achab ii, giugno04

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ACHAB

Speciale Etnografie BicoccaRivista Studentesca di Antropologia2004 numero IIUniversit degli Studi di Milano-Bicocca

Se volete capire che cosa sia una scienza, non dovete considerare anzitutto le sue teorie... dovete guardare che cosa fanno quelli che la praticano, gli specialisti. Clifford Geertz

EditorialeSi pu essere antropologi senza fare ricerca sul campo? Una questione antica, affrontata e sviscerata da molti antropologi fin dagli esordi della disciplina. Alla fine del XIX secolo quasi nessun antropologo conosceva i propri "indigeni" se non attraverso resoconti di seconda mano raccolti grazie al solerte lavoro di informatori "sul campo" (missionari, funzionari...). Oggi, forse, un antropologo armchair sarebbe impensabile, e qualora ve ne fossero, non avrebbero certo la stessa considerazione dei pi "esperti". Tuttavia se guardiamo al mondo della didattica, a come si formano gli antropologi, questa antica questione sembra trovare ancora una sua attualit. In questo senso proviamo a riformularla e chiediamoci: si pu studiare antropologia senza imparare ad essere o fare esperienza sul campo? Fino ad un certo punto ed entro certi limiti... E ancora, cosa si intende per "campo" oggi? Sicuramente il mito del villaggio incontaminato abitato da pochi indigeni svanito: il "campo" allora il luogo dell'antropologia ed ovunque, "qui ed ora". Questo numero speciale di Achab raccoglie alcuni dei lavori etnografici elaborati dagli studenti della laurea specialistica in antropologia per il corso di "Metodi e Teorie della Ricerca Antropologica" tenuto dal dott. Setrag Manoukian nel corso dell'anno accademico 2002/2003. I lavori qui raccolti hanno tutti un unico comune denominatore: la Bicocca. Un luogo in cui alcuni studenti hanno scelto di occuparsi di antropologia e di acquisire gli strumenti teorici per praticarla. Un luogo che diventato, quindi, un oggetto d'indagine e dunque uno spazio per sperimentare l'antropologia che dell'esperienza sul campo fa uno dei suoi cardini. Chi ha seguito quel corso sa di aver avuto un'occasione importante per sperimentare, spesso per la prima volta, l'essere sul campo in antropologia. A distanza di un anno raccogliamo questi primi, e forse per certi versi "acerbi" lavori, con la sensazione di aver fatto qualche passo in pi verso l'acquisizione di una maggior consapevolezza delle difficolt e della complessit dell'incontro etnografico.

La Redazione

Achab - Rivista studentesca di Antropologia dell'Universit Bicocca - Anno I , Numero IIRedazione: Lorenzo D'Angelo, Antonio De Lauri, Michele Parodi Impaginazione: Niccol De Giorgio e Amanda Ronzoni Grafica copertina: Lorenzo D'Angelo Responsabile del sito: Antonio De Lauri Tiratura: 200 copie Se desiderate collaborare al progetto della rivista con vostri lavori o commentare gli articoli, potete scrivere a: [email protected] oppure [email protected] La rivista disponibile anche in versione elttronica scaricabile in formato pdf dai siti www.studentibicocca.it/achab.

Indice:Presentazione Da Aldo - Trattoria ToscanaDal Borgo Pirelli alla Bicocca della Pirelli Real Estate

di Setrag Manoukian

pag. 2

di Daniela Carosio

pag. 3

Bicocca in movimentoUn tentativo di lettura etnografico

di Bruno Tuia

pag. 11

Generazioni in Bicocca: come in un paese L'abito fa' il monaco? La Bicocca: un luogo di culto

di Chiara Maestroni

pag. 17

di Anna Felcher

pag. 25

L'Universit Bicocca: il bar dell'U7 La BibliotecaLuogo del sapere?

di Stefania Carbonelli

pag. 31

di Anna Canuto

pag. 36

Antropologia di uno spazio bibliotecario Verso un analisi dello spazio poietico Camminare per la BicoccaUna descrizione densa dei percorsi per le informazioni

di Lorenzo D'Angelo

pag. 43

di Rossana Borretti

pag. 50

Gli individui nella burocrazia elettronicaGli studenti a confronto con l'organizzazione

di Tatiana Tartuferi

pag. 57

La piazza Bicocca di notte La ricerca etnografica

di Roberta Ghidelli di Antonio De Lauri

pag. 63 pag. 70

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Presentazionedi Setrag ManoukianNella primavera del 2003 ho proposto (ed imposto) ai partecipanti al corso di "teoria e metodi della ricerca antropologica" della laurea specialistica in scienze antropologiche di condurre degli esercizi etnografici sull'universit di Milano-Bicocca. Questa proposta muoveva da alcune considerazioni. Penso che per comprendere le implicazioni di una ricerca etnografgica sia necessario compierla; mi sembra che l'etnografia si possa imparare, ma non insegnare, se con questo termine si intende una modalit prescrittiva che detti "ci che bisogna fare". Questo non implica appiattire la ricerca sulla pratica, n ridurre l'importanza delle teorie e dei modelli di ricerca. Ma, a mio avviso, solo facendo etnografia che si pu sperimentare la complessit delle implicazioni anche teoriche e considerare le questioni epistemologiche sul vivo, non riducendole a semplici metacommentari, a "discorsi su" che spesso -ben articolati teoricamente-risultano avere poca incidenza nelle etnografie. Queste considerazioni sono a loro volta strategiche - proprio perch in questi anni si sono scritte molte teorie dell'etnografia che tempo di fare etnografia. La difficolt di questa impostazione d'altro canto che la pratica sfugga alla teoria e diventi trasparente, invece che esercizio di riflessione. Per questo pensavo che la scelta di un tema comune per tutti i partecipanti avrebbe facilitato il confronto e la discussione, lasciando poi a ciascuno la possibilit di scegliere il tema che preferiva all'interno del contenitore "Bicocca". Gli antropologi hanno spesso insistito sulla difficolt di compiere ricerche in luoghi familiari, perch sarebbe difficile notare quanto socialmente costruiti sono gli ambienti e le situazioni con cui si ha troppa consuetudine. Questo a volte divenuto un pretesto per scoraggiare ricerche troppo "vicine" alla vita dei ricercatori. Oggi d'altro canto, sia per ragioni storiche che per questioni teoriche, lo "straniamento" sempre pi un meccanismo, piuttosto che una dislocazione. Pensavo che anche per questo la Bicocca, vicina alla vita dei partecipanti ma non troppo, sarebbe potuto essere un buon campo di ricerca. La mia proposta suscit un certo stupore e non poca incertezza tra i partecipanti. Le immagini e le aspettative di alterit ma forse anche l'attesa per il racconto delle "avventure" degli antropologi sembravano infrangersi su una imposizione cos banale, realistica, vicina. La traiettoria di fuga dell'antropologia veniva riterritorializzata proprio sul luogo pi opaco e quotidiano. Un diffuso senso di inadeguatezza attraversava i nostri incontri. Chi sono io per fare etnografia? Che autorit ho io per parlare? Cosa ne so di? Come faccio? Ma a poco a poco le cose sono cambiate e le etnografie hanno preso forma. Gli esercizi etnografici miravano soprattutto a produrre una riflessione implicita o esplicita sull'etnografia stessa e non avevano pretese di diventare descrizioni analitiche della Bicocca. Queste pagine sono soprattutto delle "prove tecniche di etnografia". Tuttavia a posteriori possibile considerare che queste etnografie, esplorando la Bicocca senza confrontarsi con forti idee teoriche, aprono la strada a quella densit descrittiva che viene spesso evocata seguendo Clifford Geertz e pi in generale le richieste della disciplina. Questa una idea limite di "descrizione densa", forse un poco contraddittoria-proprio perch la descrizione densa non potrebbe stare in piedi da sola ma dovrebbe essere accompagnata dalla riflessione teorica in cui si articola l'interpretazione. Ma sono etnografie come queste che spingono a riflettere sul potere delle descrizioni e confrontandosi a fondo con questo esercizio di stile ne sperimentano le possibilit. Le descrizioni della Biblioteca, del sistema informatico di gestione degli esami, dei servizi di sicurezza, dei rumori, delle bacheche, della vita sociale sul piazzale, della memoria, dei distributori automatici di bevande, dell'abbigliamento, della Bicocca di notte, pur senza azzardare delle riflessioni sulla Bicocca dicono qualche cosa a proposito di questa realt sociale, mettendo in evidenza la complessit ed indicando alcune delle possibili traiettorie per futuri approfondimenti. Questi lavori indicano come la Bicocca rappresenti per molti versi un laboratorio della societ italiana contemporanea, attraverso cui passano molti dei fenomeni cruciali di questi anni. Le contraddizioni che segnano la trasformazione della fabbrica fordista in "fabbrica del sapere," le articolazioni del lavoro materiale ed immateriale, le riconfigurazioni della trasmissione del sapere, ma anche l'esperienza dello spazio e del tempo, le concatenazioni tra esseri umani e macchine, sono tutte dinamiche che attraversano la Bicocca e che attendono etnografie pi approfondite. All'inizio molti partecipanti al corso intesero l'idea di una etnografia della Bicocca come una esplorazione di ci che non funzionava, e con grande solerzia dettagliarono le idiosincrasie del luogo. Tuttavia poi a poco a poco questo atteggiamento scettico ha ceduto il passo ad un maggiore interesse per situazioni concrete, soprattutto di interazione che ha messo in luce sia la complessit dei meccanismi sociali della Bicocca sia la loro molteplicit. Lo scetticismo negativo infatti si sa consono alla riproduzione sociale, non, come potrebbe apparire, alla sua critica. Alla Bicocca invece c' molto bisogno di analisi critica, di una riflessione approfondita sulle dinamiche che la compongono che non sono il semplice risultato della (dis)organizzazione ma che segnalano processi sociali meno univoci e pi incisivi, che stanno segnando a fondo la societ italiana e non solo. Forse infatti, ma lo dico senza aver fatto alcuna etnografia e dal mio punto di vista particolare, una delle caratteristiche della Bicocca come luogo sociale che produce molta disattenzione (quasi protettiva) nei confronti di ci che vi avviene e di come si va configurando questa istituzione e le pratiche che la sostengono. Queste etnografie, al contrario, sono molto attente.

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Da Aldo - Trattoria ToscanaDal Borgo Pirelli alla Bicocca della Pirelli Real Estatedi Daniela CarosioPremessa - La memoria del Borgo Pirelli La memoria del Borgo Pirelli non vive nei musei, ma negli uomini e nel loro rapporto con il territorio. La trattoria da Aldo rappresenta per me la memoria del passato. Su di un territorio percorso da ruspe, sovrastato da gru, attraversato da macchine veloci in viale Sarca, gli studenti si muovono frettolosi attorno alle principali stazioni e linee di trasporto di collegamento con il resto del mondo. Oppure, pigramente sdraiati a prendere il sole sul piazzale della U6, con un libro in mano o a piccoli crocchi a giocare al pallone o nei cortiletti interni, nei corridoi, con i loro jeans, spesso le gonne lunghe zingaresche, spesso i capelli rasta, su visi per pallidi della pianura del Nord. Ogni tanto qualche viso colorato, l'Italia che si mescola, l'Italia divenuta rapidamente terra d'immigrazione. Aldo rappresenta il sogno di quella che era una delle fabbriche pi rappresentative dell'Italia del dopoguerra e di masse operaie con una forte coscienza di classe, che da lui si riunivano per mangiare, bere, discutereAldo rappresenta per me la memoria storica e la coscienza di ci che la "reificazione" attuale del quartiere Bicocca vorrebbe fare dimenticare. Cito Herbert Marcuse: "all reification is a process of forgetting 1". Qualche elemento ridotto a pezzo museale non rende il senso di ci che era, come la ciminiera avvolta nell'edificio della Pirelli Real Estate di fronte all'edificio dell'U6. Da Aldo mi sembra, invece, di ritrovare questo senso. Inoltre, la reificazione e la dilatazione del presente accentuano la divisione, peraltro ambigua, di centro e periferia. In questo presente dilagante aumentano i confini spaziali e delle pratiche, valori, usi e tradizioni sembrano diventare desueti e chi li continua a praticare viene percepito come partecipe di una cultura marginale. Ma c' una profonda differenza tra il divenire marginali con memoria storica e il divenirlo senza. I capitolo - Il divenire della Bicocca Cerco di dipingere alcuni quadri di questo quartiere, la Bicocca, nel suo divenire. Ancora c' spazio per immaginare, anche tra gli enormi palazzoni universitari, le costruzioni abitative e gli edifici direzionali. Ancora l'area che fronteggia il teatro degli Arcimboldi ampia, non ben delimitata e c' spazio per respirare. Tra poco, forse, la citt si sar mangiata tutti gli spazi liberie Aldo rimane forse ancora come un interstizio, un piccolo baluardo di vecchio, ma io dico di umanamente negoziato in uno spazio pensato da pochi (architetti, consulenti, finanzieri, uomini di business) per molti (gli studenti della fabbrica del sapere, gli abitanti della crema di Milano e del parco dei ciliegi, i dipendenti delle aziende tecnologiche che qui si trasferiranno o lo hanno in parte gi fatto). La prima volta sono arrivata in Bicocca cambiando 3 linee metropolitane, da Sondrio (M3), a Centrale (M2), a Precotto (M1)io che abito al villaggio dei giornalisti, dietro Greco. Mi aspettava un amico brasiliano di Belo Horizonte, venuto qui a studiare informatica, figlio di un musicista e di una dentista e dal nome indio, Raoni. Mi ha portato a pranzo da Aldo, spiegandomi con lo sguardo di chi conosce la zona, che si tratta di un luogo culto per veri intenditori, un simbolo di ci che era la Bicocca quando c'era ancora la Pirellinell'entrare in quel locale stretto dove quasi sulla soglia gi si incontrano dei tavoli, in uno spazio circondato da muri carichi di immagini, per lo pi di lotta politica, di trofei sportivi, la bandiera in mezzo al muro con scritto "W la figa", mi sentivo un po' intimorita, io appartenente alla media borghesia milanese, in fondo una privilegiata, nella casa di "vecchi compagni", di quelli che hanno fatto le lotte in fabbrica e che hanno segnato la nostra storia recente. Le coincidenze della vita: questo succedeva nell'aprile del 2002, alcuni mesi dopo, nell'ottobre del 2002, di ritorno dal Brasile mi sono iscritta ad antropologia, cos senza pensarci molto, non sapevo bene cosa facevo, ma avevo nel cuore ancora la leggerezza brasiliana"nao tem problema, puxa, tudo em ordem, meo!2 ". Mia sorella mi ha accennato al corso cui voleva iscriversi e che sapeva interessarmi. Di fatto, lei non si iscritta ed io s. Con architettura andata in modo speculare, l'ha fatta lei, io no. Ora vengo spesso in Bicocca in bicicletta, attraverso il ponte, costeggio il cimitero di Greco dove seppellita la sorella di mio padre, la zia Teresa, saluto la sua croce dall'alto e al ritorno guardo la distesa di lumini rossi che scintillano, come tante anime a festa, tra una ciminiera, i binari della ferrovia e qualche grosso edificio popolare. Diversamente dai Rom descritti da Leonardo Piasere costeggio il cimitero e non scelgo la strada pi lunga, Viale Sarca, perch troppo trafficata, ma, come i Rom, sento il bisogno di fare una sosta e comunque un saluto. Anche il traffico sul ponte osceno, molta polvere e molto smog. Spesso guardo i cartelloni pubblicitari con occhio critico, mi chiedo a chi rivolto quel messaggio posizionato in quel punto. Svolto sul ponte e costeggio un terreno scosceso dove c' di tutto, una sorta di minidiscarica dove stato buttato persino un carrello della spesa, pneumatici, bottiglie di plastica e, purtroppo, qualche siringa. Sotto c' un vivaio, dei Fumagalli, separato da una rete. Dietro, parte una stradina con delle casette basse, spesso ho visto dei cinesi attraversare quella strada, credo ci siano dei laboratori in nero. Poco pi avanti, inizia viale dell'Innovazione e colpisce la vista una casa fatiscente con un cartello "Dimora prestigiosa, tel. 02 66 00 909". Il viale che porta all'U6 costeggiato da edifici moderni, una piccola "Canary Wharf" all'italiana, uffici, edifici universitari, pi

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avanti a destra la stazione di Greco, il Teatro degli Arcimboldi e di fronte all'U6 una vasta area con ancora edifici della Ex Pirelli in demolizione. In lontananza si scorge la scritta rossa 'Pirelli' su un edificio ancora in piedi. Capitolo II - In trattoria da Aldo Sono tornata da Aldo varie volte, sempre con il timore di invadere uno spazio privato e sempre sorpresa dall'accoglienza simpatica ed informale del figlio di Aldo, Luciano, che poco per volta mi sta dischiudendo i segreti della trattoria. La prima volta mi sembrava mi guardasse con sospetto e che il mio amico brasiliano fosse riuscito a farmi accettare, perch Luciano molto severo, deve amare i suoi clienti e i suoi clienti devono sentirsi a loro agio, devono amare il posto una sorta di patto non scritto, ma chiaro gi all'ingresso della trattoria. Dall'esterno quasi non sembra una trattoria c' una semplice scritta Bar Trattoria da Aldo con dei vetri piuttosto scuri che non fanno bene capire che cosa ci sia dentro. Di questi tempi si intravede subito una bandiera della paceforse l'unica cosa che dall'esterno si intravede chiaramente. Ci sono tanti tavoli apparecchiati con tovaglie a scacchi rossi. Appesa sulla colonna centrale in mezzo alla stanza una fotografia in bianco e nero che riprende la scritta con lo spray su di un muro "E' un momentaccio!" Firmata: falce e martello. Nel centro della parete a sinistra dell'ingresso, varie bandiere di Cuba, tante foto del Che, dei ripiani con varie coppe e trofei. Un cappello dell'armata rossa, regalato dal Teratlon Club Dinamo Ucraino. Una bandiera dello stesso club datata 30-05-1992 e i guantoni del baseball, in quanto dal 1968 da Aldo venivano a mangiare i giocatori italo-americani del Baseball Club di Milano. Avevano il conto aperto che alla fine del mese pagava il loro sponsor, la societ Europhon. Poi di lato, accanto al bancone del bar, un quadretto documenta l'onorificenza che nel 1982 fu consegnata ad Aldo (Edoardo Stipiti) dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, ossia la Croce di cavaliere al merito della Repubblica per grandi meriti civili e sportivi. Quell'onorificenza l'avevo notata la seconda volta che ero entrata da Aldo, senza per capirne il valore. N Luciano l'aveva sottolineata, quando in quell'occasione gli avevo comunicato che volevo fare una ricerca sulla storia della Bicocca e avevo pensato alla sua trattoria come luogo storico e punto di partenza. Mi aveva invece fatto vedere un altro quadretto con dentro un ritaglio di giornale, anch'esso appeso accanto al bancone del bar nella zona retrostante del locale. L'articolo tratto dal giornale di zona 9 del settembre 2000 e intitolato "Un'antica trattoria toscana alla Bicocca" racconta brevemente la storia del locale in occasione dei suoi 50 anni. La trattoria stata fondata nel 1950 da Edoardo Stipiti (diventato Ardo e poi sciur Aldo a Milano) e sua moglie Elsa, entrambi originari di Ponte Buggianese (Pistoia) e poi un articolo sul Venerd di Repubblica del 2002 dal titolo "Compagno Cofferati, torna in fabbrica: ti aspetto da 25 anni", dove Cofferati racconta che, tra un'assemblea e l'altra, in attesa del turno di notte, il Consiglio di fabbrica si trasferiva da "Aldo", la trattoria di viale Sarca, e le discussioni continuavano davanti a un bicchiere di rosso. D'altronde in quegli anni il Consiglio di fabbrica della

Pirelli vigilava anche sulla qualit del vino servito in mensa". All'epoca da Aldo si mangiava solamente polenta e pesce al sale, il locale apriva alle 5 e mezza del mattino e poco prima delle 6 si riempiva dei primi turnisti, quelli delle 6, che alle 7.30 avrebbero fatto la pausa per mangiare il pesce al sale. Poi nel corso della giornata arrivavano gli altri turnisti, quelli delle 14.00 e delle 22.00. Il locale chiudeva a mezzanotte. Elsa e Aldo inizialmente gestivano un negozio di rosticceria che occupava la met della superficie dell'attuale trattoria. Poi nel tempo incominciarono a diversificare il menu, includendo un primo, un secondo e due panini che gli operai e gli impiegati andavano a mangiare alla Casa del Popolo, un locale che serviva vino e che si trovava all'angolo della strada dallo stesso lato di Aldo, dove oggi sorge l'agenzia di una banca. In seguito, ampliarono il negozio e vi collocarono i primi tavoli per i clienti. Oggigiorno la trattoria gestita da Luciano e da Alberto, il fratello pi giovane nato 14 anni dopo. Mamma Elsa per sempre presente come ospite, si lamenta un pochino delle gambe che le fanno male e dei piedi gonfiforse deve curare l'alimentazione e seguire le prescrizioni della biomedicina, ma mi sento ridicola mentre le raccomando queste cose. Lei mi guarda incuriosita con quei suoi occhi vivaci, non credo abbia intenzione di seguire i miei consigli. D'altronde chi sono io per darli. Capitolo III - L'incontro con il gruppo musicale Gli Esuli In una sera di aprile ho deciso di andare insieme al mio compagno musicista a cena da Aldo. Sasha mi sembrato piacevolmente sorpreso, difficile sentirsi cos a proprio agio in una trattoria a Milano Subito Aldo ci ha accolto come amici della casa e ci ha fatto sedere vicino a due musicisti del gruppo degli Esuli, Daniele e Felice. Loro ci hanno raccontato dell'atmosfera degli anni '70, del quartiere e della Bicocca e della mitica Trattoria. Alla fine mi hanno regalato il loro CD live "Caldarroste e Gelati", un CD "pensato e realizzato ricercando e ricreando le atmosfere e le sonorit tipiche degli anni '60 (la nostra mania e il nostro amore)". Il testo della canzone "Caldarroste e gelati" che da' il titolo al CD recita cos:"Un autunno tra i cancelli grigie case popolari foglie gialle sulla strada che fra gli orti si perdeva Pietro in bilico sul carretto a pedali rigirava caldarroste scoppiettanti e un po' bruciate Pietro fugge dai ricordi e chi fosse non si sa certo era un uomo ricco solo di semplicit Coi bambini dalle toppe malcucite sui calzoni lui scambiava caldarroste con promesse d'esser buoni mentre il vento trasportava quel profumo di amicizia che accomuna tutti quanti quando i soldi non son tanti Pietro era l'orologio che girava ore ed ore ma nelle vie di quel quartiere non cercarlo non c' pi di quei dolci e bei ricordi resta solo il circolino dove spesso lui entrava per un sorso di buon vino dove un mare di cazzate soffocavano i problemi dove oggi come ieri dove non si smette mai di parlare ore ed ore di ci che bello e ormai passato dove oggi come ieri forse non si invecchia

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mai di parlare ore ed ore di ci che bello e ormai passato dove oggi come ieri e non vuoi invecchiare mai."

Eppure, Daniele e Felice non sono nostalgici nei loro racconti. I testi s per, rievocano con il suono degli anni 70' un mondo di affetti e ricordi. Entrambi hanno un buon lavoro e una famiglia. Daniele vive fuori Milano, spesso per si ritrova da Aldo con gli amici, come ai vecchi tempi. Entrambi hanno la capacit di leggere il presente in prospettiva, cos come la trasformazione dello spazio del loro passato. Daniele ha delle foto aeree della Bicocca, che ha dato ad una ragazza per una tesi. Lo contatter per vederle. Capitolo IV - Mamma Elsa La canzone numero 8 del CD degli Esuli intitolata "Trattoria da Aldo" ed dedicata a mamma Elsa:"Quello che tu sogni ancora gi un ricordo del passato Elsa fatti una ragione cambia in fretta una stagione speri ancora di vedere affacciandoti sul viale tante insegne di Pirelli ma son bianchi i tuoi capelli ti ricordi in trattoria arrivavano i turnisti bianche tute di cotone e una fame da leone raccontavano di ore che il padrone mal pagava ma azzittivano sul piatto che Aldo preparava chi beveva tanto vino chi metteva troppo sale c'era chi cedeva il posto gi finito di magiare cara Elsa innamorata di quei giorni ormai lontani tanti amici pochi soldi cara Elsa ti ricordi ed in trattoria da Aldo c'era gioia c'era caldo c'era pronto tutto a posto c'era trippa c'era arrosto c'era tanta simpatia ed Emilio che scherzava c'era Jole per lui persa c'era amore in mamma Elsa c'era Cesare col pane c'era chi aveva fame c'era Volpi con la mini sempre pieno di casini c'era Ivan Gavazzano con la mazza ed il guantone c'era sempre chi gridava per avere pi ragione cara Elsa innamorata di una vita ormai passata tra gelati non pagati siamo tutti maturati sono grandi quei ragazzi che scendevano in cantina con chitarre e batteria gi alle dieci di mattina mentre Aldo sulla soglia con le braccia incrociate lento il capo lui scuoteva con Luciano si arrabbiava cara Elsa ti ricordi i pittori tanti artisti e di quei sindacalisti che chiedevano a te s'era giusto continuare uno sciopero a fatica era l'anno sessantotto cara Elsa che casotto cara Elsa quanta gente hai visto tu passare cara Elsa tu per noi sei la mamma da amare ed in trattoria da Aldo c'era gioia c'era caldo c'era pronto tutto a posto c'era trippa c'era arrosto c'era tanta simpatia ed Emilio che scherzava c'era Jole per lui persa c'era amore in mamma Elsa c'era Cesare col pane c'era chi aveva fame c'era Volpi con la mini sempre pieno di casini c'era Ivan Gavazzano con la mazza ed il guantone c'era sempre chi gridava per avere pi ragione."

erano pi simpatici, non le piaceva servire le donne, spesso chiedevano una porzione in tre e allora preferiva farle servire dal marito. Si ricorda quando il gruppo degli Esuli andavano a suonare in cantina, dice che erano dei bricconi e Luciano loro coetaneo li accompagnava, talora di nascosto. Daniele degli Esuli mi racconta che ogni tanto tengono ancora dei concerti. Gli esuli sono coetanei di Aldo e lui credo che sia molto fiero dei suoi amici. La vita nel quartiere scorre tranquilla, ma non c' pi tutto ci che c'era prima e la prima canzone del CD Borgo Pirelli racconta l'attuale situazione:"Ride Barbara a un cliente dietro al banco dei tabacchi S'alza il tono delle voci dalla sala degli scacchi nel bar Preto tanto fumo sempre gente che si lagna del dissesto del quartiere e del Milan che non segna Fuori ruspe spianan muri capannoni nostalgie Ci son camion gru macerie per le polverose vie Sta nascendo quel teatro dedicato agli Arcimboldi Verde finto appartamenti tanto spazio per studenti ora Barbara i tuoi occhi chiudi e prova immaginare prova ancora a raccontare oggi ci che non c' pi Borgo Pirelli tante piccole case tra rossi rosai d'inizio estate Ragazzi in gara su dei carrellotti con cerbottane e bussolotti gi dai balconi scendevan drappi C'eran ragazze lungo la via gettavan fiori tra lumini accesi Giorno di festa per Santa Maria Borgo Pirelli accendi un ricordo di calde notti e grilli felici di quel dolce silenzio prima del sole Del concerto di mille assordanti cicale e sentivi il treno che passava lento Scricchiolavan tramezzi sotto i binari gigante di ferro potenza e rumore lo vedevi sparire e batteva il tuo cuore Ora Barbara apri gli occhi in quest'attimo fatato Ora che tu hai raccontato ci che perso e non c' pi Ora Barbara apri gli occhi Non permettere a nessuno di far male a questo borgo che lo scrigno del tuo cuor".

La signora Elsa una toscana verace, che quando si menzionano gli operai di un tempo, li rivorrebbe tutti da lei. Di tutti parla molto bene, gli operai erano comunque meglio degli impiegati,

Capitolo V - L'incontro con Pol Pot Un mezzogiorno di met aprile vado a trovare Aldo con un amico di origine calabrese, il cui pap si era trasferito dalla Calabria in Francia per trovare lavoro nella regione delle miniere, al confine con il Belgio. Aldo ci accoglie sempre con molta simpatia e poco dopo ci fa sedere accanto il suo amico Pol Potmi bisbiglia all'orecchio che Checco, detto Pol Pot un grande. Di origine veneta, primo di una grande famiglia, arriva a Milano per lavorare sodo e aiutare i suoi, ma anche per conoscere il mondo e va a lavorare a Malpensa dove gi c'era all'inizio degli anni '60 un piccolo aeroporto. Poi arriva in Pirelli, dove fa amicizia con dei calabresi"chiusi, ma gente forte e in gambaogni tanto facevano dei piccoli lavoretti per sbarcare il lunario, ma persone di grande dignitho appreso molto da loro". E pi volte questo ricordo dei calabresi e dell'insegnamento di vita da loro ricevuto ritorna nel corso del racconto fatto da Checco. "Perch ti chiamano Pol Pot?" gli chiedo. E lui sorride, varie volte riformulo la domanda nel corso della conversazione. Mi risponde indirettamente. Checco una persona di grande resistenza, misurato nelle parole e un po' schivo, se per si entusiasma, allora

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si apre e manifesta tutto il suo carattere profondamente umano. Checco indossa un cappellino blu con la visiera, forse come quello degli operai di una volta, oggi per diventato di moda soprattutto nei giovani della comunit afro. Sotto, i ricci quasi bianchi e gli occhi azzurri. Un viso minuto e pacato, l'aria mesta e distaccata di un uomo che ha vissuto intensamente, ha dei segreti e degli ideali, ma se li tiene per s. Per, non si mai tirato indietro, quando si trattava di passione politica e di portare il suo contributo alla causa dei suoi compagni di fabbrica e dei lavoratori. Per questo in molti lo stimavano e lo stimano. Ha lavorato sempre, molto e sodo, inizialmente era nel reparto di ricerca e sperimentazione materiali, ma poi finito nel "Nero fumo". Sono tanti a nominare quel reparto, mamma Elsa si ricorda degli operai del "Nero fumo" con le tute tutte sporche che venivano da lei per mangiare nelle pause di lavoro. Il nome evoca qualcosa di sinistro e i protagonisti ne parlano, ma non lo descrivono propriamente, quasi bastasse il nome ad evocarne lo spettro. Elsa dice che si trovava all'incirca dove oggi sorge il teatro degli Arcimboldi, dietro alle case residenziali con facciata pubblicitaria e giardinetto del Bicocca Point. Checco, incalzato dalle nostre domande racconta che, anche se il lavoro era pesante, era secondario. La politica era al centro della sua vita, forse per quello non ha fatto carriera ed stato messo in cassa integrazione dal 1972 al 1974. Quelli sono stati anni difficili di forti tensioni e per miracolo non si perso. Ci racconta che la moglie stata pi furba, ha fatto carriera nella sua azienda acquisendo una posizione dirigenziale, aveva un informatore privilegiato in casa sul clima aziendale di quegli anni e ne ha fatto tesoro. Nelle parole di Checco non c' rancore, ma comprensione, lei si mossa con prudenza e ha lavorato per s. Nel corso degli anni si sono separati e oggi sono tornati insieme, il loro legame sembra pi forte di tutto il resto. Non deve essere stato facile avere accanto un uomo come lui, penso ad alta voce. Abbozza un mesto sorriso affermativo. Non ci spiega la ragione del suo soprannome, Pol Pot, ma si intuisce dai racconti che stato un leader, che voleva cambiare il mondo e che pensa con la sua testa e vola pi in alto degli altri. Non beve molto ed morigerato con il cibo, parla poco, ma la sua presenza forte. Luciano con il suo viso bonario lo serve con affetto e ammirazione. Del periodo in cui stato in cassa integrazione racconta due esperienze, il viaggio a Cuba e poi in Angola, attraverso la Cecoslovacchia. Non racconta i dettagli, n sottolinea l'avventura. Credo che gli volessero tutti bene, i cubani, gli africani, i compagni. Pol Pot non parlava tanto, anche oggi continua a non parlare tanto. Ma noi siamo curiosi di rivivere con lui piccole parti della sua e della nostra storia. In alcuni frangenti della sua vita deve avere provato i brividi alla schiena e la sensazione di camminare su di un crinale, guardando indietro preferisce non ricordare quei momenti. Ha anche provato a fare il rappresentante e il commesso viaggiatore, si muoveva da solo in macchina. Il lavoro era pi semplice, meno faticoso e pesante che in fabbrica e avrebbe guadagnato di pi. Nel 1974, allo scadere del periodo di cassa integrazione, di fronte alla biforcazione della sua vita, continuare a fare il rappresentante o tornare in fabbrica si trovato

inizialmente in difficolt. Ma non poteva abbandonare i suoi compagni in fabbrica, la sua era una missione. Cos tornato in fabbrica, finch a poco a poco i tempi sono cambiati e in Pirelli iniziato lo smantellamento. Oggi torna ogni tanto in Bicocca a coltivare il suo giardinetto in un'area adiacente alla ex-fabbrica e quando viene, si ferma a pranzo da Aldo, come ai vecchi tempi, ma di vecchi tempi non si parla, cos come non dice niente sulla Bicocca di oggi, preferisce non ricordare. Ama leggere, fare sport e la natura. Conserva un fisico sportivo e anche nel mangiare morigerato. Quando incontro Mario Mosca a casa di amici e gli dico di avere conosciuto Checco, Mario ne felice. Checco un grande. Checco si ricorda di Mario e dice che Mario, diversamente da lui, stato pi equilibrato, ogni tanto si assentava per vivere la sua vita privata. Lui no, non ci riusciva, giorno e notte consacrato alla politica. Sergio Cofferati stato il tempista di Mario Mosca, quando erano entrambi in Pirelli. La storia di Mario stata raccontata in un libro da 5 donne diverse. Checco non aveva altro tempo che per la politica, la moglie era la prima a soffrirne e meno male che si anche lei concentrata su alcune soddisfazioni professionali. Ora che si lasciato le esperienze forti dietro alle spalle, non ne vuole pi parlare, quasi gli faccia male ricordarne la temerariet e l'incoscienza, prevale la misura. Eppure, un sentimento profondo di libert dentro di lui lascia intravedere un fuoco non spento, pronto a ricominciare se ce ne fosse l'occasione. Capitolo VI - Luciano Un sabato mattina di tarda primavera, mentre sto dietro alla colonna seduta di fianco al bancone del bar, ho modo di osservare Luciano nei preparativi della giornata. Entrano varie persone. Un giovane tremante nella voce e nel portamento chiede di potere mangiare da lui. E' Fabio e si rovinato il cervello con gli acidi, porta una maglietta del ELZN di E. Zapata e gli occhiali scuri. Aldo lo rassicura e lo prega di tornare pi tardi e continua a preparare il pranzo in cucina. Poi, mentre non mi stanco di curiosare tra l'infinito materiale appeso ai muri che racconta tanti pezzetti di storia, entra un giovane con un grande cesto pieno di Ficus Benjamin nani. Insiste per vendere una di quelle piantine a Luciano per 10 euro. Luciano inizialmente interagisce con lui in modo burbero, non costano poco quelle piantine e non il suo lavoro quello di comprare piantine, si schiva un po' scocciato, l'altro insiste per un buon dieci minuti. Infine, la situazione si ribalta, al contatto umano Luciano si scioglie, fa contento il venditore e gli compra la piantina. Continua a non essere convinto della piantina, ha poca terra, ma in fondo non importante, ha rallegrato il venditore. Sul muro ci sono vari trofei, sono quelli vinti dagli aderenti allo Sporting Club Baronchelli Oberman - Ghisa e Acciaio - di cui Aldo era Presidente e Luciano uno dei direttori sportivi, l'associazione costituita nel 1972 promuoveva sottoscrizioni popolari per promuovere l'attivit ciclistica dei giovani del quartiere, ai ragazzi veniva comprata una bicicletta e li stimolava nell'attivit sportiva. L'associazione fu sciolta nel 1992 quando

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ormai i prezzi, anche delle biciclette erano decuplicati rispetto a venti anni prima. Tra i clienti della trattoria all'epoca c'era importanti ciclisti come Moser, Saronni, Gavazzi, Baronchelli che frequentavano il Centro Sportivo Atleti della Caserma dei Bersaglieri di Viale Suzzani, di cui all'epoca era comandante Umberto Raza, ci tiene a precisare Luciano. Poi Luciano tira fuori da un cassetto un articolo apparso sulla cronaca di Milano de Il Giornale dell'11 ottobre 1998 intitolato "Nasce il primo club Che Guevara. I fondatori: cossuttiani e bertinottiani. I fan: un prete, un anarchico, un ex pannelliano". La giornalista che ha scritto il pezzo conosce uno dei fondatori bertinottiano e decrive la tessera del "Club amici di Ernesto Che Guevara" nel modo seguente: "Alla trattoria "Da Aldo" di Viale Sarca se la rigirano tutti tra le dita quella tesserina blu, con le lacrime appese alle ciglia. E non importa se il governo caduto da otto orendr e di varia estrazione e corrente politicatutti l, guancia a guancia, a cantare Hasta Sempre di Carlos Puebla e La canzone del Sole di Lucio Battisti sulla tovaglia a scacchi rossi. Per Don Carlo, il parroco del quartiere BicoccaChe Guevara un punto di riferimento importante per i giovani". Apprendo da Luciano che, poco dopo, Don Carlo stato allontanato da S. Giovanni Battista alla Bicocca e mandato a Monza ad insegnare catechismo in una scuola, senza incarico pastorale. Capitolo VII - La Bicocca della Pirelli Real Estate Luciano parla a bassa voce anche del progetto Bicocca e forse non vuole sbottare. Erano stati fatti progetti bellissimi, promessi molto soldi, la costruzione di una piscina e di un campo di calcio. Purtroppo la realt molto diversa, si fermeranno ad un centro commerciale. Persino le persone di fantasia, come Luciano, non possono fare a meno di constatare lo scarto tra le promesse e la realt. Il tutto si risolto in una operazione economica di vendita di appartamenti. Mentre parla Luciano continua a lavorare, quasi che quel pensiero non meritasse troppa attenzione, quasi a ricacciarlo dentro, per non farsi togliere il buon umore. Cos Luciano continua a lavorare nella sua Trattoria, continua a muoversi nel suo territorio, dove traspare un senso e una logicamentre l'operazione Bicocca condotta dalla Pirelli Real Estate appare logica forse per gli azionisti della societma per tutto il resto, quelli che con un termine in voga nella comunicazione finanziaria si chiamano gli 'stakeholders', un pietoso disastrogli studenti passano frettolosi, le macchine sfrecciano su viale Sarca, i nuovi inquilini non possono rivendere i loro appartamenti per i prossimi 5 anni, gli spettatori della Scala transitanochi resta non ha voce in capitolo, deve solo mangiare molta polvere, degli interminabili cantieri ed assistere impotente alla nascita di mostri, senza relazione e contatto con il territorio e i suoi cittadini, interessante sarebbe incrociare questi giudizi con i conti economicopatrimoniali del progetto Bicocca. Ma lo lasciamo per un prossimo capitolo. Ad un convegno accademico, mi trovo a parlare con i relatori nel corso di un intervallo della etnografia della Bicocca e raccolgo il

commento riportato di Richard Sennett3 sulla Bicocca "questo edificio una negazione del concetto di socialit e universit manca anche di senso esteticopersino le piante fanno ombra sul lato sbagliato". Laura Balbo, che presente allo stesso convegno, dimostra interesse per un lavoro etnografico sulla Bicocca e suggerisce di prendere contatto con la ricercatrice, Genevieve Mokaping 4, che sta conducendo un lavoro simile sull'universit della Calabria, progettata 25 anni fa dallo stesso Gregotti. Collocata in un contesto paesaggistico particolarmente ameno, quell'universit viene descritta quasi senza finestrechi la frequenta si lamenta che non c' vista sul territorio magnifico che la circonda. Tutto questo provoca disagio5. Almeno la Bicocca ha dei grandi finestroni, tuttavia sormontati da grate decorative e pericolanti. Capitolo VIII - L'archeologia industriale L'altra faccia della Bicocca che sta scomparendo sono le archeologie industriali nell'area retrostante a via delle Chiese dove ci sono vecchie e nuove realt industriali: la divisione dell'Ansaldo venduta ai bresciani della Camozzi che produce turbine per le centrali elettriche e la Pirelli Lab, situata in un edificio ex Ansaldo ristrutturato, mantenendo la struttura originale a mattoni, tipica anche delle rivalorizzazioni di ex aree industriali in giro per il mondo. Ricorda in piccolo l'immensa area ristrutturata dei docklands lungo il Tamigi, completata dalla piccola Manhattan di Canary Wharf. Un pomeriggio alla ricerca del giardinetto che coltiva Checco, tornando in macchina da Monza ho pensato di rientrare a Milano da viale Sarca. Ho girato in via delle Chiese e con la macchina sono entrata nella recinzione che circonda tutta l'area ex Ansaldo, perch uno degli ingressi della recinzione era in quel momento aperto. Entrando si apre un ampio spazio dove si muovono gru e scavatrici, contornato da qualche edificio industriale restaurato nel mezzo di molta archeologia industriale abbandonata. E' un paesaggio interessante quello che poi continua dietro la Pirelli Lab fino a sbucare alla Breda Fucine. Alla Pirelli Lab, dove mi reco per chiedere informazioni, un signore sta fumando fuori nello spazio antistante la costruzione e che poi per centinaia di metri d sul nulla, finch non arrivano le recinzioni e dietro ad esse il paesaggio di ci che della Pirelli rimasto nelle dirette adiacenze del complesso universitario e residenziale della nuova Bicocca. Ha un forte accento jugoslavo, un ingegnere elettronico croato, che lavora in Pirelli dal 1994. Dice che prima erano in 14.000, ora sono in 200. L'incertezza del futuro e il carattere approssimativo di ogni considerazione esistenziale convivono anche nel suo discorso. Anche lui una volta si definiva serbo-croato o meglio jugoslavo, in meno di un decennio tutto questo cambiato drasticamente. Nel frattempo il cancello dal quale sono entrata stato chiuso con un lucchettone e per uscire con la macchina sono costretta a costeggiare gli edifici della Breda Fucine prima e della Mercegaglia poi.

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Rifletto sul fatto che nessuno si chiede delle esistenze degli altri, dove sono andate a finire tutte quelle persone? Neanche lui, neanche l'altro operaio della Camozzi che incontro pi avanti, impegnato a mettere a posto la sua macchina, una vettura di serie molto curata. E' un operaio dell'Ansaldo, stato trasferito alla Bicocca nel 1985, prima lavorava in zona Porta Genova. Dice che in tutto il periodo passato in Bicocca non aveva mai incontrato gli operai della Pirelli, li vedeva, ma non c'era modo di conoscersi. Dice che il lavoro duro, dall'aspetto esteriore sembra pi un impiegato che un operaio. Nel capannone immenso che si vede anche da Viale Sarca vengono assemblate le turbine delle centrali e poi esportate in tutto il mondol dentro dice c' un inferno, ad entrarci ci si spaventa per le dimensioni del posto e il rumore. C' un certo smarrimento nei suoi occhi, il futuro incerto. Tutto intorno regna un'atmosfera surreale. Capitolo IX - Dall'archeologia industriale al postmoderno L'atmosfera dell'archeologia industriale mi ha sempre attratto, per la fisicit delle strutture, abituata come sono ai pronai dei templi della finanza, al carattere asettico degli ambienti finanziari, oppure al design postindustriale, diritto, funzionale, innovativo nei materiali e nelle forme. L'archeologia industriale ha in comune con l'archeologia vera e propria la costruzione in mattoni o laterizi, una modalit di segnare il territorio diversa, pi variata nelle soluzioni, anche in rapporto ai beni e materiali che vengono prodotti fisicamente. I moderni uffici del terziario avanzato sono informali e inconsistenti, tutto impalpabile, cos come le manifestazioni del potere e dello statussempre pi intangibili e impalpabili, nell'era del valore economico prevalentemente generato e giustificato dagli intangibles! Borgo Pirelli era una comunit? Dai racconti raccolti da Aldo e dalle canzoni degli Esuli sembrerebbe di s. La Bicocca della Pirelli Real Estate pu cercare di riprodurre artificialmente una comunit residenziale e abitativa, tuttavia appropriato il richiamo paradossale di Hobsbawn che "mai il termine 'comunit' stato usato in modo tanto insensato e indiscriminato come nei decenni in cui le comunit in senso sociologico del termine sono diventate sempre pi difficili da trovare nella vita reale 6 ". Ho gi accennato in premessa a come la "reificazione" da un lato e il "collassamento del tempo"7 dall'altro, nella societ globale dell'informazione, hanno come riflesso rapporti umani frammentari e discontinui, contrari alla costruzione di reti di doveri e obblighi reciproci che siano permanenti. Nella categoria estesa del presente, il tempo, una volta nascosto e non pi vettore, non struttura pi lo spazio, n consente il formarsi di comunit8. Nell'et della 'razionalizzazione' del posto di lavoro, del lavoro flessibile o interinale che ha soppiantato il posto fisso, dell'amore confluente, della sessualit plastica, importante imparare a vivere alla giornata, possibilmente dimenticare il futuro e isolare il presente da entrambi i lati, separandolo dalla storia9 . L'incertezza comporta costi individuali, sociali ed economici10 elevatissimi in quanto relativizza le mappe di significato, porta ad una "crisi di intelligibilit" e ad una esperienza costante di ambivalenza nelle rappresentazioni e nelle interazioni.

Nella citt, il luogo rappresentativo della vita postmoderna, ciascuno di noi straniero quando esce di casa. L'alterit data dalla distanza tra le nostre mappe cognitive e quelle degli altri. La distanza tra ci che occorre per sapere navigare e ci che si sa o si crede di sapere circa i problemi reali e probabili del prossimo. Lo spazio vuoto generato dalla separazione attrae e allo stesso tempo respinge, un territorio ambivalente di libert e pericolo, che pu generare sia avventura eccitante sia confusione paralizzante. Secondo Barman, la costruzione delle citt ha rispecchiato i due poli opposti del problema: nostalgia della communitas e paura di smarrire la propria identit11. Capitolo X - L'iconema e la nostalgia come continuit Fuori da Aldo inizia un territorio con una pluralit di significati, la zona ricostruita dalla Pirelli Real Estate con l'universit, l'area uffici e residenziale, a blocchi non comunicanti simili al lego, che riprendono, esaltandone le dimensioni, probabilmente la successione degli edifici dell'area ex industriale. Accanto le aree dell'archeologia industriale, con qua e l piccole isole industriali ancora attive. Credo che sia utile a questo proposito richiamare le riflessioni di Eugenio Turri sul territorio nel suo testo Il paesaggio come teatro:"L'iconema12 in quanto incarna il genius loci, l'anima vera e profonda di un territorio diventa il riferimento, l'oggetto sacro a cui adeguare la pianificazione. In tal senso una ricerca importante e urgente da fare in ogni territorio, come auspicano tra l'altro architetti e ideatori di forme spaziali (tra gli altri, Gregotti, 1991) l'individuazione dei luoghi di forte carica simbolica e spettacolare, cio dei topoi o, detto in altro modo, degli iconemi e dei relativi luoghi che la cultura (culti religiosi, arte, letteratura, cinema, fotografia, saggistica storica, geografia, naturalistica, ecc.) ha riconosciuto come riferimenti importanti dell'identit culturaleQueste considerazioni vogliono mostrare come il progettare fuori dai riferimenti che hanno valore sacralizzante nel senso sopra richiamato, operare fuori dalla dimensione tempo, fuori dalla storia. Pu essere un'operazione funzionale alle pure logiche dell'economia, di una divinit cio divenuta troppo esclusiva ma che oggi qualcuno, mi pare, comincia a vedere con un certo sospetto in quanto fonte continua di crisi (Latouche, 1995). E' significativo che solo un ideale produttivistico (per il quale ben-essere voglia dire ben-avere) abbia ispirato nei decenni appena trascorsi l'agire territoriale in Italia, se appena si guardano i risultati delle pi recenti trasformazioni. Esse hanno fatto saltare i raccordi storici con i paesaggi ereditati e oggi ci troviamo di fronte paesaggi che sono brutti soprattutto in quanto illeggibili nel loro sviluppo diacronico e nel loro sovrapporsi storico13."

Credo che sia opportuno richiamare alcune considerazioni riferite da un amico architetto, che sostiene che, al di l del giudizio estetico, stato commesso un errore politico, in quanto si affidata la progettazione dell'intera area ad un solo architetto. Tale scelta della Pirelli Real Estate, di mancanza di diversificazione e pluralismo nella creazione architettonica, stata intensificata dal Comune di Milano, che ha poi affidato allo Studio Gregotti la progettazione del Teatro Arcimboldi senza indire un concorso. Contro questa decisione ha fatto ricorso l'ordine degli architetti. Se un senso di omologazione e standardizzazione prevale in Bicocca, difficile dare la responsabilit unicamente all'architetto

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Gregotti. In tema di innovazione, Giuseppe Ardrizzo14, afferma che per essere innovativo l'oggetto nuovo ha bisogno di essere accolto da una parte di mondo che deve scendere a patti con il nuovo oggetto. L'ultimo nato detta le leggi, "performativo", ma non pu darsi come "assoluto", perch se no diventa impositivo. Credo che, anche alla luce di queste considerazioni, si possa spiegare il disagio provocato da una eccessiva pianificazione monotonica, indipendentemente dalle considerazioni estetiche intrinseche. Indubbiamente, se il committente persegue una logica esclusivamente economica molto pi semplice gestire un unico mandato piuttosto che una pluralit. Il mio amico architetto per afferma che va anche rispettato un piano urbanistico nella progettazione di aree cos vaste e quindi l'interesse privato non pu avere completamente mano libera. Cito ancora Turri e il suo un richiamo all'importanza della memoria e del rapporto con il territorio:"Nostalgia in tal senso qualcosa di pi di un sentimento, la forza che assicura la continuit, che giustifica l'esistenza stessa degli individui e che d senso alla vita come rappresentazione: il primo copione al quale ispiriamo il nostro agire. Il culto degli antenati nelle antiche societ rurali una risposta alla nostalgia e al bisogno di vedere confermato il rapporto positivo con il territorio, con i geni del suolo e le divinit che ne presiedono gli usi, sebbene il legame con gli antenati sia anche al servizio delle identificazioni familiari, delle unit sociali elementarila distruzione del paesaggio italiano negli anni cinquanta e sessanta, ad esempio, trova qui la sua profonda motivazione. Essa cio il risultato di uno stato generazionale, del desiderio delle nuove generazioni di cancellare il ricordo dei padri, delle loro sofferenze, umiliazioni, miserie, accettate troppo supinamente a vantaggio delle classi dominati: sorta di rivalsa, quindi, impugnata politicamente dal partito comunista, non a caso di cos largo seguito nel nostro paese, anche se storicamente chiaro ora che esso andava contro ogni nostalgia, ogni legame con la cultura dei padri. Giustamente Pier Paolo Pasolini se ne avvide nella sua ricerca delle radici contadine (Pasolini, 1975), implicitamente condannato un progressismo che si saldava con il consumismo15".

documentario in cui Pasolini intervista alla fine degli anni '60 gli abitanti di Orte, un bellissimo borgo arroccato in provincia di Viterbo, sui mostri edificati l vicino. Gli abitanti di Orte per non ci facevano caso. Erano interessati alla moto e ad apparire bene davanti alla cinepresa, volevano distrarsi, pensare ad altro. Conclusioni - La vita continua e una certa ironia anche Vorrei concludere questo lavoro con l'immagine di Luciano che non si d per vinto, porta avanti la sua visione del mondo, non perde tempo a criticare troppo quelli di fronte, per lui sono tutti potenziali clienti e lui i clienti li tratta bene. Sono abituata ad associare questo termine ad altri contesti. Il cliente il soggettooggetto del marketing contemporaneo, messo al centro di ogni visione strategica aziendale, simbolo e mito del linguaggio di una pletora di consulenti, cos che vengono prodotte definizioni come "client is the king", Customer Care e l'acronimo che giustifica l'utilizzo di folle di consulenti aziendali da tutte le parti del globo, il CRM, ovvero il Customer Relationship Management. Per Elsa, Luciano e Alberto, il cliente prima di tutto un essere umano, qualcuno con il quale comunicare e dare senso alle proprie giornate. Il cliente trova una casa da Aldo, dove un essere umano a tutto tondo e non ridotto alle dimensioni del portafoglio. Qualche volta al pomeriggio si siede a cavalcioni sulla sedia girata con la pancia appoggiata sullo schienale e guarda davanti sulla strada, chiacchera con i passanti suoi amici. Il fondale finto della costruzione residenziale che la Pirelli Real Estate sta ultimando di fronte a lui, di fianco al Bicocca Point (la boutique della consulenza immobiliare o del real estate, visto che l'inglese rende tutto pi importante), probabilmente lo disturba, ma non troppo. Luciano ha senso dello humor e poi una fucina di idee. Talora indossa la maglietta nera con la scritta che campeggia sulla pancia "Vorrei sapere chi il mandante di tutte le cazzate che faccio"complimenti al mandante e magari ce ne fossero di pi come te!

Quest'ultimo richiamo a Pasolini molto interessante, ricordo un

NOTE"To make structural change, to change society, is to make history. To make history it is necessary to retain the empowered imaginery of the past which condemns the distortions of humanity that are wrought normal by the objective pretentions of the present". Herbert Marcuse, Eros and Civilization: A philosophical enquiry into Freud, The Penguin Press, 1969. 2 "Giria" della strada, modo di dire comune in Brasile per rassicurare e ridimensionare le preoccupazioni. 3 Professore di "Social and Cultural Theory" alla London School of Economics. 4 Cfr. Genevieve Mokaping, Sguardi incrociati, Rubettino, 2002. 5 Il prof. Ardrizzo, docente di Teoria della Conoscenza all'Universit della Calabria, la fonte di queste considerazioni. 6 Eric Hobsbawn, The Age of Extremes, London, 1994, pag. 428. 7 Interessante la definizione utilizzata da Fabietti per descrivere il cambiamento del rapporto con lo spazio ed il tempo che hanno avuto le societ indigene venendo a contatto con la colonizzazione e che le ha portate a ripensarsi in termini identitari, un'altra spiegazione dei fenomeni di profetismo, millenarismo o messianismo che si sono sviluppati in gran parte del mondo colonizzato, quali "i riti del cargo" in Oceania, "l'harrismo" in Costa d'Avorio, la riscossa dell'identit afro-americana attraverso una serie infinita di sette e confraternite. 8 Cfr. la lucida analisi del sociologo Zygmunt Barman, in particolare, in La Societ dell'Incertezza, Il Mulino, 1999 e Voglia di Comunit (Missing Community), Laterza, 2001.1

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Questo tipo di disposizione spiritualmente pi vicina alla visione orientale o al misticismo di paesi meticci quali il Brasile. Ma non tipica della tradizione culturale e spirituale dell'Occidente. Qui ancora una volta prevale il mercato e attualmente si assiste al fenomeno di guide spirituali e guru di varia estrazione che predicano questo tipo di atteggiamento stoico attraverso i pi svariati pacchetti di offerta corsi e seminari. 10 Bauman tratta il discorso economico, in particolare come evoluzione delle teorie organizzative aziendali e guardando alla figura dei top managers nella societ contemporanea che si sono sempre pi deresponsabilizzati delle sorti delle istituzioni che guidano. Le istituzioni stesse devono diventare flessibili sotto la guida di tali personalit, pronte a cambiare strategia rapidamente, ad essere ristrutturate e a cedere all'esterno gran parte delle attivit che prima venivano svolte al loro interno (outsourcing). 11 Cfr. Nota 8. 12 A pag. 19 iconema viene definito come "unit elementare di percezione, come segno all'interno di un insieme organico di segni, come sineddoche, come parte che esprime il tutto, o che lo esprime con una funzione gerarchica primaria, sia in quanto elemento che meglio d'altri incarna il genius loci di un territorio sia in quanto riferimento visivo di forte carica semantica del rapporto culturale che una societ stabilisce con il proprio territorio". Da Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Edizioni Marsilio, 1998. 13 Pag. 21-22, Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Edizioni Marsilio, 1998. 14 Cfr. Ragioni di confine - Percorsi dell'innovazione, a cura di Giuseppe Ardrizzo, Il Mulino, 2003. 15 Pag. 157, Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Edizioni Marsilio, 1998.

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Bicocca in movimentoUn tentativo di lettura etnografica.di Bruno TuiaMi toccata in sorte questa " etnografia" e nella mia attuale condizione di studente-geriatrico iscritto al primo anno della Laurea Specialistica in Scienze Antropologiche ed Etnologiche mi accingo a questo "sperimento" consapevole dei limiti spazio temporali che mi trovo davanti. Ma cos' un'etnografia? Prendo a prestito questa definizione che mi sembra utile 1 :"una descrizione scritta o pi in generale, una rappresentazione dell'organizzazione sociale, delle attivit sociali del simbolismo, delle pratiche interpretative e comunicative di un dato gruppo di persone". Oppure, per usare una frase molto bella di Leonardo Piasere, il giorno della presentazione del suo libro L'etnografo imperfetto, l'etnografia "usare la vita come metodo per acquisire parzialmente il senso comune altrui, perch la conoscenza non pu essere una cosa rapida". E credo che l'essenza di chi svolge questo lavoro consista proprio nell'esperienza di una vita. Riflessioni ed impressioni sull' area della Bicocca Il giorno 30 Ottobre 2002 mi trovavo alle ore 9,30 di fronte agli edifici U-6 ed U7 della Universit degli Studi di Milano - Bicocca:"la fabbrica del sapere"come viene definita oppure, " centro della periferia" il rubando un'altra metafora dalla pagina 83 del catalogo Electa che presenta l'opera di ristrutturazione della ex area Pirelli . Non posso fare a meno di ammettere il mio stupore di fronte ad una architettura cos audace ed imponente, abituato ai vecchi, fatiscenti edifici dell'Universit di Pavia in cui avevo studiato, ahim, parecchi anni or sono, ed anche il motto dell'Universit Bicocca " Audentes Fortuna iuvat" fa presagire le aspettative future... (o forse si tratta pi semplicemente di una mia proiezione!). Ebbi una sola occasione di recarmi in questo quartiere alcuni anni or sono, che era considerato dopo l'epoca della dismissione del polo industriale un'area degradata e degenerata dal punto di vista architettonico e soprattutto sociale, ed il mio primo pensiero stato:"fabbrica era prima e fabbrica ora", anche se l'oggetto della produzione decisamente cambiato. Nell'osservare il flusso continuo di giovani universitari mi domandavo quanti di loro potrebbero forse essere i figli di coloro che per anni hanno lasciato sudore e sangue alla "Pirelli"e che oggi calcano lo stesso suolo in un contesto profondamente differente. Dopo lo stupore iniziale l'interrogativo scivolato sulla speculazione edilizia, a "Bicocca Point", dove si vendono a caro prezzo gli immobili che sono sorti in concomitanza al polo universitario ed a tutto ci questa nuova "fabbrica del sapere" pu muovere anche in termini commerciali. Appena messo piede all'interno dell'edificio U-6 in cui ha dimora la segreteria degli studenti lo stupore iniziale stato sostituito da un senso di smarrimento: la coda gli sportelli rigorosamente regolamentata dai contrassegni numerati e l'imbarazzo di trovarmi in fila con miei possibili figli. Senza sapere cosa fosse, lo avrei appreso solo dopo qualche mese di letture antropologiche, stavo sperimentando quello che viene definito uno "shock culturale" caratterizzato da disagio, imbarazzo, disorientamento e da uno stato di lieve regressione. Dopo avere espletato le formalit burocratiche relative all'iscrizione ed avere acquisito ufficialmente lo "status" di matricola (sebbene ci lottasse con l'identit anagrafica) mi sentii letteralmente inghiottito dai giganteschi corridoi di quell'edificio che nei mesi successivi mi sarebbe diventato consueto ed oserei dire anche familiare. Mai avrei pensato che la Bicocca sarebbe divenuta l'oggetto di questo "lavoro sul campo": quegli studenti seduti ai tavoli, l'andirivieni sulle scale mobili, quel brulicare di corpi che emanavano giovent dai loro pori, il piazzale gremito e la stazione, luogo di transito e di smistamento degli studenti. Dopo un paio di tentativi falliti di ricerca dell'aula U6 - 24 si materializzarono nel corridoio antistante l'aula alcune persone con l'espressione smarrita e dubitante che mi fecero tirare un sospiro di sollievo: erano gli studenti del mio corso. Per la verit le due ore di lezione trascorsero anche nel dissimulare l'imbarazzo e nello studio reciproco dei comportamenti altrui, come credo facciano tutti gli studenti inseriti in un contesto totalmente differente da quello in cui hanno vissuto sino a poco prima, ed a cercare di carpire le sensazioni dei compagni di corso in una sorta di identificazione proiettiva. "Che fa l'etnografo? Scrive" recita una famosa affermazione di Clifford Geertz, ed eccomi qua dopo un balzo nel tempo di qualche mese mentre mi accingo a stendere un tentativo, il pi dignitoso possibile, di etnografia "dinamica" sulla "Bicocca in movimento", su tutto ci che osservo dal momento in cui mi immergo nel flusso diasporico (direbbe Appadurai) di studenti che dall'Universit si recano a casa in treno e viceversa. Il mio lavoro "in itinere" si svolge in orari talvolta diversi, ma prevalentemente in andata verso Milano con il treno diretto delle ore 11.25 con arrivo alle 13.52 e al ritorno alle ore 19.10 oppure 20.12 con arrivo a Sondrio alle ore 21.20 o 22.18!!! Per recarmi alla stazione ferroviaria di Greco Pirelli, devo percorrere circa 800 metri, passando davanti al nuovo edificio postmoderno del Teatro degli Arcimboldi per poi salire sul treno dei pendolari, siano essi studenti o lavoratori, che mi riporta a casa dopo due ore e quindici minuti di viaggio. La mente ronza per tutto ci che ci stato raccomandato e per ci che nella mia breve esperienza ho letto nei "sacri" testi: concetti vicini, concetti lontani, osservazione partecipante, s ma non troppo perch poi c' il paradosso, accidenti sembra facile osservare, ma come far? Ho viaggiato per tutta la mia vita, ho avuto contatti con le

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popolazioni pi disparate nei cinque continenti, ma adesso che devo osservare ed interpretare ci che mi circonda e che mi dovrebbe essere consueto, tutto mi sembra pi difficile, e poi "scripta manent"nonostante Tedlock2 ci abbia ricordato che anche "verba manent" forse pi di quanto l'antropologia di un certo periodo potesse pensare. La prima constatazione che mi pongo che molto pi facile cogliere e descrivere qualcosa che ci nuovo e che non appartiene alla nostra cultura perch la diversit essa stessa, almeno per me lo sempre stata, fonte di interesse e curiosit, e come sia molto pi difficile osservare in maniera "thick"3 ci che passa tutti i giorni davanti al nostro sguardo, che non sempre riesce ad essere "da lontano"! Tutto imponente ed nuovo alla Bicocca ed anche gli aggettivi della toponomastica te lo ricordano:"Piazza dell'Ateneo Nuovo", "Via dell'Innovazione"anche se osservando bene si intravedono gi le prime avvisaglie dell'usura e dell'incessante passaggio umano. Il nuovo ancora cos nuovo che tutto intorno un movimento: operai, molti dei quali sono immigrati, spostano transenne di tubi "innocenti", molte gru d'acciao "nidificano" sui tetti dei numerosi edifici ancora in costruzione; qua e l pozzanghere fastidiose sparse sul viale ricordano ancora il provvisorio dell'asfalto misto a sprazzi di terra e sterpaglie. Due mondi si sfiorano quotidianamente senza toccarsi: ho osservato parecchie volte gli sguardi degli immigrati posarsi su un mondo che probabilmente percepiscono come molto lontano e chiss se i loro figli un giorno potranno essere dall'altra parte della strada. Gli studenti sono da parte loro immedesimati nella dimensione universitaria e sembrano apparentemente non accorgersi del mondo parallelo appena a due passi da loro. Ci sono le la trattorie "Da Aldo" e "Da Maria" testimonianza vivente di un'altra Bicocca che sta tentando, fra gli spasmi pre-agonici di una morte annunciata, di re-inscriversi in una etnografia in cui la loro identit quotidianamente in bilico fra il passato ed il presente. "La cucina chiude alle 14,30" afferma perentoriamente un residuo di avviso cartaceo redatto a mano ed ingiallito e logorato da troppi fumi ed odori di cucine mai sopite e nelle poche volte in cui ho osato penetrare quelle mura ho percepito come il passato ed il nuovo, la tradizione e la modernit si sfiorino senza quasi toccarsi. La tipologia dei clienti ben diversificata: nell'orario del pranzo caratterizzata quasi esclusivamente da studenti e dagli operai del cantiere, tutti in pausa pranzo rigorosamente veloce, durante la quale non rimane molto tempo da perdere. E'alla sera che "Aldo" rinverdisce i suoi vecchi fasti, se di fasti possiamo parlare in questa periferia, nel momento in cui si popola di personaggi che si potrebbero situare oramai nella storia in cui Enzo Jannacci e Giorgio Gaber li hanno collocati qualche decina di anni fa. E' forte il contrasto fra i colori sbiaditi dell'antica trattoria, cos discreta ed anonima quasi a volersi nascondere dagli enormi e forse un po' arroganti edifici del potere e del sapere, che si

stagliano contro un tentativo di cielo azzurro di un pomeriggio d'Aprile annullandolo con il loro esagerato rosso carminio . Gli edifici con la loro pianta rettangolare e massiccia, edifici grandi per una grande universit, emanano un'idea di modernit e di solidit, forse vessilliferi della solidit del sapere che ivi si produce in una dimensione e con una modalit nuove? Ci sono gli inevitabili graffiti post-moderni in cui tutti si sentono Keith Haring, i bagni sono gi in parziale disfacimento, qualche computer al piano terra sembra gi "out of order", i nostri tesserini magnetici non ci permettono di entrare in biblioteca, e nelle aule alcuni banchi sono gi feriti a morte dagli inevitabili, indelebili messaggi erotico-sentimentali. La constatazione successiva : "quanti siamo!!!" e "quanto brusio"prodotto da questa minuscola umanit in perenne movimento, nel suo affannoso tentativo di contribuire quotidianamente all'aumento dell'entropia. Questa sera sto camminando affrettatamente, come sempre trafelato, verso il treno che mi attende, almeno spero, alla stazione di Greco Pirelli e passo davanti al nuovo Teatro degli Arcimboldi, in uno slalom con gli altri che verosimilmente fanno la stessa cosa. Gli studenti , si sa, sono rumorosi per definizione, passano con i loro visi un po' acerbi, ed alcune ragazze con un visibile eccesso di testosterone sui loro volti sfiorano signori avvolti da eleganti soprabiti di cammello e signore in parure da sera nel foyer del Teatro degli Arcimboldi. Se qualcuno non avesse la percezione del luogo in cui si trova o dimenticasse cosa si produce in questo contesto, gli basterebbe alzare lo sguardo ed in fronte all'edificio U4 - Scienze geologichela toponomastica gli ricorderebbe che ci troviamo in "Piazza della scienza." Scienza e mondanit, lirica e filosofia, abiti da sera e jeans, fondotinta ed acne, limousine e motorini: che identit profondamente diverse coabitano alla Bicocca, seppure per poche ore. Ed il gioco si ripete all'infinito con questo flusso ininterrotto ed inarrestabile di merce umana che attraversando questo spazio in tempi ben definiti e codificati (gli orari delle lezioni, l'orario del pranzo, la pausa dopo il pranzo) viene in questo luogo di produzione e ri-produzione del sapere, alla ricerca di una futura identit e di speranze che molte volte rischieranno di rimanere purtroppo disattese. Osservando Ma che sapere e che identit sociali si costruiscono alla Bicocca? E' quello che cercher di approfondire durante le mie peregrinazioni ferroviarie nelle spoglie di Antenore viaggiatore cercando di entrare in contatto e vincere la diffidenza dei miei pi giovani compagni di viaggio e di studio. Vincere la diffidenza, poich non impresa sempre facile al giorno d'oggi, entrare in comunicazione con gli altri, siano pur essi di giovane et, senza suscitare dubbi, preoccupazioni frammiste a curiosit e diffidenza: "sar uno che lavora per l'ufficio delle tasse, o uno della finanza, o peggio ancora un giornalista o semplicemente un perverso seduttore sotto le sembianze di una persona per bene, che cerca di agganciarci?".

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Questi sono gli interrogativi che in maniera pi o meno implicita mi sono sentito porre durante alcuni tentativi di approccio con i passeggeri del "cavallo d'acciao" in partenza dalla stazione di Greco-Pirelli. All'interno dell'edificio U6 mi confronto con un andirivieni di giovent di cui percepisco malinconicamente l'odore e che mi fa pensare di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato confrontando con loro i miei pesanti anni; vengo inevitabilmente richiamato alla mia condizione di studente al lavoro da un oggetto che accomuna tutte queste persone, docenti ed alunni: il "mobile phone" o telefono cellulare o in gergo "telefonino" Il telefono cellulare, questo oggetto oramai diventato quasi una prolunga degli arti, e del quale sembra che nessuno possa pi fare a meno: una simbiosi dell'era moderna alla quale probabilmente nessuno dei miei futuri interlocutori rinuncerebbe per nulla al mondo. Con i suoi molteplici trilli, le miriadi di suonerie, dalla "Cavalleria Rusticana" a "Guerre stellari, da Mozart al Rap l'impietoso, petulante oggetto della modernit ci ricorda la sua presenza e ci inserisce, nostro malgrado, in mondi a noi sconosciuti, proiettandoci in amori disperati o semplicemente nella pi banale quotidianit: "prepara gli spaghetti, sto arrivando a casa". Sulle scale mobili, negli ascensori, nei luoghi in cui non dovrebbe essere usato (aule scolastiche), nei bagni, quest'oggetto si impossessato della vita di tutti, diventato parte integrante del s, soprattutto dei giovani, che quando ne sono privi vivono la medesima sensazione di chi amputato di un arto. Esco sul piazzale dell'Ateneo Nuovo ed osservo: alcune coppie che si baciano, si accarezzano giustamente indifferenti alla restante umanit che gioca a pallone, parla dell'esame che verr e soprattutto telefona, telefona, telefona. Scendendo le scale che mi portano lungo via dell'Innovazione verso la stazione del treno vedo gli studenti (mi incuriosiva conoscere il modo in cui si identificavano fra loro nello "slang", "bicocchini" forse?, ma non sono riuscito ad ottenere risposta) che mentre si avviano al treno riescono a parlare fra di loro e telefonare nel contempo. Avvicinandosi il fine settimana ho notato che i discorsi vertono quasi stereotipatamente su discoteca, musica, " cosa facciamo Domenica, andiamo al concerto?" con le eccezioni di chi afferma: "non posso, marted ho l'esame, e non so ancora niente!" Mi stato raccontato che questa zona prima della costruzione dell'Universit fosse una specie di "Bronx" milanese, pericoloso e rigorosamente "off limits"e mi immaginavo come anche la stazione dovesse apparire allora nel suo tipico squallore di edificio "provvisorio" periferico. Come la rendono viva tutti questi studenti in movimento, verso dove e verso che cosa? Nei prossimi giorni cercher di risolvere questi interrogativi approfondendo la conoscenza estraendo dalla manica gli argomenti per intavolare una tipica conversazione che si pu instaurare fra coloro che devono trascorrere parte della loro vita fra una stazione ed i binari del treno.

Sul treno I soggetti studiati dagli antropologi raramente hanno abitudini stanziali4 ed io mi accingo ai miei brevi viaggi andata e ritorno con la speranza che mi portino degli incontri proficui con i miei "nativi" pensando che in questo contesto tutti sono pi o meno permanentemente in transito e non vale tanto il "di dove sei?" quanto il "tra quanti posti fai la spola?", come scrive Clifford. Quando mi reco alla Bicocca con il treno delle ore 13.00 incontro rarissimi studenti mentre quando ritorno alla sera alle 18,45 o alle 19,40 l'affollamento sia alla stazione che sul treno inverosimile. Molti leggono e le letture pi diffuse sono i libri di testo seguiti da "Ken Follett", "Wilbur Smith" oltre naturalmente alla "Gazzetta dello Sport" ed ai vari quotidiani. Oggi, nonostante sia gi Marzo inoltrato, molti tossiscono, compreso l'"etnografo apprendista" poich l'influenza arrivata tardi ma arrivata "tosta" come si apprende dalle conversazioni. Alcuni devono frequentare lo stesso perch c' un corso interessante, altre frequentano perch c' un professore "molto figo", altri perch comunque hanno i loro compagni e stanno meglio in Universit che a casa con i genitori che "rompono". Sono trascorsi una decina di giorni, iniziata la guerra in Iraq, io sono venuto a Milano per l'esame di Antropologia Applicata, l'influenza imperversa a dispetto del vaccino antinfluenzale; l'argomento degli studenti sul treno verte inevitabilmente sul conflitto e sui drammi che esso ripropone in questo sempre pi tormentato secolo, che appena iniziato, ripropone i deliri e le arroganze del potere che ci hanno tormentato per buona parte del secolo scorso. Molti hanno paura e temono una possibile estensione e prolungamento di questa catastrofe voluta dall'uomo, i pi sono decisamente contrari, ma si ode fra tutte una voce favorevole: ed ecco improvvisamente che il tono della conversazione si fa sempre pi acceso, volano epiteti e parole offensive, anche la gestualit si fa pi convulsa e la mimica di alcuni assume espressioni fra il minaccioso e l'adirato. Questa conversazione appena accesa muore sul nascere in quanto uno dei protagonisti (il sostenitore degli U.S.A.) deve scendere alla stazione successiva e forse questa sosta provvidenziale impedisce che il prosieguo possa assumere dei contorni decisamente pi drammatici. Questo per non impedisce che il passeggero "guerrafondaio"sia incalzato dalle frasi di scherno e di commiserazione dei "bicocchini" pendolari che lo bersagliano con oggetti vari, dalle bottiglie di plastica semivuote ai tetrapak ed a tutto ci che pu assumere la connotazione di un corpo contundente. Molti studenti oggi indossano sopra il bavero della giacca o sui pullover delle pins con la scritta "no war" oppure "pace" e dalle borse di molte ragazze fuoriescono delle bandane inneggianti alla pace cos pure molte piccole bandiere multicolori. Da allora sono trascorsi quattro giorni ed oggi, mercoled, sono arrivato alla stazione in ritardo ed il treno se ne era gi andato: trafelato sono corso in garage e dopo un'ora e cinquanta ero nel Piazzale dell'Ateneo Nuovo. Dopo altri quaranta minuti mi trovavo ancora nel piazzale dell'Ateneo Nuovo dopo avere pi

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volte girovagato in tutti i piani del parcheggio sotterraneo nella drammatica quanto inutile ricerca di un posto auto, ma questo inconveniente del treno perso aveva contribuito a farmi rendere conto dell'altra realt della "Bicocca in movimento", la realt degli studenti che si recano in Universit in auto anzich in treno e che sono molti pi di quelli che avrei potuto immaginare. Intervistando alcuni ragazzi e ragazze, anch'essi in trepida attesa di qualche buon'anima che lasciasse libero il parcheggio ho appreso che il traffico veicolare degli studenti molto sostenuto ed caratterizzato soprattutto da coloro che abitano nell'hinterland milanese. Si recano in Universit alla mattina e ritornano a casa in serata, risparmiando cos su affitti proibitivi ed altri costi di soggiorno che inciderebbero in maniera significativa sui loro budgets familiari. La settimana successiva, durante il viaggio di ritorno dopo la lezione, mi ritrovo sul treno Milano - Sondrio delle ore 19.10, in uno scompartimento afflitto da una tale densit umana per centimetro quadrato da fare invidia alla migliore tradizione dei taxi - brousse africani o da citazione nel Guinness dei primati . Alla stazione di Lecco lo scompartimento si spopola, permettendomi di sedermi in compagnia di alcune ragazze che scoprir subito dopo, frequentano la facolt di Scienze della Formazione alla Universit della Bicocca. Conoscendo superficialmente una di loro, figlia di un mio ex compagno di liceo, riesco abbastanza agevolmente ad instaurare una conversazione, cercando di conoscere i loro vissuti di studentesse pendolari, discorrendo inizialmente dei soliti "argomenti da treno", che vertono sui ritardi e sugli affollamenti dei mezzi di trasporto, considerati con rassegnazione una malattia endemica del nostro Bel Paese sempre pi antropizzato. Il dramma dell'affollamento e dei ritardi dei mezzi pubblici, in particolar modo dei treni, molto sentito dagli studenti e dai lavoratori pendolari, i quali oltre che perdere tempo di lavoro, sono spesso costretti in piedi nei viaggi di spostamento che durano spesso due ore o anche pi. Scesi metaforicamente dal treno come argomento siamo passati alla conoscenza ed al luogo che le ragazze identificano come quello in cui si produce il sapere, che permetter loro di formarsi un'identit ed avere il loro ruolo sociale un domani. Dalle loro lamentele mi rendo conto che il loro corso di studi, in contrapposizione ad altri come "Economia e commercio" e "Giurisprudenza", non prevede i cosiddetti "moduli"; questo il termine che viene usato per definire la possibilit di sostenere un esame di profitto frazionato in pi parti, richiedendo quindi un investimento minore di tempo quando questo limitato, per esempio nei periodi intensi delle lezioni. La seconda constatazione concerne la diversa applicazione del test di ammissione ai diversi corsi di studio, che mi hanno riferito gli studenti stranieri non debbono sostenere, e che per alcune facolt non previsto mentre l'anno corso per Scienze dell'Educazione le domande sono state 1600 per una disponibilit di 800 posti . Scopro che non c' un luogo per depositare valigie o bagagli che, quando arrivano il luned mattina con il treno, sono costrette a portarsi in aula ed apprendo che i tempi di attesa alla segreteria

studenti sono dilatati all'inverosimile costringendo molte volte gli studenti a desistere ed a ritornare il giorno successivo con dispendio notevole di tempo ed energie (cosa che ho verificato personalmente il giorno della mia iscrizione alla Universit) . Secondo l'interpretazione delle mie compagne di viaggio ci si verifica perch gli impiegati demotivati e disinformati: " per fortuna abbiamo il SIFA" esclama una di loro, spendendo parole di elogio ed ammirazione per la razionalizzazione informatica dell'Universit e della biblioteca, "peccato che molti studenti si portino a casa i libri e spesse volte non li restituiscano". Gli edifici sono troppo grandi, dispersivi, i corridoi enormi rispetto alle aule che sono piccole, addirittura per una lezione nell'aula U6-23 i miei interlocutori mi raccontano di essere stati stipati in circa 120 con una capienza di circa sessanta persone. Il doversi talvolta spostare nell'intervallo fra una lezione e l'altra dall'edificio U-6 all'U-4 comporta una notevole perdita di tempo riducendo l'intervallo ad una lotta contro i minuti, riducendo quindi gli scambi sociali che si sarebbero potuti avere nel tempo libero. Altro treno, altra conversazione, questa volta con un gruppetto pi vario, anche questo costituito essenzialmente da studenti provenienti dal lago di Como e dalla Valtellina. Un ragazzo, alla mia domanda su cosa pensasse della Bicocca mi ha risposto di sentirsi oppresso, quasi schiacciato dalla dimensione degli edifici "mi sembra un'istituzione totale", ribadisce, "che ti controlla con il terzo occhio e ti scruta dentro; troppo grande, e poi quel colore da Soviet". Vedo ed odo provenire anche dagli altri cenni di assenso ed affermazioni verbali di condivisione di questo vissuto, con l'aggiunta che si sentono poco partecipi di un'identit collettiva della Bicocca, che per loro un luogo di transizione durante uno dei riti di passaggio della cultura occidentale (la laurea) penso io, pi che di aggregazione. L'unico motivo di socialit temporanea e frammentaria costituito dalla pausa pranzo, in cui molti si radunano durante la bella stagione nel "giardino di cemento" come viene definita la piazza antistante l'edificio U-6, o nei pergolati interni per un fugace panino. "Al bar no", afferma una ragazza con espressione fra il disgustato ed il compassionevole, "il bar troppo triste, non si pu!" mentre apprendo che la mensa entrata in funzione da pochi mesi, invece funzionale, pulita, moderna, con tempi di attesa ragionevoli e soprattutto caratterizzata da un buon rapporto qualit/prezzo. Sono tutti concordi nel criticare la mancanza di spazi di aggregazione nella zona, un campetto di calcio, un centro sportivo, piscina o un centro commerciale in cui poter fare acquisti veloci, e sono stupiti della mancanza di una libreria/cancelleria all'interno degli edifici, che li costringe alle non amate copisterie ed alle uniche due mini-librerie non molto ben fornite situate in viale Sarca. La loro impressione quindi che la periferia, nonostante l'apparenza, sia rimasta periferia, con i servizi pubblici tranviari non molto efficienti, pochissimo verde e dove una delle poche occasioni per ritrovarsi al di fuori del contesto scolastico di recarsi una volta alla settimana per la serata Bicocca al

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"Propaganda", discoteca situata nel centro di Milano. Per quanto riguarda lo scopo principale del loro essere alla Bicocca, sono tutti concordi nel giudicare il "sapere" qui prodotto, riprodotto e rappresentato di un ottimo livello qualitativo, come pure la preparazione dei docenti ed il loro rapporto con gli studenti che viene ritenuto "non cattedratico" e abbastanza informale. La sensazione che ho potuto percepire anche da altri studenti molto positiva sulla trasmissione del sapere e sulla fama che una pur giovane Bicocca si sta conquistando; una ragazza di cui non ricordo il nome, mi ha reso partecipe del fatto che nel suo corso "ci sono addirittura cinque ragazze provenienti dalla Sardegna, che si sono iscritte qui dopo avere avuto ottime informazioni su questa Universit". "La Bicocca ti lascia spaesata, asettica, sembra un Ospedale Psichiatrico" mi dicono Annalisa e le sue compagne, studentesse del quarto anno di corso alla facolt di Psicologia (vecchio ordinamento). "E' poco viva e troppo moderna eppure cade gi in pezzi, sempre in ristrutturazione!" aggiunge dal sedile di fianco un'altra ragazza. Riferisce di avere appreso da un addetto alla manutenzione che, secondo il suo giudizio, la Bicocca non durer molto perch stato usato un materiale facilmente deteriorabile: difatti ci sono sempre ponteggi di operai al lavoro a ridipingere. Scopro cos che il mese scorso sono crollati i pannelli delle aule U7-2 ed U7-3 e che talvolta assistono alle loro lezioni nelle aule U6-28 e U6-40 sedute per terra per mancanza di banchi. Ci sono studenti con due anime diverse alla Bicocca, quella degli studenti del vecchio ordinamento e quella del nuovo "corso": frequentano la stessa universit, hanno gli stessi docenti ma vivono vite parallele ignorandosi a vicenda. E' come se fossero situati in due dimensioni spazio-temporali diverse pur contemporanee come in un racconto di Edgar Allan Poe. Questo vissuto comune in molti studenti che mi hanno confermato di non conoscere o di non avere quasi rapporti sociali con gli "altri" e questo vocabolo lascia correre la mia immaginazione a quando gli "altri" erano i "Nuer" o gli "Azande". Oggi gli "altri" di un tipo passano di fianco agli "altri" studenti che hanno probabilmente gli stessi interessi di studio, frequentano la discoteca "Propaganda", ballano l'uno di fianco all'altro ma non si conoscono. "Comunque", mi ribadisce Annalisa, "qui in Bicocca tutti siamo di passaggio, e secondo me non c' un senso di identit collettiva fra gli studenti". Le ricordo come ai tempi in cui frequentavo l'"Alma Ticinensis" a Pavia ci fosse un profondo senso di appartenenza e di coesione fra gli studenti assieme l'orgoglio di appartenere ad una delle Universit storiche italiane, pur frequentando facolt e corsi di studi diversi. "Forse la Bicocca troppo nuova per creare questa identit, o forse i tempi sono cambiati, ma noi del vecchio ordinamento siamo diversi e non abbiamo nulla da spartire con gli altri" mi rispondono in coro i miei interlocutori, riaffermando cos la loro appartenenza al gruppo. Affermano che il loro corso di studi molto pi approfondito del

nuovo perch "con i moduli si studia di meno" e non sono soddisfatti che il 75% delle loro tasse scolastiche serva a finanziare il nuovo ordinamento quando alcuni corsi previsti per loro non avevano finanziamenti sufficienti e sono stati modificati. Mi citano l'esempio del corso di "Teorie e tecniche del questionario" che stato mutato in "Teorie e tecniche dei tests" specifico per psicologia aziendale, non tenendo conto della specificit dei vari indirizzi scelti dagli studenti e sono preoccupate perch i posti per i tirocini e per le domande di tesi sono gi abbondantemente esauriti a causa del divario docenti/studenti. "Ho una visione abbastanza contraddittoria riguardo alla Bicocca", mi racconta Ombretta che iscritta a sociologia, "da una parte oltre che come scuola in s anche come luogo di ritrovo vivace, si possono incontrare altri ragazzi e stare a parlare in cortile o a studiare, dall'altra la vedo come un luogo abbastanza asettico, tutto di cemento, dei casermoni color mattone praticamente tutti uguali". La Bicocca le sembra un luogo abbastanza artificiale, forse anche perch ancora un cantiere, pieno di gru: essendo ancora in costruzione ha molti spazi vuoti ed appare molto ampio, sembra effettivamente di essere in una grande periferia urbana. Sotto il profilo funzionale dal suo punto di vista abbastanza efficiente, le aule sono ampie, il sistema Sifa e il sito della facolt di sociologia sono sempre facilmente accessibili e ben organizzati, i professori mettono quasi sempre a disposizione materiali e appunti sul sito e in generale sono disponibili con gli studenti. Per quanto concerne la didattica ha avuto insegnanti molto bravi che l'hanno saputa appassionare, raramente qualche docente l'ha delusa: in generale il giudizio qualitativo molto positivo. E' iscritta con il nuovo ordinamento, frequenta quattro settimane di lezione, una di sospensione e gli esami che sono divisi in moduli cosicch un esame lo si pu dare in due o tre appelli in base a com' stato suddiviso. Si trova bene con questo metodo perch afferma di riuscire a gestirsi e ad arrivare a fine anno avendo sostenuto quasi tutti gli esami, anche se bisogna studiare quasi ininterrottamente e si ha sempre effettivamente un mese per preparare due o tre materie: perci ci si pu concentrare pi su una o due e preparando le altre in modo molto pi affrettato. Gli esami sono quasi tutti scritti e non sempre la settimana degli esami organizzata bene; talvolta ci si pu ritrovare a dover sostenere due esami nello stesso pomeriggio. La Bicocca sicuramente una grande fabbrica di sapere ed un grande centro di ricerca. E' comodamente accessibile con la navetta o gli autobus, che sono sempre troppo affollati, ed abbastanza fuori mano, ci vorrebbe la metropolitana cos secondo Ombretta molti pi giovani ci andrebbero a vivere e si potrebbero aprire locali e spazi ricreativi: diventerebbe un luogo vivace; infatti di sera quando gli edifici dell'universit sono chiusi non un luogo molto bello da frequentare. Per quanto riguarda il tempo che si vive in Bicocca nel suo caso, molto. Infatti abitando a pi di un'ora di autobus da l, quando ci si reca si trattiene tutto il giorno, spesso nel "giardino di cemento"

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con i compagni o in aula studio. Ha usufruito molto poco della biblioteca, ma quando ne ha avuto bisogno l'ha trovata molto efficiente come anche l'aula studio, comunque se uno vuole, spazi per studiare, tavolini, panchine ne trova in quantit. "Per quanto concerne i pasti lo standard della mensa buono, come pure l'igiene, l'unico aspetto negativo l'affollamento: c' sempre una gran fila con attese lunghe; al contrario il bar fa passare la fame ed veramente triste", ribadisce una amica di Ombretta, usando, senza saperlo, lo stesso aggettivo dell'altra studentessa. In alternativa ci sono trattorie molto rustiche come "da Aldo" che agevolano gli studenti facendo pagare un pasto 4.50 euro, altrimenti ci sono un piccolo negozio di generi alimentari e camioncini alimentari "volanti"che preparano panini molto buoni, anche se il prezzo da pagare una fila interminabile. In Bicocca c' sempre un gran flusso di gente, ma in primavera sembra che si raddoppi perch tutti stanno fuori in cortile, e c' un via vai di persone di tutte le et. "Io penso" conclude la conversazione Ombretta, "che sar necessario molto di tempo ma la Bicocca creer una forte identit come Universit e laboratorio di ricerca e, anche come centro culturale dell'arte, essendo stata spostata per un po' di anni la "Scala" al "Teatro degli Arcimboldi". Conclusioni Ombretta viene richiamata dal gruppo a cui l'ho sottratta perch c' da terminare una partita di carte, credo una "briscola", ed osservo i vari gruppi di studenti riflettendo sulla perduzione e sul consiglio di Deveroux, ripreso da Piasere 5 sull'"indugiare con la gente e imparare come la gente indugia, lasciarsi condurre la vita dagli altri". La difficolt di questo "tentativo etnografico" credo sia stata proprio la mancanza del tempo dell'indugio, anche se ho cercato di usare al meglio la mia empatia, l'"einfhlung", il mio sentire dentro i miei interlocutori occasionali. Senz'altro l'etnografo ha gi tante cose "nella testa e nel cuore" 6, che interagiscono e a volte configgono con ci che vuole o deve apprendere inavvertitamente e per arrivare alla acquisizione del "saper fare" nella ricerca sul campo il ruolo della ripetizione e della mimesi sono fondamentali,come afferma Olivier de Sardan. Credo che per raggiungere uno stato di "imbombegamento" nel senso di imp