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Capitolo Settimo Antonio Maddalena – Antonio Ercole Rossi - Gaetano Carpino Vie Aeree e Ventilazione Gestione delle vie aeree e ventilazione I pazienti che richiedono tecniche rianimatorie spesso presentano ostruzione delle vie aeree, normalmente causata da perdita di coscienza, ma a volte è l’ ostruzione stessa la causa primitiva di un arresto cardiorespiratorio. La valutazione immediata, il controllo delle vie aeree e l'inizio della ventilazione sono essenziali. Ciò contribuirà a prevenire danni ipossici secondari al cervello e ad altri organi vitali. Senza un'adeguata ossigenazione può essere impossibile ristabilire un ritmo emodinamicamente valido. Questi principi non si possono applicare in un arresto cardiaco primario testimoniato (ACC Testimoniato ) in presenza di un defibrillatore, in questo caso, la priorità è la defibrillazione immediata seguita dalla gestione delle vie aeree. Cause di ostruzione delle vie aeree L'ostruzione delle vie aeree può essere parziale o completa. Può accadere a qualsiasi livello dal naso alla bocca fino ai bronchi. Nel paziente

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Capitolo Settimo Antonio Maddalena – Antonio Ercole Rossi - Gaetano Carpino

Vie Aeree e Ventilazione

Gestione delle vie aeree e ventilazione

I pazienti che richiedono tecniche rianimatorie spesso presentano ostruzione delle vie aeree, normalmente causata da perdita di coscienza, ma a volte è l’ ostruzione stessa la causa primitiva di un arresto cardiorespiratorio. La valutazione immediata, il controllo delle vie aeree e l'inizio della ventilazione sono essenziali. Ciò contribuirà a prevenire danni ipossici secondari al cervello e ad altri organi vitali. Senza un'adeguata ossigenazione può essere impossibile ristabilire un ritmo emodinamicamente valido. Questi principi non si possono applicare in un arresto cardiaco primario testimoniato (ACC Testimoniato) in presenza di un defibrillatore, in questo caso, la priorità è la defibrillazione immediata seguita dalla gestione delle vie aeree.

Cause di ostruzione delle vie aeree

L'ostruzione delle vie aeree può essere parziale o completa. Può accadere a qualsiasi livello dal naso alla bocca fino ai bronchi. Nel paziente incosciente, la sede più comune di ostruzione delle vie respiratorie è a livello del faringe. La causa precisa dell'ostruzione delle vie respiratorie nel paziente incosciente è stata identificata studiando soggetti in anestesia generale. In precedenza I’ ostruzione delle vie aeree era stata attribuita alla caduta all'indietro della lingua causata dal diminuito tono muscolare, per cui la lingua viene in contatto con la parete faringea posteriore. Studi in pazienti anestetizzati hanno dimostrato che la sede dell'ostruzione delle vie respiratorie è più spesso dovuta al palato molle e all'epiglottide che alla lingua. L'ostruzione può anche essere causata da vomito o sangue, come conseguenza del rigurgito del contenuto gastrico o di un trauma, o da corpi estranei. L'ostruzione laringea può essere

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dovuta all'edema causato da ustione, infiammazione o anafilassi. La stimolazione delle vie aeree o l'inalazione di corpi estranei può causare spasmo laringeo. L'ostruzione delle vie aeree al di sotto del laringe è meno comune, ma può essere causata da eccesso di secrezioni bronchiali, dall'edema mucoso, da broncospasmo, dall'edema polmonare o dall'aspirazione del contenuto gastrico. La compressione ab extrinseco delle vie aeree può avvenire sopra o sotto la laringe ad esempio a seguito di un trauma o di un tumore.

Riconoscimento dell’ostruzione delle vie aeree

L'ostruzione delle vie aeree può essere insidiosa ed spesso non riconosciuta dagli operatori sanitari. La sua individuazione si ottiene con l'approccio guarda ascolta e senti .GAS

GUARDA il torace ed i movimenti addominali. ASCOLTA e SENTI il flusso d'aria della bocca e dal naso. Nell'ostruzione parziale delle vie respiratorie, l'entrata dell'aria è

diminuita e solitamente rumorosa. Lo stridore inspiratorio è causato da ostruzione a livello o al di sopra

del laringe. I sibili espiratori suggeriscono I’ ostruzione delle basse vie aeree, che

tendono a collabire e ad ostruirsi durante I’ espirazione.

II gorgogliamento suggerisce la presenza di materiale estraneo liquido o semisolido nelle vie aeree superiori.

I rumori russanti si presentano quando il faringe è parzialmente occluso dalla lingua o dal palato;

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II cornage (o stridore) è il suono prodotto dello spasmo o dall'ostruzione del laringe.

Gli atti respiratori in un paziente con ostruzione complete delle vie respiratorie sono accompagnati da movimenti addominali e toracici anomali, definiti come respiro altalenante. Quando il paziente inspira, il torace si contrae e I ‘addome si espande; il contrario avviene nell'espirazione. Ciò è l'opposto della normale meccanica respiratoria che prevede il movimento sincrono dell'addome verso l'alto ed esternamente (spinto dal diaframma) con il sollevamento della parete del torace. In caso di ostruzione delle vie respiratorie vengono utilizzati i muscoli accessori della respirazione: i muscoli della spalla e del collo si contraggono per aiutare il movimento della gabbia toracica. Vi possono anche essere fenomeni di rientra-menti intercostali e sottocostali ed abbassamento della trachea. L'esame completo del collo, del torace e dell'addome permette la diagnosi differenziale tra i movimenti connessi con l'ostruzione completa delle vie respiratorie e quelli della respirazione normale. Ascoltare il flusso d'aria: la respirazione normale deve essere tranquilla, la respirazione completamente ostruita è silente, mentre la respirazione rumorosa indica ostruzione parziale delle vie respiratorie. Durante l'apnea i movimenti respiratori spontanei sono assenti, l'ostruzione completa delle vie aeree si riconosce dall'impossibilità di insufflare i polmoni durante la ventilazione a pressioni positive. Se I’ ostruzione delle vie respiratorie non viene risolta in pochi minuti al fine di ripristinare una ventilazione adeguata, vi potranno essere lesioni cerebrali e di altri organi vitali oltre che arresto cardiaco. Per quanto possibile, somministrare ossigeno ad alta concentrazione inspiratoria (FiO2) mentre si tenta di risolvere l'ostruzione delle vie aeree. La misurazione della saturazione arteriosa di ossigeno (SaO2) - effettuata di norma con la pulsossimetria (SpO2) - guiderà l'ulteriore uso dell'ossigeno durante il trattamento. Se la pervietà delle vie aeree rimane scarsa e la SaO2 rimane bassa, continuare a dare ossigeno ad alta FiO2. Appena è stata ristabilita la pervietà delle vie aeree, la saturazione di ossigeno nel sangue risalirà

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più rapidamente se la concentrazione di ossigeno inspirato è alta. La FiO2 potrà essere quindi calibrata per ottenere una SaO2 del 94-90%.

Pazienti con tracheostomie o stomie tracheali permanenti

Un paziente con una cannula tracheostomica o uno stoma tracheale permanente (solitamente in seguito a laringectomia) può sviluppare ostruzione delle vie respiratorie per effetto di una ostruzione della cannula o dello stoma. L'ostruzione ovviamente non può avvenire a livello del faringe.

E’ necessario rimuovere il materiale estraneo dallo stoma o dalla cannula tracheostomica. Se necessario, rimuovere la cannula o, se presente, sostituire la cannula rimuovibile interna (controcannula). Una volta rimossa la cannula ostruita, il paziente potrà essere ventilato occludendo la stomia e ventilando con maschera e pallone sul viso, oppure intubando la trachea con un tubo normale. In un paziente con una stomia permanente, bisogna dare ossigeno ed assistere la ventilazione attraverso la stomia e non attraverso la bocca.

Soffocamento da corpo estraneo

Riconoscimento

I corpi estranei possono causare ostruzione delle vie aeree sia lieve che grave. I segni e sintomi che consentono la differenziazione tra ostruzione delle vie aeree lieve o grave sono riassunti di seguito:

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Sequenza per il trattamento del soffocamento da corpo estraneo nell’adulto

1. Se il paziente mostra segni di ostruzione delle vie aeree lieve

• Incoraggiare a continuare a tossire, ma non fare altro.

2. Se il paziente mostra segni di grave ostruzione delle vie aeree ed è cosciente:

▪ Dare un massimo di 5 colpi sulla schiena.

- Porsi di lato e leggermente dietro il paziente.

- Sostenere il torace con una mano e spingere bene il paziente in avanti.

- Dare fino a 5 colpi secchi tra le scapole con iI palmo dell'altra mano.

• Verificare se ogni colpo ha alleviato l'ostruzione delle vie aeree.

• Se i 5 colpi non risolvono l'ostruzione delle vie aeree dare un massimo di 5 compressioni addominali.

- Porsi in piedi dietro il paziente e mettere entrambe le braccia attorno alla parte superiore del suo addome.

- Porre un pugno chiuso appena sotto l'apofisi xifoidea dello sterno; afferrare questa mano con l'altra mano e tirare forte verso l'interno e verso l'alto.

- Ripetere fino a 5 volte.

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- Se l'ostruzione non è ancora risolta, continuare ad alternare 5 colpi dietro la schiena con 5 compressioni addominali.

3. Se il paziente diventa incosciente, chiamare il team di rianimazione e iniziare la RCP.

4. Non appena arriva un operatore con competenze adeguate, iniziare la laringoscopia e tentare di rimuovere il corpo estraneo con le pinze di Magill.

Tecniche di base per l’apertura delle vie aeree

Appena riconosciuta l’ostruzione delle vie aeree intervenire immediatamente per risolverla e per mantenere le vie aeree pervie. Le tre manovre che possono essere usate per risolvere l’ostruzione delle vie aeree sono:

Iperestensione del capo Sollevamento del mento Sublussazione della mandibola

Iperestensione del capo

Posizionare una mano sulla fronte del paziente ed inclinare il capo all’indietro delicatamente; porre le punte delle dita dell’altra mano sotto

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l’estremità del mento del paziente e sollevare delicatamente distendendo le strutture anteriori del collo (Fig.7.2)

Sublussazione della mandibola

In alternativa, la sublussazione della mandibola è una manovra per portare la mandibola in avanti e risolvere l’ostruzione dovuta alla lingua (Fig.7.3). La manovra è più efficace se applicata all’iperestensione del capo.

Procedura per la sublussazione della mandibola

Identificare l’angolo della mandibola. Con l’indice e le altre dita disposte dietro l’angolo della mandibola

(cioè dietro la branca montante), applicare con decisione una forza verso l’alto ed in avanti per sollevare la mandibola.

Con i pollici aprire leggermente la bocca spingendo in basso il mento.

Queste semplici manovre di posizionamento riescono nella maggior parte dei casi in cui l’ostruzione delle vie respiratorie sia causata da perdita del tono muscolare del faringe. Dopo ogni manovra, controllare se questa ha avuto successo con la sequenza del guarda, ascolta e senti. Se la pervietà delle vie aeree non è stata ottenuta, ricercare altre cause di ostruzione. Usare un dito per rimuovere qualsiasi corpo estraneo solido visibile in bocca. Rimuovere le dentiere rotte o dislocate ma lasciare dentiere ben fisse in posizione poiché contribuiscono a mantenere il profilo della bocca, permettendo una buona tenuta per la ventilazione bocca-bocca, bocca-maschera o pallone-maschera.

Manovre per la gestione delle vie aeree in un paziente con sospetta lesione della colonna cervicale

Se si sospetta una lesione spinale (per esempio, se la vittima è caduta o è stata colpita sul capo o sul collo, o è stata soccorsa dopo un tuffo in acque poco profonde) mantenere il capo, il collo, il torace e la regione lombare in posizione neutra durante la rianimazione. L'eccessiva inclinazione del capo potrebbe aggravare la lesione e danneggiare il midollo spinale

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cervicale; tuttavia, questa complicanza rimane teorica ed il rischio relativo e sconosciuto. Quando vi è un rischio di lesione della colonna cervicale, mantenere la pervietà delle vie aeree con la sublussazione della mandibola o il sollevamento del mento congiuntamente alla stabilizzazione manuale in allineamento del capo e del collo da parte di un assistente. Se persiste un'ostruzione delle vie aeree potenzialmente letale malgrado l'esecuzione efficace della sublussazione della mandibola o del sollevamento del mento, procedere con una lenta e progressiva iperestensione del capo fino a che le vie aeree non siano pervie; ottenere la pervietà delle vie aeree è prioritario rispetto al rischio di una potenziale lesione della colonna cervicale.

Strumenti di base per la gestione delle vie aeree

Gli strumenti di base sono spesso utili ed a volte essenziali per mantenere la pervietà delle vie aeree, specialmente in caso di rianimazione prolungata. La posizione del capo e del collo deve essere mantenuta per garantire l'allineamento delle vie aeree. Le cannule orofaringee e nasofaringea sono utili per risolvere l'ostruzione dovuta al palato molle e alla caduta all'indietro della lingua in un paziente incosciente, ma possono essere comunque necessarie l'iperestensione del capo e la sublussazione della mandibola.

Cannule orofaringee

La cannula di Guedel o orofaringea è un tubo di plastica curvo, con una flangia ed un rinforzo all'estremità orale. La sua sezione è appiattita per adattarsi meglio ad essere posizionata tra la lingua ed il palato duro . Sono disponibili in varie dimensioni, adatte dal neonato fino all'adulto di grossa taglia. Una stima della dimensione necessaria si può ottenere scegliendo una cannula con una lunghezza che corrisponda alla distanza verticale fra gli incisivi del paziente e l'angolo della mandibola . Le dimensioni più comuni sono 2, 3 e 4 per adulti di piccola, media e grande

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taglia rispettivamente. Una cannula leggermente più grande è più efficace di una leggermente più piccola. Durante l'inserimento di una cannula orofaringea, la lingua può occasionalmente essere spinta indietro, esacerbando l'ostruzione invece di alleviarla. La cannula può finire nella vallecola o l'epiglottide può ostruire il lume. Una corretta tecnica di inserimento evita questo problema. Inserire la cannula soltanto in pazienti incoscienti: se i riflessi glossofaringei o laringei sono presenti si possono stimolare il vomito o laringospasmo.

Tecnica per l’inserimento della cannula orofaringea:

• Aprire la bocca del paziente ed accertarsi che non vi sia materiale estraneo che possa essere spinto in laringe (se presente utilizzare l'aspirazione per rimuoverlo).

• Inserire la cannula rovesciata nella cavità orale fino alla giunzione fra il palato duro e molle e quindi ruotarla di 180° . Spingere la cannula in avanti fino a che non si posizioni nel faringe. Questa tecnica di rotazione minimizza la probabilità di spingere la lingua indietro ed in basso. Rimuovere la cannula se paziente la morde o non la tollera. Se il posizionamento è corretto si ottiene un miglioramento della pervietà delle vie aeree e la piatta rinforzata della cannula deve trovarsi tra i denti del paziente (o tra le sue gengive, se è edentulo). La sublussazione della mandibola può facilitare l'inserimento della cannula quando viene spinta nella posizione finale.

Dopo l'inserimento, mantenere l'iperestensione del capo o la sublussazione della mandibola e controllare la pervietà delle vie aeree e

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la ventilazione usando la tecnica del guarda, ascolta e senti. Se c'è II sospetto di una lesione alla colonna cervicale, mantenere l'allineamento e l'immobilizzazione del capo e del collo. L'aspirazione e solitamente possibile attraverso la cannula orofaringea per mezzo di un piccolo catetere flessibile di aspirazione.

Cannula nasofaringea

È costituita di plastica malleabile morbida, smussa ad un'estremità e con una flangia all’altra. In pazienti che non sono profondamente incoscienti, è tollerata molto meglio della cannula orofaringea. Puó essere uno strumento salvavita in pazienti con mandibola serrata, trisma o lesioni maxillofacciali. L'inserimento accidentale di una cannula nasofaringea nella volta cranica attraverso una frattura della base del cranio è possibile, ma estremamente rara. In presenza di una frattura della base cranica accertata o sospetta è preferibile una cannula orofaringea, ma se ciò non è possibile e le vie aeree sono ostruite, l'inserimento delicato di una cannula nasofaringea può essere una manovra salvavita (cioè I benefici possono superare i rischi). La misura dei tubi è in millimetri corrispondenti al loro diametro interno e la lunghezza aumenta con il diametro. I metodi tradizionali di misurazione della cannula nasofaringea

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(circa lo stesso diametro del quinto dito del paziente o delle narici) non sono correlati all'anatomia delle vie aeree e sono inaffidabili. La dimensione di 6-7 millimetri è adatta agli adulti. L’inserimento può danneggiare le mucose delle vie nasali, con conseguente sanguinamento fino al 30% del casi. Se il tubo 6 è troppo lungo può stimolare i riflessi laringei o glossofaringei e produrre laringospasmo o vomito.

Tecnica di inserimento di una cannula nasofaringea

• Controllare la pervietà della narice di destra.

• Alcuni modelli prevedono una spilla di sicurezza da inserire nella flangia onde fornire un'ulteriore garanzia contro la possibilità che la cannula finisca troppo profondamente all'interno della cavità nasale.

Lubrificare completamente la cannula usando un gel idrosolubile.

• Inserire l'estremità smussata della cannula, in verticale lungo il pavimento della cavità nasale con leggeri movimenti rotatori .La curva della cannula dovrebbe far si che essa si indirizzi verso i piedi del paziente. Se si incontra un qualsiasi ostacolo, rimuovere la cannula e tentare con la narice di sinistra.

• Una volta posizionata, usare la tecnica del guarda, ascolta e senti per controllare la pervietà delle vie aeree e l'adeguatezza della ventilazione. II sollevamento del mento o la sublussazione della mandibola possono ancora essere necessari per mantenere la pervietà delle vie aeree. Ove vi sia sospetto di una lesione alla colonna cervicale, mantenere il corretto allineamento e

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l'immobilizzazione del capo e del collo.

Ossigeno

In assenza di dati sulla Sa02 ottimale durante la RCP, ventilare il paziente con ossigeno al 100% fino al ritorno della circolazione spontanea (ROSC). Dopo il ROSC e, in tutti i pazienti critici o privi di coscienza, somministrare ossigeno ad alto flusso fino a quando la Sa02 può essere misurata in modo attendibile. Ci sono alcuni dati osservazionali che indicano un'associazione tra iperossiemia dopo ROSC e prognosi peggiore. Una maschera standard somministrerà una frazione inspirata di ossigeno fino al 50%, se il flusso di ossigeno è sufficiente. Inizialmente, dare la più alta concentrazione di ossigeno possibile. Una maschera con reservoir (maschera non-rebreathing) può somministrare una FiO2 dell'85% con un flusso di ossigeno di 10 l/min. Regolare la FiO2 sulla base della SpO2 o dell'emogasanalisi arteriosa. Se la SpO2 è misurabile in modo attendibile, mantenerla al 94-98% o all'88-92% nei pazienti affetti da BPCO.

Aspirazione

Utilizzare una cannula rigida di grande diametro (Yankauer) per rimuovere il liquido (sangue, saliva e contenuto gastrico) dalle vie aeree superiori . Utilizzare con attenzione se il paziente ha riflessi faringei intatti, perché si può indurre vomito. In pazienti con apertura limitata della bocca possono essere necessari cateteri di aspirazione flessibili e sottili. Questi cateteri di aspirazione possono anche essere inseriti

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attraverso le cannula orofaringea o nasofaringea.

Ventilazione

La ventilazione artificiale va iniziata appena possibile in tutti i pazienti in cui la ventilazione spontanea sia inadeguata o assente. La ventilazione con aria espirata è efficace, ma la FiO2 espirata del soccorritore è soltanto del 16-17%, per cui questa tecnica deve essere sostituita appena possibile con una ventilazione arricchita in ossigeno. Sebbene la ventilazione bocca-bocca abbia il vantaggio di non richiedere alcuno strumento, può risultare sgradevole dal punto di vista igienico, specialmente quando sono presenti vomito o sangue ed il soccorritore può essere riluttante al contatto intimo con una vittima sconosciuta. Vi sono soltanto casi isolati di individui che hanno contratto infezioni dopo aver eseguito RCP, in particolare la tubercolosi e la Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (SARS). La trasmissione dell'HIV durante la RCP non è stata mai segnalata. Esistono strumenti di base per evitare il contatto diretto da persona a persona; alcuni di questi dispositivi possono ridurre il rischio di infezione fra il paziente ed il soccorritore.

La maschera tascabile per ventilazione con aria espirata è molto diffusa. E’simile ad una maschera facciale da anestesia e permette la ventilazione bocca-maschera. Ha una valvola unidirezionale che dirige l'aria espirata dal paziente lontano dal soccorritore. La maschera è trasparente, in modo da potere vedere il vomito o il sangue del paziente. Alcune maschere hanno un attacco per l'aggiunta di ossigeno. Se si usano maschere sprovviste di attacco, si può somministrare ossigeno supplementare sistemando il tubicino dell'ossigeno sotto un lato della maschera, sempre garantendo un'adeguata tenuta sul viso. Usare la tecnica a due mani per ottimizzare la tenuta della maschera sul viso del paziente

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Se i volumi correnti o i flussi inspiratori sono troppo elevati si generano pressioni elevate nelle vie aeree facilitando così l'insufflazione gastrica ed II rischio successivo di rigurgito e di aspirazione polmonare. Nel caso di insufflazione gastrica la compliance polmonare viene ulteriormente ridotta rendendo la ventilazione più difficile. Il rischio di distensione gastrica è aumentato da:

disallineamento del capo e del collo e ostruzione delle vie aeree. incontinenza dello sfintere esofageo (presente in tutti i pazienti

con arresto cardiaco). elevate pressione di insufflazione.

Volumi correnti dell'ordine di 6-7 ml /kg garantiranno un'ossigenazione e ventilazione sufficienti, riducendo il rischio di insufflazione gastrica. Se il, flusso inspiratorio è troppo basso, il tempo inspiratorio sarà prolungato e quindi il tempo a disposizione per le compressioni toraciche sarà ridotto. Somministrare ogni ventilazione in circa un secondo e dare un volume che corrisponda ad un movimento visibile del torace; ciò rappresenta un compromesso fra dare un volume sufficiente, minimizzare il rischio di insufflazione gastrica e concedere il tempo sufficiente per le compressioni toraciche. Durante la RCP con vie aeree non protette, dare 2 ventilazioni dopo ogni sequenza di 30 compressioni toraciche.

Tecnica di ventilazione bocca-maschera

Disporre il paziente supino con il capo nella "sniffing position" cioè con il collo lievemente flesso su un cuscino e il capo esteso (inclinato all'indietro) sul collo. Tenere la maschera aderente al viso del paziente con i pollici di entrambe le mani.

Alzare la mandibola verso la maschera con le restanti dita applicate dietro gli angoli della mandibola (sublussazione della mandibola). Allo stesso tempo, premere la maschera sulla faccia con i pollici per ottenere una perfetta tenuta

Soffiare attraverso la valvola inspiratoria e guardare il sollevamento del torace.

Dopo l'insufflazione osservare il torace abbassarsi.

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Le perdite fra il viso e la maschera possono essere ridotte ottimizzando la pressione sulla maschera, modificando la posizione della dita e dei pollici, o aumentando la sublussazione della mandibola.

Se l’ossigeno è disponibile, somministrarlo attraverso l’attacco ad un flusso di 10 l/min.

Pallone autoespandibile

II pallone autoespandibile può essere connesso ad una maschera facciale, ad un tubo tracheale, o a dispositivi sopraglottici. Comprimendo il pallone, il contenuto viene insufflato nei polmoni del paziente. In fase di rilascio, il gas espirato viene liberato nell'ambiente attraverso una valvola unidirezionale; il pallone quindi si riempie automaticamente attraverso una valvola d'ingresso all'estremità opposta. Se usato senza ossigeno supplementare, il pallone autoespandibile ventila i polmoni del paziente solo con aria ambiente (FiO2 21%). La concentrazione può essere aumentata a circa il 45% fissando una fonte di ossigeno direttamente al pallone nel punto adiacente alla presa di aria. Se si collega un reservoir e si aumenta al massimo il flusso di ossigeno si ottiene una concentrazione di ossigeno inspirato di circa 85%. Espandendosi, il pallone si riempie di ossigeno sia dal reservoir che dall'attacco del flusso continuo di ossigeno. Quindi usando delle valvole apposite, si può raggiungere una concentrazione di ossigeno vicina al 100%.

Sebbene il sistema del pallone-maschera permetta la ventilazione con alte concentrazioni di ossigeno, il suo uso da parte di un singolo soccorritore richiede una considerevole abilità pratica. Se viene usata una maschera facciale, è spesso difficile ottenere una buona tenuta fra la maschera ed il viso del paziente mentre si tengono aperte le vie aeree con una mano e si

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comprime il pallone con l'altra. Qualsiasi perdita significative causerà ipoventilazione e se le vie aeree non sono pervie il gas può anche essere forzato nello stomaco. Ciò ridurrà ulteriormente la ventilazione e aumenterà notevolmente il rischio di rigurgito e di aspirazione. Viene naturale tentare di compensare la perdita comprimendo eccessivamente il pallone, il che causa alti picchi di pressione nelle vie aeree e forza ancora più gas nello stomaco. Alcuni palloni autoespansibili hanno limitatori di flusso che diminuiscono il picco di pressione nelle vie aeree per ridurre I'insufflazione gastrica. La pressione cricoidea può ridurre il rischio di insufflazione gastrica ma richiede la presenza di un assistente esperto. La pressione cricoidea male applicata può rendere più difficile la ventilazione. Per queste ragioni è preferibile la tecnica a due soccorritori per la ventilazione con pallone-maschera . Un soccorritore applica la maschera facciale sul viso eseguendo la sublussazione della mandibola con entrambe le mani e l'assistente comprime il pallone. In questo modo viene realizzata una migliore tenuta ed polmoni del paziente possono essere ventilati in modo efficace e sicuro.

Punti chiave

La gestione delle vie aeree e la ventilazione sono componenti importanti della RCP

L’uso di semplici manovre per la gestione delle vie aeree, con o senza mezzi aggiuntivi di base, renderà quasi sempre possibile stabilire la pervietà delle vie aeree.

Somministrare a tutti i pazienti alte concentrazioni di ossigeno fino a che non se ne conosca la saturazione arteriosa

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Strumenti alternativi per la gestione delle vie aeree

Introduzione

Un uso efficace del sistema pallone-maschera richiede un ragionevole livello di abilità pratica e di esperienza. Se utilizzato da personale inesperto vi sono rischi elevati di produrre volumi correnti inefficaci e causare insufflazione gastrica con conseguente rischio di rigurgito e di aspirazione polmonare. Rispetto alla ventilazione con pallone-maschera, l‘uso si dispositivi sovraglottici può permettere una ventilazione più efficace e ridurre il rischio di distensione gastrica. Inoltre i dispositivi sovraglottici sono più facili da inserire rispetto al tubo tracheale e, a differenza di questo, possono in genere essere posizionati senza interrompere le compressioni toraciche. Senza addestramento ed esperienza sufficienti, l’incidenza delle complicanze connesse al tentativo di intubazione tracheale è inaccettabilmente alta. L'intubazione esofagea non riconosciuta è disastrosa ed i tentativi prolungati di intubazione tracheale sono dannosi, perché la prolungata interruzione delle compressioni toraciche compromette la perfusione coronarica e cerebrale. Gli strumenti alternativi per la gestione delle vie aeree possono essere usati se l'intubazione fallisce o quando non c'è a disposizione personale esperto nell'intubazione.

Non ci sono dati che supportino l'uso di routine di uno specifico approccio nella gestione delle vie aeree durante l'arresto cardiaco. La tecnica migliore dipende dalle circostanze dell'arresto cardiaco e dalle capacità del soccorritore.

Maschera laringea

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La maschera laringea consiste di un tubo di ampio diametro con una cuffia ellittica gonfiabile destinata a sigillare I ‘apertura laringea. E’ stata introdotta in pratica anestesiologica a metà degli anni '80 ed ha dimostrato di esseri un dispositivo affidabili e sicuro, che può essere posizionato facilmente, con un'alta percentuale di successo ed un tempo di addestramento breve. La ventilazione usando la LMA e più efficiente e più facile rispetto al sistema pallone-maschera; se si evitano alte pressioni di insufflazione (>20 centimetri di H2O), la distensione gastrica è minima. Se la LMA può essere inserita immediatamente è preferibile evitare la ventilazione con pallone-maschera: il rischio di insufflazione e di rigurgito gastrico viene così ridotto. Nonostante non garantisca la protezione delle vie respiratorie dal contenuto gastrico, I’ aspirazione polmonare durante l’uso della LMA è rara. La LMA protegge dalle fonti di aspirazione situate al di sopra del laringe. La LMA ha dimostrato di essere efficace durante la rianimazione se utilizzata da personale infermieristico, da tecnici dell'emergenza e dal personale medico. Come l'intubazione tracheale, richiede che il paziente sia profondamente incosciente. La LMA risulta particolarmente utile se il tentativo di intubazione eseguito da personale esperto è fallito e se la ventilazione con pallone-maschera è impossibile (situazione "impossibile intubare - impossibile ventilare"). La LMA convenzionale (LMA ClassicTM) può essere riutilizzata fino a 40 volte dopo la sterilizzazione. Le limitazioni pratiche imposte dalla necessità di risterilizzare la LMA Classic ha fatto si che le versioni monouso siano più adatte all'uso per l'arresto cardiaco intra- ed extraospedaliero. Tuttavia alcune LMA monouso sono di forma e materiale leggermente differente dalle LMA ClassicTM e le loro prestazioni non sono state validate in ambito RCP.

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Tecnica di inserzione di una maschera laringea (LMA)

• Cercare di continuare le compressioni toraciche durante l'inserimento, se necessario, interrompere le compressioni toraciche ma limitare la pausa ad un massimo di 10 secondi.

• Scegliere una LMA di dimensione adatta al paziente e sgonfiare la cuffia completamente. Una dimensione 5 sarà adatta per la maggior parte degli uomini e una dimensione 4 per la maggior parte delle donne. Lubrificare la faccia esterna della zona della cuffia (la parte che non entra in contatto con il laringe) con gel idrosolubile.

• Flettere leggermente il collo del paziente ed estendere il capo (cercare di mantenere l'allineamento neutro del collo e del capo se vi è sospetto di lesione del rachide cervicale).

• Tenendo la LMA come una penna, inserirla nella bocca . Avanzare la punta oltre gli incisivi superiori con la superficie superiore spinta sul palato fino a che non si raggiunge la parete posteriore del faringe. Spingere la maschera indietro ed in basso lungo l'angolo del faringe fino ad avvertire una resistenza nel momento in cui si posiziona nell'ipofaringe. Se possibile, far eseguire ad un assistente una sublussazione della mandibola dopo che la LMA è stata inserita nella bocca per aumentare lo spazio nel faringe posteriore e rendere più facile il posizionamento. Una rotazione di 45 gradi spesso facilita il posizionamento se il passaggio attraverso il faringe è difficile.

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• Collegare una siringa e gonfiare la cuffia con aria (40 ml per una dimensione 5 LMA e 30 ml per una dimensione 4 LMA); oppure gonfiare la cuffia ad una pressione di 60 cm H20. Se l’inserimento è soddisfacente, il tubo della LMA si alzerà di uno-due centimetri dalla bocca nel momento in cui la cuffia trova la sua posizione corretta e il laringe viene spinto in avanti.

Se la LMA non è stata posizionata in 30 secondi, riossigenare il paziente usando una maschera tascabile o un sistema pallone-maschera prima di ritentare il posizionamento.

• Confermare la pervietà delle vie aeree ascoltando il torace durante la ventilazione ed osservando il movimento del torace bilateralmente. Una perdita abbondante e rumorosa suggerisce un mal posizionamento della LMA, ma una piccola perdita è accettabile purchè il sollevamento del torace sia adeguato.

• Inserire, se disponibile, un blocca-morso accanto al tubo e fissare la LMA con una benda o un cerotto.

Limiti della LMA

• In presenza di alte resistenze nelle vie aeree o scarsa compliance polmonare (edema polmonare, broncospasmo, BPCO) vi è rischio di perdite significative attorno alla cuffia con conseguente ipoventilazione. La maggior parte del gas che si disperde attorno alla cuffia fuoriesce normalmente dalla bocca del paziente ma può avvenire anche una certa insufflazione gastrica.

• Non vi sono dati che dimostrino se sia possibile ottenere o no una ventilazione adeguata attraverso la LMA senza interrompere le compressioni toraciche. Le compressioni toraciche continue probabilmente causano una certa perdita di gas dalla cuffia della LMA quando è in corso la ventilazione. Inizialmente non interrompere le compressioni ma

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sospenderle se persistono perdite aeree e se vi è ipoventilazione.

• Esiste un rischio teorico di aspirazione del contenuto dello stomaco perché la LMA non si posiziona all'interno del laringe come un tubo tracheale; tuttavia, questa complicazione non è stata molto documentata nella pratica clinica.

Se il paziente non è profondamente incosciente, l'inserimento della LMA piò causare: tosse, vomito e spasmo laringeo. Ciò non avviene nei pazienti in arresto cardiorespiratorio.

• Se non si è riusciti ad ottenere una sufficiente pervietà delle vie aeree, rimuovere la LMA, sgonfiare la cuffia e tentare il reinserimento dopo aver ottenuto un buon allineamento del capo e del collo.

Raramente, l'ostruzione delle vie aeree può essere causata dall'epiglottide che si flette all'indietro a coprire l'adito laringeo. Rimuovere la LMA, sgonfiare la cuffia e tentare il riposizionamento.

Per diventare esperti nell'inserimento della LMA è necessario fare pratica su pazienti, sotto il controllo di una persona con esperienza adeguata (per esempio un anestesista), in un ambiente controllato.

La LMA ProSeal

La Maschera Laringea ProSeai é una versione modificata della LMA originale. Presenta una cuffia posteriore supplementare e un canale per aspirare lo stomaco . Il dispositivo è stato studiato estesamente in pazienti anestetizzati, ma non ci sono studi sulle sue funzionalità e prestazioni durante la RCP. La ProSeal presenta numerose caratteristiche che, in teoria, la rendono più adatta della LMA originale all'uso durante la RCP: migliore tenuta con il laringe, permettendo così la ventilazione a

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pressioni elevate (comunemente lino a 35 - 40 cm H20); la presenza di un canale che consente l'aspirazione dall'esofago superiore del contenuto gastrico rigurgitato e l'inserimento di un tubo di drenaggio per il contenuto gastrico liquido; presenza di un blocca morso. Le più elevate pressioni di tenuta realizzate con la ProSeal possono permettere di mantenere la ventilazione senza interrompere le compressioni toraciche. I punti a sfavore della ProSeal come dispositivo per la gestione delle vie aeree per la RCP sono: maggiore difficoltà di posizionamento rispetto alla LMA originale; costo relativamente elevato; possibile ostruzione della via di drenaggio da parte di contenuto gastrico solido. Recentemente e stata introdotta una versione monouso della PLMA la LMA Supreme. Ha una forma più rigida e manca del manicotto gonfiabile sul dietro. A parte due case report, ci sono al momento pochi dati sull'uso di questo dispositivo

durante la RCP.

I-gel

I-gel è un dispositivo sopraglottico con la cuffia in elastomero termoplastico che non richiede gonfiaggio, Il tubo dell'l-gel incorpora un blocca-morso e un sottile tubo di drenaggio esofageo. È facile da inserire, richiede soltanto una formazione minima e riesce ad ottenere una pressione di tenuta di 20-24 cmH2O. In due studi su manichino, l'inserimento di I-gel è stato significativamente più rapido di altri dispositivi per le vie aeree. La facilità di inserimento del gel e la sua scarsa perdita di pressione lo rendono teoricamente molto interessante come dispositivo di ventilazione durante la rianimazione per gli operatori non esperti di intubazione tracheale. L'uso dell'I-gel durante l'arresto cardiaco

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è stato riportato, ma sono necessari ulteriori dati sul suo uso in questo

contesto.

Tubo Laringeo

Il tubo laringeo (LT) è un altro dei numerosi dispositivi sopraglottici utilizzati comunemente nella pratica anestesiologica ed in ambito extraospedaliero. È un tubo a lume singolo con una cuffia esofagea ed una faringea .Una singolo palloncino pilota gonfia simultaneamente entrambe le cuffie. Il tubo è disponibile in varie dimensioni. Se l'inserimento è effettuato da non-anestesisti, le percentuali di successo e le pressioni generate nelle vie aeree sono paragonabili alla LMA. Vi sono numerosi studi osservazionali che documentano l'uso del tubo laringeo da parte di infermieri e paramedici nell'arresto cardiaco extraospedaliero. Sono disponibili LT a doppio lume con apertura esofagea ed una versione

monouso (LT-D).

Tecnica per l'inserimento di un tubo laringeo

Tentare di continuare le compressioni toraciche durante l'inserimento, se è necessario interrompere le compressioni toraciche ma limitare la pausa ad un massimo di 10 sec.

Se i volumi correnti o i flussi inspiratori sono troppo elevati si generano pressioni elevate nelle vie aeree facilitando così l'insuffiazione gastrica ed iI rischio successivo di rigurgito e di aspirazione polmonare. Nel caso di insufflazione gastrica

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la compliance polmonare viene ulteriormente ridotta rendendo la ventilazione più difficile. Il rischio di distensione gastrica è aumentato da:

Disallineamento del capo e del collo e ostruzione delle vie aeree.

Incontinenza dello sfintere esofageo (presente in tutti pazienti con arresto cardiaco).

Elevate pressione di insuffiazione. Volumi correnti dell'ordine di 6-7 ml /kg garantiranno

un'ossigenazione e ventilazione sufficienti, riducendo il rischio di insufflazione gastrica. Se il, flusso inspiratorio è troppo basso, il tempo inspiratorio sarà prolungato e quindi il tempo a disposizione per le compressioni toraciche sarà ridotto. Somministrare ogni ventilazione in circa un secondo e dare un volume che corrisponda ad un movimento visibile del torace; ciò rappresenta un compromesso fra dare un volume sufficiente, minimizzare il rischio di insufflazione gastrica e concedere il tempo sufficiente per le compressioni toraciche. Durante la RCP con vie aeree non protette, dare 2 ventilazioni dopo ogni sequenza di 30 compressioni toraciche.

Limitazioni del LT

• In presenza di alte resistenze nelle vie aeree o scarsa compliance polmonare (edema polmonare, broncospasmo, BPCO), vi è il rischio di una perdita significative attorno alla cuffia con conseguente ipoventilazione. La maggior parte delle perdite di gas attorno alla cuffia normalmente sfugge attraverso la bocca del paziente, ma può verificarsi un certo grado di insufflazione gastrica accidentale.

• Non ci sono dati che dimostrino se sia o no possibile fornire un'adeguata ventilazione tramite un LT senza interrompere le compressioni toraciche. Le compressioni toraciche ininterrotte

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provocano almeno qualche perdita di gas dalla cuffia del LT quando si ventila. Tentare inizialmente le compressioni toraciche continue, ma rinunciare in caso di perdite persistenti o ipoventilazione.

• Vi è un rischio teorico di aspirazione del contenuto dello stomaco perché il LT non si localizza all'interno del laringe come un tubo tracheale, ma questa complicazione non è molto documentata nella pratica clinica.

• Se il paziente non è profondamente incosciente, l'inserimento del LT può causare tosse o laringospasmo, ma ciò non si verifica nei paziente con arresto cardiorespiratorio.

• Se non si ottiene il controllo delle vie aeree, sgonfiare la cuffia, ritirare il LT e tentare il reinserimento mantenendo un buon allineamento della testa e del collo.

• Raramente, II LT può spingere la lingua verso il retrofaringe determinando ostruzione delle vie aeree. Sgonfiare la cuffia, ritirare il LT e tentare il reinserimento.

Diventare esperti nel inserimento di un LT richiede pratica sul paziente e questo va effettuato sotto la supervisione di esperto (anestesista ad esempio) in un ambiente controllato.

Punti chiave

I dispositivi sovraglottici sono buone alternative alla ventilazione con pallone-maschera vanno usati al posto di questa quando possibile.

I dispositivi sovraglottici vanno usati al posto dell’intubazione tracheale a meno che non siano presenti operatori esperti in questa tecnica. Possono anche essere usati in alternativa all’intubazione se questa non riesce.

Intubazione tracheale e cricotiroidotomia

Intubazione tracheale

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Non vi è sufficiente evidenza per sostenere o confutare l'uso di qualsiasi tecnica specifica per mantenere la pervietà delle vie aeree e per la ventilazione nell'adulto in arresto cardiorespiratorio. Malgrado ciò, l'intubazione tracheale è il sistema ottimale per fornire e mantenere pervie e sicure le vie aeree. L'intubazione deve essere eseguita soltanto da personale addestrato ad effettuarla con un alto livello di conoscenza ed abilità pratica. Una review sistematica di trial randomizzati e controllati (RCT) sull'intubazione tracheale comparata con altre tecniche di gestione delle vie aeree ha identificato solo tre trial: due erano RCT che comparavano il Combitube con l'intubazione tracheale nell'arresto cardiaco extraospedaliero, ed entrambi non mostravano differenza in termini di sopravvivenza; l'altro era un RCT in ambito extraospedaliero che comparava l'intubazione con la gestione delle vie aeree con maschera e pallone nei bambini con disturbi respiratori primari e traumi gravi. Il trial non ha dimostrato vantaggi dell'intubazione nella popolazione generale; al contrario, nel sottogruppo di bambini con problemi respiratori, quelli randomizzati all'intubazione avevano una sopravvivenza minore rispetto ai gruppo ventilato con maschera e pallone. Lo studio OPALS (Ontario Pre-hospital Advanced Life Support) non ha documentato aumento della sopravvivenza alla dimissione dopo l'aggiunta dell'intubazione e dei farmaci ad un sistema di soccorso extraospedaliero ottimizzato che comprendeva già BLS e DAE.

I vantaggi presunti dell'intubazione tracheale rispetto alla ventilazione con pallone-maschera includono:

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1) mantenimento della pervietà delle vie aeree, che vengono protette dall'aspirazione del contenuto gastrico o del sangue proveniente dall'orofaringe; 2) capacità di fornire con sicurezza un adeguato volume corrente anche durante le compressioni toraciche ininterrotte; 3) possibilità di liberare le mani dei soccorritori per altre manovre; 4) possibilità di aspirare le secrezioni delle vie aeree. L'uso del sistema pallone-maschera può causare distensione gastrica, che teoricamente può causare rigurgito e rischio di aspirazione. Questo rischio teorico deve ancora essere dimostrato con studi clinici randomizzati.

Gli svantaggi dell'intubazione tracheale rispetto alla ventilazione con il sistema pallone-maschera includono:

1) rischio di mancato riconoscimento del malposizionamento del tubo tracheale (che arriva al 17% in alcuni studi, sull'arresto cardiaco extraospedaliero); 2) tempo prolungato senza compressioni toraciche durante i tentativi di intubazione tracheale; 3) alta incidenza di fallimento di posizionamento. Le percentuali di successo nell'intubazione sono correlate all'esperienza dell'operatore. Nei sistemi extraospedalieri che trattano un basso numero pazienti ed i cui operatori non intubano frequentemente, le percentuali di fallimento dell'intubazione arrivano al 50%. Deve anche essere considerato il costo dell'addestramento all'intubazione del personale che lavora nel preospedaliero. II personale sanitario che attua l'intubazione preospedaliera deve essere inserito nell'ambito di un pro-gramma strutturato e controllato, che deve includere un addestramento completo a seconda delle competenze e regolare retraining.

I soccorritori devono soppesare i rischi ed i benefici dell'intubazione tracheale in confronto alla necessità di fornire compressioni toraciche efficaci. II tentativo di intubazione richiederà l'interruzione delle compressioni toraciche ma dal momento in cui è stato posizionato un presidio avanzato per la gestione delle vie aeree la ventilazione non richiederà alcuna interruzione delle compressioni toraciche. II personale esperto nella gestione avanzata delle vie aeree deve essere in grado di

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eseguire la laringoscopia senza arrestare le compressioni toraciche. Una breve pausa nelle compressioni toraciche sarà necessaria nel momento in cui il tubo viene passato attraverso le corde vocali. In alternativa, per evitare qualsiasi interruzione nelle compressioni toraciche, l'intubazione può essere rinviata a dopo il ROSC. Nessun tentativo di intubazione deve interrompere le compressioni toraciche per più di 10 secondi: se l'intubazione non è stata ottenuta entro questo tempo, bisogna ricominciare la ventilazione con pallone-maschera. Dopo I'intubazione tracheale, la posizione del tubo va confermata adeguatamente ed il tubo va fissato. Se vi sono dubbi sulla posizione del tubo, rimuoverlo e riossigenare il paziente prima di eseguire un altro tentativo.

In alcuni casi, la laringoscopia e il tentativo di intubazione possono dimostrarsi difficili o causare un rischioso peggioramento delle condizioni del paziente. Tali circostanze includono l'epiglottite acuta, le patologie faringee, il trauma cranico (in cui la tosse può causare ulteriore aumento della pressione intracranica), o i pazienti con lesione della colonna cervicale. In questi casi possono essere necessaire capacità specialistiche come l'uso di anestetici o la laringoscopia a fibre ottiche. Queste tecniche richiedono un elevato livello di abilità pratica e di addestramento.

Materiale necessario per l'intubazione

• Laringoscopio - generalmente con una lama curva di Macintosh. Sono disponibili diverse dimensioni, ma una 3 sarà adeguata per la maggior parte del pazienti. Controllare la fonte di luce e la batteria regolarmente prima dell'uso ed accertarsi che siano immediatamente disponibili le parti di ricambio.

• Tubi tracheali cuffiati - deve essere disponibile una gamma appropriata alle dimensioni dei pazienti. Un tubo del diametro interno di 8.0 mm e adatto al maschio adulto mentre uno del diametro interno di 7.0 mm per una femmina.

• Le dimensioni 6, 7 e 8 mm generalmente coprono le necessità di qualunque adulto. Tubi pia piccoli possono essere utili nei pazienti con patologie che causano restringimenti delle vie aeree superiori.

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• Siringa per insufflazione della cuffia.

• Strumenti per il controllo del corretto posizionamento del tubo

• Materiali aggiuntivi:

- Gel lubrificante idrosolubile

- Pinza di Magill

- Mandrini sia in gomma elastica che in materiale semirigido

- Cerotti o bende per fissare il tubo

- Apparecchiatura per l'aspirazione con un'estremità rigida (per esempio, Yankauer) e una gamma di cateteri flessibili pia piccoli.

Procedure post-intubazione

• Dopo un'intubazione corretta, collegare il tubo tracheale (tramite un catheter mount se necessario) ad un dispositivo di ventilazione, per esempio al pallone autoespansibile, e ventilare con la più alta concentrazione di ossigeno disponibile.

• Gonfiare la cuffia del tuba tracheale con una quantità appena sufficiente per arrestare la perdita di aria durante l'inspirazione.

• Confermare il corretto posizionamento del tubo tracheale mediante la valutazione clinica e una tecnica di conferma secondaria; di queste, la capnografia è la pia attendibile (vedi sotto).

• Continuare la ventilazione con un'alta FiO2 fino al ROSC, quando sarà registrabile una SpO2.

• Fissare il tubo con una benda. II cerotto adesivo non è efficace se il viso e umido.

• Una cannula orofaringea può essere inserita accanto al tubo tracheale per mantenere la posizione del tubo ed evitare morsi al tubo quando il paziente riprende coscienza.

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Conferma del corretto posizionamento del tubo

L'intubazione esofagea non riconosciuta è la complicanza più grave di un tentativo di intubazione tracheale. L'uso routinario delle tecniche primarie e secondarie per la conferma del corretto posizionamento del tubo tracheale riduce questo rischio.

Valutazione clinica

La valutazione clinica comprende: osservare che il torace si espanda bilateralmente; auscultare il torace bilateralmente sulla linea medio-ascellare (devono esservi rumori respiratori appropriati ed uguali su entrambi i lati) e sull'epigastrio (non devono sentirsi rumori respiratori). I segni clinici di un corretto posizionamento del tubo (condensa nel tubo, espansione del torace, suoni respiratori all'auscultazione dei polmoni, e l'assenza di rumore di gas che entra nello stomaco) non sono completamente affidabili. La sensibilità (percentuale di intubazione tracheale correttamente identificata) e specificità (percentuale di intubazione esofagea correttamente identificata) della valutazione clinica sono variabili.

La conferma secondaria del posizionamento del tubo tracheale mediante la CO2 espirata o un dispositivo di rilevazione esofagea dovrebbe ridurre il rischio di intubazione esofagea, ma le prestazioni di questi dispositivi variano considerevolmente. Inoltre, nessuna delle tecniche di conferma secondaria distinguerà tra un tubo collocato in un bronco principale ed uno posizionato correttamente in trachea.

Dispositivo di rilevazione esofagea

Il dispositivo di rilevazione esofagea genera una forza di aspirazione all'estremità tracheale del tubo sia mediante una grossa siringa, sia mediante l'espansione di una grossa pera di gomma. L'aria tracheale se questo è disposto nella rigida struttura cartilaginea della trachea. Quando il tubo invece è nell'esofago, l'aria non può essere aspirata perchè l'esofago collabisce quando si aspira. Il dispositivo di

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rilevazione esofagea può essere ingannevole in pazienti con obesità patologica, gravidanza avanzata, asma grave o secrezioni tracheali abbondanti; in questi casi la trachea può collabire durante l'aspirazione.

Rilevatori di anidride carbonica

Il rivelatore di anidride carbonica misura la concentrazione di CO2 espirata. La persistenza di CO2 espirata dopo sei ventilazioni indica il corretto posizionamento del tubo in trachea o in un bronco principale. La conferma del corretto posizionamento al di sopra della carena tracheale richiede l'auscultazione del torace bilateralmente sulle linee medio-ascellari. Ci sono sostanzialmente tre tipi di rilevatori di anidride carbonica:

1. Rilevatori monouso colorimetrici della CO2 di fine espirazione (ETCO2), basati sulla cartina al torna-sole. Questi dispositivi generalmente hanno tre letture: porpora (ETCO2 <0,5%), marrone chiaro (ETCO2 0,5-2%) e giallo (ETCO2 > 2%). Nella maggior parte degli studi, il posizionamento del tubo tracheale era considerato verificato se il colore marrone persisteva dopo un paio di ventilazioni. Anche se i rilevatori colorimetrici individuano il posizionamento abbastanza bene nei pazienti con buona perfusione, sono meno accurati della valutazione clinica nei pazienti con arresto cardiaco, in quanto il flusso sanguigno polmonare può essere così basso che non c'è sufficiente anidride carbonica espirata. Inoltre, se il tubo tracheale è in esofago, sei ventilazioni possono portare a distensione gastrica, vomito e aspirazione.

2. Rilevatori elettronici di ETCO2 digitali senza forma d'onda; in genere si basano su uno spettrometro ad infrarossi e visualizzano i valori in forma di un numero, senza una visualizzazione grafica della forma d'onda dell'ETCO2 durante il ciclo respiratorio.

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3. I rilevatori di CO, di fine espirazione con un display grafico della forma d'onda (capnografo) sono i più affidabili per la verifica della posizione del tubo tracheale durante l'arresto cardiaco. Gli studi dimostrano che la capnografia ha il 100% di sensibilità e specificità nell'individuare il corretto posizionamento del tubo tracheale nelle vittime di arresto cardiaco.

La capnografia è il modo più sensibile e specifico per confermare e monitorare continuamente la posizione di un tubo tracheale nelle vittime di arresto cardiaco ed è complementare alla verifica clinica (auscultazione e visualizzazione di tubo attraverso le corde). La capnografia non distingue tra un tubo posizionato in trachea ed uno posizionato nei bronchi; l'auscultazione accurata è essenziale. Grazie ai monitor portatili attualmente disponibili, la conferma capnografica ed monitoraggio continuo della posizione del tubo tracheale sono realizzabili in quasi tutti gli ambiti, intra- extraospedaliero e pronto soccorso. Inoltre, la capnografia può essere un sensibile indicatore del ROSC. L'analisi della forma d'onda può inoltre risultare utile nell'arresto cardiaco in PEA. In assenza di un capnografo può essere preferibile usare un dispositivo sopraglottico per la gestione avanzata delle vie aeree.

Potenziali problemi durante l'intubazione tracheale

Le varianti anatomiche e patologiche che possono rendere l'intubazione difficile o impossibile comprendono: mento sfuggente, collo corto, incisivi prominenti, bocca stretta, collo rigido e trisma. Se le corde vocali non possono essere visualizzate, non tentare di inserire il tubo alla cieca. Un mandrino di gamma elastica può spesso essere inserito più facilmente nella glottide rispetto ad un tubo tracheale ed una volta in posizione il tubo può essere fatto scivolare sul mandrino ed essere guidato in trachea. Il mandrino da intubazione può anche essere utilizzato per irrigidire e preformare la curvatura del tubo o per guidarlo in laringe.

Altri problemi di intubazione possono essere dovuti a:

• Ustioni e traumi facciali - può essere impossibile effettuare il BLS o l'intubazione in un paziente con grave trauma facciale o con un'ustione

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delle vie aeree superiori. In tal caso può essere necessario stabilire la pervietà delle vie aeree chirurgicamente, per esempio con una cricotiroidotomia.

• Patologie delle prime vie aeree ad esempio tumori, infezioni, edema nell'anafilassi, ecc.

• Denti mobili o protesi dentali - possono essere danneggiati o lussati se viene loro applicata una forza eccessiva. Una buona tecnica di intubazione deve ridurre questo rischio.

• Rigurgito gastrico - tenere sempre a disposizione un dispositivo di aspirazione con cannula di grande calibro.

• Trisma - nelle fasi iniziali della rianimazione una buona RCP può impedire l'approfondirsi della coscienza necessaria per intubazione tracheale. In questo caso, utilizzare le tecniche di base per gestione delle vie aeree e la ventilazione.

• Intubazione esofagea - questa evenienza deve essere riconosciuta seguendo il protocollo raccomandato, specialmente se la posizione del tubo è confermata con un dispositivo di rilevazione esofagea e/o una capnometria. In caso di dubbio, estubare e riossigenare il paziente usando un sistema pallone-maschera.

• Probabile lesione della colonna cervicale - sospettare questa evenienza in tutti i pazienti che hanno un'anamnesi di trauma maggiore chiuso. Utilizzare la stabilizzazione in linea manuale del capo e del collo ed accertarsi che l'intubazione venga eseguita da un operatore esperto.

Compressione cricoidea

Nei pazienti non in arresto cardiaco la compressione della cricoide può offrire un certo grado di protezione delle vie aeree dall'aspirazione ma può anche impedire la ventilazione o interferire con l'intubazione tracheale.

Il ruolo della compressione cricoidea durante l'arresto cardiaco non è stato studiato. La compressione cricoidea durante la ventilazione con

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pallone-maschera riduce la distensione dello stomaco. Tuttavia, studi in pazienti anestetizzati mostrano che questa manovra in molti pazienti disturba la ventilazione, aumenta la pressione di picco inspiratoria e causa una ostruzione completa fino al 50% dei casi, a seconda dell'entità della compressione, (nell'ambito comunque del valori raccomandati).

Non usare la compressione cricoidea di routine nell'arresto cardiaco. Nel caso venga utilizzata, è necessario regolare, ridurre o sospendere la compressione se questa impedisce la ventilazione o il posizionamento del tubo.

La cartilagine cricoide si trova immediatamente al di sotto della cartilagine tiroidea, ove forma un anello completo all'estremità superiore della trachea. Va applicata una pressione di 3 kg (30 Newton) in direzione anteroposteriore, spingendo l'anello cricoideo all'indietro per premere l'esofago contro la colonna vertebrale .Non applicare la pressione cricoidea se il paziente sta vomitando, perché potrebbe causare una rottura esofagea.

Sussidi all'intubazione

Lame alternative per laringoscopia

• La lama Macintosh e una lama adatta ad ogni uso e una dimensione 3 é adeguata alla maggior parte degli adulti. A volte, una lama 4 è più indicata per i pazienti corpulenti con collo lungo. Il laringoscopio a lama di McCoy ha una punta basculante e spesso migliora la visione in laringoscopia. Numerosi nuovi videolaringoscopi sono attualmente disponibili, ma sono costosi e difficilmente saranno disponibili nella maggior parte dei casi di arresto cardiaco. Un nuovo videolaringoscopio monouso (AirTraq), che permette la visualizzazione diretta della laringe in uno schermo montato sul manico può rivelarsi più utile in caso di arresto cardiaco ma e stato studiato solo in manichini.

Introduttori

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Se la visualizzazione risulta difficile, una guida in gomma elastica può essere utile per guidare il tubo tracheale in laringe. Si inserisce prima la guida in laringe e quindi si inserisce il tubo lungo di essa fino in trachea. Se inserita correttamente, la guida viene bloccata dai rami piccoli dell'albero bronchiale; una guida posizionata per errore in esofago può essere inserita completamente, senza incontrare resistenze. Se la ventilazione e l'intubazione sono impossibili e le alternative, per esempio una LMA, non esistono, sarà necessario effettuare una cricotiroidotomia (v. sotto).

La descrizione qui effettuata delle tecniche avanzate per la gestione delle vie aeree, non deve sostituire la pratica sui manichini, o sui pazienti anestetizzati con il tutoraggio di un anestesista. L’intubazione tracheale durante l'arresto cardiaco deve essere eseguita soltanto da chi esegue regolarmente questa tecnica.

Aspirazione

Usare una cannula rigida di grosso calibro (Yankauer) per l'aspirazione al fine di rimuovere i liquidi (sangue, saliva e contenuto gastrico) dalle alte vie aeree. Questa tecnica viene eseguita meglio sotto visione diretta durante I'intubazione ma non deve far ritardare il posizionamento di una via aerea definitiva. Aspirare la trachea il più brevemente possibile e ventilare con ossigeno al 100% prima e dopo la procedura. Utilizzare i sondini da aspirazione tracheale per aspirare la trachea introducendoli direttamente nel tubo.

Cricotiroidotomia

Può accadere che sia impossibile ventilare un paziente apnoico con il sistema pallone-maschera, o inserire un tubo tracheale o un altro dispositivo per la gestione delle vie aeree. Ciò può accadere in pazienti con vasto trauma facciale o ostruzione laringea causata da edema da anafilassi oppure da materiale estraneo. In queste circostanze, sarà necessario creare una via aerea chirurgica al di sotto del livello dell'ostruzione. Una tracheostomia è controindicata in urgenza poiché

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richiede tempo, è rischiosa e esige una considerevole abilità chirurgica oltre che di strumenti. Inoltre vi può essere notevole sanguinamento.

La cricotiroidotomia chirurgica fornisce una via aerea sicura che può essere utilizzata per ventilare il paziente fino a quando non verrà eseguita l'intubazione semi-elettiva o la tracheostomia. La cricotiroidotomia con ago è una procedura molto più temporanea che serve solo per una ossigenazione a breve termine. Richiede un cannula non angolabile di calibro adeguato ed una fonte di ossigeno ad alta pressione e può causare grave baro-trauma. Può anche fallire per un kinking della cannula, e non è adatta per assicurare la ventilazione del paziente durante un trasferimento.

Cricotiroidotomia chirurgica

Diversamente dalla cricotiroidotomia con ago, la tecnica chirurgica assicura una via aerea protetta da un tubo cuffiato. Si possono usare pressioni di ventilazione più elevate ed è possibile l'aspirazione tracheale. La cricotiroidotomia chirurgica permette la ventilazione anche se le vie aeree a livello glottico o sovraglottico sono completamente ostruite.

Procedura per la cricotiroidotomia chirurgica

• Posizionare il paziente supino con il capo esteso se possibile.

• Identificare la membrana cricotiroidea a livello del recesso subito al di sopra della cartilagine cricoidea e sotto la cartilagine tiroidea.

• Incidere la cute sopra la membrana ed approfondire l'incisione alla membrana cricotiroidea. Eseguire un'incisione verticale sulla cute ed orizzontale sulla membrana cricotiroidea; ciò evita l'arteria cricotiroidea che decorre al di sopra dell’anello.

• Utilizzare il manico del bisturi o un ferro da dissezione per ampliare l'incisione nella membrana cricotiroidea.

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• Inserire un tubo tracheale di dimensioni adeguate in trachea e gonfiare la cuffia. Non inserire il tubo troppo caudalmente in trachea: la carena è anatomicamente vicina.

• Ventilare con un pallone autoespandibile standard connesso ad una sorgente di alto flusso di ossigeno. L'espirazione avviene direttamente, attraverso il tubo tracheale e inoltre ora è possibile l'aspirazione tracheale.

• Controllare il corretto posizionamento con l’auscultazione e la capnografia.

▪ Poiché questa tecnica comporta un alto rischio di danni secondari, va usata solo in pazienti che stanno rapidamente peggiorando a causa dell'impossibilità di controllare le vie aeree.

Punti chiave

Se eseguita da personale con abilità pratiche ed esperienza adatte, l’intubazione tracheale è la tecnica di gestione delle vie aeree più efficace durante la rianimazione cardiopolmonare.

In mani non esperte, le interruzioni prolungate delle compressioni toraciche e l’alto rischio di fallimento e di altre complicanze (per esempio l’intubazione esofagea misconosciuta) rendono i tentativi di intubazione potenzialmente dannosi.

Ventilazione meccanica di base

Vi sono pochissimi studi sugli aspetti specifici della ventilazione durante la rianimazione avanzata. Vi sono alcuni dati che indicano come le frequenze della ventilazione somministrate dal personale sanitario durante l'arresto cardiaco siano eccessive. Numerosi ventilatori automatici portatili possono essere utilizzati durante la rianimazione. Sono solitamente alimentati dalla bombola dell’ossigeno. Se una bombola

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di ossigeno va usata sia per il paziente che per alimentare il ventilatore, il contenuto si può esaurire velocemente. La maggior parte dei ventilatori automatici fornisce un flusso costante di gas al paziente durante l'inspirazione. Poiché la pressione nelle vie respiratorie aumenta durante l'inspirazione, questi dispositivi hanno spesso dei limitatori di pressione per proteggere i polmoni dal barotrauma. L’espirazione avviene passivamente nell'ambiente.

Regolare inizialmente un ventilatore automatico con un volume corrente di 6 ml/kg a 10 atti respiratori/minuto. Alcuni ventilatori hanno delle tacche sui comandi per facilitare la regolazione rapida per pazienti di taglie diverse, mentre altri sono in grado di variare i parametri della respirazione in modo più sofisticato. In presenza di circolo spontaneo, la corretta impostazione dei parametri ventilatori sarà determinata dall'emogasanalisi arteriosa. Se non è stato inserito un tubo tracheale o una via aerea sovra-glottica, non eseguire le compressioni toraciche durante la fase inspiratoria. Una volta che il paziente a stato intubato, non è più necessario interrompere le compressioni per effettuare le ventilazioni. Se è stata posizionata una via aerea sovraglottica, potrebbe essere necessario sincronizzare le compressioni toraciche con le ventilazioni, qualora ci sia un'eccessiva perdita dalle vie aeree.

I ventilatori automatici garantiscono molti vantaggi rispetto ad altri metodi di ventilazione:

• Nei pazienti non intubati il soccorritore ha entrambe le mani libere per mantenere allineati la maschera e le vie aeree.

Nei pazienti intubati liberano un soccorritore per altri compiti. Garantiscono parametri costanti di volume corrente, frequenza

respiratoria e volume minuto, il che potrebbe essere utile per prevenire l'iperventilazione.

Alcuni soccorritori istituzionali (per esempio, polizia, vigili del fuoco e personale di soccorso a gare sportive) possono utilizzare ventilatori automatici semplici a condizione che siano stati adeguatamente addestrati.

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Ossigenazione passiva

Se le vie aeree sono pervie, le compressioni toraciche possono di per sè produrre una certa ventilazione. L'ossigenazione in tal caso si ottiene passivamente, o attraverso il tubo tracheale, o con la combinazione di una cannula orofaringea e di una maschera di ossigeno standard collegata ad un reservoir costruito in modo da evitare il rebreathing. Non c'è abbastanza evidenza a favore o contro il fatto che l'uso dell'ossigenazione passiva durante la RCP rispetto alla ventilazione a pressione positiva possa migliorare la prognosi del paziente. In attesa che siano disponibili ulteriori dati, l'uso di routine dell'ossigenazione passiva durante la RCP non è consigliato.

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Capitolo Ottavo Salvatore Toso - Maria Gabriella Raeli –Salvatore De Rosa Monitoraggio Cardiaco Elettrocardiografia e Riconoscimento dei Ritmi

Introduzione

In caso di arresto cardiaco, l'identificazione del ritmo cardiaco contribuirà ad indicare il trattamento corretto. Il monitoraggio del ritmo deve avvenire tempestivamente

In molti pazienti rianimati vi è un sostanziale rischio di ulteriori aritmie e di un nuovo arresto; pertanto mantenere efficace e continuo il monitoraggio

In alcuni pazienti si verificano aritmie che possono condurre all'arresto cardiaco o ad un grave deterioramento delle loro condizioni.

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Tra i pazienti a rischio sono compresi quelli con un'aritmia persistente associata a patologia cardiaca strutturale, dolore toracico, scompenso cardiaco, ridotto livello di coscienza o stato di shock. In tutti questi pazienti occorre registrare un ECG a 12 derivazioni, poiché il solo monitoraggio non sempre garantisce un accurato riconoscimento del ritmo.

Alcuni pazienti presentano dei sintomi (di solito sincope) causati da un'aritmia cardiaca intermittente che, se non documentata e trattata, può portare ad arresto cardiaco o morte improvvisa. Tuttavia, l'aritmia può non essere presente al momento della valutazione iniziale. In particolare nei pazienti che hanno avuto una sincope occorre effettuare un'attenta valutazione clinica.

I pazienti invece che hanno presentato svenimenti non complicati, sincope situazionale (ad esempio correlata alla tosse o alla minzione), o una sincope da ipotensione ortostatica, non richiedono monitoraggio cardiaco e di solito non richiedono ricovero in ospedale. Il monitoraggio cardiaco e la valutazione di un esperto sono necessari in tutti i pazienti che hanno presentato una sincope senza una causa evidente, specialmente durante l'esercizio fisico, una sincope in presenza di patologia cardiaca strutturale, o una sincope in presenza di un ECG anormale (in particolare un prolungamento dell'intervallo QT o un QRS largo 0.12sec]).Il monitoraggio di una singola derivazione ECG non è una tecnica attendibile per la rilevazione di ischemia del miocardio (depressione o sopraslivellamento del tratto ST; alterazioni dell'onda T) pertanto nei pazienti con dolore toracico suggestivo per SCA bisogna eseguire tracciati seriati di ECG a 12 derivazioni.Durante l'arresto cardiaco, il riconoscimento dei ritmi defibrillabili (fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare senza polso: FV/TV) è cruciale per un trattamento efficace. I defibrillatori automatici esterni (DAE) ed i defibrillatori manuali con funzionamento automatico opzionale (Shock Advisory Defibrillators: SADs) possono identificare attendibilmente questi

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ritmi analizzandoli elettronicamente. Se è presente un ritmo defibrillabile, il defibrillatore indicherà all'operatore che lo shock è indicato e si caricherà al livello di energia adatto. L'introduzione dei DAE ha aperto la strada al trattamento dell'FV/TV a coloro che non hanno le conoscenze necessarie per il riconoscimento dei ritmi cardiaci, sia negli ospedali che nella comunità.

L'analisi accurata di alcune aritmie richiede esperienza e perizia; tuttavia, il non esperto può interpretare la maggior parte dei ritmi in modo sufficiente per identificare il trattamento adatto. La priorità principale è riconoscere che il ritmo è anormale e che la frequenza cardiaca è troppo lenta o troppo veloce. È consigliabile usare l'approccio strutturato per l'interpretazione dei ritmi, descritto in questo capitolo, in modo da evitare errori. L'esigenza di un trattamento immediato sarà determinata in gran parte dall'effetto dell'aritmia sul paziente piuttosto che dalla natura dell'aritmia. In presenza di un'aritmia, in primo luogo bisogna valutare il paziente usando l'approccio ABCDE, poi interpretare il ritmo il più accuratamente possibile. Trattare il paziente, non il monitor!

Tecniche di monitoraggio ECG

Monitor elettrocardiografici

Monitor elettrocardiografici visualizzano in tempo reale l'ECG su uno schermo. Il segnale è ottenuto dagli elettrodi adesivi posti sulla cute del paziente ed è trasmesso al monitor da cavo tramite telemetria. Molti monitor hanno altre funzioni, come la stampa o la memorizzazione dei tracciati ECG. La maggior parte dei monitor mostrano la frequenza cardiaca ed alcuni hanno allarmi che possono essere programmati per attivarsi quando la frequenza cardiaca è inferiore o superiore ad un limite prestabilito.Molti sistemi consentono il monitoraggio di altri parametri, come pressione arteriosa e la saturazione di ossigeno, dati importanti nella valutazione dei pazienti a rischio. L'elaborazione digitale del segnale ECG consente l'analisi elettronica del ritmo cardiaco. Se un paziente richiede monitoraggio, bisogna assicurarsi che qualcuno osservi il

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monitor, in modo da poter agire immediatamente, se necessario, in caso di cambiamento di ritmo.

Come collegare il monitor

Innanzitutto bisogna collocare gli elettrodi sul paziente nelle posizioni indicate. Esse corrispondono alle "derivazioni degli arti modificate" DI, DII o DITI. Assicurarsi che la cute sia asciutta, non grassa (pulire usando un tampone con alcool e/o una placca abrasiva) e che gli elettrodi siano posizionati su una superficie cutanea con poca peluria. Per ridurre al minimo gli artefatti muscolari nel segnale ECG occorre porre gli elettrodi in corrispondenza di una prominenza ossea piuttosto che sopra un muscolo. Se necessario (per esempio in caso di trauma, intervento chirurgico recente, affezioni cutanee) possono essere usate posizioni degli elettrodi differenti. Molte derivazioni sono codificate tramite un colore per facilitarne il corretto collegamento. Lo schema più frequente per le derivazioni degli arti modificate usa il colore rosso per la derivazione del braccio destro (Red=Right), il colore giallo per la derivazione del braccio sinistro (Yellow=Left), verde per l'elettrodo della gamba, disposto solitamente sull'addome a sinistra o sulla parete toracica inferolaterale sinistra (Green=1 eG, o anche Green on the Spleen).

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A volte si usa un elettrodo nero posizionato sulla parete destra dell'addome o sulla parete toracica inferolaterale destra.

Iniziare il monitoraggio in DII, che normalmente mostra molto bene le onde P e i complessi QRS, e cambiare derivazione nel caso sia necessario ottenere un segnale ECG di migliore qualità. Gli artefatti derivanti dai tremori muscolari possono essere limitati spiegando al paziente la tecnica e mantenendolo calmo ed caldo.

Monitoraggio in emergenza

In emergenza, ad esempio quando il paziente è incosciente, occorre monitorizzare il ritmo cardiaco appena possibile utilizzando le placche autoadesive del defibrillatore, che possono essere utilizzate sia per monitoraggio che per la defibrillazione "a mani libere".

Applicare le placche nelle posizioni convenzionali, sotto la clavicola di destra e sulla parete di sinistra del torace. Usare la posizione antero-posteriore in alternativa se la posizione convenzionale non può essere usata (ad esempio, per presenza di pacemaker permanente in sede sottoclaveare destra o per un trauma della parete toracica). Anche l'applicazione rapida delle piastre da defibrillazione manuale consente di determinare rapidamente il ritmo cardiaco, ma queste piastre sono in parte state sostituite dalle placche adesive.

Diagnosi al monitor

L'uso del display e la stampa dei report dai monitor ECG consentono solo il riconoscimento del ritmo. E' un errore tentare di interpretare le anomalie di tratto ST o altri elementi più specifici dal monitor ECG. Quando si rileva un'aritmia sul monitor, registrare una striscia ECG appena possibile.

Se l'aritmia persiste per un tempo abbastanza lungo, è utile effettuare una registrazione ECG a 12 derivazioni. Il cuore è un organo tridimensionale e l'ECG a 12 derivazioni osserva il segnale elettrico del

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cuore in tre dimensioni. A volte, le caratteristiche che permettono l'identificazione precisa del ritmo cardiaco sono visibili soltanto in una o due derivazioni delle 12 derivazioni e non sarebbero visibili sulla registrazione di una singola derivazione.

Queste registrazioni sono utili sia nell'interpretazione del ritmo che per una rivalutazione successiva o per pianificare il trattamento a lungo termine. Pertanto la corretta gestione di ogni tipo di aritmia, compreso un'aritmia tipica di arresto cardiaco, richiede una registrazione di buona qualità, per una corretta interpretazione ed un trattamento tempestivo.

Le informazioni importanti sulla natura e sull'origine di una tachiaritmia possono anche essere ottenute registrando la risposta al trattamento (per esempio, massaggio del seno carotideo, adenosina). Per quanto possibile, l'effetto di qualsiasi intervento dovrebbe essere registrato su carta, usando possibilmente più derivazioni.

Elettrocardiografia di base

A riposo, le cellule del sistema di conduzione cardiaco ed il miocardio sono polarizzate. La differenza di potenziale è di circa 90 mV fra la parte

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interna della cellula (che è caricata negativamente) e lo spazio extracellulare. Uno spostamento improvviso degli ioni attraverso la membrana cellulare determina la depolarizzazione, generando così un impulso elettrico che attraversa il sistema di conduzione cardiaco ed innesca la contrazione delle cellule miocardiche.

In caso di ritmo sinusale normale, la depolarizzazione inizia in un gruppo di cellule "pacemaker" specializzate chiamate nodo seno-atriale (SA) e situate vicino allo sbocco della vena cava superiore nell'atrio di destra. L'onda di depolarizzazione si diffonde dal nodo SA attraverso il miocardio atriale. Ciò corrisponde sull'ECG all'onda P. La contrazione atriale è la risposta meccanica a questo impulso elettrico.

La trasmissione di questo impulso elettrico ai ventricoli avviene attraverso il tessuto di conduzione specifico

In primo luogo, vi è una conduzione lenta attraverso il nodo atrioventricolare (AV), seguita da una conduzione veloce al miocardio ventricolare attraverso il tessuto di conduzione specifico (fibre del Purkinje). Il fascio di His trasporta queste fibre dal nodo AV, e si divide nella branca di destra e di sinistra, distribuendosi nei ventricoli destro e sinistro rispettivamente. La conduzione veloce al di sotto di queste fibre assicura la contrazione coordinata dei ventricoli.

La depolarizzazione del fascio di His, delle sue due branche e del miocardio ventricolare corrisponde all'ECG al complesso QRS . La contrazione ventricolare è la risposta meccanica a questo impulso elettrico.

Fra l'onda P ed il QRS vi è un breve segmento isoelettrico, che in gran parte rappresenta il ritardo nella trasmissione attraverso il nodo AV. La sequenza normale di depolarizzazione atriale seguita dalla depolarizzazione ventricolare (onda P seguita dal complesso QRS) costituisce il ritmo sinusale

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L'onda T che segue il complesso QRS rappresenta il recupero del potenziale di riposo nelle cellule del sistema di conduzione e del miocardio ventricolare (ripolarizzazione ventricolare).

Poiché il sistema di conduzione normale trasmette velocemente l'impulso di depolarizzazione ad entrambi i ventricoli, il complesso QRS normale è di durata relativamente breve (normalmente <0.12 secondi).

Quando una della due branche è malfunzionante, la conduzione rapida al ventricolo corrispondente si interrompe. L'impulso di depolarizzazione viaggia più velocemente attraverso la branca sana e più lentamente lungo la branca malfunzionante al ventricolo corrispondente. Questa situazione è chiamata blocco di branca. In questi casi, la depolarizzazione di entrambi i ventricoli richiede un tempo più lungo del normale e ciò si evidenzia all'ECG come un complesso QRS largo (0.12 secondi o più).

Come leggere da striscia ECG

Per identificare con precisione alcune anomalie di ritmo sono necessarie esperienza e perizia. Tuttavia, un approccio semplice e strutturato per interpretare il ritmo ECG consentirà di identificare qualunque ritmo con dettaglio sufficiente a permettere la scelta del trattamento migliore.

L'analisi del ritmo ECG può essere effettuata applicando il seguente metodo in 6 fasi:

1. C'è attività elettrica?

2. Qual'è la frequenza ventricolare (QRS)?

3. Il ritmo di base è regolare o irregolare?

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4. Il QRS è stretto o largo?

5. è presente attività atriale?

6. L'attività atriale è collegata con attività ventricolare e se sì, come?

Qualsiasi ritmo cardiaco può essere descritto esattamente (per esempio, tachicardia a complessi stretti irregolare, bradicardia a compiessi larghi normale, ecc.) ed essere gestito in maniera sicura ed efficace usando i primi quattro punti.

C'è attività elettrica?

Se non si vede alcuna attività elettrica assicurarsi che l'amplificazione (guadagno) non sia troppo bassa e che gli elettrodi e le derivazioni siano collegati sia al paziente che al monitor.

Controllare il paziente: è presente un polso? Se il paziente è senza polso e non c'è attività elettrica al monitor siamo in presenza di asistolia.

L'asistolia atriale e ventricolare sono spesso entrambe presenti e danno al monitor una linea senza deflessioni significative. Una linea completamente retta è invece indicativa di una derivazione del monitoraggio che si è deconnessa. La deconnessione può anche apparire come una linea diritta ma discontinua. Durante l'asistolia l'ECG mostra solitamente una leggera ondulazione della linea di base e può mostrare interferenze elettriche dovute a movimenti respiratori, o a compressioni toraciche.

L'attività atriale (solitamente onde P ma occasionalmente FA o flutter atriale) può continuare per un breve periodo dopo l'inizio dell'asìstolia ventricolare in cui l'ECG mostrerà quindi attività atriale ma nessun complesso QRS. Il riconoscimento di questo ritmo è importante perché il pacing potrebbe ripristinare una gittata cardiaca con maggiori probabilità rispetto all'asistolia completa

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Se il paziente è senza polso e l'attività elettrica è presente, verificare se sono presenti complessi QRS riconoscibili. Se non si vedono complessi QRS e l'ECG mostra delle deflessioni veloci, bizzarre, irregolari, di frequenza e ampiezza casuale, ci troviamo di fronte ad un fibrillazione ventricolare

Nella fibrillazione ventricolare (FV) non c'è alcuna coordinazione elettrica, non c'è contrazione ventricolare efficace e nessuna gittata cardiaca rilevabile.

La fibrillazione ventricolare è a volte classificata in grossolana e fine

in relazione all'ampiezza dei complessi. In caso di dubbio tra asistolia FV fine, non tentare la defibrillazione ma continuare invece le compressioni toraciche e la ventilazione. L'FV fine, difficile da distinguersi dall'asistolia, difficilmente potrà evolvere in un ritmo con perfusione dopo defibrillazione. La rianimazione cardiopolmonare eseguita corretta-" mente può migliorare l'ampiezza e la frequenza dell'FV migliorare la probabilità che alla defibrillazione segua ritmo che garantisca una perfusione. Somministrare degli shock ripetuti nel tentativo di defibrillare ciò che si pensa possa essere una FV fine aumenterà solo la lesione del miocardio sia direttamente dal punto di vista elettrico che, indirettamente a causa delle interruzioni del flusso coronarico

Se l'attività elettrica è presente e vi sono complessi QRS riconoscibili, continuare con i punti successivi dell'analisi del ritmo.

Se il paziente è senza polso e ci sono complessi riconoscibili all'ECG compatibili con la presenza di un polso, si parla di attività elettrica senza

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polso(PEA) situazione che richiede la RCP immediata. Non interrompere la RCP mentre si analizza il ritmo.

Qual è la frequenza ventricolare (del QRS)?

La frequenza cardiaca normale (frequenza ventricolare) a riposo è di circa 60-100 battiti/min. La bradicardia ha una frequenza cardiaca inferiore a 60 battiti al minuto mentre la tachicardia una frequenza superiore a 100/min. La carta da ECG è calibrata in mm, con le linee più spesse ogni 5 mm. La velocità di scorrimento standard della carta è di 25 mm/sec. Un secondo è rappresentato da 5 quadrati grandi (25 quadrati piccoli). Ricordare che in alcuni Paesi la velocità standard della carta è di 50 mm/secondo.

Il modo migliore per stimare la frequenza ventricolare è contare il numero complessi QRS durante 6 secondi (30 quadrati grandi) e moltiplicare per 10.Questo metodo funziona anche quando la frequenza cardiaca è leggermente irregolare. Ad esempio, se ci sono 20 complessi QRS in 30 quadrati grandi la frequenza è di 200/ min.

Se la striscia è breve contare il numero di complessi QRS in 3 secondi (15 quadrati grandi) e moltiplicare per 20.

Il ritmo è regolare o irregolare?

La risposta non è sempre facile come sembra; in caso di frequenze cardiache rapide la variazione tra battito e battito durante alcuni ritmi irregolari sembra meno evidente. Alcuni ritmi possono essere regolari di base ma con una variazione intermittente nell'intervallo di R-R che li rende irregolari.

Verificare con attenzione una striscia ECG sufficientemente lunga misurando ogni intervallo R-R e confrontandolo con gli altri per verificare una eventuale irregolarità non presente a prima vista. I compassi sono molto utili per confrontare gli intervalli R-R. Altrimenti, si può

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contrassegnare la posizione di due punti identici adiacenti nel ciclo cardiaco (ad esempio le punte delle onde R) su una striscia di carta, che poi viene posta su di un'altra sezione della striscia di ritmo. Se ritmo è normale i contrassegni si allineeranno precisamente con ogni accoppiamento delle onde della R.

• Se il ritmo di base è irregolare, occorre decidere:

• È completamente irregolare, senza un modello di intervallo R-R riconoscibile?

• È regolare, con una irregolarità intermittente?

* Esiste una variazione ciclica negli intervalli R-R?

Se esiste un modello ciclico, rapporto fra il QRS fluttua e la P richiede un'analisi attenta, come descritto più avanti Se gli intervalli R-R sono completamente irregolari (irregolarmente irregolari) ed il complesso QRS ha una morfologia costante, il ritmo più probabile è la fibrillazione atriale (FA) (striscia ECG 6).

Un ritmo sottostante normale può essere reso irregolare da extrasistoli (battiti ectopici). Le extrasistoli possono originarsi dagli atri o dai ventricoli e la posizione ("focus") da cui originano determinerà la loro morfologia'all'ECG.

Se il complesso QRS dei battiti ectopici è stretto (<0.12 secondi), il battito probabilmente proviene da una zona superiore al ventricolo (cioè o dal miocardio atriale o dal nodo AV).

I battiti ectopici a complessi larghi possono essere di origine ventricolare o sopraventricolare con blocco di branca.

I battiti prematuri atriali a complessi larghi possono a volte essere identificati da una precedente onda P ectopica. I battiti ectopici ventricolari possono essere accompagnati da un'onda P che compare subito dopo il complesso QRS, ed è causata dalla conduzione retrograda dai ventricoli agli atri.

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I battiti ectopici che compaiono precocemente (cioè prima che il battito normale sinusale sia avvenuto) vengono considerati come battiti prematuri

Un battito che proviene dal nodo AV o dal miocardio ventricolare dopo una pausa lunga, per esempio durante una bradicardia sinusale o un arresto sinusale, è da considerarsi come un battito di scappamento.

Ciò implica che il focus che genera questo battito nel nodo AV o nel ventricolo deve essere considerato come un pace-maker di sostituzione, perché la funzione normale del pacemaker del nodo del seno è troppo lenta o assente. I battiti ectopici possono presentarsi singolarmente, a coppie o a triplette. Se più di tre battiti ectopici si presentano in rapida successione, la si considera una tachiaritmia.

Un'aritmia che avviene in modo intermittente, alternata a periodi di ritmo sinusale normale, è chiamata parossistica.

Quando i battiti ectopici si presentano in maniera alternata con i battiti del nodo del seno per un periodo continuo si parla di bigeminismo. Il bigeminismo è atriale o ventricolare a seconda che i battiti ectopici in origine sono atriali o ventricolari.

II complesso QRS è normale o allungato?

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Il normale limite superiore per il complesso QRS è di 0.12 secondi (3 quadratini piccoli). Se la larghezza del QRS è inferiore a 0.12 secondi il ritmo proviene ai di sopra della biforcazione del fascio di His e può provenire dal nodo senoatriale, dagli atri o dal nodo atrioventricolare, ma non dal miocardio ventricolare. Se la durata del QRS è di 0.12 secondi o più, il ritmo proviene dal miocardio ventricolare oppure è un ritmo sopraventricolare trasmesso con conduzione aberrante (cioè blocco di branca).

È presente attività atriale?

Avendo definito il ritmo in termini di frequenza, regolarità e larghezza del QRS, occorre esaminare con attenzione l'ECG per evidenziare l'attività atrialé. Quest'attività può essere difficile o impossibile da identificare, o perché non è visibile o perché è oscurata parzialmente o totalmente dai complessi QRS o dall'onda T. Non provate a indovinare e non provate a convincervi di poter identificare l'attività atriale se non siete completamente sicuri.

A seconda della natura dell'ECG o dell'aritmia che stiamo esaminando, le onde P possono essere presenti come deflessioni positive, negative o bifasiche. Se presenti, le onde U possono essere scambiate per onde P. Le onde P possono coincidere con i complessi QRS, i segmenti 5T, o le onde

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T, e causarne la distorsione o la variazione. La registrazione, appena possibile, di un ECG a 12 derivazioni può consentire di identificare le onde P in una o più derivazioni, anche se non chiaramente visibili al monitor. La derivazione V1 è spesso utile per la chiara evidenziazione di alcuni tipi di attività atriale come le onde P del nodo del seno e quelle della fibrillazione atriale. Le onde P del nodo del seno si vedono di solito chiaramente nella derivazione II. Altri tipi di attività atriale possono essere presenti. Durante il flutter atriale, l'attività atriale appare come un onda flutter, dal tipico aspetto a "dente di sega ", spesso con una frequenza di circa 300 /min. La si vede di solito molto bene nelle derivazioni inferiori (II, III, aVF)

Nella FA, i circuiti e le onde di depolarizzazione attraversano a caso entrambi gli atri e non ci sono onde P. Le onde della FA appaiono come rapide deflessioni della linea di base di ampiezza e di durata variabile, più visibili in V1. In alcuni pazienti queste deflessioni sono di ampiezza talmente bassa da non far evidenziare alcuna attività atriale. Durante una tachicardia sostenuta, l'attività atriale può non essere visibile. Se il ritmo è di origine atriale (per esempio flutter atriale o FA) può essere possibile rivelare l'attività atriale rallentando la frequenza ventricolare e registrando l'ECG preferibilmente in derivazioni multiple. Per esempio, se una tachicardia sinusale a 150 bpm è dovuta ad un flutter atriale con blocco 2:1, può non essere possibile identificare le onde di flutter con certezza. Un aumento transitorio del blocco atrioventricolare ottenuto con uno stimolo vagale o un bolo endovenoso di adenosina evidenzierà le onde di flutter e consentirà di identificare con chiarezza il ritmo

La forma e la polarità delle onde P contribuiscono ad identificare il ritmo atriale. Normalmente le onde P sono positive nelle derivazioni II e aVF. Se c'è un'attivazione retrograda degli atri dalla regione del nodo atrioventricolare (cioè il ritmo è di origine giunzionale o ventricolare), le onde P saranno invertite nelle derivazioni II e aVF, perché la depolarizzazione atriale si propaga in senso opposto al normale.

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La frequenza e la regolarità dell'onda P e la frequenza dell'onda di flutter si valutano come la frequenza e la regolarità dei complessi QRS.

L'attività atriale è correlata a quella ventricolare, e se sì, come?

Se vi è un intervallo costante fra ogni onda P ed il seguente complesso QRS, è probabile che la conduzione fra l'atrio ed il ventricolo sia normale e che la depolarizzazione ventricolare sia attivata dalla depolarizzazione atriale. Per assicurarsi che non vi sia alcuna sottile variazione nell'intervallo PR è bene esaminare una striscia lunga

In questo testo si impiega il termine "intervallo PR", tuttavia in altri Paesi si usa il termine "intervallo PQ". Ai fini dell'interpretazione del ritmo, i due termini sono intercambiabili.

Occasionalmente la conduzione fra gli atri ed i ventricoli è invertita (cioè la depolarizzazione ventricolare è seguita da retroconduzione attraverso il nodo AV e quindi dalla depolarizzazione atriale); in questi casi l'onda P si presenta subito dopo il complesso QRS. Può a volte essere difficile distinguere tra questa situazione e la presenza di un intervallo PR molto lungo.

In altre condizioni ad un controllo attento non si evidenzia alcun rapporto fra il ritmo delle onde P e quello dei complessi QRS. Ciò indica che la depolarizzazione atriale e quella ventricolare stanno avvenendo indipendentemente (dissociazione atrioventricolare). Le cause possono essere:

Blocco atrioventricolare completo (terzo grado), dove una frequenza normale nel nodo del seno è accompagnata da una bradicardia regolare che origina sotto il nodo AV.

Alcuni casi di TV in cui sono presenti complessi QRS larghi regolari e le onde P normali appaiono ad una frequenza diversa e più lenta rispetto ai complessi QRS.

Possono esservi difficoltà quando il rapporto fra le onde P ed i complessi QRS varia in modo ricorrente, il che simula una dissociazione atrioventricolare. Ciò avviene di solito con il blocco atrioventricolare di

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secondo grado di tipo Mobitz I o di Wenkebach. Esaminare con attenzione una striscia ECG lunga per cercare un modello ricorrente nel tracciato e confrontare i rapporti tra onde P e complessi QRS. Ricordare che nel blocco atrioventricolare completo il ritmo del QRS è di solito del tutto regolare.

Nella FA l'attività atriale è completamente irregolare così da non aversi un rapporto identificabile fra questi attività atriale ed il ritmo ventricolare, che è irregolare. Se la FA è accompagnata da un ritmo QRS completamente normale, ciò è da ascriversi probabilmente ad un blocco atrioventricolare completo in presenza di FA.

Nel flutter atriale ci può essere un rapporto costante fra le onde dí flutter ed i complessi QRS, tale da generare un rapporto di conduzione pari a 1:1, 2:1, o 3:1. In alcuni casi il rapporto varia continuamente, producendo un ritmo di base irregolare; si parla allora di flutter atriale con blocco atrioventricolare variabile.

Ritmi dell'arresto cardiaco

I ritmi presenti durante l'arresto cardiaco possono essere classificati in 3 gruppi:

• Fibrillazione ventricolare (FV) e tachicardia ventricolare (TV), se quest'ultima è senza polso;

• Asistolia;

• Attività elettrica senza polso (PEA).

Le bradi- e tachicardie sopraventricolari estreme possono raramente indurre una riduzione così grave della gittata cardiaca da causare di fatto l'arresto cardiaco.

Fibrillazione ventricolare

L'aspetto caratteristico della FV Io rende solitamente facile da riconoscere per cui è l'unico ritmo che non ha bisogno dell'analisi sistematica del ritmo descritto in questo capitolo. Quando il monitor mostra una FV valutare immediatamente il paziente per stabilire se è una vera FV che

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richiede la defibrillazione immediata, o se è solo un artefatto. Se il paziente ha polso, il ritmo ovviamente non è una FV.

Vi sono due aritmie che sono simili alla FV in alcune circostanze; entrambe producono un ritmo irregolare, a complessi larghi, veloce:

La prima è la TV polimorfa che può essere causa di arresto cardiaco e se ciò avviene il trattamento immediato è lo stesso che per l'FV. Scambiare una TV polimorfa senza polso per una FV non comporta quindi errori di trattamento. Tuttavia è importante documentare una TV polimorfa e riconoscerla dopo la rianimazione, in modo da identificarne e correggerne le cause ed iniziare un trattamento appropriato per impedirne la ricomparsa.

La seconda fonte possibile di confusione è una FA con pre-eccitazione, in presenza di una via accessoria che collega il miocardio atriale e ventricolare (sindrome di Wolff-Parkinson-White, o WPW). Alcune di queste vie accessorie possono condurre molto velocemente, trasmettendo gli impulsi atriali ai ventricoli, a volte ad una frequenza di 300 /min o più. Ciò produce una tachicardia a complessi larghi irregolare con qualche variabilità nella larghezza del QRS che si solito non somiglia ad un FV ma può essere scambiata per una TV polimorfa. Se non trattato correttamente, questo ritmo può condurre a TV o ad FV e quindi ad arresto cardiaco. Se una FA con la sindrome di WPW causa I' arresto cardiaco, il trattamento corretto è la defibrillazione, come per qualsiasi altra tachicardia a complessi larghi senza polso, per cui scambiare questo quadro per una FV o TV non causa errori di trattamento. Anche in questo caso, la documentazione ed il riconoscimento del ritmo sono importanti

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per far sì che il paziente riceva una consulenza specialistica adatta ad evitare la ricomparsa di questa aritmia potenzialmente pericolosa.

Tachicardia ventricolare

La tachicardia ventricolare (TV) può causare la scomparsa della gittata cardiaca con conseguente arresto cardiaco, specialmente alle frequenze più veloci o in presenza di cardiopatia strutturale (per esempio scompenso ventricolare sinistro, ipertrofia ventricolare sinistra estrema, stenosi aortica). La TV può degenerare improvvisamente in FV. La TV senza polso è trattata come FV e cioè con la defibrillazione immediata.

In presenza di gittata cardiaca, il trattamento della TV dovrebbe seguire l'algoritmo della tachicardia a complessi larghi

La morfologia del QRS può essere mono- o polimorfa. In una TV monomorfa (striscia ECG 10), il ritmo è regolare (o quasi regolare). La frequenza durante la TV può variare tra 100 e 300 /min, raramente più rapida. È raro vedere variazioni significative di frequenza cardiaca durante un singolo episodio di TV (tranne che come risposta alla terapia farmacologica). L'attività striale può continuare indipendentemente dall'attività ventricolare; proprio la presenza di onde P dissociate dai complessi QRS durante una tachicardia a complessi larghi identifica il ritmo come TV. Questi battiti atriali possono essere condotti occasionalmente ai ventricoli, causando battiti di cattura o di fusione. Un battito di cattura produce un complesso QRS di aspetto normale durante una TV monomorfa, senza peraltro interrompere l'aritmia. In un battito di fusione, un'onda di depolarizzazione che viaggia dal nodo AV verso í ventricoli si presenta insieme ad un'onda di depolarizzazione che viaggia in direzione opposta provenendo dal focus ventricolare. Ciò provoca un

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complesso QRS "ibrido„ causato dalla "fusione„ del complesso QRS normale con il complesso TV monomorfo.

In presenza di un blocco di branca, una tachicardia sopraventricolare (SVT) produrrà una tachicardia a complessi larghi. Dopo infarto miocardico, la maggior parte delle tachicardie a complessi larghi è di origine ventricolare. L'approccio più sicuro è considerare tutte le tachicardie a complessi larghi in questa situazione come TV fino a prova contraria.

Un tipo importante di TV polimorfa è la torsione di punta, in cui l'asse dell'attività elettrica cambia in un senso di rotazione in modo che l'aspetto generale dell'ECG su una striscia ECG è quello di un modello sinusoidale. Questa aritmia si presenta solitamente in pazienti con un intervallo QT prolungato. Ciò può accadere come fenomeno ereditario in alcune famiglie. È causata più frequentemente dai farmaci, compresi alcuni antiaritmici. Molti pazienti con torsione di punta sono inoltre ipokaliemici e/o ipomagnesernici. È importante riconoscere la torsione di punta, perché il trattamento efficace (prevenzione degli episodi ricorrenti) richiederà la rimozione di tutte le cause predisponenti (ad esempio, farmaci), la somministrazione di magnesio endovenoso, la correzione di qualunque altra anomalia elettrolitica e può anche richiedere l'uso dell'overdrive pacing. I farmaci che prolungano il QT (come l'amiodarone) devono essere evitati nei pazienti con torsione di punta. La torsione di punta di per sé può essere causa di arresto cardiaco (nel qual caso si tratta con la defibrillazione) e può anche degenerare in FV.

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Asistolia

L'aspetto dell'asistolia è stato già descritto. A volte non è chiaro se il ritmo osservato è asistolia o FV a onde molto fini. In questa situazione, il trattamento immediato è iniziare una buona RCP ed osservare il tracciato attentamente.

Se è presente una FV ad onde fini, una corretta RCP può: aumentare l'ampiezza e la frequenza dell'FV, chiarendo la diagnosi e aumentando le probabilità di successo della defibrillazione.

Attività elettrica senza polso

L'attività elettrica senza polso (PEA) non si riferisce ad un ritmo cardiaco specifico.

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Questo termine indica l'assenza clinica di gittata cardiaca malgrado un'attività elettrica che normalmente dovrebbe produrre una gittata cardiaca. Ha generalmente una prognosi sfavorevole, particolarmente quando si verifica in caso di infarto miocardico acuto molto esteso. Le cause potenzialmente più trattabili includono la tromboembolia polmonare massiva, lo pneumotorace iperteso, il tamponamento cardiaco e l'emorragia acuta grave.

Aritmie peri-arresto

Queste aritmie sono definite in relazione alla frequenza cardiaca (bradiaritmia, tachiaritmia o aritmia con una frequenza normale), poiché su questo si basa il trattamento iniziale. Nel paziente instabile occorre concentrarsi sul trattamento iniziale per impedire il deterioramento, piuttosto che fare tentativi prolungati di identificare il ritmo preciso.

Bradiaritmia

Una bradicardia è presente quando la frequenza ventricolare (QRS) è inferiore a 60/min. La bradicardia può essere fisiologica nei soggetti ben allenati, o durante il sonno, o può essere il risultato previsto di un trattamento (per esempio, con un 3-bloccante). La bradicardia patologica può essere causata da disfunzione del nodo del seno o da ritardo o blocco

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della conduzione atrioventricolare. Alcuni pazienti con queste aritmie possono aver bisogno di un pacemaker. Il trattamento di emergenza della maggior parte della bradicardie prevede atropina e/o pacing cardiaco. A volte può essere necessario usare farmaci simpatomimetici come l'adrenalina. L'esigenza di trattamento dipende dall'effetto emodinamico dell'aritmia e dal rischio di sviluppare l'asistolia, piuttosto che dalla classificazione ECG precisa della bradicardia. La bradicardia estrema può a volte precedere l'arresto cardiaco e ciò può essere evitato da un trattamento rapido ed appropriato. In questo contesto la bradiaritmia più importante è il blocco atrio-ventricolare completo.

Blocco di conduzione:blocco atrioventricolare primo grado

L'intervallo PR è il tempo fra l'inizio dell'onda P e l'inizio del complesso QRS (sia che questo inizi con un'onda Q o un'onda R). L'intervallo PR normale è tra 0.12 e 0.20 secondi. (In alcuni Paesi si usa più spesso il termine "'intervallo PQ"; i due termini sono intercambiabili). E presente un blocco atrioventricolare (BAV) di primo grado quando l'intervallo PR è maggiore di 0.20 secondi e questo è un reperto frequente. II BAV di primo grado rappresenta un ritardo nella conduzione attraverso la giunzione AV (il nodo AV ed il fascio di His). In alcuni casi può essere fisiologico (per esempio in atleti allenati). Ci sono molte altre cause di BAV di primo grado, come la malattia primitiva (fibrosi) del sistema di conduzione, varie patologie cardiache strutturali, la cardiopatia ischemica e l'effetto di farmaci che rallentano la conduzione lungo il nodo AV. Il blocco atrioventricolare di primo grado causa raramente sintomi e se isolato raramente richiede trattamento.

Blocco di conduzione:blocco atrioventricolare di secondo grado

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I BAV di secondo grado è presente quando alcune ma non tutte le onde P sono condotte ai ventricoli, con conseguente assenza di un complesso QRS dopo una certa serie di onde P. Ne esistono due tipi:

Tipo Mobitz I o di Wenckebach

Si nota un allungamento progressivo dell'intervalloPR fino a che un onda P non è seguita da un QRS. Di solito il ciclo si ripete. Tutte le condizioni che rallentano la conduzione AV possono produrre un BAV di Wenkebach. In alcuni casi si tratta di un fenomeno fisiologico (ad esempio, atleti molto allenati con tono vagale alto). Nei casi restanti il BAV di Wenkebach è un fenomeno patologico e la causa più frequente è ['infarto miocardico acuto (particolarmente quello inferiore). Se asintomatico, questo BAV non richiede solitamente un trattamento immediato. La necessità-di trattamento è dettata solitamente dagli effetti della bradiaritmia nel paziente e dal rischio di sviluppare un blocco atrioventricolare più grave o l'asistolia.

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BAV Tipo Mobitz II

Vi è un intervallo PR costante nei battiti condotti ma alcune delle onde P non sono seguite dai complessi QRS. Ciò può accadere a caso, senza alcun modello costante. I pazienti con BAV Mobitz il hanno un aumentato rischio di progressione a BAV completo ed asistolia.

BAV 2:1 e 3:1

Il termine di BAV 2:1 descrive la situazione in cui le onde P sono seguite una sì ed una no da un complesso QRS. II BAV 2:1 può essere dovuto ad un blocco Mobitz I o II e può essere difficile distinguere le due situazioni al tracciato ECG. Se è presente un blocco di branca (complessi QRS larghi) insieme al blocco 2:1, è probabile che si tratti di un Mobitz II. Il BAV 3:1 è meno comune ed è una forma di BAV Mobitz II. Le decisioni immediate sul trattamento di questi ritmi si basano sull'effetto della conseguente bradicardia sul paziente. Dopo aver identificato il ritmo e fornito tutti trattamenti immediati necessari, proseguire il monitoraggio e organizzare la consulenza di un cardiologo esperto.

Blocco completo: BAV di terzo grado

Nel blocco atrioventricolare (completo) di terzogrado non vi è alcun rapporto fra le ondeP ed icomplessi QRS; la depolarizzazione atriale e

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ventricolare sono indipendenti. La sededel pacemaker che stimola i ventricoli determinerà la frequenza ventricolare e la larghezza del QRS. Seil pacemaker ha sede nel nodo AV o nel fascio di Hisprossimale può avere una frequenza intrinseca di40-50/min o a volte più veloce e può produrre uncomplesso QRS stretto. Se il pacemaker ha sede nelle fibre His-Purkìnje distali o nel miocardio ventricolare produrrà complessi QRS larghi, spesso con una frequenza di 30-40/min o meno ed è più probabileche possa arrestarsi bruscamente, con conseguente asistolia.

Ritmi di scappamento

Se il pacemaker cardiaco normale (nodo seno-atriale) si blocca, o è troppo lenta, la depolarizzazione cardiaca può essere iniziata da un pacemaker "sussidario" nel miocardio atriale, nel nodo AV, nelle fibre di conduzione o nel miocardio ventricolare. Il ritmodi scappamento che ne deriva sarà solitamente piùlento della frequenza normale del nodo del seno. Come indicato sopra, i pacemaker sussidiari situati più distalmente nel sistema di conduzione tendono a produrre frequenze cardiache più lente che quelli situati in sede più prossimale. Così un ritmo di scappamento ventricolare sarà solitamente più lento di un ritmo "giunzionale" che origina dal nodo AV o dal fascia di His.

Il termine "ritmo idioventricolare" è usato per descrivere un ritmo che origina dal miocardio ventricolare, ed include i ritmi ventricolari di scappamento in presenza di blocco atrioventricolare completo. Il termine ritmo idioventricolare accelerato è usato per descrivere un ritmo idioventricolare con una frequenza cardiaca normale (solitamente più veloce della frequenza del seno ma non abbastanza per parlare di TV). Questo tipo di ritmo si osserva abbastanza frequentemente dopo una trombolisi (o una PCI) riuscita per infarto miocardico acuto (aritmia da riperfusione). I ritmi idioventricolari accelerati non influenzano la prognosi a meno che causino compromissione emodinamica osi complichino in TV o FV, il che è relativamente raro. Il complesso QRS di un ritmo idioventricolare sarà largo (cioè 0.12 secondi o più), mentre un

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ritmo giunzionale può essere stretto o largo; a seconda se la conduzione ai ventricoli avviene normalmente o con un blocco di branca.

Ritmo agonico

Il ritmo agonico si presenta nei pazienti che stanno per morire. È caratterizzato dalla presenza di complessi ventricolari lenti, irregolari, larghi, spesso con una morfologia variabile. Questo ritmo si osserva frequentemente dopo tentativi infruttuosi di rianimazione. I complessi diventano sempre più lenti e spesso diventano progressivamente più larghi prima che tutta l'attività riconoscibile scompaia.

Tachiaritmia

Una tachicardia patologica può originarsi dal miocardio atriale, dalla giunzione AV o dal miocardio ventricolare. La tachicardia sinusale non è un'aritmia e solitamente rappresenta una risposta ai certi stati fisiologici o patologici (ad esempio attività fisica, ansia, emorragia, febbre, ecc.).

Tachicardia a complessi stretti

Quando una tachicardia proviene dal tessuto situato sopra la biforcazione del fascio di His è descritta come “sopraventricolare”. I complessi QRS saranno stretti se la depolarizzazione ventricolare avviene normalmente, ma saranno larghi se è presente blocco di branca, II ritmo QRS può essere regolare in molti ritmi o essere irregolare in presenza di fibrillazione o flutter atriale a conduzione variabile. In generale, una tachicardia a QRS

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stretti ha un'evoluzione relativamente favorevole, ma la prognosi può variare in base alle condizioni cliniche del paziente. Questi ritmi possono essere mal tollerati dai pazienti con cardiopatia strutturale e possono provocare angina in pazienti con patologia coronarica.

Fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale (FA) è l'aritmia più comune incontrata nella pratica clinica. E' caratterizzata da attività elettrica disorganizzata negli atri. Nessuna onda P o attività atriale coordinata è visibile in nessuna derivazione. Il ritmo di base è irregolare e l'attività atriale caotica si visualizza meglio nella derivazione V1, in cui compaiono onde atriali irregolari sia nell'ampiezza che nella frequenza. Il ritmo QRS è irregolarmente irregolare (cioè non ci sono intervalli R-R costanti). La frequenza ventricolare dipenderà dal periodo refrattario della giunzione AV. In assenza di trattamento o di malattia' preesistente dei nodo AV, la frequenza ventricolare conseguente sarà rapida, di solito nell'ordine di 120 - 180 battiti/min o superiore.

Le cause più comuni di FA comprendono ipertensione, obesità, eccesso di alcool e cardiopatia strutturale. Nella cardiopatia coronarica la FA deriva solitamente dallo scompenso ventricolare sinistro (acuto o cronico) e non è un risultato diretto di un ischemia del miocardio atriale.

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Flutter atriale

Nel flutter atriale l'attività atriale è evidenziabile all'ECG come onde di flutter o F ad una frequenza di circa 300/min , che si visualizzano meglio nelle derivazioni inferiori (Il, III ed aVF) ed hanno un aspetto "a dente di sega”. La frequenza ventricolare dipende dalla conduzione AV ma spesso è presente un blocco 2:1 o 3:1. Se la conduzione è costante il ritmo ventricolare è normale, mentre un blocco variabile causa un ritmo ventricolare irregolare. Come la fibrillazione atriale, il flutter atriale è spesso, ma non sempre, connesso ad una malattia sottostante. Il flutter atriale solitamente origina dall'atrio di destra ed è una complicazione riconosciuta delle malattie che interessano il cuore destro, come la BPCO, l'embolia polmonare massiva, le cardiopatie congenite complesse e lo scompenso cardiaco congestizio cronico di qualunque origine. Può anche osservarsi nel postoperatorio di interventi cardiochirurgici.

Tachicardia a complessi larghi

La tachicardia a complessi larghi può essere:

• una tachicardia che si origina nel ventricolo sotto la biforcazione del fascio di His: TV (striscia ECG 10) oppure

• una tachicardia sopraventricolare condotta ai ventricoli con aberranza (blocco di branca di destra o sinistra).

Le conseguenze cliniche dipendono da:

• frequenza cardiaca dell'aritmia;

• presenza o assenza di cardiopatia strutturale o di malattia coronarica;

• durata dell'aritmia.

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La TV può degenerare in FV, specie se è molto veloce (200/min o più) o se il cuore è instabile in conseguenza di ischemia acuta o infarto, o in presenza di anomalie elettrolitiche (ipokaliemia o ipomagnesemia).

Trattare tutte la tachicardie a complessi larghi come tachicardia ventricolare a meno che ci sia una valida prova che è di origine sopraventricolare.

I pazienti con la sindrome di Wolff-Parkinson-White hanno vie accessorie che collegano il miocardio atriale e ventricolare. Alcuni impulsi si propagano in direzione atrioventricolare attraverso queste fibre di conduzione, altri passano nel nodo AV. Ciò provoca l'allargamento dei complessi QRS e le cosiddette onde delta. In presenza di una via accessoria che esclude il nodo AV, la FA può provocare una frequenza ventricolare così veloce che la gittata cardiaca può diminuire drammaticamente. L'ECG mostra una tachicardia irregolare molto rapida, a complessi QRS con variabile aumento della loro larghezza. Questo ritmo può essere scambiato per FV o per una TV irregolare. In genere il ritmo è più organizzato della fibrillazione ventricolare e non presenta la tipica attività caotica con ampiezza variabile.

lntervallo QT

Nell'identificazione e trattamento delle aritmie è importante riconoscere le probabili cause sottostanti che possono influenzare la scelta del trattamento efficace. Esse possono essere identificate dalla valutazione clinica (per esempio infarto miocardico), dalle prove di laboratorio (per esempio anomalie elettrolitiche) o dall'ECG. Il prolungamento dell'intervallo QT dell'ECG può predisporre alle aritmie ventricolari, in particolare torsione di punta, TV ed FV.

L'intervallo QT si misura dall'inizio del complesso QRS alla fine dell'onda T. Può essere difficile da misurare con precisione, principalmente per la difficoltà di identificare la fine dell'onda T. Ciò può essere particolarmente difficile quando vi sono onde U prominenti che si fondono con la fine dell'onda T. Le onde U sono caratteristiche di alcune condizioni

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patologiche (ad esempio, ipopotassiemia) ma possono essere presenti in persone sane.

La lunghezza dell'intervallo QT può anche variare fra derivazioni differenti dello stesso ECG. Ciò può in parte riflettere variazioni di ampiezza e direzione dell'onda T, rendendone piò difficile la misurazione in alcune derivazioni. È stato osservato che la variazione dell'intervallo QT (dispersione del QT) si associa con un aumentato rischio di morte in pazienti con cardiopatia ischemica, ma questo dato non si è tradotto in una misura utile per la pratica clinica.

L'intervallo QT varia con l'età, il sesso ed in particolare con la frequenza cardiaca. L'intervallo QT si riduce all'aumentare della frequenza cardiaca. Per tenere conto di ciò, si può operare una correzione, usando la frequenza cardiaca e l'intervallo QT misurato e calcolando l'intervallo QT corretto (QTc). Il limite superiore del range normale per il QTc è di 0.42 secondi. Molti moderni apparecchi per ECG calcolano il QTc automaticamente. Queste misure sono accurate solo se la registrazione ECG è di buona qualità. La maggior parte delle macchine non possono distinguere fra onde T ed onde U. Controllare sempre il tracciato ed assicurarsi che le misure citate non siano chiaramente inesatte. Nel dubbio, consultare un esperto.

Le anomalie dell'intervallo QT si osservano in varie situazioni. L'ipercalcemia e la digossina la riducono. L'ipopotassiemia, l'ipomagnesemia, l'ipocalcemia, l'ipotermia, la miocardite ed in alcuni casi l'ischemia miocardica possono causare un prolungamento del QT. Vi è inoltre una lunga lista di farmaci che possono prolungare l'intervallo QT, compresi gli antiaritmici della I° e III°classe.

Esistono molte anomalie genetiche in cui l'intervallo QT è prolungato o vi è anomalia della ripolarizzazioneventricolare (principalmente le sindromi di Brugada e del QT lungo). Le anomalie della ripolarizzazione espongono al rischio dì aritmia ventricolare e di morte improvvisa. Questi pazienti richiedono la valutazione di un esperto per sapere se è necessario un trattamento per proteggerli dal rischio. Per alcuni l'unico trattamento

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efficace è il defibrillatore impiantabile in caso di eventuale FV o TV. È particolarmente importante che ai pazienti con queste sindromi non venga somministrato alcun farmaco che causi allungamento del QT.

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Capitolo Nono Natale De Falco – Mario Guarino – Michelina PlacidoLa Defibrillazione

Introduzione

In caso di tachicardia ventricolare senza polso o fibrillazione ventricolare (FV/TV), la gittata cardiaca cessa ed il danno ipossico cerebrale inizia entro tre minuti. Per ottenere il recupero neurologico completo è necessaria una defibrillazione rapida ed efficace che produca il ritorno della circolazione spontanea (ROSC). La defibrillazione è un punto chiave della catena della sopravvivenza ed è uno dei pochi interventi che si è dimostrato in grado di migliorare la prognosi dall'arresto cardiaco in FV/TV. La probabilità di ottenere una defibrillazione efficace e la successiva sopravvivenza alla dimissione dall'ospedale declinano velocemente con il tempo; la capacità di somministrare precocemente la defibrillazione è uno dei fattori più importanti che determina la sopravvivenza ad un arresto cardiaco. Per ogni minuto che passa tra l'arresto e la defibrillazione, la mortalità aumenta del 10-12%.

Più breve è l'intervallo fra l'inizio della FV/TV e la somministrazione dello shock, più elevata è la probabilità di ottenere una defibrillazione efficace

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e la successiva sopravvivenza. Anche se la defibrillazione è la chiave per la gestione dei pazienti in FV/TV, sono egualmente necessarie compressioni toraciche continue ed ininterrotte per ottimizzare le possibilità di successo della rianimazione. Studi clinici hanno dimostrato che anche brevi interruzioni delle compressioni toraciche (per ventilare o eseguire l'analisi del ritmo) riducono in modo significativo le probabilità di successo della defibrillazione. Gli studi su animali dimostrano che anche se la defibrillazione riesce, queste brevi interruzioni sono associate a disfunzione miocardica post-rianimazione ed a minore sopravvivenza. L'analisi della qualità della RCP durante arresto cardiaco extraospedaliero ha mostrato che sono frequenti significative interruzioni della RCP. Va fatto ogni sforzo perché queste interruzioni siano ridotte al minimo. L'obiettivo è quello di garantire che le compressioni toraciche siano effettuate ininterrottamente per tutto il tentativo di rianimazione, fermandosi solo per attivare interventi specifici. Un altro fattore fondamentale nel determinare il successo della defibrillazione è la durata dell'intervallo tra l'interruzione delle compressioni toraciche e lo shock, ossia la pausa pre-shock. La durata della pausa pre-shock è correlata in modo proporzionale alla possibilità di successo della defibrillazione. Quest'ultimo è definito come assenza di FV per 5 sec dopo lo shock: ogni aumento di 5 secondi nella pausa pre-shock quasi dimezza tale probabilità. Pertanto, la defibrillazione deve essere effettuata sempre in modo rapido ed efficiente al fine di massimizzare le possibilità di successo della rianimazione. Se vi è qualunque ritardo nell'ottenere un defibrillatore, iniziare immediatamente le compressioni toraciche e la ventilazione. Se viene effettuata una RCP dai primi testimoni, la diminuzione della sopravvivenza è più graduale ed è in media del 3% - 4% per ogni minuto che passa tra l'arresto e la defibrillazione. La RCP effettuata dai primi testimoni può raddoppiare la sopravvivenza dell'arresto cardiaco testimoniato.

Meccanismo della defibrillazione

La defibrillazione è un passaggio di corrente attraverso il miocardio con potenza sufficiente da depolarizzare simultaneamente una quantità

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critica di muscolo cardiaco, permettendo così al pacemaker naturale di riprendere il controllo. Per realizzarlo, tutti i defibrillatori hanno tre caratteristiche in comune: una fonte di energia (capace di fornire corrente continua), un condensatore (che può essere caricato ad un livello di energia predeterminato), e due piastre (che vengono poste sul torace del paziente ai lati del cuore e attraverso le quali viene scaricato il condensatore). Una defibrillazione efficace è definita più precisamente come l'assenza di FV/TV per cinque secondi dopo la somministrazione dello shock, anche se l'obiettivo finale è in realtà il ROSC.

Fattori che influenzano il successo della defibrillazione

Il successo della defibrillazione dipende dalla somministrazione di una sufficiente quantità di corrente al miocardio. Tuttavia, la corrente somministrata è difficile da determinare perché è influenzata dall'impedenza transtoracica e dalla posizione delle piastre. Inoltre, gran parte della corrente si disperde nel torace e solo il 14% raggiunge il miocardio.

Impedenza transtoracica

Il flusso di corrente è inversamente proporzionale all'impedenza transtoracica. La tecnica di defibrillazione deve essere ottimizzata per minimizzare l'impedenza transtoracica e per massimizzare il passaggio di corrente nel miocardio. Negli adulti, l'impedenza è normalmente dell'ordine di 70-80 ohm, ma in caso di tecnica non corretta può aumentare a 150 O, riducendo la corrente somministrata e quindi la probabilità di ottenere una defibrillazione efficace. L'impedenza transtoracica è influenzata dal contatto piastre-cute, dalla dimensione delle piastre e dalla fase della ventilazione. I moderni defibrillatori bifasici possono misurare l'impedenza transtoracica e regolare di conseguenza la

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loro potenza, e sono quindi meno suscettibili all'impedenza transtoracica (compensazione di impedenza).

La presenza di un cerotto transdermico sul torace del paziente può impedire un buon contatto e può causare arco voltaico e ustioni se le piastre o le placche autoadesive gli vengono poste sopra; posizionare le piastre in una posizione alternativa se il rimuoverlo e ripulire la zona prima di applicare le piastre comporta un ritardo nella defibrillazione.

Rasatura del torace

È spesso difficile ottenere un buon contatto piastre-cute in pazienti con torace peloso. Ciò aumenta l'impedenza, riduce l'efficacia della defibrillazione e può causare ustioni al torace del paziente. Se è immediatamente disponibile un rasoio, utilizzarlo per rasare i peli della zona ove verranno applicate le Piastre. Tuttavia, la defibrillazione non deve essere ritardata se-un rasoio non è prontamente disponibile. Nei pazienti con molta peluria un montaggio bi-ascéllare consente una defibrillazione più rapida.

Dimensione delle piastre

Non è noto quale sia la superficie ottimale delle piastre. Secondo le attuali raccomandazioni, la somma delle aree delle piastre deve avere un valore minimo di 150cm . Per l'adulto, vengono utilizzate con buoni risultati piastre autoadesive di 8 -12 centimetri di diametro. In pratica, si usano le piastre autoadesive raccomandate dal fabbricante per lo specifico modello di defibrillatore.

Fase della ventilazione

L'impedenza transtoracica varia durante la ventilazione ed è minima a fine espirazione. Pertanto, se possibile, bisogna effettuare la defibrillazione in questa fase. La pressione positiva di fine espirazione (PEEP) aumenta l'impedenza e, se possibile, andrebbe ridotta al minimo durante la defibrillazione. Nell'asma grave, l'air trapping all'interno dei polmoni genera auto-PEEP, che può comportare l'uso di livelli più alti di energia per la defibrillazione.

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Posizione delle piastre

Nessuno studio sull'uomo ha stabilito se la posizione delle piastre sia determinante per il ROSC o per la sopravvivenza dall'arresto cardiaco in FV/TV. La corrente transmiocardica durante la defibrillazione è probabilmente massima quando si dispongono le piastre in modo che l'area fibrillante del cuore giaccia fra esse (cioè i ventricoli nel caso di FV/TV, gli atri nel caso di FA). Di conseguenza, la posizione ottimale dell'elettrodo potrebbe essere differente per le aritmie ventricolari e per quelle atriali.

Durante la defibrillazione di un paziente in FV/TV, la procedura standard è di disporre una piastra (sternale) alla destra della parte superiore dello sterno al di sotto della clavicola, l'altra piastra (apicale) sulla linea ascellare media, approssimativamente a livello dell'elettrodo V6 dell'ECG o a livello della mammella femminile. Questa piastra deve essere lontana dal tessuto mammario. È importante che questa piastra sia disposta sufficientemente di lato. Anche se le piastre sono contrassegnate come positiva e negativa, ciascuna può essere disposta in una o nell'altra

posizione.

Altre posizioni accettabili delle piastre sono:

Una piastra anteriormente a sinistra, sopra il precordio e l'altra sulla schiena dietro il cuore, subito al di sotto della scapola sinistra (antero-posteriore).

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Una piastra sulla linea ascellare media, a livello dell'elettrodo V6 dell'ECG o della mammella e l'altra piastra sulla schiena, in corrispondenza della scapola destra (postero-laterale).

Entrambe le piastre sulle pareti laterali del torace, una a destra e l'altra a sinistra (bi-ascellare).

Prima la RCP o prima la defibrillazione?

Nell'arresto cardiaco non testimoniato, i soccorritori devono effettuare una RCP ininterrotta di alta qualità mentre si fa arrivare, si collega e si carica un defibrillatore. La defibrillazione deve essere eseguita il più presto possibile, ed uno specifico periodo di RCP (per esempio 2 - 3 min) prima dell'analisi del ritmo e della scarica non è più raccomandato.

Sequenza degli shock

Studi clinici sull'arresto cardiaco in FV hanno dimostrato un maggiore successo della defibrillazione ed un aumento della sopravvivenza alla dimissione quando si utilizza un protocollo basato su un singolo shock di defibrillazione piuttosto che su tre shock consecutivi.

Poiché l'efficacia del primo shock con forme d'onda bifasiche supera il 90%, la mancata cardioversione elettrica di una FV suggerisce il bisogno dí un periodo di RCP piuttosto che di un ulteriore shock. Quindi, subito dopo aver dato un singolo shock e senza rivalutare né ritmo né polso, iniziare la RCP (30 compressioni: 2 ventilazioni) per due minuti prima di somministrare un altro shock (se indicato; v. oltre). Anche se il tentativo di defibrillazione riesce a ristabilire un ritmo compatibile con un circolo, è molto raro che un polso sia palpabile subito dopo la defibrillazione ed il ritardo nel cercare il polso può ulteriormente compromettere il miocardio se non è stato ristabilito un ritmo compatibile con gittata. Se invece fosse stato ristabilito un ritmo compatibile con gittata, eseguire le compressioni toraciche non aumenterà il rischio di ricomparsa di FV. In presenza di asistofia post-defibrillazione le compressioni toraciche possono indurre una FV.

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Arresto cardiaco in UTIC testimoniato e monitorizzato in emodinamica o dopo cardiochirurgia

Se il paziente ha un arresto cardiaco testimoniato e monitorizzato in sala di emodinamica o subito dopo un intervento cardiochirurgico:

•Confermare l'arresto cardiaco e gridare aiuto.

•Se il ritmo iniziale è FV/TV, dare fino a tre shock consecutivi. Iniziare le compressioni toraciche subito dopo il terzo shock e continuare la RCP per 2 minuti. Nell'ambito dell'algoritmo ALS, questi 3 shock contano come il primo shock.

Si può prendere in considerazione questa strategia di 3 shock consecutivi anche per un arresto in FV/TV monito-rizzato e testimoniato se il paziente è già connesso ad un defibrillatore. Questa circostanza è però rara. Non ci sono dati a -sostegno di questa strategia di tre shock in nessuna di queste circostanze, ma è improbabile che le compressioni toraciche aumentino le possibilità già molto elevate di ROSC se si eroga la defibrillazione all'inizio della fase elettrica.

Energia dello shock e forme d'onda

La dose ottimale di energia per la defibrillazione non è nota e le raccomandazioni riportate più avanti sono basate su un consenso dopo revisione della letteratura scientifica. Lo scopo è quella di ottenere defibrillazione e ROSC limitando i danni al miocardio grazie all'uso della più bassa dose possibile di energia ed alla riduzione del numero di shock ripetuti. Sebbene possano venire impostati vari livelli di energia per defibrillare, è il flusso di corrente transmiocardica che produce la defibrillazione. La corrente transmiocardica è strettamente correlata con l'efficacia della defibrillazione e della cardioversione. La corrente ottimale per la defibrillazione usando una forma d'onda bifasica è di 15-20 Ampère per circa 10 ms. In passato, i defibrillatori erogavano un impulso mono-fasico, cioè la corrente aveva una sola direzione di flusso tra le piastre. Questi apparecchi sono fuori produzione, essendo stati superati da

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defibrillatori bifasici, ma è probabile che molti rimarranno ancora in uso per diversi anni.

Defibrillatori bifasici

Le forme d'onda bifasiche corrispondono ad una corrente che scorre dapprima in un verso (positivo) per un tempo specifico, poi inverte il verso (negativo) per il resto della scarica. Ci sono due tipi principali di forme d'onda bifasiche: la bifasica esponenziale tronca (BTE) e la bifasica rettilinea (RLB). La maggior parte dei defibrillatori bifasici compensano elettronicamente le ampie variazioni di impedenza transtoracica modificando l'ampiezza e la durata della forma d'onda. La defibrillazione bifasica richiede meno energia e quindi questi dispositivi hanno condensatori più piccoli, necessitano di batterie meno potenti e la forma d'onda può essere controllata da circuiti a stato solido. Di conseguenza sono più piccoli, più leggeri e facilmente trasportabili. Le forme d'onda bifasiche sono più efficaci nell'interrompere le aritmie ventricolari, agiscono a livelli energetici più bassi, ed hanno una maggiore efficacia del primo shock rispetto alle forme d'onda mono-fasiche, particolarmente per FV / TV di lunga durata (85 - 98% rispetto a 54 - 91%). Perciò si raccomanda quando possibile l'uso di forme d'onda bifasiche. Le onde bifasiche sono anche superiori nella cardioversione elettiva della fibrillazione atriale e richiedono meno energia, riducendo la gravità delle ustioni cutanee. La forma d'onda bifasica è attualmente la forma d'onda di scelta per questa procedura. Non vi è evidenza che un forma d'onda bifasica sia più efficace rispetto ad un'altra. Anche se l'energia bifasica dello shock iniziale non deve essere più bassa di 120 J per una forma d'onda bifasica rettilinea, e 150 J per le forme d'onda bifasiche esponenziale tronca, è raccomandato che lo shock bifasico iniziale sia di almeno 150 J qualunque sia la forma d'onda. Se non si è sicuri del tipo di defibrillatore (mono-bifasico) che si sta utilizzando, o della gamma di energie efficaci, utilizzare l'energia più alta possibile per il primo shock e per i successivi Se il primo shock è inefficace, il secondo shock e quelli successivi, possono essere somministrati utilizzando energie fisse o crescenti (150-360 J) a seconda dell'apparecchio. Se un ritmo defibrillabile

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si ripresenta dopo una defibrillazione riuscita (con o senza ROSC), usare per il prossimo shock il livello di energia che in precedenza era stato

efficace o uno superiore.

Defibrillatori monofasici

A causa della minore efficacia della forma d'onda monofasica rispetto alla forma d'onda bifasica, il livello di energia iniziale suggerito per tutti gli shock quando si usa un defibrillatore monofasico è di 360 J.

Importanza delle compressioni toraciche ininterrotte

L'importanza di compressioni toraciche immediate ed ininterrotte è sottolineato ovunque in questo manuale. Le compressioni vanno interrotte solo per controllare il ritmo ed erogare lo shock, e vanno riprese non appena erogato lo shock. Quando sono presenti due soccorritori, quello che usa il defibrillatore applica le piastre mentre la RCP è in corso. Con la defibrillazione manuale, è possibile effettuare la RCP durante la carica del defibrillatore, riducendo così la pausa ore-shock a meno di 5 secondi. Quando si utilizza la defibrillazione manuale, l'intero Processo di interrompere le compressioni toraciche, allontanarsi, dare lo shock e riprendere immediatamente le compressioni toraciche deve durare meno di 5 secondi.

Sicurezza

La defibrillazione deve essere intrapresa senza rischi per i membri del team dell'arresto cardiaco. Ciò si ottiene meglio con le placche autoadesive, le quali eliminano il rischio che qualcuno possa toccare una qualsiasi parte dell'elettrodo. Prestare attenzione ad ambienti o vestiti bagnati: asciugare tutta l'acqua sul torace del paziente prima della defibrillazione. Nessuno deve venire in contatto diretto o indiretto con il

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paziente. Non toccare il set da infusione endovenosa o il carrello durante la somministrazione dello shock. L'operatore deve accertarsi che tutto il personale sia distante dal paziente prima di somministrare lo shock.

I guanti possono fornire qualche protezione dalla corrente elettrica, ed è quindi fortemente raccomandato che tutti i componenti del team li indossino.

Uso dell'ossigeno durante la defibrillazione

Vi sono parecchi report di incendi causati, in un'atmosfera ricca di ossigeno, da una scintilla prodotta dalle piastre del defibrillatore male applicate; nella maggior parte dei casi essi hanno provocato ustioni gravi al paziente. Le placche adesive rischiano molto meno di causare scintille rispetto a quelle manuali, e nessun incendio è mai stato riportato con il loro uso.

Sono raccomandate le seguenti precauzioni:

• Togliere la maschera dell'ossigeno (o gli occhialini nasali) e disporla ad almeno 1 metro dal torace del paziente.

• Lasciare il pallone da ventilazione collegato al tubo tracheale o al presidio sopraglottico. In questo modo si evitano fughe di ossigeno nella zona di defibrillazione anche con un flusso di ossigeno di 15 litri al minuto. In alternativa, staccare il pallone da ventilazione dal tubo tracheale (o dal presidio sopraglotti-co) e posizionarlo ad almeno 1 metro dal torace del paziente durante la defibrillazione.

• Se il paziente è collegato ad un ventilatore, per esempio in sala operatoria o in terapia intensiva, lasciare il circuito del ventilatore collegato al tubo tracheale, a meno che le compressioni toraciche impediscano al ventilatore di somministrare i volumi correnti sufficienti. In questo caso, il ventilatore viene sostituito solitamente da un pallone di ventilazione, che può essere lasciato collegato, o staccato e rimosso ad una distanza almeno di 1 metro. Se il circuito di ventilazione è staccato, accertarsi che sia mantenuto ad almeno 1 metro dal paziente o, ancor meglio, spegnere il ventilatore; i

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ventilatori moderni generano importanti flussi di ossigeno una volta deconnessi. Durante l'uso normale in terapia intensiva, se collegato ad un tubo tracheale, il ventilatore scarica ossigeno ben lontano darla zona di defibrillazione. I pazienti in terapia intensiva possono aver bisogno di una pressione positiva di fine espirazione (PEEP) per mantenere una ossigenazione sufficiente. Durante la cardioversione, quando il circolo spontaneo consente almeno potenzialmente un buon flusso di sangue ossigenato ai tessuti, è particolarmente indicato lasciare il paziente collegato al ventilatore durante la somministrazione dello shock.

Defibrillatori automatici esterni

I defibrillatori automatici esterni (DAE) sono dispositivi sofisticati, computerizzati ed attendibili che usano messaggi vocali e visivi per guidare i soccorritori e gli operatori sanitari alla defibrillazione in sicurezza delle vittime di arresto cardiaco. Gli sviluppi della tecnologia, specialmente riguardo alla capacità della batteria e del software di analisi dell'aritmia hanno permesso la fabbricazione in serie di defibrillatori portatili relativamente poco costosi, attendibili e facilmente utilizzabili. I defibrillatori manuali con funzionamento automatico opzionale (shock-advisory defibrillators, SAD) sono in grado di analizzare l'ECG in modalità automatica ma questa funzione può essere disabilitata dagli operatori addestrati al riconoscimento dei ritmi.

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Analisi automatica dei ritmo

I defibrillatori automatici esterni hanno microprocessori che analizzano parecchie caratteristiche dell'ECG, comprese la frequenza e l'ampiezza. Alcuni DAE sono programmati per rilevare il movimento spontaneo del paziente o degli operatori. L'evoluzione della tecnologia dovrebbe presto permettere al DAE di fornire informazioni sulla frequenza e la profondità delle compressioni toraciche durante la RCP migliorando le prestazioni della rianimazione di tutti i soccorritori.

I defibrillatori automatici esterni sono stati testati estesamente con numerosi ritmi cardiaci registrati ed in molti studi su adulti e bambini. Sono estremamente accurati nell'analisi di ritmo. Anche se il DAE non è destinato a somministrare degli shock sincronizzati, qualunque DAE suggerirà uno shock per la TV se la frequenza e la morfologia dell'onda R eccedono valori prestabiliti.

Uso intraospedaliero del DAE

Può esservi un ritardo nella defibrillazione quando i pazienti ospedalieri presentano arresto cardiaco in letti non monitorizzati e negli ambulatori. In queste situazioni possono trascorrere parecchi minuti prima che il team dell'arresto cardiaco arrivi con un defibrillatore e somministri gli shock. Due studi non randomizzati su adulti colpiti da arresto cardiaco intraospedaliero da ritmi defibrillabili hanno mostrato che le percentuali di sopravvivenza alla dimissione erano maggiori quando la defibrillazione era avvenuta con un protocollo DAE invece che con la sola defibrillazione manuale. Malgrado l'evidenza limitata, il DAE intraospedaliero è considerato come un modo per facilitare la defibrillazione precoce (entro al massimo 3 minuti dall'arresto) particolarmente nelle zone ove il personale non abbia abilità pratiche di riconoscimento dei ritmi o dove si utilizzino raramente i defibrillatori. Si deve creare a questo fine un efficace sistema di addestramento ed aggiornamento. Un numero sufficiente di persone deve essere addestrato per permettere di attuare l'obiettivo di fornire il primo shock in 3 minuti dall'arresto in qualunque punto dell'ospedale.

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L'addestramento all'uso del DAE può avvenire molto più velocemente e facilmente che per i defibrillatori manuali. Le attrezzature automatizzate hanno reso possibile la defibrillazione ad una vasta gamma di medici, infermieri, paramedici e laici (ad esempio, polizia e volontari del soccorso: c.d. "first responders„). Il personale sanitario che ha l'obbligo di saper effettuare la RCP deve essere addestrato, equipaggiato ed autorizzato ad effettuare la defibrillazione. La defibrillazione da parte dei first responders è vitale, poiché il ritardo nella somministrazione del primo shock è il principale fattore che riduce la sopravvivenza all'arresto cardiaco.

Programmi pubblici di defibrillazione (PAD)

I programmi basati su DAE accessibili a tutti i cittadini (PAD: Public Access Defibrillation) o a "first responders" non sanitari possono aumentare il numero di pazienti che riceve la RCP e la defibrillazione precoce da parte dei primi testimoni, migliorando così la sopravvivenza all'arresto cardiaco extraospedaliero. Questi programmi richiedono una risposta organizzata e preparata, con soccorritori addestrati ed equipaggiati per riconoscere le emergenze, attivare il sistema di soccorso, praticare la RCP ed utilizzare il DAE. Sono state rilevate frequenze di sopravvivenza comprese tra il 49 e il 74% in programmi DAE per soccorritori laici con tempi di risposta molto rapidi negli aeroporti, sui velivoli, o nei casinò ed in studi non controllati sugli agenti di polizia come first responders.

Gli elementi chiave nei programmi PAD sono:

Una risposta organizzata e preparata; L'addestramento dei potenziali soccorritori alla RCP ed all'uso del

DAE; Il coordinamento con I'EMS locale; Un programma di verifica continua (miglioramento della qualità).

I programmi PAD hanno maggiori possibilità di migliorare la sopravvivenza dall'arresto cardiaco se vengono attivati in aree ove è più probabile che avvengano arresti cardiaci testimoniati. Le sedi adatte potrebbero essere aeroporti, casinò, impianti sportivi. Circa l'80% degli

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arresti cardiaci extraospedalieri avvengono in strutture private o residenziali; questo fatto limita inevitabilmente l'impatto globale dei programmi PAD sulla sopravvivenza.

Sequenza per l'uso di un DAE o di un SAD

1. Assicurarsi che i soccorritori, la vittima e tutti i presenti siano in sicurezza.

2. Se la vittima non risponde e non respira normalmente:

• Inviare qualcuno a prendere il DAE ed a chiamare un'ambulanza o un team dell'arresto cardiaco (fatelo voi stessi se siete da soli).

3. Iniziare la RCP secondo le linee guida (capitolo 5).

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4. Non appena il defibrillatore arriva:

• Accendere il defibrillatore e collegare le placche. Se è presente più di un soccorritore, la RCP deve essere continuata durante queste manovre.

• Seguire i messaggi vocali/visivi.

• Accertarsi che nessuno tocchi la vittima mentre il DAE sta analizzando il ritmo.

5a. Se lo shock è indicato:

• Accertarsi che nessuno tocchi la vittima.

• Premere il tasto shock.

• Continuare come suggerito dai messaggi vocali/ visivi.

5b. Se lo shock non è indicato:

• Ricominciare immediatamente la RCP con un rapporto di 30 compressioni e 2 ventilazioni.

• Continuare come ordinato dai messaggi vocali/ visivi.

6. Continuare a seguire i messaggi del DAE fino a che:

• Subentri un aiuto qualificato (ad esempio, ambulanza o team dell'arresto cardiaco).

La vittima inizia a respirare normalmente.

• Siete esausti.

Note

La confezione del DAE deve sempre contenere delle forbici robuste per il taglio dei vestiti e un rasoio monouso per la rasatura dei peli del torace, al fine di ottenere un buon contatto delle placche.

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Se il DAE viene usato da esecutori ALS, questi devono effettuare le altre manovre ALS (intuba-zione, ventilazione, accesso venoso, somministrazione di farmaci, ecc.), secondo i protocolli locali.

Defibrillazione manuale

I defibrillatori manuali presentano parecchi vantaggi rispetto al DAE. Permettono all'operatore di diagnosticare velocemente il ritmo e somministrare lo shock senza dover aspettare l'analisi del ritmo. Ciò riduce al minimo l'interruzione nelle compressioni toraciche. 1 defibrillatori manuali hanno spesso funzioni supplementari, quali la capacità di somministrare shock sincronizzati e funzioni di pacing esterno. Lo svantaggio principale di questi dispositivi è che l'operatore deve essere esperto nel riconoscimento dei ritmi ECG; quindi, rispetto al DAE, è necessario un addestramento supplementare.

Sequenza d'uso di un defibrillatore manuale

Questa sequenza è una parte integrante dell'algoritmo di trattamento della rianimazione avanzata. (Capitolo 6)

1. Confermare l'arresto cardiaco - controllare i segni di vita, e - se si è addestrati a farlo - la respirazione ed il polso contemporaneamente

2. Chiamare il team di rianimazione

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3. Effettuare compressioni toraciche ininterrotte mentre vengono applicate le placche autoadesive o le piastre , una sotto la clavicola di destra, l'altra nella posizione dell'elettrodo V6 sulla linea ascellare media.

4. Pianificare le azioni prima di interrompere la RCP per l'analisi del ritmo ed informare il team

5. Interrompere le compressioni toraciche e confermare la FV all'ECG

6. Ricominciare immediatamente le compressioni, mentre un operatore designato seleziona il livello di energia corretto (150-200 i bifasico per il primo shock e 150-360 J bifasico per i successivi) e preme il pulsante di carica

7. Mentre il defibrillatore si carica, chiedere agli altri soccorritori, eccetto a chi effettua le compressioni toraciche, di allontanarsi e rimuovere i flussi di ossigeno. Assicurarsi che chi massaggia sia la sola persona a toccare il paziente.

8. Quando il defibrillatore è carico, invitare chi massaggia ad allontanarsi e una volta che questi è lontano, erogare la scarica

9. Senza rivalutare il ritmo o controllare il polso, iniziare la RCP usando un rapporto di 30:2, cominciando dalle compressioni toraciche

10. Continuare là RCP per due minuti, durante i quali il leader prepara il team per la prossima pausa nella RCP

11. Fare una breve pausa per controllare il monitor

12. Se c'è FV/TV, ripetere i punti 6-11 ed erogare un secondo shock.

13. Se persiste FV/TV dopo il secondo shock ripetere i passaggi 6-8 ed erogare un terzo shock. Riprendere subito le compressioni toraciche e somministrare adrenalina 1 mg ev ed amiodarone 300 mg ev durante i 2 minuti di RCP

14. Se persiste ancora FV/TV, ripetere questa sequenza "2 minuti di RCP - controllo di polso/ritmo -defibrillazione"

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15. Somministrare ulteriore adrenalina 1 mg ev a shock alternati (cioè circa ogni 3-5 minuti)

16. Se è presente un'attività elettrica organizzata durante la pausa per controllare il monitor, controllare il polso

a. Se il polso è presente, iniziare il trattamento post-rianimatorio

b. Se il polso non è presente, continuare la RCP e passare all'algoritmo dei ritmi non defibrillabili

17. Se è presente asistolia, continuare la RCP e passare all'algoritmo dei ritmi non defibrillabili.

Defibrillazione pre-ospedaliera

Anche se le linee guida precedenti avevano suggerito che un periodo di RCP prima della defibrillazione possa fornire un beneficio dopo un arresto prolungato, studi recenti non hanno confermato la validità di questo intervento. Inoltre la durata dell'arresto prima dell'arrivo dell'ambulanza è spesso difficile da misurare accuratamente. Tuttavia, c'è evidenza che eseguire le compressioni toraciche mentre si cerca, si collega e si carica il defibrillatore migliori la probabilità di--sopravvivenza. Pertanto, quando si interviene in qualsiasi arresto cardiaco non testimoniato da operatori sanitari, un membro del team EMS dovrebbe effettuare una RCP di buona

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qualità fino a quando l'altro è pronto a erogare lo shock. Non effettuare un determinato periodo di RCP prima dell'analisi del ritmo e dell'erogazione dello shock.

I laici ed i primi soccorritori che usano il DAE devono collegare l'apparecchio il più rapidamente possibile e seguire le istruzioni.

Uso dei DAE nei bambini

Un DAE standard con le impostazioni di energia descritte in precedenza è adatto per la defibrillazione dei bambini di età superiore a 8 anni. Per la defibrillazione di bambini tra 1 e 8 anni sono raccomandate placche speciali pediatriche con attenuatori di energia, che riducono l'energia erogata al livello consigliato per la defibrillazione manuale. Se queste placche non sono disponibili, utilizzare placche standard per adulti, avendo cura che non si sovrappongano, e le impostazioni per gli adulti. Per i bambini sotto l'annodi età, sulla base di alcuni case report che documentano successi in questo gruppo di età, è considerato accettabile usare un DAE se nessun altra opzione è disponibile.

Cardioversione sincronizzata

Se si usa la cardioversione elettrica per convertire le tachiaritmie atriali o ventricolari, lo shock deve essere sincronizzato in modo da cadere sull'onda R dell'elettrocardiogramma piuttosto che sull'onda T. Evitando il periodo di refrattarietà relativa, il rischio di induzione di una FV è minimo. La maggior parte dei defibrillatori manuali presentano un interruttore che permette allo shock di essere innescato dall'onda R dell'ECG. Gli elettrodi si applicano alla parete del torace e la cardioversione è effettuata come la defibrillazione ma l'operatore deve attendersi un leggero ritardo fra la pressione dei comandi di shock l'erogazione della scarica sull'onda R

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successiva. Le piastre del defibrillatore non devono essere spostate durante questo breve ritardo. Nel caso che si stia effettuando il monitoraggio con le piastre, ciò potrebbe comportare il mancato rilevamento del complesso QRS. La sincronizzazione può essere difficile per la TV a causa dei complessi larghi e dei vari modi di presentazione delle aritmie ventricolari. Se la sincronizzazione fallisce ed il paziente è instabile, somministrare degli shock non sincronizzati per evitare un eccessivo ritardo nel ripristinare il ritmo sinusale. La FV e la TV senza polso richiedono shock non sincronizzati. I pazienti coscienti devono essere anestetizzati o sedati prima della cardioversione sincronizzata.

Con alcuni modelli di defibrillatore bisogna riattivare il modo sincronizzato se è necessario un secondo shock. Altri modelli rimangono in modo sincronizzato; fare attenzione a non lasciare l'interruttore di sincronizzazione per un uso successivo in posizione "ON" poiché questo inibirà la scarica del defibrillatore quando verrà usato per trattare le FV/TV. I livelli di energia per la cardioversione sono discussi nel capitolo VI.

Pacemaker e defibrillatori impiantabili

Se il paziente ha un pacemaker cardiaco o un defibrillatore impiantabile (ICD), prestare attenzione quando si posizionano le piastre. Anche se i pacemaker moderni presentano circuiti di protezione, la corrente può essere condotta lungo il filo del pacemaker o la derivazione dell'ICD provocando ustioni nel punto in cui la punta dell'elettrodo è in contatto con il miocardio. Ciò può aumentare la resistenza al punto di contatto ed aumentare gradualmente la soglia per il pacing per un tempo considerevole. Disporre le piastre del defibrillatore ad almeno 8 cm dal pacemaker per minimizzare questo rischio. In alternativa, posizionare le piastre in posizione antero-posteriore o postero-laterale come descritto sopra. Se dopo la defibrillazione la rianimazione ha successo, controllare con regolarità la soglia del pacemaker per i successivi due mesi. Recenti case report hanno documentato che i soccorritori possono essere colpiti da uno shock proveniente dall'ICD quando sono a contatto con il paziente

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durante la RCP particolarmente importante indossare guanti ed evitare il contatto diretto con paziente durante l'esecuzione della RCP, in quanto non vi è alcun avviso prima della scarica dell'ICD.

Defibrillazione interna

La defibrillazione interna con le placche applicate direttamente sui ventricoli richiede molta meno energia rispetto alla defibrillazione esterna. Gli shock bifasici sono notevolmente più efficaci di quelli monofasici per la defibrillazione interna. Per gli shock bifasici, usare 10-20 J, erogati direttamente sul miocardio attraverso piastre apposite. Gli shock monofasici richiedono circa il doppio dell'energia. Non superare i 50 J quando si usa la defibrillazione interna. Se la defibrillazione fallisce a questi livelli di energia bisogna ottimizzare le condizioni del miocardio prima di ritentare di nuovo la defibrillazione.

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Capitolo Decimo Silvio Perrotta – Valentina Angelini - Salvatore AnatrellaPacing Cardiaco

Introduzione

Si definisce peri-arresto qualsiasi situazione patologica cardiaca che può sfociare in un arresto cardiaco. In alcuni casi di arresto o peri-arresto, l'uso appropriato del pacing può salvare la vita del paziente. La stimolazione cardiaca non-invasiva può essere usata per mantenere temporaneamente un ritmo efficace a mantenere una gittata cardiaca valida, in attesa di un intervento specialistico finalizzato all'erogazione di un trattamento definitivo. Il pacing non invasivo può essere ottenuto rapidamente ed è alla portata di qualsiasi esecutore ALS.

Nel caso di pazienti già precedentemente sottoposti all’impianto di pacemaker definitivi e dei defibrillatori-cardioverter impiantabili (IC©), L'esecutore ALS non deve possedere una dettagliata conoscenza tecnica di questi, ma deve riconoscerne la presenza, i malfunzionamenti e deve sapere in quale modo un dispositivo impiantatile può influenzare il trattamento di un arresto cardiaco.

L'impulso cardiaco: origine e disfunzione

L'attività elettrica che stimola ogni battito cardiaco normale origina dal nodo seno-atriale (NSA), il quale è in grado di depolarizzarsi spontaneamente ad una frequenza regolare, senza la necessità di stimoli esterni. Questa caratteristica, chiamata automatismo, è tipica di ogni fibra miocardica, che può essere in grado di iniziare il ciclo cardiaco, diventando il pacemaker dominante. La frequenza intrinseca alla quale ciascuna porzione del sistema di

conduzione si depolarizza spontaneamente è differente. Il pacemaker più

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veloce controlla il ciclo cardiaco ed i pacemaker più lenti prenderanno il controllo solo se il più veloce rallenta o si ferma. Esempi di questo fenomeno si osservano nell'arresto sinusale o nella bradicardia sinusale estrema, quando il nodo atrio-ventricolare (NAV) dà origine ad un ritmo di scappamento giunzionale, e nel blocco atrio-ventricolare (BAV) completo, quando il ritmo di scappamento origina dal miocardio ventricolare o dal tessuto di conduzione al di sotto del nodo atrio-ventricolare.

Quando si verifica un BAV completo a livello del NAV, le fibre subito al di sotto del blocco sono il sito automatico più rapido, e si trasformano nel nuovo pacemaker. La frequenza intrinseca di queste cellule è relativamente veloce, essendo di circa 50 battiti al minuto, ed il ritmo di scappamento che ne deriva è di solito regolare e stabile ed è improbabile che degeneri in un'asistolia.

I complessi QRS che ne derivano sono stretti, perché l'impulso raggiunge i ventricoli in un sistema di Purkinje intatto. Questa situazione può verificarsi nell'IMA inferiore, quando l'irrorazione del NAV è compromessa. Un BAV completo a complessi stretti può anche non richiedere un pacing, perché la frequenza spesso non è troppo lenta ed il rischio di asistolia è relativamente basso.

Il BAV completo può verificarsi anche più in basso, nei ventricoli, per esempio quando le fibre delle branche principali sono colpite da un IMA antero-settale, o a seguito di

una degenerazione fibrosa od una valvulopatia. Qualsiasi focus di automatismo distale a tale blocco nelle fibre di Purkinje è di solito irregolare e poco efficacie. In questa situazione, il complesso QRS è largo, essendo i ventricoli stimolati da un impulso che passa lentamente

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attraverso il miocardio, piuttosto che rapidamente all'interno del sistema di. His-Purkinje. Questo ritmo di scappamento inaffidabile può interrompersi brevemente, determinando una sincope tipo Morgagni-Adams-Stokes, oppure in modo definitivo, determinando un'asistolia ventricolare ("ventricular standstill") e quindi un arresto cardiaco. Il BAV completo a QRS largo di solito richiede il pacing e, in presenza di pause ventricolari significative, il pacing diventa urgente, perché c'è rischio di asistolia. Bisogna valutare il rischio di un blocco AV di grado più elevato e di asistolia in tutti i pazienti con sincope e segni di ritardo di conduzione (es. prolungamento del PR o blocco di branca). Questi pazienti necessitano come minimo di un monitoraggio ECG e di una valutazione specialistica.

Nei ritmi peri-arresto, il pacing si usa quando il pacemaker cardiaco naturale è troppo lento o inaffidabile e non risponde al trattamento farmacologico descritto nell'algoritmo della bradicardia (Capitolo 11). Tuttavia, il pacing sarà efficace solo se il cuore è ancora in grado di rispondere meccanicamente allo stimolo, e la presenza di onde P è un fattore prognostico positivo in tal senso. Nell'asistolia senza evidenza di onde P, il pacing è assai raramente efficace e non va tentato routinariamente in questa situazione. E' possibile stimolare il miocardio sia in modo meccanico, come nel pacing percussivo ("percussion pacing"), sia elettrico, come avviene nel pacing transcutaneo e transvenoso. Quando lo stimolo del pacing è seguito da un QRS, si dice che c'è "cattura". Controllare sempre, mediante la palpazione del polso, che l'attività elettrica che si vede al monitor abbia un corrispettivo meccanico.

Metodi di pacing

I metodi di pacing sono classificati come:

Non invasivi

• Pacing percussivo

• Pacing transcutaneo

Invasivi

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• Transvenoso temporaneo

• Permanente con impianto di pacemaker

I dispositivi impiantabili per la stimolazione cardiaca includono i pacemaker per la bradicardia, i pacemaker biventricolari per il trattamento dello scompenso cardiaco (terapia di resincronizzazione cardiaca) ed i defibrillatori impiantabili (I CD) con funzione accessoria di pacing.

Pacing non invasivo

Pacing percussivo

Quando la bradicardia è talmente grave da causare clinicamente l'arresto cardiaco, al posto della RCP può essere utilizzato il percussíon pacing, il quale produce una perfusione cardiaca adeguata con un trauma minimo al paziente. Il pacing può essere utilizzato efficacemente in caso di asistolia ventricolare accompagnata da presenza di onde P.

Come effettuare il pacing percussivo

• Con il margine del pugno chiuso vibrare dei colpi decisi sul precordio, lateralmente al margine sinistro dello sterno.

• Sollevare la mano di circa 10 cm sopra il torace ad ogni colpo.

• Se i colpi iniziali non dovessero determinare la comparsa di compiessi QRS, aumentare l'intensità dei colpi e provare a spostare il punto di percussione fino a trovare un punto che stimoli il ventricolo in modo riproducibile.

Il "percussion pacing" non è affidabile quanto il pacing elettrico nell'indurre la comparsa di complessi QRS. Se la percussione non determina in breve tempo la comparsa di un ritmo associato a polso, indipendentemente dalla presenza o meno di complessi QRS stimolati, iniziare subito la RCP.

Come la RCP, il "percussion pacing" è una misura d'emergenza impiegata per tentare di mantenere la perfusione degli organi vitali e consentire o il

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recupero di un ritmo cardiaco spontaneo, o la stimolazione transcutanea o transvenosa. Va cercato subito un esperto, in quanto non è una soluzione a lungo termine.

Pacing transcutaneo

Rispetto alle tecniche invasive transvenose, il pacing transcutaneo non invasivo ha i seguenti vantaggi:

Può essere iniziato molto rapidamente; È facile da eseguire e richiede un addestramento minimo; Può essere efficacemente effettuato, oltre che dal medico, da

infermieri ed altro personale sanitario, in attesa di un intervento specialistico per ottenere un pacing transvenoso.

Il principale svantaggio del pacing non invasivo è la scarsa tollerabilità da parte del paziente cosciente, a causa della contrazione muscolare dovuta alla stimolazione elettrica. l pazienti coscienti vanno trattati con analgesici o sedativi ev. Molti defibrillatori sono dotati anche di un modulo per il pacing transcutaneo e la disponibilità di piastre multi-funzione adatte a monitoraggio, pacing, cardioversione e defibrillazione li ha resi molto versatili. In alcuni ospedali sono invece disponibili apparecchi per il solo pacing.

La maggior parte dei sistemi di stimolazione cardiaca transcutanea sono capaci di funzionare "a domanda": i complessi QRS spontanei vengono rilevati e la stimolazione erogata solo quando necessario. E’ necessario tener presente che l’utilizzo di questi apparecchi necessita di una registrazione simultanea dell'elettrocardiogramma mediante elettrodi tradizionali da ECG.

Come effettuare il pacing transcutaneo

• Anche se il pacing va iniziato senza ritardo, un'attenta osservanza della tecnica corretta aumenterà la probabilità di efficacia.

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• Utilizzando forbici o un rasoio, rimuovere rapidamente la peluria in eccesso dal torace in corrispondenza delle zone di applicazione delle placche.

• Assicurarsi che la pelle sia asciutta.

• Se occorre, posizionare gli elettrodi e le derivazioni di monitoraggio (ciò è indispensabile per il funzionamento in alcuni modelli).

• Se possibile, posizionare le placche adesive nella disposizione pettorale destra-apice. Se ciò è impossibile, ad esempio per la presenza di un trauma toracico, di un pacemaker odi un lCD, usare il montaggio antero-posteriore.

• Se l'apparecchio per il pacing non è dotato anche della funzione di defibrillatore, posizionare gli elettrodi di pacing in posizione antero-posteriore, in modo che, in caso di arresto cardiaco, si possano collegare le piastre di un defibrillatore esterno nelle posizioni "convenzionali" pettorale destra-apice.

• Per la posizione pettorale destra-apice posizionare un elettrodo sul muscolo grande pettorale destro, subito sotto la clavicola. Porre l'elettrodo apicale sulla linea medio-ascellare, nella posizione V6 dell'ECG. E' importante che questo elettrodo sia posto sufficientemente laterale. Posizionare l'elettrodo sulla parete toracica, evitando il tessuto

mammario.

Per la disposizione AP collocare l'elettrodo anteriore sulla parete toracica sinistra; in prossimità dello sterno, in corrispondenza delle derivazioni ECG V2 e V3. Posizionare l'elettrodo posteriore fra la parte inferiore della scapola sinistra e la colonna

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vertebrale, allo stesso livello orizzontale dell'elettrodo anteriore.

• I diversi dispositivi di pacing transcutaneo hanno proprietà diverse. Ad esempio, alcuni richiedono all'operatore di aumentare la corrente erogata ad ogni impulso di stimolazione elettrica, fino a quando si ottiene la cattura, mentre altri usano una corrente costante che non può essere regolata ed una durata degli impulsi di pacing più lunga rispetto ad altri. Assicurarsi di conoscere il funzionamento del dispositivo che si sta utilizzando.

La maggior parte dei dispositivi transcutanei dispone di pacing con modalità a domanda, ossia il pacemaker è inibito se rileva un complesso QRS spontaneo. Tuttavia, se ci sono molti artefatti da movimento sull'ECG, anche questi possono inibire il pacemaker. Questi artefatti vanno evitati il più possibile. Se l'artefatto non scompare ed inibisce il pacemaker, passare alla modalità fissa (asincrona) di stimolazione.

• Selezionare una frequenza di stimolazione appropriata. Questa sarà nell'intervallo tra 60-90/min per gli adulti, ma in alcune circostanze (ad esempio BAV con ritmo idioventricolare di scappamento a 50/min), anche una frequenza di stimolazione inferiore, ad esempio di 40 o 30/ min, potrà essere appropriata per fronteggiare un eventuale arresto del ritmo di scappamento o una bradicardia più grave.

• Se l'apparecchio ha un livello di energia regolabile, selezionare il livello minimo ed iniziare la stimolazione. Incrementare progressivamente il livello di corrente osservando il paziente ed il tracciato ECG. Con l'incremento di energia erogata, i muscoli della parete toracica si contrarranno in modo sincrono con l'impulso e comparirà sul tracciato un artefatto di stimolazione ("spike"). Aumentare ulteriormente la corrente fino a quando ogni spike sarà seguito da un QRS, espressione di cattura

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elettrica (di solito tra 50 e 100 mA). Ciò significa che gli stimoli stanno efficacemente inducendo la depolarizzazione dei ventricoli.

• Verificare che ciò che sembra un complesso QRS sia seguito da un'onda T. Talora, infatti, l'artefatto generato dal percorso della corrente di stimolazione attraverso il torace può essere erroneamente scambiato per un QRS, ma tale artefatto non sarà seguito da un'onda T.

Se si è raggiunto il massimo di energia disponibile senza ottenere una cattura elettrica, provare a cambiare la disposizione degli elettrodi. La persistenza dí una mancata cattura elettrica suggerisce che il miocardio non è più in grado di contrarsi, ma altre condizioni, come l'iperkliemia, possono impedire un pacing efficace.

Dopo aver ottenuto la cattura elettrica con il pacemaker, verificare la presenza di polso. Un polso palpabile conferma la presenza di "cattura meccanica" (cioè di contrazione miocardica). La mancata cattura meccanica in presenza di buona cattura elettrica configura una condizione di attività elettrica senza polso ("pulselessel ectrical activity", PEA). La causa più probabile di tale condizione è un danno miocardico grave, ma in tale situazione considerare anche le altre possibili cause di PEA.

I pazienti coscienti solitamente avvertono un notevole fastidio durante la stimolazione transcutanea: resi edotti in anticipo di tale problematica spesso questi necessiteranno di analgesia e/o sedazione per via endovenosa se è necessario un pacing prolungato. Durante l’operazione di stimolazione elettrica rivalutare il paziente frequentemente (schema ABCDE), in quanto analgesici e sedativi possono deprimere l'attività respiratoria.

Quando si defibrilla un paziente già collegato ad uno stimolatore esterno, le piastre da defibrillazione devono esse poste ad almeno 2 — 3 cm dalle piastre autoadesive dello stimolatore, per evitare eventuali archi voltaici.

La RCP e le altre manovre che comportano contatto manuale possono essere eseguite con le piastre autoadesive in sede. Non vi sono rischi per

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gli altri soccorritori che sono in contatto con il paziente. Tuttavia, poiché non vi è utilità nel continuare la stimolazione se c'è un arresto cardiaco, è consigliabile spegnere il pacemaker durante la RCP.

Non appena il pacing transcutaneo produce una gittata cardiaca valida, consultare uno specialista per impiantare un elettrocatetere transvenoso temporaneo.

Pacing invasivo

Pacing temporaneo transvenoso

Fortunatamente è raro dover inserire in urgenza un elettrocatetere durante un arresto cardiaco. Se il pacing fosse necessario in questa situazione, bisognerà sottoporre il paziente a pacing transcutaneo e cercare un esperto per organizzare un pacing transvenoso.

Il malfunzionamento di un pacing transvenoso precedentemente impiantato può determinare un arresto cardiaco, soprattutto se il paziente è divenuto pacemaker-dipendente. Un pacing transvenoso può fallire in tre differenti condizioni:

1. Alta soglia

L'elettrocatetere transvenoso viene di solito inserito nel ventricolo destro e fissato a livello dell'apice del ventricolo, dove è minore la probabilità di malposizionamenti. Dopo aver posizionato l'elettrocatetere, il voltaggio viene regolato sul livello minimo necessario per stimolare il ventricolo, chiamato soglia di stimolazione. Di solito l'obiettivo è quello di ottenere una soglia <1 Volt al momento dell'inserimento. Una soglia più elevata suggerisce che l'elettrodo non ha un buon contatto con il miocardio e che potrebbe essere necessario riposizionarlo.

Solitamente l'energia di stimolazione viene impostata a 3-4 Volt, ben al di sopra della soglia di stimolazione abituale. Nel corso del primo mese dopo il posizionamento di un elettrocatetere per la stimolazione (temporanea o permanente), c'è da attendersi un incremento della soglia.

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Controllare la soglia degli elettrocateteri temporanei almeno quotidianamente per assicurarsi che l'uscita del pacemaker sia ben al di sopra della soglia, altrimenti potrebbe verificarsi una perdita di cattura. Ciò si evidenzia all'ECG come uno spike non seguito da QRS. All'inizio la perdita di cattura può essere intermittente, quindi anche un solo battito non catturato deve indurre a verificare la soglia del pacemaker.

Se si verifica una perdita di cattura a causa di un innalzamento della soglia di stimolazione, aumentare l'uscita del pacemaker molto a! di sopra della soglia. Un improvviso aumento della soglia di stimolazione può essere causato dalla dislocazione dell'elettrodo, pertanto richiedere il sollecito intervento di uno specialista.

2. Perdita della conduzione elettrica

I più recenti elettrocateteri per il pacing transvenoso sono bipolari. Un elettrodo è posto alla punta del catetere ed un secondo circa 1 cm più a monte. Ogni elettrodo è connesso ad un filo che passa lungo il catetere e termina con spinotti posti all'esterno del paziente. Tali spinotti vengono poi connessi tramite apposite prese ad un cavetto collegato al pacemaker.

Assicurarsi che tutte le connessioni tra l'elettrocatetere ed pacemaker realizzino un contatto stabile, difficilmente modificabile da piccoli movimenti del catetere o del cavetto di connessione.

La perdita di conduzione elettrica determina la mancata stimolazione del ventricolo, che si evidenzia all'ECG con la mancanza degli spike. Ciò può accadere in modo improvviso e completo, determinando spesso una sincope o un arresto cardiaco in asistolia. Quando si ha una perdita degli spike all'ECG, la prima cosa da fare è verificare immediatamente tutte le connessioni e controllare che il pacemaker non sia stato spento inavvertitamente o che le batterie non siano scariche. Un'altra possibile spiegazione è la rottura di un cavo all'interno del suo isolamento. Di solito questo determina una perdita di conduzione intermittente e spesso la sede della rottura è in prossimità del terminale del cavo. Se sorge tale sospetto sostituire immediatamente il cavo.

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3. Spostamento dell'elettrodo

La punta del catetere transvenoso deve essere situata nell'apice del ventricolo destro. Il catetere deve descrivere una curvatura abbastanza ampia in atrio destro, tale da permettere le variazioni di posizione e l'inspirazione profonda, ma non da permettere alla punta del catetere di spostarsi dalla sua sede nell'apice ventricolare.

La punta del catetere può anche attraversare la parete miocardica e penetrare nel pericardio, senza apparenti variazioni di posizione alla radiografia del torace. Raramente ciò può causare un tamponamento cardiaco, pertanto considerare sempre questa possibilità se un paziente con un recente impianto di catetere da stimolazione presenta un arresto cardiaco in PEA.

Quando il catetere si sposta, l'ECG può continuare a mostrare degli spike, ma è probabile che si manifesti una perdita di cattura completa o intermittente, condizione in cui gli spike non sono seguiti in modo riproducibile e costante da complessi QRS. Quando un elettrocatetere da stimolazione si disloca ma rimane nel ventricolo destro, può innescare extrasistoli ventricolari o aritmie ventricolari più gravi, incluse TV ed FV. Quando la stimolazione cardiaca transvenosa non funziona in modo ottimale, esiste il rischio di asistolia ventricolare. Tale fenomeno può essere di breve durata e determinare una sincope, oppure può essere prolungato e causare un arresto cardiaco. In tal caso, utilizzare il pacing non invasivo sino al ripristino di una stimolazione cardiaca transvenosa efficace.

Sistemi impiantabili permanenti

I problemi dovuti ai pacemaker permanenti sono più rari, poiché le connessioni tra gli elettrodi e il pacemaker sono più salde.

Occasionalmente può verificarsi la rottura di un elettrocatetere permanente, solitamente a seguito di un trauma come una caduta su un braccio esteso dal Iato del pacemaker. Ciò può determinare una scomparsa intermittente o permanente dello spike di stimolazione.

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Nel valutare un paziente con l'approccio ABCDE, controllare durante la 'E' la presenza di un dispositivo impiantato. Questi dispositivi sono di solito impiantati sotto la clavicola, spesso - ma non sempre - sul iato sinistro. Se c'è il dispositivo, valutare se si tratta di un pacemaker o di un defibrillatore e, nel caso di un pacemaker, cercare di stabilire se è stato impiantato come trattamento di una bradiaritmia o come trattamento di un'insufficienza cardiaca.

Se un paziente con pacemaker permanente o ICD va incontro ad arresto cardiaco o necessita di cardioversione, posizionare [e piastre del defibrillatore o le placche adesive ad almeno 8 cm dal pacemaker. I pacemaker sono spesso impiantati in regione sottoclaveare sinistra ed in tale collocazione non pongono alcun problema nell'impiego delle piastre del defibrillatore nelle posizioni standard. Se invece il pacemaker è stato impiantato in regione sottoclaveare destra, per la cardioversione e la defibrillazione impiegare possibilmente la posizione AP. Questa operazione può essere effettuata in modo più semplice e sicuro utilizzando le piastre adesive piuttosto che le placche manuali.

Pacing biventricolare

Sino a tempi recenti, l'indicazione abituale all'impianto di un pacemaker è stata il trattamento di una bradiaritmia, causata principalmente da

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malattia del nodo seno-atriale o da una compromissione della conduzione atrio-ventricolare. Ultimamente, vi è stato un crescente ricorso ai pacemaker biventricolari per conseguire una terapia di resincronizzazione cardiaca in pazienti affetti da scompenso cardiaco. La maggior parte di questi pazienti non necessita di pacing per bradicardia. La stimolazione simultanea dell'apice del ventricolo destro e della parete laterale del ventricolo sinistro rende più coordinata la contrazione delle pareti del ventricolo sinistro. Durante defibrillazione e cardioversione, questi pacemaker biventricolari richiedono le stesse precauzioni di qualsiasi altro pacemaker, ma il loro malfunzionamento solitamente non causerà modificazioni significative della frequenza cardiaca o aritmie pericolose.

Defibrillatori impiantabili (ICD)

Questi dispositivi assomigliano ad un pacemaker definitivo di maggiori dimensioni. Molti possono funzionare come pacemaker a domanda, in caso di bradicardia, ed altri effettuano la stimolazione biventricolare nello scompenso cardiaco, oltre a defibrillare se necessario. Le indicazioni all'impianto di ICD sono definite da linee guida nazionali ed internazionali, ma le crescenti evidenze di miglioramento della sopravvivenza dopo infarto miocardico e nello scompenso cardiaco hanno portato ad un aumento dell'impiego di tali dispositivi.

A differenza di un semplice pacemaker, la funzione principale di un ICD è di interrompere tachiaritmie pericolose per la vita. Un ICD con funzioni di base può erogare uno shock in caso di FV o TV molto rapida. Gli apparecchi più sofisticati possono essere programmati per erogare sequenze di stimoli appropriatamente temporizzati, al fine di tentare l'interruzione di TV non particolarmente veloci e che difficilmente causano arresto cardiaco, riservando la defibrillazione ai casi di accelerazione della TV o di degenerazione in FV.

Gli ICD possono essere impiantati nell'area sottoclaveare, come i normali pacemaker. Benché possano sembrare degli strumenti complessi, il modo in cui "percepiscono" il ritmo cardiaco è molto semplice, essendo basato principalmente sulle variazioni della frequenza cardiaca. Per questo non

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sorprende che talvolta gli ICD identifichino erroneamente un'aritmia ed eroghino shock inappropriati, che sono alquanto spiacevoli per il paziente cosciente. I defibrillatori impiantabili possono essere disabilitati temporaneamente, applicando sopra di essi un magnete. Se un 1CD non funziona correttamente è necessario l'aiuto di uno specialista per la riprogrammazione.

Se un paziente portatore di 1CD subisce un arresto cardiaco che non viene risolto dall'ICD, va sottoposto ad una normale rianimazione. Fino a poco tempo fa, si pensava che le compressioni toraciche potessero essere intraprese senza rischi per il soccorritore, anche se l'ICD erogava uno shock interno durante la compressione del torace. Tuttavia, vi sono state rare segnalazioni di soccorritori che hanno ricevuto scariche elettriche da un ICD. Questo rischio va ridotto al minimo indossando guanti. Se un ritmo defibrillabile non è interrotto dall'ICD, utilizzare la defibrillazione esterna, adottando le stesse precauzioni e disponendo le placche come in un paziente con un pacernaker impiantata. Dopo la defibrillazione esterna o la rianimazione di un paziente portatore di ICD o pacemaker, è indispensabile che il dispositivo sia controllato da un esperto non appena possibile. Considerare un ICD in tutti pazienti rianimati dopo un arresto cardiaco con ritmo defibrillabile insorto al di fuori di uno STEMI. Tutti questi pazienti devono essere valutati da un cardiologo esperto in aritmologia prima della loro dimissione.

Capitolo Undicesimo Enrico Ruggiero - Salvatore Toso – Salvatore De Rosa

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Le aritmie peri-arresto

Le aritmie che possono portare ad arresto cardiaco sono causate da:

complicazioni dell'infarto miocardico acuto (IMA). anomalie presenti anche in pazienti che non hanno malattie

cardiache strutturali o croniche. anomalie presenti in pazienti con altre anomalie cardiache.

Le aritmie che si verificano in seguito ad un arresto cardiaco indicano ancora la presenza di rischio di ulteriore deterioramento o arresto cardiaco. L'esecutore A.L.S deve essere in grado di riconoscere le aritmie più comuni e di attuare un trattamento immediato. Quando il paziente non si trova in condizione critiche tali da dover attuare un trattamento immediato, potrebbero essere utilizzati semplicemente altri trattamenti come l'uso di farmaci orali o parentali che richiedono aiuto di cardiologi. In caso di aritmia presente e sospetta di essere peri-arresto bisogna valutare le condizioni del paziente in questa sequenza:

approccio ABCDE monitoraggio cardiaco ricerca di segni d’allarme prendere un accesso venoso, se è necessario somministrare

ossigeno fare un ECG a 12 derivazioni per identificare con precisione il ritmo,

se necessario con l'aiuto di un esperto prima e dopo il trattamento appena sia possibile

Fondamentali per valutare l'aritmia sono: le condizioni del paziente (presenza o assenza di segnali di allarme) e la natura dell’ aritmia.

I segnali d'allarme sono i seguenti:

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evidenza clinica di bassa gittata cardiaca (shock, che comprende: ipotensione, pallore, sudorazione, confusione, estremità fredde, alterazioni della coscienza).

Tachicardia eccessiva Bradicardia eccessiva dolore toracico tipico ischemico. Scompenso cardiaco che è caratterizzato da: edema

polmonare e/o aumento della pressione venosa giugulare. Sincope ovvero una perdita transitoria della coscienza a causa

della mancanza di flusso di sangue al cervello.

Richiedono una valutazione ed un trattamento più urgente la tachicardia estrema in quanto nell’aumento spinto della frequenza cardiaca la diastole si riduce più della sistole (poichè la diastole è già normalmente breve) e il cuore non ha quindi il tempo di riossigenarsi, e la bradicardia estrema. A seconda dello stato clinico del paziente e della natura delle aritmie bisogna:

Eliminare e/o correggere le cause secondarie importanti come l'ischemia, l'ipossia, l’acidosi, l’ ipokaliemia, i farmaci , lo stress e i dolori.

Terapia elettrica che comprende la cardio-versione per tachicardie, la stimolazione per bradiaritmie.

Manovre vagali e o anche “percussion pacing. Farmaci. Nessun trattamento necessario.

Ricordiamo che la maggior parte dei farmaci agisce in modo più lento rispetto alla terapia elettrica; quest’ultima è quindi da preferirsi per i pazienti instabili con segni di allarme. Quando si trattano pazienti senza segni di allarme con i farmaci bisogna considerare che è possibile un ulteriore deterioramento, sia a causa dei farmaci stessi che del decorso naturale dell'aritmia. Bisogna essere sempre pronti ad un trattamento elettrico immediato (defibrillazione, cardioversione o stimolazione). Dopo

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il trattamento è necessario continuare a seguire il paziente fino a quando si è certi che il rischio di aritmie è basso. E’ sempre necessario un ECG a 12 derivazioni che ci permette di accertare l'assenza o la presenza di anomalie e fare una diagnosi più fine ed inoltre vanno corretti tutti i fattori reversibili che possano portare ad aritmie future. Se c'è una aritmia ed il paziente di mostra segni di allarme bisogna tentare di correggerla con la conversione sincronizzata. Se la cardioversione non riesce a bloccare un'aritmia ipercinetica e i segni allarme persistono, dobbiamo somministrare un carico di amiodarone 300mg ev in 10-20 min. ed effettuare un ulteriore tentativo di cardioversione sincronizzata. La dose di carico di amiodarone può essere seguita da un'infusione di 900 mg di 24h somministrati in una vena preferibilmente centrale. La cardio versione deve essere effettuata in pz coscienti sotto sedazione od in anestesia generale da parte di un medico esperto. Per erogare una scarica sincronizzata bisogna impostare il defibrillatore, in modo da far coincidere la scarica coll'onda R, in quanto una scarica non sincronizzata potrebbe coincidere con l'onda T e causare fibrillazione ventricolare (VF). Bisogna iniziare con 120-150 j bi fasici (200j monofasci) e aumentare la potenza se la scarica non è efficace in caso di tachicardia a complessi larghi da fibrillazione atriale. Bisogna iniziare con 70-120j bi fasici (100 monofasici) in caso di tachicardia regolare a complessi stretti e flutter atriale. Operare premendo il pulsante shock fino a quando la scarica sia stata erogata, tenendolo premuto fino alla scarica stessa perché potrebbe verificarsi un leggero ritardo nello shock dovuto a necessità di sincronizzazione; se occorre, dare un secondo shock. Nel caso in cui il paziente non presenti segni di allarme, il primo trattamento da effettuare è la terapia farmacologica: bisogna eseguire ed analizzare l’ECG e misurare la durata del QRS. Quando la durata del QRS è di 0,12s o più si tratta di tachicardia a complessi larghi. Se la durata del QRS risulta < di 0,12s allora si tratta di una tachicardia a complessi stretti. Dopo la terapia farmacologica bisogna rivalutare il paziente con l'approccio ABCDE, monitorizzare il ritmo e la frequenza cardiaca per valutare la risposta al trattamento, poiché ci sono

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farmaci antiaritmici che causano una depressione miocardica che può causare o peggiorare lo scompenso cardiaco o l'ipotensione. In alcuni casi gli antiaritmici causano tachicardia o bradicardia grave. Abbiamo detto che la tachicardia può essere regolare a complessi larghi e regolare a complessi stretti. La tachicardia regolare a complessi larghi (QRS maggiore uguale 0,12s) può essere di origine ventricolare (TV) o un ritmo sopra ventricolare con blocco di branca o una tachicardia con pre-eccitazione. Allorquando nel paziente si riscontrano i segni di allarme la distinzione è irrilevante e pertanto bisogna attuare la cardi versione sincronizzata; se non si riscontrano nel paziente i segni di allarme, bisogna stabilire se il ritmo è regolare o irregolare. Qualora ci fosse incertezza sull'origine dell'aritmia, dobbiamo somministrare adenosina , sempre se si tratta di un paziente stabile. Una tachicardia ventricolare (TV) necessita di amiodarone 300mg ev in 20-60 minuti e successivamente di infusione di 900 mg nell'arco di 24h. Un’aritmia sopra ventricolare con blocco di branca necessita di un trattamento per le tachicardie a complessi stretti. La tachicardia irregolare a complessi larghi è la fibrillazione atriale (FA) con blocco di branca. La tachicardia irregolare a complessi larghi puo’ essere cagionata da:

un aritmia sopra ventricolare con blocco di branca (necessita di trattamento per le tachicardie a complessi stretti)

FA con pre-eccitazione ventricolare (nei pazienti affetti da sindrome di Wolff-Parkinson-White)

TV polimorfa (quest’ultima è improbabile senza segni di allarme).

In caso di torsione di punta bisogna sospendere immediatamente tutti i farmaci, che prolungano l'intervallo QT e correggere l’ipopotassiemia. Somministrare magnesio solfato 2g ev in 10 min e chiedere l'aiuto di un esperto. Spesso possono comparire segni di ingravescenza, in tal caso bisogna fare una cardioversione sincronizzata nell'immediato; defibrillare in caso di battito assente (polso assente).

La tachicardia a complessi stretti include:

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tachicardia sinusale tachicardia da rientro nodale (AVRNT) da rientro o altre ventricolare (AVRT) causata dalla sindrome di

W.P.W flutter atriale con conduzione AV regolare.

Una tachicardia irregolare a complessi stretti e più probabile che sia una F.V. od un flutter atriale a conduzione AV variabile.

Da un’attenta analisi del problema, diciamo che la tachicardia sinusale non è un aritmia, ma semplicemente una risposta fisiologica

a stimoli quali l’ esercizio fisico e l'ansia. Si può presentare con dolore, anemia, infezioni, emorragia ed insufficienza cardiaca. Il trattamento deve essere mirato alla causa di fondo. Non bisogna tentare di trattare questo tipo di tachicardia con cardio-versione o farmaci antiaritmici. Se si cerca di diminuire la tachicardia nella maggior parte di questi casi , si potrebbe peggiorare la situazione. La tachicardia parossistica sopra ventricolare si distingue in AVRT e AVRNT. L’ AVRNT è il tipo più comune di tachicardia da rientro nodale ed è il tipo più comune di tachicardia parossistica sopra ventricolare (TPSV). Essa si instaura in individui senza alcun altra patologia cardiaca ed è infrequente nei casi di peri-arresto. Si tratta di una tachicardia a complessi stretti, priva di attività atriale visibile all'ECG. Ha una frequenza cardiaca superiore al limite massimo della frequenza sinusale a riposo. Può causare sintomi che provocano molta ansia.

La tachicardia da rientro atrio-ventricolare (AVRT) si presenta nei pazienti affetti da sindrome di WPW, è in genere benigna salvo in caso di malattie cardiache organiche. L' AVRT e la forma più comune di tachicardia a complessi stretti, priva di attività atriale visibile all’ECG.

Il flutter atriale con conduzione AV regolare produce una tachicardia regolare a complessi stretti. Potrebbe essere difficile identificare con certezza l'attività atriale e le onde flutter all'ECG, perciò inizialmente non si distingue dalla AVRNT o dalla AVRT. Il flutter atriale ha una frequenza di 300 /min cosicché, ove vi sia un blocco 2:1, il flutter tende a produrre una

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tachicardia di circa 150 battiti/min. Le frequenze più veloci (>170 battiti al minuto) non possono essere causate da un flutter atriale con blocco 2:1; talora invece tachicardie regolari con frequenze più basse (100battiti/min) possono essere causate da un flutter atriale con conduzione 3:1 o, ad esempio, 2:1, ma la cui frequenza di trasmissione dell’impulso è stata rallentata dai farmaci.

Quando sono visibili nel paziente i segni di allarme, bisogna eseguire la cardio-versione sincronizzata, dopo aver tentato con le manovre vagali oppure dopo somministrazione di adenosina per via endovenosa.

In assenza di segni d'allarme invece:

iniziare con le manovre vagali. Registrare ECG con 12 derivazioni durante ogni manovra. Se il ritmo è un flutter atriale con conduzione 2:1, il rallentamento della reazione ventricolare che si ottiene consente di visualizzare le onde flutter.

ove l'aritmia persistesse e non trattandosi di un flutter atriale dobbiamo somministrare adenosina 6mg in bolo endovenoso. E’ bene utilizzare una cannula di diametro maggiore ed incannulare una vena altrettanto grande (come per esempio antecubitale), avvertendo il paziente che la somministrazione dell’adenosina può cagionare un senso di malessere, con dolore al torace per pochi secondi dopo l'iniezione. Nel caso in cui la frequenza ventricolare rallenta, ma per poi accelerare nuovamente, bisogna ricercare la presenza di attività atriale e di aritmie come flutter atriale e trattare di conseguenza. Se non c'è risposta a 6mg di adenosina dare un bolo di 12mg. La mancanza di risposta all'adenosina può essere causata dal fatto che il bolo è stato iniettato in una vena periferica di piccolo diametro o molto lentamente. Se l'adenosina viene iniettata di un accesso venoso centrale la dose iniziale può essere ridotta a 1,50 o 3mg.

Le manovre vagali o l'adenosina interrompono in pochi secondi quasi tutte le AVNRT o le AVRT. Nel caso in cui ciò non accadesse e

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quindi non si risolve la tachicardia regolare a complessi stretti, dobbiamo perciò pensare ad un flutter atriale (a meno che, come già detto, l'adenosina non sia stata iniettata troppo lentamente o in una piccola vena periferica).

Nel caso in cui l'adenosina è controindicata o non è in grado di interrompere una tachicardia regolare a complessi stretti, senza che vi sia un flutter atriale, bisogna iniettare per via endovenosa in due minuti il verapamil in dosi da 2,5-5mg.

La tachicardia a complessi stretti senza polso si verifica quando il paziente presenta coscienza alterata ed, a causa dell’altissima frequenza ventricolare (fino a 250/min.), il polso non è percepibile; in tal caso il trattamento più indicato è la cardio-versione sincronizzata, in quanto l'aritmia risponde alla terapia elettrica. Ricordiamo che questa è un'eccezione della branca dei ritmi non defibrillabili dell'algoritmo ALS.

La tachicardia irregolare a complessi stretti nella maggior parte dei casi è dovuta a FA a risposta ventricolare rapida; meno frequentemente si tratta di flutter atriale con conduzione AV variabile. Bisogna effettuare l’ ECG a 12 derivazioni per identificare il ritmo. In caso di segni di allarme o nel paziente a rischio bisogna procedere con la cardioversione sincronizzata.

Se non ci sono segni di allarme sono necessari:

il controllo della frequenza con farmaci il controllo del ritmo con farmaci o cardioversione elettrica

sincronizzata il trattamento per prevenire le complicazioni (anticoagulanti)

E’ necessario chiedere la consulenza di un esperto per dare il trattamento più appropriato al paziente. Ricordiamo che più tempo il paziente rimane in FA, maggiore sarà il rischio che si sviluppi un trombo atriale.

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I pazienti che sono stati in FA per più di quarantott'ore non vanno trattati con cardioversione (elettrica o farmacologica) se non dopo essere stati scoagulati completamente per almeno tre settimane, salvo non sia stata accertata l'assenza di trombi atriali grazie ad un ecocardiografia transesofagea. Se per ragioni cliniche la cardioversione viene eseguita, dobbiamo somministrare eparina a basso peso molecolare a dosi terapeutiche o un bolo ev di eparina non frazionata seguito da un infusione continua e mantenere un tempo di tromboplastina parziale attivato pari a 1,5-2 volte il valore di riferimento. Dopo la cardioversione si sospende la terapia eparinica e si inizia l’uso di anticoagulanti orali. Per il controllo della frequenza in pz che non possono essere cardiovertiti, può essere utilizzato un betabloccante, il diltiazem, il verapamil, la digossina, il magnesio o un’associazione di questi.

Se la durata della FA è inferiore alle 48 ore e fosse opportuno il controllo del ritmo, si può utilizzare l’amiodarone (300 mg ev in 1-2 ore seguiti da 900 mg ev in 24 ore); molto importante è invece affidarsi a medici esperti per l'uso di farmaci quali: propafenone, ibutilide, flecanide. Quest'ultima non deve essere utilizzata in caso di insufficienza cardiaca ventricolare sinistra, cardiopatia ischemica o prolungamento dell'intervallo QT. In questi casi la cardio-versione elettrica rimane un'opzione validissima ed ha più possibilità di ripristinare il ritmo sinusale rispetto alla cardio-versione farmacologica.

È necessario consultare uno specialista nel caso in cui il paziente con FA ha una diagnosi pregressa di sindrome da pre-eccitazione ventricolare: in tal caso è molto importante evitare l'uso di adenosina, dilitiazem, verapamil e digossina in quanto l’azione di questi farmaci (che è quella di bloccare il nodo AV) causerebbe un aumento della pre-eccitazione determinando così una FV.

La bradicardia è definibile come un ritmo cardiaco con una frequenza a riposo minore di 60 battiti/min e può essere:

fisiologica indotta da farmaci

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di origine cardiaca di origine non cardiaca

La prima cosa da fare è valutare il paziente bradicardico con un approccio ABCDE; i segni di gravità sono i seguenti:

PAS < 90 mm Hg F.C. < 40 bpm Eventuale aritmia ventricolare Presenza di scompenso cardiaco

Nel caso in cui siano presenti segni di allarme è necessario iniettare per via endovenosa atropina 0,5mg e ripetere, se necessario, ogni 3-5 minuti per un totale massimo di 3mg. È necessario usare l’atropina con cautela, in quanto la stessa può provocare un rallentamento paradosso della frequenza cardiaca se il paziente è affetto da ischemia miocardica acuta o infarto miocardico; se l’atropina migliora lo stato del pz o non ci sono segni gravi, bisogna valutare il rischio di asistolia, che è connesso a:

storia pregressa di asistolia, BAV Mobitz tipo II, BAV II grado con complessi ventricolari larghi ed a freq. < 40; Pause ventricolari > 3 sec.

se esiste rischio di asistolia utilizzare il pacing: solo se quest'ultimo non può essere utilizzato rapidamente, si possono utilizzare farmaci di seconda scelta (adrenalina in inf. Ev 2-10 microgrammi/min in base alla risposta). A titolo di esempio: se la bradicardia è causata da un beta-bloccante o da un calcio antagonista, si può utilizzare il glucagone per via endovenosa. La bradicardia causata da tossicità digitalica, richiede l'utilizzo di frammenti anticorporali specifici per la digossina.

E’ inutile somministrare atropina ai pazienti con trapianto cardiaco, in quanto il cuore trapiantato è denervato e non risponde al blocco vagale dell'atropina.

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Altri farmaci di seconda linea sono: la dopamina, l'adrenalina e l’ isoprenalina in infusione.

Quando si verifica una bradicardia grave, nel caso in cui fosse possibile praticare un pacing elettrico, utilizzare il pacing percussivo, che consiste nel dare una serie di colpi ritmici a pugno chiuso in precordio sopra il margine interno sinistro dello sterno, per stimolare il cuore ad una frequenza di 50-70 battiti/min.

Il pacing transcutaneo può essere doloroso nel pz cosciente e può non riuscire ad ottenere un'efficace cattura elettrica(cioè un complesso QRS dopo l'impulso di stimolazione) oppure può non essere efficacie nell’ottenere una risposta meccanica (cioè polso palpabile). È necessario verificare la cattura elettrica sul monitor del ECG, verificare la presenza del polso, rivalutare le condizioni del paziente con trattamento ABCDE. Se necessario usare tecniche di analgesia e sedazione, ricordando però che tali metodiche possono causare depressione respiratoria: è necessario quindi rivalutare il paziente ad intervalli frequenti. Punto cruciale del trattamento è quello di identificare la causa della bradiaritmia e, quando possibile, con l'aiuto di un esperto, valutare la necessità di stimolazione transvenosa, iniziandola al momento opportuno. Tale stimolazione temporanea si può utilizzare nei seguenti casi: asistolia recente documentata (arresto ventricolare la cui durata è superiore ai tre secondi), BAV completo, soprattutto se con QRS o frequenza cardiaca iniziale inferiore ai 40 minuti, BAV di tipo Mobitz II. Se il paziente non presenta segni aversi non iniziare subito un trattamento invasivo, ma continuare a monitorare il paziente.

Capitolo Dodicesimo Mattia Izzo - Paolo Kosova - Maria Gabriella Raeli

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La RCP in circostanze particolari

In alcune circostanze particolari, la rianimazione cardiopolmonare deve essere modificata: tali circostanze riguardano un’ elevata percentuale di arresti cardiaci in pazienti sia giovani che anziani . Le situazioni particolari da considerare sono rappresentate dal trauma, dall’elettrocuzione,, dalle anomalie elettrolitiche pericolose per la vita, dall'ipotermia, dall'ipertermia, dall'avvelenamento, dall'asma, dall'annegamento, dall'anafilassi, dall'arresto cardiaco dopo chirurgia cardiaca ed infine dalla gravidanza.

L'arresto cardiaco nel trauma può essere primario o secondario.

E primario quando un problema medico induce ad un trauma, come per esempio un'ipoglicemia, le convulsioni, oppure un'aritmia cardiaca.

È secondario quando ad indurre un arresto cardiaco è il trauma stesso.

Un trauma toracico, ad esempio, può indurre una fibrillazione ventricolare ed in questo caso è utile eseguire una buona rianimazione cardiopolmonare ed una buona defibrillazione.

Nel trauma è fondamentale eseguire una buona valutazione primaria ed una buona valutazione secondaria per poi indirizzare il paziente verso l'ospedale più idoneo alla patologia in atto.

Particolare attenzione negli eventi traumatici deve essere tenuta per il pneumotorace iperteso, per l'ipossiemia, per l’ipovolemia; fondamentale risulta la gestione delle vie aeree.

Negli ultimi anni l'ecografia è risultata sempre più utile per una corretta valutazione diagnostica nei traumi toraco-addominali.

L’elettrocuzione è rappresentata alle lesioni indotte dalla corrente elettrica.

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Gli incidenti da elettricità possono verificarsi o presso il proprio domicilio o presso i luoghi di lavoro o ancora per strada.

Esiste anche l'elettrocuzione da fulmini, che è comunque un evento molto raro: in tal caso sarebbe però più esatto parlare di folgorazione.

Il contatto con una fonte di energia elettrica può causare danni mortali non solo in relazione all’energia della stessa ma anche in base al tipo di corrente in oggetto, che può essere continua o alternata: il paziente può andare quindi in arresto cardiocircolatorio o in arresto respiratorio.

Se la corrente attraverserà il miocardio, certamente comparirà una fibrillazione ventricolare, mentre l'arresto respiratorio e causato o dalla depressione dei centri respiratori o dalla paralisi dei muscoli respiratori.

Non bisogna dimenticare inoltre che un fulmine oltre a generare ustioni o arresti respiratori o cardiogeni, può generare anche traumi chiusi da esplosione.

Il trattamento dell’ elettrocuzione è legato innanzitutto alla sicurezza della scena da valutare in primis quando ci si avvicini alla vittima: la gestione delle vie aeree e la defibrillazione precoce rappresentano il cardine del trattamento e dell’eventuale successo terapeutico. La monitorizzazione ospedaliera dopo episodi di elettrocuzione è fondamentale per la sopravvivenza futura del paziente.

I disordini elettrolitici causano spesso aritmie o arresti cardiaci.

Quando si altera la quantità di potassio, la vita del paziente e seriamente in pericolo.

La concentrazione extracellulare del potassio e compresa tra 3,5 e 5,0 mmol/L; quando il pH ematico diminuisce, aumenta la potassiemia in quanto il potassio transita dal compartimento intracellulare a quello intravascolare (per scambio ionico con gli ioni idrogeno); viceversa quando il pH aumenta, la potassiemia diminuisce poiché il potassio transita nelle cellule.

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L'iperpotassiemia è considerata tale quando è presente un eccesso di potassio superiore alle 5,5 mmol/L; e considerata grave quando il potassio supera i 6,5 mmol/L.

Le cause sono identificabili nella distruzione tissutale, nell'acidosi metabolica, in alcune malattie endocrine come il morbo di Addison, in alcune diete non ben bilanciate, nell’uso di alcuni farmaci quali i diuretici risparmiatori di potassio, gli inibitori dell’angiotensina, gli antagonisti dell’ angiotensina II, i FANS, i beta-bloccanti e il trimetoprim.

L'utilizzo contemporaneo di alcuni di questi farmaci (quale ad esempio FANS ed ACE-inibitori o diuretici risparmiatori di potassio), può cagionare squilibri iperpotassiemici anche più resistenti alla terapia .

Dal punto di vista sintomatologico il paziente sarà affetto o da debolezza che può evolvere in paralisi flaccida.

Le alterazioni dal punto di vista elettrocardiografico includono il BAV di primo grado, onde T alte ed appuntite, onde P appiattite, depressione del tratto ST, QRS slargato, tachicardia ventricolare ed infine arresto cardiaco. Il trattamento dell'iperpotassiemia è legato innanzitutto alla monitorizzazione del paziente, alla rimozione del potassio dall'organismo,(attraverso le resine di calcio, il Kayexalate, la furosemide, quando l'aumento e il lieve); allo spostamento del potassio nelle cellule (soprattutto quando l'aumento è moderato o grave e si utilizzano il glucosio e l'insulina; il salbutamolo alla dose di 5MG nebulizzato in diverse dosi, il bicarbonato di sodio se è presente acidosi metabolica), alla protezione cardiaca antagonizzando gli effetti dell'iperpotassiemia ed infine alla prevenzione della ricomparsa di iperpotassiemia.

L'emodialisi rimane comunque il metodo più efficace per la rimozione del potassio.

L’ipopotassiemia si definisce tale quando i valori di laboratorio scendono al di sotto di 3,5 mmol/L ed è considerata grave quando il potassio e inferiore a 2,5 mmol/L.

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Le cause possono essere forti diarree, diuretici, lassativi, steroidi, perdite renali causate da nefropatie tubolari, diabete insipido, patologie endocrine quali la sindrome di Cushing o l'iperaldosteronismo, alcalosi metabolica dal deficit di magnesio ed infine lo scarso apporto dietetico.

L’ipopotassiemia è facilmente riconoscibile dal punto di vista diagnostico in quanto si presenta con facile affaticamento muscolare e stipsi.

Nell’ECG si notano onde U, alterazioni del tratto ST ed aritmie in special modo se il paziente sta assumendo digossina.

L’ipopotassiemia va trattata con il reintegro accorto di potassio.

In genere se è presente un deficit di potassio è possibile che sia presente anche deficit di magnesio, quindi il reintegro di entrambi rende più facile una correzione.

Anche il calcio ed il magnesio in eccesso o in difetto possono creare seri problemi per la vita del paziente, infatti l'ipercalcemia si definisce tale quando il valore della calcemia è superiore a 2,6 mmol/L e le cause sono da ricercarsi nell'iperparatiroidismo primario o secondario, nei tumori, nella sarcoidosi o nell’uso di alcuni farmaci.

La sintomatologia è rappresentata da confusione, debolezza, ipotensione, dolore addominale, aritmie ed arresto cardiaco.

L'ECG si mostra con accorciamento dell'intervallo QT, prolungamento del QRS, blocco AV, onde T appiattite ed arresto cardiaco.

Il trattamento è legato ad infusioni di liquidi, furosemide, idrocortisone e pamidronato.

Nell'Ipocalcemia dove il calcio totale e minore di 2,1 mmol/L, le cause sono da ricercarsi in un'insufficienza renale cronica, in una pancreatite acuta, in un'overdose da calcio antagonisti, in una rabdomiolisi o in una sindrome da lisi tumorale.

Il paziente presenta parestesie, tetano, convulsioni, blocco atrio-ventricolare o arresto cardiaco; all'ECG si nota il prolungamento dell'intervallo QT, l'inversione dell'onda T o il blocco atrio-ventricolare. Il

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trattamento è legato ad infusioni di calcio cloruro al 10% ed al magnesio solfato al 50%

L’ipermagnesiemia è tale quando i valori ematici del magnesio superano 1,1 mmol/L e le cause sono da ricercarsi soprattutto nell'insufficienza renale iatrogena.

Il paziente si presenta in stato di confusione, debolezza, depressione respiratoria, blocco AV ed infine arresto cardiaco. All'ECG il prolungamento degli intervalli PR e QT sono presenti; anche le onde T appuntite ed il blocco AV possono essere presenti.

Il trattamento è rappresentato dall'infusione con il cloruro di calcio al 10%, diuresi forzata con soluzione salina allo 0,9% e supporto ventilatorio se necessario.

L’ipomagnesiemia è così definita quando il magnesio ematico è inferiore allo 0,6 mmol/L e le cause sono da ricercarsi nelle perdite gastrointestinali, nell’ oliguria, nella malnutrizione, nell'alcolismo o nel malassorbimento.

Il paziente presenta tremore, atassia, nistagmo, convulsioni, aritmie con torsioni di punta ed infine arresto cardiaco.

All'ECG ritroviamo prolungamento degli intervalli PR, depressione del tratto ST , inversione dell'onda T, onde P appiattite, aritmie con torsione di punta ed arresto cardiaco.

Il trattamento si effettua con 2 g di solfato di MG al 50% e.v. in 15 minuti nelle forme gravi o sintomatiche; nella torsione di punta stessa terapia e dosaggo ma in 1-2 min.; nelle convulsioni idem ma con infusione in 10 minuti.

Si definisce ipotermia una temperatura corporea interna inferiore a i 35° centigradi.

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Essa è classificata lieve se la temperatura corporea va da il 32 a i 35° centigradi, moderata se la temperatura corporea vada i 28 a i 32° centigradi, grave se la temperatura corporea e inferiore ai 30 gradi centigradi.

Bisogna sempre tentare la rianimazione in un paziente ipotermico, in quanto a 18° centigradi il cervello può tollerare un periodo di arresto cardiaco 10 volte maggiore che a 37° centigradi ed in ambito ospedaliero la rianimazione sarà sospesa solo se l'arresto cardiaco è imputabile ad altra causa o ad altre patologie.

Vige comunque il principio guida che dice che nessuno è morto finché non è stato riscaldato o fino a che i tentativi di innalzare la temperatura interna siano falliti.

Il trattamento del paziente ipotermico consiste nell'innalzare la temperatura corporea di qualche grado per permettere una buona rianimazione cardiopolmonare, e va tenuto presente che il cuore ipotermico può essere insensibile ai farmaci o al pacing elettrico e quindi alla defibrillazione.

Per quel che concerne la somministrazione di ossigeno,sSi comincia con alte concentrazioni di O2possibilmente riscaldato a 40 o 46° centigradi ed umidificato.

Attenzione alla frequenza respiratoria e alla frequenza cardiaca che possono essere molto basse nell'ipotermia grave (non confondere con l’arresto cardio-respiratorio) e quindi potrà essere necessaria una valutazione del paziente più prolungata.

Durante la rianimazione cardiopolmonare ricordarsi di misurare la temperatura corporea attraverso la sede esofagea, rettale, vescicale o timpanica.

Si raccomanda di utilizzare sempre la stessa via per misurare la temperatura. Astenersi dall'utilizzare l’adrenalina fin quando la temperatura corporea non supera i 30° centigradi, ed una volta raggiunto

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tale target raddoppiare gli intervalli fra le dosi; quando la temperatura del paziente si avvicina a circa 35° centigradi possono essere utilizzati i dosaggi standard del farmaco.

Quando la temperatura interna del corpo scende notevolmente la bradicardia sinusale evolve in fibrillazione atriale, seguita poi da fibrillazione ventricolare ed infine asistolia: in questi casi utilizzare i protocolli standard.

Se non si arriva a fibrillazione ventricolare le altre aritmie tendono a regredire spontaneamente e non richiedono trattamento immediato.

Se è presente la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare, erogare uno shock; se questi due ritmi persistono dopo tre shock bisogna ritardare la defibrillazione fino a quando la temperatura interna non superi i 30° centigradi. Se si utilizza un defibrillatore semiautomatico seguirne le istruzioni mentre il paziente viene riscaldato. Il riscaldamento del paziente avviene innanzitutto rimuovendolo dall'ambiente freddo. Il riscaldamento può essere passivo, attivo interno o attivo esterno.

Se il paziente presenta vestiti bagnati questi vanno tagliati e rimossi per evitare dispersioni eccessive di calore; le vittime coscienti vanno invitate a muoversi poiché l'esercizio fisico va a riscaldare più rapidamente dei brividi.

Le vittime sonnolenti o comatose hanno una bassa soglia per lo sviluppo di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare senza polso.

E’ fondamentale l'infusione endovena di liquidi riscaldati : comunque non bisogna mai ritardare il trasporto del paziente in ospedale.

Per quanto riguarda l'ipertermia essa si manifesta quando la capacità dell'organismo di termo regolare viene a mancare e la temperatura interna supera quella mantenuta normalmente dai meccanismi omeostatici. L'ipertermia può essere esogena o causata dalle condizioni ambientali oppure secondaria a produzione endogena di calore.

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L'ipertermia maligna è una patologia che si verifica in individui predisposti geneticamente dopo aver assunto anestetici alogenati e miorilassanti depolarizzanti.

Il colpo di calore rappresenta una risposta infiammatoria sistemica dove la temperatura interna riesce a superare i 40° centigradi.

Esistono due forme di colpo di calore, quello classico, non da sforzo e quello da sforzo.

In genere il colpo di calore classico colpisce gli anziani durante i periodi più caldi mentre il colpo di calore da sforzo si presenta durante gli sforzi fisici intensi quando sono presenti temperature ambientali atte ed il livello di umidità è elevato. In genere colpisce adulti giovani in buona salute e la mortalità è compresa tra il 10% ed il 50%.

Patologie a carico della pelle possono favorire i colpi di calore.

La clinica dell'ipertermia è rappresentata da una temperatura interna superiore ai 40° centigradi con cute calda e asciutta, disturbi cardiovascolari, insufficienza respiratoria, disfunzione del sistema nervoso centrale, insufficienza renale ed epatica e rabdomiolisi.

Il trattamento è rappresentato innanzitutto ldal sostegno delle funzioni vitali e dal raffreddamento del paziente. Si deve iniziare a raffreddare il paziente prima che raggiunga l'ospedale diminuendo la temperatura corporea e portandola perlomeno a 39° centigradi.

In caso di arresto cardiaco vanno eseguite le procedure di BLSD standard mentre si raffredda il paziente.

Le tecniche di raffreddamento includono l'utilizzo di bevande fredde, la ventilazione forzata dopo aver rimosso gli abiti e la aspersione con acqua tiepida.

Gli impacchi di ghiaccio alle ascelle, all’inguine ed alle estremità possono essere molto utili; il raffreddamento superficiale può causare brividi. Quando i pazienti stabili sono anche collaboranti l'immersione in acqua

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fredda e importante ma potrebbe causare una vasocostrizione periferica che riduce la dissipazione di calore.

Non è praticabile l'immersione quando il paziente è grave e/o comatoso.

Anche l'utilizzo di flebo con liquidi raffreddati risulta essere fondamentale, tenendo presente che non esiste un farmaco specifico che abbassa la temperatura interna dopo il colpo di calore.

L'avvelenamento rappresenta una delle cause principali di morte nell'età inferiore ai quarant'anni.

Esso è secondario ad assunzione (volontaria o meno) di farmaci o droghe. L'avvelenamento accidentale è più comune nei bambini.

Il trattamento è basato sulla terapia sintomatica e sull'eliminazione del tossico una volta identificato.

I centri antiveleno regionali o nazionali rappresentano un presidio fondamentale per il trattamento del paziente avvelenato.

Limitare l'assorbimento dei tossici ingeriti ed accelerare l'eliminazione di quelli assorbiti attraverso l'utilizzo di antidoti specifici, rappresentano le vie di inizio di una terapia antiveleno

Il carbone attivo, la lavanda gastrica, l’alcalinizzazione delle urine e l'emodialisi, rappresentano le terapie d'urto in caso di avvelenamento.

Esistono degli antidoti specifici in caso di vari avvelenamenti: in caso di avvelenamento da oppiacei, si somministra il naloxone cloridrato; in caso di avvelenamento da benzodiazepine si somministra il flumazenil; in caso di avvelenamento da antidepressivi triciclici, si utilizza il bicarbonato di sodio; in caso di tossicità da anestetico locale si utilizza la soluzione lipidica al 20% per via endovenosa.

In caso di avvelenamento da cocaina si possono utilizzare piccole dosi di benzodiazepina per via endovena; inoltre la nitro glicerina e la fentolamina possono antagonizzare la vasocostrizione coronarica che è stata indotta dalla cocaina stessa.

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La bradicardia indotta da farmaci può essere trattata attraverso la somministrazione di atropina quando la bradicardia e causata da organo fosforici, carbamato o nervini.

Il pacing trans cutaneo risulta essere efficace per la bradicardia grave causata da sovradosaggio di farmaci o intossicazione in genere.

L'asma è una patologia molto diffusa nel mondo.

Il salbutamolo, gli anticolinergici nebulizzati, il solfato di magnesio e la aminofillina, rappresentano le opzioni terapeutiche per attacchi di asma acuto.

In caso di arresto cardiaco seguire i protocolli di BLS ed ALS standard.

Intubare precocemente il paziente poiché c'è il rischio significativo di distensione gastrica ed ipoventilazione.

Assicurare la frequenza respiratoria raccomandata ovvero 10 atti al minuto.

La anafilassi è una reazione di ipersensibilità generale potenzialmente mortale.

Il trattamento utile per lo shock anafilattico è rappresentato dalla adrenalina, somministrata per via intramuscolo quando si è tempestivi nel riconoscerla. In caso di arresto cardiocircolatorio l'adrenalina va utilizzata per via endovena. (Algoritmo 1)

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Algoritmo 1

L'arresto cardiaco in seguito a chirurgia cardiaca è un evento alquanto comune nella fase immediata post-operatoria. Il trattamento è rappresentato dalle compressioni toraciche esterne e dalla resternotomia di emergenza.

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Nella gravidanza il trattamento medico deve essere effettuato ponendo la donna sul fianco sinistro (ponendo un cuscino sotto ilo fianco destro della paziente)o spostando manualmente l'utero a sinistra per evitare la compressione della vena cava.

Effettuare una buona rianimazione cardiopolmonare in una donna gravida vuol dire salvare la vita anche al feto.