12mesi - brescia - luglio agosto 2011

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PENSIERI DI

Luca Belotti Alfredo Fontanini Daniele Molgora Andrea Romano Franco ZilianiStRaDE E quaRtIERI

SantEufemia Bovezzo Nave

HINtERlaND

vIaggIo IN PRovINcIa

Gavardo Idro Odolo Ponte Caffaro Vestone

paga?

chi rompegiovani e sballo

Tra civismo e TrasversalismoTeknomoTive pelo e conTropelo museo mille miglia qui e l successo bacheca videoTeca

3 DODICI MESI // luglio/agosto 2011

IN QUESTO NuMERo

Editoriale Acqua bene comune, ma facciamo acqua Prodotto & mercato Daniele Molgora: Noi non abbiamo paura di andare da soli Franco Ziliani: I tre in uno del gran travagliatese Alfredo Fontanini: Da Brescia agli States, un sogno realizzato Andrea Romano: Colori e note nel destino Luca Belotti: Cambiare vita? Si pu. Strategia dimpresa Morti sul lavoro, ancora troppi Lavoro Automotive mon amour, Teknomotive invece pur Bacheca Dopo il berlusconismo, tra civismo e trasversalismo Chi rompe paga? Res publica e regole civili: il rispetto che manca

5 7 9 10 15 19 23 27 31 33 35 37 43 45 53

63 Strade e quartieri: SantEufemia, resistono le abitudini di una volta 69 Hinterland: Nave e Bovezzo, come il paese sposta il suo centro 74 Viaggio in Provincia. La Valle Sabbia, tra natura, sport, industria e turismo: Gavardo, Odolo, Vestone, Idro e Ponte Caffaro 91 Giovani e sballo: condanna o commiserazione? 99 Tu e il fisco 100 Pelo e contropelo 105 Brainstorm 107 Dov finito Ippocrate? 109 Il rilancio del Museo Mille Miglia 111 Rotary sostiene la ricerca 113 Qui & l 114 Nasce Edizioni 12 119 La musica aiuta i bambini malati 122 Gentile Farmacista 124 Specchio delle mie brame 127 Videoteca 128 successo

Mensile di attualit, economia, inchieste, opinioni e cultura da Brescia e dal mondo. Luglio/Agosto 2011 Anno III - Numero 7 Rivista mensile - 1,00 Viale Duca degli Abruzzi, 163 - 25124 Brescia tel 030.3758435 - fax 030.3758444 www.dodicimesi.com [email protected] Direttore Responsabile Giorgio Costa [email protected] Coordinamento Donatella Car [email protected] Hanno collaborato Alice Aimo, Eva Alessandri, Giovanni Altuni, Stefano Anzuinelli, Davide Bacca, Fiorenzo Bandirali, Roberto Barucco, Luce Bellori, Livio Benassi, Esterino Benatti, Elizabeth Bertoli, Silvio Bettini, Paoloemilio Bonzio, Donatella Car, Alessandra Cascio, Lodovico Cherubini, Alessandro Cheula, Mario Conserva, Enrico Filippini, Bruno Forza, Emanuela Gastaldi, Rolando Giambelli, Roberto Giulietti, Immanuel, Viola Ladi, Lucrezia Lombardi, Ferdinando Magnino, Sergio Masini, Enrico Mattinzoli, Cristina Minini, Fedele Morosi, Giorgio Olla, Antonio Panigalli, Irene Panighetti, Francesco Rastrelli, Federico Rossi, Massimo Rossi, Emanuele Salvi, Salvatore Scandurra, Alessandra Tonizzo, Andrea Tortelli, Silvia Valentini.Questo periodico associato allUnione Stampa Periodica Italiana

DODICI MESI

MESI

Editore Edizioni 12 Srl Viale Duca degli Abruzzi, 163 - 25124 Brescia Registrazione Tribunale di Brescia n. 52 del 24/11/2008 Impaginazione Sales Solutions Srl Fotografie Archivio Sales Solutions, Umberto Favretto Agenzia Reporter, Rolando Giambelli Il Fotogramma, Patrick Merighi Brescia in Vetrina, Cristina Minini Stampa Tiber Spa - Brescia Pubblicit Sales Solutions Srl Viale Duca degli Abruzzi, 163 - 25124 Brescia tel 030.3758435 - fax 030.3758444 [email protected]

MESI 12luglio-agosto 2011

Eviva la visa

DITORIALE

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empo di ferie, proviamo ad abituarci a girare senza contanti nel portafoglio e usiamo la carta di credito. Qualsiasi carta o bancomat, ma non le banconote. Usiamola non solo per il supermercato, la benzina o labbigliamento; usiamola per tutto! Sfoderiamola con tranquillit per pagare il ristorante, lombrellone, la piadina o laperitivo. Facciamolo diventare un gesto abituale anche se ci guardano un po storto. Facciamo pi contente le banche? Pazienza! Anche da quel piccolo gesto parte lemersione del nero, di quellevasione fiscale che rende tanto drammatici i nostri conti pubblici. Non a caso in tutti i paesi del mondo dove minore levasione tanto pi diffuso luso delle carte di credito e in Italia siamo agli ultimi posti nelluso del denaro digitale. Diamo la mancetta a nostro figlio su una carta ricaricabile, facile come la ricarica del telefonino, facciamo fare alla nonna una carta della posta e convinciamola a non riscuotere pi la pensione in contanti. Pensate che delusione per gli scippa-

T

tori nellaprire un portafoglio rubato e trovarci, oltre alle tante carte fedelt dei supermercati, solo delle altre tessere in plastica e neanche un biglietto della zecca. Pensate ai truffatori che ravanano nei cassetti degli anziani senza trovare il solito rotolino dei risparmi. Pensate al pusher che vende la roba ai ragazzi; dovrebbe attrezzarsi con un bancomat portatile. Per la verit gi successo, con la complicit di un commerciante compiacente; beccati subito tutti e due per! Fra poco in Italia si potr pagare di tutto col cellulare, anche le bibite (in Giappone gi da molti anni). Lo sviluppo di internet ha gi portato alla quasi totale estinzione degli assegni, i conti correnti on line sono estremamente diffusi e sicuri; cos impensabile dare uno strappo finale ed eliminare del tutto le banconote? Immaginiamo un mondo futuro (se volessimo davvero non lontano) in cui tangenti, compiacenze, prostituzione, compensi per lavoro in nero e per onorari non denunciati, fossero pagati con la tracciabilit bancaria delle carte di credito e dei versamenti on line; avremmo dato unarma potente e forse risolutiva, allAutorit Giudiziaria, alla Finanza e a tutte le Forze dellOrdine. E adesso andiamo in vacanza, ci rivediamo a settembre e buona Visa a tutti ! P.S. Vanno bene ugualmente anche Cartas, Mastercard, Diners, American Express, Postepay e ricaricabili varie. Giorgio CostaMESI 12luglio-agosto 2011

Odi aNtoNio PaNigalli

PINIONI

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aCqua bene Comune

ma faCCiamo aCqua

DAL 2 luglio AL 30 AGOSTO 2011

onclusi i referendum sullacqua con la vittoria dei s allabrogazione delle norme esistenti, ora sarebbe opportuno o doveroso fare un pubblico esame di coscienza per comprendere lo stato dellarte della malagestione, della mancanza di buon senso e della fetente lottizzazione di un bene comune (carenze che forse fanno male quanto le sbandierate gestioni private sul demanio idrico pubblico). La media italiana della dispersione idrica il 47%: in base ai dati Istat del 2008 quasi un litro su due del bene pi prezioso che ci donato dalla terra viene disperso. Le regioni pi virtuose dal punto di vista della dispersione dellacqua sono il Trentino Alto Adige con il 26%, la Lombardia con il 27%, lEmilia Romagna con il 32%, meno bene la Liguria con il 39%, mentre si arriva al paradosso dellefficienza con la Puglia all87% e la Sardegna all85%, di dispersione ovviamente, con i soliti noti in pole-position. Dal 1992, ogni anno il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dellAcqua istituita dallOnu. Questanno i principali elementi della crisi del settore idrico sono stati rappresentati anche dallIstat. Dal rapporto dellIstituto di statistica spicca innanzitutto, lincremento dei consumi: nel 2008 sono stati erogati 92,5 metri cubi di acqua potabile per abitante, pari a 253,4 litri al giorno, con un incremento dell1,2% negli ultimi dieci anni (da considerare che i paesi in via di sviluppo utilizzano mediamente 100 litri di acqua procapite e che quelli iper industrializzati arrivano a superare i 500 litri giorno/procapite).

C

Continua a crescere lo spreco nellindifferenza totale, considerando i consumi pro capite nei 27 Paesi dellUnione europea per il periodo 1996-2007, lItalia presenta valori superiori alla media europea, pari a circa 85 metri cubi annui per abitante. In particolare i consumi medi in Italia risultano inferiori rispetto alla Spagna (100 metri cubi) e al Regno Unito (110), mentre sono superiori a quelli dei Paesi Bassi (73) e della Germania (57). Non che noi italiani ci laviamo di pi, sono solo soldi, decine di miliardi di euro, che vengono irresponsabilmente buttati, nellindifferenza generale. Forse la polis neppure se ne rende conto, perch normalmente questa una gestione ignota e allapparenza politicamente corretta in favore dellimbonimento dellopinione pubblica e del clientelismo (basti pensare alla quantit di addetti occupati). Ciononostante ogni anno vengono sprecati circa due i miliardi di euro. In Italia lacqua, per cos dire alla fonte, pubblica e tale deve restare, ci mancherebbe altro, ma, per arrivare dalla fonte a casa, lacqua deve essere raccolta in invasi, deve essere trasportata in condutture, deve essere controllata e purificata, deve essere smistata e dispacciata (questo potrebbe farlo anche chiunque altro dimostri di essere pi efficace ed efficiente). Chi fa tutto questo oggi in Italia? Lo fanno aziende e organismi territoriali sotto il diretto o lindiretto controllo del potere politico (e forse partitico/clientelare). Sono centri di potere e denaro decisamente lottizzati (forse pi della Rai) e pi dediti allo spreco sistematico delle peggiori Asl della Sanit. Accumulano un

deficit complessivo di circa due miliardi annui e negli anni hanno gestito lacqua pubblica in maniera tale che ora occorrerebbero oltre cinquanta miliardi per avere acquedotti efficienti e civili. Efficienti nel senso di non sprecare la pubblica risorsa dellacqua, civili nel senso di non innaffiare di soldi pubblici orti e giardini della cosiddetta politica di territorio. In Italia siamo ormai costretti a tirare la cinghia un po su tutto, non si investono soldi in autostrade informatiche (banda larga) e neanche in infrastrutture (ferrovie ed autostrade del mare) perch chi governa non ha soldi e chi governato indifferente e/o distratto. Si verificano cos molte sperequazioni tra gli investimenti nelle imprescindibili sovvenzioni degli incentivi alla produzione di energia elettrica con fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, solare termico, ecc.), quelli infrastrutturali (che spesso vedono la cieca ostilit territoriale) e gli investimenti che dovrebbero essere, sempre e comunque, il vero driver: lefficienza gestionale. Forse, non ci si accorge che sono soldi buttati perch non il Governo che li mette, non sono denari palesemente pubblici (anche se sono spesi esclusivamente dal pubblico e dal parapubblico), arrivano e arriveranno dalle tasche private, attraverso il pagamento delle bollette (come al solito). Quindi, basta pensare solo alla corretta educazione allautoriduzione dei consumi, altrettanto importante non farsi abbindolare da demagogiche posizioni che annebbiano la critica civica e rendono possibile la folle malversazione del bene comune. Per approfondimenti: www.eea.europa.eu/itMESI 12luglio-agosto 2011

Rdi silVio BEttiNi

UBRICA

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PRODOTTO & MERCATO85 miliaRDi Di euRorispetto ai 2,3 miliardi esposti a libro, solo un terzo in meno. La seconda precisazione, a vantaggio di quei lettori che meno si occupano di contabilit e bilanci la seguente: un credito deteriorato non coperto da accantonamento pu costringere la banca, ove tale credito diventi inesigibile, ad effettuare una svalutazione del conto economico, che va inevitabilmente a ridurre il risultato (utile) di esercizio. Fatte queste precisazioni, in relazione alle singole situazioni, osserviamo che quasi tutti i gruppi hanno visto peggiorare la qualit del proprio portafoglio crediti nel 2010 rispetto al 2009, anche se Unicredit listituto che ha sofferto di pi con un rapporto tra attivo deteriorato rispetto allattivo totale che cresciuto al 6,74% dal 5,5% del 2009, 37,4 miliardi su 85 totali, il 55% del suo capitale netto, che diventa l89% se lo calcoliamo sul capitale netto tangibile, escludendo di fatto solo lavviamento. Va anche detto che Unicredit , delle cinque, la banca con il miglior coefficiente di accantonamento a copertura di perdite potenziali, il 44,5%. Delle altre, solo il Banco Popolare riuscito a ridurre il peso della propria zatotale crediti sofferenze % su crediti

la ZavoRRa Dei PRimi Cinque GRuPPi banCaRi iTalianina zavorra pesante 85 miliardi di euro, questo il dato che emerge dal bollettino ABI con riferimento alle attivit deteriorate al 31 dicembre 2010 dei primo 5 gruppi bancari italiani: Unicredit, Intesa, Monte Paschi, Ubi e Banco Popolare. Una cifra due volte e mezza pi elevata di quella che le stesse banche iscrivevano nei propri libri contabili prima della crisi, alla fine del 2007, quando lo stesso valore si attestava a solo 32,5 miliardi. Questo il dato in valore assoluto, mentre il dato percentuale relativo a: sofferenze, incagli, crediti ristrutturati, scaduti e sconfinanti (le attivit deteriorate appunto), rispetto al totale dei crediti concessi ai clienti cresciuto in misura analoga, dal 2,68% del 2007 al 6,57% di fine 2010, a dimostrare che non esiste correlazione tra incremento di tali attivit e crediti concessi. La tabella allegata riporta i valori disaggregati di impieghi e sofferenze di ciascuno dei cinque gruppi bancari indicati. Prima di procedere nellanalisi ritengo opportuno effettuare due precisazioni. La prima: i dati esposti in tabella sono frutto di analisi dei bilanci dei cinque gruppi citati, ma la rappresentazione dei crediti deteriorati a bilancio frutto di decisioni prese dai vertici della banca stessa. Queste decisioni devono essere ispirate a criteri rigorosi, anche se ogni tanto pu accadere che il rigore venga meno. Non lo sapremo mai a meno che i verbali ispettivi della vigilanza di Banca dItalia, di norma segreti, non vengano casualmente resi noti. La Repubblica ha recentemente raccontato il caso di Banca Popolare di Milano, dove proprio unispezione della nostra banca centrale avrebbe accertato, sul bilancio 2010, attivit deteriorate per 1,2 miliardi in pi

u

vorra, ma va detto che partiva da una situazione pesantissima (oltre l11%) avendo ereditato il fardello Italease e che comunque il 9,9%, risultato con cui chiude lanno, il peggiore. Nemmeno laccantonamento a copertura delle perdite potenziali rasserena, collocandosi al 27,5% ben al di sotto della media di settore che pari al 40,7%. Detto tutto ci, non pu che far sorridere, perch tremendamente logico, un intervento di Giuseppe Oddo sulle pagine de Il Sole24 Ore che in sintesi dice: Con un mano i banchieri italiani distribuiscono ricchi dividendi ai propri azionisti e con laltra se li riprendono spingendoli a sottoscrivere massicci aumenti di capitale. I fatti lo confermano: Intesa Sanpaolo ha distribuito un cedolone da un miliardo di euro qualche giorno prima di chiederne 5 quale aumento di capitale; Unicredit ha chiesto un aumento di 7 miliardi dopo aver distribuito dividendi per 5; Montepaschi ne ha distribuito 1 e ne ha chiesti indietro 2, la sola Ubi si dimostrata virtuosa, ha chiesto un aumento da 1 miliardo a fronte di 1,2 di dividendi. A me sembra tutto un pochino singolare.incagli e crediti crediti scaduti e ristrutturati sconfinati

tot. attivit deteriorate

% su totale crediti

milioni di euroBanco Popolare Monte dei Paschi Unicredit Intesa S. Paolo UBI Banca Totale 2010 Totale 2009 Totale 2008 Totale 2007 94.462 156.462 555.653 379.235 101.814 1.287.402 1.283.870 1.330.292 1.215.280 2.879 5.485 16.344 7.354 1.940 34.002 26.701 19.881 15.739 3,05% 3,51% 2,94% 1,94% 1,91% 2,64% 2,07% 1,49% 1,31% 6.046 5.264 17.755 12.340 2.861 44.266 40.457 19.316 12.788 429 632 3.329 1.514 460 6.364 8.845 5.369 3.983 9.354 11.381 37.428 21.208 5.261 84.632 76.003 44.566 32.510 9,90% 7,27% 6,74% 5,59% 5,17% 6,57% 5,92% 3,35% 2,68%

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ENSIERI DI

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noi non abbiamo PauRaDi anDaRe Da solia colloquio con il Presidente della Provincia di Brescia, Daniele Molgora.

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di DaViDE BaCCa

rescia si candida ad ospitare un ministero. Daniele Molgora lo sussurra piano, quasi sospirando. Per ora pi un sogno che unipotesi, ma se alcuni dicasteri dovessero prendere la via del Nord, noi saremmo in prima fila, perch dal punto di vista economico il nostro territorio un fiore allocchiello dellintero Paese spiega il presidente della Provincia. Lo raggiungiamo nel suo ufficio, a palazzo Broletto: 49 anni, leghista della prima ora, Molgora nei primi anni Novanta stato consigliere in Loggia, entrato in parlamento nel 1994, stato per due volte sottosegretario alleconomia. Dal giugno 2009 presidente della Provin-

cia di Brescia. Sulla scrivania la statua di Alberto da Giussano, alle spalle la foto di Elisabetta, la figlia nata a fine maggio. Mentre discetta dei diversi tipi di bagoss (ne ho appena scoperto uno invecchiato 4 anni) e delle sorti del Brescia Calcio (se avessimo messo a posto il centrocampo, ci potevamo salvare) e ricorda le sfide sullerba di Wimbledon col la nazionale di tennis (ma quella dei parlamentari), gli echi di Pontida si fanno ancora sentire. Presidente, un ministero potrebbe davvero arrivare a Brescia? Avere alcuni ministeri al Nord sarebbe un bel segnale davvicinamento al territorio, soprattutto al territorio che produce. Si dovrebbe pensare allo spostamento di alcuni dipartimenti. Viste le sue caratteristiche un territorio

come Brescia potrebbe candidarsi per lo sviluppo economico, le imposte, la sicurezza (e quindi il ministero dellInterno). Avere uno di questi dipartimenti sarebbe importantissimo. Ma quanto realistico? La proposta politica dei ministeri al Nord c. E in quel caso Brescia presenter la propria candidatura. Intanto per Lei ha portato a casa la firma sullaeroporto, che era il primo punto del suo programma elettorale... S, ed un accordo davvero storico. Lo si attendeva da 13 anni. Brescia e Verona hanno trovato unintesa per sviluppare, insieme, il sistema aeroportuale del Garda: noi saliremo nelle quote della societ di gestione e avremo un vicepresidente e un direttore entrambi brescia-

ni che si occuperanno a tempo pieno di Montichiari. Credo che per il nostro territorio sia un passaggio fondamentale: ora possiamo guardare con fiducia al futuro del DAnnunzio, con la prospettiva di dare nuovo slancio alleconomia e creare nuovi posti di lavoro. Resta per da definire il piano industriale e la sua stesura potrebbe creare nuovi attriti. Il piano verr redatto in base alle analisi delladvisor sulle prospettive del mercato aeroportuale. Se vero che Montichiari avr una specializzazione cargo che ora manca in tutto il Nord Italia si cercheranno di sviluppare anche i voli passeggeri. Ma dovr essere traffico aggiuntivo e non concorrenziale con Verona. Verificheremo con le imprese e con il sistema turistico quali sono le destinazioni appetibili che oggi non hanno collegamenti con Villafranca od Orio al Serio. Ma prima di pensare a questo bisogner creare una solida base il cargo, appunto in grado di coprire i costi. Le compagnie verranno a Brescia se ci saranno

opzioni vantaggiose, non per beneficenza. Credo comunque che ci siano tutte le condizioni per fare bene: tutti gli studi ci dicono che Montichiari laeroporto con pi margini di crescita. Basti pensare che l ci sar una stazione dellalta velocit. Nel progetto presentato a marzo dalle Ferrovie quella stazione per non c. Vedr che alla fine ci sar. Il secondo punto del suo programma era il marchio Made in provincia di Brescia, che ha generato qualche perplessit. Il marchio non altro che lembrione di potenziali reti dimpresa. Si dice sempre che il difetto delle aziende bresciane e pi in generale italiane sono le piccole dimensioni. Abbiamo voluto creare uno strumento per mettere in rete le imprese e creare filiere di settore. Parlo di imprese di qualit, orientate allinnovazione, con soci bresciani e attivit produttive sul territorio. Il marchio stato registrato lo scorso ottobre, a fine maggio vi stato il via libera del consiglio e ora stiamo emanando i regolamenti per le diverse tipologie di prodotti (industria, servizi, turismo, agricoltura). Certo, le aziende che hanno gi un marchio affermato magari saranno meno interessate a cogliere questa opportunit. Ma tutte le piccole imprese che non hanno un loro marchio o che lavorano per conto terzi, potranno aggregarsi attorno al Made in Brescia e accedere pi facilmente a fiere, mercati, finanziamenti. Insomma, il marchio un valore aggiunto. Faccio un esempio: noi siamo i maggiori produttori di suini, ma non abbiamo un marchio bresciano mentre tutti conoscono il prosciutto di Parma. Dati per buoni i primi due punti, qual la priorit da qui alla fine del suo mandato? Concludere la strada della Valle Sab-

A Montichiari ci sar la stazione dellalta velocit.

Ora possiamo guardare con fiducia al futuro dellaeroporto Dannunzio.

bia, vale a dire il tratto da Barghe a Idro. E a che punto siamo? Lopera costa 75 milioni ed finanziata per met dalla Provincia autonoma di Trento, noi abbiamo messo la nostra parte, circa 3 milioni per la progettazione. Il resto a carico della Regione che in questo momento nicchia. Ovvero? La Regione vorrebbe posticipare di qualche anno il finanziamento, ma cos corriamo il rischio che Trento tolga le proprie risorse. Per fortuna i miei buoni rapporti con il presidente Dellai, area Pd, mi fanno pensare che questo non avverr. E i rapporti con Formigoni e Cattaneo come sono? Diciamo che sono migliori quelli con Dellai. Cattaneo sottovaluta limportanza dellopera, che importante anche per lo sviluppo dellaeroporto di Montichiari dal momento che da questa strada passano i flussi turistici per le zone di Campiglio e del Trentino. Confido comunque di convincere la Regione a confermare le risorse in modo che per fine mandato lopera sia pronta a partire. E lautostrada della Valtrompia? La questione complessa. Io credo che sia tutto legato alle concessioni autostradali. Finch non verr sbloccata quella situazione il raccordo avr sempre problemi, al di l degli attuali ricorsi sugli espropri. Sia Centropadane che Serenissima potrebbero intervenire a favore della Valtrompia ma prima serve il rinnovo delle concessioni. In questi primi due anni di mandato lei stato pi che altro impegnato a tagliare, cercando di rimettere a posto i conti di un bilancio disastrato. A che punto siamo? Diciamo che il momento pi pesante passato. Ma stata dura. La Provincia aveva visto la riduzione del rating, la crisi aveva fatto calare le entrate del 20% e la stretta del patto di stabilit ci ha creato non pochi problemi. Abbiamo tagliato mantenendo i servizi. E lo abbiamo fatto senza aumentare le imposte provinciali che sono rimaste al minimo. Il risultato che abbiamo chiuso il bilancio 2010 con un piccolo avanzo.

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Il passaggio pi difficile? Far capire agli assessori che gli anni delle vacche grasse erano finiti e che bisognava tagliare. La cosa pi semplice, ripeto, era aumentare le tasse. Invece abbiamo deciso di non mettere le mani nelle tasche dei bresciani. E di ragionare sui costi. Ora cosa servirebbe? Bisognerebbe mettere mano al Patto di stabilit che sta comprimendo la nostra possibilit di spesa. Nel 2010 abbiamo pagato 43 milioni di opere, questanno non potremo andare oltre i 15. Questo un grosso problema perch anche se abbiamo i soldi in cassa non possiamo pagare le imprese a cui abbiamo affidato i lavori. Se vogliamo fare qualcosa di davvero utile per vincere la crisi, dobbiamo sciogliere questo nodo. Tra i tagli c stato anche quello che in molti hanno letto come un vostro disimpegno da Bresciatourim. Eppure lei ha sempre puntato molto sul turismo per il rilancio delleconomia bresciana Ma infatti non vi stato alcun disimpegno. Abbiamo ceduto una piccola parte della nostra quota per consentire a un altro soggetto di entrare. Ma unoperazione che ci stata chiesta. Dopo di che io ho mandato un messaggio molto chiaro, ma che vale per molte situazioni, non solo per Bresciatourism: la Provincia non un bancomat che finanzia operazioni a scatola chiusa. Servono programmazione, idee e progetti condivisi. Cose che prima non cerano. Ora invece in corso una nuova stagione. In questi due anni, non sono mancate le tensioni tra Lega e Pdl. A me in realt pare che ci siano pi tensioni tra le diverse correnti del Pdl che tra il Pdl e la Lega. Dispiace che qualcuno voglia risolvere i suoi problemi prendendosela con il presidente della Provincia. Ma alla fine, devo dire, abbiamo sempre trovato la quadratura del cerchio, e il lavoro fatto si giovato del contributo di tutti. Basti pensare alla sintonia sul caso aeroporto. E a Roma, come vanno i rapporti nella maggioranza? Il governo regger? Bossi a Pontida ha parlato chiaro, ha posto gli obiettivi e dettato lagenda del governo. Ha anche detto che oggi non esistono alMESI 12luglio-agosto 2011

ternative e che quindi togliersi da questo governo significa consegnare il paese alla sinistra. E la sinistra che in questo momento va per la maggiore quella pi oltranzista. Dopo di che se le cose non dovessero andare bene, noi non abbiamo paura ad andare da soli. A Roma come a Brescia. La Lega forse il partito pi monarchico della seconda Repubblica. Mai una proposta alternativa a quella di Bossi, mai un candidato alla sua successione. Qual il tasso democrazia allinterno del Carroccio? La Lega il partito che si rinnovato pi di tutti. Di quelli eletti in Parlamento nel 1994 siamo rimasti solo in otto. Non sar perch chi ha messo in discussione Bossi stato cacciato? Io con Bossi ho sempre potuto discutere di tutto in maniera molto aperta. C stato invece chi ha volutamente equivocato alcune situazioni e invece di discutere ha cercato di dettare al partito le linee direttive. Quelle le d il segretario. Se uno vuole fare il segretario si deve candidare, cosa che non mai successa. Appunto, questo non un limite? Preferisco leggere questo dato come il segno del carisma di Bossi. Le sue doti di leader gli sono riconosciute da tutti: sa interpretare le situazioni, sa cogliere gli umori della gente, sa elaborare progetti e proposte politiche nuove. Questo ha fatto s che nella Lega vi fosse sempre grande unit. Uno dei problemi dei partiti sono le divisioni interne. Essere compatti nostro punto di forza, non di debolezza. Passiamo al tifoso Daniele Molgora. Come vede il futuro del Brescia Calcio? A livello societario posso solo dire che una questione tra privati; speriamo ci possa essere qualche novit positiva. Da tifoso penso che il fatto di ripartire con una squadra giovane che ha fame di risultati possa anche essere una strategia vincente. Pensiamo cosa ha fatto il Novara che nel giro di due anni passato dalla C alla serie A. O il Varese. Insomma, il progetto di Corioni pu dare risultati interessanti. Per finire il gioco della torre: Floris o Santoro? Butto Santoro. Maroni o Calderoli? Mmm... piuttosto che buttare uno dei due mi butto io!.

Libero o Il Giornale? Diciamo che tengo Libero per i natali bresciani del suo direttore, Maurizio Belpietro. Rai o Mediaset? Guardo poca tv e di solito solo con mio figlio. Fabio Rolfi o Davide Caparini? Butto Rolfi, ma solo per una questione di anzianit. Fabio capir sicuramente. Secessione o federalismo? La testa dice di tenere il federalismo, ma il cuore.... Ministeri al Nord o federalismo fiscale? Tengo il federalismo. Aeroporto o autostrada della Valtrompia? Tengo laeroporto. Franciacorta o Lugana? Tengo il Franciacorta Cinema o dvd? A me piace molto andare al cinema, anche se il tempo poco. Libro o film? Libro. Vinile o cd? Cd Pop o classica? Entrambe Gruppo preferito? Pink Floyd, Genesis, Emerson Lake & Palmer e Charlie Cinelli. Piatto preferito? La polenta taragna, ma con i formaggi giusti, a iniziare dal bagoss. E loss de stomec. Se tra qualche anno sua figlia arrivasse a casa con un fidanzato extracomunitario? Se uno svizzero nessun problema.... E se suo figlio un giorno le dicesse: Pap, io voto a sinistra? Lo conosco, non accadr!. Commenta questo articolo su

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i TRe in unosi diceva ad alta voce, per farsi sentire e per fare bella figura con la ragazza o con gli amici). Il Berlucchi non era solo il nostro spumante bresciano, era anche uno status symbol in quanto primo champagne nostrano. Un simbolo di status come la Giulietta Sprint per i giovani delfini della borghesia arrembante del primo miracolo economico italiano, la generazione pre-sessantottina che si riconosceva nelle struggenti canzoni di Fred Buscaglione e nei rug-

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genti film di Sordi, Manfredi e Tognazzi. Lo spumante allora non veniva chiamato champenois (nessuno allora conosceva la mthode champenoise, femminile in francese) ma champagne tout court. Il marchio in evidenza non era ancora Guido Berlucchi ma Pinot di Franciacorta. Prima uscita sul mercato nel 1961 con 3.000 bottiglie. Tremila esemplari, oggi rimasti solo due custoditi religiosamente come cimeli, frutto della ostinata determinazione di Fran-

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co Ziliani di fare come in Francia. Il che voleva dire, nella seconda met degli anni 50, andare nella Champagne con la Fiat 500 e tornare con le damigiane legate sul tettuccio con lo spago. Roba da pionieri di quelli duri, anzi, duri e puri, tanto per stare in tema di purezza eno-spumantistica. Poich il solo pensare a quelle fatiche ancor oggi potrebbe far tremare le vene ai polsi ai tre figli di Franco Ziliani - Arturo alla produzione, Paolo al marketing, Cristina alla promozione e comunicazione - come le faceva tremare allora a Guido Berlucchi quando vedeva lindomito socio tornare dalle trasferte dOltralpe carico di conoscenze e competenze made in France. Ma perch gran travagliatese? Perch anche cos si spiega come Franco Ziliani ha vinto sia la lotta col destino fare della Franciacorta il primo territorio Docg dello spumante metodo classico quando nessuno ci credeva sia la sfida con se stesso, ossia diventare in mezzo secolo il primo produttore italiano di bollicine con 5 milioni di bottiglie prodotte e vendute ogni anno. Nessuno lha mai detto, n lui ha mai ostentato la civetteria di ricordarlo. Ziliani ha vinto non solo perch naturalizzato franciacortino, dove diventato viticoltore, ma perch di Travagliato, dove nato imprenditore. Insomma, Ziliani non un nobile della Franciacorta come il suo socio, sponsor ed amico Guido Berlucchi - colui che per primo credette, seguito poi da Giorgio Lanciani, in quel giovane pugnace enologo dandogli in affitto nel 1956 i terreni per le prime sperimentazioni - ma un combattivo imprenditore della Bassa. Con lintelligenza, la tenacia e la scaltrezza di un operatore di quella grande scuola travagliatese che ha forgiato altri noti protagonisti dellimprenditoria nostrana. Ecco perch le domande a Franco Ziliani, dopo mezzo secolo di cose gi viste e gi dette, non possono che essere scontate. Limportante non essere banali. Perci cominciamo dalla fase finale, non dal principio. vero che, alla bella et di 80 anni, sta facendo la Berlucchi Cile? Perch proprio il Cile, allaltro capo del mondo?MESI 12luglio-agosto 2011

Perch ci sono le condizioni ottimali per clonare la nostra qualit e la nostra esperienza, dal clima al terreno, dalla manodopera ai bassi costi di produzione, basti por mente al fatto che il Cile gi un apprezzato produttore vinicolo; e poi perch il Sudamerica, vedi il Brasile, in grande espansione e pu diventare un mercato molto interessante per un prodotto dalla qualit ed esperienza italiane con caratteristiche naturali cilene. Ne son passate di bottiglie sotto i ponti, dalle prime Pinot di Franciacorta ad oggi, non le pare? Certo, vendute e bevute. Le prime 10mila bottiglie di met anni 60 furono la conferma della validit delle nostre scelte, una gioia tanto intensa che ancor oggi, ripensandoci, riesco a percepirla. Dalle 10mila bottiglie iniziali siamo passati in dieci anni a trecentomila esemplari, ma a quel punto dovevamo fare una scelta: per rifornire il mercato e soddisfare la domanda in progressione geometrica la Franciacorta non bastava pi. Perci abbiamo abbandonato la Doc per attingere, oltre alla Franciacorta, anche ad altre zone vocate come lOltrep Pavese e il Trentino. In meno di ventanni siamo passati dalle 300mila bottiglie del 1975 ai 4 milioni e mezzo del 1991. Una decisione che ha promosso a livello nazionale non solo la Guido Berlucchi ma anche la Franciacorta. Paradossalmente, se da una parte il marchio Guido Berlucchi si era deterritorializzato, dallaltra ha fatto grande il territorio della Franciacorta poich di fatto, nellinconscio collettivo, Guido Berlucchi era ed sinonimo di Franciacorta, e Franciacorta era ed sinonimo di champenois, pardon, di spumante classico: non cos? Certo, noi abbiamo intercettato il mercato di massa in tempo utile per far crescere lazienda, cosa che ad esempio nostri illustri competitori come Ferrari di Trento hanno capito dopo di noi. La ragione del nostro abbandono della Docg, che peraltro intendiamo recuperare integralmente, era che per garantire lo sviluppo aziendale avremmo dovuto conquistare il grande consumo. Cos

stato, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ma la quantit non va a scapito della qualit? Assolutamente no, altrimenti non si capisce come i francesi siano al top della qualit mondiale con una quantit da 300 milioni di bottiglie annue. Dir di pi: la quantit, a un certo punto del suo sviluppo, se ben gestita, diventa qualit, poich la prima consente di realizzare le risorse necessarie per garantire la seconda. Anzi, mutuando il concetto dalla dialettica hegeliana, come dice un noto giornalista bresciano da trentanni mio grande amico, la qualit effetto della quantit ma poi, se ben coltivata e capitalizzata, ne diventa a sua volta la causa, poich permette di essere pi competitivi e quindi di vendere meglio e guadagnare di pi. Investimenti che sono un must permanente della Guido Berlucchi, come dice Arturo, lenologo del Gruppo, e come i fratelli Paolo e Cristina non si stancano di sottolineare Credo di non esagerare se penso che pochissime aziende dello spumante classico stanno investendo come noi in tecnologia e in qualit: uno sforzo costante e incessante, reso possibile da bilanci floridi e dai grandi numeri generati da grandi consumi: ecco perch il binomio quantit-qualit per la nostra societ imprescindibile, oltre che indissolubile. Ma, oltre a quello aziendale, c un altro must, di natura morale. Non retorico ricordare come la Fondazione Guido Berlucchi sia ai primi posti per il sostegno e il supporto alla ricerca medico-scientifica. Proprio cos, un grande lascito morale di Guido, oltre che un permanente impegno che siamo chiamati a svolgere e perpetuare nel tempo: anche per questo siamo spronati ad essere efficienti e competitivi, poich le risorse per fare del bene sono possibili a condizione che si operi bene. Giusto. Creare valore per onorare i valori. Lazienda non unopera pia, che antepone il bene altrui a quello proprio, ma unopera buona, poich facendo il bene proprio fa anche quello altrui.

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Da bResCia aGli sTaTesalfredo Fontanini, ricercatore bresciano premiato dalla Casa Bianca, racconta la sua vita e il suo lavoro a New York.

un soGno RealiZZaToIo sono entrato attraverso il mondo accademico, che una bolla protetta. Diversamente sarebbe stato meno facile. Nella realt vera, c uno shock culturale ad ogni piccolo passo, lo vedo con mio figlio, che ha 5 anni, quando va a scuola e quando viene a contatto con contesti diversi dalla sua famiglia, cio io e mia moglie, entrambi di cultura e origine italiana. Come ha fatto a trovare questo posto alla Stony Brook? Due o tre anni prima di iniziare il dottorato avevo cominciato ad interessarmi

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ervelli in fuga? Per Brescia non sono una novit, visti i numerosi talenti che lasciano la nostra citt, ma in generale il nostro Paese, per studiare e fare ricerca allestero, dove spesso ottengono ottimi risultati e riconoscimenti prestigiosi. il caso di Alfredo Fontanini, che, per i suoi studi sul sistema gustativo, ha ricevuto il premio Pecase per lanno 2010, il pi alto riconoscimento dato dalla Casa Bianca a giovani scienziati e ingegneri in diversi campi del sapere. Il professor Fontanini dirige un laboratorio del dipartimento di Neurobiologia e Comportamento della State University of New York a Stony Brook. Ma come arrivato questo giovane talento a livelli cos elevati? Quando e perch la decisione di andare allestero? Se hai interesse nel campo della neurofisiologia molto pi facile trovare centri grossi e con pi variet di scelta negli States piuttosto che in Italia. Cos ho deciso di fare quella parte di dottorato allestero, e poi volevo fare unesperienza fuori, da solo, avevo 27 anni Cos sono partito con lidea di fare un anno allestero, ma poi ci sono rimasto, mi sono anche sposato negli Stati Uniti: nella vita succedono le cose in modo molto meno programmato di quanto si pensi!.

Da dove la passione per questo settore? Non lo so! Ho iniziato medicina perch mi interessava lidea, forse un po naif, di studiare il pensiero, la mente e poi, strada facendo, mi venuta lintuizione che per studiare la mente avevo pi libert di manovra se affrontavo il tema pi da un punto di vista scientifico che clinico. Ho quindi virato da voler fare lo psichiatra a voler fare il neuro scienziato. Come stato il cambiamento, dal punto di vista professionale? A Brescia ero in un ottimo laboratorio, per andare negli Usa stato molto emozionante perch mi sono trovato spalla a spalla con persone che avevo conosciuto solo sui libri di testo. Lunica sfida nellandare negli Usa era quella di convivere con il senso di inadeguatezza, reggere il passo, ma era tale il piacere di lavorare in un contesto cos che venuto tutto spontaneo. E da quello personale? Sono stato fortunato: innanzi tutto ero libero, senza troppi legami in Italia se non la mia famiglia. Poi l sono arrivato in un contesto internazionale, con tanti giovani da tutto il mondo, dove si tutti lontani da casa e quindi ci si aiuta ad inserirsi; sono ambienti molto protetti, dove vieni introdotto alla vita in modo gentile e graduale. Quindi facile entrare in societ? Si sentito subito accettato?

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di argomenti di neuroscienze di sistema. Ho cercato laboratori specializzati sul tema e sono entrato in contatto con un professore a Los Angeles, in California, che mi ha proposto di visitare il suo laboratorio. Ci sono andato, sono rimasto affascinato da questa figura carismatica e dalla sua visione scientifica e quindi ho scelto lui. In seguito sono stato 5-6 anni a Boston, dove ho cominciato a studiare la neurofisiologia del gusto; dopo altri 4-5 anni ho fatto diverse domande per ottenere un mio laboratorio, e ora ne dirigo uno delluniversit statale di NY, a Stony Brook, questa cittadina sul mare a una cinquantina di chilometri da Manhattan. Ci pu descrivere il suo lavoro quotidiano, il suo studio, la sua universit, i suoi colleghi Il mio laboratorio ha tre anni. Siamo in uno staff fisso di 6 persone: 2 post dottorati, 2 dottorandi, un tecnico fisso che il mio braccio destro. Poi ci sono, fluttuanti, 5 o 6 studenti che seguo nelle tesi. A questo si aggiunge lo staff del laboratorio di mia moglie, che si occupa di studi sulla plasticit del cervello e che di fronte al mio: abbiamo molti progetti in comune. Quindi il gruppo allargato di una ventina di persone. Il mio lavoro prevalentemente di scrittura: scrivo articoli o proposte di finanziamento, revisiono proposte di tesi. Mi piace molto per stare in laboratorio con i collaboratori: lavoro bene in confusione!. Come sono i ritmi di lavoro? Ci sono molte aspettative, pretese o pressioni per lottenimento dei risultati? Finora quello che ho visto che tutti gli ambienti lavorativi sono strutturati in modo tale che la pressione sia autoimposta. Uno si mette molta pressione perch lambiente te la mette relativamente poco. Per ci sono aspettative: si deve pubblicare bene, insegnare, avere finanziamenti consistenti e fare servizio per luniversit. Ma se non si raggiungono certi risultati, luniversit pu chiudere il laboratorio? S. Il laboratorio viene dato assieme ad uno start up che varia da un minimo di mezzo milione di dollari a un massimo di un milione per iniziare le operazioni.MESI 12luglio-agosto 2011

Si hanno pi o meno 5 o 6 anni per dimostrare che puoi creare ununit di ricerca auto-sostenibile, cio con fondi di ricerca autonomi, produttiva, vale a dire in grado di pubblicare con una certa frequenza. Se ci non avviene luniversit non ti rinnova come professore e quindi devi cercarti un altro lavoro. Si sente stressato? meglio in Italia dal punto di vista dei ritmi? Io non faccio testo perch sono stressato anche in vacanza! Non so se i ritmi sono meno stressanti in Italia, ci sono stato troppo poco: dallesperienza di conoscenti direi che pi o meno la stessa cosa. retribuito in modo proporzionale al suo impegno? S. Il costo della vita negli Stati Uniti, la vita normale e non quella da ricchi di Manhattan intendo, pi basso che in Italia e gli stipendi sono pi alti. Se fossi a Milano, con mia moglie, come due accademici con un figlio di 5 anni, dovremmo stare attenti a far quadrare i conti, mentre qui abbiamo un relax economico maggiore. Le retribuzioni sono legate ai risultati o allo sforzo? Nei limiti. Un po s, nel senso che se uno fa bene riceve degli incentivi, per esempio sono stato gratificato visti i miei successi degli ultimi anni. Ma esistono dei parametri standard che sono giusti, c equit, non si creano disuguaglianze.

Hai 5 o 6 anni per diventare autonomo, se no devi cercarti un altro lavoro. vero che negli States tutti partono dallo stesso punto, che le opportunit sono uguali per tutti? Devo dire di s. Io sono arrivato negli Usa da outsider e alla fine sono riuscito ad avere un mio laboratorio e come me tanti altri. Certo, ci sono ineguaglianze sociali, se uno nasce in un quartiere povero ha meno possibilit di accesso allistruzione. Per, c molta mobilit sociale, di cui gli statunitensi vanno molto fieri, tant che con la crisi hanno temuto soprattutto che venisse meno questa mobilit. vero che non ci sono, o sono limitate, le raccomandazioni o le spintarelle? Funziona diversamente: c un network di potere, ma alla luce del sole, ufficializzato. Lettere di raccomandazione sono richieste esplicitamente, ma sono strumenti molto seri che mettono in gioco la credibilit di chi le scrive. Se io raccomando un mio alunno e quello poi non si rivela allaltezza ne va della mia reputazione. C supporto ma non nepotismo. Dove si trovano i soldi per la ricerca? Presso sponsor privati o lo Stato? Il grosso dei finanziamenti federale, la spina dorsale di ogni laboratorio. Esistono due agenzie per i laboratori biomedici, che offrono finanziamenti di 250mila dollari lanno per 5 anni, che la cifra minima per avere un laboratorio vitale. Poi ci sono una serie di fondazioni private alle quali si pu fare domanda e che offrono finanziamenti che vanno dai 50 ai 100mila dollari lanno per tre anni. Unultima domanda, alla luce del suo settore di specialit sulla percezione gustativa: cosa ne pensa del cibo negli Stati Uniti? orrendo! Ho fatto fatica ad abituarmi. Sono arrivato in California e mangiavo in modo molto sregolato: pizza cattiva e caff ancora peggio. Da l in poi tutto mi sembrato migliore. Ora va meglio, in casa mangiamo italiano e poi a Boston e a New York tale linfluenza della cucina italiana che non affatto difficile da trovare. Commenta questo articolo su

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LA SCHEDAAlfredo Fontanini, classe 1971, nato a San Paolo (BS). Ha studiato al Liceo Luzzago, a Brescia, e allAlmo Collegio Borromeo, a Pavia. Dirige un laboratorio del dipartimento di Neurobiologia e Comportamento della State University of New York a Stony Brook. Ha ricevuto il premio Pecase per lanno 2010 per i suoi studi sul sistema gustativo; in particolare per luso di avanzate tecniche psicofisiche ed elettrofisiologiche mirate ad identificare il ruolo delle reti neurali corticali nella percezione gustativa.

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ColoRi e noTenel DesTinoandrea Romano: da rallista a imprenditore, a pittore e cantautore.

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iamo abituati a guardare avanti per capire la direzione da seguire. Andrea Romano ha preferito guardarsi dentro e ha scoperto che il suo futuro era gi fiorito in lui, sbocciato dopo gli incontri, le letture, le riflessioni e le vicissitudini che tassello dopo tassello vanno a comporre il mosaico del destino. Lui ha voltato pagina senza paura facendosi guidare dallistinto e dalle emozioni. Oggi i suoi quadri, le sue canzoni e il suo volto compongono un bagaglio artistico desideroso di spiccare il volo. In molti lavranno gi visto e ascoltato sulle radio locali e nazionali, ma anche in tv e sui giornali. Lui non ha dubbi e afferma che nella sua storia c il suo punto di forza. Facevo il rallista. Ho iniziato a correre a 18 anni e lho fatto fino a 26. Ero semiprofessionista e stavo per fare il grande salto, ma mi capitata una stagione

sfortunatissima e siccome sono uno che sta attento ai segnali ho capito che forse non era la mia strada. Cos ho lavorato nellazienda di famiglia, poi ho messo su un autosalone con mio zio. Fino alla svolta successiva. S, perch intorno ai 35 anni ho raggiunto il limite. La parte commerciale era diventata un travaglio pesantissimo per me, cos ho deciso di dedicarmi ad altro pur restando nellambito dellimprenditoria attraverso alcune operazioni immobiliari e la fondazione di unetichetta discografica per aiutare musicisti di talento. Come ha avuto inizio la sua metamorfosi? Ai tempi del rally, attraverso lincontro con un medico sportivo che mi insegn il training autogeno. Praticandolo riuscivo con naturalezza e facilit a raggiungere livelli elevati di meditazione. Ho compreso che cera qualcosa di importante da capire, cos ho studiato

molto la filosofia orientale e occidentale chiarendo molti aspetti della mia vita. Poi ha incontrato un pianoforte Gi. Lo vidi in un negozio di strumenti musicali e provai unemozione fortissima. Mi sedetti e mi venne listinto di suonarlo, ma purtroppo non sapevo farlo. Mi chiesi: com possibile che io non sappia utilizzare questo oggetto cos bello e familiare? Cos lo acquistai e mi imposi di imparare. C qualche rimpianto per non aver imboccato prima questa strada? Non ce n motivo. Da giovane ero diverso, non sarei stato in grado di esprimere ci che faccio adesso. Per me una ricchezza capire il proprio percorso, mettere insieme i pezzi del puzzle. Lesperienza mi servita per diventare chi sono oggi ed esserne felice. La sua vena pittorica, tuttavia, viene da lontano. Ho iniziato da piccolo. Poi intorno ai 25 anni ho cominciato ad utilizzare

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il computer e a disegnare con il dito sul portatile attraverso il programma Paint. Tutto nasce da uno scarabocchio. Ci vedo dentro qualcosa che poi vado a creare. Chi un artista? Chi comprende la vita. Anche un salumiere pu essere artista. un termine abusato che va al di l della professione. Lo chi sa leggere e interpretare la bellezza, letica, il pensiero. Poi naturalmente questa vena si sviluppa in modi molteplici, ma la forma solo una conseguenza. Anche gli imprenditori possono essere artisti? Lo sono nel momento in cui ottengono grandi risultati con risorse ridotte.

Nei miei testi dico e non dico. Lascio allascoltatore una possibilit di immedesimazione.Per lei funziona cos? Beh io ho pochi elementi rispetto a tanti altri cantautori o pittori che hanno studiato una vita, ma mi interessa poco approfondire la conoscenza formale. Nellimprenditoria questo significherebbe ottimizzare le risorse umane. Come si descriverebbe in ambito musicale? Una via di mezzo tra il cantautorato e il pop orecchiabile, a met strada tra Vinicio Capossela e Nek. Nei miei testi dico e non dico. Lascio allascoltatore una possibilit di immedesimazione. Non c una gabbia, anche se ci sono messaggi e idee. Non mi piace obbligare chi ascolta ad essere incanalato. Seguire la melodia basta e avanza. Il concetto della gabbia mentale torna spesso nel suo pensiero? S perch noi uomini siamo fin troppo vincolati. Abbiamo in mente un centinaio di concetti che ci tornano utili per avallare noi stessi nei confronti del mondo e li usiamo esprimendoci attraverso una perMESI 12luglio-agosto 2011

sonalit che produce schiavit perch ci mette in una vera e propria gabbia mentale. Io non voglio divulgare un intellettualismo fatto a memoria. Se c qualcuno che non sopporto proprio quel genere di intellettuali che citano Kant e compagnia bella parlando a macchinetta su concetti imparati a memoria. Pensa mai al fatto che qualcuno potrebbe interpretare i suoi testi in modo diverso da ci che lei intendeva? Non me ne frega niente. Io lancio sassi in uno stagno. Loro toccano le sue rive e generano reazioni differenti. Noi abbiamo sempre la necessit di spiegare, ma non pensiamo alla cosa pi importante, ovvero che il destinatario interpreta sempre sbirciando dietro la maschera che ognuno di noi indossa. Non serve recitare. Chi ci ascolta capisce chi siamo. Chi sono i suoi riferimenti musicali? Gino Paoli, Tenco, Capossela, Fossati e soprattutto Battisti. Sono cresciuto con lui. Non ho mai sposato cause sportive o politiche. Le uniche persone che hanno costituito per me un modello sono stati Battisti per la musica e Senna per lautomobilismo. Tra i nuovi artisti apprezzo Gualazzi. Quanto artistica Brescia? Direi che si sta affacciando molto allarte. Noi bresciani ci consideriamo concreti e questa qualit alle radici del nostro albero ma il legame con larte sta germogliando perch siamo ricchi di intelligente sensibilit. Come ti ha accolto lambiente artistico bresciano? Non sono profeta in patria. Ho pi visibilit fuori provincia e un grande seguito in America Latina, soprattutto in Argentina. Qui in molti sono prevenuti, per non parlare dei musicisti bresciani che si domandano: chi questo qua che fino a poco tempo fa faceva tuttaltro?. Gli artisti bresciani sono snob? Direi che sono piuttosto invidiosi luno dellaltro. Ci sono molti sorrisi falsi nel mondo dello spettacolo che non frequento e non vorr mai frequentare. Quali sono i principali freni in campo musicale? In Italia ci sono situazioni mediatiche

La copertina del cd.

che fanno da muro. Oggi per le major i rischi devono essere al minimo; quindi puntano soprattutto su chi ha gi un nome e questo spiega il grande successo dei reality show. Come aggirare lostacolo? Potenziando la propria visibilit con il live e presenza in radio. Poi fondamentale tutto il circuito della comunicazione. Incidere un disco solo il primo passo. Oggi come non mai la promozione decisiva. Quanto conta la politica in tutti questi discorsi? Molto. Nel Paese della bellezza e dellarte sbagliato tagliare i fondi, anche se in passato ci sono stati eccessi opposti che hanno generato risposte drastiche. I politici del settore dovrebbero essere manager puliti e lungimiranti. Bisogna ammettere, tuttavia, che gestire macchine organizzative del genere difficile. Non un problema di destra o sinistra. Secondo me esiste solo il buonsenso. Dipende tutto dagli uomini. Qual oggi il suo sogno nel cassetto? Nessuno. Ho tutto per essere felice. Non desidero niente di quello che al di fuori della mia portata. I sognatori sono fottuti se non conoscono se stessi, le loro capacit e la loro volont. Io sogno in proporzione a quello che so fare e ai traguardi che posso raggiungere. E qual il suo traguardo? Il mio business plan spingere i quadri attraverso la mia immagine arrivando a fare mostre e concerti in tutta Italia. Sto dando il massimo perch questo accada. Mi sono dato 2-3 anni di tempo. E se non accadr? Significher che non doveva accadere.

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CambiaRe viTa?

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la crisi delledilizia, la mancanza di lavoro, la voglia di non mollare e di rimboccarsi le maniche, anche a 40 anni. la storia di luca Belotti che da carpentiere diventato produttore di salami.

uella di Luca la storia di tanti che con la crisi delledilizia si sono trovati senza il lavoro, con una famiglia da mantenere e non pi giovanissimi. Di diverso Luca Belotti ha un carattere forte, la volont di ferro di uno che non molla, che abituato a rimboccarsi le maniche e a lavorare sodo. Oggi Luca fa il norcino, quello che produce salami in modo tradizionale, ha una macelleria a Camignone con annessa stalla di sosta, mattatoio e macello. Insomma una piccola filiera, o come dice Luca dal vivo al banco, per riuscire a produrre i suoi salami ma anche coppe, pancet-

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di RoBERto giuliEtti

te, cotechini, soppresse e naturalmente salamine. Da carpentiere a norcino, un bel salto. Perch questa scelta? Colpa della crisi pesantissima che ha colpito ledilizia. Pontoglio, per tradizione, un paese di edili e, come mio padre e i miei fratelli, ho sempre lavorato nel settore e anche con qualche soddisfazione. Fino al 2006 le cose andavano bene. I primi segnali della crisi si sono cominciati a vedere a partire dal 2007 e lanno successivo si fatta critica con ritardi nei pagamenti sempre pi lunghi fino allaprile 2009 quando mi hanno lasciato a casa. Un brutto momento anche perch non era pi giovanissimo e con una famiglia a carico.

Si stato davvero un momento difficile, non potevo pensare che fosse toccato proprio a me, a quarantanni, dopo 16 anni passati ad alzarsi alle 5 di mattina per andare a lavorare nel milanese, di impegno per acquisire una certa professionalit. Per, non mi sono perso danimo e mi sono messo subito a cercare un altro lavoro, ma le risposte sono state tutte negative. Mi sono proposto anche come tornitore, avendolo fatto per sette anni prima di iniziare a fare il carpentiere, ma il risultato stato sempre lo stesso: nessun lavoro. Quali sono stati i motivi per cui le rifiutavano il lavoro? La crisi del settore, let, ma non riuscivo a farmene comunque una ragione. Proprio io ero fuori dal mercato del

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lavoro e solo perch altri lavoratori accettavano di essere pagati meno di me. Era una concorrenza basata esclusivamente sui compensi, non contavano pi la qualit del lavoro o lesperienza. Era diventato un mondo diverso da quello in cui ero cresciuto, che avevo imparato a conoscere e che tutto sommato facevo fatica ad accettare. E poi? Ho preso la decisione, condivisa con mia moglie Viviana, di cambiare vita. Per tradizione di famiglia sapevo fare i salami e ho pensato che poteva diventare un lavoro. Ho iniziato a prendere informazioni, mi sono iscritto a una scuola dellAssociazione Norcini Bresciani a Rovato, dove ho imparato ad evitare gli errori, dove ho capito quello che lesperienza mi aveva insegnato in tanti anni. Ho cominciato a cercare un posto che fosse adatto per linizio della mia attivit e ho trovato un piccolo capannone a Capriolo ma non andava bene perch cera troppo odore di resina delle barche, che avrebbe danneggiato il ricambio di area nelle celle per la maturazione del salame. Una nuova occasione si era presentata a Coccaglio ma non andata a buon fine, poi arrivata questa di Camignone, la porta della Franciacorta, un sogno anche per le condizioni climatiche ottimali che avrebbero avuto i miei salami. Nel frattempo arrivata anche Lodovica che oggi ha un anno e mezzo. Qual stato il passo successivo? A quel punto si dovevano affrontare i problemi dellinizio di una nuova attivit che fondamentalmente hanno un nome: banche. So che strano ma non ho avuto problemi, mi hanno aiutato molto, mi hanno dato fiducia credendo nella mia idea. Anche da parte dellAsl e dei veterinari, che seguono ogni passaggio della macellazione con grande scrupolosit, sono arrivati consigli e suggerimenti finalizzati a farmi lavorare meglio. Quali sono stati i principali cambiamenti che ha dovuto portare alla sua vita? Prima di tutto mia moglie, che da casalinga si trasformata in maMESI 12luglio-agosto 2011

nager della nostra azienda, e grazie alle cui intuizioni recentemente abbiamo aggiunto la gastronomia come proposta per i nostri clienti. Per sedici anni ho avuto come soci i miei fratelli, oggi il miglior socio che avrei potuto trovare proprio lei, mia moglie. Poi mio figlio Giuseppe al quale ho potuto dedicare poco tempo anche se cerco di coinvolgerlo il pi possibile pur di averlo vicino. Oggi lavoro pi di prima, dalle 6 di mattina alle nove di sera dovendo fare pi di 60 km al giorno (labitazione a Pontoglio, ndr.), ma una grande soddisfazione anche perch Camignone ci ha accolto bene e ho ritrovato i rapporti sinceri che solo un paese ti pu dare. Iniziare unattivit in questo contesto economico non certo facile, come sta affrontando questo periodo della sua vita lavorativa?

Con un grande entusiasmo si superano anche le situazioni pi difficili. Sono cresciuto con labitudine al lavoro, al fare in fretta e bene le cose che dovevo fare. Lavorando a cottimo impari questa impostazione e oggi anche questo mi torna utile. Non abbiamo paura di lavorare, crediamo nellimpegno giorno per giorno e poi, come ho gi detto, mettiamo tanto entusiasmo nel fare quello in cui crediamo. E per il futuro? Vogliamo crescere. Per i nostri salami, vogliamo puntare alla Deco (denominazione comunale), alle fiere, ai mercati. I primi risultati sono confortanti visto che in soli sei mesi siamo arrivati a vendere 150 salami al mese e per le salamine siamo passati dalle 400 alle 4mila. La ricetta di questa crescita? Tanto impegno, tanta volont, la voglia di rimettersi in gioco oltre alla qualit dei nostri prodotti. A proposito di prodotti, qual la ricetta dei suoi salami? La ricetta un segreto che non conosce neanche mia moglie. Compro le spezie separate che poi assemblo io. Il segreto proprio nelle percentuali dei vari ingredienti che si usano per preparare i salami. Di certo non ci sono farine o lattobacilli (fermenti lattici) e si deve prestare una grande attenzione a tutte le fasi successive alla preparazione. Temperature, umidit, riciclo dellaria e minimo 60 giorni di maturazione, nei primi quaranta dei quali il salame deve perdere circa il 40% di peso. Per quanto riguarda la carne, scelgo le bestie in piedi, quando sono ancora in stalla; prediligo la vitellona femmina di razza garronese, ha la carne migliore e qui se ne intendono, e poi la qualit paga sempre. Tornerebbe indietro? No, anche se il carpentiere lo facevo volentieri. Certi giorni vorrei per lavorare ancora con i miei fratelli e ritrovare il piacere che avevo nel tenere in mano un martello.

Lazienda si sempre contraddistinta per la ricerca e lofferta della qualit, proponendo prodotti ricercati sia nei materiali che nella tecnologia e nel design, collaborando con aziende leader nel settore. Il team esperto e qualificato di geometri e designer di Tecno Arredo offre alla clientela un servizio completo, che va dal rilievo planimetrico dei locali, alla progettazione con elaborati e render 3D, fino alla preventivazione. In fase di consegna e montaggio, grazie alla squadra di montatori interna, Tecno Arredo segue il cliente a 360 gradi, garantendo unassistenza continua e duratura nel tempo.

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lexpo nr 1 nel mondo dei metallii chiamano microimprese quelle aziende di svariati settori produttivi che hanno meno di dieci dipendenti e un fatturato non superiore a 2,5 milioni di euro; questa definizione cos precisa serve per individuare senza difficolt la connotazione base di queste aziende, cio le ridottissime dimensioni, e semplificarne quindi il riconoscimento per il diritto di accesso ai diversi tipi di incentivi che Unione Europea, Stati e Regioni mettono frequentemente in atto per lanciare o rilanciare questo tipo di impresa. Secondo recenti dati statistici, tra gli altri quelli dellOsservatorio sulla Finanza per i piccoli operatori economici di Nomisma e Crif Decision Solutions, in Italia le microimprese risultano oltre 4.100.000, ovvero il 95% del totale delle imprese nazionali, rappresentano intorno al 47% delloccupazione privata non agricola e realizzano il 28,9% del fatturato nazionale; chiaro che con queste dimensioni la microimpresa uno dei pilastri delleconomia italiana. Sui motivi per i quali si innesca e si sviluppa il fenomeno della microimpresa ci sono molte interpretazioni: non difficile immaginare che, oltre al fatto che per molti giovani pu essere lunica scelta per inventarsi unoccupazione, spesso la microimpresa nasce dalla situazione di necessit di lavoratori costretti dal

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datore di lavoro a mettersi in proprio e continuare a fornire come prima la loro opera alla stessa azienda, ma non come dipendenti. La classifica dei nuovi giovani microimprenditori che hanno aperto aziende individuali guidata nellordine da Lombardia, Campania e Piemonte, seguono il Lazio, la Toscana, la Puglia, la Sicilia, il Veneto, lEmilia-Romagna, la Calabria e tutte le altre regioni. Parliamo oggi di microimprese perch anche questo tipo di aziende ha vissuto la crisi e ne ha subito gli effetti, ha attraversato un periodo di oltre due anni oscuro e difficile, sta uscendo in qualche modo dal tunnel ma ancora presto per brindare allo scampato pericolo. I dati pi incoraggianti vengono dal Nord-Est e dal Centro Italia, laddove si segnala da parte delle microimprese una maggior disponibilit ad investire rispetto allo scorso anno, con una diminuzione delle situazioni finanziarie critiche verso gli istituti di credito. In termini generali, la ripresa a livello internazionale c eccome, la crescita forte specialmente nei paesi emergenti, la domanda se le microimprese potranno o meno salire sul treno in corsa. Il fatto che la microimpresa, salvo casi eccezionali, vive e si muove in un contesto locale, proprio quello tuttora caratterizzato da difficolt di crescita, da problemi di occupazione, dalla debolezza dei consumi delle fami-

glie, quindi in sostanza da uninsufficiente capacit di impegnare capitali per rafforzare limpresa; e infatti diminuito in questi ultimi anni il numero delle microaziende capaci di finanziare il proprio futuro, e questo vale in particolare per quelle che si muovono nellambito del manifatturiero, il settore al quale si guarda con il maggior interesse per poter uscire dalla situazione di impasse. Questa tendenza di segno negativo sin dal 2007, ancora alla vigilia della grande crisi, e nellarco degli anni successivi la flessione continuata senza soste, pur migliorando nel 2010 in termini relativi rispetto al 2009, e lasciando intravedere per questanno un ritorno in area di crescita finalmente positiva. C naturalmente da augurarselo, gli spazi culturali e tecnologici ci sono, o per lo meno ci sono ancora in molti settori, servono strumenti efficaci in grado di superare le oggettive debolezze individuali delle piccolissime realt imprenditoriali, serve in poche parole la consapevolezza di dover fare sistema. un tema molto rilevante quello del rilancio e delle dinamiche di sviluppo delle microimprese, in Italia e in genere in tutte le aree dallEuropa agli Stati Uniti attraversate dal ciclone dei due anni di crisi economica profonda, perch rappresenta una delle sfide pi significative da cui dipender la competitivit dei diversi paesi.MESI 12luglio-agosto 2011

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on 21 morti sul lavoro, Brescia si riconferma, anche nel 2010, nel triste primato nazionale degli incidenti mortali e degli infortuni sui luoghi di lavoro. Sono nove gli infortuni mortali nei primi cinque mesi del 2011 con un trend, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in crescita del 20%. Oltre 18mila gli infortuni. Sembrano lontani gli obiettivi della Regione Lombardia per il biennio 2011-2013 che indicano nella riduzione del 15% degli incidenti un traguardo raggiungibile. Recentemente, infatti, le stime preliminari dellInail (Istituto Nazionale per lAssicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) hanno registrato un calo solo dell1,9% delle denunce di infortunio nel 2010 che, dalle 790mila del 2009, sono passate a circa 775mila. Decisamente pi confortante il calo delle morti sui luoghi di lavoro. Anche se le dimensioni del fenomeno rimangono comunque inaccettabili, nel corso del 2010 si registrato un nuovo record storico per il nostro Paese che, per la prima volta dal dopoguerra, scende sotto la soglia dei mille decessi. Pi precisamente, le stime indicano per gli infortuni mortali un calo pari al -6,9% (da 1.053 del 2009 a 980 vittime nel 2010), che migliora quello dellanno precedente che era stato del -6% (1.120 casi nel 2008). Da segnalare che la riduzione registrata nellultimo quinquennio si attesta quasi a quota -30% (nel 2006 si erano contati 1.341 decessi).

Anche per questo il dato di Brescia preoccupa di pi. il segnale che qualcosa non funziona ha denunciato il presidente dellAssociazione Artigiani, Enrico Mattinzoli , per questo abbiamo fortemente voluto laccordo con lAnmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) che attraverso i propri rappresentanti porter testimonianze di chi gli infortuni li ha vissuti in prima persona. Un accordo che punta, attraverso una maggiore informazione e le testimonianze dirette, a creare quella cultura della prevenzione presupposto indispensabile per la riduzione degli infortuni. Il valore di una vita superiore ad ogni altra considerazione ha sottolineato il presidente dellAnmil, Angelo Piovanelli . Non pu essere una legge o la paura di una sanzione a motivare gli imprenditori a tutelare i propri collaboratori, prima di tutto c la sicurezza sui luoghi di lavoro e poi la produttivit. Quello stipulato con lAssociazione Artigiani il primo accordo di questo tipo con unassociazione di categoria mentre molti Comuni hanno gi aderito: Lidea ha concluso Piovanelli quella di creare una rete di soggetti e creare progetti condivisi per puntare a un grande obiettivo: infortuni zero. In attesa che si raggiunga il traguardo, a livello nazionale si consolida il trend favorevole avviato gi da alcuni anni, con unulteriore flessione rispetto al 2009 a sua volta anno di calo record rispetto al 2008 (-10%). In quella occasione si attribu parte della contrazione allandamento negativo delleconomia: la

crisi occupazionale, il massiccio ricorso a cassa integrazione e il blocco degli straordinari, avevano infatti inciso sensibilmente sulla presenza e sullesposizione al rischio dinfortunio dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Per il 2010, una congiuntura economica meno sfavorevole, espressa sinteticamente dal calo occupazionale stimato dallIstat complessivamente pari a -0,6% rispetto al 2009 (era stato -1,6% nel 2009 rispetto al 2008), sembra indicare una minore influenza di questo dato sul numero di infortuni.

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RLAVOROdi EMaNuEla gastalDi

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GloCaliZZaZione

lavoRaRe TRa monDo e TeRRiToRio

a caduta delle barriere politiche e commerciali che ha portato alla globalizzazione, spesso si dice, ha uniformato costumi e stili di vita. Nonostante permangano tratti culturali marcati, una generica occidentalizzazione delle abitudini (soprattutto di consumo) tende a sfumare i confini tra le nazioni, dando vita a quella enorme macroregione chiamata mondo globale. Ma lafflato globale non deve indurci a dimenticare o sottovalutare la dimensione locale, che in fondo la pi vicina e immediata dimensione spaziale nella quale viviamo e lavoriamo. In un mercato globale, il fenomeno della localizzazione a consentire, per esempio, la valorizzazione di piccole produzioni ad elevata tipicit locale. il sociologo Zygmund Bauman a coniare negli anni Novanta il termine glocalizzazione, approccio che erge a fondamento della societ la comunit locale, linterazione degli individui, organizzati in gruppi sempre pi allargati, presenti in un territorio. Non in contrasto, ma in completamento reciproco, come sostiene Bauman, dando vita ad una tensione costruttiva e creativa tra due poli: creazione e distribuzione di prodotti o servizi ideati per un mercato globale, ma modificati in base alle leggi o alla cultura locale; uso di tecnologie per fornire servizi locali su base globale (internet), creazione di strutture organizzative globali declinate su base locale (il modello di molte multinazionali) o, con

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un percorso di crescita opposto, di strutture organizzative locali che applicano approcci globali innovativi rispetto alle abitudini del territorio da cui emergono. Globale e locale sono, in fondo, due facce della stessa medaglia. Talvolta la localizzazione viene ignorata in favore della troppa enfasi sulla globalizzazione, mentre in molti casi le forze locali si sforzano di contenere, attenuare limpatto dei processi globali. Si rischia cos di perdere di vista il potenziale positivo della glocalizzazione. Limpatto di questa dialettica continua non risparmia le dinamiche del mercato del lavoro e muta la tipologia di competenze richieste. Avere una visione internazionale, per un manager, oggi un imperativo, ma la vocazione non dovrebbe essere fine a se stessa: si viaggia, si conosce e si impara, e poi si dovrebbe tornare, per replicare in azienda (e nel territorio) ci che si imparato altrove, diventando un manager formato e preparato a supportare linternazionalizzazione delle aziende radicate nel territorio. Cos come labilit di lavoro in team internazionali, ladattabilit al nuovo, la sensibilit verso nuove culture dovrebbe cominciare dalla forte consapevolezza del proprio background, perch le competenze oggi maggiormente richieste (flessibilit, creativit, capacit di innovazione, abilit di problem solving) richiedono caratteristiche di cui il dna italiano abbonda. Senza contare che con la glocalizzazione si assiste a un fenomeno curioso: la dimen-

sione nazionale risulta sfumata, a favore della dimensione globale da un lato e di quella regionale dallaltro. Di questo si dovrebbe approfittare, laddove come il caso del sistema Brescia le prospettive sono migliori rispetto alla media nazionale, se vero che il tasso di disoccupazione in provincia (5,3%) batte la media lombarda (5,4%), italiana (8,1%) ed europea (9,9%). Anche la futura generazione di manager pare disorientata. I messaggi poco rassicuranti che il mondo lancia, equamente suddivisi tra previsioni di catastrofi globali e necessit di adeguarsi a un mercato del lavoro che molto chiede in termini di energie e disponibilit, ma poco remunera e premia, vengono recepiti dai giovani neolaureati bresciani con preoccupazione. Aumentano le difficolt nel progettare il proprio percorso di crescita e di carriera e i giovani neolaureati reagiscono (forse comprensibilmente) con la chiusura, se non il blocco, laddove oggi si richiede invece di sapersi inserire in un sistema liquido. Tendono a restare nella propria zona di confort alla ricerca di messaggi rassicuranti, o quanto meno di nuovi segnali orientativi, e si serrano persino allinterno dei confini geografici, studiando poco le lingue e rinunciando alle esperienze professionali allestero, con il rischio non solo di perdere le opportunit che il mondo globale offre, ma anche le chance di valorizzare al meglio il proprio territorio.MESI 12luglio-agosto 2011

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auTomoTive mon amouRse la old economy (la vecchia economia ossia la manifattura) era ricchezza senza valore, la new economy (la nuova economia ossia la finanza) valore senza ricchezza. Quale preferibile? la old economy, ovviamente, poich meglio una ricchezza materiale pur senza un corrispondente valore nominale che un valore virtuale ma senza una proporzionata ricchezza reale.

TeKnomoTive inveCe PuRA Brescia c stato sinora un solo serio tentativo di alleanza verticale di filiera, quello della Itg (International Technology Group) di Bovezzo, promosso da quattro aziende della filiera forno-pressa-transfer-robot. Ma non risulta che sia stato clonato come modello valido per altre situazioni. N si ha notizia che le associazioni industriali delle aziende interessate, le prime a doversi attivare per appartenenza settoriale e competenza istituzionale, abbiano collaborato a diffonderne lesempio. Ha ragione Attilio Camozzi, imprenditore meccanico di lungo corso con specializzazione nella pneumatica, nelle macchine utensili e nelle macchine tessili, a proporre la costituzione di un gruppo di acquisto leggi consorzio per gli acquisti per il comparto bresciano dellautomotive, la subfornitura dellautomobile e dei trasporti in generale. Ha ragione per un fatto evidente quanto oggettivo: se lItalia la seconda industria europea dellautomotive dopo limmancabile Germania (diciamo immanca-

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di alEssaNDRo ChEula

e lautomotive, cio la meccanica automobilistica e dei trasporti, old economy che produce ricchezza, Teknomotive, in programma alla Fiera di Brescia dal 20 al 22 ottobre, ne la vetrina internazionale pi completa e aggiornata. Perci vale la pena partecipare. Non per vincere, ma per vivere tre giorni nella old economy pi new, pi nuova e aggiornata. E pure per assistere full immersion al matrimonio pi riuscito del secolo, quello tra la meccanica calda e pesante e lelettronica fredda e leggera, il connubio che ha partorito la robotica tiepida e fluida, la leva che ha davvero sollevato il mondo moderno e che sollever sempre di pi quello postmoderno, ma non postindustriale. Aggregazione oggi la parola chiave. Alleanze la parola dordine. In particolare per le piccole e medie aziende dei distretti manifatturieri. Poich non basta dire fare squadra o fare rete. Cominciamo a fare sinergia, a fare sistema. lo si vedr anche al prossimo Teknomotive. In che senso? Trattandosi di imprese che fabbricano diversi prodotti (fasi) di una stessa filiera, non servono le alleanze orizzontali di prodotto bens le alleanze verticali di filiera, in modo da collegare lefficienza della singola impresa alla forza delle filiera produttiva.

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Audi A1 1.6 TDI 90 CV. Ora comportatevi da grandi.confronto o qualsivoglia attendibile graduatoria industriale)? Lautomotive e tutto lenorme indotto che ne segue uno dei pochi settori che consentono al Belpaese di restare vivo e vegeto, cio vitale e competitivo ossia avere voce in capitolo nel novero delle potenze industriali occidentali. Siamo al secondo posto nel vecchio Continente e al terzo nel mondo, il che significa non essere spinti alla deriva del sottosviluppo preindustriale o sospinti verso quella artificiale, volatile e virtuale cio immateriale, del supersviluppo postindustriale, terziario e finanziario. In una parola, parassitario. luNga FiliERa BEl tEMPo si sPERa Paolo Streparava, amministratore delegato dellomonima azienda di Adro e supporter di Teknomotive insieme a Camozzi, Omr (Bonometti), Alcoa, Cromodora (Dallera) e Ssab, parla analogamente a Camozzi delle sfide future che attendono le imprese del settore. Prima fra tutte, sottolinea il giovane imprenditore (figlio di Pierluigi e nipote dello scomparso Cavaliere del lavoro Angelo, per dire che la struttura familiare, purch non diventi familismo culturale, pu convivere con lassetto manageriale) il fare sistema per competere meglio sui mercati esteri. La rassegna di Brescia, che si avvale della consulenza del Cermet come partner per linnovazione sostenibile, articolata in quattro grandi macrocategorie steel, aluminium, other materials, technologies e metter in evidenza i materiali del futuro. Tema affascinante e di grande interesse oltre che comparto strategico per eccellenza, quello dei cosiddetti metalli leggeri, dove la Cina, per chi non lo sapesse, leader mondiale. Tecnolgie e impiantistica, oltre ai nuovi metalli, avranno un posto di rilievo nelleconomia della rassegna. Senza contare il contesto e contorno dei servizi, la nota componente immateriale che pu fare comunque la differenza nella competizione globale. aggREgaRsi E NoN DiRsi aDDio Ma arrivederci. Nel senso che bisogna aggregarsi non solo per competere o crescere ma, al punto in cui sono giunte le cose, per sopravvivere. Lesempio di aggregazione forse pi calzante e pertinente lhanno dato gli stessi organizzatori della rassegna Alfin-Edimet Spa e Brixia Expo-Fiera di Brescia collaborando per la buona riuscita di Teknomotive. Una sinergia che Mario Conserva, amministratore delegato di Alfin-Edimet (il presidente Mario Bertoli, amministratore delegato della Metra di Brescia) ha messo in atto quale provino di unaggregazione possibile ed estensibile ad altri casi e situazioni. Ma il must di Alfin Edimet deve sapere coinvolgere sul piano culturale ci che agli addetti ai lavori chiaro sul piano professionale. Ci spieghiamo. Rassegne come Teknomotive, nate e concepite ovviamente come fiere industriali, devono saper diventare anche eventi culturali. necessario a tal fine che la cultura industriale sottesa a tali manifestazioni diventi parte integrante di una moderna accezione di cultura tout court. Compito ovviamente non facile ma obiettivo possibile se affidato a una comunicazione sapientemente mirata e attentamente motivata. Se la manifattura vuole sopravvivere come settore produttivo e comparto industriale, se vuole insomma crescere come moderna cultura industriale, deve sapersi trasformare in civilt industriale. Obiettivo, ripetiamo, quanto mai arduo in un tempo nel quale lindustria (la old economy, ovvero la ricchezza senza valore) sembra passata di moda per fare posto alla finanza (la new economy, ovvero il valore senza ricchezza). Concludendo, meglio tuttavia la ricchezza reale senza valore nominale dellindustria che il valore nominale senza ricchezza reale della finanza. Anche se la realt non cos grossolanamente schematica, poich il mercato che decide il valore da assegnare alla ricchezza o la ricchezza da attribuire al valore, occorre riaffermare una semplice lapalissiana verit: lindustria crea ricchezza, la finanza la trasferisce.

bile poich qualsiasi classifica relativa alla manifattura vede i tedeschi sempre al primo posto) Brescia il secondo polo italiano dopo Torino. Un complesso che a livello nazionale comprende qualcosa come 1.700 aziende che danno lavoro a 161mila persone per un fatturato di 40 miliardi di euro di cui il 18% allexport, nel quale Brescia gioca un ruolo da comprimario con 300 aziende, 20mila addetti di cui due terzi occupati in realt medio-grandi, 7 miliardi di fatturato il 4% dei quali destinato alla ricerca e innovazione. Investimento necessario, detto per inciso, se si vuole stare al passo con gli standard qualitativi imposti dalla committenza, che costringe cos il subfornitore a innovare continuamente: ecco perch, contrariamente a quanto si pu pensare, lautomotive, nonostante la sua condizione subalterna rispetto alla grande azienda committenti, investe un punto percentuale in pi rispetto al 3% della media industriale italiana. Perch, si chiede sempre Camozzi, non creare a Brescia un centro di acquisto dellautomotive in grado di negoziare prezzi delle materie prime pi favorevoli? Un conto la singola azienda che tratta lacquisto di una partita di 1.000 tonnellate, un altro un buyer che tratta una partita da 1 milione di tonnellate. Insomma, anche qui laggregazione. Ma Quali suB? Subfornitura? Contoterzismo? Contolavorismo? Ma chi mai ha inventato quel prefisso diminutivo sub, quasi spregiativo e del tutto improprio dal momento che si riferisce ad una manifattura estremamente innovativa e tecnologicamente aggiornata? Ma perch la meccanica pi avanzata deve essere appellata con quel sub abusivo e quasi spregiativo? Sub di chi e per chi? Sub-acqueo e sub-alterno appropriato, sub-fornitore molto meno. Ma quali sub, quali terzisti, quali contolavoristi se siamo di fronte al nerbo, al perno, al nocciolo duro dellindustria meccanica italiana, uno dei pochi comparti manifatturieri che il mondo ci invidia e che reggono la competizione con la Germania e col Sol Levante (due parametri irrinunciabili per qualsiasi pertinente

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la tECNologia al sERViZioNasCE VigilaNZa gRouP, uN NEtwoRk CoMPosto Da sEi soCiEt ChE PRoPoNE sERViZi a 360 RElatiVi al MoNDo DElla siCuREZZa E DElla PRotEZioNE DEi BENi Di PRiVati E iMPREsE.dati pi recenti fanno registrare un costante aumento di furti e di rapine, non di quelle che fanno notizia sui giornali nelle grandi ville degli imprenditori importanti, ma nelle case della gente comune. La crimi-

DElla siCuREZZa

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nalit ha inoltre radicalmente modificato le modalit con le quali attua i reati. Una volta spiega il direttore de La Vigilanza, Giancarlo Liberatore i ladri aspettavano che le case fossero vuote per intervenire, oggi non pi cos. Molto spesso le intrusioni avvengono con gli inquilini presenti perch in questo modo i delinquenti pensano di ottenere di pi. Purtroppo, ancora oggi manca la cultura della difesa della propria abitazione e questo influisce negativamente su questo tipo di reati.

Ma se questa la stretta attualit in tema di sicurezza, altrettanto vero che ogni notte dellanno, diecimila chilometri di strade della nostra provincia sono pattugliati dagli uomini de La Vigilanza. Il conto semplice continua il direttore ; tutte le notti abbiamo sulle strade provinciali settanta macchine che in otto ore di