico-espressivo della sintassi3. Approfondimentia. Il tema dell’esiliob. L’eroe infelice

1. Comprensione del testo a. LessicoFocalizziamo l’attenzione su alcune parole o espres-sioni che hanno un rilievo particolare nel testo:

v1. Né più mai: la triplice negazione, superflua dal pun-to di vista logico, ha un forte valore espressivo; infatti:

● la ripetizione rende più intensa la negazione;● la negazione iniziale Né sembra la ripresa di un di-scorso precedente che continua, ma che è taciuto allettore;● più mai, che non vanno lette come semplice inversio-ne di «mai più» ma come due negazioni autonome:esprimono prima l’allontanamento, la nostalgia di unpassato che non tornerà (più) e poi la consapevolezzaineluttabile del distacco definitivo (mai).

v1. toccherò: il verbo introduce il tema della terra na-tale in termini di una forte affettività che si esprime sim-bolicamente nel desiderio di un contatto fisico con laterra madre.v1. sacre sponde: la patria lontana, prima di comparirenel testo col nome proprio, è chiamata sacre sponde:

● sacre come anticipazione del mito di Venere nata inquel mare, ma anche come sottolineatura affettiva; ● sponde perché si tratta di un’isola, ed è importanteche ciò venga detto subito poiché l’impossibile ritornoin patria del poeta deve essere legato al ritorno di Ulis-se nella sua patria, l’isola di Itaca. Inoltre il terminesponde annuncia il motivo del mare, un elemento de-cisivo nella geografia mitica del sonetto.

v2. il mio corpo... giacque: il verbo «giacere» evoca di-versi significati; da una parte il giacere del corpo riman-da al una condizione di morte, dall’altra anche il bimbonelle braccia della madre «giace» e il contesto della poe-sia comprende l’idea della terra madre che ha accoltol’infante ma non accoglierà le spoglie del poeta.

v7. limpide nubi: l’aggettivo suggerisce la trasposizio-ne di un attributo proprio dell’acqua al cielo sereno diZacinto.vv8-9. acque... fatali... diverso esiglio: l’aggettivo fa-tali racchiude l’interpretazione della figura di Ulisse ra-mingo per l’opposizione del fato; diverso esiglio ricor-da, come abbiamo segnalato in nota, un verso virgilia-no pronunciato da un altro esule famoso, Enea, che hadovuto fuggire da Troia. v10. bello di fama e di sventura: le due determinazio-ni (di fama e di sventura ) con valore causale, unisconostrettamente i concetti di fama e di sventura, entrambeportatrici di bellezza. Questi significati si iscrivono neltema caro a Foscolo dell’eroe infelice.

Segnaliamo infine alcuni termini che appartengonoalla tradizione alta del linguaggio lirico come l’aggetti-vo inclito (inclito verso v. 8); «cantare» nel significato di«far poesia» (cantò v. 9 e canto v. 12), e prescrisse (alv. 13) nel significato di «impose».

2. Aspetti principali del testo

a. Metro, ritmo, suonoL’invenzione fondamentale di questo sonetto sta nellaforte tensione che Foscolo crea tra metro e ritmo valea dire in una costruzione nella quale il ritmo creato dallasintassi non coincide con le misure del verso e dellestrofe. Il dato più vistoso è la scansione in due periodiassai diseguali, il primo che comprende i vv. 1-11, il se-condo i vv. 12-14. È una scelta che non solo contrastacon la regolarità e la tradizione del sonetto ma che va ol-tre; infatti Foscolo non tiene conto della naturale divisio-ne in due momenti segnati dal passaggio dalle quartinealle terzine ma preferisce una struttura assai differenteed audace che si fonda su un lunghissimo crescendorispetto al quale la terzina finale risulta isolata. Le dueparti, in relazione alla diversità dei temi, hanno anche unandamento ritmico del tutto differente.

I primi 11 versi sono caratterizzati da un continuo rin-novarsi della spinta dinamica che accompagna lo svi-luppo tematico; di conseguenza le misure metriche delverso sono sempre travalicate dagli enjambements*. Inparallelo il ritmo dei versi tende ad assumere misureassai ampie costruite su alcune pause poste all’iniziodei versi 3, 5, 9 («Zacinto mia», «Venere», «cantò fata-li»), dopo le quali ogni volta il ritmo cresce e aumentala cadenza. Il lunghissimo periodo ritmico-sintatticoculmina nell’affermazione del verso 11 («baciò la suapetrosa Itaca Ulisse») che ha un forte carattere conclu-sivo sia per l’enjambement che mette in rilievo il predi-cato («baciò»), sia per la posizione del soggetto stesso

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(«Ulisse»), che giunge dopo l’aspettazione creata dalverso precedente («bello di fama e di sventura», v. 10).

Nella seconda sequenza (vv. 12-14) infine, la tensio-ne ritmica si scioglie, per lasciare spazio all’apostroferivolta a Zacinto, la terra perduta d’origine: l’invocazio-ne «o materna mia terra» (v. 13) divide in due tempi rit-mici, ognuno concluso in sé, le due affermazioni. Que-sto deciso mutamento ritmico ha la funzione di rende-re ineluttabile e definitiva la conclusione.

b. Il ruolo ritmico-espressivo della sintassiUn elemento decisivo del ritmo, oltre che della costru-zione del significato, è l’organizzazione sintattica; i pri-mi 11 versi sono occupati da un solo lungo periodo che,escludendo ogni premessa, imbocca decisamente il to-no solenne. La recisa negazione iniziale, seguita dall’in-vocazione, costituisce la proposizione principale, dopola quale il periodo si snoda attraverso una serie di nessiprevalentemente relativi (v. 2 «ove», v. 3 «che», v. 5 «e»,v. 6 «onde», v. 8 «di colui che», v. 10 «per cui») che lega-no strettamente le dipendenti fra loro. Il rapporto sintat-tico di subordinazione determina uno sviluppo nel qua-le ogni successiva dilatazione del discorso nasce dal-l’affermazione precedente, in modo da creare una spi-rale logica che delude ogni volta l’aspettativa del letto-re di una conclusione. L’effetto di tensione, di sospen-sione e di attesa creato da questa organizzazione delperiodo è cercato anche entro le singole proposizioni,con la posposizione del soggetto e delle vocazioni: «Népiù mai toccherò... Zacinto mia» (vv. 1-3); «vergine nac-que / Venere» (vv. 4-5); «non tacque... l’inclito verso» (vv.6-8); «baciò la sua petrosa Itaca Ulisse» (v. 11).

Del tutto diversa la sintassi dell’ultima terzina, che al-linea due affermazioni che devono suonare ineluttabili,come prosciugate nella forma di responsi, di sentenzestabilite dal fato. Ma con la terzina finale Foscolo inten-de anche ritornare ai primi versi e chiudere così il com-ponimento entro una struttura circolare. Riprendequindi il tema da cui è partito, e cioè l’impossibile ulti-mo ritorno a Zacinto, costruendo contemporaneamen-te una trama di parallelismi che legano, anche a livellodi forma, i primi con gli ultimi versi: l’attacco affidato aisuoni monchi di monosillabi o bisillabi («Né più mai», v.1; «Tu non altro», v. 12), l’uso del futuro («toccherò», v.

1; «avrai», v. 12), la ripetizione della vocazione («Zacin-to mia», v. 3; «o materna mia terra», v. 13), e lo stessocambio del pronome, dall’io che domina i primi dueversi al «Tu» che apre il v. 12.

3. Approfondimenti

a. Il tema dell’esilio Il tema dell’esilio e della sepoltura in terra straniera, chepercorre l’intera opera foscoliana, in questo sonetto sisviluppa attraverso una successione di rievocazioni delmondo classico. L’insieme di riferimenti mitologici,però, non ha un significato ornamentale, come in altricomponimenti neoclassici, ma si lega al vissuto delpoeta: lo rivelano i vv. 9-11, nei quali si stabiliscono irapporti di somiglianza e differenza tra Zacinto-Itaca,Foscolo-Ulisse, Foscolo-Omero.

La figura di Ulisse, l’eroe classico, sta al centro delleevocazioni del sonetto e viene interpretato come eroedell’esilio che ha concluso la sua parabola nel momen-to in cui è riuscito a tornare a Itaca. L’equivalenza tra Ulis-se e il poeta diventa esplicita, sotto forma di opposizio-ne, nella terzina finale: «Tu non altro che il canto avrai delfiglio». Foscolo, l’eroe romantico, non potrà rivedere lasua patria, Zacinto, poiché l’esperienza dell’esilio cheaccomuna i due protagonisti, non ha lo stesso esito: nelprimo caso il fato concede a Ulisse il ritorno, nel secon-do lo nega. Omero potrà quindi cantare il ritorno di Ulis-se, mentre a Foscolo, cantore del non-ritorno, non re-sterà che il canto, cioè la poesia, a sostituire e risarcire ilmancato ricongiungimento con la «materna... terra».

b. L’eroe infelice Nel tema del destino avverso, così come in quello del-l’eroe esule ed errante, possiamo rintracciare la condi-zione del personaggio romantico in lotta contro ilmondo, contro una società che non corrisponde agliideali e alle aspirazioni dell’io. Dalla sofferenza, dallalotta contro il destino avverso, l’eroe antico traeva an-che la sua superiorità rispetto all’uomo comune; Ulis-se baciava la sua terra «bello di fama e di sventura»;Foscolo solo dalla poesia può trarre la consolazione diun parziale ricongiungimento con la patria.

Poesie, Sonetti, X

T7 In morte del fratello GiovanniIl sonetto, composto tra il 1802 e il giugno del 1803, è dedicato alla memoria del fratello Giovanni Dio-nigi, morto a Venezia l’8 dicembre del 1801. Anch’egli arruolato nell’esercito della Cisalpina, forse si eraucciso per debiti di gioco, oppure, come ebbe a scrivere lo stesso Foscolo in una lettera al poeta Vin-

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cenzo Monti, «morì d’una malinconia lenta, ostinata, che non lo lasciò né mangiare né parlare per qua-rantasei giorni». Il sonetto, che più di ogni altro testo poetico foscoliano è legato all’esperienza biogra-fica dell’autore, è anche quello più ricco di reminiscenze letterarie, a partire dalla stessa genesi del com-ponimento. Nato certo in relazione all’evento tragico che ha colpito il poeta, esso riflette, però, anche lasuggestione della lettura di tre elegie scritte dal poeta latino Catullo (I sec. a.C.) in memoria del fratellomorto, e delle quali Foscolo parla in un’opera di traduzione che appartiene a quegli stessi anni. I versifoscoliani riecheggiano, comunque, anche altri poeti, fra i quali Virgilio e Petrarca.Metro: sonetto con rime che seguono lo schema ABAB, ABAB; CDC, DCD.

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendodi gente in gente, me vedrai sedutosu la tua pietra, o fratel mio, gemendo

4 il fior de’ tuoi gentili anni caduto.

La Madre or sol suo dì tardo traendoparla di me col tuo cenere muto,ma io deluse a voi le palme tendo

8 e se da lunge i miei tetti saluto,

sento gli avversi numi, e le secretecure che al viver tuo furon tempesta,

11 e prego anch’io nel tuo porto quïete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!Straniere genti, almen le ossa rendete

14 allora al petto della madre mesta.

1-4. Un dì... caduto: un giorno, se io nonandrò sempre esule di popolo in popolo,mi vedrai seduto sulla tua tomba, o fra-tello mio, a piangere la tua giovinezza(gentili anni) troncata. Un poeta latino delI secolo a.C., Tibullo, suggerisce a Fosco-lo il gesto del sedersi sulla tomba del fra-tello: «fuggirò alla tua tomba e sederòsupplice», mentre la metafora del fiore re-ciso, per alludere alla morte in giovaneetà, si legge nell’Eneide di Virgilio (IX,435-436): «così il fiore che l’aratro ha ta-gliato languisce morendo», ma è presen-te anche in Tibullo e poi in Petrarca.5-6. La Madre... muto: ora la madre, allaquale non resta che trascinare il peso del-la sua vecchiaia (or sol suo dì tardo traen-do), parla di me con le tue spoglie mute.

Nella poesia di Catullo di cui Foscolo par-la (carme CI) si legge: «Per molte genti eper molti mari condotto, sono giunto, ofratello, a questo triste rito, perché ti dessiil dono estremo dovuto alla morte e par-lassi, inutilmente, alla tua cenere muta».7-8. ma io... saluto: ma io tendo invanole mani (deluse... palme) verso di voi e seda lontano saluto la mia patria. Tetti, cheindica i luoghi, cioè Venezia, dove si tro-va la madre, è una sineddoche* (in que-sto caso la parte, i tetti, indica il tutto, lacittà di Venezia). Ancora una reminiscen-za virgiliana, quella dell’estremo gestocon cui nelle Georgiche (IV, 498) Euridicesaluta Orfeo che l’ha persa per sempre: «etendo verso di te – ahi non più tua – le ma-ni senza forza», un gesto rituale che ripe-

te anche Anchise quando nell’Eneide (VI,685) vede il figlio Enea giunto negli Infe-ri: «protese vivacemente ambedue le pal-me».9-11. sento... quïete: sento le avversitàdel destino e gli intimi travagli (cure è unlatinismo) che tormentarono la tua vita,e invoco anch’io la pace nel tuo stessoporto, cioè la morte.12. Questo... resta!: questo soltanto oggimi resta di tanta speranza! Eco del versopetrarchesco «questo m’avanza di cotan-ta spene» (Canzoniere, CCLXVIII, 32).13-14. Straniere... mesta: o genti stra-niere, quando ciò avverrà, rendete alme-no il mio corpo al petto della madre do-lente.

AnalisideltestoIl tema autobiografico

La prima quartina del sonetto introduce itemi dominanti: il tema dell’esilio e quel-lo della morte, collegati fra loro dalla rimatra i gerundi («fuggendo»,«gemendo»).La presenza ripetuta di pronomi persona-li e aggettivi possessivi mette in risalto i

due protagonisti: l’«io» del poeta, che do-mina i primi versi e l’immagine del fratel-lo, del quale si piange la prematura scom-parsa. Nella seconda quartina un terzo perso-naggio, la madre, si pone come elemen-to di unione tra i due. È l’immagine di una

donna sola e stanca che riunisce nellasua figura gli affetti e le memorie della fa-miglia, al di là dell’esilio e della morte.Nella prima terzina la personale vicendadi sradicamento, di eroe senza patria,tormentato da un destino avverso si ricol-lega nuovamente a quella del fratello de-

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ModuloAutore Ugo Foscolo 493

lavoraresultestoComprensione1. Sottolinea nel testo le azioni e i senti-menti attribuiti ai vari personaggi: io-Fo-scolo, fratello, madre, straniere genti. Evidenzia poi sul tuo quaderno il sistemadei personaggi, secondo lo schema: sog-getto, sentimenti, azioni.

Analisi

1. Il rapporto tra il destino del poeta e

quello del fratello è stabilito attraverso il ri-corso ad alcune metafore*: tempesta,porto, quïete. A partire dal significato let-terale di queste parole, spiega il valore cheassumono nel testo.2. Dal sonetto emerge, insieme al com-pianto per il fratello, l’immagine che il poe-ta vuole dare di sé stesso, secondo la ti-pologia dell’eroe romantico. Quali temiemergono? Li hai già incontrati in altreopere di Foscolo?

Produzione

1. La figura della madre assume nel testoun significato che va al di là del dato bio-grafico. Rifletti sul valore simbolico diquesta figura.

funto, realizzando quasi una compene-trazione tra i due destini, sottolineata, an-cora una volta, dalle frequenti ripetizionidi pronomi personali e aggettivi posses-sivi: «viver tuo», «anch’io», «tuo porto».Il componimento si chiude con l’immagi-ne della madre addolorata, alla quale ilpoeta spera siano restituite almeno le os-sa. Il ritorno in patria, impossibile in vita,si potrà attuare nella morte, intesa comeapprodo alla pace, a un porto di quiete,dopo gli affanni della vita.

La memoria letteraria

Un elemento caratterizzante del sonetto èla presenza di molte reminiscenze lette-

rarie, vere e proprie citazioni di poeti lati-ni. In primo luogo un carme del poeta lati-no Catullo (vissuto nel I sec. a.C.), nel qua-le il poeta si rivolge al fratello morto e gli di-ce che dopo aver a lungo vagato per terrae per mare, è giunto alla sua tomba percompiere il rito della pietà dovuto ai defun-ti. Nei versi latini compaiono espressioniche Foscolo riprende con puntualità, adesempio: «per molte genti e per molti ma-ri condotto, son giunto, o fratello, a que-sto triste rito, perché ti dessi il dono estre-mo dovuto alla morte e parlassi, inutil-mente, alla tua cenere muta». Anche lametafora* del fiore reciso, presente in Vir-gilio e in Petrarca, è una citazione classi-

ca, e così il gesto di tendere le mani perun estremo saluto. Foscolo utilizza quin-di delle immagini, degli aggettivi attintidai classici, ma li colloca entro significatidiversi. Non si tratta solo della predilezio-ne per parole e immagini poetiche resepiù belle e nobili dalla grande tradizioneclassica, ma di un procedimento per ilquale quelle parole e quelle immagini di-vengono nutrimento della nuova sensibi-lità del poeta moderno. Non siamo difronte a un classicismo utilizzato comeelemento di forma, ma a una adesione, aun amore per i testi del passato che di-ventano un autentico nutrimento dell’e-sperienza del poeta.

Poesie, Odi

T8 All’amica risanataFoscolo scrisse quest’ode tra la primavera del 1802 e l’aprile del 1803; con essa intendeva salutare laguarigione di Antonietta Fagnani Arese che dopo un lungo periodo di malattia ritornava alla vita con-sueta, ma il dato occasionale è presto travalicato da uno sviluppo tematico che si risolve in inno ed esal-tazione della bellezza e della poesia.Metro: ode composta di 16 strofe ciascuna formata da sei versi (cinque settenari e un endecasillabo);il secondo e il quarto settenario sono sdruccioli, gli altri piani. Le rime seguono lo schema abacdD.

Qual dagli antri marinil’astro più caro a Venereco’ rugiadosi crinifra le fuggenti tenebre

5 appare, e il suo viaggio

orna col lume dell’eterno raggio,

Sorgon così tue divemembra dell’egro talamo,e in te beltà rivive,

1-12. Qual... mortali: le due strofe svilup-pano un paragone tra la stella Luciferoche sorge dal mare e l’amica risanata. Co-me (Qual) il pianeta Venere (la stella piùcara a Venere, e cioè quella che ha il suo

stesso nome) appare al mattino fra le te-nebre che stanno dileguandosi (fuggentitenebre) con i suoi raggi cosparsi di rugia-da come fossero capelli (rugiadosi crini) eadorna il suo cammino con la luce che

viene dal sole (eterno raggio) (oppure: ornanel suo cammino il cielo col lume del suoeterno splendore), allo stesso modo il tuocorpo divino sorge dal letto dove è giaciu-to durante la malattia (dall’egro talamo:

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494 Secondo Settecento

10 l’aurea beltate ond’ebberoristoro unico a’ malile nate a vaneggiar menti mortali.

Fiorir sul caro visoveggo la rosa, tornano

15 i grandi occhi al sorrisoinsidiando; e veglianoper te in novelli piantitrepide madri, e sospettose amanti.

Le Ore che dianzi meste20 ministre eran de’ farmachi,

oggi l’indica veste,e i monili cui gemmanoeffigiati Deiinclito studio di scalpelli achei,

25 E i candidi coturni e gli amuleti recanoonde a’ cori notturnite, Dea, mirando obblianoi garzoni le danze,

30 te principio d’affanni e di speranze.

O quando l’arpa adornie co’ novelli numerie co’ molli contornidelle forme che facile

35 bisso seconda, e intantofra il basso sospirar vola il tuo canto

Più periglioso; o quandoballi disegni, e l’agilecorpo all’aure fidando

40 ignoti vezzi sfuggonodai manti, e dal neglettovelo scomposto sul sommosso petto.

All’agitarti, lentecascan le trecce, nitide

45 per ambrosia recente,mal fide all’aureo pettinee alla rosea ghirlandache or con l’alma salute april ti manda.

Così ancelle d’Amore50 a te d’intorno volano

invidïate l’Ore,

per metonimia, dal letto della malattia) ein te ritorna a splendere la bellezza, quel-la preziosa (aurea) bellezza grazie alla qua-le ebbero l’unica consolazione ai loro ma-li le menti degli uomini destinate ad inse-guire vane illusioni (nate a vaneggiar). Ilpianeta Venere all’alba è chiamato Luci-fero (portatore di luce) in quanto appareprima del sole, Espero al tramonto. Lacomparazione è mutuata da Virgilio chela riferisce al giovane eroe Pallante: «qua-lis ubi Oceani perfusus Lucifer unda /quem Venus ante alios astrorum diligitignes, / extulit os sacrum coelo tenebra-sque resolvit» («tale è Lucifero, quandogrondante dell’acque dell’Oceano, / stellaa Venere cara fra tutti gli astri fiammanti,/ alza il sacro volto nel cielo e dissolve le te-nebre»: Eneide, VIII 589-591).13-14. Fiorir... rosa: vedo ritornare sul-l’amato viso il colorito roseo. Innumere-voli le memorie poetiche echeggiate daquesti versi; ricordiamo la più vicina, daun componimento di Giuseppe Parini [smodulo Il Giorno, p. 266] intitolato L’edu-cazione: «Torna a fiorir la rosa / che purdianzi languìa».16. insidiando: tendendo insidie amorose.16-18. vegliano... amanti: non hannoriposo e si tormentano in rinnovati pian-ti, a causa tua, madri in trepidazione eamanti sospettose.19-20. Le Ore... farmachi: le Ore (personi-

ficate, secondo il mito, in ventiquattro fan-ciulle) che prima, rattristate per la tua ma-lattia (meste), erano somministratrici di me-dicine, scandivano cioè i tempi delle cure.21-26. oggi... recano: oggi invece ti por-tano la veste di seta (indica, cioè indiana,intendendo dire che proviene dall’Orien-te) e i gioielli che (cui, complemento og-getto) ingemmano, ornano (gemmanousato transitivamente) dèi incisi, operamirabile di cesellatori (scalpelli) greci, egli stivaletti bianchi (i coturni erano lecalzature dalla suola altissima che porta-vano gli attori greci nelle rappresentazio-ni delle tragedie; qui Foscolo ha bisognodi un termine illustre) e vari ornamenti.27-30. onde... speranze: e per tutte que-ste cose (onde) nei balli (cori) notturni igiovani (garzoni) guardando te, o dea (chesei simile ad una dea), te che sei l’originedi affanni e di speranze (cioè dei turba-menti amorosi) dimenticano le danze.31-37. O quando... Più periglioso: la co-struzione di questa strofa e della succes-siva è: i giovani dimenticano le danzequando... o quando; in realtà il poeta in-tende fermare alcune immagini nellequali la donna appare più bella ed affasci-nante. Quando suoni l’arpa donandolebellezza (l’arpa adorni) sia con insolitemelodie (novelli numeri) sia con le lineeflessuose (molli contorni) del tuo corpoche la stoffa preziosa e morbida del tuo

vestito (facile bisso) modella, segue, met-tendole in risalto; e intanto fra i sommes-si sospiri dei tuoi ammiratori il tuo cantosi innalza più pericoloso.37-42. o quando... petto: o quando ballisembri disegnare le figurazioni della dan-za e affidando il tuo corpo all’aria, bellez-ze solitamente nascoste (ignoti vezzi) ap-paiono dagli abiti e dai veli che si scom-pongono sul petto palpitante e che tu tra-scuri di ricomporre (negletto). Anchequesta immagine è costruita sul modellodi un’ode di Parini (Il pericolo: «E a le nevidel petto, / chinandosi, da i morbidi / velinon ben costretto, / fiero dell’alme incen-dio! / permetteva fuggir?»).43-48. All’agitarti... manda: col movi-mento della danza a poco a poco (lente) sisciolgono le trecce brillanti per gli un-guenti profumati che da poco (ambrosiarecente) vi sono stati sparsi, non trattenu-te (mal fide) dal pettine dorato e dallaghirlanda di rose che insieme alla vivifi-cante salute aprile ti manda. L’ambrosiaè propriamente il cibo degli dèi, ma ciòche conta per Foscolo è l’ascendenza mi-tologica e divina del termine, al di là delsignificato specifico.49-51. Così... l’Ore: in questo modo leOre, suscitando l’invidia delle altre don-ne (invidïate l’Ore), scorrono leggere in-torno a te quali ministre d’amore.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 495

meste le Grazie mirinochi la beltà fugaceti membra, e il giorno dell’eterna pace.

55 Mortale guidatriced’oceanine verginila Parrasia pendicetenea la casta Artemidee fea terror di cervi

60 lungi fischiar d’arco cidonio i nervi.

Lei predicò la famaolimpia prole; pavidodiva il mondo la chiama,e le sacrò l’Elisio

65 soglio, ed il certo telo,e i monti, e il carro della luna in cielo.

Are così a Bellona,un tempo invitta amazzone,die’ il vocale Elicona;

70 ella il cimiero e l’egidaor contro l’Anglia avarae le cavalle ed il furor prepara.

E quella a cui di sacro

mirto te veggo cingere75 devota il simolacro,

che presiede marmoreoagli arcani tuoi lariove a me sol sacerdotessa appari

Regina fu, Citera80 e Cipro ove perpetua

odora primaveraregnò beata, e l’isoleche col selvoso dorsorompono agli euri e al grande Ionio il corso.

85 Ebbi in quel mar la culla,ivi erra ignudo spiritodi Faon la fanciulla,e se il notturno zeffiroblando sui flutti spira

90 suonano i liti un lamentar di lira;

Ond’io, pien del nativoaer sacro, su l’Italagrave cetra derivoper te le corde eolie,

95 e avrai divina i votifra gl’inni miei delle insubri nepoti.

52-54. meste... pace: le Grazie guardinomale, maledicano, chi ti ricorda la fuga-cità della bellezza e il giorno della morte.55-60. Mortale... i nervi: hanno inizio itre miti che devono dimostrare le virtùeternatrici della poesia. Una volta creatu-ra mortale, la casta Artemide che guida-va alla caccia vergini oceanine abitava lependici del monte Parrasio (in Arcadia) efaceva risuonare di lontano il fischio dellecorde (nervi), che erano motivo di terroreper i cervi, dell’arco costruito a Cidone(località dell’isola di Creta famosa per suoiarchi). Le vergini oceanine sono le sessan-ta ninfe che la dea chiese a Giove.61-66. Lei... in cielo: la fama generatadai poeti (cfr. v. 69) la proclamò figlia diGiove; reverente (pavido) il mondo lachiamò dea e le consacrò il trono (soglio)dei Campi Elisi (col nome di Persefone oProserpina è venerata come regina degliInferi), il dardo infallibile (certo telo) e imonti (col nome di Diana è venerata co-me dea della caccia), e il governo del car-ro della luna in cielo (col nome di Seleneè identificata con la luna).67-69. Are... Elicona: analogamente a

quanto (così) avvenne per Diana, il cantodei poeti (vocale Elicona: il monte abitatodalle Muse che risuona del canto dei poe-ti) fece sì che fossero dedicati altari a Bel-lona (dea della guerra), che un tempo,prima di essere divinizzata, era soloun’invincibile amazzone.

70-72. ella... prepara: ella ora preparacontro l’avida (avara) Inghilterra l’elmo,lo scudo (egida), la cavalleria e il furore deicombattenti. I versi alludono ai preparati-vi militari di Napoleone per una spedizio-ne in Inghilterra (1802), preparativi chenon ebbero seguito; l’Inghilterra, secon-do le linee della pubblicistica napoleonicaanti-inglese, è detta avida di conquiste.

73-84. E quella... il corso: e colei (Vene-re) della quale ti vedo cingere devota-mente la statua (simolacro) con corone disacro mirto (il mirto era consacrato a Ve-nere), statua che, nel suo marmo, domi-na le tue stanze più segrete (arcani tuoi la-ri) nelle quali tu, soltanto a me, apparicome sacerdotessa (di un rito amorososublimato nell’omaggio alla statua), furegina, regnò beata su Citera (l’attualeCerigo), e Cipro dove una perpetua pri-

mavera sparge profumi (odora), e sulleisole che coi loro monti ricoperti di selveinterrompono il corso ai venti (Euro è loscirocco) e al grande Mare Ionio.85-90. Ebbi... lira: Nacqui in quel mare(l’isola di Zacinto); e lì va errabonda, in for-ma di nudo spirito, la fanciulla amante diFaone (perifrasi che indica Saffo, la poetes-sa che, secondo la leggenda, innamoratavanamente di Faone si uccise gettandosiin mare dalla rupe Leucade), e se la brezzanotturna soffia dolcemente, il litorale ri-suona di un musicale lamento di lira.91-94. Ond’io... eolie: per cui (per tuttociò che ho appena detto, cioè l’essere na-to in Grecia per essermi imbevuto di quel-la poesia), io, pieno dello spirito sacro deiluoghi nativi, trasferisco in tuo onore imodi della poesia eolica (la poesia di Saffoe di Alceo, che erano dell’Eolia) nell’au-stera tradizione italiana (Itala grave cetra).95-96. e avrai... nepoti: e tu, diventata di-vina, avrai insieme col canto che io ti de-dico (inni miei) il culto delle future donnelombarde (insubre da Insubria, il nome la-tino che indicava l’Italia settentrionale).

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496 Secondo Settecento

AnalisideltestoIl superamento della poesia d’occasione

La poesia d’occasione, scritta per cele-brare un evento o come omaggio, era as-sai diffusa nel Settecento. L’ode foscolia-na indirizzata alla Fagnani Arese sembre-rebbe rientrare in questa tradizione per lacircostanza in cui nacque; tuttavia fin dal-la prima solenne ed ampia similitudine(vv. 1-12), si rivela estranea alla poesiad’occasione ed invece erede del modellodelle Odi di Giuseppe Parini [smoduloIl Giorno, p. 266], il poeta che Foscoloammirava come suo ideale maestro. In-fatti, anche sul piano tematico, il motivooccasionale della ritrovata salute di Anto-nietta Fagnani Arese si sviluppa subito incontenuti più alti e generali, e l’omaggiopoetico, lontano dall’avere un qualsiasicarattere di galanteria, si avvia a celebra-re non tanto la bellezza dell’amica quan-to il valore della bellezza e poi, per pas-saggi successivi, la poesia eternatrice. Sitratta insomma di un testo arduo e com-plesso che già per questo si stacca deci-samente dalla poesia d’occasione.

Uno sviluppo in due tempi

Le sedici strofe sono scandite in due mo-menti principali; nel primo tempo, costi-tuito dai vv. 1-48, si succedono ampi qua-dri descrittivi ognuno occupato da un’im-magine di forte rilievo: ● vv. 1-18: il rifiorire della salute che è fon-te di ansietà per madri e amanti;● vv. 19-30: i riti dell’adornarsi;

● vv. 31-37: il canto;● vv. 37-48: il ballo, le trecce che si allen-tano, le vesti che si scompongono.Segue la strofa (vv. 49-54) che ha la fun-zione di segnare una svolta: nessuno,ammonisce il poeta, deve insinuare ilpensiero della fugacità del tempo e dellabellezza; è un espediente attraverso ilquale Foscolo proietta sulle immagini cheha appena concluso l’idea della finitezza,della caducità delle cose, ma nello stes-so tempo anticipa il tema successivo del-la possibile eternità, che solo nelle ultimestrofe trova tuttavia un compiuto svilup-po.Il secondo tempo dell’ode è infatti occu-pato da esempi di divinità femminili (comeArtemide, Bellona, Venere) che sono dive-nute «immortali», grazie al canto dei poe-ti, ed anche Antonietta sarà resa immorta-le dai versi di Foscolo. Il motivo celebrati-vo è quindi posto alla fine dell’ode, quan-do però l’accento si è decisamente spo-stato su un piano assai più alto e il temavero non è tanto l’omaggio reso all’amicama l’esaltazione della poesia. C’è infat-ti nel susseguirsi degli argomenti un datoimportante, e cioè il legame tra Venere, ilmare greco, Saffo, Zacinto, Foscolo checostituisce il percorso attraverso il qualeè costruito il vero tema delle ultime strofe.Con questi esempi Foscolo afferma che imiti sono inizialmente creati dai poeti, eda qui nasce ed è testimoniata la capacitàdella poesia di vincere la finitezza dellecose umane per trasformarle in eterne.

Un discorso che procede per immagini

La strategia compositiva che Foscolosceglie per dire tutto questo è il procede-re per immagini, evitando tuttavia di farcoincidere i quadri di cui si compone l’o-de con le strofe. Al contrario spesso lastruttura sintattica travalica lo spazio diuna strofa, come ad esempio nella simili-tudine iniziale e nelle strofe VI e VII, stret-tamente unite dall’enjambement*, e an-cora nelle strofe XIII e XIV. Costante è co-munque la cura a non creare un anda-mento ritmico facile o ripetitivo. Ma ciòche più caratterizza l’ode è la scelta ditrasfigurare il dato realistico e l’esperien-za in un piano assoluto e mitico. Gli stru-menti di cui Foscolo si serve sono diversie tutti riconducibili al suo classicismo: lapreferenza accordata ai latinismi, alle for-me grammaticali proprie della lingua lati-na, al mito, e il gusto di impreziosire il lin-guaggio con riferimenti letterari presi so-prattutto dalla tradizione greca e latina.Anche il quotidiano viene mitologizzato,o comunque ricondotto entro scelteespressive che lo privano di realismo.Del tutto particolare il ricorso al mito, checorrisponde alla poetica del «mirabile» edel «passionato», poiché tende a espri-mere dei contenuti attraverso le immaginireinventando, quando è necessario, il si-gnificato del mito antico e nello stessotempo utilizzando gli elementi favolosi eaffascinanti che esso porta con sé.

lavoraresultestoComprensione

1. Sintetizza la similitudine* con cui l’odeinizia. 2. La metafora* rugiadosi crini (v. 3) checosa indica? La metafora rimanda ad unparticolare dell’immagine di Antonietta.Quale? 3. Nei versi che ritraggono la toilette del-la donna circondata dalle Ore-ancelle, le

scelte lessicali tendono a mitizzare gesti eoggetti. Trascrivi le parole che a tuo pare-re hanno questa funzione.4. Quale rapporto istituisce Foscolo trasé e la poetessa Saffo?

Analisi

1. Qual è il tema principale dell’ode?

2. Che cosa accomuna Artemide, Bello-na e Venere?

Produzione

1. In un breve testo commenta la tua rea-zione di giovane lettore moderno di frontea questi tipo di poesia.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 497

La struttura L’opera maggiore di Ugo Foscolo, ilcarme Dei Sepolcrivenne scritto in breve tempo, tragiugno e settembre del 1806 e pubblicato nel 1807.La struttura è quella dell’epistola* in versi, un tipo dicomponimento che prevede un interlocutore – il de-stinatario della lettera –, l’uso del vocativo (il nomeproprio dell’interlocutore) e il «tu». Foscolo mantie-ne questa struttura, ma il registro del carme è assailontano dall’essere colloquiale. All’origine dei Sepol-cri concorsero occasioni esterne che spiegano lascelta del tema e la stesura insolitamente rapida.L’argomento, già presente nella riflessione foscolia-na (nell’Ortis e nei sonetti), era stato al centro dellapoesia inglese detta appunto «sepolcrale». Il tema delsepolcro era anche oggetto di un dibattito ideologicoe politico: soprattutto negli ambienti degli intellet-tuali francesi, veniva riproposta una sorta di religio-ne laica del sepolcro in nome del giusto riconoscimen-to del valore e dei meriti dei grandi e, più in generale,come forma di rispetto per la memoria dell’indivi-dualità della persona, come segno dei vincoli affetti-vi tra vivi e defunti. Si segnalava anche il culto dellesepolture come elemento costante nelle diverse ci-viltà e la funzione civile-patriottica che può avere ilmonumento sepolcrale. Inoltre, la regolamentazio-ne delle sepolture, prima da parte di Giuseppe II, poidi Napoleone (con l’editto di Saint-Cloud), aveva ali-mentato un vivace dibattito che implicava sia argo-mentazioni di ordine igienico-sanitario, sia conside-razioni critiche sull’egualitarismo.La trama È possibile ricostruire una vera e propriatrama del carme, che ne mette in risalto le idee e laconcatenazione degli argomenti. La struttura logicafondamentale è costituita dall’opposizione tra unaprima negazione del valore della tomba e la successi-va dimostrazione dei significati e delle funzioni posi-tive dei sepolcri. La negazione di ogni possibile signi-ficato o utilità della tomba occupa i primi 22 versi esi fonda sulla concezione che tutto è materia e chedopo la morte non c’è alcuna forma di sopravviven-za per l’uomo. La tesi a favore del culto delle tombe sisviluppa, invece, in uno spazio ben più ampio, cheoccupa tutta la parte restante del carme (vv. 23-295) e che tocca ambiti diversi.L’argomentazione in difesa della tomba prende l’av-vio dal riconoscimento, nell’uomo, del bisogno dicredere a una forma di sopravvivenza che si concre-tizza nel ricordo di chi, parente o amico, rimane in vi-ta. Tale rapporto, che Foscolo definisce «corrispon-

denza d’amorosi sensi», è reale dal punto di vista affet-tivo-sentimentale, anche se è solo un’illusione di so-pravvivenza. Esso è possibile soltanto per chi «lasciaeredità d’affetti» ed è rafforzato, facilitato, dalla pre-senza fisica di una tomba che è contemporaneamen-te segno, ricordo del defunto e oggetto delle cure edella pietà del vivo. Per questo, secondo Foscolo, lalegge funeraria, che ostacola questi riti regolamen-tando rigidamente le sepolture, non solo è ingiusta,ma rispecchia un degrado morale della società. L’e-sempio più clamoroso lo offre la società milanese,che non ha dato degna sepoltura a Parini. D’altraparte, il significato del sepolcro risalta con evidenzase si ripercorrono le fasi della storia degli uomini. L’i-stituzione dei riti funebri coincise con il passaggiodallo stato di ferinità a forme di civile convivenza:modelli di una serena accettazione della morte e se-gni di una superiore civiltà sono i culti funebri del-l’antichità greca e latina e i cimiteri inglesi. Con que-sti argomenti l’autore passa dalla considerazione delsepolcro come nodo di affetti privati all’istituzionedel sepolcro nell’ambito dei costumi di una civiltà.Da qui prende le mosse per esaltare la funzione poli-tica che può avere la tomba, enunciando la tesi che isepolcri degli uomini grandi non hanno solo un va-lore affettivo, ma spingono coloro che hanno un ani-mo grande all’emulazione. Pertanto, è privilegiataFirenze, che custodisce nella chiesa di Santa Croce isepolcri degli italiani illustri. Nell’elogio di Firenze edi Santa Croce il poeta ha modo di esaltare, in ritrat-ti che ne sintetizzano l’opera, le figure di Dante, Pe-trarca, Machiavelli, Michelangelo, Galileo, e di fon-dare su queste figure la linea di una grande civiltàitaliana dalla quale trarre le tradizioni e l’idea di pa-tria. Altre immagini legano la tomba dei grandi agliideali e ai valori di patria: per esempio, quella di Ma-ratona, dove le tombe che Atene consacrò ai suoiprodi conservano la memoria storica di quel fattod’armi e il suo significato. Ancora più forte della tom-ba è la poesia, che ha la capacità di far sopravvivereanche quello che il tempo distrugge fisicamente. Latomba di Elettra, donna mortale amata da Giove chele concesse la fama, fu simbolo e altare per la civiltàtroiana, ma venne resa eterna dalla poesia di Ome-ro, poiché solo la poesia può dare una sopravvivenzache duri quanto l’umanità.Il messaggio dei Sepolcri Secondo la sua conce-zione materialistica e pessimistica, Foscolo non puòche considerare il sepolcro come privo di valore, mala storia delle civiltà, con i diversi riti funebri che si so-

DEI SEPOLCRI

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no succeduti, gli mostra il contrario e su queste basiil poeta restituisce alla tomba un ruolo non giustifi-cabile sul piano razionale, ma vero su quello storico.Queste due concezioni sono tra loro in contrasto,contrasto che Foscolo denuncia e mette in evidenzadavanti ai lettori. Tuttavia, rivolgendosi non alla loromente ma «alla fantasia del cuore», egli offre non unacomposizione di ciò che razionalmente è inconcilia-bile, ma una nuova morale, in grado di dare alla vitaun senso, anche entro una concezione materialisti-ca. Egli recupera un valore e un significato alla vitaattraverso la morte, confidando nella «memoria»che assicura quel poco di immortalità che gli uominipossono conquistare con la grandezza delle loro azio-ni. Tutto ciò vale certamente su un piano personale eprivato, ma è vero anche per i popoli e per le nazioni. Soluzioni metriche Per i Sepolcri Foscolo adottal’endecasillabo sciolto*, cioè una successione di versiendecasillabi non rimati tra loro. L’endecasillabosciolto vantava una recente e importante tradizione

poiché era stato impiegato da Parini, Alfieri, Monti.Si tratta di un metro che l’autore predilige perché, se-condo le sue stesse parole, ricalca l’andamento «na-turale» della lingua italiana, ma soprattutto perchéritiene che la rima sia un elemento ingombrante,troppo rigido, che si oppone all’esigenza fondamen-tale di far aderire il suono al senso. È questo, invece,il criterio che guida la costruzione dei versi foscolia-ni: creare un suono, un andamento ritmico dei versiche si accordi e quindi dia una efficacia e una forzaespressiva maggiore al significato. I personaggi-simbolo Foscolo popola il suo car-me di personaggi che trasforma in simboli da propor-re alla fantasia e al cuore dei lettori. In ognuno di es-si isola un carattere e un significato che presenta intermini assoluti, così che il personaggio reale diven-ta simbolo e la poesia riesce a creare intorno ad essoun mito: ad esempio, il personaggio-simbolo di Ome-ro riassume in sé l’idea stessa di poesia e della poten-za del canto del poeta.

Dei Sepolcri,vv. 1-50

T9 Il sepolcro come nodo d’affettiAlla negazione del valore del sepolcro e di qualsiasi sopravvivenza dopo la morte si contrappone la com-mossa evocazione del dialogo di affetti nel quale l’amico estinto continua a vivere nel nostro ricordo.Basta questa illusione a rendere sacra la tomba e a giustificare i riti di pietà che su di essa si compiono.Metro: endecasillabi sciolti.

Deorum Manium iura sancta sunto*

All’ombra de’ cipressi e dentro l’urneconfortate di pianto è forse il sonnodella morte men duro? Ove più il Soleper me alla terra non fecondi questa

5 bella d’erbe famiglia e d’animali,e quando vaghe di lusinghe innanzia me non danzeran l’ore future,

* Deorum... sunto: «Siano rispettati i di-ritti degli dèi Mani», dei defunti. La nor-ma era contenuta nelle Dodici Tavole, se-condo la tradizione, il più antico insiemedi leggi scritte di Roma.1-3. All’ombra... duro?: il ricorso alla do-

manda retorica (la cui risposta implicitaè ovviamente negativa) contribuisce adare solennità a questo attacco. Una do-manda di simile significato si trova nel-l’Elegia scritta in un cimitero di campagna(1751) di Thomas Gray, che era stata tra-

dotta nel 1772 da Cesarotti, ai vv. 65-70.3. Ove: quando.7. l’ore: le ore personificate, danzano edesercitano seduzione solo su chi puòaspettare il tempo che seguirà.

Il sonno della morte è forse meno inesorabile all’ombra dei cipressi e dentro le tombe sulle quali iparenti versano il loro pianto? Quando per me il sole non darà più nutrimento sulla terra alla bel-la natura, animali e piante, e quando il futuro non avrà per me alcuna attrattiva, né da te, dolce

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né da te, dolce amico, udrò più il versoe la mesta armonia che lo governa,

10 né più nel cor mi parlerà lo spirtodelle vergini Muse e dell’amore,unico spirto a mia vita raminga,qual fia ristoro a’ dì perduti un sassoche distingua le mie dalle infinite

15 ossa che in terra e in mar semina morte?Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,ultima Dea, fugge i sepolcri, e involvetutte cose l’obblio nella sua notte;e una forza operosa le affatica

20 di moto in moto; e l’uomo e le sue tombee l’estreme sembianze e le reliquiedella terra e del ciel traveste il tempo.Ma perché pria del tempo a sé il mortaleinvidierà l’illusïon che spento

25 pur lo sofferma al limitar di Dite?Non vive ei forse anche sotterra, quandogli sarà muta l’armonia del giorno,se può destarla con soavi curenella mente de’ suoi? Celeste è questa

30 corrispondenza d’amorosi sensi,

amico, potrò più udire le tue poesie e l’armonia triste che le pervade, e nel mio cuore non avrà piùvoce l’ispirazione poetica e l’inclinazione amorosa, unici princìpi ispiratori della mia vita di conti-nuo esilio, quale ricompensa sarà per la vita perduta una lapide che distingua le mie ossa dalle in-finite altre che la morte dissemina per terra e per mare?

È ben vero, o Pindemonte! anche la Speranza, unica divinità rimasta agli uomini, fugge dalletombe, sparisce di fronte alla morte; e la dimenticanza avvolge ogni cosa nella sua oscurità, e la na-tura con il suo movimento continuo fiacca trasformando ogni forma vivente, e il tempo rende irri-conoscibili gli uomini, le loro tombe, e anche l’ultimo aspetto e ciò che rimane dell’intero universo,terra e cielo, al termine di questa trasformazione continua.

Ma perché l’uomo prima del tempo si priverà di quella illusione che, già morto, tuttavia gli per-mette di restare sulla soglia del regno dell’Oltretomba, di non dissolversi completamente nella di-menticanza e nel nulla? Egli anche quando è ormai sepolto, e per lui la bellezza della vita e della lu-ce non potrà più farsi sentire, non continuerà forse a vivere se con il tenero culto per la tomba puòridestare il senso della sua vita nella mente dei suoi cari? Questa capacità di corrispondere senti-

8. dolce amico: il poeta Ippolito Pinde-monte, al quale è indirizzato il carme.10-11. spirto delle vergini Muse: l’ispira-zione poetica.12. vita raminga: l’aggettivo, predilettoda Foscolo, sta ad indicare l’errare dell’e-sule.16-17. Speme, ultima Dea: Foscolo, inun suo commento all’opera del poetagreco Callimaco, ricorda il mito secondoil quale tutti gli dèi, sdegnati con gli uo-mini, si ritirarono sull’Olimpo, e solo laSperanza accettò di restare tra i mortali;tuttavia, la speranza di vivere per sempre,di conservare nel tempo la propria iden-tità, si spegne con la morte, al di là della

quale c’è il nulla.17. involve: avvolge. 19. forza operosa le affatica: l’espressio-ne indica la natura concepita come con-tinua trasformazione di materia, forzainarrestabile. Tutto il passo esprime ideedesunte dalla concezione meccanicisticae sensistica, ispirata al materialismo set-tecentesco cui razionalmente il Foscoloaderisce. Il termine affatica conferisce unsignificato negativo, di fatica, di dolorealla trasformazione continua della mate-ria. 23-24. Ma perché... invidierà: l’espres-sione ricalca una costruzione latina.25. pur: tuttavia. – Dite: Dite era uno dei

nomi del regno dei morti nella mitologiaclassica.26. ei: egli.28. destarla... soavi cure: controversal’interpretazione di destarla: nella spiega-zione data il pronome «-la» rimanda adarmonia del giorno; altri intende riferirlo aillusïon (v. 24), che grammaticalmente èipotesi corretta, ma non dà un senso pie-no di questi versi, in quanto l’illusione al-lude non a un generico sentimento maprecisamente alla tomba. Cure è un lati-nismo che qui indica le attenzioni, i ritiispirati dall’affetto. 30. amorosi sensi: sentimenti d’amore.

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500 Secondo Settecento

celeste dote è negli umani; e spessoper lei si vive con l’amico estintoe l’estinto con noi, se pia la terrache lo raccolse infante e lo nutriva,

35 nel suo grembo materno ultimo asiloporgendo, sacre le reliquie rendadall’insultar de’ nembi e dal profanopiede del vulgo, e serbi un sasso il nome,e di fiori odorata arbore amica

40 le ceneri di molli ombre consoli.Sol chi non lascia eredità d’affettipoca gioia ha dell’urna; e se pur miradopo l’esequie, errar vede il suo spirtofra ’l compianto de’ templi Acherontei,

45 o ricovrarsi sotto le grandi aledel perdono d’Iddio: ma la sua polvelascia alle ortiche di deserta glebaove né donna innamorata preghi,né passeggier solingo oda il sospiro

50 che dal tumulo a noi manda Natura.

menti d’amore è divina, ed è una prerogativa divina degli uomini e spesso grazie a lei si continua avivere assieme all’amico morto e il morto resta nella nostra mente, a patto che la terra che lo ave-va accolto bambino e gli aveva fornito il nutrimento con un senso di pietà religiosa gli accordi nelsuo grembo di madre l’ultimo riparo, la tomba, e renda così i suoi resti mortali inviolabili dagli in-sulti dei fattori atmosferici e dall’irriverente piede di chi non rispetta le sepolture, a patto che unalapide conservi il nome del defunto e un albero amico, odoroso di fiori, faccia cadere sui resti mor-tali come una consolazione una dolce ombra.

Soltanto colui che non lascia un ricordo di sé tale da essere rimpianto non prova consolazioneal pensiero che una tomba conservi i suoi resti, e se anche immagina la sua sorte dopo la morte, ve-de il suo spirito vagare tra il pianto dei dannati dell’Inferno o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdo-no divino: ma abbandona i suoi resti alle ortiche di una terra deserta, dove nessuna donna inna-morata si recherà a pregare e dove il solitario pellegrino non sentirà il sospiro che la Natura fa giun-gere ai vivi dalla tomba.

32. per lei: grazie a lei.33. pia: l’aggettivo rimanda ad una ideadi religione laica, una religione degli af-fetti.36. le reliquie: i resti mortali. Il terminereliquie rimanda, però, a quella religionedegli affetti alla quale si ispira l’interopasso.

37. nembi: tempeste.39. odorata arbore: arbore, femminile co-me il latino «arbor»; odorata è un latini-smo e sta per odorosa.40. molli: dolci; l’aggettivo è proprio dellinguaggio lirico. 41-46. Sol... Iddio: in questi versi Foscoloafferma che anche chi crede in un mondo

ultraterreno, se non lascia una eredità diaffetti nei vivi, non può ricevere consola-zione dal fatto di avere una tomba.44. templi Acherontei: una denomina-zione dell’Aldilà che Foscolo riprende dalpoeta latino Lucrezio.46. polve: polvere, resti.47. gleba: terra.

AnalisideltestoUn testo argomentativoIl carme Dei Sepolcri si può considerareper struttura e sviluppo tematico unesempio di testo poetico argomentativo. Foscolo in una famosa lettera all’abateGuillon che aveva criticato il carme, diceche la sua poesia procede «afferrando le

idee cardinali, lascia a’ lettori la compia-cenza e la noia di desumere le interme-die». In effetti anche dalla lettura di questiprimi versi possiamo constatare che lastruttura del carme non ha uno sviluppo li-neare, ma una orchestrazione complessache investe sia gli argomenti che lo stile. In

particolare i passaggi da un tema all’altroavvengono attraverso una rete di legamifatta di materiali diversi: analogie*, pas-saggi da affermazioni proposte in negati-vo ad un rovesciamento positivo, stacchie successive riprese, sentenze che inter-rompono la narrazione, esempi usati in

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funzione dimostrativa, irruzioni improvvi-se dell’io dell’autore. Facciamo qualcheesempio tratto dai versi che abbiamo ap-pena letto. Rileggiamo i vv.1-29: alle duedomande retoriche che corrispondonoad una negazione, corrispondono altredue domande che aprono discorsi deltutto opposti:

ragioni dell’intelletto (piano filosofico, assoluto)

vv. 1-3 All’ombra de’ cipressi...?vv. 3-15 Ove più il sole...?

ragioni del cuore(piano storico, umano)

vv. 23-25 Ma perché pria del tempo...?vv. 26-29 Non vive ei forse...?vv. 16-22 Vero è ben, Pindemonte!

Funziona da legame logico l’avversativa«Ma» che oppone le affermazioni inizialidi materialismo alla rivendicazione dellapossibilità di negare le amare verità delmaterialismo stesso, il che corrispondealla contrapposizione tra le ragioni del-l’intelletto e quelle del cuore.

Tuttavia l’opposizione che lega i due bloc-chi logici è più complessa: introdotto dal«Ma», il discorso si sposta su un piano di-verso nel quale le verità non hanno unanatura logica, ma sentimentale e illusoria;le idee razionali si scontrano pertanto conle ragioni del cuore, le cosiddette illusioniche sono necessarie, secondo Foscolo,per l’animo umano. Tra le due coppie di in-terrogazioni Foscolo inserisce dunque lasconsolata e colloquiale allocuzione aPindemonte che introduce il mutamentodi prospettiva dal piano filosofico e asso-luto, al piano relativo, storico e umano. Procediamo un poco nella rilettura per se-gnalare un altro aspetto rilevante del car-me, cioè la forza dimostrativa delle imma-gini. Prendiamo come esempio i vv. 41-42che suonano come una sentenza «Sol chinon lascia... dell’urna»; essi sono incasto-nati tra due scenari, quello positivo dellatomba fatta segno di omaggio e di cure (vv.33-40) e quello negativo della polvere la-sciata alle ortiche (vv. 42-49): che si svilup-pa e si trasforma in immagine (vv. 41-49).

La forma dell’epistola

Con l’epistola Foscolo sceglie di rivolge-re il suo discorso ad un interlocutore, Ip-polito Pindemonte, e quindi, secondo leconvenzioni del genere, usa il vocativo, ilnome proprio dell’interlocutore e il «tu»;questi elementi solitamente conferisconoall’epistola in versi un tono colloquiale chenon ritroviamo nel testo foscoliano. È ve-ro che in alcuni momenti del carme l’evo-cazione dell’amico («Vero è ben Pinde-monte!», al v. 16; «né da te, dolce amico»,al v. 8) introduce una nota di amicale col-loquio, ma ogni volta il tono si innalza su-bito, sia nella costruzione sintattica chenel lessico fortemente segnato dalla pre-senza di termini elevati che rimandano al-la tradizione della poesia classicheggian-te. Si veda ad esempio nei versi che ab-biamo letto l’iniziale citazione in latino del-le XII Tavole, tratta da Cicerone, il ricorsoai miti, la presenza di latinismi e di terminiletterari: «soavi cure», «odorata arbore»,«Speme», «spirto», «cure», «molli».

lavoraresultestoComprensione

1. Riassumi schematicamente le argo-mentazioni contenute in questi versi.2. Trascrivi tutte le parole di cui, prima dileggere le note, non conoscevi il significato.

Analisi

1. Uno degli strumenti retorici predilettida Foscolo è l’iperbato*. Individuane al-

meno due e trascrivili.2. Segna nei primi 15 versi, con vari colo-ri, le pause determinate dalla punteggia-tura e gli enjambements*.3. La sintassi dei vv. 17-21 riveste una for-te funzione espressiva; commenta.

Produzione

1. I valori di cui parla Foscolo (l’importan-za della tomba, il ricordo del defunto, l’i-

dea laica di una sopravvivenza nella me-moria dei vivi) si possono ancora ricono-scere come valori attuali? Prova a riflette-re sulle occasioni e sulle motivazioni chespingono anche noi a celebrare i defunti.

Dei Sepolcri,vv. 51-90

Una società degradata non sa dare degna sepolturaT10 ai suoi figli migliori

Dopo la rivendicazione del valore della tomba come luogo che facilita l’illusione di una continuità di affet-ti, Foscolo passa a considerazioni di ordine politico-morale. La legge che regolamenta rigidamente le se-polture non solo è ingiusta, ma rispecchia una degradazione morale della società. L’esempio più clamo-roso lo offre la società milanese che non ha dato degna sepoltura a Parini. Giuseppe Parini (1729-1799)nelle sue opere (in particolare nel poemetto* Il Giorno e nelle Odi) criticò severamente la società milaneseergendosi a difensore e custode della moralità. È questa l’immagine nella quale Foscolo sintetizza la figu-ra dello scrittore facendone il simbolo del poeta che vanamente si oppone alla decadenza del suo tempo.Metro: endecasillabi sciolti.

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502 Secondo Settecento

Pur nuova legge impone oggi i sepolcrifuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morticontende. E senza tomba giace il tuosacerdote, o Talia, che a te cantando

55 nel suo povero tetto educò un laurocon lungo amore, e t’appendea corone;e tu gli ornavi del tuo riso i cantiche il lombardo pungean Sardanapalocui solo è dolce il muggito de’ buoi

60 che dagli antri abdüani e dal Ticinolo fan d’ozi bëato e di vivande.O bella Musa, ove sei tu? Non sentospirar l’ambrosia, indizio del tuo Nume,fra queste piante ov’io siedo e sospiro

65 il mio tetto materno. E tu venivie sorridevi a lui sotto quel tiglioch’or con dimesse frondi va fremendoperché non copre, o Dea, l’urna del vecchiocui già di calma era cortese e d’ombre.

70 Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capodel tuo Parini? A lui non ombre posetra le sue mura la città, lascivad’evirati cantori allettatrice,

75 non pietra, non parola; e forse l’ossa

Eppure la nuova legge impone che i morti vengano sepolti lontano dagli sguardi pietosi dei loro ca-ri, e cerca di impedire la conservazione della loro fama. E senza tomba giace il poeta che fu tuo sa-cerdote, o Talia, il quale alzando il suo canto in tuo onore, fece crescere, con una dedizione che duròtutta la vita, nella sua povera casa un alloro e ad esso appendeva corone per te; e tu, Talia, lo ricom-pensavi rendendo belli con il riso pungente della satira i suoi canti, i quali mettevano alla berlina ilricco lombardo vizioso e scioperato, per il quale l’unica cosa piacevole è il muggito delle mandrie dibuoi che dalle rive ricurve dell’Adda e dal Ticino lo rendono felice di passare la vita tra gli ozi e i ban-chetti. O bella Talia, dove sei? Io non sento diffondersi il profumo d’ambrosia che rivela la presenzadella tua divinità fra questi alberi dove siedo e sospiro per il rimpianto della mia patria. E tu ti acco-stavi al poeta e gli sorridevi sotto quel tiglio che ora, con le fronde che esprimono tristezza e lutto,sembra fremere di sdegno perché, o Dea, non può coprire la tomba del vecchio poeta al quale ave-va sempre procurato tranquillità e ombra. Forse cerchi vagando tra le tombe della gente comunedove riposi il capo del Parini che si dedicò tutto a te? In sua memoria la città che si compiace di at-tirare sfacciatamente cantanti evirati, non collocò all’interno delle sue mura piante né lapide con

51. nuova legge: l’editto di Saint-Cloud.53-54. tuo sacerdote, o Talia: Talia era laMusa della commedia e della satira. Qui,dunque, Parini viene ricordato comepoeta satirico per il poemetto Il Giorno,nel quale, fingendo di dare insegnamentiad un giovane della nobiltà milanese, inrealtà costruisce un quadro ferocementesatirico della classe nobile. Parini è sacer-dote di Talia in quanto poeta dedito allapoesia satirica.55. educò un lauro: educò è un latinismoche significa: «fece crescere». L’alloro è ilsimbolo della gloria poetica che Parini

raggiunse.

56. t’appendea corone: nell’immagine lecorone sono i versi che Parini compone-va e che offriva a Talia.

58. Sardanapalo: Sardanapalo era un reassiro che, secondo le testimonianze de-gli storici greci, era famoso per la sua ef-feminatezza e per il lusso sfrenato.

60. antri abdüani: rive ricurve del fiumeAdda.

63. indizio del tuo Nume: l’ambrosia è ilsegno che indica la presenza della divinità.Il termine Nume indica l’essenza divina.

67. dimesse: tristi. L’aggettivo è qui inso-litamente riferito non a persone ma adun elemento naturale. Frondi è formameno consueta di fronde.72. tuo: il possessivo qui vuole sottoli-neare la dedizione di Parini alla poesia.74. evirati cantori: l’accenno a Milanocome centro del teatro melodrammatico,in cui cantavano uomini castrati in gio-vane età perché conservassero la voce dasoprano, è un richiamo all’ode parinianaLa musica, nella quale si esprime una vi-brata condanna morale per quel costu-me.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 503

col mozzo capo gl’insanguina il ladroche lasciò sul patibolo i delitti.Senti raspar fra le macerie e i bronchila derelitta cagna ramingando

80 su le fosse e famelica ululando;e uscir del teschio, ove fuggìa la Luna,l’ùpupa, e svolazzar su per le crocisparse per la funerea campagna,e l’immonda accusar col luttüoso

85 singulto i rai di che son pie le stellealle obblïate sepolture. Indarnosul tuo poeta, o Dea, preghi rugiadedalla squallida notte. Ahi! sugli estintinon sorge fiore ove non sia d’umane

90 lodi onorato e d’amoroso pianto.

un’iscrizione commemorativa e forse il ladro, che scontò col taglio della testa sul patibolo i suoi mi-sfatti, insanguina col capo mozzato le ossa di Parini. Senti tu, o Talia, la cagna randagia che raspatra i mucchi di pietre e gli sterpi vagando sopra le tombe e la senti ululare per la fame e senti usciredal teschio, dove fuggiva la luce della luna, l’upupa, che svolazza sulle croci disperse per la campa-gna funebre e senti quell’uccello immondo maledire col suo sinistro verso simile ad un singhiozzodi pianto i raggi che le stelle fanno pietosamente cadere sulle sepolture dimenticate da tutti. Inva-no, o Dea, invochi la squallida notte che faccia cadere la rugiada sulla tomba del tuo poeta. Ahimè!sulle sepolture non spunta nessun fiore là dove il luogo non sia onorato con l’elogio e il pianto di chiconserva un sentimento d’amore per essi.

78. bronchi: cfr. nota 2, p. 484.

AnalisideltestoLa figura di PariniA causa della nuova legge che impone lesepolture fuori dai centri abitati e in tom-be senza nome, il corpo del poeta Giu-seppe Parini giace dimenticato in unafossa comune e le sue ossa si mescolanoa quelle di ladri e malfattori.Dopo un avvio discorsivo («Pur nuovalegge...» v. 51) che fa riferimento all’occa-sione in cui è nato il carme, il tono s’innal-za. Parini è il primo personaggio che in-contriamo nel carme e, come gli altri cheincontreremo nei versi successivi, diven-ta un simbolo che Foscolo propone al

cuore e alla riflessione del lettore. Con unprocedimento di enfatizzazione, presen-ta la poesia e la vita di Parini come l’em-blema della funzione moralizzatrice dellaletteratura in quanto voce critica che si al-za a giudicare il suo tempo. I milanesihanno dimenticato il loro poeta, che coni suoi versi aveva voluto sferzare i com-portamenti viziosi della nobiltà, perchénella società milanese i nuovi valori sonoormai la ricchezza, l’ozio e il lusso.Nei versi che abbiamo letto si susseguo-no i toni alti, con i quali vengono rievoca-ti la figura di Parini ritratto nei gesti ritua-

li di devozione alla Musa e le parole sfer-zanti di polemica antinobiliare e antimila-nese. Si notino infine le note lugubri e laricerca di effetti orrorifici che erano pro-pri della poesia sepolcrale del Settecen-to (un vero e proprio «genere» diffusonella letteratura europea del XVIII seco-lo, che traeva la sua ispirazione da luo-ghi e paesaggi desolati, macabri) quirappresentata dall’immagine della ca-gna che raspa tra mucchi di pietre e ster-pi, e da quella dell’upupa che esce da unteschio e svolazza sulle croci dispersenella campagna.

Uno strumento che Foscolo predilige è l’iperbato*,vale a dire l’inversione del normale ordine delle paro-le nella proposizione. Con l’iperbato crea sospensione,

attesa, o mette in forte rilievo la parola più densa di si-gnificato. Ad esempio l’aggettivo, che è al centro del-l’attenzione foscoliana per il lessico, è posto abitual-

Approfondimento L’USO DELL’IPERBATO

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504 Secondo Settecento

mente prima del sostantivo, quindi in posizione menoconsueta e per questo rilevata: «mesta armonia», «de-serta gleba». Quando viceversa l’aggettivo è nella posi-zione più consueta, dopo il nome, solitamente si trat-ta di un aggettivo che contiene una forte caricaespressiva: «forza operosa», «arbore amica». Sono fre-quenti anche le inversioni più complesse che ridise-gnano l’intera frase nella ricerca di una intonazionealta: «bella d’erbe famiglia e d’animali», «serbi un sasso ilnome», «di fiori odorata arbore amica», «la città, lasciva

d’evirati cantori allettatrice». Con criteri analoghi Fo-scolo impiega largamente la preposizione «di» usatain modo del tutto regolare per marcare specificazione,appartenenza, causa, ma comunque preferita a pos-sibilità alternative che magari richiederebbero il ver-bo al posto del sostantivo; spesso il complemento spe-cifica l’aggettivo («vaghe di lusinghe») in espressioniche associano a questa inconsueta costruzione anchel’iperbato: «d’ozi bëato e di vivande», «di calma era corte-se e d’ombre», «meste d’effigïati scheletri».

lavoraresultestoComprensione

1. In quale occasione Foscolo scrive ilcarme Dei Sepolcri? 2. Che cosa imponeva l’editto di Saint-Cloud? Sottolinea nel testo i versi in cui sifa riferimento ad esso.

3. Quali sono i caratteri della poesia di Pa-rini che vengono ricordati ed esaltati?

Analisi

1. Sottolinea nel testo le invocazioni e leforme interrogative. Quale funzione espres-

siva rivestono?

Sintesi

1. Sintetizza per punti lo sviluppo dell’ar-gomentazione.

Dei Sepolcri,vv. 91-150

T11 La storia del sepolcro è la storia della civiltàL’istituzione del sepolcro e la pietà per i morti segnarono nella storia dell’umanità il passaggio dallo sta-to ferino alla convivenza civile, e i momenti in cui fu più alta la civiltà sono contrassegnati dalla cura conla quale si conservava e si coltivava la memoria dei defunti.Metro: endecasillabi sciolti.

Dal dì che nozze e tribunali ed aredier alle umane belve esser pietosedi sé stesse e d’altrui, toglieano i viviall’etere maligno ed alle fere

95 i miserandi avanzi che Naturacon veci eterne a sensi altri destina.Testimonianza a’ fasti eran le tombe,ed are a’ figli; e uscian quindi i responsi

Dal giorno in cui matrimoni legittimi, leggi e religione fecero in modo che gli uomini, i quali vive-vano in una condizione simile a quella delle bestie, cominciassero a provare sentimenti di pietà persé stessi e di solidarietà per gli altri, i vivi sottraevano agli agenti atmosferici che provocano la cor-ruzione dei cadaveri e ai morsi delle belve i resti miserevoli che la Natura, con continui mutamen-ti di stato destina a forme, diverse dall’originaria, di vita materiale.

Le tombe erano testimonianza di nobili imprese e per i figli erano sacre come altari; e dalle tom-

92. dier: diedero, fecero in modo che.94. etere maligno: l’etere sta per «gliagenti atmosferici»; viene chiamato mali-

gno perché provoca la corruzione dei cor-pi.96. veci eterne: con continue trasforma-

zioni. – sensi altri: altre, diverse forme.97. fasti: nobili imprese.98. quindi: di lì, dalle tombe.

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de’ domestici Lari, e fu temuto100 su la polve degli avi il giuramento:

religïon che con diversi ritile virtù patrie e la pietà congiuntatradussero per lungo ordine d’anni.Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi

105 fean pavimento; né agl’incensi avvoltode’ cadaveri il lezzo i supplicanticontaminò; né le città fur mested’effigïati scheletri: le madribalzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono

110 nude le braccia su l’amato capodel loro caro lattante onde nol destiil gemer lungo di persona mortachiedente la venal prece agli eredidal santuario. Ma cipressi e cedri

115 i puri effluvi i zefiri impregnandoperenne verde protendean su l’urneper memoria perenne, e prezïosivasi accogliean le lagrime votive.Rapìan gli amici una favilla al Sole

120 a illuminar la sotterranea notteperché gli occhi dell’uom cercan morendoil Sole; e tutti l’ultimo sospiromandano i petti alla fuggente luce.

be uscivano i responsi delle anime dei defunti, venerati come Lari, e il giuramento fatto sulla tom-ba degli avi fu considerato sacro e si aveva paura a non rispettarlo.

Spirito, sentimento religioso che, pur nella diversità dei rituali e delle usanze, le virtù patriotti-che e civili e l’affetto che i parenti hanno per i loro morti fecero continuare attraverso la lunga se-rie degli anni e dei secoli.

Non da sempre fu praticata l’usanza di seppellire i morti in chiesa, facendo delle lapidi sepolcra-li il pavimento degli edifici destinati al culto, né il puzzo dei cadaveri, mescolato al profumo dell’in-censo, appestò quelli che si recavano a pregare, né l’aspetto delle città fu reso lugubre dalle raffigu-razioni di morte.

Le madri, prese da cupo terrore si svegliano di soprassalto e balzano dal letto, e protendono le brac-cia nude sopra il capo del loro figlioletto, affinché non lo svegli il lungo lamento del morto che, dallachiesa dove è sepolto, chiede agli eredi che facciano recitare preghiere a pagamento. Ma cipressi e ce-dri, riempiendo l’aria di puri profumi, protendevano i loro rami sempreverdi sulle tombe, segno diuna memoria che non si estingue, e preziosi vasi raccoglievano le lacrime versate dai parenti e dagliamici in omaggio votivo al morto. Gli amici rapivano al Sole una scintilla per illuminare l’oscuritàdel sepolcro, perché quando un uomo muore i suoi occhi cercano istintivamente la luce del sole e tut-

99. Lari: divinità protettrici della casa, acui si chiedevano oracoli e aiuti.103. tradussero: fecero continuare; è unlatinismo.108. effigïati scheletri: le raffigurazionidella morte che si vedono nelle pitture enelle lapidi.109. esterrefatte: per gli spettacoli dimorte disseminati nelle città.113. venal prece: preghiera a pagamen-to. Secondo la dottrina cattolica le pre-ghiere dei vivi possono abbreviare il pe-riodo in cui l’anima del morto è costretta

a purgarsi prima di salire in Paradiso. Fo-scolo qui depreca l’usanza diffusa di con-dizionare nel testamento l’assegnazionedella propria eredità alla garanzia che glieredi facessero recitare un certo numerodi messe. Tutto questo riduce quella chedovrebbe essere una «corrispondenza d’a-morosi sensi» a un mercato. Nel passo simescola anche il ricordo della supersti-zione popolare, che favoleggia di mortiche tormentano i vivi quando questi nonassolvono alle promesse fatte.114. Ma: il ma avversativo, che logica-mente va collegato col Non sempre di v.

104, vuol dire: ma non fu sempre così. Pro-seguendo, infatti, Foscolo mostra come lamorte, presso gli antichi, non sia semprestata un fatto lugubre. 117-118. prezïosi vasi: in tutte le tombeantiche gli archeologi hanno trovato ivasetti a cui qui si allude, che in passatofurono erroneamente definiti «lacrima-tori». Oggi si sa che essi non servivanoper raccogliere lacrime, ma per contene-re profumi e unguenti resinosi.119-122. Rapìan... Sole: passo intessu-to di riferimenti classici. Il «rapimento» diuna favilla al Sole richiama il mito di Pro-

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506 Secondo Settecento

Le fontane versando acque lustrali125 amaranti educavano e vïole

su la funebre zolla; e chi sedeaa libar latte e a raccontar sue peneai cari estinti, una fragranza intornosentìa qual d’aura de’ beati Elisi.

130 Pietosa insania che fa cari gli orti de’ suburbani avelli alle britannevergini dove le conduce amoredella perduta madre, ove clementipregaro i Geni del ritorno al prode

135 che tronca fe’ la trïonfata navedel maggior pino, e si scavò la bara.Ma ove dorme il furor d’inclite gestee sien ministri al vivere civilel’opulenza e il tremore, inutil pompa

140 e inaugurate immagini dell’Orcosorgon cippi e marmorei monumenti.Già il dotto il ricco e il patrizio vulgo,decoro e mente al bello Italo regno,nelle adulate reggie ha sepoltura

145 già vivo, e i stemmi unica laude. A noimorte apparecchi riposato albergoove una volta la fortuna cessidalle vendette, e l’amistà raccolganon di tesori eredità, ma caldi

150 sensi e di liberal carme l’esempio.

ti i cuori mandano il loro ultimo sospiro alla luce che fugge per sempre. Le fonti, versando acque lim-pide e adatte ai riti di purificazione, facevano crescere sulla tomba amaranti e viole; e chi sedeva ac-canto al sepolcro per versare latte come offerta votiva al morto e per raccontare le proprie pene ai de-funti, sentiva attorno un profumo simile a quello che è nell’aria dei Campi Elisi, dove risiedono le ani-me elette. Inganno della ragione dettato dalla pietà che rende cari i giardini dei cimiteri suburbanialle giovani donne inglesi che in quei luoghi pregarono i Numi tutelari della patria perché fossero be-nevoli e concedessero il ritorno all’eroe che tolse l’albero maestro alla nave nemica su cui aveva ri-portato il trionfo, e con quello si fece costruire la propria bara. Ma là dove l’aspirazione ardente dicompiere nobili imprese non è viva e i princìpi informatori della vita civile sono la ricchezza impro-duttiva e la paura, lapidi e monumenti di marmo sorgono soltanto come segno esteriore ed inutilelusso e come raffigurazioni male auguranti della morte. Già adesso i letterati, i possidenti e i nobiliitaliani che si definiscono tali ma sono soltanto un volgo, ornamento e classe dirigente del bel regnod’Italia, ancora vivi sono in realtà dei morti seppelliti nelle reggie e nei palazzi nobiliari dove dominal’adulazione, e i loro stemmi sono il loro unico motivo di vanto. Per me la morte possa apprestare unultimo rifugio nel quale possa trovare riposo, quando finalmente il destino cesserà di riservarmi col-pi, e l’insieme degli amici potrà raccogliere una eredità non di ricchezze materiali ma di sentimentisinceri e l’esempio di una poesia ispirata alla libertà e che ispira libertà.

meteo, il semidio che donò il fuoco agliuomini disobbedendo a Zeus, e che perquesto fu punito. L’atto degli amici è an-ch’esso una sfida contro le leggi della na-tura. L’ultimo sguardo del morente versola luce viene solitamente messo in rela-zione con i versi dell’Eneide (IV, 690-692)nei quali Virgilio descrive la morte di Di-done: «Tre volte poggiando sul gomitotentò di sollevarsi, tre volte si rovesciò sulgiaciglio, e con gli occhi erranti cercò nel-l’alto cielo la luce e gemette al trovarla».

124. lustrali: tanto pure da essere adatteai riti di purificazione.129. Elisi: i Campi Elisi venivano immagi-nati dagli antichi come il luogo fiorito e ver-deggiante nel quale erano accolti coloroche avevano vissuto con giustizia e si eranosegnalati per le proprie azioni o per ingegno.130. Pietosa insania: inganno della ra-gione dettato dalla pietà.131. avelli: propriamente tombe; qui staper «cimiteri».

134. Geni: i numi tutelari della patria.134-136. prode... bara: l’ammiraglioNelson, che dopo la vittoria di Abukir(1798) si fece fare la bara con il legno del-l’albero maestro della nave Orient.140. Orco: un diverso nome di Plutone,signore del regno dei morti (non, quindi,dei Campi Elisi), luogo desolato in cui leanime giacciono senza che ne rimangamemoria.147. una volta: finalmente.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 507

AnalisideltestoLa forza argomentativa delle immagini

Nella seconda parte del carme (vv. 91-150) il poeta sviluppa una riflessione eti-co-politica che si snoda secondo unprocedimento logico:● le tombe e la pietà per i defunti hannosegnato il passaggio dallo stadio primiti-vo, ferino, alla civilizzazione dell’uomo erappresentano valori presenti, seppure informe diverse, in tutte le società;● intorno alle tombe si raccolgono i valo-ri fondamentali di un popolo, quindi il cul-to dei morti è un criterio per misurare ilgrado di civiltà raggiunto in una società.Foscolo propone quattro esempi: il Me-dioevo, quando c’era l’usanza negativa

di seppellire i morti sotto il pavimento del-le chiese; la civiltà classica, che ha tenu-to in gran conto i defunti (sulle tombe gliantichi giuravano, nelle case si adorava-no gli antenati come dèi); l’Inghilterra mo-derna, assunta come modello di società,in cui i cimiteri sono luoghi ordinati, doveci si reca a pregare per i propri cari e pergli eroi nazionali; infine, l’Italia napoleoni-ca, dominata da una classe dirigente chevive rinchiusa nella paura e si piega adadulare i dominatori.Ad essa Foscolo contrappone il proprioesempio: quello di una poesia ispirata al-la libertà e che ispira libertà. La lunga riflessione contenuta in questiversi è resa efficace dalla potenza delle

immagini che Foscolo sa costruire. Siveda, ad esempio, la rievocazione dellapaura che circondava il ricordo dei de-funti nel Medioevo e la descrizione deicimiteri inglesi. Ciò che interessa al poe-ta, anche a costo di semplificazioni del-la verità storica, è la forza dimostrativache la poesia è in grado di dare alle sueidee. Un altro elemento che ci riconduceal procedimento del carme, che si svi-luppa, per dirlo con le stesse parole del-l’autore, «afferrando le idee cardinali», èil passaggio dalla rievocazione storicaall’io del poeta, al suo destino, e alla suapoesia. Passaggio determinante, que-sto, per lo sviluppo argomentativo deiversi che seguono.

lavoraresultestoComprensione

1. Il discorso sul sepolcro viene ora af-frontato da una nuova prospettiva. Quale?

a. come evoluzione dei modi di praticarela sepoltura;b. come elemento significativo, istituzio-ne importante, capace di qualificare, inpositivo o in negativo, una civiltà;c. come problema politico.

2. Per sostenere la sua tesi, Foscolo

prende degli esempi dalla storia. Sottoli-nea un esempio di usanza positiva del cul-to dei morti e uno di usanza negativa.3. Anche nei Sepolcri ritorna l’immaginedell’eroe romantico, proposta nell’Ortis enelle Poesie: sai individuare in quali versi?

Analisi

1. La congiunzione avversativa «ma» èspesso usata da Foscolo per organizzare,attraverso opposizioni, il suo ragiona-

mento. Ricercala, in questi versi e segna-la quali elementi contrappone.

Sintesi

1. Sintetizza per punti lo sviluppo temati-co di questi versi.

Produzione

1. Fai la parafrasi scritta dei versi 142-150.

Dei Sepolcri,vv. 151-225

L’identità e il futuro della nazioneT12 sono consegnati alla memoria

L’esaltazione di Firenze e delle tombe di Santa Croce costituisce il momento in cui il significato politicodel carme è posto in primo piano. L’idea di Italia (l’identità nazionale) risiede nella memoria, nel passa-to, nella figura dei grandi italiani. Da loro, non dalla meschinità dei tempi presenti, possono derivare unalezione di magnanimità e l’esempio per dare un futuro di libertà all’Italia.Metro: endecasillabi sciolti.

A egregie cose il forte animo accendonol’urne de’ forti, o Pindemonte; e bellae santa fanno al peregrin la terra

O Pindemonte, le tombe dei forti ispirano gli spiriti forti a compiere imprese di eccezionale valore; equelle tombe rendono la terra che le accoglie bella e sacra per il visitatore. Io quando vidi (a Firen-

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508 Secondo Settecento

che le ricetta. Io quando il monumento155 vidi ove posa il corpo di quel grande

che temprando lo scettro a’ regnatorigli allòr ne sfronda, ed alle genti sveladi che lagrime grondi e di che sangue;e l’arca di colui che nuovo Olimpo

160 alzò in Roma a’ Celesti; e di chi videsotto l’etereo padiglion rotarsipiù mondi, e il Sole irradïarli immoto,onde all’Anglo che tanta ala vi stesesgombrò primo le vie del firmamento;

165 te beata, gridai, per le feliciaure pregne di vita, e pe’ lavacriche da’ suoi gioghi a te versa Apennino!lieta dell’äer tuo veste la Lunadi luce limpidissima i tuoi colli

170 per vendemmia festanti, e le convallipopolate di case e d’olivetimille di fiori al ciel mandano incensi:e tu prima, Firenze, udivi il carmeche allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,

175 e tu i cari parenti e l’idïomadesti a quel dolce di Calliope labbro

ze, nella chiesa di Santa Croce) il monumento nel quale giace il corpo di quel grande ingegno (Ma-chiavelli) che fingendo di insegnare ai principi il modo di rafforzare il potere, in realtà rimuove l’a-lone di gloria che lo circonda, e svela ai popoli come quel potere grondi di lacrime e di sangue; (equando vidi) la tomba di quel grande (Michelangelo) che a Roma innalzò a onore di Dio la cupola,tanto maestosa da essere un Olimpo cristiano; e (quando vidi la tomba) di colui (Galileo) che os-servò sotto la volta del cielo il movimento dei diversi pianeti, e il sole illuminarli fermo al centro delsistema, per cui per primo aprì la strada dello studio delle leggi che regolano i moti dell’universo al-l’inglese Newton, che poi dimostrò in quel campo tutta l’altezza del suo genio; gridai, felice te, peril tuo clima mite che favorisce la vita della natura e per le acque che l’Appennino fa giungere a tedai suoi monti.

La luna, allietata dalla tua atmosfera, veste di luce limpidissima i tuoi colli, che sono in festa perla vendemmia, mentre le vallate, ricche di case e di uliveti, mandano verso il cielo i profumi di in-numerevoli fiori: e tu, Firenze, per prima sentisti la poesia che placò l’ira del ghibellino cacciato inesilio, Dante; e tu desti i genitori e la lingua fiorentina a Petrarca, poeta tanto dolce da essere con-

154. ricetta: accoglie.156. temprando lo scettro: rafforzando ilpotere, qui simboleggiato dallo scettro.Naturalmente si fa riferimento al Princi-pe. Intorno a questi versi c’è una questio-ne annosa: alcuni critici (meno numero-si) affermano che essi vadano interpreta-ti nel senso che Machiavelli, insegnandoai prìncipi l’arte di governare, ne rivela lavera natura e mostra quanto quell’artesia dura e costi dolori e fatiche a chi laesercita; interpretazione che ci pare pococonvincente, o almeno, meno persuasivadi quella più diffusa, e che abbiamo forni-to, anche perché la lettura del Principe co-me testo che, sotto la finalità dichiarata,ne mostra un’altra opposta (quella di

rendere chiara la violenza connaturatacon l’esercizio tirannico del potere e di de-nunciarla), è interpretazione che ebbelargo spazio nel Sei e nel Settecento, fu ri-presa dall’Alfieri e fatta propria ancorada intellettuali vicini a Foscolo.159. nuovo Olimpo: nuovo rispetto aquello della religione pagana.161. etereo padiglion: la volta del cielo.174. Ghibellin fuggiasco: l’idea che Fi-renze abbia udito per prima la poesia del-la Divina Commedia deriva dall’opinione,oggi ritenuta inattendibile, che Dante l’a-vesse iniziata prima dell’esilio. La defini-zione di Dante come Ghibellin ha proba-bilmente origine in una memoria poetica

di alcuni versi del Monti; d’altra parte, seè vero che il poeta fu guelfo bianco nellalotta politica interna al Comune fiorenti-no, è anche vero che nel corso dell’esilioassunse posizioni del tutto analoghe aquelle dei ghibellini, come si vede nel DeMonarchia.175. i cari parenti e l’idïoma: Petrarcanacque da genitori fiorentini che eranostati banditi dalla città e, giustamente,Foscolo ricorda l’importanza, per tutta lacultura italiana, del fatto che il poeta ab-bia adottato il fiorentino per le sue operein volgare. 176. Calliope: la Musa della poesia.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 509

che Amore in Grecia nudo e nudo in Romad’un velo candidissimo adornando,rendea nel grembo a Venere Celeste.

180 Ma più beata ché in un tempio accolteserbi l’itale glorie, uniche forseda che le mal vietate Alpi e l’alternaonnipotenza delle umane sortiarmi e sostanze t’invadeano ed are

185 e patria e, tranne la memoria, tutto.Che ove speme di gloria agli animosiintelletti rifulga ed all’Italia,quindi trarrem gli auspici. E a questi marmivenne spesso Vittorio ad ispirarsi.

190 Irato a’ patrii Numi, errava mutoove Arno è più deserto, i campi e il cielodesïoso mirando; e poi che nullovivente aspetto gli molcea la cura,qui posava l’austero; e avea sul volto

195 il pallor della morte e la speranza.Con questi grandi abita eterno, e l’ossafremono amor di patria. Ah sì! da quellareligïosa pace un Nume parla:e nutria contro a’ Persi in Maratona

200 ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,la virtù greca e l’ira. Il navigante

siderato la bocca delle Muse, il quale, rivestendo del velo della pudicizia l’amore, cantato in manie-ra profana e sensuale dai poeti greci e romani, lo ricollocò in grembo alla Venere spirituale.

Ma ancora più felice perché conservi, raccolte nella chiesa di Santa Croce, le glorie d’Italia, for-se le uniche rimaste da quando le Alpi mal difese, e il destino umano che, onnipotente, avvicendamomenti di gloria e momenti di decadenza, ti depredavano delle armi, delle ricchezze, degli altari,della possibilità di essere liberi e di tutto, tranne della memoria dell’antica condizione.

Così che, qualora torni a risplendere una speranza di azioni gloriose nelle menti coraggiose dipochi e poi nell’Italia intera, proprio da lì, da Santa Croce, noi potremo trarre gli auspìci benaugu-rali per le imprese che si compiranno.

D’altra parte alle tombe di Santa Croce venne spesso a chiedere ispirazione Vittorio Alfieri. Adi-rato contro i Numi della patria, andava errando in silenzio dove le sponde dell’Arno sono più deser-te, scrutando i campi e il cielo, acceso di una segreta speranza; e poiché nessuna forma di vita chescorgeva riusciva ad addolcirgli l’angoscia, quell’uomo di animo forte e integerrimo veniva qui percercare sollievo, e sul suo volto si mescolavano il pallore quasi mortale e la speranza di un avveni-re diverso.

Ora è sepolto con questi grandi, per sempre, e le sue ossa hanno ancora un fremito d’amor pa-trio. È ben vero! da quella pace che ha un carattere sacro parla il dio che ispira l’amor di patria: equello stesso dio alimentava il valore dei Greci e la loro voglia di annientare gli invasori Persiani aMaratona, là dove Atene elevò tombe considerate sacre ai suoi eroi.

177-179. che Amore... Celeste: nellatradizione classica era presente l’opposi-zione tra «amore sacro», inteso come for-za spirituale che pervade l’intero univer-so, simboleggiato da una Venere celeste,e «amore profano», soddisfazione dei sen-si, simboleggiato da una Venere terrena.L’opera di Petrarca viene qui esaltata co-me quella che ha ridato un carattere ca-

sto e spirituale alla poesia d’amore.182. mal vietate: latinismo, non abba-stanza vietate (difese), perciò attraversa-te dagli stranieri invasori.186. Che: «perché». Altri suggerisce unsenso consecutivo, come conclusione ditutto il discorso.190-195. Irato... speranza: il ritratto di

Alfieri si basa tutto su alcuni tratti (irato,muto, austero, pallor) desunti dall’imma-gine fisica e morale che lo stesso Alfierivolle dare di sé attraverso l’autobiografiae le rime.199. Maratona: la battaglia di Maratonavinta il 12 settembre 490 a.C. da 10.000Ateniesi e 1000 Plateesi sotto il comandodi Milziade, contro 110.000 Persiani.

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510 Secondo Settecento

che veleggiò quel mar sotto l’Eubèa,vedea per l’ampia oscurità scintillebalenar d’elmi e di cozzanti brandi,

205 fumar le pire igneo vapor, corrusched’armi ferree vedea larve guerrierecercar la pugna; e all’orror de’ notturnisilenzi si spandea lungo ne’ campidi falangi un tumulto e un suon di tube,

210 e un incalzar di cavalli accorrentiscalpitanti su gli elmi a’ moribondi,e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.Felice te che il regno ampio de’ venti,Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!

215 e se il piloto ti drizzò l’antenna oltre l’isole egèe, d’antichi fatticerto udisti suonar dell’Ellespontoi liti, e la marea mugghiar portandoalle prode retèe l’armi d’Achille

220 sovra l’ossa d’Aiace: a’ generosigiusta di glorie dispensiera è morte;né senno astuto né favor di regiall’Itaco le spoglie ardue serbava,ché alla poppa raminga le ritolse

225 l’onda incitata dagl’inferni Dei.

Il navigante che fece vela su quel mare vicino all’isola di Eubea, attraverso la vasta oscurità del-la notte vedeva lampeggiare scintille prodotte dal cozzo di elmi e spade, e le cataste di legna su cuibruciavano i morti emanare un fumo fiammeggiante, e vedeva ombre di guerrieri rilucenti per learmi di ferro cercare la battaglia; e nell’orrido e spaventoso silenzio della notte si spargeva per i cam-pi un incessante tumulto di schiere di combattenti, un suono di tube, e un rumore di incalzante ga-loppo di cavalli che si slanciavano e scalpitavano sugli elmi dei moribondi, e il pianto dei vinti, i can-ti di vittoria e, sopra tutto, il canto delle Parche. Te felice, Ippolito, che nella giovinezza hai potutopercorrere il vasto regno dei venti! e se il timoniere alzò le vele facendo rotta al di là delle isole Egee,certo sentisti le sponde dell’Ellesponto risuonare e avrai sentito il moto delle onde ribollire e geme-re mentre trascinavano le armi di Achille sulla tomba di Aiace: la morte rende con giustizia ai va-lorosi la gloria meritata; né la mente astuta, né la protezione dei re potevano conservare ad Ulisse,re di Itaca, le armi di Achille, premio difficile da conquistare, perché l’onda, suscitata dagli dèi deimorti, le strappò dalla poppa della nave di Ulisse che vagava per i mari.

202. Eubèa: l’isola che è di fronte allapianura di Maratona.206. larve guerriere: ombre di guerrieri.207. pugna: latinismo per «battaglia».209. tube: specie di trombe con le quali sidavano i segnali per la battaglia. 212. Parche: le dee che decidono il desti-no degli uomini.217-218. dell’Ellesponto i liti: le costedell’Asia Minore dove sorgeva Troia.219-220. armi d’Achille... Aiace: Fosco-

lo riprende in questi versi il mito di Aiace,al quale già si era ispirato per la composi-zione dell’omonima tragedia. Durante laguerra di Troia, dopo l’uccisione di Achil-le da parte di Paride, le armi del più gran-de eroe greco dovevano essere assegnatea colui che, dopo Achille, si era dimostra-to il più forte fra i Greci. Erano in lizzaAiace Telamonio e Ulisse. Agamennone eMenelao, i re capi dell’esercito greco, nonvollero assegnare le armi ad Aiace che lemeritava per la sua forza e il suo valore, ele concessero ad Ulisse. Sconvolto per

l’ingiustizia subìta, Aiace impazzì. Fecestrage di greggi scambiandole per i suoirivali, quindi si uccise, e fu sepolto sulpromontorio Reteo. Gli dèi protettori deimorti, però, fecero sì che il mare racco-gliesse le armi di Achille dal naufragiodella nave di Ulisse e le portasse sullatomba dello sfortunato eroe.223. ardue: difficili. 225. inferni Dei: gli dèi dei morti.

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ModuloAutore Ugo Foscolo 511

AnalisideltestoI «grandi»Nella terza parte del carme, Foscolo con-sidera la funzione civile del sepolcro nel-la sua dimensione storica. Il ricordo delle tombe dei grandi perso-naggi sepolti in Santa Croce (Machiavel-li, Michelangelo, Galilei) dura nei secoli estimola anche nel periodo attuale a com-piere imprese valorose. Da queste tombe, dall’esempio di un pas-sato glorioso, gli italiani potranno trarre laforza per riscattarsi dalla decadenza edall’asservimento in cui sono caduti. Per

questo lo stesso Alfieri amava recarsi nel-la chiesa di Santa Croce, dove ora riposa,e la sua sepoltura ispira ancora ai visita-tori amore per la patria.A partire da questo collegamento, Fo-scolo prosegue ripercorrendo i miti diAiace e di Elettra. Tutto il passo risente di modelli letterari,in particolare nell’uso di ricordare i perso-naggi attraverso la figura retorica dell’an-tonomasia*, cioè senza citarne il nome,ma elencando i tratti più significativi del-la loro personalità. Ma ciò che è notevo-

le, in questi versi, è soprattutto la capa-cità di sintetizzare e di racchiudere in im-magini il significato ultimo delle persona-lità dei grandi che vengono ricordati. Fe-dele alla sua idea che la poesia lirica«canta con entusiasmo le lodi de’ numi edegli eroi», Foscolo costruisce qui e neiversi successivi dei personaggi che tra-sforma in simboli. E proprio nei «grandi»sepolti in Santa Croce la poesia esercitapienamente la sua funzione di memoria edi celebrazione dei valori di cui sono por-tatori gli «eroi».

lavoraresultestoComprensione

1. L’attacco (vv. 151-154), che rappre-senta una nuova svolta nel tessuto di ar-gomentazione del carme:

a. esprime un’ipotesi;b. è un’affermazione netta;c. esprime una speranza e un augurio.

2. Il mito di Aiace è condensato in unasorta di massima. Quale?

Analisi

1. Evidenzia nel testo l’inizio e la fine diogni periodo.

Sintesi

1. Utilizzando l’apparato delle note rico-struisci in sintesi il mito di Aiace.

Produzione

1. Elenca i grandi che sono celebrati inquesti versi.

Nel carme gli enjambements sono numerosissimi; Fo-scolo usa questo strumento retorico per annullare lacantabilità dei versi e creare misure ritmiche ampie,mobili, duttili. Con l’enjambement spezza legami sin-tattici e di significato a volte assai forti, isolando pa-role-chiave all’inizio del verso successivo, oppurecrea effetti di «legato». Rileggiamo ad esempio i vv.182-185:

da che le mal vietate Alpi e l’alternaonnipotenza delle umane sortiarmi e sostanze t’invadeano ed aree patria e, tranne la memoria, tutto.

L’enjambement, annullando la pausa di fine verso,crea un tempo e uno spazio ampio nel quale il poli-sindeto* intensifica la visione drammatica della sto-ria italiana.

Approfondimento L’ENJAMBEMENT NELLA POESIA DI FOSCOLO

Dei Sepolcri,vv. 226-295

T13 Solo la poesia può dare l’immortalitàIl grande tema della poesia chiude il carme: solo la voce dei poeti può superare l’oblio e vincere il silen-zio dei secoli, e la figura di Omero è l’emblema e il simbolo di questa facoltà che Foscolo invoca ancheper i suoi versi. La costruzione del personaggio-simbolo del poeta greco è preparata da lontano e pre-suppone il racconto epico-lirico che si sviluppa attraverso le figure di Elettra, della discendenza troia-na, di Cassandra. Qui avviene il passaggio logico conclusivo nel quale il poeta proclama la superiorità

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512 Secondo Settecento

della poesia. La poesia è un elemento civilizzatore capace di conservare in eterno memorie e idealità,più della tomba che, al contrario, è soggetta al tempo.Metro: endecasillabi sciolti.

E me che i tempi ed il desio d’onorefan per diversa gente ir fuggitivo,me ad evocar gli eroi chiamin le Musedel mortale pensiero animatrici.

230 Siedon custodi de’ sepolcri, e quandoil tempo con le sue fredde ale vi spazzafin le rovine, le Pimplée fan lietidi lor canto i deserti, e l’armoniavince di mille secoli il silenzio.

235 Ed oggi nella Tróade inseminataeterno splende a’ peregrini un locoeterno per la Ninfa a cui fu sposoGiove, ed a Giove die’ Dàrdano figlioonde fur Troia e Assàraco e i cinquanta

240 talami e il regno della Giulia gente.Però che quando Elettra udì la Parcache lei dalle vitali aure del giornochiamava a’ cori dell’Eliso, a Giovemandò il voto supremo: «E se – diceva –

245 a te fur care le mie chiome e il visoe le dolci vigilie, e non mi assentepremio miglior la volontà de’ fati,la morta amica almen guarda dal cielo

Per parte mia, possano le Muse, che danno vita al pensiero umano, chiamare me, che la meschi-nità del momento e il desiderio di onore costringono a un continuo vagare in esilio tra genti diver-se, per immortalare con la poesia gli eroi. Le Muse siedono a custodia delle tombe degli eroi, e quan-do il tempo con le sue ali fredde spazza via perfino le rovine di quei sepolcri, le Muse fanno lieti conil loro canto i deserti, e la bellezza del canto sopravanza il silenzio della morte di mille secoli. E an-cora oggi nella regione in cui sorgeva Troia resa sterile perché non più coltivata, ai viaggiatori ap-pare splendente per la sua eterna gloria un luogo, consacrato all’eternità grazie alla Ninfa (Elettra)alla quale si unì Giove, e al dio diede un figlio, Dàrdano, da cui discese la stirpe che fondò Troia, e inparticolare Assaraco e i cinquanta figli sposati di Priamo, fino alla gente Giulia che fondò l’Imperodi Roma. (E questo avvenne) perché, quando Elettra sentì che la Parca la chiamava dall’atmosferapiena di vita della luce per avviarla ai Campi Elisi, dove le anime intrecciano danze, rivolgendo aGiove l’ultima implorazione diceva: «Se mai ti furono cari i miei capelli, il mio viso e le dolci nottid’amore, e il volere del destino non concede a me in quanto mortale una sorte migliore, l’immorta-

227. ir: andare. Ritorna il motivo fosco-liano del «reo tempo», dell’età colpevole,che costringe chi voglia conservare di-gnità e dirittura morale a non scendere acompromessi e ad andare in esilio.228-229. ad evocar... animatrici: il com-pito che Foscolo si augura è quello di evo-car gli eroi, eternare nella memoria, trami-te l’arte, il ricordo degli spiriti eletti. Le Mu-se, secondo il pensiero mitico greco, eranoappunto figlie di Mnemosine, la memoria.232. Pimplée: epiteto delle Muse, allequali era sacro il monte Pimpla, in Mace-

donia.235. inseminata: non più coltivata equindi resa sterile.237-240. Ninfa... gente: Foscolo si attie-ne a una delle tante genealogie deiDardànidi, i mitici fondatori della civiltàtroiana, ai quali si ricollegarono i poeti egli storici di Roma antica per nobilitarel’origine della loro città. Da Dardano di-scese Erittonio, quindi il figlio Troo (dacui deriva uno dei nomi della città diTroia); da questi nacquero Ilo (dal qualederiva Ilio, l’altro nome di Troia), Gani-

mede (che fu rapito in cielo perché fossecoppiere degli dèi) e Assaraco: da Ilo deri-va la stirpe regnante della città che ter-mina con Priamo, da Assaraco il «ramocadetto» al quale apparteneva Anchiseche, unitosi a Venere, generò Enea, da cuiproviene la successiva generazione deiRomani.241. Parca: Atropo, quella delle tre Par-che che tagliava il filo della vita.243. cori: danze; cori è un grecismo.246. assente: consente.

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onde d’Elettra tua resti la fama».250 Così orando moriva. E ne gemea

l’Olimpio; e l’immortal capo accennandopiovea dai crini ambrosia su la Ninfae fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto

255 cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donnesciogliean le chiome, indarno ahi! deprecandoda’ lor mariti l’imminente fato;ivi Cassandra, allor che il Nume in pettole fea parlar di Troia il dì mortale,

260 venne; e all’ombre cantò carme amoroso,e guidava i nepoti, e l’amorosoapprendeva lamento a’ giovinetti.E dicea sospirando: «Oh se mai d’Argo,ove al Tidìde e di Laérte al figlio

265 pascerete i cavalli, a voi permettaritorno il cielo, invan la patria vostracercherete! Le mura opra di Febosotto le lor reliquie fumeranno.Ma i Penati di Troia avranno stanza

270 in queste tombe; ché de’ Numi è donoservar nelle miserie altero nome.E voi palme e cipressi che le nuorepiantan di Priamo, e crescerete ahi prestodi vedovili lagrime innaffiati,

lità, almeno dall’alto del cielo continua a mostrare la tua benevolenza verso l’amica morta, in mo-do che rimanga la fama della tua Elettra». Pregando così, moriva. E Giove Olimpio se ne addolora-va e, facendo con il capo immortale un cenno d’assenso alla preghiera, faceva piovere dai suoi ca-pelli l’ambrosia sul corpo della Ninfa, rendendolo sacro assieme al suo sepolcro. Qui ebbe sepoltu-ra Erittonio e vi dormono le spoglie mortali di Ilo il giusto; qui le donne troiane si scioglievano i ca-pelli cercando di allontanare, ahimè, invano, dai loro mariti il destino di morte che incombeva sudi loro. Qui venne Cassandra, quando il Nume di Apollo che abitava in lei la spingeva a predire lafine di Troia; e cantò alle anime dei Troiani un carme profetico ispirato all’amore di patria, e guida-va i nipoti su quelle tombe, e insegnava ai giovinetti il canto funebre che esprimeva amore di pa-tria. E sospirando diceva: «Oh se mai il cielo permetterà a voi di tornare qui da Argo, dove accudi-rete i cavalli di Diomede, figlio di Tidèo, o di Ulisse, figlio di Laerte, invano cercherete la città vostrapatria. Le mura, costruite da Febo (Apollo), saranno fumanti sotto le loro rovine. Ma i padri fonda-tori di Troia e i suoi eroi continueranno ad avere la loro sede in queste tombe; giacché è una con-cessione dei Numi tutelari della patria conservare nobile fama anche nella sventura.

E voi palme e cipressi che le mogli dei figli di Priamo piantano, e che purtroppo crescerete assai

251-252. accennando... ambrosia: ilcenno di Zeus è un tema mitologico giàpresente in Omero. Il primo degli dèi, conun semplice movimento del capo o del so-pracciglio, faceva tremare il mondo, e co-sì esprimeva la volontà definitiva della di-vinità. Si ricordi che l’ambrosia, nella mi-tologia classica, è una prerogativa deglidèi, difficilmente definibile: è insieme ciboe bevanda che, se gustati, danno l’immor-talità, ma è anche unguento e profumo dicui gli dèi si cospargono i capelli e il corpo.254-255. Ivi posò... cenere d’Ilo: la tom-

ba di Elettra diventa per la stirpe troianaciò che per l’Italia è Santa Croce, il luogosacro dove vengono sepolti i grandi e glieroi e da dove si traggono gli auspìci perle azioni gloriose, perché vi abitano i Nu-mi tutelari della patria. Non a caso ritor-nano in questi versi termini che eranogià comparsi nel carme proprio in rela-zione a Santa Croce (posò, dorme).256. deprecando: allontanando.258. Cassandra: Cassandra era una fi-glia di Priamo. Apollo, innamoratosi dilei, le fece dono delle facoltà profetiche

grazie alle quali prevedeva il futuro ma,sdegnato per essere stato rifiutato dallagiovane, la condannò a non essere maicreduta nelle sue profezie.263. Argo: qui Argo è citata come indi-cazione generica di tutte le città grecheda cui provenivano gli eserciti che avreb-bero distrutto Troia.267. opra di Febo: le mura di Troia sonodefinite opra di Febo perché, secondo il mi-to, esse furono edificate da Apollo (Febo)e Nettuno.

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514 Secondo Settecento

275 proteggete i miei padri: e chi la scureasterrà pio dalle devote frondimen si dorrà di consanguinei luttie santamente toccherà l’altare.Proteggete i miei padri. Un dì vedrete

280 mendico un cieco errar sotto le vostreantichissime ombre, e brancolandopenetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,e interrogarle. Gemeranno gli antrisecreti, e tutta narrerà la tomba

285 Ilio raso due volte e due risortosplendidamente su le mute vieper far più bello l’ultimo trofeoai fatati Pelidi. Il sacro vate,placando quelle afflitte alme col canto,

290 i Prenci Argivi eternerà per quanteabbraccia terre il gran padre Oceano.E tu onore di pianti, Ettore, avraiove fia santo e lagrimato il sangueper la patria versato, e finché il Sole

295 risplenderà su le sciagure umane».

presto innaffiati dalle lacrime delle vedove, proteggete i miei antenati: e chi rispettoso delle leggi re-ligiose terrà lontana la scure e non vi abbatterà, meno si dovrà dolere di sciagure familiari e potràaccostarsi agli altari toccandoli con mani pure (voi, palme e cipressi), un giorno vedrete aggirarsisotto le vostre antichissime ombre un cieco mendico (Omero), ed entrare brancolando nei sepolcri,ed abbracciare le tombe, e interrogarle. Le cavità più nascoste del sepolcro risuoneranno d’una vo-ce lamentosa e ogni tomba svelerà la storia di Troia, rasa al suolo per due volte e per due volte ri-sorta sopra le strade rese deserte dalla precedente rovina, ancora più splendida, per rendere più bel-lo il definitivo trionfo dei Greci strumenti del fato. Il poeta, sacro cantore della civiltà umana, pla-cando col suo canto il dolore di quelle anime afflitte, renderà eterna la memoria dei re e degli eroigreci per tutte le terre che sono circondate dall’Oceano, gran padre del mondo. E nello stesso tem-po tu, o Ettore riceverai l’onore del compianto, fino a quando sarà considerato sacro e degno di la-crime il sangue versato per la patria, e fino a che il Sole splenderà sopra le sciagure degli uomini.

278. toccherà l’altare: la preghiera pre-vedeva che si poggiassero le mani sull’a-ra del dio che si invocava.282. avelli: gli edifici costruiti o le came-

re scavate nella roccia, dove si collocava-no le tombe vere e proprie.288. Pelidi: la stirpe di Pelèo, quella diAchille, l’eroe più forte, e di suo figlio Pir-

ro, che prese il suo posto dopo che Achil-le fu ucciso. 292. Ettore: l’eroe troiano per eccellen-za, simbolo del valore sfortunato.

AnalisideltestoLa poesia «vince di mille secoli il silenzio»Il carme approda all’esaltazione dellapoesia, un tema centrale nella riflessionefoscoliana. L’opera distruttrice del tempoe della natura distruggerà anche i sepol-cri; spetta allora alla poesia dare voce aglieroi e alle loro imprese e renderne eternoil ricordo, come fece Omero cantando lastoria di Troia. La figura-simbolo del poe-

ta greco chiude il carme in un crescendodi intensità; in essa Foscolo riassume l’i-dea stessa della poesia e ne esemplificala potenza: dove un tempo sorgeva Troiaora c’è un deserto, ma il luogo resterà fa-moso in eterno, così come l’esempio delvaloroso Ettore, morto per salvare la pa-tria, si tramanderà nei secoli, attraverso iversi del poeta. La poesia che qui vieneesaltata come modello non canta solo le

grandi imprese dei vincitori, ma ha il com-pito anche di serbare il ricordo deglisconfitti e delle loro sofferenze, quindi distimolare i posteri sia ad azioni glorioseche alla pietà e alla compassione per ivinti.Il vecchio cieco che interroga la tomba diIlio, nodo di affetti e di amor patrio, nonsolo è la poesia antica, ma l’ideale dipoesia cui Foscolo si ispira, tanto è vero

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ModuloAutore Ugo Foscolo 515

lavoraresultestoComprensione

1. Omero è il personaggio-simbolo cheriassume l’idea stessa di poesia. Comeviene rappresentato in questa parte delcarme? In quale sonetto Foscolo parla an-cora di Omero, e come lo rappresenta?2. In uno scritto (Lettera a Monsieur Guil-lon), inviato al letterato francese che ave-va criticato i Sepolcri, Foscolo parla di Et-tore come del «più nobile e men fortunatodagli eroi». Chi era Ettore? Secondo te,per quale ragione, tra tanti eroi vincitori, ilpoeta ha scelto la figura di un vinto?

a. Perché Ettore è il personaggio preferi-to da Omero;

b. perché l’eroe infelice genera nel lettorepiù commozione;c. perché la figura dell’eroe infelice, vitti-ma del destino, si inscrive nella sua con-cezione pessimistica della vita;d. perché la figura dell’eroe infelice era insintonia con la propria esperienza e conl’immagine di sé costruita in tanta partedella sua opera.

Analisi

1. Rileggi i vv. 226-229. Ritornano motivigià espressi nel carme e in altre opere fo-scoliane. Quali? 2. In questi versi ritorna ripetutamente

l’attacco «E» a inizio di periodo. Quale fun-zione espressiva riveste?

Sintesi

1. Elenca i personaggi evocati in questiversi.

Produzione

1. Per Foscolo la poesia vince l’oblio deltempo e della morte. Secondo te, attra-verso quali opere o forme di espressionel’uomo contemporaneo può essere ricor-dato?

che l’intero episodio è introdotto dall’in-vocazione dei vv. 226-228 («E me che itempi... me ad evocar gli eroi chiamin leMuse»), quasi a suggerire un parallelo tral’immagine potente di Omero e Foscoloche, scegliendo di cantare il sepolcro,

chiede alle Muse di essere chiamato algrande ufficio della poesia di tutti i tempi.In questa ultima parte del carme ritorna-no in maniera implicita, attraverso la nar-razione e le immagini, tutti i temi che Fo-scolo ha in precedenza costruito intorno

al valore del sepolcro: il significato affet-tivo della tomba nelle parole di Elettra, lafunzione educativa e civile delle tombedei grandi nel lamento di Cassandra e in-fine la poesia che dà eternità.

Antonino Pagliaro spiega che Foscolo, nel porsi il proble-ma del significato della tomba, parte da una negazione delsuo valore sul piano filosofico; questo presupposto raziona-le non gli impedisce, però, di cogliere l’importanza che co-munque essa ha per l’uomo e per il suo destino. L’uomo èproteso a negare Ia sua mortalità, a tentare, in qualche mo-do, di sconfiggerla, e la tomba lo «aiuta» in tal senso, consen-tendogli di crearsi un’illusione che è condizione essenzialedel suo vivere. Del resto, su delle illusioni si fondano i princì-pi religiosi e morali cui l’uomo deve attenersi per garantirsiuna possibilità di convivenza civile con gli altri. Partendo da presupposti filosofici di tipo materialistico, Fo-scolo finisce col superarli, pur senza negarli mai, e a poco val-gono, rispetto alla sua opera, i rilievi critici che, muovendo daposizioni diverse, non sanno coglierne la logica interna e laprofonda malinconia che ne garantisce il livello poetico.

Lo schema del carme si attiene con assoluto rigore altema della tomba e della sua rivendicazione comevalore umano, nei confronti delle leggi napoleoni-che che lo misconoscevano. La tomba viene assuntaper quello che è nel costume, una realtà che ha un

suo rilievo di ordine affettivo, sociale e storico, nellavita di tutte le comunità civili: il suo posto è all’om-bra dei cipressi; è adorna di fiori ed è confortata dal-le visite e dal pianto dei vivi. Questa realtà, sul pianodella verità assoluta, che coincide nel pensiero di Fo-scolo con la verità della natura-materia, quale ci ap-pare dall’osservazione e dalla indagine, non ha valo-re, perché non può dare stabilità e durata al caduco(la speranza cristiana nella risurrezione non soccor-re), ed essa stessa, come ogni altra cosa, è travolta dalmoto incessante e irresistibile che spezza e confondeperennemente le forme di tutto ciò che esiste. Il veroassoluto è per Foscolo la natura, più propriamente,questa forza cosmica che trascina l’universo in unincessante divenire, in cui le forme della materia ap-paiono come realtà transeunti1 e caduche.Sullo sfondo di questa negazione, che è un vero e pro-prio presupposto, per quanto generico, di credo filo-sofico, la tomba si pone come cosa assai importante

La critica IL VALORE DELL’ILLUSIONE

1. transeunti: passeggere.

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516 Secondo Settecento

nei confronti dell’uomo e del suo destino. Infatti, il va-lore che ognuno vi annette è in ragione del desiderio,presente in lui come in tutti, di ritardare il proprio per-dersi, come consistenza di persona, nella notte dell’o-blio. Tale sentimento di ciascuno si integra nella pre-rogativa pure generale, ma propria ed esclusiva del-l’uomo, di potersi intrattenere sul piano della memo-ria anche con chi non appartiene più alla realtà fisicaed esiste solo come immagine riflessa nella coscienzadi chi lo ha conosciuto vivente. Questa facoltà è cele-ste, quasi soprannaturale, perché consente di stabili-re un campo di rapporti, al di sopra della legge dellamateria ed eludendo il suo rigore: la tomba è la condi-zione, l’istituto per dire così, di un tale corrispondere.Il concretarsi all’esterno, in istituto, di questa facoltàdell’uomo va di pari passo con il suo togliersi dallo sta-to ferino e l’affermarsi di quelle forme civili del vivere,che impongono affetti e rispetti, fuori e oltre le formeconcrete dell’esistere materiale.Perciò la tomba è un dato della storia, una facoltàumana che si atteggia in concreto con una sua li-bertà e intorno alle cui modalità diverse si può dareun giudizio di valore sulla base della conformità alsuo fine (oppure giudizio di simpatia, diremo noi).Rispetto ai valori, di cui si costituisce la storia, hafunzione preminente, giacché contribuisce a mante-nere la tradizione e ad elevarla con il ricordo di colo-ro che più hanno contribuito a sottrarre l’umanità alpredominio della materia e farla vivere nel modo chepiù le è proprio. La tomba fornisce un punto di riferi-mento per l’esaltazione dei grandi e di quegli eroiche, come Ettore rispetto a Troia, forniscono con il lo-

ro valore e il loro sacrificio un’espressione eroica del-la devozione a quella continuità ideale, che costitui-sce la patria.Tutto ciò, di fronte a quella forza cosmica che tuttoannienta e trasforma, di fronte all’assolutezza dellasua disperata verità, si qualifica come illusione; maquesto illudersi è condizione ed essenza dell’essereuomini. (...)I Sepolcri sono un documento del pensiero del Foscolo;pensiero che è potuto diventare poesia, perché affon-da le proprie radici nell’intimo della coscienza, comeessa sente, ama «l’armonia del giorno». Sullo sfondodell’amarezza del morire fisico, che si sistema a nozio-ne del trasformarsi incessante di tutte le cose, si ergeuna visione virile della vita, additata come l’unico ri-medio, poiché in qualche modo appaga l’ansia di esi-stere oltre di sé. Non c’è dubbio che tale visione, in cuidomina il valore della tradizione e della patria, comeforme essenziali del sopravvivere terreno, muove nonda secchi presupposti razionali, bensì da un sentireche si immedesima con tutta la personalità del poeta.Di essa egli non dà, né ha bisogno di dare, una giustifi-cazione razionale; anzi è disposto a considerarla comeillusione, quando si guardi alla sua relatività rispettoall’assoluto dell’eterno finire. Ma nell’ambito dell’uo-mo, e delle facoltà che a lui solo la stessa natura haconferito, tale relatività diventa per lui assolutezza: lavita raggiunge la propria assolutezza nelle forme eroi-che dell’agire, così come la raggiunge nell’arte, che dàrealtà duratura a momenti di superiore creatività.

[A. Pagliaro, Nuovi saggi di critica semantica, D’Anna, Messina-Firenze 1956]

La struttura e la composizione Le Grazie si pre-sentano come un’opera che non solo non è conclu-sa, ma non ha unitarietà, in quanto si compone di uninsieme di frammenti poetici che hanno come ele-mento comune l’esaltazione di immagini di bellezzae temi di carattere mitico-allegorico. La composizio-ne delle Grazie comincia nel 1803 quando inizia adaffacciarsi in Foscolo l’idea di una poesia d’argomen-to mitologico. Intorno al 1809 già pensava a uncomponimento intitolato alle Grazie secondo quan-to testimonia una lettera inviata al Monti il 12 di-cembre del 1808 nella quale, parlando dei suoi pro-getti poetici, parla anche di una serie di «inni italia-

ni» di cui uno, rivolto alle Grazie, «ove saranno ido-leggiate tutte le idee metafisiche sul bello». Riprese alavorare al progetto solo tra l’agosto e il settembre del1812, a Firenze, dove fu colpito dalla statua della Ve-nere di Canova che era stata collocata nel maggio del1812 nella galleria degli Uffizi. Prese corpo in questimesi una prima redazione composta per altro diframmenti. Nella primavera del 1813 ritornava a la-vorare all’opera maturando l’idea di scrivere non unsolo inno ma un «Carme tripartito», composto cioèdi tre inni dedicati rispettivamente a Venere, Vesta ePallade. Questo progetto non prese mai una vera epropria forma e Foscolo continuò a lavorare sui

LE GRAZIE

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frammenti composti e a scrivere nuove parti. L’insie-me di questi testi furono trascritti sul cosiddetto«Quadernone» dove compare la divisione in tre inni. Un filo narrativo Le Grazie, scrive Foscolo, sonoentità «intermedie tra il cielo e la terra, dotate dellabeatitudine e della immortalità degli dei, ed abitatri-ci invisibili fra i mortali per diffondere sovr’essi i favo-ri de’ Numi»; esse educano gli uomini al dominio del-le passioni, alla benevolenza e al pudore. Su tuttoquesto si fonda l’intento didattico del carme che do-vrebbe mostrare la funzione civilizzatrice delle Gra-

zie. Questo aspetto è rilevabile nello sviluppo narra-tivo di cui diamo conto per quanto riguarda i fram-menti contenuti nella redazione del «Quadernone».Il primo inno è dedicato a Venere e narra la nascitadelle Grazie che emergono dal mare e diffondono tragli uomini l’armonia; il secondo, dedicato a Vesta,racconta i riti che tre donne (la fiorentina EleonoraNencini, la bolognese Cornelia Martinetti, la mila-nese Maddalena Bignami) offrono in onore delleGrazie sulla collina di Bellosguardo. La prima donnasuona l’arpa, la seconda porta in dono un favo sim-bolo della poesia, la terza danza. Il terzo inno è dedi-cato ad Atena. Controversa la datazione dei Versi delvelo che raccontano la tessitura di un velo che Palla-de dona alle Grazie per proteggerle dalla passione de-gli uomini. Tutti e tre gli inni sono dedicati allo scul-tore Antonio Canova.I temi In quanto opera non conclusa, Le Graziehanno dato origine a interpretazioni divergenti: co-me svolta, rinuncia rispetto agli ideali della poesiaprecedente, o come continuazione, se pure in formedifferenti, dello stesso impegno di poeta. L’opera fo-scoliana per il fatto di essere la più vicina al neoclas-sicismo, sarebbe da leggere come una sorta di ri-nuncia alla poesia d’impegno civile che si eraespressa nei Sepolcri, una involuzione verso formepure, levigate ed eleganti ma non più nutrite da con-tenuti ideali e morali.In realtà le Grazie non segnano una svolta nelle ideeestetiche foscoliane e tanto meno una rinuncia aquell’ideale di poesia lirica che abbiamo fino ad oraesposto e testimoniato, ma piuttosto un mutamen-to tematico che nasce dall’ulteriore approfondirsidella visione negativa dell’uomo e della storia. La no-vità è pertanto nell’identificazione della bellezza co-me valore supremo e del bello morale con l’armonia,anche perché queste scelte tematiche rimarcano po-lemicamente il suo giudizio negativo sulla storia eoppongono la poesia alla realtà.

ModuloAutore Ugo Foscolo 517

Antonio Canova, Le tre Grazie, 1812-16, marmo, San Pietroburgo,Ermitage

Le Grazie, Inno primo, vv. 82-150

T14 La comparsa di Venere e delle Grazie agli uomini primitiviIl passo che riportiamo è tratto dall’Inno primo intitolato a Venere; ne diamo la versione attestata nellaredazione del cosiddetto «Quadernone» (vv. 82-150). È la scena in cui la divinità si mostra agli uomini esi fa riconoscere per i suoi miracolosi effetti e rende manifesti i suoi poteri. L’episodio è un sapientissi-mo intreccio di quadri che si alternano, al fine di evidenziare, per contrasto, la perfezione delle dee e l’or-rore dello stato primitivo dell’umanità.Metro: endecasillabi sciolti.

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Poi come l’orme della Diva e il risodelle vergini sue fer di Citerasacro il lito, un’ignota violettaspuntò a’ piè de’ cipressi, e d’improvviso

5 molte purpuree rose amabilmentesi conversero in candide. Fu quindireligione di libar col lattecinto di bianche rose, e cantar gl’innisotto a’ cipressi, e d’offerire all’ara

10 le perle e il fiore messagger d’Aprile.L’una tosto alla Dea col radiantepettine asterge mollemente e intrecciale chiome dell’azzurra onda spumanti:l’altra sorella a’ zefiri consegna

15 a rifiorirle i prati a primaveral’ambrosio umore ond’è irrorato il senodella figlia di Giove: verecondala terza ancella ricompone il peplosu le membra divine, e le contende

20 di que’ selvaggi attoniti al desìo.Non prieghi d’inni o danze d’imeneima de’ veltri perpetuo l’ululatotutta l’isola udia, e un suon di dardie gli uomini sul vinto orso rissosi

25 e de’ piagati cacciatori il grido. Cerere invan donato avea l’aratroa que’ feroci, invan d’oltre l’Eufratechiamò un dì Bassaréo giovine dioa ingentilir di pampini le balze:

30 il pio stromento irruginìa su’ brevisolchi sdegnato; divorata innanzi

518 Secondo Settecento

1-3. Poi come... lito: poi, non appena ilcontatto del piede di Venere (Diva) e il sor-riso delle sue Grazie (vergini) resero santoil lido dell’isola di Citera. – ignota: fino adallora mai vista, mai spuntata prima.5-6. molte... in candide: molte rose rossesi tramutarono in bianche per partecipa-re al nuovo spirito di purezza. Il passaggiodal rosso, emblema della passionalità, albianco, colore della castità, è chiaramen-te simbolico.6-10. Fu quindi... d’Aprile: da qui (quin-di) nacque la tradizione rituale (religione)di versare in offerta alla divinità (libar)latte circondato da rose bianche e di can-tare inni sotto i cipressi e di portare comeofferta sull’altare di Venere perle (sacreappunto a Venere) e viole (il fiore messag-ger d’Aprile).11-13. L’una tosto... spumanti: subitouna delle tre Grazie col pettine splendente(radiante, raggiante) dolcemente pulisce(asterge) ed intreccia i capelli della dea anco-ra bagnati dalla spuma delle azzurre onde.14-17. l’altra... Giove: l’altra Grazia

sparge al vento (a’ zefiri consegna) le stille(umore) di ambrosia di cui è (ond’è) anco-ra bagnato il petto di Venere, figlia di Gio-ve, perché faccia per lei rifiorire i prati aprimavera.17-20. vereconda... al desìo: la terza del-le Grazie, ancella della dea, spinta dal pu-dore (vereconda) ricompone i lembi del pe-plo sul corpo di Venere, e ne impedisce lavista (contende) a quei selvaggi storditi daquella visione e invasi dal desiderio.21-23. Non prieghi... udia: per tutta l’iso-la non si sentivano inni di preghiera né co-ri e danze per celebrare matrimoni (Ime-nèo era un dio protettore delle nozze e perestensione il termine indicava anche il ri-to nuziale), ma si sentiva continuamenteil latrare dei cani da caccia. Religione e le-gami matrimoniali sono fonti di civiltà; siricordi il passo dei Sepolcri: «Dal dì chenozze e tribunali ed are / diero alle umanebelve esser pietose...» (vv. 90 e sgg.).24-25. e gli uomini... grido: (ma si senti-va) la lotta degli uomini che si litigavanol’orso abbattuto e le grida dei cacciatori

feriti (piagati) dagli animali inferociti.26-29. Cerere... balze: senza risultatoCerere, la dea delle messi, aveva donato aquegli uomini belluini l’aratro, e invanoun giorno aveva chiamato dall’Asia (d’ol-tre l’Eufrate, dalla Mesopotamia) Bacco(Bassaréo, epiteto del dio dalla città asia-tica di Bassara dove era venerato), il diogiovane (non solo Bacco era rappresen-tato come un giovane, ma, originario diculti orientali, era anche l’ultimo deglidèi che si erano aggiunti all’Olimpo gre-co), perché rendesse feconde (ingentilir)dei pampini della vita gli aspri fianchi deimonti. Secondo la mitologia classica sial’agricoltura che il vino furono dono de-gli dèi agli uomini perché abbandonasse-ro il primitivo stato ferino.30-33. il pio... d’autunno: l’aratro, stru-mento sacro (perché dono di una dea),trascurato (sdegnato), arrugginiva sui sol-chi appena accennati e subito interrotti(brevi); e la vite veniva divorata prima chematurasse (imporporasse) i grappoli al so-le autunnale. L’immagine dei grappoli di-

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che i grappoli novelli imporporassea’ rai d’autunno, era la vite: e soloquando apparian le Grazie i predatori

35 e le vergini squallide e i fanciullil’arco e il terror deponeano ammiranti.Con mezze in mar le rote iva frattantolambendo il lito la conchiglia, e al litopur con le braccia la spingea le molli

40 Nettunine. Spontanee s’aggiogaronoalla biga gentil due delle cerveche ne’ boschi Dittei schive di nozzeCintia a’ freni educava; e poi che domeaveale a’ cocchi suoi pasceano immuni

45 di mortale saetta. Ivi per sortevagolando fuggiasche eran venutele avventurose, e corsero ministreal viaggio di Venere. ImprovvisaIri che segue i Zefiri col volo

50 s’assise auriga, e drizzò il corso all’Istmodel Laconio paese. Ancor Citeradel golfo intorno non sedea regina:dove or miri le vele alte su l’ondapendea negra una selva, ed esiliato

55 n’era ogni Dio dai figli della terraduellanti a predarsi: i vincitorid’umane carni s’imbandian convito.Videro il cocchio e misero un ruggitopalleggiando la clava. Al petto strinse

60 sotto il suo manto accolte le gementisue giovinette, e, O selva ti sommergi,Venere disse, e fu sommersa. Ah tali

ModuloAutore Ugo Foscolo 519

vorati anzi tempo può far pensare alle vi-gne non curate e assalite da uccelli e altrianimali, ma forse sono gli stessi brutiumani a mangiarli, incapaci di distingue-re il buono dal cattivo.34-36. quando... ammiranti: all’appari-re delle Grazie i feroci cacciatori, le giova-ni donne che non avevano cura del lorocorpo (squallide) e i fanciulli deponevanol’arco e cessavano di essere preda del ter-rore (di essere attaccati dagli altri), presicom’erano dall’ammirazione. Le Graziefanno sì che l’uomo cessi di essere «lupo»per l’altro uomo.37-40. Con mezze... Nettunine: intantola conchiglia, che faceva da cocchio a Ve-nere, andava lungo la spiaggia con leruote mezze sommerse nel mare, e leNinfe del Mare (Nettunine), molli dellasua acqua, la spingevano verso il litoralesolo (pur) con la spinta delle braccia. Ilcocchio non era cioè ancora trainato daalcun animale.40-45. Spontanee... saetta: spontanea-mente si sottomisero al giogo della nobile(gentil) biga due cerve, mai accoppiatesi

(schive di nozze) che Diana (Cintia, perchénata, assieme al fratello Apollo, sul Mon-te Kynthos) allevava (educava) nei boschidel Monte Ditte perché si abituassero aifinimenti (freni); e dopo che la dea le ave-va abituate ad essere attaccate ai suoicocchi, pascolavano rese invulnerabili(immuni) dalle frecce degli uomini. Comespiegò Foscolo, questa immagine dellecerve di Diana che si sottomettono al coc-chio di Venere simboleggia la resa dellacaccia che «cede a studi più umani».45-48. Ivi per sorte... Venere: per caso,vagando (vagolando, intensivo presenteanche nei Sepolcri, v. 71: s T10) in fuga,quelle cerve che si erano allontanate dailuoghi loro abituali (avventurose), eranogiunte lì e si slanciarono per favorire (mi-nistre, aiutanti) il viaggio di Venere.48-51. Improvvisa... paese: improvvisa-mente Iride (la messaggera degli dèi,identificata anche con l’arcobaleno), chevola veloce come i venti (i Zefiri), si sedet-te sul cocchio come auriga e indirizzò ilcammino verso l’istmo che collegava Ci-tera con la Laconia.

51-52. Ancor... regina: a quel tempo Cite-ra non era ancora un’isola, non stava co-me una regina nel mare del golfo; Foscoloimmagina che Citera fosse collegata al Pe-loponneso, di cui la Laconia è una regione,da una striscia di terra, un istmo.53-57. dove or... convito: dove adesso ve-di (miri) le vele innalzarsi sulla superficiedel mare, una oscura selva si stendeva (pen-dea) sul fianco dei monti e ogni Dio, ognisentimento religioso, era ignoto (esiliato/n’era) agli uomini di quella terra, occupati aduellare per strapparsi la preda: i vincitoriimbandivano, per nutrirsi, i corpi dei vinti.58-59. Videro... clava: quegli uomini feri-ni videro il cocchio di Venere e fecero on-deggiare tra le mani le clave. Il verbo «pal-leggiare» venne usato più volte dal Foscolonelle sue traduzioni da Omero per tradurreil verbo greco pàllein, che indicava appuntolo scuotimento dell’asta nella mano primadel lancio per meglio assestare la presa.59-61. Al petto... giovinette: Venerestrinse al petto, sotto il suo manto, le suetre Grazie che gemevano per la paura.61-62. O selva... sommersa: di fronte al-

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fors’eran tutti i primi avi dell’uomo!Quindi in noi serpe miseri un natio

65 delirar di battaglie e se pietosenol placano le Dee, cupo riardeostentando trofeo l’ossa fraterne;ch’io non lo veggia almeno or che in Italiafra le messi biancheggiano insepolte!

520 Secondo Settecento

la ferinità che non si vuole arrendere al-la grazia civilizzatrice non rimane che ladistruzione per intervento divino; termi-nando così l’invenzione precedente Fo-scolo spiega come Citera, sacra a Venere,sia diventata un’isola.62-67. Ah tali... fraterne: ahimè, forsetutta la prima progenie umana era così sel-vaggia e feroce! e per il fatto che noi discen-diamo tutti da quella (Quindi) in noi mise-

ri uomini serpeggia un primigenio (natio)istinto che ci fa esaltare insensatamente(delirar) per la lotta e se le Grazie, avendocompassione per noi, non placano taleistinto (nol, non lo), esso torna a infiam-marsi di nuovo e ci porta a mostrare (osten-tando) come un glorioso trofeo di vittoria leossa di altri uomini, nostri fratelli.68-69. ch’io... insepolte: che io, almeno,non veda tutto questo (lo, indica quanto

detto al v. 67) adesso che in Italia ossa in-sepolte biancheggiano nei campi su cuicrescono le messi. Nel momento in cui Fo-scolo scriveva questi versi, 1813, erano incorso guerre napoleoniche, ma non inItalia; quindi il riferimento non può esse-re considerato puntuale, relativo cioè adun contemporaneo fatto d’arme, ma unaconsiderazione generale sulla violenza deitempi che aveva toccato anche l’Italia.

AnalisideltestoLa bellezza porta la civiltà agli uomini

Il tema principale di questi versi è l’effettodella comparsa di Venere e delle Graziesugli uomini primitivi; tema che, necessa-riamente, da un punto di vista concettua-le, si intreccia con quello dell’esaltazionedella divinità. La tesi è quella solita del Fo-scolo: solo la bellezza serenatrice placa lepassioni istintive e belluine e avvia l’uomoverso la civiltà; tesi illustrata anche attra-verso la rappresentazione dell’inutilità de-gli sforzi degli altri dèi, Cerere e Bacco, diriscattare il genere umano dallo stato diferinità (cfr. vv. 26-36) con il dono dell’ara-tro e della vite. Particolare tutt’altro cheinutile, perché da questi versi viene chia-rito il pensiero del Foscolo, cioè che la na-scita della civiltà è travagliata e difficile,impedita non tanto dalla ignoranza degliuomini, alla quale le scoperte possonoporre rimedio, ma dal fatto che secondoFoscolo la società umana è sorta e vivenella violenza. Questo vizio è tanto radica-to negli uomini che l’apparizione delle

Grazie non basta a eliminarlo, ma, comeviene detto nei vv. 65-66, occorre la pre-senza continua e costante della bellezzaper mantenere allo stadio di latenza la fe-rocia umana, per impedirle di mostrarsi.

Dall’immagine all’allegoria

I versi che abbiamo letto mettono in lucele scelte poetiche di Foscolo nel momen-to in cui scrive le Grazie. Nei versi del poe-metto si nota la perfetta corrispondenzatra l’idea e l’immagine poetica che la rap-presenta: questo garantisce la perfettacoerenza di pensiero e parola, la compat-tezza stilistica che è uno dei pregi mag-giori delle Grazie. Il mito, le antiche figure,i gesti dei personaggi richiamano situa-zioni letterarie, spesso preziose, colte erare, che il Foscolo attingeva dai testiclassici. Ma il carattere specifico della suapoesia è che i testi antichi non «entrano»in quello nuovo, non sono fonte di sempli-ci citazioni; piuttosto forniscono una fisio-nomia ai singoli personaggi che viene uti-lizzata dal poeta per caricare la rappre-

sentazione della scena di significati sim-bolici.I versi riportati, infatti, sono ricchi di parti-colari desunti dalla mitologia classicaquasi insignificanti; si consideri ad esem-pio il dato che la viola è uno dei fiori sim-bolo della primavera incipiente e per que-sto legato tradizionalmente alle divinitàfecondatrici della terra ed anche a Vene-re; notizia che utilizzata così come si rice-ve dalle testimonianze classiche darebbeorigine solo ad una «nota di colore», aduna citazione. Ma Foscolo vivifica tuttoquesto semplicemente con l’aggiunta diun aggettivo: «un’ignota violetta / spuntò»,per cui quella di cui parla non è più unaviola qualsiasi, ma «la prima viola», sco-nosciuta fino a quel momento; ecco dun-que che il fiore acquista tutta la sua valen-za simbolica di bellezza nascosta, fragile,che nasce appartata, ma che per il suoapparire precoce rispetto all’esplosionedella primavera (la chiama «fiore messag-ger d’Aprile» al v. 10) rappresenta il mo-mento originario del trionfo della vita.

lavoraresultestoComprensione

1. Qual è il metro delle Grazie?2. Dividi in «scene» distinte l’apparizionedi Venere e attribuisci un titolo ad ognuna.3. All’apparizione di Venere si contrappo-ne la vita selvaggia di Citera. Quali aspet-

ti mette in risalto il poeta?4. Come e perché Citera diventa un’isola?

Analisi

1. Alla fine del passo che abbiamo lettoFoscolo approda ad una riflessione sul

presente. Quale? Hai trovato lo stesso te-ma in altre opere foscoliane?

Produzione

1. Commenta l’espressione natio / delirardi battaglie (vv. 64-65).

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IL GUSTODI LEGGERE

Ippolito Nievo,Le confessioni di un italiano,cap. XI

T15 Un ritratto ironicoIppolito Nievo (1831-1861), nel suo romanzo Le confessioni di un italiano [smodulo Le confessioni diun italiano, p. 805], ricostruisce insieme alla storia dei suoi personaggi, anche le vicende dell’Italia, dal-la crisi della società settecentesca fino al Risorgimento. All’interno di questo lungo arco di tempo è rac-contato con ampiezza quanto avvenne a Venezia tra la notizia dell’arrivo delle truppe napoleoniche e iltrattato di Campoformio. La pagina che presentiamo ricostruisce un episodio storicamente testimonia-to: una riunione segreta tra patrioti, nobili veneziani e il segretario della legazione francese in Venezia,Joseph Villetard, finalizzata ad ottenere l’abdicazione del governo oligarchico della città e la costituzio-ne di una repubblica democratica prima dell’ingresso di Napoleone. Così avvenne: il 12 maggio il Mag-gior Consiglio della Serenissima Repubblica di San Marco abdica e subentra una Municipalità provvi-soria. Il 16 maggio le truppe francesi entrano in Venezia. Nievo, pur rimanendo sostanzialmente fedele ai documenti, racconta la riunione notturna con qualchelibertà, ad esempio introducendo tra i partecipanti anche personaggi d’invenzione. Alla riunione, secon-do la ricostruzione del romanzo, partecipa anche il giovane Foscolo, che esordisce richiamando allamemoria Bruto – il figlio adottivo di Cesare che fu organizzatore della congiura delle Idi di marzo – co-me difensore delle libertà repubblicane contro il nascente impero di Cesare e di Ottaviano. La circostan-za è inventata, poiché Foscolo in quella data si trovava a Milano, ma a Nievo interessa presentare quiun ritratto non proprio benevolo del grande poeta per sottolinearne gli atteggiamenti eccessivi, teatra-li e politicamente immaturi.

ModuloAutore Ugo Foscolo 521

Restammo noi pochi, l’eletta, il fiore della democrazia Veneziana. Il Dandolo era quel-lo che parlava di più, io certo quello che ci capiva meno. Lucilio s’era rimesso a passeg-giare, a tacere, a pensare. Tutto ad un tratto egli si volse a noi con cera poco contenta,e disse quasi pensando a voce alta:

«Temo che faremo un bel buco nell’acqua!».«Come? – gli diede sulla voce il Dandolo. – Un buco nell’acqua ora che tutto arride

alle nostre brame?... Ora che i carcerieri della libertà impugnano essi medesimi lo scal-pello per infrangerne i ceppi? Ora che il mondo redento alla giustizia ci prepara un po-sto degno onorato indipendente al gran banchetto dei popoli, e che il liberatore d’Ita-lia, il domatore della tirannide ci porge la mano egli stesso per sollevarci dall’abiezio-ne ove eravamo caduti?».

«Io sono medico; – soggiunse pacatamente Lucilio. – Indovinare i mali è mio mini-stero. Temo che le nostre buone intenzioni non abbiano bastevole radice nel popolo».

«Cittadino, non disperar della virtù al pari di Bruto! – uscì a dire come ruggendo ungiovinetto quasi imberbe e di fisionomia tempestosa. – Bruto disperò morendo; noi sia-mo per nascere!».

Quel giovinetto era un Levantino di Zante, figliuolo d’un chirurgo di vascello della Re-pubblica, e dopo la morte del padre avea preso stanza a Venezia. Le sue opinioni non era-no state le più salde in fino allora, perché si bisbigliava che soltanto alcuni mesi prima glifosse passato pel capo di farsi prete; ma comunque la sia, di prete che voleva essere era di-ventato invece poeta tragico; e una sua tragedia, il Tieste, rappresentata nel Gennajo al-lora decorso sul Teatro di Sant’Angelo avea furoreggiato per sette sere filate. Quel giovi-netto ruggitore e stravolto aveva nome Ugo Foscolo. Giulio Del Ponte che non avea fiata-to in tutta la sera si riscosse a quella sua urlata, e gli mandò di sbieco uno sguardo che so-

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522 Secondo Settecento

migliava una stilettata. Tra lui e il Foscolo c’era l’invidia dell’ingegno, la più fredda e ac-canita di tutte le gelosie; ma il povero Giulio s’accorgeva di restar soperchiato, e credevaricattarsi coll’accrescer veleno al proprio rancore. Il leoncino di Zante non degnava nep-pur d’uno sguardo codesta pulce che gli pizzicava l’orecchio, o se gli dava qualche zaffa-ta era più per noja che per altro. In fondo in fondo egli aveva una buona dose di presun-zione e non so se la gloria del cantor dei Sepolcri abbia mai uguagliato i desiderii e le spe-ranze dell’autor di Tieste. Allora meglio che un letterato egli era il più strano e comicoesemplare di cittadino che si potesse vedere; un vero orsacchiotto repubblicano ringhio-so e intrattabile; un modello di virtù civica che volentieri si sarebbe esposto all’ammira-zione universale; ma ammirava sé sinceramente come poi disprezzò gli altri, e quel granprincipio dell’eguaglianza lo aveva preso sul serio, tantoché avrebbe scritto al tu per tuuna lettera di consiglio all’Imperator delle Russie e si sarebbe stizzito che le imperiali orec-chie non lo ascoltassero. Del resto sperava molto, come forse sperò sempre ad onta dellesue tirate lugubri e de’ suoi periodi disperati; giacché temperamenti uguali al suo, tantorigogliosi di passione e di vita, non si rassegnano così facilmente né all’apatia né alla mor-te. Per essi la lotta è un bisogno; e senza speranza non può esservi lotta.

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PER RIPRENDERE IL FILO DEL DISCORSO1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Nel ca-so di affermazioni false, riscrivi la frase in maniera corretta.a. La vera formazione di Ugo Foscolo avvenne a Venezia dove studiò e dove frequentò gli ambienti che facevano di Venezia una città dalla vita culturale vivace. v� f�____________________________________________________b. Ugo Foscolo partecipò agli eventi del suo tempo solo sul piano dell’impegno personale. v� f�____________________________________________________c. Dopo il trattato di Campoformio Foscolo rifiutò qualsiasi incarico pubblico. v� f�____________________________________________________d. Il personaggio di Jacopo Ortis reinterpreta idealmente l’esperienza dell’autore. v� f�____________________________________________________e. Il romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis ebbe scarso successo soprattutto per il cupopessimismo che lo pervade. v� f�____________________________________________________f. La pubblicazione della raccolta intitolata Poesierappresenta una data decisiva nella storia della poesiafoscoliana per la novità e l’originalità dei testi. v� f�____________________________________________________g. Nei sonetti foscoliani che hai letto, l’autore tende a realizzare una poesia costruita secondo ritmi armoniosi, melodie facili. v� f�____________________________________________________h. Foscolo definisce il suo ideale di poesia intorno a due concetti: il mirabile e il passionato. v� f�____________________________________________________i. Per diversi anni Foscolo insegnò come professore di eloquenza all’università di Pavia. v� f�____________________________________________________j. Col carme Dei Sepolcri Foscolo si propone come poeta civile, capace di indicare valori e ideali attraverso personaggi che assumono nel carme la funzione di simboli. v� f�

LEGGERE LE OPERE E COMPRENDERE L’AUTORE2. La figura di Vittorio Alfieri esercitò un forte fascino su Fo-scolo che scrisse tragedie sul modello alfieriano e che dall’o-pera e dalla vita di Alfieri trasse il modello di un individuali-smo ribelle, aristocratico, insofferente delle regole, in peren-ne contrasto con la miseria del suo presente. Ricostruisciquesto aspetto della personalità letteraria di Foscolo attra-verso le opere che conosci.3. A proposito dell’Ortis Foscolo scrive: «Posso dire di averloscritto col mio sangue; tu ergo ut mea viscera suscipe (prendi-lo quindi come fosse la mia stessa carne). Da quello conosce-rai le mie opinioni, i miei casi, le mie virtù, le mie passioni, i mieivizi e la mia fisionomia». Queste parole testimoniano l’interpre-tazione che Foscolo volle dare dell’Ortis come del tutto auto-biografico, come «romanzo del suo cuore». Commenta.4. Il carme Dei Sepolcri ha una struttura argomentativa com-

plessa che si sviluppa soprattutto attraverso immagini,evocazioni di miti e di personaggi-simbolo. Ricostruisci letesi esposte nel carme.

RAFFORZAMENTO DEL LESSICO5. Nel linguaggio di Foscolo, come solitamente accade peri grandi autori, ricorrono espressioni e parole che assumo-no sfumature e valenze particolari per il contesto tematicoe culturale in cui sono usate. Ti chiediamo di precisare il si-gnificato delle seguenti:cuore _____________________________________________affetti _____________________________________________struggere __________________________________________compassione ______________________________________incontaminato _____________________________________furore _____________________________________________fremito ____________________________________________petto _____________________________________________ardere ____________________________________________ingegno ___________________________________________esaltazione ________________________________________

VERSO L’ESAME6. Analisi del testo.Ti proponiamo un sonetto (VII) tratto dalle Poesie.

Solcata ho fronte, occhi incavati intenti,crin fulvo, emunte guance, ardito aspettolabbro tumido acceso, e tersi denti,

4 capo chino, bel collo, e largo petto;

giuste membra; vestir semplice eletto;ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti;sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;

8 avverso al mondo, avversi a me gli eventi:

talor di lingua, e spesso di man prode;mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,

11 pronto, iracondo, inquieto, tenace:

di vizj ricco e di virtù, do lodealla ragion, ma corro ove al cor piace:

14 morte sol mi darà fama e riposo.

■ Comprensione

a. Dopo aver fatto la parafrasi riassumi il contenuto della li-rica in non più di dieci righe.b. Quando fu pubblicata la raccolta? La tematica del sonet-to è vicina a quale altra opera di Foscolo?

■ Analisi

c. Esamina il testo a livello metrico-ritmico (tipo di versi, ri-me, tipo di componimento).d. Analizza il lessico.

■ Approfondimento

e. Contestualizza la lirica in rapporto all’esperienza biogra-fica di Foscolo e all’immagine di eroe romantico che il poe-ta ha voluto dare di sé.

ModuloAutoreUgo Foscolo 523VERIFICAdifinemodulo

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Primo OttocentoLo scenario

Si chiude il Congresso di Vienna; Austria, Russia 1815 e Prussia formano la Santa Alleanza.

Moti per la Costituzione in Spagna, a Napoli e in 1820-1822 Piemonte.

Rivoluzione in Francia: monarchia costituzionale di Filippo d’Orléans; rivoluzioni in Belgio (resosi indipendente dall’Olanda), in Polonia e moti in

1830-1831 Italia (repressi).1832-1844 Tentativi insurrezionali mazziniani in Italia.

Sale al trono della Gran Bretagna la regina 1837 Vittoria, che regnerà fino al 1901.

Rivoluzioni in Sicilia, a Parigi (nasce la Seconda Repubblica), Vienna, Praga, Budapest, Berlino, Venezia, Milano. Carlo Alberto concede la Costituzione (Statuto albertino).Manifesto del Partito comunista di Marx ed

1848 Engels.Prima guerra d’Indipendenza; Carlo Alberto

1848-1849 abdica; Vittorio Emanuele II re di Sardegna.Luigi Bonaparte imperatore dei Francesi col nome di Napoleone III.

1852 Cavour Primo ministro del Regno di Sardegna.1853-1856 Guerra di Crimea; alleanza franco-piemontese.

Seconda guerra d’Indipendenza; annessioni al Regno di Sardegna di Lombardia, Emilia

1859 Romagna, Toscana.Spedizione dei Mille; proclamazione del Regno

1860-1861 d’Italia.1861-1876 Governi della Destra storica in Italia.1866 Guerra austro-prussiana; l’Italia ottiene il Veneto.

Guerra franco-prussiana; proclamazione dell’Impero germanico. Comune di Parigi.

1870-1871 Roma capitale d’Italia.

GLI EVENTI

Dal punto di vista sociale ed economico,l’Ottocento è il secolo della definitiva

affermazione della borghesia, che guida ilprocesso di modernizzazione della societàeuropea. La rivoluzione industriale, che erainiziata in Inghilterra, si diffonde presto inEuropa, con il parallelo sviluppo diun’economia di tipo capitalistico. Il processo diindustrializzazione modifica profondamente icostumi, gli stili di vita, i rapporti familiari,l’aspetto delle città. Le tensioni sociali presentinella vita di fabbrica danno origine alle primeorganizzazioni sindacali e ai partiti diispirazione socialista.Alle trasformazioni sociali ed economichedovute all’industrializzazione corrisponde, sulpiano politico, il crollo dell’ancien régime e lanascita di una nuova Europa, dominata dallaclasse borghese. Napoleone aveva imposto allenazioni comprese nell’Impero da lui creato lalegislazione francese e un modello di Statomoderno centralizzato, contribuendo in questomodo a rinnovarne profondamente le strutturesociali e politiche. Le forze conservatriciprotagoniste della Restaurazione cercarono diripristinare, dopo la caduta di Napoleone,l’ordine dell’ancien régime, riportando levecchie dinastie sui rispettivi troni. Ma benpresto l’ordine restaurato con il Congresso diVienna cominciò a vacillare: i moti del ’20-21e del ’30-31, seguiti dal grandesommovimento rivoluzionario del ’48 («laprimavera dei popoli»), mostrarono come fosseimpossibile, ormai, arrestare i processi ditrasformazione in atto. Da un lato siaffermavano i movimenti liberali (favorevoli auna monarchia costituzionale, sul modelloinglese) e repubblicani (contrari a ogni formadi monarchia); dall’altro prendevano vigore lerivendicazioni di indipendenza e unitànazionale (per esempio in Belgio, Italia e

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Società industriale Nasce con l’industrializzazione, nelsenso che l’organizzazione del lavoro in fabbrica influisce inmaniera determinante sull’organizzazione sociale, sullamentalità, sui costumi e anche sulla produzione di cultura.Essa è caratterizzata dalla crescita di una classe operaia, diun ceto medio e di una classe di capitalisti: fra queste forze sisviluppa lo scontro sociale e politico, ma anche culturale, pertutto l’Ottocento e buona parte del Novecento.

Lotta di classe Secondo le teorie di Marx, è quella che haprovocato e continua a provocare i grandi cambiamenti diciviltà; nella società industriale la classe operaia deve averecome obiettivo la sconfitta della borghesia capitalista per laconquista del potere, conquista che deve produrre ilpassaggio allo Stato dei mezzi di produzione.

Romanticismo È il movimento culturale che, sviluppatosi inGermania dagli ultimi anni del Settecento, dominò nellacultura occidentale per tutta la prima metà dell’Ottocento.Inizialmente si qualificò in antitesi con la cultura e le estetichesettecentesche, rivalutando il ruolo del sentimento inopposizione allo strapotere della ragione, ma in seguito diedeorigine a una concezione dell’arte assai forte e articolata,fondata sull’esaltazione del genio individuale, della pienalibertà di espressione, dell’abbattimento di ogni regola chelimitasse l’ispirazione. Componenti essenziali delRomanticismo furono lo storicismo e il concetto di nazione.

Germania), che determinarono la nascita dinuovi Stati nazionali.Un’analoga rottura rispetto al passato avvienenell’ambito culturale: la moderna letteratura chesi andò formando fu quella romantica, che inmaniera polemica si volle distaccaredall’orientamento neoclassico: l’esaltazione dellasensibilità individuale e dell’arte frutto diun’ispirazione libera da condizionamenti, ilrecupero delle radici cristiane e medievali dellacultura europea, il rifiuto delle regole retoriche estilistiche tradizionali furono i capisaldi del nuovomodo di concepire l’arte e la letteratura. Iromantici vollero contrapporsi al freddorazionalismo settecentesco per decretare lasuperiorità dei sentimenti. Il Romanticismo sifece portavoce degli ideali di libertà eindipendenza e divenne la bandiera delle giovanigenerazioni di intellettuali nella lotta contro il«vecchio»: le concezioni di popolo, di patria, dinazione, che presero corpo nell’Ottocento colsignificato che ancora oggi conservano, furonoprodotti della cultura romantica. Per questo lacultura romantica esaltò il ruolo e le funzionidella storia, intesa come fonte di comprensionedella realtà sociale e recupero della dimensionenazionale. Affermatosi in Germania, Inghilterra eFrancia, il Romanticismo trovò maggioriresistenze in Italia, dove era più consolidata latradizione classicista, ma, a partire dal 1816,nacque un movimento romantico anche in Italia,soprattutto a Milano, che già nel Settecento erastato il centro più aperto al confronto con lacultura europea.

I CONCETTI

IN QUESTA SEZIONEModulo Storico-culturale• Il Romanticismo e la formazione dell’Europa contempo-ranea / L’eredità del periodo

Autori• Giacomo Leopardi / dall’autore al tema Fare l’Italia e fare gliitaliani: il problema dell’identità nazionale• Alessandro Manzoni

Opera• Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo

Generi• La lirica romantica in Europa• Il romanzo nel Primo Ottocento

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Il Romanticismoe la formazionedell’Europacontemporanea

MATERIALI

CONTENUTI

ModuloStoricoculturale

✔ La Restaurazione fallisce, in quanto l’ordine europeo uscito dal Congresso di Vienna non si regge sulla concordiatra le potenze che hanno sconfitto Napoleone.

✔ Il 1848, l’anno delle rivoluzioni, si chiude con il ripristino della situazione precedente, ma le condizioni sociali epolitiche sono in realtà mutate e segnano il trionfo definitivo della borghesia.

✔ Il Risorgimento come processo della formazione dello Stato unitario in Italia.

✔ Capitalismo liberista e socialismo sono le due ideologie che si confrontano nel corso del secolo.

✔ La nascita e i caratteri del Romanticismo, dalle sue prime manifestazioni in Germania alla diffusione in Europa ein America.

✔ Varie tendenze del Romanticismo, convivenza in questa cultura di espressioni ispirate al lirismo più spinto con ilrealismo ottocentesco.

✔ La polemica fra classicisti e romantici e i caratteri del Romanticismo italiano.

✔ La poesia italiana della prima metà dell’Ottocento, limiti e peculiarità; la straordinaria e isolata esperienza diGiacomo Leopardi.

✔ La narrativa italiana e la funzione artistica e culturale di Alessandro Manzoni.

✔ Il dibattito ideologico in Italia.

T1 Carlo Alberto consegna Milano agliaustriaci, da Dell’insurrezione di Milano nel1848 e della successiva guerra, cap. XII, diCarlo CattaneoT2 L’arrivo dei Mille in Sicilia raccontatoda un giornale borbonico, dal «Giornale delRegno delle Due Sicilie», 13 e 18 maggio 1860T3 Il ruolo storico della borghesia, dalManifesto del Partito comunista di Karl Marxe Friedrich Engels

l’eredità del periodoT4 Lo Statuto albertino

T5 La Costituzione della Repubblica Ita-liana

T6 Antichi e moderni, poesia ingenua epoesia sentimentale, da Sulla poesia inge-nua e sentimentale di Friedrich Schiller

T7 La poesia «viva» è romantica, da Let-tera semiseria di Giovanni Grisostomo al suo

figliolo di Giovanni Berchet

T8 Manzoni difende il Romanticismo, daLettera sul Romanticismo di Alessandro Man-zoni

l’eredità del periodoT9 Un esempio di realismo ottocente-sco, da Papà Goriot di Honoré de Balzac

T10 Una strana descrizione di una stan-za ipotetica, da Le cose di Georges Perec

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I CONTESTI Il contestostorico-politico

1 I Il fallimento della Restaurazione

La Restaurazione dell’Europa, progettata dal Con-gresso di Vienna, si rivelò un «ordine» destinato anon durare. C’era una spaccatura fra le potenze eu-ropee dovuta alla loro diversità: la Russia viveva lacontraddizione fra alcuni aspetti di modernità e laconcezione autocratica (divina e assoluta) del poteredello zar; l’Impero d’Austria spendeva la maggiorparte delle sue forze per mantenere un posto di rilie-vo in Germania e il proprio dominio su molte etnie(slavi, ungheresi, italiani, cechi, slovacchi, croati,polacchi, ecc.), in un’epoca in cui i popoli tendeva-no a formare uno «Stato nazionale» indipendente[s L’eredità del periodo, p. 547]; la Prussia seguivauna strada tutta sua (peraltro efficace) di moderniz-zazione e di egemonia sul mondo tedesco basata sul-l’autoritarismo e sulla forza militare. Con queste po-tenze poco avevano da spartire l’Inghilterra, giàavviata da tempo a rafforzare il regime parlamenta-re e liberale, e la Francia, che non poteva certo eli-minare con un colpo di spugna i modi e le abitudinidi vita civile e politica assunti dalla Rivoluzione inpoi; lo stesso Luigi XVIII, il Borbone rimesso sul tro-no dalle potenze vincitrici di Napoleone, instauròuna monarchia costituzionale (anche se i poteri delParlamento erano limitati) e mantenne in vita i Co-dici napoleonici, riconoscendo gran parte della legi-slazione precedente.

Riassumiamo alcuni passaggi che portarono difatto al superamento della situazione fissata dalCongresso di Vienna.

● Le insurrezioni del 1820-21 per la «Cartacostituzionale» Numerosi moti insurrezionali fu-rono promossi, in questo periodo, da alcune societàsegrete, la più importante delle quali era la Carbo-neria, diffusa soprattutto in Spagna e Italia, cheraccoglieva alcuni aristocratici liberali [s p. 535],professionisti, qualche artigiano e, in maggior nu-mero, ufficiali degli eserciti che si erano formati edavevano iniziato la carriera nelle armate napoleoni-che. L’obiettivo era quello di trasformare le monar-chie assolute in monarchie costituzionali, perciò spes-so i carbonari ebbero rapporti ambigui con gli stessiprincipi, come avvenne nel Ducato di Modena, dove

Francesco IV inizialmente appoggiò i tentativi di co-spirazione sperando di trarne vantaggi territoriali. Imoti iniziarono quasi sempre con l’ammutinamen-to di unità degli eserciti e in principio ebbero succes-so, nel senso che i re di Spagna, del Portogallo, delleDue Sicilie furono costretti a concedere la Costituzio-ne; nel Regno di Sardegna e nel Ducato di Modena siarrivò allo scontro armato. Ben presto, però, inter-vennero le forze delle potenze che formavano la San-ta Alleanza (composta da Austria, Russia e Prussia;l’Inghilterra si era rifiutata di aderirvi: s moduloL’Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo, p.429) e i re poterono restaurare i regimi assoluti. Ini-ziò una fase di dura repressione, condotta in Italiadall’Austria nel Lombardo-Veneto e dai Borboni aNapoli e in Sicilia, cosa che ebbe l’effetto di ap-profondire il solco che ormai divideva la borghesiaimprenditoriale e liberale dalle dinastie al potere.● L’indipendenza della Grecia e la spaccaturadella Santa Alleanza Quando, nel 1821, gli insor-ti greci tentarono di creare uno Stato indipendentedall’Impero ottomano e di cacciare i turchi, Franciae Inghilterra, interessate ad accelerare la crisi dellacompagine turca per aprirsi nuovi mercati nel Medi-terraneo orientale, appoggiarono apertamente edanche militarmente la rivolta; la Russia si mantennesostanzialmente neutrale, mentre l’Austria non in-tervenne, poiché mirava a mantenere la supremaziadell’Impero ottomano nella zona come argine all’e-spansionismo economico e militare di Francia e In-ghilterra. Il riconoscimento dell’indipendenza greca(pace di Adrianopoli, 1829) segnò la vittoria delle mo-narchie costituzionali inglese e francese, e la divisio-ne interna alla Santa Alleanza fra Russia e Austria.● La «Rivoluzione di luglio» in Francia Laspaccatura della Santa Alleanza si rese evidente conla Rivoluzione di luglio, nel 1830, quando il popolo ele classi borghesi e della nobiltà liberale si ribellaronoin Francia al tentativo di Carlo X, successore di LuigiXVIII, di imporre una monarchia assoluta. Al suoposto fu messo Luigi Filippo d’Orléans, re «dei francesiper volontà della nazione», formula che dice chiara-mente che la sua monarchia era costituzionale. Ilfronte delle potenze europee che avevano vinto Na-poleone era di fatto rotto: da una parte le monarchieassolute, dall’altra Francia e Inghilterra. Questa si-tuazione ebbe riflessi immediati: il Belgio, che con ilCongresso di Vienna era stato annesso all’Olanda,nel 1830 dichiarò la propria indipendenza; l’Olandachiese l’intervento delle altre potenze, ma la Franciadi Luigi Filippo e l’Inghilterra si opposero decisamen-

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te e bloccarono l’azione di Austria, Prussia e Russia:il Belgio fu riconosciuto indipendente. Le due monar-chie costituzionali dimostrarono di costituire unblocco con linee politiche ed interessi ormai decisa-mente contrastanti rispetto a quelle assolute.

2 I Il ’48, l’anno delle rivoluzioni

Nel 1848 l’Europa continentale andò «a fuoco»:quasi dappertutto scoppiarono rivoluzioni che, al-meno inizialmente, videro alleate le masse cittadinedegli operai e degli artigiani con la borghesia libera-le e progressista; le insurrezioni avevano l’intento dirovesciare i regimi assoluti e autoritari e in certi ca-si di ottenere l’indipendenza. Diamo brevementeconto dei principali avvenimenti.

● 12 gennaio 1848: rivolta a Palermo contro iBorboni per ottenere la Costituzione, ma anche conforti tensioni autonomiste da Napoli; Ferdinando II diBorbone deve concedere la Costituzione.● Carlo Alberto di Savoia, re di Sardegna, annunciala concessione dello Statuto [s T4] una Costituzio-ne assai limitata e moderata; segue immediatamen-te il suo esempio Leopoldo II di Toscana e, un poco piùtardi, papa Pio IX, suscitando così un clima di entu-siasmo e di aspettativa tra i patrioti di tutta Italia.● 22 febbraio: scoppia a Parigi la rivoluzione con-tro la monarchia di Luigi Filippo; questa si era ormaitrasformata in un regime semiautoritario che favori-va gli interessi di una ristretta cerchia di ricchi bor-ghesi ed era avversata dai liberali, come dai democra-tici, dai socialisti e dai nostalgici del potere napoleo-nico. Luigi Filippo è costretto a fuggire e a Parigi si for-ma un governo che per la prima volta comprende duemembri socialisti; si preannunciano elezioni a suffra-gio universale maschile per dar vita ad un’Assembleacostituente che crei la Seconda Repubblica (la pri-ma era quella nata dalla Rivoluzione del 1789). ● 13 marzo: studenti e lavoratori scendono in piaz-za a Vienna; l’imperatore è costretto a licenziare ilprimo ministro Metternich, l’ideologo della Restau-razione.● 15 marzo: rivolta a Budapest, capitale dell’Un-gheria; a capo del movimento si pongono i patriotidemocratico-radicali guidati da Lajos Kossuth cheprima fanno eleggere a suffragio universale un Par-lamento, quindi si muovono per dichiarare la pienaindipendenza dall’Austria.● 17 marzo: una grande manifestazione di popolo

a Venezia ottiene dalle autorità austriache la libe-razione dei detenuti politici, in particolare di DanieleManin, che si pone a capo della rivolta; il 23 marzoviene proclamata la Repubblica Veneta.● 18-23 marzo: le Cinque Giornate di Milano, du-rante le quali borghesi e popolani combattono con-tro le truppe austriache del generale Radetzky, gui-dati da democratici come Carlo Cattaneo [s T1] e dagruppi di liberali. Il 22 marzo anche alcuni aristocra-tici si uniscono ai rivoltosi e si forma un governoprovvisorio; il giorno dopo Radetzky abbandona Mi-lano e si ritira con l’esercito nel Quadrilatero, il terri-torio delimitato dalle quattro città fortificate di Vero-na, Legnano, Mantova e Peschiera. Lo stesso 23 mar-zo Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria ed entrain Lombardia; il suo intento, però, è assai diverso daquello dei patrioti lombardi che mirano a creare unarepubblica autonoma in Lombardia e Veneto, perchéil re piemontese spera di annettere le due regioni alsuo regno. Anche i patrioti degli altri Stati italiani so-no in grande fermento e manifestazioni popolari co-stringono i sovrani a schierarsi con Carlo Alberto:Ferdinando II delle Due Sicilie, Leopoldo II di Tosca-na e lo stesso Pio IX sono costretti a dichiarare guer-ra all’Austria e a inviare contingenti in Lombardia.● 18 marzo: scoppia una rivolta a Berlino, la capi-tale della Prussia, e il re Federico Guglielmo IV deveconcedere la Costituzione e permettere l’elezione diun Parlamento; intanto la rivolta si estende a moltiStati che costituiscono la Confederazione Germani-ca; successivamente, i rappresentanti di questi Statisi riuniscono in un’Assemblea costituente per avviareun processo di unificazione tedesca.● Aprile: si forma a Praga un governo provvisorio,inizialmente orientato a chiedere all’Austria solouna maggiore autonomia, ma dopo gli atti repressi-vi dell’esercito austriaco la lotta diviene cruenta.

3 I Le rivoluzioni falliscono: la fine dell’alleanza fra classeoperaia e borghesia liberale

Da questo quadro sembrerebbe che le rivoluzionisiano state un’ondata inarrestabile, capace di tra-sformare in pochi mesi l’intero assetto europeo; in-vece, con una velocità pari a quella con cui si acce-sero, vennero represse o fallirono. Possiamo riassu-mere in alcuni punti le cause di questa evoluzionenegativa dei movimenti rivoluzionari, elencandonegli elementi di debolezza.

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