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In copertina:Lieviti enologici cresciuti su terreno WLN a 30°C per 5 giorni. Dall’alto a sinistra, in senso orario:– Saccharomyces cerevisiae– Candida zemplinina– Pichia membranifaciens– Hanseniaspora uvarum

In quarta di copertina:ß–emolisi di Listeria spp. su piastre di agar sangue incubate a 37°C per 24 ore. Dall’alto verso il basso: – aspetto della piastra e delle colonie di L. seeligeri;– aspetto della piastra e delle colonie di L. monocytogenes;– aspetto della piastra e delle colonie di L. ivanovii;– aspetto della piastra e delle colonie di L. welshimeri;– aspetto della piastra e e delle colonie di L. innocua.

Foto cortesemente fornite dalla Dott.ssa Rosalinda Urso, Dipartimento di Scienze degli alimenti, Università di Udine.

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LA MICROBIOLOGIA APPLICATA ALLE INDUSTRIE ALIMENTARI

a cura diLuca Simone Cocolin

Giuseppe Comi

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Copyright © MMVIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1109–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: aprile 2007

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PREFAZIONE

I microrganismi hanno un ruolo fondamentale nelle trasformazioni

alimentari in quanto sono in grado, con la loro attività metabolica, di

modificare notevolmente le caratteristiche fisico-chimiche ed

organolettiche delle materie prime utilizzate. Inoltre, in seguito alla

loro azione, i prodotti finiti presentano una vita commerciale (shelf

life) più estesa nel tempo.

In questo volume, inteso per gli studenti di primo e secondo livello

dei Corsi di Laurea in Scienze degli Alimenti e Tecnologie Alimentari

per la Ristorazione, sono descritte le principali produzioni industriali

di alimenti, in cui i microrganismi sono coinvolti direttamente, come

agenti di trasformazione (fermentazioni), o indirettamente come

alteranti o patogeni. Per questo motivo i capitoli sono stati preparati

descrivendo quali sono le fasi principali dei processi produttivi

considerati, in cui i microrganismi giocano un ruolo fondamentale.

Oltre a dieci capitoli che descrivono dettagliatamente i principali

alimenti prodotti grazie al contributo microbico, si è voluto anche

includere delle informazioni importanti sull’ecologia microbica ed i

fattori limitanti la loro crescita negli alimenti (capitolo 1), accennare

alla valutazione del rischio dei prodotti dell’industria alimentare

(capitolo 2), oltre che a prendere in considerazione le fasi successive

alla produzione industriale descrivendo i processi di compostaggio dei

residui dell’industria alimentare (capitolo 13).

Questo volume rappresenta un’opera esaustiva riguardante il

contributo dei microrganismi nella produzione di alimenti fermentati e

non, considerando sia aspetti produttivi, alterativi ed igienico-sanitari.

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I Curatori:

Prof. Luca Cocolin – Università di Torino – Dipartimento di

Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali

Professore associato presso la Facoltà di Agraria dell’Università di

Torino dove è titolare dei corsi di Microbiologia degli Alimenti e

Tecniche Microbiologiche per il Corso di Laurea in Tecnologie

Alimentari per la Ristorazione e di Microbiologia Enologica per il

Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia. Qui tiene anche il corso di

Microbiologia Applicata alle Trasformazioni Alimentari per il Corso di

laurea di secondo livello in Scienze e Tecnologie Agroalimentari.

L’attività scientifica comprende lo studio delle ecologie microbiche con

metodi molecolari (PCR, RAPD, PCR-DGGE) per la comprensione

delle dinamiche di popolazione durante le fermentazioni alimentari (in

particolare salumi fermentati, formaggi e vino). Inoltre si occupa di

ottimizzare delle metodiche molecolari per la rilevazione,

quantificazione, caratterizzazione e definizione della vitalità di

microrganismi patogeni in alimenti. Fa parte del comitato degli editori

dell’International Journal of Food Microbiology.

Prof. Giuseppe Comi - Università di Udine – Dipartimento di

Scienze degli Alimenti

Professore ordinario di Microbiologia degli Alimenti e Microbiologia

Enologica presso il Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari

e di Viticoltura ed Enologia della Facoltà di Agraria dell’Università di

Udine. Qui tiene anche i corsi di Igiene e di Analisi Microbiologica

degli Alimenti. L'attività scientifica comprende lo studio delle carni, dei

prodotti di salumeria, dei prodotti ittici e di altri alimenti di origine

animale e vegetale riguardo le loro caratteristiche chimiche, biologiche

e microbiologiche, la conservazione, la determinazione di indici di

freschezza, di qualità e i problemi tecnologici. Studia problematiche di

salute pubblica e in particolare i microorganismi patogeni e

opportunisti. Ricerca metodi non convenzionali (impedometrici,

immunoenzimatici, PCR) per l'identificazione di microrganismi negli

alimenti.

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Lista degli autori

de Bertoldi Marco

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

Buiatti Stefano

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

Caggia Cinzia

Dipartimento di Orto Floro

Arboricoltura e Tecnologia Agro-

Alimentari, Università degli Studi di

Catania

Cantoni Carlo

Dipartimento di Scienze e Tecnologie

Veterinarie per la Sicurezza

Alimentare, Università degli Studi di

Milano

Capece Angela

Dipartimento di Biologia, Difesa e

Biotecnologie Agro-

forestali, Università degli Studi della

Basilicata

Cattaneo Patrizia

Dipartimento di Scienze e Tecnologie

Veterinarie per la Sicurezza

Alimentare, Università degli Studi di

Milano

Chavez Lopez Clemencia

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Teramo

Cocolin Luca

Dipartimento di Valorizzazione e

Protezione delle Risorse

Agroforestali, Università degli Studi

di Torino

Comi Giuseppe

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

Coppola Raffaele

Dipartimento di Scienze e Tecnologie

Agroalimentari, Ambientali e

Microbiologiche, Università degli

Studi del Molise

Fortina Maria Grazia

Dipartimento Scienze e Tecnologie

Alimentari e Microbiologiche,

Università degli Studi di Milano

Giusto Cristina

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

Guerzoni M. Elisabetta

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Alma Mater Studiorum,

Università degli Studi di Bologna

Iacumin Lucilla

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

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Manzano Marisa

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Udine

Marzotto Marta

Dipartimento Scientifico e

Tecnologico, Università degli Studi

di Verona

Osualdini Milena

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli studi di

Udine

Paparella Antonello

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Teramo

Rantsiou Kalliopi

Dipartimento di Valorizzazione e

Protezione delle Risorse

Agroforestali, Università degli Studi

di Torino

Reale Anna

Dipartimento di Scienze e Tecnologie

Agroalimentari, Ambientali e

Microbiologiche, Università degli

Studi del Molise

Randazzo Cinzia Lucia

Dipartimento di Orto Floro

Arboricoltura e Tecnologia Agro-

Alimentari, Università degli Studi di

Catania

Romano Patrizia

Dipartimento di Biologia, Difesa e

Biotecnologie Agro-

forestali, Università degli Studi della

Basilicata

Scifò Giovanna Ombretta

Dipartimento di Orto Floro

Arboricoltura e Tecnologia Agro-

Alimentari, Università degli Studi di

Catania

Suzzi Giovanna

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Teramo

Tofalo Rosanna

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Università degli Studi di

Teramo

Torriani Sandra

Dipartimento Scientifico e

Tecnologico, Università degli Studi

di Verona

Vannini Lucia

Dipartimento di Scienze degli

Alimenti, Alma Mater Studiorum,

Università degli Studi di Bologna

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INDICE

CAPITOLO 1. L’ecologia microbica e fattori limitanti la crescita dei microrganismi

in alimenti

- Introduzione 1

- Parametri che influenzano i microrganismi negli alimenti 2

Temperatura 2

pH 9

Attività dell’acqua 11

Potenziale ossidoriduttivo e composizione del gas

di confezionamento 12

Nutrienti 16

- Tecniche di conservazione innovative 17

- Teoria degli ostacoli 19

- Quorum sensing 22

- Risposta agli stress 22

- Interazioni microbiche: antagonismo, biocontrollo e batteriocine 24

CAPITOLO 2. La valutazione del rischio microbiologico nei prodotti alimentari

- Introduzione 27

- Evoluzione dei sistemi di gestione del rischio microbiologico 28

- Globalizzazione dei mercati e “accettazione” del rischio 31

- L’analisi quantitativa del rischio alimentare (QRA) e gli altri metodi

adottati in ambito alimentare 34

- Applicabilità della QRA 38

- Valutazione del rischio 41

- Gestione del rischio 45

- Comunicazione del rischio 47

- Il disegno sperimentale negli studi di valutazione del rischio 49

- Incertezza e variabilità 64

- Prospettive della QRA 70

CAPITOLO 3. I prodotti carnei, pollame e pesce

- Prodotti carnei 79

La carne fresca 79

- Origine dei microrganismi nella carne 80

- Igiene della macellazione – diagrammi di flusso 85

- Disosso a caldo 93

- Decontaminazione delle carcasse 93

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- Fattori influenzanti la crescita microbica nella carne – La carne

come ambiente di crescita microbica 97

- Aspetti microbiologici della carne fresca 109

- Carni e microrganismi di significato nella salute pubblica

(patogeni) 119

- Standard batteriologici e indici di qualità della carne fresca 123

- Conclusioni 124

La salsiccia 126

Il salame 133

- Generalità 133

- Caratteristiche fondamentali dei salami 137

- Il ruolo dei microrganismi nella produzione e conservazione

degli alimenti 139

- Igiene del salame 140

- Inibizione e distruzione dei germi patogeni negli insaccati 145

- Evoluzione batterica negli insaccati 147

- Sviluppo e selezione dei microrganismi durante la stagionatura 149

- Difetti e colture starter 150

- Popolazione batterica di superficie 153

- Caratteristiche biochimiche fondamentali 154

La mortadella 158

- Tecnologia di produzione della mortadella 162

Il wurstel 169

Il prosciutto cotto 177

- Metodologia di produzione 179

- Alterazioni e difetti del prosciutto cotto 187

- Parametri di qualità del prosciutto cotto 188

Il zampone ed il cotechino 191

- Linea di produzione 192

- Analisi microbiologiche 196

Il prosciutto crudo 197

- Qualità del prosciutto crudo 208

Lo speck 211

- Produzione dello speck (di coscia) 213

- Speck di mezzena (o del contadino) 217

- Speck di pancia e costato 218

- Speck di paprica 218

- Alterazioni 218

- Conclusione 220

La coppa 222

- La linea di produzione 223

La pancetta 227

- Alterazioni possibili o riscontrate nella pancetta 237

La bresaola 238

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- Conclusioni 247

- Bresaola di carne di cavallo e di cervo 247

Il lardo (di Colonnata) 248

- Tecnologia di produzione 249

- Prodotti ittici 255

Conservazione dei prodotti ittici 263

Problematiche più importanti legate alla salubrità dei

prodotti ittici 270

Zoonosi elmintiche da prodotti della pesca 277

Freschezza del pesce 279

Metodi non sensoriali per la valutazione della freschezza dei

prodotti della pesca 282

Analisi microbiologiche 287

CAPITOLO 4. I prodotti lattiero caseari

- Il settore lattiero caseario 289

- La materia prima “latte” ed i latti alimentari 290

- Le colture microbiche d’avvio per la trasformazione del latte 298

- I latti fermentati 302

Lo yogurt 305

Il kefir 307

- I formaggi 308

- Tipologie di formaggi 315

- Il burro 322

- La qualità e la sicurezza microbiologica dei prodotti lattiero-caseari 324

CAPITOLO 5. Probiotici e prebiotici

- L’intuizione di Elie Metchnikoff 337

- I probiotici oggi 338

- I prebiotici 349

- Alimenti probiotici e altri cibi funzionali 352

- Metodi microbiologici e molecolari per la valutazione della qualità

dei prodotti probiotici 354

CAPITOLO 6. I vegetali

- Vegetali di IV gamma 359

Descrizione del prodotto 359

Tecnologia di produzione 361

Refrigerazione 385

Aspetti microbiologici 386

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Innovazione tecnologica e teoria degli ostacoli nella produzione

di vegetali di IV gamma 394

Legislazione 400

Analisi microbiologiche 401

- Vegetali fermentati 415

Introduzione 415

Microbiologia dei prodotti vegetali fermentati 416

Trasformazioni chimiche dei prodotti vegetali fermentati 420

La brovada friulana 421

I crauti 427

I cetrioli fermentati 432

Le olive 435

CAPITOLO 7. Il vino

- Tecnologia di produzione 447

- Aspetti microbiologici 449

- Colture starter 460

- Microrganismi alteranti 465

- Microrganismi che influenzano la qualità salutistica del vino 474

- Analisi microbiologiche 477

CAPITOLO 8. La birra

- Introduzione 485

- Materie prime impiegate nella produzione della birra 487

- Tecnologia di produzione del malto e della birra 489

- Microbiologia della birra 497

- Biochimica della fermentazione 507

- Contaminazioni microbiche 516

CAPITOLO 9. L’aceto

- Introduzione 523

- I batteri acetici 526

- Metabolismo dei batteri acetici 529

- Tecnologia di produzione 535

- Alterazioni dell’aceto 549

- Colture starter 542

- Tipologie di aceto 543

CAPITOLO 10. Il pane

- Il pane e i prodotti da forno: definizione e legislazione 551

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- Un po’ di storia 558

- Metodi di panificazione: metodo diretto ed indiretto 560

- La microflora dei cereali 564

- L’impasto acido o “sourdough” 565

- Lactobacillus sanfranciscensis ed il Pane San Francisco 572

- Influenza dell’impasto acido sulle caratteristiche del pane 575

- Influenza del sourdough sulla reologia dell’impasto 587

- Shelf-life e prevenzione del “rope-spoilage” 587

- Aspetti funzionali dell’impasto acido 596

CAPITOLO 11. Le conserve alimentari

- Definizione 613

- Effetti del trattamento termico sulle cellule microbiche 615

- Alimenti disidratati 644

- Aspetti microbiologici 647

- Analisi microbiologiche più importanti 654

CAPITOLO 12. Miscellanea

- Uovo 657

- Gli ovoprodotti 665

- Il miele 674

- Lo zucchero 680

- Il cacao 683

CAPITOLO 13. Il compostaggio dei residui dell’industria alimentare

- Introduzione 685

- I residui dell’industria alimentare 688

- Definizione di Compostaggio (il processo) e di Compost (il prodotto) 689

- Principali fattori che condizionano il processo di compostaggio 693

- Igienizzazione del prodotto finito 700

- Impiego agricolo del compost 702

- Compost soppressivi 704

- Impiego di pesticidi 705

- La fertilità biologica dei suoli 707

- Nuove proposte operative 708

- Il processo per produrre compost soppressivo 709

- La soppressività del compost: aspetti innovative 710

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x

Abbreviazioni:

Aw attività dell’acqua

UR umidità relativa

ufc unità formanti colonia

A. Aeromonas

Ac. Acetobacter

Asp. Aspergillus

B. Bacillus

Bf. Bifidobacterium

Bot. Botrytis

Bret. Brettanomyces

Broch. Brochothrix

C. Candida

Camp. Campylobacter

Cl. Clostridium

D. Debaryomyces

Dek. Dekkera

E. Escherichia

Ent. Enterobacter

Enter. Enterococcus

G. Gluconobacter

Ga Gluconoacetobacter

H. Hafnia

Hans. Hanseniaspora

K. Kloeckera

L. Listeria

Lact. Lactococcus

Lb. Lactobacillus

Leuc. Leuconostoc

M. Metschnikowia

P. Penicillium

Pd. Pediococcus

Pi. Pichia

Ps. Pseudomonas

S. Saccharomyces

S’codes Saccharomycodes

Salm. Salmonella

Schiz. Schizosaccharomyces

Ser. Serratia

Shew. Shewanella

Staph. Staphylococcus

Strep. Streptococcus

Y. Yersinia

Z. Zygosaccharomyces

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1

CAPITOLO 1

L’ECOLOGIA MICROBICA E FATTORI LIMITANTI

LA CRESCITA DEI MICRORGANISMI IN ALIMENTI

Kalliopi Rantsiou e Luca Cocolin

Introduzione

La microbiologia degli alimenti studia i microrganismi che sono

presenti naturalmente, introdotti intenzionalmente o contaminanti dei

prodotti alimentari. Questi microrganismi possono essere desiderati

perchè con la loro presenza ed attività biochimica possono trasformare

materie prime facilmente degradabili in prodotti finiti con una shelf

life (vita commerciale) più estesa nel tempo e con caratteristiche

aromatiche apprezzate dal consumatore finale (formaggi, salami, birra,

vino, ecc.). Essi sono oggetto di studio da parte dei microbiologi

alimentari in quanto possiedono delle caratteristiche tecnologiche

importanti. Tuttavia, tra i microrganismi trovati negli alimenti

rientrano anche i patogeni e gli alteranti. I primi contaminano gli

alimenti (e l’acqua) e possono determinare l’insorgenza di patologie

umane dopo l’ingestione del prodotto. Gli alteranti, invece, sono

responsabili di cambiamenti fisico-chimici che rendono l’alimento

inaccettabile dal punto di vista sensoriale.

Gli alimenti possono essere considerati come un ecosistema, in cui

i microrganimi sono influenzati non solo dai parametri ambientali, ma

anche dalle interazioni che si instaurano tra i diversi organismi

presenti. Gli ecosistemi alimentari nella maggior parte dei casi non

sono omogenei (eterogeneità spaziale degli alimenti) e non sono

statici, dato che cambiano con il tempo. L’abilità dei singoli gruppi di

microrganismi di sopravvivere e duplicare in un determinato

ecosistema alimentare in condizioni dinamiche determinerà la

microflora (consorzio di microrganismi presenti in un determinato

ecosistema) dell’alimento. Naturalmente anche la microflora degli

alimenti risulta essere dinamica.

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Kalliopi Rantsiou e Luca Cocolin 2

In questo capitolo verranno descritti i principali fattori e parametri

che influenzano la crescita (capacità di proliferare ed incrementare il

numero di cellule), la sopravvivenza (persistenza in una determinata

condizione anche il numero di cellule non aumenta) e l’attività

(principalmente processi biochimici, consumo di nutrienti e

produzione di metaboliti) dei microrganismi d’interesse alimentare.

Parametri che influenzano i microrganismi negli alimenti

I parametri che sono propri dell’alimento in se stesso sono definiti

come “intrinseci”, mentre le caratteristiche dell’ambiente circostante,

influenzanti sia l’alimento stesso che i microrganismi in esso

contenuti sono chiamati “estrinseci”. Parametri intrinseci ed estrinseci

possono essere manipolati al fine di limitare la crescita e l’attività

microbica ed in questo modo conservare gli alimenti.

Parametri intrinseci

I parametri intrinseci includono i seguenti: pH, contenuto di acqua,

potenziale ossidoriduttivo, composti naturalmente presenti che

possono facilitare o inibire la crescita microbica, presenza di nutrienti.

Parametri estrinseci

I principali parametri estrinseci che influenzano la crescita

microbica in alimenti sono la temperatura e l’atmosfera circondante

l’alimento.

Temperatura

In base alla capacità dei microganimi di crescere in specifici

intervalli di temperatura, si possono distinguere i gruppi descritti in

Tabella 1.1.

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L’ecologia microbica e fattori limitanti la crescita dei microrganismi in alimenti

3

Tabella 1.1. Classificazione dei microrganismi in accordo con la loro temperatura

di crescita.

Limiti Range ottimale

Termofili > 40 °C 55 – 65 °C

Mesofili > 20 °C and < 45 °C 30 – 40 °C

Psicrofili < 20 °C 5 – 25 °C

Pscicrotrofi Capaci di crescere a T di 7°C

o inferiori

20 – 30 °C

Il cambiamento della temperatura durante il processo produttivo e

durante la conservazione è una tecnica molto utilizzata per

salvaguardare la qualità degli alimenti. Oggigiorno, l’aumento delle

temperature in fase produttiva (pastorizzazione e sterilizzazione) e la

loro diminuzione durante la conservazione (refrigerazione e

congelamento), sono utilizzate in maniera molto frequente al fine di

preservare gli alimenti. I meccanismi di in attivazione microbica e la

risposta dei microrganismi a questi due tipi di cambiamenti di

temperatura saranno trattati separatamente.

Alte temperature

La pastorizzazione (da Luis Pasteur) è un trattamento termico non

drastico ed ha lo scopo di inattivare gli enzimi e la maggior parte (99 –

99.9%) delle cellule microbiche in forma vegetativa. L’obbiettivo

principale di questo trattamento è l’eliminazione di batteri patogeni

non sporigeni. Dato che anche la flora alterativa è composta per la

maggior parte da microrganismi non sporigeni, il prodotto

pastorizzato presenta una shelf life più lunga. Al fine di garantire la

salubrità e la qualità igienico-sanitaria, la pastorizzazione deve essere

accompagnata da un confezionamento che impedisca la

ricontaminazione. Inoltre è necessaria una bassa temperatura di

conservazione per evitare la crescita di microrganismi sporigeni che

hanno superato il trattamento termico. La durata commerciale dei

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Kalliopi Rantsiou e Luca Cocolin 4

prodotti pastorizzati dipende dal tipo di alimento e dalle condizioni di

pastorizzazione e conservazione.

La sterilizzazione determina una distruzione completa dei

microrganismi. Dal punto di vista industriale non si ricerca la sterilità

assoluta, ma la eliminazione di microrganismi patogeni e la stabilità di

alimenti confezionati ermeticamente. Questi prodotti, definiti come

“commercialmente sterili”, possiedono stabilità di scaffale e sono

microbiologicamente salubri, anche se possono contenere un numero

molto basso di spore dormienti.

Le cellule microbiche contengono diversi target su cui agisce

l’azione del calore. Per questo motivo si può proporre che la resistenza

al calore di un determinato microrganismo è data dalla stabilità

intrinseca di macromolecole, come ribosomi, acidi nucleici, enzimi e

proteine contenuti all’interno della cellula o a livello di membrana. Le

subunità ribosomiali possono perdere la loro specifica struttura

secondaria e terziaria, mentre le proteine possono coagulare se

sottoposte a trattamenti termici. Trattamenti temici deboli possono

indurre a degli adattamenti della cellula microbica. Per esempio le

membrane cellulari possono venir arricchite in acidi grassi saturi con

catene carboniose più lunghe, al fine di mantenere la fluidità in

condizioni ottimali (Abee e Wouters, 1999).

La resistenza al calore dei microrganismi dipende da una serie di

fattori ambientali. Contenuto d’acqua, pH e la composizione del

mezzo/alimento più significativamente influenzare la resistenza o

tolleranza al calore da parte dei microrganismi. La termoresistenza

microbica aumenta alla diminuzione del contenuto d’acqua, mentre

per quanto riguarda il pH è stato osservato che i microrganismi

resistono meglio al calore se nelle loro condizioni ottimali di pH per la

crescita. Quando il pH aumenta o diminuisce vi è un diretto aumento

della sensibilità al calore. E’ stato definito che molti composti chimici

hanno un ruolo protettivo nei confronti dei microrganismi e questo

può risultare in un aumento della loro termoresistenza. Questi

composti sono lipidi e carboidrati, i quali manifestano la loro

influenza, almeno parzialmente, perché diminuiscono l’attività

dell’acqua del mezzo. Similarmente, anche le proteine presentano un

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L’ecologia microbica e fattori limitanti la crescita dei microrganismi in alimenti

5

effetto protettivo sui microrganismi. Di conseguenza, un alimento

ricco in proteine deve essere sottoposto ad trattamento termico più

spinto rispetto ad un alimento con un contenuto limitato di proteine

per raggiungere gli stessi risultati si in attivazione microbica. Infine,

l’influenza dei sali sulla termoresitenza dei microrganismi è variabile

e dipende dal tipo di sale, dalla concentrazione impiegata e da altri

fattori. Certi sali hanno un’azione protettiva sui microrganismi, mentre

altri tendono a produrre cellule microbiche più sensibili al calore. E’

stato suggerito che certi sali possano diminuire l’attività dell’acqua e

di conseguenza aumentare la termoresistenza con un meccanismo

simili a quello dell’essiccamento , mentre altri agiscono in maniera

contraria.

Per ciò che concerne la termotolleranza, anche in questo caso ci

sono una serie di parametri che possono incrementarla o diminuirla.

Se le cellule microbiche sono esposte a condizioni di temperature

subletali, infezioni virali e composti chimici come etanolo, agenti

mutilanti, antibiotici (come kanamicina e streptomicina) e restrizioni

in contenuti amminoacidici aumentano la loro tolleranza al calore. La

protezione al calore può essere raggiunta anche in seguito all’accumo

di osmoliti che possono incrementare la stabilità proteica e proteggere

gli enzimi dall’azione del calore. Ulteriormente, la capacità di certi

microrganismi, come i membri del genere Bacillus e Clostridium, di

tollerare il calore è la loro capacità di produrre spore. Inoltre, vi è una

diretta interrelazione tra la sintesi di proteine heat-shock (HSPs) e lo

sviluppo della termotolleranza. Quando le cellule microbiche sono

esposte ad alte temperature, un set di HPSs è rapidamente indotto.

HSPs sono sia chaperons che proteasi che funzionano assieme per

mantenere una funzionalità delle proteine cellulari (Abee e Wouters,

1999; Arsène et al. 2000). Entrambi i tipi di proteine hanno come

substrati proteine parzialmente o erroneamente ripiegate prodotte da

assemblaggi e ripiegamenti lenti, stress chimici o termici, instabilità

strutturale intrinseca ed errori biosintetici. HSPs sono indotte da una

serie di stress come calore, acidi, stress ossidativi e sopravvivenza nei

macrofagi. In quest’ultimo caso si può supporre che HSPs

contribuiscono anche alla sopravvivenza dei microrganismi durante le

infezioni. Inoltre, HSPs possono aumentare la sopravvivenza di

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microrganismi (patogeni) durante i trattamenti ad elevate temperature

degli alimenti.

E’ importante sottolineare che i microrganismi sviluppano una

sistema di adattamento molto complicato e strettamente regolato in

seguito ad un aumento delle temperature. La regolazione allo stress, o

parte di esso, può essere attivato da diversi fattori e questo può portare

ad un’induzione all’aumento della termotolleranza.

In generale la termotolleranza dei microrganismi è legata alla

temperatura ottimale di crescita. Psicrofili sono i più termosensibili,

seguiti dai mesofili e dai termofili. Batteri sporigeni sono più

termoresistenti degli asporigeni e sporigeni termofili sono più

resistenti al calore rispetto a sporigeni mesofili. Batteri Gram positivi

tendono ad essere più termoresistenti rispetto a Gram negativi, con i

cocchi, in generale, più resistenti rispetto a bastoncini asporigeni. I

lieviti e le muffe sono, di solito, più sensibili al calore.

Al fine di applicare un trattamento termico come metodo per

preservare gli alimenti, c’è la necessità di raccogliere dei dati

sperimentali che descrivano la distruzione microbica in un

determinato alimento. Per questo motivo, si utilizzano dei parametri

specifici per illustrare l’effetto battericida del calore. Il tempo di

riduzione decimale (D) è il tempo (in minuti o secondi), ad una

determinata temperatura, necessario per ridurre di dieci volte (o di 1

logaritmo decimale) la popolazione microbica. Il valore z è invece

definito come l’incremento di temperatura che garantisce la

diminuzione di un fattore 10 del valore D.

Basse temperature

La conservazione a bassa temperatura riferisce in generale al

mantenimento dei prodotti alimentari tra una temperatura di -30 e

12°C. Si distinguono refrigerazione e congelamento.

La refrigerazione viene solitamente applicata con un range di

temperatura tra -2 e 7°C. A queste temperature, la velocità delle

reazioni chimiche e la crescita microbica diminuiscono. Solitamente la

temperatura di refrigerazione applicata è sempre minore rispetto alla

temperatura minima di crescita della maggior parte dei microrganismi

patogeni d’interesse alimentare. Contemporaneamente, anche il tempo

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di generazione degli psicrotrofi è significativamente aumentato.

Tuttavia la refrigerazione permette comunque una crescita di psicrofili

e psicrotrofi. Se la loro carica iniziale è elevata, gli alimenti refrigerati

sono alterati in tempi brevi. Dato che la risposta alla temperatura da

parte di diversi microrganismi è molto eterogenea, la refrigerazione

può cambiare considerabilmente la composizione qualitativa del

microbiota.

I meccanismi che permettono la crescita a basse temperature sono

principalmente collegati al mantenimento della fluidità della

membrana e dell’integrità strutturale delle macromolecole e dei

complessi molecolari, quali proteine e ribosomi. I microrganismi

hanno sviluppato una serie di sistemi che permette loro di mantenere i

lipidi di membrana fluidi e funzionali a basse temperature. In

generale, con la diminuzione della temperatura di crescita, si assiste ad

un incremento nella porzione lipidica costituita da acid grassi a corta

catena e/o insaturi. Una delle più importanti conseguenze dei

cambiamenti di lipidi a livello di membrana è la possibilità di

modulare l’attività di proteine intrinseche con funzioni di pompe

ioniche e di approvvigionamento di nutrienti. Inoltre, la diminuzione

di temperatura induce la sintesi di proteine cold-shock, coinvolte nella

sintesi proteica e nel ripiegamento dell’RNA messaggero (mRNA)

(Abee e Wouters, 1999). Infine, l’accumulo di soluti all’interno della

cellula può aiutare a superare lo stress legato all’abbassamento delle

temperature in Listeria monocytogenes (Tasara e Stephan, 2006).

Il congelamento è un processo in cui le temperature del prodotto

sono ridotte -18°C o inferiori, per poi essere conservati a queste

temperature. L’abbassamento delle temperature può essere effettuato

in maniera lenta o veloce. In generale nel processo veloce le

temperature raggiungono i -18°C al cuore del prodotto, in genere

confezionato, in meno di 4 ore (surgelamento), mentre nel caso

dell’abbassamento lento le temperature raggiungono tali valori solo

dopo 3 -72 ore (congelamento) e questo caso è quello che ha luogo nei

congelatori domestici. Il surgelamento ed il congelamento hanno

diversa influenza sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti

conservati, ma anche sulla sopravvivenza dei microrganismi. E’ da

sottolineare il fatto che il congelamento (o surgelamento) determina

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anche un abbassamento dell’attività dell’acqua. Durante il

congelamento, la cristallizzazione avviene all’esterno delle cellule e a

causa della differenza della pressione osmotica tra interno ed esterno

della cellula, il microrganismo perde acqua. L’esposizione agli effetti

della pressione osmotica durante il congelamento porta ad un danno

della cellula microbica. Inoltre, data che la temperatura diminuisce

lentamente, è data la possibilità ai cristalli di ghiaccio di accrescere e

quindi ledere meccanicamente le strutture cellulari, quali le membrane

plasmatiche. Con l’applicazione del surgelamento, la durata dello

stress osmotico è minore e quindi la vitalità microbica è aumentata.

C’è però da sottolineare il fatto che in questo caso i cristalli di

ghiaccio, di dimensioni minori rispetto a quelli creati durante il

congelamento, si possono formare anche intracellularmente,

provocando ancora una volta danni letali per le cellule microbiche.

Il congelamento ed il surgelamento non sono battericidi. Anche se

il carico microbico può essere ridotto a causa degli effetti descritti

precedentemente, non ci si deve aspettare l’eliminazione dei

microrganismi presenti in un determinato prodotto alimentare. In

Figura 1.1 è mostrata la capacità di differenti microrganismi di

resistere alle basse temperature.

Figura 1.1. Resistenza a temperature di congelamento (o surgelamento) di diversi

patogeni alimentari

Il risultato dell’applicazione di basse temperature agli alimenti è il

blocco della crescita dei microrganismi o la drastica diminuzione della

loro velocità di crescita. Gli unici microrganismi in grado di crescere a

tali temperature, anche se con velocità molto lente, sono i

criotolleranti e xerotolleranti (principalmente muffe). Inoltre, il

congelamento (o surgelamento) per periodi lunghi provoca una

>> > > Batteri

Gram positivi

Batteri

Gram negativi

Protozoa

Lieviti

e muffe

Virus

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L’ecologia microbica e fattori limitanti la crescita dei microrganismi in alimenti

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riduzione della carica microbica. Come già indicato, la sopravvivenza

dei microrganismi in alimenti congelati dipende non solo dalla

velocità di congelamento, ma anche dalla composizione del mezzo

(alimento) che li circonda. Per esempio, composti come glicerolo,

saccarosio, gelatina e proteine sono in generale crioprotettivi, mentre

sodio cloruro e acidi incrementano l’effetto letale delle basse

temperature. La resistenza al congelamento è anche dipendente dal

ceppo all’interno della stessa specie.

pH

La maggior parte dei microrganismi d’interesse alimentare

crescono a valori di pH vicini alla neutralità. Per la maggior parte

degli organismi viventi anche il pH intracellulare è intorno a 7 unità.

In condizioni normali, si ha un gradiente di pH attraverso la

membrana citoplasmatica (interno alcalino) ed un potenziale di

membrana (interno negativo). In queste condizioni il trasporto di

nutrienti è garantito, oltre a sintesi di ATP (attraverso ATPasi di

membrana). Inoltre, l’attività enzimatica intracellulare ed il DNA

necessitano di pH stabili all’interno della cellula. Un qualsiasi

cambiamento di pH provoca una risposta cellulare con lo scopo di

mantenere il pH di omeostasi. Negli alimenti è comune ritrovare un

ambiente acido (pH bassi). Questa acidità può essere inerente alla

tipologia di alimento, come nel caso della frutta, o può essere il

risultato di attività microbica. Un esempio di questi alimenti sono i

prodotti fermentati. L’acidità degli alimenti può essere provocata

anche da un’aggiunta di acidi per la conservazione. E’ importante

sottolineare che l’effetto del pH sui microrganismi dipende anche dal

tipo di acido presente, prodotto o aggiunto. Per esempio, acido

idrocloridrico e acido fosforico permettono una crescita microbica a

pH bassi rispetto ad acido lattico o acido acetico. Quest’ultimi, definiti

come acidi organici deboli, data la loro elevata pKa, possono

diffondere attraverso la membrana cellulare, dissociarsi all’interno

della cellula e di conseguenza diminuire il pH intracellulare (Fig. 1.2).

L’effetto combinato di valori bassi di pH e di acidi organici deboli è

chiamato stress acido (Abee e Wouters, 1999).

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Figura 1.2. Effetto degli acidi sul mantenimento del pH intracellulare

In risposta ad ambienti acidi, i microrganismi hanno sviluppato

strategie complesse di sopravvivenza che sono indotte dallo stress

acido. Questi meccanismi includono:

- sintesi di proteine che sono presumibilmente responsabili per

la prevenzione e/o riparo dei danni degli acidi su

macromolecole. Queste proteine sono anche attivate in seguito

a stress termici ed osmotici;

- sistemi di decarbossilazione di amminoacidi (principalmente

lisina, arginino e glutammato). Questi sistemi includono un

trasportatore per l’assorbimento dell’amminoacido da parte

della cellula, una decarbossilasi, che consuma protoni

(aumento di pH) all’interno della cellula e un trasportatore che

espelle i prodotti dell’attività decarbossilasica. Microrganismi

come Salmonella Thyphimurium, Escherichia coli e L.

monocytogenes possiedono questo sistema che permette loro di

tollerare ambienti acidi, sia in alimenti che in ospiti,

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promuovendo in questo modo la loro virulenza nei confronti

dell’ospite (Gahan e Hill, 1999).

Un aspetto importante dell’adattamento ad ambienti acidi è relativo

al fatto che può determinare un aumento della resistenza da altre del

microrganismo anche ad altri fattori di stress. Questa resistenza

crociata di cellule adattate all’acidità è molto importante nell’industria

alimentare, in quanto molto spesso gli alimenti vengono sottoposti a

trattamenti acidi subletali per i microrganismi durante la produzione

(Ghandi e Chikindas, 2007).

Attività dell’acqua (Aw)

Uno dei più antichi metodi di conservazione degli alimenti è la

disidratazione. L’acqua contenuta negli alimenti può essere rimossa,

oppure si possono aggiungere di composti osmoticamente attivi, in

grado di legare l’acqua, come per esempio sali e zuccheri. Questi

approcci risultano in un aumento della pressione osmotica negli

alimenti, o, in altre parole, la diminuzione dell’attività dell’acqua

(Aw). Il termine “attività dell’acqua” è usato per descrivere le

molecole di acqua che sono disponibili per il microrganismo in un

ecosistema alimentare. Definisce il rapporto tra la pressione di vapore

dell’acqua nell’alimento e la pressione di vapore dell’acqua pura:

Aw = p/p0

dove p è la pressione di vapore dell’alimento e p0 è la pressione di

vapore dell’acqua pura.

I microrganismi hanno la necessità di mantenere una pressione

osmotica all’interno della cellula superiore a quella del mezzo che li

circonda. Questa differenza esercita una pressione a livello di parete

cellulare, dall’interno verso l’esterno della cellula, che è chiamata

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turgore cellulare. Si crede che il turgore cellulare fornisca la forza

meccanica necessaria per l’allungamento cellulare (Csonka, 1989).

Inoltre, dato che tutte le reazioni biologiche necessitano di un

ambiente acquoso, ci si aspetta che una riduzione di Aw abbia un

immediato effetto sul metabolismo e sullo stato fisiologico generale

della cellula.

I microrganismi possiedono esigenze diverse riguardo all’Aw. In

generale le cellule batteriche sono le più sensibili e la maggior parte

dei batteri necessita di valori di Aw superiori a 0.88-0.90 per la

crescita. I lieviti hanno un limite di 0.88, mentre le muffe possono

crescere anche a valori di 0.80. Tra questi gruppi di organismi, ce ne

sono alcuni che sono particolarmente resistenti a basse Aw. Questi

sono i batteri alofili con un limite di Aw di 0.75, le muffe

xerotolleranti (0.71) e muffe xerofiliche e lieviti omofili, i quali

possono crescere a valori di Aw pari a 0.61.

I meccanismi che i microrganismi usano per mantenere la loro

omeostasi in condizioni di bassa Aw è l’accumulo intracellulare di

soluti compatibili. Questi sono molecole che possono essere

immagazzinate ad elevate concentrazioni nella cellula senza interferire

con il metabolismo. I microrganismi possono accumulare un elevato

numero di soluti, la maggior parte dei quali sono presenti in quantità

significative negli alimenti ed in questo modo permettere una crescita

microbica in condizioni di Aw ridotta. Soluti compatibili comuni sono:

betaina, carnitina, trealosio, glicerina, saccarosio, prolina, mannitolo,

glucitolo, ectoina e peptidi corti. Questi soluti sono ottenuti dal mezzo

circondante la cellula attraverso dei specifici sistemi di trasporto, ma

possono essere anche sintetizzati in presenza di precursori adeguati.

Potenziale ossidoriduttivo e composizione del gas di

confezionamento

In funzione della capacità di crescita dei microrganismi in presenza

di diverse miscele di gas, si possono distinguere le seguenti categorie:

- aerobi, necessitano di ossigeno per la crescita e per il

metabolismo aerobico (respirazione);