abele.docx · web view10.01.53 parto militare in guerra da pavia arrivo a foggia 12.01.43...

22

Click here to load reader

Upload: dinhtruc

Post on 15-Feb-2019

212 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Cerastico Abele

La mia prigionia

Mi chiamo Cerastico Abele sono nato il 4 maggio 1923 da Cerastico Carlo e Volpi Clementina.

Il mio nome e cognome tramandato dal capostipite della mia famiglia dal nome di mio bisnonno Abele un trovatello nato nel 1848 venne rinvenuto nei boschi di S. Biagio di Garlasco in una culla principesca da un uomo cercatore di funghi il quale alla scoperta del neonato un bellissimo bambino di sesso maschile.

Il ritrovatore si chiamava Ernesto soprannominato Stico un uomo di origine paesana che viveva di espedienti (cercatore di funghi un po’ bracconiere) alla vista del neonato si precipita alla tenuta cascina Occhio gesticolando e urlando di aver rinvenuto nel bosco circostante fra Parasacco e la cascina Occhio un bambino. Il proprietario della cascina fa avvisare alle guardie del comune di Garlasco dell’avvenuto ritrovamento.

Allarrivo delle guardie incominciano gli interrogatori e chiedono ai presenti chi cera all’atto del ritrovamento chiedono chi cera presente i presenti in coro gridano Cera Stico! Le guardie annotano allora Cerastico ed il bambino viene portato all’orfanotrofio S. Anna di Garlasco il quale era gestito dalle suore. Il bambino viene accettato informano il parroco visto le dichiarazioni delle guardie gli imposero nome di Abele ed il cognome scritto dalle guardie e così divenne Cerastico Abele nato a Garlasco il 16 maggio 1848 figlio di NN come si usava allora.

Il bambino non fu riconosciuto da nessuno rimase al S. Anna i quali ricevevano offerte da ignoti per il mantenimento allo studio e vestiario fino alla maggiore età.

Compiuto i 20 anni viene richiesto per fare il militare e come si usava ai tempi occorreva una somma considerevole per l’abbigliamento per essere arruolato. So anche questo arrivarono le somme necessarie da una persona ignota.

Al ritorno dal militare del 1860 venne richiesto dal proprietario possidente della cascina Occhio ed inserito in famiglia con l’incarico di tutto fare e di cocchiere della famiglia.

Sposatosi nel 1861 con la signorina Migliavacca Giuseppa residente a Dorno fatte le pubblicazioni presso la parrocchia di Dorno il matrimonio venne celebrato al santuario della Madonna della Bozzola che era sotto la diocesi di Garlasco (l’archivio della chiesa andato distrutto da un incendio nel 1980) […] la famiglia di Cerastico Abele e Migliavacca Giuseppa ebbero 8 figli 4 maschi e 4 femmine.

[…]

1942

Siamo in guerra il cibo scarseggia ma la passione è tanta e anche remunerativa in fatto di denari nonostante tutto il mio comportamento poche gare sempre molto lontane, i mezzi di trasporto inefficienti. Quindi attività molto ridotta tanti e tanti kilometri tra gare e allenamenti dopo il lavoro di sera fino tardi di notte facevo tre volte alla settimana al martedì fino a S. Salvatore Monferrato alla km 80 sera dopo il lavoro di giovedì andavo sempre alla sera km 120 andavo a Casteggio facendo il Montalto.

1

Page 2: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

1943

10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci mandano a fare istruzione in borghese. Alla prima istruzione ancora imborghesito non consapevole di essere un militare. Il sergente istruttore sull’attenti mi redarguisce che gli ho riso in faccia (perché avevo il sole in fronte gli rispondo che si sbaglia) non mi perdona e mi affibia 10 giorni di rigore 20 di passare la notte in prigione e di giorno istruzione 30 giorni di consegna semplice quindi per i due mesi passati al Car (centro addestramento reclute) non posso uscire x Foggia mai vista.

Aprile 1943 passato l’addestramento per punizione mi trasferiscono da Foggia a Nocera inferiore per addestramento alla batteria scorta convoglio sulle motosiluranti M.A.S.

Alla partenza da Foggia alla sera alle ore 21 arrivo a Nocera alle ore 9 ci comunicano che a Foggia nella notte bombardarono la caserma dove eravamo di stanza noi trasferiti causando una quarantina di morti.

Noi di Nocera Inferiore sotto a Vesuvio dove bombardano continuamente tutte le notti come prima lavoro tappare le buche delle bombe sganciate il giorno prima.

Dopo due mesi passati a Nocera Inferiore non bombardano più e noi facevamo istruzioni al tiro con […] di tiro.

Il nostro comandante della compagnia si chiamava tenente Abbatangelo era alto quasi 2 metri ed io essendo alto 1.80 alle gita in campagna essendo il più alto della compagnia ero sempre a suo fianco.

Luglio 1943

Trascorso il periodo di istruzione arriva l’ordine di andare alla Spezia porto militare ma il tenente per me non cè ordine partenza mi trattiene con lui (sono partiti in 15). Dopo qualche giorno partiamo per la Sicilia in treno tutto a posto la tradotta parte dopo pochi chilometri ci fermano tutti. Sotto una galleria tra Battipaglia e Napoli è successo che un treno merci locale carico di merci e con circa 600 portoghesi con merci di contrabbando il treno troppo carico in una galleria slittano le ruote e non riesce a superare il macchinista al buio di notte con la macchina a vapore continuando a mettere carbone il vapore e il fumo intasano la galleria i passeggeri tutti clandestini addormentati non si svegliano più erano tutti morti circa 600.

In quel momento ci trasferirono tutti a Brindisi accampato sotto un noccioleto dopo qualche giorno arriva l’ordine di imbarco. Avviandoci al porto fortunati proprio la notte che gli americani e gli inglesi sbarcarono in Sicilia noi effettuavamo la traversata da Brindisi e Valona in Albania.

La traversata con un mare a forza 10 circa 6000 militari diretti in Grecia assistendo a scene di panico totale la nave che si chiamava Lombardia resistette nonostante fosse sballottata come una trottola – tutti sopra coperta la nave sembrava che dovesse affondare da un momento all’altro ma finalmente al mattino arrivammo a Valona in porto – ripartiamo passando da Cefalonia egli altri proseguono per Corinto. La sera stessa ripartiamo da Valona per Corinto. Arrivati al largo nei pressi di una montagna siamo attaccati con lanci di siluro ma fortunatamente indenni.

Al mattino all’alba allinearono la nave per essere rimorchiata all’attraversamento del canale di Corinto.

2

Page 3: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Finalmente arrivamo ad Atene ancorati fuori dal porto ci trasferisco sulle alture sopra la città accampati con un vento fastidioso con raffiche di sabbia di lasciarci senza respiro.

Al 15 di agosto ci imbarchiamo nuovamente su una nave che non ricordo il nome tempo bello traversata fino all’isola di Lero ci inseriscono nel porto […] al comando della marina militare nella notte precedente era successa una cosa orribile contro altri militari italiani accampati sotto una pianta. Questi militari accampati alla sveglia si recavano su di un muretto adiacente all’accampamento nei pressi di un ruscelletto per effettuare i bisogni corporali. Allineati sul muretto una decina di nostri commilitoni stavano facendo i loro bisogni, quando improvvisamente arriva un militare tedesco ubriaco fradicio. Prende il fucile mitragliatore […] vede tutti i sederi dei militari italiani e con una raffica ne uccide quattro, feriti altri sei in quello stesso istante arriva un ufficiale di marina italiano che aveva assistito alla scena strappa il fucile al soldato tedesco e con la canna in mano le spacca la testa dopo si butta dal dirupo in mare uccidendosi. Il resto mi è stato impossibile accertare.

In quanto la nave stava levando gli ormeggi per la partenza per Rodi.

Arrivati a Rodi in bassa marea la nave stracarica non poteva entrare in porto. Ci ormeggiano vicino alla […] ma la nave urta con il basso fondale e si incaglia. Ci fanno scende chi a nuoto chi con le scialuppe essendosi la nave leggermente inclinata.

Dopo […] ci inviano a piedi alla periferia di Rodi vecchia. Con mezzi di trasporto la nostra compagnia viene trasferita presso l’areoporto Calato di vicino al promontorio di Lindo.

A Calato ci fanno fare una […] sul mare dalla pista per atterraggio e partenza per aerei militari. Ci accampiamo nei pressi tra Calato e Lindo. Ci fanno tracciare sulle colline le strade per le piazzole dei cannoni (che dovrebbero arrivare dall’Italia) per la guardia costiera (mai arrivati).

Fine agosto 1943 la guerra è sempre in corso ma stiamo perdendo su tutti i fronti . gli americani sbarcati in Sicilia sono già alle porte di Cassino.

8 settembre 1943

Il governo italiano cede le armi ai tedeschi nei CI a Rodi comandati dai nostri ufficiali. Combattiamo contro i tedeschi e ci ritiriamo armi in pugno sopra un torrione con strada con ponte elevatoio praticamente impossibile da espugnare. Dopo otto giorni arroccati sul torrione sotto di noi passava una strada che da Calato andava verso Arcancelo.

Eravamo sprovvisti di tutto nella strada sottostante passa una colonna tedesca da parte nostra con un tiro azzecco colpiamo un’autoblinda tedesca bloccando la strada la colonna si ferma dopo due giorni la colonna sembrava abbandonata non dava segni di vita. Tutti d’accordo tentiamo una sortita. Ci caliamo con funi dal diruto. Momento e un gruppo è già arrivato agli automezzi.

Dall’altro versante della strada in […] c’erano i tedeschi che aprendo il fuoco uccidono 8 nostri compagni. Tutti quelli che stavano seguendo i primi si arrampicano ancora sul torrione. […] Il comando tedesco ci ordinò di arrenderci. I nostri ufficiali non avendo più nulla nè da mangiare né munizioni cedono le armi. Gli ufficiali e sottufficiali vengono portati via e noi fatti prigionieri.

3

Page 4: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Al censimento tutti i prigionieri con nome ebreo Abele Abramo Ezechiele e cognomi di città italiane Milano Torino Venezia non erano rari ma li considerano di origine ebraica e non ci volevano come volontari eravamo circa 60 […].

Da qui comincia la mia odissea. Internati in campo di concentramento ci fanno lavorare. Siamo circa 6.700, 6.800. Dopo un mese siamo allo stremo poco cibo quasi niente ci fanno fare lavoretti negli accampamenti dove si sono insediati loro.

Una mattina di ottobre ci chiamano in 24 per andare a lavorare presso la caserma della marina italiana abbandonata sulla postazione dei cannoni a lunga gittata verso Cipro e alla Turchia. Io lavoro tutta la mattinata nella caserma comando incassata nella roccia sul cocuzzolo del promontorio su Lindo.

Lavoro a riparare la stufa che serviva da riscaldamento per il comando. Il comandante tedesco un sergente maggiore con altri sei militari alto quasi due metri mi ordina di fare il possibile di trovare nei dintorni legna da ardere. Da parte mia […] giro nei dintorni in cerca di legna.

Vado a cercare un po’ dappertutto anche nei camminamenti della marina italiana e scopro un deposito di munizioni italiani ammassati nei sotterranei. Io svolgo il mio lavoro fatto tutto a regola d’arte accontento il maresciallo comandante nei minimi particolari a ventanni potevo essere suo figlio.

Il giorno dopo ancora i soliti 24 ci chiamano per andare ancora al solito posto nella batteria comandata dal maresciallo tedesco. Nell’andare sul posto di lavoro d’accordo tutti assieme combiniamo di far esplodere tutte le munizioni che avevo scoperto. Qualcuno era d’accordo altri no. I d’accordo facciamo ad estrazione di chi doveva far saltare il deposito. È toccato proprio al sottoscritto.

Finito il lavoro assegnatomi ancora nella casetta adibito al comando del maresciallo assolvo il mio lavoro ancora con perizia. Al termine verso le 14 del pomeriggio ci congedano invitandoci a tornare sempre a piedi nel campo di concentramento.

Nel scendere dalla collina mi nascondo dietro dei massi. Dopo un po’ mi incammino in mezzo alle rocce e entro nella galleria dove erano accatastai tutti le munizioni e i proiettili dei cannoni di artiglieri da 149 mm a lunga gittata.

Mi nascondo però […] pensavo alla mia famiglia mia madre mio padre mia sorella che si era appena sposata e mi dispiaceva morire così malamente.

Mentre pensavo per trovare il modo di poter fuggire lo sguardo nel buio della galleria cominciò a vedere qualche cosa, gli occhi si posarono su una catasta di cassette italiane con all’esterno scritto (Balestite). Mi fermo e ci ripenso. Le cassette erano sigillate con fil si ferro cotto: allora ne apro una – sorpresa – all’interno in sacchetti bianchi vi erano due pacchi ne apro uno lo scuoto esce la balestite in tubetti lunghi circa 40 centimetri.

Allora penso di prendere il sacchetto e siccome dormivamo per terra e non avevo cuscino penso questo va proprio bene: lo piego lo metto in tasca tutte e due. Mentre pensavo al da farsi volevo legare infilando un pezzo di legno fra i tubetti rompendo la cassetta legarli una contro l’altro fare una fila e poi darle fuoco e scappare (la balestite incendiandola avrebbe potuto fare da razzo e per reazione allontanarsi ma io avrei legato con il filo di ferro alle altre cassette accatastate).

4

Page 5: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Metre stavo pensando al da farsi con voce perentoria mi sento urlare in tedesco (Vas mas tu da ind) e mi puntava la baionetta del fucile sulla schiena lasciandomi una piccola ferita sulla spina dorsale. Sempre con la baionetta appoggiata alla schiena mi spinge fuori dalla galleria e a gesti mi fa capire perché è venuto a cercarmi. Nello scendere la collina tra le rocce c’era un passaggio […] allora lui contando i militari italiani che ritornavano al campo di concentramento a contato sol 23 soldati italiani ne mancava uno. Mi è venuto cercare. Mi porta al comando il maresciallo tedesco (io non capivo una parola) si è meravigliato mi a fatto capire perché io che avevo lavorato così bene perché avrei fatto questo.

Allora a segni gli feci capire che non avevo il cuscino ero andato a prenderlo nelle cassette di balestite. Lui mi risponde in tedesco (Tu mai libe). Riunisce tutti gli effettivi del comando 7 persone mi fa entrare nel comando mi mette in [angolo] e si riuniscono in seduta dietro a un tavolo e cominciano a discutere nella loro lingua ogni 10 minuti si alzavano a saluto militare gridando (Ail Hitler) sullattenti gridando Alleluia. Poi continuavano a parlare tra di loro.

Dopo circa un’ora di scatti sull’attenti il maresciallo (poteva benissimo essere mio padre) mi prende per il bavero apre la porta e con un calcio nel sedere mi trovo sulla scalinata che portava fuori dal buco della casermetta con indifferenza salgo sulla sommità della […] e facendo finta di niente mi incammino per andare al campo di concentramento (pensando adesso mi sparano). Appena capii che ormai ero lontano mi misi a correre tanto forte che arrivai al campo prima dei miei amici. Il giorno dopo mia assentai dal lavoro nascondendomi.

Passarono diversi giorni la fame era lunica nostra mancanza. Di mangiare non se ne parlava. Io andavo a prendere da mangiare: il rancio era ed avendo una gavetta (e lò ancora) in più prendevo con molto rischio per me per Cerastico, Tavani e Strafonini […] dopo settimane non stavo più in piedi, ci cibavamo solo di ghiande delle roveri facendole bollire per giorni intieri amalgamandole con erba di sterpi, dopo bollite e asciugate avendole benlavate per togliere il veleno (tannino) le mangiavamo.

Dicembre 1943

Ancora caldo. Ma purtroppo la fame non cessava gli escrementi nostri io, Tavani, Cagna, Strafonini ed altri , sembravano mattoni. Dopo qualche giorno stremati ci ricoverano nell’ospedale installato da medici dipendenti dell’esercito italiano dell’aviazione militare un tenente medico ci informa che le uniche medicine a loro disposizione sono pochissime punture a base di ferro.

Dopo tre o quattro giorni ci dimettono, barcollanti io Tavani e Strafonini andiamo nella baracca assegnataci il Cagna ci dice che non vuol più mangiare di lasciarlo morire in santa pace è l’unico che viene trasferito in Italia morente (al ritorno ho saputo che era tornato a casa e era vivo e vegeto).

Noi nel frattempo arriva l’ordine di evacuare il campo di Calata e ci inviano a piedi a Rodi (60 km). arrivati a Rodi ci accampano in una pineta in attesa di imbarcarci per la Grecia.

Gennaio 1944

In attesa dell’imbarco dormiamo per terra allo scoperto. Nell’attesa mi ammalo di malaria. Mi ricoverano mi danno del chinino e dopo una settimana la malattia sparisce. Tremolante e debole, sopraggiunge un terremoto sussultorio, ma non succede niente sotto il cielo sconquassa un po’ di muri posti longitudinalmente fra est e ovest.

5

Page 6: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Solo le pigne di bidoni di benzina si disgregano vagando un po’ dappertutto di parte mie e miei amici ci rifugiamo sopra un ceppo di pino appena tagliato al ceppo ed attendiamo gli eventi.

Verso la metà di gennaio ci ordinano di tornare al campo di Callato (60 km). Siamo distrutti ma ci incamminiamo ognuno per proprio conto.

Arriviamo a metà strada in un paesino che si chiama Arcangelo vediamo una fontanella sfiniti ci fermiamo a bere ma non ci reggiamo più in piedi dalla fame. Siamo in tre. Si avvicina una vecchietta che ci porge una manciata di ulive in salamoia, noi ringraziamo ma non riusciamo neanche a reggersi in piedi, quindi rinunciamo a proseguire (mancavano ancora 30 km circa ad arrivare a Calato). Ci addormentiamo consapevoli che era la nostra fine.

Verso le 7 del mattino seguente passa un autocarro italiano (Fiat 626) con fascia tricolore scende un sergente italiano che visto il nostro stato si offre di portarci a Calato. Cerchiamo di salire sul cassone ma io sottoscritto essendo il più altro dei tre (Tavani e Strafonini) li aiuto a salire poi cerco di salire anch’io nel frattanto l’autista fatto rifornimento di acqua alla fontana riparte, io ero ancora appeso alla sponda posteriore del cassone e non avevo la forza di issarmi i miei due compagni mi presero alla cinta dei pantaloni e con sforzi sovrumani riusciro a issarmi.

Arrivati a Calato scendiamo e andiamo al vecchio campo di concentramento a Calato. Qui arrivati ci organizziamo con dei civili del posto di scappare in Turchia aiutati da loro. Ci procurano una barca da pesca e dopo qualche notte ci imbrachiamo con pochissima acqua da bere qualche indumento e pochissimi viveri. Ci assicura che la traversata con mare calmo ce la facciamo in tre ore la distanza è circa 20 km al buio appena imbarcati usciamo dalla scogliera. Dalla riva il comando tedesco guardia costiera illumina tutta la scogliera con i riflettori noi ci nascondiamo in mezzo agli scogli in acqua. Verso la mattina tutti bagnati recuperiamo le poche cose rimaste infreddoliti con la pelle tutta arriccita come limoni capovolgiamo la barca ma per fortuna pur essendo inverno esce un bel sole noi facciamo finta di raccogliere il sale sulle anse degli scogli.

Verso le 11 ci incamminiamo per campo e rientriamo (non facevano controllo in quanto eravamo in troppi ed eravamo prigioni del mare sopra un’isola).

Al 31 di gennaio verso sera arriva un ordine superiore di controllarci tutti in quanto sospettavano che fra di noi ci fossero individui sospetti di non essere di razza ariana. Tutti i presenti che di cognome portassero nomi di città italiana oppure nomi ebraici come Abele, Abramo, Ezechiele, Davide ecc. ecc. e risultassero circoncisi oppure senza pelle nel pene (Milano, Torino, Venezia ecc.). Ci perquisirono totale dei malcapitati risultarono circa 30 persone + 30 ci portarono all’aeroporto merci (lunghe 58) verso le 12 di notte atteriamo all’aereoporto di Tatoi (Atene) nell’atteraggio dopo circa 4 ore in quanto l’aereo carico viaggiava a 10 metri sul livello del mare la pista male illuminata da torce l’aereo atterra male dopo diverse sbandate ci fermiamo contro un angar vuoto niente di rotto per tutti solo qualche ammaccatura. Scesi dall’aereo cu incammino per il campo di concentramento riservato ai sospetti di non essere di razza ariana circa 60 km a piedi.

Attraversiamo tutta la città di Atene (città aperta) nelle vetrine e nei banchi dei mercatini in bella mostra cera ogni bel di Dio (frutta focacce) ma le guardie non ci lasciavano neanche ad avvicinarci arriviamo al campo altra perquisizione prima di entrare (per fortuna che ci fermarono in un prato […] uno straccio per terra ci ordinano di depositare sullo straccio tutto il contenuto delle tasche (faccio con il tacco degli scarponi nuovi un buco sul terreno deposito tutti i miei averi nel buco (orologio, penna stilografica,

6

Page 7: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

lamette, coltello ecc.) stendo il panno sopra alla buca e metto sullo straccio il pacchetto di fascette del soccorso medico datomi dall’esercito italiano. Fatta ispezione ritiro i miei pochi averi e ci mandano in un campo a lato dei nostri commilitoni normali che si arruolavano nell’esercito tedesco.

Io avevo gli scarponi nuovi color cachi in quanto a Rodi avevo lasciato tutto anche le scarpe usate. La prima domenica fanno l’adunata nel campo ci contano fanno l’elenco dei presenti dopo due o tre giorni viene un interprete tedesco e mi ordina di andare con lui lo seguo mi porta fuori dall’entrata e mi fa fermare in attesa. Dopo qualche minuto arriva con militari dell’altro campo e mi ordina di togliermi le scarpe nuove io mi rifiuto chiamo la sentinella e mi puntano il fucile, allora obbedisco, ma mi va bene perché? Volontari dell’altro campo che chiedevano di arruolarsi nell’esercito tedesco erano con le scarpe rotte. Io di piede pur essendo alto 1.80 porto il 42 i richiedenti tutti con misure superiori e non riuscivano a infilare. Uno due tre nessuno gli andavano allora l’interprete si allontana in cerca di nuovi pretendenti.

Da parte mia infilo le mie scarpe saluto la sentinella ed entro nel campo assegnatomi in precedenza. Appena entrato corro nelle latrine e scorgo le scarpe […] altrimenti era il mese di gennaio e rimanevo scalzo.

Al 10 di febbraio ci radunano nel campo e incolonnati ci portano alla spiaggia, ci dicono di andare a seppellire i morti. Veniamo a sapere che erano naufraghi che il mare forza 10 le onde avevano portato a riva scopriamo che erano i nostri compagni del campo di concentramento di Rodi erano 6.800 tutti morti. Scaviamo le fosse sulla spiaggia quando con le scavatrici portano i morti, da parte mia faccio finta di sentirmi male e mi allontanano. Nelle fosse denudati di ogni cosa gli levavano la piastrina di riconoscimento e venivano interrati nudi ammassati e coperti di calce viva.

Da qui incomincia la mia avventura da prigioniero e capisco che il mio nome mi aveva salvato la vita in quanto i miei compagni erano tutti morti.

Mi trasferiscono a Sopplie tramite ferrovia traghettiamo scendendo, dai vagoni diversi fiumi dalla Bulgaria e ci conducono in Iugoslavia in un paesino chiamato Covin ci fanno ricoverare in un mulino. Siamo circa 400 persone rastrellate nei Balcani tutti sospetti di non essere di razza ariana.

Iniziamo i lavori per costruire una pista di atterraggio in campi di mais. Dopo un mese la posta era pronta tutta in cemento lunga più di un km e 500 metri. Il lavoro era di due turni 200 per turno di 12 ore al giorno o notte. Lavorando sempre in mezzo al fango mi si rompono le scarpe me li ritirano da riparare e mi consegnano un paio di zoccoli di legno che riempite di paglia vanno benissimo solo che per andare sul lavoro si facevano 4 km a piedi quindi 8 km al giorno ma resistono.

Continuava a piovere lavoravamo nel fango finchè un giorno arrivano tutti tubi di cemento da 30 cm di diametro per fare ai lati della pista dei canali di drenaggio per portare le acque ai lati della pista […].

Non resistiamo più iscenamo una protesta per tutta risposta adunata e a scelta 12 persone fra i quali anchio e ci fanno scavare la buca per fucilarci. Al che quando avevamo già puntati i fucili il nostro più alto in grado (un sergente maggiore) contattando il comando tedesco ci esorta di lavorare e tutti accettano.

Levati dalla buca con un grane spavento con conseguenze (dopo 20 giorni mi era spuntata una chioma di capelli bianchi) il lavoro di drenaggio continuava ai lati della pista di atterraggio. Era il mese di aprile continuava piovere la pista era pronta un mattino atterra un velivolo passeggeri a 6 motori. Scendono tutti ufficiali superiori dell’esercito tedesco ci passano vicino sulla pista di atterraggio. Fra tutti i passeggeri ufficiali dell’esercito tedesco scorgo un sergente maggiore vestito da tedesco, io irriconoscibile in quanto

7

Page 8: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

mal messo e molto dimagrito nonostante i miei 21 anni. il sergente mi rivolge uno sguardo io riconosco un mio amico di Vigevano ma non oso chiamarlo.

Il giorno dopo essendo l’aeroporto sprovisto di ogni rifugio logistico in quanto non cerano posti di ristoro, noi sempre al lavoro di drenaggio passano ancora tutti gli ufficiali tedeschi compreso anche il sergente maggio del giorno prima mi faccio coraggio e lo chiamo per nome, era lui, allora si avvicina e parlando prima con le guardie in tedesco poi si rivolge a me in italiano. Era lui un vigevanese mio amico. Mi chiede chi sono, io rispondo sono Abele Cerastico tuo compagno di premilitare di Vigevano lui ricordandomi il suo nome: Mussio Giusto il quale il papà la mamma e due sorelle abitava in corso Genova angolo via Pressa e racconta la ragione per la quale era in uniforme tedesca. Sergente maggiore dell’Areonautica italiana era di soldato in Cirenaica (ora Libia) con l’Areonautica italiana. Durante l’avanzata delle truppe inglesi ed egiziane l’armata tedesca in ritirata in disordine si trovano a Bengasi nel campo di aviazione. In aeroporto sulla pista vi era questo aereo passeggeri. Tutti i piloti tedeschi erano fuggiti con i propri aerei a disposizione in Europa il comando tedesco lo presero lo vestirono da tedesco e lo obbligarono a pilotare l’aereo per riportarli tutti in Europa.

Mi chiede cosa faccia in questa posizione da prigioniero in quanto sospettato di non essere di razza ariana. Mi chiede anche se i miei genitori sapevano dove mi trovavo gli rispondo di no dall’otto di settembre non sapevano più nulla allora mi esorta di scrivere un biglietto che da parte sua avrebbe spedito ai suoi famigliari ciò che io faccio includo anche l’indirizzo così concepito (Covin Iugoslavia presso campo di concentramento presso il mulino in disuso). Il giorno dopo passa di nuovo a salutarmi e mi porta un pacchetto di caramelle e cioccolatini in quanto non aveva altro. Dopo qualche giorno finito il rifornimento di cherosene all’aereo da lui pilotato mi viene a salutare e partono.

Il Mussio Giusto non è più tornato a casa. Dopo 8 giorni ricevo da casa una lettera in risposta alla mia inviandomi anche una foto con mia nipote Maria Teresa figlia di mia sorella appena nata. All’arrivo della missiva nel comando del campo succede il finimondo. Il comandante del campo mi convoca nel posto di guardia facendomi domande da terzo grado voleva sapere come avevo fatto a far pervenire l’indirizzo ai miei genitori. Io divagavo dicendo che avevo scritto su un foglio di carta l’indirizzo e il luogo dove mi trovavo e lasciato lungo la strada dove si passava per andare al lavoro. Non mi credettero, ma nel frattempo ricevo anche un pacchetto da un kilo da casa. Ci radunarono tutti in cortile e con un annuncio ufficiale distribuiscono cartoline della Feldpost tedesca così tutti scrissero a casa. Dopo due giormi per punizione io con il mio gruppo formato da 12 persone contrassegnato con il n. 303 aggregandoci anche i numeri 304 305 veniamo trasferiti al campo di aviazione di Belgrado.

All’areoporto di Belgrado ci fanno dormire sotto una tenda che per 36 persone potevano starci solo con la testa riparata appena arrivati ci inviano lungo la pista a riparare le buche fatte il giorno precedente dalle fortezze volanti americane che venivano a bombardare giornalmente. Come inizio a Belgrado è stato terrificante in quanto comandati da un maresciallo comandante del genio ferrovieri ci obbligato a fare un mestiere manuale inusuale (fissare le traversine dei binari) con martelli a piccona la ghiaia sotto le traversine. Mi prende di petto e mi dice (Nix gutt) mi permetto di reclamare ma per tutta risposta sfila un manico di un piccone e sferra un fendente sulla schiena. Io urlando cado per terra, mi tiran in piedi ed io un po’ cinegraficamente ricado il comandante mi esorta a non reclamare mai più.

Il mattino dopo in attesa di andare al lavoro si presenta un maresciallo maggiore dell’aviazione tedesca e mi chiama a lui con un perentorio (Com a id) e avvicinatomi a lui mi fa salire su una camionetta e mi porta fuori dal campo con lui. Appena sulla strada fianco lui mi spiega perché mi a scelto di andare con lui padre di un

8

Page 9: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

ragazzo che per altezza e […] assomigliavo a suo figlio tenente pilota caduto in combattimento. Trattato molto bene sono rimasto con lui per due mesi. Nella permanenza a Belgrado nel campo di aviazione il maresciallo che mi aveva scelto ricevette l’ordine dai superiori che alle 18 in punto dovevo rientrare al campo per ricevere quel pochissimo che davano da mangiare. Io andando in giro a perlustrare i depositi di carburante notai che in diverse cascine o fattorie abbandonate vi erano interrati nel terreno sotto la paglia di grano patate fresche. Con la fame che tenevo dopo qualche giorno alle 12 con lo zainetto mi incammino fuori dalla pista in una cascinale dove avevo notato sotterrato le patate. Pur sapendo che verso le 12 arrivavano centinaia di fortezze volanti a bombardare il campo.

Ed infatti come previsto arrivarono puntali allora fatto rifornimento di patate corro a perdifiato verso il campo arrivato cerco scampo in un rifugio incassato sotto la riva del Danubio, all’entrata una guardia tedesca si rifiuta di lasciarmi entrare, mi manda via dicendo che è riservato alle truppe tedesche. Io per loro ero un pidocchioso ebreo. Allora sotto i bombardamenti scappo di corsa e arrivo ad una casermetta ai bordi della pista di atterraggio. Dopo una mezzora suona il cessato allarme tutto coperto di calcinacci ma illeso mi incammino al campo di raccolta. Intanto cominciano a suonare le sirene delle autoambulanze: vengo a sapere che nel rifugio dove mi hanno scacciato è stato colpito in pieno e che all’interno vi erano circa 170 militari tedeschi asseragliati dalla costa sabbiosa del Danubio. Non seppi mai quanti morirono là sotto, ma furon pochi i superstiti. Gli ultimi estratti si sparavano un colpo per morire nel frattempo ci fecero fare (loro dicevano) una disinfezione spogliati nudi abiti a destra uomini a sinistra. Si passava in un tunnel dove dei soffioni sopra la testa irroravano sui nostri corpi parecchi sono morti perché credevano che fossero gas tossici. Dopo il sessantotto giorni di punizione ci riportano ancora a Covin nel campo prigionieri dopo 10 giorni arriva l’ordine di evacuare il campo ci radunano sulla sponda del Danubio, arrivano rimorchiatori con attaccato a rimorchio quattro barconi accoppiati. Ci trasferiamo sui barconi eravamo dei 400 partiti da Atene ancora in circa 220-230 saliamo tutti sul primo barcone afiancato a sinistra in quanto a destra vi alloggiavano le guardie e tutte le vettovaglie necessarie al nostro trasferimento in quanto dovevano salire controcorrente fino a […] sul Danubio.

Partiti con il primo rimorchiatore perché il Danubio era tutto minato dai russi in quanto le truppe russe erano già arrivate sul lato destro. Fatti una decina di km lungo il fiume il rimorchiatore si fermò ci accostano sul lato sinistro sotto il costone. Tutti i rimorchiatori che ci seguivano carichi di materiale bellico ci sorpassano andando a cozzare contro le mine. Le nostre guide e i macchinisti dei rimorchiatori prevedevano una rottura riparabile. Fatto lo smontaggio risultava la rottura dell’albero motore irreparabile. Questo risultava dopo 2 giorni nel frattempo ci sorpassarono tutti. Abbiamo atteso il pezzo di ricambio circa 20 giorni sempre ancorati a sinistra del fiume. In questi 20 giorni siamo stati attaccati con mitragliamenti da parte dei russi ma essendo il Danubio in grandissimo fiume eravamo molto lontani da loro. Fame fame fame. Il nostro vitto è una galletta di pane francese dura come un mattone dalle dimensioni di una fetta biscottata di oggi, una mezza gavetta di caffè nero e un po’ di brodaglia da bere acqua del fiume. Finalmente dopo 21 giorni dalla partenza riprendiamo la navigazione contro corrente eravamo circa 250 persone ammassate in questo barcone. Quando passavamo sotto qualche ponte le guardie ci coprivano perchè avevano vergogna a farci vedere dalla popolazione. Al 31° giorno dalla partenza arriviamo a Vienna (Austria). Ci fanno scendere e ci portano in un deposito merci della ferrovia su un binario morto. Sui vagoni ci sistemano in 40 in ogni vagone ci chiudono dentro con i finestrini inchiodati da […] e con filo spinato.

In queste condizioni ci tengono 3 giorni senza nessun cenno né di uscire né consegnarci né da bere né da mangiare. Incomincia l’odissea fra i componenti del vagone. I c’era chi continuava a pregare II chi bestemmiava III chi gridava improperi rivolti ai rumori dei passanti all’esterno IV da parte mia rintanato in un angolo risparmiavo anche il fiato.

9

Page 10: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Dopo 4 giorni sentiamo un urto nel vagone e capisco che ci hanno agganciati ci trascino su dei binari in aperta campagna aprono gli sportelloni e ci fanno scendere per i bisogni corporali io ero circa 34 kg alto come sono 1.80 sono uno scheletro vivente ma non cera nessuno migliore di me ai bisogni corporali nessuno si è accostato eravamo vuoti come bottiglie.

Riprendiamo il cammino e arriviamo in Ungheria vicino al lago Sopron ci sistemano in una vecchia fornace per la produzione di mattoni […] all’aperto ci portano a lavorare riparare strade.

Una mattina ci portano al paese vicino 4 km a scaricare tabacco, tutti i fumatori rubano i pacchetti di tabacco da parte mia non fumatore non tocco nulla. Al rientro in campo fanno gli spogli , chi fu trovato in possesso di tabacco furono inviati non sappiamo dove e non li abbiamo più visti. Due di loro scappati furono ripresi fatta la chiamata ci radunano in quadrato portano i due fuggitivi ripresi e li fanno azzannare e ridotti in brandelli dai cani mastini addestrati. Dopo qualche giorno ci portano sempre al paese (mi sembra che si chiamasse Sopron) a scaricare dal treno sacchi di farina per pane (la farina scaricata era 50% di grano e 50% farina di patate) incurante della paura di ispezione scucio nella parte alta le fodere delle maniche della giacca e la riempio di farina, lego alle caviglie i pantaloni e li riempio di farina.

Al rientro a piedi 4 km non riuscivo neanche a piegar le ginocchie tanto erano gonfiate di farina (sembravo il […] della pubblicità Michelin) all’entrata del campo dopo una tremenda fatica a camminare per tutta la strada arriviamo all’entrata il maresciallo ci mette in fila per l’ispezione il primo ispezionato si chiama Straforini aveva in braccio un cartoccio pieno di farina alt chiede alle guardie che ci accompagnano come […] la farina: la guardia (che poteva essere un nostro genitore) fa presente che la farina è frutto di scopatura del magazzeno dove erano stati sistemati i sacchi di farina allora ci lascia passare.

Appena nel tugurio dove eravamo alloggiati allaria aperta dei piani superiori della fornace mi libero dal peso che avevo addosso, riempii il sacchetto di tela bianca che avevo recuperato nei camminamenti a Rodi quando decisi di far saltare le munizioni giacenti sotto terra che contenevano la balestite.

La farina recuperata ne mettevo una manciata tutti i giorni nella gavetta mischiandola con la poca acqua calda che ci davano da mangiare cine era buona la farina sembrava panna densa. Dopo la notte an cercato di rubarmi il sacchetto con la farina un bene troppo prezioso per privarmene io la mettevo sotto la testa che dormendo per terra mi faceva da cuscino, non riuscirono mai a rubarmela mi durò per una 20na di giorni.

Un giorno ci distribuivano il rancio freddo allora con due pezzetti di legno intagliati come fiammiferi mi feci una squarcio sotto lunghia del pollice sinistro sangue quel poco che avevo ancora mi colava dalla mano. Vado all’infermeria che si trovava nella fornace sotto dove eravamo noi era ottobre e all’esterno dove eravamo faceva un freddo polare ma in infermeria faceva caldo, come entro in infermeria mi controllano lo squarcio che avevo ma con il caldo mi sento male, mi rianimano ma non mi chiedono come mi sono procurato una ferita così e mi spediscono ancora al freddo.

Nella notte due nostri compagni di sventura cercano la fuga. Le guardie sguinzagliano i cani, dei colossi, li trovano, li portano al campo. Al pomeriggio fanno ladunata ci dispongono in quadrato portano all’interno i due fuggiaschi gli aizzano i cani contro che in un batter docchi li riducono a brandelli e ci fanno notare che chi cerca di fuggire è la loro fine come avevano fatto con i due compagni recuperati dopo la fuga. Ripartiamo dalla stazione e via treno ci portano in Austria a Swittau, Fertoracas, Valkchenbur, Breslavia, Creffenberg in […] Slesia su una montagna dove cera un capannone nel quale ad ogni piano erano ospitati tutti i sospetti (secondo loro) di non essere legittimamente di razza ariana.

10

Page 11: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Appena sistemati nello stanzone al secondo piano su castelli di legno multipli (al piano terreno si stabilirono le guardie e le cucine) era dicembre 1944 ero in condizioni pietose ero pelle e ossa circa 34 kg. Il lavoro notturno consisteva dalle ore 18 della sera alle 6 del mattino a 20 gradi sotto zero. Per recarsi sulla montagna al posto di lavoro dovevamo percorrere dalle 16 due ore di cammino sulla neve per arrivare in tempo alle 18. Sulla montagna abbiamo abbattuto tanti pini per spianare e fare un eliporto per una spianata di circa 200 metri rotonda. Finito di spianare con una funicolare impiantarono un impianto per fare il cemento. L’impianto era centrale con cinque diramazioni di grossi tubi con un compressore che mandava il cemento bollente ai cinque buncher che stavamo preparando per fare la piattoforma per gli ascensori per scendere il galleria sotto la montagna (premetto sotto la montagna stavano completando tutto l’impianto per la costruzione della bomba atomica).

Io facevo il carpentiere stavamo preparando le armature per i buncher, armarli per riempirli di cemento proveniente dall’impianto centrale. Finito di preparare la piattaforma è incominciato ad affluire il cemento fuso dal calore. Il freddo era a meno 20 il tragitto dal cemento nei tubi si raffreddavano e cera il pericolo del blocco totale con il fermo completo dell’impianto. Allora lungo il tragitto dei tubi ogni 4 metri allestirono dei bracieri e ci obbligarono ogni due persone con le portantine di portare il carbone e tenere accesi i bracieri. Per ogni tubo in partenza dall’impianto alla destinazione erano circa 20 bracieri quindi cera da muoversi e correre per non lasciarli spegnere. Una notte facendo questo lavoro verso le 5 del mattino esposti io e il mio compagno al riparo di una catasta di legno vicino ad una braciere ci siamo appisolati, svegliati di soprassalto da una frustata da una guardia SS di controllo mi sono trovato con la punta delle scarpe semibruciate. La guardia SS con una […] a fare fischi e chiama le nostre solite guardie li richiama li rimprovera e li frusta con la coda di gatto. Le guardie esauste anche loro non ci rimproverano ma ci ordinano di proseguire il nostro lavoro.

La sera successiva sfinito e affamato vado in infermeria dicendo che avevo al febbre, mi consegnano il termometro per la misurazione metto il termometro dentro l’ascella fra la camicia tutta rotta e lo faccio roteare velocemente […] vengono a togliermelo risultato che avevo 37,5 di temperatura, mi ricoverano ma con la febbre non mi viene consegnato niente da mangiare neanche l’acqua calda. In infermeria vi erano dei malati terminali in fin di vita ai quali veniva data una manciata dicevano che erano malati di tifo, colera ecc. io per non morire di fame raccontavo il tutto e fra me dicevo morire sì ma con la pancia sazia. Dopo tre giorni mi mandano fuori ma non faccio più in tempo ad andare al lavoro dobbiamo evacuare il posto.

I russi stavano avanzando ed occupano tutto in galleria, treni, vagoni e materiale bellico nella fuga trasportati dai camion ci fermano in un paesino dove cera una segheria in Austria il paese si chiamava Swittau. Ci scaricano e ci obbligano a fare sbarramenti con pali e tronchi sulla strada nel paese erano accampati profughi, polacchi, ungheresi di origine tedesca. Nella segheria dietro le montagne di tronchi vi era una fattoria, io faccio finta di chiedere di allontanarmi per bisogni corporali. Salgo sulla catasta di tronchi e vedo nella fattoria delle patate sparse sotto la paglia, naturalmente le raccolgo e le metto nello zainetto. Altri miei compagni (napoletani) vedono i carri dei profughi e a mia insaputa rubano copolle e uova. Nel furto per rovistare rompono qualche servizio da te e frutta. I profughi vanno a reclamare non tanto per il furto di roba da mangiare ma per le stoviglie rotte. Il tenente comandante il nostro gruppo eravamo ancora un centinaio al rientro nel capannone dove dormivamo per terra la freddo (era il mese di febbraio un freddo) ci fa lo spoglio e trova a qualcuno le cipolle. Io pur non avendo cipolle apro lo zainetto con le patate e con n gesto un po’ di sufficienza faccio finta di essere esente da cipolle.

Il tenente estrae la pistola e cerca di assalirmi per colpirmi alle spalle e cercando di colpirmi alla testa (io essendo alto lui piccolino mi salta addosso io debole non reggo al peso mi abbasso e lui cade

11

Page 12: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

violentemente addosso incomincia a imprecare nella sua lingua con la pistola in mano io mi alzo e faccio segno di scusarmi. Si acqueta e mi lascia passare, chi fu trovato con le cipolle li portarono via non so dove non li abbiamo più visti.

Giorni dopo ci portano in Cecoslovacchia (ora Slovacchia) a Brno e ci installano nel vecchio carcere denominato Spilberg (il carcere dove Silvio Pellico scrisse Le mie prigioni) eravamo non nei sotterranei ma ai piani superiori. Dopo una decina di giorni ci trasferiscono in un paesino di nome Libciani in piccoli capannnoni prefabbricati di legno. Era febbraio ed eravamo al freddo.

Arrivati a Libciani il sindaco con il medio condotto ci vengono a visitare per le condizioni che ci riservavano i nostri carcerieri. La figlia del medico condotto mi avvicina e con un sorriso mi salita aveva 19 anni una bella ragazza e mi fa un segnale che io non capisco ma mi ero reso conto che voleva aiutarmi. Il lavoro per noi era di fare sondaggi nella collina vicino al paese poco lontano che i cechi avevano chiamato Italienca in quanto si erano sistemati prigionieri italiani della guerra 15-18. Uscivamo alla sera al buio accompagnati dalle guardie con torce elettriche a scavare sulla collina in cerca di sabbia e ghiaia per fare il cemento per fortificazioni. Subito la prima sera all’uscita mi avvicina la figlia del medico condotto e in un italiano un po’ modesto mi fa segno che al ritorno nel magazzeno degli attrezzi mi avrebbe collocato […] pagnotte di pane.

Al ritorno ancora la buio alle sei di mattina trovo la pagnotta di pane la ritiro e la porto nel capannone. Poi con comodo senza farmi vedere dai gruppi di dodici n. 301-302-303-304-305 divido con i miei dodici compagni del 303 il pane e le consiglio di dividerlo con noi altrimenti non lavrei resa. Si rifiutarono e io la distribuii in parti uguali per tutti e così fecero (erano tutti napoletani). La pagnotta la trovai tutte le mattine al rientro al solito posto e la dividevo sempre in parti uguali con i miei compagni. Una mattina non trovo la pagnotta al solito posto in camerata noto che il gruppo 302 avevano una pagnotta era la mia. Rapidamente gli la strappo dalle mani.

Dopo la liberazione del 4.5.45 – data del mio 25 compleanno, ci visitarono immediatamente noi prigionieri esortandoci a rimanere al campo il sindaco di Brno e il medico condotto accompagnato dalla propria figlia la quale venne immediatamente vicino a me invitandomi a casa sua io educatamente rifiutai perché ero speranzoso di tornare a casa.

Il giorno 6.5.45 alla sera tornarono ancora tutte le guardie cantando Lili Marlen entrano nel campo . l’interprete con arroganza ci dice: Siete ancora qui male! Non andrete più a casa perché noi tedeschi ci siamo alleati con gli americani per combattere i russi. Noi caduti dalle nuvole siamo costernati e facciamo buon viso a cattivo gioco. Alla sera del 6.5.45 i guardiani sono spartiti e noi siamo stati liberati dall’Armata Russa femminile.

Al 7.5.45 l’Armata Russa con dei camion g.m.c. militari scoperti e ci trasferiscono a Libciani sobborgo di Brno in un villaggio costruito ex nuovo con ogni confort (piscine, campo gioco, sale da concerto). Nel tragitto con un colpo d’aria prendo un mal d’orecchi terribile con la febbre a 42 dolore con uscita di sangue dall’orecchio (utite) mi ricoverano nella piccola infermeria del villaggio. Rimango ricoverato per 8 giorni la febbre non passava l’infermiera mi dava delle pastiglie non confacenti alla malattia mia. Nel frattempo arrivarono reduci dal fronte russo con molti malati gravi. Mi dimettono mandandomi in camerata. Io no ero grave fra i reduci della Russia ci sono molti alpini fra i quali un caporal maggiore piemontese non ricordo il nome era di Cossato nel Biellese il quale vedendomi soffrire mi chiede cosa mi angustia anche il male. Io le spiego il mio male. Allora lui mi dice: ci penso io. Tira fuori dallo zaino un moccolo di candela con il coltello taglia pezzi di cera li mette nel proprio cucchiaino accende la candela e fa sciogliere la cera, mi invita ad appoggiare l’orecchio sul tavolo e vuota il contenuto nell’orecchio. Al momento divento cieco

12

Page 13: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

ma trascorso circa 10 minuti ci rivedo e per fortuna mia mi scompare il male (ed ancora oggi dopo molte visite e dopo molti anni ci sento ancora bene senza mai aver sofferto di mal d’orecchio).

Passata la febbre dimagrito essendo arrivato al minimo di peso 34 kg vestito arriva la fame. Come primo pasto l’Armata Russa mi da mangiare spezzatino di carne con piselli molto unti. Il mio corpo dopo tanta fame non regge e mi prende la dissenteria. Il mio stomaco intestino non tratteneva niente neppure l’acqua tutto quello che ingerivo dovevo lasciarlo nel bagno. Allora dopo due giorni ero disidratato ma le vie del Signore sono infinite. Al ricovero in infermeria non avendo nessuna maglia i Russi mi donarono una maglia di lana molto pesante ma di una misura enorme io magro e emaciato ci stavo dentro 2 volte.

I miei amici si recano con questa maglia dai civili di Libciani gente povera ma contadina e scambiano la maglia con un vaso di peperoni sotto aceto e le portano. Io assetato dal pomeriggio alla sera mangio tutto bevendo anche l’aceto. Il mio corpo resistette ma mi incominciaro i […] allo stomaco con inimaginabili dolori (dolori che al mio ritorno mi costrinsero a farmi opere di ulcera allo stomaco).

Dal 15.5.45 incominciammo supportati dall’Armata Russa per il rientro il Italia. Ci mettono su un treno e con un viaggio molto lungo ci trasferiscono a Linz in Austria. Arrivati a Linz (Austria) occupata dagli inglesi non ci accettano si rifiutano di trasferirci in Italia. I russi non sapevano di tale rifiuto (li avete liberati voi riportateli in Italia). Eravamo senza vitto, allora i russi (era il periodo della raccolta delle patate era verso la fine di luglio) dissero di arrangiare nel frattempo stavano organizzando di riportarci in Italia tramite la via del Mar Nero.

Nel giro di quattro giorni abbiamo raccolto tutte le patate nel raggio di chilometri. I contadini austriaci ci prendevano a raccogliere le patate e ci portavano al comando russo i quali in presenza degli austriaci ci rimproveravano energicamente ma via loro ci facevano uscire da un’altra parte e ci rilasciavano. Dopo cinque o sei giorni gli inglesi ordinando al comando russo di compilare un elenco nelle 3 lingue italiano russo inglese di tutti i presenti e finalmente ci accettarono portandoci al Brennero sul confine italiano. Al campo di disinfezione (contumace) con noi arrivarono al campo anche un centinaio di ufficiali superiori italiani anche loro reduci da prigioneria. Fra gli ufficiali scorgo un mio maestro di scuola tutto emaciato ridotto pressa poco come noi. Tutti sbrindellato, pantaloni a pezzi, io intraprendente nell’attesa della […] fino al trasferimento al Brennero avevo fatto con i resti del mio cappotto due paia di calzoncini corti cuciti a mano senza tasche. Visto le condizioni del tenente Preda dei bersaglieri gli dono un paio dei miei pantaloncini per poter essere almeno vestito erano senza tasche ma le accettò.

Dopo le disinfestazioni con autocarri scoperti ci portano alla stazione per trasferirci in Italia. Alla guida vi erano autisti americani di colore. Nel trasferimento autisti ubriachi spericolati alla guida sulla tortuosa strada per la stazione l’autocarro sbanda e si rovescia sulla strada ma tutto va bene ammaccati ci raduniamo ed arriviamo alla stazione e si parte. Appena varcata la frontiera si ferma il treno allora tutti con gioia scendiamo dal treno a baciare la nostra terra. Arriviamo a Pescantina (BS) e lì al campo di smistamento ci identificano e ci offrono ad ognuno lire 400 noi ignari dell’inflazione siamo contentissimi e alla sera usciamo in paese e ci fermiamo affamati a prendere un panino con salame. Sorpresa il panino costava 50 lire al che la somma percepita bastava per 8 panini.

Dopo due giorni arrivano pulman americani e caricati ci portano a Milano in piazza Duomo ci riceve una folla immensa di cittadini con un calore umano e tutti ci chiedevano da dove arrivavamo noi ripetevamo che venivamo dalla Cecoslovacchia. Le domande con in mano delle foto dei loro cari erano tutte richieste se avevamo visto qualcuno di loro. Venne la sera io volevo andare a Vigevano ma la voce si era sparsa saremo stati in circa 250 militari. Tutti ci offrivano asilo per la notte. Io in compagnia di Mussi di Garlasco e

13

Page 14: Abele.docx · Web view10.01.53 parto militare in guerra da Pavia arrivo a Foggia 12.01.43 reggimento di artiglieria. Mio padre accompagnatomi al distretto non ci sono le divise ci

Gabrotti di Dorno conosciuti lì per lì a Milano riesco a farli venire con me e ci incamminiamo verso Porta Ticinese io un po’ pratico di Milano per andare prendere il tram per Abbiategrasso. Raggiungiamo la partenza del tram era il 25.8.45 ore 19. Saliamo sul tram stracarico di gente ad un certo punto vengono i controllori noi eravamo senza soldi e senza biglietto discussione a non finire finchè sono intervenuti dei passeggeri a nostra difesa e siamo risusciti ad arrivare ad Abbiategrasso. Alla stazione una ressa di persone in attesa come a Milano ed anche lì tutti a chiederci informazioni.

Ma io volevo tornare a casa. Con i miei due amici ci incamminiamo verso la vecchia strada per Vigevano. Già avevo deciso di passare dalla ferrovia perché era più breve ma arrivati al passaggio a livello per Vigevano era chiuso. Si ferma un vecchio autocarro con rimorchio vuoto chiediamo se ci lascia salire all’autista con piacere ci esorta solo di stare attenti perché la strada è sconnessa. Partiamo. Allo scoccare delle ore 24 scendiamo a Vigevano di fronte all’ospedale.

Nessuno sapeva a casa mi anche tornavo con i miei 2 amici ci incamminiamo verso casa mia. Con le poche cose che avevamo arriviamo in via Manara Negrone al n. 41 dove abitavo prima della partenza. Arrivato sul pianerottolo dell’abitazione nella porta accanto dove abitavano mio padre e mia madre abitava la mia sorella Giuseppina. Vicino alle porte data l’ora non busso a mio padre ma a mia sorella. Busso piano e sento una voce che dice chi è data l’ora io sussurro sono tuo fratello mia sorella sente e fa un grido di mio fratello mia madre svegliatasi di colpo dalla fretta di scendere dal letto picchia con una gamba alla traversa di sostegno del letto (un catafalco antico e si lesiona il tendine di Achille, è andata claudicante per parecchio tempo) baci abbracci a non finire i miei due amici Mussi e Gabrotti vogliono andare a casa. Mio padre aveva messa in cantina le mie due biciclette (onde evitare il sequestro da parte dei partigiani oppure dei tedeschi) una bicicletta Bianchi e una Olimpia regalatemi dal Comm. Masseroni mio presidente del Gruppo Ciclistico […] Ursus. Gonfiate le gomme partono per Garlasco e Dorno nessuno sapeva che arrivano a casa al mattino dopo le 8 arrivano a casa mia il papà e la mamma dell’amico Mussio Giusto il sergente maggiore vestito da tedesco che incontrai in Jugoslavia chiedendomi se sapevo qualche cosa del loro figlio perché non avevano più notizie da parte mia dopo quell’incontro casuale non ho saputo più niente (non è più ritornato).

14