21 grammi pg senigallia maggio 2012

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Lo spazio giovani di Voce Misena - maggio 2012 + CHE COS’È L’AMICIZIA? Dal vocabolario si legge: “ amicìzia s. f. [dal lat. amicitia, derivato di amicus «amico»]. – 1. a.Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima: amicizia profonda, pura, disinteressata (o, al contrario, interessata, superficiale o apparente, e dichiarata o mantenuta soltanto per l’utilità materiale o il vantaggio che se ne può trarre); amicizia falsa, incostante, ecc.; vincoli, legami di amicizia; fare, stringere amicizia, legarsi d’amicizia con qualcuno, meno comune stringersi... in amicizia con qualcuno; coltivare l’amicizia o un’amicizia; rompere, guastare l’amicizia…”. Il vocabolario continua, ma può bastare questa riflessione: in questo termine è racchiuso tutto quello che è necessario all’uomo per vivere con gli altri, la relazione; che sia vera o presunta tale, che sia disinteressata o rivolta al guadagno, l’amicizia pervade tutti i giorni della vita, facendo in modo che possiamo confrontarci, crescere e discutere con chi incrocia il nostro cammino, e diventare uomini e donne più maturi. In questo numero abbiamo provato descrivere i diversi volti dell’amicizia attraverso testimonianze di giovani dalla chiesa, dal lavoro, dal volontariato, dallo sport e dalla storia di santi e personalità del passato che all’amicizia hanno rivolto azioni e pensieri. Una riflessione ad ampio spettro, e forse le parole non basteranno mai: perché l’amicizia che ognuno vive assume sfumature che non sono richiudibili in una o più definizioni, e rimane una relazione che sfugge ad ogni regola: perché il volersi bene, la fiducia, la stima, il rispetto, la gratuità sono “moti del cuore” che stabiliamo naturalmente con alcune persone che fanno parte della nostra vita; con gli occhi e il cuore sempre rivolti a Gesù, che si è fatto amico dell’uomo fino alla fine, un modello che rimane irraggiungibile forse, ma che ci dimostra ogni giorno che siamo fatti per vivere di relazioni e amare il prossimo. Francesca Vici Un incontro, forse casuale forse no. Del tempo trascorso insieme, per scelta o per necessità. Persone che fra tante, giorno dopo giorno, diventano sempre un po’ più speciali. E piano piano una gioia semplice e silenziosa ri- empie il cuore. Ci si accorge che queste persone che abbiamo accanto sono doni di inestimabile valore, ma soprattutto ci si rende conto che la nostra vita non è fatta di cose o di cose fatte… ci accorgiamo che la nostra vita sono le perso- ne e in particolare riconosciamo il profumo e il colore che gli amici sanno donare alle nostre giornate. Gli amici, non i surrogati degli amici. Spesso racchiudiamo nella cerchia tutte le per- sone con cui stiamo bene e con le quali ci si di- verte. Ma non basta. Non credo che Gesù abbia scelto di dare la vita per persone simpatiche o che lo facevano divertire il sabato sera… Se si può arrivare a dare la vita per i propri amici, per forza l’amicizia deve essere qualcosa di più di un semplice sentimento che per un attimo riesce a mettere all’angolo la paura di rimanere soli… Se penso all’amicizia penso a una delle forme più belle dell’amore. Amore donato e ricevuto. Amore eterno e gratuito. Amore onesto e libe- ro. Credo sia questo il DNA originale dell’amici- zia e credo sia un peccato modificarla genetica- mente, accontentandoci di relazioni superficiali e volubili. L’amicizia è relazione che cresce e si rinnova ogni giorno, che sa adattarsi ai cambia- menti di vita ma che rimane salda perché anco- rata alla roccia della fiducia. Fiducia… non va molto di moda quest’atteggia- mento, perché oggi, come si dice, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio! Quale libertà invece mi viene donata ogni volta che riesco a mettere da parte la mie paure e fidarmi degli amici!! Libertà nel parlare, perché dagli amici non vengo giudicata ma corretta con amore. Libertà nel tacere, perché nel silenzio non c’è imbarazzo ma intima comprensione. Libertà nel condividere le mie gioie e le mie per- plessità, perché sono ascoltata con pazienza e discrezione. Libertà nello sbagliare, perché sono accolta nella mia fragilità e nei miei limiti. Libertà nell’amare, perché non mi aspetto nul- la in cambio ma semplicemente il mio cuore si dona nell’unica certezza che ne vale la pena. Libertà nel perdonare, perché fidandomi il mio cuore ha imparato ad amare un po’ di più! Così ogni amico sarà un prezioso compagno di viaggio, che ci aiuterà ad allenarci nella palestra della quotidianità per imparare ogni giorno ad amare sempre di più e sempre meglio! Ma perché l’amico diventi questo una cosa ri- chiede: il tempo! “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così im- portante” (il Piccolo Principe). Tempo per parlare, per passeggiare, per arrab- biarsi, per condividere, per ridere, per incontrar- si e per scontrarsi.Tempo per farsi da parte, per crescere, aiutarsi ed entrare in comunione l’uno con l’altro. E così, senza rendercene conto, con le nostre relazioni e le nostre amicizie, porte- remo qui e ora un po’ di cielo in terra! Ecco la Chiesa: amici, persone che si vogliono bene, che scelgono di camminare fianco a fianco nel- la stessa Direzione. E in questo viaggio nessuno sarà preoccupato di arrivare primo ma sempli- cemente ognuno sarà occupato nell’aver cura di non arrivare da solo. Diciamocelo. Le amicizie tessute in Cristo ci donano una gioia immensa perché hanno la potenza di bandire la paura del- la solitudine. Esse, infatti, non sono ripiegate su noi stessi, ma tendono a Cristo, sigillo di fedeltà che firma ogni nostra amicizia garantendone una durata eterna. E in questa certezza ogni amico diviene come olio in piccoli vasi capace di tenere accesa la lampada della felicità! Sonia Rotatori I QUATTRO AMORI Nel caso dell’amicizia pensiamo di aver scel- to noi autonomamente i nostri pari ma per un cristiano non si può parlare di fatalità. Un segreto maestro delle cerimonie ha lavorato per noi. L’amicizia non è una ricompensa per il discernimento e il buon gusto che abbiamo dimostrato di possedere trovandoci vicende- volmente. Essa è lo strumento attraverso il quale Dio rivela a ciascuno le bellezze degli altri. Queste, come tutte le bellezze, derivano da lui, e quando si stabilisce un’autentica ami- cizia esse vengono da lui accresciute, cosicché l’amicizia diventa il suo strumento per creare e per rivelare. In questo banchetto è Lui che ha imbandito la tavola, che ha scelto gli invitati e che vi presiede. Questo non significa che dobbiamo partecipare dell’amicizia in manie- ra solenne. Dio che ha creato la sana risata, ce lo vieta. Una delle difficoltà e dei deliziosi controsensi della vita è proprio il fatto che si debba comprendere la serietà di alcuni suoi ingredienti, e tuttavia saperli e volerli trattare, a volte, con la stessa disinvoltura di un gioco. C. S. Lewis

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21 grammi Pastorale Giovanile Senigallia Maggio 2012

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Lo spazio giovani di Voce Misena - maggio 2012

+CHE COS’È L’AMICIZIA? Dal vocabolario si legge: “ amicìzia s. f. [dal lat. amicitia, derivato di amicus «amico»]. – 1. a. Vivo e scambievole affetto

fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima: amicizia profonda, pura, disinteressata (o, al contrario, interessata, superficiale o apparente, e dichiarata o mantenuta soltanto per l’utilità materiale o il vantaggio che se ne può trarre); amicizia falsa, incostante, ecc.; vincoli, legami di amicizia; fare, stringere amicizia, legarsi d’amicizia con qualcuno, meno comune stringersi... in amicizia con qualcuno; coltivare l’amicizia o un’amicizia; rompere, guastare l’amicizia…”. Il vocabolario continua, ma può bastare questa riflessione: in questo termine è racchiuso tutto quello che è necessario all’uomo per vivere con gli altri, la relazione; che sia vera o presunta tale, che sia disinteressata o rivolta al guadagno, l’amicizia pervade tutti i giorni della vita, facendo in modo che possiamo confrontarci, crescere e discutere con chi incrocia il nostro cammino, e diventare uomini e donne più maturi.In questo numero abbiamo provato descrivere i diversi volti dell’amicizia attraverso testimonianze di giovani dalla chiesa, dal lavoro, dal volontariato, dallo sport e dalla storia di santi e personalità del passato che all’amicizia hanno rivolto azioni e pensieri.Una riflessione ad ampio spettro, e forse le parole non basteranno mai: perché l’amicizia che ognuno vive assume sfumature che non sono richiudibili in una o più definizioni, e rimane una relazione che sfugge ad ogni regola: perché il volersi bene, la fiducia, la stima, il rispetto, la gratuità sono “moti del cuore” che stabiliamo naturalmente con alcune persone che fanno parte della nostra vita; con gli occhi e il cuore sempre rivolti a Gesù, che si è fatto amico dell’uomo fino alla fine, un modello che rimane irraggiungibile forse, ma che ci dimostra ogni giorno che siamo fatti per vivere di relazioni e amare il prossimo.

Francesca Vici

Un incontro, forse casuale forse no.Del tempo trascorso insieme, per scelta o per necessità. Persone che fra tante, giorno dopo giorno, diventano sempre un po’ più speciali.E piano piano una gioia semplice e silenziosa ri-empie il cuore. Ci si accorge che queste persone che abbiamo accanto sono doni di inestimabile valore, ma soprattutto ci si rende conto che la nostra vita non è fatta di cose o di cose fatte… ci accorgiamo che la nostra vita sono le perso-ne e in particolare riconosciamo il profumo e il colore che gli amici sanno donare alle nostre giornate. Gli amici, non i surrogati degli amici.Spesso racchiudiamo nella cerchia tutte le per-sone con cui stiamo bene e con le quali ci si di-verte. Ma non basta. Non credo che Gesù abbia scelto di dare la vita per persone simpatiche o che lo facevano divertire il sabato sera… Se si può arrivare a dare la vita per i propri amici, per forza l’amicizia deve essere qualcosa di più di un semplice sentimento che per un attimo riesce a mettere all’angolo la paura di rimanere soli…Se penso all’amicizia penso a una delle forme più belle dell’amore. Amore donato e ricevuto. Amore eterno e gratuito. Amore onesto e libe-ro. Credo sia questo il DNA originale dell’amici-zia e credo sia un peccato modificarla genetica-mente, accontentandoci di relazioni superficiali

e volubili. L’amicizia è relazione che cresce e si rinnova ogni giorno, che sa adattarsi ai cambia-menti di vita ma che rimane salda perché anco-rata alla roccia della fiducia.Fiducia… non va molto di moda quest’atteggia-mento, perché oggi, come si dice, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!Quale libertà invece mi viene donata ogni volta che riesco a mettere da parte la mie paure e fidarmi degli amici!!Libertà nel parlare, perché dagli amici non vengo giudicata ma corretta con amore.Libertà nel tacere, perché nel silenzio non c’è imbarazzo ma intima comprensione. Libertà nel condividere le mie gioie e le mie per-plessità, perché sono ascoltata con pazienza e discrezione. Libertà nello sbagliare, perché sono accolta nella mia fragilità e nei miei limiti.Libertà nell’amare, perché non mi aspetto nul-la in cambio ma semplicemente il mio cuore si dona nell’unica certezza che ne vale la pena.Libertà nel perdonare, perché fidandomi il mio cuore ha imparato ad amare un po’ di più!Così ogni amico sarà un prezioso compagno di viaggio, che ci aiuterà ad allenarci nella palestra della quotidianità per imparare ogni giorno ad amare sempre di più e sempre meglio!Ma perché l’amico diventi questo una cosa ri-

chiede: il tempo! “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così im-portante” (il Piccolo Principe).Tempo per parlare, per passeggiare, per arrab-biarsi, per condividere, per ridere, per incontrar-si e per scontrarsi. Tempo per farsi da parte, per crescere, aiutarsi ed entrare in comunione l’uno con l’altro. E così, senza rendercene conto, con le nostre relazioni e le nostre amicizie, porte-remo qui e ora un po’ di cielo in terra! Ecco la Chiesa: amici, persone che si vogliono bene, che scelgono di camminare fianco a fianco nel-la stessa Direzione. E in questo viaggio nessuno sarà preoccupato di arrivare primo ma sempli-cemente ognuno sarà occupato nell’aver cura di non arrivare da solo. Diciamocelo. Le amicizie tessute in Cristo ci donano una gioia immensa perché hanno la potenza di bandire la paura del-la solitudine. Esse, infatti, non sono ripiegate su noi stessi, ma tendono a Cristo, sigillo di fedeltà che firma ogni nostra amicizia garantendone una durata eterna. E in questa certezza ogni amico diviene come olio in piccoli vasi capace di tenere accesa la lampada della felicità!

Sonia Rotatori

I QUATTRO AMORINel caso dell’amicizia pensiamo di aver scel-to noi autonomamente i nostri pari ma per un cristiano non si può parlare di fatalità. Un segreto maestro delle cerimonie ha lavorato per noi. L’amicizia non è una ricompensa per il discernimento e il buon gusto che abbiamo dimostrato di possedere trovandoci vicende-volmente. Essa è lo strumento attraverso il quale Dio rivela a ciascuno le bellezze degli altri. Queste, come tutte le bellezze, derivano da lui, e quando si stabilisce un’autentica ami-cizia esse vengono da lui accresciute, cosicché l’amicizia diventa il suo strumento per creare e per rivelare. In questo banchetto è Lui che ha imbandito la tavola, che ha scelto gli invitati e che vi presiede. Questo non significa che dobbiamo partecipare dell’amicizia in manie-ra solenne. Dio che ha creato la sana risata, ce lo vieta. Una delle difficoltà e dei deliziosi controsensi della vita è proprio il fatto che si debba comprendere la serietà di alcuni suoi ingredienti, e tuttavia saperli e volerli trattare, a volte, con la stessa disinvoltura di un gioco.C. S. Lewis

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Lo spazio giovani di Voce Misena - maggio 2012

Carissimo Francesco,il mondo che ha bisogno di catalogare tutto per-ché non conosce nulla, direbbe che tu ora sei “single”. Una parola alla moda. Una parola molto fuorviante. Così tu ora tu sei tentato di uscire di casa per andare a caccia di qualche bella ragazza, oppure al contrario di atteggiarti sereno, sicuro di te, perché se ti mostri debole ti scartano, per-di posizioni, saresti insomma un po’ “sfigato”, e l’etimologia della parola, inutile dirtelo, mostra da sola il livello intellettuale del concetto.No Francesco, lasciatelo dire, tu non sei single. La tua “promessa sposa” si aggira per le strade... ma non ci confondiamo. Non intendo la ragazza che un giorno sposerai: intendo che già adesso la realtà intorno a te ti dà appuntamento come una sposa. Fuori il reale attende che tu lo abbracci, perché tu ne scopra il fuoco che si nasconde

sotto il velo sottile dell’apparenza, sotto la ma-schera discreta del quotidiano. Ogni mattino c’è una giornata che è un capolavoro di Dio che ha bisogno del tuo scalpello leggero, dei colori dei tuoi pennelli, e ancor più dei tuoi occhi che ne cantino la bellezza. Tutto ciò che esiste è buono, è il miracolo continuo e stupito dell’esistenza, dove anche il dolore ha il fascino del vero, del vivo, dell’appassionante.C’è una voce che ti chiama là fuori, ascoltala. C’è in ogni incontro, nelle cose, negli imprevisti che ti strappano dalla sonnolenza delle abitudini e ti pongono di fronte, improvvisa, una Presenza.Sorridi Francesco, sorridi e canta, perché è la Poesia che ti fa presente al fondo dell’essere, non la Scienza, così precisa nei particolari e così inesatta nel cogliere l’essenziale. È nell’uomo che sorride che fiorisce ogni amore. La gioia, lo

sai, è quello splendore dell’anima che affascina e conquista, è il canto fermo di chi sta in piedi non “nonostante” le ferite della vita, ma proprio grazie ad esse. Quelle ferite dell’amore che sono le onorificenze del Regno. Ma quale solitudine, Francesco! L’angelo di Dio ti tiene per la mano, non lo senti? Lui ti accompagnerà un giorno dalla tua fidanzata, ti farà riconoscere fratelli e sorelle che pensavi di non avere, ti farà sentire a casa alla fine di ogni estraneità. Sii pronto a tutto: potrai essere missionario, prete, padre di famiglia… l’importante è che tu cerchi sempre il tutto che si cela nei frammenti della vita, come i colori della luce si nascondono e poi svelano il loro arcobaleno nella pietra preziosa che riluce. Questa tua totale libertà di fronte al Destino sarà il tuo fascino certo, il tuo biglietto da vi-sita, la tua maturità finalmente raggiunta che ti

prepara a riconoscere il vero amore che verrà. Smetti di piangerti addosso e ricorda: non devi dunque semplicemente “accettare” la tua con-dizione di ora, devi amarla. E non fare neanche finta che non ti interessa questo discorso, rialza-ti. Dai la mano a chi è caduto. Guarda le ragazze negli occhi per gustare il sapore della loro anima. Cerca il volto di Dio, più in là. Vedrai allora che menzogna è quella parola, “single”: sputaci pure sopra, o almeno facci uno stornello e una per-nacchia. Visto che è una buona causa, puoi essere tu a dare un simpatico segnale di libertà a tutti quelli che vogliono uscire da questo stereotipo, cioè come dice il Sommo Poeta, fai così: « Elli avea del cul fatto trombetta » (Inf. XXI, 139)…A presto amico mio,don Andrea

Con amicizia, don Andrea Franceschini

UNA PAROLA TRA LE ALTRE

SPAZIO SINODO

“Ascolta la tua sete!” È questo il titolo che abbiamo deciso di dare all’esperienza di condi-visione vissuta qualche settimana fa in Seminario.I protagonisti di questa proposta? I giovanissimi di AC di terza e quarta superiore della parrocchia del Portone, accompagnati da don Francesco e da noi animatori. L’invito che ha dato il titolo alla convivenza è stato lo stesso che ci ha guidato nei giorni successivi durante la missione giovani francescana e che dà quindi il senso al cammino che stiamo facendo: il metterci in ascolto dei nostri desideri più profondi, cercando di capire poi a quale fonte vogliamo veramente attingere e che cosa (o Chi) può realmente dissetarci.Ecco perché abbiamo voluto ritagliarci, come gruppo, un momento speciale di vita comune, occasione di incontro con noi stessi e con i nostri limiti, oltre che di crescita e di apertura verso coloro che ci stanno accanto, nostri compagni di viaggio.Nella semplicità che ha caratterizzato la struttura delle nostre giornate abbiamo avuto modo di ascoltare “parole nuove”. Il primo giorno una parola di misericordia, di un Dio che nel sacramento della Riconciliazione si rivela facendosi carico dei nostri piccoli e grandi pesi. A parlarci il giorno seguente è stato il mosaico della cappellina del Punto Giovane, rappresentazione eloquente di quell’intimo incontro con il Signore, capace di riempirci e quindi di trasformarci. A guidarci nella meditazione, oltre alla spiegazione di Rupnik, è stato il nostro amico seminarista Paolo, che attraverso la sua testimonianza ci ha regalato “pillole di Risurrezione”. La parola dell’ultimo giorno è stata “missione”: impegnandoci in piccoli laboratori abbiamo condiviso la bellezza del diventare noi stessi annuncio per gli altri.In tutto questo, è stata la condivisione della quotidianità ad impreziosire le relazioni e il tempo trascorso insieme: dai pasti ai servizi e le pulizie, dalla preghiera della mattina e della sera ai momenti di gioco e di musica... Tutto vissuto nello stile di fraternità che Cristo stesso ci insegna.

Enrico Ceccacci, Maria Cristina Ranno

PUNTO GIOVANE

È tempo di trovare le parole giuste, di dare concretezza alle discussioni fatte, tempo di riela-borazione e sintesi. Insomma, la segreteria di Pastorale Giovanile é al lavoro per formulare gli emendamenti che verranno presentati alla prossima Assemblea Giovani il 4 maggio. Gli emen-damenti che i giovani approveranno saranno poi consegnati alla segreteria del Sinodo. Quella che ci aspetta è quindi un’assemblea decisionale, dove si voteranno i singoli emendamenti con la possibilità di portare le modifiche necessarie. Nelle due precedenti assemblee abbiamo affron-tato i cinque ambiti – affettività, lavoro e festa, fragilità, tradizione e cittadinanza – dividendoci in gruppi di approfondimento; ciascun giovane assembleare ha potuto scegliere in quale gruppo partecipare in base ad interesse o affinità con il servizio che svolge nella Chiesa. Tanta è la ric-chezza che è scaturita da questo confronto, dal semplice trovarsi seduti intorno ad un tavolino a scambiarsi idee, desideri, opinioni. Penso che ogni segretario PG nel coordinare i singoli gruppi possa testimoniare l’impegno dei giovani presenti, il loro desiderio di pensare e lavorare con e per la Chiesa. Tra le varie integrazioni e osservazioni fatte possiamo individuare alcune idee di fondo, come l’attenzione ai giovani e alla loro educazione, la valorizzazione delle associazioni e dei movimenti presenti nella diocesi per una collaborazione sempre più attiva e feconda, il radicarsi di uno stile di condivisione e fraternità nelle varie comunità parrocchiali. Partendo da queste idee si è cercato di dare apporti concreti al documento inserendo esempi, proposte. Abbiamo cercato di nominare e valorizzare le realtà esistenti che già stanno camminando su una strada di comunione, strada che tutta la nostra Chiesa desidera percorrere: realtà che indicano in maniera “profetica” ciò verso cui orientare i nostri passi. Come ci ha detto Enzo Bianchi alla fine dell’incontro di venerdì 27 aprile, non dobbiamo avere paura: il Sinodo lascerà certamente i suoi frutti. Forse la consapevolezza rinnovata di essere Chiesa, forse il gusto dell’ascolto reciproco, forse la fatica bella del pensare insieme… Per scoprirlo continuiamo a camminare. Ma possiamo dire con franchezza che un po’ di questi doni anche in Assemblea Giovani siamo riusciti ad assaporarli.

Maria Savini

«Un giovane disse: parlaci dell’Amicizia. E lui ri-spose dicendo: il vostro amico è il vostro biso-gno saziato. È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. È la vostra mensa e il vostro focolare. Quando l’amico vi confida il

suo pensiero, non nega-tegli la vostra approva-zione, né abbiate paura di contraddirlo. E quan-do tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore: nell’amici-zia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inespri-mibile gioia».Queste parole del sag-gio Gibran riguardo all’amicizia mi fanno pensare subito all’espe-

rienze vissute all’interno del Punto Giovane. Come sacerdote ho avuto la grazia di vivere tre comunità negli ultimi tre anni ed ognuna è stata una scoperta e una sfida. Sì, perché anche per il sacerdote fare il mese al

Punto significa mettersi in discussione, crescere nell’amicizia, scoprire quel dono d’amore nasco-sto nel volto dei fratelli. Quella “pasta umana” di cui tutti noi siamo fatti (preti compresi), che porta in sé tanta fragilità insieme a tanto splendore, nella quotidianità del Punto si va svelando e si scopre pian piano la gioia di essere accolti così come si è, non giudi-cati ma amati e compresi. Quanta fatica i primi giorni accettare che l’altro sia diverso da te, abbia abitudini, idee, pareri dif-ferenti; si passa attraverso il “fuoco” della puri-ficazione (la settimana purificativa) proprio per fare spazio all’Altro e ai fratelli. Nell’ultimo mese vissuto nella “casa” mi si è fatto ancora più evi-dente come il sacerdote per primo deve essere segno di umiltà, volto di misericordia, abbraccio che conforta, sguardo che perdona. Appena ci mettiamo su un gradino più alto, l’amicizia perde di valore e diventa formalismo. Gesù chiama “amici” i suoi discepoli dopo aver-gli lavato i piedi e credo che sia proprio questa la strada per costruire autentiche amicizie. In fondo il sacerdote all’interno dell’esperienza del Punto dovrebbe essere immagine di Gesù “ami-co e compagno di viaggio”, come nel racconto

Dal costato di Cristo è sgorgato quel fiume di grazia che è la Chiesa, che è il dilagare dell’ami-cizia nelle trame della storia. Non si conosce nessuno se non tramite amicizia, e nessuna rela-zione è stabile se Cristo non la fonda nella sua carne. (dalla Regola del Punto Giovane)

È proprio in queste semplici occasioni che è stato possibile approfondire le amicizie già nate in questi anni, sperimentando una comunione più viva con gli altri che è segno ed espressione di una Chiesa vicina ai giovani, una Chiesa che a noi piace!

SETTIMANE DI CONDIVISIONE

dei discepoli di Emmaus, capace di ascolto e di comprensione, così che il cuore di ogni giovane possa scaldarsi ed ardere di quell’amore Vero

che solo il Signore può donarci.Don Davide Barazzoni

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Lo spazio giovani di Voce Misena - maggio 2012

“In dialogo con” che vi proponiamo questo mese è un po’ particolare; non abbiamo intervistato direttamente qualcuno, ma abbiamo rivolto un occhio al passato.Il passato dei grandi, quelli che hanno fondato il nostro pensiero e la nostra cultura, e a cui ci rivolgiamo come debitori, di idee e valori che forse abbiamo dimenticato o messo da parte.E chi meglio di Cicerone può parlarci dell’amicizia? “La sola fra le cose umane intorno alla cui necessità sono tutti d’accordo, è l’amicizia”; così scrive Cicerone, filosofo, oratore, politico, avvocato, uomo appassionato della vita e di ciò che la rende tale.Leggendo le pagine del “Laelius de amicitia”,

opera del 44 a.C, non si incontra nessuna difficoltà, ed è anche questa la grande modernità dell’opera, riuscire a parlare agli uomini di ogni tempo, perché quei valori che fondano la vita comune sono rimasti immutati nei secoli, e calarsi in quello che Cicerone racconta non è difficile né fuori portata.Cicerone fa dire a Lelio, la sua voce nell’opera, che l’amicizia è il massimo tesoro che un uomo può custodire nella vita, e questo tesoro deve essere anteposto a tutte le cose umane, perché a differenza di quelle non è precario, né deperibile, ma l’amicizia fondata sulla virtù è eterna.Questa virtù che non è altro che tenerezza, affetto, sentire comune che due amici provano l’uno per l’altro, senza scopo utilitaristico e di guadagno: “…così riteniamo che sia da ricercare l’amicizia non per la speranza di un guadagno che ne venga, ma perché il suo frutto è proprio lì, nell’amore.”L’amicizia è il dono più alto della vita, perché “in che modo può essere “vitale” (…) una vita che non riposa nel mutuo affetto con un amico?

Riflettere sul tema dell’amicizia e delle relazioni equivale, grosso modo, a dover ripensare e riassumere in poche parole tutta la nostra esistenza. Per semplificare, è un po’ come provare a spiegare a qualcuno come si deve andare in bicicletta: pur essendo tutti capaci di farlo, in realtà troviamo poi molta difficoltà nel descriverlo dettagliatamente a parole dando questa azione per scontata, naturale. Lo stesso vale anche per le relazioni sociali (di cui quella amicale può essere considerata una sottospecie): siamo nati e non ci è stato spiegato da nessuno come instaurare relazioni con i nostri genitori, parenti o conoscenti.Crescendo, diventa più matura e nel periodo che intercorre tra la fine dell’infanzia e l’inizio dell’età adulta, gli amici rappresentano spesso la componente che più plasma la personalità e la vita emotiva; in alcuni casi questi legami sono così intensi da poter essere paragonati, per intensità e coinvolgimento, a quelli tra due innamorati. L’amicizia va coltivata nel tempo, per non scadere in un semplice stare in compagnia di qualcuno pur di non stare soli. Solamente chi ha sperimentato un’amicizia viscerale, emotiva e profonda ne conosce il vero valore; in quella relazione non trovano spazio le recriminazioni per le tante energie e risorse “spese” per l’altro ma emerge sempre l’importanza della condivisione e della gratuità, vero antidoto contro un malessere contemporaneo tipico di un contesto sempre meno attento ai sentimenti e che sembra, al contrario, premiare più spesso l’intraprendenza individuale che l’unione e la fratellanza. Inutile chiedere l’amicizia se poi per strada

neanche ci si saluta, perché nel vedere il contatore virtuale che aumenta, parallelamente cresce anche l’insoddisfazione e la delusione. L’amicizia è forse l’unica relazione spontanea tra pari, non quindi gerarchica come può essere la relazione tra genitori e figli o imperatore e sudditi; nasce in origine come esperienza comune (principalmente maschile) nei simposi greci o come solidarietà di armi tra i legionari romani e nel tempo acquisisce il valore feudale della lealtà e del battersi per il bene di qualcun altro senza un tornaconto prettamente economico. In alcuni casi e contesti particolari, pensandoci bene, l’amicizia può assumere però anche un significato negativo, legato al privilegio di pochi eletti: per trovare un posto di lavoro, ad esempio, occorrono delle raccomandazioni, delle “amicizie”. Questa amicizia appare anacronistica e fonte di ingiustizia: in una società giusta le posizioni vanno attribuite non in base all’amicizia, ma al merito valutato in modo imparziale. Per finire, occorre ricordare che il termine amicizia non ha solo un significato, ma diversi. Sta ad indicare il socio, il conoscente, la persona simpatica, il vicino, il collega; già Aristotele aveva cercato di distinguere diversi tipi di amicizia per identificare, fra essi, quella vera. La distinzione più importante che riesce a trovare è quella fra amicizia fondata sull’utile e quella fondata sulla virtù, sull’amore; la seconda, pur essendo la più importante, è quella più rara e quindi preziosa.

Diego Bossoletti

IN DIALOGO CON

POLITICALLY (UN)CORRECT

E quale cosa più dolce che avere uno con cui tu possa dire tutto come con te stesso? E che gran frutto verrebbe dalla buona fortuna, se tu non avessi qualcuno che ne godesse, come tu stesso? La cattiva, poi, sarebbe addirittura difficile da sopportarla, senza uno che ne soffrisse anche più di te.”È il “sommo bene” che addolcisce la vita, che tiene in sé il senso più profondo dell’esistenza: “L’amicizia, invece, tiene i sé uniti moltissimi beni: dovunque tu vada, la trovi; da nessun luogo è esclusa, non è mai intempestiva, non è mai molesta; sicché non dell’acqua, non del fuoco ci serviamo, come si dice, in più occasioni che dell’amicizia.”L’amicizia aiuta a superare le difficoltà, a sollevare l’animo: “Spesso, infatti, in certuni vi è o un’anima troppo avvilita o una troppo fiacca speranza di migliorare la propria sorte. E non è dunque proprio d’un amico essere tale verso un altro, quale egli è verso se stesso, ma piuttosto sforzarsi e fare in modo di sollevare l’anima prostrata dell’amico e condurla a speranze e a pensieri migliori.”Necessaria alla vita anche perché “così la natura non ama che vi sia alcuna cosa solitaria, e sempre s’appoggia per così dire a un qualche sostegno; e gli amici più cari costituiscono il più dolce

“In ogni cosa rendete grazie”. Non è difficile in questi giorni rendere grazie al Signore per i tanti doni che ha elargito: a così poca distanza dal giorno della consacrazione, quando ancora è il tempo di lasciar depositare tutto ciò che si è ricevuto perché metta radici nel profondo, lascio però affiorare alcune immagini che si sono fissate nella memoria, senza alcuna pretesa di esaustività, ma nel timido tentativo di condividere un po’ di ciò che il cuore, gli occhi, la vita ha gustato. La prima immagine viene dalla veglia vocazionale di venerdì 20, dal gruppo di giovani che quest’anno diranno un sì a Dio - sposi, consacrati, diaconi, sacerdoti – raccolti insieme al Vescovo intorno al Cero pasquale, Cristo Crocifisso e Risorto, fonte di luce e di vita, che penetra le nostre vite e le feconda e fa fiorire nelle diverse vocazioni, volti visibili dell’unico Amore che ci raggiunge dalla croce. È una grande grazia poter custodire questa “immagine”, memoria concreta che, insieme, siamo questa unica famiglia raccolta intorno a Cristo, posti gli uni accanto agli altri per illuminarci e sostenerci a vicenda nel cammino. Memoria Dei (memoria di Dio) fatta di volti, di persone, di vita, così da esser concreta, visibile. Della giornata di sabato, ricordo il sole e il caldo che il Signore ci ha donato, che ha alimentato il senso di festa e scacciato il freddo; custodisco lo stupore e la gioia degli amici venuti da fuori di fronte al fervore dei preparativi - chi al coro, chi al taglio delle torte salate, chi all’addobbo, chi alla stampa…etc. etc. - non inquinati dall’ansia della fretta, ma illuminati dalla gioia di condividere, dall’aria di festa, di una festa di famiglia, ma di una famiglia che ci raccoglie tutti che è la Chiesa: “Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7)…e tutti abbiamo visto che è vera questa Parola! Della liturgia custodisco la profonda pace che mi ha avvolto, dono di Dio e della sua bontà, che ha scacciato ogni tensione, paura e donato la grazia di assaporare la celebrazione, sentendosi a casa. E custodisco la gratitudine per la presenza di così tanti sacerdoti, per la gioia del Vescovo e le sue parole, e di così tante persone. E la bellezza della liturgia, certo per gli ottimi preparativi, ma, sono certa, per qualcosa di più che il Signore ha donato e che ho ascoltato nella gratitudine e nella luce dei volti di tutte le persone che ho potuto salutare quella sera e nei giorni seguenti. Queste poche e povere immagini e molto altro, è ora custodito in questo anello sulla mia mano, compimento e allo stesso tempo inizio di una promessa, che può contare, come Maria, solo sulla fedeltà di Dio, sulla sua misericordia così infinita e potente da “legarsi” a me per questa Chiesa. A Lui affidiamo tutti i nostri cammini, perché ci custodisca sulla sua strada, ci doni di “rimanere in Lui”, per essergli testimoni con la nostra vita.

Chiara Pongetti

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Amicizia. Alla semplice parola ci sentiamo travolti da un’ondata di ricordi ed emozioni: mentre ci tornano alla mente i volti di chi ha segnato la nostra vita, il cuore sembra avvertire di nuovo le sensazioni che certi momenti hanno stampato nella nostra memoria. Nessuna esperienza tanto comune e quotidiana si rivela, a mano a mano che si cresce, così difficile da riconoscere, conservare, vivere. Penso che, allora, sia consolante scoprire come per molti Santi proprio l’amicizia abbia rappresentato un tassello fondamentale della loro esistenza. Basilio e Gregorio, Paolino, Agostino sono solo alcuni dei nomi di coloro che ci offrono, insieme ad un esempio di vita buona, anche un ritratto di vera amicizia. Tra questi emerge la figura di sant’Aelredo, abate cistercense del monastero di Rievaulx, contemporaneo di san Bernardo: è lui l’unico ad aver condensato la sua esperienza in un piccolo ma profondo trattato.Nonostante il nome, così strano e difficile da pronunciare, l’esperienza dei suoi anni giovanili è quanto di più vicino possa esserci all’esperienza di tanti. È lui stesso a raccontare candidamente, nelle prime pagine del suo “L’amicizia spirituale”, come da ragazzo non fosse tanto attratto da Dio, tantomeno dall’ideale della vita monastica, ma la cosa che più lo affascinava era l’amicizia. Quell’irrefrenabile desiderio di “amare ed essere amato”, però, non trovava in lui una chiara direzione: voleva costruire amicizie, gustare tutta la loro bellezza, ma non aveva un progetto a cui far riferimento. Fu solo attingendo, prima alla tradizione classica poi, dopo la conversione, alla Sacra Scrittura, che poté raffigurarsi chiaramente la meta che voleva raggiungere ed intraprenderne il cammino.Per prima cosa scoprì che esisteva un modo giusto per essere amici: nella letteratura come nella storia biblica, nelle opere dei filosofi come

in quelle dei Santi aveva individuato quello che si potrebbe definire uno “stile da amico”, diverso dal modo comune di comportarsi. Aveva, cioè, raggiunto la certezza che non tutto poteva essere abbandonato al sentimento di un istante ma, come la lingua necessitava di una grammatica per rendere gli uomini capaci comprendersi, allo stesso modo anche l’amicizia aveva una sua propria grammatica da rispettare. Questa, in parte poteva essere scoperta dalla semplice riflessione umana, ma trovava il suo senso più profondo nella Rivelazione cristiana: solo Dio poteva comunicare agli uomini, e vivere in prima persona, quel principio così folle ma così vero del “non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. Sant’Aelredo non si fermò a fornire qualche indicazione pratica su come scegliere gli amici e come vivere da amici ma, dopo averne fatto diretta esperienza, spiegò nelle sue pagine come l’amicizia stessa potesse rappresentare un gradino nel rapporto con Dio, una sorta di trampolino di lancio verso di Lui. È nell’amore dell’amico che posso riconoscere l’amore di Dio, è amando l’amico che imparo ad amare Dio, è l’amore stesso di Dio che scorre nelle mie vene e pulsa nel mio cuore quando vivo un’amicizia buona, un’amicizia veramente spirituale.Poche righe non possono dar ragione della ricchezza dell’opera di sant’Aelredo ma sono certo che, scorrendo le sue stesse parole, ognuno potrà affermare quello che i suoi compagni vollero rimanesse impresso sulla roccia: “non appena lo si è letto, si ha voglia di rileggerlo”.

Don Leonardo Pelonara

RIEMPI IL VUOTO QUELLI CHE...

“In ogni cosa rendete grazie” 1Ts 5,18

dei sostegni”. Ci vorrebbe tanto spazio per citare qualcosa da tutte queste pagine; pagine appassionate, di un uomo che ha voluto bene ad suo amico che è morto, Scipione, e ora gli dedica quest’opera; pagine che rappresentano anche un monito, perché Cicerone è profondamente convinto che l’amicizia, anche con le sue difficoltà, sia propria di tutti gli ambiti della vita, e forse questo ce lo siamo un po’ dimenticati.E da sempre l’amicizia fa parte della nostra storia; Cristo è stato un amico dell’uomo, per amore, amicizia, legami è vissuto e morto e quello che ci ha lasciato sono i suoi amici, che ci hanno testimoniato il suo amore, e così continuiamo a fare noi, da secoli, nella vita di tutti i giorni.

Francesca Vici

Page 4: 21 grammi PG Senigallia Maggio 2012

Lo spazio giovani di Voce Misena - maggio 2012

SPAZIO VICARIE

PUNTO GIOVANE CALCIO

Alla Parrocchia del Portone la settimana dopo Pasqua (11-14 aprile) è stata accolta una piccola missione guidata da frati e suore francescani di Assisi. L’invito rivolto giovanissimi, giovani e famiglie ha raccolto velocemente tante adesioni sia per l’ospitalità dei missionari che per le presenze agli incontri. Quello che più ha colpito tutti noi che già conoscevamo le modalità dei religiosi e che ci siamo da tempo fatti contagiare dal loro amore per Gesù, è stato il veloce coinvolgimento di così tante persone. “Ascolta la tua sete” era il nome della missione ed effettivamente di sete ce n’è tanta in giro. Sete di un incontro che cambi i nostri giorni, dell’incontro con un Dio vivo che ama tutto di noi e che ci sta accanto in ogni momento della nostra esistenza. Questo Dio ci aiuta nel concreto ed è questo che i missionari ci hanno ricordato con le loro storie di conversione, con le catechesi sul matrimonio o con l’annuncio, il kerigma, portato nelle scuole e negli incontri in parrocchia. Nessun nuovo Dio, nessun nuovo credo, semplicemente l’incontro con delle vite che si sono fatte plasmare da un Gesù veramente risorto e qui tra noi. Ricordo infine solo la bellezza della serata conclusiva in cui giovani e famiglie si sono riuniti, dopo i rispettivi incontri, per adorare il Crocifisso: sapersi tutti lì per un solo Motivo ha riempito di gioia tutti noi.

Carlotta Castelli

Sonia Rotatori, enrico Ceccacci, Cristina Ranno, don davide Barazzoni, don Leonardo Pelonara, Valenti-na Romagnoletti, enrico Franceschetti, Carlotta Ca-stelli, Chiara Canonici, Chiara Pongetti, Maria Savi-ni, don Andrea Franceschini, Francesca Vici, Letizia Prezzemoli

ASCOLTA LA TUA SETE

SORRIDENDO...

Cosa c’è sotto

la crosta terrestre?

La mollica terrestre!

“In Te, Signore, possieda tutto, poiché ha scelto Te solo al di sopra di tutto”

SPAZIO MISSIONARIO

Bagamoyo è il nome della cittadina in cui ho tra-scorso un anno della mia vita, un anno di Servi-zio Civile Internazionale con l’ONG, Comunità Volontari per il Mondo, che opera in Tanzania dal 2002 con progetti di cura e prevenzione dell’HIV. Bagamoyo ha un significato particolare: lette-ralmente significa il posto in cui ho deposto il cuore, poiché la cittadina fu il punto di raccolta degli schiavi che lasciavano lì ogni speranza di salvezza prima di essere imbarcati per essere venduti oltremare. E lì ho lasciato anche il mio: vivere a stretto contatto con le comunità locali del Distretto di Bagamoyo è stata in assoluto la componente più bella di questa esperienza, essere accolta dai saluti dei bambini, miei vicini di casa, ogni volta imboccata la stradina di casa, l’aver imparato da loro che è possibile condividere anche un picco-lo frutto tra cinque o sei bambini, che è possibile condividere tutto quello che si ha, anche il pasto più umile e povero che talvolta non è sufficiente neanche a sfamare le bocche di tutti i compo-nenti familiari. “Gli ospiti sono una benedizione” dice un detto tanzaniano. Ed è proprio così che ti senti, nei luoghi visitati per via del lavoro che svolgevo con CVM, incontrando le persone che fanno parte dei nostri progetti, vedove, ragaz-ze madri, persone sieropositive: persone messe alla prova da mille difficoltà, ma che ogni giorno sono testimonianze viventi di una solidarietà e una dignità incredibili.

Bagamoyo non ha nulla di città, è un poco più di un villaggio, case di argilla e tetti di foglie di pal-ma, strade sterrate, piccole botteghe che vendo-no frutta e verdura: questa realtà mi ha portato a riscoprire le sfumature, credo più tangibili, di concetti che a volte rimangono fumosi e privi di significato nel nostro modo di vivere quotidiano, ma che assumono un significato così vivo in Afri-ca che mi hanno travolto facendomi riscoprire il senso vero dell’accoglienza, il valore dell’ascolto e della condivisione.E la persona a cui devo molto di questa scoper-ta è la mia amica Grace, 34 anni, 5 figli, di cui due naturali e altri tre adottati da parenti che non potevano permettersi il loro mantenimento. L’ho conosciuta perché, nonostante i mille im-pegni, ha deciso di donare parte del suo tempo ad una sua amica sieropositiva ed aiutarla nella traduzione swahili – inglese. Pochi giorni dopo il primo nostro incontro mi ha donato una statua di legno, UMOJA, letteralmente unione, raffigu-rante una torre composta da uomini che si sor-reggono vicendevolmente e queste sono state le sue parole: “Insieme possiamo farcela, siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri, se lavoriamo insieme possiamo raggiungere il nostro obiet-tivo”. Un biglietto da visita direi inusuale, per i nostri canoni. Questo è stato solo l’inizio della conoscenza di una cultura ricchissima, e la base su cui poi è nata una bellissima amicizia.

Valentina Romagnoletti

Bagamoyo, il posto in cui ho lasciato il cuore

Una delle tante sfide che il Punto Giovane Calcio si era prefissato all’inizio della sua avventura era quello di formare innanzitutto un gruppo di amici che, con la passione del Signore e dello sport, riuscissero a testimoniare il tutto su un campo di pallone.Proprio l’amicizia in questo gruppo non è mai mancata, sin dal primo giorno, dalla prima sgrop-pata insieme al Parco della Pace l’amicizia è stata una nostra compagna di gioco.E non era proprio scontata, anche perché non tutti i componenti ci conoscevamo alla perfezio-ne, ma non è mai mancata anche durante le difficoltà incontrate nel comprendere questo nuovo gioco, o dopo le prime sconfitte, o con le prime defezioni che potevano minare questo legame che si era creato nella casa del punto giovane indipendentemente da chi aveva o non aveva fatto il mese insieme.Proprio lei, l’amicizia, ha creato rapporti tra persone che non si conoscevano e ci ha guidati verso queste prime due stagioni; per noi del Punto Giovane Calcio è al primo posto nel nostro progetto, non c’è squadra se non c’è gruppo, non c’è gruppo se non si è uniti, non si è uniti se non c’è un rapporto di amicizia che rende tutto questo un legame indissolubile.E su questo abbiamo battuto molto in questi due anni perché è l’amicizia tra di noi che fa vedere agli altri la bellezza della nostra squadra ed è proprio questa la base per portare il Vangelo su un campo di calcio: è la testimonianza più grande che, come squadra e come cristiani, possiamo dare su un campo di calcio.Sì, proprio lì su un campo da calcio, lo sport che tutti oramai chiamano lavoro, oppure una val-vola di sfogo settimanale, il passatempo che da tutti è considerato il massimo dei divertimenti sin da bambini, per noi è un bellissimo gioco che l’amicizia rende ancor più divertente perché lo condividiamo con degli amici, compagni di vita.

Enrico Franceschetti

“Queste pagine si rivolgono a uomini e donne che cercano l’integrazione di umano e spirituale, di fede e affettività, l’armonia difficile e possibile di maschile e femminile. Sono per chi cerca nel-la storia dello spirito altri sentieri, forse rimasti sotto traccia, filoni profondi e non evidenti della storia della Chiesa; sono per chi non si accon-tenta delle letture ufficiali, per chi ama la poe-sia e la libertà del cuore. E non ha paura della passione.” È lo stesso autore a definire così le pagine che ha scritto e composto con un in-chiostro intriso di vita. Il libro narra le storie di amicizia tra uomo e donna, tra San Francesco e Iacopa dei Settesoli, San Bernardo ed Ermengar-da, Santa Teresa d’Avila e il suo grande desiderio di essere amata da molti. La santità e la purez-

za di questi uomini si mischia alla dolcezza del sentimento che si crea nell’amicizia. Il Leggere di queste “celebrità” della fede che si piegano e si commuovono per gli amici, personalità tese verso altezze vertiginose ma sempre ancorate a terra pronte ad accogliere tutta la polifonia dell’esistenza, porta il lettore a ricordarsi che Dio è prima di tutto relazione, è passione per l’umano. Padre Ermes scrive queste pagine come fossero una poesia, sono parole che arrivano dritte al cuore di chi si accosta a questo piccolo libretto, sfamano e rendono sazi di vita. Forse parole che arrivano direttamente da Dio.

Claudia Castaldo

LEGGENDO...

Ermes Ronchi: I BACI NON DATI

www.pastoralegiovanilesenigallia.it

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